NO XX -N. 5 SETTEMBRE -OTTOBRE 1968 RASSEGNA >ELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO l 9 6 8 ABBONAMENTI ANNO L. 7.500 UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . .. . 1.300 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO , PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/40500 Stampato in Italia ' Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 ('8121'1223) 1Roma, 1968 -Istituto Poligrafico dello Stato P. V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISP1RUDENZA COSTITUZIONA.LE E INTERNA ZIONALE pag. 661 Sezione seconda: GIURl5PRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURIS0.1ZIONE )) 721 Sezione terza: GIURISPiRUDENZA CIVILE . )) 731 Sezione quarta: GIURISP.RUDENZA AMMINISTRATIVA )) 761 Sezione qui.nta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA )) 774 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUrdinati a future destinazioni concrete, da realizzare attraverso interrenti pubblici incerti an e quando, -siano conformi all'art. 42, terzo I :omma, della Costituzione che condiziona l'assoggettamento a e.Spro; iriazione della propriet privata, per motivi d'interesse generale, al.' attribuzione di un corrispondente indennizzo. Cosi delineata la questione, la Corte rileva anzitutto che il sistema, ;ul punto, della legge n. 1150 del 1942 corrisponde a quanto accennato :i.elle ordinanze di rinvio. Una volta approvato il piano regolatore generale, questo ha vigore :t tempo indeterminato (art. 11). E la .giurisprudenza ha costantemente affermato che non soltanto i vincoli indicati nel n. 2 dell'art. 7 (come si pu ricavare dagli artt. 11 e 17) ma altresi quelli indicati nei nn. 3 e 4 dell'art. 7 sono immediatamente operativi e validi a tempo indeterminato. In questo sistema (che la recente legge di modifica e integrazio1;1i n. 765 del 1967 ha conservato, ribadendo anche l'intervento di misure di salvaguardia nelle more di approvazione del piano e dichiarandole anzi obbligatorie -art. 3 ultimo comma -) viene a determinarsi -salvo per quanto riguarda quei vincoli che sono ordinati al mantenimento di destinazioni attuali della propriet -un distacco tra l'operativit immediata dei vinoli previsti dal piano regolatore gene RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rale ed il conseguimento del risultato finale. Quest'ultimo, quando presupponga trasferimenti di propriet (e quindi per la generalit delle aree da destinare a opere e usi pubblici), e inoltre quando presupponga trasformazioni ad opera dei proprietari, infatti dilazionato a data incerta e imprevista e imprevedibile nel suo verificarsi (quella in cui potranno essere eventualmente approvati e attuati i piani particolareggiati). Orbene, per nessuno dei riferiti vincoli in relazione alla descritta situazione viene, nel sistema della legge, ipotizzato un indennizzo. Vero che, in questo sistema, rientrano talune previsioni di indennizzo. Ma, a parte i casi di trasferimento di propriet, un indennizzo non previsto, fuorch, a titolo di assoluta eccezione, nell'ipotesi considerata dall'art. 25. Quanto poi ai casi di trasferimenti coattivi, la leg.ge, mentre pel trasferimento non fissa alcun termine decorrente dall'entrata in vigore del piano generale, non contempla alcun indennizzo per il vin . colo di immodificabilit cui il proprietario tenuto a sottostare per il tempo, illimitato, durante il quale rimarr in attesa del trasferimento. Per contro, quando il trasferimento coattivo abbia poi luogo, la propriet verr indennizzata allo stato , e cio con riferimento ai valori del momento (ci pel richiamo che l'art. 37 della legge fa alla legge generale sulle espropriazioni). L'ordinanza del pretore di Campobasso, quale argomento di rincalzo per dimostrare la carenza del sistema, indica anche l'art. 30 della legge, dove non previsto per l'attuazione del piano generale alcun corredo di piano finanziario, se non per l'ipotesi delle zone di espansione di cui all'art. 18, destinate a essere espropriate prima della formazione dei piani particolareggiati. Il rilievo esatto. Anzi il citato art. 30 ora sostituito dall'art. 9 della legge di modifica n. 765 del 1967 dove l'esigenza del piano finanziario, gi prevista per i soli piani particolare~giati e per le zone di espansione, sostituita con quella di una semplice relazione di previsione di massima delle spese occorrenti per l'acquisizione delle aree . Tutto questo per nulla aggiunge di decisivo al gi detto; e anzi si inquadra perfettamente in esso. 4. -Per escludere il dubbio di illegittimit della legge urbanistica nella parte dianzi descritta, prospettata dall'ordinanza del Consiglio di giustizia amministrativa, in relazione all'art. 42, terzo comma, della Costituzione, la difesa delle parti pubbliche sostiene che detto articolo e comma si riferiscono esclusivamente all'ipotesi di una espropriazione immediatamente traslativa, cui soltanto corrisponderebbe la garanzia di un indennizzo. Questa tesi ha gi formato oggetto di esame della Corte con la sentenza n. 6 del 1966. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 673 Premesso che l'istituto della propriet privata garantito dalla :ostituzione e regolato dalla legge nei modi di acquisto, di godimento nei limiti, la Corte ha osservato che tale garanzia menomata qua> ra singoli diritti, che all'istituto si ricollegano (naturalmente secondo l regime di appartenenza dei beni onftgurato dalle norme in vigore), engano compressi o soppressi senza indennizzo, mediante atti di impoizione che, indipendentemente dalla loro forma, conducano tanto ad !Ila traslazione totale o parziale del diritto, quanto ad uno svuota11ento di rilevante entit ed incisivit del suo contenuto, pur rima1endo intatta l'appartenenza del diritto e la sottoposizione a tutti gli neri, anche fiscali, riguardanti la propriet fondiaria. Anche tali atti anno considerati di natura espropriativa. La Corte ha, peraltro ritenuto che il principio della necessit del' indennizzo non opera nel caso di disposizioni le quali si riferiscano a ntere categorie di beni (e perci interessino la generalit dei soggetti), ottoponendo in tal modo tutti i beni della categoria senza distinzione 1d un particolare regime di appartenenza. Successivamente alla citata sentenza e conformandosi ai principi vi affermati e direttamente o indirettamente richiamati, questa Corte ta deciso altre particolari questioni con le sentenze n. 20 e n. 119 lel 1967. Questi motivati concetti di base vanno tenuti presenti e consilerati operanti per decidere sulla questione ora proposta. Per superare la conseguenzialit derivante dalla interpretazione :ome sopra data dalla Corte al com~a terzo della'rt. 42 della Costi. uzone, si vorrebbe ricondurre l'esame al comma precedente, sul punto n cui proclamata ed assicurata la funzione sociale della propriet, nediante limitazioni disposte per legge. Senza dubbio la garanzia della propriet privata condizionata, iel sistema della Costituzione, dagli articoli 41 al 44, alla subordina~ ione a fini, dichiarati ora di utilit sociale, ora di funzione sociale, >-ra di equi rapporti sociali, ora di interesse ed utilit generale. Ci :on maggiore ampiezza e vigore di quanto stabilito dagli artt. 832 e 345 del codice civile, i quali, per il contenuto del diritto di propriet tondiaria in particolare,.richiamano, rispettivamente, i limiti e gli obbli~ hi stabiliti dall'ordinamento giuridico e le regole particolari per ;copi di pubblico interesse. Ma, pur tutto ci ammesso e riconosciuto, la questione in esame 11on si risolve, circoscrivendola nell'ambito del secondo comma dell'art. 42. Secondo i concetti, sempre pi progredienti, di solidariet sociale, resta scluso che il diritto di propriet possa venire inteso come dominio assoluto ed illimitato sui beni propri, dovendosi invece ritenerlo caratterizzato dall'attitudine di essere sottoposto nel suo contenuto, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ad un regime che la Costituzione lascia al legislatore di determinare. Nel determinare tale regime, il legislatore pu persino escludere la propriet privata di certe .categorie di beni, come pure pu imporre, sempre per categorie di beni, talune limitazioni in via generale, ovvero autorizzare imposizioni a titolo ;particolare, con diversa gradazione e pi o meno accentuata restrizione delle facolt di godimento e di disposizione. Ma tali imposizioni a tLtolo particolare non possono mai eccedere, senza indennizzo, quella portata, al di l della quale il sacrificio imposto venga a incidere sul bene, oltre ci che connaturale al diritto dominicale, quale viene riconosciuto nell'attuale momento storico. Al di l di tale confine, essa assume carattere espropriativo. I commi secondo e terzo dell'art. 42 (e quest'ultimo come gi interpretato dalla Corte) vanno insieme considerati e coordinati, per ricavarne, -alla stregua di quello che, in base all'ordinamento giuridico attuale, rappresenta il vigente, concreto regime di appartenenza dei beni (art. 42, secondo comma) -l'identificazione dei casi, nei quali, incidendo essi negativamente, a titolo individuale, sulla propriet riconosciuta secondo il regime stesso, occorre far luogo all'indennizzo (art. 42, terzo comma). 5. -Secondo il regime di appartenenza, quale risulta dalla vigente legislazione, e dalla stessa legislazione urbanistica, i beni immobili che ricadono nella sfera d'applicazione di quest'ultima, continuano ad essere considerati, in via di principio ed in conformit della tradizione, di pertinenza del proprietario, con gli attributi inerenti alla loro possibilit di utilizzazione. Come stato posto in evidenza al n. 3, la stessa vigente legge urbanistica a considerare inerente esclusivamente alla propriet ogni attributo dell'immobile: non altrimenti dai proprietari non assoggettati da quella legge ad alcun vincolo, anche i proprietari che vengono a subire un trasferimento coattivo conseguono il valore venale attuale dei beni (art. 37). Per evitare lo sconfinato arbitrio del singolo e disciplinarne l'esercizio del diritto, e per dare un ordine e un'armonia allo sviluppo dei centri abitati, la propriet in questione tuttavia sottoposta ad alcuni limiti, in relazione alla funzione sociale propria di essa. Tra questi limiti vanno senz'altro ritenuti legittimi, prima di tutto, perch compatibili con l'anzidetto sistema, quelli che possono esser .considerati connessi e connaturali a detta propriet, in quanto hanno per scopo una disciplina dell'edilizia urbana nei suoi molteplici aspetti (inerenti all'intensit estensiva e volumetrica, alla localizzazione, al decoro e simili), quali questa Corte ha gi avuto occasione di indicare con la sentenza n. 38 del 1966 emessa nella ;prima fase di questo giudizio. In questo senso e con questo significato, la Corte, fin dalla sentenza n. 64 del 1963, con riferimento alla legge urbanistica ed all'art. 42 secondo comma PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 675 lella Costituzione, ha, appunto perci, riconosciuta legittima costituionalmente l'imposizione di siffatti limiti. Tra i limiti legittimi, in quanto connaturali alle anzidette esigenze e storicamente tramandati), deve farsi rientrare anche l'assoggettariento a vincolo di immodificabilit per la limitata durata (purch agionevole) dei piani particolareggiati, di quelle aree che i piani stessi lestinano al trasferimento in vista delle programmate trasformazioni diverse utilizzazioni. E ci in considerazione della particolare natura funzione dei piani stessi. Peraltro, la questione che ora la Corte chiamata a decidere li diversa portata: cio, se sia costituzionalmente legittimo sottrarre .d indennizzo, fin dal momento in cui intervenga, l'imposizione, in ede di piano regolatore generale, di vincoli urbanistici immediatariente operanti, quando, ben pi che disciplinare (come quei vincoli di ui or ora si parlato) le modalit di utilizzazione della propriet, limitarne l'impiego per il tempo normalmente necessario a una rossima diversa utilizzazione previo passaggio ad altre mani (come ' proprio dei piani particolareggiati), comprimano a titolo particolare a propriet in modo rilevante. In altre parole, da accertare se il ottrarre senza un indennizzo gli immobili, quando essi siano da coniderarsi edificabili in base all'ordinamento vigente nel momento in ui il vincolo intervenga, alla pos.<;ibilit di utilizzazione rappresentata lalla destinazione (che peraltro, a seconda dei casi, pu essere inteniva o meno intensiva, od estensiva, o addirittura rada) a nuove 'ostruzioni o comunque ad altri proficui impieghi di ordine urbanistico, ia o meno costituzionalmente legittimo. Tale questione presenta due aspetti, l'uno all'altro connesso. L'uno iguarda l'indennizzabilit, l'altro il tempo dell'indennizzo. Sotto il primo aspetto, la questione, in via di principio, non pu ~ssere risolta che in conformit della gi richiamata giurisprudenza di 1uesta Corte, in base alla quale ogni incisione operata a titolo indiviluale sul godimento del singolo bene, la quale penetri al di l di 1uei limiti che la legislazione stessa abbia configurato in via generale ai sensi dell'art. 42, secondo comma, Cost.) come propri di tale godinento in relazione alla categoria dei beni di cui trattisi, e annulli o liminuisca notevolmente il valore di scambio, deve essere indenniZ: ato. L'interesse del privato subordinato all'interesse generale della :ollettivit per quanto riguarda la sottoposizione a siffatti vincoli: 10n per quanto riguarda le pi gravi conseguenze economiche che ie derivano sul patrimonio, non di tutti in egual modo e misura, ma li alcuni soltanto dei componenti la collettivit destinataria della legge. )e, come si pi sopra ricordato, la legge urbanistica prevede l'inden1izzo secondo il valore venale per gli immobili dei quali viene imposto 1 trasferimento per finalit urbanistica -con ci stesso dando una RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO certa configurazione alla propriet urbana dei singoli -, evidente il contrasto di ci col mancato indennizzo delle diminuzioni imposte per la medesima finalit alla propriet privata senza operare un trasferimento, ovvero in attesa di operare un trasferimento incerto nel se o nel quando . Sotto il secondo aspetto, la risoluzione della questione si collega alla prima e ne dipende, nel senso che, una volta riconosciuto il diritto ad un indennizzo, questo dev'essere razionalmente riferito a punti cronologici di operativit, senza creare vuoti che dis~iungano illimitatamente la sottomissione immediata del bene dal compenso per la sua perdita, effettiva o virtuale, dilazionando, solo per ci che riguarda l'onere cui l'Amministrazione tenuta, l'efficacia dell'atto impositivo. Questa Corte, con sentenza n. 90 del 1966, ,con riferimento alla legge regionale siciliana n. 20 del 1951 autorizzativa di espropriazione di aree per consentire la costruzione del palazzo della Regione, ne ha ravvisato l'illegittimit, appunto per non essersi fissato alcun termine per il compimento della procedura espropriativa, mentre (ha osservato testualmente la, sentenza) i tempi delle espropriazioni e realizzazioni rappresentano, nel sistema, una garanzia essenziale. 6. -A questi principi di base va rapportato l'esame di costituzionalit delle norme denunciate. , anzitutto, da rilevare, per trarne una prima conseguenza, che, mentre i numeri 3, 4 dell'art. 7 contengono un riferimento a ben determinate indicazioni essenziali che debbono essere contenute in un piano regolatore generale, il numero 2, pur integrandosi nel sistema, mantiene una certa latitudine di contorni per quanto riguarda l'ambito della categoria dei vincoli di zona da osservare nell'edificazione, specie se confrontato con l'art. 25 che parla genericamente di vincoli di zona distinguendoli dalle limitazioni relative all'allineamento edilizio. Ai fini del giudizio di costituzionalit, non spetta, tuttavia, alla Corte, in ,via interpretativa della norma dell'art. 7 n. 2, verificarne, col contenuto, i precisi confini di operativit. Rappresenta un punto fermo il concetto che non possono farsi rientrare nelle fattispecie espropriative le limitazioni del genere di quelle' ammesse senza indennizzo dall'art. 42, secondo comma, della Costituzione, e, quindi, tra l'altro, quelle che fissano gli indici di fabbricabilit delle singole propriet immobiliari, anche quando tali indici possono assumere valori particolarmente bassi (come nel caso di edilizia urbana estensiva e persino rada, del tipo di costruzioni circondate da ampi e predominanti spazi verdi). Pur essendo imposte nei confronti di singoli beni, tali limitazioni sono da considerare, infatti, operate ,sulla base di quel carattere tradizionale e connaturale delle aree urbane, basato su quelle esigenze di ordine ed euritmia nell'edilizia di cui si detto. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 677 A parte l'anzidetto punto fermo, spetta per agli o~gani di giurisdizione ordinaria desumere dalla casistica delle imposizioni, riferite a. fattispecie variabili con la variabilit dei casi concreti, la rispettiva inserzione nella categoria dei vincoli di zona contemplati nell'anzidetto n. 2 ovvero in una delle altre categorie, indicate nelle diverse numerazioni di cui l'art. 7 si compone. Quello che invece necessario e sufficiente qui rilevare che l'art. 7 contempla, nella sua articolata formulazione, un complesso di imposizioni, immediatamente operative, tutte collegate dal fine della legge (art. 1) di dare assetto ai centri abitati: tra le quali imposizioni sono sicuramente comprese, sia ipotesi di vincoli temporanei (ma di durata illimitata), preordinati al successivo (ma incerto) trasferimento del bene per ragioni 'di interesse generale, sia ipotesi di vincoli che, pur consentendo la conservazione della titolarit del bene, sono tuttavia destinati a operare immediatamente una definitiva incisione profonda, al di l dei limiti connaturali, sulla facolt di utilizzabilit sussistenti al momento dell'imposizione. Tutto ci senza la previsione di indennizzo, ed anzi, nel senso che si detto, con una previsione del contrario (art. 40), tanto nel caso di vincoli di durata, predisposti Ln correlazione a trasferimenti di propriet differenti (ma incerti an e quando), quanto nel caso di vincoli immediatamente definitivi inerenti a propriet non destinate a esser trasferite. E, una volta riconogciuta la carenza della previsione leg~slativa, nemmeno spetta alla Corte .procedere in questa sede all'esame delle modalit con cui all'indennizzo dovrebbe e potrebbe in simili casi p,rovvedersi, in special modo con riguardo all'ipotesi di vincoli temporanei preordinati a successivi trasferimenti di propriet. certo per che la legislazione gi conosce in materia appropriati strumenti. Da tutto ci consegue la dichiarazione di illegittimit, per contraddizione con l'art. 42, comma terzo, della Costituzione, delle norme denunciate, limitatamente alla parte in cui consentono, senza indennizzo, limitazioni temporanee o definitive a diritti reali, di contenuto espropriativo e immediatamente operative. -(Omissis). II (Omissis). -4. -Nel merito la Corte rileva che i beni immobili ::i.ualificati di bellezza naturale hanno valore paesistico .per una circostanza che dipende dalla loro localizzazione e dalla loro inserzione in un complesso che ha in modo coessenziale le qualit indicate dalla legge. Costituiscono cio una categoria che. originariamente di inte~ resse pubblico, e l'amministrazione, operando nei modi descritti dalla legge rispetto ai beni che la compongono, non ne modifica la situa RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione preesistente, ma acclara la corrispondenza delle concrete sue qualit alla prescrizione normativa. Individua il bene che essenzialmente soggetto al controllo amministrativo del suo uso, in modo che si fissi in esso il contrassegno giuridico espresso dalla sua natura e il bene assuma l'indice che ne rivela all'esterno le qualit; e in modo che sia specificata la maniera di' incidenza di tali qualit sull'uso del bene medesimo. L'atto amministrativo svolge, vale a dire, una funzione che correlativa ai caratteri propri dei beni naturalmente paesistici e perci non accostabile ad un atto espropriativo: non pone in moto, vale a dire, la garanzia di indennizzo apprestata dall'art. 42, terzo comma, della Costituzione. Espropriazione presupposta in questo articolo non v', come mostra di credere la provincia di Bolzano, soltanto quando v' coattivo trasferimento ad un soggetto legittimato a dare un'ulteriore destinazione ad un bene nell'interesse pubblico, ma v' in ogni caso in cui si autorizza la pubblica amministrazione ad incidere un diritto relativo a quel bene, sottraendone il godimento, in tutto o in parte, al suo titolare (sentenza 19 gennaio 1966, n. 6); cio v' espropriazione pure in ogni caso in cui la menomazione del diritto sia l'effetto dell'esercizio della :potest amministrativa di ridurre l'uso di un bene originariamente a godimento integrale, cos da restringerne il contenuto essenziale, oltre che nel caso di trasferimento in mano pubblica della disponibilit di un bene per la realizzazione di un pubblico interesse. E infatti non si mai dubitato che espropriazione per pubblico interesse vi sia nell'imposizione di una servit, il cui esercizio non implica compimento di un'attivit di risultato da parte della pubblica amministrazione. Nell'ipotesi di vincolo paesistico su beni che hanno il carattere di bellezza naturale, la pubblica amministrazione, dichiarando i.in bene di pubblico interesse o includendolo in un elenco, non fa che esercitare una potest che le attribuita dallo stesso regime di .godimento di quel bene, cos che le sia consentito di confrontare il modp di esercizio di alcune facolt inerenti a quel godimento con l'esigenza. di conservare le qualit che il bene ha connaturali secondo il regime che gli proprio e di prescrivere adempimenti coordinati e correlativi a tali esigenze. L'amministrazione pu anche proibire in modo assoluto di edificare sulle aree vincolate che siano considerate fabbricabili (art. 15 secondo comma). Ma, in tal caso, essa non comprime il diritto sull'area, perch questo diritto nato con il corrispondente limite e con quel limite vive; n aggiunge al bene qualit di pubblico interesse non indicate dalla sua indole e acquistate per la sola forza di un atto amministrativo discrezionale, com' nel caso dell'espropriazione considerata nell'art. 42, terzo comma, della Costituzione, sacrifi PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 679 :ando una situazione patrimoniale per un interesse pubblico che vi ;ta fuori e vi si contrappone (sentenza 9 marzo 1967, n. 20). Che non vi sia .garanzia costituzionale di un indennizzo per la .imitazione implicata dall'indole del bene non tanto, nella specie, .'effetto di una prevalenza dell'art. 9 della Costituzione sul successivo 1rt. 42, terzo comma, come sostiene la provincia, ma deriva dall'esiere il regime paesistico dei diritti immobiliari del tutto estraneo alla nateria dell'espropriazione per pubblico interesse quando corrisponde 1lle caratteristiche interiori di ci che oggetto di quei diritti, e dal :ostituire tale regime un complesso normativo che determina il modo ii essere e di godere dei diritti stessi, legittimato dall'art. 42, secondo :omma, della Costituzione. 5. -Le ragioni esposte escludono perci consistenza al dubbio sol. evato nell'ordinanza che ha promosco questo giudizio. Gi nella citata sentenza 19 .gennaio 1966, n. 6, la Corte ha rilernto che la legge pu non disporre indennizzi quando i modi e i .im.iti che essa segna ai diritti reali attengono in maniera obiettiva, ~ispetto alla generalit dei soggetti, al regime di appartenenza o ai nodi di godimento dei beni in .generale o di intere categorie di beni, >Vvero quando essa regola la situazione che i beni stessi abbiano 1spetto a beni o ad interessi della pubblica amministrazione; nel ;iuale caso la legge imprime, per cos dire, un certo carattere a deterninate categorie di beni, identificabili a priori per caratteristiche in; rinseche, salva la possibilit di accertare, con atti amministrativi di lestinazione ~ndividuale, l'esistenza delle situazioni presupposte ri; petto a singoli soggetti e a singoli beni. Solo per le imposizioni che ~omportano un sacrificio riguardo a beni che non si trovino nella ;.ituazione suddetta sorge, secondo la predetta sentenza, il problema iell'indennizzabilit; e i beni che formano il patrimonio paesistico lella comunit costituiscono essi stessi una categoria a contorni certi, iato il carattere tecnico del giudizio che la pubblica amministrazione ~ chiamata ad emettere per delinearla in concreto, e che suscettiJile di sindacato giurisdizionale. L'altra citata sentenza del 9 marzo 1967, n. 20, a proposito del ;>otere statale di dare in concessione le cave che non siano coltivate ial proprietario del fondo, ha affermato che, nella strnttura del dicitto di quest'ultimo su quei beni, si inseriscono limiti impressi dalla loro rilevanza pubblica, che lo caratterizzano nella loro giuridica es; enza, cosicch la possibilit di avocare alla mano pubblica la singola ~ava quando il proprietario del fondo non la utilizza nell'interesse ge! lerale, sviluppo naturale e normale del rapporto da cui il diritto lel privato trae origine, e non induce acquisizione di un valore da parte dello Stato n implica obbltgo di un indennizzo: fatte le debite 680 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO differenze, anche per i beni che costituiscono patrimonio paesistico, le limitazioni al loro godimento che derivano dalla dichiarazione di pubblico interesse o dalla iscrizione negli elenchi svolgono il limite connesso al regime di quei beni come categoria, per la loro inerenza ad un interesse della comunit. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 6 giugno 1968, n. 59 -Pres. Sandulli Rel. De Marco -Peaquin Romano (n. c.) c. Personettaz Arlina e Regione autonoma della Valle d'Aosta. Valle d'Aosta -Consi~lio Re~ionale -Funzioni relative al contenzioso elettorale -Ille~ittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 108, I. 5 agosto 1962 n. 1257, artt. 21 a 27). Poich i ricorsi in materia eiettorale al Consiglio Reg.ionale della Valle d'Aosta, previsti dagLi artt. 21, 26 e 29 deLia legge 5 agosto 1962, n. 1257, hanno carattere amministrativo e non giurisdizionaLe, infondata la questione di costituzionalit degli artt. da 21 a 27 di detta legge in riferimento all'art. 108 della Costituzione (1). (Omissis). -1. -L'ordinanza di rinvio fondata sul presupposto che le attribuzioni, in materia di contenzioso elettorale, conferite al Consiglio regionale della Valle d'Aosta dagli artt. 21 e 26 della legge 5 agosto 1962, n. 1257, abbiano carattere giurisdiziona:i.e. L'esistenza di tale presupposto non stata, peraltro, autonomamente motivata, ma stata desunta dalle considerazioni, contenute nella sentenza di questa Corte 27 dicembre 1965, n. 93, riguardante le analoghe attribuzioni dei Consigli comunali e provinciali. (1) La questione stata proposta con ordinanza 8 luglio 1966 della Corte di Appello di Torino (Gazzetta Ufficiale, 29 ottobre 1966, n. 271). La Corte d'Appello di Torino ha sollevato la questione di legittimit costituzionale sul presupposto che le attribuzioni, in materia di contenzioso elettorale, conferite al Consiglio Regionale della Valle d'Aosta abbiano carattere giurisdizionale. Tale presupposto non ha per costituito oggetto di .particolare disamina e motivazione nell'ordinanza di rinvio ma stato desunto -come detto anche nella motivazione della sentenza in rassegna -dalle considerazioni contenute in altre sentenze della Corte Costituzionale concernenti le analoghe attribuzioni dei Consigli Comunali e Provinciali. Come noto, la Corte Costituzionale, in contrasto con la prevalente dottrina, ebbe ad affermare la natura giurisdizionale delle funzioni esercitate dai Consigli comunali e ;provinciali in tema di contenzioso elettorale (sentenza 11 luglio 1961, nn. 42, 43 e 44, Giur. it., 1961, I, 1, 1246 e segg.) rico PARTE l, SEZ. l, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 681 2. -Essenziale, ai fini del giudizio, , pertanto, l'accertamento dell ! 'esattezza di quel presupposto. In effetti, per quanto riguarda le attribuzioni dei Consigli comu1ali e provinciali, in materia di contenzioso elettorale, la giurispru 1 lenza sia dell'autorit giudiziaria ordinaria, sia degli organi giurisdi: ionali amministrativi, anteriormente alla soppressione, avvenuta nel I l l925-26, dei detti organi, si era orientata nel senso di riconoscerne il I :arattere giurisdizionale. I Tale orientamento stato, poi, confermato anche dopo il ripri-l 1tino degli ordinamenti democratici. I Dopo l'entrata in vigore della Costituzione, poi, non potendosi iisconoscere che, in quanto investiti di quelle attribuzioni, i Consigli I :omunali e provinciali costituissero organi speciali di giurisdizione, :ome tali non ammessi dall'art. 102 della Costituzione, se ne .giusti' icata la persistenza in vita, in base alla VI disposizione transitoria. I A . tale giurisprudenza, in sostanza, ebbe ad aderire questa Corte, 10n sol.tanto con la decisione n. 93 del 1965, richiamata con l'ordi1anza di rinvio, ma, soprattutto, con quella del 3 luglio 1961, n. 42, :he aveva affrontato espressamente il problema. Ai fini del presente giudizio basta ricordare che la Corte pervenne 1 tale soluzione, affermando che traesse conferma, oltre che dalla traiizione quasi secolare, dal sistema adottato ,nelle varie disposizioni .egislative, che, fino a quelle vigenti, sono state emanate per le ele: ioni comunali e provinciali. Seguendo questo precedente, il giudice di rinvio, prima di affernare, sic et simpUcite.r, l'estensione al Consiglio regionale della Valle i'Aosta dei principi elaborati dalla giurisprudenza, anche costituzio1ale, con riferimento ai Consigli comunali e provinciali, avrebbe do ioscendone la legittimit costituzionale con riferimento la divieto di isUtu: ione di giurisdizioni speciali (sent. 22 novembre 1962, n. 92, in questa 'tassegna, I, 134, con nota di GuGLIELMI). All'indagine costituzionale, in riferimento all'art. 108 della Costituzione, ia resi'Stito il ricorso di .cui all'art. 75 del t. u. 16 maggio 1960, n. 570 sotto 1 profilo che i Consigli Comunali e Provinciali giudicano non su una con; rapposizione di interessi ma sulla legittimit della propria ct>mposizione, londe il carattere amministrativo dell'eventuale reclamo. In relazione alla nedesima norma costituzionale, non hanno invee superato il giudizio di .egittimit gli artt. 82 e 83 dello stesso t. u;, in quanto la Corte Costituzio1ale (sentenza 27 dicembre 1965, n. 93, in questa Rassegna, 1965, I, 1112) ha ~ibadito il carattere ,giurisdizionale dei ricorsi di cui ai citati articoM ed ha 1ffermato che i Consigli comunali e provinciali non possono assolvere alla :unzione giU!risdizionale perch carenti dei requisiti di indipendenza e mparzialit (sull'attivit dei Consigli comunali e provinciali in sede di ~ontenzioso elettorale: Juso, n contenzioso elettorale amministrativo, 1959; POTOTSCHNIC, Giur. cost., 1961, 1161, e 1965, 1291; PIZZORUSSO, Giur. it., 1961, 682 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vuto accertare se vi fosse, se non proprio una identit, almeno una stretta analogia di situazione. A tale accertamento deve procedersi, dunque, in questa sede. 3. -Gli articoli da 21 a 33 della legge 5 agosto 1962, n. 1257, disciplinano un sistema organico di impugnathl'e, espressamente distinte in due categorie: ricorsi amministrativi e ricorsi giurisdizionali, i primi attribUiti alla competenza del Consiglio regionale, gli altri, rispettivamente, alla Corte d'al}pello di Torino, se concernono la materia di eleggibilit, al Consiglio di Stato, se concernono la materia delle operazioni elettorali. Dato che le singole norme disciplinanti i ricorsi al Consiglio regionale, a parte la espressa definizione di ricorso amministrativo ., sono redatte in termini presso che identic.i a quelli delle norme relative ai ricorsi ai Consigli comunali e provinciali, potrebbe sorgere il dubbio che la definizione amministrativo non corrisponda alla sostanza, cosicch rimarrebbe fermo il carattere giurisdizionale, riconosciuto tradizionalmente a questa ultima categoria di ricorsi. Ma un siffatto dubbio non risulta fondato. Dai lavori preparatori della legge in questione (Relazione della I Commissione permanente della Camera dei Deputati dell'8 marzo 1961) risulta chiaramente il proposito di tenere separata l,ma fase meramente amministrativa ed una fase .giurisdizionale, nel contenzioso elettorale. Non solo, ma a meglio dimostrare quale sia l'indirizzo del Legislatore, vale il fatto che anche la pi recente legge 3 febbraio 1964, n. 3, sulla elezione del Consiglio re.gionale del Friuli-Venezia Giulia, nel disciplinare il contenzioso, qualifica come amministrativi i ricorsi in materia elettorale al Consiglio regionale (artt. 32, 37, 40). I, 1; 1247 e 1962, I, 1, 1301; M. S. GIANNINI, Giur. cost., 1963, 50; V. CAIANELLO, Foro it., 1965, III, 425 con molti richiami). La Corte Costituzionale, con la sentenza annotata ha escluso che i ri corsi di cui agli artt. 21, 26 e 29 della legge 5 agosto 1962 n. 1257, abbiano natura giurisdizionale, in quanto la detta legge statuendo su un sistema organico di impugnative, distingue due categorie: ricorsi amministrativi, attribuiti alla competenza del Consiglio regionale; e ricorsi giurisdizionali, attribuiti alla Corte d'Appello di Torino, in materia di eleggibilit, e al Consiglio di Stato, in materia di operazioni elettocali. La Corte ha affermato la natura amministrativa dei ricorsi, riferendosi non solo alla dizione letterale della legge in questione e di quella (3 feb braio 1964, n. 3) sull'elezione del Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia (con ci espressamente ammettendo che anche i ricorsi attribuiti alla competenza di quest'ultimo Consiglio regionale sono amministrativi), ma esaminando se la definizione amministrativo corrisponda alla sostanza del ricorso. Sotto tale profilo, la Corte ha dichiarato che non muta il carat tere amministrativo del ricorso n la natura contenziosa del procedimento PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 683 Indirizzo reso necessario dalla considerazione che, come i Con; igli regionali sono organi nuovi rispetto all'ordinamento, vigente il iuale ed in riferimento al qmtle, si formata e riaffermata la giuri; prudenza che ritiene la giurisdizionalit, nuovo sarebbe anche il con: erimento ad essi di attribuzioni giurisdizionali, con la conseguenza :he sarebbe stato violato l'art. 102 della Costituzione, non essendo invocabile, data la novit, la VI disposizione transitoria. Obbiettivamente considerate, poi, le norme in questione non pre; entano alcun aspetto, che contrasti con la definizione di amministra; ivo data al ricorso al Consiglio regionale da esse preveduto. In particolare, per quanto riguarda il contraddittorio, tale normativa non si discosta in nulla da quella instaurata, per il ricorso gerar: hico, dall'art. 5 del t. u. della legge comunale e provinciale 3 marzo 1934, n. 383. Ed altrettanto dicasi per le dispo.sizioni (art. 21, comma secondo, e 26, comma secondo) che ammettono la immediata proponibilit del ricorso giurisdizionale quando il Consiglio regionale non provvede entro un certo termine sul ricorso ad esso proposto : anche se, con la pi autorevole dottrina, si escluda che ci si trovi in presenza di casi di impugnativa di silenzio rifiuto o di silenzio rigetto, non pu negarsi, che, di fronte all'inerzia dell'organo tenuto a pronunciarsi, si produce l'effetto dell'ammissione del ricorso in via giurisdizionale. 4. -In 'base alle considerazioni che precedono si deve concludere, che, in coincidenza con la definizione ad essi data dalla legge, i ricorsi al Consiglio regionale della Valle d'Aosta, preveduti dagli artt. 21, 26 e 29 della legge 5 agosto 1962, n. 1257, hanno carattere amministrativo e non giurisdizionale. In conseguenza la questione di legittimit costituzionale degli articoli da 21 a 27 di detta legge, in riferimento all'art. 108 della Costituzione, risulta non fondata. -(Omissis). n la possibilit di avvalersi del ricorso giUTisdizionale quando il Consiglio regionale non provveda entro un certo termine sul ricorso ad esso proposto. Mentre tali argomentazioni sono veramente ineccepibili, ci sia consentito rilevare che pari pregio non pu annettersi all'altra argomentazione svolta in sentenza secondo cui la necessit di configurare come amministrativi i ricorsi al Consiglio regional,e discende dalla impossibilit di conferire attribuzioni giurisdizionali allo stesso Consiglio per il divieto posto dall'art. 102 della Costituzione. Cosi prospettato il problema di fondo viene ad essere eluso. Non si tratta, infatti, di riguardare la costituzionalit delle norme sottoposte a giudizio in relazione all'indirizzo che il legislatore avrebbe dovuto tenere ma si tratta di stabilire se il legislatore, dettando le dette norme, in s considerate, abbia osservato le disposizioni costituzionali. Ci che, invero, la Corte ha anche fatto con quella parte della motivazione alla quale pi sopra abbiamo accennato. R. CANANZI 684 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 6 giugno 1968, n. 60 -Pres. Sandulli - Rel. Mortati -Bruno (n. c.) c. Rustico (n. c.); Adragna (n. c.) c. Zirro ed altri (n. c.); Patern (avv. Torrisi) c. Puglisi (avv. Stella); Di Giovanni (n. c.) c. lmpellizz.eri; Adragna (n. c.) c. Chiaramonte ed altri (n. c.); Consiglio e Carpinteri (avv. Torrisi) c. Musco ed altri (avv. Stella); interv. Presidente Regione Siciliana (avv. Orlando e Sost. avv. gen. dello Stato Guglielmi). Contratti agrari -Legge regionale siciliana 16 marzo 1964, n. 4 -QuestiOne infondata di costituzionalit. (St. spec. Reg. sic., art. 14, lett. a); I. Reg. sic. 16 marzo 1964, n. 4). Contratti agrri -Legge regione siciliana 3 giugno 1966, n. 13 -Questione infondata di costituzionalit. (St. spec. Reg. sic., art. 14, lett. a); 1. 15 settembre 1964, n. 756; I. Reg. sic. 3 giugno 1966, n. 13). Contratti agrari -Legge regionale siciliana -Questione infondata di costituzionalit. (Cost., artt. 3, 39, 41, 42, 44, 116 e 117; I. Reg. sic. 16 marzo 1964, n. 4). Contratti agrari -Legge regionale siciliana -Ripartizione dei prodotti Questione infondata di costituzionalit. (Cost., art. 3; I. Reg. sic. 16 marzo 1964, n. 4, art. 4, 2 comma). Non in contrasto con l'art. 14, lett. a) deUa legge costituzionale n. 2 del 1948 (conversione in legge delLo Statuto della Regione Siciliana) la legge regionale 16 marzo .1964, n. 4, in quanto, pur disciplinando ma.teria relativa a rapporti di diritto privato (contratti agrari), presenta i requisiti della temporta pattuita a favore del colono, l'obbligo di determinare in ogni aso quest'ultima in una misura non inferiore al 50 % dell'intera pro: uzione (4). . Relazione Avv. Stato, vol. I, I giudizi di costituzionalit, 1961-65, 322 egg.). Nella motivazione della sentenza si legge ,in piena aderenza a quanto ostenuto dall'Avvocatura, che le norme della legge regionale n. 4 del 1964, o. quanto contenenti disposizioni pi favorevoli al mezzadro, avrebbero, omunque, mantenuto efficacia anche dopo l'entrata in vigore della legge tatale 756/1964, pur in mancanza dell'art. 15 di tale ultima legge, in virt ~ell'art. 1 della stessa legge statale, il quale fa salvi i rapporti derivanti da ontratti collettivi o da norm:e consuetudinarie sempre che dispongano in 11odo pi favorevole per il colono. La Corte ha argomentato che, a -causa !ella mancata applicazione dell'art. 39 della Costituzione (sentenza n. 106 lel 19 dicembre 1962, nel citato volume: I giudizi di costituzionalit, 961-65, 242 segg.) pu attribuirsi alla disciplina regionale dei rapporti di olonia parziaria, in quanto ispirata a maggior favore per i coloni, efficacia quiparabile a quella delle altre fonti menzionate nell'art. 1. Sulla interpretazione degli articoli 41, 42 e 44 della Costituzione cfr. ~orte Cost., sentenze nn. 7 del 1956; 35, 36 e 10 del 1957; 7, 8, 34 e 53 del 962. Sulla questione di cui all'ultima massima, la Corte ha sostanzialmente .ccolto la tesi dell'Avvocatul'a, secondo la quale, l'art. 4 della legge regiotale, lungi dal violare, il precetto dettato dall'art. 3 della Costituzione, ne a appicazione elevando per tutti i compartecipanti il limite minimo al 50 % ~d eliminando cosi una ingiustificata disparit di trattamento fra i comparecipanti peggio trattati rispetto a quelli meglio trattati. L'aumento percentuale della quota uguale per tutti (5 % ) purch la 1uota precedentemente fissata, aumentata di questa percentuale, non sia nferiore e quel 50 % che il legislatore, nell'esercizio del suo potere discreJonale, ritiene sia il minimo consentito dall'esigenza di ridurre ad equit il ontratto e di tutelare la dignit del lavoro umano. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 6 giugno 1968, n. 61 -Pre's. Sandulli - Rel. Trimarchi -Di Dio ed altri (n. c.) c. Banca Nazionale del Lavoro (avv. Cosenza) -Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Agr). Credito fondiario -Espropriazione -Successori a titolo universale e particolare del mutuatario -llle~ittimit costituzionale -Esclu sione. (Cost., art. 24, 2 comma; r. d. 16 luglio 1905, n. 646, art. 20, 4 e 5 comma). In riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, infondata la questione di legittimit cosmtuZ!iornale dell'art. 20, quarto e quinto comma, del t. u. delie leggi sul credito fondiario, in virt del quale l'istituto mutuante, in difetto della notiffoazfone dell'intervenuta successione, pu dirigere gli atti contro il debitore iscritto, anche se nel frattempo quest.i sia deceduto e senza obbligo di chiamare in causa i suoi successori (1). (Omissis). -Cosi impostato il problema, non dovrebbe dar luogo a fondate perplessit il fatto che l'istituto mutuante possa dirigere gli atti giudiziari contro il debitore iscritto, ancorch deceduto, e possa quindi promuovere contro di lui la esecuzione immobiliare, senza obbligo di citare in causa i suoi successori. Va, anzitutto, rilevato che le relative disposizioni non riflettono un'ipotesi isolata dell'ordinamento giuridico. In tema di espropriazione per pubblica utilit infatti parimenti consentito che il procedimento si instauri nei confronti del proprietario iscritto nei registri catastali ed in difetto nei ruoli (1) La questione stata proposta con ordinanza del Tribunale di Benevento emessa il 1 giugno 1966 (Gazzetta Ufficiale 24 settembre 1966, n. 239). La sentenza della Corte Costituzionale n. 166 del 1963 pubblicata in Foro it., 1964, I, 206. Sull'argomento in dottrina cfr. MOGLIE, Manuale del credito fondiario, 1966, 111. L'Avvocatura dello Stato con le deduzioni svolte, giustificata la particolarit del procedimento al fine di consentire agli istituti il pi celere recupero dei loro crediti, ha osservato, in ordine all'art. 20, 4 e 5 comma, che tale norma non pone alcun impedimento al successore di avvalersi di tutti quei mezzi processuali che egli ritenga idonei alla sua difesa nei confronti del creditore espropriante, ben potendo il successore intervenire nl giudizio ed, in mancanza dell'intervento volontario, ben potendo il giudice, conosciuta la reale situazione di fatto, ordinare la notificazione degli atti ai successori (artt. 110 e 299 c. p. c.) o ordinarre l'integrazione del contraddittorio (art. 102 c. p. c.) nei confronti dei terzi acquirenti del fondo o datori di ipoteca. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 687 lella imposta fondiaria (art. 16 della legge 25 giugno 1865, n. 2359). E va ancora osservato che, nell'ipotesi di morte del debitore scritto, quella facolt esiste e permane se e fino a quando i successori , titolo universale o .particolare del debitore e gli aventi causa non wtifichino giudizialmente all'istituto come essi sono sottentrati nel )Ossesso e godimento del fondo ipotecato , con elezione di domicilio tel luogo del. tribunale nel cui circondario situato il fondo (art. 20, :ommi primo e terzo, cit. t. u.). L'istituto mutuante, da un canto, ed i successori ed aventi causa lel debitore iscritto gi deceduto, dall'altro, trovano, in tal modo, nelle :itate disposizioni, una ,corretta ed equilibrata tutela dei rispettivi inte essi. In particolare, la norma che condiziona la possibilit di diretta ~d immediata conoscenza del processo esecutivo da parte dei detti :uccessori ed aventi causa, all'adempimento dell'indicato onere, non m dirsi posta in violazione dell'art. 24, comma secondo, della Costiuzione ed anzi rientra,' come stato esattamente notato dalla difesa Lella Sezione di credito fondiario e dall'Avvocatura dello Stato, in un :omplesso di disposizioni (contenute nel citato testo unico) e dirette td assicurare attraverso la pi rapida ed a.gevole realizzazione il buon 'unzionamento del meccanismo del credito, e ritenute da questa Corte :onformi al dettato costituzionale (sentenza n. 166 del 1963). Ma se il ipetuto onere non viene osservato e quindi l'istituto mutUante dirige ili atti giudiziari contro il debitore iscritto, ancorch deceduto, non :onsentito vedere in ci una compressione o menomazione del diritto li difesa dei successori ed averi.ti causa. Effettuata dal debitore origi-, iario l'elezione di domicilio (giusta l'implicito disposto dell'art. 43, mmma secondo, del citato testo unico), la notificazione degli atti (ed n caso di esecuzione immobiliare, del precetto, del pignoramento, del.' istanza di vendita, ecc.) deve aver luogo al domicilio eletto nello strumento di mutuo e la consegna viene legittimamente fatta alle >ersone previste dalle norme e dai principi di diritto comune. Tutto !i rende possibile e comunque non esclude che gli interessati abbiano liretta conoscenza del processo esecutivo che li riguardi. Ma ove non >astasse, soccorrono altri strumenti ed accorgimenti, che, saggiamente isati, integrano il sistema in modo tale che non risulta impedito n riene reso difficile l'esercizio del diritto di difesa da parte dei soggetti ;ostanzialmente esecutati e dei successori nell'originario debito. Rientra !ertaniente, infatti, e tra l'altro, tra i poteri del giudice quello di iisporre, ad es., che il precetto ed il pignoramento consegnati a per; ona qualificatasi come erede del de cuius (come avvenuto nella ;pecie), siano notificati nuovamente ed a detta persona, nella qualit. E non si perviene a differenti conclusioni, neppure se si ipotizzi .l caso che la morte del debitore originario si verifichi in circostanze )ggettive e soggettive tali per cui i successori e .gli aventi .causa la RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ignorino, con la conseguenza di non essere in fatto a conoscenza (interessata) dell'iniziata e proseguita esecuzione immobiliare. Pur nella mancanza di una notifica del titolo esecutivo (che non necessaria -come dice espressamente l'art. 43, comma primo, del citato testo unico -nei conf.ronti del debitore originario) ai successori ed aventi causa del defunto, attraverso il compimento degli atti (anche se sono stati diretti a sensi del testo unico) della procedura esecutiva, che i successori ed aventi causa vengono ad essere ad~guatamente posti in grado di aver conoscenza della procedura esecutiva stessa e di proporre nel processo esecutivo o in quello di opposizione, le loro ragioni e difese. Per convincersi di ci, basti pensare al fatto che il pignoramento va trascritto (art. 555 del codice di procedura civile) e che l'acquirente del bne ipotecato, il quale non abbia curato di farsi conoscere dal'istituto mutuante, ha interesse ad accertare se intervengano trascrizioni contro il suo dante causa ed a favore del detto istituto; che dell'istanza di vendita deve essere data pubblica notizia a norma dell'art. 490 del codice di procedura civile (art. 173 delle disposizioni d'attuazione di detto codice); che alla determinazione del valore dell'immobile pignorato (sempre che l'istituto mutuante non si avvalga della valutazione fattane nel contratto di mutuo) si procede dal giudice anche a mezzo di un esperto da lui nominato (art. 568 del codice di procedura civile); e che alla pubblicit prevista dal citato art. 490 soggetta l'ordinanza di vendita. In tal modo, i successori .e gli aventi causa dell'originario debitore hanno larghe possibilit di venire a conoscenza della procedura esecutiva. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 6 giugno 1968, n. 62 -Pres. Sandulli - Rel. Capalozza -Rigacci (n. c.) c. Ministero Pubblica Istruzione e Ministero Tesoro (sost. avv. gen. dello Stato Agr). Bellezze naturali -Violazione delle norme relative alla protezione Indennit -Procedimento peritale di determinazione -Ille~itti mit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 102; 1. 29 giugno 1939, n. 1497, art. 15, 40 comma). L'art. 15, quarto comma, detia legge 29 giugno 1939, n. 1497, che demanda ad un coUeigio di tre per>iti, da nominarsi uno dal Ministro, l'altro dal trasgressoire ed il terzo dal presidente del Tribunale, la determinazione dell'indennit, eventualmente dovuta in sostituzione della demolizione dell'opera., da chi abbia eseguito costruzioni in vio PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 689 tizione delle norme sulla protezione deHe beLZezze naturali, non conrasta con l'a1t. 102 della Costituzione (1). (Omissis). -1. -L'ordinanza di rimessione propone fl problema !ella conformit all'art. 102 della Costituzione dell'attribuzione dell'acertamento e della determinazione, rispettivamente, del danno e della tidennit, al collegio dei periti previsto dall'art. 15, quarto comma, lella legge 29 giugno 1939, n. 1497. Quest'ultima disposizione configurerebbe, si assume, un arbitrato Lecessario; e ci, comportando l'imposizione di una deroga alla giuridizione, sarebbe in contrasto col menzionato art. 102 della Costituzione. 2. -Non necessario affrontare in questa sede la questione se ffettivamente l'art. 102 della Costituzione escluda l'ammissibilit degli .rbitrati necessari. Nella specie non rkorre, infatti, una figura di ardtrato. Il procedimento previsto dai commi secondo e successivi dell'aricolo 15 della legge n. 1497 del 1939 prevede che, quando non accetti a misura dell'indennit liquidata dal Ministro ai sensi del terzo comtia, il soggetto obbligato a pagarla possa chiedere che, in ordine alla .deguatezza di tale misura, si pronunci un collegio di tre periti, desi (1) La questione stata sollevata d'ufficio dal Tribunale di Firenze on ordinanza 26 maggio 1966 (Gazzetta Ufficiale 29 ottobre 1966, n. 271). Il Tribunale ha proposto la questione ritenendo che la procedura di ui alla norma denunziata darebbe luogo ad un arbitrato necessario e non .d una ipotesi di giurisdizione speciale (sul punto cfr. BIAMONTI, Arbitrato, !nciclopedia del diritto, II, 1958, 931-933) 'e fondando tale conclusione essenialmente sul fatto che, per il quinto comma dello stesso art. 15, il collegio 1eritale chiamato a formulare un giudizio . La Corte, come si legge nella motivazione riportata nel testo, ha rigetato tale interpretazione, pienamente condividendo le tesi sostenute dalla ~vvocatura, le quali possono, per quanto attiene alla natura del procediaento in questione, cos sommariamente enunciarsi: la scelta fra l'obbligo li demolizione ed il pagamento dell'indennit-sanzione manifestazione ipica di un potere discrezionale, che sfocia nell'atto finale del procedimento, appresentato dal decreto ministeriale; non sussiste, pertanto, alcuna situaione di diritto soggettivo; il giudizio dei periti deve interpretarsi come apprezzamento o valutazione e non certo manifestazione dell'eserizio di un potere giurisdizionale, per cui il procedimento ;peritale non d uogo ad un arbitrato ma rappresenta una fase (facoltativa) del procediaento amministrativo e pi precisamente un atto interno di carattere pre> aratorio del decreto ministeriale; la procedura, per la nomina del collegio 1eritale, lungi dall'essere dettata per la costituzione di un collegio arbitrale, , in piena aderenza col dovere di imparzialit proclamato dall'art. 97 della ~ostituzione; il decreto ministeriale, quale atto conclusivo del procedimento :mministrativo, impugnabile nella sua unicit ed indivisibilit, secondo normali rimedi stabiliti dalla legge. 690 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gnati uno da lui stesso, uno qal Ministro e il terzo dal presidente del tribunale. Il quarto comma precisa che la pronuncia del collegio insindacabile, e il sesto comma aggiunge che il provvedimento del Ministro, che, a seguito di tale pronuncia, dispone il pagamento, immediatamente esecutivo. Si tratta, ad avviso della Corte, di un procedimento amministrativo, che si svolge in funzione di un provvedimento ministeriale (quello previsto dal sesto comma), rispetto al quale la pronuncia del collegio peritale -al cui merito il Ministro obbligato ad attenersi: (e invero il quarto comma la dichiara insindacabile, escludendone in tal modo ogni riesame in sede amministrativa) -esplica una funzione determinante, si, ma strumentale. N a far attribuire a questa pronuncia carattere di sentenza o di lodo arbitrale pu bastare il dato, puramente formale, che il quinto comma dell'art. 15 parli df giudizio del collegio peritale . La .disposizione denunciata non incide, dunque, nel campo della giurisdizione. Contro il provvedimento ministeriale adottato in conformit della pronuncia peritale , anzi, aperta, per gli interessati, la via ai comuni rimedi giurisdizionali, inderogabili ai sensi dell'art. 113 della Costituzione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 6 giugno 1968, n. 63 -Pres. Sandulli - Ret. Branca -Presidente Regione Siciliana (Avv.ti Sorrentino e Virga) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. Avv. gen. dello Stato Guglielmi). Sicilia -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Tassa speciale per le merci provenienti dall'estero che si sbarcano nei porti e nelle spia~~e -Diritto di imbarco e sbarco ne~li aerodromi di merce destinata all'estero o proveniente dall'estero -Spettano allo Stato. {Stat. spec. Reg. sic., artt. 36 e 39; d. P. R. 26 luglio 1965, n. 1074; d. 1. 12 aprile 1948, n. 507; r. d. l. 21 dicembre 1931, n. 1592, art. 1; 1. 9 gennaio 1956, n. 24, art. 7). La tassa speciale per le merci provenienti dall'estero che si sbarcano neii porti e nelle spiiagge e il diritto di imbarco e di sbarco negLi aerodromi di merce destinata atl'estero e proveniente dall'estero, qualunque sia la loro natura giuridica, spettano allo Stato (1). (1) Questa sentenza applicazione del principio enunciato dalla Corte Costituzinale nella sentenza n. 146 del 1967 secondo cui gli articoli 36 e 39 dello Statuto della Regione siciliana non attribuiscono direttamente alcuna tassa o imposta indiretta erariale ma indicano soltanto le entrate erariali che lo Stato non pu attribuire alla Regione (imposte di produzione, PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 691 (Omissis). -La Regione siciliana, ricorrendo per conflitto d'atribuzione contro le due circolari del Ministero per le finanze, riven lica la fassa di sbarco, nei porti e nelle spiagge, di merci provenienti !all'estero e il diritto di sbarco e imba;rco, negli aerodromi, di merci 1rovenienti dall'estero o destinate a:ll'estero. Il ricorso non pu essere accolto. La tassa relativa ai porti e alle spiagge per la dottrina, ab aniquo e pacificamente, un tributo doganale, mentire nel bilancio dello ;tato figura fra le entrate extratributarie. L'analogo diritto relativo Lgli aerodromi invece configurato nella legge 9 gennaio 1956, n. 24, 1ei lavori prepa;ratori e nel bilancio statale .come il corrispettivo, a :arattere extratributario, d'un uso SPeciale degli aeroporti (art. 701 :od. nav.), mentre la dottrina non si sostanzialmente pronunciata. La Corte non ritiene che occorra prendere posizione sul problema >oich, comunque lo si risolva, la conclusione, ai fini della causa, a stessa. 1roventi doganali, entrate dei monopoli dei tabacchi e del lotto), con la :onseguenza che le altre entrate erariali possono, e non debbono, essere .ttribuite alla Regione dalle norme di attuazione. Solo limitatamente alle ,ntrate erariali attribuite dalle norme di attuazione la Regione ha potest, egislativa ed amministrativa concorrente, ai sensi dell'art. 36 S. S. Sic. ,a Corte ha escluso che la tassa e il diritto in questione siano state att].'.i1uite alla Regione con le norme di attuazione dello Statuto siciliano di cui 1 d.P.R. 1965, n. 1074. L'Avvocatura ha sostenuto la natura extra tributaria dei due cespiti n contestazione, rilevando che, ove ad essi fosse riconosciuta natura tribuaria, dovrebbe ugualmente escludersene l'attr~buzione alla Regione, poich ton figurano tra quei proventi doganali eccezionalmente devoluti alla Rerione e tassativamente elencati nella tabella D) annessa al citato d.P.R. :6 luglio 1965, n. 1074; n possono essere ricompresi nei proventi evenuali (indicati all'art. 1 lett. h), all'art. 2 lett. F) e nel punto 5) della citata ~abella D) dello stesso decreto presidenziale) in quanto provento evenuale quell'entrata innominata ed incerta, che dovuta solo eventualnente, quando cio concorrano particolari circostanze (interessi, spese, liritti accessori, ecc.), non quella, ben definita e nominata, che dovuta 1gni qualvolta si verifichi il presupposto del tributo. interessante notare che la Corte, affermata la compilazione della abella D) sul modello del quadro di classificazione delle entrate dello ;tato, ha escluso che la tassa e il diritto in questione possano ricomprenlersi nelle voci generiche della predetta tabella in quanto essi risultano :pecificamente menzionati in capitoli diversi da quelli relativi alle predette rod generiche nel quadro di classificazione delle entrate dello Stato. Da ci sembra potersi trarre il principio generale che i gettiti dei :espiti specificamente menzionati nei capitoli del quadro di classificazione lelle entrate dello Stato possono ritenersi attribuiti alla Regione solo nella potesi in cui siano specificamente menzionati nelle norme di attuazione lello Statuto e nelle tabelle annesse alle norme stesse. R. CANANZI 692 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Infatti, costituiscano tributi doganali o proventi extratributari, quella tassa e quel diritto non sono stati mai attribuiii dalle norme di attuazione alla Regione siciliana: i proventi doganali e i diritti marittimi, che le vennero conferiti, sono quelli elencati nella tabella D, annessa alle norme, nella quale non figurano espressamente n la tassa n il diritto di sbarco o di imbarco. Neanche le voci generiche diritti (marittimi) diversi e entrate... diverse concernenti... le dogane li ricomprendono: la tabella, notoriamente, stata compilata sul modello del Quadro di classificazione delle entrate dello Stato (cap. 1451-53, 1459,61, 1463, 1600, 2004, 2010-12), di cui ricalca le voci, la loro numerazione con lettere o cifre, perfino (entro certi limiti) l'ordine di elencazione; nel Quadro i diritti diversi e le entrate... diverse concernenti... le dogane ., quale che sia il foro contenuto (soprattassa di ancoraggio, tassa di ammissione ad esami per il conseguimento di titoli professionali marittimi, diritti di licenza ecc.), non si riferiscono n alla tassa n al diritto contestati in questa causa: tassa e diritto rientrano infatti in altri capitoli (cap. 2065, n. 3 e 2162, n. 3). Ne deriva che i due proventi, essendo estranei alle norme di attuazione, non sono stati attribuiti alfa Regione siciliana e perci restano allo Stato (v. sentenza n. 146 del 1967 della Corte costituzionale). -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 17 giugno 1968, n. 69 -Pres. Sandulli - Rel. De Marco -Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Coronas) c. Presidente Regione Siciliana (avv.ti La Loggia e Villari). Sicilia -Conflitto di attribuzioni con lo Stato -Rapporti di lavoro Autorizzazioni all'appalto in deroga al divieto di intermediazione Revoca dell'autorizzazione -Ricorso gerarchico -Decisione Spetta alla Regione. (St. reg. sic., art. 17, lett. f e 20; d.P.R. 25 giugno 1952, n. 1138, artt. 1 e 2; d. P. R. 10 marzo 1955, n. 520, art. 10, l. 23 ottobre 1960, n. 1369, artt. 1, 3, 527). La decisione sui ricorsi gerarchici avverso i provvedimenti degli ispettorati provinciali del lavoro, emanati nel territorio regionale, in matera di rapporti di lavoro spetta alla Regione (Assessorato del Lavoro e della Cooperazione) e non allo Stato (1). (1) Come si desume dalla massima la Corte ha risolto il caso di specie enunciando un principio di carattere generale, ,enucleato dalla interpreta PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 693 (Omissis). -2. -Come si esposto in narrativa, col ricorso si iga tale competenza sotto tre aspetti: a) La vigilanza nell'applicazione della legislazione sociale nazio lle d'interesse nazionale e non locale, spetta istituzionalmente al: spettorato del lavoro e il suo esercizio comporta precise responsalit, anche d'ordine penale, per gli Ispettori. Non sembra, quindi, Le, in questa materia, alla competenza .generale amministrativa del inistero del lavoro e della previdenza sociale, possa essere subenata, in Sicilia, una competenza della Regione, che si sia aggiunta a tella riguardante l'attuazione della legislazione regionale. In particolare, per l'art. 7 della legge 23 ottobre 1960, la vigilanza lll'applicazione di tale legge affidata al Ministero del lavoro e la previdenza sociale, che la esercita attraverso l'Ispettorato del voro b) Le norme della legislazione sociale pongono in atto comessi rapporti giuridici tra cittadino e Stato e, in caso di inosservanza, addirittura specifici rapporti punitivi, che, come tali, restano esclu~ amente rapporti tra Stato e cittadino, cosicch tutti i rapporti giudici, che necessariamente li presuppongono e ne condizionano il sor! Te, non possono essere trasferiti sotto gli agpetti e per gli effetti nmin~strativi alla Regione . c) Le funzioni istituzionali di vigilanza sull'applicazione delle ggi statali, proprie dell'Ispettorato del lavoro rendono necessaria la pendenza gerarchica e funzionale dal Governo centrale e, quindi, dal inistero del lavoro. j Prima di esaminare in particolare le tre tesi prospettate col ricorso, j ~orre stabilire quali siano il contenuto ed i limiti della competenza 1 nministrativa, spettante in materia di legislazione sociale alla Reone siciliana. I 3. -Per l'art. 17, lett. f, dello Statuto, la Regione siciliana ha ~mpetenza legislativa concorrente e non esclusiva, per quanto attiene :me degli articoli 17, lett. f) e 20 dello Statuto della Regione siciliana e 1ll'art. 1 delle norme di attuazione (d. P. R. 25 giugno 1952, n. 1138). L'Avvocatura aveva richiamato il principio, costantemente affermato illa Corte (vedansi da ultimo sentenze n. 116 e n. 145 del 1967 rispettivaente in questa Rassegna, 1967, I, 923 e 1968, I, 2), della puntuale corriondenza tra potere legislativo e potere amministrativo per cui si po~ bbe dire che alla Regione spetti tanto di amministraZione quanto di gislazione >. Sembra, per, che la sentenza annotata abbia fatto giustizia di tale incipio per un verso dimostrandone la .superfluit e per altro verso la >n aderenza alla realt giuridica; infatti il principio superfluo nell'ipotesi legislazione esclusiva e non trova sempre attuazione nell'ipotesi legislazione concorrente. Pi che di un principio ha da parlarsi di una RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO IIm alla legislazione sociale, in materia di rapporti di lavoro, previdenza ed assistenza sociale, osservando i minimi stabiliti dalle leggi dello Stato. Nella stessa materia poi, per l'art. 20 dello Statuto, la Re gione ha competenza esecutiva ed amministrativa e, n forza dell'art. 1 delle norme di attuazione (d. P. R. 25 giugno 1952, n. 1138) esercita, ~=-: nel territorio regionale, le attribuzioni del Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Infine, ai sensi dell'art. 2, primo comma, delle ,citate norme di attuazione, per l'esercizio delle funzioni amministrative, spettanti alla Regione nella materia di cui sopra, gli Uffici periferici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, esistenti nella Regione, dipendono da questa . Dall'armonico contenuto di tali norme, risulta, quindi, in modo incontestabile che la Regione, in materia di rapporti di lavoro ., a parte la potest legislativa concorrente, ha una competenza amministrativa, che. consiste nell'esercizio, nel territorio regionale, delle attri:buzioni del Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Questa competenza, evidentemente, non ha altro limite di estensione, che non sia quello determinato dalla materia amministrativa. Nella materia dei rappl}rti di lavoro., per, non c' nella legi-_ slazione, che ne disciplina l'attribuzione alla competenza amministrativa della Regione, alcun addentellato che possa far ritenere riservato un margine di competenza al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, e pertanto le attribuzioni di quest'ultimo, ripetesi, senza alcuna distinzione o riserva, nel territorio regionale, sono esercitate dalla Regione. ben vero che, con la sentenza n. 120 del 1963, questa Corte ha affermato che la legge 23 ottobre 1960, n. 1369, ha voluto instaurare un sistema di garanzie, per impedire l'elusione delle norme protettive del lavoro attraverso l'intermediazione (il marchandage du travail colpito anche dalle legislazioni straniere), ma la Corte ha pure affermato nella stessa sentenza che, per ci stesso, la legge ha per oggetto la tutela del rapporto di lavoro. direttiva di massima talvolta, come nella SPecie, derogata dal legislatore costituzionale. Per qualche ri:lieTimento alla sentenza in Rassegna, cfr. Corte Cost., 9 luglio 1963, n. 120, Foro it., 1963, I, 1327 circa le questioni di legittimit costituzionale relative alla legge 23 ottobre 1960, n. 1369; Corte Cost., lo feb braio 1964, n. 3, in questa Rassegna, 1964, I, 12, relativa alla competenza a decidere sui ricorsi g,erarchici degli insegnanti elementari in materia di concorsi banditi nelle province siciliane; Corte Cost., 26 giugno 1965, n. 48, in questa Rassegna, 1965, I, 865 in tema di competenza a decidere Sui ricorsi gerarchici degli Esattori delle imposte avverso le ordinanze dell'Intendente di Finanza che irrogano pene pecuniarie. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 695 La materia rapporti di lavoro ., come sopra si posto in rilievo, entra nella previsione di cui alla lettera f dell'art. 17 dello Statuto ciliano; dunque materia nella quale la Regione ha competenza legiativa concorrente, in forza della quale potrebbe addirittura, ove se i'l manifestasse la opportunit, emanare anche norme dkette a soddi are particolari esigenze regionali, compatibili con l'interesse nazio: tle, ed in conseguenza, per l'art. 20 dello Statuto, piena competenza nministrativa. Ovviamente, poi, cosi la vigilanza, come la tutela rientrano nel: tttivit amministrativa, secondo quanto risulta dall'art. 3 delle pi )}te citate norme di attuazione. Quando una materia attribuita alla >mpetenza amministrativa di un Ente, non possibile scindere da ;sa, senza una espressa norma di legge che lo disponga e che nella >ecie manca, una sfera di attivit, come quella di vigilanza, che in ;sa rientra, per ritenerla riservata ad altro Ente, sia pure lo Stato. Concludendo, l'attivit istituzionale di vigilanza degli Ispettorati ~l lavoro, quindi, per quanto attiene alla materia rapporti di la) rO. ben s'inquadra tra quelle attribuzioni del Ministero del lavoro le, come sopra si dimostrato, nel territorio regionale, sono esercitate la Regione e che, sempre per quanto attiene alla materia dei rap) rti di lavoro gli Ispettorati provinciali del lavoro vanno compresi a .gli Uffici periferici del Ministero del lavoro, esistenti nella Regione, le dipendono da questa , in forza dell'art. 2 delle norme di attazione. Ed allora, se tali Ispettorati esercitano funzioni di competenza re. onale ed, in quanto le esercitano, dipendono dalla Regione, non pu ibitarsi che sui loro atti e provvedimenti, emessi nell'esercizio di dette mzioni, la Regione, che nel suo territorio, esercita le attribuzioni del :inistero del lavoro, a buon diritto esercita anche quella attivit di mtrollo di legittimit di merito, che si attua attraverso il ricorso ~rarchico. 4. -Le considerazioni che precedono conducono, pertanto, ad esclu~ re la fondatezza del ricorso sotto tutti gli aspetti con esso pro> ettati: a) Come si visto, col fatto stesso che stata trasferita alla >mpetenza regionale, la materia rapporti di lavoro non presenta .cun aspetto di interesse nazionale, cosi rilevante, da rendere necesLria una riserva di attribuzioni statali. Del resto, nella specie questa serva non preveduta dalla legge e non pu desumersi da alcun rincipio generale. N a contrario avviso pu condurre la formulazione dell'art. 7 della gge 23 ottobre 1960, n. 1369, che riserva la vigilanza all'Ispettorato ~l lavoro, giacch, evidentemente, tra le attribuzioni del Ministero RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del lavoro, devolute, per il territorio regionale, alla Regione sono comprese anche quelle di vigilanza, esercitate a mezzo dell'Ispettorato stesso. b) Che, poi, l'inosservanza di taluni precetti delle leggi sociali costituisca reato, non basta ad attribuire carattere diverso, da quello meramente amministrativo, alle attribuzioni degli uffici preposti alla vigilanza per l'osservanza di tali leggi: il rapporto tra cittadino e Stato a carattere punitivo sorge solo come effetto della constatazione dell'inosservanza della legge, verificatasi nell'esercizio della funzione di vigilanza e non presupposto di tale funzione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 27 .giugno 1968, n. 73 -Pres. Sandulli - Rel. Bonifacio -Imp. Tabegna (avv. Mazzei), Flenghi ed altri (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Peronaci). Ferrovie -Legge sui lavori pubblici -Regolamento di esecuzione Sanzioni penali -Questione inammissibile di costituzionalit. {Cost., artt. 1, 2 comma, 13, 2 comma, 25, 2 comma, 70, 76, 77; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, art. 317, 2 comma). Ferrovie -Legge sui lavori pubblici -Regolamento di esecuzione Sanzioni penali -Questione infondata di costituzionalit. {Cost., artt. 2, 13, 16, 41; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, art. 317, 2 comma). Ferrovie -Regolamento di polizia .ferroviaria -Multa -Questione inammissibile di costituzionalit. (Cost., artt. 2, 13, 16 e 41; r. d. 131 ottobre 1873, n. 1687, artt. 51 e 64). Pokh l'art. 317, secondo comma, legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, ha conferito al Governo la facolt di emanare un regolamento riguardante la polizia e la sicurezza delle strode ferrate, prevedendo che detto regolamento potesse comminare pene dri. polizia e multe fino alla somma di lire mine, e poiiich tale facolt stata esercitata dal Governo con provvedimento (r. d. 31 ottobre 1873, n. 1687) anteriore all'entrata in vigore della Costituzione, inammissibile, per assoluto difetto di riievanza, la questione di legittimit costituzionale del citato art. 317 in riferimento agli artt. 1, secondo comma, 13, secondo comma, 25, secondo comma, 70, 76 e 77 Costituzione (1). (1-3) Con questa sentenza la Corte ha riunito i giudizi di costituzionalit promossi con le seguenti ordinanze: 7 giugno 1966 del Pretore di Priverno (Gazzetta Ufficiale 10 settembre 1966, n. 226); 5 ottobre 1966 del PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 697 La questione di legittJimitd costituzionale, concernente l'obbligo >enalmente imposto ai cittadini di informarsi alle avvertenze ed agli nviti Loro rivolti dal personale delle FF. SS. durante il viaggio sui :onvogli, in quanto diretta contro l'art. 317, secondo comma, legge 20 narzo 1865, n. 2.248, alZ. F, palesemente infondata, in riferimento agli ~rtt. 2, 13, 16 e 41 della Costituzione, perch la norma impugnata non ~ contenuta in queHa disposizione dii legge (2). inammissibile, perch ha ad oggetto un atto non avente forza di .egge, la questione di costituzionalitd relativa agli artt. 51 e 64 del egolamento per la polizia delle strade ferrate, OJpprovato con r. d. 31 >ttobre 1873, n..1687, in riferimento agli artt. 2, 13, 16 e 41 della Co: tituzione (3). (Omissis). -4. -La Corte ritiene, tuttavia, che la questione di egittimit costituzionale dell'art. 317, secondo comma, della citata .egge, valutata in riferimento allo scopo in vista del quale viene sollerata, appaia manifestamente irrilevante. Ed infatti si deve \l.'ecisamente *!eludere che l'eventuale suo accoglimento possa avere effetti sulla ralidit delle norme penali contenute nel decreto del 1873. Giova all'uopo tener presente che sia la legge impugnata sia il ~egolamento 1n forza di essa .emanato sono anteriori alla Costituzione. !\ccertare se la prima, nel conferire al Governo un potere normativo .n materia penale, .abbia rispettato o abbia violato il sistema delle com;> etenze previsto dall'ordinamento costituzionale del tempo, pro:> lerna che non forma oggetto del presente giudizio. Quel che le ordi-.. 1anze chiedono solo la verifica della conformit della legge del 1865 ti principi sanciti dmla vigente Carta costituzionale. Pretore di Busto Arsizio (Gazzetta Ufficiale 24 dicembre 1966, n. 324); L3 gennaio 1967 del Pretore di Pavia (Gazzetta Ufficiale 8 aprile 1967, n. 89); 9 febbraio 1967 del Pretore di Borgo San Lorenzo (Gazzetta Ufficiale ~2 aprile 1967, n. 102); 25 febbraio 1967 del Pretore di Caltanissetta (Gazi: etta Ufficiale 24 giugno 1967, n. 157); 10 novembre 1967 del Pretoo-e di Cagli (Gazzetta Ufficiate 24 febbraio 1968, n. 50). Con l'ordinanza emessa :ial Pretore di Busto Arsizio stato introdotto il giudizio di legittimit ~ostituzionale dell'art. 9, secondo comma, del r. d. 15 marzo 1923, n. 692, ~onvertito nella legge 17 aprile 1925, n. 473, (limitazione dell'orario di lavoro per gli operai ed impiegati delle aziende industriali e commerciali). La questione cosi sollevata stata dichiarata dalla Corte inammissibile per difetto assoluto di rilevanza per le medesime ragioni in virt delle quali stato enunciato il principio di cui alla prima massima riportata in Rassegna. Su detta massima, per profili integrativi, analoghi o contrastanti, vedi Corte Cost., 23 marzo 1966, n. 26 in questa Rassegna, 1966, I, 489, con richiami in dottrina e giurisprudenza ivi riportati; Corte Cost., 19 maggio 1964, n. 36 e 26 novembre 1964, n. 96, in questa Rassegna, 1964, I, 630 e 1001. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO A tal proposito da osservare che se una legge, emanata durante la vigenza del vecchio Statuto, avesse attribuito poteri che la successiva Costituzione della Repubblica non consentirebbe di conferire, ed avesse continuato ad operare dopo l'entrata in vigore di questa, essa dovrebbe per ci essere dichiarata costituzionalmente illegittima. Tuttavia, trattandosi di illegittimit sopravvenuta, gli effetti di tale dichiarazone non potrebbero retroagire ad un momento anteriore a quello nel quale la legge divenuta incompatibile con i nuovi precetti costituzionali, e, quindi, non sarebbero destinati ad incidere sulla validit degli atti che nell'esercizio della competenza attribuita da quella legge fossero stati posti in essere prima del 1? gennaio 1948. All luce di tau principi appare superfluo accertare se a quella data la legge impugnata fosse ancora in vigore e se da essa derivasse una perdurante legittimazione del Governo ad emanare norme penali con una latitudine di poteri non compatibile con la riserva di legge stabilita dalla Costituzione. certo, infatti, che se anche ad entrambi i quesiti si dovesse dare risposta affermativa, la dichiarazione di i11egittimit costituzionale non travolgerebbe la legittimit del regolamento del 1873, che deve essere valutata, e non da questa Corte, con riferimento al sistema ed alle leg:gi vigenti al momento della sua emanazione. Queste considerazioni giustificano la dichiarazione di inammissibilit, per assoluto difetto di rilevanza, della questione di legittimit costituzionale dell'art. 317, secondo comma, della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, sollevata nei termini innanzi indicati. -(Omissis). CORTE. COSTITUZIONALE, 27 giugno 1968, n. 74 -Pres. Sandulli Rei. Fragali -Mingozzi, Dragoni ed altri (n. c.) -Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato Carafa). Manicomio -Norme sul procedimento di ricovero -Diritto di difesa Illegittimit costituzionale. (Cost., artt. 24, 2 comma; 1.3, 3 comma; I. 14 febbraio 1904, n. 36, art. 2, 20 comma). Manicomio -Norme sul procedimento dell'internamento provvisorio Questione di legittimit costituzionale -Parzialmente fondata. (Cost., art. 13, 3 comma; I. 14 febbraio 1904, n. 36, art. 2, 3 Mmma). Manicomio -Internamento degli alienati negli ospedali psichiatrici Questione infondata di costituzionalit. (Cost., artt. 2, 3, 1.3, 24, 32; I. 14 febbraio 1904, n. 36). L'art. 2, secondo comma, l. 14 febbraio 1904, n. 36, non collide con l'art. 13 delkt Costituzfone ma, ltimitatamente alkt parte in cui PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 699 on permette la difesa deWinfermo nel procedimento che si svolge inanzi al Tribunale ai fini dell'emanazione del decreto di ricovero de. nitivo, illegittimo in riferimento all'art. 24, secondo comma, delLa 'ostituzione (1). incostituzionale l'art. 2, terzo comma, della stessa legge, limitatmente alla parte in cui dispone che l'autorit di pubblica sicurezza, uando ordina il ricovero provvisorio pu riferire al Procuratore deUa .epubblica in un termine supe1iore alle quarantotto ore, in riferimento Wart. 13, terzo comma, della Costituzione (2). Sono infondate le questioni di legittimit in ordine : a) alle rimanenti parti dell'art. 2, secondo comma, della mede: ma legge, in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 delLa Costituzione; b) alle rimanenti parti dell'art..2, terzo comma, della stessa !gge, in riferimento agli artt. 2, 3, 24 e 32 della Costituzione; c) all'art. 3, q.into comma, della medesima e alle altre disposiioni di essa cui non si riferisce la dichiarazione di illegittimit costitzionale che precede, in riferimento all'art. 13, primo, secondo e terzo omma della Costituzione (3). (1-3 ) Le questioni sono state introdotte con un ordinanza del 30 lulio 1966 e con tre ordinanze del 18 agosto 1966 emesse dal Tribunale di errara (Gazzetta Ufficiale 12 novembre 1966, n. 284). ~ORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1968, n. 75 -Pres. Sandulli - Rel. Mortati-Gualtieri (avv. D'Abbino) c. Soc. Docere (avv. Ci. pollone); Gallo (avv. D'Abbino) c. Istituto Mons. E. Tozzi (avvocato Cipollone); Ghiribelli c. Castelli Manolosi; Giannini c. Cerrini; Cremonesi (avv. Di Segni) c. Azienda Tranviaria Municipale di Milano; Bertuccio (avv. Di Stefano) c. Abbate. ~apporto di lavoro -Licenziamento per colpa del lavoratore o dimissioni volontarie -Perdita dell'indennit di anzianit -Illegittimit costituzionale. (Cost. artt. 3, 36; cod. civ. art. 2120, 10 comma). in contrasto con gli articoli 3 e 36 della Costituzione l'art. 2120, rimo comma, cod. civ. (abrogato con l'art. 9 legge 15 luglio 1966, .. 604) nelia parte in cui esclude il diritto del prestatore di lavoro ad .na indennit proporzionale agli anni di servizio, quando la cessazione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del contratto di lavoro a tempo indeterminato derivi da Licenziamento per colpa del lavoratore o da dimissioni volontarie (1). (1) La questione stata proposta con le seguenti ordinanze: 4 luglio 1966 del Tribunale di Roma (Gazzetta Ufficiale 24 dicembre 1966, n. 324); 19 novembre 1966 del Tribunale di Roma (Gazzetta Ufficiale 25 febbraio 1967, n. 51); 4 ottobre 1967 del Tribunale di Siena (Gazzetta Ufficiale 23 dicembre 1967, n. 321); 14 novembre 1967 del Tribunale di Lucca (Gazzetta Ufficiale 27 gennaio 1968, n. 24); 10 e 17 novembre 1967 della Corte di Cassazione (Gazzetta Ufficiale 9 marzo 1968, n. 65). Sul carattere retributivo della indennit di anzianit, le Corte si era gi pronunciata con sentenza 3 luglio 1967, n. 68 in questa Rassegna, 1967, I, 505 con richiami. In dottrina cfr. V. NATALI, Enciclopedia del diritto, II, 1958, 574. CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1968, n. 76 -Pres. Sandulli - Rel. Branca -Imp. Agnozzi (n. C.). Procedimento penale -Testimoni -Assunzione di grandi Ufliciali dello Stato ed assimilati -Re~ole particolari -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3; c. p. p. art. 356). L'art. 356 c. p. p., disponendo particolari modalit per l'assunzione quali testi nel processo penale di grandi Ufficiati dello Stato o di categorie di soggetti ad essi assimilati, non. in contrasto con l'art. 3 della Costituzione (1). (1) L'ordinanza del Pretore di Fermo, emessa il 27 dicembre 1965 (Gazzetta Ufficiale 12 marzo 1966, n. 64) con la quale stata proposta la questione, commentata da MADDALENA, Riv. it. dir. proc. pen., 1966, 1070. CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1968, n. 77 -Pres. Sandulli - Rel. Branca -Piazza (n. c.) Di Sarro Crespi ed altri (avv. Boneschi e Mazzei); Sirtori (n. c.) c. Masuelli e D'Addario (n. c.) -Presidente Consiglio Ministri (Sost. avv. gen. Stato Giorgio Azzariti). Societ -Societ per azioni -Nomina di liquidatori -Decreto del Presidente del Tribunale -Ille~ittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 24; c. c. art. 2450, 3 comma). L'art..2450, terzo comma, del codcie civile, conferendo nei casi espressamente previsti dalla legge al Presidente del Tribunale il potere PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 701 ti nominare i Uquid.ator.i, non contrasta con le. norme dell'art. 3 e 24 :lella Costituzione (1). (Omissis). -1. - stato denunciato l'art. 2450, terzo comma, del :odice civile perch attribuisce al Presidente del Tribunale il potere di 1ominare i liquidatori anche quando si contesti l'avvenuto scioglinento della societ per impossibilit di funzionamento o per inarttivit iell'assemblea: dato che il provvedimento pu non essere preceduto da :ontraddittorio, non motivato e non reclamabile al collegio ex arti~ olo 739 c. p. c., la norma violerebbe il diritto di difesa dei soci e iella societ. La questione infondata. Quale che sia la natura del procedimento certo che esso non 1a effetti decisori rispetto allo scioglimento della societ: il Presidente, :lopo un'indagine sommaria analoga a quella che precede le misure ~autelari, pu nominare i liquidatori sul presupposto che J.a societ si ;;ia sciolta per impossibilit di funzionamento o per inattivit dell'asremhlea; ma; senza dubbio, non accerta n l'avvenuto scioglimento n le cause che lo avrebbero prodotto: tanto vero che sulla questione llilO qualunque degli interessati (presente o non presente) potr promuovre un giudizio ordi:qario e, provata l'insussistenza delle cause di ;cioglimento, ottenere la rimozione degli effetti del decreto presidenziale. In realt, diversamente dal provvedimento previsto dall'art. 274, j secondo comma, del codice civile (sentenza 1965, n. 70), quel decreto ~ I non preclude n compromette l'esercizio dell'azione in sede contentlosa. Le parti private, sull'eco dell'ordinanza di rinvio, lamentano la non reclamabilit del decreto; ma non tengono conto di ci, che, se esso fosse reclamabile sul punto dello scioglimento, il reclamo dovrebbe esser proposto entro termine breve e darebbe luogo a pronunzia in camera di consiglio (art. 739 c. p. c.): sotto questo aspetto invece il .sistema vigente offre ai dissenzienti una tutela maggiore poich permette loro di esercitare l'azione ordinaria senza termini di decadenza e di difendrsi con la garanzia d'un pi aperto contraddittorio. (1) La questione stata sollevata con ordinanza del Presidente del Tribunale di Milano emessa il 14 luglio 1966 (Gazzetta Ufficiale 28 gennaio 1967, n. 25) e con ordinanza del Tribunale di Milano emessa il 13 gennaio 1967 (Gazzetta Ufficiale 8 luglio 1967, n. 170). La Corte ha aderito alla tesi prospettata dall'Avvocatura sull'art. 2450 c. c.; per quanto concerne le questioni trattate in sentenza, vedi: Cass. 6 febbraio 1957, n. 472; Cass. 25 ottobre 1958, n. 3473; Cass. 8 novembre 1967, n. 2703; in dottrina, FR, Commentario a cura di Scialoia e Branca, 1966, sub art. 2450, 686. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Per concludere, poch il giudizio sullo scioglimento della societ si svolge in un secondo tempo dinanzi al giudice competente, il fatto che in precedenza possa essere mancato il contraddittorio non colpisce l'art. 24 della Costituzione. 2. -Una delle ordinanze e le parti private accennano al pericolo derivante dall'immediata esecuzione del decreto di nomina del liquidatore: tra l'altro questi, nel legittimo esercizio del suo potere, potrebbe anche disperdere i beni sociali compromettendo in qualche modo la futura ripresa dell'attivit imprenditrice alla quale frattanto apra la via la pronuncia favorevole del giudice dell'accertamento. Questa situazione, ovviamente, pu prodursi solo se non si accolga l'indirizzo, seguito anche da talune Corti, secondo cui l'esercizio dell'azione nelle vie ordinarie sospende il procedimento dinanzi al Presidente. Tuttavia, anche esclusa la sospensione, a parte che il sorgere .della lite induce il liquidatore ad estrema prudenza nello svolgimento della sua attivit, il pericolo di quelli a cui dato porre rimedio. Infatti chi contesta in sede contenziosa l'avvenuto scioglimento della societ pu chieder i provvedimenti d'urgenza... pi idonei ad assicurare gli effetti della decisione di merito posto che, nel caso ipotizzato: vi sia minaccia d' un pregiudizio imminente e irreparabile (art. 700 c. p. c.). Del resto non si pu tacere da un canto che, perfino se il decreto di nomina fosse reclamabile, il reclamo non ne sospenderebbe sempre l'efficacia (v. art. 741, secondo comma; c. p. c.); dall'altro, che, comunque, la pronuncia favorevole in sede contenziosa obbliga al risarcimento dei danni, derivati dalla liquidazione, chi aveva chiesto tale nomina. La situazione ben diversa da quella del presunto infermo di mente che un decreto camerale abbia privato della libert col pericolo di cagionargli un danno, per la natura del diritto colpito, assolutamente irreparabile (sent. n. 74 di pari data). 3. -Si sostenuto in corso di causa che il decreto presidenziale non offra .garanzie proprio perch viene preso in assenza della societ e all'insaputa dei soci. Se con questo si intende ripetere che manca il contraddittorio, a ci s' data risposta pi sopra. Se invece si vuol denunciare la segretezza del procedimento che non assicura n alla societ n ai soci la conoscenza di quanto vi si sta preparando e la possibilit di difesa tempestiva nelle vie ordinarie, si cade in un equivoco. Infatti da dire innanzi tutto che non si emana il decreto di nomina senza aver informato almeno il rappresentante legale della societ; ma specialmente si pu osservare come sia inverosimile l'ipotesi che gli amministratori sociali rimangano all'oscuro del provvedimento o della sua esecuzione. Quanto ai soci, basti rilevare che, neanche se il procedimento di nomina si svolgesse col rito normale, dovrebbero essere citati o informati. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 703 Perci gli uni e gli altri, se non promuovono in tempo il giudizio di !ognizione, potranno rimproverare soltanto se stessi. 4. -L'art. 2450 c. c. stato denunciato anche per violazione del ;>rincipio d'uguaglianza (art. 3 Cost.) : non si giustificherebbe come, se ;>resupposto della liquidazione l'inefficienza dell'assemblea, sia il Presidente a provvedere, mentre negli altri casi di scioglimento della ;ociet si procede colle forme ordinarie. Anche questa denuncia infondata. Il legislatore partito dalla !onsiderazione che l'inefficienza dell'assemblea, cio la impossibilit :li funzionamento o l'inattivit, sia facilmente constatabile e produca ma situazione cosi critica da richiedere l'intervento immediato dei liquidatori. L'opportunit della norma stata discussa e pu essere :liscutibile ma con un giudizio che questa Corte non potrebbe emet; ere senza colpire la discrezionalit del legislatore. -(Omissis). I :::!ORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1968, n. 78 -Pres. Sandulli - Rel. Fragali -Soc. it. Beni Immobili (n. c.) c. Prefetto di Roma (n. c.) e Comune di Roma (avv. Marchetti) -Presidente Consiglio dei Ministri -(Sost. avv..gen. Stato Peronaci). t>iano regolatore -Citt di Roma -Costruzione vie e piazze -Cessione di suolo -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 42, 3 comma; r. d. 6 luglio 1931, n. 981, art. 6). L'art. 6 del r. d. l. 6 luglio 1931, n. 981, convertito nella legge 24 marzo 1932, n. 355, che impone ai proprietari di terreni necessari per ~ costruzione di nuove vie o piazze la cessione del suolo, nella sussi'I. 1tenza di determinati presupposti nella medesima norma specificati, rion contrasta, con l'art. 42, terzo comma della Costituzione, in quanto ~'obbligo di trasferimento gratuito, ai sensi del successivo art. 7, non ~ in realt senza corrispettivo (1). (1-2) I giudizi sono stati promossi con ordinanza emessa il 7 aprile 1967 ial Consiglio di Stato, Sez. IV (Gazzetta Ufficiale 23 dicembre 1967, n. 321) ~ con ordinanza del Collegio arbitrale presso la Corte di Appello di Roma ~messa il 10 gennaio 1968 (Gazzetta Ufficiale 9 marzo 1968, n. 65). Sull'argomento cfr. Cass., Sez. un. 7 ottobre 1964, n. 2545, in Foro it., Rep. 1964, voce Piano regolatore, n. 142. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II CORTE COSTITUZIONALE, 5 luglio 1968, n. 89 -Pres. Sandulli - Rel. Fragali -Di Fani ed altri (avv. Sorrentino, Sammartino) c. Comune di Roma (avv. Rago) -Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. 1gen. Stato Peronaci). Piano regolatore -Citt di Roma -Indennit di espropriazione e contributi di miglioria -Collegio arbitrale -Questioni infonda te di costituzionalit. (Cost., artt. 3, 102, disp. trans. VI; d. I. 29 marzo 1966, n. 128, art. l, 3 comma; I. 26 maggio 1966, n. 311, art. unico; r. d. I. 6 luglio 1931, n. 981, artt. 4, 5, 6, 7, 11). Somo infondate le questioni di costituzionalit: a) in riferimento all'art. 3 delia Costituzione, dell'art. 1, terzo comma, decreto legge 29 marzo 1966, n. 128, convertito con modificazioni nella legge 26 maggio 1966, n. 311, per la parte in cui rende applicabili alle espropriazioni commesse alle esecuzioni dei piani particolareggiati indicati nel primo comma, gli artt. 4, 5, 6 e 7 del r. d. l. 6 luglio 1931, n. 981, convertito con modificazioni nella legge 24 marzo 1932, n. 355, che disciplinano le indennit di espropriazione e i contributi di miglioria da corrispondere in rapporto alt'attuazione del piano regolatore de.Ua citt di Roma; b) in riferimento all'art. 102 e alla VI disposizione transitoria della Costituzione, deLZ'articolo unico della legge 26 maggio 1966, numero 311, per la parte in cui estende alle espropriazioni stesse l'applicazione dell'art. 11 del r. d. l. 6 luglio 1931, n. 981, che prevede la competenza di un collegio arbitrale per la risoluzione delle controversie (2). I (Omissis). -La questione priva di fondamento. L'obbligo di trasferimento gratuito previsto dall'art. 6 del r. d. 1. 6 luglio 1931, n. 981, che approva il piano regolatore di Roma, in realt non senza corrispettivo. Esso sussiste unicamente se al proprietario rimane 'una parte non inferiore alla met dell'area residua (terzo comma del predetto art. 6); e quando esiste, il proprietario beneficia, in compenso, di una riduzione del contributo di miglioria imponibile sulla parte residua, in mistira equivalente al valore dell'area trasferita (art. 7, primo comma). Cosicch in effetti egli, mediante la riduzione del contl'libuto suddetto, viene ad essere indennizzato per la perdita patrimoniale subita. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 705 Il Comune, in forza dell'art. 1 del r. d. 1. 17 ottobre 1935, n. 1987, tenuto ad imporre questo contributo; e pertanto non supponibile le in concreto il diritto del proprietario resti pregiudicato; tanto pi le il logico presupposto della legge che il contributo di miglioria 1lla parte della propriet che rimane dopo il trasferimento, sia di fmma superiore o uguale al valore della parte trasferita. il caso di aggiungere che l'art. 24, primo comma, della legge rbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, invece dell'obbligo di cui s tratta, atuisce che il Comune pu imporre il trasferimento a scomputo del >ntributo di miglioria; e, pur essendo vero che la norma non .si aplica in relazione al piano regolatore di Roma del 1931, essa potrebbe nanco lasciare arguire che la disposizione impugnata stia fuori dal:> rbita dell'art. 42 della Costituzione, per essere un modo di adempi. ento dell'obbligazione inerente al contributo di miglioria. -(Omissis). II (Omissis). -2. -Il dubbio esposto nell'ordinanza prese corpo ~rch il collegio speciale non intese congruamente la lettera e la soanza .del decreto-legge denunciato. Questo altro non fece che determinare l'influenza del nuovo piano igolatore su quelli particolareggiati ancora in pendenza di escuzione. ra, regolare l'incidenza di un sistema normativo nuovo su una situaone giuridica costituitasi in precedenza, non vuol dire distaccare la essa dal suo nesso di derivazione, neanche se alla medesima viene ;tesa l'applicazione della legge nuova. Tanto pi quando, come nella >ecie, la situazione mantenuta in collegamento con la legge ante. ore, sia pure entro certi limiti, come risulta dal terzo comma delart. 1 del decreto-legge in esame, che ha lasciato sotto il regime di uello del 1931 i piani particolareggiati suddetti, nelle, parti non dif> rmi da alcune prescrizioni del nuovo piano. In tal modo l'ordinaLento ha rivelato la volont di non novare la fonte giuridica dei piani, ur riducendone il contenuto; e ha escluso che l'approvazione del nuovo iano regolatore abbia causato la caducazione di quello precedente, va la pi ristretta efficacia dei piani particolareggiati che vi si ppoggiavano. Il piano generale del 1965 trov in fase avanzata di esecuzione uello del 1931; sul fondamento di quest'ultimo gi da tempo si erano >stituiti vincoli alla propriet privata, e il decreto legge del 1966 non oteva non tenerli fermi fino al massimo possibile, ad evitare il preiudizio che avrebbe potuto derivare, all'interesse pubblico, dal vuoto iuridico che, nel caso in cui i piani particolareggiati pendenti fossero ivenuti in tutto inefficaci, si sarebbe prodotto fino a quando non aves RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sero avuto effetto quelli nuovii: di regola, del resto, ogni situazione giuridica governata dalla legge del tempo in cui ebbe a costituirsi. Non sostenibile, come invece si sostenuto, che il decreto-legge impugnato ha inteso negare efficacia a tali piani per il fatto di essersi riferito. unicaID:ente ad alcune e non a tutte le loro previsioni, o che esso ha voluto estinguere gli effetti del precedente piano regolatore generale non avendo nominato questo piano, come in altra occasione aveva fatto l'art. 18 del decreto-legge del 1931. Il richiamo solo ad una parte del contenuto dei piani esecutivi ben si spiega: essi venivano parzialmente tenuti in vita, e comunque era sostanzialmente richiamo a tali piani, tanto vero che ai medesimi il decreto-legge impugnato ritorna a riferirsi nel terzo comma del suo art. 1. L'affermazione della persistente efficacia del piano regolatore del 1909, invece che dei suoi piani esecutivi, contiene per implicito l'enunciazione del continuato effetto dei piani medesimi; senza dire che, attorno al 1909, i piani regolatori erano soltanto particolareggiati. 3. -Cos essendo, non si pu discorrere di estensione della giurisdizione del collegio speciale a controversie nuove, a parte il decidere se controversie nuove possono ritenersi, a tal fine, quelle che potessero proporsi a proposito del piano regolatore nuovo. Le controversie che il decreto-legge denunciato mantiene nella sfera della potest giurisdizionale del collegio riguardano sempre gli indennizzi per le espropriazioni disposte in dip~denza del piano regolatore del 1931; tanto pi che ogni contesa circa i limiti di tale riduzione non rientra nella competenza del collegio speciale, non avendo .per oggetto una questione di indennit. Inutilmente perci il comune ha sollevato il dubbio sulla natura del collegio speciale; dubbio, del resto, infondato, perch non basta a fare ritenere che quell'organo giurisdizionale sia stato inserito nella struttura della Corte d'appello di Roma la circostanza che esso funzionante presso la medesima e che il suo presidente designato dal primo presidente della stessa. Le indennit poi che, secondo la legge di conversione, devono essere liquidate sulla base delle regole stabilite nel decreto-legge del 1931, riguardano ugualmente le espropriazioni disposte in forza dei piani particolareggiati dipendenti da quello regolatore approvato con detto decreto, perch il terzo comma del d. 1. del 1966, nel testo modificato in sede di conversione, applica gli artt. 4, 5, 6, 7 e 11 del decreto del 1931 alle espropriazioni occorrenti alle attuazioni dei piani particolareggiati di cui ai commi precedenti , e quindi ai piani del 1931 rimasti in vigore o ridotti di effetto, non a quelli che derivano dal piano nuovo. Il quale entra in .giuoco unicamente come misura dell'effetto ulteriore dei primi, .per la relatio che si fa ad es;so entro un ambito determinato. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 707 Al postutto, se .pure i piani particolareggiati del 1931 fossero ;ati attratti in quello generale del 1965, vi starebbero in posizione s stante, tanto che, non solo le previsioni conformi al piano nuovo i rimarrebbero, ma anche le altre che, pur contrastando con questo, on sarebbero fra quelle alle quali il primo comma del decreto-legge enunciato ha tolto valore. E non , d'altronde, in s ssurdo che, pur no stesso piano regolatore generale, si cOilltemplino trattamenti dif~ renziati in corrispondenza a situazioni ritenute diverse: nella specie on sarebbe assurdo che i piani particolareggiati pendenti al tempo ell'approvazione di quello generale del 1965, fossero ritenuti in esso mestati con l'intero assetto che ricevevano secondo il decreto-legge del 931, perch l'inserzione si dovrebbe ravvisare rivolta a porre i piani endenti nella cornice dei limiti ai quali si intendeva farli sottostare, non altro che a questo. Cosicch pure sotto questo profilo l'inserione stessa, n farebbe divenire materia relativa al nuovo piano quella he ha per oggetto le controversie sull'indennit dovuta per le esproriazioni di immobili compresi nel piano antico, perch nessuna norma .ettata per il piano nuovo regola la liquidazione delle indennit, n ifferenzierebbe irrazionalmente i criteri stabiliti per tale liquidazione, e diverso il tempo al quale si deve far risalire l'imposizione dei 'incoli di piano esecutivo, a seconda che essi si sorreggano su quello enerale del 1931 o sull'altro del 1965. La deduzione dei proprietari espropriati circa una pretesa irrisoiet dell'indennizzo previsto dal decreto-legge del 1931, non. solo in se tesso, ma anche nel confronto con i criteri applicabili al piano del 965, non forma oggetto dei profili prospettati dal collegio speciale, e .on pu essere discussa nell'odierno giudizio. -(Omissis). :ORTE COSTITUZIONALE, 5 luglio 1968, n. 83 -Pres. Sandulli - Rel. Verzl -Latteria Sociale di Brignano Gera d'Adda c. Mini stero Finanze (Sost. avv. .gen. Stato Coronas). mposte e Tasse -I.G.E. -Estimazione semplice -Riscossione non in abbonamento -Difetto di tutela giurisdizionale -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 24 e 113; r. d. 1. 9 gennaio 1940, n. 2, art. 52; r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22; d. I. 3 maggio 1948, n. 799, art. 18). Poich la legislazione vigente mantiene implicitamente ferma la ompetenza del giudice ordinario per le controversie relative alla im> osta generale sull'entrata corrisposta mediante marche o versamenti RASSEG:NA DELL'AVVOCATURA DELLP STATO in conto corrente postale, comprese queiie di estimazione semplice, non fondata La questione di legittimit costituzionale degli articoli 52 del r. d. l. 9 gennaio 1940, n. 2, convertito in legge 19 giugno 1940, n. 762, 22 del r. d. l. 7 agosto 1936, n..1639, convertito in legge 7 giugno 1937, n. 1016 e modificato con r. d. l. 27 ottobre 1937, n. 2013, 18 del d. l. 3 maggio 1948, n. 79.9, in riferimento agli articoli 3, 24 e 113 della Costituzione (1). (Omissis). -L'oroinanza di rimessiooe ritiene che, in materia tributaria, le controversie, le quali abbiano per oggetto la estimazione semplice per valutazti.one induttiva in fatto dei cespiti imponibili, siano tutte escluse dalla competenza della, autorit giudizia.ria, senza alcuna distinzione fra imposte dirette ed imposte indirette, compresa l'I.G.E. E poich per le controversei relative all'I.G.E. corrisposta mediante applicazti.one di marche o mediante versamento in conto corrente non ammesso neppure il ricorso alle Commissioni tributarie, previsto dall'art. 18 del d. I. 9 maggio 1948, n. 799, limitatamente all'I.G.E. corrisposta in abbonamento, mancherebbe, in tali ipotesi, la tutela giurisdizionale dei diritti derivanti da una eventuale imposizione fiscale basata su una stima erronea, con violazione dei principi enunciati negli artt. 113, 3 e 24 della Costituzione. La questione non fondata. La Corte ritiene che alla imposta generale sulla entrata non sono applicabili n la norma dell'art. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, che esclude dalla competenza della autorit giudiziaria le questiooi relative all'estimo catastale, ed al riparto di quota e tutte le altre sulle imposte dirette sino a che non abbia avuto luogo la pubblicazione dei ruoli; n la norma dell'art. 22 del r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, convertito in legge 7 giugno 1937, n. 1016, e modifilcato con (1) La questione stata sollevata d'ufficio con ordinanza emessa il 23 giugno 1966 dal Tribunale di Brescia (Gazzetta Ufficiale 15 ottobre 1966, n. 258). L'Amministrazione delle Finanze, innanzi alla Corte Costituzionale, ha dedotto l'infondatezza della questione, richiamando il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale, in tema di I.G.E. riscossa non in abbonamento, anche per le questioni di estimazione semplice, resta stabilita la competenza dell'A.G.0. in virt del disposto del 2 comma dell'art. 52 legge 762/1940. La Cassazione ha, infatti, statuito detto principio con numerose sentenze delle Sezioni Unite (27 luglio 1962, n. 2173; 24 giugno 1965, n. 1322; 27 gennaio 1966, n. 315; 3 marzo 1966, n. 628; 12 dicembre 1966, n. 2888). In dottrina, vedi: MAGNANI, Dir. e pratica trib., 1962, II, 528, BRESCIA, Giur. it., 1965, I, 1, 235. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 709 . d. 1. 27 ottobre 1937, n. 2013, che mantiene la co:qipetenza della utorit giudiziaria su ogni controvevsia che non si riferisca a semplice stimazione di redditi. Per quanto la Corte di cassazione abbia ritenuto nel .passato il ontrario, numerose recenti sentenze pronunziate a sezioni unite e la 1i autorevole dottrina aff.ermano che, in materia di I.G.E. -nelle potesi nelle quali non previsto il ricorso alle Commissioni tributaie -le questioni di estimazione semplice rientrano nella giurisdizione lel giudice ordinario. Ed invero i sopraindicati articoli 6 e 22 -enrambi dettati con riferimento aUe imposte dirette -non riguardano .ffatto l'imposta sull'entrata e comunque per essa non sussistono quelle agioni che hanno indotto dl legislatore ad emanare le 'ricovdate dispo~ izioni. L'estimo catastale, infatti, richiede complessi accertamenti tecdci per stabilire il reddito medio, ordinario e continuativo; il riparto li quota va fatto in base ai vari catasti per provincia e per comuni, icch non consente alcun accertamento singolo; e le imposte dirette olpiscono il reddito, inteso come periodico aumento di ricchezza. Quete ragioni, che determinano l'esclusione della competenza della autoit .giudiziaria, non valgono affatto per l'l.G.E., che una imposta lldiretta, la quale colpisc.e l'entrata in denaro cooseguita da persone isiche, da persone giuridiche o da enti, nonch alcuni atti economici elativi al commercio di materie, merci e prodotti. Per quanto riguarda la tutela giurisdizionale dei diritti ed inte essi relativi all'l.G.E., le norme da applicare sono l'art. 52 del r. d. 1. 9 rennaio 1940, n. 2, convertito in legge 19 giugno 1940, n. 762, il quale, enza enunciare alcuna limitazione, espressamente stabilisce che contro 'ordinanza dell'Intendente di :finanza e contro il decreto del Ministro 1er le finanze consentito .gravame dinanzi all'autorit giudiziaria in ede civile; l'ait't. 18 del d. 1. 9 maggio 1948, n. 799, che, affidando alle ~ommissiOilli tributarie distrettuali e provinciali la risoluzione in via 1mministrativa delle controversie relative all'applicazione della imposta ull'entrata corrisposta mediante abbonamento, mantiene implicitanente ferma la competenza del giudice ordinario per le controversie elative alla imposta corrisposta mediante marche o versamenti in ~onto corrente postale comprese quelle di estimaziooe semplice; e lo 1rt. 28 del r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, che conferma le disposizioni rigenti (e cio quelle relative alla competenza dell'autorit giudiziaria frdinaria), per quanto concerne la risoluzione delle controversie in nateria di tassa scambi, che in epoca successiva stata sostituita dalla mposta sull'entrata. Risultando da quanto sopra esposto che, in materia dd estimazione :emplice di imposta sull"entrata per le ipotesi sopraindicate, con :entita l'aziooe davanti al giudice ordinario, la legge assicura la tutela tiurisdizionale di cui l'ordinanza lamenta la carenza. -(Omissis). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 5 luglio 1968, n. 84 -Pres. Sandulli - Rel. Manca -Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato Agr) c. Presidente Regione Siciliana (avv. Virga). Sicilia -Conflitto di attribuzione -Poteri di decidere i ricorsi gerarchici degli Esattori delle imposte avverso le ordinanze dell'Intendente di Finanza che irrogano pene pecuniarie -Spetta agli organi dello Stato, non della Regione. (d. P. R. 26 luglio 1965, n. 1074, art. 38; 1. 7 gennaio 1929, n. 4; d. P. R. 15 maggio 1963, n. 858, art. 150; d. 1. 6 novembre 1930, n. 1465, art., 24). Poich la devoluzione alla Regione Siciliana delle entrate derivanti dall'applicazione di sanzioni pecuniarie non implica la legittimazione della Regione stessa alla irrogazione delle sanzioni che a tali entrate danno luogo, ne consegue che l'Intendent~ di Finanza, nell'applicazione delle sanzioni, svolge una funzione statale, non trasferita alla Regione, e che appartiene al Ministro delle Finanze la competenza a decidere i ricorsi avverso le oTdinanze dell'Intendente di Finanza (1). (Omissis). -2. -Osserva la Corte che la questione fondamentale per la risoluzione del conflitto se la devoluzione alla Regione delle entrata derivanti dall'applicazione di sanzioni pecuniarie implichi la legittimazione della Regione stessa alla irrogazione delle sanzioni che a tali entrate danno luogo. Ritiene la Corte che al quesito debba darsi risposta negativa. L'assegnazione dei proventi di determinate pene pecuniarie ad un ente, anche se fornito, come la Regione, di potest legislativa e tributaria, non attribuzione all'ente del potere di irrogare le pene stesse. appena il caso di osservare che se, per ipotesi, fosse attribuito a un determinato ente pubblico il provento di multe o ammende previste dalla legge penale, non per questo sarebbe attribuita all'ente la potest pu . (1) Il conflitto sorto a seguito della circolare dell'assessore per le finanze 21 luglio 1967, n. 18459, con la quale si affermava la competenza dell'Assessorato Regionale per le Finanze a decidere i ricorsi avverso le ordinanze degli Intendenti di Finanza. Tale circolare stata dalla Corte annullata con la sentenza in rassegna. Prima dell'entrata in vigore del d. P. R. 26 luglio 1965, n. 1074, contenente norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana in materia finanziaria, e nella vigenza del d. lg. 12 aprile 1948, n. 507, la Corte aveva risolto analogo conflitto, con sentenza del 24 giugno 1965, n. 48 (in questa Rassegna, 1965, I, 865), affermando sempre la competenza statale. Cfr. pure le sentenze 26 gennaio 1957, n. 11 e 16 novembre 1960, n. 61 in Foro it., 1957, I, 340 e 1960, I, 1855. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 711 itiva, anche a prescindere dal carattere esclusivamente statale di tale otest. N si potrebbe, nel caso in esame, invocare il parallelismo, gi ilevato in precedenti sentenze di questa Corte, tra spettanza di un :ibuto e potest tributaria, inteso nel senso che, di massima, l'ente a Lli spetta il tributo pu disporre intorno ad esso, sempre nei limiti e ~condo i principi dell'ordinamento tributario generale, e svolgere la onnessa attivit amministrativa. A parte che da distinguere la po~ st di imposizione dal diritto al provento di un tributo imposto da n altro ente, nel caso in esame non si tratta di entrate tributarie, e eanche connesse a tributi (come le sopratasse e .gli interessi di mora, carico del contribuente), ma si tratta di proventi derivanti dall'eserlzio di una potest divel'sa dalla tributaria, e precisamente dall'eserlzio di un potere sanzionatorio, che, se ha per oggetto attivit che si volgono in materia tributaria, si distingue per dal potere di impo. zione e di riscossione di tributi, ed regolato da un proprio ordiamento. Nessun argomento pu trarsi, pertanto, dalla considerazione che decreto n. 1074 de.I 1965 ha trasferito alla Regione le funzioni esecu. ve ed amministrative ad essa spettanti in materia tributaria, per cui opo l'entrata in vigore di esso, gli esattori non riscuoterebbero pi :ibuti di spettanza statale e competerebbe alla Regione ogni potest mministraitiva connessa alle imposte dirette. Gi nella sentenza n. 48 del 1965 fu rilevato che, pur essendo pas: tta alla Regione siciliana la materia della riscossione dei tributi e la rganizzazione del servizio esattoria.le, nella materia trasferita non rano comprese quelle funzioni di sorveglianza sull'esecuzione del raporto esattoriale che danno luogo all'applicazione di sanzioni ammini~ rative, e in particolare alla irrogazione delle cosiddette pene pecuiarie, e che costituiscono un sistema, unitariamente disciplinato, di ttivit sopraordinate al servizio di riscossione, nel quale non possono ssere considerate confuse. Pertanto, si ritenne che alla Regione non >ssero state attribuite le funzioni relative all'irrogazione delle dette mzioni, non .gi per la ragione che non fossero state ancora trasferite ~ funzioni spettanti alla Regione in materia tributaria, e neanche per i ragione che l'applicazione ~ quelle sanzioni sia di esclusiva compe: mza dello Stato (questione rimasta al di fuori della pronuncia), ma erch esse sono funzioni sostanzialmente distinte da quelle che aveano formato oggetto del trasferimento. E ci si deduceva dalla sostaniale diversit dell'attivit sanzionatoria e dell'attivit di riscossione, isalente alla distinzione tra potest sanzionatoria e potest tribu: tria; dal diverso livello a cui si esplicano le predette attivit; dal araittere unitario dell'ordinamento delle attivit sanzionatorie in ma~ ria fiscale, che costituisce un sistema organico, differenziato dall'or 712 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dinamento dell'imposizione e della esazione dei tributi, e che ha il suo testo fondamentale nella legge 7 gennaio 1929, n. 4, contenente norme generali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie. Le stesse ragioni valgono rispetto alla norma dell'art. 3 del decreto n. 1074 del 1965, che si limitata ad assegnare alla Regione le entrate derivanti dall'applicazione di sanzioni pecuniarie. Anche se, per ipotesi, il trasferimento alla Regione del predetto potere sanzionatorio fosse consentito dall'ordinamento generale, esso avrebbe richiesto una esplicita attribuzione, che non compresa nell'attribuzione dei proventi. Vi un salto logico nel passa.ggio dalla esatta affermazione che il citato art. 3 ha derogato, per quanto riguarda la Regione siciliana, agli artt. 24 del d. 1. n. 1465 del 1930 e 150 del d. P. R. n. 858 del 1963 (che attribuiscono quei proventi allo Stato) a.Ila affermazione che sia stato trasferito il potere di applicare le sanzioni, come vi un salto logico nel passaggio dall'affermazione che, col decreto n. 1074 del 1965, si avuto il trasferimento delle funzioni spettanti alla Regione, all'affermazione che sia di spettanza di questa, non il provento, ma l'applicazione delle sanzioni. Non pu pertanto ritenersi che l'esercizio del potere sanzionatorio, pvevisto e regolato dalla legge 7 gennaio 1929, n. 4, a cui si richiama l'art. 20 del t. u. sulla riscossione delle imposte dirette (d. 1. 6 novembre 1930, n. 1465), abbia formato oggetto delle norme di attuazione dello Statuto siciliano in esame, allo stesso modo che non aveva formato oggetto delle precedenti norme sul regolamento provvisorio dei rapporti tra Stato e Regione in materia finanziaria. Ne consegue che l'Intendente CM finanza, nell'applicazione delle sanzioni, svolge una funzione statale non trasferita alla Regione. inoltre da tener presente che le funzioni esattoriali non riguardano soltanto la riscossione di tributi di spettanza re.gionale. 4. -Ulteriore, e diretta, conseguenza delle esposte considerazioni che appartiene tuttora al Ministero delle finanze la competenza a decidere i ricorsi in materia. Va osservato a questo proposito che non pertinente, ai fini del presente giudizio, stabilire se, col disporre che la Regione si avvale degli organi periferici dello Stato per l'esercizio delle funzioni ad essa spettanti, si sia istituito un rapporto di dipendenza gerarchdca. A parte che la questione non avrebbe in nessun caso rilievo, perch un ricorso amministrativo potrebbe essere stabilito dall'ordinamento anche in mancanza dii esso (cosiddetto ricorso gerarchico improprio), la definizione del rapporto tra organi dello Stato e Regione pu avere importanza in relazione alle funzioni di spettanza di quest'ultima svolte dai primi, non gi in relazione a quelle funzioni che, per essere rimaste dello l PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 713 ;ato, non possono essere svolte che dagli organi dello Stato come li, e non come organi di cui si avvale la Regione. Ugualmente estranea alla presente controversia la classificazione ~ll'atto dell'Intendente come atto amm1nistrativo o come atto paraurisdizionale. Certo la Regione pu avvalersi deglli organi dello Stato ilo per lo svolgimento di attivit amministrative ( per l'esercizio delle mzioni esecutive ed amminist:r~ative., dice l'art. 8); ma non basta la 1tura amministrativa dell'atto per dedurne la competenza della Reone, richiedendosi che si tratti di attivit amministrativa a questa spettante. Le ra~oni innanzi indicate escludono che tale sia l'attivit dell'Inndente nell'applicazione delle sanzioni, in qualunque modo .possa :sere qualificata, non essendo passata alla Regione la competenza rela\ 7a per effetto di una norma che ha soltanto disposto l'attribuzione la Regione delle entrate derivanti dall'applicazione delle sanzioni esse. Si deve dunque concludere che, ferma restando la competenza ~lla Regione in materia di .riscossione dei tributi ad essa assegnati, iich l'attivit relativa all'applicazione delle pene pecuniarie di cui la legge n. 4 del 1929, richiamata dall'art. 150 t. u. del 1963 sulla scossione delle imposte dirette, rimasta attivit statale, l'Intendente finanza agisce, nello svolgimento di essa, come organo dello Stato ~ll'esercizio fil itna funzione statale. Spetta quindi al Milliistro delle tianze la decisione dei ricorsi contro i suo atti, come disposto dal1rt. 24, quarto comma, del d. 1. 6 novembre 1930, n. 1465. -(Omissis). DRTE COSTITUZIONALE, 5 luglio 1968, n. 85 -Pres. Sandulli - Rel. Manca -Caserotti (avv. Bussi) c. I.N.A.I.L. (avv. Flamini, Magno, Cataldi) e Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato Coronas). lortuni sul lavoro -Rendita ai superstiti -Presentazione della do manda -Termine di trenta giorni -Illegittimit costituzionale. (Cost., artt. 24, 38, 113; r. d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 28). In riferimento agli articoti 24, primo comma, e 38 della Costituone, incostituzionale l'art. 28 del r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 ontenente disposizioni per l'assicuT'azione obbligatoria degli infortuni ~l lavoro e delle malattie profesS'Lonali) nella parte in cui stabilisce ie la domanda gei superstiti del lavomtore deceduto a causa dell'in RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fortunio, deve essere proposta, a pena di decadenza, entro un mese daUa data della morte (1). (Omissis). -2. -Osserva la Corte che, prescindendo dall'art. 113 della Costituzione, non applicabile al caso (poich non ricorre l'ipotesi di impugnazione di un atto amministrativo), il dubbio deve ritenersi fondato, contrariamente all'assunto della difesa dell'Istituto e dell'Avvocatura dello Stato, in riferimento alle altre norme costituzionali, richiamate dal tribunale: all'art. 24 che, nel primo comma, concerne, in via generale, la tutela giurisdizionaie dei diritti e degli interessi (vedasi la sentenza di questa Corte n. 83 del 1966); ed all'art. 38, in quanto i precetti, in esso contenuti, sono dettati per assicurare ai lavoratori infortunati e, indirettamente ai loro superstiti, le provvidenze assistenziali nell'articolo stesso menzionate. 3. -Al riguardo non si pu disconoscere la validit delle ragioni addotte nell'ordinanza. Si accenna, infatti, al turbamento di carattere psicologico ed affettivo che la morte di un congiunto suscita, di norma, nell'ambito della (1) Il giudizio stato introdotto con ordinanza emessa il 7 luglio 1966 del Tribunale di Trento (Gazzetta Ufficiale 29 ottobre 1966, n. 271). L'Avvocatura ha rilevato, in via preliminare, che l'art. 28 del r. d. n. 1765/35 resta al di fuori del campo di applicazione degli articoli 24 e 113 della Costituzione, in quanto mentre tali norme costituzionali si riferiscono alla tutela giurisdizionale, esso si esaurisce nell'assoggettare ad un congruo termine di decadenza la presentazione di una domanda diretta ad ottenere l'emanazione di un provvedimento cui l'interessato ritenga di avere diritto, salvo, ove il contenuto di tale provvedimento non sia favorevole all'istante l'esperimento dei mezzi di itutela giuridica consentiti dalla legge. Il termine, cio, non attiene ad un procedimento giurisdizionale ma amministrativo. La Corte non ha ritenuto di dover motivare specificamente sul punto ma, affermata la fondatezza della questione in riferimento all'art. 24, primo comma, si limit~ta a richiamare, in parentesi, la sentenza n. 83 del 1966 (in questa .Rassegna, 1966, I, 780). Nella sentenza citata in motivazione concernente la questione di legittimit costituzionale dell'art. 236 t. u. delle imposte dirette -il quale vieta al debitore esecutato ogni contestazione sul valore dei beni staggiti nella esecuzione esattoriale -, il principio di cui al primo comma dell'art. 24 Cost. posto in stretta correlazione all'art. 113 Cost., nel senso che, quando si contesti la legittimit di un atto amministrativo non pu essere esclusa o limitata la tutela giU!I'isdizionale. Sembra, perci, che :il richiamo alla sentenza n. 83 del 196!) non sia, nella fattispecie, conferente, soprattutto in considerazione del fatto che la Corte ha escluso l'applicabilit al caso in esame dell'art. 113 della Costituzione. Ci non esclude che l'illegittimit costituzionale della norma sia stata esattamente dichiarata sotto il profilo della violazione dell'art. 38 della Costituzione. R. CANANZI PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 715 amiglia, con ripercussioni innegabili sull'attivit che i superstiti de ono svolgere sollecitamente, per salvaguardare i loro interessi rpatri1oniali, ricollegati all'evento luttuoso; attivit che pu trovare magiore difficolt di espletamento, anche nell'eventuale scarsa conoscenza .elle disposizioni legislative e regolamentari da parte dei superstiti. tagioni queste che gi concorrono a far fondatamente dubitare della ongruit del termine di un mese stabilito dalla disposizione impu: nata, ed assumono, nel caso, maggiore rilievo se si considera che letto termine decorre dalla data della morte del lavoratore che gi :ode della rendita. Da un elemento di fatto cio che prescinde dalla 1ossibilit che del decesso non sia pervenuta tempestivamente notizia .gli interessati. Il che pu accadere quando, come nella specie, fa aorte avvenga in localit diversa da quella dell'abituale residenza lell'infortunato, ovvero quando l'evento si verificato in circost_anze ali da renderne difficile la conoscenza da parte della stessa pubblica ~utorit. -(Omissis). ~ORTE COSTITUZIONALE, 5 luglio 1968, n. 86 -Pres. Sandulli - Rel. Branca -Amaducci ed altri (n. c.). >rocedimento penale -Istruzione prelimi.are -Atti di polizia giudiziaria del procuratore della Repubblica -Questione di costituzionalit -Parzialmente fondata. (Cost., artt. 3, 24; c. p. p. art. 232). >rocedimento penale -Istruzione preliminare -Sommariainformazioni della polizia giudiziaria -Illegittimit costituzionale parziale. (Cost., artt. 3, 24; c. p. p. art. 225). >tocedimento penale -Forme dell'istruttoria sommaria -Riferimento all'istruzione preliminare -Illegittimit costituzionale -Esclu sione. (Cost., artt. 3, 24; c. p. p. art. 392, 1 comma). ?rocedimento penale -Istruzione formale e sommaria senza previa contestazione del fatto o interrogatorio dell'imputato -Proscioglimento -Interesse al giusto procedimento -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 24; c. p. p. 395). incostituzionale l'art. 232 c. p. p., in riferimento all'art. 24 della ::ostituzione nella parte in cui consente al procuratore della Repub!> Mca il compimento di atti di polizia giudiziaria senza l'applicazione iegli artt. 390, 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale (1). (1-4) Le Questioni sono state sollevate con ordinanze del giudice istruttore del Tribunale di Bologna del 18 novembre 1966 (Gazzetta UfficiaLe RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Anche l'art. 225 c. p. p., sempre in riferimento all'art. 24 della Costituzione, incostituzionale nei medesimi limiti (2). La questione di costituzionaUt dell'art. 39.2, primo comma, manifestamente infondata, in quanto tale articolo, a seguito della sentenza n. 52 del 1965 della Corte Costituzionale e della dichiarata incostituzionalit parziale degli artt. 225 e 232 del codice di procedura penale, rende estensibile le garanzie degli artt. 304 bis, ter e quater delLo stesso codice alla istruzione sommaria e, perci, anche alle indagini di polizia giudiziaria (3). manifestamente infondata la questione di costituzionalit dell'art. 395, ultimo comma, del codice cLi procedura penale che ammetteva, fuori dei tre casi ivi indicati, il proscioglimento senza interrogato! l'io e senza contestazione del fatto, in conseguenza della sentenza n. 151 del 1967 delLa Corte Costituzianale e della dichiarata incostituzionalit parziale degli artt. 225 e 232 c. p. p. (4). (Omissis). -2. -L'art. 232 del codice di procedura penale denunciato perch consente al procuratore della Repubblica di procedere a quegli atti di polizia giudiziaria che si svolgono senza le garanzie prevedute, per l'istruzione formale, dagli artt. 304, 304 quater c. p. p .. Si tratta delle c. d. indagini preliminari che il P. M. avvia subito dopo la notitia criminis e che precedono la vera e propria fase istruttoria, formale o sommaria. Esse, notoriamente, possono limitarsi alla assunzione o lla ricerca di indizi o di sommarie informazioni testimoniali; ma spesso consistono in tipici atti istruttori (interrogatorio, ricognizioni, ispezioni, confronti, perquisizioni) che danno luogo a processi verbali direttamente utilizzabili nel corso ulteriore del giudizio. Questi atti, a parte certa loro sommariet, non differiscono sostanzialmente da quelli in cui si concreta la vera e propria istruzione e perci possono condurre il processo su binad dai quali pi tardi non sa.r facile uscire: basti pensare a ispezioni non facilmente ripetibili, a ricognizioni compiute nell'ansia di individuare rapidamente il colpevole, a interrogatori condotti febbrilmente nel clima d'allarme cagio 25 marzo 1967, n. 77), del 30 gennaio 1967 (Gazzetta Ufficiale 24 giugno 1967, n. 157) e del 31 gennaio 1967 (Gazzetta Ufficiale 10 giugno 1967, n. 144). La sentenza della Corte Costituzionale n. 52 del 1961 pubblicata in Foro it., 1965, I, 1160; la sentenza n. 151 del 1967 pubblicata in questa Rassegna, 1968, I, 11. In dottrina, sulle .garanzie del prevenuto nell'istruzione preliminare, v. BELLAVISTA, Studi sul processo penale, 1952, 121; G. FOSCHINI, Sistema del diritto processuale penale, 1968, II, 41 segg.; G. LEONE, Trattato dir. proc. penale, I, 83. La sentenza stata annotata da G. FoscHINI, Diritti della difesa ed istruzione preliminare (L'incidente di istruzione), Foro it., 1968, I, 2047. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 717 ato dal delitto. Il modo come le indagini vengono eseguite, gli stru1enti dei quali costretto a servirsi l'inquirente, l'assenza di vera col1borazione da parte dell'indiziato (se c') e di chi lo assiste possono >mpromettere irrimediabilmente la sorte del giudizio. Invece, se llegli stessi atti fossero compiuti nel corso dell'istruzione formale, si rolgerebbero quasi tutti alla presenza dei difensori delle parti e i ocumenti, che ne registrano l'andamento e le conclusioni, compresi i rocessi verbali degli interrogatori, sarebbero depositati presso la can~ lleria a presidio d'un aperto esercizio del diritto di difesa; nel' nome el quale un'analoga disciplina accompagna necessariamente anche la :truzione sommaria in virt dell'art. 390 c. p. p. e dopo che questa orte ha dichiarato l'illegittimit costituzionale parziale dell'art. 392, rimo comma, c. p. p. (sentenza n. 52 del 1965). La differenza tra la fase dell'istruzione sommaria, che offre al revenuto (se c' un prevenuto) le .garanzie previste negli artt. 390, 04 bis e 304 quater, e quella .precedente, che le ignora, non trova deguata giustificazione dinanzi all'art. 24, secondo comma, della Coituzione: non giustificata dall'urgenza di raccolta delle prove poich 1 norma impugnata si applica anche fuori dei casi che esigono rapidi iterventi, mentre a tali casi provvede comunque l'art. 304 ter del :>dice di procedura penale; n dalla natura delle operazioni, dato che sse non differiscono da quelle di cui fatta l'istruttoria, n dalla loro retesa estraneit al vero e proprio giudizio, ch questo sarebbe un iotivo troppo formalistico, per di pi contraddetto dalla partecipaione del magistrato a quegli atti. Anzi proprio il .potere, conferito dalla legge al P. M., di compierli ella fase preparatoria invece che durante l'istruzione (il cui inizio iolto spesso . difficile da cogliere) accentua l'incostituzionalit della orma denunciata: l'ampiezza del diritto di difesa, che la Costituzione axantisce in ogni stato e grado del procedimento, non pu dipendere alla mera discrezionalit dell'inquirente, portato dalla natura delle lle stesse funzioni ad allungare talvolta la fase preliminare in conronto con quella istruttoria. Il che ha avvertito esattamente l'ordianza di rinvio. Perci la denuncia da accogliere, purch si avverta ome, quanto alla nomina del difensore, la norma, che occorre appliare nella fase preparatoria, sia l'art. 390, dettato appunto per l'istruione condotta dal P. M., e non l'art. 304, relativo a \iuella del giudice. 3. -L'incostituzionalit parziale dell'art. 232 travolge parzialmente nche un'altra delle norme impugnate, cio l'art. 225 del codice di 1rocedura penale che, in erti casi, consente il compimento di veri e 1ropri atti istruttori ad iniziativa degli ufficiali di polizia giudiziaria. Qui la gravit degli interventi non promossi dal P. M. sembrerebbe ustificata dalle ragioni della flagranza o dell'urgenza, mentre la vioazione del diritto di difesa parrebbe evitata dall'obbligo di osservare RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO le norme sull'istruzione formale e di trasmettere gli atti al .procuratore della Repubblica; ma la realt ben diversa. La tensione derivante dalla delicatezza delle funzioni, il .proposito di scoprire rapidamente i colpevoli, accentuato in soggetti che con l'attivit di .polizia giudiziaria alternano compiti di polizia di sicurezza, il timore (connaturato a questa stessa situazione) di non reperire o perdere le prove, la difficolt d'uno stretto controllo da parte del procuratore della Repubblica portano spesso, nell'applicazione pratica, ad allargare il concetto d'urgenza o di flagranza: si che, al di l della previsione legislativa, il diritto di difesa sacrificato a esigenze che si rivelano talora insussistenti e per le quali d'altra parte bastano le norme dell'istruzione, saggiamente conciliando l'esercizio di quel diritto con le assolute necessit del processo, .comprese quelle dell'urgenza (art. 304 ter, ultimo comma, e 304 quater, penultimo comma). Inoltre secondo la norma impugnata la disciplina dell'istruzione formale pu estendersi alle indagini preliminari solo .per quanto possibile., cio praticamente a discrezione dell'autorit di .polizia giudiziaria; tanto vero che, per le ragioni dell'urgenza e sull'esempio delle operazioni compiute .per incarico del P. M., si nega proprio l'applicabilit, a quelle indagini, degli artt. 304 bis, 304 ter e 304 quater c. p. p., vale a dire delle norme che sono state introdotte recentemente a garanzia dell'esercizio del diritto di difesa: e non dubbio che ci contrasti con l'art. 24 della Costituzione; cos come vi contrasta l'affermata inestensibilit, ricavabile a quanto pare dalla stessa disposizime impugnata, del precetto relativo alla nomina del difensore (precetto che tuttavia, in una fase di indagini analoghe a quelle del P. M., anche in questo caso l'art. 390, non l'art. 304 additato dal .giudice a quo). Per sfuggire alla denuncia di incostituzionalit non varrebbe rilevare che quelle operazioni, compiendosi prima del .giudizio, sarebbero fuori da ogni stato e grado del processo: all'opposto, a parte che quanto s' detto sull'attivit del P. M. pu ripetersi a fortiori per le iniziative della polizia giudiziaria, tali atti non sono estranei al giudizio poich rientrano in indagini preordinate a una pronuncia penale e si traducono in processi verbali di cui consentita la lettura nel dibattimento (art. 463 c. p. p.). D'altronde la dichiarazione di illegittimit parziale dell'art. 225 non preclude alla polizia giudiziaria lo svolgimento. di .proprie indagini, ma pone limiti a quelle che si risolvono in veri e propri atti istruttori da utilizzare direttamente nel processo. A questo proposito vedr il giudice ordinario come la disciplina dell'istruzione e il precetto dell'art. 390 si possano realizzare, soprattutto nell'eventualit che il prevenuto non risponda all'invito di scegliersi un difensore; ad ogni modo, anche se risultasse che di regola occorrer l'intervento del magistrato, J PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 719 inconveniente, a giudicare dall'esperienza d'altri Paesi, non sarebbe 'eccessiva gravit: il diritto di difesa, in un ordinamento che vieta i considerare colpevole chi non abbia subito una condanna definitiva, al bene il sacrificio d'una maggiore speditezza delle indagini. Omissis). ~ORTE COSTITUZIONALE, 5 luglio 1968, n. 87 -Pres. Sandulli - Rel. Fragali -Cavalca (n. c.) c. Cavalca (n. c.). 'rocedimento civile -Interdizione e inabilitazione -Immediato rigetto dell'istanza su richiesta del Pubblico .Ministero -Illegittimit costituzionale. (Cost., artt. 24, 2 comma, e 111; c. p. c., art. 713, 1 comma). incostituzionale, in riferimento all'art. 24, secondo comma, delLa ~ostituzione, l'art. 713, primo comma, secondo periodo, del codice di >rocedura civile, nella parte in cui permette al Tribunale di rigettare enz'altro, e cio senza istituire il contraddittorio con la parte istante, :i domanda di interdizione o di inabilitazione ove il pubblico minitero ne faccia richiesta (1). (1) La questione stata sollevata con ordinanza 14 luglio 1967 dal preidente del Tribunale di Milano (Gazzetta Ufficiale 9 dicembre 1967, n. 307) decisa con procedimento in camera di consiglio non essendovi stata costillZione di parte. La Corte richiama la precedente sentenza, 12 luglio 1965, n. 70 concerente, in materia di filiazione, il giudizio di delibazione della domanda di ichiarazione giudiziale di paternit (art. 274 c. p. c.). Tale ultima sentenza pubblicata in questa Rassegna, 1965, I, 886, con nota. In dottrina, sui due lpi di provvedimenti, cfr. ANDRIOLI, Commento, IV, 1964, 355. ~ORTE COSTITUZIONALE, 5 luglio 1968, n. 88 -Pres. Sandulli - Rel. Capalozza -imp. Bettuzzi, Capelli (n. c.) -Presidente Consi. glio dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato Casamassima). '.icurezza pubblica -Sala da giuoco -Tabella di giuocW vietati -Obbligo di esposizione -Sanzione penale -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 25, 2 comma; r. d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 110, 1 comma). infondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 110, >rimo comma, del t. u. delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con 720 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r. d. 18 giugno 1931, n. 773, il quale impone all'esercente di una sala da bigliardo o da giuoco di tenere esposta la tabella, vidimata dal questore, con l'indicazione dei giuochi d'azzardo e di quelli vietati nel pubblico intere'sse, in riferimento all'art. 25, secondo comma, della Costituzione (1). (Omissis). -2. -Nel merito la questione infondata. La denunziata disposizione, infatti, impone allo esercente di una sala da bigliardo o da giuoco di tenere esposta la tabella, vidimata dal questore, con l'indicazione dei giuochi d'azzardo e di quelli vietati nel pubblico interesse. Si tratta di un obbligo di fare che prescinde dal contenuto (pur se fosse pa.rzialmente illegittimo) della tabella stessa. Ne consegue che, ai fini del giudizio, non sorge il problema della legittimit dell'attribuzione al questore del .potere di compilare -in un modo che solo .parzialmente discrezionale -la tabella dei giuochi d'azzardo e di quelli vietati nel pubblico interesse. D'altro canto, l'obbligo di esposizione della tabella -nella quale, ai sensi del secondo comma dell'a;rt. 110 del t. u., deve essere fatta espressa menzione del divieto delle scommesse -si il'isolve in una garanzia sia per l'esercente che per il giuocatore per lo meno per quanto concerne l'avvertimento che taluni -giuochi sono vietati. Se, poi, la tabella del questore includa, illegittimamente, tra i giuochi non consentiti, un giuoco che non possa essere considerato tale, soccorre, in favore del trasgressore alle prescrizioni della tabella, la garanzia giurisdizionale del sindacato dello stesso giudice penale. Quanto, poi, all'esercente, egli ha la possibilit di impugnare la indabita inclusione di un giuoco nella tabella, attraverso i normali rimedi giurisdizionali. -(Omissis). (1) La questione stata introdotta con ordinanza emessa il 23 novembre 1966 dal pretore di Imola (Gazzetta Ufficiale 25 febbraio 1967, n. 51). Vedi in argomento: Corte Cost., 23 marzo 1966, n. 26, Corte Cost. 27 giugno 1966, n. 73, in questa Rassegna, 1966, I, 489, con nota di ricMami. Sull'art. 110 t. u. delle leggi di P. S., vedi Corte Cost. 9 luglio 1963, n. 125. SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE ORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 settembre 1968, n. 3022 -Pres. Scarpello -Rel. D'Armiento -P. M. Pedote (conf.) -Fucciarelli (avv. Cochetti) c. Ministero Difesa (avv. Stato Soprano). 1>mpetenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato -Estensione e limiti. (t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 29, n. 1). La giurisdizione esclusiv.a del Giudice amministrativo in materia . pubblico impiego si estende a tutte le controversie anche di conte- 1,to patrimoniale, le quali nel rapporto di impiego trovano il loro ~olo necessario, ossia a tutte le controversie, in cui il rapporto me~ simo,considerato nella sua costituzione e nel suo svolgimento, funona da momento genetico diretto ed immediato della pretesa fatta ~lere in giudizio; detta giuriSdizione deve invece negarsi tutte le >lte che la pretesa fatta valere in giudizio sia basata non gid sulla olazione di diritti nascenti da quel rapporto, bens sulla violazione ii diritti assoluti alla vita ed all'integritd personale, pure se connessi m il rappol/'to stesso: in tal caso il rapporto di impiego non pu >rsi a fondamento della domanda perch va considerato come una era occasione rispetto al petitum sostanziale, il quale trova la sua .usa nella violazione del generale principio del neminem laedere, alla 1i osservanza tenuta pure la pubblica Amministrazione (1). (1) In questa massima si ribadisce un principio pi volte affermato .Ile Sezioni unite della Corte di Cassazione: cfr. Cass., Sez. un., 17 feb aio 1964, n. 349, in Foro it. 1964, I, 1178 ed ivi nota 1; nonch, Cass., Sez. t., 22 luglio 1966, n. 1988, in Giur. it., 1967, I, 1925 ed ivi nota 1. impor11te peraltro rilevare che la pratica applicazione di tale principio pu facilente ricondurre alla teoria della prospettazione ed a conseguenze inaccetbili: v. in proposito nota 1 a Cass., Sez. un., 20 dicembre 1967, n. 2981, questa Rassegna, 1967, I, 974. Nella specie, comunque, del principio in lestione stata :liatta ineccepibile applicazione con l'affermazione della llrisdizione esclusiva per un caso, in cui si chiedeva il risarcimento del nno in relazione al mancato riconoscimento, da parte degli organi saniri preposti alla funzione di controllo, di uno stato di malatUa del dipennte, che, dopo aver ripreso servizio, aveva avuto un aggravamento, cedendo. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 settembre 1968, n. 3028 - Pres. Tavolaro S. -ReZ. Speziale -P. M. Criscuoli (conf.) -Ministero del Tsoro (avv. Stato Bronzini N.) c. Giovamrini (avv. Danese) Bertozzi ed altri (avv. E. e F. Biamonti). Competenza e giurisdizione -Impugnazioni civili -Ricorso in Cassazione avverso le decisioni del Consiglio di Stato -Termini -Decorrenza. (Cost., art. 111; c. p ..c. artt. 325 secondo comma, 326, 360, n. 1, e 362, primo comma; r. d. 17 agosto 1907, n. 642, art. 87, primo e secondo comma). Competenza e giurisdizione -Danni di guerra -Indennizzo a favore dei proprietari di navi requisite o noleggiate dallo Stato -Interesse legittimo -Giurisdizione del Consiglio di Stato. (r. d. I., 28 aprile 1937, n. 707; 1. 13 luglio 1939, n. 1154; r. d. I. 23 novembre 1939, n. 1939; 1. 3 aprile 1941, n. 499; r. d. 2 febbraio 1943, n. 127; 1. 17 dicembre 1953, n. 968; 1. 29 settembre 1967, n. 955). Le decisioni dei Giudici speciali sono impugnabili mediante ricorso per cassazione nei termine di sessanta giorni decorrenti datta notifica della decisione ad istanza di parte e non datta semplice comunicazione informativa (per estratto) detta decisione stessa (1). Sussiste ta giurisdizione dei Consiglio di Stato in ordine atta applicabitit delle provvidenze, dettate per i danni di guerra, alle navi e ai galleggianti requisiti in uso o noteggiati con assunzione dei rischi di guerra da parte detto Stato o comunque assicuroti contro tali rischi nonch atte navi requisite per acqui$to (2). (Omissis). -Il Giovannini ha eccepito, nella memoria, la irricevibilit del ricorso, assumendo che esso avrebbe dovuto essere proposto nel termine di 60 giorni dalla comunicazione fatta, d'ufficio, all'Autorit amministrartiva interessata, a cura della seg.reteria del Consiglio di Stato, ai sensi dell'art. 87, primo comma, del Regolamento di procedura per i giudizi dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, (1) Giurisprudenza ormai costante delle Sezioni unite della Corte di Cassaz10ne. Cfr., oltre alla sentenza citata in quella di cui si tratta, Ca:ls., Sez. un., 15 giugno 1967, n. 1391, in questa Rassegna, 1967, I, 750, ed ivi 751, nota 1, con ampi richiami giurisprudenziali e di dottrina anche sull'applicabilit o meno alle decisioni del Consiglio di Sato del termine di decadenza, di cui all'art. 327 c. p. c. (2) La questione sollevata dall'Amministrazione ricorrente in ordine alla improponibilit delle domande tendenti ad ottenere l'indennizzo per i danni di guerra nei casi di cui si tratta venuta meno con la pubblicazione della legge n. 955 del 1967, della quale le Sezioni unite della Corte di Cas PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE ;>provato con r. d. 17 agosto 1907, n. 642. Nella specie tale comunitzione stata fatta il 6 aprile 1966, mentre il ricorso stato notificato 4 aprile 1967, quando i 60 giorni erano abbondantemente decorsi. uindi il ricorso sarebbe stato proposto tardivamente. L'eccezione assolutamente priva di fondamento. Invero, secondo disposto dell'art. 362 c. p. c., le decisioni dei giudici speciali sono npugnabili mediante ricorso per cassazione nel termine di cui alart. 325, secondo comma, dello stesso codice, cio nel termine di 60 ~orni decorrente dalla notificazione della sentenza. Coordinando tale isposizione con quelle del ricordaito RegoJ.amento, che anch'esso preede la notifica della decisione da farsi ad istanza delle parti interes1te (secondo comma dell'art. 87), da ritenere Che il termine per roporre ,ricorso contro le decisioilli del Consiglio di Stato decorra non alla comunicazione prevista dal primo comma dell'art. 87, .che ha una mzione meramente informativa, ma dalla notificazione prevista dal ~condo comma dello stesso articolo, come stato sempre ritenuto da uesta Suprema Corte (v. da ultimo: Cass., S. U., 21 giugno 1968, nu1ero 2072). Nel caso in esame la decisione del Consiglio di Stato non stata otificata: quindi, al momento della proposizione del ricorso, la decorenza del termine di 60 giorni non si era neppure iniziata. Con l'unico mezzo il ricorrente, premesso che, di fronte ad una omanda proposta contro la Pubblica Amministrazione, preliminare esame della sua proponibilit attraverso un'indagine diretta a stabilire e esista una fattispecie astratta entro cui possa ricondursi quella conreta, si da potersi ipotizzare un diritto o un interesse legittimo che ~ossa essere fatto valere nei confronti dell'Amministrazione stessa, leduce che, a tal fine, si deve riesaminare la questione sulla quale si , pronunziato il Consiglio di Stato, e do se una volta chiuso il rap1orto tra la Pubblica Amministrazione e i proprietari delle navi noeggiate o requisite, e perdute per cause di guerra, mediante la liquilazione degli indennizzi previsti dalle leg,gi speciali concernenti il toleggio, la requisizione e l'assicurazione obbligatoria per i rischi di azione hanno fatto applicazione in questa e nell'altra sentenza di pari Lata n. 3025 sulla base dei principi dell'jus superveniens nei sensi precisati n motivazione. Di tale legge le sezioni unite hanno pure affermato il caratere retroattivo. Dunque, il principio riportato in massima, con riferimento tll'accennata questione, comprende pure per implicito l'affermazione del' applicabilit nei casi anzidetti dell'indennizzo per danni di guerra, con ietrazione, comune, di quanto gi percepito dagli interessati, ad altro :itolo, cos come stabilito espressamente nella legge citata. La questione, >eraltro, era stata gi affermativamente risolta dal Consiglio di Stato (Ad. >len. 5 aprile 1966, n. 10, in questa Rassegna, 1966, I, 877 e, per esteso, in !i'oro it., 1967, III, 15, con nota di G. C.). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO guerra, i proprietari possano chiedere una nuova liquidazione, in base alla legge 27 dicembre 1953, n. 968, a titolo di danni di guerra. Questo, secondo il ricorrente, sarebbe da escludere e quindi ricorrerebbe una ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione per improponibilit della domanda. La questione sollevata dal ricorrente deve ormai ritenersi superata, a seguito della emanazione, nelle more del giudizio, della legge 29 settmbre 1967, con la quale sono state apportate modifiche e integrazioni alle ,disposizioni concernenti la concessione di indennizzi e contributi per danni di guerra. L'art. 8, primo comma, stabilisce: Le disposizioni della legge 27 dicembre 1953, n. 968, si applicano anche ai danni subiti dalle navi e dai galleggianti requisiti in uso o noleggiati con assunzione dei rischi di guerra da parte dello Stato o, comunque, assicurati contro i detti rischi, nonch alle navi requisite per acquisto, ai sensi del quinto comma dell'art. 1 del r. d. 2 febbraio 1943, n. 127. Le indennit gi percepite sono detraibili, ai sensi dell'art. 11 della legge 27 dicembre 1953, n. 968, dall'indennizo o dal contributo, da liquidare per ogni singolo natante da considerarsi unico cespite . Quale che fosse, in base alle disposizioni anteriori, la soluzione da dare al quesito che il Consiglio di Stato chiamato a risolvere, cio se i proprietari di navi requisite in uso o noleggiate dallo Stato, e andate perdute per cause belliche (come quelle di cui si discute), potessero invocare l'applicazione a proprio favore delle disposizioni relative al risarcimento dei danni di guerra, ormai evidente che tale possibilit non pu pi essere contestata. Nella sua relazione al disegno di , legge il Ministro proponente -dopo aver posto in ,rilievo l'opportunit di provvedere ad una pi completa disciplina della materia relativa ai danni derivati da fatti di guerra durante l'ultimo conflitto, per eliminare lacune e contrasti di inter;pretazione, e dopo avere riferito le. differenti opinioni che si erano manifestate circa l'applicabilit della legge 27 dicembre 1953, n. 968 alle navi requisite in uso o noleggiate dallo Stato ed a quelle obbligatoriamente assicurate contro i rischi di guerra -rilevava che le indennit a suo tempo corrisposte per la perdita dei nataniti in questione, sulla base delle disposizioni concernenti ia requisizione o il noleggio di navi da parte dello Stato, ovvero l'assicurazione obbligatoria delle stesse, non coprivano interamente il danno subito, trattandosi di provvidenze iimitate ad una certa quota del valore del natante. Si reputava, perci, giustifilcaito un intervento risarcitodo per la parte residua, secondo i criteri fissati dalla legge n. 968 del 1953. La intenzione chiaramente espressa dal proponente trova esatto riscontro nella norma emanata. Si discute, fra le parti, se si tratta di una disposizione innovativa o initerpretativa. Ma la questione non ha alcuna rilevanza, nella specie, poich quello che importa, ai fini della decisione, che si tratta di PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 725 o.a norma indubbiamente retroattiva, essendo diretta a regolare situa. oni determinatesi nel corso del passato conflitto. N pu contestarsi 1e di tale sopravvenuta disposizione si debba tener conto, poich ius superveniens (da intendere, qui, non nel senso classico di mutatento, verificatosd nel costo del giudizio, delle condizioni di fatto a cui dipende la sussistenza del diritto controverso, ma in quello, rmai comunemente usato sia in dottrina che in giurisprudenza, di ~gge sopravvenuta) pu essere dedotto e rilevato d'ufficio anche nel iudizio di cassazione; e ci perch il giudice deve applicare alla que; ione sottopostiJ.gli la legge vigente in quel momento, sicch, ove sfa itervenuta una nuova legge, potr e dovr applicarla, per decidere 1 causa secundum ius: sempre che si tratti, naturalmente, di una ~gge applicabile al caso. Orbene, poich il Consiglio di Stato, nell'impugnata decisione, si limitato ad affermare -per la parte che qui interessa, siccome ttinente al problema della giurisdizione -l'applicabilit delle providenze dettate per i danni di guerra alle navi requisite in, uso o oleggiate dallo Stato ed a quelle obbligatoriamente assicurate contro rischi di guer.ra, in base alle disposizioni allora vigenti, la success[va manazione della legge n. 955 del 1967 importa che l'applicabilit delle ette disposizioni ormai divenuta incontestabile e che la tesi dello ssoluto difetto di giurisdizione per improponibilit della domanda non pi sostenibile, anche se (in ipotesi) la decisione del Consiglio di .tato fosse da ritenre, in relazione al momento in cui fu emessa, non onforme al diritto. In base ai suesposti rilievi, che per il loro carattere assorbente ispensano da ogni altra indagine, il ricorso va rigettato. In considerazione della peculiarit del caso, si ritiene di dover ompensare interamente le spese del presente giudizio di cassaione. -(Omissis). :ORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 ottobre 1968, n. 3292 -Pres. Flore -Rel. Iannuzzi -P. M. Tavolaro I. (conf.) -Ministero della Sanit (avv. Stato Gargiulo) c. Petrellese (avv. Fragola). lompetenza e giurisdizione -Farmacia -Situazione soggettiva del concessionario -Poteri della P. A. -Limiti ed effetti. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4; t. u. 27 luglio 1934, n. 1265, artt. 123 e segg.). L'autorizzazione a gestire una farmacia conferisce al titolare la acoltd di esercitare l'attivitd professionale inerente alla distribuzione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO. STATO dei medicinali aiia popolazione e, quindi, il diritto aiia conservazione ed ail'esercizio esdusivo di tale attivit per una determinata zona: pertanto, al di fuori dei casi nei quali ammessa l'ingerenza della pubbZica Amministrazione nello svolgimento del servizio, ogn.i eventuale provvedimento diretto ad annullare od a limitare l'esercizio del diritto del concessionario deve qualificarsi illecito e lesivo di un diritto soggettivo (1). (O~issis). -Con citazione 19 maggio 1964, il dott. Antonio Pe trellese, titolare della farmacia sita in Napoli in via Chiaia n. 153, esponeva che, dal gennaio 1960, anche a seguito dei ricol1Si proposti da un farmacista concorrente, il medico provinciale di Napoli gli aveva intimato varie diffide a limitare la vendita, nella predetta farmacia, ai prodotti omeopatici , con esclusione di quelli allopatici ., nel l'erroneo presupposto che, trattandosi di farmacia omeopatica , l'istante non fosse abilitato a vendere prodotti allopatici . Inoltre l'au torit sanitaria aveva sollecitato un provvedimento di polizia nei con fronti del Petrellese, ed il 19 aprile 1962 erano stati apposti i sigilli a 29 scaffali della farmacia contenenti prodotti allopatici ., con denunzia al pretore di Napoli della di lui moglie e di una farmacista per esercizio abusivo della professione. L'istante aveva proposto distinti ricorsi al Consiglio di Stato contro i vari provvedimenti delle autorit sanitarie; i ricorsi erano stati accolti; gli atti impugnati eran0; stati annullati con i .provvedi menti conseguenziali ed il Ministero era stato condannato alle spese in solido ad un altro farmacista controinteressato. A seguito di tali deisioni, nonch della sentenza di assoluzione pronunciata dal pretore, l'ufficio sanitario ave~a sollecitato la rimo zione dei sigilli, che era stata effettuata il 7 luglio 1962. (1) In materia di concessini delle farmacie, particolarmente per la distinzione tra le varie categorie, cfr. Cass., Sez. un., 14 giugno 1967, n. 1328, in questa Rassegna, 1967, I, 775. Circa la natura dei provvedimenti del medico provinciale in materia di apertura di farmacie, cfr. Cons. di Stato, Ad. plen., 16 marzo 1966, n. 8, in questa Rassegna, 1966, I, 876 ed ivi nota 1. In senso ranalogo alla sentenza, di cui si tratta, cfr., poi, Cass., Sez. I, 29 gennaio 1964, n. 233, in .questa Rassegna, 1964, I, 327 ed ivi, 323, nota 1, e 329-331, nota 2. Le riserve che si posero nelle citate note e particolarmente in quella sub 2 valgono a maggior ragione di fronte alla sentenza, di cui si tratta, che, a parte l'inquadramento del caso di specie nell'ambito del principio riportato in massima con la statuizione dell'obbligo dell'Amministrazione a risarcire i danni, ha premesso affermazioni di carattere generale, le quali come tali specialmente non possono condividersi, senza dire che esse appaiono non pertinenti ed alquanto apodittiche. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE Ci ,premesso, il Petrellese conveniva il Ministero della Sanit ubblica davanti al Tribunale di Napoli e ne chiedeva la condanna al sarcimento dei danni dipendenti dalla lesione del suo diritto all'eserzio della professione di farmacista, danni che indicava nella somma l L. 59.900.000, con gli interessi legali. L'Amministrazione sanitaria, oostituitasi in giudizio, eccepiva in la pregiudiziale il difetto di giurisdizione del giudice ordinaggettivo, ma di un interesse legittimo. Nel corso del giudizio, essendo l'istante deceduto, si costituivano figlio Luigi e la vedova,. Assunta Palumbo, anche in rappresentanza ~ figlio minore Vittorio. Istruita la causa con l'assunzione di una prova testimoniale e esibizione di documenti, il Txibunale di Napoili, con sentenza 10 mar> -10 giugno 1966, respingeva l'eccezione di difetto di giurisdizione, !coglieva la domanda e condannava l'amministrazione convenuta al :lgamento della somma di L. 2.500.000, oltre a.gli interessi ed al mborso parziale delle spese. Appellavano in via .principale gli eredi Petrellese che lamentavano insufficiente liquidazfone dei danni, ed in via incidentale I'Amminirazione, che ri-pvoponeva la eccezione di difetto di giurisdizione e ~ difese non accolte dai giudici di primo .grado. La Corte d'Appello di Napoli, con sentenza 22 marzo -10 giurio 1967, confermava la decisione impugnata sul punto relativo alla conosciuta giurisdizione della autorit giudiziaria ordinaria; accolieva parzialmente l'appello principale e condannava l'Amministra. one alla maggior somma di L. 7 .376.000 per risarcimento dei danni ltre agli interessi ed alle spese. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo il Ministero ricorrente, denunciando la violZione dell'art. 123 e seg. del t. u. delle leggi sanitarie 27 luglio 1934 . 1265, dell'art. 4 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 all E e dell'arcolo 360 n. 3 c. p. c.; deduce che sarebbe erronea l'affermazione della mtenza impugnata che, cio, la concessione dell'esercizio di una trmacia attribuisca al gestore un diritto soggettivo la cui lesione ossa da.r luogo ad un'azione per risarcimento dei danni. Osserva che solo quando nel rapporto giuridico di concessione si u distinguere un aspetto privatistico ricollegabile ad una convenzione lla quale partecipi anche il privato concessionario -ipotesi della d. concessione-contratto - dato riscontrare un diritto soggettivo; t mancanza, la posizione del concessionario rimane interamente su RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO bordinata e condizionata al pubblico interesse e non viene ad esistenza un tale diritto. Ora nella concessione all'esercizio di una farmacia, che si qualifica come concessione in senso proprio, non pu trovare luogo un rapporto di natura privatistica e contrattuale fra l'Amministrazione ed il farmacista concessionario e, quindi, si deve escludere l'insorgenza di un diritto soggettivo. In ogni caso, sostiene il Ministero licoN'ente, il provvedimento denuncfato come lesivo del preteso didtto d'ell'istante fu adottato dal1' Amministrazione nell'esercizio del potere .disciplinare e di controllo che le compete nell'interesse pubblico; pertanto tale provvedimento poteva incidere solo su una posizione di interesse legittimo, che non consente un'azione di risarcimento di danni. Osserva la Corte Suprema che tutte le concessioni, e non solo quelle denominate dal ricorrente come concessioni-contratto, creano diritti soggettivi a :favore dei concessionari. Invero, sia che si tratti di concessioni traslative o costitutive, sia che esse abbiano per oggetto il godimento di beni o la gestione di pubblici servizi, sia che i poteri e gli obblighi dell'autort concedente e del concessionario siano esclusivamente o prevalentemente predeterminati dalla legge o stabiliti in atti o convenzioni particolari, in ogni caso sono attribuite al c;oncessionario un complesso di facolt concernenti l'utilizzazione dei beni o la gestione del servizo, che concretano diritti soggettivi. Si tratta bensi di diritti subordinati o condizionati all'interesse pubblico che la autorit concedente tende a realizzare, indirettamente, mediante l'esplicazione della attivit privata potenziata dal conferimento delle nuove facolt; ma ci importa solo che la pubblica amministrazione possa modificare o revocare la concessione ovvero possa ingerirsi con un proprio atto nell'esercizio di essa nei casi in cui si manifesti una situazione di contrasto con il pubblico interesse, e non anche che possa limitare i poteri conferiti o impedirne l'attuazione al di fuori dell'ipotesi considerata o comunque dell'inosservanza dei doveri imposti al concessionario. Quando ci accade, l'atto della Pubblica Amministrazione diretto ad ingerir.si nello svolgimento del rapporto risulta esorbitante dai poteri dell'Amministrazione e perci non idoneo a modificare la posizione soggettiva del prvato, che resta immutata nel contenuto fissato dalla concessione; pertanto esso deve qualificarsi illecito e lesivo del diritto di godimento dei beni o di esercizio di una determinata attivit conferita con la concessione stessa. L'autorizzazione a gestire una farmacia, che secondo la comune opinione ha natura di concessione e rientra nella categoria delle concessioni di un pubblico servizio, conferisce al titolare la facolt di esercitare l'attivit professionale inerente alla distribuzione dei medicinali alla popolazione, e quindi il diritto alla conservazione ed allo PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 729 ;ercizio esclusivo di tale attivit per una determinata zona. Le moalit di esercizio della farmacia sono fissate dalla legge, che detertina altresl i doveri del concessionario ed i poteri di vigilanza e di mtrollo della Pubblica Amministrazione diretti ad assicurare la .ree> larit e la efficienza del servizio. Al di fuori dei casi nei quali mmessa l'ingerenza della Amministrazione nello svolgimento del ser1z10 ogni eventuale provvedimento diretto ad annullare o a limitare esercizio del diritto del concessionario deve qualificarsi illecito e isivo del diritto soggettivo. Ci si verificato nella specie, perch il provvedimento dell'Amtinistrazione ebbe per oggetto il divieto imposto all'istante di vendere prodotti allopatici nell'erroneo presupposto che la farmacia da ti gestita potesse distribuire soltanto prodotti omeopatici . Tale rovvedimento -giudicato illegittimo dal Consiglio di Stato perch t legge sanitaria prescrive la vendita di tutti i farmaci previsti dalla armacopea, mentre nei confronti dell'istante s'era limitato il conteuto della concessione ad alcuni di essi -importava un'arbitraria re~ rizione delle facolt rientranti, secondo legge, nell'ambito della con~ ssione, e pertanto costituiva lesione del diritto sog,gettivo dell'istante, l quale legittima l'azione per il risa,rcimento dei danni. Il Ministero ricorrente deduce che il predetto provvedimento non vrebbe potuto determinare la lesione di un diritto soggettivo anche erch esso importava la violazione dell'art. 123 e segg. del t. u. n. 1265 el 1934, cio di norme rivolte direttamente alla tutela dell'interesse ubblico connesso alla vendita dei medicinali, e solo indirettamente lla tutela dell'interesse del concessionario. Ma la norma la quale pre~ rive l'obbligo del farmacista di tenere tutte le sostanze medicinali idicate come obbligatorie nella Farmacopea ufficiale, pur essendo prealentemente diretta ad assicurare la soddisfazione del bisogno di meicinali della popolazione, determina, nel contempo, l'ambito del po~ e di vendita che spetta al gestore della farmacia, nel senso che esso i estende, quanto meno, alle sostanze medicinali predette. Pertanto :t restrizione della vendita ad alcuni prodotti esula dai poteri dell'am1inistrazione, giac.ch importerebbe la limitazione di una facolt rico. osciuta e predeterminata dalla legge, nella quale si concreta l'eserizio del diritto attribuito dalla concessione; n pu trovar posto alcun iargine di discrezionalit della Pubblica Amministrazione relativa~ iente ad un aspetto di un'attivit interamente regolato dalla legge. Con il secondo motivo, denunciando la violazione dell'art. 360, l. 5, c. p. c., il Ministero ricorrente deduce che la motivazione della entenza sarebbe illogica e COn~raddittoria sul punto della determina1ione e liquidazione del danno. Osserva che la Corte di Appello ha levato a L. 30.000 senza dare alcuna dimostrazione, non potendosi ll'uopo ritenere sufficiente l'indicazione dell'ubicazione della farma RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO eia, e trascurando l'esame delle deposizioni dei testimoni, che avevano descritto il volume degli affari ed il movimento di vend~ta della farmacia. Inoltre la sentenza impugnata ha liquidato il danno per lucro cessante riferendosi ad un criterio di comune esperienza, senza tenere conto dei dati risultanti dai certificati dell'ufficio delle imposte; ha attribuito all'istante L. 500.000 quale importo di un maggior tasso di interessi pagati su mutui contratti con terzi, essendo venuto meno il fido bancario, senza reridersi conto che tale liquidazione costituiva una duplicazione del danno inerente alle maggiori spese subite dallo istante dopo il sequestro. Neanche tale censura fondata. Invero la sentenza impugnata ha accertato il volume degli affari della farmacia tenendo conto di tutti gli elementi affiorati al processo, e cio non soltanto dell'ubicazione della farmacia, situata nella zona pi centrale ed affollata della citt, ma anche dei molti anni di esercizio, della vendita giornaliera di medicinali, com'era risultata provata d~lla deposizione dei rappresentanti e dei grossisti, nonch dell'elevato canone mensile di locazione e della necessit della collabo.razione di altro farmacista. Le altre componenti del danno sono state ammesse dalla sentenza impugnata ugualmente previa valutazione delle risultanze probatorie e con adeguata motivazione. La Corte di appello ha osservato che la apposizione dei sigilli agli scaffali della farmacia e la pubblicit, vistosa ma non sempre obbiettiva, data al fatto dalla stampa avevano causato lo sviamento della clientela, la riduzione delle forniture, la perdita del cr-edito bancario ed il ricorso a quello privato. A tale conclusione la Corte pervenuta non solo in base a presunzioni basate sull'id quod plerumque acoidit, ma anche in base all'esame della deposizione dei testimoni e dei numerosi protesti cambiari subiti dall'istante per debiti contratti con prvati. Non esatto, infine, che l'attribuzione della somma di L. 500.000 -per il maggior tasso di interessi pa.gato sui mutui con privati -costituisce una duplicazione del danno gi liquidato per le maggiori spese. Ci non risulta dalla sentenza impugnata, la quale ha attribuito la somma predetta all'istante per un danno distinto da quelli gi considerati e costituito dal maggior tasso di interessi e dal disagio economico in genere che egli aveva dovuto subire in conseguenza dei fatti dedotti in causa. Trattasi, anche in questo caso, di un apprezzamento di merito, che incensurabile in questa sede, perch congruamente motivato ed immune da vizi. -(Omissis). SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE :ORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 18 marzo 1968, n. 882 -Pres. Va lillo -Est. Salerno -P. M. Chir (diff.). -Albisinni (avv. Picaro) c. Azienda Naz. Autonoma Strade Statali (avv. Stato Gargiulo). 'rocedimento civile -Responsabilit civile -Qualificazione giuridica della controversia -Modificazione -Ammissibilit. (c. p. c. artt. 184, 345). ~esponsabilit civile -Cose in custodia -Beni demaniali -Presunzione di colpa a carico della P. A. -Sussiste. (c. c. art. 2051). Spetta al giudice di individuare la norma regolatrice delta conroversia onde, fermi restando petitum e causa petendi, anche in sede :i comparsa .conclusionaLe in grado di appeito pu ta parte modificare ~ profilo giuridico detta domanda, ove si richiami ai medesimi elementi :i fatto prospettati inizialmente e che hanno formato oggetto di indaine istruttoria (1). La presunzione di responsabilit a carico del custode per i danni rrovocati dalta cosa stessa, sussiste anche nei confronti delta P. A. per (1) Giurisprudenza pacifica. I concetti di mutatio libelli, con cui si inroduce una domanda nuova e di emendatio libeUi, che si verifica invece lUalora siano dedotte ulteriori circostanze di fatto a sostegno della origitaria domanda, sono ormai ben precisi nella elaborazione della dottrina e :iurisprudenza, cfr. per il primo Cass. 20 luglio 1966, n. 1954; 21 gennaio 967, n. 196; 11 maggio 1967, n. 966, ecc., e per il secondo, Cass., 21 mag: io 1966, n. 1316. In dipendenza dei principi all'uopo elaborati, la parte che abbia accetato il contraddittorio su di una domanda nuova non pu poi invocare la reclusione, in quanto non sussiste quella irregolarit del contraddittorio :he il divieto contenuto nell'art. 184 c. p. c. tende ad impedire (cfr. Cass., 1 gennaio 1967, n. 90), n dato al giudice di rilevare di Ufficio il divieto n parola, sancito nell'interesse esclusivo della parte (cfr. Cass., 7 luglio .966, n. 1785). invece consentito alle parti, ai sensi degli artt. 183-184 c. p. c. oltre :he precisare e chiarire il nomen iuris della azione, di modificare le donande e le eccezioni e di variare la causa petendi, nei predisposti limiti, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO i danni cagionati agii utenti dai beni demaniali (fattispecie in tema di danni riportati da un automobilista per l'abbattersi di un albero impiantato lungo il cigiio deila strada) (2). (Omissis). -Il ricorrente sostiene che la sua domanda di risarcimento doveva essere esaminata anche sotto il profilo della responsabilit ex art. 2051 del codice, come. era stato prospettato con la comparsa conclusionale in appello. Oppone l'amministrazione della ANAS che, nelle fasi di merito, la contestazione era stata circoscritta alla responsabilit da fatto illecito, ex art. 2043 (essendosi addebitato all'ente proprietario della strada omissione di vigilanza sulle condizioni di ancoraggio dell'apparato radicale del pino, abbattutosi improvvisamente sulla strada, e mancato uso, nella manutenzione della strada, degli accorgimenti atti ad evitare la caduta della pianta) e soltanto con la comparsa conclusionale presentata in appello, l'istante si era richiamato anche alla responsabilit per danni da cose in custodia, richiamo da considerarsi tardivo, in quanto costituiva un diverso ed autonomo sistema difensivo, precedentemente non discusso, il quale introdurrebbe ora una questione nuova, non ammissibile in questa sede. Inoltre, secondo la parte resistente, attraverso il richiamo dell'art. 2051 citato, si investirebbero, direttamente ed immediatamente, apprezzamenti di mero fatto; d'altra parte, le condizioni atsmosferiche e particolarmente inclementi ' poste in relazione all'accertata impossibilit, nei limiti della normale diligenza, di accertare lo stato precario dell'apparato radicale del pino successivamente caduto, ed in !relazione al fatto che tutti gli altri alberi esistenti lungo la strada Lecce-Taranto, erano risulta.ti ben confitti al suolo. (avendo alcuni ceduto, in passato, soltanto per effetto di tempeste d'a.ria ), sono circostanze di fatto che spiegherebbero il riferimento puramente indiretto, da parte del giudice di appello, al caso fortuito. .L'eccezione della parte resistente non pu avere accoglimento. ove ci non si traduca in una radicale trasformazione dell'ori0ginaria pretesa (cfr. Cass. 20 luglio 1967, n. 1868). Spetta in ogni caso al giudice, tra l'altro, di provvedere alla qualificazione giuridica della domanda, sulla base dei fatti prospettati, anche prescindendo dalla denominazione eventualmente erronea che sia stata usata negli atti del giudizio, con il solo limite della corrispondenza tra la domanda e la pronunzia, in relazione alla situazione di fatto acclarata ed alle conseguenze giuridiche di cui si pretende l'attuazione (cfr. Cass., 20 maggio 1967, n. 1098; 16 febbraio 1966, n. 484). (2) Il princi[:>io contenuto nella seconda massima non sembra possa essere condiviso e comunque, in vista anche della intuitiva rilevanza delle PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 733 Invero, l'appellato Albisinni, con le difese scritte, richiam anche ~d anzitutto) la norma dell'art. 2051, ed il giudice di merito non vrebbe potuto esimersi dll'esaminare la causa anche sotto tale prolo giuridico, rientrando siffatto esame nel suo diritto-dovere di idenfica, re la norma applicabile al caso concreto. N pu ritenersi che lo :tante, invocando detta norma, in aggiunta a quella dell'art. 2043, vesse posto in essere una modificazione non consentita della domanda. on vi era stato, invero, mutamento, n del petitum n della causa pemdi in quanto l'appellato Albisinni, sostenendo, con le difese davanti LCollegio, l'applicabilit della norma dell'art. 2051, si era richiamato i medesimi elementi di fatto posti a fondamento della pretesa iniziale che avevano formato oggetto di indagine, nella fase di istruzione proatoria, in primo e secondo grado. In sostanza, l'Albisinni non aveva fatto altro che sottolineare 11 rofilo giuridico della controversia, con il richiamo ad una configuraione speciale della obbligazione da illecito (art. 2051 c. v.), anzich a uella di carattere generale (art. 2043 c. c.), precisazione e richiamo, eraltro, superflui, spettando al giudice, come si detto, individuare 1 norma regolatrice della fattispecie sottoposta alla sua decisione, iusta quanto questa Corte ha avuto occasione di affermare, con reente decisione, in caso analogo a questo (Cass. sent. n. 703 delanno 1966). L'eccezione di inammissihilit del motivo va, pertanto, d~sattesa, deve riconoscersi che, esaminandosi la controversia sotto il profilo .ella responsabilit ex art. 2051 del codice, cio della norma la cui pplicazione stata anche invocata, dall'istante, in sede di appello, :i decisione di rigetto della domanda non si giustifica. Com' noto, la responsabilit per il danno ca.gionato da cose in ustodia, stabilita all'art. 2051 citato, si fonda su di una presunzione 1 colpa, juris tantum, nei confronti di colui che ha il dovere di cutodia della cosa, in relazione all'obbligo di diligentemente vigilare, ue conseguerize, auspicabile che sia ulteriormente riesaminato dalla Corte i Cassazione. Al riguardo vale osservare, senza tuttavia la pretesa di esaurire l'argoo. ento che meriterebbe ben altro approfondimento trascendente i limiti di .na nota, che la responsabilit per danni ex art. 2051 c. c., cagionati dalle ose in custodia, derivando da una presunzione di colpa a carico di chi, per l peculiare potere fisico, di governo o di uso, ha il dovere di vigilare (cfr. :ass., 1960, n. 857; 1962, n. 1991, ecc.), mal si attaglia alla P. A. la cui ondotta regolata, nei suoi vari aspetti e modalit, da un complesso di 1orme (leggi, regolamenti, circolari, istruzioni, ecc.), intese a garantire in o.odo sufficiente ed idoneo la buona amministrazione della cosa pubblica. Tali precetti, che vincolano in ogni caso i pubblici dipendenti ancorch manati, come le istruzioni, nella esplicazione del potere gerarchico (cfr. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO affinch la cosa stessa non rechi danno, ed in relazione all'obbligo di conservare il potere di controllo su di essa; e .tale responsabilit ricorre non soltanto per le cose atte a nuocere per s stesse, le quali hanno, cio, una naturale attitudine a produrre danno, bensi anche per le altre, non aventi tale attitudine, sicch stato gi ritenuto, da questa Corte, che la norma in questione applicabile anche nel caso di danno da incendio sviluppatosi in casa di abitazione (vedi, ad es., sent. n. 3203 dell'anno 1955). Il concetto di cosa in custodia, ai fini della responsabilit prevista con detta norma e che trova applicazione semprech si tratti di beni suscettibili di costituire oggetto di un diritto, presuppone la esistenza di un effettivo potere fisico sulla cosa, un governo su di essa, un uso, cui sia collegato il dovere di vigilare affinch, dalla medesima, per sua natura o per particolari contingenze, non derivi pregiudizio ad altri (Cass. sent. n. 324 dell'anno 1960). E non giova, ad esimere da responsabilit, l'ignoranza dello stato della cosa, come la dimostrazione di avere adottato misure per impedirlo, potendo il custode liberarsi dalla responsabilit soltanto con la prova del fortuito, inteso in senso lato, comprensivo, cio, della colpa del danneggiato, o del fatto del terzo, fatto che sia dota,to di impulso causale autonomo e con carattere di inevitabilit, rispetto alla sfera di azione del custode. Nella specie, il giudice di merito, riferendosi e facendo proprio l'esito degli accertamenti compiuti dal consulente tecnico, ha ritenuto, in punto di fatto, che l'albero cadde per effetto di due cause concorrenti: il forte vento ed il marciume esteso ai due terzi di tutto l'apparato radicale; e, dopo avere escluso che il primo elemento cailsale (vento) potesse porsi in relazione a comportamento colposo dell'amministrazione convenuta, ha ritenuto che neppure l'alterazione delle radici delal pianta fosse addebitabile alla Anas, non potendo farsi carico alla medesima di non essersene accorta, dato che la pericolosit delal pianta medesima non poteva essere accertata, secondo quanto aveva riferito il consulente, a prima vista , presentandosi la pianta, Cass., 28 ottobre 1966, n. 2693) nell'ambito di un ~prezzamento discrezionale insindacabile dal giudice ordinario, prescrivendo .le cautele da adottarsi nelle varie manifestazioni ,dell'attivit amministrativa, postulano a loro volta una presunzione di idoneit anche per assicurare una efficace vigilanza dei beni ad opera delle singole Amministrazioni, cui sono attribuiti per l'adempimento dei loro fini istituzionali. Pertanto, dovendo la condotta delle Amministrazioni conformarsi alle suddette norme, che compiutamente e senza alcun margine la regolano, discende che una questione di responsabilit per danni a terzi pu porsi unicamente come violazione delle ripetute norme, al di fuori cio della presunzione di cui all'art. 2051 c. c. e nell'ambito della pi generale disposizione contenuta nell'art. 2043 c. c. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 735 L apparenza, in buono stato di vegetazione, cireostanza, quest'ultima le la Corte di merito ha considerata decisiva, ritenendo non potersi >mprendere, fra i doveri di sorveglianza incombenti al custode, anche 1~lo di controllare lo stato di conserv:azione delle radici. Senonch, vertendosi, come si detto, nel campo di applicazione ~ll'art. 2051, soltanto il fortuito poteva esimere l'amministrazione :tll'obbligo del risarcimento, mentre in tale concetto non rientrava, ~condo la stessa Corte di merito, la alterazione dell'apparato radicale, ' quanto non stato considerato fatto assolutamente imprevedibile. D'altra pa.rte, non poteva escludersi la colpa dell'amministrazione chiamandosi alla difficolt della sorveglianza sull'apparato ra.dicale ~gli alberi, poich questa Corte ha gi avuto occasione di affermare, . relaziona all'obbligo di osservare le norme di comune prudenza, che mtit e la complessit degli accertamenti intesi a controllare, in deter. inate circostanze, il margine di sicurezza e la stabilit dell'opera publica, non costituiscono ragioni valide per privare di tutela il diritto ndamentale, da parte degli utenti dell'opera medesima, alla incolucit personale, dovendo svolgersi l'attivit della pubblica amministraone, anche nel campo della pura discrezionalit, nei limiti posti, oltre le dalla legge, dalla norma primaria e fondamentale del neminem :edere (Cass. sent. n. 1061 dell'anno 1964 e n. 394 dell'anno 1960). ) missis). ORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 1 giugno 1968, n. 1646 -Pres. Laporta -Est. La Farina -P. M. Sciaraffia (conf.). Fallimento della Soc. Azienda Generale Italiana Recuperi -A.G.I.R. (avv. Iacobelli) c. Ministero della Difesa (avv. Stato R. Bronzini). >sa giudicata -Limiti -Efficacia riflessa -Presupposti -Prove raccolte in diverso processo -Poteri del giudice. (c. c. art. 2909; c. p. c. art. 115). bbligazioni e contratti -Capitolati di appalto -Danni verso terzi da illecito -Responsabilit dell'Amministrazione appaltante per il fatto commesso in concorso con l'appaltatore o per quello proprio di costui -Clausola di rivalsa a carico dell'appaltatore -Ammissibilit. (C. C. artt. 1229, 2055). L'autorit della cosa giudicata, a parte la sua efficacia riflessa :i,alora si abbia un collegamento giuridico tra ii rapporto deciso e Lello di cui il terzo soggetto, spiega effetti in un successivo giudizio RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO solo ove ricorra la identit dei soggetti e del rapporto giuridico; tuttavia, anche in difetto di questi requisiti il giudice pu ben basare il suo cCYnvincimento, in tutto od in parte, sugli elementi probatori risultanti da altra sentenza (1). Qualora, in dipendenza dell'esecuziol/1,e di un contratto, la p. a. sia tenuta a rispondere verso i terzi danneggiati del fatto illecito commesso in cCYncorso con l'aitro contraente o per quello proprio di costui, valido il patto, usualmente inserito nei capitolati di appalto della P. A., con cui, senza eliminare o limitare il diritto del terzo ad agire nei confronti di quest'ultima, si addossi aWaltro contraente l'onere integrale dei danni (2). (Omisms). -Con il secondo motivo del ricorso principale, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 360 e 5 c. p. c., in relazione all'art. 324 stesso codice e 2909 c. c., la violazione della cosa giudicata, nonch erroneit, manchevole e contraddittoriet della motivazione, il fallimento della soc. AGIR si duole che la corte di (1) Il problema dei limiti soggettivi del giudicato trascende l'identificazione dei soggetti-parti del rapporto deciso e si pone come un peculiare aspetto della pi genel'ale teorica degli effetti riflessi dei fatti giuridici. Per tal profilo occorre considerare che mentre la efficacia diretta del giudicato si estende a taluni terzi (art. 2909 c. c.), d'altra parte vi sono soggetti nei cui confronti questo spiega una influenza di mero fatto; la quale, per ci stesso, non pu essere considel'ata come manifestazione di efficacia riflessa del giudicato. In dottrina la questione ha formato oggetto di ampi dibattiti (tra i numerosi autori, cfr. CARNELUTTI, Efficacia diretta ed efficacia riflessa della cosa giudicata, in Studi diritto processuale, 1925, Vol. I; ALLORIO, La cosa giudicata rispetto ai terzi). La elaborazione giurisprudenziale, che dapprima aveva contenuto a quelli menzionati dall'art. 2909 c. c., i soggetti nei cui confronti incide il giudicato (cfr. Cass., 11 ottobre 1958, n. 3213; 29 settembre 1959, n. 2630; 30 novembre 1962, n. 3237), appare ormai orientata nel riconoscere la possibilit di una efficacia riflessa del giudicato anche nei confronti di taluni terzi estranei al giudizio (cfr. Cass., 3 dicembre 1959, n. 3493; 16 maggio 1963, n. 1247, in Giur. it., 1961, I, 1, 64) in quei determinati casi, cio, in cui sussista un collegamento giuridico tra il rapporto deciso. e quello di cui il terzo soggetto; nei quali, in altri termini, .come si esprime la sentenza che si annota l'autonomia tra il rapporto giudicato e quello da giudicarsi in qualche modo si attenua . Sulla seconda parte della massima la giurisprudenza pacifica (cfr. Cass., 10 gennaio 1966, n. 199; 14 giugno 1967, n. 1334). (2) Con la seconda massima la Corte di Cassazione ancora una volta ha confermato i suoi precedenti insegnamenti (cfr. Cass., 18 maggio 1954, n. 1580, Giur. it., 1954, I, 1, 694) ribadendo la validit della clausola, cosi detta di manleva, con cui nell'ambito di un pi ampio rapporto obbligatorio le parti convengono di addossare ad una di esse l'onere dell'inte PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Letjto non abbia ritenuto vincolante un giudicato emesso dalla corte appello di Perugia, in causa per responsabilit civile tra l'amminirazione militare e i parenti delle vittime dello scoppio, e affermante :!Sclusiva responsabilit dell'amministrazione. Ritenendo di poter rivalutare ,gli stessi fatti, perch l'AGIR non reva partecipato a quel giudizio, la Corte di appello di Roma avrebbe .olato i princip che regolano la cosa giudicata in senso sostanziale ~r quanto si riferisce ai suoi effetti riflessi, cio al suo valore di fermazione oggettiva di verit, efficace anche nei riguardi di terzi ~tranei al .giudizio. Il motivo difetta di consistenza. Sul piano dei princip generali, il giudicato sostanziale, per spietre efficacia in un altro ~udizio, deve rispondere ai requisiti della .entit oggettiva e soggettiva: requisiti di identit soggettiva e og,getva che certamente non sussistevano tra il giudicato invocato e l'atLale controversia. Invero, oltre alla mancanza dell'identit soggettiva ~ssendo pacifico che il fallimento della Soc. AGIR, non fu parte nel udizio definitivo dalla Corte d'appello di Perugia), manca l'identit ~I rapporto giuridico, ed anzi, sussistono autonomia e diversit di :pporti, in quanto i terzi danneggiarti dall'esplosione agivano contro tmministrazione militare per responsabilit da colpa aquiliana, mene, nell'attuale giudizio, si controverte esclusivamente sulla responbilit contrattuale della soc. AGIR nei confronti dell'amministra ale risarcimento dei danni che, durante la esecuzione del contratto, siano .gionati a terzi per fatto illecito, ancorch in dipendenza di colpa grave, entrambe le parti nella causazione dell'evento ovvero della parte stessa Le si assume l'onere della rivalsa, ma di cui anche l'altra sia tenuta a ;pondere. I requisiti di validit della clausola sono stati identificati nella presenza un interesse della parte che si addossa l'onere, e che valga a giustificare patto (Cass., 1954, n. 1580) e nella salvaguardia dei diritti del terzo dan ~g.giato verso il diretto responsabile dell'evento lesivo. In tali limiti, la clausola non urta contro alcun principio generale, dap >icch il nostro ordinamento ammette sia la rivalsa per i danni cagionati colpa grave (art. 1900 c. c.) sia dd quelli dipendenti da responsabilit vile ~art. 1917 c. c.) mentre, pur ,spiegando efficacia il principio contenuto U'art. 1229 c. c. anche in tema di responsabilit aquiliana (Cass., 18 aprile 39, n. 1243; 18 maggio ~954, n. 1580), la clausola di manleva non contraata n siffatta norma, diretta a limitare le ,clausole di esonero di responsabilit vista di una maggiore protezione del creditore danneggiato, in quanto r essa quest'ultimo non subisce alcun pregiudizio ma riceve, semmai, una ll. ampia tutela. In dottrina, cfr. MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, 1959, ,I. II, 174) che ravvisa nella clausola di manleva una peculiare fideiussio rlemnitatis. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione committente. Cosicch, in base a quei principi generali, non poteva affermarsi che quel .giudicato esterno, avente diverso oggetto giuridico, e formatosi tra soggetti parzialmente diversi, facesse stato nell'attuale giudizio, pur non essendo vietato al giudice di fondare, in tutto o in parte, il suo libero convincimento intorno alla verit dei fatti da porre a base della sua pronuncia, su elementi probatori risultanti da quella sentenza (cass. sent. 30 luglio 1952, n. 2406). Comunque, ove fosse ammessa l'efficacia riflessa del giudicato, efficacia riconosciuta dalla giurisprudenza di questo S. C. in taluni casi determinati, in cui l'autonomia tra il rapporto giudicato e quello da giudicarsi in qualche modo si attenua, con 'particolare riguardo ai principi sanciti nell'art. 1306 c. c. in tema di responsabilit solidale, dovrebbe, comunque, essere respinta la tesi del fallimento AGIR, secondo la quale, mentre la soc. stessa (non intervenuta nel giudizio a quo) avrebbe avuto il potere di disconoscere il giudicato e di ottenere la rivalutazione dei fatti in esso accertati, l'amministrazione militare, invece, avendo partecipato al .giudizio a quo, promosso da terzi danneggiati, avrebbe dovuto subirne l'efficacia anche nei confronti del fallimento AGIR; in altri termini, non potrebbe darsi accesso all'asserito principio secondo cui il terzo potrebbe opporre la parte del giudicato a lui favorevole, e respingere, invece, la parte a lui contraria. Sicch, esattamente la Corte d'appello ha rilevato che, qualora dalla pronuncia emessa dalla Corte d'appello di Perugia potessero desumersi elementi di giudizio per la decisione in ordine alla responsabilit del sinistro, detti elementi sarebbero favorevoli, non gi alla soc. AGIR, ma al Ministero della Difesa, poich, essendo stato detto Ministero ritenuto responsabile per culpa in vigilando, impUcito era il riconoscimento della colpevolezza del vigilato, consistente nel sistema di lavorazione adottato con imprudenza e negligenza dalla ditta assuntrice dei lavori di svuotamento delle munizioni. Con U terzo motivo del ricorso principale, si sostiene che erroneamente la Corte di Roma avrebbe ritenuto la ;responsabilit, sia pure concorrente, della soc. AGIR perch questa, nei contratti intercorsi con l'amministrazione, aveva dichiarato di assumersi ogni e qualsiasi responsabilit per infortuni, disgrazie e danni, ed erroneamente avrebbe posto a carico della stessa societ la prova di aver adottato tutte le misure e le precauzioni per evitare il danno. Viceversa, la clausola avrebbe avuto il solo scopo di sollevare l'amministrazione dall'onere del risarcimento dei danni nei confronti dei terzi. Vi sarebbe, quindi, un errore logico e giuridico nell'interpretazione della volont delle parti, risolventesi in una violazione dell'art. 2697 c. c. (violazione e falsa applicazione delle stesse disposizioni di legge denunciate con il motivo precedente e dell'art. 360 n. 5 c. p. c., in relazione agli artt. 1223 e segg., 2043 c. c. ed ai capitolati di oneri approvati con D. M. 9 agosto PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 739 J37, n. 84 e successivamente: violazione dell'art. 2697 e 2043 c. c. e il r. d. 18 ottobre 1923, n. 2440; motivazione errata, illogica, conaddittoria e manchevole, in ordine alle disposizioni che disciplinano lnterpretazione dei contratti, il principio di causalit e la valutazione ~l grado di responsabilit nella co1pa). Neanche questo motivo merita accoglimento. Effettivamente, la sentenza impugnata potrebbe apparire non im. une da censura, in quella parte della sua motivazione, dove, per risol~ e il punto attinente alla responsabilit dell'appaltatrice verso la . A. committente, e alla conseguenziale legittima .pretesa della stessa . A. al risarcimento dei danni, alla risoluzione unilaterale del conatto e alla confisca della cauzione, sembra far leva prevalentemente 1ll'art. 5 del contratto stesso, in base al quale la soc. AGIR si era ;pressamente assunta ogni e qualsiasi responsabilit per infortunio, lsgrazie e danni che potessero verificarsi agli operai, ai terzi e aJ.le ise durante l'esecuzione dei lavori; laddove, cio, la sentenza stessa ~mbra desumere dala citata c.Iausola contrattuale, e solo da tale ausola, l'onere della soc. AGIR di provare di avere adottato, neladempimento del contratto medesimo, tutte le misure e le precauzioni lonee a prevenire il danno, e che le misure stesse fossero state rese me soltanto da fatto fortuito o forza maggiove, o, comunque, da fatto i essa societ non imputabile. Invero, nella sentenza impugnata non ;iste alcuna CO lati d'appalto della P. A.. Tale funzfone, , normalmente, soltanto uella di assicurare alla P. A., chiamata, in ipotesi, a .rispondere verso terzi dei fatti illeciti dell'appaltatore, e anche nel caso che vi sia >ncorso di incuria o di imprudenza della stazione appaltante, la rivalsa ttegrale dei danni stessi nei confronti dell'appaltatore medesimo. Tali lausole, che non appaiono dirette in alcun modo ad eliminare o a mitare il diritto del terzo danneggiato di chiedere conto direttamente lla P. A. di tutti i danni derivatigli, tendono, in sostanza, a regolare azione interna di regresso, tra i due cor.responsabili del fatto illecito, l modo difforme da quanto prescritto dall'art. 2055, secondo e terzo t>mma c. c., addossando, esclusivamente nei rapporti interni, tutto onere della responsabilit ad uno dei soggetti, cio all'appaltatore. imili clausole -salve riserve da farsi ove la responsabilit verso i ~rzi derivasse da dolo -sono in s perfettamente lecite e ammissiili, giacch i criteri fissati per l'azione di regresso dai due commi itati hanno carattere semplicemente dispositivo, e sono, quindi, conenzionalmente derogabili, discendendo dai principi la validit del atto che, nei rapporti interni, consenta al responsabile di riversare u un altro soggetto, corresponsabile o meno, tutti gli oneri derivanti RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dalla propria responsabilit (arg. ex artt. 1229, 1900, 1917 c. c., cfr., specialmente, cass. sent. 22 maggio 1959, n. 1542). Tuttavia, se questi concetti sono significativi di una normale estraneit di una clausola quale quella dell'art. 5 del contratto al ,problema di accertare a quale dei due soggetti (se all'amministrazione o all'appaltatore) risalga, nei rapporti interni, la responsabilit per l'inadempimento o il difettoso adempimento del contratto, deve, d'altra .parte, riconoscersi che il richiamo formale a detta clausola non ha avuto efficacia determinante della decisione: , questa, invero, si sorregge in base al concetto, comunque bene indiv.iduato dalla impugnata sentenza, che !'AGIR avrebbe dovuto dimostrare che l'inadempienza ai suoi obblighi d'appaltatore (obbUghi che si cumulavano, nella specie, con quelli di acquirente, giacch il contratto de quo oltre la vendita del materiale di risulta, contemplava anche l'assunzione, da parte della societ, dei preventivi lavori di svuotamento delle munizioni), inadempienza palesemente dimostrata, dal punto di vista oggettivo, dal luttuoso episodio dello scoppio, fosse dovuto a fatto estraneo a lei non imputabile, superandosi, cosi, la normale presunzione di colpa contrattuale; dimostrazione non fornita nella specie, in cui stata raggiunta, invece, la prova positiva di una negligenza e di una imprudenza addebitabili all'appaltatore. ( Omissis). " CQRTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 giugno 1968, n. 2033 -Pres. Malfitano -Est. Berardm::ci -P. M. Toro (diff.). Soc. Therachemie Chemisch Therapeutiche Geselleschaft mit Beschrankter Halftung (avv. Santelli e Luzzatto) c. Ministero dell'Industria e del Commercio (avv. Stato Tracanna). Impugnazione -Privative industriali -Commissione dei ricorsi in materia di br:evctti -Ricorso avverso la decisione dell'Ufficio centrale dei brevetti -Omessa specificazione dei motivi -Irrile vanza. (r. d. 29 giugno 1939, n. 1127, art. 35; r. d. 31 ottobre 1941, n. 1354, artt. 76 e segg.). Per l'ammissibititd del ricorso alla prevista Commissione avverso le decisioni dell'Ufficio Centrale dei brevetti, la cui disciplina si informa al principio deil'effetto devolutivo ed automatico de.ZZ'appeillo non occorre la enunciazione, nell'atto stesso, dei motivi di impugnazione, essendo a tal fine sufficiente la generica richiesta di. rifoirma del provvedimento impugnato (1). (1) Non risultano precedenti in termini. L'opinione prevalente annovera l'att~ di concessione di brevetto, con PARTE J, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE (Omissis). -Con il motivo dedotto si denuncia la violazione degli rticoli 35, 36 e 72 del r. d. 29 giugno 1939, n. 1127, e dell'art. 79 del d. 31 ottobre 1941, n. 1354, e si sostiene che, contrariamente a quanto tenuto dalla sentenza impugnata, non inammissibile il. ricorso alla ommissione dei ricorsi in materia di brevetti, nel quale manchi l'inicazione specifica dei motivi, perch l'esistenza di norme relative ai rocedimenti dinanzi a detta Commissione (articoli 76, 88 r. d. 31 ot1bre 1941, n. 1354) esclude la possibilit di applicazione del],e dispozioni del codice di procedura civile. Tale Inapplicabilit -si afferma -, peraltro, sancita espressaLente dall'art. 72 r. d. 29 giugno 1939, n. 1127, che precisa un solo i.so di applicabilit, in via di eccezione, delle norme del codice di rocedura civile, disponendo che nelle sentenze e nelle altre decisioni ella Commissione dei ricorsi debbono osservarsi, in quanto applicaLLi, le disposizioni del codice di procedura civile relative alla prounciazione e alla forma delle sentenze e delle ordinanze . Si agiunge che, nella specie, i motivi si dovevano considerare specifica1ente indicati nel ricomo, nel quale erano richiamate la Ministeriale ost. n. 2620/59 del 25 febbraio 1960 dell'Ufficio Centrale Brevetti, esposizione di risposta della ricorrente in data 10 agosto 1960 e la ~conda ministeriale del 5 agosto 1963. Con ci -si conclude -erano :ipressamente richiamati, con le ragioni addotte dall'Ufficio per re; rlngere la domanda, i motivi con cui la ricorrente si era opposta al ifiuto dell'Ufficio, i quali motivi venivano, in tal modo, necessariatente riproposti davanti alla Commissione. La censura fondata. Invero, la sentenza impugnata non porta alcun serio argomento a lstegno della tesi secondo cui la specificazione dei motivi nel ricorso vverso la decisione dell'Ufficio centrale dei brevetti, nonostante che quale la P. A. ricollega il relativo diritto alla accertata esistenza dei ecessari presupposti obbiettivi, nella categoria degli accertamenti costituvi e la giurisprudenza (cfr. Cass. 10 marzo 1960, n. 458) attribui.sce e:fficaia costitutiva al relativo procedimento, disciplinato con il r. d. 29 giugno }39, n. 1127 e con il regolamento 31 ottobre 1941, n. 1354, pur non manmdo qualche pronunzia che ne sottolinea invece la natura dichiarativa, rgomentando che il diritto di esclusiva sorge per il solo fatto dell'inven! one (cfr. Cass., 4 marzo 1957, n. 758). Il provvedimento dell'Ufficio centrale dei brevetti ha, comunque, natura i atto amministrativo e la impugnativa avverso il rigetto o il non integrale ~coglimento della domanda che, secondo i principi generali, avrebbe dovuto roporsi al Consiglio di Stato, si aziona invece dinanzi ad una apposita ~ommissione cui, in materia, vanno ormai pacificamente riconosciute funloni giurisdizionali (cfr. Sez. Un., 17 gennaio 1951, n. 109, Sez. Un., 17 febraio 1954, n. 404. In dottrina, cfr. ROTONDI, Riv. dir. comm., 1954, II, 397). 742 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I I m nulla si dica in proposito nella legge, sarebbe richiesta a pena di inammissibilit dello stesso ricorso. Si limita, infatti, ad affermare, detta sentenza, che il giudizio della Commissione dei ricorsi in materia di brevetti limitato al riesame della controversia nei limiti stabiliti dai motivi di impugnazione, onde l'esercizio del potere alla stessa Commissione conferito non possibile senza la specificazione, nel ricorso, dei detti motivi, una volta che tale specificazione non pu essere fatta nella successiva memoria scritta, la quaJ.e ha solo funzione illustrativa e chiarificatrice. In altri termini, secondo la sentenza impugnata, la esigenza della specificazione dei motivi nel ricorso avverso la de-' cisione dell'Ufficio centrale dei brevetti, sebbene non risulti, in modo esplicito, dal r. d. 29 .giugno 1939, n. 1127, che prevede il detto ricorso, e dal relativo regolamento di esecuzione di cui al r. d. 31 ottobre 1941, n. 1354, la si deve ritenere sussistente in virt del principio tantum devolutum quantum appellatum., per effetto del quale il riesame della causa non pu avvenire che nei limiti stabiliti dai motivi di impugnazione. Senonch i giudici del merito non spiegano da quali elementi abbiano tratto il convincimento che, nel giudizio che si svolge innanzi alla Commissione dei ricorsi in materia di brevetti, vigga l'anzidetto principiO. E la ragione di tale mancata spiegazione di intuitiva evidenza, considerando che invano si cercano tali elementi nelle norme espresse nei due decreti sopra menzionati. Tant' che I'Amministrazione resistente, nel tentativo di sorreggere la tesi accolta dalla sentenza impugnata, altro non ha potuto fare che ricorrere ai principi generali in tema di impugnazioni. Ma opinione di questa Corte Suprema che tali principi, anzich la dimostrazione dell'esattezza della tesi sopra esposta, forniscano la conferma di quanto gi risulta dalla inequivoca formulazione J.etterale della legge, laddove questa, trattando del ricorso avverso la decisione dell'Ufficio centrale dei brevetti, non esige che i relativi motivi siano specificati nel ricorso medesimo. Da quanto innanzi consegue che non sembra possa condividersi il principio .affermato dalla Cassazione con la sentenza che si annota, perocch il procedimento dinanzi alla Commissione dei ricorsi in materia di brevetti non pu essere assimilato a quello afferente ad un giudizio di appello mancando, oltre tutto, una decisione impugnata, n inquadrarsi nell'ambito delle norme contenute nel codice di procedura civile del 1865, richiamate solo in ben ristretti limiti ed in via del tutto eccezionale (art. 72 r. d. 1939, n. 127). dato piuttosto di ritenere che, esercitandosi il potere di controllo (giurisdizionale) della ripetuta Commissione sull'atto amministrativo in maniera analoga al pi generale potere di controllo del Consiglio di Stato sugli atti amministrativi, debba espletarsi nell'ambito delle ragioni addotte dal ricorrente, espresse appunto nei motivi, con la conseguente inammissibilit del ricorso ove questi non siano stati indicati. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 743 Niun dubbio, invero, che il ricorso alla Commissione dei ricorsi t materia di brevetti, anche se ha ad oggetto un provvedimento di i.rattere amministrativo e non giurisdizionale, quale la decisione delUfficio centrale dei brevetti, dia J.uogo ad un giudizio che, sotto certi ~petti, pu assimilarsi ad un giudizio d'appello. Niun dubbio, del pari, che i principi generali cui deve farsi ricorso l fine di interpretare una legge il cui testo non sia stato possibile 1terpretare con .gli altri criteri di ermeneutica (cfr. art. 12 delle dispozioni sulla fogge in generale), siano quelli vigenti al momento della >rmazione della legge medesima, ossia quei principi ,che servirono di llida al legislatore nel comporre la legge oggetto della interpretazione. Ci posto, deve rilevarsi che, nel caso di specie, al momento della >rmazione dei due decreti in questione, era in vigore il vecchio codice i procedura civile del 1865, il quale, diversamente dal nuovo codice i rito, entrato in vigore il 21 aprile 1942, era info.rmafo al principio ell'effetto devolutivo ed automatico dell'appello, che non richiedeva t specificazione dei motivi di gravame, in quanto che l'atto di appello nportava una rinnovazione integrale del giudizio di primo grado, di llisa che, rimanendo inalterato il rapporto processuale nella sua esten. one obiettiva ed essendo al giudice di secondo grado conferito il po) re-dovere di conoscere di tutta la controversia quale era stata esamiata e decisa dal giudice di primo grado -tranne nel caso previsto ella prima parte del secondo comma dell'art. 486, quando di una senmza contenente pi capi fosse stato impugnato solo alcuno di questi ra sufficiente che l'atto di appello contenesse il generico petitum della :forma della sentenza impugnata. Questo essendo il principio vigente nel processo civile d'appello U'epoca della formazione dei due decreti in questione, ne risulta v-idente, quindi, la dimostrazione che unicamente da esso il legisla> re fu ispirato, allorquando, prevedendo il ricorso contro la decisione ell'Ufficio centrale dei brevetti, non statui l'obbligo della specificaio~ e, nel ,ricorso medesimo, dei motivi di impugnazione. E che questo a il principio informatore del giudizio innanzi alla Commissione dei icorsi in materia di brevetti si desume, peraltro, dal complesso delle orme di procedura per esso dettate dal regolamento di esecuzione i cui al r. d. del 1941, n. 1354, le quali forniscono un quadro di tale iudizio improntato ad un'ampia libert di estensione dell'oggetto della iscussione. Si consideri, tra le altre, la norma del secondo comma ell'art. 85, la quale consente alla Commissione di portare il suo esame , quindi, di giudicare sui fatti nuovi emersi durante la discussione, tiche, quindi, se :p.on denunciati nel ricorso. Tutto ci considerato, non giova opporre, come fa l'Amministra :one resistente, che l'obbligo. della specificazione dei motivi nel ricorso i.rebbe collegato con la perentoriet del termine stabilito per la pre 744 RASSEGNA DELL'AVVOGATURA DELLO STATO sentazione della impugnazione, chiaro essendo che tale perentoriet va intesa con riferimento alla presentazione del ricorso contenente la mera manifestazione di volont dell'interessato di impugnare la decisione dell'Ufficio centrale dei brevetti, e che, pertanto, essa non importa l'inammissibilit del ricorso ove tale manifestazione non sia accompagnata dalla specifica enunciazione dei motivi di impugnazione. Sulla base delle considerazioni sopra esposte, deve concludersi che le norme legislative contenute nel r. d. 29 giugho 1939, n. 1127, .e nel r. d. 31 ottobre 1941, n. 1354, che prevedono e disdplinano il ricorso contro le decisioni dell'Ufficio centrale dei brevetti, non richiedono la enunciazione, nel ricorso stesso, dei motivi di impugnazione, e che, pertanto, la mancata enunciazione di detti motivi non importa la inammissibilit del ricorso. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 giugno 1968, n. 2073 -Pres. Favara -Est. Miele -P. M. Silocchi (conf.). Treves De Bondili (avvocati Ras, Profili Camporese, Celio) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Varvesi). Guerra -Trattato di pace -Esenzione tributaria prevista per i sudditi ex nemici -Israeliti di esclusiva cittadinanza italiana -Esclusione. (r. d. 8 luglio 1938, n. 1415, artt.. 3 e segg.; legge 16 dicembre 1940, n. 1909, art. 2). Competenza e giurisdizione -Sentenza che abbia pronunziato sulla competenza e sul merito della causa -Regolamento necessario di competenza -Limiti. L'esenzione tributa.ria e le restituzioni previste dall'art. 78 del Trattato di Pace 10 febbraio 1947 reso esecutivo con D.L.P.S. 28 novembre 1947, n. 1430, compete ai cittadini di ognuna delle Nazioni Unite belligeranti con l'ItaLia, nonch atie persone fisiche, societ ed associazioni, le quali, in base a.ila legislazione italiana in vigore durante la guerra, siano state considerate come sudditi nemici.. A tali effebti non spetta la qualificazione giuridica di nemico agli appartenenti alla razza ebraica aventi la sola cittadinanza italiana, in quanto nessuna disposizione ha loro esteso il trattamento previsto per le persone nemiche (1). (1) Con la sentenza che si annota la Cassazione ha riaffermato, tra l'altro, il principio per il quale i trattati internazionali creano obbligazioni esclusivamente sul piano internazionale nei confronti degli altri Stati con PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 745 Per l'ammissibilit degli ordinari mezzi di impugnazione in luogo el regolamento necessario di competenza, sufficiente che il Giudice bbia deciso oltre che sulla competenza su qualsiasi altra questione, anorch preliminare di merito o pregiudiziale di rito (2). j I I l; (Omissis). -Con l'unico motivo Elsa Treves deduce la violazione la falsa applicazione dell'art. 78, n. 6, e 9 del Trattato di pace, in elazione all'ar.t. 360, n. 3 e 5 .cod. proc. civ. sostenendo che, apodittiamente ed inesattamente, la Corte di Roma ha ritenuto che le norme manate dal governo di Sal non abbiano avuto vigore durante la 1guerra er gli effetti di cui al paragrafo 9 dell'art. 78 del Trattato di pace 1 quanto lo stato di guerra ha avuto termine solo con il trattato stesso :aenti, laddove i rapporti giuridici tra lo Stato ed i cittadini insorgono sclusivamente in base alla normativa eventualmente emanata in adempi1ento dei trattati medesimi (cfr. Cass., 1942, n. 1266; Sez. Un., 1955, n. 4572, 1 F'oro it., 1956, I, 721; Sez. Un., 1958, n. 2872). In conformit di siffatto principio gli obblighi assunti dall'Italia nei ari accordi sono stati adempiuti merc l'emanazione di specifiche leggi legge 24 novembre 1948, n. 1493 in relazione all'accordo italo-americano 4 agosto 1947 reso esecutivo con d.1. 31 dicembre 1947, n. 1747; legge gennaio 1951, n. 10, in relazione all'art. 76 del trattato di pace; legge 1 agosto 1949, n. 610, in relazione all'art. 2 dell'accordo italo-egiziano Osettembre 1946 reso esecutivo con legge 10 maggio 1947, n. 512, ecc.). Occorre infatti considerare che il trasferimento dell'accordo internazioale in diritto interno, merc la ratifica, non ha lo scopq di creare automaicamente rapporti giuridici tra i singoli e lo Stato, ma tende a legittimare ul piano interno i provvedimenti normativi che, nell'ambito del trattato, ovranno adottarsi. La opinione di qualche scrittore (cfr. CoNsACCHI, L'esenzione degli sraeliti italiani dall'imposta straordinaria sul patrimonio in base all'art. 78 :el trattato di Pace, in Diritto e pratica tributaria, 1960, II, 230 e segg.; fr. altres Foro Pad., 1966, I, 61 segg.), secondo cui le norme del trattato .i Pace sarebbero divenute norme interne dell'ordinamento italiano in base 1 D.C.P.S. 28 novembre 1947, n. 1430, di esecuzione, nettamente respinta alla Corte di Cassazione (cfr. sent. 1955, n. 3572 cit.). In relazione a tali concetti, con la sentenza che si annota, la Corte di :assazione ha puntualizzato l'ambito di applicazione dei benefici previsti lal par. 9 dell'art. 78 del trattato di pace, ed in particolare il concetto di persone fisiche, societ o associazioni che, ai sensi della legislazione in igore in Italia durante la guerra siano state trattate come nemiche ., preisando che tra queste non possono ricomprendersi gil appartenenti alla azza ebraica di esclusiva nazionalit italiana, non ricorrendo i presupposti ichiesti dalle leggi al riguardo (art. 3 r. d. 8 luglio 1935, n. 1415 modificato lalla legge 16 dicembre 1940, n. 1902, art. 2), alla cui esclusiva interpretafone ed aoplicazione sono vincolati i giudici nazionali (cfr. Cass., 14 mag~ io 1942, n. 1266). (2) Il regolamento di competenza, secondo la prevalente dottrina e :iurisprudenza (cfr. ANDRIOLI, Commento c. p. c., vol. I, 151, con richiami), I l RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e. non con l'armistizio; n d'altl'o canto potrebbe farsi distinzione tra la legislazione del governo illegittimo di Sal e quella del governo legittimo. Inoltre la Corte di merito non avrebbe dato rilievo alla espressione cittadini delle Nazioni unite che nella sua genericit e senza una vera corrispondenza ad una realt giuridica (non esistendo una cittadinanza delle Nazioni unite) era atta a ricomprendere tutti coloro che, anche senza appartenere per cittadinanza ad una delle potenze alleate, vennero considerati come nemici della legislazione vigente in Italia durante la guerra. Erroneamente, poi, la Corte di merito ha ritenuto necessario lo status di persona nemica mentre questo non richiesto, giacch altrimenti il paragrafo 9 sarebbe inutile, gi provvedendo la legge di guerra italiana a precisare quali persone dovessero essere considerate nemiche. La censura infondata. Va premesso che il trattato di pace 10 febbraio 194.7, reso esecutivo con d.C.P.S. 28 novembre 1947, n. 1430, all'art. 78 stabilisce l'esenzione dei cittadini delle Nazioni Unite e dei loro beni da ogni imposta o contributo di .carattere straordinario a cui il governo italiano o altra autorit italiana abbia sottoposto i loro caipitali in Italia nel periodo compreso tra il 3 settembre 1943 e J.a data di entrata in vigore del trattato allo scopo specifico di coprire spese risultanti dalla .guerra o per far fronte al costo delle forze di occupazione o delle riparazioni da pagarsi a qualsiasi delle Nazioni Unite. Nel paragrafo 9, definendosi i cittadini delle Nazioni Unite, iJ. trattato vi comprende anche le persone che, quantunque non cittadini di una delle nazioni unite,: siano state considerate come nemiche dalla legislazione in vigore in Italia durante la guerra. Per adeguata interpretazione del contenuto e della portata del termine nemico ivi adoperato, va tenuto conto della natura dell'atto in cui inserito, e del suo contenuto normativo. Sotto il primo profilo va osservato che, trattandosi di un atto di diritto internazionale che pone fine allo stato di guerra tra l'Italia e gli altri stati belligeranti, al termine in questione si deve attribuire dl suo significato preciso secondo il diritto internazionale, con esclusione di quello traslato o sia esso necessario o facoltativo, costituisce un mezzo d'impugnazione diretto a risolvere rapidamente, omisso medio, le controversie in tema di competenza. Circa la nozione di merito intesa a delfmitare l'ambito del regolamento di competenza, l'orientamento prevalente per una eccezione molto larga (cfr. Cass., 23 ottobre 1965, n. 2215), comprendendovi ogni questione preliminare di merito o pregiudiziale di rito (Cass., 5 dicembre 1961, n. 2765), tranne che la sentenza di primo grado non abbia esaminato tali questioni incidentalmente, ai soli fini della pronunzia sulla competenza (Cass., 16 luglio 1965, n. 1565, Foro it., 1966, I, 616 con nota di richiami e riferimenti). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 747 tterario. Sono tali i cittadini delle nazionti belligeranti con l'Italia (i ttadini delle Nazioni Unite, cio di una delle Nazioni Unite) e per ~spresso richiamo del paragrafo 9 anche le persone :flisiche (e societ) quali, ai sensi della legislazione in vigore in Italia durante la guerra mo considerate (o, . meglio e pi esattamente, trattate ) come neiche. Con riferimento all'ordinamento giuridico italiano , pertanto, levante solo la legislazione italiana, cio occorre che la definizione nemico .derivi da una disposi:zJione di legge, con esclsione di valutaoni scaturenti da espressioni, opinioni politiche o di altro genere. :isi limitato l'ambito di indagine, va osservato che la legislazione itama al riguardo costituita dall'art. 3 e segg. della legge di guerra; d. 8 luglio 1938, n. 1415 (modificato dall'art. 2 della leggei 16 dimbre 1940, n. 1902) i quali definiscono il suddito nemico sulla 1se di vari presupposti. In nessun caso per vi comunque compreso cittadino italiano che abbia solo tale cittadinanza, come appunto ~l caso di specie non discutendosi che Elsa Treves fosse cittadina itama senza mai perdere tale cittadinanza od acqutistarne altra di una ~Ile Nazioni Unite, col che, tra l'altro, si esclude anche ogni efficacia specie al richiamo che, nella materia, a volte si fa in dottrina altrt. 83 del trattato di pace. Ora solo al suddito nemico cosi definito applicano le particolari limitazioni personali e patrimoniali (art. 292 segg. legge cit.), onde non pu ricavarsi la qualit di nemico da i particolare trattamento :viservato alla persona, in assenza dei rela1Ti presupposti, quali sopra si sono ricol'dati in base all'ordinamento udirico vigente. La legislazione successiva non ha derogato a tale prinpio e anche quella dell'illegittimo governo fasciata (a parte ogni queione sulla sua rilevanza giuridica) non ha ampliato le categorie, inclumdovi i cittadini italiani di cosiddetta razza ebraica, i quali, pertanto, mch sottoposti a gravi limitazioni personali e patrimoniali, non hanno ai acquistato la qualificazione giuridica di nem~co n agli effetti ~Ila legislazione interna n del diritto internazionale, o del trattato . pace. Si aggiunga che il trattato di pace regola solo i rapporti tra lo rato italiano e gli altri stati belligeranti (n a diversa conclusione )trebbe giungersi in base alla legge 1 dicembre 1949, n. 908) e non occupa di quelli tra lo Stato italiano ed i suoi cittadini_, onde, obblimdo il trattato solo nei limiti delle sue statuizioni, si avrebbe una :tensione ingiustificata e non dovuta del trattamento di esenzione a ttegorie di cittadini italiani non contemplate espressamente n dal attato stesso, n meno ancora, dalla legge interna. Si obbietta dalla ricorrente che una siffatta interpretazione, for. alistica e restrittiva, renderebbe pleonastico il paragrafo 9 suddetto, 1acch, diventando il trattato di pace la legge dello Stato, la esenone fiscale si sarebbe dovuta applicare senza bisogno di specifica RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione, automaticamente, a tutte le persone che, secondo Ja leg,ge italiana, fossero state considerate nemiche. Pertanto l'espressa previsione di questa categoria porta fondamente a ritenere che il termine nemico debba essere interpretato nel senso da lei propugnato. Cosi ragionando la ricorrente trascura per di considerare che il trattato di pace obbliga lo Stato italiano solo nei limiti delle sue statuizioni, ondese il trattato si fos'se limitato a prevedere l'esenzione per i cittadini delle Nazioni Unite, lo Stato italiano av,rebbe dovuto riconoscere il privilegio solo agli a'ppartenenti ad una delle Nazioni Unite e non invece anche a coloro, che, quantunque non cittadini delle Nazioni Unite, avesse considerati, in base alle ,sue leggi, sudditi nemici. Pertanto la sentenza impugnata, escludendo gli ebrei italiani dalla esenzione tributaria, ha motivato conseguentemente e non contraddittoriamente. Col 'SUO unico motivo il ricorrente Emanuele Treves, denunziando la violazione e la falsa applicazione degli articoli 42, 91, 100 c. p. c. in relazione all'art. 360 n. 2, 3, 5 c. p. c., assume che la sentenza del T:ri I J I I ! I I bunale nn avendo deciso il merito della causa era solo impugnabile col regolamento ,di competenza. Mancava inoltr,e l'interesse :della Amministrazione finanziaria all'impugnazione essendo stata accolta la sua eccezione d'incompetenza. La Corte ,di merito aveva compensate le spese del giudizio, pur essendo stata l'Amministrazione finanziaria totalmente soccombente, onde vi era stata violazione dell'art. 91 c. ;p. c.. Le censure sono infondate. La espressione merito della causa usata nell'art. 42 c. p. c. di ampio contenuto, cosicch per escludere il regolamento necessario di competenza e per farsi luogo all'ammis sibilit dei mezzi ordinari di impugnazione sufficiente che il giudice abbia deciso insieme a quella della competenza, una qualsiasi altra questione, anche preliminare di merito od una questione pregiudiziale di rito diversa da quella sua competenza. Avendo pertanto il Tribu nale deciso insieme con la questione di competenza quella della sussi stenza del diritto azionabile e quella della validit della citazione, contestata dalla convenuta amministrazione, l'appello era ammissi bile. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 12 ottobre 1968, n. 3257 -Pres. Vinci -Est. Miani -P. M. Gedda (conf.). Ministeri delle Finanze e del Tesoro (avv. Stato Giorgio Azzariti) c. Chiappini Luigi ed altri (avv. D'Ottavi). Ingiunzione -Procedimento coattivo per la riscossione delle entrate dello Stato e degli altri Enti pubblici minori previsti dal t. u. 14 PARTE 1, SEZ. 111, GIURISPRUDENZA CIVILE 749 prile 1910, n. 639 -Opposizione giudiziaria del debitore -Giudizio di cognizione -Rinunzia alla ingiunzione -Accettazione dell'op ponente -Necessit -Limiti. (r. d. 14 aprile 1910, n. 639, artt. 2, 3; c. p. c. art. 629). Nell'ambito del procedimento coattivo disciplinato dal t. u. 14 aprile ~10, n. 639, avente i caratteri di un procedimento esecutivo, la oppo, zione all'ingiunzione di pagamento costituisce domanda giudiziale, itroduttiva di un ordinario giudizio di cognizione diretta a far dichia: ire la inesistenza della pretesa a riscuotere deU'Ammin.istrazione, onde i rinunzia da parte di quest'uitima all'ingiunzione stessa, ove non nporti rinunzia aiia pretesa creditoria, richiede, perch possa dich:ia: irsi cessata la materia del COl/1,tendere, l'accettazione dell'opponente (1). (Omissis). -L'opposizione proponibile, a norma dell'art. 3 del u. 14 aprile 1910, n. 639, avverso l'ingiunzione fiscale di cui all'art. 2 ella stessa leg.ge, costituisce domanda giudiziale che introduce un rdinario giudizio di cognizione (in cui attore l'opponente e convenuta l'Amministrazione che ha emesso l'ingiunzione) avente per oggetto azione che tende a far dichiarare illegittima la pretesa dell'Amminilirazione di riscuotere, mediante la speciale procedura coattiva prevista .alle norme surrichiamate, il credito indicato nell'ingiunzione. Perci, e, a tale fine, l'attore -opponente ha chiesto che venga accertata e 1chiarata l'inesistenza del credito stesso, la materia del contendere rappresentata da tale accertamento, ed in tanto la si pu dire cessata ri quanto eventi sopravvenuti abbiano fatto venir meno la necessit (1) La sentenza che si annota conforme ai principi ormai consolidati n materia. Sulla natura dell'ingiunzione di pagamento disciplinata dal t. u. 14 1prile 1910, n. 639, quale atto amministrativo promanante dal potere di 1utoaccertamento della P. A., e sulla natura dell'opposizione giudiziaria :on cui, instaurandosi un ordinario giudizio di cognizione, si impugna 'esistenza o l'ammontare del credito della P. A. ovvero la procedura :eguita, con la conseguente posizione processuale delle parti, che risulta 1er tal modo invertita rispetto all'ordinario processo monitorio, che da tuello nettamente si differenzia, l giurisprudenza ormai pacifica. Per i vari profili cfr. Relazione Avvocatura Stato, 1961-65, vol. II, 762 ~ segg.; Cass., 6 giugno 1964, n. 1397, in .questa Rassegna, 1964, I, 777; 12 ~iugno 1965, n. 2356, in questa Rassegna, 1965, I, 1196; 10 gennaio 1966, i. 178, in questa Rassegna, 1966, I, 458, con note di riferimento e richiami. Circa la rinunzia agli atti del giudizio, negozio dispositivo del processo td opera dell'attore, che prescindendo da ogni valutazione sul fondamento Lella domanda, non spiega influenza alcuna in ordine alla potest di agire, a quale potr, quindi, ulteriormente venire esercitata ove non vi ostino mpedimenti di diversa natura, cfr. Cass., 27 maggio 1955, n. 207, in cui RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di una pronunzia giudiziale sull'esistenza del credito. Una stifatta situazione. si sarebbe senza dubbio verificata nella fattispecie se l'Amministrazione, riconoscendo la fondatezza della tesi dell'opponente, avesse senz'altro rinunziato alla pretesa creditoria per il cui soddisfacimento aveva emesso l'ingiunzione. Ma ci non era in concreto, avvenuto, perch nel dichiarare di rinunziare all'ingiunzione stessa (il che implicava soltanto la rinunzia ad avvalersi attualmente di tale atto per procedere alla riscossione coattiva), i Ministeri interessati avevano contemporaneamente fatto espressa riserva di emettere, quando fosse stato liquidato il contributo, una nuova ingiunzione, riaffermando cosi quella pretesa creditoria per l'accertamento della cui illegittimit, in quanto lesiva di un suo diritto soggettivo, il Chiappini aveva instaurato il giudizio di opposizione. L'anzidetta rinunzia non eliminava, pertanto, la controversia dedotta in giudizio dall'opponente stesso, n faceva venir meno il suo interesse ad ottenere una pronunzia giudiziale che la risolvesse. Esattamente, perci, la sentenza impugnata ha negato che, per effetto della rinunzia in parola, fosse cessata la materia del contendere. N vale obiettare che, avendo il procedimento coattivo previsto dal t. u. 14 aprile 1910, n. 639 i caratteri di un procedimento esecutivo, rispetto al quale !'in.giunzione fiscale tiene luogo del titolo esecutivo e del precetto, si dovrebbe, analogamente a quanto stabilito dall'art. 629 c. p. c. per il caso di rinunzia al pignoramento e a quanto ritenuto dalla giurisprudenza (Cass. 14 agosto 1947, n. 1532) per la rinunzia al precetto, escludere il diritto del debitore di insistere nel giudizio di opposi sottolinea altres la necessit, per la estinzione del processo, dell'accettazione delle parti costituite, che potrebbero avere invece interesse alla pro secuzione del giudizio. Sul contenuto di un tale interesse, cfr. Cass., 12 maggio 1956, n. 1548, per la quale un mero interesse alle spese non giustifica tale prosecuzione; Cass. 27 aprile 1963, n. 1033 per cui l'interesse alla prosecuzione sussiste qualora il convenuto abbia richiesto una pronunzia di merito o proposto domanda riconvenzionale. Non richiede invece accettazione la rinunzia alla pretesa di diritto sostanziale in quanto, avendo efficacia analoga ad una pronunzia di rigetto della domanda, vien meno per ci stesso ogni interesse delle altre parti alla prosecuzione del processo, cfr. Cass. 5 maggio 1962, n. 890, in cui si sottolinea altres che l'identificazione dell'oggetto della rinunzia costituisce un apprezzamento di fatto, sottratto al sindacato di legittimit. Per quel che attiene alla rinunzia al pignoramento ex art. 629 c. p. c. ed al precetto e sulla necessit dell'accettazione del convenuto avente interesse alla prosecuzione del processo, cfr. Cass., 14 agosto 1947, n. 1532; 25 marzo 1949, n. 683, in Foro it., 1950, I, 795; 9 marzo 1951, n. 584. In dottrina, cfr. ANDRIOLI, Commento c. p. c., 1957, voi. III, 389 ed autori ivi indicati. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 751 done, essendo con le anzidette rinunzie venuto a cessare tutto il udizio esecutivo. Tali principi valgono infatti per il caso in cui la riunzia al precetto, o al pignoramento, o in genere agli atti del prosso esecutivo, sia stata accettata dalle parti costituite che potrebbero 'er interesse alla prosecuzione (e, infatti, l'invocata sentenza n. 1532 ~1 1947 si riferisce alla rinunzia al precetto chiesta e ottenuta) e necessit dell'accettazione del1a rinunzia al pignoramento stata badita con la sent. n. 584 del 1951 di questa Suprema Corte, mentre ~1 caso in esame si trattava di una rinunzia unilaterale, non accettata Lll'opponente, il quale aveva interesse ad ottenere una pronunzia merito. ...:_ (Omissis). JRTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 ottobre 1968, n. 3414 -Pres. Favara -Est. Berarducci -P. M. Trotta (conf.). -Edda e Brunella Menzani (avv. Dallari) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Gargiulo). l>bligazioni e contratti -Persona giuridica -Partito fascista -Acquisto di immobili -Autorizzazione del segretario del partito -Sufficienza, (legge 5 giugno 1850, n. 1037; legge 30 dicembre 1937, n. 2484). >rte Costituzionale -Leggi abrogate -Questione di costituzionalit Proponibilit -Pronunzia di illegittimit costituzionale -Efficacia retroattiva -Limiti. (Cost., artt. 134 e 136; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 30). tto amministrativo -Nllit -Presupposti -Annullamento -Divieto per il giudice ordinario. (legge 20 marzo 1965, n. 2248, all. E, art. 4). La legge 13 dicembre 1937 n. 2484, ispirata al concetto di una esunta coincidenza dei fini dello Stato con quella del partito fascista, >be svincolare quest'ultimo da ogni ingeremza e controUo statale, e ~rtanto gli acquisti di immobili operati dal predetto partito si sotaevano alla normativa di cui alla legge 5 giugno 1850, n. 1037 richiemdosi come condizioni di efficacia dei relativi negozi la sola autoc: zazione del segretario del partito o di quello amministrativo dal imo delegato (1). (1) In senso conforme Cass., 21 febbraio 1966, n. 532; cfr. altres Relaone Avvocatura dello Stato, 1951-55, vol. II, 669 e giurisprudenza ivi riLiamata. 752 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La pronunzia di inegittimit costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge, che pu concernere anche una legge abrogata. purch permangano situazioni giuridiche che la giustificano, operando retroattivamente sui rapporti non ancora esauriti, lascia inalterati quegli atti che, emanati in base alla legge costituzionalmente illegittima, abbiano esaurito ogni loro effetto (2). L'istituto della nullit, elaborato per i negozi di diritto privato, si applica solo limitatamente agli atti amministrativi per i quali, tranne il caso di inesistenza o di mancanza di oggetto o della forma richiesta ad substantam, vige il pr.incipio della illegittimit che ne determina l'annullabilit. Non pu quindi il giudice ordinario, per il divieto sancito nell'art. 4: della legge 1865 n. 224:8 aboiitiva del contenzioso amministrativo, neppure indirettamente procederne all'annullamento, attraverso una pronunzia diretta a neutralizzarne le situazioni e gli effetti giuridici e che l'atto impugnato era direttamente ed immediatamente destinato a produrre (3). (Omissis). -Con il primo motivo, denunciandosi violazione e falsa applicazione dell'art. 15 preleggi e dei principi generali in materia di nullit ed inefficacia dei contratti per trasgressioni di norme imperative, si sostiene che la legge 13 dicembre 1937, n. 2484, la quale richiedeva l'autorizzazione del segretario del partito fascista -o del segretario amministrativo quando ne fosse stato delegato -per gli acquisti di beni immobili da parte dei fasci di combattimento, non avrebbe (2) Sulla prima parte della massima, cfr. Cassazione, ordinanza n. 123 del 12 aprile 1966, Mass. F. I.; cfr. altresi Corte Costituzionale 17 aprile 1968, n. 24, in questa Rassegna, 1968, I, 176. In dottrina, cfr. ESPOSITO, Controllo di costituzionalit di leggi abrogate, Giur. Cost., 1959, 25; Relazione Avvocatura dello Stato, voi. I, 53 e giurisprudenza ivi richiamata. Sulla seconda parte della massima, cfr. Cass., 30 dicembre 1965, n. 2425. In dottrina, cfr. PIERANDREI, Enciclopedia del diritto, voce Corte Cost., 973, n. 49, con ampio richiamo di dottrina e giurisprudenza; Relazione cit., 1961-65, vol. I, 78. (3) Sull'ambito di applicazione dell'istituto della nullit agli atti ammintstrativi e sul concetto stesso di annullabilit riferito a tali atti, che la pi recente dottrina ritiene di dover ,svincolare dagli schemi privatistici, cfr. BENVENUTI F., Inefficienza e caducazione degli atti amministrativi, in Giur. cass. civ., 1950, 914; DE GENNARO G., A proposito di nuHit ed annullabilit dell'atto amministrativo, Giur. cass. civ., 1952, II, 139; GIANNINI M. S., Atto amministrativo, Enciclopedia del diritto, p. 183. Cfr. altres Cons. Stato, Sez. V, 23 settembre 1961, n. 478; Ad. gen., 7 aprile 1960, n. 171. Sulla seconda parte della massima, per la quale non sussistano dissensi di fondo, cfr. Cass., 2 febbraio 1963, n. 179; 30 maggio 1966, n. 1417. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 753 >rogato, come erroneamente ritenuto dalla corte di merito, la legge giugno 1850, n. 1037. La legge n. 2484 del 1937 -si afferma -si fferenziava per finalit, oggetto e stI"Uttura, dalla legge n. 1037, del 150, giacch, mentre questa ha lo scopo di impedire la concentrazione immobilizzi e, quindi, di limitare il patrimonio immobiliare delle ~rsone giuridiche, onde essa riiguarda gli acquisti a titolo gratuito mch le eredit ed i legati, quella, invece, aveva lo ,scopo di tutere l'integrit patrimoniale delle organizzazioni fasciste, mediante un mtrollo preventivo, affidato al segretario del partito fascista, sugli atti :cedenti l'ordinaria amministrazione, comprese le alienazioni e le crizioni ipotecarie. Ne consegue -si conclude -che la corte di ,erito avrebbe dovuto applicare la sanzione di nullit connessa alla .olazione delle norme imperative contenute nella legge n. 1037 ~I 1950. Il motivo non fondato. Invero, come affermato altre volte da questo supremo collegio :fr., tra le altre, sent. n. 532 del 1966) la ratio della legge n. 2484 ~I 1937 fu quella di creare, in materia di acquisti di beni immobili da 1rte del partito nazionale fascista, un regolamento speciale per detto lrtito, svincolandolo da qualsiasi ,controllo da parte dello Stato e mcedendogli una completa ed assoluta autonomia, che trovava spie1zione sia nella ideologia sia nel sistema in quel tempo imperanti, mdati su una presunta coincidenza tra i fini dello Stato e quelli del 1rtito fascista. Ci, in considerazione dell'intento specifico cui reordinata l'autorizzazione all'acquisto di beni immobili da parte l persone giuridiche, richiesta dalla legge n. 1037 del 1850, e in msiderazione altresl dell'assetto economico del partito fascista, implica, m la esclusione di qualsiasi interferenza dello Stato negli acquisti di mi immobili da parte di detto partito, la inapplicabilit della citata igge del 1850; con la conseguenza che, per l'efficacia di tali acquisti, :a condizione sufficiente l'autorizzazione del segretario del partito tscista, o del segretario amministrativo dello stesso partito, quando :i.I primo ne fosse stato delegato. Con il secondo motivo, denunciandosi violazlone dell'art. 97 della ostituzione dello Stato, si sostiene che la corte di appello avrebbe ~ribuito alla legge n. 2484 del 1937 una funzione di sostituzione i quella del 1850 riguardo al potere di dispensa dal divieto di manotorta, con l'assicurazione di una posizione di privilegio alle organizza. oni fasciste, e si aggiunge che, con siffatto contenuto, la legge del }37 sarebbe in manifesto contrasto con l'inderogabile principio della nparzialit a cui l'art. 97 della Costituzione ha assoggettato l'orgaizzazione di tutti i pubblici uffici. Il motivo non merita accoglimento. 754 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO indubbiamente esatto che la questione di illegittimit costituzionale pu essere proposta anche rispetto ad una legge anteriore alla Costituzione e sinanche ad una legge non potendosi escludere che, nonostante la dichiarazione di abrogazione di una norma, permangono, nel campo giuridico, situazioni tali, la cui rilevanza, sul piano costituzionale, giustifichi la proponibilit della questione d illegittimit (cfr. sent. cass. 12 aprile 1966, n. 123). Ma, nel caso di specie, prima ancora di esaminare se la questione .proposta dalle ricorrenti sia, o non manifestamente infondata, si impone l'osservazione che tale questione priva di qualsiasi rilevanza ai fini della decisione della lite. Detta questione proposta, invero, in via incidentale, allo scopo di ottenere la dichiarazione di nullit dell'autorizzazione amministrativa a stipula:r:e il contratto in questione e, conseguentemente, la dichiarazione di nullit di detto contratto per mancanza dell'autorizzazione di cui alla legge n. 1037 del 1850. Senonch da rilevare che la dichiarazione di illegittimit costi tuzionale ha per oggetto la norma di leg.ge ritenuta illegittima e pro duce, quindi, la caducazione di tale norma, ma non ha od oggetto gli atti amministrativi che su di essa si fondano, i quali, pertanto, non essendo influenzati dalla caducazione deJ.la norma in base alla quale sono stati emanati, devono considerarsi esistenti, e, quindi, pienamente efficaci sino a quando non siano rimossi con i mezzi a ci idonei (cfr. Cass. 30 dicembre 1965, n. 2485). Devesi, peraltro, aggiungere che nell'art. 136 della Costituzione stato accolto il principio secondo cui la .pronuncia di illegittimit costituzionale di una norma di legge ha efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione, per cui, sebbene operi retroattivamente nel senso che spiega i suoi effetti sui rapporti che non siano . ancora esauriti, lascia pur sempre inalterati quegli atti che, emanati in base alla legge costituzionalmente illegittima, abbiano ormai esau rito ogni loro effetto. NeJ. caso di specie, pertanto, pur.nella ipotesi che fosse pronunciata la illegittimit costituzionale della legge n. 2484 del 1937, tale pronuncia non inciderebbe sulla validit dell'atto amministrativo, la cui nullit, secondo le ricorrenti, importerebbe la nullit del contratto di compravendita in questione. E di qui l'irrilevanza della proposta questione di illegittimit costituzionale. -(Omissis). (Omissis). - la tesi principale delle ricorrenti impostata su una assoluta assimilazione degli atti amministrativi ai negozi giuridici di diritto privato, mentre noto che i principi racchiusi nelle formule di diritto pubblico non sempre concordano con quelli del diritto prjvato. L'istituto della nullit, che quello che interessa nel caso particolare, si atteggia, invero, in modo parzialmente diverso nel campo del PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 755 ritto pubblico, in quanto ad esso si riconducono unicamente i pochi ,si di inesistenza dell'atto amministrativo, inesistenza che, ad esempio, ha allorquando, pure avendosi una manifestazione di volont o di fgnizione, questa non sia riferibile alla pubblica amministrazione, o iando manchi l'oggetto, o manchi la forma scritta prescritta ad ~bstantiain dalla legge, mentre, invece, non sono riconducibili all'isti :to della nullit, bensi a quello della illegittimit degli atti ammi strativi, i casi in cui l'atto ,giuridicamente esista, ma sia incapace di fetti giuridici normali, pereh non conforme alla legge, in quanto nesso da organo della pubblica amministrazione diverso da quello unito del potere di compiere l'atto :in relazione alle norme sull'atibuzione e sul reparto dei .compiti amministrativi (incompetenza fativa), o. emesso fuori dei casi e per fini diversi da quelli consentiti tlla legge (eccesso o sviamento di potere), o emesso in violazione llle norme relative alla forma -che non sia quella scritta richiesta i substantiam -e al procedimento costitutivo dell'atto o al suo fntenuto (violazione di legge). Alla luce di tali principi , pertanto, evidente che i vizi dalle correnti attribuiti all'atto amministrativo in questione (per essere ata l'autorizzazione di cui alla legge n. 2484 del 1937 rilasciata, su ilega del segretario del partito fascista, del capo dei servizi ammistrativi di detto partito, come richiesto da detta legge, e per essere ata la delega di che sopra rilasciata nella forma privatistica di una ~ocura notarile) non possono essere considerati causa di nullit, ma, ' mai, di illegittimit (per incompetenza e violazione di legge) e, iindi, di annullabilit dell'atto. Il che, pur ammesso, per ipotesi, te sussistono i vizi denunciati e, quindi, l'illegittimit dell'atto aministrativo in questione (ma da rilevare che, quanto all'organo te poteva essere delegato dal segretario del partito fascista a concelre l'autorizzazione stato sostanzialmente accertato, nel giudizio . merito, che, al tempo che interessa la lite, le funzioni del segretario nm:inistrativo, in mancanza di questo, venivano esercitate di fatto di diritto dal capo dei servizi amministrativi del partito, cio dal onte:fusco, e che, quanto alle modalit con cui la delega doveva essere mferita, la legge n. 2484 del 1937 non prescriveva alcuna determinata 'rma) implica, ,come riconosciuto dalla corte del merito, l'impossibilit ll giudice ordinario di procedere alla disappUcazione di detto atto. L'autorit giudiziaria ordinaria ha, invero, il potere di decidere illa legittimit degli atti posti in essere dalla ,pubblica amministraone per .accertare se il diritto del privato esiste e sia stato leso, con le mseguenti pronunzie di carattere patrimoniale ove detti atti siano conosciuti illegittimi, ma non pu, per il divieto sancito dall'art. 4 >gge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, annullare o revocare, sia pure cdirettamente, l'atto amministrativo. E ricoirre, indubbiamente, l'ipo ~ 756 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tesi dell'annullamen~o indiretto dell'atto amministrativo, anzich quella della semplice disapplica zione, ed , quindi, operante l'anzidetto divieto, ogni qualvolta si domandi al giudice una statuizione la cui portata -come nel caso che ne occupa -sia tale da neutralizzare le situazioni e ,gli effetti giuridici che l'atto impugnatO\ era direttamente ed immediatamente destinato a produrre (cfr. Cass. 2 febbraio 1963, n. 179). -(Omissis). PRETURA DI ROMA, Sez. Lavoro, 31 maggio 1968, n. 572 -Pret. Vucich -Giardini Alberto (avv. Bottino) c. Universit degli Studi di Roma (avv. Stato C~occhi). Competenza e giurisdizione -Universit -Ente pubblico non economico -Rapporto di impiego -Controversie -Giurisdizione del giudice amministrativo. Enti pubblici -Legge 15 luglio 1966, n. 604 sulla giusta causa nei licenziamenti individuali -Inapplicabilit. Competenza e giurisdizione -Enti pubblici -Legge 15 luglio 1966, n. 604 sulla giusta causa nei licenziamenti individuali -Controversie Competenza del Pretore -Non sussiste. Le Universitd statali sono enti pubbUci non ecoinomici e pertanto le controversie relative ai rapporti di lavoro o di impiego dei loro dipendenti appartengono alla giurisdizione del giudice amministrativo (1). La l~gge 15 luglio 1966 n. 604 sulla giusta causa nei licenziamenti individuali si applica so.io ai rapporti di lavoro delLe aziende private e degli enti pubblici economici (2). La noma dell'art 6 della legge n. 604 del 1966 opera all'interno della giurisdizione ordinaria, attribuendo, anche in deroga all'art. 434 c. p. c., le controversie sull'applicazione della legge stessa alla competenza del Pretore; essa non riguarda invece le controversie che esulano dalla giurisdizione ordinaria, come quelle relative ai rapporti di impiego dei dipendenti da enti pubblici non economici (3). (Omissis). -In via preliminare, si osserva che la eccezione di difetto .di giurisdizione del giudice adito, sollevata dalla convenuta, (1-3) Disciplina dei licenziamenti individuali e rapporti di impiego 'dei dipendenti da enti pubblici. 1. -La legge 15 luglio 1966, n. 604 sulla giusta causa nei licenziamenti individuali, mutuandolo dalla disciplina dettata dagli accordi interconfederali sui licenziamenti individuali nell'industria -dei quali quello del 18 ottobre 1950 era stato recepito nella legge delegata 14 luglio 1960, n. 1011 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE >pare fondata e, pertanto, va attesa. Invero, non vi pu essere dubbio cuno (Dottrina e Giurisprudenza sono concordi) sulla natura di ente ibblico non economico delle Universit degli Studi in generale, e . quella convenuta in particolare, trattandosi di istituzioni tendenti conseguire finalit di istruzione superiore e di preparazione culturale professionale dei cittadini al di fuori e al di sopra di qualsiasi scopo l lucro. Ci tanto vero che le Universit non sono n sono mai ate inquadrate nelle associazioni sindacali esistenti fre le imprese, 7ivate e pubbliche, n operano in campo economico e in regime di mcorrenza. l'ultimo del 29 aprile 1965 costituiva la sostanza del disegno di legge ~esentato dal governo il 15 giugno 1965 -introduce e generalizza, sia ire a limitati effetti, il principio del controllo del potere di licenziamento. L tal modo segna un ulteriore passo in avanti l'auspicata evoluzione in 'nso unitario della disciplina dei rapporti di lavoro, privati o ad essi iuiparati e pubblici. Com' noto, infatti, in relazione ai rapporti privati di lavoro, la con~ zione tradizionale, ancor oggi dominante nella giurisprudenza e in larga u-te della dottrina, restia ad ammettere un controllo dei poteri del datore l lavoro, ad essa intesi come attribuiti a tutela di un interesse esclusivacente proprio del titolare. Solo in tempi pi recenti, con diverse accentuaoni e sfumature, ha cominciato a farsi strada la concezione di tali poteri ime attribuiti a tutela di un interesse che non , o almeno non esclusi: tmente, del titolare del potere, ma di una comunit organizzata della 11ale il titolare del potere partecipe, e di conseguenza ad ipotizzarsi la >ssibilit di un controllo sulla rispondenza dell'esercizio del potere alla mzione alla quale preordinato. Viceversa, nei rapporti di pubblico impiego, come in genere in tutti i ~pporti di diritto pubblico, in considerazione degli interessi che essi sono :ilti a soddisfare .e per la cui realizzazione i correlativi poteri sono preordi: iti, il sindacato dell'esercizio del potere per accertarne la rispondenza al ne , sin da tempi ormai remoti, del tutto norma.le ed assicurato dal mtrollo, incisivo e penetrante, esercitato, anche sotto il profilo dell'eccesso l potere, dagli organi di giustizia amministrativa. Nel sistema realizzato dalla legge n. 604 del 1966 il controllo del potere el datore di lavoro, come si gi accennato, per ancora limitato al solo otere di licenziamento -mentre nei rapporti di impiego pubblio investe esercizio di tutti i poteri inerenti allo svolgimento del rapporto -e non 1cide sulla validit dell'atto. La legge infatti, per l'ipotesi che risulti accertato che non ricorrono Li estremi del licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo revede a carico del datore di lavoro alternativamente l'obbUgazione di .assumere il lavoratore o di risarcirgli il danno versando .una indennit a un minimo di cinque ad un massimo di dodici mensilit. Invece, nei rapporti di impiego pubblico, il controllo non investe la tera liceit dell'atto di esercizio del potere ma la legittimit e incide sulla alidit dell'atto, potendo giungere all'annullamento, totale o parziale, delatto stesso. 758 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ne consegue che, ai sensi dell'art. 429, n. 3 c.p.c., le controversie relative ai rapporti di lavoro o di impiego tra l'Universit e i suoi dipendenti non sono di competenza del giudice ordinario, bensi di quello anrmnistrativo. Questa norma, che trae la sua ragione e la sua opinione dal fondamentale principio della divisione dei poteri, non stata modificata dalla legge 15 luglio 1966, n. 604, la quale per la sua stessa formulazione (cfr. art. 2: L'imprenditoire deve ; art. 7: Le parti possono farsi assisteire dalle associazioni sindacali a cui sono iscritte ; art. 12: Sono fatte salve le disposizioni di contratti collettivi e acco,rdi sindacali ; inoltire l'art. 10 fa riferimento esplicito Come agevole constatare la disciplina privatistica , almeno in que,sta materia, ancora lungi dall'assicurare al lavoratore le garanzie della disciplina pubblicistica, sebbene sia fuori di ogni possibile contestazione la carica innovativa e la portata indubbiamente positiva della legge sulla giusta causa nei licenziamenti individuali. S'intende perci come debba senz'altro giudicarsi positivamente la sentenza che ha offerto lo spunto a queste considerazioni e che ha negato l'applicabilit della legge n. 604 del 1966 ai rapporti di impiego dei dipendenti da enti pubblici non economici. Non sfugge a chi ha sensibilit di questi problemi come dall'applicazione della suddetta legge i dipendenti da enti pubblici non economici avrebbero tratto svantaggio e avrebbe fu-atto svantaggio la stessa tutela dell'interesse pubblico. 2. -Va dato atto al Pretore di aver saputo sceverare la disciplina sottoposta al suo esame e di averne saputo cogliere l'essenza. Invero, ad una prima e superficiale lettura della legge, potrebbe sembrare che nessun problema possa porsi in ordine all'applicabilit della legge ai rapporti di lavoro con enti pubblici economici e non. L'art. 1 della legge fa infatti riferimento ai rapporti di lavoro a tempo indeterminato intercedenti con datori di lavoro privati o con enti pubblici, .senza porre rigururdo a questi ultimi alcuna specificazione. Ci, per, non pu essere senz'altro assunto come indicativo dell'appli cabilit della legge ai rapporti di lavoro degli enti pubblici, indipendente mente dal carattere economico degli stessi. Vi osta i nnanzitutto la genericit del riferimento, la quale con traddice la possibilit di dare allo stesso una significazione senza riscontro nel sistema, che tutto improntato dalla dicotomia, nell'ambito dei rap porti di lavoro dei dipendenti da enti pubblici, tra rapporti equiparabili (ed equiparati), in ragione dell'attivit (economica) dell'ente pubblico, a quelli con gli imprenditori privati che svolgono la stessa attivit, parimenti suscettibili di regolamentazione collettiva e attribuiti alla stessa giurisdizione del giudice ordinario, e rapporti non equiparabili, in ragione dell'attivit (non economica) dell'ente pubblico, a quelli con i privati, i quali rapporti, ancorch non abbiano una speciale disciplina e sl.ano soggetti alle norme sull'impiego privato (art. 2129 c. c.), peraltro con gli adattamenti derivanti dalla natura pubblica dell'ente, rimangono attribuiti alla giurisdizione esclusiva degli organi di giustizia amministrativa. Invece, il contemporaneo riferimento ai rapporti di lavoro con datori di lavoro pri PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 759 l'art. 2095 e.e. il quale non si applica ai dipendenti da enti pubblici, .usto il disposto dell'art. 2129 dello stesso codice; l'art. 11, poi, mal adatta a enti pubblici non economici; ecc.) dimostra di rivolgersi :elusivamente alle imprese private e a quelle pubbliche inquadrate ~Ile associazioni sindacali (cio enti pubblici economici). La tesi contraria dell'attore, secondo cui l'art. 6 della legge n. 604 i derogato al principio sopra ricordato, devolvendo ogni controversia ~lativa ai licenziamenti individuali alla competenza del Pretore, non 1 essere accolta, la disposizione contenuta nell'art. 6, infatti, si rifesce alla competenza intesa in senso stretto, non alla giurisdizione; iti e con enti pubblici significativo del rispetto del sistema e indicativo ~Ila eadem ratio che presiede all'unicit di disciplina e che dsiede apmto nella assenza di qualsiasi motivo di differenziazione nella regola. entazione de irapporti di lvaoro dei datori di lvaoro privati e degli enti 1bblici economici, i quali svolgono la stessa attivit economica. Di ci ~l resto conferma nella stessa derivazione della legge dagli accordi intermfederali sui licenziamenti, applicabili ai rapporti di lavoro privati e a 1elli con gli enti pubblici economici. Nello stesso art. 1 della legge in esame vi poi un altro indice della >tio legis, nei sensi accennati, il quale costituito dall'esclusione dei rap> rti ove la stabilit sia assicurata da norme di legge, di regolamento e contratto collettivo o individuale, cio dei rapporti in relazione ai quali potere di recesso dell'imprenditore, essendo condizionato, suscettibile . controllo anche in sede giurisdizionale. Ci sta a significare che la ratio illa legge stata appunto quella di consentire un controllo, sia rpure ai rnitati effetti di cui all'art. 8, del potere di recesso dell'imprenditore, lad> ve un siffatto controllo non fosse gi possibile. La necessit di introdurre i tale controllo non sussisteva (e non sussiste) invece in ordine ai rapporti lavoro dei dipendenti da enti pubblici non economici. Questi rapporti, .fatti, ancorch privi della stabilit, in quanto attribuiti alla giursdizione 1clusiva del Consiglio di Stato, per il sindacato in tale sede esercitabile ii provvedimenti ad essi inerenti sotto il profilo non solo dell'incompenza e della violazione di legge ma altresi dell'eccesso. di potere, gi avemo come tuttora hanno una tutela maggiore e pi penetrante di quella ~cordata agli altri rapporti di lavoro anche secondo le norme della legge . esame: tutela che pu condurre all'annullamento dei provvedimenti, .entre ci interdetto all'a. g. o. secondo il fondamentale principio espresso ill'art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248. 3. -Soccorrono poi nel senso qui sostenuto anche le altre norme della essa legge richiamate dal Pretore. Cosi quell adell'art. 2 che onnicomprenvamente qualifica come imprenditori i datori di lavoro privati e gli enti lbblici distintamente indicati nell'art. 1. Cosi le disposizioni che prevedono ocedure conciliative e interventi delle associazioni sindacali. Cosi la norma ~ll'art. 10, la quale stabilisce che le norme della presente leg;ge si applimo nei confronti dei prestatori di lavoro che rivestano la qualifica di ipiegato e di operaio, ai sensi dell'art. 2095 del Codice civile... . Tale sposizione costituisce una ulteriore conferma dell'inapplicabili! della gge ai dipendenti da enti pubblici non economici. Infatti ai suddetti di 760 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO essa p.ertanto opera all'interno della giurisdizione ordinaria, disponendo, in deroga all'art. 434 c.p.c., che tutte le controversie, appartenenti alla cognizione del giudice ordinario, siano assegnate alla competenza del pretore, ma non riguarda, evidentemente, le controversie che, come la presente, esulano dalla cognizione dell'autorit 1giudiziaria ordinaria (art. 429 n. 3 c.p.c.). Tutto ci premesso, essendo precluso ogni esame ulteriore in ordine alla domanda va senz'altro dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice adito relativamente alla controversia in oggetto. -(Omissis). pendent sono bens applicabili, in forza del disposto dell'art. 2129 c. c., e salvo che il rapporto sia diversamente regolato dalla legge, le norme che regolano i rapporti di lavoro privati, ma limitatamente a quelle contenute nella sezione III del capo I Titolo II del Libro V del Lavoro (artt. 2096-2129); mentre la norma dell'art. 2095, collocata nella Sezione II, applicabile, in virt del disposto dell'art. 2093,,solo ai rapporti di lavoro degli enti pubblici inquadrati nelle associazioni professionali (cio degli enti pubblici economiei) e degli enti pubblici non inquadrati (cio degli enti pubblici non economici) limitatamente alle imprese da essi esercitate. Cos ancora la norma dell'art. 12 che fa salve le disposiziol}.i dei contratti collettivi e accordi sindacali che contengano, per la materia disciplinata dalla legge, condizioni pi favorevoll ai prestatori di lavoro. Cos, la norma dell'art. 6, la quale stabilisce che a conoscere delle controversie derivanti dalla presente legge competente il pretore . Tale norma, come esattamente ha ritenuto il Pretore chiaramente una norma sulla competenza. Essa infatti fissa un mero criterio di coi;npetenza, in deroga a quello dettato dall'art. 434 c. p. c., cio detta una regola sulla ripartizione o distribuzione dell'esercizio della giurisdizione tra i diversi organi dell'autorit giudiziaria ordinaria. qundi una norma che pu trovare applicazione limitatamente alle controversie in ordine alle quali sussiste -in base ad altre norme -la giurisdizione del giudice ordinario, della quale, ripetesi, fissa un criterio di distribuzione. In materia di controversie individuali di lavoro sono, com' noto, attribuite alla giurisdizione dell'a. g. o. soltanto le controverse relative ai rapporti di lavoro considerati nell'art. 429 c. p. c. e cio quelle relative ai rapporti privati di lavoro o ai rapporti dei dipendenti da enti pubblici, mentre le controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti da enti pubblici non economici appartengono alla giurisdizione esclusiva degli organi della giurisdizione amministrativa. Perci rispetto a tali ultime controversie non potrebbe trovare applicazione la regola di competenza enunciata dall'art. 6 della legge n. 604 del 1966. Ci che costituisce un ulteriore indice dell'inapplicabilit della legge ai rapporti di impiego dei dipendenti da enti pubblici economici. 4. -La sentenza del Pretore merita quindi per questa parte incondizionata adesione. Sembra invece che un appunto le si possa fare per aver dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, anzich l'improponibilit della domanda per la rilevata inapplicabilit della legge. Ma si tratta di un appunto marginale che nulla toglie alla sostanza della decisione, la quale anche formalmente pregevole per l'incisiva chiarezza e la lucida sobriet della motivazione. ANTONIO FRENI I SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA ONSIGLIO DI STATO, Ad. plen. 25 settembre 1968, n. 24 -Pres. Bozzi -Est. Daniele -Palatiello (avv. Sivieri) c. Commissione vigilanza edilizia popolare ed economica (Coop. ed. Cisanni ed altri (n. c.) e Cattalinich (avv. Lorenzoni). iustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Termini processuali -Sospensione durante il periodo feriale. La sospensione del corso dei termini processuali scadenti tra il 'agosto ed il 15 settembre, ai sensi dell'art. 1 l. 14 luglio 1965, n. 818, on riguarda tutti i termini processuali che siano comunque in corso E?l periodo anzidetto, ma concerne esclusivamente i termini che scaono nel periodo stesso (1). (1) In tal modo l'Adunanza plenaria, sanando il contrasto esistente, in mo al Consiglio di Stato, sulla interpretazione del cit. art. 1 della legge 818, si uniformata alla giurisprudenza della Cassazione (5 gennaio 1967, 31 e 2 maggio 1967, n. 813); v. anche, sulla efficacia retroattiva del cit. :t. 1 art. 1, Cass., 7 gennaio 1967, n. 74, in questa Rassegna, 1967, I, 253, con )ta, e, sui limiti di applicabilit agli atti processuali della citata norma, cfr. ez. IV, 31 maggio 1967, n. 202, ivi 1967, I, 625. ONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 25 settembre 1968, n. 503 -Pres. Papaldo -Est. Laschena -Compagnia industrie saccarifere S. Eufemia Lamezia (avv. Selvaggi) .c. Ministeri agricoltura e foreste, industria, commercio e artigianato e finanze (avv. dello Stato Giorgio Azzariti), S.p.a. Zuccherifici meridionali (avv. Fresa e Ferrari), Soc. Zuccherificio di Avezzano ed altri (n. c.) con intervento della Soc. romana zucchero (avv. Sorrentino); S.p.a. Zuccherificio Castiglionese (avv. Putzolu) c. Ministero finanze (avv. dello Stato Giorgio Azzariti), S.p.a. Zuccherifici meridionali (avv. Fresa e Ferrari), Soc. Zuccherificio di Avezzano ed altri (n. c.) con intervento della Soc. Romana zucchero (avv. Sorrentino) e Compagnia industrie saccal"fere S. Eufemia Lamezia (avv. Selvaggi). ~iustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Principio di prova -Mancanza -Motivi generici -Inammissibilit. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Industria e commercio -Industrie saccarifere -Prodotto collocabile sul mercato interno della C.E.E. -Ripartizione fra le singole imprese -Sistema instaurato dalla legge 6 agosto 1967, n. 655 -Interpretazione con circolare ministeriale -Legittimit. Sebbene anche nel processo amministrativo viga la regola generale che pone l'onere della prova a carico della parte che fa l'affermazione dalla quale pretende di trarre giovamento, tuttavia l'adozione del metodo acquisitivo nell'istruttoria consente che l'onere stesso possa ritenersi adempiuto quando sia stato foirnito almeno un principio di prova, essendo affidato al giudice il compito di integrare e supplire l'attivit istruttoria delle parti; pertanto, deve ritenersi inammissibile il motivo di ricorso che risulti affatto generico, sfornito, cio, del bench minimo principio di prova (1). Nel sistema instaurato con la l. 6 agosto 1967, n. 655, la ripartizione tra le singole imprese produttrici di zucchero della quantit del prodotto collocabile sul mercato interno della e.E.E. a partire dal 1 luglio 1967 'Jll.On attribuisce il diritto di vendere immeiatamente lo zucchero prodotto, ma sofo il diritto di produrre un determinato quantitativo a prezzo garantito, sul quale vengono stabilite le scorte d'obbligo da ripo'l"tare alla campagna successiva ai sensi dell'art. 2 l. cit.; pertanto, legittima la circolare ministeriale che, in applicaZ1ioine dei criteri fissati dalla l. cit., reca un elenco delle imprese saccarifere e l'indicazioine dei quantitativi di zucchero che possono essere estratti dai rispettivi magazzini fiduciari nel periodo 1 luglio 1967-30 giugno 1968, quantitativi determinati sottraendo dal cointingente complessivo assegnato a ciascuna impresa quello costituente le scorte di obbligo da riportare alla nuova campagna, oitre le giacenze esistenti al 30 giugno 1967 (2). (1-2) SUJ1la prima massima, che applica un princ1p10 pacifico cfr. Sez. IV, 18 maggio 1956, n. 417, Foro amm., 1956, I, 2, 780. Sulla seconda massima non constano precedenti. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 25 settembre 1968, n. 512 -Pres. Potenza -Est. Benvenuto -Ursi ed altri (avv.ti Jaccarino e Abbamonte) c. Prefetto di Napoli (avv. Stato Casamassima), Comune di Portici e Ufficio Genio Civile di Napoli (n. c.) Soc. Meridionale edilizia cooperativa (avv. Gava) e Cammarota (n. c.). Espropriazione per pubblica utilit -Espropriazione -Ricorso contro il decreto prefettizio che dichiara la p. u. -Pronuncia del Provveditore alle 00.PP. -Natura -Notificazione del ricorso al Provveditore -Non occorre. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 763 1propriazione per pubblica utilit -Espropriazione -Ricorso av verso il decreto prefettizio che qichiara la. p. u. -Richiesta di an nullamento degli atti preparatori -Ammissibilit. 1propriazione per pubblica utilit -Edilizia popolare ed economica Espropriazione per programma edilizio di vasta portata -Inam missibilit. La pronuncia de'i Provveditore regionale alle 00. PP. richiamata ~l decreto prefettizio che dAchiara la pubblica utilitd di alcune opere, ~ natura di atto preparatorio, e cio ha. natura di atto consultivo, n la conseguenza che, in sede di impugnativa di tale decreto, non :ssiste l'onere nei ricorrenti di notificazione del gravame al predetto ovveditorato (1). L'atto meramente preparatorio soggetto a caduoazione in dipenmza dell'efficacia espansiva (interna) dell'annullamento del provvediento finale; pertanto, in sede di impugnativa del decreto prefettizio >e dichiara la pubblica utilitd di un'opera, il ricorrente pu conclu~ re per l'annullamento della delibera comunale (di approvaz!ione del ano dei lavori), anche se non ha all'wopo formulato motivi di do. ianza (2). Le dispo'Sizioni contenute nel t. u. 28 aprile 1938, n. 1165 e nella 2 luglio 1949, n. 408, che prevedono l'espropriazione per pubblica ;ilitd cl.i terreni occMrenti per la costruzione di case popolari ed :onomiche, debbono essere intese nel senso che agli Enti edilizi di ii all'art. 16 nn. 7 e 13 t. u. cit., comsentiito di ottenere la dichiaraone di p. u., ai fini dell'e'Sproprio, oltrech delle aree su cui dovranno >isistere dette case, anche dei confinanti suoli indispensabili per l'ac~ sso ed i distacchi e per la normale funzionalitd delle case stesse, .a non possono essere interpretate nel senso che sia consentita l' emisone -su istanza degli Enti stessi -della dichiarazione di p. u. > ordine ad un programma edilizio di" tale entitd e complessitd da 1mprendere un intero quartie1e, con imponenti e svariatissime opere : urbanizz.azione primaria e secondaria, e ci -oltre che per l'esimza di impedire indebiti spostamenti nell'adempimento di compiti tituzionali -anche al fine di impedire che detti Enti possano snatuirsi e venir meno alla puntuale aderenza ai loro fini, per effetto ~ll'attuazione di opere di urbanizzazione che importano, tra l'altro, (1-3) Massime esatte, sia per quanto concerne la natura della pronuncia ~1 Provveditore alle 00. PP., sia per quanto riguarda la ammissibilit della ~hiesta di annullamento di atti preparatori, sia per ci che concerne, spefcamente, la interpretazione delle espropriazioni consentite dal t. u. 28 1rile 1938, n. 1165, sull'edilizia popolare ed economica. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I I l'assunzione di spropositati oneri finanziari; pertanto, illegittima la dichiarazione di p. u. concernente il programma di costruzione di un Il intero quartiere, comprensivo della esecuzione diretta, da parte della f societd cooperativa richiedente, di tutte le opere di urbanizzazione primaria e secondaria. (Omissis). -Il): a) Delle eccezioni pregiudiziali sollevate dalla controinteressata SMEC vanno anzitutto esaminate quelle con cui si deduce l'inammissibilit in toto dei 3 ricorsi del primo gruppo -sul viflesso che ciascuno di questi impugna pi provvedimenti non collegati, provenienti da autorit diverse -e quella con cui viene opposta la mancata notificazione dei ricorsi stessi a taluna delle autorit emananti (Provvedit. alle 00.PP.). La prima delle esposte eccezioni, cosi come formulata, da disattendere. Va osservato, .invero, che ciascuno dei J:icorsi dell'indicato gruppo diretto ad impugnare in modo palesemente preminente il decreto prefettizio n. 63481 del 9 agosto 1967 -contenente, tra l'altro, la dichiarazione di pubblica utilit del programma costruttivo della S.M.E.C. -nonch gli atti (.compresi, tra essi, il parere del Genio civile e la deliberazione comunale n. 801 del 28 luglio 1967) che costituiscono, alla stregua della normativa e dei principi in materia, atti meramente preparatori rispetto a detto decreto. Atteso ci, all'ammissibilit dell'impugnativa. contro l'indicato decreto prefettizio del 9 agosto 1967 (in uno con i relativi atti preparatori) non nuoce la circostanza che ciascuno di detti tre ricorsi abbia, in via del tutto accessoria, indicato, come oggetto di impugnativa, anche atti estranei alla procedura di dichiarazione di pubblica utilit, e cio anche gli atti esclusivamente attinenti alla lottizzazione Cammarota (delibera consiliare n. 108 del 22 novembre 1966 e autorizzazione .sindacale n. 3 del 5 aprile 1967), i quali, del resto, sono stati impugnati per mero tuziorismo e per scrupolo di complefezza, stante che essi venivano espressamente richiamati .nel suddetto decreto prefettizio e negli atti preparatori di questo con formule che, a prima vista~ si prestavano ad in.generare l'illazione circa !'esistenza di un collegamento, di carattere negozial.e, tra le determinazioni richiamanti e quelle richiamate; come pure non nuoce la circostanza che nella parte destinata ad indicare l'oggetto dell'impugnativa figuri anche, marginalmente, la deliberazione consiliare di adozione del P.E.E.P., deliberazione che, del resto, stata ivi indicata non per farne oggetto di impugnazione vera e propria, ma semplicemente per sottolinearne la inoperativit per la ritenuta mancata approvazione da parte dell'Amministrazione dei LL.PP. e, quindi, per dedurre da ci che la declaratoria di .pubblica utilit era da considerare carente di uno dei presupposti previsti dalla PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 765 1gge n. 217 del 1965 (primo comma dell',art. 1 in relazione al terzo mma dello stesso articolo e all'art. 3). Relativamente all'altra delle suesposte eccezioni va osservato che, ~lla specie, la pronuncia del Provveditorato alle 00.PP. di Napoli, di alla nota 15 luglio 1967 richiamata nel decreto prefettizio impu 1ato, ha chiaramente natura di atto meramente preparatorio e pre samente di manifestazione di attivit consultiva posta in essere in lsta dell'emanazione di tale decreto prefettizio; onde i ricorrenti non revano, ovviamente, l'onere di notificare i ricorsi anche a detto Prov ~itorato. b) Quanto all'eccezio:p.e con cui la S.M.E.C., facendo leva sull'as~ rita omessa impugnativa della dichiarazione di urgenza e indifferillit, deduce che tale omissione impedisce che all'eventuale annullaLento della dichiaraZione di .pubblica utilit possa seguire la caducaone, per invalidit derivata, della suddetta dichiarazione di urgenza indifferibilit e del conseguenziale decreto di occupazione, il Col, go ritiene che l'esame dell'eccezione stessa vada riservata al prosie110 (v. lettera D della successiva parte terza). e) Che nessuno dei suddetti tre ricorsi abbia formulato motivi i doglianza specificatamente riguardanti la citata deliberazione comuale n. 801 del 1967, circostanza che -contrariamente a quanto si ;sume con la restante eccezione pregiudiziale della S.M.E.C. -non recludeva ai ricorrenti la facolt di concludere per l'annullamento riche di tale deliberazione. Questa, invero, , come si gi notato, un atto meramente prepa: i.torio del decreto prefettizio del 9 agosto 1967, onde essa soggetta caducazione in dipendenza dell'efficacia espansiva (interna) dell'an ullamento del decreto stesso. d) Quanto, infine, all'eccezione pregiudiziale sollevata dall'Avvo: i.tura generale dello Stato nella memoria riguardante il secondo gruppo i ricorsi, da rilevare che il fatto che il decreto del 18 ottobre 1967, on cui il Prefetto di Napoli ha approvato il piano particolare delle ree e aggiunte disponendone la pubblicazione, abbia eventualmente l natura giuridica di mero atto della complessa procedura (non prouttivo, in s e per s considerato, di lesione diretta delle situazioni iuridiche dei ricorrenti e quindi non suscettible di autonoma impunativa) non toglie che anch'esso sia assoggettato all'efficacia espansiva ell'annullamento delle determinazioni a carattere finale e autonomo, arimenti impugnate. III) : Quanto al merito dei ricorsi, sono da esaminare con preceenza il secondo motivo del primo gruppo di ricorsi -motivo con cui iene sostanzialmente dedotto che illegittimamente, e cio con violaione della normativa richiamata e con eccesso di potere, stata emessa :i. dichiarazione di pubblica utilit in ordine al programma costruttivo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della Soc. Cooperativa S.M.E.C., diretto alla costruzione di un intero quartiere con tutte le opere di urbanizzazione, primaria e secondaria, da eseguirsi, per giunta senza rivalsa, a cura della stessa S.M.E.C. nonch quella parte del terzo e del quarto motivo, (degli stessi ricorsi), nella quale vengono riprese le censure gi ,enunciate con il suddetto secondo motivo. Poich la dichiarazione di pubblica utilit stata, nella specie, chiesta ed emessa con richiamo a pi fonti normative (T. U. 28 aprile 1938, n. 1165, in relazione all'art. 21 della 1. n. 408 del 2 luglio 1949; artt. 1 e 3 della 1. 29 marzo 1965 n. 217, in relazione all'art. 10 terzo comma della 1. n. 167 del 18 aprile 1962), s'appalesa l'esigenza che l'esame del secondo motivo e della menzionata parte del terzo e quarto motivo sia condotto con l'iguardo a tutte le suddette fonti. A tale esame da premettere il chiarimento che le considerazioni che seguono valgono egualmente sia che la S.M.E.C. debba qualificarsi, senz'altro , come una delle Cooperative ex n. 7 deH'art. 16 del T. U. n. 1165 del 1938 ed ex lettera d) dell'art. 10, terzo comma, della legge n. 167 del 1962, sia che invece1 debba considerarsi (sulla falsariga di quanto emerge, tra l'altro, dal tenore della domanda della S.M.E.C. e della dichiarazione di pubblica utilit) come societ cooperativa con caratteri particolari, astra,ttamente riconducibile, in ogni caso, alla categoria di enti privati prevista dal n. 13 del citato art. 16, come modificato con l'art. 2 della legge n. 408 del 1949, e dalla lettera f) del summenzionato art. 10. A) In base alle norme contenute nel T.U. n. 1165 del 1938 e nella legge n. 408 del 1949, gli enti edilizi di cui al n. 7 e al n. 13 del gi citato art. 16 non sono legittimati ad ottenere la dichiarazione di pubblica utilit in ordine ad un programma costruttivo di un intero quartere (come quello di specie -riguardante il rione S. Ciro di Portici -che interessa oltre 50 mila mq.) con tutte le opere di urbanizzazione primaria e secondada. Nell'ambito del test indicato primo gruppo di norme, questa conclusione trova base, in primo luogo, negli artt. 46 e segg. del T.U. n. 1165 e nell'art. 21 della legge n. 408 del 1949; ese. -contemporaneamente alla costruzione delle case da parte ~gli enti edilizi -alle sistemazioni di carattere generale. La disposizione citata, anche per la sua posizione sistematica (attech si tratta di una disposizione inserita in una legge fondamentale :ir la materia qual' il t. u. n. 1165 del 1938 e in apertura del capo ecificamente destinato a regolare, da una parte, i compiti dei Couni e, dall'altra, le espropriazioni degli enti edilizi), s'appalesa quale pressione di un principio basilare, il quale, a sua volta, giustificato -oltre che dall'esigenza di impedire indebiti spostamenti nell'ademmento di compiti istituzionali -anche da quella di impedire che detti tti (in particolare le cooperative di cui al n. 7 dell'art. 16 e gli enti ivati senza fine di lucro di cui al n. 13 dello stesso art.) possano aturarsi e venir meno alla puntuale aderenza ai loro fini per effetto !ll'attuazione di opere di urbanizzazione comportanti, tra l'altro, tssunzione di spropositati oneri finanziari. A questo riguardo da chiarire che i suddetti enti edilizi hanno ~r scopo essenziale quello di appagare il bisogno di alloggio degli ap trtenenti alle categorie degli aventi 'titolo (persone meno abbienti in genere lavoratori) in modo da soddisfare il maggior numero pos t>ile di soggetti appartenenti a dette categorie e da accordare la pre renza, nell'ambito delle categorie stesse, a quelli le cui condizioni eco miche siano pi deboli. Ora, la citata normativa, in quanto esclude 1e i programmi edilizi degli indicati enti possano comprendere no voli opere di urbanizzazione e correlativamente importare l'assunzione, carico di questi, degli inerenti pesantissimi oneri, mira, appunto, l evitare, soprattutto, che gli enti stessi possano venire a trovarsi n deviazione dalla puntuale aderenza al fine istituzionale -nella cresciosa situazione, tra l'altro, di dover offrire .gli alloggi a condizioni avose, si che essi potrebbero essere richiesti solo da coloro che, ~n'ambito delle categorie degli aventi titolo (categorie che, anche legi 768 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO slativamente, hanno talora contorni piuttosto lati e sfumati), siano i pi forniti di mezzi finanziari. Certo, non vuol negarsi che taluni degli enti di cui al precitato art. 16 del t. u. n. 1165 del 1938 siano legittimati a conseguire la dichi~razione di pubblica utilit in ordine a programmi aventi respiro alquanto pi largo rispetto a quelli consentiti alla stregua delle surriportate norme del t. u. stesso. Ma detti enti sono, di regola, o gli stessi Comuni, titolari dei compiti inerenti all'urbanizzazione, oppure altre persone giuridiche pubbliche, istituzionalmente qualificate e abilitate a provvedere al bisogno di case popolari od economiche su pi vasta scala, e in base a pi complessa programmazione, come emerge dalla normativa speciale che, in aggiunta alla suesposta normativa generale e anche a parziale modificazione di essa, disciplina la loro azione: enti che, per la loro qualit pubblicistica, danno maggior affidamento di retta aderenza al fine e di poss1bilit di ricorso di mezzi e congegni atti a neutralizzare possibili inconvenienti e che, inoltre, sono pi strettamente coordinati all'azione dell'autorit governativa e in modo pi penetrante ed organico sottoposti ai controlli di questa. Nell'ambito di quegli enti che poi sono abilitati ad ottenere la dichiarazione di pubblica utilit per programmi di pi largo respiro possono, eccezionalmente, rientrare anche persone giuridiche di carattere privato, ma ci soltanto per effetto di espressa ed inequivoca dichiarazione legislativa, cosi come accade per gli enti previsti dall'art. 16 n. 12, del t. u. del 1938 (cosi come modificato dall'art. 2 della J.. n, 408 del 1949), i quali, anche .se rivestano natura privata, sono esplicitamente ammessi a programmare la costruzione di intere borgate rurali . Fuori delle accennate ipotesi, riprende vigore il principio precedentemente esposto: Questo, proprio perch di carattere fondamentale e generale, non solo spiega il suo incondizionato vigore in tutti i casi in cui non 'sia da considerare chiaramente derogato per effetto di pari ticolari norme, ma anche laddove la deroga operi da tener .presente come elemento sistematico per individuare la portata, la funzione e i limiti della deroga stessa. I B) Passando, ora, all'esame delle restanti disposizioni richiamate dalle impugnate determinazioni prefettizie, cio di quelle che si raccordano al sistema normativo istituito dalla legge n. 167 del 18 aprile 1962 -e, tra esse, in particolare, delle norme di cui alla legge n. 217 del 29 marzo 1965 -, da osservare, anzitutto, che il principio in precedenza illustrato sta alla base, come regola fondamentale e generale, di un assieme di varie norme che si collegano a detto sistema. L'art. 19 della legge n. 167 del 1962 espressamente dispone che i Comuni sono obbligati a provvedere, con prforit rispetto ad altre zone, alla sistemazione della rete viaria, alla dotazione dei necessari servizi igienici e all'allacciamento alla rete dei pubblici servizi delle PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 769 tle incluse nei piani, utilizzati in proprio dagli enti di cui al terzo comi dell'art. 10 ; l'art. 5 n. 5 della stessa legge stabilisce la necessit prevedere, nella relazione comunale al P.E.E.P., la spesa occorrente r le sistemazioni generali necessarie per l'attuazione del piano ; l'arolo 6, primo comma, della 1. n. 904 del 21 luglio 1965 chiarisce che .e spesa fa carico al Comune; l'art. 1 della 1. 29 settembre 1964 n. 847, evede i mezzi di finanziamento a favore dei Comuni per la spesa e questi debbono .affrontare in ordine all'urbanizzazione primaria secondaria. L'art. 2. della legge n. 217 del 1965 (disposizione che trova applica> ne - appena il caso di notarlo -anche in quella, tra le ipotesi Gtemplate dall'art. 1, che concerne la possibilit che i programmi ilizi degli enti ex art. 10, terzo comma, della legge n. 167 del 1962 ngano attuati nell'ambito del P.E.E.P., ancorch questo non sia stato .cora approvato dalla competente autorit dell'Amministrazione dei .PP.) -per quanto concerne l'urbanizzazione primaria -ha appor; o all'indicato principio una deroga, l quale, per, se, per un verso, di estesa portata (in quanto valevole per tutti gli enti ex precitato t. 10, terzo 'comma, anche se di carattere privato), , per l'altro, riamente circoscritta, in quanto, oltre che a limitazione temporale, ttoposta ai limiti che verranno illustrati nelle considerazioni che ~uono. Ma, prima di esporre queste, da chiarire, in ordine alle opere di banizzazione secondaria, che detto articolo 2 non contiene alcuna rma che disponga che i programmi degli enti edilizi ivi previsti issano comprendere anche tali opere. In questo articolo, quindi, non L trovarsi la base per affermare che qualunque. degli enti ivi :hiamati sia legittimato li presentare, ai fini della dichiarazione di 1bblica utilit, programmi comprensivi anche di opere di urbanizza) ne secondaria. Nel silenzio non pu, ai fini del!la soluzione affermativa, trarsi gomento dalla norma dettata per la Gescal dall'art. 14, secondo mma, della 1. 14 febbraio 1963, n. 60, norma secondo cui il pro amma decennale ivi indfoato deve prevedere anche l'esecuzione di .ere rientranti nel novero di quelle qualificabili come opere di urba zzazione secondaria. Ed invero, la posizione della Gescal -ente lbblico espressamente abilitato ad operare, nel campo specifico, addi :tura sul piano nazionale -e del relativo Comitato centrale -organo ltale, ad essa coordinato, che formula detto programma -e la na ra, organicit ed estensione temporale del programma stesso sono li da differenziarsi in modo nett, rispettivamente, dalla posizione ~gli enti edilizi di carattere privato e dalla natura dei loro program i. Il citato art. 14, che trova la sua giustificazione nella peculiarit ~lla Gescal, oltre che, del suo programma, costituisce, quindi, una 770 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO norma di tale carattere da non poter essere estesa agli enti privati di cui alle lettere d) ed f) dell'art. 10 terzo comma della legge n. 167 del 1962. Esponendo ora le preannunciate considerazioni circa le opere di urbanizzazione primaria, si rileva che l'art. 2 della legge n. 217 del 1965 formulato, si, in modo da doversi ritenere che detti enti possano conseguire la dichiarazione di pubblica utilit in ordine a programmi edilizi comprensivi di queste opere; ma tale deroga al prncipio precedentemente illustrato si accompagna alla norma che prevede la rivalsa nei confronti dei Comuni . Ora, contrariamente a quanto assumono le parti resistenti, quest'ultima norma non a carattere dispositivo, s che gli enti edilizi ex precitato terzo comma dell'art. 10 possano, ove vogliano, accollarsi il finanziamento o l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria rinunciando alla rivalsa verso il Comune. Ed invero l'ultimo comma dell'art. 2 -nel disciplinare il possibile contenuto dell'apposita convenzione, destinata a regolare, tra l'altro, la rivalsa verso il Comune -, prevede che detta convenzione potr stabilire i termini e le modalit della rivalsa stessa, adottando, cosi, una formula che mostra di escludere che il contenuto della convenzione possa spingersi sino all'eliminazione della rivalsa. Il fatto che la legge abbia assegnato alla norma sulla rivalsa carattere cogente si spiega, tra l'altro, col duplice rilievo che gli enti edilizi ex terzo comma dell'art. 10 sono generalmente enti le cui disponibilit finanziarie sono soggette alla regola della destinazione vincolata a scopi specificatamente predeterminati e che debbono costruire a costi piuttosto bassi onde poter offrire, come si gi accennato, il maggior numero possibile di alloggi, a condizioni di particolare vantaggio economico, con preferenza per quelli che sono i pi bisognosi nell'ambito della categoria degli aventi titolo. C) Dopo quanto si sinora esposto, appare chiaro che vano richiamarsi, come fanno le parti resistenti, al tenore dell'art. 3 della legge n. 904 del 1965 e all'art. 8 della legge n. 765 del 6 agosto 1967, disposizioni, queste, che, del resto, si riferiscono ad ipotesi assai diverse da quelle di che trattasi. D) Per tutte le suenunciate ragioni, la domanda della S.M.E.C. al fine di ottenere la dichiarazione di pubblica utilit in ordine al suo programma di costruzione di un intero quartiere -programma comprensivo dell'esecuzione diretta, a cura di essa S.M.E.C., di tutte le opere di urbanizzazione primaria e secondaria (concernenti, nella specie, tra l'altro, oltre al giardino rionale all'inglese e alla viabilit anche primaria, i centri commerciale, sociale, religioso, scolastico, il centro rionale per 1 giochi dei bambini e il centro rionale sportivo costituito da vari campi di gioco e da piscina) e caratterizzato, per giunta, dall'ac PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 771 Ilo, senza rivalsa, della spesa relativa a dette opere -s'appalesava in ntrasto e con la normativa di cui alla lettera A) di questa terza parte ~lla motivazione (artt. 44, 46 e segg. e 50 del t. u. del 1938, in rela one all'art. 21 della I. n. 408 del 1949) e con la normativa di cui alla ttera B) della stessa parte (in particolare: con l'art. 2, in relaz~one rli articoli 1 e 3 della legge n. 217 del 1965). Illegittimamente, quindi, il Prefetto di Napoli con l'impugnato de eto del 9 agosto 1967 ha emesso la dichiarazione di pubblica utilit ordine a siffatto programma. Fondati sono, pertanto, il secondo motivo dei ricorsi n. 1401, 1464 1472 del 1967 e quella parte del terzo e del quarto motivo dei ricorsi essi, nella quale vengono ripr,ese le censure dedotte con il predetto condo motivo. L'indicata dichlar:azfone di pubblica utilit, perci, deve 1sere annullata, con la conseguenza della estensione degli effetti delmnullamento agli atti meramente preparatori della dichiarazione essa. Sciogliendo, a questo punto, la riserva formulata nella seconda parte, ,ttera b), della presente motivazione in diritto, il Collegio rileva che -anche a voler prescindere dalle affermazioni contenute nelle decioni 1 luglio 1964 n. 15, dell'Adunanza plenaria e 22 novembre 1961 674, di questa stessa IV sezione (in questa Rassegna 1964, I, 1085; 161, .I, 1880) in punto di ,estensione automatica dell'annullamento ~na dichiarazione di pubblica utilit alla e connessa dichiarazione i urgenza e indifferibilit, ancorch non impugnata -questa seconda .chiarazione egualmente non sfugge, nella specie, alla conseguenza ~Il'eliminazione, e ci in base alle seguenti considera2lioni: che la diliarazione di urgenza e indifferibilit contenuta nello stesso decreto mtenente la dichiarazione di pubblica utilit; che, nel ricorrere contro ile decreto, i ricorrenti non hanno inteso impugnarlo in parte qua icor: ch nell'epigrafe lo abbiano denominato, per mero scopo di sin$ i, come decreto dichiarativo della pubblica utilit delle opere ~ma ~ toto come si desume, altres, dalla circostanza che talune delle cenrre riguardano, direttamente, anche la dichiarazione di indifferibilit i urgenza; che, del resto, l'impugnativa di questa da dtenersi comresa nell'ampia formula di .cui alla 1ett. F) dell'epigrafe stessa. Atteso ., va annullata, anche, per invalidit derivata, la dichiarazione di rgenza e indifferibilit contenuta nel ,citato decreto prefttizio del agosto 1967, con la conseguenza della estenisione degli effetti dell'anullamento anche agli atti meramente perparatori di quest'altra di1iarazione. Infine, va annullato anche, per invalidit derivata, il decreto pre~ ttizio di occupazione di urgenza 20 ottobre 1967, impugnato con il ~condo gruppo di ricorsi, con la ,conseguenza dell'estensione degli RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO effetti dell'annullamento ad ogni atto meramente preparatorio del decreto stesso. Nell'ambito degli atti caducati compreso il decreto 18 ottobre 1967, di cui alla parte secornda, lettera d), della presente motivazione in dir.Uto. -(Omissis). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 25 settembre 1968, n. 515 -Pres. Papaldo -Est. Napolitano -Pirone (avv.ti Moragg-i e Melfa) c. Ministero .pubblica istruzione (avv. Stato Gar,giulo) e Prefetto di Roma (n. c.). Demanio e patrimonio -Demanio storico e artistico -Vincolo storico Costruzione edilizia -Ordine di demolizione -Legittimit -Fattispecie. legittimo il provvedimento che ordina l.a demo,tizione di opere abusive e la riduzione in pristino dell'opera modificata, ai sensi dell'art. 59 l. 1 giugno 1939 n. 1089, ove l'opera medesima rechi pregiudizio alle condizioni di ambiente e di decoro del bene protetto, come individuate nel decreto di vincolo imposto all'area privata (1). (1) Massima esatta e conforme alla costante giurisprudenza. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 25 settembre 1968, n. 524 -Pres. Chiofalo -Est. Tozzi -Troise ed altri (avv. Jaccarino) c. Ministeri Pubblica Istruzione ed Interno e Prefetto di Napoli (avv. Stato Casamassima) e Comune di Napoli (avv. Gleijeses). Giustizia amministrativa -Atto definitivo -Requisizione del sindaco ex art. 7 legge sul contenzioso amministrativo -Ricorso gerarchico -Decisione del prefetto - atto definitivo. Requisizione -Requisizione ex art. 7, legge sul contenzioso amministrativo -Rinnovazione -Limiti -Fattispecie. La pronuncia con l.a quale il Prefetto decide il ricorso gerarchico proposto contro un. provvedimento di requisizione adottato dal Sindaco ai sensi deil'art. 7 l. 20 marzo 1865 n. 2248 all. E, atto definitivo (1). (1-2) Sulla definitivit della pronuncia del Prefetto, cfr. Sez. IV, 5 luglio 1967, n. 254, Il Consiglio di Stato, 1967, I, 1071. La seconda massima PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 773 La requisizione disposta ai sensi dell'art. 7 i. 20 marzo 1865 2248 all. E legittima solo quando sia rivolta a soddisfare esigenze .dilazionabiii e imprevedibili, e perci sia di natura temporanea; irtanto la requisizione, disposta dal Sindaco (e confermata dal Pre tto) per utilizzare un immobile come edificio scolastico, illegittima :uilora essa venga, alla scadenza, varie 'Volte rinnovata e produca, >si, effetti permanenti (2). :atta: essendo la requisizione giustificata da un'urgente necessit non pu m prodtlrl'e effetti temporanei, al pari di tutti i provvedimenti di urgente ~cessit; se produce effetti permanenti, illegittima. ONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 25 settembre 1968, n. 529 -Pres. Papaldo -Est. Laschena -Meo (avv.ti Manfredi e Nespeca) c. Ministero Tesoro (avv. Stato Dallari). ompetenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Pensione e quiescenza -Riconoscimento di servizi -Iscritti alla Cassa dipendenti Enti locali -Giurisdizione della Corte dei Conti. Il sistema dei mezzi di impugnazione, previsto dall'art. 60 e segg. el r.d.l. 3 marzo 1938 n. 680 (sull'ordinamento della Cassa di previenza dei dipendenti deglti enti locali) contro il decreto concessivo o egativo della pensione e contro le deliberazioni relative alle domande L riscatto di determinati servizi, applicabile anche ai provvedimenti ~lativi al riconoscimento di servizi utili ai fini della pensione (1). (1) Interpretazione esatta degli art. 60 e segg. del r. d. 1. n. 680; non vi dubbio che, se le controversie inerenti al diritto alla pensione rientrano ella giurisdizione della Corte dei Conti, anche le controversie relative al iconoscimento dei servizi utili sono sottoposte alla stessa giurisdizione, ssendo intimamente connesse col diritto alla pensione. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 aprile 1968, n. 1308 -Pres. StellaRichter -Est. Ferrone Capano -P. M. Colonnese (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli) c. Soc. Terni (avv. Cogliati Dezzi:i). Imposta di registro -Appalto -Vendita -Distinzione -Criteri di cui alla legge 19 luglio 1941, n. 771. (1. 19 luglio 1941, n. 771, art. 1. comma primo e quinto). Imposta di registro -Appalto -Vendita -Distinzione -Dichiarazioni delle parti contenute in contratto circa il valore del dare e del fare -Irrilevanza -Criterio di cui all'art. 4 della legge 19 luglio 1941, n. 771 -Applicabilit. (1. 19 luglio 1941, n. 771, artt. 4 ed 1). Per effetto della legge 19 luglio 1941, n. 771, si considerano contratti di vendita, ai fini dell'imposta di registro, i contratti misti di dare e di fare, nei quali il valore della materia sia prevalente rispetto a quello della prestazione d'opera, nonch i contratti che, indipendentemente dal valore della materia impiegata nella lavorazfone, hanno pe.r oggetto la fornitura di cose rientranti nell'ordinaria produzione dello stesso fornitore, all'uopo organizzato ed attrezzato tecnicamente. Sono considerati appalti, invece, i contratti comprendenti, oltre che prestazioni d'opera, anche forniture di materie, merci o cose, non rientranti nell'ordinaria produzione del fornitore, sempre che il prezzo o valore delle materie, merci o prodotti non costituisca la parte prevalente del prezzo o valore globale (1). Il costo dei materiali impiegati nella costruzione ( prezzo e valore delle materie, merci e prodotti, secondo la fo!l'mula dell'art. 1, primo comma della legge del 1941) deve essere determinato, ai fini della qualificazione del contratto e del conseguente trattamento tributario, con (1-2) Ambedue le massime sono indubbiamente esatte anche se sussiste qualche perplessit circa la loro applicazione al caso di specie, in ordine al quale la Corte Suprema ha ritenuto di non poter interloquire ritenendo la decisione impugnata correttamente impostata e motivata e per PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA ferimento ai materiati medesimi nello stato anteriore alla lavoraone eseguita in dipendenza del contratto (art. 4 della predetta legge) non in base ai valori indicati nel contmtto per l'esecuzione di singole rniture o dell'intera opera (2). (Omiss.is). ~Col primo mezzo, nel denunciare la violazione e falsa >plicazione degli artt. 1 e 4 legge 19 luglio 1941, n. 771, e dell'art. 22 1. 7 agosto 1936, n. 1639, nonch difetto di motivazione, la ricornte Amministrazione delle finanze addebita all'impugnata sentenza avere negletto i principi stabiliti dalla 1. 19 luglio 1941, n. 771, ocedendo con criteri arbitrari alla qualificazione del rapporto conattuale . La censura infondata. Esattamente la Corte di Appello ha osservato che, per effetto della gge 19 luglio 1941, n. 771, si considerano contratti di vendita, ai :ii dell'imposta di registro, i contratti misti di dare e di fare, nei quali valore della materia sia prevalente rispetto a quello della prestaone d'opera (criterio della prevalenza economica), nonch i contratti te, indipendentemente dal valore della materia impiegata nella lairazione, hanno per oggetto la fornitura di cose rientranti nell'ordi1ria produzione dello stesso fornitore, all'uopo organizzato ed attrez. to tecnicamente (criterio dell'ordinaria produzione del venditore). >no considerati appalti, invece, i contratti comprendenti, oltre che estazioni d'opera, anche forniture di materie, merci o cose, non rienanti nell'ordinaria produzione del fornitore, sempre che il prezzo o llore delle materie, merci e prodotti non costituisca la parte prevante del prezzo o valore ,globale. Alla stregua ed in applicazione di codesti criteri, che sono indubamente esatti, in quanto rispondenti alle prescrizioni della citata legge nto risolvendosi le censure sollevate dalla Finanza in questioni di fatto ecluse all'esame del giudice di legittimit. Per quanto riguarda la prima massima possono consultarsi utilmente ass. 25 maggio 1965, n. 1036 (in questa Rassegna 1965, I, 795 con nota Le puntualizza lo stato della giurisprudenza in ordine al criterio in base quale deve ritenersi sussistere o meno l'ordinaria produzione) e Cass. ottobre 1967, n. 2572 (ivi, 1967, I, 1061). Sulla seconda massima non constano precedenti, ma sembra indubi bile che, laddove non ricorra l'ipotesi di lavori speciali, al limite, evi mtemente, tra le due fattispecie contemplate dalla legge ed in ordine quali rimesso ad un decreto del Ministro delle Finanze la determi 1zione della prevalenza tra il dare ed il fare, il valore o il prezzo delle aterie, merci o prodotti debba valutarsi con riferimento alla situazione 1tecedente alla lavorazione. In tali casi, peraltro, allo scopo di evitare facili frodi ai danni della nanza, questa, indipendentemente dalle dichiarazioni delle parti conte RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del 1941, la Corte di merito ha proceduto all'esame del contratto intercorso fra le parti, al fine di stabilire se esso dovesse qualificarsi, agli effetti tributari, come vendita o come appalto. Al riguardo, dopo aver premesso che il contratto in questione era intervenuto fra il c.onsorzio di bonifica del bacino inferiore del Volturno, quale ente concessionario della Cassa per il Mezzogiorno, e la Soc. Terni per l'industria e l'elettricit, quale appaltatrice , e che esso aveva per oggetto non i singoli manufatti (paratoie, griglie, panconi metallici, ecc.), ma l'opera nella sua complessit ed unitariet, considerata come opus perfectum , la Corte di merito ha rilevato che trattavasi di opera di notevole importanza, per la quale la Terni aveva compiuto una minuziosa e laboriosa progettazione, con numerosi studi e disegni, e perfino l'allestimento di un apposito cantiere per la installazione e la riduzione ad unit organica e funzionale dei vari manufatti e delle varie apparecchiature, destinati ad integrare nel loro insieme la diga di sbarramento delle acque del fiume Volturno . Ha inoltre accertato che il contratto comprendeva anche la fornitura di apparecchiature (motori, .gomme, impianti elettrici e simili) che non rientravano nell'attivit di produzione della Terni, la quale dovette, perci, procedere a subappalti, e comprendeva altres i lavori di montaggio delle dette apparecchiature, da eseguirsi sul posto. Sulla base di tali accertamenti, e cio tenendo conto del complesso unitario dell'opera, del rilevante lavoro di progettazione e di organizzazione tecnica, indispensabile per la realizzazione ed il montaggio di essa, della incidenza del lavoro sul costo della stessa, nonch delle varie apparecchiature di produzione di terzi , la Corte di merito pervenuta alla conclusione che le prestazioni di facere erano da ritenersi prevalentl rispetto a quelle di dare, per cui il contratto era da qualificarsi come appalto e non come vendita. nute in contratto con riferimento all'esecuzione sia di singole forniture, sia dell'intera opera, pu sottoporre detto valore o prezzo a giudizio di congruit allo scopo di accertare la prevalenza del dare o del fare e determinare quindi il criterio di tassaiione. Poich frequente che o le parti non indichino separatamente il prezzo della materia, merci o prodotti rispetto a quello della prestazione d'opera o, addirittura, indichino un prezzo dei primi superiorie a quello della seconda, sarebbe opportuno che la Finanza, nei termini indicati nel secondo comma dell'art. 4 legge n. 771 del 1941, facesse effettivamente uso della facolt accordatale dalla legge, onde non lasciare sfuggire dall'orbita del normale trattamento tributario una serie di contratti che, giusta i criteri dianzi enunciati, dovrebbero qualificarsi vendite, normalmente non agevolate e che, invece, vengono rivestiti delle apparenze dell'appalto il quale, come noto, gode pi frequentemente di benefici. R. SEMBIANTE I: PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 777 Le decisione, correttamente impostata e motivata, si sottrae alla 1sura contenuta nel primo mezzo di ricorso, non sussistendo n la dotta violazione o falsa applicazione della citata legge n. 771 del 41, n l'asserita avbitrariet dei criteri applicati per la qualificazione 1 contratto. Si gi visto, infatti, che i criteri di valutazione adot; i dalla Corte di merito, oltre che giuridicamente esatti (come la stessa :orrente finisce col riconoscere), sono pienamente giustificati, quanto a loro applicazione al caso di specie, dalla motivazione innanzi riastlta, la quale non pu formare oggetto di sindacato in questa sede, to che essa si risolve in accertamenti ed apprezzamenti di fatto, mpiuti senza vizi logici e senza omissione di punti decisivi, tanto che ssuno di siffatti vizi stato dalla ricorrente prospettato. Col secondo e col terzo mezzo, che attengono sostanzialmente ad 'unica questione, si deduce: a) che la qualificazione del contratto (se vendita o appalto) dova farsi sulla base dei valori denunciati nel contratto dalle parti tltraenti ; b) che dall'art. 9 del contratto, relativo alla analisi dei prezzi, deduceva, tenuto conto delle specificazioni contenute negli articoli ecedenti, che il costo dei materiali da impiegare nella costruzione Ila diga era notevolmente superiore a quello delle .prestazioni d'opera, de la prevalenza del dare sul tacere e la conseguente necessit di alificare il contratto come vendita, tanto pi che le stesse parti aveno determinato l'incidenza della mano d'opera nella misura del 40 % , fini della revisione dei prezzi; e) che la Corte di merito, anzich attenersi ai valori indicati nel ntratto, avrebbe preteso di rifare i conti e sarebbe passata ad atomizzare i prezzi, relativi alle forniture , violando cosi, a parte insufficienza ed illogicit di motivazione, gli artt. 1 e 4 della pretta legge 19 luglio 1941, nonch gli artt. 1362 e segg. cod. civ. e rt. 22 del r. d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, in 1quanto e ha vailicato il o compito di interpretazione del contratto in base ai dati contratali, arrogandosi un giudizio di semplice estimazione, che le era sot1tto dalla legge e che ha effettuato su base arbitraria . Nessuna di tali censure fondata. Esse prescindono totalmente da un rilievo di carattere fondamenle, opportunamente posto in risalto nella denunciata sentenza, e cio .e il costo dei materiali impiegati nella costruzione ( prezzo o valore :Ile materie, merci e prodotti , secondo la formula dell'art. I, primq mma, della legge del 1941) deve essere determinato, ai fini della talificazione del contratto e del conseguente trattamento tributario, n riferimento ai materiali medesimi nello stato anteriore alla lavozione eseguita in dipendenza del contratto (art. 4 della predetta RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge). Siffatto rilievo svuota di ogni apprezzabile contenuto le censure formulate dalla ricorrente, appunto perch la valutazione del dare va fatta, come esattamente ha ritenuto la Corte d'appello, con riferimento allo stato dei materiali anteriore alla lavorazione eseguita in dipendenza del contratto (di quel determinato contratto), e non con riguardo ai prezzi stabiliti dalle parti per l'esecuzione di singole forniture o dell'intera opera. Le deduzioni della ricorrente, quindi, si esauriscono in censure ad apprezzamenti di fatto, che, lungi dall'essere inficiati da manchevolezze o illogicit di motivazione, trovano piena e cor .retta giustificazione nelle ragioni esposte nella denunciata sentenza, secondo cui nella fattispecie la materia costituita dal solo materiale metallico impiegato, il cui valore di certo inferiore a quello delle prestazioni svolte per condurre a termine un'opera cosi complessa ed importante . I giudici di merito, inoltre, hanno confutato specificamente anche il rilievo riguardante la pattuizione relativa all'incidenza della mano d'opera, determinata dalle parti nella misura del 40 % ai soli fini dell'eventuale revisione dei prezzi pattuiti, motivando anche su questo punto con adeguate argomentazioni di fp.tto, incensurabili in sede di legittimit. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 maggio 1968, n. 1579 -Pres. SteHa-Richter -Est. Geri -P: M. Gentile (conf.). Reich (avv.ti Sbarbaro, Manna e Gaeta) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Foligno). Imposta complementare -Societ familiare -Reddito sociale concordato inferiore a quello risultante dal bilancio -Attribuzione proporzionale di esso al reddito individuale del socio -Legittimit. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3062 art. 3; art. 2719 cod. civ.). Sentenza -Motivazione -Obbligo -Confutazione minuziosa e specifica di tutti gli argomenti dedotti dalla difesa -Esclusione. (art. 132 n. 4 c. p. c.; art. 118 disp. atti c. p. c.). Allorquando a carico dette societ a ristretta base sociale od a carattere famiLiare sia stato induttivamente accertato un reddito diverso da quelLo risultante dal bilancio, legittimamente se ne deduce che da parte dei soci vi sia. stata una pe'l'lcezione di utiLi superiori a quem risultanti dal bilancio sociale medesimo (1). Il giudice assolve l'obbligo di motivare la propria decisione anche quando non siano stati confutati minuziosamente e specificatamente (1) Il principio affermato dalla Cassazione impOil'tante perch, a quanto consta, la prima volta che viene affrontato dinanzi all'A.G.O. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 779 >tti gli argomenti dedotti a difesa, semprech ne sia stata fatta una ilutazione complessiva delle parti essenziali e si riveli adeguata la ratio decidendi (2). (Omissis). -Nel primo mezzo sostiene il ricorrente la violaone dell'art. 3 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3062 in relazione all'arti> lo 2729 cod. civ. perch la Commissione Centrale avrebbe insuffientemente e contrariamente (forse si intendeva dire contraddittoriaente) valutato la forza delle presunzioni poste a base della pretesa ibutaria. Ci sarebbe dimostrato da una serie di fattori ed elementi vari, 11 ricorrente indicati e da lui ritenuti rilevanti al fine di svalutare incidenza delle presunzioni predette. In sostanza dunque si tratterebbe di un vizio di omessa, contrad. ttoria ed insufficiente motivazione su apprezzamenti di carattere iscrezionale riservati alla cognizione del giudice di merito. In questa sede dunque non resta che esaminare se tali vizi susstano e non gi, come vorrebbe il ricorrente, se la valutazione delle sultanze di causa (preclusa in Cassazione) possa giustificare una iversa opinione circa la forza delle contrastate presunzioni, che 1rreggono l'accertamento dell'imponibile. La denunziata decisione esattamente afferma anzitutto il principio :condo cui, allorquando a carico delle societ a ristretta base sociale :ome nella specie) od a carattere familiare, sia stato induttivamente :certato un reddito diverso da quello risultante dal bilancio, legit problema della formazione del reddito tassabi1e agli effetti della comlementare in relazione agli utili a qualunque titolo ed in qualunque 1rma percepiti dai soci di societ per azioni, in accomandita per azioni, responsabilit limitata e coopea:ative. La Corte Suprema si adeguata alla giurisprudenza della Commisone centrale che nel vigore sia dell'art. 3 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3062, a dell'art. 135 lett. c, t. u. 29 gennaio 1958, n. 645 ha sempre ritenuto ::omm. Centr., Sez. Un., 1 giugno 1938, n. 6599); id. Sez. II, 24 giugno 1957, 95274, id. Sez. III, 9 dicembre 1960, n. 35052) che laddove venga accer1to nei confronti della societ un reddito non denunziato o ne venga :certato uno diverso da quello dichiarato, legittima la illazione di una .versa ripartizione degli utili fra i soci, particolarmente quando trattisi : societ a ristretta base sociale od a carattere familiare, potendosi da ile circostanza trarre fondato motivo di convincimento che i redditi fettivi siano stati ripartiti con maggior larghezza, atteso il prevalere ~ll'interesse economico dei singoli che, nel caso di societ di comodo, l'unico interesse ad avere rilevanza, essendo l'interesse dell'ente-societ ~l tutto fittizio ed apparente. (2) Giurisprudenza assolutamente costante -Confronta, fra le tante, ass. 19 luglio 1968, n. 2610, id. 17 giugno 1968, n. 1978, id. 25 luglio 1967, 1946, id. 25 ottobre 1966, n. 2582 (in Riv. Leg. fisc. 1967, n. 399). 780. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO timamente se ne deduce che da parte dei soci vi sia stata una percezione di utili superiori a quelli risultanti dal bilancio sociale medesimo. La stessa decisione, quindi, esaminando le modalit dell'accertamento nei confronti della societ, ha posto in rilievo come ad esso le commissioni di merito fossero pervenute dopo accurata e diligente istruttoria. Al riguardo anzi ha fatto particolare riferimento alla voce rettifica parte come industriale di ben L. 78.500.000 -attribuendo di tale importo il 60 % all'unico socio Reich Maurizio, che non aveva fornito, contro tale attribuzione, adeguate, sufficienti e non .generiche prove, dalle quali si potesse sicuramente evincere una precisa analisi di spese effettive sostenute dalla societ a scopo di incremento, attinenti ad esercizi precedenti e successivi. In difetto di qualsiasi convincente dimostrazione sul carattere analitico della predetta voce, ove si escludano affermazioni vaghe e generiche sull'inizio della crisi nel settore tessile e su altri fattori, appare del tutto corretto il trasferimento del reddito di R. M. cosi concordato per la societ, all'unico socio della stessa, ai fini dell'imponibile della complementare. Convalida la legittimit di siffatto trasferimento l'attribuzione al contribuente del solo 60 % , ispirata ad un criterio di moderata cautela. N giova al ricorrente, nel suo tentativo di analisi della predetta voce onde escluderne la trasformazione in utili dell'unico socio, l'ac cenno agli interessi bancari, alle imposte e tasse e ad altre non me glio .precisate erogazioni di reddito, perch, mentre degli inte ressi e delle imposte possibile una prova documentale (mai fornita dal contribuente nel lungo corso della controversia), delle eroga zioni sarebbe stato necessario precisare e quindi dimostrare le com ponenti specifiche. Non soltanto dunque non ricorre il vizio di omessa od insufficiente motivazione, ma neppure quello di contraddittoriet, trattandosi di un iter logico del tutto coerente ed armonico, a nulla rilevando la sinteticit della motivazione. Occorre infatti ricordare che il giudice assolve all'obbligo di motivare la propria decisione, anche quando non siano stati confutati minuziosamente e specificatamente tutti gli argomenti dedotti a difesa, semprech ne sia stata fatta una valutazione complessiva delle parti essenzili e si riveli adeguata la ratio decidendi . Una volta escluso che ricorrano i lamentati vizi, il mezzo deve essere rigettato perch si risolve in una non ammessa censura su elementi ed apprezzamenti in punto di fatto, che sfuggono al sindacato di legittimit. Nel secondo. motivo del ricorso si sostiene la violazione dell'ar ticolo 18 I. 11 gennaio 1951, n. 25 (ora abrogato dal t. u. sulle im PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1ste dirette ai sensi dell'art. 188 e sostituito dall'art. 5, in relazione L'art. 3 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3062) (al quale ora corrisponde 1rt. 135 del t. u. predetto) e dell'art. 2433 cod. civ., perch l'accermento comprenderebbe, illegittimamente, cespiti non .percetti, n 1nsiderabili come percetti nell'anno di commisurazione. Inoltre gli ili extra~bilancio, come i dividendi, non potrebbero derogare alla mune norma della loro distribuzione dopo l'approvazione del bincio stesso, mentre ai fini fiscali essi -sarebbero stati erroneamente 1nsiderati come distribuiti iprima di detta approvazione. Neanche questo mezzo fondato. In sostanza con l'invocare le disposizioni di cui agli artt. 2621, -2, e 2433 cod. civ. il ricorrente insiste nel concetto che, essendo etata la distribuzione di utili fittizi ed in genere la distribuzione utili prima dell'approvazione del bilancio, l Fisco non poteva vice! rsa ritenerne anteriore la distribuzione, con ci incidendo sull'anno commisurazione. Inoltre sarebbe contraddittorio, sostiene altresi. nel foglio di lumi, asformare in veri e propri profitti distribuiti agli azionisti (ai fini !Ila complementare) spese ritenute indeducibili agli effetti delmposta di R. M. il caso anzitutto di osservare che il concordato fiscale si ef ttu proprio in base all'occultamento in bilancio di utili ritenuti, .sindacabilmente, distribuiti all'unico azionista; ecco perch non giova ~a al ricorrente invocare a suo favore una disciplina legale sulla diribuzione degli utili stessi, da lui violata, secondo l'accertamento in .tto del giudice di merito. N si pu convenire sulla dedotta contraddittoriet. Questa sarebbe 1ssistente soltanto qualora fosse rimasta dimostrata una analitica for. azione delle singole componenti della voce sopra indicata, sicch se ~ potesse sicuramente escludere il carattere di profitti attribuiti alllllico azionista. Le spese indeducibili agli effetti del reddito di R. M. della societ, L difetto della dimostrazione non equivoca di cui sopra, ben possono >stituire profitti attribuiti, con trasparente dissimulazione, agli donisti. In definitiva quindi anche questo secondo mezzo si risolve in una msura in punto di fatto circa l'occultamento del reddito, in una parcolare voce del 1bilancio sociale, accertato in sede di merito con aprezzamento insindacabile da questa Suprema Corte. Ci tanto in quanto la voce presa in considerazione, in difetto di 1,gionevoli e specifiche spiegazioni circa la sua funzione nell'ambito ella societ, non si giustifica se non come un mezzo di natura contaile per nascondere il reddito ai fini della diversa imposta completentare dell'unico azionista della societ stessa. -(Omissis). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 .giugno 1968, n. 2079 -Pres. Rossano -Est. Malfitano -P. M. Chir (conf.). Menichini (avvocato Mastroianni) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cerocchi). Imposta di registro -Prescrizione -Prescrizione ventennale -Atto presunto esistente ai sensi dell'art. 18 1. r. e non enunciato in altro atto registrato -Applicabilit. (1. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 18). Il diritto delle Finanze a richiedere il pagamento dell'imposta di registro si prescrive col decorso di veriti anni qualora Za tassazione concerna un atto, non 'registrato, ma assoggettabile a registrazione, di cui l'ufficio ha presunto l'esistenza ai sensi dell'art. 18 legge di registro, in quanto presupposto a altro atto registrato, senza essere nello stesso enunciato (1). (Omissis). -Con il primo motivo, denunziandosi la violazione degli articoli 136 e 138 della legge di registro 30 dicembre 1923, numero 3269 si censura la sentenza impugnata per non aver ritenuto prescritta l'azione della Finanza. In proposito si deduce che la Corte di merito ha erroneamente ritenuto applicabile nella specie la prescrizione ventennale perch, essendo l'imposta richiesta di natura suppletiva, la prescJ:izione applicabile era quella triennale prevista dal citato art. 136. La censura infondata. A norma dell'art. 136 della 'legge di registro l'azione della Finanza per il pagamento delle imposte di registro si prescrive, se si tratta di supplemento di imposta, con il decorso di tre anni dalla registrazione dell'atto o contratto, intesa per registrazione, ai sensi dell'art. 3 della legge medesima, l'annotazione degli atti nei pubblici registri a ci destinati. norma, invece, dell'art. 138 della menzionata legge, si prescrive con il decorso di venti anni l'azione della Finanza per il paga (1) Massima esatta. La Corte Suprema ha ritenuto applicabile, nella particolare specie, la prescrizione di cui all'art. 138 1. r., e non quella di cui all'art. 136, escludendo di conseguenza che l'imposta richiesta fosse suppletiva. Per la giurisprudenza che ritiene applicabile la prescrizione triennale qualora la tassa concerna un atto enunciato in altro atto registrato, ma non liquidata e richiesta al momento della registrazione dell'atto enunciante (cfr. Cass. 10 giugno 1953, n. 1687, Riv. Leg. fisc., 1953, 958; v. anche Relazione Avv. Stato, 1951-55, I, 220; v. anche UcKMAR, La legge di registro, III, par. 557. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA ~nto delle imposte e sovrimposte dovute sugli atti non registrati. In relazione a tali disposizioni questa Corte Suprema ha altre lte affermato che il criterio decisivo per far luogo all'applicazione 1 termine di prescrizione triennale o di quello ventennale che tto in base al quale sia richiesta l'imposta sia stato o meno preo. tato al registro (v. sent. n. 347 del 1951). Nella specie la Corte di merito ha correttamente ritenuto che zione proposta dall'Amministrazione delle finanze non fosse !Preritta perch il termine ad essa applicabile era quello ventennale. vero l'imposta e la sovrimposta richieste ai ricorrenti si riferiscono n a un atto registrato, bensi a un atto assoggettabile alla registrame, di cui l'Ufficio del registro ha presunto l'esistenza ai sensi Ila disposizione di cui al secondo comma dell'articolo 18 della legge registro. N vale affermare che, avendo l'ufficio del registro desunto la tstenza della sublocazione da un contratto -di locazione registrato, dova ritenersi applicabile la prescrizione triennale in virt del prinlio pi volte affermato da questa Corte Suprema secondo cui tale escrizione applicabile all'azione della Finanza rper fa richiesta di gamento della imposta di registro relativa agli atti enunciati in atti ttoposti alla registrazione, perch, come stato accertato dalla irte di merito, il contratto di sublocazione per il quale stata riiesta l'imposta non era enunciato nel contratto di locazione stiputo tra il Menichini e l'Avallone e i germani Massi, registrato presso Jfficio di Napoli, ma era stato da questo presunto esistente, sul rri~ o che i terranei oggetto della locazione erano stati utilizzati dalla ciet Menichini & C. per l'esercizio del proprio commercio, an: h dai locatari. -(Omissis). )RTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 luglio 1968, n. 2214 -Pres. Pece Rei. Miele -P. M. di Maio (conf.) -D'Ayola di Volvedo (avv. Russo) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Varvesi). tposte e tasse in genere -Riscossione -Ingiunzione a ~orma art. 92 .r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 -Natura ed effetti -Opposizione giudiziaria -Effetti -Posizione processuale delle parti -Differenze rispetto al procedimento monitorio ordinario. tposte e tasse in genere -Riscossione -Ingiunzione a norma art. 92 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 -Caratteristiche e formalit Motivazione -Necessit -Limiti. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Imposte e tasse in ~enere -Prescrizione breve dei crediti per interessi ed altre prestazioni periodiche -Fondamento -Inapplicabilit ri~uardo a debiti unici rateizzati ed ai relativi interessi a scalare Decorrenza del termine di prescrizione. L'ingiunzione fiscale l'atto foll'male di un procedimento monitoll'io sui generis, che concreta in s le caratteristiche del titolo esecutivo stragiudiziale e del precetto, di guisa che l'opposizione del debitore d luogo ad un procedimento di cognizione ordinario, nel quale l'ingiunto assume la veste di attore ed ha l'onere di provare la illegittimit della pretesa della Finanza al fine di ottenere, da parte del giudice, l'accertamento negativo della predetta pretesa (1). L'ingiunzione fiscale predetta, della quale la pubblica Amministrazione pu avvalersi per la riscossione coattiva delle imposte indirette e di consumo, determina in concreto il debito di imposta e ne ingiunge il pagamento ed in relazione a tale contenuto sufficiente che essa contenga le indicazioni atte ad individuare l'oggetto della pretesa. Una dettagliata esposizione della pretesa fiscale, non richiesta dall'art. 92 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, non in effetti indrispensabile all'obbligato per adempie1e oppure per permettergli l'opposizione (2). La prescrizione breve, regolata dal n. 1 e dal n. 4 dell'art. 2948 c. c., concerne prestazioni periodiche dovute in base ad una causa debendi continuativa, nel qual caso le singole scadenze seguono il termine per adempiere singole obbligazioni autonome ed indipendenti le une dalle altre, onde alle varie scadenze ha inizio il deco'l"so del termine di prescrizione per ciascuna delle pred.ette obbligazioni. Se, invece, si tratta di debito unico, rateizzato in pi prestazioni periodiche di uguale o di diverso importo, dascuna di queste costituisce l'adempimento parziale della unica obbligazione e le varie prestazioni debbono considerarsi nel loro insieme, ai fini dell'adempimento dell'unico debito, ond' che, per giudicare sullo stato di insoddisfazione o meno dell'obbliga( 1) Giurisprudenza costante; cfr. retro, 1964, 777; 1965, 713 entrambe con note di richiamo. L'ingiunzione fiscale emessa a norma dell'art. 92 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 e 144 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, l'atto formale che determina in concreto un debito di imposta e ne ingiunge il pagamento all'obbligato (cfr. GIANNINI, Istituzioni di diritto tributario, 1960, n. 253); assolvendo alla duplice funzione di accertamento e di riscossione partecipa alla categoria degli ordini emessi dalla P. A. (cfr. Cass. Sez. Un., 6 febbraio 1959, n. 381). L'azione giudiziaria, pertanto, proposta in opposizione alla ingiunzione predetta d luogo ad un procedimento di cognizione ordinario nel quale l'ingiunto assume la veste di attore e l'azione stessa diretta ad ottenere un accertamento negativo della pretesa della Finanza, con conseguente pronunzia di legittimit o illegittimit della ingiunzione. Ci quale logica e naturale conseguenza della PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA ,one, occorre riferirsi al termine uitimo concesso, per l'adempimento. ato ci e dato che in materia tributaria per l'obbligazione degli inteissi su debito di imposta rateizzato, vi identit di causa debendi sia ~r la prestazione principale che per quella accessoria degli interessi, termine di prescrizione degli interessi inizia a decorrere dal momento ~ile per il pagamento dell'ultima rata del debito principale (3). (Omissis). -Con il primo motivo i ricorrenti, deducendo violaone e falsa applicazione dell'art. 144 del r. d. 30 dicembre 1923, , 3269, dell'art. 112 cod. proc. civ. motivazione insufficiente e contradittoria (art. 360 n. 3 e 5), sostengono che erroneamente la Corte di .erito ha ritenuto sussistente il requisito della indicazione precisa e >ecifica della causale della pretesa senza considerare, fra l'altro, che riferimento, contenuto nell'ingiunzione, ad un supplemento d'im) Sta, era erroneo trattandosi della richiesta di pagamento di interessi, ide le indicazioni contenute nell'ingiunzione, insufficienti ed erronee, >n permettevano al contribuente di conoscere per quale motivo gli ~niva richiesto quel pagamento; inoltre sostengono i ricorrenti, erro~ amente la Corte di appello ha ritenuto che il vizio denunziato fosse ato sanato con la s,econda ingiunzione, che conteneva la specifica ~posizione del conteggio degli interessi. La censura infondata. L'ingiunzione, di cui la pubblica amm1m razione pu avvalersi per la riscossione coattiva delle imposte indi ~tte e di consumo, determina in concreto il debito d'imposta e ne 1tura di atto amministrativo tipico da essa rivestito (cfr. giurisprudenza tata e nota in questa Rassegna sopraindicate; cfr. anche Sez. Un. 9 otto e 1957, n. 2339, retro, I, 90, con nota di DI TARSIA, e Sez. Un. 30 marzo 168, n. 975, ivi, I, 261). (2) Le statuizioni di cui alla seconda massima sono anch'esse di indiutibile esattezza e, facendo seguito non solo all'indirizzo segnalato al ritardo nella Relazione Avvocatura dello Stato, 1956-60, vol. II, 837 ed alla urisprudenza ivi citata( in particolare Cass. 9 maggio 1956, Riv. leg. fisc., '56, 1074), ma anche alle esp1icite, conformi statuizioni contenute nella urisprudenza sia delle Corti di merito che della Corte di diritto citata, >ssono considerarsi ius receptum. La mancanza di una espressa comminaria di nullit della ingiunzione motivata non in via di dettaglio ed il ragungimento dello scopo dell'ingiunzione di far conoscere al contribuente la etesa della Finanza anche con l'indicazione dell'articolo di campione e !l caso a cui l'imposta si riferisce, sono due ordini di fattori sufficienti a ddisfare il generale precetto della necessit di motivazione degli atti aministrativi e particolarmente degli ordini, alla cui categoria l'ingiunt> ne partecipa. (3) L'affermata disciplina prescrizionale del debito di imposta rateizto con la accessoria obbligazione degli interessi non pu non essere condisa e trova riscontro in precedenti gi segnalati in questa Rassegna, 1965, I, ,7_ Le riserve contenute nel loco citato riguardano il caso di specie ontributi per opere idrauliche di terza categoria). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ingiunge il pagamento ed in relazione a tale contenuto sufficiente che essa contenga le indicazioni atte ad individuare l'oggetto della pretesa. Una dettagliatp., esposizione della pretesa fiscale, non richiesta dall'art. 92 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, non in effetti indispensabile all'obbligato per adempiEIDe oppure per permettergli l'opposizione. Nel caso in esame la Corte di merito ha esattamente ritenuto, riportando anche il tenore dell'ingiunzione, che questa soddisfacesse a tali requisiti indispensabili, dato che menzionava sia la causa del debito sia l'importo di questo, accompagnato anche da una succinta distinti:!.. Non poi esatto il rilievo che l'ingiunzione contenesse .una falsa indicazione della causale, indicando come supplemento d'imposta quella che inv.ece era obbligazione d'interessi, giacch questa, nel caso in cui il debito d'imposta, a richiesta dell'obbligato, venga dalla amministrazione finanziaria rateizzato, integra in definitiva il debito d'imposta maggiorandolo, dovendo la corresponsione degli interessi accompagnarsi obbli,gatoriamente alla rateizzazione stessa (art. 65 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270). Con il secondo motivo i J.'licorrenti deducono la vio1azione e la falsa applicazione degli artt. 145 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 e degli articoli 645, 163, 184 e 345 c. p. c., motivazione insufficiente e contraddittoria (art. 360 n. 3 e 5 c. p. c.) e sostengono che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto tardivamente proposta la confutazione del conto della Finan.za perch esposta nella comparsa conclusionale. I ricorrenti precisano che, avendo essi dedotto la nullit della ingiunzione e la inesistenza della pretesa per avere essi tutto pagato, come risultava dall'esibito certificato dell'ufficio del registro, potevano nel corso del giudizio specificare i motivi di opposizione. D'altro canto, avendo essi esposto prima dell'udienza di precisazione delle conclusioni gli elementi di fatto posti a base del conto, potevano nella comparsa conclusionale sviluppare tali dati in confutazione del conto rpresentato dalla Finanza. In ogni caso, non avendo mutato il petitum e i presupposti di fatto, non poteva la Corte di merito ritenere tardiva la deduzione. La censura infondata. stato pi volte affermato da questa Suprema Corte (da ultimo sent. 16 luglio 1965, n. 1574) che l'ingiunzione fiscale l'atto formale di un procedimento monitorio sui generis, che cumula in s le caratteristiche del titolo esecutivo stragiudiziale e del precetto, di guisa che l'opposizione del debitore d luogo ad un procedimento di cognizione ordinal'io nel quale l'ingiunto assume la veste idi attore e ha l'onere di provare l'illegittimit della pretesa della finanza al fine di ottenere, da parte del giudice, l'accertamento negativo della predetta pretesa (sent. n. 3065 del 1963). Pertanto nel caso di specie .gli opponenti dovevano provare che l'amministrazione finanziaria non aveva diritto di pretendere quella somma perch non dovuta o non dovuta in quella misura, proponendo PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA l'uopo specificatamente le opportune deduzioni in contrasto con il nteggio esibito dalla finanza. La valutazione degli elementi probatori oposti dagli opponenti poi rimessa alla valutazione esclusiva del Lidice di merito, onde la motivazione al riguardo, se sufficiente e non data da errori logici o giuridici, si sottrae a riesame in sede di legitnit. Ora, la motivazione della Corte di merito al rguardo non offre otivi di critica in tal senso. Innanzitutto inesatto che la Corte di erito abbia rifiutato di esaminare le deduzioni contenute nella com. rsa conclusionale avanti al collegio per il motivo che sarebbero :i.te tardive. Al contrario, la Corte di merito le ha esaminate ed ha ncluso che il conteggio esposto non era esauriente n convincente. :i. escluso anche, con argomentazione che non si presta a critiche, e il certificato esibito importasse rinunzia a richiedere la differenza interessi ancora dovuti. Con il terzo motivo, che in parte ripete la censura del secondo ezzo, i ricorrenti lamentano che la Corte di merito abbia erroneaente affermato che, relativamente al conteggio presentato dall'ammistrazione finanziaria, sussistesse la presunzione di legittimit che as: te gli atti amministrativi, non costituendo il conteggio estrinsecazione un'attivit discrezionale della pubblica amminstrazione. Si dolgono 1i che la Corte di merito senza m.otivare abbia respinto il loro conggio e non abbia disposto una consulenza tecnica al riguardo. Sul primo punto della censura va rilevato che una attenta consi~ razione del tenore della sentenza convince che la considerazione in :tta sentenza contenuta circa la presunzione di legittimit del conggfo esibito dall'amministrazione, non costituiva la ragione del deci~ re, ma un argomento di conferma della necessit che, di fronte al :ttagliato conteggio offerto dalla pubblica amministrazione, conteggio sistito inoltre dalla suddetta presunzione, atteso il carattere di atto o.ministrativo dell'ingiunzione fiscale (Sez. Un. sent. n. 1397 del 1964), sse necessario da parte degli appellanti una precisa e penetrante nfutazione. Quanto al secondo punto della censura va richiamato quanto gi servato a proposito dal secondo mezzo, aggiungendosi solo che l'amissione della consulenza tecnica rientra nel potere discrezionale del udice di merito, il quale non ha il dovere di motivare in ordine alla a mancata ammissione quando, fondando la propria decisione su altri ementi della causa, ha mostrato di ritenere che la consulenza tecnica rebbe stata non rilevante. Con l'ultimo motivo i ricorrenti denunziano la violazione e la falsa 1plicazione degli artt. 821, 1944 e 2945 del cod. civ., motivazione sufficiente ed omesso esame della convenzione a rogito Palmieri (arti110 360, n. 3 e 5 c. p. c.) e sostengono che la Corte di merito ha erro~ amente ritenuto che vi fosse stata interruzione della prescrizione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO relativa agli interessi ritenendo che questi fossero dovuti non in base ad una causa continuativa ma ad un'unica causa, onde il pagamento di una rata d'interessi portava all'interruzione della prescrizione della obbligazione di interessi. I ricorrenti affermano che, al contrario, l'obbligazione d'interessi, contenuta nel rogito Palmieri costituiva un'obbligazione autonoma che, quantunque derivante da un unico vinculum iuris, dava luogo a molteplici prestazioni con contenuto diverso anche perch gli interessi dovevano corrispondersi a scalare . Da ci derivava -secondo i ricorrenti -la decorrenza della prescrizione delle singole rate di interessi dalle relative scadenze. La censura non appare fondata. Come ha avuto occasione di precisare questa Suprema Corte (v. sent. 15 luglio 1965, n. 1546) la prescrizione breve, regolata dal n. 1 al n. 4 dell'art. 2948 c. c., concerne prestazioni periodiche dovute in base ad una causa debendi cont~uativa, nel qual caso le singole scadenze segnano il termine per adempiere singole obbligazioni autonome ed indipendenti le une dalle altre, onde alle varie scadenze ha inizio il decorso del termine di prescrizione per ciascuna delle predette obbligazioni. Se, invece, si tratti di debito unico, rateizzato in pi prestazioni periodiche di eguale o di diverso importo, cascuna di queste costituisce l'adempimento parziale dell'unica obbligazione, e le varie prestazioni debbono considerarsi nel loro insieme, ai fini dell'adempimento dell'unico debito, ond' che, per giudicare sullo stato di insoddisfazione o meno della obbligazione, occorre riferirsi al termine ultimo concesso per l'adempimento. Posto ci, e posta la identit della causa debendi e per la prestazione principale e per quella accessoria degli interessi, consegue che il termine di prescrizione per il debito degli interessi iniziava a decorrere, nella specie, dal momento utile per il pagamento dell'ultima rata del debito principale. Pertanto, non necessario esaminare se il pagamento parziale degli interessi costituisca o no atto interruttivo della prescrizione, ma sufficiente rilevare che il giudice di merito ha accertato che, con riferimento alla scadenza dell'ultima rata del debito principale di imposta, non era decorso il termine della prescrizione quinquennale, ritenuta applicabile nella specie e per il debito principale e per quello di interessi. -(Omiss.is). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 luglio 1968, n. 2297 -Pres. Pece Est. Gambogi -P. M. Cutrupia (conf.) -Boetti ed altri (avv.ti Menghini e Sartorio) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Sentenza -Difetto di motivazione circa la qualificazione giuridica dei fatti -Deducibilit in Cassazione -Esclusione. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 789 munione e condominio -Concessione ad aedificandum tra condomini -Trasformazione e non acquisto di diritto reale. Lposta di registro -Diritto di superficie -Agevolazioni tributarie per la costruzione di case di abitazioni -Applicabilit -Limiti. n difetto di motivazione costituisce motivo dii ricorso per Cassame solo per quanto attiene all'accertamento ed alla Valutazione dei ;ti di causa rilevanti per la decisione, e non invece per quanto conrne l'applicazione di norme di diritto o l'affermaziol/1,e di principi iridici, per i quali spetta alla Corte di Cassaziol/1,e solo di controllare e il dispositivo sia conforme al diritto, salvo il potere di correzione ila motivazione ai sensi dell'art. 384 c. p. c. (1). I compartecipanti della propriet di un suolo, allorch abbiano liberato di costruirvi un edificio in condominio, possono, merc recioca concessione ad aedificandum , attribuirsi singolarmente un dito reale attuale sul suolo per la costruzione della parte predetermita di edificio di spettanza di ciascuno, ponendo per tal modo in essere a trasformazione del precedente diritto di ciascuno, potenzialmente ;eso a tutta la cosa indivisa con i limiti derivanti dal concorso degli aloghi diritti altrui, in un determinato e quantificato diritto di surfice afferente alle quote ideali degli altri condomini in complesso nsiderate (2). Le agevolazioni tributarie previste dall'art. 14 della legge 2 lu. o 1949, n. 408 per l'acquisto di aree fabbricabili, competono anche r l'acquisto del solo diritto di superfice o di sopraelevazione del terzo oprietario di un'area o di un edificio; non spettano invece nel caso reciproca concessione ad aedificandum tra comproprietari di una ea, non sussistendo nei confronti di costoro il presupposto dell'acquisto (1) Giurisprudenza pacifica, che costituisce una esatta applicazione dei incipi, cfr. Cass., 12 luglio 1967, n. 1737, Foro it. mass. 1967, 493; Cass., 5 vembre 1966, n. 2727, in questa Rassegna, 1966, I, 1281 con nota di rifenenti. (2) Con la seconda massima la Corte di Cassazione ha ulteriormente ntualizzato i principi elaborati, dopo l'entrata in vigore del codice civile ~ente, in tema di concessione ad aedificandum . : prevalente l'opinione e normalmente, per tal modo, si pone in essere un autonomo diritto reale cosa altrui, che con la effettuata costruzione si trasforma in un diritto propriet superficiale acquistata, pertanto, a titolo originario dal con ~sionario. Non si esclude che le parti possano dar vita invece ad un rapporto menente obbligatorio, con l'effetto che il diritto del concessionario sia limi: o nell'ambito dei rapporti con il concedente (cfr. Cass., 15 luglio 1959, 2319; Cass., 26 giugno 1961, n. 1533, Foro it., 1961, I, 1885 ed ivi ampia nota richiami e riferimenti). In dottrina cfr. SALIS, La superficie, Utet, 1958, 43. Per la disciplina dello ius aedificandi tra 'Superficiari, cfr. BIONDI, in fa a Cass., 7 luglio 1956, n. 2516, Foro it., 1957, I, 841. 790 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di un nuovo diritto, ma verificandosi invece la trasformazione del precedente diritto spettante a ciascuno sulla quota ideale (3). (Omissis). -Col primo mezzo del gravame i ricorrenti, denunziando la violazione e falsa applicazione degli articoli 13 e 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408 e la contraddittoriet ed insufficienza di motivazione, censurano la sentenza impugnata per aver, con questa, la Corte di appello:' a) affermato che il rogito Re del 7 marzo 1959 conteneva una vendita di quote di compropriet di area edificabile da parte del Costamagna Giovanni e della Sanino agli altri contraenti ed una contemporanea costituzione di diritti reciproci di superficie sull'area comune risultante, allo scopo di costruire lo stabile in compropriet gi ripartito nei singoli appartamenti; b) abbia poi escluso che, anche ammessa tale definizione giuridica dell'atto, alla concessione ad aedificandum cosi configurata siano comunque applicabili i benefici fiscali previsti dalla legge n. 408/1949. Le censure sono infondate. Va anzitutto premesso che, trattandosi di questioni di puro diritto come quelle che attengono alla applicazione di definizioni .giuridiche (censura sub a) o di norme di leg,ge (censura sub b) ad una fattispecie assolutamente pacifica per quanto attiene agli estremi del contratto ed alla interpretazione della volont delle parti, intesa alla costruzione dell'immobile in condominio, la doglianza di contraddittoriet o difetto di motivazione non pu essere presa in considerazione, essendo noto che tale motivo di ricorso per cassazione (art. 360 n. 5 c. p. c.) non pu concernere l'applicazione di norme di diritto o la soluzione di questioni giuridiche, in ordine alle quali questa Suprema Corte ha solo il compito di controllare -l'esattezza in diritto del dispositivo, salvo il potere di correzione della motivazione ai sensi dell'art. 384 c. p. c. Ci posto, devesi allora ricordare che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte Suprema, allorch i partecipanti alla comunione di propriet del suolo deliberano di costruire su questo un edificio in condominio, a ciascuno attribuendo il diritto e, correlativamente, l'obbligo di procedere a costruire, a proprie spese e per proprio conto, la parte predeterminata dell'edificio di sua spettanza, con ci i partecipanti. sostanzialmente fanno una concessione ad aedificandum a favore di ciascuno di loro, con gli effetti di cui all'art. 952 c. c. quanto all'acquisto della propriet, attribuiscono cio a ciascuno partecipante un diritto reale attuale sul suolo comune (Cassazione n. 1533 (3) La interpretazione adottata con la terza massima, relativamente all'art. 14 della legge 1949, n. 408 per la costruzione di case di abitazione, appare correttamente condotta in base all'applicazione dei criteri di interpretazione estensiva e non analogica. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 791 1 26 giugno 1961; nello stesso senso: n. 2643, n. 2637 e n. 399 1 1960). Contro questa qualificazione o tipizzazione giuridica dell'accordo ntrattuale complesso de qii.o i ricoNenti portano una sola argomtazione: deducono, cio, che inconcepibile raffigurare in tale acrdo la reciproca costituzione di diritti di superficie, mancando nell'acrdo predetto quella contrapposizione fra proprietario del teorreno e orprietario dell'edificio che connaturata al diritto di costruire su olo altrui, e rilevano che, invece, perfettamente concepibile una mrtizione .orizzontale della propriet immobiliare. Queste obbiezioni non hanno fondamento. evidente, infatti, che che nell'interno di un rapporto di compropriet pu crearsi una contpposizione di interessi e di diritti tra uno dei condomini da una rte e tutti gli aUri dall'altra; e che quindi, si possono attribuire singolo condomino diritti reali sulla cosa in comprorpriet nei conmti degli altri titolari del dominio. Il fatto che tale diritto reale l singolo condomino non afferisca alla quota ideale di sua spettanza n impedisce che su tutte le altre quote ideali in complesso considete il diritto stesso possa concepirsi ed esercitarsi, cos realizzandosi Ila ipotesi della superficie, quella contrapposizione tra proprietario e perficfario che indubbiamente connaturale ad ogni ipotesi di di: to reale su cosa altrui. Quanto, poi, alla possibilit di divisione di un immobile per piani izzontali, la stessa certamente ipotizzabile; ma -a :parte il fatto e nella spece i ricorrenti non hanno mai sostenuto che nel rogito quo fosse contenuta una divisione -la sopra citata giurisprudenza questa Corte Suprema si sostanzia proprio nella affermazione che 1egozi del tipo di quello di cui si discute non contegnono la prevenra divisione materiale di una cosa (l'immobile da costruire) che anra non esiste, bens la reciproca attribuzione di concessioni ad aedi: andum perfettamente concepibili, invece, anche rispetto ad una co~ uzione in fieri . Ci posto per quanto concerne la qualificazione giuridica del rap' rto, resta a vedere se anche alla concessione ad aedificandum come Le possano essere estese le agevolazioni fiscali previste dalla legge 408 del 1949, una volta che le stesse siano gi state applicate al tra~ rimento di propriet dell'area nel suo complesso dal terzo al gruppo condomini, nel cui seno poi avvenuta la costituzione dei diritti superficie. Si sostiene dai ricorrenti, facendo riferimento pure ad una circore diramata dal Ministero delle finanze, che anche la concessione : aedificandum, essendo destinata alla costruzione di un edificio, rien! l nella finalit della legge di agevolazione tributaria e deve quindi llire dei benefici relativi. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La proposizione certamente esatta in questi termini generali, perch indubbiamente anche l'acquisto di un diritto di superficie per edificare rientra concettualmente tra gli e acquisti di aree fabbricabili aventi e per oggetto la costruzione di case che, ai sensi dell'art. 14 della legge n. 408, fruiscono delle agevolazioni tributarie. E pertanto non si potrebbe negMe che chi acquista dal pvoprietario di un'area o di un edificio il diritto di superficie o di sopraelevazione e direttamente edifica su tale area o su tale edificio abbia diritto alle agevolazioni stesse. Ma la situazione cambia quando il diritto di superficie sia reciprocamente concesso tra i condomini che, con lo stesso o con separato atto, abbiano acquistato, in comune, l'area da un terzo mediante un trasferimento di propriet che .gi fruisce della agevolazione fiscale; in questo caso, infatti, mancano entrambi i requisiti richiesti dall'art. 14 della legge n. 408, e cio l'acquisto dell'area e l'oggetto (immediato) della costruzione della cosa. La costituzione del diritto di superficie realizza, infatti, un trasferimento di diritti, e cio un acquisto e solo quando tale .diritto sorge su cosa completamente altrui, dalla quale viene distaccata una componente del diritto di pa.-opriet per essere attribuita ad altri. Ma questo non avviene nel caso di concessione reciproca di diritti ad ae.dificandum in seno ad un gruppo di condomini, perch in tale ipotesi ognuno dei condomini non si vede trasferire un diritto che pa.-ima non avesse, ma vede trasformare in n determinato e quantificato diritto di superficie il suo diritto precedente estendentesi in maniera potenziale su tutta la cosa indivisa e limitato solo dal concorso delle quote ideali altrui. Questa trasformazione del diritto non si concreta, come si premesso, in una divisione, e cio nella attribuzione di una quota materiale, bensl nella sostituzione alla quota ideale di un'altra porzione di ct1ritto anche essa indubbiamente ideale, ancorch delimitata da precisi riferimenti quantitativi e spaziali: ma ugualmente cosa ben dismnta dal trasferimento del diritto da un soggetto ad un altro che concreta l'a.cquisto di area fabbricabile di cui parla la norma di legge. E per le stesse consideraz,:ioni deve escludevsi che la reciproca concessione ad edificandum sia un atto che abbia per oggetto immediato la costruzione dell'edificio. Tale scopo, gi esauritosi con l'acquisto dell'area in comune dal terzo, solo una finalit generica e mediata della costituzione del diritto di superficie, che invece destinata a stabilire, preventivamente ed ante litteram, per evitare la necessit di una suc.cessiva divisione, la precisa estensione dei reciproci diritti e dei reciproci doveri. E che e l'oggetto della costruzione della casa debba consistere nello scopo diretto ed immediato, e non in una generica finalit dell'atto sembra evidente, se non altro per quella impossibilit di interpretazione ana PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA gica della norma che concede agevolazioni tributarie (Cassazione 4052 del 1956) cui ha fatto correttamente riferimento la Corte di orino. Il primo motivo del ricorso deve essere conseguentemente rigettato. Col secondo mezzo i ricorrenti denunziano la violazione e falsa ;>plicazione dell'art. 9 della legge organica del Registro, nonch l'intfficienza e contraddittoriet di motivazione, lamentando che la Corte l appello non abbia ritenuto che fra il trasferimento della propriet il Costamagna e dalla Sanino alle altre parti e la reciproca concesone di diritti ad aedificandum non esistesse quella necessaria ed ininseca connessione che, ai sensi del citato art. 9 della Legge di Regi1ro, d luo.go ad una sola tassazione dell'atto contenente le disposioni connesse. La censura, che, concernendo anche essa un punto di mero diritto, cm pu essere presa in considerazione, per le ragioni gi vedute, sotto profilo del difetto di motivazione, giuridicamente infondata. Basta Lfatti considerare che lo scopo perseguito nella specie dai contraenti, e .o l'acquisto dell'area in comune e la ripartizione degli appartamenti a costruire su detta area, poteva benissimo esser raggiunto con due ~ti distinti di compravendita e di divisione, per escludere che, nel iverso strumento giuridico prescelto, invece, con il rogito Re per giunere allo stesso risultato, ricorra quella oggettiva necessit giuridica o >ncettuale, di connessione o di compenetrazione che, secondo la co: ante giurisprudenza di questa Corte Suprema, deve sussistere tra le iverse disposizioni di un atto perch questo possa scontare una sola olta la tassa di registro, non essendo all'uopo sufficiente una mera mnessione soggettiva, ossia derivante dal mero interesse e dalla mera olont delle parti (in questo senso: sentenze n. 1593, 1560, 496 e 332 el 1966). -(Omissis). ORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 luglio 1968, n. 2337 -Pres. Stella Richter -Est. Boselli -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. Ospedale Guicciardini (avv. Faraone, Zanetti). nposta sulle societ -Soggetti passivi -Azienda appartenente a istituzione pubblica di assistenza e beneficenza -Requisiti per l'applicazione dell'imposta. (I. 8 agosto 1936, n. 1231, art. 8; d. lgt. 24 agosto 1945, n. 585, artt. 2 e 10; I. 6 agosto 1954, n. 606, art. 1). L'imposta sulle societ applicabile, fino al 30 giugno 1957, d una azienda priva di personaiit giuridica e istituita da un ente RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO morale, a condizione che l'azienda abbia autonomia della gesticme e del bilancio, oltre che autonomia dello scopo (1). (Omissis). -Col primo mezzo di gravame l'Amministrazione ricorrente denunzia violazione degli artt. 20 e 21 della 1. 17 luglio 1890, n. 6972; 13 della 1. 8 giugno 1936, n. 1231; 10 del d. I. 24 agosto 1947 n. 585; 1 e 3 della I. 6 agosto 1954, n. 603; 2, 4 e 8 del t. u. 5 luglio 1951, n. 573, nonch difetto e contraddittoriet di motivazione (a sensi de1l'art. 360 n. 3 e 5 c. p. c.), e censura la sentenza impugnata: . a) perch la Corte di merito avrebbe errato nell'accertare se nella specie vi era (e quale fosse) un ente tassabile in base a bilancio, non essendosi attenuta in tale indagine al criterio -stabilito dall'art. 13 della I. 8 .giugno 1936 n.1231 -e poi ribadito da innumerevoli sentenze di questa Corte Suprema e decisioni della Commissione centrale delle imposte -secondo cui, per il riconoscimento -ai fini tributari -di una soggettivit separata delle aziende gestite dagli enti morali, si richiedevano due sole condizioni: che si fosse trattato di una azienda o, pi esattamente, di una impresa., e che questa fosse diversa dall'ente, ossia, perseguisse finalit proprie ed autonome; b) e perch avrebbe comunque errato nella valutazione di fatto, dato che la farmacia dell'Ospedale di Valdobbiadene, non solo un'azienda diversa -nel senso ora indicato -dall'Ospedale Guicciardini , ma, per di pi, dotata anche di autonomia di bilancio e di organizzazione. (1) La sentenza si basa sull'affermazione secondo cui il comma secondo dell'art. 13 della legge 8 agosto 1936, n. 1231 sarebbe stato abrogato dal comma secondo dell'art. 10 (e dal richiamato art. 2) del d. lgt. 24 agosto 1945, n. 585 (poi divenuto l'art. 8 del t. u. 5 luglio 1951, n. 573). A tale convincimento la Corte per pervenuta senza avere compiuto quell'attenta indagine sulla cmpatibilit o meno tra le nuove disposizioni e le precedenti (art. 15 Disposizioni sulla legge in generale) che $!Ostituisce il presupposto logico necessari di ogni affermazione di abrogazione implicita, e senza neppure accennare a quel primo comma dell'art. 24 della legge 5 gennaio 1956, n. 1 sulla perequazione tributaria, nel quale il legislatore si dato cura di disporre l'abrogazione del secondo comma del citato art. 13, ovviament ritenendolo ancora vigente. La Corte si limitata a descrivere la disciplina conseguente dall'art. 10 del d. lgt. 24 agosto 1945 n. 585 come una fase di transizione nella evoluzione legislativa della imposizione eseguita distintamente per ogni singola azienda sulla base dei rispettivi bilanci prevista dall'art. 13 menzionato, al regime... della Unicit delle dichiarazioni e tassazioni , mentre sarebbe stato preferibile che si fosse soffermata a dimo PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 795 Le due censure sono infondate. Come la stessa Amministrazone ricorrente ha esattamente pre= sso nei cenni illustrativi di questo primo motivo di annullamento, concetto tributario di ente tassabile in base al bilancio -che vrebbe fornire il criterio risolutivo della presente controversia stituisce il risultato di una lunga elaborazione legislativa, la quale, ziatasi con la disposizione dell'art. 13, Secondo comma, della 1. 8 llgno 1936, n. 603 (per la quale era sufficiente, a legittimare la sepata tassazione delle aziende gestite dagli enti morali di ogni genere rmti alla compilazione del bilancio, il semplice fatto che l'azienda sse diversa, anche se gestita in economia e non dotata di separata ,rsonalit), si conclusa con la legge 5 gennaio 1956, n. 1 che, L'art. 24, ha abbandonato ogni distinzione, ai fini della tassazione parata, fra redditi degli enti proprietari e redditi delle aziende 1tonome gestite dagli stessi. Si tratta pertanto di individuare -per giudicare della esattezza ,1 criterio concretamente adottato dalla impugnata sentenza -quale sse -relativamente al concetto ora esaminato -lo stato della gislazione al momento in cui ebbe a verificarsi la fattispecie costitiva della pretesa tributaria in questione. Ora, posto che la pretesa ha riferimento agli esercizi anterioi:i L'l luglio 1957, di immediata evidenza ed d'altronde pacifico causa che a quel momento, se non era ancora entrata in vigore citata 1. del 5 gennaio 1956, n. 1 (sulla perequazione tributaria), .e aveva portato alle sue estreme conseguenze il principio della unit della dichiarazione, abolendo -come si detto -la distinzione a redditi delle aziende autonome e redditi degli enti proprietari :are la effettiva prev1s10ne ad opera del legislatore di quella fase di msizione tanto suggestivamente descritta. Invero quando si approfondisce l'esame della compatibilit o meno :t le nuove disposizioni introdotte con il d. lgt. n. 585 del 1945 e le >recedenti dettate dall'art. 13 della legge n. 1231 del 1936, riesce fficile condividere il postulato contenuto nella sentenza in rassegna. 1a azienda , per definizione, caratterizzata da una organizzazione indi~ zata ad una specifica finalit produttiva; finalit che necessariamente pone come propria rispetto all'azienda stessa, e che, oltre ad indirizre, al tempo stesso unifica e delimita il fenomeno organizzativo per cui sa si realizza. Sicch richiedere che l'azienda abbia gestione autonoa rispetto all'ente che l'ha costituita, a ben vedere, equivale a richie' re che esista una azienda individuata come tale, diversa rispetto L'ente che l'ha costituita, e cio equivale a richiedere che sia stato alizzato un fenomeno organizzatorio, dotato -in vista di una finalit oduttiva propria -di quel tanto di individualit e di diversit , ;petto alle normali strutture e finalit dell'ente che l'ha costituito, che nsenta di rilevare l'esistenza di una azienda (per una definizione della 796 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO delle medesime, neppure poteva dirsi vigente l'art. 13 della legge n. 1231 del 1936, dato che con l'art. 10 del d. lgt. del 24 agosto 1945, n. 585, trasfuso poi nell'art. 8 del t. u. 5 luglio 1951, n. 573 (espressamente richiamato dalla 1. 5 agosto 1954, n. 606, istitutiva della imposta sulle societ, per la individuazione dei soggetti passivi dell'imposta medesima), il concetto di ente tassabile in base a bilancio era stato sensibilmente modificato nel senso che in tale novero venivano comprese, oltre alle societ per azioni, in accomandita per azioni o a responsabilit limitata, alle cooperative ed alle mutue assicuratrici, agli istituti di credito ed alle casse di risparmio, alle province ed agli altri enti morali tenuti alla compilazione dei bilanci annuali, anche le fondazioni e le aziende previste nell'ultima parte dell'art. 2 dello stesso Testo Unico, e precisamente e le fondazioni e le aziende aventi finalit proprie, istituite da altri enti, anche se sfornite di personatit giuridica ai sensi della legge civile, quando hanno gestione e bilanci autonomi rispetto a quello della persona o dell'ente che le ha costituite. Ed irragionevole pretendere che, nonostante cosi esplicito tenore del testo della norma, la nozione di azienda autonoma fosse rimasta sostanzialmente identica e quella prevista dall'art. 13 della I. n. 1231 del 1936: specie se si considera che l'art. 2 del t. u. 5 luglio 1951, n. 573 veniva a porsi logicamente e cronologicamente al centro di quella evoluzione legislativa (accennata all'inizio della presente motivazione), per cui nella soggetta materia dal regime della molteplicit o della separazione si era via via passati a quello della unicit delle dichiarazioni e tassazioni dei redditi. Non pu invero recare meraviglia che, costituendo una fase di transizione dalla disciplina originaria a quella finale, la norma ora autonomia organizzatoria come figura organizzatoria diversa rispetto ad una serie di organi a regime normale , cfr. GIANNINI M. S., voce Autonomia pubblica, Enc. dir., 362). Ed anche quell'azienda diversa che l'art. 13 citato descrive come gestita in economia non pu non presentare una, seppur pi limitata, autonomia di gestione rispetto all'ente morale che l'ha costituita. Ancora pi evidente l'impossibilit di riconoscere al fatto della redazione o. della omessa redazione di un bilancio autonomo , quella rilevanza che la Corte ha ritenuto di dover riconoscere. Anzitutto, facile osservare che se la tassabilit separata delle singole aziende fosse condizionata alla compilazione di separati bilanci... la tassazione unitaria o separata delle varie aziende sarebbe rimessa alla volont del contribuente (Cass. 27 giugno 1956, n. 2340, Riv. leg. fisc., 1956, 1467); e -va aggiunto -questa volont del contribuente potrebbe variare anno per anno. V' di pi; l'attribuzione della soggettivit (ancorch talvolta a limitata rilevanza) ad entit della realt extragiuridica che presentino determinati caratteri, uno dei fondamentali compiti dell'ordinamento giuridico; ed impensabile, sul piano politico prima ancora che su quello PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA tata si distinguesse da quella del precedente art. 13 della 1. n. 1231 ~l 1936 nel richiedere, per la tassabilit separata delle aziende in iestione, qualcosa di pi di quanto era richiesto dalla norma precemte: i requisiti appunto dell'autonomia della gestione e del bilancio, tre a quello della autonomia dello scopo. Esattamente adunque ila corte di merito si attenuta, nella indalne di cui si tratta, al criterio pi restrittivo introdotto dal t. u. 573 del 1951, ed egualmente corretta ed incensurabile appare la ;>plicazione che essa ne ha fatto al caso concreto, allorquando ha icluso che il conto riassuntivo aziendale, ad uso completament inTno, periodicamente predisposto dai dipendenti della farmacia allo :opo esclusivo di informare lAmministrazione dell'Ospedale sull'an: imento economico della impresa, o che il limitato potere del direttore l formulare proposte e raccogliere offerte per l'acquisto dei medici: ili volta a volta occorrenti, in assenza di ogni altra ingerenza nelamministrazione dell'azienda, consentissero di considerare dotata la trmacia medesima degli accennati requisiti della autonomia di bi. ncio e della autonomia di gestione, tecnicamente intesi. Che poi la corte di merito abbia tratto codesto suo convincimento rea la natura del conto ed i poteri del direttore dalle norme di un ~golamento (relativo alla disciplina del servizio della farmacia) che on era ancora in vigore al tempo cui si riferiva il .giudizio, non ~mbra motivo idoneo a configurare nella specie quella violazione ell'art. 360 n. 5 c. p. c. che la ricorrente denuncia col secondo mezzo i gravame, ove si consideri che, non essendo mai stata sollevata a .guardo contestazione alcuna dalle parti e non essendosi comunque :cnico, che l'ordinamento consenta al singolo di fare e disfare un soggetto >n il redigere o meno un bilancio. Peraltro, anche le norme organizzatoe dettate dall'ordinamento in relazione al fenomeno dell'impresa prouttiva (cfr. art. 2093, comma secondo c. c.) operano, ove si realizzi nella ~alt extragiuridica una determinata situazione oggettiva. Comunque, la previsione di bilanci separati per ogni singola azienda ra contenuta anche nel comma secondo dell'art. 13 citato. E l'art. 2 del . lgt. n. 585 del 1945 ha, esso pure, previsto il bilancio autonomo non lme ulteriore requisito per la qualificazione dell'azienda come soggetto assivo, ma soltanto come documento che deve essere redatto (sia pure, volte, solo a fini fiscali) quando un ente morale istituisce una azienda, che deve offrire la base per l'imposizione a carico della stessa. :i;>er concludere, auspicabile che la Corte di Cassazione ritorni alla i esatta precedente propria giurisprudenza (oltre alla citata sentenza . 2340 del 1956, dr. Cass. 22 giugno 1963 n. 1698, Foro it., 1963, 2033; Ltri precedenti di dottrina e giurisprudenza sulla questione sono rinveniili in Foro it., 1963, 1847 e 1968, 3009, nonch in Riv. leg. fisc., 1967, 034). F. FAVARA RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fornita la dimostrazione di un diverso ordinamento della farmacia (quella offerta in questa sede essendo intempestiva ed inammissibile), i giudici del merito hanno, evidentemente, formato detto loro convincimento sull'implicito quanto ragionevole (e per nulla erroneo) supposto che l'assetto interno contabile ed amministrativo della azienda fosse in tutto corrispondente a quello delineato dal Regolamento, ancorch successivo, concretamene avuto di mira. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 luglio 1968, n. 2395 -Pres. Rossano -Est. Malfitano -P. M. Toro (conf.) -S.p.a. Montegrappa (avv. Longhini) c. Ministero delle :f'.inanze (Avv. Stato Azzariti). Imposta di registro -Agevolazione fiscale ex articolo unico legge 28 giugno 1943, n. 666 -Trasferimento di aree destinate all'edifica zione privata -Inapplicabilit~. (I. 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni; 1. 28 giugno 1943, n. 66). Ai fini dell'applicazione delle agevoLazioni fiscali previste dall'articolo unico deiLa legge 28 giugno 1943, n. 666, per gli atti di trapasso a fav()lf'e di enti o privati di immobiLi occorrenti per l'esecuzio.ne di piani regolatori, si considerano compiute in luogo e vece dei Comuni le costruzioni e ricostruzioni di opere che i Comuni sono obbligati ad eseguire perch rientranti nelle finalit ad essi demandate dalla legge, e non anche le altre costruzioni e ricostruzioni previste dai piani regolatori (1). (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso, denunziandosi la violazione della legge 28 giugno 1943 n. 666 e il difetto di motivazione di cui all'art. 360 n. 5 del c. p. c. si censura la sentenza impugnata (1) Con la sentenza 27 luglio 1965, n. 1787 (in questa Rassegna, 1966, I, 153, con nota di F. FAVARA, e in Foro It., 1965, I, 1968), la Corte di Cassazione aveva negato l'applicabilit delle agevolazioni previste dall'articolo unico della legge 28 giugno 1943, n. 666 agli atti di trasferimento di immobili per i quali i piani particolareggiati prevedano sistemazioni edilizie a carico dei privati. Ora, .Ja Corte di Cassazione, aderendo pienamente alla tesi prospettata dall'Avvocatura, ha meglio precisato l'ambito di applicazione delle agevolazioni di che trattasi, dettando un criterio unitario vuoi per gli atti di trapasso a favore dei comuni vuoi per gli atti di trapasso a favore di enti o privati . Per entrambe queste categorie di atti, i benefici sono condizionati a che l'immobile trasferito sia non soltanto occorrente per la generica attuazione del piano regolatore, ma anche occorrente per la costruzione di PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA ~r aver ritenuto inapplicabile all'atto di trasferimento del terreno il Comune di Milano alla societ Montegrappa l'agevolazione tribu. ria prevista dalla legge n. 666 del 1943, sul riflesso che la costruzione ~ll'edificio che la societ si era obbligata ad eseguire sul detto terreno ise non rientrasse tra le opere che il Comune era tenuto ad eseguire L base al piano regolatore. In proposito si deduce che la Corte di erito ha erroneamente ritenuto che l'applicazione del beneficio fiscale a subordinata alla condizione che la costruzione dell'opera prevista il piano regolatore rientri tra le incombenze 'spettanti al Comune ~r funzione e competenza, perch la legge richiede soltanto che :iipera sia eseguita in luogo e vece del Comune. La censura infondata. L'articolo unico della 1. 28 giugno 1943, n. 666 stabilisce che gli ;ti di traspasso a favore dei Comuni per l'espropriazione o l'acquisto l immobili occorrenti per l'esecuzione di piani regolatori generali particolareggiati e gli atti di trapasso a favore di enti o privati che ravvedano alle costruzioni o alle ricostruzioni in luogo e vece dei omuni in relazione ad apposite convenzioni aventi data certa e stipu1te per l'esecuzione dei piani medesimi, sono soggetti alle imposte sse minime di registro e di trascrizione nei registri immobiliari per ~i trasferimento . Ora, affinch il privato possa usufruire delle agevolazioni tributrie previste dalla citata disposizione per l'atto di acquisto di un ~rreno dal Comune, necessario che la costruzione o la ricostruzione ie egli si sia obbligato ad eseguire su tale immobile costituisca non >lo la esecuzione di un piano regolatore, ma anche un'opera che il n.'opera di urbanizzazione primaria o secondaria e comunque di un imianto pubblico la cui realizzazione in esecuzione della pianificazione uranistica rientri nelle funzioni istituzionali del comune. Sicch, l'acquisto :t parte di enti o privati equiparato all'acquisto da parte dei comuni, ella misura in cui l'ente o il privato si sostituisce al comune, assumendo l di s (mediante apposita convenzione avente data certa) compiti di >mpetenza del Comune. L'anzidetta unicit del criterio delimitativo dell'ambito di applicazione ei benefici coerente con l'unit della ratio legis espressa dall'articolo 1 esame, e -per di pi - strettamente aderente al testo dell'arti) lo stesso. Esso favorisce gli atti di trasferimento di immobili i quali, 1 ogni caso, e cio anche quando il trasferimento avvenga a favore di n ente o di un privato, siano occorrenti per l'esecuzione dei piani rego1tori generali e .particolareggiati ; espressione questa nella quale certatente non si possono far rientrare tutti gli immobili cui il singolo piano ~golatore si riferisce, ma solo quelli di tali immobili che siano in una articolare relazione strumentale rispetto an'attivit comunale per la ttuazione del piano. F. FAVARA RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Comune era obbligato ad eseguire perch rientrante tra i compiti inerenti alle funzioni demandategli dalla legge. Il legislatore, stabilendo che le costruzioni o le ricostruzioni siano fatte dai privati in luogo e vece dei Comuni ha inteso riferirsi non a qualunque opera prevista dai piani regolatori, ma soltanto a quelle la cui esecuzione costituisca l'esercizio dell'attivit dell'ente pubblico diretta al conseguimento dei fini da esso perseguiti. Per l'applicazione dei cennati benefici, pertanto, non sufficiente che nell'atto di trasferimento dell'immobile al privato si dichiari che l'acquisto viene eseguito per l'esecuzione del piano regolatore e al fine di costruire in luogo e vece del Comune venditore, ma necessario che si dimostri che l'opera di cui prevista la costruzione o la ricostruzione a cura del privato rientri tra i compiti di detto ente. Nella specie la Corte di merito, accertato con incensurabile apprezzamento di fatto, che la costruzione degli edifici che la societ ricorrente si era obbligata ad eseguire sul terreno acquistato dal Comune di Milano, pur costituendo esecuzione del piano regolatore, non rientrava tra le opere che tale ente era obbligato ad eseguire in adempimento delle sue funzioni, ha correttamente ritenuto che all'atto di trasferimento del terreno medesimo non fosse applicabile il beneficio del .pagamento della tassa fissa di registro. N in contrario vale affermare che la costruzione assunta dalla ricorrente dovesse essere obbligatoriamente eseguita dal Comune sol perch prevista dal piano regolatore, in quanto tale previsione implicava che essa dovesse essere eseguita in conformit delle norme stabilite dal piano medesimo, ma non pure che rientrasse tra le opere che tale ente era obbligato a compiere in adempimento delle funzioni demandategli. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 luglio 1968, n. 2490 -Pres. Malfitano -Est. Geri -P. M. Toro (conf.). Lorenzini (avv. Postiglione) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Foligno). Imposta di successione -Prescrizione -Rateizzazione del pagamento dell'imposta -Accordo di dilazione -Mancato pagamento di una sola rata -Decadenza dalla dilazione -Tolleranza, da parte della Finanza, nell'agire nei confronti del debitore -Irrilevanza -Cessazione dell'interruzione della prescrizione -Decorrenza di nuovo termine di prescrizione anche nei confronti della Finanza. (r. d. 23 dicembre 1923, n. 3270, artt. 65, 89). La norma dell'art. 65 della legge sulle successioni -secondo la quale il contribuente pu beneficiare di dilazione nel pagamento PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Wimposta mediante rateizzazione e decade dal beneficio se non empie al pagamento di una sola rata -ha carattere imperativo e lerogabile ed alla sua osservanza sono tenuti sia il contribuente sia Finanza, nei conf1onti della quale, anche nel caso di tolleranza circa iadempimenfo del debitore, inizia a decorrere un nuovo termine prescrizione non appena l'accordo di dilazione venuto meno (1). (Omissis). -Nel secondo motivo si sostiene la violazione degli :t. 2934, 2944 e 1457, secondo comma, cod. civ. e 86 e 65 della legge ll'imposta di successione, perch doveva essere ritenuta fondata la ~ezione di .prescrizione triennale. Infatti verificatasi la decadenza l beneficio del termine, come conseguenza del mancato pagamento, nuovo periodo di prescrizione incominciava a decorrere dopo venti >rni dalla scadenza della prima rata (26 novembre 1954), senza e l'accordo sulla dilazione di pagamento potesse avere effetto soensivo permanente, tenuto conto della essenzialit del termine e lla conseguente risoluzione dell'accordo stesso circa il pagamento lazionato. Poich l'ingiunzione fu notificata il 22 settembre 1961, l oltre tre anni dopo l'interruzione di carattere istantaneo, costiita dal patto di dilazione, inteso come riconoscimento del diritto Ila Finanza, e anche dopo la decorrenza dei venti giorni succesri alla vana scadenza della prima rata, la prescrizione doveva conlerarsi ormai maturata con conseguente estinzione del diritto. Questo mezzo sostanzialmente fondato e merita quindi essere colto. Sono noti, in materia di imposte, i principi di irrinunziabilit ed disponibilit del tributo, per effetto dei quali anche la p. a. deve :enersi rigorosamente vincolata alle norme di legge, n pu esortare, con atti di volont bilaterali od unilaterali, oltre i limiti dalle ~e norme stabiliti. L'art. 65 della legge tributaria sulle successioni concede al con. buente il beneficio di dilazionare il pagamento dell'imposta in un dodo di tempo non maggiore di sei anni, mediante rateizzazione U'importo dovuto ed altre condizioni espressamente previste in redone alla natura immobiliare o mobiliare del cespite. L'ottavo comma dello stesso articolo stabilisce che il debitore, adempiente al pagamento di una rata oltre venti giorni dalla scanza, decade dal beneficio della dilazione ed obbligato a pagare una sola volta le rate residue, gli interessi maturati e la sopratassa. Trattasi evidentemente di una norma inderogabile alla quale non 1 sottrarsi n il contribuente n l'Amministrazione finanziaria, la (1) Non constano precedenti. 802 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quale, tenuta alla sua osservanza, ha il dovere, non appena verificatasi la decadenza, di procedere contro il debitore d'imposta ai sensi di legge. N vale o.pporre che la predetta disposizione sarebbe stata dettata nell'esclusivo interesse della Finanza, con la conseguente facolt di quest'ultima di confermare la concessione del beneficio fino al termine ultimo della rateazione. Se cos fosse la comminatoria di decadenza dal patto di dilazione avrebbe dovuto essere affidata al potere discrezionale della p. a. e non gi stabilita dalla legge, con rigoroso vincolo per tutti i destinatari della norma, cio da un lato il contribuente e dall'altro I'Amministrazione finanziaria. Quest'ultima anzi, omettendo di agire contro il contribuente moroso, viola la norma legislativa (che ha indole rigida ed imperativa), conferendo carattere di discrezionalit ad una attivit vincolata. A nulla rileva in base alle illustrate considerazioni, la circostanza meramente contingente che la Finanza abbia, in fatto, rispettato per intero n termine di dilazione malgrado l'intervenuta decadenza. Gli effetti giuridici di quest'ultima, fissati inderogabilmente in legge, restano fermi indipendentemente dal comportamento tenuto in concreto dal contrlbuente e dall'Amministrazione finanziaria. Uno di tali effetti appunto la cessazione, relativamente alla interruzione del termine prescrizionale, della permanenza propria dell'accordo di dilazione. Questo venuto meno, ope legis, riprende a decorrere un nuovo periodo di prescrizione uguale a quello originario (art. 89 ultimo comma della legge) non potendosi attribuire effetto interruttivo permanente ad un comportamento di tolleranza dell'Ammini: strazione vietato dalla legge e quindi carente di conseguenze giuridiche. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 luglio 1968, n. 2493 -Pres. Favara -Est. Perrone-Capano -P. M. Gentile (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Salto) c. Societ Case al Mezzogiorno (avv.ti Mossa e Pileri). Imposta di registro -Agevolazioni per la costruzione di case di abitazione non di lusso -Contratto di appalto relativo alla costruzione dell'intera opera -Successivi contratti stipulati con altri appaltatori, relativamente alla stessa opera -Benefici -Applicabilit. (1. 2 luglio 1949, n. 408, artt. 14 e 19). Le agevolazioni tributa1ie per la ricostruzione edilizia, previste per i contratti di appalto dagli artt. 14 e 19 l. 2 luglio 1949, n. 408, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 803 ~ono applicarsi anche se ad un primo contratto di appalto, comprenrite L'intera opera, si aggiungano successivi e pi specifici contratti, ~orch con diversi appaltatori, intesi in senso unitario col primo e :ondizione che L'opera venga compiuta con Le caratteristiche richie dalia Legge e con L'osservanza dei termini prescritti (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso, nel denunciare la vioione e falsa applicazione degli articoli 14 e 20 della legge 2 luglio W, n. 408, e degli articoli 1 e 8 della legge organica di registro, cui al r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, nonch difetto di motivazione ca punti decisivi della controversia, l'Amministrazione delle finanze duole che non sia stata riconosciuta la decadenza delle parti (comttente e appaltatrice) dai suindicati benefici trilbutari. Essa sostiene ~ il primo contratto di appalto del 12 gennaio 1952, il quale con- 11:plava la costruzione di un fabbricato di nove piani, non ebbe 1cuzione che in minima parte, e cio solo per lo sterro e le fondanta, mentre la vera e propria costruzione venne effettuata in ese: ione dei due successivi contratti di appalto (del 19 aprile e del 21 ile 1952), l'ultimo dei quali fu stipulato, per giunta, con un'im! Sa diversa ( impresa Ciardi in nome collettivo ) da quella che ~va assunto il primo appalto ( impresa Ciardi societ per azioni ). sostanza, la ricorrente sostiene che il primo contratto di appalto i ebbe esecuzione, a differenza degli altri due, e che la mancata. )arziale esecuzione determin, limitatamente al primo contratto, la :adenza dalle agevolazioni tributarie concesse in sede di regiazione. L'assunto non appare fondato. noto che la legge 2 luglio 1949, n. 408, concede il beneficio l'imposta fissa di registro per i contratti di appalto che abbiano per tetto la costruzione, la ricostruzione o l'ampliamento di case di tazione n.on di lusso (anche se comprendenti uffici e negozi), purch opere siano iniziate ed ultimate entro i termini all'uopo stabiliti .ccessivamente prorogati e anche con la recente legge 7 febbraio i8, n. 1150, diversamente fissati). Dai benefici applicati in sede registrazione del contratto di appalto, a nm'llla degli articoli 14 l9 della legge, si decade, salvo casi di forza maggiore, qualora le (1) Il principio enunciato nella sentenza, appare esatto, anche se nella cie se ne contestava l'applicazione, in quanto risultava che il secondo tratto di appalto aveva modificato e sostituito il primo contratto che, t avendo avuto esecuzione, non poteva godere dell'agevolazione. Sulla ione di costruzione ai fini della legge n. 408 e sull'estensione del: evolazione ai subappalti, cfr. Cass. 23 marzo 1965, n. 478, in questa isegna, 1965, I, 1019. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DJ!.LLO STATO nuove costruzioni, le ricostruzioni e .gli ampliamenti non siano compiuti ai sensi ed entro i termini fissati ., giusta il disposto dell'articolo 20 della legge medesima. La decadenza, dunque, .non determinata da fatti attinenti al contratto di appalto o alla persona dell'appaltatore, ma da circostanze obiettive di tutt'altra natura, e cio per non essere l'opera rispondente ai requisiti richiesti dalla legge (case di abitazione non di lusso), requisiti che mirano a soddisfare esigenze di interesse pubblico e giustificano, perci, il trattamento tributario di favore, o per non essere stata l'opera compiuta nei termini stabiliti, i quali mirano a sollecitare l'attuazione delle cennate esigenze e concorrono cosi, se osservati, a giustificare la concessione delle agevolazioni fiscali. La finalit, infatti, perseguita con la leg.ge Tupini del 2 luglio 1949, fu quella di favorire. le costruzioni e ricostruzioni di case di abitazione non aventi carattere di lusso, onde incrementare sollecitamente il patrimonio edilizio distrutto o danneggiato dagli eventi bellici, con particolare riguardo a quello di carattere popolare. Per il raggiungimento di tali finalit, gli unici dati rilevanti sono quelli della natura e del tempo della costruzione (o ricostruzione), nel senso che l'agevolazione tributaria compete a tutti i contratti di appalto, che comunque -isolatamente o nel loro complesso, a mezzo di uno solo o di pi appaltatori -conseguano il risultato di realizzare le dette opere con le modalit e nei termini stabiliti. La stessa ricorrente riconosce che ove l'esecuzione complessiva dell'opera edilizia venga frazionata in tanti contratti di appalto, la cui somma dia l'intero, l'aigevolazione tributaria spetterebbe a tutti . Ma alla medesima conclusione devesi pervenire anche nel caso in cui, come nella specie, ad un primo contratto di appalto, comprendente l'intera opera, si aggiungano successivi e pi specifici contratti, ancol\ch con altri appaltatori, ma riguardanti sempre quella determinata opera, la quale venga .poi compiuta (cosi come nella specie fu compiuta) con le caratteristiche richieste dalla legge per la concessione dell'agevolazione tributaria (caso di abitazione non di lusso) e con l'osservanza dei termini allora all'uopo prescritti. -(Omiss-is). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 luglio 1968, n. 2495 -Pres. Rossano -Est. Arienzo -P. M. Gedda (conf.). Munari (avv. Palenca) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Gargiulo). Imposte doganali -Prescrizione -Diritti dovuti in relazione a fatti costituenti reato -Norma che stabilisce la decorrenza del termine prescrizionale dalla data in cui la sentenza penale diviene irrevocabile -Applicabilit al caso di sentenza penale che dichiara PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 805 . estinto il reato per prescrizione -Disciplina generale di cui all'art. 2947 c. c. ultima parte -Inapplicabilit. (c. c., art. 2947; I. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 27). La disposizione deil'ultimo comma deU'art. 27 della l. 25 settemre 1940, n. 1424, secondo La quale la prescrizione, per i diritti dogaili dovuti in relazione a fatti costituem,ti reato, decorre dalla data in Li il decreto o la sentenza, pronunciati nel procedimento penale, ~vengano irrevocabili, applicabiie anche nell'ipotesi che il procedi. ento si concluda coin sentenza che dichiari estinto iZ reato per pre~ izione, senza che possa invocarsi l'applicazione dell'art. 2947 c. c. ~tima parte, rispetto al quale, per La deco'l'renza del termine di pre: rizione dei diritti doganali evasi per effetto di reato, la norma del t. art. 27 costituisce una disciplina eccezionale ed autonoma (1). (Omissis). -Con il primo motivo del ricorso si deduce la falsa ;>plicazione dell'art. 27, ultimo comma, della legge doganale 25 set~ mbre 1940, n. 1424 con riferimento all'art. 360, n. 3 cod. proc. civ. si sostiene che la Corte del merito ha errato nel ritenere che fra ' sentenze in detta norma richiamate debbano ricomprendersi anche ' sentenze di proscioglimento, mentre al contrario si deve aver ri 1ard alle sole sentenze di condanna. L'ipotesi di diritti aventi tusa in un reato ., prevista nell'art. 27 cit., ricorre se il reato sia stato :certato, mentre, nel caso in esame, tale presupposto, come pm am lamente deduce il ricorrente nella memoria, non avrebbe formato ~getto di a.ccertamento. La doglianza, che nell'ultima parte enuncia un3: censura nuova :m dedotta in sede di merito, infondata. La sentenza impugnata ha ritenuto che l'art. 27 della legge doga :i.le, -nello stabilire che il termine di prescrizione dell'azione per riscossione dei diritti doganali decorre dalla data in cui il decreto la sentenza, .pronunciati nel procedimento penale, siano divenuti revocabili, non consente di escludere, a. causa della sua ampia for culazione e in mancanza di alcuna specificazione, dalla previsione ~Ila norma le sentenze di proscioglimento e, fra queste, quelle di pro :ioglimento per intervenuta prescrizione. La soluzione adottata in de di merito, conforme all'indirizzo di questa C. S. (Cassi. 20 feb :aio 1967, n. 415), trova la sua giustificazione non solo nella for Lulazione letterale della norma, ma anche nel suo contenuto logico ;sendosi con la locuzione, abbia causa da un reato, voluto far ferimento non all'esistenza di un reato irrevocabilmente accertato (1) In tal senso l'orientamento della giurisprudenza ormai costante: r. Cass. 20 febbraio 1967, n. 415, in questa Rassegna 1967, I, 155, con >ta. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO bens ai casi di aziooe penale, instaurata per il fatto commesso per evadere il pagamento, totale o parziale, dei diritti doganali e conclusasi con sentenza irrevocabile di condanna o di ;proscioglimento. Pertanto, il caso concreto sottoposto all'esame dei giudici di merito, di proscioglimento del ricorrente con sentenza che ha' dichiarato estinto per prescriziooe il fatto costituente il reato in cui trovava causa il mancato pa,gamento dei diritti doganali, rientra nella previsione dell'art. 27, ultimo comma, della le~ge doganale, non essendo consentita l'interpretazione, sostenuta dal ricorrente, che restringe l'applicabilit della norma ai soli casi di definiziooe del procedimento penale con sentenza di condanna. Con riguardo, poi, all'assunto, per la prima volta dedotto in questa sede di legittimit, secondo cui nel caso concreto, mancherebbe l'accertamento della diversa destinazione data alla merce importata in esenzione sufficiente rilevare che tale circostanza non richiedeva una specifica indagine, essendo pacifico e non controverso fra le parti che il fatto attribuito al ricorrente costituisse reato di contrabbando, come risultava anche accertato in sede penale prima dell'emanazione della sentenza di proscioglimento per la so~ pravvenuta prescrizione. Le esposte considerazioni dimostrano anche la infondatezza del secondo motivo del ricoTso con il quale si sostiene un'ulteriore violazione dell'art. 27 cit. per aver la sentenza impugnata ritenuto che la pendenza del procedimento penale produca un impedimento all'esercizio dell'azione civile, mentre, costituendosi parte civile, l'Amministrazione delle dogane avrebbe impedito il verificarsi della prescrizione. Infatti, dalla premessa che, a' sensi dell'art. 27 cit., il termine di prescrizione per la riscossione dei diritti doganali evasi decorre dalla data in cui il decreto o la sentenza, che definiscono il procedimento penale, diventano irrevocabili, consegue che, in via generale, la detta Amrhinistrazione non tenuta a costituirsi parte civile, ben potendo attendere la definizione del procedimento penale per poi richiedere, nel termine di prescrizione di cui all'art. 27 cit., il pagamento dei diritti do.ganali evasi. Con il terzo motivo, sotto il profilo della violazion dell'art. 2947 ultima parte cod. civ. e del mancato coordinamento della norma do ganale con quella generale per la quale .i termini di prescrizione ci vile cominciano a decorrere dopo il passag,gio in giudicato della sen tenza penale purch non intervenga prescrizione in sede penale, si sostiene' che la Corte del merito abbia erroneamente ritenuto che i termini di prescrizione possano interamente decorrere due volte, prima in sede penale e poi in sede civile. E, infine, con il quarto motivo, si deduce la nullit della sentenza per contraddittoriet della moti vazione per aver la Corte del merito prima ritenuto che non vi fosse stata prescrizione, perch il pagamento dei diritti doganali traeva PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA ausa da un reato ed era applicabile l'art. 27 1. d. e poi sostenuto ivece, che non trattavasi di risarcimento del danno da fatto illecito ensi di autonomo diritto dello Stato sorto in dipendenza del pas1. g.gio della merce attraverso la linea di confine. La do.glianza non fondata. La sentenza impugnata non ha messo l'esame del coUe.gamento tra l'art. 27 1. d. e l'art. 2947, ultima arte, cod. civ., ma ha ritenuto che la prima e non la seconda norma ovesse re.golare il caso concreto, atteso il carattere particolare della isciplina della decorrenza del termine di prescrizione dei diritti doanali evasi per effetto di reato e l'autonomia nell'ordinamento .giuldico della -leg.ge doganale, contenente un insieme organico di norme una disciplina unitaria a se stante. Non pu, quindi, revocarsi in 11bbio che la p,articolare norma doganale, -non eliminata dall'orinamento .giuridico da una espressa disposizione abrogratrice ed anzi >nservata dall'art. 248 disp. att. cod. civ. in quanto l'art. 27 1. d. ~gola unitariamente il termine di prescrizione dei diritti doganali la sua decorrenza -debba regolare la fattispecie in cui l'azione ello Stato per la riscossione dei diritti doganali sorga da un fatto :istituente reato, senza che possa utilmente invocarsi la norma gene: ile contenuta nell'art. 2947 ultima parte cod. civ.. Dovendosi, quini, applicare al caso concreto l'art. 27 1. d., -secondo il quale la rescrizione quinquennale per i diritti doganali dovuti in relazione fatti costituenti reati decorre dalla data della sentenza penale irreJcabile anche se, come sopra detto, di proscioglimento per essersi il mto estinto per prescrizione -, la contraddizione in cui sarebbe Lcorsa la sentenza non investe un punto decisivo della causa perch, a che ven.ga configurato come titolo alla riscossione dei diritti domali (art. 4 1. doganale) ovvero, secondo il .generale orientamento ~Ila dottrina e della .giurisprudenza (cass. 17 novembre 1962, n. 3136), >me titolo al risarcimento del danno in conseguenza del reato, la isciplina applicabile sempre, in entrambi i casi, quella dettata dalart. 27 cit. -(Omissis). ORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 luglio 1968, n. 2584 -Pres. Pece -Est. Loria -P. M. Toiro (conf.). Boni (avv. Dallari) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato S0prano). nposte e tasse in genere -Imposte indirette -Valutazione fondi rustici e aree fabbricabili -Nozione degli uni e delle altre -Tassazione. (1. 20 ottobre 1954, n. 1044, art. 1; r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 16). Il sistema di tassazione tabeUare, previsto daita legge 20 ottobre ~54, n. 1044, art. 1, appiicabiie unicamente ai fondi rusticri, ai 808 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fondi, cio, che, al momento deU'imposiziol/1,e sono utilizzabili per soli fini agricoli; non , invece, applicabiie ai terreni che rientrano nel concetto di aree fabbricabili., a quelli, cio, che, per i lo1"o caratteri, sono utilizzabili per costruzioni ad uso civiie e per costruzioni ad uso industriale, e nemmeno ai terreni destinati a qualsiasi diversa utilizzazione, che impedisca di caratterizzarli come fondi rustici (1). (Omissis). -I primi tre motivi del ricorso, involgendo un unitario complesso di censure circa i criteri se.guiti dalla Commissione Provinciale nella determinazione del valore dell'immobile in contestazione, possono essere presi in esame congiuntamente. Con essi si denuncia la violazione dell'art. 1 della leg,ge 20 ottobre 1954, n. 1044, assumendosi (primo motivo) che la Commissione p,rovinciale avrebbe contravvenuto al divieto di procedere all'accertamento di valore nei confronti dei fondi rustici, in ordine ai quali vige il principio della tassazione sul valore dichiarato quando esso non risulti inferiore a quello calcolato in base alle tabelle compilate dalla Commissione censuaria centrale per l'applicazione dell'imposta progressiva straovdinaria sul patrimonio con riferimento al reddito catastale aggiornato secondo determinati coefficienti. La pretesa attitudine edificatoria dell'immobile di cui trattasi, ritenuta dalla Commissione tributaria, avrebbe egualmente precluso la commisurazione della tassazione al valore di mercato, dovendosi, per la applicazione dell'imposta di successione, aver riguardo allo stato oggettivo attuale di fondo rustico di esso e non gi ad eventuali possibili future sue utilizzazioni extra agrarie. Altra violazione della stessa norma (motivo secondo) consisterebbe, a dire dei ricorrenti, nell'avere la Commissione Provinciale confuso la nozione di area fabbricabile, che presuppone necessariamente la inclusione di questa in un piano regolatore urbanistico, con quella di fondo rustico suscettibile di sfruttamento industriale edilizio. Infine i ricorrenti sostengono (motivo terzo) che, in violazione de,gli artt. 10 e 11 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e degli artt. 10 a 20 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, la Commissione Provinciale avrebbe errato nel fondare la nozione di fabbricabilit dell'immobile ereditario sulla vi,genza, al tempo dell'apertura della succes (1) Massima di particolare interesse. Per quanto concerne i limiti di applicabiHt del1a legge n. 1044 cfr. Cass. 29 novembre 1963, n. 3062, in questa Rassegna, 1964, I, 167 e per la destinazione dell'immobile come decisiva ai fini del criterio di determinazione del valore venale cfr. Cass. 9 marzo 1964, n. 513, ivi, 1964, I, 764. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA one, di un piano regolatore del Comune di Ravenna, tale piano rego1tore essendo entrato in vigore solo tre anni dopo mediante publicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto ;presidenziale approativo di esso. Le doglianze sono da disattendere. La decisione impugnata si sostanzia, per quel che attiene al punto tvestito dalle critiche come sopra rivoltele dai ricorrenti, nel diniego ie al terreno posto nell'ambito del Comune di Ravenna e facente :irte dei cespiti ereditari della successione Boni potesse riconoscersi, lche se alla data dell'apertura della successione era, come lo era 11r sempre, coltivato con produzioni q.gricole , la natura di fondo :istico. Secondo l'assunto dei contribuenti, trattandosi di fondo rustico, ~a assoggettabile, per gli effetti dell'imposta di successione, non ad :certamento di valore ma a quella forma di tassazione su un valore tpportato al reddito catastale e stabilito con il sistema tabellare, 11ale previsto e disciplinato dall'art. 1 della legge n. 1044 del 1954. La Commissione motiv la .propria decisione rilevando: a) che il rreno era indicato nel piano regolatore generale del Comune di avelina, adottato nell'aprile del 1962, come zona industriale; b) che 1so era adiacente al Consorzio Agrario e di fronte all'Agip Mineraria, o in vicinanza di altri terreni gi utilizzati a scopi industriali; c) che reva un fronte, sia pure limitato, sul Canale Candiana (Porto di avenna), e ci ne esaltava l'utilizzazione accennata. Conseguenteente, dato atto come risultasse che nel novembre del 1961 un terreno iiacente e press'a poco di eguale estensione era stato venduto a scopo dustriale per il. prezzo di lire 3.500 al metro quadrato e tenuto prente, d'altro canto, che parte del terreno in questione era dal piano 1golatore destinato a verde, procedette all'accertamento del valore ~l terreno predetto determinandolo nella misura di lire 3.500 al me- o quadrato. L'impugnazione proposta dai ricorrenti, nelle varie censure in ti si articolano nel loro insieme i primi tre mezzi qui considerati, uove fondamentalmente dall'idea che il terreno ad essi ricorrenti ccato in eredit non potesse, ai fini dell'imposta di successione, cevere alternativamente altra classificazione all'infuori di quella di ndo rustico o di area fabbricabile, giusta la distinzione contenuta ~ll'art. 1 della citata legge n. 1044, ove nei primi due commi si discilina il particolare sistema di tassazione tabellare per i fondi rustici, .entre nell'ultimo comma si dichiara che restano ferme le disposioni degli artt. 15 e seguenti del r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639 per ianto riguarda la valutazione dei boschi e delle aree fabbricabili. Secondo i ricorrenti, la qualit di fondo rustico avrebbe dovuto :sere riconosciuta al loro terreno in considerazione della utilizzazione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO agraria che ne era fatta mentre non esistevano le condizioni perch lo si potesse qualificare area fabbricabile, speCificano i ricorrenti che il carattere di area fabbricabile pu essere attribuita soltanto a quelle superfici di terreno che, per la loro ubicazione, per la loro distinzione in lotti, per essere dotate di infrastrutture urbanistiche, e soprattutto per essere comprese in un piano regolatore urbano debitamente approvato ---'-elementi tutti non esistenti nella specie -manifestino la funzione, cui in atto ed immediatamente sono predisposti ad assolvere, dell'insediamento in essi di nuclei residenziali. L'errore della decisione impugnata sarebbe consistito appunto nell'avere attribuita la natura di area fabbricabile ad un terreno di cui stata ravvisata solo la idoneit ad accogliere la installazione di impianti industriali, laddove la fabbricabilit presa in considerazione dalla le~ge del 1954 esclusivamente quella per costruzioni civili . La Corte non ritiene di poter condividere queste argomentazioni e principalmente non ritiene di poter accettare l'opinione che, nell'ambito della materia regolata dal testo legislativo pi volte ricordato, in contrapposizione alla categoria dei fondi rustici stia esclusi-. vamente quella delle aree fabbricabili (estranea alla controversia la categoria dei boschi, pure contemplata dalla stessa norma). Infatti, pu anche ammettersi che il concetto pi comune di area fabbricabile, secondo la normale accezione, riferentesi alla costruzione di edifici destinati ad uso civile (.per alloggio di persone, per uffici, per studi professionali e simili) sia quello additato dai ricorrenti; ma non sembra sostenibile, che nella legge 1954, tale concetto di area fabbricaibile sia stato recepito in senso assoluto. da credere, invece, che la locuzione usata dalla menzionata legge del 1954 stia ad indicare un .genus, comprensivo di pi species, nel senso cio, che il concetto di area fabbricabile comprenda e quei terreni che per i loro caratteri sono utilizzabili per costruzioni ad uso civile e quelli che lo sono in funzione di un uso industriale, sicch non possono, in nessun caso, essere considerati fondi rustici. Ad avviso 'del Collegio, dunque, la interpretazione della legge in esame conduce ad affermare che il sistema di tassazione tabellare da essa legge previsto non pu essere applicato n per aree fabbricaibili -nell'ampio significato sipettante, come test precisato, a questa locuzione -n per ogni altro terreno il quale sia destinato ad una qualsivoglia diversa utilizzazione che impedisca di caratterizzarlo come fondo rustico. In tali ipotesi, quindi, la valutazione dell'immobile non pu compiersi se non addivenendo all'accertamento del valore venale in comune commercio con i criteri ordinari dettati in materia di trasferimento della ricchezza (art. 16 del r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Invero, diversamente opinando, si .giungerebbe all'assurdo di do~ r ammettere che qualsiasi estensione di terreno non destinata ad o agricolo ma ad un uso diverso, non rispondente al concetto comun1e inteso della fabbricabilit, debba avvantaggiarsi di quel particore trattamento che, ai fini dell'imposta di successione, il legislatore . voluto riservare unicamente ai fondi rustici, vale a dire a quegli :imobili offrenti, almeno nelle condizioni che li caratterizzano al omento della imposizione fiscale, possibilit di sola utilizzazione ~cola. La decisione della Commissione Provincia:le di Ravenna si addiostra ispirata ai criteri sopra esposti. Contrariamente a quanto costituisce il presupposto di tutte le servazioni sviluppate dai ricorrenti e nel ricorso e nella memoria lustrativa nonch nella discussione orale, la predetta decisione non 'ferm gi che il terreno ricevuto in eredit dalla Boni Maria Teresa dail Boni Giovanni fosse da classificare come area fabbricabile, ma ie esso non pu essere considerato agricolo ai sensi della legge ) ottobre 1954, n. 1044 . Ritenne, in altri termini, la Commissione rovinciale, che, per tutte le ragioni da essa specificamente indicate, terreno suddetto avesse perduto il carattere di fondo rustico ed resse assunto, non in vista di future eventuali possibilit di utilizt: ziione, ma in virt di uno stato di cose gi in atto ed afferente l'intera zona in cui trovavasi compreso, una diversa idoneit che ~ aveva sostanzialmente mutato la natura economica, cosii da esserne $0 inapplicabile ad esso il sistema della valutazione tabellare di> osto per i soli fondi rustici. Non sussistono, pertanto, gli errori e le violazioni di legge adde. tati con i tre primi motivi alla decisione impUJgnata. -(Omissis). ORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 agosto 1968, n. 2745 -Pres. Pece -Est. Spagnoletti -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Cavallo (avv. Agostino) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Castiglione Morelli). nposta di registro -Enfiteusi -Accertamento di valore -Ammissibilit -Trasferimento a titolo oneroso dell'utile dominio -Valore imponibile - dato dal corrispettivo pattuito. -Trasferimento a titolo gratuito dell'utile dominio -Valore imponibile - dato dal valore della piena propriet detratto l'annuo canone legalmente capitalizzato. (I. 30 dicembre 1923, n. 3268, art. 28, 1 comma, artt. 30 e 43; r. d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 15, 16, 20). Nelie concessioni di enfiteusi, ai fini den'appiicazione dell'imposta registro, ammi>Ssibile ii proceidimento di stima che, enunciato RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO IIcome prrnoipio generale degm artt. 30 e 43 legge di registro e dagli artt. 15, 16, 20 r. d. i. 7 agosto 1936, n. 1639, non subisce deroghe ;li~ e che, ai sensi dell'art. 28 i. cit., ha per oggetto, nel trasferimento a . titolo oneroso dell'utilo dominio, la verifica deila congruit del corrispettivo pattuito tra le parti, nel troofermento a titolo gratuito, il valore 1::1 della piena propriet del fondo enfiteutico, detratto l'annuo mnone legalM mente capitalizzato (1). (Omissis). -Con il ricorso il Cavallo sostiene che la Commissione Centrale avrebbe interpretato l'art. 28 della legge di registro in maniera palesemente contraria al testo della disposizione in esso contenuta che, rapportando espressamente, per i trasferimenti a titolo oneroso del diritto dell'enfiteuta, l'imposta al corrispettivo pattuito, escluderebbe, per ci stesso, qigni possibilit di commisurare l'imposta al valore effettivo del fondo enfiteutico, come in realt si finisce con il fare quando si assoggetta a giudizio di congruit il corrispettivo pattuito. L'interpretazione data dalla Commissione Centrale al citato articolo 28 sarebbe altres in contrasto con la logica interna di tale norma (essendosi infatti in tal modo parificato praticamente il trattamento tributario dei trasferimenti a titolo oneroso dell'utile dominio con quelli a titolo gratuito; mentre invece l'art. 28 distingue in maniera netta ed espressa i due tipi di trasferimento, dettando per ciascuno di essi una diversa disciplina) sia con la ratio di tutto l'art. 28, che quello di creare per l'enfiteusi un trattamento tributario di favore. Inoltre la Commissione Centrale avrebbe dovuto dichiarare inammissibile la domanda nuova proposta dall'Ufficio in appello (valutazione del corrispettivo in luogo della valutazione della piena propriet come richiesto in prime cure) e decaduto l'Ufficio da quest'ultima domanda per non averla riproposta in appello. Le censure sono infondate. Il problema principale che si sottopone all'esame di questa S. C. se, nella concessione enfiteutica, l'imposta di registro va commisurata sempre al valore della piena propriet del fondo enfiteutico, detratto l'annuo canone legalmente capitalizzato, come sostiene l'Amministrazione Finanziaria, ovvero se, come assume ex adverso il ricorrente, in caso di trasferimento a titolo oneroso dell'utile dominio, l'imposta di registro vada applicabile solo sul corrispettivo pattuito. (1) la prima volta che la Cassazione si pronunziata nella questione oggetto della massima e la decisione esatta e conforme alle sentenze delle Corti di merito: v. C. Appello Roma 30 dicembre 1964, n. 2604, in questa Rassegna, 1965, I, 220. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 813 La questione stata oggetto di contrastanti opinioni, ma deve sere risolta nel senso favorevole all'Amministrazione finanziaria, dap1ich solo la tesi della Finanza realizza integralmente lo scopo della gge di registro, che quello di colpire l'effettivo ed intero vare del fondo. Trattasi, in sostanza, di una applicazione del principio generale ~r cui l'accertamento di valore importa sempre, in ogni fattispecie gale, un procedimento di stima inteso a controllare ed a verificare congruit del corrispettivo dichiarato dalle parti. Non giova obiettare, come fa il ricorrente, che dalla formulazione tterale dell'art. 28 della legge di registro si evincerebbe che il legi: ttore ha voluto escludere la possibilit di ricavare l'imponibile dal tlore effettivo del fondo enfiteutico. vero, infatti, che la citata norma (quarto com.ma dell'art. 28 ~Ila legge di registro) dichiara che per i trasferimenti a titolo one SO del diritto dell'enfiteuta, l'imposta si applica al corrispettivo tttuito , mentre nell'ipotesi di trasferimento a titolo gratuito l'utile >minio si considera corrispondente al valore con le detrazioni indite nello stesso art. 28 della piena propriet, ina il legislatore non 0 1 inteso dettare una discriminazione, ai fini della possibilit dello certamento di valore, rispetto agli altri casi di trasferimento di beni. La contrapposizione tra il valore della piena propriet (con le ~trazioni di cui sopra) ed il corrispettivo pattuito attiene alla diversa ~terminazione, nei due casi di trasferimento dell'utile dominio, del tlore imponibile e lascia impregiudicato il diverso .problema della :soggettabilit, nell'una e nell'altra ipotesi, a giudizio .fil congruit ~i valori denunziati dalle parti. Il riferimento, in ambedue le ipotesi, ai valori denunziati o pat. iti dalle parti mira a porre l'ufficio del registro nella .possibilit di ssare l'atto entro il termine di tre giorni di cui all'art. 88 della enzionata legge di registro. Ci non significa per, che il valore munziato dalle parti o il corrispettivo tra esse pattuito siano vinconti per l'ufficio del Registro e precludano a quest'ultimo quella ulteore procedura di accertamento che si evince, quale principio geneLle dagli artt. 30 e 43 della legge di Registro, nonch dagli artt. 15, e 20 del r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639 sulla riforma degli ordirmenti tributari. Infatti, se il legislatore avesse voluto derogare (e )Il se ne vedrebbe il motivo) allo accennato principio generale, rrebbe dettata esplicitamente tale deroga nell'art. 28 della legge, cosi ime ha fatto, ad es. nell'art. 50 per le vendite ai pubblici incanti. Il ricorrente, nella memoria illustrativa del ricorso, ha rilevato te il riferimento dell'art. 28 della legge di Registro al corrispettivo ittuito tra le parti, ai fini di determinare l'imponibile nella ipotesi . trasferimento dell'utile dominio a titolo oneroso, si addimostrerebbe RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l I ~ pleonastico ove tale corrispettivo non dovesse intendersi vincolante ?. anche per l'Ufficio del Registro. Obietta, infatti, il ricorrente che avrebbe potuto soccorrere la disposizione generale di cui all'art. 43 della legge di Registro. e Per confutare tale rilievo sufficiente osservare che lo specifico f1-: riferimento al corrispettivo pattuito stato reso necessario nell'articolo 28 per contrapporre la base imponibile nella ipotesi di trasferimento dell'utile dominio a titolo oneroso alla diversa base imponibile nella ipotesi di trasferimento a titolo gratuito dell'utile dominio. M:a si gi detto come la diversit della base imponibile nella ;prima e nella seconda ipotesi non tocchi il diverso problema circa lo assoggettamento a giudizio di congruit da parte dell'Ufficio del Registro, e nell'una e nell'altra ipotesi, del valore denunziato o del corrispettivo pattuito dalle parti. Devesi, pertanto, concludere che la legge di Registro con la disposizioni di cui al quarto comma dell'art. 28 non ha inteso escludere il procedimento di stima avent~ per oggetto la valutazione del corrispettivo dichiarato dalle parti, cosi come esattamente ha ritenuto la impugnata decisione della Commissione Centrale. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 settembre 1968, n. 2917 -Pres. Rossano -Est. Miele -P. M. Caccioppoli (conf.) -Comune di Medesano (avv. Jannone) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposta di registro -Presunzione di trasferimento ex art. 47 legge registro -Deroga prevista dalla legge 24 gennaio 1962, n. 23 -Natura -Applicabilit agli atti di acquisto e agli atti di appalto dei Comuni -Esclusione. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 47; I. 24 gennaio 1962, n. 23, art. unico). Ai sensi della legge .24 gennaio 1962 n. 23, a.rt. unico, la deroga della presunzione stabilita dall'art. 47 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, riguarda due casi distinti e diversi sia per i soggetti sia per gli atti considerati: l'uno, di natura temporanea, concerne le delibere adottate prima dell'entrata in vigore della legge da Comuni e Provincie, con le quali vengono autorizzate le vendite di terreni non edificati a coloro che poi hanno stipulato l'atto di acquisto, con facoU per gli acquire'liti di edificare nel frattempo; l'altro, di carattere non transitorio, concerne i contratti di appalto stipuLati dagli Istituti delle Case popolari per costruzioni su terreni poi acquistati; e, trattandosi PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 815 norma eccezionale, non pu estendersi a casi simili e perci n agli i di acquisto, n agli atti di appalto dei Comuni (1). (Omissis). -Con l'unico motivo il ricorrente Comune deduce la >!azione dell'art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione alla falsa ed errata plicazione dell'art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale con :erimento all'art. 47 del t. u. r. d. 30 dicembre 1923 n. 3269 e 'articolo unico della legge 24 gennaio 1962 n. 23; la violazione dello sso art. 360 n. 5 c.p.c. per contraddittoriet della motivazione e >lzione del principio generale di diritto che ci che non logico n giuridico e sostiene che la Corte di merito ha erroneamente erpretato la seconda parte dell'articolo unico della legge n. 23 del 62, limitandola letteralmente alla sola ipotesi ivi indicata dei conttti di appalto stipulati dagli istituti autonomi per le Case popolari, ermando erroneamente che l'estensione della agevolazione ai Comi stata possibile solo mediante una interpretazione analogica, escludere nel 'caso di specie trattandosi di disposizioni tassative, ldove, sostiene il ricorrente, si tratta solo di interpretazione esten' a, possibile anche per leggi a contenuto tassativo. In tal senso e la Corte di merito avesse considerato che scopo della legge tto quello di favorire l'incremento delle costruzioni di nuovi edifici !he l'agevolazione fiscale venne concessa dal legislatore non in virt lla particolare natura dell'Ente o in virt di particolari sue bene~ renze tecniche, politiche o sociali, ma solo ed esclusivamente in rizione delle sue attivit e dei suoi fini istituzionali. La censura infondata. L'articolo unico della legge 24 gennaio 62, n. 23 esclude la presunzione di accessione stabilita dall'art. 47 l r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 in due casi: l'uno, avente carat~ e temporaneo, riguarda le delibere adottate, prima dell'entrata in ~ore della legge, dai Comuni e dalle Provincie, con le quali venno autorizzate le vendite di terreni non edificati a coloro che ccessivamente haruio stipulato il contratto d'acquisto, con facolt r gli acquirenti di edificare nel trattempo; l'altro, avente carattere n. transitorio, riguarda i contratti di appalto stipulati da1gli istituti .tonomi per le case popolari per costruzioni su terreni successiva~ nte acquistati. Si tratta di due ipotesi nettamente distinte sia per soggetti considerati sia per la natura degli atti idonei a vincere la esunzione di accessione. (1) Il carattere innovativo ed eccezionale della 1. 14 gennaio 1962, 23 stato gi affermato dalla Cassazio:rie con le sentenze: 18 diceme 1964, n. 2902, in questa Rassegna, 1964, I, 1155 e 29 ottobre 1966, 2713, ivi, 1966, I, 1355, con nota. In relazione alla citata legge n. 23, cfr. inoltre Cass. 4 giugno 1968, 1688, retro, 486. 816 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Bench anche in materia di leggi tributarie sia possibile la interpretazione estensiva, portando questa solo ad attribuire alla norma il suo significato pieno in base alla sua ratio, e non ad estenderne la portata a casi simili, non pu affermarsi che la ratio della norma in questione risieda nel fine di agevolare la costruzione delle case economiche e popolari come sostiene il Comune ricorrente, onde anche i comuni, bench non espressamente menzionati, debbono beneficiare della disposizione della seconda parte dell'articolo. Invece il legislatore ha voluto tener conto del fatto che gli istituti autonomi per le case popolari, creati istituzionalmente iper la costruzione di case di questo tipo, ordinariamente procedono agli appalti e quindi alle costruzioni degli edifici anche prima dell'acquisto del suolo e ci per ragioni di celerit, in considerazione degli adempimenti da osservare per gli acquisti, per cui non ricorre nei riguardi di tali .enti quella situazione che presupposto della presunzione regolata dall'art. 47 della legge di registro: cio che, procedendosi ordinariamente alla costruzione dopo l'acquisto del suolo, gli immobili esistenti al momento della vendita si debbano ritenere anche essi venduti col suolo. Invece i Comuni e le provincie solo occasionalmente provvedono alle costruzioni economiche e popolari, questo non essendo il loro fine istituzionale, onde rpossono disporre di altri istrumenti idonei a vincere la presunzione. Non poi inutile rilevare che se il legislatore avesse voluto includere tali enti nella disposizione in questione, la quale contenuta non solo nell'unico articolo di cui si compone la legge, ma immediatamente dopo quella riguardante comuni e le provincie, non avrebbe mancato, per una elementare tecnica legislativa, di menzionarli. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 ottobre 1968, n. 3065 -Pres. Scarpello -Est. Loria -P. M. Pascalino (diff.). Ministero delle Finanze (avv. Stato arusi) c. Soc. Bocchi e Negri (n. c.). Imposte e tasse in genere -Procedimento innanzi alle Commissioni Impugnazioni -Impugnazione proposta dall'ufficio con atto diretto alla Commissione cui spetta decidere, nel termine di trenta giorni dalla notificazione della decisione al contribuente -Legittimit -Comunicazione entro lo stesso termine al contribuente del proposto gravame e dei relativi motivi contestualmente con la notificazione della decisione (utilizzando il mod. c. d. 108) o separatamente con atto distinto. (r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, artt. 35, 38 e 45). NeHe controversie davanti aHe Commissioni tributarie, le impugnaz. ioni, secondo il sistema legislativo previsto dagii artt. 35, 38 e PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA del r. d. l. 8 luglio 1937, n. 1516, si propo'ligono con atto che l'uf: io e il contribuente devono far pervenire aila Commissione cui etta de'Cidere, nel termine di trenta giorni dalla notificazione deila dsione stessa al contribuente. e con atto di comunicazione che ,eWimpugnazione e dei motivi) l'ufficio, entro lo stesso termine, ve dare al contribuente sia sepa'l'atamente sia contestualmente (meante il c .. d. mod. 108) alla notificaztLone della decisione (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo del ricorso, l'Amministrazione ~ne finanze denuncia la violazione degli artt. 45, 35 e 38 del r. d. 1. luglio 1937, n. 1516 in relazione all'art. 360 n. 3, cod. proc. civ., de1cendo che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione IDtrale, il ricorso avvevso la decisione della Commissione Provinale di Mantova era stato dall'Ufficio del registro proposto col pieno spetto delle modalit e dei termini :prescritti dal combinato disposto !Ile norme su richiamate per le imrpugnazioni davanti alle commis3' ni tributarie. Il motivo fondato. In punto di fatto devesi premettere che, come risulta dall'esame ~gli atti (non interdetto alla Corte di Cassazione quando sia chiaata ad accertare, e lo nella specie, la sussistenza o meno di l\lil munziato errore in procedendo )', l'Ufficio del registro di Manva, cui il 1 settemoce 1962 era .pervenuta la decisione emessa dalla 3'mmissione Provinciale su ricorso dell'impresa Bocchi e Negri e ma Cooperativa edilizia Leonardo ., ne notific all'impresa anzi~ tta, il 16 dello stesso mese di settembre, la parte dispositiva sul odello ufficiale n. 108, facendovi seguire l'avvertenza che contro decisione medesima esso Ufficio ha interposto appello alla Comissione Centrale per i motivi che, sempre di seguito, nello stesso :to, erano diffusamente enunciati. Nella successiva data del 19 setmoce, ,poi, l'Ufficio del Registro inviava alla Commissione Centrale, ie lo riceveva due giorni dopo (21 settembre), .un atto contenente dichiarazione di rproposizione di appello avverso la ,su indicata (1-2) Statuizioni di indiscutibile esattezza. Ad esse i giudici di diritto mo pervenuti attraverso un'accurata e diligente disamina delle disposioni che regolano la materia dei ricorsi alle Commissioni tributarie T.dd. 7 agosto 1936, n. 1639 e 8 luglio 1937, n. 1516. Nessun dubbio che l'atto di impugnazione quello che viene indirizltO alla Commissione di grado superiore a quella che ha pronunciato la !cisione impugnata, sia da parte dell'ufficio che del contribuente, nel rmine perentorio di 30 giorni dalla notifica della decisione stessa. Nei lSi in cui impugnante l'ufficio, l'atto di impugnazione non si identifica fatto n potrebbe identificarsi con il mod. 108, che, contenendo la parte .spositiva della decisione, l'atto con il quale si attua la notifica al con RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO decisione della Commissiooe Provinciale, con la esposizione dei relativi motivi, la cui formulazione consisteva nella letterale trascrizione di quelli .gi comunicati alla contribuente societ Bocchi e Negri. Stando cosi le cose, indubitabile che la proposizione del gravame avvenne in maniera del tutto regolare e che ne avesse la Commissione Centrale ritenuta la irritualit per inosservanza del termine di impugnazione, con la conseguente dichiarazione di inammissibilit, fu soltanto il frutto di una errata interpretazione delle disposizioni di legge di cui non a torto l'Amministrazione ricorrente lamenta la violazione. Invero, l'art. 45 del r. d. I. 8 luglio 1937, n. 1516 sancisce che contro la decisione della Commissione Provinciale possono ricorrere tanto il contribuente quanto l'Ufficio nel termine di giorni trenta dalla notificazione della decisione (questa, come noto, deve essere notificata a cura dell'Ufficio, entro 60 ,giorni dalla ricezione: art. 35 del citato r. d. 1.). In merito a:I ricorso dell'Ufficio, lo stesso art. 45 richiama, per quanto concerne il termine della notificazione e le comunicazioni al contribuente, le norme del precedente art. 38, ove, mentre nel primo comma prescrivesi che l'atto di impugnazione deve giungere alla Commissione di appello entro 30 giorni dall'avvenuta notificazione della decisione, nel capoverso dichiarasi che dell'appello e dei motivi su cui questo si fonda, l'Ufficio deve dare comunicazione al contribuente entro lo stesso termine, salvo che non l'abbia fatto con lo stesso avviso di notificazione della decisione di prima istanza. Dall'insieme di queste norme, chiaramente si desume che, secondo il sistema adottato dal legislatore, nelle controversie davanti alle Commissioni .tributarie le impugnazioni si propongono, da parte del fisco (ma in egual modo da parte del contribuente) mediante un atto indirizzato alla Commissione di grado superiore a quella da cui fu emessa la decisione impugnata (Provinciale o Centrale), alla quale tribuente. E ci anche nel caso in cui il mod. 108 stesso contenga la comunicazione dell'intento di impugnare la decisione e ne indichi i motivi. La comunicazione atto dovuto, ma, come giustamente ha affermato la Cassazione, pu essere separata dal mod. 108 ed diretta a instaurare il contraddittorio nel giudizio di impugnazione. Con identica motivazione sono le sentenze Cass. 7 ottobre 1968, nn. 3120, 3121, 3122, 3123, 3124, 3125. Nello stesso senso, cfr. Cass. 25 maggio 1966, n. 1330, in questa Rassegna, 1966, I, 1297, con nota di richiami e di esatta critica sul punto della nullit che, nel caso di comunicazione al contribuente contestuale alla notifica della decisione, la Cassazione, con la citata sentenza n. 1330, ha esteso all'intero atto (notifica e comunicazione); v. anche Relazione Avv. Stato, 1960-65, II, 330 e segg. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA ve pervenke entro il termine di trenta giorni dalla notificazione Ila decisione stessa al contribuente. L'Ufficio, ;peraltro, entro il medesimo termine, deve dare al conbuente comunicazione del gravame proposto e dei relativi mo i, ma ci pu fare contestualmente con la notificazione della decime suddetta, con il che rimane dispensato dal dover ;procedere ad .a ulteriore distinta comunicazione. Quest'ultima disposizione, ovviamente, da intendere nel senso e la comunicazione dell'impugnazione e dei motivi data al contribuente contestualit con la notificazione della decisione investita dal grame, possa avvenire, e normalmente avvenga, quando ancora l'atto rmale di impugnazione da indirizzare alla Commissione competente conoscere del gravame non sia stato ad essa inviato e possa addi: tura non essere stato ancora nemmeno materialmente compilato. tali ipotesi, la comunicazione assume il valore del .preannuncio Ila impugnazione che l'Ufficio, non intendendo accettare la decime (cosi testualmente detto nel primo coonma del su citato artilo 38) andr ad istituire, il che dovr fare nel termine 'prescritto, quale prender inizio dalla stessa data di quella comunicazione, in !anto avvenuta contemporaneamente con la notificazione della derlone -e riella forma voluta, ossia con un atto da inviare all'orno competente, nel quale, come ovvio, il contenuto del .gravame n potr ricevere alcuna modifica od alcun ampliamento nel senso >, .che vi si debbono riprodu:r:re quegli stessi motivi .gi portati a noscenza del contribuente. La regolarit della impugnazione, dunque, nel meccanismo alLopo predisposto in subiecta materia altro non richiede se non e si sia provveduto ai test indicati adempimenti e si sia soddi1tto, nel tempo e nel modo stabiliti dal legislatore, alla fondamentale lgenza di garantire il diritto di difesa del contribuente. Nella specie reso evidente, da quanto si sopra rilevato con 'erimento alle risultanze degli atti, che le regole come innanzi iarite avevano ricevuto puntuale osservanza da parte dell'Ufficio 1 registro di Mantova. L'errore nel quale incorse la Commissione Centrale consistette U'avere ritenuto che l'atto di appello, la cui ricezione sarebbe dolta avvenire entro il termine di trenta giorni, si identificasse for~ lmente con l'originale dell'atto notificato al contribuente (atto che, me si visto, assolveva al duplice compito di notificazione della cisione e di .comunicazione del .gravame e dei motivi), e nel non 3ersi avveduta che, invece, esso era costituito da quell'altro atto rnpestivamente pervenutole il 21 settembre, il quale, stilato sotto data del 19 nella forma di una nota di ufficio, conteneva la dichiazione di proposizione del .gravame e la trascrizione letterale dei 820 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO motivi comunicati al contribuente contemporaneamente con la notificazione della decisione impugnata. Osserv, infatti, la Commissione nella motivazione della sua pronuncia, con palese confusione di concetti, che il mod. 108 notificato al contribuente il 15 settembre 1962 pervenuto alla Commissione Centrale il 25 ottobre 1962, cio dopo pi di trenta giorni dalla notificazione e che la decadenza non pu intendersi sanata dalla circostanza che a questa Commissione era gi pervenuto il 21 settembre 1962 un rapporto dell'Ufficio con riserva di successiva rimessione del fascicolo , osservazioni tutte, codeste, muoventi dal falso presupposto, ;pure esplicitamente enunciato, che l'atto introduttivo dell'appello era da ravvisare nel su indicato mod. 108. Non consider, invece, la Commissione Centrale, che l'invio di questo atto era servito solo per documentare come l'ufficio avesse dato al contribuente comunicazione dell'appello e dei motivi contem poxaneamente con la notificazione della decisione impugnata e che, oltre all'obbligo di detta comunicazione in quel modo debitamente soddisfatto, l'Ufficio si era del pari debitamente attenuto a tutte le altre disposizioni le quali, per la validit dell'impugnazione, gli im ponevano di far pervenire al giudice che doveva conoscerne l'atto ad esso ,giudice rivolto (non l'identico atto, quindi, notificato al contri buente) enunciante la volont di gravar:si per quei medesimi motivi gi al contribuente resi ritualmente noti. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 ottobre 1968, n. 3066 -Pres. Favara -Est. Iannuzzi -P. M. Colonnese (conf.) -Fallimento Simonelli (avv. Paneri) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Masi). Imposte e tasse in genere -Commissione Centrale -Potere di accertamento dei fatti che costituiscono il presupposto per l'applicazione delle norme di legge -Sussistenza. Imposta sui fabbricati -Case di abitazione non di lusso -Destinazione ad uso diverso dall'abitazione -Discriminazione obiettiva e strutturale -Necessit per l'esenzione venticinquennale. La Commissione Centrate deUe imposte, nei giudicare in se,e di legittimit, ha il potere di accertare i fatti che costituiscono le premesse per l'appLicaz.ione della legge (1). (1-2) Il potere della Commissione Centrale di procedere, quando giudica in sede di legittimit, all'accertamento dei fatti che costituiscono la premessa PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Ai fini deU'esenzione venticinquennale della imposta sui fabbricati sensi dell'art. 13 deUa legge 2 lugLio 1949, n. 408, non si deve consi~ rare l'uso al quale l'edificio venga destinato in concreto dopo il suo mipletamento, che pu variare, ma occorre avere rigua.rdo alla destiizione oggettiva e funzionale dell'edificio stesso, che si desume dalle ~e caratteristiche strutturali (2). (Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente, denunziando la .olazione della legge 2 luglio 1949, n. 408 e successive modificazioni, ~duce che la Commissione centrale delle imposte avrebbe dovuto avere guardo, al fine di ammettere l'esenzione dall'imposta sui fabbricati, le caratteristiche strutturali della nuova costruzione e non gi all'uso mtingente al quale essa era stata abilitata dopo l'ultimazione. Invero ~Ila specie la costruzione, oltre che agli altri requisiti prescritti dalla gge, aveva i caratteri strutturali delle case di abitazione, come era ato riconosciuto dalla Commissione distrettuale delle imposte e non ~a stato mai contestato dall'ufficio. La censura non fondata. L'ufficio delle imposte ha sempre sostenuto nella sede dell'accer. mento del reddito ai fini dell'imposta sui fabbricati e, poi, nei vari ~adi del contenzioso davanti alle Commissioni tributarie, che il fabdcato, prima dell'ultimazione, era stato trasformato da casa di civile >itazione in uffici, in base ad una modificazione del progetto originao, approvata dal competente ufficio tecnico comunale; che, conseguen~ mente, il fabbricato doveva essere classificato solo per vani quattro, :libiti ad abitazione del custode, nella cat. A/4, mentre, per l'assoluta ~r l'applicazione della legge stato gi affermato nella sentenza 19 luglio 165, n. 1621. (in questa Rassegna, 1965, I, 1220). In quell'occasione la Castzione ebbe a precisare che i poteri, nel settore che interessa, della Com. issione Centrale non si identificano con quelli che, nella giurisdizione ~dinaria, spettano alla Corte di Cassazione, ed invece principio condiviso iche dalla migliore dottrina che essi si estendono all'accertamento dei fatti le costituiscono la premessa necessaria per l'applicazione della legge, cch, se un paragone dato fare, esso legittimo piuttosto con quelli le in materia tributaria, sono i poteri dei giudici ordinari di merito . Nella sentenza in nota il potere predetto dato per pacifico. Non si nasconde il carattere inquisitorio del processo tributario n il merale principio per il quale il giudizio sar indirizzato esclusivamente !l'applicazione della legge in base alla obbiettiva considerazione dei fatti, elle circostanze e degli elementi tutti di apprezzamento di cui i compoenti della Commissione siano a conoscenzia (art. 27 r. d. 7 agosto 1936, . 1639), n infine la specifica norma per la quale le Commissioni di merito anno facolt di indagine, di accesso, di controllo, di richiesta di dati e di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO maggioranza degli altri vani, salvo altro piccolo spazio adibito a labo_ ratorio ed a rimessa, esso :doveva essere classificato nella cat. BI4, in quanto destinato ad uffici in base alla predetta trasformazione incidente nel corso della costruzione. La Commissione distrettuale ritenne di dare atto, nel dispositivo, che l costruzione avrebbe potuto essere trasformata in casa di civile abitazione senza radicali trasformazioni, perch strutturalmente edificata come tale , ma l'ufficio, nei motivi di appello, richiam le argomentazioni suindicate per sostenere che il fabbricato doveva essere classificato come innanzi. La Commissione provinciale non fu altrettanto esplicita nella descrizione e qualificazione del fabbricato; ma nei motivi di ricorso alla Commissione centrale l'ufficio delle imposte dedusse e precis ancora che si trattava di un edificio di sette piani, con una superficie di mc.7622, adibito esclusivamente, prima di essere ultimato a ufficio pubblico e che, pertanto, se i proprietari avessero voluto adibirlo a casa di abitazione, avrebbero dovuto eseguire radicali trasformazioni allo stesso modo di quelle operate relativamente al progetto originario per l'adattamento inverso dell'edificio. La Commissione centrale delle imposte -alla quale spetta il potere di accertare i fatti che costituiscono la premessa per l'applica zione della legge, quando essa giudica in sede di legittimit (sentenza n. 1621 del 19 luglio 1965) -ha esaminato il ricorso dell'ufficio in base alla predetta specifica deduzione, sintetizzata in questa proposizione informazioni e di chiarimenti, conferite dalle singole leggi di imposta ai funzionari di Imposte Dirette e del Registro (art. 25, r. d. 8 luglio 1937, n. 1516). La recisa affermazione fatta dalla Cassazione determina per perplessit. Non solo, infatti, questi ultimi poteri sembrano riferirsi esclusiva-' mente alle Commissioni di merito, ma sta di fatto che alla Commissione Centrale che giudica in sede di legittimit il processo tributario giunge istruito, nel contraddittorio delle parti, con l'esercizio dei ricordati poteri delle Commissioni di merito, ed essa chiamata a controllare l'esattezza delle norme e dei principi di diritto applicati ai fatti succitati. Pi aderente al sistema, pertanto, per il quale, in mancanza di deroga espressa e tacita alle norme del codice di procedura civile, si oppone l'affermazione auspicabile, per la quale la Commissione Centrale richiami per le sue decisioni i fatti gi accertati e dagli stessi non si discosti, fondando su di essi la propria decisione, sempre che siano sufficientemente valutati. Il rimedio della cassazione con rinvio appare al riguardo sufficiente per la necessaria tutela dei diritti del contribuente da una parte e dell'Amministrazione finanziaria dell'altra. In argomento cfr. anche Relazione Avv. Stato, 1961-65, II, 321, nonch, con riferimento alle controversie nelle quali la Commissione Centrale ha cognizione piena, nota a Cass. 22 marzo 1967, n. 644, in questa Rassegna, 1967, I, 670. (2) Il criterio della destinazione oggettiva-funzionale dell'edificio di nuova costruzione, che determina il trattamento di favore recato dalla legge n. 408 del 1949 e successive modifiche i;>er l'imposta sui :liabbricati, da PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 823 illa decisione impugnata: che la costruzione, .prima della sua ultiazione come casa di civile abitazione, era stata trasformata e destitta ad uffici e precisamente a sede dell'ufficio tecnico erariale . In riferimento a tale deduzione ed all'esame degli atti, la Comissione centrale ha ritenuto che l'edificio, nella sua parte principale non totale, era costituito da locali destinati ad uffici e solo in pic la parte da locali destinati ad alloggio del portiere. E non pare dub o che, quando la decisione impugnata parla di destinazione, ha inteso Eerirsi ad una destinazione oggettivata in elementi strutturali e fun: mali dell'edificio, e non ad una destinazione soggettiva o temporanea. vero l'indagine proposta dall'ufficio ricorrente riguardava appunto ia destinazione del fabbricato ad uffici in base ad una trasformaone strutturale operata riel corso della costruzione; inoltre la decisione ~ le espressioni costruzfone destinata ad ufficio e costruzione case di abitazione , le quali riguardano specificamente la fase di bbricazione dell'edificio e non quella successiva al suo completamento. Ci posto, la decisione impugnata ha fatto esatta applicazione del incipio fissato dalla giurisprudenza di questa corte suprema, secondo 1i, ai fini dell'esenzione venticinquennale dall'impo:sta sui fabbricati sensi dell'art. 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408, non si deve conderare l'uso al quale l'edificio venga destinato in concreto dopo il :o completamento, che pu variare, ma occorre avere riguardo alla ~stinazione oggettiva e funzionale dell'edificio stesso, che si desume tlle sue caratteristiche strutturali. Pertanto il primo motivo deve sere respinto. -(Omissis). :sumersi dalle caratteristiche strutturali dell'immobile -uffici e case di titazione - stato ripetutamente aff.ermato dalla Corte di Cassazione 1 dicembre 1964, n. 2947, in questa Rassegna, 1965, I, 202). Nella sentenza nota il principio stato ribadito con espresso richiamo al cennato indi ~zo giurisprudenziale. La qual cos, nel caso concreto in cui la destinazione ad uffici era stata tuata nel corso della costruzione con modifica del progetto originario, solutamente esatta. Le perplessit sorgono allorquando si tratti di edificio cui destinazione ad uffici di carattere soggettivo. Le ragioni sono quelle 1ste in evidenza in nota alla ricordata sentenza 2947 con nota critica di UMARA. Non sembra, infatti, che la soluzione adottata abbia esaminato il oblema in profondit e in relazione alla finalit della norma. Questa favo ;ce le case di abitazione e la legge che reca la norma stessa ebbe lo scopo, pressamente desumibile dai lavori parlamentari, di risolvere nel periodo 1st bellico la crisi degli alloggi con particolare riguardo alle abitazioni !r le classi popolari ed il ceto medio, nonch di provvedere alla tutela d senza tetto. La destinazione anche temporanea della casa di abitazione soli uffici non sembra soddisfare tale esigenza. Tuttavia il cennato indi lZO giurisprudenziale sembra consolidato e non pare facile conseguirne i mutamento del genere auspicabile. V. anche di recente Cass. 24 lu io 1968, n. 2676. 824 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 ottobre 1968, n. 3519 -Pres. Stella-Richter -Rel. Gambogi -P. M. Cutrupia (conf.). Musolino (avv. Lania) c. Ministero delle Finanze (aw. Stato Foligno). Imposte e tasse in genere -Imposta di successione -Imposta principale, imposta complementare, imposta supplettiva -Distinzione Imposta complementare e imposta supplettiva -Modalit e tempi di liquidazione. (r. d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 17 e segg.). Imposte e tasse in genere -Imposta di successione -Imposta complementare -Liquidazione in tempi diversi e con atti distinti Legittimit -Condizioni -Notifica di ingiunzione invece dell'avviso di accertamento -Conversione -Ammissibilit. (r. d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 20 e 21; d. I. 21 gennaio 1947, n. 25). Dopo la liquidazione della imposta principale, che viene fatta sulla denuncia di successione in base ai valori dichiarati dal denunziante o accertati inizialmente ai sensi dell'art. 17 r. d. l. 7 agosto 1936, n. 1639, l'ufficio pu richiedere imposte complementari, non potute accertare in sede di prima liquidazione, le quali si d~terminano in base alla revisione prevista dagli artt. 20 e 21 del cit. r. d. l. numero 1639 mediante la notifica di accertamento di maggior valore, oppure pu richiedere imposte suppletive, le quali si determinano correggendo gli errori e le omissioni eseguite nel Liquidare la imposta su denuncia mediante la notifica di ingiunzione fiscale senza che sia preceduta dalla notifica delL'accertamento previsto dai cit. artt. 20 e 21 (1). Le imposte complementari possono essere liquidate in tempi diversi con atti distinti, purch venga osservato il termine dell'anno dal pagamento dell'imposta principale previsto dall'art. 21 r. d. l. cit. n. 1639, mod. dal d. l. 21 gennaio 1947, n. 25 e pu valere come avviso di accertamento di dette imposte l'ingiunzione fiscale notificata entro il predetto termine (2). (Omissis). -Col primo mezzo. del suo gravame l'avv. Muso.Uno, denunziando la violazione e falsa applicazione dell'art. 5, terzo comma, (1-2) Massime esatte che trovano un precedente in termini nella sentenza Cass. 22 marzo 1967, n. 652, in questa Rassegna 1967, I, 460, con nota di CONTI. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 825 ~Ila legge tributaria suHe successioni approvata con r. d. 30 dicem~ e 1923, n. 3270, lamenta che la Commissione Centrale abbia ritenuto gittima la ingiunzione fiscale de qua " come richiesta di supple. ento di imposta di successione, mentre, invece, l'errore che l'Ufficio rrebbe, per ipotesi, commesso non sarebbe occorso nella liquidazione ~lla tassa su denuncia, ma, se mai, nel successivo accertamento cornuto dall'ufficio stesso ai sensi degli artt. 20 e 21 del r. d. 1. 7 agosto 136, n. 1639; rendendosi cosi necessario, tutt'al pi, un accertamento ~ppletivo nelle stesse foil'me. La censura fondata e deve essere accolta. noto, infatti, che dopo la liquidazione della tassa principale, che :ene fatta sulla denuncia di successione in base ai valori dichiarati :i.l denunziante od accertati inizialmente in uno dei modi previsti :i.ll'art. 17 del r. d. 1. n. 1639 del 1936, l'Ufficio pu richiedere tasse >mplementari liquidate in base ad accertamenti che non si poterono 1re in sede di prima liquidazione, e cio in base alla revisione prelsta e regolata dagli artt. 20 e 21 dello stesso r. d. 1., e che si attua 1ediante la notifica di accertamento del maggior valore, con possibit di concordato fiscale o di ricorso da .parte del contribuente; opll. re richiedere tasse suppletive, che sono quelle, invece, che si ri1iedono quando l'Ufficio del registro sia incorso, nella liquidazione ~lla tassa su denuncia, in errore od omissione ., e che non debbono ;sere procedute dalla notifica dell'accertamento di cui agli artt. 20 21 del r. d. 1. 1639 del 1936, ma possono formare oggetto di ingiun. one fiscale. Ovbene, nella specie, l'errore denunziato dall'Ufficio non sarebbe :>munque caduto sulla liquidazione su denuncia della tassa princiale, bensi sarebbe, se mai, occo~so nell'accertamento della imposta Jmplementare di cui all'avv!so di aumento di valore notificato ai >eredi il 19 giugno 1958, accertamento che si sarebbe basato su di na inesatta applicazione alla determinazione dell'imponibile della ~g.ge 20 ottobre 1!;154, n. 1044; e pertanto qui non si verte nella ipotesi i richiesta di imposta suppletiva, bens di richiesta di ulteriore impo; a complementare non compresa, per errore, nel precedente avviso di "certamento. Nulla vieta evidentemente, secondo quanto ha affermato, con la ~cente sentenza n. 652 del 22 marzo 1967, questa Corte Suprema, che Ufficio possa procedere alla liquidazione di imposte complementari 1 tempi diversi, emendando le deficienze di un primo accertamento on altro successivo, purch, naturalmente, ci faccia entro il termine i prescrizione dell'anno dal pagamento della imposta principale preisto dal d. 1. 21 gennaio 1947, n. 25, che cosi ha modificato l'artiolo 21 del r. d. 1. del 1936; la legge, infatti, non prescrive che accertamento del maggior valore venga fatto necessariamente con RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO un solo atto, precludendo qualsiasi ripensamento da parte del fisco. Ma il nuovo accertamento -che pu definirsi, se si vuole, supplementare, purch si tenga il concetto ben distinto da quello della imposta suppletiva -deve naturalmente esser fatto anch'esso nelle . forme e nei tempi di cui agli artt. 20 e 21 del r. d. 1. 1639 del 1936, proprio perch sempre di accertamento di maggior valore, e non di supplemento di imposta, trattasi. Irrituale, quindi, fu la emissione della ingiunzione fiscale; e la ragione della irritualit da rinvenirsi probabilmente nel fatto che detta ingiunzione fu notificata il 25 giugno 1959, e cio molto tempo dopo la presumibile scadenza del termine annuale prefisso per l'accertamento di mag,gior valore (il primo accertamento, necessariamente successivo alla liquidazione della tassa principale, fu infatti notificato il 19 giugno 1958). Tale estremo di fatto temporale dovr essere comunque valutato dalla Commissione Centrale nel caso che si voglia prospettare, come nuovo :profilo giuridico da esaminare in sede di rinvio, .una ccmversione della in.giunzione fiscale in avviso di accertamento in base al principio utile per inutile non vitiatur , giungendosi dalla Finanza, per questa via, ad affermare che i coeredi avrebbero dovuto, comunque, rivolgere altro ricorso alla Commissione Distrettuale in sede di accertamento dei va:lori, e non gi ricorso alla Commissione Provinciale -Sezione di diritto, dato che quello ad essi notificato era, in realt, un altro avviso di accertamento di valore. In conclusione, quindi, in accoglimento del primo motivo del rricorso, e restando conseguentemente assorbito il secondo motivo, la decisione impugnata deve essere cassata e la controversia rimessa per nuovo esame alla stessa Commissione Centrale delle Imposte, la quale applicher i seguenti principi di diritto: l'Ufficio del registro che abbia commesso un errore nel notificarre al contribuente, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 20 del r. d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, il valore venale che l'Amministrazione reputa doversi attribuire ai beni caduti in una successione, agli effetti della liquidazione della relativa imposta complementare, pu notificare all'uopo altro avviso integrativo di accertamento al contribuente, pmch ci faccia nei modi ed entro i termini stabiliti dagli artt. 20 e 21 del r. d. 1. suddetto e da:ll'art. 1 del d. I. C. P. S. 21 gennaio 1947, n. 25, fermo restando che trattasi sempre di imposta complementare e non di imposta suppletiva. Agli stessi effetti non pu quindi valere come accertamento del maggior valore venale attribuito ai beni la notifica di ingiunzione del pagamento della imposta relativa a tale mag,gior valore quando sia decorso il termine annuale di prescrizione stabilito dall'art. 1 del d. 1. C. P. S. 21 gennaio 1947, n. 25 predetto. -(Omissis). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 827 )RTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 ottobre 1968, n. 3560 -Pres. Fa vara -Est. Miele -P. M. Del Grosso (conf.). Ghiron (avv. An drioli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Varvesi). iposta straordinaria progressiva sul patrimonio -Esenzione ex art. 78, n. 6 e 9 del Trattato di pace -Persone considerate come nemiche -Cittadini italiani di razza ebraica -Non sono tali. (d. I. 28 novembre 1947, n. 1430, art. 78, n. 6 e 9). iposta straordinaria progressiva sul patrimonio -Esenzione ex art. 78, n. 6 e 9 del Trattato di pace -Persone considerate come nemiche -Risoluzioni delle Commissioni di conciliazione -Valore interpretativo vincolante -Esclusione. (d. I. 28 novembre 1947, n. 1430, artt. 78 n. 6 e 9, 83). L'esenzione dall'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio ibilita dail'art. 78, nn. 6 e 9 del Trattato di pace tra l'Italia e ie 1tenze alleate e associate (reso esecutivo con d. l. 28 novembre 1947, 1430) a favore di cittadini delle Nazioni Unite e di altre persone nsiderate come nemiche dalia legislazione vigente in Italia durante guerra, non si estende ai cittadini italiani di razza ebraica che la 7islazione italiana non ha mai considerato come nemici (1). Le risoluzioni delle Commissioni di conciliazione di cui all'art. 83 l Trattato di pace tra l'Italia e le Potenze alleate e associate (reso ecutivo con d. i. 28 novembre 1947, n. 1430) non contengono una terpretazione avente valore integrativo del Trattato e pertanto non rw vincolanti oltre il caso deciso (2). (Omissis). -Con il primo motivo il Ghiron deduce la violazione falsa applicazione di norme di diritto (art. 76, nn. 6 e 9, del Trat; o di pace reso esecutivo con d. I. C. P. S. 28 novembre 1947, n. 1430; (1-2) Con la sentenza che pubblichiamo stata risolta dalla C. S. questione assai dibattuta e variamente risolta dai giudici di merito. !l senso della soggezione all'imposta si erano pronunciati oltre alla irte di Genova con la sentenza ora confermata e con l'altra 5 gennaio 65 (Foro pad., 1966, I, 61 con nota contraria di G. CANSACCHI, Sull'app.zibilit della imposta straordinaria sul patrimonio nei confronti degli aeliti), App. Firenze 15 gennaio 1965 (ivi, 1966, I, 59), Comm. centle, 14 febbraio 1962, n. 54718 (Riv. leg. fisc., 1963, 2371); nel senso delsenzione Trib. Torino 7 novembre 1966 (Giur. it., 1967, I, 2, 1) e 2 nnaio 1967 (Foro it., 1967, I, 2226). La dottrina decisamente orientata r l'esenzione: cfr. dello stesso CANSACCHI, L'esenzione degli israeliti liani dall'imposta straordinaria sul patrimonio in base all'art. 78 n. 6 e :lel Trattato di pace, in Dir. e prat. trib., 1960, II, 230; CONTINENZA, Inap RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO art. 3 r. d. 8 luglio 1938, n. 1419; art. 12 disposizioni sulla legge in generale; art. 24 e segg. Statuto 4 marzo 1848; art. 3 Costituzione della Repubblica; r. d. l. 5 ottobre 1938 sulla difesa della razza e provvedimenti vari sulla difesa della razza in particolare art. 10 lett. a) r. d. L 17 novembre 1938; d. 1. della R. S. I. del 4 gennaio 1944; art. 360, n. 3, c. p. c.) e sostiene che la Corte di merito ha erroneamente interpretato il para.grafo 9 art. 78 del Trattato di pace, sino a privarlo di ogni effettiva portata normativa: l'ampio riferimento alla legislazione in vigore in Italia durante la guerra non poteva essere circoscritto alla sola legge di gruerra. Quest'ultima d'altra parte non distingue tra sudditi nemici e persone considerate come nemiche., ma ha riguardo sostanzialmente ad 1.l!Il'unica categoria di sudditi nemici nella quale ricomprende tutte le persone e gli enti di cui agli artt. 3 e 5; per conseguenza, le restituzioni, le provvidenze e i benefici previsti nell'art. 78 del trattato di pace si sarebbero estesi automaticamente a tali .persone ed enti, senz'uopo della equipaTazione dal citato paragrafo 9. Bench sia esatto che con l'espressione considerati come nemici non si vollero designare coloro che .subirono di fatto persecuzioni e confische, nei riguardi degli ebrei italiani il trattamento come nemici fu sancito da norme positive che ebbero appunto vigore durante la guerra. Tutto il tenore dell'art. 78 del trattato di pace conclama che le parti contraenti vollero tenere .presenti, accanto ai cittadini delle Nazioni Unite, quei cittadini italiani che la legislazione in vigore durante la guerra ebbe a trattare come nemici . Il paragrafo nove non prevede solo l'esenzione tributaria, ma anche il ripristino di tutti i legittimi diritti ed interessi delle Nazioni Unite e dei loro cittadini in Italia in quanto gi l'Italia non lo avesse operato. Se dunque per gli ebrei, con diversi provvedimenti, tale ripristino venne attuato (in conformit all'art. 15 dello stesso trattato di .pace) plicabilit dell'imposta straordinaria sul patrim01iio nei confronti degli israeliti anche se italiani, ivi, 1959, II, 183; SPECCHIO, Assimilazione dei perseguitati razziali ai cittadini delle Nazioni Unite agli effetti dell'imposta straordinaria sul patrimonio, ivi, 1958, II, 80; G10RGETT:i:, Di una esenzione fiscale a favore di alcuni cittadini italiani di razza ebraica, trattati come nemici nell'ultimo conflitto, in Riv. dir. fin. e se. fin., 1960, I, 92. La S. C. ha risolto linearmente la grave questione con diretto riferimento all'art. 78, n. 9 del Trattato di pace, che assimila ai cittadini delle Nazioni Unite le persone, fisiche e giuridiche, che, ai sensi della legislazione in vigore in Italia durante la guerra, siano state considerate (trattate) come nemiche; una norma di legge (e non solo una direttiva politica o un'azione materiale) deve considerare le persone specificamente nemiche e non altrimenti soggette. a limitazioni o persecuzioni che possono essere state dirette anche ad altre categorie di cittadini italiani. Per la definizione di nemico pu quindi essere utilizzata soltanto la legge PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 829 1' tutti ,gli aspetti considerati nei numeri 1, 3, 4 e 5 cit. art. 78, non scorge il motivo per il quale dovrebbe negarsi loro la detta esenme, prevista nel par. 6. La censura infondata. Va premesso che il Trattato di pace 10 :>braio 1947, reso esecutivo con d. 11. C. P. S. 28 novembre 1947, n. 1430, l'art. 78 stabilisce, fra l'altro, l'esenzione dei cittadini delle Nazioni iite e dei loro beni da ogni imposta o contributo di carattere straor11ario a cui il Governo italiano, o altra autorit italiana abbia sotto sto i loro capitali in Italia nel periodo compreso tra il 3 settembre 43 e la data di entrata in vigore del trattato allo scopo specifico di prire spese risultanti dalla guera-a o per fare fronte al costo delle rze di occupazione, o delle riparazioni da pagarsi ad una qualsiasi Ue Nazioni Unite. Nel paragrafo 9, definendosi i cittadini delle Na> ni Unite, il Trattato comprende in tale espressione anche le persone e, quantunque non cittadini di una delle Nazioni Unite: siano state nsiderate come nemiche dalla legislazione in vigore in Italia durante guer.ra . Per l'adeguata interpretazione del contenuto e della portata del rnnine nemico ivi adoperato, va tenuto conto della natura delitto in cui inserito, e del suo conteI11Uto normativo. Sotto il primo ofilo va osservato che, trattandosi di un atto di diritto internazionale .e pone fine allo stato di guerra tra l'Italia e gli altri stati belligenti, al termine in questione si deve attribuire il suo significato proio secondo il diritto internazionale, con esclusione, pertanto, di quello 3:slato, o letterario. Sono tali i cittadini delle nazioni belligeranti con talia (i cittadini delle Nazioni Unite) e per l'espresso richiamo del IJ:". 9 anche le .persone fisiche (o societ) le quali, ai sensi della legi: tz:ione in vigore in Italia durante la guerra, siano state considerate guerra 8 luglio 1938, n. 1415; le leggi antiebraiche, anteriori alla dichiazione di guerra, e che sono dirette contro cittadini italiani, non conl. erano i soggetti di razza ebraica nemici dello Stato italiano, meno .e mai nel senso proprio del diritto internazionale che caratterizza la orma del Trattato di pace. Sul secondo punto (una delle risoluzioni della Commissione di nciliazione 24 settembre 1956 riportata in Dir. e prat. trib., 1958, II, 80) sentenza ha risolto succintamente la questione considerando che l'artilo 83 del Trattato di pace, , nel dichiarare definitiva ed obbligatoria vviamente fra gli Stati interessati) la risoluzione della Commissione di nciliazione, non stabilisce che la risoluzione stessa abbia carattere tegrativo del Trattato e sia quindi valida per tutte le controversie del 1nere. Ed infatti nei rapporti fra Stato italiano e cittadino italiano non 1 essere vincolante la risoluzione di un organo internazionale, emessa 1lla controversia fra due Stati, non avente valore normativo. C. BAFILE RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (o, meglio e pi esattamente, trattate) come nemiche. Con riferimento all'ordinamento giuridico italiano , pertanto, rilevante solo la legislazione italiana, cio occorre che la definizione di nemico derivi da una disposizione di legge, con esclusione di valutazioni scaturenti da espressioni, opinioni politiche o di altro genere. Cos limitato l'ambito di indagine, va osservato che la legislazione al riguardo costituita dagli articoli 3 e segg. della legge di guerra, r. d. 8 luglio, n. 1415 (modificato dall'art. 2 della legge 16 dicembre 1940, n. 1902) i quali definiscono il suddito nemico sulla base .di varri presupposti. In nessun caso considerato tale il cittadino italiano che albbia solo tale cittadinanza, come appunto nel caso di specie, non discutendosi che Adriano Ghiron fosse cittadino italiano, senza mai pe11dere la cittadinanza stessa od acquistarne altra di una delle Nazioni Unite; col che, tra l'altro, si esclude anche ogni efficacia di specie al richiamo che, nella materia, a vlte si fa in dottrina all'art. 83 del trattato di pace. Ora, solo al suddito nemico, cos ivi definito, si applicano le particolari limitazioni personali e patrimoniali (articoli 292 e segg. della legge cit.), onde non pu ricavarsi la qualit di nemico da un particolare trattamento riservato alla persona, in assenza dei relativi presupposti, quali sopra si sono ricordati, in base all'ordinamento giuridico vigente. N la legislazione successiva ha derogato ai principi della legge di guerra cit. ed anche quella dell'illegittimo governo fascista (d. 1. del duce 4 gennaio 1944, n. 2, a parte Qgni questione della sua irrilevanza giuridica) non ha ampliato le categorie dei sudditi nemici includendovi anche i cittadini italiani di cosiddetta razza ebraica, i quali, pertanto, bench sottoposti a gravi limitazioni personali e patrimoniali (il che, come si osservato, non sufficiente per la qualificazione di nemico), non sono stati qualificati nemici ., n a.gli effetti della legislazione interna, n meno ancora del diritto internazionale o del trattato di pace. Si aggiunga che il trattato di pace regola solo i rapporti tra lo Stato italiano e gli altri Stati belligeranti. N a diversa conclusione potrebbe giungersi in base alla legge tra lo Stato italiano ed i suoi cittadini, onde, obbligando esso solo nei limiti delle sue statuizioni (e ci vale tanto pi se al trattato di pace si vuole negare carattere convenzionale, come libera determinazione della parte, per attribuirgli solo, come pure sostiene la valorosa difesa del ricorrente, carattere di imposizione unilaterale del vincitore al vinto), si avrebbe una estensione ingiustificata e non dovuta del trattamento di esenzione a categorie di cittadini non contemplate dal trattato stesso n, meno ancora, dalla legge interna. Si obbietta dal ricorrente anche in sede di discussione della causa, che la adottata interpretazione renderebbe pleonastico il paragrafo 9 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA ddetto, .giacch, divenendo il trattato di pace legge dello Stato, la ~nzione fiscale si sarebbe dovuta applicare, automaticamente, a tutte persone che secondo la legge italiana fossero da considerarsi nemiche. Per cui, l'espressa previsione di questa categoria fa ritenere che -termine considerato nemico debba interipretarsi nel senso da lui ;tenuto. Peraltro, cos ragionando, il ricocrente trascura di considere, come si gi osservato, ohe il tl'attato di pace obbliga lo Stato .liano solo nei limiti delle sue statuizioni, onde, se fosse mancata ella specificazione, lo Stato italiano avrebbe dovuto riconoscere il ivilegio ai nemici in senso proprio (appartenenti ad una delle nazioni lligeranti) e non invece a coloro che, quantunque non cittadini di a delle Nazioni Unite, avesse considerato, in base alle sue leggi, sud; i nemici. Con il secondo motivo il .ricorrente, denunziando la violazione e falsa applicazione dell'art. 83 del Trattato di pace sostiene che la rte di Genova, senza alcuna motivazione, ha escluso valore interetativo della norma in questione alle decisioni della Commissione di nciliazione istituite per l'art. 83 del Trattato di .pace, mentre, al ntrario, delegando l'art. 83 espressamente alle Commissioni l'interetazione degli artt. 75 e 78 del Trattato, la interpretazione da queste ottate, obbligatoria sul piano internazionale, lo anche nell'ordinamto interno, in seguito alla legge che rende esecutivo il trattato lSSO. La censura infondata. L'art. 83 del Trattato di pace ha devoluto .e commissioni di conciliazione la risoluzione delle controversie che ssono sorgere a proposito dell'applicazione degli articoli 75, 78 e di ;re disposizioni del Trattato stesso, ma non ha stabilito che l'interetazione adottata per la risoluzione delle controvwsie valga anche r tutte le altre controversie di e.guai genere. Pertanto, la interpre~ ione adottata dalla Commissione, non avendo valore integrativo del attato, non estende la sua efficp.cia oltre il caso deciso. -(Omissis). >RTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 ottobre 1968, n. 3568 -Pres. Favara -Est. Milano -P. M. Toro (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Castiglione-Morelli) c. Bosi (avv. Porto). tposte e tasse in genere -Imposte indirette sui trasferimenti -Decisioni delle Commissioni in tema di valutazione -Legittimit Condizioni. (r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 42). RASSEGNA ~ELL'AVVOCATURA DELLO STATO Imposte e tasse in genere -Imposte indirette sui trasferimenti -Giudizio dinanzi ai Tribunali ordinari ex art. 29, 3 comma d. l. n. 1639 del 1936 sulla legittimit delle decisioni delle Commissioni tributarie in tema di valutazione -Apprezzamento sul calcolo dei valori -Esclusione. (r. d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29). Le decisioni delle Commissioni provinciaU deUe imposte in materia di vaiutazione devono contenere, a norma dell'art. 42 del r. d. 8 lugiio 1937, n. 1516, una sommaria motivazione che indichi specificamente i dati in base ai quali si proceduto al catcolo del valore imponibile, precisando a quale dei criteri stabiliti nelle lettere a) e b) dell'art. 16 dei r. d. 7 agosto 1936, n. 1639 si attenuta e in che modo agti stessi abbia fatto riferimento. peraltrio consentito alLe Commissioni fare ricoTso a criteri diversi da quelti menzionati in detta norma, ma in tal caso devono farsi risultare, almeno per impllicito, le ragioni della scelta di quei detell'minato sistema che, inoltre, deve essere idoneo allo scopo e non contrario alla legge (1). n controllo demandato al giudice ordinario dall'art. 29 del r. d. 7 agosto 1936, n. 1639 sulle decisioni delle Commissioni provinciali di valutazione !imitato alla cognizione di legittimit concernente il solo giudizio rescindente; pertanto, il giudice che accerti l'invalidit della decisione non ha il potere di procedere aila risoluzione dei temi che avevano costituito oggetto del giudizio della Commissione e di apprezzare il calcolo dei valori, apprestando alla decisione impugnata la motivazione mancante, ma deve !imitarsi ad annullare la decisione stessa (2). (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso, l'Amministrazione ricorrente denuncia la violazione degli artt. 15, 16 e 29 r. d. 7 agosto 1936, n. 1639, 42 r. d. 8 luglio 1937, n. 1516 ed 1 d. I. 5 marzo 1942, n. 186 e censura la sentenza della Corte di merito per avere escluso la dedotta nullit della decisione della Commissione provinciale. Sostiene che tale nullit sussiste perch la Commissione, oltre ad essere incorsa in grave ed evidente errore di apprezzamento, aveva ritenuto lecito, ai fini della determinazione del valore imponibile, il ricorso (1-2) Sull'abbondante. giurisprudenza in materia sufficiente il rinvio a Cass. 28 marzo 1966, n. 819 in questa Rassegna, 1966, I, 912, con note di richiami. da rilevare peraltro la precisione con cui in questa pronuncia si riafferma l'obbligo dell'osservanza dell'art. 16 del r. d. 7 agosto 1936, n. 1639 e si definiscono i limiti entro i quali ammesso il ricorso ad altri criteri da considerarsi eccezionali, Su1la non tassativit dei criteri fissati PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA valore di mercato di cui all'art. 1 r. d. 5 marzo 1942, n. 186, valido, vece, per i soli trasferimenti per atto tra vivi e, in ogni caso, non eva, neppure implicitamente, spiegato quale, nella specie, sarebbe ita la impossibilit di valutare i beni con riferimento al valore com .rativo e della capitalizzazione del reddito, come prescritto dalle ttere a) e b) dell'art. 16 r. d. n. 1639 del 1936. La censura fondata. L'art. 42 del r. d. 8 luglio 1937, n. 1516 prescrive che le deci> ni delle commissioni distrettuali e provinciali in materia di imposte i trasferimenti di ricchezza debbono contenere una sommaria moti1zione dalla quale risultino .gli elementi di fatto tenuti a calcolo della ~erminazione dei valori imponibili. Tale disposizione stata da questa >rte Suprema inte!1pretata nel senso che per potere ritenere una de~ ione emessa da una commissione tributaria, sia pure sommariamente, otivata necessario che la stessa indichi specificamente i dati in base quali si proceduto al calcolo del valore imponibile, .precisando a tale dei criteri previsti e stabiliti dalle lettere a) e b) dell'art. 16 del tato decreto n. 1639 del 1936 si attenuta, e in che modo agli stessi 1bia fatto riferimento. Vero che consentito all'Amministrazione e, quindi, anche alle immissioni tributarie di fare ricorso a criteri diversi da quelli men[) nati dalla richiamata disposizione, applicabile non solo ai trasferienti di immobili per atto tra vivi, ma anche a quelli mortis causa, guardando l'art. 1 del r. d. 5 marzo 1942, n. 186, richiamato dalla [!Orrente amministrazione, i trasferimenti di immobili gi soggetti l'abolita imposta speciale di registro sul plusvalore. Ma, come .pi >lte stato ritenuto, in tale caso, devono farsi risultare, almeno per iplicito, le ragioni della scelta di quel determinato sistema, il quale, oltre, deve essere idoneo allo scopo e non contrario alla legge. Orbene, nel caso in esame, la Corte di merito, rilevando che la ~mmissione .provinciale, ai fini della determinazione del valore da tribuire agli immobili caduti nella successione, aveva indubbiamente teso fare riferimento ai valori di mercato, ha ritenuto che il ricorso tale criterio di valutazione, anzich a quelli previsti dalla legge, era ~Ila specie pienamente giustificato dall'impossibilit di tener conto ii valori accertati dalla Finanza in altre contrattazfoni relative a fondi te si differenziavano per caratteristiche oggettive da quelli in esame !ll'art. 16 cfr. in particolare Cass. 8 luglio 1963 n. 1855, Riv. leg. fisc., 163, 2274 e 2 ottobre 1962, n. 2800, ivi, 1963, 625. La seconda massima definisce con molta chiarezza il potere del udice di impugnazione nel iudicium rescindens e pone bene in guardia 1ntro la... tentazione di integrare la mancante motivazione della deci:: me impugnata. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (valore comparativo), e dall'assoluta inadeguatezza della capitalizzazione del reddito per le aree fabbricabili. Senonch dall'esame del testo della impugnata decisione della commissione provinciale -esame consentito in questa sede, essendo stato denunciato un eN."or in procedendo -nulla di tutto ci risulta, in quanto nella stessa, non soltanto non vi alcun accenno ai .prezzi di mercato e in comune commercio dei beni oggetto di valutazione, avendo al riguardo la Commissione proceduto in base a criteri generici e sommari, senza alcuna indicazione ed elaborazione di elementi e di calcolo, ma neppure, .per implicito, viene giustificata la mancata adozione dei due criteri stabiliti sia pure a scopo puramente indicativo dalla legge. Appare, quindi, chia.ro che la Corte di merito, con il sopperire con propria motivazione al difetto di attivit della commissione tributaria, non si mantenuta nei limiti del proprio compito, che era unicamente quello volto all'esame della conformit della decisione della commissione, o pi propriamente dell'attivit del giudicare svolta dalla commissione, alle norme di legge ed ai criteri di logica cui tale attivit deve attenersi. Secondo, infatti, il fermo indirizzo della giurisprudenza di questa Suprema Corte e l'opinione dominante in dottrina, il controllo demandato al giudice ordinario, sul giudizio di valutazione reso dalla commissione provinciale, non si estende al merito, ma si esplica nel pi ristretto ambito di una cognizione di legittimit, dando luogo ad un giudizio di gravame limitato al rescindente, per l'eventuale annullamento della decisione amministrativa che si appalesi gravemente erronea nell'apprezzamento o manchevole nel calcolo. Il giudice, pertanto, il quale accerti l'invalidit della decisione della commissione tributaria, non ha il potere di procedere egli stesso alla risoluzione dei temi che avevano costituito l'oggetto del giudizio di merito della pronuncia impugnata, vale a dire all'apprezzamento del calcolo dei valori, apprestando alla decisione la motivazione mancante, nia deve limitarsi ad annullare la decisione stessa. Nella. specie, pertanto, posto che la decisione impugnata difettava dell'enunciazione sufficiente degli elementi tenuti a calcolo, non era consentito alla Corte di merito accertare, per altra via, la sostanziale esattezza dell'apprezzamento, come del pari, ai fini del riscontro del dedotto errore di apprezzamento, e d~lla sua gravit ed evidenza, la Corte stessa avrebbe dovuto limitarsi ad accertare se tale vizio si appalesasse direttamente all'esame del testo della decisione impugnata, e non .gi escluderne la sussistenza con l'affermare che le valutazioni acquisite al procedimento si riferivano a fondi obiettivamente diversi, importando anche tale affermazione un'inammissibile autonoma indagine su fatti rilevanti per la questione .di valutazione. -(Omissis). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA )RTK DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 ottobre 1968, n. 3611 -Pres. Favara -Est. Della Valle -P. M. Colonnese (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli) c. De Mauro (avv. Du Bess). iposta di registro -Atto di sottomissione e garanzia in materia di dilazione del pagamento dell'imposta di successione -Garanzie prestate da un terzo -Imposta fissa di registro. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 65: r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, art. 55). L'atto di sottomissione a garanzia che accede aiia concessione di !azione. del pagamento dell'imposta di successione , a norma del> rt. 65 della legge organica sulle successioni, in ogni caso soggetto ia tassa fissa di registro di cui aH'art. 55 della tariffa A, anche quando garanzia reale e personale sia prestata da terzi (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo dedotto la ricorrente Ammini~ azione finanziaria dello Stato, denunciando la violazione dell'artilo 65 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 e degli articoli 54 e 55 Tariffa ll. A r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 in relazione all'art. 360, nn. 3 5 c. p. c., censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che 1tto di sottomissione a garanzia di cui all'art. 65 del r. d. 30 dicem (1) Questione nuova per la S. C. risolta in modo assai poco persuam. Non sembra in primo luogo esatto, sul piano esegetico, che l'art. 65 Ila legge sulle successioni contenga un rinvio e per relationem al. rt. 55 tariffa A della legge di registro, cio non un rinvio all'intero ntenuto della norma, ma solo un riferimento e per indicare il tipo e misura dell'imposta dovuta per tutti indistintamente gli atti di sottolssione a garanzia . Poich il concetto di imposta fissa di registro ben faro, non era necessaria la citazione dell'art. 55 tariffa A (una delle tmerosissime norme che prevedono l'imposta fissa) solo per richiamare l tipo e la misura dell'imposta, cosi come non sono stati ritenuti ~cessari rinvii ad altre norme per dichiarare l'esenzione dalle imposte bollo e ipotecaria. Sembra al contrario da escludere che una norma ~Ila legge sulle successioni, col menzionare una norma specifica della gge di registro, abbia creato un'agevolazione sul normale tributo di gistro. Se l'atto di sottomissione, per quanto inerente alla riscossione altra imposta, tuttavia dichiarato soggetto all'imposta di registro condo 1'e intrinseca natura (il rinvio all'art. 55 della tariffa abbraccia 1indi l'intera norma richiamata) da escludere che la legge sulle sucssioni abbia inteso modificare la legge di registro. Ancor meno convincente la considerazione che l'art. 65 della legge tlle successioni rinvii soltanto all'art. 55 della tariffa A e non anche l'art. 54. Evidentemente l'art. 65 si riferisce all'ipotesi normale in cui debitore (comma VII) sottoscriva l'atto col quale viene iscritta ipoteca RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO bre 1923, n. 3270 debba essere assoggettato alla tassa fissa: di cui all'art. 55 della Tariffa All. A della legge di registro n. 3269 del 1923, invece che a quella graduale di cui al precedente art. 54, anche nel caso in cui a prestare la fideiussione a favore dell'ufficio finanziario per la dilazione del pagamento dell'imposta di successione sia non lo stesso obbligato, ma un terzo. All'uopo -premesso che gli articoli 54 e 55 Tariffa All. A sopraindicati tengono nettamente distinta l'ipotesi della garanzia prestata dal terzo da quella della garanzia prestata dallo stesso obbligato, assoggettando la prima a tassa graduale e la seconda a tassa fissa sostiene che l'art. 65 della legge n. 3270 del 1923 sulle tasse di successione non contiene alcuna deroga a tale prescrizione, e che pertanto la norma di cui al penultimo capoverso di detto articolo -secondo la quale e l'atto di sottomissione a garanzia soggetto all'imposta fissa di cui all'acrt. 55 della Tariffa All. A -va riferita unicamente al caso nOi'Illale di garanzia prestata dall'obbligato. La censura priva di giuridico fondamento. Il ;problema, che si presenta per la prima volta a questa Suprema Corte, consiste nel determinare l'esatta portata dell'art. 65 della suindicata legge tributaria delle successioni, e pi precisamente nello stabilire se il richiamo ivi fatto all'ari. 55 Tariffa All. A della legge di registro debba intendersi riferito al solo caso della garanzia prestata dall'obbligato diretto, od anche a quello della garanzia prestata dal terzo. sugli immobili ereditari (comma IV); ma quando si ricorre ad altre garanzie, realizzabili attraverso un gran numero di possibili negozi, risulter applicabile la norma specifica pertinente al caso, che non :pu ovviamente trovarsi richiamata nell'art. 65 della legge sulle successioni; non quindi soltanto l'art. 54 che non richiamato, ma anche tante altre norme che regolano i negozi di garanzia (ad esempio cessione di credito, polizza fideiussoria, ecc.). Non va dimenticato che una norma sostanzialmente identica a quella dell'art. 65 della legge sulle successioni contenuta nell'art. 92 della legge di registro (quest'ultima per non fa cenno ad ogni altra idonea garanzia); in questo caso ancor pi evidente che la norma della legge di registro che, come in infinite altre ipotesi, richiama un articolo della tariffa, conferma e non modifica la norma richiamata. L'ultimo argomento basato sull'utilit sociale e l'equit troppo fragile di fronte alla norma che chiaramente esprime una diversa volont legislativa; ma esso non trova riscontro nemmeno sul piano concreto perch in altri simili casi, come per l'I.G.E. (art. 46 I. 19 giugno 1940, n. 762 e art. 117 reg. 26 gennaio 1940, n. 10), nessun particolare rinvio fatto all'art. 55 della tariffa A della legge di registro sicch, indubbiamente, l'atto di sottomissione a garanzia .soggetto al normale regime e quindi all'imposta dell'art. 54, nel caso che la garanzia reale o personale sia prestata da terzi, e delle norme specifiche in ogni altro caso di garanzia sussidiaria a quella data dal contribuente. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 837 E la soluzione di esso non pu essere che quella accolta dalla >rte catanese nella decisione impugnata. Nel consentire ai debitori dell'imposta di successione il pa.gamento teale l'art. 65 della citata legge n. 3270 del 1923, dopo avere stabi. o -nel penultimo comma, che a tutela del credito dilazionato deve sere iscritta ipoteca rugli immobili ereditari ed assunta ogni altra lranzia a giudizio dell'Amministrazione , -il che significa che in :giunta a quella dell'obbligato diretto pu essere chiesta anche la lranzia del terzo -, avverte invero, nell'ultimo comma, con espres) ne generica e senza distinguere tra l'una e l'altra forma di ga. nzia -quella cio prestata dal debitore diretto e quella prestata LI terzo -che l'atto di sottomissione a garanzia soggetto alla ssa fissa di cui all'art. 55 della Tariffa All. A alla leg.ge di registro I esente dalle tasse di bollo e ipotecarie . Vero bensi che nell'art. 55 sono :previsti, come si detto, solnto gli atti di cauzione o di sottomissione prestati dall'obbUgato ~incipale e che le cauzioni mallevadorie, fidejussioni anche solitli di somme e valori prestate da una o pi persone cumulativamente ~r una terza persona sono prevedute viceversa nel precedente ar~ olo 54; ma tale rilievo -che l'Amministrazione ricorrente assume caposaldo della propria tesi - in realt privo di significato giudico, essendo evidente -(e la stessa espressione della legge lo vela) -che il rinvio all'art. 55 stato fatto per relationem ., e o non per richiamare l'intero contenuto della norma, con riferilento soprattutto ai soggetti dai quali :provengono gli atti che essa >ntempla -( il diretto obbli~ato o il terzo ) -ma unicamente ~r indicare il tipo e la misura dell'imposta dovuta per tutti indiintamente gli atti di sottomissione a garanzia, da chiunque e comun11e prestati, a tutela dell'imposta di successione dilazionata. Ed a >nferma della esattezza dell'interipretazione accolta va considerato 1e altra sarebbe stata certamente la dizione della legge se si fosse e>luto -come sostiene l'Amministrazione ricocrente -assoggettare atto di sottomissione di cui all'art. 65 alle normali imposte previste alla legge di registro, che non avrebbe mancato in tal caso il legi. atore di richiamare ad un tempo l'art. 55 e 54 perch fosse appli: tto l'uno -(che prevede l'imposta fissa) -o l'altro -(che :preede quella graduale) -a seconda dei casi. Senza dire poi che una diversa interpretazione, oJ.tre che con t lettera, contrasterebbe con lo spirito della disposizione e con la 11uit, giacch da una parte, con lo scoraggiare i terzi dal farsi gaanti dell'altrui debito d'impo:sta, renderebbe pi difficile l'otteni1ento di quella duplice garanzia che costituisce per l'Erario una milior tutela del credito dilazionato e che viene perci solitamente ichiesta e, dall'altra, verrebbe a negare il beneficio dell'imposizione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO minima qual' quella dell'imposta fissa -proprio a coloro che, per il fatto stesso di rendersi responsabili verso l'Erario di un'obbligazione non propria, ne appaiono viceversa maggiormente meritevoli. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 ottobre 1968, n. 3637 -Pres. Scar.pello -Est. Usai -P. M. Tuttolomondo -Ministero delle Finanze (avv. Stato Varvesi) c. Banca Agricoltura (avv. Alcandri). Imposta di registro -Enunciazione di convenzione verbale -Tassa bilit -Condizioni -Applicazione in tema di eunciazione di con venzione relativa a disponibilit di somma sul presupposto di contratto di conto corrente di corrispondenza. (art. 1852 c. c.; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 62, 2 comma e art. 28 tariffa, ali. A). Per la tassabilitd, a norma dell'art. 62, comma secondo, r. d. 30 dicmbre 1923, n. 3269, delle convenzioni verbali enunciate in atto presentato per la registrazione, oltre ai requisiti indispensabiU della sussistenza della convenzione enunciata e della connessione diretta fra questa e le disposizioni dell'atto che la contiene, richiesto che l'atto enunciante consenta la possibilitd di identificare. la convenzione in ordine ai soggetti, al contenuto oggettivo ed alla sua reale p'l'tata, in guisa da costituire ndn solo la prova della sua esistenza, ma addirittura il titolo. Il concorso di tali requisiti va accertato anche se si discute della tassabiiitd di una convenzione enunciata rivolta a creare una disponibilitd di somma di danaro, nonostante l'ampia formulazione dell'art. 28 della tariffa all. A alla legge di registro nella quale essa va inquadrata, e anche se si riconosce l'esistenza, come presupposto, di un contratto di conto corrente di corrispondenza, rispetto alia quale essa funzionalmente collegata, pur essendo autonoma (1). (Omissis). -La ricorrente, deducendo la violazione e la falsa applicazione degli artt. 8 e 62 della legge di registro approvata col r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 e dell'art. 28 della stessa legge in relazione all'art. 360, n. 3 e 5 cod. proc. civ., sostiene che la Corte del merito (1) La massima applica un orientamento .ormai costante, anche se contrastato alle convenzioni che sono rivolte a creare disponibilit di somme e che pvesuppongono un contratto di conto corrente di corrispondenza, col quale sono funzionalmente collegate. Sul detto orientamento cfr. PAGANO, Enunciativa di convenzione verbale e suoi profili tributari, in quest Rassegna 1966, I, 1301; Io., Osservazioni a Cass. 8 gennaio 1968, n. 32, retro, 457. V. Cass. 25 maggio 1966, n. 1340, c. p. e loc. sopracitate. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Ile sue esatte premesse non ha tratto le dovute conseguenze perch n ha tenuto presente che l'art. 28 della .tariffa all. A alla legge di gistro non sottopone ad imposta proporzionale le sole aperture di edito, ma in genere le obbligazioni di somme di danaro, i ~estiti, ricognizioni di debito e tutti gli atti e contratti che contengano obbligo somma. Infatti non si poteva negare che nel ricorso rper decreto ingiunro, anche ad escludere che fosse contenuto alcun riferimento ad un .gozio di apertura di credito, esistesse l'enunciazione di una obbligame di somma di danaro, fatta in modo tale da consentire di identi: a;re, attraverso il solo atto enunciante, la sostanza e .gli estremi catteristici della convenzione enunciata sia in ordine ai soggetti, sia in dine al suo contenuto oggettivo e alla sua reale portata. La ricorrente sostiene inoltre che la sentenza impugnata con: tddittoria quando afferma l'equivocit e la conseguente irrilevanza fini della imposta di registro dell'enunciazione solo perch al finan: tmento del conto corrente potevano aver dato luogo negozi di diversa tura. La sentenza stessa, invero, dopo aver posto in rilievo :J.'auto' mia del conto corrente rispetto a quelli che ne costituivano i presup> Sti, non poteva pi negare rilevanza giuridica alle obbligazioni che dvavano dal conto corrente. e sostenere che erano valide le sole bligazioni che risultavano collegate al contratto di apertura di creto, di anticipazione o di deposito. La Corte d'Appello av.rebbe, infine, dovuto rilevare che nel citato t. 28 era espressamente stabilito che l'imposta si applicava anche rapporti con gli istituti di credito, quando non risultavano deposito pegno di titoli, e che l'enunciazione in esame non menzionava una nile eventualit. Il motivo infondato. La Corte del merito ha, invero, basato la sua decisione sul prin;> io che per la tassabilit, a norma dell'art. 62, comma secondo, della gge di registro approvata con r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, deNe nvenzioni verbali enunciate in un atto presentato per la registrazione, tre a.gli altri requisiti indispensabili, richiesto che l'atto enunciante nsenta la possibilit di identificare la convenzione in ordine ai sog tti, al contenuto oggettivo e alla sua reale portata, in .guisa da forre, non solo la prova della sua esistenza, ma addirittura il titolo. 1gione .per cui non sufficiente che l'atto enunciante faccia presumere .e altro diverso rapporto siasi costituito fra le stesse parti, ma nessario che contenga elementi che rivelino il contenuto dell'atto enun: tto in modo da consentire di identificarlo. E sull'esattezza di tali incipi, da questa Suprema Corte anche di recente .ribaditi (Cass. ~z. Unite 14 giugno 1967, n. 1331; Cass. 7 ottobre 1967, n. 2291; tss. 25 mag.gio 1966, n. 1340), non viene mossa alcuna censura. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La Corte di Torino ha, poi, accertato che l'enunciazione per cui causa deve essere ritenuta irrilevante ai fini dell'imposta di registro perch non con:sente l'individuazione univoca del contratto enunciato, e questo apprezzamento del giudice di merito insindacabile in cassazione se adeguatamente e correttamente motivato (Cass. 25 maggio 1966, n. 1340). Contro tale giudizio, col quale viene esclusa la tassabilit della enunciazione, non pu essere invocata l'ampia dizione dell'art. 28 della tariffa all. A alla leg.ge di registro, che comprende non solo le aperture di credito, ma in genere le obbligazioni di somme di danaro, i prestiti, le ricognizioni di debito e tutti gli atti e contratti che contengono obbligo di somme . Ci in quanto la questione da decidere non ha .per oggetto lo stabilire, attraverso la ricerca dell'articolo di tariffa da applicM"e, quale imposta di registro deve essere pagata, bensi l'accertare se un'imposta di registro sia dovuta. L'ampia e comprensiva dizione dell'art. 28 della tariffa all. A consentirebbe, infatti, se fosse accertato che per .I'eniUilciazione di cui trattasi dovuta l'imposta di registro, di stabilire l'ammontare di tale imposta, anche senza sapere con precisione quale fosse il contratto enunciato, ma non si pu certo utilizzare l'ampiezza e la genericit di tale norma anche per stabilire che l'imposta dovuta, dato che nella specie, trattandosi di enunciazione di convenzione verbale occorre, invece, al detto scopo, come s' visto, che la enunciazione sia tale da consentire di identificare in modo specifico la sostanza e gli estremi caratteristici della convenzione enunciata. N l'imposta richiesta con l'ingiunzione fiscale della cui opposizione si .tratta pu essere giustificata dall'accertata esistenza di un contratto .di conto corrente di corrispondenza e dalla autonomia, esattamente riconosciuta dalla sentenza impugnata a tale contratto, rispetto a quello con cui era stata creata la disponibilit, che del conto corrente di corrispondenza costituiva il presupposto. Infatti l'imposta di registro di cui trattasi non ha per ?ggetto l'enunciazione del contratto di conto corrente di corrispondenza, bensi quella del contratto, non precisato, col quale era stata costituita la relativa disponibilit. ' Il conto corrente di corrispondenza, detto anche conto corrente bancario, , invero, un contratto per effetto del quale la banca, nel presupposto dell'esistenza .presso di s di una disponibilit a favore del cliente, si obbliga a prestare a questo un servizio, consistente in sostanza in un servizio di cassa, ossia nel provvedere per conto del cliente correntista, su suo ordine diretto e indiretto e con le sue disponibilit ai pagamenti e alle riscossioni. In tale contratto, ben diverso da quello di conto corrente, la creazione della disponibilit pu essere l'effetto di un deposito bancario, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA un'apertura di credito, di un'anticipazione bancaria o di altro con1tto bancario (art. 1852 cod. civ.). E i due negozi: quello di conto ~rente di corrispondenza e quello diretto alla creazione della dispo> ilit, sono strutturalmente autonomi, bench funzionalmente col~ ati. Quindi al conto corrente di corrispondenza deve essere riconouta natura di contratto misto, alla cui costituzione concorrono, inme coi principi del mandato, che hanno una posizione preminente lla sua struttura e disciplina, anche elementi di altri negozi. Da tutto ci consegue che l'enunciazione del contratto di conto ~rente di corrispondenza, contenuta nel ricorso per decreto ingiuno, non poteva giustificare la tassazione del mag,gior credito di lire ).282.354, evidentemente concesso in base al contratto, ignoto nel suo ~iso contenuto, col quale era stata creata la disponibilit, che costi. va il presupposto del conto corrente di corrispondenza, dovendo :ludersi che la inclusione del credito nel conto corrente di corrisponn. za produca novazione, dato che tale inclusione non rompe il legame 1 il credito e il titolo dal quale ha avuto origine. -(Omissis). SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 settembre 1968, n. 2878 -Pres. Favara -Est. D'Orsi -P. M. Trotta (conf.) -Cassa per il Mezzogiorno (Avv. Stato Gargiulo) c. Impresa Cidonio (avv. Mascioli). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Appalti stipulati dalla Cassa per il Mezzogiorno o suoi concessionari -Assimilazione a quelli stipulati dallo Stato ai fini dell'applicabilit ai medesimi delle norme regolamentari del Capitolato generale oo.pp. dello Stato Sussiste -Capitolato generale oo.pp. dello Stato -Natura di regolamento esterno -Sussiste -Valore suppletivo del Capitolato generale della Cassa per il Mezzogiorno -Esclusione -Validit nell'ambito delle regole del Capitolato generale oo.pp. dello Stato aventi carattere dispositivo -Sussiste -Derogabilit delle norme del Capitolato generale oo.pp. dello Stato relative all'arbitrato Esclusione -Fattispecie. (1. 10 agosto 1950, n. 646, art. 8; d. P. R. 161 luglio 1962, n. 1063, art. 5.1). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Capitolato generle d'appalto per le opere di competenza del Ministero LL.PP. -Efficacia imperativa esterna delle sue norme non solo per le opere statali ma anche per le opere di competenza di enti pubblici diversi dallo Stato, allorch il Capitolato generale statale sia richiamato per legge -Sussiste. (d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063). In virt deZl'art. 8 l. 10 agosto 1950, n. 646, gU.. appalti stipulati dalla Cassa per it Mezzogiorno e da enti suoi concessionari sono considerati alla stessa stregua di quelli stipulati dallo Stato e ad essi debbono applicarsi le norme contenute nei Capitolati generali per le opere pubbliche detlo Stato. Deve escludersi che le norme del Capitolato generale della Cassa per il Mezzogiorno possano sostituire quelle del Capitolato generale oo. pp., non avendo come le prime il carattere dell'imperativit esterna proprio delle norme di dir,itto obiettivo, ma solo efficacia vincolante interna. Epper, in ordine agli appalti della PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 843 issa per il Mezzogiorno o suoi concessionari, l'obbligo pr l'appaltatore unifMmarsi aLle disposizioni del Capitolato generale della Cassa verse rispetto a quezie del vigente Capitalo generale oo. pp. dello Stato t valere soltanto nell'ambito delle regole di quest'ultimo aventi :rattere dispositivo, fra le quali non possono annoverarsi le norme :lL'arbitrato (applicazione in tema di impugnabiLit de'l lodo per errores in judicando ai sensi dell'art. 51 Cap. gen. oo. pp. 1962 (1). Il principio secondo cui il Capitolato generale d'appalto per le >ere di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici ha valore normatio regolamentare per le opere che interessano lo Stato e non per Lelle di enti pubblici divers.i valido in linea ge.nerale, ma non nei ~i in cui l'applicazione del Capitolato suddetto ad un ente pubblico ve.rso dallo Stato sia stata prevista da una norma di legge. Peraltro, in li casi, poich le norme del Capitolato generale medesimo hanno di per valore cogente, essendo dotate dell'efficacia imperativa esterna propria ille norme di diritto obiettivo, resta irrilevante che esse siano state chiamate anche da una dausola contrattuale (2). MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo mezzo la Cassa per il Mezzogiorno lamenta la .Isa applicazione di numerose disposizioni di legge e regolamentari ed :ferma che erroneamente la Corle d'appello aveva ritenuto di dovere 1tegrare il Capitolato generale della Cassa perch questo non regolava 1 alcun modo il -procedimento arbitrale ed erroneamente, in base al rinvio alla legge sui lavori pubblici fatto dal Capitolato generale (1-2) L'insegnamento della Corte di Cassazione nella sentenza in tssegna sulla natura e l'efficacia delle norme del Cap. gen. oo. pp. appr. >n d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063 di particolare importanza: superandosi : giorno, al quale si attribuisce, viceversa, natura di regolamento in~ rno). Lo stesso valore di norme di diritto obiettivo si riconosce alle orme del Capitolato Generale oo. pp. anche relativamente agli appalti di nti pubblici diversi dallo Stato, allorch esse siano richiamate per ,gge. Sull'art. 8 1. 10 agosto 1950, n. 646, nonch, in particolare, sul raporto fra Capitolato Generale oo. pp. e Capitolato Generale della Cassa er il Mezzogiorno, v. gi Cass., 6 aprile 1966, n. 909, in questa Rassegna, 166, I, 843 e segg. ed ivi ulteriori riferimenti. Sulla immediata operativit elle norme processuali contenute nel capitolato generale oo. pp. 1962 i in ispecie sulla applicabilit dell'art. 51 anche agli arbitrati definiti RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della Cassa, aveva applicato l'art. 49 del Capitolato generale d'appalto per le opere di competenza del Ministero dei LL. PP. approvato con D. M. 28 maggio 1895, il quale sanciva la non impugnabilit del lodo. Viceversa, il Capitolato generale della Cassa avrebbe una propria autonomia e una propria struttura e, .regolando l'intera materia, non abbisognerebbe di integrazione alcuna. La legittimit del Capitola.to generale della Cassa discenderebbe, poi, dall'art. 8 della legge istitutiva 10 agosto 1950, n. 646; da tale articolo, infatti, si risalirebbe alle norme sulla contabilit generale dello Stato, e, in particolare, all'art. 45 del Regolamento, che prevede, per ogni genere di lavori, i capitolati d'oneri, i quali possono dividersi -ove sia necessario -in generale e speciali e sono approntati da ciascun Ministero. Con l'approvazione del proprio Capitolato generale la Cassa avrebbe fatto uso della facolt conferitale e il rinvio op~rato dall'art. 8 della leg1ge istitutiva alle norme vigenti per l'esecuzione delle opere pubbliche di competenza del Ministero dei LL. PP. non si estenderebbe fino a ricomprendere le norme del capitolato generale di tale Ministero, la cui applicaJbilit, per i lavori della Cassa, sarebbe venuta meno nel momento in cui la Cassa aveva istituito il suo capitolato. Il mezzo infondato. La Corte d'appello parti dalla premessa che l'art. 22 del capitolato speciale disponeva che le controversie non definite in via amministrativa sarebbero state risolute da collegi e con le procedure stabilite agli artt. 39, 40, 41, 42 e 43 del Capitolato generale della Cassa; aggiunse che tali ar.ticoli, pur regolando la composizione del Collegio arbit.rale, le modalit e i termini per la proposizione della domanda con lodo pubblicato a partire dal 1 settembre 1962, v. anche Cass., 9 aprile 1965, n. 623, in questa Rassegna, 1965, I, 414 e segg.; 6 aprile 1966, n. 909 cit., id., 1966, 843, sub 2. Sulla natura e sulla legittimit del Cap. Gen. oo. pp. 1962, v. Cass., 9 aprile 1965, n. 623 innanzi citata, Zoe. cit., 418, la quale, a differenza delle pronunce della Cassazione sopra citate, parla pur sempre di regolamento di organizzazione, ma ne intende la natura normativa di diritto obiettivo (cfr. Cass., 23 luglio 1964, n. 1989, in questa Rassegna, 1964, I, 971). noto, infatti, che anche i regolamenti c. d. di organizzazione possono recare vere e proprie norme esterne: cfr. VITTA, Diritto amministrativo, Torino, 1949, 59, nota 1; sulla natura regolamentare (esterna) del capitolato generale oo. pp., v. anche CARUSI, Spunti ecc., in questa Rassegna, 1965, I, 226 e segg. Per quanto attiene, .poi, alla posizione della Cassa per il Mezzogiorno, opportuno, invece, avvertire, ad ogni buon fine, che, se pur dotata formalmente di personalit giuridica, essa persegue unicamente finalit proprie dello Stato ., con mezzi di pertinenza statale ., epper organo dello Stato: cosi Cass., Sez. Un., 29 dicembre 1967, n. 3025, in questa Rassegna, 1968, I, 405 (nella motivazione). Per questo verso, pertanto, le argomentazioni della sentenza in rassegna sul valore del Capitolato generale della Cassa non appaiono centrate. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 845 la facolt di escludere la competenza arbitrale, non disciplinavano acun modo il procedimento arbitrale. In virt, quindi, dell'art. 45 no stesso Capitolato generale, secondo cui nei rapporti tra la Cassa l'appaltatore si osservano, oltre alle disposizioni ivi contenute e a telle dei singoli capitolati .speciali, le norme per l'esecuzione delle 1ere pubbliche di competenza del Ministero dei LL. PP. e, in particore, quelle contenute nel Capitolato generale di appalto approvato con M. 28 maggio 1895, applic l'art. 49, secondo comma, di tale Capilato, il quale 1prevede l'espressa rinuncia delle parti ai rimedi deltppello e del ricorso per cassazione. Richiam, poi, la giurisprudenza questa Corte Suprema, secondo cui la rinuncia deve intendersi .limita ai soli errori in iudicando e non a quelli in procedendo e decise conformit, limitanto l'esame ai soli errori in procedendo. Cosi decidendo la Corte d'appello -pur attribuendo erronea ente valore negoziale al Capitolato generale d'appalto per le opere 1bbliche dipendenti dal Ministero dei LL. PP., come si veW- nell'esa e del secondo motivo del ricor.so -ha ritenuto esattamente che tlla specie dovesse appicarsi il Capitolato generale suddetto. Questa Suprema Corte ha, infatti, costantemente ritenuto: a) che, in virt dell'art. 8 della legge 10 agosto 1950, n. 646, i appalti stipulati dalla Cassa per il Mezzogiorno e da enti suoi con~ ssionari sono considerati alla stessa stregua cli quelli stpulati dallo ;ato e che ad essi debbono applicarsi le norme contenute nei capitoli merali per le opere pubbliche dello Stato, che hanno natura regomentare; b) che in siffatti appalti l'obbligo di uniformarsi alle difformi .sposizioni del capitolato della Ca,ssa per il Mezzogiorno !PU valere 11tanto nell'ambito delle regole del capitolato per le opere pubbliche renti carattere dispositivo e che fra queste non sono da annoverare le )l'lffie sull'arbitrato (sentt. 6 aprile 1966, n. 909; 14 giugno 1965, 1198; 18 maggio 1965, n. 956). Non pu, quindi, essere condivisa la contraria interpretazione data :i.lla ricorrente all'art. 8, secondo cui questo, nell'ultimo comma, avreb~ attribuito alla Cassa la stessa facolt normativa riconosciuta al [inistero dei LL. PP., ponendo in una posizione parallela tanto la assa, quanto il Ministero dei LL. PP., e attribuendo alle norme da Llest'ultimo emanate solo funzione suppletiva. Il richiamo, come del resto appare dalla stessa formulazione della orma, fatto alla disciplina in concreto vigente per l'esecuzione delle pere pubbliche e non alle norme generali, da cui il Ministero ha erivato la propria potest normativa. Ed arbitrario il porre sullo ;esso piano la Cassa, avente una .propria personalit giuridica, ed il [inistero, organismo statale. Ma la impossibilit di attribui-re funzione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO suppletiva alle norme del Capitolato generale oo. pp. discende dal loro diverso valore giuridico, rispetto al Capitolato della Cassa. Solo le prime, infatti, hanno il carattere dell'imperativit esterna, ~oprio delle norme di diritto obiettivo, laddove alle seconde, in viTt dei poteri d'autonomia degli enti pubblici, pi solo riconoscersi efficacia vincolante interna. Con il secondo mezzo la ricorirente si duole che la Corte d'appello, una volta riconosciuta l'applicazione del Capitolato generale per le oo. pp., non. abbia tenuto conto che, durante lo svolgimento del rapporto e prima del giudizio arbitrale, era stato emanato il nuovo Capitolato, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 16 luglio 1962, n. 1063. Il mezzo, la cui esattezza stata riconosciuta anche dalla resistente nella memoria illustrativa e nella discussione orale, fondato. La Corte d'appello escluse l'applicabilit del nuovo Capitolato generale di appalto per le oo. pp. al rapporto in questione sulla base della doppia considerazione che le clausole del Capitolato generale delle oo. pp. debbono essere qualificate come norme giuridiche nei contratti con lo Stato e non in quelli che non interessano lo Stato, ove hanno valore contrattuale, e che le parti, con il dare valm:e contrattuale al Capitolato generale della Cassa per il Mezzogiorno (che richiama quello delle oo. pp.), si erano impegnate ad osservare tutte le clausole in esso contenute, per cui, anche a voler attribuirre valore normativo alla disposizione dell'art. 49 del Capitolato generale, il suo contenuto era stato completamente assunto nella volont contrattuale ed in questa assorbito, di guisa che la disposizione medesima dovevasi cOillsiderare meramente contrattuale, essendo stata del tutto dimenticata nella libera determinazione delle parti la sua origine normativa. Entrambe le proposizioni sono erronee. Quanto alla prima, va rilevato che il principio, secondo cui il Capitolato generale d'appalto per le opere di competenza del Ministero dei LL. PP. ha valore normativo regolamentare per le opere che int&essano lo Stato e non per quelle di enti pubblici diversi dallo Stato, valido in linea generale; ma non nei casi in cui, come nella specie, l'applicazione del Capitolato suddetto ad un ente pubblico diverso dallo Stato sia prevista da una norma di legge. Quanto alla seconda, va osservato che una norma avente efficacia imperativa esterna ha di per s valore cogente, pe!r cui la sua efficacia nei confronti dei destinatari opera indipendentemente dal richiamo che ad essa viene fatto. E, se le parti nella loro autonomia negoziale prevedono tale norme come clausola contrattuale, non per questo essa perde il suo intrinseco carattere cogente per desumere la forza vincolante unicamente dalla volont delle parti. Questa, infatti, pu avere crilevanza in ordine alle norme dispositive; ma non per quelle imperative. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 847 In conformit alla costante giurisprudenza di questa Corte deve tenersi che nella specie trovi applicazione il nuovo Capitolato d'aptlto per le oo. pp. approvato con decreto del Presidente della Repubica 16 luglio 1962, n. 1063, le cui norme regolanti il modus procemdi, in quanto norme processuali, sono di immediata applicazione e ~golano anche rapporti ,sorti anteriormente alla data dell'l settem e 1962 di entrata in vigore del Capitolato stesso, con la conseguenza te il lodo arbitrale, pronunciato dopo la data predetta in ordine a pporti sorti nel vigore del precedente Capitolato generale, soggetto, ianto alle impugnazioni, alle norme dell'art. 51 del nuovo Capitolato, 1rogativo dei precedenti limiti di impugnabilit. La resistente, concordando su questo punto, ha, nella memoria :ustrativa del ricorso, sollecitato l'uso del potere di correzione della ntenza da parte di questa Corte, allo scopo di evitare la fa.se di nvio e all'uopo ha fatto presente che i tre motivi di pretesa nullit ~l lodo, non esaminati dalla Corte d'appello perch riguardanti errori .iudicando e relativi all'inapplicabilit ai pubblici appalti dell'arti O 1664, secondo comma, cod. civ., alla detrazione del ribasso d'asta tll'equo compenso determinato ai sensi dello stesso articolo e alla olazione del principio della soccombenza in ordine alle spese, dovreb! ll'O, comunque, essere 'rigettati per manifesta infondatezza. Secondo resistente il potere di sostituzione previsto dall'art. 384, secondo 1mma, cod. proc. civ. potrebbe nella specie essere esercitato, perch >ill vi sarebbe necessit n di correggere il dispositivo, n di compiere cuna indagine o valutazione di fatto, n di pronunciare su eccezioni >n .pro,poste dalle parti e non ,rilevabili d'ufficio. Tale assunto non pu essere condiviso. L'art. 384. cod. proc. civ. consente a questa Corte di correggere la otivazione della sentenza, senza cassarla, quando il dispositivo sia conrme al diritto, ma sia erronea la motivazione. E questa facolt -che ppresenta applicazione del principio iura novit curia (Cass., 30 ottobre 165, n. 2530) -presuppone che non vi sia necessit di dare pratica tuazione al caso concreto del principio sostituito a quello erroneo (Cass., I luglio 1951, n. 2178). Ora evidente che l'esame della portata di una d~cisione non pu sere fatto soltanto in base al dispositivo; ma va compiuto rponendo correlazione la motivazione col dispositivo, perch solo dal collegaento dell'una con l'altro risulta la volont concreta di legge attuata sentenza. Un tale principio appare in tutta la sua evidenza nella decisione 1pugnata, nella quale, in una generica declaratoria di rigetto, sono, realt, contenute due d.istinte pronunce, una di rigetto per infonttezm ed un'altra di inammissibilit, e il trasformare -come vorrebbe resistente -la pronuncia di inammissibilit in pronuncia di rigetto RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per infondatezza implicherebbe non una mera correzione della motivazione; ma una modifica del dispositivo e, per di pi, anche un esame di fatti e circostanze -sia pure in base agli atti -incompatibile con la natura e la funzione del giudizio di legittimit. Si fuori, quindi, della semplice correzione del principio di diritto e si fuori della portata dell'art. 384 cod. proc. civ. La sentenza va, quindi, cassata in relazione al mezzo accolto. - (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 ottobre 1968, n. 3232 -Pres. Flore -Est. Pedroni -P. M. Tavolaro (conf.) -Florio (avv. Zevola) c. Giovent Italiana (avv. Stato Casamassima). Appalto -Appalto d'opere pubbliche -Capitolato generale oo. pp. Azioni dell'appaltatore a tutela delle sue pretese -Presupposto per il loro esperimento -Esaurimento del previo procedimento .amministrativo, relativo all'esame delle pretese dell'appaltatore e al collaudo dell'opera -Mancanza -Conseguenze -Improponibilit dell'azione -EcceziOni. (Cap. gen. oo. pp. appr. con d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063, artt. 42 e segg.). La regola sancita dal Capitolato generale oo. pp., approvato con d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063, impone che l'appaltatore esegua l'opera e soltanto successivamente possa agire in sede giudiziaria a tutela delle sue pretese, e ci all'evidente scopo di consentire l'esaurimento del previo procedimento amministrativo, relativo al controllo ed alle rilevazioni tecnico-contabiii del collaudatore, ai pareri degli Oll'gani consultivi ed alle detell'minazioni degli &gani competenti, in mancanza di che l'azione improponibile. L'improponibilit prima del collaudo, tuttavia, non opera: quando esista acco1Tdo delle parti a non .differire la risoluzione della controversia; quando la natura e la rilevanza economica deLLa controversia, obiettivamente valutata dal Giudice del merito, non consentano tale differimento; quando si tratti di azioni relative a diritti che per il loro contenuto particolare resterebbero scoperti di tutela, se non fosse consentito l'immediato esperimento detl'azione (com', d esempio, per il pagamento degli acconti prestabiliti in corso d'opera), ovvero di azioni dirette ad ottenere una pronuncia del giudice inconciliabile con l'intervento del collaudo (com', ad esempio, per la risoluzione per inadempimento deU'Amministrazione, per l'ipotesi di nuUit del contratto e cos via) (1). (1) Occorre, adunque, il collaudo, perch possa dirsi esaurito, come intendono le Sezioni Unite, nella sentenza sopra massimata, il procedimento I ili;: i: f: PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 849 (Omiss.is). -Col ricorso per regolamento preventivo di giurisdione si deduce: 1) che il richiamo al Capitolato gen. oo. pp., contenuto nel mtratto di appalto de quo, ha natura meramente contrattuale, per Li la clausola onerosa, che vieta la immediata adizione del giudice, rebbe inefficace, perch non approvata specificamente a termini lll'art. 1341 c. c. 2) che, quand'anche gli artt. 42 e segg. di tale Capitolato fosro applicabili, malgrado il difetto di specifica .approvazione, la disaina delle domande proposte avanti al .giudice rimarrebbe svinc.oJata le operazioni di collaudo, riguiwdando il pagamento degli acconti >vuti in corso d'opera, e scaduti, ed il risarcimento di danni deterinati da .sospensione dei lavori per fatti ascrivibili a colpa della mministrazione. 3) che, quando il titolo della competenza interna o giurisdizionale Lel caso il collaudo) intervenga in un momento successivo alla prorpolione della domanda, cessa l'originario difetto di giurisdizione. 4) che sulla nullit del collaudo, dedotta in coirSO di causa, avrebl piena giurisdizione il G. O. Il ricorso per regolamento di giurisdizione, proposto nella forma nei termini suindicati, va dichiarato inammissibile. Invero, anche se il divieto imposto all'appaltatore dal Capitolato merale per l'appalto delle opere pubbliche, di esercitare le azioni tutela delle sue ;pretese prima che l'opera sia stata collaudata, stato 1nfigurato, nella ormai superata elaboraziooe dottrinale e giurispru 11ministrativo, costituente nel suo complesso, rispetto all'azione, presup1sto e che ne condiziona l'esperimento . Cosi, peraltro, configurano le ~sse Sezioni Unite la fattispecie normativa considerata, dicendola, estra: a al tema della giurisdizione, in ordine alla quale possa configurarsi Lmmissibilit di un regolamento preventivo della stessa, quasi che esista 1 altro giudice, diverso da quello ordinario, cui possa essere devoluta la 1testas judicandi . L'importnaza della massima, che qui si segnala, apire, comunque, consistere nella conferma della cumulativit dei due pre~ ratoria judicii, pronuncia amministrativa sulle riserve e collaudo (rectius: 1provazione del collaudo) dell'opera, ai fini della proponibilit dell'azione udiziaria; il .che -se vi fosse dubbio -emerge dal riferimento all'art. 42 ~p. gen. 1962, nonch dalla chiara menzione della necessit che sia conntito all'Amministrazione di e interloquire. sulle pretese dell'appaltatore si desume, altres, dall'esplicita avvertenza delle Sezioni Unite, che il vieto imposto all'appaltatore, di esercitare le azioni a tutela delle sue etese prima che l'opera sia stata collaudata, rappresenta una caratteriica del contratto di appalto (d'opera pubblica), in quanto soddisfa l'esimza di evitare che una illimitata e non moderata facoltd dell'appaltatore agire in giudizio contro l'Amministrazione determini un pregiudizio sulla >rmale esecuzione dell'opera . II 850 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ffi denziale, come un difetto temporaneo di giurisdizione del giudice ordinario, tuttavia da ritenere, in aderenza al pi recente orientamento, che quella limitazione realizzi piuttosto una ipotesi d'improcedibilit o improponibilit dell'azione, per difetto di un presupposto che ne ~ condiziona l'esperimento. Tale posizione gimidica, che pu essere, sul piano sistematico, accostata a quella disciplinata dall'art. 460 c. p. c., che impone, prima della istituzione della fase contenziosa avanti al giudice, l'esperimento dei procedimenti amministrativi prescritti per le controversie in materia di previdenza ed assistenza obbUgatoria, va.ppresenta una caratteristica del contratto di appalto, in quanto soddisfa l'esigenza di evita'Amario -Rel. Sebastio -P. M. Bracci (coni.). Rie. D'Ambrosio. Procedimento penale -Declaratoria immediata di cause di non punibilit -Querela -Difetto di querela -Pregiudizialit della pronuncia di improcedibilit rispetto a qualunque pronuncia in merito -Procedimento per reato perseguibile d'Ufficio -Successiva definizione del fatto come reato perseguibile a querela -Pregiudizialit della questione di procedibilit. (c. c. p. artt. 9, 152). La pronuncia di improcedibilit delL'azione penale per difetto di querela sempre pregiudiziale a qualunque pronuncia sul merito: rispetto ad essa non pu trovare appLiciazione l'art. 152 capov. c. p. p., PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 853 ferendosi queista norma aUe sole cause di estinzione del reato, il cui ~certamento presuppone una azione penale ritualmente instaurata ed quindi logicamente successiva all'indagine sulla esistenza delle .con: zioni di proced.ibilitd. La dichiamzione di improcedibilitd ha carattere 'egiudiziale rispetto al proscioglimento in merito anche quando, essen) si proceduto per un delitto perseguibile di ufficio, il giudice abbia ~ccessivamente ravvisato nel fatto gli estremi di un delitto persegui: Ze a querela e rilevato la mancata presentazione della querela da irte dell'offeso (1). (1) Giurisprudenza consolidata: v. nello stesso senso: Cass. II, 6 maggio 166, n. 101350; IV, 27 settembre 1966, n. 102565; I, 24 ottobre 1966, n. 102758; , 12 giugno 1964, in Cass. pen. massimario annotato, 1965, p. 169, n. 269; iz. Un., 9 mggio 1964, ivi, 1965, p. 73, n. 96; I,. 2 dicembre 1964, ivi, 1965, 388, n. 691. ORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 15 dicembre 1966, n. 901 -Pres. D'Amario -Rel. Cassise -P. M. Marucci (parz. diff.). Rie. P. M. e parte civile in proc. Fusaro. npugnazioni -Parte civile -Impugnazione di disposizioni penali della sentenza anche se con riflessi sugli interessi civili -Inammissibilit. (c. p. p. artt. 195, 202, 382, 482). inammissibile l'impugnazione, proposta dalla parte civile, che veste le dispooizioni della sentenza impugnata attinenti all'oggetto ~ll'azione penale, anche se contempManeamente incide, nei suoi riflessi, >gli interessi civili della parte privata medesima. Infatti, se vero che, ai sensi del combinato d.isposto degli art.i1li 482, 382, 202 e 195 c. c. p., la parte civile (tanto pq, se querelante) legittimata all'impugnazione della sentenza portante condanna nei .oi confronti, tuttavia l'interesse pubblicistico insito nel processo male e l'esclusivitd con la quale devoluto al pubblico ministero, tale organo deUo Stato, l'esercizio della pretesa punitiva, impongono ritenere che l'impugnazione .anzidetta, in astratto ammissibile, trovi ia limitazione connaturale nei menzionati poteri attribuiti, per fini .periori dell'ordinamento, all'anzidetto Ol/"gano, con la conseguenza che 'ni disposizione che abbia contenuto penale sottratta alle parti pri ite, le cui impugnazioni devono ritenersi consentite soltanto per i :si in cui la tutela dei loro interessi privatistic~ possa conseguirsi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO indipendentemente dalla modificazione delle statuizioni deH.a sentenza in ordine alla pretesa punitiva (1). (1) V. nello stesso senso Cass. 16 marzo 1965 in Cost. pen. massimario annotato, 1965, p. 729, n. 1299. Prevalgono peraltro le decisioni contrarie: S. U. 24 febbraio 1964, ivi, 1964, p, 902, n. 1615; 16 novembre 1963, ivi, 1964, p. 576, n. 974; 15 maggio 1963, ivi, 1963, p. 1003, n. 1839; in dottrina nel senso della massima v. FERRANTE, Sulle disposizioni della sentenza di condanna impugnabiH dalla parte civite, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1964, p. 622; SABATINI, Trattato dei procedimenti incidentali nel processo penale, 1953, 337; SELLAROLI, I limiti dell'impugnazione della parte civile, in Giust. pen., 1964, III, c. 23. In senso ,contrario: v. DuNI, Limiti dell'impugnazione della parte civile, in Riv. giur. Circol. e Trasp., 1961, p. 4; FoscHINI, Limiti dell'impugnazione della parte civile, ivi, p. 19; MARTINETTO, Concorso di colpa della parte civile e limiti di impugnabiHt, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1964, p. 1201. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 15 dicembre 1966, n. 3485 -Pres. Mongiardo -Rel. Manca -Bitti -P. M. (conf.). Rie. Picchieri. Procedimento penale -Provvedimento del giudice dell'esecuzione Istanza di sospensione della esecuzione -Decreto di rigetto -Inoppugnabilit -Obbligo di notifica all'interessato -Esclusione. (Cast., art. 111; c. p. p. artt. 190, 631). Il decreto con il quale il giudice dell'esecuzioine rigetta l'istanza di sospensione dell'esecuzioine di un proprio precedente provvedimento, in peindenza del ricorso contro lo stesso, iinoppugnabile anche in base ail'art. 111 deH.a Costituzioine e, quiindi, inoin deve essere notificato agli interessati (1). (1) Confr. nello stesso senso Cass. II, 31 agosto 1966, n. 102456; II, 31 agosto 1966, n. 102362. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 23 dicembre 1966, n. 1147 -Pres. Mongiardo -Rel. Mosillo -P. M. Marucci (conf.) Rie. Caielli. Impugnazioni -Giudizio in contumacia -Esecuzione -Incidente di esecuzione e impugnazione proposti contro la sentenza contumaciale -Decisione del giudice della esecuzione -Non vincola il giudice della impugnazione. (c. p. p. artt. 500, 628 e segg.). PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 855 1pugnazioni -Giudizio in contumacia -Inammissibilit dell'appello dichiarata con sentenza del giudice ad quem -Nullit del giu dizio contumaciale -Tutela dei diritti dell'imputato. (c. p. p. artt. 209, 500). La decisione del giudice dell'esecuzione, nel procedimento incimtale di opposiz.ione contro l'ordine di carcerazione per l'espiazione pena inflitta con sentenza contuml1!ciale, non ha alcuna autorit di udicato nel procedimento di impugnazione tardiva promosso dall'imitato contro la medesima sentenza. La nullit del giudizio contumaciale non compoirta la nullit della !Cisione di inammissibilit dell'appello emessa dal giudice ad quem n sentenza dibattimentale, perch, essendo prescritta in materia la onuncia in camera di consiglio con oirdinanza, la sentenza suddetta i il valore di ordinanza in came'T'a di consiglio, contro cui l'imputato tutelato dal diritto di averne notifica nonch di impugnarla con ricorso :r cassazione (1). (1) V. nello stesso senso: Cass. III, 4 giugno 1966, n. 101673. )RTE DI CASSAZIONE, Sez. IV pen., 19 febbraio 1968, n. 468 - Pres. Castaldi -Rel. Martuscelli -P. M. Danzi (concl. conf.). Rie. Pittolo. 1rte civile -Interv.enuta transazione sul danno tra la parte civile ed il civilmente responsabile -Decadenza della costituzione di parte civile anche nei confronti dell'imputato. (c. p. p. art. 22, 91 c. c., art. 1965). La transazione effettuata dal condebitore solidale (nella specie il civilmente responsabile per i dannri) con i danneggiati, vale a libetre anche il condebitoire imputato di reato di omicidio col.poso, sicch i annullata la sentenza con la quale il giudice di appello, nonostante . intervenuta transazione, confermi ia sentenza di primo grmlo anche ?lla parte concernente la condanna al risarcimento in favol/"e della irte civile, la quale, per effetto della transazione, decaduta dalla ~lativa costituzione (1). (1) Di particolare interesse l'affermazione della sentenza secondo cui, 1 caso di intervenuta transazione tra le parti civili e la persona civilmente :sponsabile per il risarcimento dei danni derivanti dal reato (anche se non RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ha assunto nel processo la parte di responsabilit civile), l'azione civile inserita in sede penale con la costituzione di p. c. non pu essere proseguita neppure nei confronti dell'imputato, anche rispetto al quale si verifica la decadenza dalla detta costituzione. Sulla questione -in ordine alla quale si rinvengono pochi e non recenti precedenti giurisprudenziali (Cass. 10 ottobre 1951, rie. Lerato in Giust. epn. 1952, III, 282 con nota di G. SABATINI; Cass. 26 aprile 1940, rie. Brazzini, in Giust. pen., 1940, IV, 493), la motivazione della sentenza in rasegn (che pure pervenuta ad esatte conclusioni nel caso concreto in cui l'imputato doveva ritenersi aver manifestato di voler profittare della transazione intervenuta tra la parte civile ed il civilmente l'esponsabile) necessita di alcune puntualizzazioni. Ed invero: a) l'affermazione secondo cui la transazione effettuata dal condebitore solidale con i danneggiati vale a liberare anche il condebitore imputato non appare certo esatta nella sua assolutezza ove si dcordi il disposto dell'art. 1304 c. c., secondo cui la transazione fatta dal creditore con uno rlei debitori solidali non produce effetto nei confronti degli altri, se questi non dichiarano di volerne profittare ( quindi necessario, al suindicato fine, una positiva manifestazione di volont in tal senso e non sufficiente -contrariamente a quanto sembra sostenere il SABATINI, loc. cit. -che il condebitore estraneo alla transazione non dichiari di non voler profittare degli effetti del contratto). Non fissando la legge alcun termine, n stabilendo alcuna forma per la detta dichiarazione (Cass. 15 giugno 1961, n. 1396), da dtenersi che essa possa essere fatta sino a che noi:i sia intervenuta una pronuncia giudiziaria, e, quanto alla forma, che essa possa avvenire in tutti i modi generalmente ammessi per la dichiarazione di volont (D'ONOFRIO, Commentario c. c., a cura di ScIALOJA e BRANCA, sub art. 1966, 202) e quindi sia esplicitamente, per iscritto, od anche verbalmente, ad opera della parte personalmente od anche del suo procuratore ad litem, pur senza mandato speciale (Cass. 29 aprile 1953, n. 1187, Foro it., 1953, 243), sia tacitamente ad es. con l'esecuzione della transazione stessa. il: quindi certo che, in difetto della prevista dichiarazione del condebitore solidale non stipulante (sia che tale dichiarazione debba configurarsi come adesione ad un contrasto aperto alla adesione del terzo, sia che essa sia da assimilarsi ad una ratifica della gestione rappresentativa non utiliter coepta: cfr. sul punto RUBINO, Commentario cit. sub art. 1304, 229), la transazione stipulata tra la parte civile ed il civilmente responsabile per i danni inefficace nei confronti dell'imputato condebitore solidale, e tale inefficacia concerne, non solo il rapporto interno tra condebitori, ma anche, ed anzi in primo luogo, il rapporto creditore -condebitore non stipulante; sicch, fino a quando non intervenga (o, meglio, non sia comunicata alle altre parti, trattandosi di negozio unilaterale recettizio) la dichiarazione di voler profittare della transazione da parte dell'imputato, non pu ravvisarsi causa soPravvenuta di decadenza della costituzione di parte civile nei confronti dell'imputato stesso, permanendo il diritto di esercitare l'azione civile da parte del danneggiato (artt. 22 e 91 c.p.p.) nei suoi confronti. All'incontro, ove la transazione sia intervenuta tra la parte civile e l'imputato, senza che il responsabile civile abbia dichiarato di volervi aderire, diventa improponibile od improseguibile (s'intende nel processo penale) l'azione della parte civile contro il responsabile civile, citato od intervenuto PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE l processo, atteso che tale azione presuppone l'esistenza di una costitu' ne di parte civile contro l'imputato; b) indipendentemente dalla dichiarazione di adesione del condebitore idale, peraltro evidente che -non avendo diritto di costituirsi parte ile e di proseguire nella relativa azione colui che ha gi avuto integral~ nte risarcito il danno ed essendo unico l'oggetto della prestazione delbbligazione solida1e -il danneggiato decade dalla costituzione di parte ile anche nei confronti dell'imputato ove, per effetto ed in esecuzione Ila transazione stipulata con il civilmente responsabile, egli abbia otte- to l'integrale risarcimento del danno subito, senza che possa aver in itrario rilievo una eventuale riserva di costituzione di parte civile che i abbia fatto (MANZINI, Trattato, II, 1949, 364). peraltro chiaro che -nella ipotesi ora in parola -la decadenza .la parte civile nei confronti dell'imputato effetto, non gi della transane stipulata con il responsabile civile, bensi dell'intervenuto adempimento l'obbligazione da parte del condebitore solidale (art. 1292 cod. civ.): n' altrettanto evidente che, in caso di contestazione sulla ammissibilit .la parte civile, spetta al Giudice penale (e non diversamente da quanto viene, ad esempio, ai fini dell'applicazione dell'attenuante di cui all'art. 62 6 c.p.), se la somma corrisposta al danneggiato sia tale da coprire intetlmente il danno subito per effetto del reato; e) diversa questione quella relativa all'efficacia del patto inserito l'atto di transazione tra il danneggiato e il civilmente responsabile e itenente la esplicita riserva di ulteriore azione e diritti del danneggiato confronti dell'imputato. La Cassazione penale con la citata sentenza 10 ottobre 1951, ha ritenuto ! tale patto sia efficace e che pertanto la parte civile, avendovi l'interesse, :ittimamente permanga nel giudizio penale: ovviamente, per la realizza ne di quella parte del proprio credito che non sia estinto per effetto del iempimento da parte del -condebitore che ha transatto, non potendo certo :reditore indebitamente arricchirsi di una duplice prestazione. Anche la Cassazione civile, con sentenza 10 agosto 1943 (Foro it., 1943, voce obbligazione n. 369/372), ha ritenuto che la transazione possa essere ta con espressa riserva dei diritti del creditore nei confronti degli altri tdebitori, che non potrebbero quindi giovarsi degli effetti della transa ne stessa. Pi di recente, la stessa Cassazione, con sentenza 19 dicembre i8, n. 3919, Mass. Foro it., 1958, 812, ha ribadito che il creditore transin tte pu impedite l'esercizio della facolt del condebitore non stipulante profittare della transazione, .semprech, beninteso, il debito non sia stato egralmente estinto con la somma transatta. La questione non pacifica in dottrina, ritenendosi da alcuni Autori r, CARRESI, La transazione, 185; VALSECCHI, La transazione, 317) che gli mlanti la transazione possano togliere al condebitore non contraente, con tlicita clausola, il diritto di profittare della transazione o, il che si equi e, possano riservare al creditore il diritto verso i .condebitori non tran enti. Senonch, in contrario, sembra da osservarsi -innanzi alla chiara ione dell'art. 1304 che attribuisce al condebitore solidale non transigente vero e proprio diritto potestativo di estendere alla propria sfera giuridica effetti della stipulata transazione (anche nei rapporti creditore-condebi i solidali e non solo nei rapporti tra condebitori) -che non possano, ~almente, gli stipulanti la transazione eliminare (arg. ex art. 1372 c.p.v. I. civ.) tale diritto potestativo che la legge attribuisce direttamente ed 858 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO esclusivamente al terzo (in tal senso, D'ONOFRIO, cit. sub art. 1966, 202; RUBINO, Commentario cit. sub art. 1304, 229): sicch una clausola del genere di quella in esame non dovrebbe impedire al condebitore .non stipulante la facolt di dichiarare di voler profittare della stipulata transazione, con la conseguente preclusione per il danneggiato del potere di iniziare o proseguire l'azione civile anche in sede penale. , peraltro, da precisare che tale effetto non si verifica quando trattisi di transazione che comporta novazione, stante il disposto dell'art. 1300, 1 comma c. c., o quando, sia pur sotto la forma di transazione, l'atto sia da qualificarsi giuridicamente come remissione nei confronti di un solo condebitore, i cui limitati effetti sono riconosciuti dall'art. 1301 c. c., in presenza di esplicita riserva del diritto del creditore verso gli altri condebitori solidali. G. MANDO' PARTE SECONDA QUESTIONI L'EFFICACIA DELLE INDICAZIONI URBANISTICHE SULL'INDENNIT DI ESPROPRIAZONE I. -Nel tempo meno recente era pacifico che le prescrizioni urba; tiche (di ogni natura) fossero rilevanti ai fini della determinazione ll'indennit di espropriazione. Tutte 1e nocme che definiscono o limi110 l'utilizzabilit della propriet privata, in quanto vincolanti per i oprietari, condizionano indubbiamente il mercato e determinano la rmazione dei prezzi nelle libere contrattazioni; quindi, proprio in ossernza dell'art. 39 della legge fondamentale sulle espropriazioni, non pu escindersi dalle prescdzioni urbanistiche (oltre che da tutte le altre irme di varia natura che interessano l'edilizia) per liquidare l'indennit condo i caratter.i obbiettivi del bene considerato. Questo concetto era talmente evidente che quasi non si rinvengono 1 punto pronunzie giurisprudenziali remote; si dava per certo che una stinazione urbanistica che esclude la edificabilit riduce, anche se non lllUlla, il valore del fondo gravato del vincolo (Cass. 7 ottobre 1955, 2874, Mass. Giur. it., 1955, 695; 24 ottobre 1960, n. 2892, Foro It., 1961, ) come pure era indiscusso che i limiti posti all'impiego del bene (al~ ze, distanze, rapporti di, copertura, di volume, ecc.) dovessero servire me base necessaria per impostare la stima dell'indennit. Per le espropriazioni disposte in attuazione dei piani regolatori si 1neva altro distinto problema nascente dall'art. 38 della legge 17 ago> 1942, n. 1150; gli incrementi di valore attribuibili all'approvazione del ano regolatore ed alla sua attuazione, relativamente all'espropriazione ,ne aree urbane definite nell'art. 18, sono esclusi dall'indennizzo. In 1esto caso una norma speciale e di portata limitata esclude dall'indenzzo un valore che sarebbe realizzabile in una libera contrattazione di ercato. Questa particolare limitazione si affianca alla generale applica> ne del'art. 39 della legge fondamentale: le prescrizioni di piano e tutte altre limitazioni in materia edilizia concorrono a formare il valore ai li dell'indennit allo stesso modo in cui influiscono sul prezzo del libero ercato; inoltre per talune espropriazioni debbono essere esclusi alcuni ll'ticolari incrementi di valore. Dopo il 1960 si per avviata una nuova tendenza giurisprudenziale Le ha progressivamente ripudiato l'elementare convincimento ora riasnto e, senza riuscire ad affermare un unitario criterio di valutazione, unta a conclusioni che si rivelano in aperto contrasto con espresse norme legge. Le prescrizioni urbanistiche sono state sempre pi svalutate fino far diventare l'indennit di espropriazione completamente disancorata tll',esistenza dei piani regolatori e quindi del tutto dissociata dal giusto ezzo della libera contrattazione di compravendita, che ovviamente si rma principalmente in ragione delle norme urbanistiche. Sembra quindi opportuno ricostruire lo svolgimento di questa singore elaborazione giurisprudenziale per tentare di comprenderne la vera >rtata e per verificaT,e se le conclusioni, alquanto sconcertanti, possono 1cora reggere di fronte agli eventi pi recenti. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II. -Il punto di partenza del nuovo indirizzo della giurisprudenza da rinvenire nella interpretazione dell'art. 9 della legge 27 ottobre 1951, n. 1402 sui piani di ricostruzione. Sebbene ai piani di ricostruzione fosse assicurata efficacia di piani regolatori particolareggiati (art. 3) e sebbene le disposizioni della legge urbanistica fossero dichiarate applicabili nei comuni provvisti di piano di ricostruzione (art. 12), la giurisprudenza non esit ad affermare che alle espropriazioni dipendenti dai piani di rie.ostruzione fosse inapplicabile l'art. 38 della legge urbanistica. Fu infatti considerato che l'art. 9 della legge sui piani di ricostruzione non contiene nessun r.iferimento diretto alla legge urbanistica mentre fa un espresso riferimento alla legge fondamentale. (Cass. 14 dicembre 1962, n. 3352, Foro Amm., 1963, II, 257; 12 aprile 1965, n. 661, ivi, 1965, II, 251). Con una motivazione piuttosto formalistica si cos impedita l'applicazione dell'art. 38 della legge del 1942 proprio nella materia dei piani di ricostruzione che costituisce la pi ampia branca della attivit urbanistica concretamente realizzata. Fino a questo punto la interpretazione ancora sostenibile, anche se testimonia sin dalle prime manifestazioni lo sforzo evidente di contenere il pi possibile gli effetti restrittivi delle norme urbanistiche. L'inapplicabilit dell'art. 38 (di cui si precisato il contenuto) non significa ancora che le prescrizioni di piano di ricostruzione debbano essere ignorate nella determinazione dell'indennit. Ma stato presto fatto un ulteriore passo. Ripetendo la stessa motivazione delle sentenze ora citate, varie successive pronunzie della Corte Suprema hanno affermato che, sebbene il piano di ricostruzione vincoli incontestabilmente l'immobile alla sua destinazione fin dal momento della pubblicazione, la indennitii di espropriazione va determinata al di fuori e indipendentemente dal dflesso e dall'influenza che sul valore dell'immobile spiega il provvedimento di approvazione del piano di ricostruzione (Cass. 7 febbraio 1963, n. 206, Foro Amm., 1963, II, 337; nello stesso senso 14. dicembre 1963, n. 3166, Rassegna Avv. Stato, 1964, I, 113; 16 luglio 1963, n. 1946, Mass. Giur. It., 1963, n. 665). Di questa affermazione non si da motivazione; chiaro che l'inapplicabilit dell'art. 38 della legge urbanistica ai piani di ricostruzione non basta per escludere la ri1evanza di tutte le prescrizioni di piano e soprattutto per giustificare una tale irrilevanza ai fini espropriativi di regole di cui non si contesta la validit nei rapporti privati; ed altrettanto chiaro che non costituisce motivazione sufficiente il richiamo dell'art. 39 della legge sulle espropriazioni, perch proprio questa norma viene apertamente violata quando si stabiliscono per l'indennit di espropriazione criteri di valutazione diversi da quelli che regolano i valori di mercato, facendo diventare irdlevanti le prescrizioni che hanno un effetto decisivo nella formazione dei prezzi delle libere contrattazioni. Nonostante questa grave lacuna il principio giurisprudenziale si affermato ,e consolidato, tanto che, quanto emersa evidente la supervalutazione che l'indennit veniva a ricevere (con il non considerare le prescrizioni di piano comportanti limitazioni e tenendo conto invece degli incrementi derivanti dal piano stesso) si tentato, senza tornare indietro, di adottare un singolare temperamento. Alcune decisioni hanno infatti affermato che, sempre in materia di piani di ricostruzione, l'indennit va determinata secondo i valori di mercato, ma facendo astrazione sia dalle' diminuzioni sia dagli aumenti dipendenti dal piano, cio come se il piano non esistesse (Cass. 10 luglio 1961, n. 1644, Giust. Civ., 1961, I, 1564; 7 maggio 1963, n. 1124, Riv. Giur. Edil., 1963, I, 968; 11 marzo 1964, PARTE II, QUESTIONI 175 527, Giust. Civ., 1964, I, 723; 26 aprile 1968, n. 1285, Foro lt., 1968, I, '8). Questa proposizione, che peraltro rimasta allo stato di un enunto teorico non tradotto in pratica, anch'essa poco convincente: a parte parziale contraddizione col gi esposto principio che, escludendo l'estenne dell'art. 38 della legge urbanistica, vuole compreso nella indennit Lcremento conseguente alla adozione del piano di ricostruzione, il pretdere di impostare la stima come se il piano non esistesse comporta, re alla ingiustificabile negazione di un atto a carattere normativo di non si contesta l'efficacia, la creazione di un metodo di valutazione ~ non ha nessuna base legislativa. Dopo che un piano di ricostruzione operato per vari anni incidendo profondamente sull'assetto edilizio, ttare di stabilire il valore di una area inclusa del piano ignorando l'esinza del piano stesso, un'impresa impossibile dal punto di vista pratico ecnico; qualunque determinazione sarebbe arbitraria in quanto fondata lusivamente su ipotesi astratte. Ma sopratutto pretendere che la stima esegua in tal modo significa dissociare in modo radicale e definitivo tdennit dal valore di mercato ponendo l'indennit su di un piano di rattezza in nessun modo ravvicinabile alla realt del momento. E la :a pi sorprendente che una tale conclusione si vuole giustificare con :t. 39 della legge fondamentale, proprio la norma che con il proposto tema di stima viene ,scardinata dalle fondamenta. Sembrerebbe che la Suprema Corte dia per ammessa una interpreione tutta particolare dell'art. 39: il sol fatto che l'art. 39 venga hiamato (come nell'art. 9 della legge sui piani di ricostruzione e nel: t. 37 della legge urbanistica) starebbe a significare che le prescrizioni >anistiche vanno obliterate, quasi che per libera contrattazione di npravendita debba intendersi la contrattazione esente da qualunque :olamentazione edilizia. Che questo non sia il significato della libera itrattazione non necessario dimostrarlo, come superfluo ripetere ~ l'art. 39 si proietta sul fenomeno reale e concreto del mercato e non la situazione che si sarebbe avuta qualora (ma l'ipotesi impossibile) l fossero mai intervenute le prescrizioni urbanistiche. chiaro che non ) esservi libera contrattazione ipotetica perch non nasce mercato su che non reale. Tuttavia, senza alcun approfondimento critico, la risprudenza considera sufficiente l'obbligo dell'osservanza dell'art. 39 l solo per ritene!'e inapplicabili gli eccezionali criteri di valutazione t. 38 1egge urbanistica) che escludono dall'indennizzo taluni valori di reato, ma anche per eliminare tutte le limitazioni dipendenti dall'esinza del piano. Dopo aver elaborato in materia di piani di ricostruzione i concetti che >iamo riassunti, l'ultima giurisprudenza non ha avuto esitazione a comre un ulteriore grande passo, estendendo anche ai piani regolatori gli ssi principi; quindi in tutta la materia urbanistica, salva l'applicazione l'art. 38 (la cui portata stata peraltro molto ristretta) non contano fini delle espropriazioni tutte le prescrizioni di piano, si che non pu ersi conto della diminuzione di valore subita in conseguenza del provlimento che ha imposto la limitazione. (Cass. 27 gennaio 1967, n. 224, :ss. Giur. lt., 1967, 84; 28 marzo 1966, n. 821, Foro Amm., 1966, I, 320; ,gennaio 1965, n. 119, ivi 1965, 49; 16 luglio 1963, n. 1943, Mass. Giur. 1963, 664; 19 giugno 1962, n. 1560, Foro Amm., 1963, II, 69). Questa volta la motivazione che si riesce ad offrire che le norme legge di approvazione di singoli piani regolatori che contengono par> lari criteri per la determinazione dell'indennit (come ad esempio La ge 24 marzo 1932, n. 355 sul piano regolatore di Roma) sono eccezionali RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e non estensbili; da ci si deduce per contrapposto il contenuto della . norma generale. Non vi dubbio che le norme dei singoli piani siano ecezionali, ma non detto che la norma eccezionale sia sempre diametralmente opposta ,a quella generale. Tvalasciate le norme eccezionali, necessario indagare sulla norma ordinaria, che non ammette di certo che l'indennit di espropriazione possa fissarsi, astrusamente in misura superiore al valore che il bene ,avrebbe avuto in una libera contrattazione di mercato. ormai incontestabile che fa giurisprudenza sia tenacemente orien tata nei sensi suespressi. Non superfluo considerare che le ultime deci sioni citate hanno statuito ,che le espropriazioni disposte in esecuzione dei piani regolatori sono regolate dal principio generale contenuto nell'art. 9 della legge sui piani di ricostruzione: si partiti dai piani di ricostruzione in quanto soggetti ad un regime particolare div.erso da quello ordinario dei piani regolatori e si giunti alla conclusione che il principio genevale valido per i piani regolatori va individuato nella norma sui piani di ricostruzione; insomma l'art. 9 della legge 27 ottobre 1951, n. 1402 ad un tempo eccezionale e generale. Questa cosi forzata costruzione (peraltro inutile perch l'art. 9 primo comma della legge sui piani di ricostruzione sostanzialmente identico all'art. 37 della legge urbanistica) sta a dimostrare come gradualmente, e senza una visione unitaria, si sia scivolati verso una conclusione che, se ha un ben preciso intendimento sociale ed economico, non pu essere sorretta da una base giuridica. La sola manifestazione di resipiscenza da questo marcato orienta mento si rinviene nella decisione 16 maggio 1967, n. 1019 (Foro It., 1968, I, 517) secondo la quale, nel caso in cui la destinazione urbanistka sia anteriore all'espropriazione, la determinazione dell'indennit ottenuta con siderando !'.esistenza del vincolo equivale alla stima del terreno secondo la sua esatta natura e secondo il suo giusto prezzo in una libera contrat tazione alla data del provvedimento ablativo; ma sembra che questa unica affermazione di un elementare principio giuridico e di buon senso sia destinata a rimanere isolata. Abbiamo gi messo in luce l'insostenibilit della tesi prevalentemente affermata dalla giurisprudenza che snatura l'art. 39 della legge fonda mentale sul quale vorrebbe invece basarsi. Ma vi sono altre incongruenze. Innanzi tutto la giurisprudenza passata in rassegna non si conforma all'indirizzo legislativo in mateda urbanistica: la stessa legge 27 ottobre 1951, n. 1402 sui piani di ricostruzione, le leggi 31 novembre 1952, n. 1902, 21 dicembre 1955, n. 1357, 30 luglio 1959, n. 615 e 5 luglio 1966, n. 517, che hanno istituito ed ampliato le misure di salvaguardia, le leggi 20 aprile 1952, n. 524' e successive e 21 dicembre 1955, che hanno prorogato il termine di validit dei piani rego1atol'li e dei piani di ricostruzione esistenti, la legge 18 aprile 1962, n. 167 sui piani di zona per l'edilizia economica e popolare, documentano la continuit dello sforzo leglislativo, culminato nella Legge ponte 6 agosto 1967, n. 765, di affermare una efficiente disciplina urbanistica; di fronte a questa chiara volont legislativa, il non ,celato proposito di annacquamento delle prescrizioni urbanistiche si rivela azzardato. Ancor pi contraddittorio l'apprezzamento che si fa delle norme urbanistiche rispetto a tutte le altre norme che influiscono sulla attivit edilima. Non si mai contestato e non si contesta tuttora che influiscano sulla determinazione dell'indennit le servit pubbliche e private e le PARTE II, QUESTIONI nitazioni al diritto di propriet imposte da un gran numero di norme verse da quelle urbanistiche; si pensi alle limitazioni stabilite a rispetto strade, ferrovie, porti, aeroporti, cimiteri, opere idrauliche, elettrodotti, 'ere militari, ecc., ai vincoli panoramici, monumentali, idrogeologici; alle rme antisismiche ecc. In questi casi nessuno osa pensare che debba dennizzarsi come esente da limitazioni un terreno soggetto a vincoli di irio genere che non avrebbe appetibilit nel comune mercato. Pedino lla specifica materia edilizia si' riconosce che le norme dei regolamenti munali sono determinanti per la valutazione della indennit di esproiazione (Cass. 21 ottobre 1965, n. 2173, Foro Amm., 1965, I, 629). Diventa lora una vera assurdit considerare in modo difforme le prescrizioni banistiche che, in sede pi specifica, hanno J.o stesso contenuto. E ci nto pi perch le prescrizioni urbanistiche per lo pi si 1adeguano alle bre norme: il piano regolatore si sforza sempre di corrispondere ai vari Li. perseguiti dalle singole leggi e quindi prevede zone di rispetto attorno cimiteri, lungo le strade, le ferrovie e gli elettrodotti, stabilisce norme .e non contrastano con la tutela paesistica e monumentale, si 1aLlinea le limitazioni antisismiche e cosi via; sembra dunque incongruo, quando procede alla determinazione della indennit, ignorare le prescrizioni ur. nistiche, ma tuttavia sottostare alle singole disposizioni speciaili di eguale ntenuto. Un'ultima grave conseguenza de1la voluta eliminamone in sede di propriazione delle indicazioni urbanistiche si rinviene nella creazione tificiosa di zone non soggette ad alcuna normativa. Nell'ambito di un ano (e nel caso del piano regolatore generale in tutto il territorrio munale) ogni metro quadrato ha la sua destinazione ed soggetto ad una terminata disciplina; ma quando si afferma che in sede di espropriazione indicazioni urbanistiche non contano, si crea per le aree da espropriare ta esenzione assoluta (come una zona bianca) che si pone in netto con: isto con tutto il sistema urbanistico: e cosi, ad esempio, per una strada .e disimpegna i lotti di una zona estensiva con accentuate limitazioni di ~uttamento deve stabilirsi il valore con riferimento ad un'intensa (anzi imitata) utilizzazione, si che proprio l'esistenza del vincolo di destilZione crea un valore espropriativo di molte volte superiore a quello 'i lotti edificabili. In conclusione per una serie di ragioni l'orientamento giurispruden1le esaminato si rivela difficilmente giustificabile sul piano giuridico; non si pu tacere che l'evoluzione giurisprudenziale, scavalcando audamente la legge, ha sempre manifestato apertamente la tendenza a proteg re }'.espropriato. Questa constatazione induce a ricercare una particolare ragione, ca. ce di giustificare un'.interpretazione elastica della norma giuridica porta oltre i limiti consueti. III. Oggi non difficile spiegare il fenomeno, considerando che la 1prema Corte, conscia della gravit del principio della totale non indenzzabilit dei vincoli urbanistici, si sfor:z;ata, attraverso le singole onunce e con mezzi certamente inadeguati allo scopo, di mitigare la U"ezza di quel principio, tendendo a r.estituire in sede di espropriazione tanto al proprietario era stato sottratto in sede di approvazione del ano. Il giudiuce ordinario ha insomma anticipato, nei limiti in cui stato ssibile, la pronuncia di illegittimit costituzionale. Ora, senza voler dissertare sulla opportunit di siffatta opera giuriirudenziale, non pu farsi a meno di considerare che la realt radi 178 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO calmente mutata e che di conseguenza tutta la giurisprudenza presa in esame deve inevitabilmente essere rivista dal principio. La ormai celebre sentenza della Corte Costituzionale 29 maggio 1968, n. 55 ha dichiarato l'illegittimit costituzionale dell'art. 7, n. 2, 3 e 4 e dell'art. 40 della legge urbanistica. La sentenza partita dalla premessa che i vincoli previsti neH'ar-t. 7 sono immediatamente operativi e validi a tempo indeterminato ed ha ritenuto che l'operativit a tempo indeterminato di taluni vincoli ha contenuto sostanziale di espropriazione; di conseguenza ha affermato che per poter imporre un vincolo di destinazione, che incida gravemente sulla. disponibilit del bene, la legge deve prevedere la corresponsione di un indennizzo razionalmente riferito ai punti cronologici di operativit, senza creare vuoti che. disgiungano illimitatamente la sottomissione immediata del bene dal compenso per la sua perdita ; ha ritenuto, per, legittimi i vincoli gratuiti di durata limitata (quali quelli nascenti dai piani regolatori particolar-eggiati). La recentissima legge 19 novembre 1968, n. 1187 non ha preso in considevazione la possibilit dell'indennizzo per l'imposizione dei vincoli e confermando, invee, che nessun indennizzo dovuto per le limitazioni ed i vincoli previsti dal piano, ha stabilito che le indicazioni di piano regolatore generale, nella parte in cui assoggettano beni determinati a vincoli preordinati all'espropriazione o che comportino l'inedificabilit, perdono efficacia se entro cinque anni dalla data di approvazione del piano regolatore generale non siano approvati i piani regolatori particolareggiati o autorizzati i piani di lottizzazione convenzionati; se sopravvengono i piani particolareggiati o i piani di lottizzazione, la efficacia dei vincoli non pu protrarsi oltre il termine (massimo dieci anni) per l'attuazdone di essi. Dopo questi fatti nuovi il problema delle espropriazioni si ripmpone assai chiarificato. La Corte Costituzionale ha dato della norma dichiarata illegittima una interpretazione assai diversa da quella adottata dalla Corte di Cassazione ed ha particolarmente posto in evidenza il legame tra l'imposizione dei vincoli e la futura espropriazione, individuando proprio in questo legame la ragione della illegittimit costituzionale, data la illimitata validit nel tempo dei vincoli gratuitamente imposti e la conseguente disgiunzione tva li. sottomissione immediata del bene e il compenso per la sua perdita . quindi chiaro che i vincoli urbanistici condizdonano la futura espropriazione e proprio per questo hanno un contenuto limitativo del diritto di propriet; sarebbe stito assai difficile pervenire alle conclusioni affermate dalla Corte Costituzionale (almeno per i vincoli preordinati alla futura espropriazione) se si fosse partiti dalla premessa che in sede di espropriazione le indicazioni urbanistiche non sono rilevanti .sulla determinazione della indennit. Ora, pertanto, non pu non darsi delle norme urbanistiche un'interpretazione diversa da quella che ha giustificato la dichiarazione di illegittimit costituzionale; mantenendo ferma la funzione e la ragion d'essere delle indicazioni urbanistiche, ne va considerata la portata ridotta (limitazione nel tempo) che stata stabilita per ricondurre la norma nei limiti costituzionali. In sostanza la efficienza delle indicazioni urbanistiche, a seguito della legge 19 .novembre 1968, n. 1187, rimasta quella di un tempo, salvi i limiti di durata; trattasi cio di norme che impongono limitazioni non trascurabi1i al diritto di propriet e che, se non avessero un termine di validit, avrebbero un contenuto addirittura espropriativo. Queste norme per sono ormai contenute ne1la legittimit costituzionale PARTE II, QUESTIONI 179 vanno applicate dal giudice ordinario ormai liberato da ogni preoccu1zione di contenuto metagiuridico. In particolare la recente legge deliberata per colmare il vuoto creato lla pronuncia costituzionale ha espressamente disciplinato i vincoli eordinati aUa futura espropriazione, sull'evidente presupposto della lcienza di essi sulla misura della futura indennit; per questa ragione li vincoli devono essere, per non violare il diritto di propriet, conte~ ti entro limiti. Tutto questo lavorio del giudice costituzionale e del gislatore non avrebbe senso se -l'indennit di espropriazione dovesse :terminarsi in misura mai inferiore e per lo pi notevolmente superiore valore della libera contrattaziione di mercato. Deve quindi senza esitazione affermarsi che non pu esser posto a tse della determinazione dell'indennit di espropriazione un uso del me che si configura come un'attivit vietata, oggi soggetta ad una severa pressione. Se le prescrizioni urbanistiche, in quanto disciplinano o limitano senza eluderla la possibilit di edificazione, non sono soggette alle limitazioni i:p.porali ora introdotte, esse si incorporano nel carattere obiettivo del ~ne e ne determinano l'attitudine d'uso. Per le altre prescrizioni non pu avere importanza ai fini delJ.'espro iazione !'eventualit che esse perdano efficacia, perch l'espropriazione i intervenire soltanto prima che tale inefficacia sopravvenga (il decorso ~l termine per l'attuazione del piano particolareggiato fa venir meno dichiarazione di pubblica utilit e quindi del potere di esp.rop:riare). ertanto, finch perdurano i vincoli, la espropriazione non pu non tener mto della condizione obiettiva dei beni nel momento in cui essa inrviene. Riguardo poi ai vincoli preordinati alla espropriazione, va ancora msiderato che essi per buona parte concernono le aree destinate alla :banizzazione primaria (strade, spazi di sosta e di parcheggio, spazi di ~rde attrezzato) definita nell'art. 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847; a poich in base alla vigente norma urbanistica (art. 8 della legge 8 ~osto 1967, n. 765, che ha modificato l'art. 28 della legge del 1942) per :ocedere alle lottizzazioni convenzionate i proprietari hanno l'obbligo cedere gratuitamente le aree necessarie per l'urbanizzazione primaria e 1che quello di assumere a proprio carico gli oneri necessari per attrez~ rle, sarebbe sommamente ingiusto in sede di attuazione dei piani parti> lareggiati indennizzare i proprietari come se le aree destinate all'urbalzzazione primaria non fosseil'o soggette ad alcuna limitazione. In sede di espropriazione non si pone come si detto il problema che )tr presentarsi allorch i vincoli perderanno efficacia per decorso del ~rmine; ma se, in base ad altre norme di legge eventualmente da emaare, secondo l'indicazione della pronunzia costituzionale, si potr avan1re l'ipotesi della sopravvivenza dei vincoli dietro corresponsione di un Ldennizzo, ancor meglio risulter evidente che i vincoli indennizzati doranno essere influenti nella determinazione dell'indennit di espropriacone, altrimenti essa, liquidata come se le indicazioni urbanistiche non iistessero, si aggiungerebbe all'indennizzo gi corrisposto per l'imposi. one dei vincoli, con una evidente duplicazione di ricchezza a favore ell'espropriato. Ne risulta quindi che, in ogni caso le prescrizioni urbanistiche, siano ;;se di durata limitata o di efficacia a tempo indeterminato, e specialtente quelle che impongono vincoli preordinati all'espropriazione, debono costituire la base su cui impostare la determinazione dell'indennit 180 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di espropriazione secondo i caratteri obiettivi e l'attitudine d'uso del bene espropriato, in applicazione dell'art. 39 della legge fondamentale sulle espropriazioni da :riportare al suo vero e originario valore; solo cosi l'indennit di espropriazione consister nel giusto prezzo che l'immobile avrebbe avuto in una libera contrattazione di compravendita. E ci va1e sia per i pfani regolatori che per i piani di ricostruzione. Questa conclusione si deve estendere, evidentemente, anche alle espropriazioni gi pronunziate prima dell'entrata in vigore della legge 19 novembre 1968, n. 1187; la condizione posta per l'effi.caci1a dei vincoU (espropriazione) si gi verificata, si che non da parlarsi di una loro possibile irrilevanza. Ber i piani regolatori, inoltre, va osservato il principio dell'art. 38 della legge urbanistica riguardo agli incrementi di valore che i beni espropriati hanno ricevuto in conseguenza della approvazione del piano e della sua attuazione. Tale norma non sarebbe invece applicabile ai piani di ricostruzione; ma anche su questo punto la giurisprudenza, eccessivamente formalistica e .condizionata dal fine di riequilibrare 1a compressione del diritto di propriet, andrebbe rivista. CARLO BAFILE RASSEGNA DI DOTTRINA A. VV., Rapporto fra diritto positivo ed evoluzione dell'economia pubblica con riferimento ad alcune forme di tutela penale ed al sistema dei controlli. Jasillo Editore. Roma, 1968, pagg, 425. Il volume in rassegna contiene le relazioni, le comunicazioni e gli iterventi al Quinto convegno nazionale dei Comitati d'azione per la Giu: izia. I temi trattati nel corso della conferenza sono stati introdotti da l\LVATORE BuscEMA ( Lineamenti per un adeguamento del sistema dei :>ntrolli ), da RuGGIERo FmRAo (. Lineamenti per una rifarma dei delitti i peculato e di interesse privato in atti di ufficio ) e da GIUSEPPE GuA: No ( Sulla utilizzazione di modelli differenziati nell'organizzazione pub! ica ) mentre interventi, particolarmente incisivi e significativi, sono ;ati effettuati da CAPACCIOLI, CONCI, DE LUCA e SANTANIELLO. L'importanza degli argomenti discussi e l'interesse che le soluzioni roposte nel corso del dibattito hanno suscitato non solo nell'ambiente ~onomico e giudiziario, ma anch~ in quello parlamentare ed universitario anno indotto gli organizzatori a pubblicare, in buona e moderna veste pografica, i lavori del Convegno. Per rappresentare in un'efficace sintesi coro di voci emerso dal dibattito e lo spirito che ha aleggiato nel c>nvegno, tendenti, entrambi, ad una rapida e costante sincronizzazione egli istituti legislativi all'evoluzione della societ e della vita, i compi1tori della raccolta hanno pubblicato sul risvolto del volume un incisivo rano del compianto SALVATORE GIALLOMBARDO. Esso dice testualmente: La generale non corrispondenza delle decisioni giudiziarie a quella che l'aspettativa della collettivit ha la sua radice in un ordinamento giuriico in contrasto con le esigenze sociali. Sono le vecchie strutture che non 1. adattano pi alle moderne :llunzioni dello Stato. il vecchio concetto \cobino del diritto subiettivo, individualizzato e privatistico che non '~atta ai tempi nuovi . L. M. -AINAUT -R. JoLLIET, I contratti della Pubblica Amministrazione nel Mercato Comune. Vol. II. Rassegna dei Lavori Pubblici Editrice. Roma, 1968, pagg. 314. In questa Rassegna (1967, II, 222) abbiamo gi segnalato ai lettori ! p11imo volume dell'opera dei due giovani studiosi belgi; esso riguardava 1 disciplina giuridica dei contratti di lavoro e di forniture della Pubblica umninistrazione in Beliio, Francia ed Iitalia. Questo secondo volume esa1ina la medesima materia relativamente agli ordinamenti giuddici della ~ermania, del Lussemburgo e dell'Olanda. Mentre, per, il primo volume veva soltanto un carattere di comparazione delle tre legislazioni p!rese in same, il libro in rassegna ha, invece1 anche uno sviluppo descrittivo, in 1uanto nella legislazione in esso contemplata i contratti di lavoro e di orniture della P. A. sono istituti di diritto privato. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I I Gli AA. a chiusura del volume, espongono altresi la materia cosi ?:: come stata recepita nel Trattato di Unione economica del Benelux e eome ha inteso assimilarla il Trattato di Roma, istitutivo della Comunit Economica Europea. In un titolo a s stante vengono, infine, esposti i principi del diritto comunitario dei Contratti della Pubblka Amministrazione, quali possono dedursi dalle varie fonti che hanno dato vita alla legisla I zione che disciplina la C.E.E. Anche per questo volume la versione italiana stata curata dal dott. L"Qigi Romei. L. M. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE NORME SO'l'TOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE * NORME DELLE QUALI STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Statuto della Regione slc:iliana (approvato con r. d. lg. 15 maggio '46, n. 445, convertito nella leg,ge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2), rtt. 26 e 27, se ed in quanto l'Alta Corte .per la Sicilia, pur avendo erduto il carattere di organo di giurisdizione costituzionale (sentenza marzo 1957, n. 38 della Corte costituzionale), conservi la compemza a giudicare dai reati commessi dal Presidente e dagli assessori ~gionali nell'esercizio delle loro funzioni (art. 102, secondo comma, ella Costituzione e legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2). Giudice istruttore del tribunale di Palermo, ordinanza 9 maggio t>68, G. U. 14 settembre 1968, n. 235. Disposizioni sulla legge in generale, art. 11 (Efficacia della legge nel impo), se ed in quanto idoneo a far escludere la efficacia della eclaratoria di illegittimit costituzionale di norme processuali relavamente agli atti del processo gi compiuti alla data di pu:bblica: one della decisione della Corte costituzionale (art. 136, primo corata, della Costituzione). Tribunale di Ferrqra, ordinanza 12 dicembre 1967, G. U. 26 ot> bre 1968, n. 275. c:odic:e c:lvile, art. 156 (Effetti della separazione), ultimo c:omma, in uanto previsto a tutela della onorabilit solo dl marito (art. 29 ella Costituzione) (1). Tribunale di Milano, ordinanza 14 febbraio 1968, G. U. 26 ottore 1968, n. 275. () Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai uali sono state proposte o decise le questioni di legittimit costituzionale. (1) Questione nuova. L'art. 156, primo comma, del codice civile, stato dichiaito incostituzionale, con sentenza 23 maggio 1966, n. 46, nella parte in cui pone carico del marito, in regime di separazione consensuale senza colpa di nessuno dei miugi, l'obbligo di somministrare alla moglie, tutto ci che necessario ai bisogni ella vita, indipendentemente dalle condizioni economiche di costei . Analoga que; ione stata poi numerose volte proposta per l'ipote,si di separazione per colpa del iarito (v. retro, II, 140, e 43, nota 1, e in questa Rassegna, 1967, II, 230, 186 e 15). 184 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice civile, art. 1751 (Indennit per io sciogLimento dei contratto), primo comma, in quanto prevede il diritto dell'agente all'indennit solo per la ipotesi che il contratto di agenzia a tempo indeterminato si sciolga per fatto non imputabile all'agente (a.rtt. 3 e 6 della Costituzione) (2). Corte di cassazione, terza, sezione civile, ordinanza 3 luglio 1968, G. U. 28 settembre 1968, n. 248. codice di procedura civile, art. 545 (Crediti impignorabiii), quarto comma, in quanto predetermina nella misura del quinto la quota della retribuzi.one suscettibile di pignoramento (art. 3 della Costituzione) (3). Pretore di Pinerolo, ordinanza 21 giugno 1968, G. U. 12 ottobre 1968, lll. 261. codice di procedura civile, art. 553 (Assegnazione e vendita di crediti), in quanto, nell'imporre al pretore di assegnare la somma pignorata nella misura richiesta dal creditore, e anche relativamente a retribuzioni :liuture, suscettibile di ridurre la retribuzione :percipienda dal debitore al disotto del minimo necessario per assicurare a lui e alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa (art. 36 della Costituzione). Pretore di Pinerolo, ordinanza 21 giugno 1968, G. U. 12 ottobre 1968, n. 261. codice di .procedura civile, art. 707 (Comparizione personaie deUe parti), primo comma,, in quanto esclude l'assistenza del difensore nella comparizione dei coniugi dinanzi al presidente (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (4). Giudice istruttore del tribunale di Milano, ordinanza 26 aprile 1968, G. U. 28 settembre 1968, n. 248. (2) Sotto analogo profilo la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale l'art. 2120, primo comma, del codice civile, e limitatamente alla parte in cui, nel caso di cessazione del contratto di lavoro a tempo indeterminato, esclude il diritto de! prestatore di lavoro ad una indennit proporzionale agli anni di servizio, allorquando la cessazione stessa derivi da licenziamento per colpa di lui o da dimissioni volontarie (sentenza 27 giugno 1968, n. 75). (3) Questione dichiarata non fondata con sentenza 28 marzo 1968, n. 20. Altra questione di legittimit costituzionale della norma, proposta per la divexsit di disciplina rispetto a quella stabilita, dall'art. 1 della legge 5 gennaio 1950, n. 180, per i dipendenti da pubbliche Amministrazioni, stata dichiarata inammissibile con ordinanza 15 novembre 1967, n. 131. La questione di legittimit costituzionale dell'art. 1 della legge 5 gennaio 1950, n. 180, dichiata non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 28 della Costituzione, con sentenza 9 giugno 1963, n. 88, stata riproposta, sotto l'indicato profilo e in riferimento all'art. ,3 della Costituzione, dal tribunale di Milano (ordinanza 29 maggio 1968, G. U. 12 ottobre 1968, n. 261, e infra). (4) Questione gi proposta dallo stesso giudice istruttore con ordinanza 12 febbraio 1968 (G. U. 13 luglio 1968, n. 177, e retro, II, 141). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE codice penale, art. 207 (Revoca delle misure di s.icurezza personaii), condo e terzo comma, in quanto consente ad autorit diversa da quella udiziaria, e che non esercita pi la sorveglianza sui giudici, di ~vocare, con .provvedimento anche non motivato, le misure di sicu~ zza (art. 13, primo e secondo comma, della Costituzione). Giudice di sorveglianza presso il tribunale di Fog.gia, ordinanza giugno 1968, G. U. 14 settembre 1968, n. 235. codice penale, art. 559 (Adulterio), in quanto punisce l'adulterio rio della moglie (artt. 3 e 9 della Costituzione) (5). Pretore di Iglesias, ordinanza 27 giugno 1968, G. U. 28 settem~ e 1968, n. 248. Pretore di Bologna, ordinanza 9 luglio 1968, G. U. 28 settembre 168, n. 248. codice penale, art. 574 (Sottrazione di persone incapaci), in quanto, 1n disparit di trattamento tra i coniugi, consente di ravvisare gli tremi del reato nella condotta del .genitore non esercente la patria ttest, escludendo invece la possibilit di incriminare il genitore ercente la patria potest (art. 29, secondo comma, della Costituone) (6). Pretore di Roma, ordinanza 15 maggio 1968, G. U. 28 settembre 168, n. 248. codice di procedura penale, art. 15 (AutOll"izzazione a procedere), imo comma, in quanto, nel condizionare all'autorizzazione la conte; izione dell'accusa con mandato e l'interrogatorio dell'imputato, esclu~ il contatto diretto fra imputato ed organo dell'azione penale e la ~ssibilit di offrire elementi per un proscioglimento in istruttoria, (5) Questione dichiarata non fondata con sentenza 28 dicembre 1961, n. 64 e i riproposta dal tribunale di Ascoli Piceno con ordinanza 13 ottobre 1965 (G. U. gennaio 1966, n. 25, e in questa Rassegna, 1965, II, 22), dal pretore di Biella con liinanza 18 febbraio 1966 (G. U. 21 maggio 1966, n. 124, e in questa Rassegna, 66, II, 154), dal pretore di Bologna con ordinanza 3 giugno 1966 (G. U. 10 setteme 1966, n. 226, e in questa Rassegna, 1966, Il, 247), dal pretore di Torino con :iinanza 7 ottobre 1967 (G. U. 23 dicembre 1967, n. 321, e in questa Rassegna, 67, Il, 232), dal pretore di Orbetello con ordinanza 19 gennaio 1968 (G. U. 9 mar 1968, n. 65, e retro, Il, 44), dal tribunale di Roma con ordinanza 2 aprile 1968 f. U. 15 giugno 1968, n. 152, e retro, Il, 141), dal pretore di Viareggio con ordinanza aprile 1968 (G. U. 31 agosto 1968, n. 222, e retro, Il, 141), dal pretore di Milano n ordinanza 13 maggio 1968 (G. U. 20 luglio 1968, n. 184, e retro, Il, 141), e dal bunale di Busto Arsizio con ordinanza 28 maggio 1968 (G. U. 31 agosto 1968, n. 222, etro, II, 141 ). (6) Questione gi proposta dal pretore di Gavirate con ordinanza 29 maggio 67 (G. U. 2 settembre 1967, n. 221, e in questa Rassegna, 1967, Il, 187) e dal pretore Roma con ordinanza 29 aprile 1968 (G. U. 20 luglio 1968, n. 184, e retro, II, 142). u-t. 574 del codice penale stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 22 febaio 1964, n. 9, nella parte in cui limitava il diritto di querela al genitore esercente patria potest. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO consentito invece anche in mancanza di autorizzazione (art. 24, secondo comma, della Costituzione); quinto comma, in quanto, con ingiustificata disparit di trattamento tra i cittadni (art. 3 della Costituzione), non pone limite al ,ritardo nella concessione dell'autorizzazione a procedere (art. 68 della Costituzione) e consente un giustificato impedimento all'esercizio dell'azione penale (art. 112 della Costituzione) (7). Pretore di Novara, ordinanza 24 giugno 1968, G. U. 28 settembre 1968, n. 248. codice di procedura penale, art. 128 (Nomina del difensore di ufficio) (8) e art. 130 (Rapporto al Consiglio dell'Ordine a carico del difensore dell'imputato che abbandona la difesa -Provvedimenti per la sostituzione), in quanto prevedono la obbligatoriet e la gratuit della difesa di ufficio (artt. 1, 2, 3, 4, 35 e 36 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 17 aprile 1968, G. U. 28 settembre 1968, !Il. 248. codice in procedura penale, art. 168 (Notificazioni all'imputato detenuto), secondo comma, in quanto subordina l'obbligo della notificazione in mani proprie dell'imputato alla condizione che lo stato di detenzione risulti dagli atti del procedimento (art. 24 della Costituzione). Pretore di Empoli, ordinanza 25 aprile 1968, G. U. 14 settembre 1968, n. 235. codice di procedura penale, art. 231 (Atti e informative del pretore), primo comma, e art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria), secondo comma, se ed in quanto consentono al pretore di procedere o meno all'istruzione somma,ria (artt. 24, secondo comma, e 3 della Costituzione) (9). (7) Altra questione di legittimit costituzionale dell'art. 15 del codice di procedura penale stata dichiarata non fondata, in .riferimento agli artt. 3 e 28 della Costituzione, con sentenza 27 dicembre 1965, n. 99. (8) Questione dichiarata non fondata, per gli artt. 128, secondo comma, e 131, secondo comma, del codice di procedura penale, ed in riferimento agli artt. 24, terzo comma, e 35, primo comma, della Costituzione, con sentenza 22 dicembre 1964, n. 114. (9) Questione gi proposta, per l'art. 398, secondo comma, del codice di procedura penale, dello stesso pretore con ordinanza 6 marzo 1968 (G. U. 15 giugno 1968, n. '152, e retro, Il, 96). La questione di legittimit costituzionale dell'art. 231 del codice di procedura penale, nella parte in cui attribuisce al pretore la facolt di emettere il decreto di citazione per il giudizio, senza compiere atti di istruzione sommaria, stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con sentenza 18 ap:i;ile 1967, n. 46. L'art. 398 del codice di procedura penale, limitatamente alte parti in cui, nei procedimenti di competenza del pretore, non prevede la contestazione del fatto e l'interrogatorio dell'imputato, qualora si proceda al compimento di atti di istruzione ., stato dichiarato incostituzionale con sentenza PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Pretore di Roma, ordinanza 14 maggio 1968, G. U. 12 ottoibre 168, n. 261 (10). codice di procedura penale, art. 272 (Provvedimenti relativi alla irata della custodia preventiva), primo comma, e art. 375 (Provvedienti relativi alla libert personale deU'imputato in caso, di rinvio giudizio), secondo comma, prima parte, in quanto consentono, per le otesi in cui sia obbligatoria la emissione del mandato di cattura, il otrarsi a tempo indeterminato della carcerazione preventiv;a (art. 13 ~ua Costituzione) (11). Tribunale di Torino, ordinanza 31 maggio 1968, G. U. 28 setmbre 1968, n. 248. codice di proce.dura penale, art. 304 (Nomina del difensoll'e), in ianto, nel prevedere la nomina del difensore nel primo atto del ocedimento in cui presente l'imputato., compromette i diritti ~ila difesa relativamente agli atti, cui essa ha diritto di intervenire, 1mpiuti prima che la pel'!sona indiziata abbia assunto la qualifica di 1putato (art. 24 della Costituzione). T.ribunale di Tempio Parusania, ordinanza 5 giugno 1968, G. U. settembre 1968, n. 248. codice di procedura penale, art. 372 (Deposito, in cancelleria e fa> lt dei difensori), art. 392 (Forme, .avocazione e trasfo1Tmaziorne ~zia istmzione sommaria) (12), e art. 398 (Poteri del pretolTe nel pro : aprile 1966, n. 33. La questione di legittimit costituzionale dell'art. 398, nella U"te in cui non prevede l'obbligo della contestazione del fatto qualora non si proceda compimento di atti di istruzione, stata invece dichiarata non fondata, in riferiento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, con sentenza 18 aprile 1967, 46. (10) Con la stessa ordinanza il pretore di Roma ha dichiarato manifestamente .fondate le questioni di legittimit costituzionale degli artt. 225 e 409 del codice . procedura penale, proposte in riferimento agli articoli, rispettivamente, 24, secondo >mma, e 111 della Costituzione. (1) Il secondo comma dell'art. 272 del codice di procedura penale, in quanto msente al ;procuratore generale che ha assunto o avocato a s l'istruzione sommaria illa causa, di rimettere gli atti del processo alla Sezione istruttoria ., stato dichiatto incostituzionale con sentenza 2 aprile 1964, n. 32. (12) L'art. 392, primo comma, del codice di procedura penale, nella parte in d, con l'inciso "in quanto applicabili", rende possibile non applicare alla istru: one sommaria le disposizioni degli artt. 304 bis, ter, quater c. p. p . . stato dichiaito incostituzionale con sentenza 26 giugno 1965, n. 52. Il terzo comma, ultima arte, della stessa disposizione, in quanto consentiva al procuratore generale che l'esse assunto o avvocato a s l'istruzione sommaria della causa di rimettere gli tti del processo alla sezione istruttoria, stato dichiarato incostituzionale con sen~ nza 2 aprile 1964, n. 32. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cedimento con istruzione sommaria) (13), terzo comma, in quanto in determinati casi escludono, in relazione alla inapplicabilit dell'art. 372 del codice di procedura penale nel caso di passaggio dall'istruzione sommaria alla fase del giudizio, la possibilit di garantire all'imputato la difesa nell'istruzione sommaria (art. 24, secondo comma, della Costituzione). (14). Pretore di Pa_dova, ordinanza 22 aprile 1968, G. U. 14 settembre 1968, ([l. 235. codice di procedura penale, art. 374 (Sentenza di rinvio a giudizio), in quanto consente al giudice istruttore di provvedere all'istruzione per reati di competenza del pretore (art. 25 della Costituzione) e di rinviare l'imputato dinanzi al pretore (al quale viene preclruso di compiere attivit istruttoria e di emettere eventualmente sentenza istruttoria di proscioglimento) senza che sia stato compiuto alcun atto istruttorio (art. 3 della Costituzione). Pretore di San Giovanni Rotondo, ordinanza 8 maggio 1968, G. U. 14 settembre 1968, n. 235. codice di procedura penale, comb. dlsp. art. 407 (Requisito del decreto di citazione davanti al tribunale) e art. 412 (Nuziit del decreto di citazione), in quanto non prevede la nullit del decreto di citazione per il caso di omessa indicazione della generalit delle parti diverse dall'imputato (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Lanciano, o~dinanza 24 giugno 1968, G. U. 28 settembre 1968, n. 248. codice di procedura penale, art. 422 (Sanatoria delle nuzitt verificatesi negli atti preliminari al giudizio), in quanto consente la sanatoria della nullit relativa alla mancata citazione della parte offesa dal reato (art. 24, primo comma, della Costituzione) (15). Tribunale di Ferrara, ordinanza 12 dicembre 1967, G. U. 28 settembre 1968, n. 248. (13) L'art. 398 del codice di procedura penale, limitatamente alle parti in cui, nei procedimenti di competenza del pretore, non prevede la contestazione del fatto e l'interrogatorio dell'imputato, qualora si proceda al compimento di atti di istru. zione , stato dichiarato incostituzionale con sentenza 28 aprile 1866, n. 33. La questione di legittimit costituzionale dell'art. 398, nella parte in cui non prevede l'obbligo della contestazione del fatto qualora non si proceda al compimento di atti di istruzione, stata invece dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 24, secondo comma della Costituzione, con sentenza 18 aprile 1967, n. 46. (14) Questione dichiarata non fondata, per quanto concerne 0 l'inciso in quanto applicabili dell'art. 392 del codice di procedura penale, con sentenza 29 dicembre 1966, n. 127, considerata peraltro incompleta dal pretore di Padova. (15) Questione gi proposta dallo stesso tribunale con ordinanza 24 novembre 1967 (G. U. 24 febbraio 1968, n. 50, e retro, II, 11). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 189 codice di procedura .penale, disp. att. (r. d. 28 maggio 1931, n. 602), tt. 4 e 5, in quanto prevedono la obbligatoriet e la gratuit della ifesa di ufficio (artt. 1, 2, 3, 4, 35 e 36 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 17 aprile 1968, G. U. 28 settembre )68, n. 248. codice di procedura .penale, disp. att. (r. d. 28 maggio 1931, n. 602), -t. 65, se ed in quanto idoneo a far escludere la efficacia della declaLtoria di illegittimit costituzionale di norme processuali relativamente ~li atti del processo gi compiuti alla data di pubblicazione della decione della Corte costituzionale (art. 136, primo comma, della Costitzione). Tribunale di Ferrara, ordinanza 12 dicembre 1967, G. U. 26 ot1bre 1968, n. 275. legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F (Legge sui lavori pubblici), t. 317, in quanto consente al Governo, senza indicazione di principi criteri direttivi, di emanare norme penali nell'esercizio della potest ~golameritare (art. 25 della Costituzione) (16). Tribunale per i minorenni di Firenze, ordinanza 26 aprile 1968, . U. 28 settembre 1968, n. 248. Pretore di Pontremoli, ordinanza 14 giugno 1968, G. U. 14 set~ mbre 1968, n. 235. Pretore di Firenze, ordinanza 26 giugno 1968, G. U. 12 ottobre ~68, n. 261. legge 25 giugno 1865, n. 2359 (Disciplina delle espropriazioni forzate er pubblica utiiit), art. 46, terzo comma, in quanto esclude l'applicailit delle disposizioni di cui ai primi due commi alle servit stabite da leggi speciali, con ingiustificata disparit di trattamento (art. 3, rimo comma, della Costituzione) ed impedimento alla possibilit di esumere dai primi due commi la necessit di indennizzare le servit er le quali la legge speciale non preveda espressamente una indenit (art. 42, terzo comma, della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 25 marzo 1968, G. U. 28 settemre 1968, n. 248. legge 20 marzo 1913, n. 272 (Ordinamento deUe Borse di commer~ o, dell'ese1cizio della mediazione e deUe tasse sui contratti di borsa), rt. 51. in quanto condiziona l'esercizio dall'azione giudiziaria al pa (16) Questione dichiarata non fondata (in riferimento agli artt. 2, 13, 16 e 41 ella Costituzione) e inammissibile (in riferimento agli artt. 1, secondo comma, 13, icondo comma, 25, secondo comma, 70, 76 e 77 della Costituzione) con sentenza 1 giugno 1968, n. 73). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gamento delle tasse dovute su contratti di borsa (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 3 giugno 1968, G. U. 12 ottobre 1968, n. 261. r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (Legge del registro), artt. 106 e 118, in quanto vietano di far valere in giudizio atti soggetti a registrazione e non registrati e di emettere provvedimenti giudiziali in base ad atti soggetti a registrazione e non registrati (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione) (17). Tribunale di Locri, ordinanza 7 agosto 1968, G. U. 12 ottobre 1968, n. 261. I r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (Legge tributaria sulle successioni), art. 31, primo, secondo e terzo comma, in quanto pone la presunzione I juris et de jure di esistenza di un predeterminato .quantitativo di .gioielli, denaro e mobili nel patrimonio ereditario (artt. 3 e 53 della Co I stituzione) (18). i Commissione provinciale delle imposte di Bari, ordinanza 11 mag I ~ gio 1967, G. U. 14 settembre 1968, n. 235. r. d. 30 dicembre 1923, n. 2378 (recte: n. 3278) (Legge delie tasse sui contratti di borsa), art. 19, in quanto condiziona l'esercizio dell'azione Ir giudiziaria al pagamento delle tasse dorvute sui contratti di borsa (articolo 24 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 3 giugno 1968, G. U. 12 ottobre 1968, n. 261. ~ r. d. 15 ottobre 1925, n. 2033 (NOlf'me per la repressione deile flf'odi nella preparazione e .nel commelf'cio di sostanze di uso agrario e di plf'odotti agrari), artt. 41, 43, 44, 45 e 46, in quanto, nel disciplinare la proIIcedura per i prelevamenti e le analisi chimiche delle sostanze di uso agrario e dei prodotti agrari, non provvedono l'intervento dell'interes- I (17) Questione gi dichiarata non fondata, contestualmente a quelle relative agli artt. 85, 108, 121 e 122 della legge. del registro, con sentenza 9 aprile 1963, n. 45. Analoga questione stata proposta dal tribunale di Ferrara, anche per l'art. 108, in I riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, 24, primo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione (ordinanza 23 gennaio 1968, G. U. 11 maggio 1968, n. 120, e retro, II, 96), e dalla corte di appello di Bologna, limitatamente alla prima parte I dell'art. 118, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione (ordinanza 3 no~ vembre 1967, G. U. 18 maggio 1968, n. 127, e retro, Il, 97). ~~ (18) Questione dichiarata non fondata con sentenza 12 luglio 1967, n. 109. I lii:primi due commi della disposizione, dichiarati incostituzionali con sentenza 12 lui: glio 1965, n. 69 in quanto escludono le aziende agricole dal trattamento disposto ~~ per Le aziende industriaLi e commerciali, sono stati sostituiti con legge 31 ottobre 1966, n. 948. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE tto (art. 24, secondo .comma, della Costituzione), con disparit di trattmento rispetto a quello previsto dal codice di procedura penale per li atti di polizia giudiziaria (art. 3, primo Comma, della Costituone) (19). Pretore di Brescia, ordinanza 15 giugno 1968, G. U. 14 settembre ~68, n. 235. legge 27 maggio 1929, n. 847 (Disposizioni per l'applicazione del oncordato deH'll febbraio 1929 tra la Santa Sede e l'Itaiiia, neUa irte relativa al matrimonio), art. 16, in quanto, in relazione all'art. 12, cm consente l'annullamento della trascrizione nella ipotesi di matri1onio canonico contratto dall'incapace di intendere e di volere (art. 3, rima parte, della Costituzione). Tr~bunale di Milano, ordinanza 10 aprile 1968, G. U. 28 settemre 1968, n. 248. r. d. 28 maggio 1931, n. 602 (Disposizioni di attuazione del codice i procedura penale), artt. 4 e 5, in quanto prevedono la obbligatoriet la .gratuit della difesa di ufficio (artt. 1, 2, 3, 4, 35 e 36 della Coituzione). Pretore di Roma, ordinanza 17 aprile 1968, G. U. 28 settembre )68, n. 248. r. d. 28 maggio 1931, n. 602 (Disposizioni di attuazio11ie del codice di rocedu'l'a penale), art. 65, se ed in quanto idoneo a far escludere la 'ficacia della declaratoria di illegittimit costituzionale di norme pro$ SUali relativamente agli atti del processo gi compiuti alla data di JJbblicazione della decisione della Corte costituzionale (art. 136, primo >mma, della Costituzione). Tdbunale di Ferrara, ordinanza 12 dicembre 1967, G. U. 26 ot~ bre 1968, n. 275. r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico deLle leggi di pubblica sitrezza), art. 18, terzo comma, in quanto estende la sanzione prevista ~r i promotori di una riunione in luogo pubblico o aperto al publico, che non ne abbiano dato preavviso alle autorit, anche a coloro (19) La questione di legittimit co.stituzionale dell'art. 44, terzo e quarto comma, ~l r. d. 15 ottobre 1925, n. 2033, sollevata per la parte in cui la disposizione, nel sto sostituito dall'art. 1 della legge 27 febbraio 1958, n. 190 prevede l'obbligo di t preventivo deposito di somme per la richiesta di revisione di analisi, stata chiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, con ntenza 19 febbraio 1965, n. 6. La questione di legittimit costituzionale degli tt. 49 e 54 dello stesso decreto stata dichiarata non fondata con le sentenze, riettivamente, 8 giugno 1963, n. 79 e 15 maggio 1963, n. 67. 192 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che bbiano preso la parola in riunioni non preavvisate (art. 21 della Costituzione) (20). Pretore di Brindisi, ordinanza 10 giugno 1968, G. U. 28 settembre 1968, n. 248. r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubbiica sicurezza), art. 156, in quanto la regolamentazione della questura risulta differenziata a seconda del .perseguimento o meno di finalit religiose (art. 3 della Costituzione) (21). Pretore di Arezzo, ordinanza 19 giugno 1968, G. U. 12 ottobre 1968, n. 261. r. d. 3 marzo 1934, n. 383 (Testo unico della legge comunale e provinciale), modificato dalla legge 27 .giugno 1942, n. 851 e dalla legge 9 giugno 1947, n. 530, art. 99, nel testo sostituito con l'art. 6 della legge 9 giugno 1947, n. 530, e art. 103, in quanto contemplano un controllo di merito tale da impedire definitivamente l'efficacia degli atti non approvati (art. 5, 128 e 130 della Costituzione). Tribunale di Ferrara, ordinanza 12 giugno 1968, G. U. 26 ottobre 1968, n. 275 (2.2). (20) L'art. 18 del r. d. 18 giugno 1931, n. 773, nella parte in cui stabilisce l'obbligo d1, preavviso e le relative sanzioni per l'inosservanza, in relazione a riunioni tenute in luogo aperto al pubblico o non pubblico, stato gi dichiarato incostituzionale, in riferimento all'art. 17 dalla Corte costituzionale, con sentenza 31 marzo 1958, n. 27. In argomento, per quanto concerne la implicita declaratoria di illegittimit costituzionale contenuta, per il richiamo alla sentenza 19 giugno 1956, n. 9, nell'ordinanza 7 giugno 1957, n. 91, cfr. Ret. Avv. Stato, 1956-1960, I, 178 ss. (21) La questione di legittimit costituzionale della disposizione, in riferimento agli artt. 17, 18, 19, 21, 33, 39, 45 e 49 della Costituzione, stata dichiarata non .fondata con sentenza 26 gennaio 1957, n. 2. Nel senso sopra indicato, la questione stata gi proposta dal tribunale di Reggio Emilia in riferimento agli artt. 2, 3 e 21 della Costituzione (ordinanza 12 febbraio 1965, G. U. 30 aprile 1965, n. 109, e in questa Rassegna, 1965, II, 48), dal pretore di Avezzano in riferimento all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 14 giugno 1965, G. U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa Rassegna, 1965, II, 108), dal tribunale di Brescia in riferimento all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 14 settembre 1965, G. U. 30 ottobre 1965, n. 273, e in questa Rassegna, 1965, II, 143), dal pretore di Gonzaga in riferimento agli artt. 2, 3, 18, 21 e 49 della Costituzione (ordinanza 19 novembre 1965, G. U. 12 marzo 1966, n 64, e in questa Rassegna, 1966, II, 103), dal pretore di Mantova in riferimento agli artt. 3, 2, 18, 38 e 39 della Costituzione (ordinanza 15 dicembre 1965, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, II, 158), dal tribunale di Grosseto in riferimento agli artt. 3 e 38, ultimo comma, della Costituzione (ordinanza 7 marzo 1966, G. U. 21 maggio 1966, n. 124, e in questa Rassegna, 1966, II, 158), dal pretore di Lucera in riferimento all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 14 aprile 1966, G. U. 11 giugno 1966, n. 143, e in questa Rassegna, 1966, II, 158), dal pretore di Bari in riferimento agli artt. 3 e 2 della Costituzione (ordinanza 4 maggio 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213, e in questa Rassegna, 1966, II, 204), dal pretore di Bologna in riferimento all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 4 giugno 1966, G. U. 10 settembre 1966, n. 226, e in questa Rassegna, 1966, II, 252), e dal pretore di Ragusa in riferimento agli artt. 3, 21, primo e secondo comma, e 2 della Costituzione (ordinanza 8 giugno 1967, G. U. 2 settembre 1967, n. 221, e in questa Rassegna, 1967, II, 190). (22) Con la stessa ordinanza il tribunale di Ferrara ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale degli artt. 14, 15 e 19 del r. d. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbliitoria degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali), art. 4, 1lnto comma, in quanto stabilisce il termine di un anno, a pena di detdenza, per l'esercizio dell'azione civile per il risarcimento di danni ~rivanti da infortuni sul lavoro (artt. 3, primo e secondo comma, 35, ~imo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione) (23). Tribunale di Roma, ordinanza 3 febbraio 1968, G. U. 14 settembre 168, n. 235. r. d. I. 4 ottobre 1935, n. 1827 (Perfezionamento e coordinamento ~Zla previdenza sociale), art. 40, n. 6, in quanto esclude l'assicurazione ~r coloro che prestano la loro opera alle dipendenze di persone tenute ~rso di essi alla somministrazione degli alimenti' (artt. 3 e 38 della ostituzione) (24). Tribunale di Cosenza, ordinanza 26 aprile 1968, G. U. 12 ottobre 168, n. 261. r. d. 6 maggio 1940, n. 635 (Regolamento per l'esecuzione del t. u. giugno 1931, n. 773, sulle leggi di pubblica sicurezza), artt. 285 e 16, in quanto la regolamentazione della questua risulta differenziata seconda del perseguimento o meno di finalit religiose (art. 3 della ostituzione) (25). Pretore di Arezzo, ordinanza 19 giugno 1968, G. U. 12 ottobre 168, n. 261. febbraio 1911, n. 297 e degli articoli da 9 a 12 del d. 1. 4 aprile 1944, n. 111, in cerimento agli artt. 128 e130 della Costituzione. (23) Il terzo comma ( nella parte i.n cui limita la responsabilit civile del datore lavoro per infortunio sul lavoro derivante da reato, all'ipotesi in cui questo sia zto commesso dagli incaricati della direzione o sorveglianza del lavoro e non anche 1gli altri dipendenti, del cui fatto debba rispondere secondo il Codice civile ) e il tinto comma (e in quanto consente che il giudice civile possa accertare che il fatto ce ha provocato l'infortunio costituisca reato soltanto nelle ipotesi di estinzione '!l'azione penale per morte dell'imputato o per amnistia, senza menzionare l'ipotesi prescrizione del reato), sono stati diC'hiarati incostituzionali con sentenza 9 marze 67, n. 22. Le disposizioni sono riprodotte all'art. 10, terzo e quinto comma, del l?.R. 'ilO giugno 1965, n. 1124, dichiarato incostituzionale, con la stessa sentenza e gli stessi limiti, a norma dell'art. 27, ultima parte, della legge 11 marzo 1953, n. 87. 111 la stessa sentenza stata dichiarata invece non fondata, in riferimento agli tt. 3, primo e secondo comma, 35 e 38 della Costituzione, la questione di legittimit stituzionale del primo e del secondo comma della disposizione. La questione soprf' dicata analoga, sotto alcuni aspetti, a quella proposta per l'art. 28 del r. d. agosto 1925, n. 1765, dichiarato incostituzionale, con sentenza 5 luglio 1968, n. 85 11,ella parte in cui stabilisce che la domanda dei superstiti del lavoratore deceduto causa dell'infortunio deve essere proposta, a pena di decadenza, entro un mese illa data della morte .. (24) r.'art. 40, n. 6 del r. d. 1. 4 ottobre 1935, n. 1827 stato dichiarato incostizionale c0n sentenza 16 luglio 1968, n. 103. 125) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 17, 18, 19, 21, , 39, 45 e 49 della Costituzione, con sentenza 26 gennaio 1957, n. 2. Nel senso pra indicato, la questione stata gi riproposta dal pretore di Avezzano in riferiento all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 14 giugno 1965, G. U. 28 agosto 1035, 194 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto di autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), in quanto non prevede criteri idonei a deliminare la discrezionalit dell'ente impositore (art. 23 della Costituzione) (26). Pretore di Barra, ordinanza 15 giugno 1968, G. U. 14 settembre 1968, n. 235 (27). r. d. I. 19 agosto 1943, n. 737 (Nuovi provvedimenti in materia di imposta di registro), art. 4, in quanto, con disciplina diversa da quella prevista dall'art. 50 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 per le vendite dei beni ai pubblici incanti (28), consente all'Amministrazione finanziaria di procedura all'accertamento del valore dei beni aggiudicati in seguito a vendite coatte promosse in dipendenza di mutui in danaro (art. 3 della Costituzione) (28 bis). Tribunale di Caltanissetta, ordinanza 4 giugno 1968, G. U. 28 settembre 1968, n. 248. r. d. lg. 15 mqggio 1946, n. 445 (Approv,azione dello Statuto della Regione siciLiana), convertito nella leg,ge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, articolo unico, per la parte in cui approva gli art. 26 e 27 dello Statuto della Regione siciliana, se ed in quanto l'Alta Corte per fa Sicilia, pur avendo perduto il carattere di organo di giurisdizione costituzionale (sentenza 9 marzo 1957, n. 38 della Corte costituzionale), conservi la competenza a giudicare dei reati commessi dal Presidente e dagli assessori regionali nell'esercizio delle loro funzioni (art. 102, secondo comma, della Costituzione e legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2). Giudice istruttore del tribunale di Palermo, ordinanza 9 maggio 1968, G. U. 14 settembre 1968, n. 235. r. d~ lg. 1 giugno 1946, n. 539 (Trattamento economico del persoflale non di ruolo insegnante e non insegnante nelle scuole e negli istituti n. 216, e in questa Rassegna, 1965, II, 108), dal tribunale di Brescia in riferim.ento all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 14 settembre 1965, G. U. 30 ottobre 1965, n. 273, e in questa Rassegna, 1965, II, 143), dal tribunale di Grosseto in riferimento agli artt. 3 e 38, ultimo comma, della Costituzione (ordinanza 7 marzo 1966, G. U. 21 maggio l.966, n. 184, e in questa Rassegna, 1966, Il, 160) e dal pretore di Bari in riferimento agli artt. 3. e 2 della Costituzione (ordinanza 4 maggio 1966, G. U. 27 agc.sto 1966, n. 213, e in questa Rassegna, 1966, Il, 206). (26) La questione di legittimit costituzionale dell'art. 180 della legge 22 aprile 1941, n. 633, proposta dal giudice conciliatore di Milano in riferimento all'art. 18 della Cost1tuzic>ne, stata richiarata non fondata con sentenza 17 aprii~ l!J68, n. 25. (27) C.n h stessa ordinanza il pretore di Barra ha dichiarato manifestamente infondata la queRtione di legittimit costituzionale della legge 22 aprile 1941, n. 633 in riferimento agli artt. 18 e 41 della Costituzione. (28) La q.iebi.ione di legittimit costituzionale dell'art. 50, secondo CCJmma, del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, stata dichiarata non fondata. in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, con sentenza 6 luglio 1965, n. 62. (28 bis) Questione gi proposta. Cfr. in questa Rassegna, 1967, II, 153, e retro, Il, 97. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 195 'istruzione media), art. 3 (nel testo sostituito dall'art. 1 del d. l. C. P. S. 1 dicembre 1947, n. 1687), quarto comma, e successive modificazioni ut. 20 del d. P. R. 11 gennaio 1956, n. 19, art. 13 del d. P. R. 21 prile 1965, n. 373, e art. 24 del d. P. R. 5 giugno 1965, n. 749), in uanto stabilisce una retribuzione ridotta per i professori incaricati supplenti che abbiano un impiego di ruolo o non di ruolo alle dipenenze dello Stato o di altri enti pubblici, con disparit di trattamento ra i professori non di ruolo, a seconda che abbiano, in aggiunta alinsegnamento, un impiego privato o un impiego pubblico (artt. 3, rimo comma, e 36, .primo comma, della Costituzione). Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 3 novembre 1967, :. U. 14 settembre 1968, n. 235. legge 9 giugno 1947, n. 530 (Modificazioni al testo unico della legge vrovinciale e comunale, approvato con regio decreto 3 marzo 1964, ;. 383, e successive modificazioni), art. 6, che ha sostituito l'art. 99 lel r. d. 3 marzo 1934, n. 383, in quanto contempla un controllo di 11erito tale da impedire definitivamente l'efficacia degli atti non ap1rovati (artt. 5, 128 e 130 della Costituzione). Tribunale di Ferrara, ordinanza 12 giugno 1968, G. U. 26 otobre 1968, n. 275. d. I. C. P. S. 29 luglio 1947, n. 804 (Riconoscimento giuricLico degli stituti di patronato e di assistenza sociale), art. 1, in quanto, nel riserrare agli istituti legalmente riconosciuti la tutela in sede amministraiva dei diritti del lavoratore, impone praticamente al lavoratore di tffidare la tutela dei diritti che intenda far valere ad uno dei patronati egalmente riconosciuti, limitando la facolt di scelta dell'interessato e riolando il diritto di qualsiasi sog.getto che si proponga di tutelare lavoratori (art. 39, primo comma, della Costituzione) (29). Pretore di Prato, ordinanza 4 luglio 1968, G. U. 28 settembre .968, n. 248. d. I. C. P. S. 31 dicembre 1947, n. 1687 (Nuove norme sul trattamento ~conomico del personale non di ruo.io degli istituti e delle scuole di struzione media), art. 1, che sostituisce l'art. 3 del r. d. lg. 1 giugno l946, n. 539, e successive modificazioni (art. 20 del d. P. R. 11 gen1aio 1956, n. 19, art. 13 del d. P. R. 21 aprile 1965, n. 373, e art. 24 iel d. P. R. 5 giugno 1965, n. 749), in quanto stabilisce una retribuiione ridotta per i .professori incaricati o supplenti che abbiano un imJiego di ruolo o non di ruolo alle dipendenze dello Stato o di altri enti 129) Questione gi propo$ta, sotto differente profilo e in riferimento agli artt. 97, ;erzo comma, 51, primo. comma, 98, primo comma, e 41, primo e secondo comma, iella Costituzione, dal tribunale di Ferrara (ordinanza 5 aprile l!l66, G. U. :&7 agosto l966, n. 213, in qnesta Rassegna, 1966, II, 208). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pubblici, con disparit di trattamento tra i professori non di ruolo, a seconda che abbiano, in aggiunta all'insegnamento, un impiego privato o un impiego pubblico (artt. 3, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione). Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 3 novembre 1967, G. U. 14 settembre 1968, n. 235. legge 5 gennaio 1950, n. 180 (T. u. delZe leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degii stipendi, salari e pensioni dei dipendenti dalle pubbliche Amministrazioni), art. 1, in quanto, con disciplina diversa da quella stabilita per i dipendenti privati dall'articolo 545 del codice di procedura civile, esclude il pignoramento della retribuzione dei dipendenti da pubbliche Amministrazioni (art. 3 della Costituzione) (30). Tribunale di Milano, ordinanza 29 mag,gio 1968, G. U. 12 ottobre 1968, n. 261. legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), art. 30, nella interpretazione che ne viene data, con efficacia vincolante per il giudice di rinvio, dalla Corte di cassazione (art. 136, primo comma, della Costituzione (31). Tribunale di Ferrara, ordinanza 12 dicembre 1967, G. U. 26 ottobre 1968, n. 275. d. P. R. 8 agosto 1955, n. 666 (Norme di attuazione, transitorie e di coordinamento della legge 18 giugno 1955, n. 517, contenente modificazioni al Codice di procedura penale), art. 16, se ed in quanto idoneo a far escludere l'efficacia della declaratoria di illegittimit costituzionale di norme processuali relativamente agli atti del processo gi compiuti alla data di pubblicazione della decisione della Corte costituzionale (art. 136, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Ferrara, ordinanza 12 dicembre 1967, G. U. 26 ottobre 1968, n. 275. legge 5 gennaio 1956, n. 1 (Norme integrative della legge 11 gennaio 1951, n. 25 sulla perequazione tributaria), artt. 7, quarto comma, e 8, ultimo comma, riprodotti nell'art. 109 del d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, in quanto condizionano la detraibilit di ammortamenti e spese (30) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. :; e 28 della Costituzior.e, r.on sentenza 9 giugno 1963, 11. 88. La questi<>ne reciproca, sollevata cio per l'art. 545 del codice di procedura civile, stata dichiarata inammissibile con ordinanza 15 novembre 1967, n. 131. 131) Questione dichiarata non fondata, n riferimento agli artt. 24. secondo comma, e 136, primo comma, della Costituzione, con sentenza 29 dicembre 1966, n. 127. Analoga questione stata riproposta, in riferimento all'art. 53 della Costituzione, dalla commissione provinciale delle imposte di Milano (ordinanza 8 marzo 1967, G. U. 29 luglio 1967, n. 190, e in questa Rassegna, 1967, II, 154). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 197 lla osservanza di determinate norme di procedura (artt. 53 e 3 della .ostituzione). Commissione distrettuale d~lle imposte di Vasto, ordinanze 15 lulio 1968 (due), G. U. 12 ottobre 1968, n. 261. d. P. R. 11 gennaio 1956, n. 19 (Conglobamento totale del trattamento r::onomico del personale statale), art. 20 (quinto comma), in quanto ~abilisce una retribuzione ridotta per i professori incaricati o suplenti che abbiano un impiego di ruolo o non di ruolo alle dipendenze ello Stato o di altri enti pubblici, con disparit di trattamento tra i rofessori non di ruolo, a seconda che abbiano, in aggiunta all'insenamento, un impiego privato o un impiego pubblico (artt. 3, primo omma, e 36, primo comma, della Costituzione). Consiglio di stato, sesta sezione, ordinanza 3 novembre 1967, 1. U. 14 settembre 1968, n. 235. legge 14 aprile 1966, n. 307 (Determinazione o modificazione deHe iisure dei contributi e delle 1Jariffe dei premi per le assicurazioni soiali obbligatorie, nonch pe.r gli assegni familiari, per la integrazione .ei guadagni degli operai deH'industria, e per l'ass.istenza .agli orfani .ei lavoratori italiani), art. 1, in quanto, nell'indicare quale criterio per :i determinazione dei contributi le esigenze delle gestioni di bilancio egli istituti assistenziali, non delimita in modo idoneo la discrezionalt dell'esercizio del potere di imposizione (artt. 23 e 76 della Costiuzione) (32). Tribunale di Livorno, ordinanza 27 febbraio 1968, G. U. 14 setembre 1968, n. 235. Tribunale di Genova, ordinanze 16 aprile 1968 e 14 mag,gio 1968, ;. U. 28 settembre 1968, n. 248 (33). Tribunale di Varese, ordinanze 29 maggio 1968 (due), G. U. 14 ettembre 1968, n. 235 e 12 ottobre 1968, n. 261. Pretore di Piacenza, ordinanza 31 maggio 1968, G. U. 28 settembre .968, n. 248. legge 1 dlc:embre 1956, n. 1426 (Compensi spettanti ai periti, conulenti tenici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite a ri: hiesta deU'autorit giudiziaria), artt. 2, 3, e 4, in quanto prevedono :ompensi inadeguati alle prestazioni e inferiori a quelli stabiliti dalle ariffe professionali (art. 36, primo comma, della Costituzione) (34). (32) Questione gi proposta dal tribunale di Imperia con ordinanza 10 aprile .963 \G. V. 31 agosto 1968, n. 222, e retro, II, 146). \33) Nella ordinanza del tribunale di Genova la questione risulta proposta in iferimento al solo art. 76 della Costituzione. (34) Analoga questione -proposta, per la legge 15 aprile 1961, n. 291 e per 'art. 8 dlO'lla legge 2 marzo 1963, n. 320, dal consigliere istruttore 1f1>lla sezione spe: ializzata agraria della corte di appello di Milano - stata dichiarata inammissibile ~<,n sentenza 5 luglio 1968, n. 90. 198 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Giudice istruttore del tribunale di Ferrara, ordinanza 30 ,giugno 1968, G. U. 12 ottobre 1968, n. 261. d. P. R. 30 marzo 1957, n. 361 (Testo unico deUe leggi recanti nol/"1ne per la elezione della Camera dei deputati), art. 113, quinto c:omma, in quanto esclude per i reati elettorali l'applicabilit delle disposizioni del codice penale e del codice di procedura penale relative alla sospensione dell'esecuzione della condanna ed alla non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale (art. 3 della Costituzione). Pretore di Stradella, ordinanza 27 maggio 1968, G. U. 28 settembre 1968, n. 248. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 109, in quanto condiziona la detra1bilit di ammortamenti e spese alla osservanza di determinate norme di procedura (artt. 53 e 3 della Costituzione). Commissione distrettuale delle imposte di Vasto, or1dinanze 15 luglio 1968 (due), G. U. 12 ott.obre 1968, n. 261. d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico de:Lle leggi per la composizione e la elezione degli o!l'gani delle Amministrazioni comunali), art. 15, n. 3, in quanto non disciplina autonomamente le modalit di cessazione delle funzioni inerenti alle cariche previste come cause di inelleggibilit, che rimarrebbero operanti .quando dimissioni tempestivamente presentate non fossero accettate in tempo utile (artt. 3 e 51 della Costituzione) (35). Corte di appello di Napoli, ordinanza 26 giugno 1968, G. U. 12 ottobre 1968, n. 261. legge 24 luglio 1961, n. 729 (Piano di nuove costruzion.i stradali ed autostradali), art.. 9, primo c:omma, in quanto non prevede indennizzo per il divieto di edificazione imposto ai proprietari degli immobili ubicati lungo il tracciato delle autostrade (art. 42, terzo comma, della Costituzione) (36). Tribunale di. Genova, ordinanza 25 marzo 1968, G. U. 28 settembre 1968, n. 248. (35) Altre questioni di legittimit costituzionale dell'art. 15, n. 3, del d. P. R. 16 maggio. l !?60, n. 570 sono state dichiarate non fondate con sentenza 11 luglio 1961, n. 42 e con ordinanza 27 marzo 1962, n. 25, e manifestamente infondate, ai sensi della sentenza n. 93 del. 16 dicembre 1965 (pubblicata il 27 dicembre 1965), con ordinanza 22 febbraio 1966, n. 17. Per le altre questioni di legittimit costituzionale dall'art. 15 del d.P.R. 16 maggio J.960, n. 570 (nei vari numeri della disposizione), cfr. in questa Rassegna, 1964, II, 134, 1965, II, 49, 80, 110 e 143, e 1966, II, 24, 110, e 166). (36) Questione gi proposta dal tribunale di Catanzaro, con ordinanza 24 febbraio 1967 (G. U. 14 ottobre 1967, n. 258, e in questa Rassegna, 1967, II, 193). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 31 dicembre 1961, n. 1443 (Norme per il funzionamento deUe restazioni per l'.assistenza di malattia ai pensionati), art. 5 (37), in uanto, nell'indicare come criterio di determinazione dei contributi il abbisogno dell'assistenza di maattia ai pensionati, non delimita in 1odo idoneo la discrezionalit dell'esercizio del potere di imposizione artt. 23 e 76 della Costituzione) (38). Tribunale di Livorno, ordinanza 27 febbraio 1968, G. U. 14 setembre 1968, n. 235. Tribunale di Genova, ordinanze 16 aprile 1968 e 14 maggio 1968, :. U. 28 settembre 1968, n. 248 (39). Tribunale di Varese, ordinanze 29 maggio 1968 (due), G. U. 14 setembre 1968, n. 235, e 12 ottobre 1968, n. 261. Pretore di Piacenza, ordinanza 31 maggio 1968, G. U. 28 sietembre 1968, n. 248. d. P. R. 2 gennaio 1962, n. 481 (Norme sul trattamento economico e ormativo dei dipendenti da imprese commerciali), articolo unico, in uanto rende obbligatorie erga omnes le clausole di cui agli articoli 1, 96 e 97 del contratto coHettivo nazionale di lavoro 28 giugno 1958, on eccesso dei limiti della delega conferita con gli artt. 1 e 8 della egge 14 luglio 1959, n. 741 (art. 76 della Costituzione) (40). Pretore di Arezzo, ordinanza 19 giugno 1968, G. U. 12 ottobre 968, n. 261. d. P. R. 2 gennaio 1962, n. 912 (Norme sul trattamento economico e ormativo degli impiegati di 1" e di ,2" oatgO'l"ia, del personale subal~ rno, degli opemi, deUe guardie notturne e del personale di fatica, ipendenti dalle Casse di risparmio, Monti di credito su pegno di prima 11,tegoria ed Enti equiparati), articolo unico, in quanto rende obbligatorio rga omnes il nono comma dell'art. 36 del contratto collettivo nazioale 28 febbraio 1941 per il personale dipendente da istituti di credito d enti equiparati (nel testo modificato con l'art. 14 della convenzione ollettiva 14 ottobre 1953), con il quale si impone agli istituti di credito i dare del lavoro straordinario preventiva segnalazione alla rappresenmza del personale (artt. 76 e 77 della Costituzione). Pretore di Mantova, ordinanza 23 maggio 1968, G. U. 28 settembre 968, n. 248. (37) Nelle ordinanze dei tribunali di Genova e Varese la questione proposta er il terzo comma della disposizione. (38) Questione gi proposta dal tribunale di Milano con, ordinanza 10 gennaio 968, dal tribunale di Imperia con ordinanza 10 aprile 1968, e dalla corte di appello i Caltanissetta con ordinanza 22 maggio 1968 (G. U. 31 agosto 1968, n. 222, e retro, :, 148). (38) Nelle ordinanze del tribunale di Genova la questione risulta proposta in iforimento al solo art. 76 della Costituzione. (40) Nell'ordinanza di rimessione la questione risulta proposta direttamente er gli artt. 91, 96 e 97 del contratto collettivo di lavoro 28 giugno 1958. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 29 settembre 1962, n. 1462 (Norme di modifica ed integrazione delle leggi 10 agosto 1950, n. 646, 29 luglio 1957, n. 634, e 18 luglio 1959, n. 555, recanti provvedimenti per il Mezzogiorno), art. 2, ultimo comma, in quanto consente di determina~e la indennit di espropriazione secondo valori calcolati con riferimento ad epoca fino a dodici anni anteriore al provvedimento espro;priativo (artt. 42, terzo comma, e 3 della Costituzione) (41). Tribunale di Bari, ordinanze 2 maggio 1968 (due), 16 maggio 1968, 30 maggio 1968 (due), 6 giugno 1968 e 15 giugno 1968, G. U.. 26 ottobre 1968, n. 275. legge 9 gennaio 1963, n. 7 (Divieto di licenziamento delle lavoratrici per causa di matrimonio e modifiche alla legge 26 agosto 1950, n. 860: < Tu.tela fisica ed ' economica delle lavoratrici madri ), art. 1, ultimo I! comma, in quanto presume juris et de jure, per tutte le ipotesi diverse da quelle per le quali si ammette la prova contraria, che il matrimo I nio della lavoratrice sia stato il motivo del licenziamento (artt. 3, 37 e 41 della Costituzione) (42). 1 Tribunale di Genova, ordinanza 14 maggio 1968, G. U. 28 settembre 1968, n. 248. f legge 3 febbraio 1963, n. 69 (Ordtinamento della professione di gior nalista), art. 46, in quanto impone al direttore ed al vice direttore ref gsponsabili di giornali quotidiani, di periodici e di agenzie di stampa l'obbligo, penalmente sanzionato, , di iscrizione nell'albo dei giornalisti (art. 21 della Costituzione) (~3). I Pretore di Firenze, ordinanza 7 giugno 1968, G. U. 14 settembre 1968, n. 235. I d. P. R. 17 marzo 1965, n. 144 (Norme sul trattamento previdenziale del personale dipendente dall'Ente Nazionale per l'Energia Elettrica ! I ~ (41) Questione proposta nel presupposto che l disposizione si applichi ai rapporti in contestazione tra le parti, escludendosi cio la retroattivit delle norme che hanno modificato e sostituito l'art. 2, ultimo comma, della Iegge 29 settembre 1962, I ~ n. 1462. La disposizione, infatti, stata modificata con l'art. 6 della legge 6 lug}io 1964, n. 608 e sostituita poi con l'art. 31 della legge 25 giugno 1965, n. 717, che rinvia, quanto alla determinazione dell'indennit di espropriazione, alla legge 18 aprile 1962, n. 162, e quindi anche all'art. 12, secondo comma, prima parte, che, i dichiarato illegittimo con sentenza 9 aprile 1965, n. 22, stato sostituito, con le altre disposizioni della legge 18 aprile 1962, n. 167 relative alla determinazione dell'indennizzo, dalla legge 21 luglio 1965, n. 904. (42) Questione gi proposta, in riferimento anche all'art. 2 della Costituzione, dal tribunale di Como (ordinanza 9 gennaio 1967, G. U. 24 giugno 1967, n. 157, e in questa Rassegna, 1967, I, 107). (43) Questione dichiarata non fondata con sentenza 10 luglio 1968, n. 98 (in motivazione). L'art. 46, primo comma, della legge 3 febbraio 1963, n. 69 stato invece dichiarato illegittimo, con la stessa decisione, limitatamente alla parte in cui esclude che il direttoT:e ed il vice direttore responsabile di un giornale quotidiano o di un periodico o agenzia di stampa di cui al primo comma dell'art. 34 possa essere iscritto nell'elenco dei pubblicisti . PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE :NEL) in applicazione della delega contenuta nell'art. 13 deUa legge dicembre 1962, n. 1643), art. 9, ultimo comma, nella parte in cui limita periodi di contribuzione validi per il conseguimento delle prestazioni eviste dall'art. 5 della legge 12 agosto 1962, n. 1338 a quelli derivanti versamenti volontari anteriori al 12 maggio 1956, con eccesso dai niti della delega conferita con l'art. 13 della legge 6 dicembre 1962, 1643 (art. 76 della Costituzione). Tribunale di Venezia, ordinanza 10 giugno 1968, G. U. 28 settem e 1968, n. 248. d. P. R. 18 marzo 1965, n. 342 (Norme integrative della legge 6 dimbre 1962, n. 1643 e norme relative al coordinamento e all'esercizio ~ne attivit elettriche esercitate da enti ed imprese diversi dall'Ente izionale per l'Energia Elettrica), art. 3, per eccesso dai limiti della !lla delega conferita con gli artt. 2 della legge 6 dicembre 1962, 1643, e 1 della legge 27 giugno 1964, n. 452, in quanto consente trasferimento all'Enel degli impianti di distribuzione di imprese per quali l'art. 4, n. 6, lettera a) della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, eludeva il trasferimento (artt. 76 e 77 della Costituzione). Consiglio di Stato, quarta sezione, ordinanza 2 aprile 1968, G. U. ottobre 1968, n. 275. d. P. R. 21 aprile 1965, n. 373 (Conglobamento dell'assegno temponeo negli stipendi, paghe e retribuzioni del personale statale, in apicazione della legge 5 dicembre 1964, n. 1268), art. 13, (quarto com! i), in quanto stabilisce una retribuzione ridotta per i professori inca: ati o supplenti che abbiano un impiego di ruolo o non di ruolo alle pendenze dello Stato o di altri enti pubblici, con disparit di trattaento tra i professori non di ruolo a seconda che abbiano, in aggiunta l'insegnamento, un impiego privato o un impiego pubblico (artt. 3, imo comma, e 36, primo comma, della Costituzione). Consiglio di Stato, senza sezione, oo:dinanza 3 novembre 1967, G. U. settembre 1968, n. 235. legge 20 maggio 1965, n. 507 (Divieto di uso degli apparecchi autoitici da giuoco nei luoghi pubblici o aperti al pubblico e nei circoli associazioni di qualsiasi genere), art. 1, in quanto vieta l'uso degli parecchi automatici da giuoco anche per vincite in forma di consu1zione o di ripetizione di partita (artt. 3 e 41 della Costituzione) (44). Pretore di Padova, ordinanza 29 marzo 1968, G. U. 14 settembre 68, n. 235. (44) Questione gi proposta, in riferimento agli artt. 18 e 41 della Costituzione, I tribunale di Milano (ordinanza 24 novembre 1967, G. U. 15 giugno 1968, n. 152, etro, II, 100. 202 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 6 (recte: 26) maggio 1965, n. 595 (Caratteristiche tecniche e requisiti dei leganti idraulici), artt. 4 e 5, in quanto, nello stabilire un termine di decadenza per la contestazione dei vizi del prodotto operante anche quando l'acquirente non abbia richiesto gli S1pecifici accertamenti prescritti, impediscono al compratore di far valere in giudizio i propri diritti quando la scoperta del vizio avvenga dopo la scadenza del termine di decadenza (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Pistoia, ordinanza 18 giugno 1968, G. U. 12 ottobre 1968, n. 261. d. P. R. 5 giugno 1965, n. 749 (Coingtobamento deU'assegno mensile e competenze analoghe negli stipendi, paghe e retribuzioni del personale statale, in applicazione dell'art. 3 della legge 5 dicembre 1964, n. 1.268), art. 24 (quinto comma), in quanto stabilisce una retribuzione ridotta per i professori incaricati o supplenti che abbiano un impiego di ruolo o non di ruolo alle dipendenze dello Stato o di altri enti pubblici, con disparit di trattamento tra i .professori non di ruolo, a seconda che abbiano, in aggiunta all'insegnamento, un impoiego privato o un impiego pubblico (artt. 3, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione). Consiglio di Stato, sesta se:aione, ordinanza 3 novembre 1967, G. U. 14 settembre 1968, n. 235. legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuati), art. 11, in quanto limita l'a.pplicazione della legge ai datori di lavoro che occupano pi di trentacinque dipendenti (art. 3 della Costituzione) (45). Pretore di Trieste, ordinanza 5 giugno 1968, G. U. 14 settembre 1968, n. 235. Pretore di Giulianova, ordinanza 30 giugno 1968, G. U. 12 ottobre 1968, n. 261. legge 22 luglio 196, n. 607 (Norme in materia di enfiteusri e prestazioini foindiarie perpetue), art. 1 (artt. 3 e 42, secondo e terzo comma, della Costituzione) (46). Pretore di Chieti, ordinanza 18 dicembre 1967, G. U. 26 ottobre 1968, n. 275. (45) Questione gi proposta dal pretore di Vicenza con ordinanza 31 maggio 1967 (G. U. 14 ottobre 1967, n. 258 e in questa Rassegna, 1967, II, 198), dal pretore di Cuneo con ordinanza 29 aprile 1968 (G. U. 31 agosto 1968, n. 222, e retro, II, 150), dal pretore di Roma con ordinanza 3 maggio 1968 (G. U. 31 agosto 1968, n. 222, e retro, II, 150), e, in riferimento anche agli artt. 4 e 35 della Costituzione, dal pretore di Napoli con ordinanza 3 giugno 1967 (G. U. 11 novembre 1967, n. 282, e in questa Rassegna, 1967, II, 238), e dal pretore di Pistoia con ordinanza 20 luglio 1967 (G. U. 11 novembre 1967, n. 282, e in questa Rassegna, 1967, II, 238). (46) Questione gi proposta; per le altre numerose ordinanze di rimessione, v. in questa Rass.egna, 1967, II, 72-73, 108-109, 157-161, 198-200, 238-2.39, e retro, II, 17, 101 e 150. In particolare, sui vari profili prospettati v. in questa Rassegna, 1967, II, 72-73, 108-109, 157-161 e 198-200. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 203 legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestaicmi fondiarie perpetue), art. 1 (artt. 3, 41 e 42 della Costituzione) (46). Pretore di Tione ordinanza 6 luglio 1968, G. U. 28 settembre 968, n. 248. legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestaicmi fondiarie perpetue), artt. 1, 8 e 9 (art. 42 della Costituzione) (46). Pretori di Capri, ordinanza 31 luglio 1968, G. U. 12 ottobre 1968, l. 261. legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e presta: ioni fondiarie perpetue), artt. 1, 15 e 18 (artt. 3, 41, 42 e 44 della Co: tituzione) (46). _,.. Corte di appello di Catania, ordinanza 22 luglio 1968, G. U. 12 >ttobre 1968, n. 261. legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e presta: ioni fcmdiarie perpetue), artt. 4, 5, 6 e 7 (artt. 24, primo e secondo :omma, e 3, primo e terzo comma, della Costituzione); art. 8 (artt. 41, ~2 e 44 della Costituzione), e art. 1 (artt. 3, 41 e 42 della Costitu: ione) (46). Pretore di Agropoli, ordinanza 7 giugno 1968, G. U. 28 settem> re 1968, n. 248. d. P. R. 20 marzo 1967, n. 223 (Testo unico deUe leggi recanti norme !)er la disci.plrina deU'elettorato attivo e per la tenuta e la revisione :leUe Uste elettorali), art. 7, sec:ondo c:omma, in quanto differisce al l 0 luglio e al 1 gennaio l'effetto della iscrizione nelle liste elettorali mche per coloro che, gi maggiorenni e nelle condizioni previste dall'art. 4, abbiano diritto ad essere iscritti o reiscritti nelle liste elettorali (artt. 3 e 48 della Costituzione). Corte di appello di Roma, ordinanza 18 maggio 1968, G. U. 28 >ettembre 1968, n. 248. legge 3 maggio 1967, n. 317 (Modificazicmi al sistema sanzionatorio cl,elle norme in tema di circoi~cme stradale e de1Ue norme di regolamenti locali), art. 9, c:omma quarto e seguenti., in quanto, nel prevedere un'azione formalmente diretta contro l'ingiunzione di pagamento ma sostanzialmente rivolta contro l'ordinanza del prefetto, consente il sindacato del giudice ordinario sulla legittimit di provvedimenti amministrativi di fronte ai quali manca un diritto soggettivo perfetto, e sottrae l'ordinanza del prefetto ad ogni impugnativa autonoma (principio ex art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, artt. 113, terzo comma, e 24 della Costituzione) (47). (47) Questione gi proposta dallo stesso pretore con ordinanze 27 maggio e 6 giugno 1968 (G. U. 31 agosto 1968, n. 222, e retro, II, 150). 17 2()4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pretore di Prato, ordinanza 26 giugno 1968, G. U. 14 settembre 1968, n. 235. legge 3 maggio 1967, n. 317 (Modificazioni al sistema sanzionatorio detle norme in tema di circolazione stradale e de'lle norme di regolamenti locali), art. 9, sesto comma, in quanto autorizza la parte privata a stare in giudizio senza l'assistenza di un difensore (artt. 24 e 25 della Costituzione) 48). Pretore di Stradella, ordinanza 28 maggio 1968, G. U. 12 ottobre 1968, n. 261. legge 9 luglio 1967, n. 572 (Modifica agli articoli 57 e 91 del testo unico sult circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393), art. 1, secondo (?) comma (artt. 24 e 25 della Costituzione) (49). Pretore di Stradella, ordinanza 28 maggio 1968, G. U. 12 ottobre 1968, n. 261. legge 18 marzo 1968, n. 238 (Nuovi termini per l'emanazione dei provvedimenti di cui all'art. 39 della legge 21 luglio 1965, n. 903, e norme integrative della medesima), art. 5, in quanto esclude, e per i soli pensionati del settore industriale e commerciale, la commutabilit, della pensione di anzianit con la retribuzione, con disparit di trattamento tra i pensionati, a seconda che prestino o no attivit lavorativa alle dipendenze di terzi (artt. 3 e 36 della Costituzione), e sostanziale limitazione all'esercizio del diritto al lavoro (artt. 3, secondo comma, 4, 35 e 38 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 13 luglio 1968, G. U. 12 ottobre 1968, n. 261. d. P. R. ,27 aprile 1968, n. 488 (Aumento e nuovo sistema di calcolo deUe pensioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria), artt. 20, 21 e 23 (50), in quanto escludono, e p.er i soH pensionati del settore industriale e commerciale, la cumulabilit della pensione di anzianit con la retribuzione, con disparit di trattamento tra i pensionati, a se( 48) Questione la cui proposizione desumibile, peraltro, dalla sola parte dell'ordinanza in cui si rl&>ortano le argomentazioni del ricorrente. Sia dalle premesse in fatto che dal dispositivo del provvedimento, infatti, la questione di legittimit costituzionale risulta proposta relativamente all'art. 1, secondo comma (che non esiste), della legge 9 luglio 1967, n. 572 (relativa alle variazioni stabilite, con modifica degli artt. 57 e 91 del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, per il trasporto non autorizzato di cose e per l'uso pubblico di veicolo destinato ad uso pri\1ato), per ravvisato contrasto con gli artt. 24 e 25 della Costituzione: contrasto -si precisa nell'ordinanza di rimessione -che appare ictu oculi evidente ad una semptice lettura del comma secondo dell'art. 1 della detta l. n. 572 (!). (49) V. nota precedente. (50) Per l'art. 23 la questione stata proposta solo dal pretore di Cagliari. PARTE ~J, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 205 mda che prestino o no attivit lavorativa alle dipendenze di terzi 1rtt. 3 e 36 della Costituzione), e sostanziale limitazione all'esercizio el diritto al lavoro (artt. 3, secondo comma, 4, 35 e 38 della Costi1zione) (51). Pretore di Firenze, ordinanza 13 luglio 1968, G. U. 12 ottobre 968, n. 261. Pretore di Venezia, ordinanze 2 agosto 1968 (due), G. U. 12 ot> bre 1968, n. 261 (52). Pretore di Cagliari, ordinanza 28 agosto 1968, G. U. 26 ottobre 968, n.275. (51) Nell'ordinanza del pretore di Cagliari il contrasto con gli artt. 35 e 38 ella Costituzione viene specificato con riferimento, rispettivamente, al primo comma d al secondo comma delle disposizioni. (52) In tali ordinanze, nelle quali la questione sopra indicata viene sollevata con articolare riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, risulta prospettato il ontrasto delle disposizioni anche con l'art. 42 della Costituzione, e non invece con art. 38 della Costituzione. CONSULTAZIONI ACQUE PUBBLICHE Autorizzazione a costruire a distanze inferiori a quelle di cui all'art. 96 T.U. -Opere idrauliche -Necessit di concessione -Non sussiste. Se per le autorizzazioni a costruire a distanze inferiori a quelle stabilite dall'art. 96 lett. F del t. u. sulle opere idrauliche occorra un decreto di concessione del competente Genio Civile o del Ministero (n. 97). Se nel provvedimento di concessione debba essere indicata la scadenza oppure sia sufficiente la precisazione che sempre revocabile per ragioni di pubblico interesse (n. 97). Se dal provvedimento di concessione derivi il pagamento di un canone annuo o solo il versamento di una tassa di concessione governativa (n. 97). Se ad emettere J.a autorizzazione in deroga sia competente l'Ufficio del Genio Civile competente o il Ministero dei LL.PP. (n. 97). Se per le autorizzazioni a costruire a distanze inferiori a quelle stabilite dall'art. 96 lett. F t. u. opere idrauliche su di un terreno demaniale, occorra un decreto di concessione della P.A. (n. 97). AERONAUTICA ED AEROMOBILI Successione di leggi nel tempo. Se la legge 18 maggio 1967, n. 401, che prevede la corresponsione di un premio in vece degli oggetti rinvenuti, sia applicabile al caso in cui il rinvenimento sia avvenuto anteriormente alla sua entrata in vigore (n. 23). AGRICOLTURA Consorzi agrari -Bilanci -Procedimento per la loro pubblicazione. Quale sia il procedimento per la pubblicazione del bilancio dei Con:. sorzi Agrari nel Bollettino Ufficiale delle Societ per Azioni (n. 57). Provvedimenti tributari; legge 18 novembre 1964, n. 1271. Se a norma dell'art. 2 della legge 18 novembre 1964, n. 1271, gli ispettorati dell'Agricoltura, trovandosi di fronte ad una richiesta di certificazione basata su un atto validamente compiuto, possano e debbano estendere la valutazione ai requisiti e alle condizioni cui la legge subordina la concessione di una particolare agevolazione fiscale (n. 58). Requisiti per le domande di integrazione prezzo dell'olio di oliva. Se, per le domande d'integrazione prezzo ai sensi del d. 1. 9 novembre 1966, n. 912, sia legittimo richiedere le indicazioni relative alla via e numero civico dei singoli conduttori deJ.le aziende di provenienza delle olive (n. 59). PARTE II, CONSULTAZIONl 207 erritori depressi dell'Itatia Centro Settentrionale. Se le dichiarazioni ed i riconoscimenti di localit economicamente de~ esse, effettuati in applicazione dell'art. 1 legge n. 647 del 1950 e successive .odifiche continuino ad avere valore agli effetti dei benefici previsti nelart. 17 della legge 27 ottobre 1966, n. 910 (n. 60). LBERGHI ontributi previsti dalla l. 15 febbraio 1962, n. 68 -Trasferibilit. Se i contributi alberghieri (L. 15 febbraio 1962, n. 68) possano essere ;tribuiti a persone diverse dall'originario richiedente e a questi subentrate 1. 17). MMINISTRAZIONE PUBBLICA ollegi a carattere rappresentativo -Delibere circa il quorum nece$sario. Se siano legittime le delibere di un organo collegiale a carattere rappremtativo (nella specie, Comitato per il Credito Agrario di Esercizio) che abiliscono, in difetto di disposizioni normative, un numero di presenze ecessarie per la validit delle adunanze, inferiore al plenum (n. 338). utela del segreto di atti d'ufficio della P.A. nei confronti di pubblici dipendenti -di privati. Quali misure siano previste dalla legge a tutela del segreto di taluni ;ti d'ufficio della P.A., e nei confronti di pubblici dipendenti, e di privati le illegittimamente ne divulghino il contenuto (n. 339). PPALTO ppalto opere pubbliche statali -Capitolato generale -Valore. Il capitolato generale oo.pp. statali (una volta d. m. 28 maggio 1895, oggi . P. R. 16 luglio 1962) non pu ritenersi un mero regolamento interno, di ~ganizzazione, poich suoi destinatari non sono tanto funzionari apparteanti alla P.A., quanto soggetti (contrattanti o contraenti) estranei alla 1edesima, epper le sue norme vanno annoverate fra quella della legislaone materiale dello Stato (n. 321). evisione dei prezzi -Natura. Sulla natura della facolt di rev1s1one dei prezzi di appalto di ;>ere pubbliche, prevista dai d.l.C.p.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, modif. con !gge 9 maggio 1950, n. 329; legge 23 ottobre 1963, n. 1481; legge 21 giugno }64, n. 463, e legge 17 febbraio 1968, n. 93 (n. 322). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Riserve -Tempestivit -Rilevanza. Se le riserve sollevate nell'adempimento di un contratto d'appalto, per poter essere accolte, debbano essere iscritte nel registro di contabilit al momento in cui il preteso onere ebbe a verificarsi, e non alla fine dei lavori (n. 323). Termine per la registrazione di contratto d'appalto in cui il Comune agisce come stazione appaltante della GESCAL. Quale sia il dies a quo da cui decorre il termine per la registrazione dei contratti di appalto per la GESCAL nel caso in cui, in veste di stazione appaltante della Gestione agisca un Comune (n. 324). ASSICURAZIONE Mutue assicuratrici o Casse volontarie per lavoratori senza personalit giuridica -Poteri di vigilanza su di esse. Se al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale competa la vigilanza sulle mutue assicuratrici o casse volontarie fra lavoratori, che non abbiano personalit giuridica, a' sensi della legge 15 aprile 1886, n. 3818 e d.1.1. 10 agosto 1945, n. 474 (n. 78). BELLEZZE ARTISTICHE E NATURALI Sospensione feriale dei termini e giudizio peritale. Se la sospensione dei termini prevista dall'art. 5 legge 14 luglio 1965, n. 818 si applichi anche al termine per la provocazione del giudizio peritale, di cui all'art. 15 legge 29 giugno 1939, n. 1497 (n. 19). BONIFICA Consorzi di bonifica -Applicabilit del contributo alla P.A. Se l'Amministrazione proprietaria di terreni facenti parte del comprensorio di un conorzio di bonifica debba il contributo fissato in via provvisoria ai sensi degli artt. 11 e 12 r. d. 13 febbraio 1933, n. 215 (n. 5). Elezioni dei Consigli dei delegati. Se, in base alla legge 2 giugno 1961, n. 459, sia possibile l'assegnazione di un voto frazionario ai piccoli proprietari facenti parte dei Consorzi di bonifica, quando essi non raggiungono il voto intero (n. 6). BORSA Art. 10 legge 20 marzo 1913, n. 272. Se gli Agenti di Cambio siano tenuti al pagamento di diritti per l'accesso in borsa e per il rilascio della relativa tessera (n. 26). PARTE II, CONSULTAZIONI 209 !ERTIFICAZIONE >bbligo del Conservatore dei RR.II. di consentire l'esame delle note e dei titoli. Se il Conservatore dei Registri Immobiliari abbia o meno l'obbligo di onsentire, in sede di ispezione dei registri in senso proprio, anche l'esame lelle note e dei titoli depositati (n. 2). :INEMATOGRAFI ,avori di rimodernazione -Autorizzazione all'aumento del numero dei posti -Calcolo del decennio di attivit. Se nel decennio di attivit, previsto dall'art. 8 d. m. 18 aprile 1966 per le oncessioni della autorizzazione all'ampliamento del numero dei posti, in aso di lavori di ammodernamento, possa calcolarsi anche il periodo di .ttivit in locali diversi, da cui il cinema sia stato poi trasferito nell'attuale mmobile (n. 40). :IRCOLAZIONE STRADALE >ivieto di sorpasso -Striscia di mezzeria continua -Diversit di funzione Sussiste. Se con la sussistenza della striscia di mezzeria continua ( segnale oriz: ontale che attiene alla disciplina dell'oltrepasso e non a quella del sorpasso) >u coesistere la facolt di sorpasso, e se con la sussistenza del segnale di livieto di sorpasso pu coesistere la facolt di oltrepassare la linea di mez: eria discontinua per effettuare il cambio di direzione previsto dall'art. 111 .u. n. 393 del 1959 (n. 13). :::OMPRAVENDITA "erreni abusivamente lottizzati -Invalidit del contratto. Se i contratti di compravendita di terreni abusivamente lottizzati a :copo residenziale, in mancanza del requisito previsto dall'art. 10 legge l agosto 1967, n. 765, siano nulli. o annullabili (n. 4). :::ONCESSIONI AMMINISTRATIVE ANNI DI GUERRA ,iquiazione a favore di eredit giacente. Se possano essere emessi provvedimenti formali di liquidazione di inlennizzi e di contributi per danni di guerra a favore di una eredit giaente e se si possa procedere al pagamento delle somme liquidate a favore lel curatore della eredit stesa (n. 132). >EMANIO :trade statali attraversanti comuni con meno di 20.000 abitanti -Necessit di un provvedimento di classificazione, perch il tratto urbano appartenga al demanio statale. Se, nonostante la mancanza di un decreto ministeriale di classificazione li un tratto di strada statale attraversante l'abitato di un Comune con meno li 20.000 abitanti, tale tratto debba considerarsi appartenente al demanio tatale o comunale (n. 226). >IFESA DELLO STATO ~cuole aventi finalit ed ordinamenti sq>eciali. Art. 9. ultimo comma, della legge 21 settembre 1938, n. 2038. Se le scuole aventi finalit ed ordinamento speciali di cui all'art. 9, tltimo comma, della legge 21 settembre 1938, n. 2038, possano, a seconda lelle caratteristiche, essere ricomprese fra le scuole industriali e commeriali di cui al n. 22 del r. d. 8 giugno 1940, n. 779 (n. 11). >ONAZIONE lutorizzazione Presidenziale per l'accettazione di donazioni. Se nel caso di donazione di area all'Amministrazione, per la costruzione li alloggi popolari, sia necessaria l'autorizzazione presidenziale o sia suffiiente la generica autorizzazione di cui alla legge n. 315 del 1958 (n. 39). mILIZIA ECONOMICA POPOLARE ~ontributo per danni di alluvione -Acquirenti di alloggi con riserva di propriet (legge 1966, n. 1162). Se il contributo previsto dall'art. 7 d. 1. 18 novembre 1966, n. 976 modif. dalla legge di conversione 23 dicembre 1966, n. 1142) competa anche 1gli assegnatari -acquirenti di alloggi -con patto di riservato dominio :n. 207). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Mutui ipotecari, riscatto, cancellazione de'lle ipoteche. Se sia ammissibHe la cancellazione delle ipoteche iscritte a favore della Cassa depositi e prestiti per mutui destinati all'edilizia economica e popolare richiesta dagli istituti mutuatari a norma dell'art. 10 della legge 27 aprile 1962, n. 231 per gli allog,gi riscattati, nel caso in cui il piano di ripartizione del debito richiesto a vendita avvenuta (n. 298). Se possa effettuarsi la liberazione dalle ipoteche anche degli alloggi in corso di riscatto con pagamento rateale da parte dell'acquirente, quando l'Ente mutuatario provveda al versamento presso la Cassa mutuante dell'intera somma corrispondente al prezzo del riscatto medesimo (n. 298). ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT Esproprio a sensi della legge 18 aprile 1962, n. 167 -Procedimento da segire -Necessit di apporre i termini per il completamento dei lavari e delle espropriazioni. Se per l'esproprio di aree incluse in piani di zona a sensi della legge 18 aprile 1962, n. 167 sia necessario seguire la procedura ordinaria prevista dalla legge del 1865 o sia invece sufficiente seguire la procedura stabilita dalla stessa legge n. 167 (n. 266). Se sia necessario stabilire i termini per il completamento dei lavori e delle espropriazioni (n. 266). FALLIMENTO Concordato successivo -Responsabilit del garante per crediti tributari nei confronti del fallito -Possibilit di pignoramento dello stipendio del garante, che sia dipendente statale. Se a sensi dell'art. 2 n. 3 legge 5 gennaio 1950, n. 180, possa procedersi coattivamente sullo stipendio di un dipendente statale .per crediti tributari nei confronti di un fallito, nel caso in cui egli si sia fatto garante del concordato fallimentare, del quale non siano stati rispettati i termini (n. 114). FARMACIA Potere di determinare gli orari di apertura e chiusura. A quale Autorit spetti il potere di sostituirsi al Sindaco qualora questi ometta di determinare gli orari relativi all'apertura e chiusura delle farmacie ai sensi dell'art. 119 t.u. com. e prov. e successive modificazioni (n. 19). Revoca per perdurante sostituzione del titolare per motivi di famiglia. Se possa legittimamente revocarsi l'autorizzazione dell'esercizio farmaceutico in caso di perdurante sostituzione del titolare per motivi di salute (n. 20). PARTE II, CONSULTAZIONI ~ERROVIE Agevolazioni fiscali previste dal d. l. 14 dicembre 1967, n. 1598 -Applicabilitd ad impianti ferroviari. Se ai fini dell'ammissione ai benefici fiscali portati dal d. I. 14 dicembre L967, n. 1598 possa essere considerato stabilimento tecnicamente organiz~ ato un impianto ferroviario (n. 398). '.::ompatibilitd di una tassa minima sulle tariffe internazionali con il Trattato Istitutivo della C.E.C.A. Se sia compatibile con le clausole del Trattato istitutivo della C.E.C.A., l'imposizione di una tassa minima di lire 12.000 a carro ferroviario con :iecorrenza 1 luglio 1965, sulle tariffe internazionali per i trasporti carbosi: ierurgici con gli altri paesi della Comunit (n. 399). '.::ontributo per danni da alluvione -Acquirenti di atloggi con riserva di proprietd (legge 1966, n. 1162). Se il contributo previsto dall'art. 7 d. I. 18 novembre 1966, n. 976 (modif. dalla legge di conversione 23 dicembre 1966, n. 1142) competa anche :igli assegnatari -acquirenti di alloggi -con patto di riservato dominio (n. 400). Sindacato di costituzionalitd delle condizioni e tariffe di trasporto approvate con d.P.R. 30 marzo 1961, n. 197. Se il d.P.R. 30 marzo 1961, n. 197 approvante la revisione delle condidoni e tariffe ferroviarie sia soggetto al sindacato di legittimit costituzionale (n. 401). [MPIEGO PUBBLICO Dipendenti dell'ex M.A.I. -Se ad essi competa la indennitd integrativa. Se si possa estendere a tutto il personale ex dipendente del M.A.I., che abbia prestato servizio presso uffici del Governo Federale della Libia e dell'Eritrea, la concessione della indennit integrativa del trattamento economico percepito (n. 684). IMPOSTA DI BOLLO Esenzione della Gestione Governativa delle Ferrovie Calabro Lucane. Se gli atti posti in essere e le certificazioni e copie richie,ste ad altre Amministrazioni dello Stato dalla Gestione Commissariale Governativa delle Ferrovie Calabro Lucane siano esenti dall'imposta di bollo (n. 39). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO IMPOSTA DI REGISTRO Agevolazioni fiscali previste dal d. l. 14 dicembre 1967, n. 1598 -Applicabilitd ad impianti ferroviari. Se ai fini dell'ammissione ai benefici fiscali portati dal d. 1. 14 dicembre 1967, n. 1598 possa essere considerato stabilimento tecnicamente organizzato un impianto ferroviario (n. 293). Decreto ingiuntivo. Cancellazione dal ruolo del processo di estinzione. Se siano dovute le imposte di registro graduali e di titolo su decreto ingiuntivo giudizialmente opposto, quando il processo di opposizione sia stato cancellato dal ruolo e non ne sia stata dichiarata, successivamente, l'estinzione nelle forme di rito (n. 294). Se l'estinzione del processo di opposizione a decreto ingiuntivo possa essere dichiarata, in via di accertamento incidentale, dal giudice investito della lite tributaria avente ad oggetto l'imposta di registro dovuta sul decreto medesimo (n. 294). Imposta di titolo -Riforma della sentenza. Se l'imposta di titolo su enunciazione di convenzioni contenute in sentenza debba essere rimborsata in caso di riforma in sede di impugnazione (n. 295). Termine per la registrazione di contratto d'appalto in cui il Comune agisce come stazione appaltante della GESCAL. Quale sia il dies a quo da cui decorre il termine per la registrazione dei contratti di appalto per la GESCAL nel caso in cui, in veste di stazione appaltante della Gestione agisca un Comune (n. 296). IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE Ritenuta d'acconto L. 21 aprile 1962, n. 226 -Ambito di applicazione. A quali categorie di prestatori di opere e servizi, dei quali si valgono gli Enti che svolgono attivit nel campo dello spettacolo, possa applicarsi la ritenuta d'acconto di cui alla L. 21 aprile 1962, n. 226 (n. 39). Vendita dei beni in sede fallimentare, plusvalore, tassabilitd. Se i maggiori valori, costituiti dalla differenza tra il costo di determinati beni di una societ ed il ricavo della vendita effettuatane in sede fallimentare, per la liquidazione dell'attivo, siano o meno da considerare redditi soggetti all'imposta di ricchezza mobile (n. 140). PARTE II, CONSULTAZIONI 215 :MPOSTA GENERALE ENTRATA re 1967, n. 1598, possa essere considerato stabilimento tecnicamente orga1izzato un impianto ferroviario (n. 130). :MPOSTE E TASSE ::oncordato successivo -ReSPonsabilit del garante per crediti tributari nei confronti del fallito -Possibilit di pignoramento dello stipendio del garante, che sia dipendente statale. Se a sensi dell'art. 2 n. 3 L. 5 gennaio 1950, n. 180, possa procedersi :oattivamente sullo stipendio di un dipendente statale per crediti tributari iei confronti di un fallito, nel caso in cui egli si sia fatto garante del con: ordato fallimentare, del quale non siano stati rispettati i termini (n. 484). ::ondono delle sanzioni non penali, mancato pagamento degli interessi di mora. Se, quando per cause non imputabili al contribuente ma dipendenti ogrettivamente dalla difficolt dei relativi conteggi, gli interessi di mora LCcedenti al tributo non risultino corrisposti, in tutto o in ;parte, entro il ermine di 120 giorni stabilito dall'art. 3 della legge 23 dicembre 1966, 1. 1139, il beneficio del condono delle sanzioni non penali previste in detta egge debba trovare applicazione, essendo stato pagato il tributo entro quel ermine e previo il recupero dell'intero importo, successivamente accertato !egli interessi di mora (n. 485). :ontributi di miglioria. Se contro la delibera comunale istitutiva di un contributo di miglioria pecifica, possa essere esperito il rimedio di cui all'art. 36 della legge n. 246 lei 1963 (n. 486). mposte doganali -Rimborso diritti doganali non dovuti perch corrisposti su merci esenti -Prescrizione -Termine. Se la esenzione doganale ex art. 12 statuto vegionale sardo 26 feb1raio 1948, n. 3 sia stata abrogata da disposizioni successive (legge 29 di embre 1948, n. 1482, e legge 26 giugno 1965, n. 717) (n. 487). MPOSTE VARIE CAP -Legittimit dell'iscrizione su ruoli autonomi da parte dei Comuni, nel caso di redditi esenti da tributo erariale. Se siano legittime le iscrizioni in ruoli autonomi, operate dai Comuni nteressati, per imposta sulle industrie, commercio, arti e professioni CAP -dovuta per redditi accertati dall'Ufficio distrettuale delle Imposte lirette, ma esenti da tributo erariale (n. 16). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO IPOTECHE Obbligo dei Conservatore dei RR. II. di consentire l'esame deHe note e titoli. dei Se il Conservatore dei Registri Immobiliari abbia o meno l'obbligo di consentire, in sede di ispezione dei registri in senso proprio, anche l'esame delle note e dei titoli depositati (n. 20). ISTRUZIONE SUPERIORE Istituti superiori di educazione fisica pareggiati Patrocinio deH'AvvocatuTa deHo Stato. Se un istituto superiore di educazione fisica pareggiato possa avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (n. 19). LEGGI E DECRETI Successione di leggi nei tempo. Se la legge 18 maiggio 1967, n. 401, che prevede la corresponsione di un premio in vece degli oggetti rinvenuti, sia applicabile al caso in cui il rinvenimento sia avvenuto anteriormente alla sua entrata in vigore (n. 15). LOTTO E LOTTERIE Termine di prescrizione per ia presentazione deHa boHetta di vincita. Se il termine di prescrizione di cui all'art. 26 r. d. l. 19 ottobre 1938, n. 1933 debba considerarsi prorogato nel caso di inosservanza dipendente da sciopero del personale dell'Azienda di Credito in possesso della bolletta di vincita (n. 31). Se, nel caso di proroga, questa debba decorrere, ex art. 1 d. 1. 15 gennaio 1948, n. 1, dal giorno della materiale riapertura degli sportelli, o dalla cessazione degli eventi eccezionali che ne avevano determinato la chiusura (n. 31). .-} : MUTUO Sovvenzione ex legge 19 ottobre 1956, Estinzione dei debito. n. 1224 -Morte del mutuatario - Se, a sensi dell'art. 22 legge 26 luglio 1965, n. 965, si abbia estinzione del debito per sovvenzione concessa a sensi della leg.ge 19 ottobre 1956, n. 1224, quando sopravvenga in qualsiasi momento, la morte del mutuatario dopo la concessione del prestito, o solo quando sopravvenga dopo l'inizio dell'ammortamento (n. 9). PARTE II, CONSULTAZIONI 1PERE PUBBLICHE iteressi sull'imparto dovuto per revisione prezzi. Se siano dovuti gli interessi corrispettivi previsti dalla legge 9 magio 1950, n. 329, sull'importo dovuto per la revisione dei prezzi di appalto i opere pubbliche della Regione siciliana (n. 75). endenza di procedimento penale e sospensione dall'Albo degli Appaltatori della Regione siciliana. Se ai sensi della legge regionale siciliana 9 marzo 1953, n. 7, la pendenza . procedimento penale per delitto contro il partimonio e la pubblica Aministrazione importi la scispensione dall'Albo degli Appaltatori della Reone (n. 76). egione siciliana -Applicabilit del nu9vo capitolato ai contratti di appalto stipulati in base a quello del 1895. Se le norme del nuovo capitolato generale di appalto, relative ai ritardi ~i pagamenti, siano aplicabili ai contratti stipulati sotto il vigore del precemte capitolato, per opere di competenza della Regione siciliana (n. 77). misione dei prezzi -Istanze anteriori alla legge 23 ottobre 1963, n. 1481. Se le istanze di revisione dei prezzi presentate dagli appaltatori prima U'entrata in vigore della legge 23 ottobre 1963, n. 1481, che ha stabilito LOVi termini, debbano essere rinnovate (n. 78). ~visione dei prezzi -Natura. Sulla natura della facolt > di revisione dei prezzi di appalto di opere .bbliche, prevista dai d. I. C. p. S. 6 dicembre 1947, n. 1501, modificati con ~ge 9 maggio 1950, n. 329; legge 23 ottobre 1963, n. 1481; legge 21 giugno 64, n. 463, e legge 17 febbraio 1968, n. 93 (n. 79). GNORAMENTO incordato successivo -Responsabiiit del garante per crediti tributari nei confronti del fallito -Possibilit di pignoramento dello stipendio del garante, che sia dipendente statale. Se a sensi dell'art. 2 legge 5 gennaio 1950, n. 180, possa procedersi coat amente sullo stipendio di un dipendente statale per crediti tributari nei lfronti di un fallito, nel caso in cui egli si sia fatto garante del concorto fallimentare, del quale non siano stati rispettati i termini (n. 15).' RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO POLIZIA Applicabilit degli artt. 28 e 50 t. u. P. S. e 40 e 41 del relativo regolamento al transito di armi e munizioni provenienti dall'estero per via aerea. Se debba essere sottoposto a licenza del Ministero dell'Interno, a sensi degli artt. 28 e 50 t. u. P. S. e 40 e 41, del relativo regolamento di esecuzione, il trasporto di materiale bellico per via aerea proveniente dall'estero (n. 38). PREVIDENZA E ASSISTENZA Contributi Cassa Architetti e Ingegneri: pagamento da parte di enti pubblici. Se un ente pubblico (ISES) per i cui tecnici dipendenti (architetti ed ingegneri) non "Sussista un divieto legislativo di esercitare la professione debba corrispondere il contributo alla Cassa di previdenza degli ingegneri ed architetti a norma dell'art. 3 della legge istitutiva della Cassa, anche nel caso di lavori eseguiti per conto dello Stato e in sostituzione dei Comuni, e anche quando i calcoli del cemento armato siano stati predisposti da Imprese private (n. 61). PROCEDIMENTO CIVILE Sospensione feriale dei termini e giudizio peritale. Se la sospensione dei termini prevista dall'art. 5 legge 14 luglio 1965, n. 818 si applichi anche aJ. termine per la provocazione del giudizio peritale, di cui all'art. 15 legge 29 giugno 1939, n. 1497 (n. 41). PROPRIET Successione di leggi nel tempo. Se la legge 18 maggio 1967, n. 401, che prevede la corresponsione di un premio in vece degli oggetti rinvenuti, si!a applicabile al caso in cui il rinvenimento sia avvenuto anteriormente alla sua entrata in vigore (n. 45). SERVITU' Servit militari -Inte,,.pretazione deH'art. 5 ultimo comma -Regolamento di esecuzione legge 20 dicembre 1932, n. 1849. Se sia illegittimo un decreto ministeriale di imposizione definitiva di servit militari su una zona demaniale, interessante altre amministrazioni, nel caso non siano stati aggregati alla Commissione tecnico consultiva i rappresentanti di quest'ultima, come previsto dall'art. 5 ultimo comma, Regolamento di esecuzione legge 20 dicembre 1932, n. 1849 (n. 48). PARTE II, CONSULTAZIONI 219 STRADE Potere del Comune di disciplinare la circolazione su certe strade private. Se sia legittima l'ordinanza comunale diretta a disciplinare la circolazione in strade di propriet privata, non vicinali, soggette al pubblico uso, senza che questo si fondi su un titolo derivativo od originario (n. 73). Strade statali attraversanti comuni con meno di 20.000 abitanti -Necessit di un p1ovvedimento di classificazione, perch il tratto urbano appartenga al demanio statale. Se, nonostante la mancanza di un decreto ministeriale di classificazione di un tratto di strada statale attraversante l'abitato di un Comune con meno .di 20.000 abitanti, tale tratto debba considerarsi appartenente al demanio statale o comunale (n. 74). TRASPORTO Applicabilit degli artt. 28 e 50 t. u. P. S. e 40 e 41, del relativo regolamento al transito di armi e munizioni provenienti dall'estero per via aerea. Se debba essere sottoposto a licenza del Ministero dell'Interno, a sensi degli artt. 28 e 50 t. u. P. S. e 40 e 41, del relativo regolamento di esecuzione, il trasporto di materiale bellico per via aerea proveniente dall'estero (n. 66). Proroga di contratti per il servizio dei trasporti. Se i contratti (c. d. aperti) per il servizio di trasporto dell'Esercito e della manovalanza connessa ai trasporti siano prorogabili ex art. 37 delle Condizioni Generali approvate con d. m. 20 gennaio 1930, n. 35 (n. 67). TERREMOTO Immobili sinistrati -Ricostruzione -Aree non idonee -Trasferimento di comuni -Provvedimento amministrativo di accertamento -Necessit. Se sia necessario, per attuare il trasferimento ai Comuni delle aree non idonee, per motivi tecnici, alla ricostruzione di immobili sinistrati (art. 6 legge 5 ottobre 1962, n. 1431) procedere all'emanazione di uno specifico provvedimento amministrativo, che accerti, caso per caso, la sussistenza delle condizioni richieste dalla legge per giustificare il trasferimento e dia atto del suo verificarsi (n. 22). I ~ NOTIZIARIO I . I CONVEGNO DI STUDI Nei giorni 25-29 settembre 1968 stata tenuta a Stresa la XXV Confe ~ renza del Traffico e della Circolazione, organizzata dall'Automobil Club di Milano. Continuando nella sua opera di propaganda, di previsione e di formazione dell'opinione pubblica sui problemi inerenti alla circolazione stradale, questa venticinquesima edizione della Conferenza si interessata di turismo e viabilit, di organizzazione del soccorso stradale e di evoluzione della disciplina della circolazione, con particolare riguardo alla normativa internazionale. Quest'ultimo tema, particolarmente importante per i cultori del diritto, stato trattato dal prof. Pietro Nuvolone, ordinario di diritto penale nel fil l'Universit di Milano, il quale ha sottolineato che l'aspetto pi delicato del I ~ problema delle norme sulla circolazione stradale quello della sanzione : se, cio, sia oportuno seguire il criterio della depenalizzazione, come avvenuto in alcuni Stati, oppure insistere nella sanzione penale, anzi procedere a taluni aggravamenti, come altri Stati, invece, sotto la spinta della dottrina, sarebbero inclini a fare, creando al posto delle contravvenzioni I dei veri e propri delits-obstacles con finalit chiaramente intimidative. Altri problemi affrontati dal N. sono stati quelli relativi alle dimensioni della proposta di riforma del codice stradale (revisione ab imis o I Icorrezioni particolari), quelli concernenti la tecnica legislativa (norme sintetiche, pluricomprensive o elencazione analitica di divieti) e quelli, infine, riguardanti le singole norme di comportamento (velocit, mano da tenere, precedenza, sorpasso, stazionamento di veicoli). I lavori della Conferenza saranno prossimamente pubblicati in volume. -: