'' ANNO XXII -N. 5 SETTEMBRE -OTTOBRE 1970 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA-DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio I ~ fil I ~ ~ ~ fil f: ~ li ~: ROMA ~; ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO ~ 1970 i: ~ ~ ~,ey;r~~~"m ABBONAMENTI ANNO L. 7.500 UN NUMERO SEPARATO . 1.300 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e pestale 1/40500 Stampato in Italia Printed in ltaly Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (9213041) Roma, 1970 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. INDICE Parte prima-: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (a cura del/'avv. Michele Savarese} pag. 719 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SDIZIONE (a cura SU QUESTIONI DI GIURIdel/' avv. Benedetto Baccari) 752 Sezione terza: GIURISPRUDENZA ,CIVILE (a tro de Francisci) cura del/'avv. Pie 777 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del- l'avv. Ugo Gargiulo) . 823 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati Giuseppe Angelini -Rota e Carlo Bafile) 839 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE (a cura del/'avv. Franco Carusi) . 959 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE (a tonino Terranova) . , . cura del/'avv. An I007 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZl.AIRIO RASSEGNA DI DOTTRINA (a cura del/'avv. Luigi Mazze/la} . . pag. 157 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE (a cura def/'avv. Arturo Marzano) 158 CONSULTAZIONI 177 NOTIZIARIO 186 La pubbMcazione diretta dall'avvocatoi UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI BAFILE C., Note sulla funzione della anticipazione dell'erario delle spese giudiziali per il procedimento fallimentJare Pag. 936 CARUSI F., Sulla pretesa responsabilit precontrattuale delta P-1A. . ................, . . . . . 984 DI TARSIA P., I rilievi foto-dattiloscopici sugli arrestati e i poteri deH'A.G.O. . . . . . . . , . . . . . . . . . 1007 ROSSI A., La c.d. funzione parziale e l'imposta di' registro 839 SICONOLFI L., Il trasferimnto dell'impresa nella legge di na zionalizzazi0ne elettrica ed i rapporti giuridici . . . . . 778 INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICE ED ELETTRI- Rappresentanza in giudizio -AmINDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICE ED ELETTRI- Rappresentanza in giudizio -Am- Contabilit generale dello Stato Attivit contrattuale della P. A. - RespolnsabHit della .P. A. per culpa in contrahendo -Ammissibilit -Sussiste, con nota di F. CARUSI, 983. -Contratt~ pubblki -Norme del regolamento per l'amministrazione del patrimonio e la contabilit generale dello Stato disciplinanti i.l procedimento contrattuale qon formalit di incanto dalla formazione e pubblicazione del bando, fino alla definitiva aggiudicazione -Natura -Norme di azione e non di iielazion:e -Violazioni di tali norme Configurabilit di una lesione di diritti soggettivi del privato, e in particolare di diritti pirimari o della persona per violazione del principio fondamentale del neminem laedere ., tutelabile innanzi al G. O. -Esclusione -Tutela solo indiretta ed occasionale dell'interesse del pdvato in sede di giustizia amministrativa -Sus. siste, .con nota di F. CARUSI, 982. -Enti pubblici -Organi -Scioglimento -Per impossibilit di procedere alla nomina normale dei componenti -Legittimit, 837. 1-.Aippalto del 1servi:ziio di casermaggio dei Carabinieri -Natura regolamentare del l'elativo Capitolato generale -Sussiste, 970. -Appalto di opere pubbliche -Appalti stipulati da enti pubblici diversi dallo Stato -Vincolativit deHe disposizioni del Capitolato generale statale del 1962 per effetto di richiamo ex i~ge - Portata, 959. -Appalto di opere pubbliche - Contabilit dei lavori -Contabilit provvisoria e contabilit per partite provvisorie -Concetto - Persistenza nel secondo caso dell'oneve dell'immediata riserva dell'appaltato!'e -Sussiste, 997. -.Appalto di opere pubbliche -Co, struzione di case per lavOir'atori - Appalti stipulati dalla Gestione INA-Casa o dagli Istituti ed Enti incavicati della costruzione delle case -Clausola cmpl'ornissoria contenuta nell'art. 23 del Capitofato Generale INA-Casa -Neces:.. sit di specifica approvazione per iscritto -Esclusione, 974. -Appalto di opere pubbliche - Costruzione di case per lavoratod -Appalti stipulati dalla Ge- CIT -Acque pubbliche e pl'ivate -Scolo naturale delle acque -Concetto -Disciplina -Fondi urbani -Applicabilit, 809. AMMINISTRAZIONE DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI -Contabilit generale dello Stato -Attivit contrattuale della P. A. -Procedimento di formazione del contratto -Osservanza delle norme dirette a disciplinare nell'interesse pubblico detto procedimento -Diritto soggettivo del privato -Esclusione, con nota di F. CARUSI, 984. ministrazione competente -In dividuazione -Onere per i terzi e non per lo Stato attore in giudizio, 807. APPALTO -Appalto del servizio di casermaggio dei Carabinievi -Determinazione in sede al'bitrale del prezzo di cessione dei materiali gi forniti, dovuto dal nuovo appaltatore subentrante o dalla P. A. che decida di gestire direttamente H servizio -Scelta del criterio di liquidazione -Giudizio di fatto -Sussiste, 970. VI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stione INA-Casa o dagli Istituti ed Enti incaricati della costruzione delle case -Controversie :Era appaltatore ,e stazione appaltante -Pendenza dell'appr>vazione del collaudo -Competenza .del G. O. a conoscer,e della domanda dell'appaltatore di fissazione di un termine ai sensi dell'art. 1183 c. c. -Sussiste, 974. -Appalto di opere pubbliche -Costruzione di case per lavoratori - Applti ,stipulati dalla Gestione INA-Casa (Ora Gescal) o dagli Istituti ,ed enti incaricati di co, struire gli 'alloggi -Necessit per imperativo disposto di legge che il Capitolato generale di appalto INA-Casa ,sia uniformato al Capitolato generale di appalto per le opere dipendentidal Ministero dei Lavori Pubblici -Sussiste Necessit che le disposizioni del primo Capitolato Siano interpretate in modo che si uniformino agli stessi criteri informatori del secondo -Sussiste -Fattispecie (applicazione in tema di interpretazione dell'art. 23 Cap. Gen. INA-Casa), 974. -Appalto di opere pubbliche Fonti normative -Capitolato generale d'app,alto per le opere dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici -Natura regolamentare RIMA -~ GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE * CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 1970, n. 107 -. Pres. Branca - Rel. Benedetti -Presidente del Consiglio di Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Savarese) c. Presidente Regione Sardegna (avv. Gasparri). Sardegna -Trasporto all'esercizio successivo di ordini di accredita mento -Illegittimit costituziona -Esclusione. (Cost. art. 81; St. reg. Sardegna, art. 3, lett. a; d.P.R; 19 maggio 1949, n. 250; 1. reg. 6 novembre 1969). Poich non pu nega.rsi alla Regione Sarda una potest primaria ad emanare norme di contabilit con l'osservanza dei precetti della Costituzione e deUo Statuto e poich it sistema del trasporto degLi ordini di accreditamento inestinti all'esercizio successivo non lesivo della regola dell'annualit del bilancio prevista dall'art. 81 Cost., non fondata la questione di legittimit costituzionale della legge regionale della Sardegna 6 novembre 1969, che autorizza tale sistema (1). (Omissis). -Col primo motivo di incostituzionalit si denuncia la violazione dell'art. 81 della Costituzione. Assume in particolare il ricorrente che la legge regionale, autorizzando il trasporto all'esercizio successivo degli ordini di accreditamento rimasti in tutto o in parte inestinti alla chiusura dell'esercizio, vulneri sia il principio della annualit del bilancio, sia quello della copertura delle spese. Ambedue i rilievi sono privi di :l;ondamento. Giova premettere che in base alla legislazione statale vigente gli ordini di accreditamento, disposti presso le tesorerie provinciali a favore dei funzionari delegati, costituiscono una forma. di pagamento di alcune (*) Alla redazione delle massime e delle nate di questa Sezione ha coHaborato anche l'On. Raffaele Cananzi. (1) Non si rinvengono precedenti specifici sulla questione. Sull'interpretazione dell'art. 81 della Costituzione, si rinvia alla fondamentale sentenza 10 gennaio 1966, n. 1, in questa Rassegna, 1966, 1. -~~-, ' .,. ''$.."'""X';::(-"::jf'=--::::--.,.. -x:,,_ ..x '"Jjl : . '.p .' :;,:-:,.v;~:.:.. .Jf%S:~~;~$/2::i;:::;:~:'.::f. . , ; x . =. x: . .. 720 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO spese, indicate dalla legge di contabilit, la cui rapida effettuazione obbiettivamente giustificata da particolari e non eliminabili esigenze di talune amministrazioni, quali ad esempio quelle mil:itari, autonome e dei lavori pubblici. Pu per accadere che alla fine dell'esercizio l'ordine di accredi tamento non sia stato utilizzato o lo sia stato ,solo in parte. In tali casi l'ordine viene annullato o ridotto. Se permane la necessit della spesa occorrer emettere nel nuovo esercizio un a,Itro ordine di accreditamento la cui contabilizzazione figurer nel conto residui dell'esercizio scaduto. Poich sia i decreti di annullamento o riduzione sia Le nuove aper ture di credito seguono lo stesso iter (uffici amministrativi, ragioneria, Corte dei conti) degli originari ordini di accreditamento evidente che nel frattempo Le operazioni di pagamento subiscono un fermo che avr innegabili negative ripercussioni sulla realizzazione di quegli scopi in relazione ai quali gli accreditamenti erano stati autorizzati. Orbene, cpn la legge approvata dalla Regione, tutto ci non accade perch con essa si dispone l'automatico trasporto dell'originario-ordine di accreditamento, rimasto totalmente o in parte inestinto nell'esercizio conclusosi, al successivo esercizio finanziario. Esempi di .siffato trasporto non mancano nella legislazione statale. A norma della disposizione contenuta nell'art. 5 ultimo comma, del d.m. 3 giugno 1929, emesso in base alla delega di cui all'art. 8 della legge 9 dicembre 1928, n. 2783, il trasporto infatti normalmente usato . dall'amministrazione dei lavori pubblici su richiesta di funzionari delegati per le spese in conto capitale e cio proprio per quelle spese per le quali il trasporto stato disposto in via generale dalla legge impugnata. Ad avviso della Corte il sistema del trasporto non Lesivo della regola dell'annualit del bilancio prevista dall'art. 8.1, comma primo, della Costituzione. L'utilizzazione dell'originaria apertura di credito mediante il suo trasferimento ope legis all'esercizio successivo non implica l'imputazione di spese non effettuate nell'esercizio scaduto ai fondi di competenza del nuovo bilancio. Il trasferimento riguarda infatti spese residue del bilancio anteriore per le quali era gi prevista la relativa copertura e l'annotazione contabile di esse non pu essere fatta nella previsione di competenza del nuovo bilancio, ma figurer in un documento distinto quale appunto il conto dei residui del trascorso esercizio. Questa netta separazione tra conto di competenza e conto dei residui, dalla quale necessariamente consegue l'impossibilit che una spesa relativa ad un esercizio scaduto venga soddisfatta con entrate della nuova competenza e viceversa, vale anche a dimostrare l'infondatezza del secondo rilievo, espresso dall'Avvocatura, concernente il pericolo per il legislatore di programmare spese per le quali non sussistono in realt corrispondenti fondi di copertura. -(Omissis). @ ml ITT m f:-: w ~ m !fa ;.:~~=~ I I~j~ l ~:::::: " I I II fili ~:=: w ilr;& M~ ~::::i I. < i, Iw PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 721 CORTE COSTITUZIONALE, 2.6 giugno 1970, n. 108 -Pres. Branca - Rel. Rocchetti -Traquandi Alfredo ed altri (n. c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Procedimento penale -Costituzione di parte civile in udienza -Viola zione del principio di difesa -Esclusione. (Cast. art. 3, 24; c.p.c. artt. 93, 94, 468). Non fondata, con riferimento ai principi costituzionali di eguaglianza e del diritto di difesa, la questione di legittimit costituzionale degli articoli 9.3 e 94 codice di procedura penale, nonch delL'art. 468 dello stesso codice che, rispettivamente, consentono la costituzione di parte civile ai dibattimento e l'esposizione solo soonmaria dei motivi che la sorreggono (1). (Omissis). -3. -Le proposte questioni di legittimit costituzionale non sono fondate. La costituz~one di parte civile della parte offesa dal reato non rappresenta Certo per l'imputato una eventualit che egli non possa rappresentarsi sin dal momento in cui sorta per lui la imputazione e gli stato reso noto, nei dati sommari del fatto da contenersi in ogni mandato (art. 264, cod. proc. pen.), il nome della parte offesa dal reato. Dalla prevedibilit dell'evento deriva che l'imputato pu ben preparare tempestivamente le ;ragioni della sua opposizione alla costituzione di parte civile, se egli ha da farne valere. E per quanto riguarda le ragioni, di ordine sopratutto formale, che eventualmente sussistano in rapporto all'atto di costituzione, esse possono essere prontamente rilevate e contestate dall'imputato che assistito, obbligatoriamente, da un difensore. Nelle ordinanze si insiste molto sull'ampiezza dei poteri spettanti alla parte civile, per sottolineare l'importanza che nel processo rappresenta l'atto della sua costituzione e la conseguente rilevanza di una attivit dell'imputato diretta a contrastarne l'ammissione. Ma 'non si riflette che quei poteri, volti all'accertamento della responsabilit dell'imputato ai fini delle restituzioni .e del risarCimento, sono poteri che, per loro natura, in un processo a struttura, almeno parzialmente, accusatoria, trovano la loro estrinsecazione nel dibattimento, che la sede in cui si accertano in via definitiva i fatti e le loro conseguenze giuri (1) La questione era stata proposta con tre ordinanze di giudici di merito. In dottrina, sulla questione decisa con la sentenza, cfr. NANNARONI, Sulla costituzione della parte civile in udienza, Nuovo diritto, 1969, 393. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO diche; ond' che non ha rilievo se la parte civile si costituisca prima o all'atto dell'apertura di esso. Uno solo di quei poteri, quello che attiene alla deduzione delle prove, deve essere ,ese:reitato, ai fini della lealt del contraddittorio, in fase predibattimentale ed entro termini fissati dalla legge (art. 415 c.p.p.). Ma ci vale per tutte le parti, s che la parte civile, eh.e non si costituisca in istruttoria, non pu pretendere l'ammissione di testi a difesa, richiedere letture, rfohiamare documenti. Ond' che, sotto tale profilo, il ritardo della costituzione della parte civile sino alla chiusura delle formalit di apertura del dibattimento di primo grado, rappresenta un vantaggio e non uno svantaggio per l'imputato, ed egli perci non pu lamentare al riguardo alcuna menomazione del suo diritto di difesa. 4. -Nelle ordinanze si sostiene altves che una causa di diminuzione delle possibilit di tutela di quel diritto, sarebbe da rinvenirsi nella facolt concessa alla parte civile di precisare l'ammontare dei danni solo all'atto delle conclusioni. Ma nemmeno a questo rilievo pu attribuirsi consistenza, alla fine dell'istruttoria dibattimentale perch solo allora, dalle risultanze emerse, pu stabilirsi quanta parte della responsabilit dell'imputato, nella dinamtca del fatto reato produttivo del danno, sia rimasta provata. Ma e8sa lo precisa comunque interloquendo per prima, com' naturale, nel dibattito processuale, cos dandosi alla difesa dell'imputato, la possibilit di contrastare la richiesta con quegli elementi che sono gi nel processo. Che se poi nel processo essi gi non fossero, la richiesta, non provata, della parte civile, si risolverebbe in una enunciazione che non avrebbe pi valore del diniego che ad essa contrapporrebbe l'imputato; onde il giudice non potrebbe che rinviare la liquidazione in sede civile, secondo il disposto dell'art. 489, comma secondo, c.p.p. 5. -Nelle ordinanze si lamenta anche la. violazione del principio di eguaglianza, perch la parte lesa, costituendosi parte civile in giudizio penale, tenuta inizialmente alla sola esposizione sommaria dei motivi e poi alla precisazione del petitum, mentre, agendo come attore in giudizio civile, tenuto fin dall'atto di citazione a precisare la causa petendi, il petitum e gli altri elementi previsti dall'art. 163 del codice di procedura civile. Inoltre, nelle .stesse ordinanze, si osserva che l'impu~ tato, se citato come convenuto in giudizio civile, ha a suo vantaggio i termini a comparire dell'a!l"t. 163 bis, mentre pu non avere termini di sorta di fronte all'esercizio dell'azione spettante alla parte civile in sede penale. Al riguardo va opposto che, a situazioni giuridiche diverse, possono corrispondere discipline giuridiche differenziate. E non dubbio che l'inserimento dell'azione civile nel giudizio penale, una volta dispos:ta, a fini di utilit generale, dal legislatore, entro i limiti della sua discrezionalit, pone in essere una situazione proces PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 723 suale profondamente, o almeno notevolmente, differente da quella riservata all'esercizio dell'azione .civile nel processo civile, anche se si tratti di azione di restituzione o di risarcimento di danni. derivanti da reato. Tale rilievo priva di ogni consistenza le denunziate antinomie fra il trattamento che la legge riserva a quella azione se portata nell'una o nell'altra sede processuale. Ma il vero che quelle an'tinomie sono in realt soltanto apparenti, perch in sede penale, in cui vi costituzione di parte civile, il fatto reato e le sue conseguenze sono esaminati in un unico processo, in cui l'accertamento dei fatti' ha efficacia polivalente: serve do al1'accertamento della responsabilit dell'imputato, si.a ai fini ?enali che a quelli civili. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 1970, n. 109 -Pres. Branca - Rel. Bonifacio -Caronti (avv. Benzoni). Procedimento penale -Giudizio direttissimo per reati di stampa Omesso interrogatorio dell'imputato -Violazione del diritto di difesa -Esclusione. (Cost. art. 24; 1. 8 febbraio 1948, n. 47, art. 21). Non fondata, con rife1imento al diritto di difesa, la questione di legittimit costituzionale deWart. 21, terzo coimma, della legge slla stampa 8 febbraio 1948, n. 47, nella parte in cui non prevede l'interrogatorio deU'imputato prima d.ella citazione a giudizio direttissimo (1). (1) La questione era stata proposta con ordinanza 20 dicembre 1968, n. 47 del Tribunale di Como (Gazzetta Ufficiale 26 marzo 1969, n. 78). In materia di giudizio ,direttissimo per reati di stampa, cfr. la precedente sentenza della Corte' 3 dkembre 1969, n. 146, in questa Rassegna, 1969, 1006. Sulla specialit del giudizio direttissimo per reati di stampa, cfr. Cass. 11 ottobre 1968, rie. Cocheo, Foro it., 1969, I, 264. CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 1970, n. 110 -Pres. Branca - Rel. Crisafulli -Presidente del Consiglio regionale e Presidente Giunta regionale della Sardegna (avv. !emolo) c. Presidente del Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Crte Costituzionale -Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e Regione -Esclusiva legittimazione del Presidente della Giunta regionale. (Cost. art. 134; 1. 11 marzo 1953, n. 87 art. .39). 724 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Costituzione della Repubblica -Attribuzioni giurisdizionali della Corte dei conti -Giudizio di conto -Estensione anche agli agenti conta bili del Consiglio regionale della Sardegna. (Cost. art. 103). Poich parti nei conflitti di attribuzione tra Stato e Regione so11io esclusivamente lo Stato e la Regione come soggetti unitari, rappresentati, rispettivamente, dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dal Presidente delta Giunta regionale, inammissibile il ricorso per conflitto di attri buzione proposto dal Presidente del Consiglio regionale (1). In ,applicazione del principio tendenzialmente generale della giu risdizione della Corte dei Conti in materia di contabilit pubblica, enun ciato dall'art. 103, secondo comma, deUa Costituzione, la disciplina dei giudizi di conto, c0titenuta nel t.u. 12 luglio 1934, n. 1214, deve consi derarsi applicabile anche al personale della Regione, ancorch dipendente dal Consiglio regionale (2). (Omissis). -1. -Come riferito in narrativa, il ricorso in oggetto si rivolge contro l'intimazione fatta daflla Corte dei conti all'economoconsegnatario dei beni del Consiglio della Regione sarda di rendere il conto giudiziale della sua gestione. E perci, assumendosi il partico1are interesse dell'assemblea, il ricorso stato proposto, oltre che dal Presidente della Regione, anche dal Presidente del Consiglio regionale, in rappresentanza di quest'ultimo, la cui autonomia sarebbe lesa dal provvedimento della Corte dei conti. Al riguardo deve riaffermarsi che, a norma dell'art. 134 della Costituzione e dell'art. 3:9 della legge 11 marzo 1953, n. 87, parti nei conflitti di attribuzione tra Stato e Regione sono esclusivamente lo Stato e la Regione di volta in volta interessata, ciascuno come soggetto unitario, rappresentati rispettivamente dal Presidente del Consiglio della Giunta regionale, debitamente autorizzato dalla Giunta medesima. Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile nella parte in cui stato proposto anche dal Consiglio regionale in proprio, e per esso dal suo Presidente. 2. -Sono, invece, da disattendere le altre ecceztoni pregiudiziali sollevate della difesa dello Stato, sotto il duplice profilo: a) che il provvedimento impugnato dalla Regione ha carattere giurisdizionale e non potrebbe in alcun caso essere sostituito da un provvedimento analogo di un qualsiasi organo regionale, la Regione difettando di competenza in materia giurisdizionale; b) che, comunque, il giudizio di conto, avendo ad oggetto la gestione degli agenti contabili del Consiglio regionale, (1-2) In dottrina, cfr. BORSELLINO, Punti formi e prospettive in tema di giurisdizione contabile Dir. e prat. trib., 1969, II, 127. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 725 finisce per riassumere in !S Ja tutela di un intere1sse che anche dello stesso Consiglio a garanzia dei diritti patrimoniali ad esso spettanti contro possibili pr,i=varicazioni da parte dell'agente. In ordine al primo iPUnto, da osservare che nulla vieta che un conflitto di attr.i.buzione tragga origine da un abe avuto il tempo di completare l'attraversamento o, quanto meno, di raggiungere la linea della seconda barriera e d'impedire cosi, ostacolandone la chiusura, che il treno ricevesse il ,segnale di via libera, il quale si azionava solo a, chiusura completa delle due barriere; e) che non 81sia posfrtr2<:rrcwrtr1<1r:cFNe+wre&116+1Zv@?nwrrrt\J.......,.".t'..,~..,;}::)w PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 763 Col terzo motivo la ricorrente si ..duole che il giudice civile si sia arrogato il potere di emettere una pronunzia, in luogo di trasmettere gli atti al Procuratore della Repubblica, una volta ritenuta la sussistenza di reati, la cui cognizione influiva sulla decisioI!_e della controversia in punto danni patrimoniali e non patrimoniali e in punto prescrizione dell'azione extraicontraittuale, g,iustificando per di pi il proprio operato con ragioni contraddittorie, illogiche e contrarie alla legge, ossia dicendo che, per stabilire la responsabilit della Pubblica Amministrazione, non occorreva individuare i dipendenti .di essa dalla cui condotta era stato determinato l'evento, sebbene proprio tale individuazione rientrasse nei compiti del giudice penale. Indi, col sesto motivo, ribadisce la medesima doglianza sotto il particolare profilo dell'impossibilit per il giudice civile di procedere ad accertamento e liquidazione dei danni non patrimoniali in caso di mancato preventivo esercizio dell'azione penale, salvo che sia intervenuta una causa d'improponibilit di questa o di estinzione del reato. Infine, col settimo motivo, precisa che, essendo l'azione extracontrattuale di risarcimento dei danni sottoposta al normale termine di prescrizione ove si prescinda dall'esistenza di una responsabilit penale, e non, essendosi nella specie provveduto a trasmettere gli atti al Procuratore della Repubblica e ad attendere le di lui iniziative e i conseguenti sviluppi dell'azione penale, non si ,sarebbe potuto disattendere l'eccepita prescrizione di tale azione nei confronti di quelle parti che, dopo la definizione del processo contro il Grisi, non avevano riassunto il giudizio civile, ma avevano poi proposto una nuova citazione o erano intervenute nel giudizio riassunto da altri. Ma l'unica complessa censura articolata in questi tre motivi va disattesa per l'inesattezza della premessa, da cui parte, che la Corte civile di merito abbia ritenuto di poter stabilire essa stessa, e abbia in effetti stabilito essa stessa, la natura anche penale dei fatti illeciti costituenti le cause petendi delle azioni di risarcimento per respoiliSabilit extracontrattuale dell'Amministrazione Ferroviaria, proposte dai vari attori e intervenuti. Infatti, a prescindere dalla subordinata questione se eventualmente nella specie fosse consentito al giudice civile di proM cedere, incidenter tantum, a un simile accertamento, sul presupposto che tutti i danni lamentati fossero da riallacciare ai soli delitti colposi di plurimi omicidi e lesioni, senza dubbio estinti per prescrizione al tempo della pronunzia in grado di appello, e non altresi al concorrente delitto non ancora prescritto .di disastro ferroviario colposo, vero che la sentenza denunziata afferma invece che la natura penale di quei fatti era gi stata irrevocabilmente accertata nella sede competente, allorch era stato pronunziato il proscioglimento del ferroviere Grisi. Pertanto, come logica conseguenza di un simile accertamento, erano legittime tanto l'applicazione del terzo comma (prima parte) dell'art. 2947 e.e. 5 I! I ~ i i ' ' ' i i ! I ~ i !1 I Ii ! I! I ! if f ~ f f i f' I t f .. . .. I! 764 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in punto prescrizione, quanto la condanna al risarcimento dei danni non patrimoniali (per quelli patrimoniali sarebbe bastata la natura civile dell'illecit). Si detto che, secondo la 1sentenza in esame, la natura penale dei fatti illeciti de ,quibus era gi stata accertata nella sede competente. Ora, non vi dubbio che la Corte di merito ha inteso fare una categorica affermazione in tal &~nso e trarne le anzidette conseguenze, anzich indagare e procedere essa stessa a un simile accertamento. Infatti, laddove viene affrontato ex professo il problema della risarcibilit dei danni non patrimoniali, si dichiara che il giudice penale, in occasione del procedimento a carico del Grisi, ave'(a implicitamente accertato che la condotta di altri non individuati dipendenti delle FF.SS., la quale era in rapporto di causalit con l'evento dannoso, integrava gli estremi dell'illecito penale. Indi, a proposito dell'eccezione di prescrizione opposta alle azioni extracontrattuali di talune delle parti, si ribadisce-che nella f~ttispecie la qualificazione come reato dell'illecito civile era stata formulata dallo stesso giudice penale in occasione del procedimento a carico del Grisi. Ora, una siffatta interpretaz.ione del contenuto di una sentenza penale, costituendo un mero apprezzamento di fatto, non sindacabile da questa Corte Supr~ma, in quanto non risultano specificamente -dedotti al riguardo n errori di diritto n vizi della motivazione. Comunque, I ~ chiaro che ben poteva il giudice penale aver riconosciuto l'obbiettiva esistenza dei reati, pur avendo ritenuto che il Grisi doveva andare pro I I fil sciolto dalla relativa imputazione e che i reati stessi dovevano attribuirsi ad altre ignote per,sone, giacch fin dall'inizio della sentenza in esame la Corte milan~se definisce impropria la formula perch il fatto non costituisce reato , impiegata nel dispositivo della sentenza penale, e rileva in proposito che l'Amministrazione Ferroviaria e tutte le controparti f!rano concordi nell'interpretarla nel senso del proscioglimento del Grisi per non avere commesso il fatto ascrittogli. D'altra parte, ai I puri e semplici fini del riconoscimento della responsabilit civile del!' Amministrazione Ferroviaria verso i danneggiati, non era necessario che fossero stati identificati i veri responsabili dei reati, bastando che Ii danni da risarcire fossero sicuramente riconducibili, in tutto o anche solo in parte, al comportamento colposo di un qualche dipendente di essa. Respinte cosi tutte le censure rivolte contro l'accoglimento delle domande sotto il profilo della responsabilit extracontrattuale, vanno considerati assorbiti il quarto motivo del ricorso principale, con cui l'Amministrazione Ferroviaria si duole che le domande stesse siano state accolte anche sotto il profilo della responsabilit contrattuale (a dire il vero, per alcune parti l'azione contrattuale stata invece ritenuta PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 765 !Jrescritta), e l'unico motivo del ricorso incidentale condizionato, con cui la Soc. Winterthur si duole che, nei suoi confronti, non si sia provveduto a dichiarare infondata l'eccezione di prescrizione dell'azione contrattuale, al pari di quella dell'azione per colpa aquiliana. Restano quindi da esaminare soltanto l'ottavo e il nono mezzo del ricorso principale, i quali per vanno anch'essi rigettati. Con l'ottavo la ricorrente si duole che non siano state respinte le domande di talune controparti, da cui sarebbero state mantenute ferme le proprie originarie domande di liquidazione del risarcime~to dei danni nel medesimo giudizio. Ma, anche a voler prescindere dall'inammissibilit di una simile censura, priva assolutamente di specifica indicazione di quale fra le numerose controparti si tratti, essa si basa su un presupposto inesatto. Vero infatti, come ha rilevato gi la Corte di merito nel pronunziare su un analogo motivo di appello, che avanti al Tribunale tutti gli attori e tutti gli intervenuti, nessuno escluso, ridussero e limitarono J.e loro domande alla sola questione relativa all'affermazione, della responsabili.t della convenuta, con dichiarazioni inserite, in occasione della rimessione al collegio, nei verbali di udienza del 7 giugno e del 13 ottobre 1966, mentre l'Amministrazione Ferroviaria diede il suo assenso .alla separazione del giudizio suU'an da quello sul quantum debeatur nei confronti di tutte le controparti. Col nono motivo la ricorrente assume che la Corte milanese, nel ritenere possibile la condanna al pagamento di provvisionali, non avrebbe considerato che all'uopo occorreva che una parte della pretesa fosse sicuramente e pienamente provata, e non avrebbe dato atto in quale misura sarebbe stata raggiunta una simile prova. Ma la doglianza non ha alcun fondamento, giacch i giudici di secondo grado, dopo avere dimostrato l'infondatezza del: motivo di appello con cui ci :si doleva essenzialmente per la .attribuzione di provvisionali in un giudizio limitato alla questione dell'an debeatur, hanno del pari provveduto a indicare in modo esauriente, anche se succinto, le ragioni per cui non occorreva riformare la pronunzia del Tribunale nemmeno in punto liquidazione delle provvisionali. La sentenza in esame, in fatti, osserva al riguardo che le liquidate somme di L. 25.000.000 a favore di Maria Teresa Basile vedova Capiano e di L. 3.000.000 a favore di Franco Arduini devono ritenersi adeguate, considerando, quanto .alla prima benefidaria, lo stipendio mensile di L. 350.000 del di lei defunto marito e la circostanza che questi svolgeva anche un'altra attivit, per cui p~rcepiva una retribuzione di certo cospicua seppure non ancora del ~'tto dimostrata, e, quanto al secondo, le gravissime menomazioni da lui riportate a seguito delle lesioni, le conseguenti invalidit temporanea e permnente, e il guadagno minimo mensile di L. 150.000 ricavato dalla sua attivit di comme:ciante . -(Omissis). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 766 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 settembre 1970, n. 1563 -Pres. Marletta -Rei. De Santis -P. M. Tavolaro I. (conf.) -Ministero dei Trasporti e dell'Aviazione Civile (avv. Stato Azzariti) c. Societ C.A.M.S.T. (avv. Casali e Dallari) e Soc. CIGAR (avv. Guarino). Competenza e giurisdizione -Giustizia amministrativa -Giudizio di ottemperanza -Decisione non ancora passata in giudicato Inammissibilit del ricorso al Consiglio di Stato. (I. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E art. 4; t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 27 n. 4). Il cosiddetto giudizio di ottemperanza, se pur consentito anche nei confronti detle decisioni del Consiglio di Stato, ammissibile soltanto quando queste siano passate in giudicato, e cio quando non siano pi esperibili nJi confronti di esse i rimedi deLle impugnazioni previste dalla legge (1). (1) La sentenza pubblicata per esteso in Foro it. 1970, I, 2349 Cfr. ivi pure la nota 1 con vari richiami. La decisione impugnata pubblic" ata anche in questa Rassegna 1969, I, 1094 con nota di G10RGIO AzzARITI, In tema di proponibilit del giudizio di ottemperanza avverso una decisione amministrativa non ancora passata in giudicato. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 settembre 1970, n. 1566 -Pres. Flore -Rel. Pratillo -P. M. Tavolaro I. ('conf.). Sensi (avv. D'Audisio) c. Ministero dei Lavori Pubblici (avv. Stato Peronaci). Competenza e giurisdizione -Edilizia economica e popolare -Cooperativa edilizia a contributo statale -Posizione soggettiva del so cio prima della stipulazione del mutuo individuale -Interesse legittimo -Effetti sulla giurisdizione. (t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, art. 131). n socio di una cooperativa ediLizia a contributo statale ancorch prenotatario ed assegnatario dell'alloggio, fi11;0 a quando non sia stipulato il mutuo edilizio individuale, titolare di interessi legittimi in ordine ai quali vi la giurisdizione del Giudice amministrativo (1). (1) Giurisprudenza costante: cfr. di recente, Cass. sez. un., 21 febbraio 1969, n. 586, in questa Rassegna, 1969, I, 39, ed ivi nota 3, nonch, successivamente, Cass., sez. un., 10 maggio 1969, n. 1611. Nella specie si trattava della questione se l'art. 12 della legge n. 113 del 1952, per cui un diplomatico (come gli appartenenti a talune altre . . PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 767 CORTE. DI CASSAZIONE, Sez. Un. 21 settembre 1970, n. 1636 -Pres. Flore -Rel. Berri -P. M. Di Majo (conf.). -Carta ed altri (avv. Viola Oppo e Guicciardi) c. Ministero della Marina Mercantile, Ministero delle Finanze e Regione Autonoma della Savdegna (avv. Stato Angelini Rota). Competenza e giurisdizione -Demanio marittimo -Delimitazione Situazione soggettiva degli interessati -Giurisdizione del Giu dice ordinari~. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 5; t.u. 26 giugno 1924~ n. 1054 artt. 26 e 36, u.c.; cod. nav. artt. 28 e 32). La demarcazione tra il demanio marittimo e le private propriet confinanti una specifica proiezione, nel campo marittimo, deU actio fnium regundorum ; nel relativo procedimento di delimitazione pertanto non spetta alL'Amministrazione margine alcuno di discrezionalit e tutte le doglianze possibili incidono su diritti soggettivi, onde debbono essere fatti valere davanti al Giudice ordinario (1). (Omissis). -Con ricorso notificato il 19 gennaio 1962, Efisio Carta ed altri, nella loro qua:Ut di condomini dell'Azienda Peschiera Pontiis, impugnarono dinanzi al Consi.glio di Stato, chiedendone l'annuJlamento previa sospensione, il provvedimento non noto nei suoi estremi, ma menzionato in una nota della Capitaneria di Porto di Cagliari (8 gennaio 1962, n. 269/D), col quale era stato ordinato esplicitamente a tale autorit di far luogo ad un provvedimento di delimitazione del complesso degli stagni di Cabras (considerati pertinenti al demanio marittimo) con la finitima propriet Rrivata , e ad ogni altro atto inerente e conse.guente. Nella premessa del ricorso, si afferma tra l'altro: -che le acque dello stagno di Cabras, comunicanti con il mare attraverso una foce mantenuta aperta per esclusiva opera dell'uomo, categorie di funzionari) non ha l'obbligo di risiedere nel Comune ove sorge la costruzione della coperativa, abbia introdotto una deroga all'articolo 92 del t.u. n. 1165 del 1938, che dispone l'obbligo di occupare l'alloggio assegnato entro trenta giorni dalla consegna e la Corte giudicante ha ritenuto che tale questione attenesse al merito della controversia, onde la relativa censura alla decisione del Consiglio di Stato, concretandosi in una denuncia di violazione di legge, inammissibile in Cassazione. (1) Oltre al precedente richiamato nella motivazione, cfr. C.d.S., Sez. VI, 9 novembre 1965, n. 788 (la decisione impugnata) in questa Rassegna 1966, I, 146 (solo massima) ed ivi nota 1. 768 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO costituivano oggetto di privata propriet dei condomini della predetta azienda; che il tribuna.le delle Acque Pubbliche di Cagliari ed il tribunale Superiore delle Acque, rispettivamente nel 1952 e nel 1954, avevano respinto le pretese dell'Amministrazione statale dichiarando illegittima la iscrizione delle acque dello Stagno di Cabras e di altri due stagni posseduti ci.all'azienda, Sa Mardini e Rio Mannu nell'elenco delle acque pubbliche; che, emanata la legge regionale 2 marzo 1956, n. 39, la quale demanda all'autorit regionale le concessioni di,, pesca delle at:que interne e lagunari della Regione ancorch di pertinenza del demanio marittimo, la stessa autorit regionale, sotto la pressione dei pescatori di una cooperativa, aveva sollecitato il Ministero della Marina Mercantile ad esaminare la possibilit di un'affezione di diritti demaniali sull'acque pubbliche anzidette; che peraltro la Commissione nominata per la delimitazione del demanio marittimo, ai sensi degli artt. 3.2 c. n. e 58 del relativo regolamento, aveva riconosciuto la propriet privata del complesso delle acque interne di Cabras; -che malgrado questo riconoscimento, con la 1sopra citata nota dell'8 gennaio 1962 la Capitaneria' del Porto di Cagliari aveva avvertito i condomini dell'imminente inizio di un procedimento di delimitazione disposto per ordine del Ministero della Marina Mercantile su conforme avviso dell'Avvocatura Generale dello Stato, e concernente il complesso degli stagni di Cabras considerati pertinenti al demanio pubblico ma rittimo; -che, attraverso questo procedimento, lAmministrazione intendeva utilizzare l'istituto deUa delimitazione per soddisfare unilateralmente e autoritariamente le proprie pretese drca la demanialit del compendio, pretese che, secondo le deciisioni della sentenza del Tribunale Superiore delle acque pubbliche e della Corte Suprema idi Casisazione, avrebbero dovuto essere fatte valere mdiante azioni dinanzi' al giudice ordinario. Ci premesso, i ricorrenti nel ricorso pl'edetto. del gennaio 1962 formulavano quattro motivi d'impugnazione per incompetenza il primo e per eccesso di potere gli altri. Con un secondo ricorso notificato il 13 agosto 1962 gli stessi ricorrenti impugnarono il decreto 12 giugno 1962, n. 704, con cui il direttore, del Compartimento marittimo di Cagliari, di concerto con l'Intendente di Finanza, aveva respinto la contestazione sollevata dagli interessati dinanzi alla Commissi~ne delimitatoria, nonch l'istanza di sospensione del procedimento promosso con la menzionata nota dell'8 gennaio 1962. Richiamata l'esposizione di fatto contenuta nel precedente ricorso, gli interessati affermavano che l'azienda, dopo aver promosso azione per l'accertamento del loro diritto di propriet dinanzi al Tribunale di .Cagliari, ebbe a chiedere formalmente alla Commissione delimitatrice che PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 769 il nuovo procedimento di delimitazione fosse sospeso fino alla pronuncia del Tribunale di Cagliari e che comunque fosse dato ulteriore corso al primo procedimento, di delimitazione e non al secondo. In relazione al provvedimento impugnato, i ricorrenti formulavano ,sette censure per incompetenza e violazione di .legge. Con un terzo ricorso notificato 1'11 marzo 1965, Carta Efisio ed altri sempre nella loro qualit di condomini della Azienda Peschiera Pontis, impugnarono il decreto 16 dicembre 1964, n. 794, con cui il Direttore Marittimo e l'Intendente di Finanza di Cagliari avevano respinto le opposizioni degli interessati e approvato il verbale 22' dicembre 1964 per la delimitazone del complesso degli stagni di Cabras e di Sa Mardini. In relazione a tale atto furono formulati otto motivi di impugnazione per violazione di legge ed eccesso di potere. Con m;iica memoria ilMinistro della Marina Mercantile gi costituito in giudizfo, formul le proprie conclusioni chiedendo che i ricorsi fossero dichiarati inammissibili o, in via subordinata, respinti nel merito siccome infondati. Con atto notifi.cato il 14 giugno 19615 i ricorrenti proposero cinque motivi aggiunti al primo e al secondo ricorso, deducendo casi di eccesso di potere. Con atto depositato il 6 aprile 1965, si costitui in giudizio la Regione Autonoma della Sardegna, per resistere al ricorso relativo al decreto 26 dicembre 1964. Il Consiglio di Stato, previa riunione di tutti i ricorsi, con decisione pubblicata il 9 novembre 1965, dichiar il proprio difetto di giurisdizione dopo avere tra l'a~tro rilevato che non poteva condividersi la tesi dei ricorrenti secondo cui nel caso concreto, in relazione agli atti del [procedimento di delimitazione del demanio marittimo con la tutela giudsdizionale del loro diritto di propriet -gi invocata dinanzi al giudice ordinario -avrebbe potuto concorrere la tutela di una foro distinta posizione ,di interesse 1legittimo; che. invero, il 1procedimento di delimitazione, avente natura puramente dichiarativa e ricognitiva, costituiva l'espressione di un'attivit ammintstrativa del tutto vincolata, i cui vizi, non riconducibili in akun Caso alla nozione di eccesso di potere, aprpunto per la mancanza di un qualsia.si margine di 'discrezionalit necessariamente si risolvono, quando risulti .controversa la natura demaniale delle acque delimitate, in una violazione delle norme poste a 1tutela del diritto. di propriet spettante a1l privato; -che, diversamente opinando, si sarebbe contraddetto il consolidato. principio, secondo cui la determinazione delle competenze, nei rapporti tra giudice amministrativo e autorit giudiziaria ordinaria, deve essere operata non soltanto con riferimento al petitum formale, ma anche in funzione della causa petendi (la quale, nella is[Jecie, si identifica con la lamentata lesione del diritto soggettivo di propriet). 770 ' DELLO STATO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA Contro la decisione del Consiglio di Stato ricorrono il Carta e gli altri condomini della azienda Peschiera Pontis . Resistono con unico controricorso il Ministero della Marina Mercantile, il Ministero delle Finanze e la Regione Autonoma della Sardegna. I ricorrenti presentano memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE Col primo mezzo dedotta violazione dell'art. 26 i:n relazione all'art. 36 ultimo comma del t.u. 26 giugno 1924, con ri:lerimento all' ordine > ministeriale menzionato nella nota 8 gennaio 1962 della Capitaneria di porto di Cagliari, e non reso in alcun modo noto agli interessati, n prodotto in giudizio malgrado le istanze stragiudiziali e giudiziali dei medesimi. Sostengono i ricorrenti che il Consiglio di Stato non avrebbe potuto dichiarare il proprio difetto di giurisdizione senza aver preso conoscenza dell'atto e senza quindi averne individuato la natura e il contenuto. J Col secondo motivo sono denunciate violazione e falsa applicazione k dei principi sulla distinzione tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa in relazione agli artt..28 e 32 cod. nav. 1 I ricorrenti censurano l'opinione espressa dal Consiglio di Stato in ordine alla natura ed alla efficacia della delimitazione .del demanio ma I rdttimo, in cui l'anzidetto Collegio ravvisa un equivalente pubblicistico dell'actio finium regundO'l"Um. A tal riguardo sostengono che l'erronea opinione deriva da una totale .confusione tra la nozione di demanio naturale -del tutto superata e ignota alle vtgenti leggi -e quella di demanio necessario e rilevano che nel caso concreto il procedimento di delimitazione, lungi dall'essere rivolto a rendere certo il confine tra acque pubbliche ed .acque private nell'ambito di gi individuate posizioni di diritto soggettivo, tendeva in realt a creare una sedicente demanialit marittima (con correlativo diritto di propriet pubblica) in relazione a beni di propriet privata. Col terzo motivo sono fatte valere le doglianze relative a violazione e falsa appliicazione dei principi sul:la distinzione fra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa in relazione all'art. 26 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054 e, all'a.rt. 5 della legg_e 20 marzo 1865, n. 2248, all. E. I ricorrenti lamentano che il Consiglio di Stato, per giungere a dichiarare il proprio difetto di giurisdizione senza disconoscere la possibilit di una tutela concorrente di diritti sogg.ettivi e di interessi legittimi, abbia erroneamente ritenuto decisivo, tanto per la configurabilit di vizi di eccesso di potere, quali quelli affermati .nel co~so del giudizio, PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 771 quanto per la stessa affermazione della giurisdizione amministrativa, l'esistenza di un potere discvezionale della P. A., mentre elemento deci1sivo, per la determinazione della competenza giudiziaria, sarebbe l'esisteJ1za di. un potere giuridico autoritativo (quale indubbiamente quello attribuito all'amministrazione dall'art. 32 .cod. nav:) e di una correlativa soggezione del privato, e ci indipendentemente dal carattere discrezionale o vincolato del provvedimento, mediante il quale ta1e potere si realizza. Osservano le Sezioni Unite che i tre motivi non sono fondati. Per l'esame di essi opportuno pvemettere una considerazione utile per il vaglio critico di tutte le censure. Si verteva in tema di delimitazione del demanio marittimo a norma dell'art. 32 cod. nav., perch l'azione amministrativa era diretta a rendere evidente la demarcazione tra il demanio e le propriet finitime. Pertanto esatto il richiamo, contenuto nella decisione del Consiglio di Stato, all'actio finium regundorum secondo la giurisprudenza di queste Sezioni Unite richiamata nella decisione impugnata (sent. n. 849 dei 1962). Infatti, la demarc_azione tra il demanio marittimo e le private propriet confinanti una specifica proiezione, nel campo marittimo, dell'azione prevista dall'art. 950 cod. civ. Se gli interessati non intendono accettare la delimitazione fatta dalla P. A., perch questa avrebbe incluso nel demanio beni privati, la controversia verte necessariamente. sulla contestata demanialit, in quanto posto in discussione il diritto di propriet sui beni, diritto soggettivo per eccellenza. Conferma di ci il rilievo che l'attivit dell'Amministrazione vincolata, giacch' i criteri in base ai quali un bene deve ritenersi appartenente alla categoria del demanio marittimo sono escusivamente tecnici e giuridici: la legittimit della azione amministrativa, quanto a risultati, data dalla coincidenza del limite con le rispettive propriet. Posta questa premessa, le censure del primo motivo sul carattere ignoto dell'ordine ministeriale che avrebbe interrotto un primo procedimento di delimitazione per aprirne bruscamente un altro non sono pertinenti, n rilevanti: se la materia in contestazione riguarda l'estensione del demani marittimo nei confronti delle propriet private dei ricorrenti, in tanto le dedotte irregolarit amministrative possono essere prese in considerazione, in quanto abbiano inciso sulla delimita.zione delle due sfere di diritto di propriet. La circostanza che un atto amministrativo della procedura non sia stato portato a conoscenza degli interessati non sposta l'ambito ed i limiti della contesa. Con le considerazioni cos svolte risulta negata la fondatezza del secondo motivo di ricorso. Occorre distinguere i due momenti della delimitazione ex art. 32 cod. nav. Nel corso della procedura sono possibili contestazioni che si risolvono, come nel caso avvenuto, in via amministrativa. Ma quando, 772 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO avvenuta la delimitazione, le parti si dolgono che l'Amministrazione abbia creato illegittimamente una demanialit marittima sui beni di propriet privata, la controversia relativa a posizioni di diritto soggettivo, perch concerne l'estensione delle due propri,et, pubblica e privata. Nelle controversie relative a diritti soggettivi nei confronti della P. A. colui che si assume titolare di diritti e ne chiede il riconoscimento contesta normalmente la legittimit di atti amministrativi, estrinsecanti un ,comportamento dell'Amministrazione: ma conseguentemente ci non sposta affatto n snatura l'oggetto della controversia e la giurisdizione del giudice ordinario, la quale da quell'oggetto dipende: dando invece rilievo all'aspetto formale di simili liti in ogni controversia su diritti cop la P. A., si finirebbe con l'inserire una fase di competenza della giurisdizione amministrativa accanto a quella ordinaria. Sono invece noti i limiti tradizionali discendenti dai principi fondamentali del nostro ordinamento: il giudice ordinario ben pu trovarsi nella necessit di pronunciarsi sulla legittimit di atti amministrativi: quando incidono su diritti soggettivi, l'ambito e gli ,effetti della sua pronuncia sono quelli stabiliti dall'all. E artt. 2'-e ss. della legge del 20 marzo 186,5, n. 2248. Sembra ,che i ricorrenti, come risulta dall'ultima parte della memoria, vogliano adombrare una Questione di illegittimit costituzionale di tutto il vigente sistema del ,contenzioso amministrativo che, peraltro, risulta perfettamente recepito dal:la nostra Costituzione, la quale fa propria la fondamentale distinzione -di pace, l'indennizzo per la perdita dei quali, I !I:;< :: , : : ltfllritTftfilli'!~=;i~~frtf:fiE~1f:/:'.!jf:?:?:fiftiff!f8)fftfEfffE!:tf:%W:f:?{fff:Eifnt'?lififr@eeY.!B'D2:8fi PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 805 come s1 e detto, ,considerato, al pari di ogni altro danno di guerra, come oggetto di un semplice interesse legittimo. Ed , a questo proposito, significativo il confronto della predetta legge con quella (d.lgs. 6 aprile 1948, n. 521) che d esecuzione all'art. 79 del Trattato di pace, concedendo una indennit :per la perdita dei beni italiani in Tunisia: legge, quest'ultima, che non parla di aventi dll:itto ma dispone che i cittadini possono chiedere di essere indennizzati (art. 1), e che richiama, dichiarandole applicabili, le leggi relative al risarcimento dei danni di guerra (art. 11), riferimento che , invece, omesso sia dalla legge n. 1064 del 1949 che da11a legge del 1956. , poi, da notare che la commissione istituita dall'art. 5 della legge 5 dicembre 1949, n. 1064 non ha alcun potere discrezionale per la liquidazione degli indennizzi (perch la distribuzione della somma a~li aventi diritto regolata dalla legge), ma deve limitarsi a stabilire il valore dei beni nel 1938 (cfr. art. 1 legge 8 novembre 1956, n. 1325); per cui, il suo giudizio si riduce ad un apprezzamento tecnico, di carattere peritale, dal quale, come in ogni altro apprezzamento del genere, esula ogni carattere di discrezionalit. Vero , inoltre, che mentre, secondo J.a legge del 1949, doveva provvedersi ad una distribuzione proporzionale del complessivo indennizzo che sarebbe stato versato dallo Stato Jugoslavo, per la legge del 1956 la distdbuzione prevista, invece, secondo un Criterio di:fferenziale, cio decrescente in rapporto al maggior valore dei beni. Ma tale elemento differenziale tra \le due leggi non pu portare ad aderire al concetto, emergente -dalla difesa dal1' Amministrazione, secondo il quale, ove anche la legge del 1949 avesse inteso attribuire alla pretesa di indennizzo la natura e la consistenza di un diritto soggettivo, dalla legge successiva la posizione soggettiva del pretendente sarebbe stata trasformata e degradata in quella di un semplice interesse legittimo. noto che, mentre con i due accordi del 1949 e 1950, lo Stato Jugoslavo si era obbligato a pagare direttamente allo Stato Italiano l'indennizzo integrale di tutti i beni italiani espropriati dalla Jugoslavia (125 miliardi di lire del 1947), cosicch a tale previsione si adeguava la legge del 1949, in modo che i cittadini avrebbero ottenuto il controvalore dei beni perduti secondo un criterio d'ntegralit e di proporzionalit, viceversa, con il successivo accordo ctel 18 dicembre 1954, l'indennizzo dei beni italiani venne ridotto forfettariamente a 54 miliardi, trovando la rinuncia italiana all'integrale pretesa di risarcimento la sua giustificazione della necessit di ottenere l'adesione della Jugoslavia al riacquisto del territorio di Trii;ste e al cosidetto memorandum. di Londra. Conseguentemente, la legge numero 1325 del 1956 dovette stabtlire la ripartizione della somma globale tra gli aventi diritto con criteri scalarmente decrescenti, cio attribuendo coefficienti di rivalutazione maggiori e fissi per i beni inferiori ad un determinato valore, e coefficienti minori per i maggiori pa RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 806 trimoni (coefficienti che avrebbero dovuto venire maggiorati del resi duo da stabilirsi e da pagarsi dopo soddisfatti i piccoli e medi proprie tari). Tale sistema (in nulla sostanzialmente modificato dalla legge 6 ott<;>bre 1962, n. 1469, la quale, a seguito dell'accertamento di un mag gior residuo disponibile dopo la liquidazione dell'indennizzo a favore dei piccoli e medi patrimoni, si limit a prevedere un maggior coeffi ciente a favore dei patrimoni di maggior entit, coefficiente, poi, con cretamente determinato del d.m. n. 620985), se riconfE>.rma la conclu sione che lo Stato Italiano ha inteso distdbuire tra gli interessati quanto conseguito in via internazionale indipendentemente da un rapporto di mandato o di utile gestione, e ha poi potuto introdurre nella disciiplina della ripartizione qualche ragione assistenziale ed equitativa, non esclude per, considerato anche la gi accennata assenza di ogni potere discrezionale nella misura della ripartizione, che l'interesse degli aventi diritto sia, nei limiti della tutela differenzialmente accordata, diretta mente ed immediatamente protetto, non avendo la .scalarit alcuna influenza ai fini della qualificazione del diritto soggettivo perfetto. Nessun peso pu, infine, darsi al rilievo dell'Amministrazione, se condo cui la legge 6 marzo 1968, n. 143, disponeva un aumento de1la percentuale d'indennizzo a favore degli interessati dopo che era ormai esaurito l'indennizzo corrisposto dallo Stato Jugoslavo alla Stato Ita liano, e, pertanto, facendo gravame tale indennizzo direttamente ed esclusivamente sull'erario italiano, confermerebbe il carattere di mero interesse legittimo (corrispondente ad un'attivit pubblica e di bene ficienza) della pretesa in questione. A parte che tale legge, per la sua data di entrata in vigore, non ha potuto formare oggetto della contestazione di merito, e che, inoltre, non risulta che la Societ resistente abbia da detta legge voluto desu mere qualche ulteriore pretesa a parte ci, la formale copertura del l'onere finanziario con iJ richiamo ad un capitolo di spese (3249) intitolato Pagamento di oneri dipendenti dall'esercizio delle clausole economiche del Trattato e di accordi internazionali connessi al Trattato medesimo , perde ogni importanza ove considerino gli effettivi motivi di ordine finanziario della legge (proposta dal deputato Bartole), fon data proprio sull'accertamento di notevOtli residui ancora disponibili sulle somme fino allora versate dal Governo jugoslavo (per interessi maturati, corrispettivi della svalutazione della lira, abbandono o man cata attivazione delle pratiche da rparte di molti aventi diritto e, pi ancora, dei loro eredi, ecc.), nonch si un versamento aggiuntivo spe ciale operato daHo Stato Jugoslavo a seguito dell'accordo 3 luglio 1965 reso esecutivo con d.P.R. 10 gennaio 1966, n. 575); cosicch quelle suppletive erogazioni predisposte a favore degli aventi diritto derivano pur sempre dai versamenti jugoslavi, o dai frutti, intesi in senso lato, di quei versamenti. Da .ultimo, le sentenze di queste Sezioni Unite 1 1 ! 1 ! 1 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 807 2 febbraio 1965, invocata nella discussione orale dalla difesa dell'Amministrazione, non rappresenta alcuna effettiva deviazione dal prinI cipio affermato dalla sentenza n. 1017 del 1964. Invero, in quell speI cie, essendo stato adito il Consiglio di Stato per ottenere l'annullaI mento di un provvedimento col quale era stato liquidato a pi soggetti I un unico indennizzo per i beni da loro perduti nei territori annessi dalla Jugoslavia, sul riflesso che tra tali soggetti esistesse una societ di fatto e non una comunione di beni, la natura di interesse legittimo I della pretesa in s all'indennizzo era risultata pacifica ed in controversa tra le parti, ed era stata ammessa dal C. di S., senza che su tale punto vi fosse stata impugnazione, sulla base di tale ormai ferma pro I messa, si era discusso dinanzi a questa S. U. soltanto se il Consiglio i di Stato potesse conoscere, a norma dell'art. 28 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, della que.stiorie incidentale relativa aM'esistenza della l societ di fatto. In conclusione, esattamente la Corte di merito ha ritenuto che il privato titolare di un diritto soggettivo perfetto all'indennizzo di cui alle leggi ricordate, e che, conseguentemente, ove l'Ammin~strazione contesti l'esistenza e la spettanza di tale diritto, la giurisdizione a decidere Ja controversia relativa appartiene all'A.G.O. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 19 settembre 1970, n. 1594 -Pres. Boccia -Est. Aliotta -P. M. Pandolfelli (corul:.) -Amministrazione delle FF.SS. (avv. Stato Conti) c. Coccia. Amministrazione dello Stato e degli Enti Pubblici -Rappresentanza in giudizio -Amministrazione competente -Individuazione Onere per i terzi e non per lo Stato attore in giudizio. (t.u. 30 ottobre 1963, n. 1611, art. 11, modificato dalla legge 25 marzo 1958, n. 260, art. 1). La ripartizione delle competenze tra gU org'llni dello Stato, in funzione deLl'autonomia amministrativo-contabiie dei vari rami deUa P. A., impone ai terzi l'onere deLla individuazione deil'Amministrazione da chiamare in giudizi() ma non si ritorce invece a carico dello Stato stesso aLlorch si faccia attore o promuova impugnativa perocch, quale soggetto unico de.i diritti che in esso s'incentrano, ben pu instaurare il rapporto processuale con l'una o l'altra delle sue Amministrazioni, rientrando ogni ulteriore adempimento nella sua attivit meramente interna (1). (1) Giurisprudenza pacifica, Cfr. Cass., 21 febbraio 1955, n. 497, in Giust. civ., 1955, I, 1657; 24 luglio 1964, n. 2019, in questa Rassegna, 1964, I, 732 con nota di riferimento cui si rimanda. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 808 (Omissis). -La prima di tali censure, che ha carattere assorbente, fondata. In proposito va considerato che, com' ius receptum di questa Corte (sentenze 24 luglio 1964, n. 2019, 21 marzo 1963, n. 694, 3 settembre 1958, n. 2957, 8 novembre 1957, n. 4301 e 21 febbraio 1955, n. 497) la ripartizione delle competenze tra i vari rami ed i vari organi dell'Amministrazione dello Stato impo!J.e soltanto ai terzi l'onere della precisa individuazione de~ ramo dell'Amministrazione che deve essere chiamato in giudizio, ma non si ritorce in analogo onere per lo Stato, nel caso che si faccia attore o promuova impugnativa, di instaurare il rapporto processuale con una o piu'ttosto_ con un'altra delle sue Amministrazioni. In tale ipotesi deve ritenersi che la comunicazione agli organi dell'Amministrazione competente possa essere compiuta, ad ogni uthl.e effetto con attivit meramente interna dalla stessa Avvocatura dello Stato, senza che la preceaente irregolarit di indicazione dell'Amministrazione agente implichi nullit del rapporto processuale. Infatti l'autonomia amministrativa e contabile dei .vari rami dell'Amministrazione non elimina il carattere unitario fondamentale della personalit dello Stato, che unico soggetto titolare dei diritti che in esso s'incentrano, in quanto l'organizzazione amministrativa non determina uno spezzettamento dela titola- rit fra i vari rami e i vari organi dell'Amministrazione statale ma soltanto una ripartizione tra gli stessi delle relative competenze ad attuare e fa.r valere nei confronti dei terzi i diritti dello Stato. Ed in proposito assume particolare rilievo il fatto che, in base aJ.le disposizioni innovative contenute nella legge 25 marzo 1958, n. 260, anche nell'ipotesi di procedimenti promossi da privati, l'inadempimento dell'onere di individuare l'Amministrazione competente comporta, al pari dell'errore nell'indicazione dell'organo competente a rappresentarla in giudizio, non la nullit del processo ma una semplice irregolarit eccepibile soltanto dall'Amministrazione convenuta alla pri:i:na udienza e sempre sanabile. A maggior ragione nessun vizio di procedimento pu. configurarsi ove l'iniziativa della sua instaurazione sia stata assunta da una piuttosto che da un'altra Amministrazione dello Stato. La tesi accolta .trova del resto un'ulteriore conferma nella regolamentazione giuridica dell'istituto della compensazione tra le Pubbliche Amministrazioni ed i privati. Infatti, mentre per ragioni contabili escluso che. un titolo di .credito verso lo Stato essere ricevuto in conto di debiti verso lo stesso, tranne che non intervenga una speciale autorizzazione del Ministero delle Finanze (art. 225 del regolamento per l'amministrazione e la contabilit generale dello Stato, approvato con r.d. 23 maggio 1924, n. 827), ammessa invece, in applicazione del principio della unicit della personalit dello Stato, la compensazone legale dei crediti e debiti di diverse Amministrazioni PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 809 dello Stato nei confronti dei privati ad iniziativa della Pubblica Amministrazione interessata, da operarsi mediante una semplice opera-'' zione contabile interna (art. 63 r.d. 23 maggio 1924, n. 827). Ne consegue che ~rroneamente il Tribunale ha basato la sua pronuncia di nullit dell'esecuzione e la conseguente condanna del1' Amministrazione delle Ferrovie dello Stato sul presupposto di un inesistente difetto di legittimazione attiva da ;parte della stessa ad iniziare l'azione esecutiva; mentre per quanto si detto si trattava soltanto di una semplice irregolarit, che poteva essere sanata, in via di retfca, con la indicazione da parte dell'Avvocatura dello Stato del ramo dell'Amministrazione competente, cio l'Amministrazione delle Finanze, e con il riferimento alla stessa dell'azione esecutiva iniziata contro il Coccia. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 settembre 1970, n. 1732 -Pres. Stella Richter -Est. Caputo -'P.. M. Minetti (conf.) -Giraildi (avv. D'Amelio e Biondi) c. Ministero del~ Finanze (avv. Stato Azzariti). Acque pubbliche ed elettricit -Acque pubbliche e private -Scolo na turale delle acque -Concetto -Disciplina -Fondi urbani -Appli cabilit. (e.e.; art. 913). La disciplina previs.ta dal codice civ.ile per regolare lo scolo naturale delle acque non concerne soltanto i fondi rustici ma si applica altres agli edifici urbani posti a diverso livllo (1). La limitiazione legale imposta dall'art. 913 e.e. al proprietario del fondo inferiore di ricevere, senza indennizzo, le acque che dal fondo superiore defluiscono natuMlmente, applicabile anche nel caso di artificiale trasformazione dei luoghi verificatasi ab immemorabili (2). (1) La disciplina dettata dall'art. 913 e.e., a differenza delle fonti romane che facevano riferimento all'ager, romana il cui contenuto, per altro, sub notevoli variazioni nel corso dello sviluppo storico di quell'ordinamento giuridico. Or se uno dei presupposti per l'esperimento dell'actio acquae pLuviae arcendae, nel periodo classico, fu quello che dall'esistenza dell'opus manu factum derivasse il pericolo di danno ad un ager, cio ad un fondo rustico, onde la :pacifica esclusione dell'actio tutte le volte che il fondo minacciato era una casa o un cortile o un giardino ad essa adiacente, l'esclusione medesima non pu valere, invece, per il nostro diritto vigente, in quanto la generica dizione di fondi adot tata dall'art. 913 e la mancata previsione del requisito del danno ar recato a1l'ager non consentono alcuna limitazione nell'applicazione della norma in disamina, dalla quale, rpertanto, non pu ritenersi esclusa la configurabilit di un deflusso d'acqua da un fabbricato al l'altro, ove essi siano contigui ed ubicati a livello diverso, sicch anche in tale ipotesi il proprietario del e fondo inferiore tenuto a sop portare il deflusso dell'acqua proveniente dal fondo pi elevato, sempre che lo scolo normale dell'acqua non sia reso, dal proprietario di quest'ultimo, pi gravoso mediante opere capaci, anche solo poten zialmente, di aggravarne gli effetti. L'affermazione di siffatto principio non nuova nella giurispru denza di questa Corte Suprema, la quale, con sentenza n.. 2069 del 1964 ebbe ad enunciare che la disciplina de1Io scolo naturale delle acque prevista dal codice civile non limitata ai soli fondi rustici, PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 811 ma si appUca anche a.i fondi u11barii, fermandosi tuttavia alla configurabilit di un deflusso di acqua dal cortile o dal giardino appartenente ad un edificio urbano, posto a livello superiore, verso un cortile o un giardino contiguo, sito a livello pi basso; ma evidente che la configurazione di un'ipotesi particolare o minore, in str~tta aderenza al caso concreto, in nulla altera il contenuto e la sostanza del principio di massima affermato. Nella fattispecie sottoposta all'esame della Corte d'Appello di Firenze, quei giudici -dopo avere dato atto che il consullente tecnico di ufficio, nonostante scrupolose indagini protratte per oltre un anno, aveva potuto accertare solta~to che l'acqua giunge nella cantina deJ Geraldi dall'immo:tiile di propriet demaniale, al livello delle fondazioni, e non acqua di scoH o di scarichi, hensi acqua proveniente da vena idrica, J.a quale, secondo le ipotesi pi verosimili, pu essere alimentata da una sorgente dello stesso sottosuolo demaniale o da una delle numerose sorgenti che notoriamente esistono nella collina di Boboli o, infine dall'Arno -dichiararono di preferire la seconda ipotesi, rilevando poi che, stante la particolare conformazione della collina di Boboli, ricca di acqua che scende anche nella zona di Piazza S. Felice in un labirinto di antiche canalizzazioni, la circostanza c:he solo di recente si fosse verificata l'infiltrazione lamentata dal Giraldi ben poteva essere spiegata con il sopravvenire di piccoli movimenti sismici o di altra natura che avevano potuto deviare il corso di una ,canalizzazione e prodotto ll fenomeno, non infrequente, della scomparsa dEjlla sorgente dal sito suo proprio e della contemporanea manifestazione di essa in sito diverso. E poich entrambi i fabbricati, ai quali si riferisce la controversia, sono molto antichi e neppure l'appellante Girnldi aveva sostenuto che in quello dell'Amministrazione fossero stati di recente eseguiti lavori di trasformazione che potessero avere dato origine alfa lamentata in filtrazione, fu ritenuto dai giudici del merito che la comparsa dell'acqua nella cantina del Giraldi non fosse determinata n influenzata in alcuna misura dall'opera dell'uomo. Conclusione, questa, che a;>pa.re in tutto ineccepibile, sia per J.a preferenza accordata all'ipotesi della presumibile provenienza dell'acqua dalla collina di Boboli, 'trattandosi di apprezzamento di fatto incensurabile in questa sede, sia per quanto riguarda l'inesistenza di qualsiasi correlazione materiale fra il detto fenomeno e l'intervento dell'opera dell'uomo, in quella sede neanche sostenuto daJ.l'appellante, e comunque insidacabilmente esc1usa dalla sentenza impugnata anche con riferimento alla circostanza della copertura con pavimento del piano delle cantine nel fabbricato demaniale ed agili effetti che la detta copertura avrebbe prodotti sulla falda idrica affiorante, della cui omessa considerazione a torto si duole, dunque, il ricorrente., 8 812 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Una volta esclusa l'esistenza di qualsiasi manufatto al quale ricollgare, in rapporto di causa ed effetto, la manifestazione sorgentizia nel sottosuolo del fabbricato demaniale o l'infiltrazione dell'acqua nella cantina del Giraldi, non pu non apparire inattuale o inconferente l'ulteriore questione sollevata col primo mezzo di gravame circa ila astratta possibilit di considerare efficace, per escludere l'applicabilit del primo comma dell'art. 913, c,c., l'alterazione dei luoghi che sia anche di molto precedente il verificarsi del deflusso dell'acqua. Tuttavia l'occaslone sembra opportuna per dbadire il concetto che costituisce il fulcro della dimostrazione che precede e cio che in tanto vi soggezione del fondo inferiore a ricevere le acque provenienti dal fondo pi elevato in quanto non sia intervenuta alcuna trasformazione artificiale dei luoghi, precisandosi, per, che quando -~ la trasformazione sia avvenuta ab immemorabili allora essa diventa irrilevante ai fini della norma richiamata giacch in tal caso, .come questa Suprema Corte ha affermato con la sentenza n. 2151 del 1960, la vetustas deve equipararsi alla natura loci. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 1 ottobre 1970, n. 1756 -Pres. Rossi -Est. Ridola -P. M. Pascalino (conf.). -Impresa Aimone (avv. Di Gravio) c. Ministero Trasporti (avv. Stato Ricci). Responsabilit civile -Responsabilit della P. A. -Capitolati di appal to -Clausola di manleva -Le~ittimit. (e.e., artt. 1229, 1418, 1883; t.u. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10). La clausoia di 1'!Wnleva inserita nei contratti di appalto stipulati dalla P. A., in virt deilla quale l'appaltatoll'e assume l'obbligo di ristorare l'Amministrazione appaltante delle somme da questa corrisposte ai terzi estranei al rapporto contrattua.ile, quale gli stessi dipendenti dell'appaltatore, per i danni da costoll"o subiti, non viziata per mancanza od iUiceit di causa ove anche di un tale onere siasi tenuto conto nel coll"rispettivo deU'appalto, n contrasta con la disposizione cU esonero di responsabiLit del datore di lavoro per gli infortuni sul lavoro prevista dall'art. 10 del t.u. 30 giugno 1965, n. 112'4, sull'assicurazione obbligatoria n co11i i divieti di cui agli artt. 1229 e 1883 e.e. in quanto si fonda su di un rapporto giuridico distiinto da quello nascente dal fatto dannoso tra debitore e creditore del risarcimento e solo impropriamente pu dirsi di natura assicurativa (1). (1) Giurisprudenza ormai pacifica. La precedente sentenza 21 giugno 1969, n. 2211 della Corte di Cassazione, richiamata in motivazione, e riportata in questa Rassegna, 1969, I, 473 con nota di richiamo, cui si rinvia. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 813 (Omissis). -Col primo motivo di ricorso l'Impresa Cesari ripro pone a questa Corte la tesi, gi disattesa dal primo giudice e dal giu dice di appello, della nullit della clausola del contratto di appalto in base alla quale l'Amministrazione convenuta ottenne la condanna dell'appaltatore a tenerla indenne di quanto dovuto ai lavoratori infortunati. La sentnza della Corte di Roma viene, infatti, censurata, ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., rper violazione e falsa applicazione dell'art. 28 della Costituzione della Repubblica e degli artt. 1229 e 1418 e.e.: ed alle tre norme, di cui si denunzia la violazione, corrispondono altret tanti profili sptto i quali l'eccepita nullit viene prospettata. In particolare -secondo la ricorrente -la Corte ,di merito, col ritenere valida la clausola di cui si discute, avrebbe violato l'art. 28 della Costituzione, consentendo alla Pubblica Amministrazione di sot trarsi alla responsabilit civile diretta, costituzionalmente sancita, peJ" il fatto commesso, in servizio, dai suoi dipendenti; avrebbe violato l'art. 1229 e.e., col ritenere inapplicabile il divieto rposto da tale norma ad una clausola che, come quella in esame, si risolveva nell'esonero dell'amministrazione appaltante da ogni z:esponsabiUt, anche a titolo di dolo o di colpa grave, per ,l'inadempimento dell'obbligo, inerente al contratto di appalto, di tutelare l'incolumit dei dipendenti del l'appaltatore; avrebbe violato, infine, l'art. 1418 e.e., omettendo di considerare che U patto era caratterizzato da una causa illecita, costi tuita dalla finalit di sottrarre l'Amministrazione responsabile alle conseguenze patrimoniali del fatto dei propri dipendenti e del proprio inadempimento al contratto di appalto. Le censure cos proposte sono tutte infondate. In primo luogo, non a proposito viene invocata la norma dell'art._ 28 della Costituzione, la quaJ.e, al fine di interessare pi efficacemente i funzionari e, in genere, i dipendenti pubblici all'osservanza dei loro doveri, sanc, ac canto alla responsabilit della Pubblica Amministrazione, quella di retta e solidale dei dipendenti stessi, in quanto autori dell'illecito. NeJ. caso in esame, invero, non in discussione n la it'esponsabilit dei dipendenti ferroviari, autori materiali del fatto dannoso, n quella dell'Amministrazione. La iprima non fu fatta valere dai sog. getti danneggiati: il che era un loro indiscutibile diritto, in conse guenza, ai;>punto, della solidariet (art. 1292 e.e.). La seconda fu affer' mata dai giudici di merito; ed alla relativa condanna l'Amministrazione responsabile ha prestato acquiescenza. Non si vede, quindi, come iJ. precetto costituzionale, che si risolve in una pi ampia tutela della vittima dell'illecito, possa incidere sulla sorte di un patto che, senza menomare quella tutela, preveda l'assunzione, da parte di altro soggetto,' dell'onere di sollevare lAmministrazione dalle conseguenze della sua accertata responsabilit. 814 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Quanto all'art. 1229 e.e., la questione della validit, nonostante il divieto posto da questa norma, delle cosiddette clausole di manleva , normalmente inserite nei contratti di appalto o di concessione di lavori e servizi per le Ferrovie dello Stato, stata altre volte affrontata da questa Corte ed stata sempre risolta nel senso della validit dei patti che, lasciando ferma la responsabilit dell'Amministrazione verso i dipendenti dell'appaltatore o del concessionario danneggiati dal fatto colposo delil'Amministrazione stessa, consentano, tuttavia, a questa di riversare su altri e anche sullo stesso appaltatore o concessionario gli oneri derivanti dalla propria responsabilit: a condizione, peraltro, che il terzo, assuntore di tali oneri, vi abbia un interesse, in difetto del quale il patto sarebbe nullo per mancanza o per illiceit della causa (art. 1418 e.e.). In questo senso ebbe a pronunziarsi, in fattispecie analoga alla presente, questa Sezione, con la sentenza del 18 maggio 1954, n. 1580; e lo stesso indirizzo stato riconfermato poi, con altre recenti decisioni (cfr. Sez. III, 20 maggio 1969, n. 1779; Sez. I, 21 giugno 1969, n. 2211). N da tali principi vi ora ragione di discostarsi. Infatti, posto che la ragione del divieto dei patti di esonero, di cui all'art. 1229, va individuata nella finalit di assicurare al creditore una maggiore e pi energica tutela di fronte alla responsabiilit del debitore,. che sia caratterizzata dal dolo o dalla colpa grave, non sarebbe giustificata l'estensione di quel divieto ai patti collaterali che, lasciando inalterati, nei .confronti del creditore, gll obblighi del debitore, permettano a quest'ultimo di addossare ad altro soggetto, diverso dal creditore, le conseguenze patrimoniali della :t.J propria responsabilit. ==~~ Certamente, se si ritiene, come questa Corte ritenne nella prima @~ delle decisioni ora ricordate, che il principio enunciato dall'art. 1229 . jf~ ~j vale anche per la responsabilit aquiliana, non potrebbe sfuggire al ii1![1 divieto ed .alla conseguente sanzione di n\l[lit il patto che preventivamente esonerasse l'Amministrazione ferroviaria dalla responsabilit !==< Ii@ extracontrattuale per i danni cagionati, in dipendenza dell'esercizio ferroviario, ai dipendenti dell'appaltatore, estranei al rapporto di arp- Ml rpalto, ma creditori, nei confronti de11'Amministrazione responsabile, ITT dell'eventuale risarcimento. Cosi, pure, la questione di nullit della r:~ clausola di cui si discute potrebbe fondatamente porsi per la parte I in cui essa prevede l'esonero 9-ell'Amministrazione da responsabilit I anche per il danno cagionato allo stesso appaltatore: :per quella parte, " infatti, la clausola, incidendo direttamente suLle posizioni rispettive degli stessi contraenti dell'appalto/ non ipotrebbe non ricadere, limitatamente ai casi di dolo o di colpa grave, nell'ambito di applicazione dell'art. 1229. Ma tutto ci estraneo aUa fattispecie in esame. La responsabilit diretta dell'Amministrazione verso i lavoratori danneggiati, affermata . L .-::: . 1==:=: ::) -:-~ ~w PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 815 con statuizione passata in giudicato, ormai fuori discussione. D'altra parte, pacifico che il fatto colposo di cui l'Amministrazione fu chiamata a rispondere cagion danno, non gi all'appaltatore, ma ai dipendenti di lui: i quali, peraltro, per effetto della cosiddetta clausola di manleva , videro la tutela delle il.oro ragioni, non gi compromessa o scemata, ma piuttosto rafforzata. La domanda di regresso, iproposta dall'Amministrazione contro l'appaltatore, traeva, dunque, origine e fondamento da un rapporto del tutto distinto da quello, nascente dal fatto dannoso, fra debitore e creditori del risarcimento: precisamente dal rapporto in virt del quale l'appaltatore, nell'ambito della propria autonomia contrattuale, si era assunto l'onere di rimborsare all'Amministrazione appaltante gli indennizzi che fossero da questa dovuti. N l'assunzione di tale onere poteva ritenersi viziata da mancanza o da illiceit della causa, come pure l'Impresa ricorrente . sostiene: essa, al contrario', lungi( dal- l'esaurire la propria funzione nel sottrarre l'Amministrazione debitrice alle conseguenze delle proiprie responsabilit, trovava, ad un tempo, la sua contropartita e la sua giustificazione nel complesso dei vantaggi economici che l'Impresa si era assicurati con l'aggiudicazione dell'appalto e, in particolare, nel corrispettivo dell'appa1lto stesso, dal quale, come la Corte di merito incensurabilmente accert, si intendeva compensato anche quel particolare onere assuntosi dall'appaltatore. E da ci deriva la infondatezza della eccepita nullit anche sotto il profilo dell'art. 1418 e.e. Sostiene, infine, la ricorrente, sempre allo scopo di far ricadere quel patto so.tto la sanzione dell'art. 1229, che con esso 1'Amministrazione avrebbe 'finito iper sottrarsi ad ogni responsabilit anche per le conseguenze del proprio inadempimento contrattuale, cons~stente nella mancata o inadeguata protezione della incolumit dei dipendenti del- l'appaltatore dai rischi inerenti alle loro prestazioni d'opera connesse con l'esercizio ferroviario. Non spiega, peraltro, li\ ricorrente donde traesse origine, sul piano contrattuale, quel generico obbligo di protezione; che se la ricorrente ha inteso riferirsi, sia pure per implicito, a quello sancito dall'art. 2087 c,c., baster dire che trattasi di un obbligo che deriva dal rapporto di lavoro subordinato fra l'imprenditore ed i prestatori d'opera dipendenti e che non , di per s, suscettibile di trasposizione nell'ambito del rapporto fra l'imprenditore-appaltatore e l'Amministrazione appaltante. Ed essendo mancata la concreta rprospettazione di un obbligo del genere contrattualmente assunto, nei diretti confronti dell'appaltatore, da parte dell'Ammin1strazione, la responsabilit di questi per il danno cagionato ai lavoratori dell'Impresa rimane nel campo extracontrattuale; e restano, quindi, pienamente vailide tutte le altre considerazioni che precedono. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Col secondo motivo l'Impresa ricorrente denunzia, ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione e la falsa applicazione dell'art. 1883 e.e. e dell'art. 4 del r.d. 17 agosto 1935, n. 1765. In questa duplice violazione di legge la Corte di merito sarebbe incorsa -secondo la ricorrente -in quanto, da una parte, avrebbe finito per far assumere aU'Impresa, non autorizzata all'esercizio delle assicurazioni e priva dei requisiti di cui all'art. 1883, la veste di assicuratore diretto della responsabilit civile dell'Amministrazione appaltante, mentre, d'altra parte, avrebbe omesso di considerare che l'Impresa stessa, avendo provveduto all'assicurazione obbligatoria dei propri dipendenti, doveva intendersi esonerata, a norma della legge infortuni, da ogni responsabilit civile per gli infortuni subiti d.ai lavoratori dipendenti nella esecuzione del lavoro, sia pure nei limiti stabiliti dall'art. 4 di quella legge. Le due censure, in cui si articola il motivo in esame, sono anch'esse infondate. Non fondata la prima, perch una clausola di rivalsa o di manleva che acceda, come patto accessorio, ad un singolo rapporto giuridico (nella specie, di appalto) solo impropriamente pu dirsi di natura assicurativa, mentre l'art. 1883 e.e. vieta a soggetti che non siano istituti di diritto pubblico o societ per azioni l'esercizio delle assicurazioni in forma professionale ed imprenditoriale, in relazione ad una serie astrattamente illimitata di rapporti. E non fondata neppure la seconda censura, iperch l'adempimento degli obblighi previsti dalla legislazione infortunistica da parte del datore di lavoro lo esonera, nei limiti di cui al citato art. 4 (ora art. 10 del t.u. 30 giugno 1965, n. 1124), dalla responsabilit civile verso i lavoratori infortunati, ma non rende nullo n illecito il patto con cui, nell'ambito di un distinto rapporto contrattuale, estraneo al rapporto assicurativo, lo stesso datore di lavoro si assuma l'onere di rimborsare ad altro soggetto, a cui sia imputabile il fatto da cui l'infortunio derivato, gli indennizzi dovuti agli infortunati. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 6 ottobre 1970, n. 1798 -Pres. Vinci-Orlando -Est. Aliotta -P. M. Gentile (conf.) -Azienda Autonoma FF.SS. (avv. Stato Ricci) c. Gulisano (avv. Cardinale). Trasporto -Trasporto di persone sulle FF. SS. -Responsabilit per danni al viaggiatore -Anormalit del servizio ferroviario -Nesso di ausalit con l'evento -Onere della prova. (C. T. per il trasporto di persone sulle FF.SS. approvato con r.d. 11 ottobre 1934, n. 1948, artt. 2 e 11; e.e. art. 1681; c.p. art. 41). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 817 Responsabilit civile -Risarcimento danni -Condanna generica Provvisionale -Ammissibilit. (c.p.c., art. 278). In base aUa speciale disciplina dettata dalle condizioni e tariffe per i trasporti di persone sulle FF.SS., approvate con .r.d. 11 ottobre l934, n. 1948 convertlito nena legge 4 aprile 1935, n. 911 e succ. mod., l'Amministrazione ferroviaria risponde dei danni che colpiscono la persona del viaggiatore, che siano conseguenza di anormalit, verificatesi nell'esercizio ferroviario, ove costui dimostri Z'esisten.za di questi ed il nesso di causalit, con l'evento. L'improvvisa apertura di uno sportello di una vettura ferroviaria in movimento costituisce di per s stessa un'anormalit, del servizio, riconducibile al comportamento colposo de'll'Amministrazione cui incombe pertanto, per vincere tale presunzione di responsabilit,, l'onere di provare che l'anormalit, sia dipesa da caso fortuito o forza maggiore od anche dalla stessa condotta colposa del viaggiatre ove, come causa sopravvenuta e da sola idonea a produrre l'evento, valga ad interrompere il nesso di causalit, tra l'anormalit, del servizio e l'eve.nto stesso (1). Nei limiti in cui ritenga raggiunta la prova sull'ammontare del danno il giudice, nel caso di frazionamento del processo in due separati giudizi sull'an e sul quantum, pu con la stessa sentenza definitiva di condanna generica, condannare il debitore al pagamento della richiesta provvisionale (2). (Omissis). -Con il primo motivo la ricorrente Amministrazione, denunziando la violazione degli artt. 2 Iett. b, 13 par. 3 e 4 delle Condizioni e Tariffe per i trasporti di persone sulle Ferrovie dello Stato, approvato con r.d. 11 ottobre 1934, n. 1948 e successive modificazioni, 115 e 116 c.p.c. nonch difetto di motivazione (art. 360 n. 5 c.p.c.), lamenta che il giudice di appello abbia erroneamente (1) Il principio ribadito dalla Corte di Cassazione pu considerarsi ormai pacifico, pur non mancando notevoli perplessit, in particolare per quel che concerne l'ambito della prova incombente al viaggiatore nonch il punto se possa ritenersi insito nel concetto di anormalit del servizio ferroviario, l'improvvisa apertura di uno sportello della vettura in movimento. Cfr. Cass., 26 luglio 1967, n. 1968, in Res'J. civ. e prev., 1968, 272; 18 ottobre 1966, n. 2503; 18 maggio 1966, n. 1279, in questa Rassegna, 1967, I, 67, con nota in dottrina di FRENI; 13 maggio 1964, n. 1148, in Foro it., 1964, I, 1626. (2) CTr. Cass., 23 maggio 1969, n. 1822; 4 dicembre 1967, n. 2879, in Giust. civ., 1968, I, 868; 24 giugno 1966, n. 571; 16 maggio 1960, n. 1187, ecc. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO.STATO 818 collocato in posZione prioritaria l'indagine sulla esistenza di un'anormalit del servizio ferroviario mentre era preminente, per ragioni di ordine logico giuridico, quella del comportamento tenuto della persona alla cui custodia il minore era affidato. Il motivo infondato. Infatti la norma fondamentale in materia di responsabilit per danni causati alle persone trasportate nelle Ferrovie dello Stato contenuta nell'art. 2 n. 4 del cifato r.d. 11 ottobre 1934, n. 1'948, convertito nella legge 4 aprile 1935, n. 911, e sucessive modificazioni, il quale stabilisce testuail.mente che se un viaggiatore subisce un danno alla persQna in conseguenza di anormalit . verificatasi nell'esercizio ferroviario, l'Amministrazione ne risponde, a meno che provi che l'anormalit dovuta a caso fortuito o forza maggiore. Tale norma, secondo l'interpretazione seguita dalle ormai concorde dottrina e giurisprudenza di questa Corte (sentenze 24 luglio 1968, n. 1328, 26 luglio 1967, n. 1988 e 13 maggio 1964, n. 1148), va intesa nel senso che, provata l'esistenza di un'anormalit del servizio e del nesso di causalit tra la stessa e l'evento, sorge a carico dell'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato una presunzione di responsabilit che pu esser vinta soltanto dalla prova che l'evento stesso dovuto a caso fortuito o forza maggiore. Ne consegue che la disposizione contenuta nell'art. 2 delle stesse condizioni e tariffe, il quale stabilisce che la persona che si serve della ferrovia deve usare le precauzioni necessarie e vigilare, per quanto da lui dipenda, alla sicurezza\ ed alla incolumit della sua persona e delle persone che sono sotto la sua custodia, va coordinata con la norma del successivo art. 11 ed intesa nel senso che l'inosservanza della stessa vale a superare l'anzidetta presunzione, esonerando conseguentemente l'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato da ogni responsabilit, soltanto se la condotta colposa del viaggiatore sia tale da interrompere, quale causa sopravvenuta da sola idonea a produrre l'evento, ai sensi dell'art. 41 c.p. che costituisce un principio di ordine generale del nostro ordinamento, applicabile quindi anche in materia civile il nesso di causalit tra l'anormalit del servizio e l'evento stesso; altrimenti il comportamento colposo del viaggiatore potr costituire soltanto causa concorrente dell'evento, con l'effetto di diminuire la misura del risarcimento del danno a carico dell'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato. In tali sensi coordinate ed intese le due citate disposizioni, ne consegue che esattamente il giudice di appello ha ritenuto pregiudiziale l'esame della questione circa la sussistenza di un'anormalit del servizio, che costituiva il presupposto della responsabilit dell'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, .rispetto a quella relativa alla incidenza del comportamento tenuto dalla persona che accompagnava il minore vittima dell'incidente, alla quale questi era affidato. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 819 Del pari il:1;fondati sono i motivi secondo e terzo che, implicando risoluzione di questioni tra loro con,nesse, vanno unitamente esaminati. Con il secondo motivo la ricorrente Amministrazione, denunziando la violazione dell'art. 13 par. 4 delle Condizioni e Tariffe per il trasporto di persone sulle Ferrovie d.ello Stato, nonch difetto di motivazione (art. 360 n. 5 c.p.c.), lamenta che la Corte di Appello non ha considerato che era mancata da parte degli attori la prova di una anormalit del servizio, non potendosi ritenere tale la semplice apertura di uno sportello, giacch questo un fatto che pu essere provocato da chiunque. Con il secondo motivo poi, denunziando la violazione degli artt. 13 par. 4 delle stesse condizioni e tariffe, 61, 112, 115, 116 e 244 c.p.c. 2697 e 2729 e.e., nonch difetto di motivazione, lamenta che il giudice di appello non abbia dtenuto che, ad integrare la prova Hberatoria da parte di essa ricorrente Amministrazione, fosse sufficiente la dimostrata inesistenza di una condotta omissiva della stessa, come era dato rilevare dal fatto che alla stazione di partenza. la chiusura degli sportelli era stata -regolarmente controlla.fa dal rpersonaJe ferroviario, n alcun viaggiatore era disceso e salito, mentre il ragazzo era caduto proprio dallo sportello dal quale alla precedente stazione era sceso e risalito il conduttore. In proposito basta considerare che, com' ius receptum di questa Corte (sentenze 26 foglio 1967, n. 1988 e 13 maggio 1964, n. 114.8) l'improvvisa apertura di uno sportello di una vettura di un treno in movimento costituisce di per s anormalit del servizio, riconducibile al comportamento coJ.poso dell'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato in quanto rientra nella norma che le vetture ferroviar~e, destina te al trasporto di persone abbiano, durante il viaggio, gli sportelli chiusi. Pertanto, riscontrato tale evento nella sua concreta obbiettivit, il viaggiatore ha diritto al risarcimento del danno in conseguenza subito, senza che gli incomba, data la presunzione di responsabilit posta a carico dei.l'Amministrazione, a norma del citato art. 11 n. 3 delle citate condizioni e tariffe, l'onere di provare .la causa specifica che ha determinato l'apertura dello sportello. N sindacabile in questa sede il giudizio di merito, adeguatamente motivato, espresso dalla Corte di Appello per escludere che fosse stata raggiunta la pl'ova e la chiusura degili sportelli del treno era stata regolarmente verificata dal personale ferroviario alla stazione di partenza e che l'apertura dello sportello era dovuta ad un gesto inconsulto del ragazzo rimasto vittima dell'incidente e ad omessa custodia dello stesso da parte della persona alfa quale era affidato. Infondato in fine anche il quarto motivo, che si articola in due censure, con il quale la ricorrente Amministrazione, denunziando la violazione degli artt. 99, 112, 278 e 348 c.p.c., deduce: a) che la ri 820 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO chiesta di concessione di una provvisionale era inammissibile in quanto costituente domanda nuova, formulata per la rprima volta in appello; b) checomunque la provvisionale non poteva essere concessa in .quanto la liquidazione dei danni era stata rinviata in separato giudizio. Infatti, per quanto attiene alla censura sub a), va rilevato che, com' noto, ai sensi dell'art. 345 c.p.c., si ha domanda nuova, e come tale improponibile per la prima volta in grado di appello, quando si faccia valere davanti al giudice di secondo grado una pretesa diversa e pi ampia, che alteri i presupposti della domanda formulata in primo grado e, modificando i termini della controversia, introduca nel processo di appello un nuovo e pi ampio petitum, sulla cui decisione verrebbe a mancare alle parti la garanzia del doppio grado di giurisdizione, od anche quando, pur restando fermo il petitum, s'introduca una situazione di fatto diversa da quella prospettata in primo grado; che alteri il fatto costitutivo del diritto dedotto in giudizio ed apra un nuovo tema d'indagine. Orbene chiaro che la richiesta di una provvisionale non cosUtuisce domanda nuova in quanto rientra nell'ambito dell'originaria domanda di condanna, nella quale deve ritenersi compresa. D'altra parte altro argomento favorevole alla tesi della proponibilit in arppello della richiesta di una provvisionale si desume dalla natura cautelare della stessa, che diretta a sopperire a particolari esigenze del creditore in virt di titolo ormai accertato nella sua sussistenza, esigenze che potrebbero sopravvenire anche nel corso del giudizio di appello. Per quanto attiene poi alla censura sub b) va considerato che, questa Corte, innovando alla precedente giurisprudenza, ha di recente ammesso che la provvisionale pu essere concessa anche nel caso di frazionamento del processo in due separati giudizi, uno sull'an e l'altro sul quantum, con la stessa sentenza defini-tiva di condanna generica al risarcimento del danno (sentenza 4 dicembre 1967, n. 2879). Infatti il comma secondo dell'art. 278 c.p.c., il quale stabilisce che il giudice, nel caso di pronunzia di condanna generica, emessa con sentenza non definitiva, ad una prestazione non ancora determinata nella sua quantit, ,Pu, condannare il debitore al pagamento di una provvisionale nei limiti nei quaJ.!, ritenga gi raggil,mta la prova dell'ammontare del debito, per identit di rtio va interpretata estensivamente nel senso che la provvisionale, esistendo tali presupposti, pu essere concessa anche quando la condanna generica sia emessa con sentenza definitiva, essendo la liquidazione del credito rinviata in separato gitidizio. II che nel caso pi comune della condanna generica al risarc- mento di danni si desume, in base al cdterio dell'interpretazione sistemativa, dal raffronto con la corrispondente disposizione contenuta nell'art. 489. comma secondo c.p.p., il quale, in sede .penale, prevede la condanna del responsabile al pagamento di una provvisionale, da im 1 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 821 putarsi nella liquidazione definitiva in sede civile, in favore della persona danneggiata dal reato. Orbene, data l'analogia di situazioni giuridiche non concepibile che il Legislatore abbia usato nelle due ipotesi una disparit di trattamento. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 10 ottobre 1970, n. 1925 -Pres. Va11illo -Est. Gabrieli -P. M. Pedace (conf.) -Comune di Voghera (avv. Pelizza) c. Ministero Difesa-Esercito (avv. Stato Angelini) -reg.to di competenza. Locazione -Le~iV vincolistiche -Canone di locazione di immobili urbani -Controversie -Competenza funzionale del Pretore -Con tratto di locazione scaduto -Irrilevanza. (legge 23 maggio 1950, n. 253, art. 29). La competenza, funzioinaLe ed inderogabile, demandta al Pretore dall'art. 29 della Legge 23 maggio 1950, n. 253, non legata al presupposto della esistenza in vita del contratto di locazione ma sussiste anche rispetto a queUo gi scaduto e concerne non solo le controversie inerenti la misura delle percentuali di aumento dei canoni di Locazione ma aitresi ogni questione relativa, come quella del diritto all'aumento del canone previsto dalLe leggi di proroga, della decorrenza di tali aumenti, della condanna al pagamento deU'importo dovuto al locatore (1). (Omissis). -Di qui la conseguenza che, avendo la questione di cui trattasi le caratteristiche di una controversia concernente la misura dei canoni, e non potendosi di essa conoscere incidenter tantum, senza efficacia di giudicato, vi era nella specie la condizkme necessaria e sufficiente per aversi la competenza del pretore ex art. 29 legge 253/50, in favore della quale anzi merita di essere ricordato l'ampio prindpio altra volta affermato nella giurisprudenza di questa Corte, nel seij.so cio che il potere di giudicare del pretore deve ritenersi estensivamente previsto non solo per i casi di vera e propria contestazione sulla mi (1) Cfr. Cass., 13 febbraio 1968, n. 489; 30 gennaio 1967, n. 271; 7 settembre 1966, n. 2334, per la quale la competenza esclusiva del Pretore limitata ai soli contratti di locazione sottoposti al regime legale e pertanto, qualora trattasi di un rapporto escluso da esso, non sussiste siffatta competenza, ancorch le parti abbiano inteso sottoporre il contratto alla disciplina contenuta nelle leggi vincolistiche. In dottrina: TABEL, Le locazioni urbane neHa legislazione vincolistica. I I i l li 822 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sura delle percentuali di aumento legale da applicare in concreto, ma altresi per ogni questione in relazione all'applicazione degli atmenti dei canoni locativi previsti nelle leggi di -proroga, sia che si tratti cio della sussistenza dal diritto ahl'aumento del canone, sia della misura della percentuale di aumento, sia della decorrenza degli aumenti, sia infine dell'emissione della conseguente condanna del conduttore, a seguito della risoluzione dehle anzidette questioni, al pagamento del relativo importo dovuto al locatore. La detta competenza inoltre, per la particolare natura delle cntroversie, in essa comprese, e per le concrete finalit di giustizia da conseguire, che la giustificano, non legata al presupposto dell'esistenza tuttora in vita del contratto, .e poich tale requisito non risulta assolutamente posto dalla legge, essa quindi applicabile anche rispetto ad un contratto di locazione che, come nella specie, sia gi scaduto. evidente infine che la speciale competenza del pretore ha cara,ttere funzionale esclusivo e derogativo di ogni altra competenza per territorio, per valore e per materia; essa non pu quindi per tali su~i caratteri essere modificata da un diverso accordo delle parti, e vige anche quando sia in causa un'amministrazione dello Stato, in esatta applicazione peraHro della disposizione di cui all'art. 2 del t.u. 30 ottobre 1'933, n. 1611, fatta salva dallo stesso art. 6 -precedente sul foro dello Stato, inutilmente invocato dal ricorrente nell'erroneo presupposto che si trattasse di questione da decidere incidenter tantum, senza efficacia di giudicato. -(Omissis). SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLI9 DI STATO, Sez. IV, 15 maggio 1970, n, 335 -Pres. Mezzanotte -Est. FiglioJ.a -Del Drago (avv. D'Amelio e Sorrentino) c. Ministero dei LL.)PP. (avv. Stato Agr) e Comune di Roma (avv. Rago). Piano regolatore -Prescrizioni -Annullamento limitato ad una parte di zona -Effetti sulla d~stinazione dell'intera zona. Piano regolatore .-Approvazione -Modifiche da parte dell'autorit Governativa a tutela del paesaggio o dell'interesse storico -Illegittimit. Annullata una prescrizione del piano regolatore generale in relazione ad una parte della zona, in sede di rinnovazione del procedimento, la p.a. pu regolarsi in modo diverso in base all'interesse pu'bbLico che intende tutelare; pertanto, daite iHegittimit. parziali, che sono suscettibili di essere sanate, non deriva l'annullamento totale della destinazione prevista per la zona sul presupposto di una pretesa indivisibiiit dell'atto di imposizione del vincolo che inerisce alla comune destinazione delle propriet comprese nella zona stessa (1). Sebbene la tutela del paesaggio e delle cose di interesse storico e artistico spetti allo Stato, l'autorit governativa non pu, in sede di approvazione, introdurre nel piano regolatore modifiche. non deliberate dal Comune, tranne che si tratti di modifiche di lieve entit che non incidano su interessi propri del Comune; pertanto, illegittimo il decreto presidenziale che impone unilateralmimte su tutta una zona il vincolo a parco pubblico che il piano regolatore generale, adottato dal Comune, aveva previsto per una parte soltanto (2). (1-2) Cfr. Sez. IV, 6 marzo 1970, n. 166, Il Consiglio di Stato, 1970, I, 418. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 15 maggio 1970, n. 338 -Pres. BarraCaracciolo -Est. Melito -Carta (avv. Cosenza) c. Ministero Grazia e Giustizia (avv. Stato Carafa). Competenza e giurisdizione -Vice pretore ordinario -Non pubblico dipendente -Controversie -Difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato. Esula dalla giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, per difetto di un rapporto di pubblico impiego, la controversia concernente le richieste di un Vice Pretore onorario incaricato della reggenza dell'ufficio (nella specie, intese ad ottenere il riconoscimenfo del diritto soggettivo a tutte te indennit spettanti agli uditori giudiziari, nonch all'assistenza sanitaria),. \ CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 15 maggio 1970, n. 342 -Pres. Potenza -Est. Bruno -Compagnia Italiana Allestimenti Pubblicitari (avv. Sibio) c. Ministero LL.PP. (avv. Stato Albisinni). Autorizzazione e concessione -Autorizzazione amministrativa -Affissioni pubbl~citarie -Lungo le strade -Rimozione per pericolosit -Valutazione della pericolosit -Non sindacabile. Autorizzazione e concessione -Autorizzazione amministrativa -Affissioni pubblicitarie--Lungo le strade -Rimozione per pericolosit -Impianto realizzato su terreno privato -Ordine di rimozione dato dall'Ente proprietario della strada -Legittimit. L'apprezzamento dell'attitudine di un impianto pubblicitario ad ingenerare confusione, per le sue caratteristiche e la sua ubicazione, e, quindi a costituir~ pericolo per i veicoli transitanti sulle strade, attiene, ai sensi dell'art. 11 t.u. 15 giugno 1959, n. 393 alla discrezionalit tecnica del proprietario della strada e non censurabile in sede di legittimit; pertanto, non vizia il provvedimento di rimozione di un'insegna pubblicitaria instalLata in vista di un'autostrada la circostanza eh~ l'Amministrazione non abbia ordinato la rimozione in altri casi analoghi, ritenendo, con app!J"ezzamento tecnico insindacabile, che una situazione di pericolo non sussiste (1). L'ordine di rimozione di un impia.nto pubblicitario installato su terreno privato in vista di un'autostrada legittimamente emanato dall'Azienda Nazionale Autonoma della Strada (A.N.A.S.), quale Ente PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 825 , proprietario dell'autostrada, ai sensi deLl'art. 11 t.u. 15 giugno 1959, n. 393, ove risuiti che le sorgenti luminose. del detto impianto sono visibili dai veicoii transitanti suil'autostrada (2). (1-2) Massime esatte. Non constano precedenti. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 15 maggio 1970, n. 348 -Pres. Landi - Est. Giura -Esposito (avv. Caravita di Toritto) c. Ministero Interno (avv. Stato Angelini-Rota). Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico e privato -Diritti patrimoniali Risarcimento del danno -Consenguente a licenziamento dichiarato illegittimo -Difetto di giurisdizione del C.d.S. lmpieg/o pubblico -Stipendi, assegni e indennit -Restitutio in integrum -Detrazione emolumenti percepiti aliunde -Legittimit. Dal principio dell'efficacia ex tunc deH'annullamento di un provvedimento di licenziamento iUegittimo discende che l'attribuzione degli effetti patrimoniali deli'annullamento stesso deve essere considerata non gi sotto ii projio del risarcimento del danno:. patito per effetto delL'iUegittimo comportamento della P. A., ma sotto quello della restitutio in integrum, cio riguardando il provvedimento a111nullato come non mai esistito e considerando ripristinato ii rapporto d'impiego alla data del medesimo provvedimento, secondo il noto principio deU'automatismo; pertanto, per la sostanziale differenza con la restitutio in integrum cosi intesa, il risarcimento del danno non rientra fra gli elementi del rapporto (considerato nel suo complesso e verci compreso nella materia attribuita alla competenza esclusiva del Consiglio di Stato), ma tra le conseguenze ulteriori della pronuncia di illegittimit, eventualmente nascenti dalla stessa, che sono riservate alla competenza della giurisdizione ordinaria (1). La detrazione dell'integrale coirresponsione degli arretrati di quanto l'impiegato illegittimamente licenziato abbia medio temoore percepito attraverso lo svolgimento di altra attivit deve ritenersi legittima pienamente giustificata dall'esigenza .di evitare l'illecito arricchimento dell'impiegato, al quale, oltre tutto, sarebbe ingiusto usare un tratta~ mento complessivo pi favorevole di quello in godimento da parte di coloro, rivestenti la stessa qualifica e con pari anzianit, il cui rapporto I)r:i I f. f: . . . ~ ~ 826 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non ha avuto soluzione di continuit,, e persino pi favorevole del trattamento che sarebbe spettato allo stesso interessato in caso di costanza di servizio (2). (1-2) Cfr. Sez. IV, 23 ottobre 1963, n. 633, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 1324. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 10 luglio 1970, n. 520 -Pres. Potenza -Est. Giura -Romoli (avv. Romoli) c. Mintstero Lavori Pubblici e Provved~mento regionale 00. PP. per l'Umbria (avv. Sfato Peronaci). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Termine -Decisione ricorso gerarchico -Decisione di merito sul ricorso contro atto definitivo -Termine per l'impugnativa -Decorre dalla data di comunicazione della decisione. Terremoti -Riparazioni e ricostruzioni -Contributi sttali -Art. 3 lel1ge n. 1431 del 1962 -Criterio di applicazione -Lavoratori subor dinati e pensionati -Misura della percentuale -Determinazione. Una volta che l'autorit superiore chiamata a decidere un ricorso gerarchico proposto cont10 un atto definitivo si sia pronunciata sullo stesso, non nel senso del.la inammissibilit del gravame, ma condividendo il provvedimento dell'autorit inferiore, il termine per ricorrere in sede giurisdizionale decorre dalla data di comunicazione del provvedimento dell'autorit superiore (1). L'art. 3 legge 5 ottob1e 1962, n. 1431 (recante provvedimenti per la ricostruzione delle zone colpite dal terremoto dell'agosto 1962) modificato daU'art. 2 legge 3 dicembre 1964, n. 1259; nei prevedere, a favore dei proprietari danneggiati, contributi nella spesa per costruzioni e riparazioni in diverse misure percentuali, ha voluto usare ai prestatori di lavoro subordinato, pubblici e privati, nonch ai pensionati, un trattamento di particolare favore, assicurando loro in ogni caso il massimo contributo del 90 % sutla spesa occorrente per la ricostruzione dei rispettivi immobili danneggiati o distrutti, aita sola condizione che, a formare il reddito complessivo netto assoggettato alt'imposta complementare per l'a~no 1961, i redditi diversi da quem di cat. Cll e C/2 abbiano concorso per un importo non superiore a L. 300.000; pertanto, in tale ipotesi, iUegittima la concessione del contributo erariale nella misura del 70 %, anzich in quella del 90 %, ad un pensionata, anche se questi risulti proprieario di pi di una unit immobiitare (2). \ (1-2) Massime esatte. Non risultano precedenti. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 827 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 10 luglio 1970, n. 528 -Pres. Granito Est. Fe11Ci -Arredi (avv. TTuini) c. Mintstero di Grazia e giustizia (avv. Stato Onufrio). Impiego pubblico -Promozione -Merito comparativo -Criteri di massima -Qualit morali, stima e prestigio, .comportamento Reciproco assorbimento -Impossibilit. Impiego pubblico -Promozione -Merito comparativo -Oorsi di formazione -Mancanza di corsi ufficiali -Valutazione di corsi organizzati da altra amministrazione -Legittimit -Fattispecie in tema di promozione di cancellieri. Impiego pubblico -Merito comparativo -Servizio prestato -Condizioni eccezionali e servizio in zona disagiata -Valutazione -Non conformit ai criteri di massima -Illegittimit. Impiego pubblico -Promozione -Merito comparativo -Pubblicazioni -Valutazione -Criteri -Fattispecie. In sede di scrutinio di promozione per merito comparativo, nessun rapporto di reciproco assorbimento intercorre tra il giudizio suile qualit morali del funzionario e quello riguardante la e stima e il prestigio nonch iL comp-0rtamento in ufficio e fuori, trattandosi di diversi profili di valutazione che incidono, il primo $Ugli elementi intrinseci del carattere del wbbiico dipendente, il terzo sul contegno esteriore di quest'ultimo ed iL secondo sul rispetto, sulla dignit e sulla considerazione goduta nell'ambiente di lavoro e nella vita privata (1). In sede di scrutinio di merito comparativo per la promozione a cancelliere capo di Tribunale e segretario capo di procura della Repubblica di prima classe, legittimamente la Commiss~one giudicatrice, in assenza di appositi corsi promossi dal Ministero di grazia e giustizia, ritiene di poter valutare il profilo tratto dai corsi di formazione, di a.ggiornamento e di perfezionamento, svolti da altre Amministrazioni e frequentati da cancellieri e segretari di procura, non potendosi disconoscere il miglioramento della preparazione professionale ricavabile dai corsi suindicati, per la necessit di risolvere i problemi di riordinamento degli uffici giudiziari nel quadro di una approfondita conoscenza dei pi moderni ed efficienti modelli organizzativi (2). In sede di scrutinio di promozione per merito comparativo iliegit timamente la Commissione, nell'applicazione del punteggio aggiuntivo previsto nei criteri di massima per le condizioni eccezionali del servizio e per la residenza in zone malsane e disagiate, non si uniforma ad un criterio uguale per tutti i dipendenti e tiene conto soltanto delle anno 9 828 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tazioni esposte in alcune parti d.ella scheda personale, senza valutare l'intero curiculum di ciascun dipendente, risultante dalla prima pagina della stessa scheda (3). In sede di scrutinio di merito comparativo per la promozione a cancelliere capo di trilYunale e segretario capo della Procura deLla Repubblica di prima classe, legitti:mamente la Commissione giudicatrice valuta sotto la voce cuitura , riguardante le pubbLicazioni che hanno recato un contributo alla dottrina od alla pratica professionale, anzich sotto la voce quaiit del servizio prestato ' una pubb.iicazione che non costituisce un lavoro originale inerente al servizio svo.zto dal funzionario nell'esercizio delle proprie funzioni, ma che, seppure rivolta ai fini di consultazione pratica, contiene una esposizione del sistema processuale -e dell'organizzazione degli uffici di canceLleria in base aLl'Ordinamento giudiziario per la Somalia ed ai regolamenti suUa introduzione del giudizio di primo grado, sul proces8o di esecuzione e suLla procedura dinanzi aLla Corte di giustizia (4). (1-4) Non constano precedenti. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 10 luglio 1970, n. 531 -Pres. Barra Caraociolo -Est. Feltci -Guerra (avv.ti D'Ascanio e Volpe) c. Amministrazione Lavori Pubblici (avv. Stato Lancia) e Liberati (avv.ti Flauti e Moscarini). Edilizia popolare ed economica i. Commissione di vigilanza -Commissione centrale -Riunione di ricorsi connessi -Legittimit. Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabile o non -Atto conseguenziale -Apposita impugnazione per vizi dei provvedimenti anteriori -Non occorre. Edilizia popolare ed economica -Assegnazione in propriet -Condizi9ni ostative -Hanno rilevanza solo al momento dell'assegnazione. Ricorsi amministrativi -Ricorso gerarchico -Poteri dell'Autorit decidente' -Ricorso tardivo -Dichiarazione di irricevibilit Omessa statuizione sulla competenza -Legittimit. Ricorsi amministrativi -Ricorso gerarchico -Poteri dell'Autorit decidente -Accoglimento per motivi non dedotti -lllegittimi~. legittimo il provvedimento con il quale la Com.missione centrale per l'edilizia popolare ed economica, chiamata ad esaminare i reclami proposti contro alcune decisioni di una Commissione regionale, rilevata PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 829 la connessione esistente tra i reclami stessi, emette una unica pronuncia, eliminando l'anteriore frazionamento deUe pronunce date daH'Autaritd di primo grado (1). Rispetto ad un atto amministrativo meramente conseguenziale, non necessaria una apposita iimpugnazione per vizi concernenti i provvedimenti anteriori, rit?,Lalmente impugnati (2). Le condizioni ostative ali'assegnazione in proprio dette case costruite ' con il concorso o con it contributo detto Stato assumono rilevanza soltanto al moment0-deti'assegnazione medesima, che si perfeziona con la sottoscrizione del verbale di consegna (3). La determinazione del thema decidendi inerisce alla struttura propria deila-controversia sottoposta alla valutazione dell'Autoritd chiamata a pronunciarsi; pertanto, di fronte aila riscontrata tardivitd di un reclamo, preclusiva di qualsiasi statuizione concernente il contenuto materiale della vertenza, l'organo amministrativo non tenuto a valutare la propria competenza sullo stesso reclamo, potendo l'Autoritd adita dall'interessato, in presenza di una causa ostativa per l'indagine sostan.ziale, legittimamente astenersi dal valutare se esista o meno altra causa ostativa (4). Il potere dell' Autoritd amministrativa in sede contenziosa circoscritto ai motivi formulati nel reclamo; pertanto, una volta escluso, nella specie, l'esercizio dei poteri d'ufficio da parte della Commissione centrale di vigilanza per l'edilizia popolare ed economica, iitegittimamente la Commissione, in sede di reclamq presentato da una Cooperativa edilizia e da un socio della stessa, si pronuncia su motivi non dedotti nel reclaf!W stesso (5). (1-5) Cfr. Sez. VI 30 l!ettembre 1964 n. 628, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 1548; Sez. V, 12 ottobre 1968, n. 1163, ivi, 1966, I, 1712. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 14 luglio 1970, n. 535 -Pres. Tozzi Est. Bruno -Salis Musu (avv. Loy) c. Assessorato LL. PP. Regione Auton<>ma della Sairdeg~a e Prefetto di Cagliari (avv. Stato Zagari). Atto 'amministrativo -Atto definitivo -Atti regionali -Regione sarda Atti assessoriali -Non definitivit -Fattispecie. Espropriazione per pubblica utilit -Occupazione d'urgenza -Stato di consistenza -Redazione -Presenza del proprietario -Necessit. Ai sensi dell'art. 41 dello statuto per la Regione sarda (ap']Jrovato con legge cost. 26 febbraio 1948, n. 3), contro i provvedimenti dei membri .della Giunta regionale preposti ai singoli romi dell'Amministrazione 830 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dato ricorso alla Giunta, che c'tecide con decreto deL suo Presidente; pertanto, inammissibiLe iL ricorso giurisdizionaLe direttamente proposto contro iL decreto assessoriale di approvazione del 7Y1"ogetto . di costruzione di una scuola (1). Con La presen.za deL proprietario interessato deve ritenersi reaLizzata la finaLit che ia: legge riconnette ai contraddittorio nella formazione deHo stato di consistenza di un immobiLe sottoposto ad occupazione d'urgenza (2). (1-2) Massime esatte. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 14 luglio 1970, n. 538 -Pres. Barra Caracciolo -Est. Catallozzi -Comune di Roma (avv.ti Colamarino e Rago) e Paolo (avv. DeUi Santi) c. Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato Casamassima). Piano regolatore -Approvazione -Procedimento -Comunicazione al Comune delle proposte di innovazione -Quando occorre -Norme tecniche di attuazione. I Piano regolatore -Norme tecniche di attuazione -Norme che possono svuotare del contenuto economico il diritto di propriet -Eliminazione in sede di approvazione -Legittimit -Fattispecie. I Piano regolatore -Norme tecniche di attuazione -Norme per la prol grammazione comunale ai fini dell'attuazione del piano -Eliminazione in sede di approvazione -Illegittimit. Piano regolatore -Approvazione -Successivo stralcio di alcune norme gi approvate -Illegittimit. Piano regolatore -Norme tecniche di attuazine -Pendenza di una procedura di variante -Non sospende l'efficacia delle norme approvate. GLi artt. 10 Legge 17 agosto 19.42, n. 1150 e 3 legge 6 agosto 1967, .n. '765 -che disciplinano il potere dell'Autorit governativa di introdurre modificazioni al contenuto del piano regoLatore generale, al termine delta fase costitutiva deL suo iter 7Y1"ocedimentale e 7Y1"escrivono, tra l'altro, la comunicazione delle proposte d'innovazione al Comune, per la formulazione di eventuali controdeduzioni -si applicano unicamente. alle variazioni relative al merito tecnico-urbanistico del piano, incidenti cio sulla sfera di discrezionalit deH'Ente locaLe, m. non PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 831 anche a quelle che riguardano la corrispondenza formale e sostanziale a precetti giuridici degli elaboratori da approvare e che escludono, per la loro natura, qualunq'lfe valutazione discrezionale; pertanto, l'eliminazione, nel decreto del Presidente della Repubblica di approvazione del nuovo testo deUe norme tecniche per l'attuazione del piano regolatore generale, della diisposizione che prevede la formazione, da parte deWAutorit comunale, all'inizio di ogni biennio, di un programma di attuazione del piano, comprendente, tra l'altro, la localizzazione dei settori nei quali si intendono predisporre i progetti urbanistici, per mettere in agibilit i terreni necessari alle espansioni residenziali e direzionali, attraverso piani particolareggiati e convenzionali, in quanto determinata da soli motivi di legittimit, legittimamente non p'l'eceduta dalla comunicazione all'Amministrazione interessata. La disposizione delle norme tecniche per l'attuazione di un piano regolatore generale che subordini la facolt di edifica.re del privato alla preventiva formulazione, da parte dell'Amministrazione comunale, di programmi biennali di attuazione del piano importa l'interdizione, per periodi di tempo anche lunghi, di ogni attivit edilizia in tutte le zone escluse dai programmi stessi e fa dipendere quindi daile scelte discrezionali dell'Autorit locale la p,ossibilit di svuotamento del contenuto economico del diritto di propriet; pertanto, dovendosi ammettere la facolt dei privati di chiedere, in ogni tempo e indipendentemente dall'esistenza di programmi biennali, l'approvazione di piani di lottizzazione per le zone di cui ab'/)iano la disponibilit ai sensi dell'art. 28 legge 17 agosto 1942, n. 1150, come modificato dall'art. 8 legge 6 agosto 1967, n. 765, legittima l'eliminazione di detta disposizione, in sede di emanazione del decreto presidenziale che approva il nuovo testo delle norme di attuazione in parola. La legeg 17 agosto 1942, n. 1150, ad eccezione di casi tassativamente stabiliti (art. 14 secondo comma, art. 17 ultimo comma), rimette alla discrezionalit dell'Ente locale la determinazione sia del tempo che dell'ambito territoriale di impiego del piano particolareggiato, quale strumento pubblicistico di disciplina urbanistica (art. 14 primo comma); pertanto, in sede di approvazione delle nuove norme tecniche per l'attuazione di un piano regolatore generale, illegittima l'e,liminazione della disposizione che contempti la programmazione comunale per detta attuazione, mediante piani particolareggiati in quanto il Comune, cui permesso di compiere l'anzidetta scelta in maniera episodiica, cio di vplta in volta, ben pu, nell'ambito della propria competenza, sottoporre ad una normativa generale'l'esercizio di tale facolt, mediante la previsione di programmi periodici (neila specie, biennali) contenenti la specificazione dei comprensori da includere nei piani particolareggiati. Nel caso in cui l'Amministrazione comunale si sia uniformata in modo completo alle prescrizioni del decreto presidenziale di approvazione 832 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del piano regolatore generale, illegittimamente l'Autorit governativa, in sede di approvazione delle nuove norme tecniche per l'attuazione del piano stesso, ordina, per finalit istruttorie, lo stralcio di un complesso di norme gi approvate in prece.denza, sulla base del contenuto di una pluralit di atti, e successivamente formulate in un unico contest~, entro i limiti di detta approvazione. La pendenza di una procedura di variante a norme di attuazione di un piano regolatore generale, gi operante, non consente all'Autorit governativa di sospendere l'efficacia delle stesse -mediante il sistema dello stralcio -in occasione aell'esame, per l'approvazione, di un nuovo. testo di disposizioni, ove le prime, inserite in quest'ultimo, restino invariate. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 25 luglio 1970, n. 585 -Pres. Mezzanotte -Est. Vivenzio -Gaa-gaUo ed aUri (avv.ti Gabibbo e Midiri) c. Ministero Pubblica Istruztone (avv. Stato Zagari). Competenza e giurisdizione -Demanio e patrimonio -Vincolo archeologico -Sicilia -Decreto del Ministro della P. I. -Competenza del Consiglio di Stato. Demanio e patrimonio -Demanio storico ed artistico -Vincolo storico ed artistico -Vincolo di inedificabilit -Indennizzo Esclusione Legge n. 1089 del 1939 -Questione di incostituzionalit_ ex art. 42 Cost. -Manifesta infondatezza. Demanio e patrimonio -Demanio storico ed artistico -Vincolo storico e artistico -Vincolo diretto -Estensione degli immobili da vincolare -Apprezzamento discrezionale della P. A. -Conseguenza Unico vincolo anzich pi vincoli -Legittimit -Fattispecie. Demanio e patrimonio -Demanio storico ed artistico -Vincolo storico ed artistico -Vincolo diretto -Estensione degli immobili da vincolare -Insindacabilit. Demanio e patrimonio -Demanio storico ed artistico -Vincolo storico ed artistico -Competenza -Vincolo indiretto -Competenza del Ministro -Delega al Soprintendente -Illegittimit. Demanio e patrimonio -Demanio storico e artistico -Vincolo storico ed artistico -Vincolo indiretto -Estensione degli immobili da vincolare -Discrezionalit. Le attribuzioni del Ministero della Pubblica Istruzione in materia di tutela delle cose di interesse storico e artistico della Sicilia sono eser PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 833 citate dal Presidente deUa Regione, non gid nella veste di organo decentrato dello Stato, subentrato nelle attribuzioni dell'Alto commissario per La SiciHa a norma del combinato disposto del d. i. 30 giugno 1947, n. 567 e del r. d. l. 18 marzo 1944, n. 91 (art. 2, lett. g); pertan.to, ai sensi dell'art. 26 t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, il Consiglio di Stato competente a conoscere del ricorso proposto contro un decreto del Ministr per la pubblica istruzione (di imposizione di vincolo archeologic su immobiU situati nella Regione siciliana), poten.dosi configurare nelLa specie un comune vizio di incompetenza reLativa, e non gid un vizio di incompetenza assoluta, che comporterebbe la giuridica inesistenza dei provvedimenti, con esclusione della competenza giurisdizionale del giud'ice amministrativo (1). In presenza di vincoli alLa proprietd privata immediatamente operanti e comportanti l'inedificabilitd assoluta a tempo indeterminato, la regola deil'indennizzo previsto dall'art. 42 terzo comma Cost. si applica allorquando il bene, in virt del regime giuridico suo proprio, sia suscettibile di utilizzazione piena da parte del proprietario, mentre deve essere esclusa allorquando il bene, per sua intrinseca natura di interesse pubblico, usufruisca di un regime di appartenenza particoLarmente limitativo, ossia gid contenga in nuce i Limiti ed i vincoli che poi verranno esplicitati dall'Amministrazione mediante formali provvedimenti ricognitivi della situazione giuridica propria .del bene medesimo; pertanto, manifestamente infondata la questione di legittimitll costituzionale della legge 1 giugno 1939, n. 1089: per contrasto con l'art. 42 Cost., sia con riguardo ai beni di interesse storico, artistico ed archeologico suscettibili della dichiarazione di interesse particolarmente importante, sia ai beni suscettibili di vincolo indiretto (2). L'estensione degli immobili da sottqporre a vincolo diretto, ai sensi della legge 1 giugno 1939, n. 1089, lungi dall'essere predeterminattlin modo rigoroso con riferimento alle dimensioni fisiche delle cose di interesse particolarmente -jmportante, deve essere rimessa all'apprezzamento discrezionale dell'Amministrazione compete~te, da esercitarsi in relazione alLa natura dei luoghi, alle particolari situazioni ambientali e ad ogni altra circostanza del caso concreto; pertanto, legittimamknte l'Amministrazione in presenza di un importantissimo complesso archeologico (costituito nella specie dai monumenti antichi della Neapolis di Siracusa) che presenti ruderi disseminati su una vasta estensione, stabilisce un vincolo diretto, ai sensi della legge cit., esteso all'intera area, anzich un vincolo, ovvero una pluralitd di vincoli diretti, circoscritti alle singole cose di interesse archeologico, la cui imposizione non soltanto sarebbe stata illogica, ma avrebbe in pratica frustrato le finalitd di conservazione perseguite. 834 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La determinazione dell'estensione delle aree da sottoporre a vincolo diretto, ai sensi della legge 1 giugno 1939, n. 1089:, e la delimitazione delle aree da sottoporre a detto vincolo da quelle assoggettabili a vincolo indiretto sono insindacabili in sede di legittimit, ili dalla societ incorporata a quella incorporante, senza conside (1) La c. d. fusione parziale e l'imposta di registro. 1) Il caso sottoposto all'esame del S. C. era davvero singolare. Nel 1938 quattro societ deliberavano di fondersi, fusione che si attuava mediante incorporazione di tre di esse nella quarta. Nella situazione patrimoniale allegata alla delibera di fusione di una delle societ incorporate si escludeva l'esistenza di beni immobili. Nel 1951 (quindi a ben 13 anni di distanza) con rogito notarile denominato atto di rettifica in cui si costituivano il rappresentante legale della societ incorporante e colui che era stato i:1 rappresentante legale della societ incor:porata tto di far vaJ.iere la sua pretesa nel termine fissato dall'art. 21 citato, essa Si pone invece in contrasto con l'anzidetto precetto costituzionale solo ove si pretenda che la contestazione della nuova stima fatta ad uno solo dei contribuenti faccia decorrere anche contro gli altri il termine per iJ. ricorso alla Commissione Distrettuale delle imposte. Sembra lecito inferirne che la omessa notifica dell'accertamento di maggior valore alla vedova del de cuius (usufruttuaria ex lege), se non fa decorrere contro quest'ultima il termine per il ricor.so alla Commissione competente, non produce peraltro la nullit dell'accertamento nei confronti dell'erede (odierna ricorrente). -(Omissis). I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 settembre 1970, n. 1237 -Pres. Giannattasio -Est. Caputo -P. M. Secco (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Cao. Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Competenza delle Commissioni -Controversie di valutazione e controv:ersie di diritto Questione di applicazione della legge sulla legittimit dell'acc_ertamento -Competenza della sezione speciale della Commissione provinciale -Sussiste. (r. d. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 28, 29 e 30). NeLle controversie relative aUe imposte indirette sui trasferimenti della ricchezza, le questioni che si riferiscono aUa determinazione ,del valore sono di competenza in primo grado della Commissione distrettuale e in secondo grac[o della Commissione provinciale, mentre le questioni relative aU'applicazione if,eUa legge sono decise in primo grado da.ila sezione speciale della Commissione provinciale e in secondo grado dalla Commissione centrale. Conseguentemente la questione sulla nullit dell'accertamento non analitico o notificato oitre il termine deve essere conosciuta dalla sezione speciale della Commissione provinciale (1). {1)-2) Giurisprudenza ormai pacifica (Cass. 19 aprile 1968, n. 1172, Giust. Civ., 1968, I, 1962; 19 settembre 1967, n. 2182, in questa Rassegna, 856 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 settembre 1970, n. 1247 -Pres. Favara -Est. Falletti -P. M. -Sciaraffia (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Siconolfi) c. Papetti. Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Competenza delle commissioni -Controversie di valutazione e controversie di diritto Questione di applicazione della legge pregiudiziale alla valutatazione -Rimessione del processo alla sezione speciale della Commissione provinciale -Necessit -Imposta di successione -Questioni sulla prova delle passivit deducibili -Sono questioni di diritto. (r. d. 7 agosto 1936 n. 1639, art. 28 29 e 30). In materia di imposte indirette sui trasferimenti della ricchezza, mentre le controversie relative alla determinazione del valore sono decise in prima istanza dalle Commissioni distrettuali e in secondo grado dalle Commissioni provinciali, le controversie relative aU'awLicazione della legge, quelle cio che riguardano questioni di diritto, sono decise in primo grado deWapposit sezione deila Commissione provinciale. Questa separata competenza resta ferma anche quando la questione di diritto si presenti pregiudiMle rispetto a quella di valutazione e importi un accertamento giuridico di carattere incidentale; in tale ipotesi il giudizio di valutazione deve essere sospeso finch non sia deciso in via definitiva quello di diritto. Sono questioni di diritto quelle relative aUe modalit della dichiarazione e alla prova delle passivit deducibili ai fini dell'imposta di successione (2). 1967, I, 1045; 8 giugno 1968, n. 1749, Riv. leg. fisc., 1968, 2369; 6 luglio 1968, n. 2294, ivi, 1969, 262; 30 settembre 1968, n. 3038, ivi, 1969, 689; 23 luglio 1969, n. 2780, ivi; 1970, 193; 27 febbraio 1970, n. 471, ivi, 1970; 1454). Interessanti sono peraltro le esemplificazioni sul caso deciso. La prima massima correttamente afferma che sono questioni di diritto quelle relative alla legittimit dell'accertamento e fra esse quella della validit di un accertamento in unica cifra del valore di cespiti diversi e quella deila tempestivit della notifica dell'avviso; le norme che disciplinano il potere della Finanza nella fase di accertamento condizionano la stessa imponibilit ed hanno contenuto sostanziale e quindi la loro violazione importa una questione di diritto conoscibile anche dall'A.g.o. oltre che dalla sezione speciale della Commissione provinciale (Cass. 20 febbraio 1969, n. 565, in questa Rassegna, 1969, I, 141; 21 maggio 1969, n. 1770, ivi, 745). Bisogna per avvertire che, dopo la notifica dell'accertamento, esaurita la fase amministrativa, le questioni relative alla forma degli atti ed ai termini diventano questioni processuali (tempestivit del ricorso, adeguatezza della motivazione ecc.) PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 857 I (Omissis). -Con il primo mezzo la ricorrente, deducendo la violazione d,ell'art. 29 legge n. 1639 del 1936 dn relazione agli art. 360 n. 2 c.p.c. e 111 della Costituzione, sostiene che la Commissione provinciale delle imposte difettava di competenza pe.Dch, pur essendo stata adita in sede di valutazione, ha conosciuto questioni di diritto relative alle modalit di accertamento e di notificzione del maggior valore attribuito ai cespiti caduti nella successione, di competenza della sezione speciale per le controversie di diritto. La censura fondata. Al riguardo occorre ricordare che per l'art. 22 della citata legge n. 1639 del 1936 la risoluzione in via amministrativa delle controversie circa l'applicazione delle imposte dirette, esclusa quella sui terreni, demandata in prima istanza alle Commissioni distrettuali ed in appello alle Commissioni provinciali e, nei casi determinati dalla detta disposizione, ammesso anche il ricorso alla Commissione centrale: le prime due commissioni hanno ,competenza piena mentre la terza soltanto giudice di legittimit. Invece per le controversie relative alJe imposte indh"ette sui trasferimenti di ricchezza (fra le quali rientra quella di successione su cui si controverte) il ,successivo art. 29 configura un sistema diverso; se si tratta di questioni che si riferiscono alla determinazione del valore, la competenza spetta in prh,n.o "'grado alla Commissione Distrettuale e, in secondo grado, a quella Provinciale, mentre per tutte le altre controversie relative all'applicazione della legge il giudizio continua ad articolarsi in due fasi, ma sono decise in primo grado dalla Commissione provinciale e in secondo grado dalla Commissione centrale.. LI motivo per il quale talune materie sono sottratte alla competenza delle Commissioni distrettuali per essere devolute alla Commissione provinciale, quale giudice di rprimo grado, costituita in sezione speciale, distinta da quella competente a conoscere in gtado di, appello mere questioni di valutazione, clato dalla importanza che rivestono che, bench indubbiamente questioni di diritto, sono decise dallo stesso organo competente per il merito e quindi anche dalle Commissioni di valutazione se il merito della controversia concerne soltanto la valutazione; tali questioni riguardano infatti i vizi del procedimento e non possono essere conosciute n dalla Commissione Centrale, 'n dall'A.g.o. (Cass. 24 gennaio 1967, n. 211; in questa Rassegna, 1967, I, 154; 17 maggio 1968, n. 1545, Giust. Civ., 1968, I, 1851; 8 gennaio 1969, n. 29 Riv. Leg. fisc., 1969, 1437); le Commissioni di valutazione non devono pertanto rimettere la risoluzione delle questioni processuali alla Commissione di diritto. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 858 nelle particolari materie, tanto vero che la legge, oltre a prescrivere la diversa sfera cognitiva delle due sezioni, ne ha diversamente disposta la composizione che, 'per la sezione valutazione; quella ordinaria stabilita nell'art. 25 della citata legge, mentre, per quella .speciaJ.e, sono chiamati a parteciparvi membri scelti tra persone esperte del diritto (art. 30 stessa legge). Alla stregua dei principi fin qui esposti, i quali costituiscono giurisprudenza consolidata di questa Suprema-Corte, anche a Sezioni Unite, le quali hanno altresi affermato che la speciaJ.e competenza delle due sezioni della Commissione provinciale ha carattere funzionale ed , quindi, inderogabile (Cass., Sez. Un., 22 dicembre 1964, n. 2949), non par dubbio che nel caso di specie la Commissione provinciale di Cagliari, sezione valutazione, abbia dedso questioni di diritto, imperniate sull'applicazione dell'art. 21 della legge pi volte .citata n. 1639 del 1936, che esulavano dalla sfera di competenza giurisdizionale ad essa demandata e rientravano, invece, nella competenza della sezione speciale per le controversie di diritto della medesima Comm!ssione provinciale. Le questioni decise riguardavano, infatti, da un canto, la legittimit di un primo avviso di accertamento nel quale ad una descrizione analitica e ad una valutazione separata dei singoli cespiti caduti in successione veniva contrapposto dall'Ufficio un maggior valore indicato in modo globale; dall'altro la validit di un secondo avviso di accertamento, nel quale il maggior valore era specificato per ogni singolo cespite ereditario, ma che si assumeva notificato dall'Ufficio fuori dei termini di legg~. Tuttavia, cassandosi, per tale vizio di incompetenza, la decisione impugnata, la causa deve rinviarsi per nuovo esame alla stessa Commissione provinciale di Cagliari, sezione valutazione, la quale provveder in ordine alla valutazione dei cespiti dopo che le predette questioni di diritto, aventi-carattere pregiudiziale rispetto alla valutazione, saranno deci'Se definitivamente nella sede competente (cio in ;primo grado dalla sezione di diritto della Commissione :provinciale ed, eventualmente, in secondo grado, dalla Commissione centrale). -(Omissis). Esatta anche la seconda massima che definisce questioni di diritto quelle sulle modalit e sulla prova delle passivit deducibili ai fini dell'imposta di successione; anche queste sono questioni di diritto sostanziale inerenti alla fase amministrativa di accertamento. Ambedue le sentenze, la prima in modo pi esplicito; considerano di competenza funzionale inderogabile le questioni sulla ripartizione dei poteri decisori delle Commissioni; la medesima questione invece considerata i giurisdizione dalla sentenza delle Sez. Unite 24 aprile 1970, n. 1182, in questa Rassegna 1970, I, 620-alla cui nota per questo problema si rinvia. PARTE I, SEZ. V, GIURISPPVDENZA TRIBUTARIA 859 Il (Omissis). -La ricorrente, denunciando la vioJ.azione dell'art. 11 r.d.l. 26 settembre 1935, n. 17 49, e degli artt. 45 e 48 r.d. 20 dicembre 1923, n. 3270, lamenta che la commissione provinciale abbia ammesso in deduzione debiti del de cuius secondo le risultanze di un rapporto della guardia di finanza .allegato agli atti, mentre l'art. 11 cit. prescrive che le passivit inerenti ad aziende industriali e commerciali devono essere indicate nella parte passiva della denuncia di successione e devono giustificarsi mediante le prove documentali previste dagli artt. 45 e 48 citati. Il ricorso fondato. Deve preliminarmente osservarsi che in materia di imposte indirette sui trasferimenti di ricchezza (quale l'imposta di sucessione), mentre le controversie relative alla determinazione del valore sono decise in prima istanza dalle commissioni distrettuali e in 1secondo grado dalle commi:ssioni provinciali, 1e controversie relative all'applicazione della legge , quelle cio che riguardano questioni di diritto, sono decise in primo grado dall'apposita sezione della commissione provinciale prevista dall'art. 30 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, e in secondo grado dalla commissione centrale. Questa separata competenza resta ferma anche quando la questione di diritto si presenti pregiudiziale rispetto a quella di valutazione ed importi un accertamento giuridico di carattere incidentale. In tale ipotesi, il giudizio di valutazione dev'essere sospeso finch non sia deciso in via definitiva quello di diritto, che ne il presupposto necessario. Ove pertanto, come nella specie si verifica, sorga questione circa l'applicabilit delle norme stabilite dall'art. 11 del r.d. 2.6 settembre 1935, n. 1749 e .dagli artt. 45 e 48 del r.d. 30 dicembre 1923, circa il mod con cui devono distintamente denunciarsi gli elementi di un'azienda caduta in successione ereditaria e circa la prova delle passivit deducibili, la commissione provinciale sezione valutazione, poich appunto si tratta di una questione giuridica pregiudiziale, avrebbe dovuto rimetterne la decisione alla speciale sezione di diritto ed attendere che J.a pronuncia ne fosse divenuta definitiva, per riprendere poi in esame la questione di valutazione alla stregua del principio di diritto cosi fissato, la cui soluzione pregiudizialmente necessaria per la determinazione in concreto degli elementi di valutazione. Nella specie la Commissione provinciale non si attenuta a questo pregiudiziale criterio e la sua pronuncia va pertanto cassata, con rinvio della causa alla commissione stessa per nuovo esame, previa decisione definitiva della questione di diritto da parte della competente sezione. -(Omissis). 11 860 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 settembre 1970, n. 1238 -Pres. Giannattasio -Est. Spadaro -P. M. Secco (con1.) -Gualco (vv. Malchiodi) c.. Ministero delle Ji'inanze (avv. Stato Foligno). Imposta straordinaria sul patrimonio Presupposti -Momento di riferimento. (t. u. 9 maggio 1~50, n. 2().3, art. 1). Imposta e tassa in genere -Sopratassa -Nozione. L'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio colpisce il patrimonio posseduto al.la data del .28 marzo 1947 e, quale che sia il tempo dell'accertamento, a tale data va riferita la consistenza patrimoniale del contribuente, o dei suoi aventi causa; sono quindi irrilevanti le alienazioni concluse nel tempo intermedio tra la data di riferimento e la data dell'accertamento (1). La sopratassa, differenziandosi dalle sanziorni penali, da una parte, e datla pena pecuniaria, dall'altra, costituisce un'obbligazione di natura tributaria nel significato proprio di contribuzione pecuniaria imposta coattivamente dalla legge in considerazione dell'esigenza di reperire entrate per far fronte al costo deU'organizzazione statale, e, come tale, costituisce essa stessa un tributo inerente al fatto economico generatore di imposta. La sopratassa non ha natum punitiva e la sua applicazione segue al semplice verificarsi della situazione oggettiva prevista dalla legge inCio quando non si.,,era maturato ancora il termine d.i scadenza per la denuncia dei cespiti, previsto dalla legge per il 30 ottobre 1947, con la conseguenza ,che il relativo obbligo, nella pendenza di tale termine, el'.a venuto a 'tra,sferirsi isugli eredi. In ordine, infine, all'altra tesi concernente la illegittimit della pretesa fiscale relativa alla 1sopratassa per effetto della ignoranza da parte degli eredi deHa esistenza dii quei :titoli, deve rilevarsi che la infonda,tezza di essa discende dalla natura giuridica della ,sopratassa. Com' stato affermato da questa Corte Suprema anche in recenti occasioni, sia a Sezione semplice che a Sezioni Unite (sent. 16 dicembre 1968, n. 3983; 1 maggio 1967, n. 446) la sopratassa, differenziandosi nettamente dalle sanzioni penali, da una parte, e dalla pena pecuniaria d'altra palt'te, 'costituisce un'obbligazione di natura tributaria nel significato proprio di contribuzione pecuniaria imposta coattiv:amente . dalla legge in considelt'azione dell'esigenza di reperire en:trate per faa:-fronte al costo dell'organizzazione statale, e come tale, costituisce essa stessa un tributo inerente, sia pure nel concorso di presupposti speciali ed in modo non diretto, al fatto economico generatore dell'imposta. Da questa struttura giuridica ,configurata delle richiamate dedsioni, dahle quali questa Corte non ha motivo di discostarsi, discende che la soprataissa non ha natura punitiva e la sua applicazione ,segue al semplice verificarsi della situazione oggettiva prevista della legge (nel caso di specie, omissione di titoli nella dichiarazione di denuncia dei cespiti), indipendentemente da qualsiasi indagine sulla colpevolezza del trasgressore, tanto che la sopratassa stessa deve essere pagata unitamente all'imposta, della quale segue le sorti ed alla quale !'esta indissolubilmente legata nella fase esecutiva. Ora, a questi principi giuridici la Commissione Centrale ha .inteso riferirsi, allorquando ha affermato che, per il carattere di sanzione civile della sopratassa, questa andava applicata indipendentemente da qualsiasi indagine sull'elemento psicolog1co della infrazione, e, cio indipendentemente dalla indagine suli'addotta ignoranza della esjstenza dei titoli, omessi nella dichiarazione di denuncia. La impugnata decisione non , pertanto, censurabile sotto questo profilo. M:a la :stessa Comm1s>sione Centrale, prescindendo da questa decisiva esatta affermazione, ha voluto da11si carico di portare il suo esame anche sull'addotto as:sunto relativo alla ignoranza della esistenza di quei titoli da parte degli eredi, ed ha iritenuto di disattenderlo per la considerazione d'le la rilevante entit dei titoli non denunciati, ammontanti al valore di oltre L. 20 milioni, valutata in correlazione con l'adesione data dagli stessi eredi con il concordato al valore acce.rtato, induceva nel ragionevole convincimento che la esistenza dei detti titoli noo poteva essere ignorata da costoro. L'adesione al concordato stata, pertanto, considerata soltanto in funzione e in correlazione con il dato significativo della circostanza PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 863 relativa ai rilevante valore dei titoli omessi nella dichiarazione di denuncia, e non gi in funzione della equiparazione del concordato ad una confessione, come rilevato dalla censura al riguardo prospettata nel ricorso. La motivazione dell'impugnata decisione, anche su questo -~ [punto si sottrae, quindi, alla prospettata lagnanza. -(Omissis). 1 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 settembre 1970, n: 12<43 -Pres. Giannattasio -Est. Miele -P. M. Gentile (conf.) -Arzenton (avv. Maschella) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Vitaliani). I Imposta di successione -Rimborso di imposta in caso di evizione o spoglio -Estensione del principio al caso di opposizione all'accertamento prima del pagamento dell'imposta -Partecipazione della Finanza al giudizio di evizione -Giudizio iniziato prima dell'apertura della successione -Non necessaria. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, .artt. 7 e 9). n principio deU'art. 9 de>lla legge tributaria sulle successioni, secondo ii quale pu essere rimborsata l'imposta pagata riferita a cose per le quali siasi verificata evizione o spoglio per effetto di sentenza passata in giudicato, deve trovare applicazione, anche prima del paga.mento dell'imposta, quando il contribuente contesti che il bene faccia parte de.ZZ'asse ereditario pe1 effetto di evizione sopravvenuta. Sia nell'ipotesi di rimborso che nell'aitra di opposizione all'accertamento, l'evizione deve essere l'effetto di una sentenza passata in giudicato p'l"'onun-ciata in contradittorio fra le parti e la Finanza se il relativo giudizio sia stato iniziato dopo l'aperturo della successione, mentre la partecipazione della Finanza al giudizio non necessaria quando esso sia stato introdotto anteriormente all'apertura della successione (1). (Omissis). -Con il primo motivo i ricorrenti denunziano la errata applicazione dell'art. 9 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 in relazione agli articoli 1 e 7 dello stesso decreto affermando che J.a Commissione avrebbe a torto ritenuto applicabile nella specie il citato art. 9, il quale, (1) La motivazione della sentenza suscita gravi perplessit. Se esatto che sono irripetibili soltanto le imposte regolarmente percette (art. 7 della legge) si che la ripetizione deve essere ammessa, pur con le limitazioni stabilite nella legge, quando risulti che l'asse trasferito di consistenza inferiore a quella considerata a fini della liquidazione del tributo (Cass. 17 dicembre 1969, n. 3994, in questjl Rassegna, 1970, I, 113), sembra tuttavia poco corretta l'impostazione data falla soluzione del quesito e parti 864 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO invece, trova applicazione .solo quando, denunziato un bene come appartenente .al de cuius e percepita la .relativa imposta, venga successivamente contestata all'erede la propriet deJ. bene .stesso. Inoltre, osservano i ricorrenti, :sia l'art. 9 che l'art. 7 della legge stessa costituiscono norme eccezionali rispetto al principio generale dell'art. 1 secondo cui sono soggetti ad imposta di .succesisione solo i beni trasmessi, e pertanto le norme stesse non i.sarebbero suscettibili di estensioni. Si osserva ancora che gli effetti della revoca della compravendita debbono farsi risalire alla sentenza del Tribunale di Ferrara, confermata in sede di rinvio dalla Corte di Appello di Firenze, onde, essendo tale sentenza precedente alla morte del de cuius, non si era effettuata alcuna trasmissione del bene agli eredi, che giustifidsse tassazione. Tale conclusione conforme, .secondo i l"icorrenti, alla ratio della norma dell'art. 9 cit. che pre.scrive il contraddittorio allo scopo di impedire possibili collusioni a danno della finanza, situazione che non rpu certo verificarsi per giudizi che hanno avuto inizio in epoca precedente alla morte del de cuius. La censura fondata. L'art. 7 del .r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 stabilisce che le tasse regolarmente percette non possono essere restituite per effetto di condizione risolutiva, alla quale il trasferimento si trovasse vincolato, fuol'ch nei ca.si stabiliti dalla leg.ge. Ed il successivo art. 9 stabilisce, con eccezione a tale norma, che la restituzione dell'imposta concessa 1se si verificata l'evizione o lo spoglio in forza di sentenza passata in giudicato. richiesto per che la sentenza sia stata pronunziata in contraddittorio anche della finanza e che Ja causa di tali eventi ~ia preesistente alla successione stessa. Pertanto l'art. 9 regola espressamente l'ipotesi di questione 1sulla restituzione dell'imposta pagata e non quella invece in cui il contribuente abbia proposto opposi colarmente inutile lo sforzo di colmare, con una interpretazione estensiva, una lacuna che non esiste. La legge, non senza ragione, regola soltanto l'ipotesi della vestituzione della imposta pagata e rivelatasi non dovuta per sopravvenuta evizione o spoglio per causa preesistente. La norma de'll'art. 32 consente soltanto per i crediti litigiosi la sospensione del pagamento della relativa imposta. Ci significa chiaramente che la litigiosit, se riguarda i beni, non pu dar luogo a sospensione del pagamento perch i beni appartengono ancora, nonostante la lite pendente, al .11 patrimonio dell'autore de11a successione e si trasferiscono quindi all'ered8; m ne consegue che il giudicato che intervenga successivamente producendo ~={~ l'evizione potr dar luogo soltanto a rimborso dell'imposta che nel frattempo ha dovuto essere versata. Non senza un fondamento quindi l'art. 9 prevede I so1tanto il rimborso e non vi ragione di una interpretazione estensiva r3 della norma per la ipotesi di opposizione all'accertamento prima del pagvmento. Sia nel caso che il giudizio fosse pendente prima dell'apertura deila successione sia nel caso che sia introdotto successivamente, non potendo darsi sospensione del pagamento, la questione si presenta all'identico modo. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 865 zione all'accertamento, e che l'ipotesi in esame. Senonch, bench 1a norma in questione preveda espressamente solo tale ipotesi, in considerazione della ratio .della norma che'"" quella di evitare frodi alla finanza, col fare apparire verificata una evizione o uno spoglio solo fittizi, pu ritenersi che tale norma limitativa trovi applicazione, estensivamente interpretata, anche nel caso in cui, bench il pagamento della ta'ssa non sia stato effettuato, il Contribuente contesti che il bene faccia parte dell'asse ereditario per effetto di evizione sopravvenuta. Tale ipotesi, invero, del' tutto s.imi:le a quella e'spressamente regolata, in quanto il contribuente, col sostenere, sulla _base della sentenza, la non appartenenza del bene all'asse ereditario, conseguirebbe di non pagare l'imposta e cio un effetto identico a quello derivante dalla restituzione dell'imposta pagata. Ma, pur ritenendo che l'art. 9 riguardi anche le ipotesi 1suddette, occorre distinguere tra giudizio iniziato prima della successione e giudizio a questa successivo. Solo in questa seconda ipotesi pu trovare puntuale applicazione la norma limitativa. Invero nell'altro caso viene meno .la. ratio della norma stessa, non I potendosi ragionevolmente ipotizzare un intento di frode nel giudizio iniziato prima che si verifichi l'evento morte del titolare del bene di poi I evitto. Inoltre l'art. 9, col richiedere che fa causa dell'evizione sia pre- I I Il problema allora soltanto quello della necessit del contraddittorio della Finanza' nel giudizio che pronuncia l'evizione, necessit dalla qualf', ~ ?: per espressa norma di legge, non pu prescindersi (Cass., 8 aprile 1965, ?: n. 613 in questa Rassegna, 1965, I, 388). La difficolt pratica di estendere il f: contraddittorio alla Finanza quando lo stato avanzato del-giudizio gi pendente non consenta la chiamata in causa, non pu valere per escludere la I necessit che la sentenza sia pronunciata anche nei confronti della Finanza; le ragioni che giustificano questa norma (difesa della Finanza contro. gli atti simulati) valgono anche per i giudizi istaurati nei confronti dell'autore della successione, come si evince appunto dall'art. 32 che nessuna rilevanza d alla litigiosit sui beni. d'altra parte necessario armonizzare la norma del 1923 con il nuovo ordinaJ:1?.ento processuale. Ma la giurisprudenza ha affermato che gli art. 6 e 9 che incontestabilmente impongono il contradittorio della Finanza, escludendo che ad essa, mancando il contradittorio, sia estensibile l'efficacia riflessa del giudicato, non esigono tuttavia necessariamente un simultaneus processus; il contribuente, cio, pu riproporre in separato giudizio contro la Finanza l'azione civile con l'onere di dare ex novo la prova dei fatti e con salvezza per l'Amministrazione di ogni possibilit di difesa (Cass., 9 novembre 196!), n. 2343, in questa Rassegna, 1965, I, 1292; 20 giugno 1953, n. 1890, Foro It., 1954, I, 1597). Una volta stabilito tale principio, da ritenersi ormai irriversibile nonostante i dtssensi manifestati dall'Avvocatura, sembra evidente che nelle ipotesi dell'art. 9, ove non sia stato processualmente possibile ottenere nel giudizio gi pendente. all'apertura della successione il contradittorio della Finanza, la pronuncia sull'evizione, per essere utile ai fini del rimborso dell'imposta, debba essere rinnovata in un separato nuovo giudizio da riproporsi nei .confronti della Finanza. 866 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO esistente alla successione stessa, non pu che riferirsi alla sola ipotesi di giudizio iniziato successivamente, solo in tal caso potendosi far questione di preesistenza di causa. Si aggiunga che tale norma deve necessariamente presupporre che il contribuente possa in ogni caso provocare l'estensione del giudizio alla finanza. Ma se il giudizio siasi iniziato precedentemente il contribuente pu trovarsi processualmente nell'impossibilit di procedere alla integrazione del giudizio con l'intervento della finanza (cosi nel caso in cui al momento dell'apertura deJla successione il giudizio sia in fase di rinvio dalla Cassazione: dr. Cass., 4 maggio 1963, n. 1104) e in tale ipotesi sarebbe ingiustificato far ricadere sul contribuente gli effetti di una situazione alla quale egli era precedentemeote estraneo. Pu concludersi affermando che l'art. 9 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 trova applicazione solo nel caso in cui il giudizio sull'appartenenza della cosa, caduta in successione, abbia avuto inizio successivamente all'apertura della successione. -Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 settembre 1970, n. 1248 -Pres. Favara -Est. Sposato -P. M. Sciaraffia (conf.) -De Santis (avv. Zingarelli) c. Min'istero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposta di registro -Agevolazioni per la ricostruzione edilizia -Mutuo cambiario con garanzia ipotecaria -Possibilit che l'ipoteca garantisca diverse operazioni a seguito della circolazione della cambiale -Esclusione dell'agevolazione. (d. 1. 7 giugno 1945, n. 322, art. 4). Quanto un'agevolazione tributaria viene accordata in relazione alla finalit dell'atto per cui essa prevista, necessario accertare che l'atto sia oggettivamente idoneo, seoondo la prlopria i~Prins.eca natura, ad assicurare la sua destinazione aiL'attuazione del fine voluto dalla legge di agevolazione senza possibilit di utilizzazione per scopi diversi; pertanto inapplicabile l'agevolazione del d.l. 7 giugno 1945, n. 322 sulla ricostruzione edilizia ad un atto di costituzione di ipoteca a garanzia di un mutuo cambiario quando l'ipoteca, annotata sulla cambiale, si trasferisca con la girata della cambiale, dando luogo cos alla possibilit rJ di utilizzare la garwn.zta per fini diversi da queUi dichiarati nell'atto (1). M mi (Omissis). -Con rogito per Notar Mattiangeli del 25 ottobre 1950 ~fil la Cassa di Risparmio di Terni concesse alla signora Lucia Bizzarri un l!m ~!ilij (1) La sentenza, da condividere pienamente, applica all'agevolazione v::: per la ricostruzione edilizia i concetti ripetutamente elaborati riguardo alle PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 867 finanziamento di 20.000.000 di lire che -come dichiarato nel rogito I dovevano essere impiegate nella ricostruzione di un fabbricato della mutuataria, distrutto per eventi bellici. La Bizzard rilasci una cambiale ed il marito, Giuseppe De Santis, concesse a garanzia un'ipoteca su taluni suoi beni immobili che venne is.critta, ed annotata sul titolo cambiario. In un primo tempo l'iscrizione ipotecaria venne assoggettata alla sola imposta fissa a norma dell'art. 4 del d. J. 7 giugno 1945, n. 322, ma, in seguito, avendo rilevato che essa accedeva non all'operazione. di finanziamento, ma alla cambiale che avrebbe potuto circolare unitamente alla garanzia in essa annotata e, quindi, servire a garantire qualsiasi altra operazione di finanziamento diversa da quella per la quale iJ suddetto articolo concede la riduzione ad un quarto dell'imposta di registro e l'applicazione dell'imposta 'ipotecaria in misura fissa, l'Ufficio impositore, con atto notificato ai coniugi De Santis-Bizzarri ed alla Cassa di Riispairmio di Terni 1'8 agosto 1953, richieste il pagamento dell'imposta suppletiva di L. 702.975. Il reclamo proposto dagli interessati venne respinto dalla Commissione Provinciale, ma la dectsione di questa venne totalmente riformata dalla Commissione Centrale; ed a seguito di ci, l'Amministrazione delle Finanze propose l'azione giudiziaria, convenendo i coniugi De Santis e J.a Cassa di Risparmio di Terni davanti al Tribunale di Perugia. Con sentenza 3 -22 dicembre 1965, pronunciata in contumacia della Cassa di Risparmio, il Tribunale dichiar legittima l'ingiunzione; e, su appello dei coniugi De Santis, la sentenza del Tribunale fu confermata dalla Corte d'Appello di Perugia, con sentenza 10 maggio 1967, pronunziata, anche questa, in contumacia della CaS1Sa di Risparmio. Contro la sentenza d'appello, notificata il 30 maggio 1967, hanno, con atto notificato all'Amministrazione delle Finanze dello Stato il 21 luglio 1967, proposto ricorso per cassazione i coniugi De Santis, in base ad un solo motivo illustrato con memoria. L'Amministrazione delle Finanze resiste con controricorso. Con l'unico motivo del loro ricorso i coniugi De Santis -denunziando J.a violazione dell'art. 4 del d.l. 7 giugno 1945, n. 322 e vizi di motivazione -deducono che la concessione dell'agevolazione fiscale, come prevista dalla legge, esclusivamente connessa all'accertamento delle condizioni volute dall'atto di finanziamento ed, una volta che tali condizioni sssistano, non pu, la concessione, essere influenzata daJ.la mera possibilit che l'Istituto finanziario abbia di utilizzare il credito cessioni di credito a garanzia di finanziamento bancario (art. 4 lett. e e 28 lett. e della tariffa, all. A della legge di registro); si confronti su tale argomento Cass., 3 aprile 1970, n. 881, in questa Rassegna, 1970, I, 467 e i numerosi precedenti ivi richiamati. 868 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e le garanzie che lo asststono in altre operazioni con soggetti diversi dall'ordinario debitore. Non si pu -soggiungono i ricorrenti -impedire al mutuante di cedere il suo credito e, conseguentemente, il dtritto d'ipoteca; ed allo stesso modo egli pu trasferire le cambiali insieme con l'ipoteca, ove il. finanziamento abbia avuto luogo in forma cambiaria, senza che, per questo, vi sia ragione di escludere l'agevolazione fiscale. Il ricorso privo di fondamento. Qesta Suprema Corte ~ occupandosi di materia strutturalmente identica a quella di cui :si tratta, ossia dell'agevolazione di cui agli artt. 4, lett. c) e 28 lett. e) della L.O.R. -ha, pi volte, indicato il criterio in base al quale bisogna decidere dell'appljcabilit del trattamento fiscale di favore, quando questo viene accordato in relazione alla finalit dell'atto per cui esso previsto; ed ha precisato che condizione indispensabile , all'uopo, che l'atto sia oggettivamente -cio non secondo l'intenzione soggettiva delle parti, ma secondo la propria intrinseca natura -idoneo ad assicurare la sua destinazione all'attuazione del fine, in vista del quale concesso il trattamento di favore, senza possibilit che venga utilizzato a scopi diversi: con il che, evidentemente, l'agevo-" !azione fisale verrebbe ad esseve estesa a casi che la norma eccezionale e, quindi, non suscettibile d'interpretazione analogica, non prevede. Ora, la Corte di merito ha esattamente applicato il detto criterio. Nella fattispecie, si tratta di stabilire se l'ipoteca concessa dal De Santis serva soltanto a garantire la restituzione della somma mutuata alla moglie dalla Cassa di Risparmio, o se, invece, possa essere utilizzata, sempre godendo dell'agevolazione fiscale, in altri rapporti attraverso il trasferimento ad altri da parte dell'istituto mutuante. Tale possibilit sarebbe da escludere se -come ha osservato la Corte d'Appello l'tpoteca fosse stata costituita a garanzia di un finanziamento non effettuato mediante cambial, o se la cambiale fosse stata emessa con la clausola non all'ordine. Essa, invece, sussiste, e sussiste, con essa, la possibilit di un'indebita estensione dell'agevolazione fiscale oltre il caso contemplato dalla norma eccezionale, dal momento che la garanzia stata concessa per la cambiale, stata annotata su di questa ed , perci, trasferibHe insieme con questa, senza che i :successivi possessori siano tenuti ad effettuare la annotazione dei relativi passaggi (vedansi gli articoli 2831 e 2843 cod. civ.). Al contrario, l'annotazione deve essere eseguita, e la trasmissione non ha effetto sino a quando non sia eseguita, allorch il credito ipotecario passi ad altri per cessione. Di conseguenza -contrariamente a quanto assumono i ricorrenti -la possi_ bilit di cessione del cvedito ipotecario , ai fini dei quali si tratta, essenzialmente diversa della possibilit di trasmissione dell'ipoteca insieme con J:a cambiale. Difatti, :soltanto nel primo .caso la necessit dell'annotazione (prescritta dall'art. 2843 cod. civ. e regolata dall'art. 1 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 869 de~la legge 25 giugno 1943, n. 540 sulle imp0iste ipotecarie e dal n. 10 della Tariffa, Tabella A), allegata alla legge) pu ricondurre l'atto nel l'ordinario regime dell'imposta. Pertanto . dovuta la normale imposta ipotecaria, senza le agevolazioni fiscali di cui agli artt. 4 e 6 del d.l. 7 giugno 1945, n. 322 e del successivo d.J:. 26 marzo 1946, n. 221 nel caso in cui la garanzia ipotecaria acceda al rapporto cambiario' e non al finanziamento per le opere previste nei detti decreti, a nulla rilevando se, nel mutuo cambiario ipotecario, si dichiari che il ricavo del mutuo destinato al finanziamento di quelle opere, diversa essendo la correlazione tra il finanziamento e la garanzia ipotecaria e quella tra il finanziamento e l'emissione della cambiale, alla quale si convenuto dalle parti che debba accedere la garanzia: e ci per l'autonomia del rapporto cambiario, da un lato, e per il divieto di applicazione analogica dei provvedimenti di agevolazione tributaria a casi non prev1sti dalla norma. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 settembve 1970, n. 1249 -Pres. Favara -Est. Granata -P. M. Sciaraffia (conf.) -Grassia (avv. De Stefano) c. Ministero delle Finanz.e (avv. Stato Soprano). Imposta di registro -Appalti -Tassazione di ufficio -Presunzione Fattispecie. (d. 1. 15 novembre 1937, n. 1924, art. 6). Imposte e tasse in genere -Solidariet -Esercizio della pretesa tributaria contro un solo contribuente -Legittimit. Ai fini della tassazione d ufficio dei contratti di appalto a norma dell'art. 6 del r.d. 15 novembre 1937, n. 1924 (consentita ogni volta che fatti, atti, scritti e ogni altro elemento informativo facciano presumere, slva ia prova contraria, l'esistenza del negozio) pu essere assunta come base di dimostrazione una sentenw :pronunciata tra uno degli appaltatori e un mediatore nella quale sia affermata L'esistenza dell'appalto (1). La pr~tesa .tributaria pu essere legittimamente esercitata contro uno soltanto dei condebitori stante il vincolo di soiidariet (2). (Omissis). -Sostiene il Grassia, con l'unico motivo di ricorso, che l'ufficio fiscale non poteva avvalersi, per l'imposizione del tributo, degli (1-2) La prima massima esattissima: fra gli elementi informativi adeguati in base ai quali pu procedersi di ufficio alla tassazione del contratto di appalto non registrato, la sentenza che accerta, sia pure per un fine derivato, l'esistenza dell'appalto un mezzo di presunzione fra i pi 870 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO elementi informativi desumibili dalla sentenza 1 ottobre 1964 del Tribunale di Napoli, giacch il irelativo giudizio, svoltosi senza la partecipazione dell'appaltatore Sarno, aveva avuto pe~ oggetto il pagamento del compenso di mediazione, non anche l'accertamento dell'esistenza del contratto di appalto. E deduce che la Corte del merito, riconoscendo J.a legittimit della pretesa tributaria, avrebbe violato la disposizione dell'art. 93, n. 1, della legge di registro, che pone l'obbligo del tributo a carico delle sole parti contraenti (nonch di quelle nel cui interesse stata richiesta la regtstrazione), con esclusione di tutti gli altri soggetti che non rivestano le dette qualit. Tali censure non sono fondate. Per quanto concerne la prima, da considerare che, per il ricorso alla procedura d'ufficio di cui all'a:rt. 6 del d.l. 15 novembre 1937, n. 19:24, sufficiente che l'esecuzione degJ.i appalti o delle concessioni di pubblico servizio nonch delle loro cessioni, sub-cessioni e prolungamenti, risulti, oiltrech da fatti, atti o scritti, da ogni aJ.tro elemento informativo adeguato che faccia presumere l'esistenza del negozio giuridico, salvo la prova contraria. Nella fattispecie la sentenza del Tribunale di Napoli, pronunciata nella causa promossa dal Boce per conseguire dal Grassia il pagamento del compenso di mediazione, stata legittimamente assunta dall'ufficio fiscale qule fonte di conoscenza e di informazione in merito all'esistenza del contratto di appalto; sono quindi irrilevanti, sotto tale pro- validi. Non si pongono a questo riguardo i problemi dell'enunciazione, a cui la decisione in rassegna accenna in via meramente ipotetica, in quanto la sentenza viene utilizzata come mero elemento informativo., il che d'un canto consente di agire verso la parte contraente che non sia parte in giudizio, e d'altro canto esclude l'obbligazione della parte in giudizio che non sia parte contraente. La seconda massima utile per un opportuno chiarimento sulla esclusione del litisconsorzio necessario fra i coobbligati. Discutendo in termini generali sul nuovo concetto della solidariet, si accennato, in via di ipotesi, al litisconsorzio necessario come alternativa al disconosciuto principio della mutua rappresentanza processuale (Corte Cost. 16 maggio 1968, n. 48 in questa Rassegna, 1968, I, 859; Cass. 20 gennaio 1969, n. 135, ivi, 1969, I, 293 e 28 ottobre 1969, n. 3534, ivi, 1970, I, 81); ma, una volta riportata la solidariet tributaria ail diritto comune, non poteVoa ignorars[ la consolidatissima giurisprudenza (afr. fra Le pi significative, Cass. 4 giugno 1969, n. 1970 e 27 febbraio 1969, n. 649, in Foro It., 1969, I, 2524 e 1133) che, nei rapporti civili, aveva sempre escluso il litisconsorzio necessario fra obbligati solidali. Bd infatti, anche nella specifica materia tributaria, stata riaffermata la stessa esclusione (Cass., 25 ottobre 1968, n. 3519, in Riv. leg. fisc., 1969, 1046); nell'identico senso della massima si veda anche Comm. Centrale, 27 febbraio 1969, n. 2722/481, in Riv. dir. fin., 1970, II, 137 con nota dissenziente di A. FANTOZZI. j '"":::: 1~ ' PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 871 filo, i rmevi formulati dal ricorrente in riguardo all'oggetto del giudizio e alla mancata partecipazione ad esso dell'appaltatore Sarno, E l'apprezzamento della Corte di merito in ordine alla sufficienza e adeguatezza degli elementi informativi, si rtsolve in una valutazione di fatto, che, sorretta da congrua motivazione, non sindacabile in sede di legittimit. Con la seconda censura il Grassia ha sollevato il problema della identificazione dei soggetti debitori dell'imposta, che indubbiamente rilevante e che concerne non soltanto le ipotesi di cui all'art. 6 del r.d. 15 novembre 1937, ma anche quelle previste dagli artt. 62 e 72 della legge di registro. , Tale questione, peraltro, che stata gi esaminata da questo Supremo Collegio con le sentenze 25 febbraio 1967, n. 433 ( citata dal ricorrente) e 9 marzo 1968. n. 7,3,3, concerne e1sdusivamente la possibilit di assoggettare al pagamento dell'imposta quei soggetti che, pure avendo partecipato al giudizio nel corso del quale si accertata l'esistenia del negozio da tassare, non rivestano, in riguardo a tale negozio, la qualit di parti contraenti, ai sensi dell'art. 91, n. l, della detta legge di registro. quindi evidente che il su enunciato problema (risoluto da questa Corte in senso affermativo nelle ipotesi di cui all'art. 72 ed in sienso negativo in quelle dell'art. 62 l.r.) potrebbe, nella fattispecie, riguardare il mediatore Boce, ma non certo il GraSsia che partecip al giudizio come convenuto, ed assunse altresi, nella stipulazione dell'appalto., la qualit di parte contraente, ed quindi tenuto, in applicazione della norma da lui stesso richiamata (art. 93, n. 1, legge di registro) al pagamento del tributo. N l'Amministrazione finanziaria era tenuta a convenire in giudizio l'appaltatore Sarno, perch il vincolo di solidariet la dispensava dall'obbligo di rivolgersi neceissa:riamente ad entrambi i contraenti. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 settembre 1970, n. 1260 -Pres. Giannattasio -Est. Milano -P. M. Antoci (.conf.) -Tardioli (avv. Manfredonia) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Agr). Imposte e tasse in genere -Imposta di registro -Solidariet -Plura lit di negozi contenuti in unico atto -Solidariet limitata fra i distinti gruppi di contraenti. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 93). La solidariet fra ttf,tte le parti contraenti, stabiUta nell'art. 93, n. 1, deLla legge di registro, deve intendersi riferita alle persone che concretamente concorrono alla formaziione del negozio si che, se in un atto Y/."f".f:Wff.:@i""P."/#.@-:"/.:::::.:::::g;,::::'.;:::w.://-@"&.W@.""/"/.W/.%'W.:.W0'!"'0x:~:W-'"x:,7.;:'.-.:::..i'w.f'l""~ ~flllllll~i"~ 872 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I siano comprese pi convenzioni indipendenti fra loro, l'obbti.go solidale grava sui soggetti che hanno pa.rtecipato al processo formativo di ogni li;:f: singola convenzione e non indistintamente su tutti coloro che, pur-essendo ::; intervenuti nell'atto, siano estranei a quella convenzione (1). ,i: ij f:j I @ (Omissis) . ....__. Con l'unico motivo, il ricorrente, denunciando la violazione e la falsa applicazi~ne dell'art. 93 della legge di registro, si duole che la sentenza impugnata abbia escluso che esso Tardioli potesse giovarsi, contro il [principio della definitivit del criterio di ta,s;sazione, del tempestivo ricorso proposto dai coniugi Castronuovo~Salvi, mentre ai sensi dell'art. 93 legge di registro, tutti g.li intervenuti ad un atto, anche quando questo contenga pi convenzioni, sono obbligati solidalmente al pagamento della tars1sa di regts1tro irelativa all'atto stesso, ed prevtsta nei rapporti con l'amministrazione finanziaria una mutua rappresentanza dei condebitori. I La Censura non pu trovare accoglimento. Essa muove dal p11esupposto he l'obbligo solidale per il pagamento dell'imposta di registro I I ffi sia posta dall'art. 93 della legge organica a carico di tutti coloro che comunque siano intervenuti in un atto soggetto a registrazione. I In contrario invece da rilevare che la richiamata norma prevede ru $. solidamente tenute verso l'Amministrazione dello Stato iper il pagamento della tassa... tutte J.e parti contraenti e questa Corte ha costantemente ritenuto che l'espressione parti contraenti sta ad indicare le persone con le quali intervenuto il rapporto giuridico, le persone, cio, che concretamente concorrono alla formazione del negozio tassa (1) La motivazione della sentenza lascia mo'lto disorientato il lettore. ~ffi Un contribuente si duole che sia stato dichiarato consolidato a suo danno f:~ il criterio di tassazione e chiede di potersi giovar-e del tempestivo ricorso proposto da altro condebitore partecipe dello stesso atto invocando il prin il cipio della mutua rappresentanza fra condebitori. Senza dubbio il ricorso , andava rigettato, ma sorprendente la motivazione che la S. C. ha offerto. w. M Non una parola, infatti, si spende per ricordare che il principio della speciale solidariet tributaria ..e della mutua rapresentanza processuale finito nel nulla con una serie di pronunce a tutti assai note (e che ormai inutile citare) e invece si afferma che la Corte di Cassazione ha costantemente ritenuto che la solidariet per il pagamento della imposta di registro sancita dall'art. 93, n. 1, della legge organica si intende estesa non a tutti i soggetti intervenuti nell'atto soggetto a registrazione., ma alle persone che concorrono alla formazione di ogni singolo negozio e, nel caso di pi convenzini indipendenti, soltanto ai distinti gruppi di contraenti di ogni autonomo negozio. Ma la cosa che si stenta a credere che le due decisioni che si citano come precedenti dimostrativi di un costante orientamento, non sono di certo conferenti: 1a decisione 17 aprile 1944 n. 260 (Giur. Compl. Cass. Civ., 1944, 253), presupponendo la veramente consolidata nozione di solidariet ex art. 9::! siccome estesa a tutte le parti intervenute nell'atto, si limita a precisare che la solidariet PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 873 bile, determinandone le modalit ed assumendone l'iniziativa (Cass., 17 aprile 1944, n. 260 e 23 gennaio 1956, n. 202). l Pertanto, se in un atto siano comprese pi convenzioni indipendenti tra di loro, l'obbJ.igo solidale grava sui soggetti che hanno partecipato al processo formativo di ogni singola convenzione e non indistintamente su tutti coloro che, pur ssendo intervenuti all'atto, siano estrajI ! nei a quella convenzione. N potrebbe dedursi una estensione delle parti contraenti ai soggetti .estranei a quella convenzione dall'uso dell'espressione tutte. Tale aggettivo va, infatti, collegato con il verbo che esprime la ratio del ;precetto normativo, chiaramente intesa a Jl I ! i stabilire il vincolo solidale per le parti contraenti, garantendo cosi meglio la solvenza e la facilit di esazione del tributo. Nella specie Ja Corte d'Appello, con incensurabile apprezzamento adeguatamente motivato e compiutamente aderente alle risultanze degli atti acquisiti alla causa, ha accertato che l'atto 2 aprile 1951 per notar Arcuri fu un atto plurimo, che constava di varie convenzioni non collegate tra loro da alcun vincolo n soggettivo n oggettivo, in quanto, mentre quella che riguardava i coniugi Salvi-Castronuovo intervenne tra essi e la Cooperativa Piccole Dimore ed ebbe per oggetto la ratifica dell'assegnazione fatta ad essi coniugi degli appartamenti nn. 4 e 5, il negozio di cui fu parte il Tardioli venne stipulato tra questi e gli assegnatari degli altri appartamenti della stessa palazzina, da un lato, e la Cooperativa Piccole Dimore dal'l'altro, e si riferiva a quest'ultimi appartamenti, compresi quelli nn. 6 e 10, per i quali l'Ufficio ravvis la retrocessione, oggetto della tassazione di cui causa. non pu tuttavia estendersi anhe ad un soggetto estraneo all'atto e che da esso tragga vantaggio (ipotesi della fideiussione unilaterale) se non risulti essere parte richiedente; la pronunzia delle Sez. Unite 23 gennaio 1956 n. 202, (in Riv. leg. fisc., 1956, 430) addirittura segnalata (cfr. Relazione Avv. Stato, 1956-60, II, 474), come una significativa affermazione della solidariet nel senso pi ampio, estesa cio alla parte contraente in senso formale che partecipa all'atto per conto di altri; questa pronunzia infatti riconosce obbligato in solido l'originario stipulante del contratto per persone da nominare che abbia fatto tempestivamente la dichiarazion'e di comando che sia stata accettata. ' appena il caso di ricordare che la assolutamente univoca interpretazione dottrinale e giurisprudenzile dell'art. 93 n. 1 nel senso perfettamenie opposto a quello enunciato nella massima. Si. rimane perci disorientati ne'l vedere ignorato un orientamento che di recente tanto ha fatto parlare, e ad un tempo affermato come costante, ol sussidio di remote inconferenti pronunce, altro orientamento, pur esso .assai noto, che costante lo certamente ma nel senso contrario. Non potendosi attribuire a mero errore l'affermazione della sentenza in rassegna, diventa legittimo ricercare (o supporre) una spiegazione di questo inatteso responso. Forse la S. C. ha voluto eludere il .Problema dell'applicazione al caso concreto dei principi in via generale affermati 874 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Correttamente, pertanto, la sentenza impugnata ha ritenuto che il .;: principio della solidariet tra condebitori invocato dall'odierno ricorrente non poteva trovare applicazione neJla fattispecie, posto che i coniugi Salvi-Castronuovo erano estranei alla convenzione relativa alla retrocessione ed il loro ricorso, riguardando esclusivamente l'aumento di valore del trasferimento degli appartamenti nn. 4 e 5, aveva lasciato del tutto inalterato ed incontestato il criterio di tassazione dell'atto di retrocessione, non impugnato dal Tardioli prima del decorso del triennio dalla registrazione e divenuto, di conseguenza, definitivo. Il ricorso deve essere, pertanto, disatteso con le conseguenze di legge. -(Omissis). con le pronunciie che hanno dato una nuova definizione della solidariet tributaria; indubbiamente, riportando la solidariet tributaria a quena di dixitto comune, nascono molite serie e gravi difficolt di applicazione (per un accenno a taluni di questi problemi cfr. la nota a Cass. 28 ottobre 1969, n. 3534, in questa Rassegna, 1970, I, 81), ispecie in relazione ai rapporti pendenti sviluppatisi nell'osservanza di un pacifico diverso concetto di solidariet. Forse per evitare di fare affermazioni troppo drastiche sulla esclusione degli effetti che l'iniziativa di un contribuente pu produrre a vantaggio dei coobbligati e nell'attesa di una pi meditata risoluzione dei complessi problemi, la s. c. ha nel caso specifico ritenuto opportuno risolvere la controversia su un diverso terreno. Ma un tal fine poteva essere raggiunto altrimenti (con la semplice considerazione che il ricorso di un contribuente se pu giovare agli altri, anche a norma dell'art. 1306 e.e., per il suo effetto diretto che _f;! capace di produrre, non pu in nessun caso interrompere la prescrizione per l'intero rapporto a vantaggio dei coobbligati), meglio che con un'affermazione non motivata e assolutamente insostenibile, contraria alla norma espressa dell'art. 93, e in radicale contrasto con consolidatissima giurisprudenza; affermazione assai pericolosa per la Finanza, che trovasi stranamente inserita in una pronunzia ad essa favorevole. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 settembre 1970, n. 126'9 -Pres. Ros1sano -Est. Gambogi -P. M. Secco (conf.). -Delfino (avv. Roghi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Castiglione Morelli) e Esattoria di Genova (avv. Villani). Violazione delle leggi finanziarie e valutarie -Iscrizione di ipoteca Opposizione -Termini -Accertamento definitivo dell'obbligazione tributaria -Irretrattabilit. (1. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 27). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 875 Imposte e tasse in genere -Opposizione di un creditore concorrente sulla sussistenza del credito d'imposta accertato verso il debitore -Esclusione -Opposizione sulla sussistenza delle cause di prelazione -Ammissibilit. (I. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 27; e.e. artt. 2900, 2901). L'opposizicme del debitore di imposta contro l'iscrizione di ipoteca ex art. 27 deita i. 7 gennaio 192.9, n. 4, non soggetta a termini di deca denza, pur essendo proponibile ove venga affermata l'inesistenza del credito fiscale per il quale l'ipoteca venne iscritta, noin pu rimette1e in discussione la sussistenza del credito accertato ccm pirovvedimento definitivo (nella specie decreto ministeriale in materia di imposta sul l'entrata) non impugnato nei termini prescritti (1). Nel 'concorso di vari creditori contro il comune debitore, a ciascuno dei creditori non spetta un potere autonomo di contestare la esistenza delle ragicmi di avere degli altri ed il rispettivo ammontare, se non nei limiti di quanto stabiiito neg'li artt. 2900 e 2901 e.e. per le azioni surro gatoria e revocatoria; conseguentemente un creditore non pu conte stare il credito di imposta accertato verso il contribuente con provvedi mento definitivo ed irretrattabile. invece consentito al creditore iure proprio di contestare le ragioni di prelazione degli altri creditori, sem prech queste contestazioni non rimettano in discussione la sussistenza del credtto (2). (Omissis). -Nel merito il Delfino, col primo mezz del gravame principale, denunziando la violazione e falsa applicazione dell'art. 27 legge 7 gennaio 1929, n. 4 e dell'art. 52 della legge istitutiva della I.G.E., lamenta che la Corte di appello, ritenendo che la opposizione alla ipoteca iscritta su richiesta dell'Intendente cii Finanza possa es1ser proposta solo ~er motivi inerenti alla iscrizione in .senso stretto, non abbia preso in considerazione la sua opposizione che non era diretta contro il definitivo decreto di condanna al pagamento della pena pecuniaria, bens (1-2) La prima massima di ovvia esattezza. Di notevole importanza la seconda massima che, con lodevole precisione, definisce la legittimazione del creditore che intende contr.astare l'azione di un creditore concorrente: fuori dei limiti dell'azione surrogatoria e dell'azione revocatoria, il creditore non pu contestare il credito di altro creditore esercitando le azioni che il debitore non ha propsto e non pu quindi rimuovere gli effetti, irretrattabilmente determinatisi, dell'atto (amministrativo o giurisdizionale) con cui l'obbligazione stata accertata. Bisogna anzi aggiungere che il creditore non pu nemmeno, utendo iu.ribus, proporre le opposizioni che fossero ancora ritualmente possibili; perch certamente la contestazione di un'obbilgazione tributaria quale che sia non pu mai 12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 876 ::; :- contro il fatto della iscrizione ipotecaria senza titolo, dato che egli non doveva rispondere in solido della sanzione fiscale inflitta alla societ; ed all'uopo aggiunge che la opposizione alla iscrizione ipotecaria di cui all'art. 27 ..della legge 7 gennaio 1929, n. 4, pu essere proposta fuori da ogni limite di tempo. La doglianza infondata, perch se vero che la opposizione de qua deve ritenersi proponibile anche per il caso di affermata inesistenza del credito fiscale per il quale la ipoteca venne iscnitta -iJ.a sentenza impugnata, del resto, ci implicitamente .rkonosce esaminando anche nel merito la eccezione del De~..fino -non men vero che accertata con provvedimento definoitivo, e cio non soggetto a gravame in a1licun modo, la esisten~a del credito suddetto, tale esistenza non pu essere posta nuovamente in discussione per il fatto che la opposizione alla iscrizione della relativa ipoteca speciale possa esser proposta, ai sensi dell'art. 27 della legge sulla repressione degli illeciti fiscali, senza alcun limite di tempo. Quanto poi all'ulteriore rilievo col quale si deduce che il Delfino non poteva eissere soggetto alla iscrizione di ipoteca per una contravven zione contestata solo alla sua societ, basta osservare che l'art. 2'7 della legge consente la iscrizione cautelare in parola sui beni del trasgressore , e poich, una volta che si definitivamente affermata la responsabilit solidale del Delfino, quale legale rappresentante della societ, nel pagamento della pena pecuniaria, anche costui deve esser considerato ex tunc trasgressore, essendo la responsabilit solidale di cui aill'articolo 12 della legge presunta iuris et de iure ma non certo oggettiva, deve concludersi che anche sui beni dell'amministratore bene fu iscritta preventivamente la ipoteca. Il primo mezzo del ricorso Delfino deve essere quindi rigettato. Col secondo mezzo, denunziando la violazione degli artt. 10, 12 e 26 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, il Delfino 1sostiene che egli non doveva rtspondere solidalmente della pena pecuniaria inflitta alla societ. Anche questa doglianza infondata. essere un'azione di contenuto patrimoniale verso il terzo ed anche perch la contestazione del credito di imposta, per sua natura, e per norma di legge, pu essere eserctata soltanto dal contribuente. Pertanto in nessun caso, e nemmeno con l'azione surrogatoria, il creditore pu contestare verso la Finanza la sussistenza e l'ammontare del credito di imposta, nemmeno quando il debitore trascuri di esercitare un'azione ancora ritualmente proponibile. Il creditore pu invece contestare al creditore concorrente le ragioni di prelazione e quindi anche la validit di una iscrizione ipotecaria, senza incontrare, di norma, preclusioni da decorso di termini; ma, ovviamente, in .questa sede non pu essere dedotta come motivo di esclusione della causa di prelazione un'opposizione di merito sulla sussistenza del credito~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA L'art. 52 cpv. della legge istitutiva dell'I.G.E. stahilisce, che ,contro il decreto del Ministero delle finanze che accerta e definisce le violazioni prevedute dalla legge stessa, nonch contro la ordinanza definitiva in materia dell'Intendente di finanza, ammesso ricorso alla Autorit GiurtsdizionaJe entro il termine di giorni sessanta. ll Delfino non ha mai ;proposto ricorso giudiziario n contro l'ordinanza intendentizia che lo condannava in solido al pagamento della pena pecuniaria di lire 130.000.00-0, n contro il decreto ministeriale che, su ricorso della sola societ, riduceva tale pena a lire 50.000.000; e pertanto, poich il termine di cui all'art. 52 della legge sulla I.G.E. chiaramente un termine di decadenza, comunque si voglia definire giuridicamente il procedimento a carattere misto posto in essere da tale norma di legge, non si vede come la questione della responsabilit del ricorrente potrebbe oggi esser riaperta. Anche in ordine a questo mezzo di ricorso si ri;prospetta, in memoria, la tesi che fa posrsibilit di opposizione a:lla iscrizione di ipoteca ex art. 27 della legge n. 4 del 1929, essendo esisa stessa senza termini, riapra i termini per reclamare in questa sede sulla sussistenza del credito fiscale; ma tale tesi stata gi disattesa in sede di esame del primo mezzo. Il gravame del Delfino deve essere quindi rigettato. La E1sattoria Consorziale di Genova, col suo unico complesso mez7o di ricorso, denunziando la violazione e falsa applicazione degli artt. 26, 27 e 58 della legge 7 gennaio 1929, n. 4; 2836, 2839 cod. civ., 6, 43, 52, della legge istitutiva dell'I.G.E.; 499, 510, 512 c.p.c.; 2, 4, 5 della egge abolitiva del contenzioso amministrativo, il tutto in relazione ad nn. 3, 4, 5 deU'art. 360 c.p.c., espone tutta una serie di censure che possono peraltro essere raggruppate in tre argomentazioni distinte, e cio: a) inesistenza di una responsabilit solidale del Delfino per il pagam~nto della pena pecuniaria ai sensi delle disposizioni delle leggi fiscali sopra indicate; b) diritto di essa Esattoria ad impugnare autonorriamente, ai sensi della legge abolitiva del contenzioso amministrativo, il decreto ministeriale che comminava detta .vesponsabilit solidale del Delfino; e) possibilit di impugnare la iscrizione di ipoteca autorizzata dal Presidente del Tribunale indipendentemente dalla questione della esistenza del debito fiscale del Delfino. Tutti questi assunti sono infondati. Quello sub b) pregiudiziale a quello sub a) -contrariamente all'ordine di trattazione del ricorso -perch se si ritiene che la Esattoria Consorziale non ha un diritto autonomo e distinto da quello del debitore di impugnare la di lui condanna al pagamento della pena pecuniaria, poich tale condanna divenuta definitiva nei confronti del Delfino, come gi questa Corte Suprema ha ritenuto respingendo il ricorso dello stesso, divJene conseguentemente impossibile entrare nuovamente nel merito della questione della sistenza del credito deUa finanza. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA L'art. 52 cpv. della legge istitutiva dell'I.G.E. stahilisce, che ,contro il decreto del Ministero delle finanze che accerta e definisce le violazioni prevedute dalla legge stessa, nonch contro la ordinanza definitiva in materia dell'Intendente di finanza, ammesso ricorso alla Autorit GiurtsdizionaJe entro il termine di giorni sessanta. ll Delfino non ha mai ;proposto ricorso giudiziario n contro l'ordinanza intendentizia che lo condannava in solido al pagamento della pena pecuniaria di lire 130.000.00-0, n contro il decreto ministeriale che, su ricorso della sola societ, riduceva tale pena a lire 50.000.000; e pertanto, poich il termine di cui all'art. 52 della legge sulla I.G.E. chiaramente un termine di decadenza, comunque si voglia definire giuridicamente il procedimento a carattere misto posto in essere da tale norma di legge, non si vede come la questione della responsabilit del ricorrente potrebbe oggi esser riaperta. Anche in ordine a questo mezzo di ricorso si ri;prospetta, in memoria, la tesi che fa posrsibilit di opposizione a:lla iscrizione di ipoteca ex art. 27 della legge n. 4 del 1929, essendo esisa stessa senza termini, riapra i termini per reclamare in questa sede sulla sussistenza del credito fiscale; ma tale tesi stata gi disattesa in sede di esame del primo mezzo. Il gravame del Delfino deve essere quindi rigettato. La E1sattoria Consorziale di Genova, col suo unico complesso mez7o di ricorso, denunziando la violazione e falsa applicazione degli artt. 26, 27 e 58 della legge 7 gennaio 1929, n. 4; 2836, 2839 cod. civ., 6, 43, 52, della legge istitutiva dell'I.G.E.; 499, 510, 512 c.p.c.; 2, 4, 5 della egge abolitiva del contenzioso amministrativo, il tutto in relazione ad nn. 3, 4, 5 deU'art. 360 c.p.c., espone tutta una serie di censure che possono peraltro essere raggruppate in tre argomentazioni distinte, e cio: a) inesistenza di una responsabilit solidale del Delfino per il pagam~nto della pena pecuniaria ai sensi delle disposizioni delle leggi fiscali sopra indicate; b) diritto di essa Esattoria ad impugnare autonorriamente, ai sensi della legge abolitiva del contenzioso amministrativo, il decreto ministeriale che comminava detta .vesponsabilit solidale del Delfino; e) possibilit di impugnare la iscrizione di ipoteca autorizzata dal Presidente del Tribunale indipendentemente dalla questione della esistenza del debito fiscale del Delfino. Tutti questi assunti sono infondati. Quello sub b) pregiudiziale a quello sub a) -contrariamente all'ordine di trattazione del ricorso -perch se si ritiene che la Esattoria Consorziale non ha un diritto autonomo e distinto da quello del debitore di impugnare la di lui condanna al pagamento della pena pecuniaria, poich tale condanna divenuta definitiva nei confronti del Delfino, come gi questa Corte Suprema ha ritenuto respingendo il ricorso dello stesso, divJene conseguentemente impossibile entrare nuovamente nel merito della questione della sistenza del credito deUa finanza. - 878 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO i Ci posto, va allora osservato che bene la Corte cli appello ha i . affermato che, nel concorso dei vari creditori contro il comune debitore, , ' a ciascuno dei creditori stessi non spetta un potere autonomo di conte I stare la esiistenza delle ragioni cli avere degli altri ed il rispettivo quantum, nel senso che tale contestazione pu concepirsi .solamente se si concreti in una azione sUl'lrogatoria (airt. 2900 cod. civ.) o revocatoria (artico. Io 2901 cod. 'civ.). Se Cosi non fosse, se cio 11 creditore avesse l'indiseriminato potere, in sede di esecuzione ordinaria (per il fallimento vige, come noto, la diversa regola dell'art. 100 legge fallimentare), di rimettere' in d1scussione la esistnza di crediti altrui gi canonizzati nei confronti del debitore, come nella specie si vuol fare, si violerebbe, appunto, il disposto dell'art.. 2900 cod. civ. che ammette solamente l'esercizio in via surrogatoria da parte del creditore dei diritti e delle azioni spettanti al debitore; cosicch se il debitore ha gi consumato il diritto o l'azione il creditore non pu pi a lui surrogarsi. Vero che l'Esattoria Consorziale '8ostiene che essa non intende esercita.re una azfone surrogatoria quando impugna di illegittimit l'atto amministrativo di condanna del suo debitore alla pena pecuniaria, ed afferma di esercitare, come si premesso, una azione autonoma e distinta da quella del debitoire; ma se d foSiSe iPOS1sibile non si ,comprenderebbe allora che ragion d'essere e che efficacia avrebbero i limiti impo:sti dall'art. 2900 all'esercizio della surro,gatoria: azione prevista dal codice proprio per delimitare e definire -assieme, riiPetesi, alla revocatoria ~ quali siano le ipotesi di azione reciproca dei creditori concorr~nti per quanto concerne la esistenza dei crediti rispettivi. Nella specie, quindi, essendosi gi accertata la .sussistenza del credito de quo nei confronti del Delfino, ogni ultriore contestazione da parte della Esattoria preclusa. Tutt'altra questione, naturalmente, quella sollevata sub e) in ordine alla possibilit cli impugnare la iscrizione della ipoteca indtpendentemente .dalla eccezione relativa alla esistenza del credito: i creditori concorrenti sono naturalmente legittimati iure proprio a contestare le reciproche ragioni di prelazione, n nella specie pu farsi questione di definitivit del provvedimento di iscrizione della ipoteca, pevch, effettivamente, l'art. 27 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, non pone limiti di tempo alla opposizione degli interessati (debitore e terzi creditori) contro il decreto del Presidente del Tribunale che autorizza la iscrizione. Ma ci posto, :se implicitamente, dalla incompatibilit, del significato della norma, con la normale destinazione della legge a disporre solo per il futuro (Cass., sez. un. civ., 12 dice~bre 1967, n. 2926). Rettamente, dunque, stato affermato, dalla Corte di merito, che, per i rapporti anteriori all'entrata in vigore della legge 16 -dicembre 1959, n. 1070 e della legge 31 ottobre 1961, n. 1196, e, per effetto dell'art. 8, lett. c) della legge 9 gennaio 1940, n. 2, in relazione all'art. 33 del regolamento approvato con r.d. 26 gennaio 1940, n. 10, la riduzione dell'aliquota dell'I.G.E. all'l % non compete ~e non in ipotesi di prestazione di servizi nei quali l'attivit lavorativa sia prevalente sull'impiego di materiali e sia prestata da soggetti esercenti arti o mestieri, senza organizzazione d'impresa, e senza organizzazione lussuosa o compless. Sono, pertanto, esclusi dalla riduzione di aliquota le forniture di impianti elettromeccanici, ancorch costruiti su ordinazione del committente, sempre che la costruzione dell'impianto presenti carattere di complessit, il valore della materia si presenti come prevalente, rispetto al prezzo totale di fornitura, e il montaggio dell'impianto si presenti come una delle fasi della fornitura medesima, avente carattere, obbiettivo, di prestazione. di opera e non di servizio. incensurabile, se congruamente e correttamente motivato, l'apprezzamento del giudice di merito, circa la natura della prestazione e la prevalenza dell'attivit lavorativa sulla fornitura di materiale, ai fini della riduzione dell'aliquota tributaria. Tale principio, risultante dalla legge, non potrebbe essere contraddetto da atti amministrativi, che vi avessero, eventualmente, derogato (Cass., 17 maggio 1961, n. 1160), n risulta contraddetto dal fatto che sia stato affermato essere soggette all'abbonamento 'le officine meccaniche (rt. 4, d.m. 10 dicembre 1953), in quanto l'espres PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 883 sione officina deve intendersi, visibilmente, adoperata nel senso contrapposto ad opificio e, cio, con riferimento alla bottega, artigiana, di un meccanico, che svolga attivit prevalentemente lavorativa, nel senso, qualitativo e funzionale, di cui all'art. 2083 e.e. ed al r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Cass., 18 luglio 1958, n. 2622). Nella specie, la Corte di merito ha ritenuto, con motivazione chiara, esauriente, immune da vizi logici e da errori giuridici, che la ricorrente era da considerarsi, per organizzazione e potenzialit economica, come impresa industriale; che impiegava un cospicuo numero di dipendenti, tale da superare i minimi di cui all'art. 2 della legge 25 luglio 1956, n. 860, fissati per le imprese artigiane di diritto comune, mentre, ai fini fiscali, per l'art. 20 della stessa legge, sono da adottare limiti ancora pi rigorosi; che impiegava macchinari che, per numero specie e grado di produttivit, conferivano all'azienda struttura industriale; che non solo, dunque, l'azienda esulava, soggettivamente, dal concetto di esercente arte e mestiere, con prestazione al dettaglio, ma, oggettivamente predisponeva gli impianti elettrici, che, poi, venivano eduti ai clienti e montati, a cura dell'azienda, su natanti; che l'attivit di montaggio era subordinata, e non prevalente, e tutta l'attivit lavorativa era subordinata e secondaria, rispetto al materiale fornito : onde, anche dal punto di vista meramente oggettivo, non ricorreva ipotesi di prestazione di servizi, ma di prestazione d'opera, e, comunqqe, non ricorreva: ipotesi di servizio al dettaglio, con prevalente attivit lavorativa. Con giudizio di fatto, insindacabile, perch congruamente motivato, la Corte di merito, in relazione a principi giuridici esatti, dei quali ha fatto una perfetta applicazione, ha escluso, rettamente, l'a(pplicabilit dell'aliquota ridotta, per difetto di presupposti di cui al citato art. 8, lett. e) della legge 2 gennaio 1940, n. 2. La Corte di merito ha rettamente ritenute inapplicabili, ai rapporti d'entrata anteriori, le disposizioni delle sopraggiunte leggi 16 dicembre 1959, n. 1070 e 31 ottobre 1961, n. 1196, pur rilevando c;he, anche a prescindere da ogni qualifica professionale, e anche a voler dare, alla stregua delle sopraggiunte leggi predette, unicamente rilievo alla natura, obbiettiva, della prestazione, dovrebbe, egualmente, escludersi la riduzione di aliquota, perch la prestazione non , obbiettivamente, caratterizzata da prevalenza di attivit lavorativa. Il primo motivo del ricorso deve, dunque, essere rigettato. Col secondo motivo, la societ ricorrente denuncia violazione dell'art. 33 del regolamento approvato con r.d. 26 gennaio 1940, n. 10, per avere la Corte di merito, erroneamente, ritenuto tassativa e non eis:emplificativa la casistica ivi formulata, trascurando che la legge prevedeva prestazioni derivanti da impiego, e non solo da uso, di materiale e che l'art. 18 dello stesso regolamento estendeva il concetto di pre 884 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO .~ stazioni al dettaglio alle lavorazioni eseguite da industriali, mentre, erroneamente, la Corte di appello le limit ai soli umili artigiani. Anche questa censura infondata. Il carattere esemplificativo della casistica, di cui all'art. 33 citato, non elimina il senso della elencazione, che, riferendosi solo ad attivit prevalentemente lavorative, funziona da elemento 'chiarificatore della ratio legis, confermando che la riduzione di aiLiquta compete solo a tali attivit. N il fatto che fa prestazione possa essere costituita da impiego di materiali e manodopera esclude il limite di applicabilit dell'aliquota minore alle prestazioni, nelle quali, pur ricorrendo un impiego, misto, di manodopera e ma~eriali, vi sia prevalenza dell'attivit lavorativa. Il cncetto di impiego di materiale pu, certo, implicare una trasfocrmazione, che ecceda dal semplice uso, ma, anche in tale ipotesi, l'attivit lavorativa pu essere prevalente, come la legge vuole, onde la formula impiego non esclude, affatto, il limite normativo che esige tale prevalenza. L'art. 18 del regolamento, e ci risulta, chiarissimamente, dalla esemplificazione in esso contenuta, con l'espressione non commercianti ., non intende riferirsi ad industriali ., ma, chiaramente, ribadisce il concetto di esercenti di arti e mestieri , di cui all'art. 33 dello stesso regolamento, ed, in verit, il riferimento esplicito a lavatura e stiratura di biancheria ., nonch di confezioni di oggetti di vestiario ., di spremitura di olive ., e di cottura nei forni di commestibili ., non fanno, certo, pensare all'industria, ma alle lavandaie, alle stiratrici, ai sarti, ai fornai, ecc. e, comunque, ad attivit prevalentemente lavorative. Anche il secondo motivo del ricorso non pu essere accolto. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 settembre 1970, n. 1279 -Pres. Marletta -Est. Spadaro -P. M. Del Grosso (conf.). -Ministero delle Finanze (Avv. Stato Corsini) c. Soc. Immobiliare Giarco. Imposte e tasse in ~enere -Procedimento innanzi alle Commissioni Motivazione dei ricorsi -Requisiti minimi. (c.p.c. art. 342; r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, artt. 25, 38. e 41). .@ La specificazione dei motivi di gravame, richiesta dall'art. 342 ;% c.p.c., assolve alla funzione di determinare e delimitare il thema deci: fii dendum della controversia (quantum appellatum) sicch sufficiente, m per il conseguimento di questo scopo, che le censure dedotte siano in-~:@ dicate in maniera idoinea a individuare, con chiarezza e senza incertezza, f,::,Jli l'o,ggetto e l'ambito del riesame da parte del giudice dell'impugnazione rn:::= <:'.:-'. e ci avuto riguardo all'oggetto della controversia dibatt,uta in primo PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 885 grado. Pertanto nel giudizio di sola valutazione da ritenersi sufficiente la motivazione del ricorso al giudice di secondo grado contenuta nella semplice affermazione che il valore deciso non trova corrispondenza con quello venaLe in comune comme'l"cio (1). (Omissis). -Con il primo motivo, la ricorrente Amministrazione delle Finanze, deducendo la violazione e fa.lisa applicazione dell'articolo 342 c.p.c. in relazione agli artt. 25, 38 e 41 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, lamenta che. la CommiJssione Provinciale di Milano ha errato nel ritenere generico il motivo, dedotto con l'appello proposto dalla stessa Amministrazione avverso la decisione della Commissione distrettuale di Monza, che aveva ridotto a L. 45.000.000 il valore accertato dall'Ufficio del Registro in L. 114.500.000, per l'immobile, oggetto dell'atto di ieomp.ravendifa del notaio Viale di Monza del 1>8 gennaio 1963. In particolare, rilevando che la competenza delle Commissionf tributarie limitata, nel procedimento di valutazione, alla sola stima dei beni soggetti a tassazione e che la relativa controversia non pu, quindi, avere altro oggetto oltre quello della determinazione del valore dei beni stessi, sostiene che il precetto, di cui all'art. 342 c.p.c., deve ritene11si ;s:oddiisfatto quando il motivo, dedotto nell'atto di impugnazione, sia enunciato, come nella specie, nei semplici termini di una non corrispondenza del valore dei beni, determinato dalla decisione impugnata, con quello venale in comune commercio , tanto pi che, ai sensi degli artt. 2,5 e 41 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, le Commissioni tributarie, in grado di appello, hanno i pi vasti poteri istruttori, esercitabili anche di ufficio ai fini della revisione del giudizio di stima formulato daJ:le Commissioni di primo grado. Il motivo fondato. Com' stato costantemente affermato da questa Corte Suprema anche in recenti decisioni (sentenze 9 giugno 1969, n. 2021; 23 ottobre 1969, n. 176; 14 ottobre 1968, n. 3283 e 22 ottobre 1968, n. 3406), la specificazione dei motivi di gravame, richiesta dall'art. 342 c.p.c., assolve alla funzione di determinare e delimitare il thema decidendum della controversia (quantum appellatum) sicch sufficiente, per il conseguimento di questo scopo, che le censure dedotte siano indicate in maniera idonea ad individuare, con chiarezza e senza incertezze, l'oggetto (1) Giurisprudenza ormai pacifica (Cass. 23 gennaio 1969 n. 176, in questa Rassegna, 1969, I, 98; 27 marzo 1970 n. 847, ivi, 1970, I, 466). stato anche precisato che i requisiti della motivazione diventano ancor meno Tigorosi quando risulti chiaro il proposito della parte di volere con l'impugnazione investire la decisione nella sua interezza (Cass. 17 luglio 1968, n. 2580, in Riv. leg. fisc., 1969, 611). 886 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e l'ambito del riesame da parte del giudice dell'impugnazione. A questo requisito occorre, pertanto, avere riguardo per accertare, caso per caso, il carattere specifico o generico di un motivo di gravame, con la conseguenza che deve escludersene la genericit tutte le volte che le lagnanze dedotte, pur non contenendo una dettagliata esposizJ.one degli elementi sui quali si fondano, prospettino, anche in forma sintetica ma inequivoca, le ragioni della lamentata ingiustizia della impugnata decisione, consentendo cosi al giudice della impugnazione di cogliere i punti della controversia sui quali demandato il ~uo riesame. E, ai fini di questa indagine ha certamente rilevanza, come stato osservato dalla ricorrente, l'oggetto della controversia dibattuta in primo grado, essendo evidente che, in relaziooe ad esso al suo contenuto ed ai suoi limiti, viene ad assumere particolare e specifico valore il significato di una censura, la cui formulazione, isolatamente considerata, potrebbe apparire generica. Ne discende che nella indagine, che nel caso di specie questa Corte chiamata a compiere, con pieni poteri, a seguito della denunzia di un errore in procede!)1.do, sul giudizio espresso dal giudice di merito, non pu essere trascurata la considerazione che il giudizio II delle commissioni tributarie, nel procedimento di valutazione, limitato alla sol determinazione del valore dei beni, rispetto ai quali il valore stesso, ai fini della loro tassazione, ha formato oggetto di controversia, e che, perci, in relazione a tale oggetto, deve essere condotto l'esame per stabilire se il motivo, dedotto con l'appello proposto dall'Amministrazione delle Finanze contro la decisione della Commission, e distrettuale di Monza, abbia carattere generico, come affermato i dalla Commissione Provinciale di Milano che per questa ragione, dichiar inammissibile il relativo appello, ovvero carattere specifico, I- come sostenuto dalla ricorrente. Ora premesso che la dedotta censura risulta enunciata nei seguenti - testuali termini: in quanto il valore deciso non trova corrispondenza I con quello venale in comune commercio all'atto del trasferimento, deve subito rilevarsi che questa enunciazione, oltre a contenere la indicazione di due specifici dati, quello relativo al valore attribuito ai beni dalla decisione della Commissione distrettuale e l'altro relativo al valore venale che i beni stessi avevano in comune commercio all'atto del trasferimento, puntualizza la lagnanza nella non corrispondenza tra quei due valori. E poich il valore, determinato dall'Ufficio del Registro in base ad un accertamento dell'U.T.E. che si richiamava a quel valore venale dei beni e alle sue componenti, era stato ridotto dalla Commissione distrettuale, a seguito del reclamo proposto dal contribuente da L. 114.500.000 a L. 45.000.000, chiaro che la dedotta censura, lamentando il divario tra il valore attribuito dalla detta Commissione e quello venale-in comune commercio, ha in maniera univoca, determinato e delimitato l'oggetto del riesame da parte del giu PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 887 dice dell'impugnazione in quello stesso dibattutosi nella controversia di primo grado, ossia nella determinazione del giusto valore da attribuirsi ai beni con riferimento al dato obiettivo del valore venale e delle sue comppnenti, risultanti dall'accertamento dell'ufficio. Il thema decidendum della controversia risultava, quindi, specifi cato, con sufficiente certezza, dalla dedotta censura talch, ben fonda tamente, deve affermarsi, in accoglimento dell'esaminato motivo di ri corso, che ha errato la Commissione Provinciale di Milano nel rite nerla generica e nel dichiarare inammissibile l'appello. -(Omissis). . CORTE DI CASS,A.ZIONE, Sez. I, 7 settembre 1970, n. 1280 -Pres. Pece -Est. Berarducci -P. M. Chir (conf.) -Ministero delle Finanze (Avv. Stato Castiglione Morelli) c. Soc. Provera e Carrassi. Imposta di re~istro -A~evolazioni per la costruzione di case di abita.: zione non di lusso -Contratto di appalto per la costruzione di Chiesa annessa a comunit -Si applicano. (I. 2 luglio 1949, n. 408, art. 14; 1. 19 luglio 1961, n. 659, art. 1; r. d. 21 giugno 1938, n. 1094, art. 2). L'agevolazione deU'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408, estesa dall'art. 1 della legge 19 luglio 1961, n. 659 agli edifici contemplati nel- l'art. 2 del r.d. 21 giugno 1938, n. 1094 (edifici scolastici, caserme, ospedali, case di cura, collegi, ricoveri, educandati, orfanotrofi ecc.) si applica anch aU'appalto per la costruzione di una chiesa aggre,gata ad uno dei complessi ricettivi indicati nella legge (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso, l'Amministrazione finanziaria -premesso che. l'art. 14 della legge n. 408 del 1949 prevede il beneficio della tassa .fissa di registro per i contratti di appalto che abbiano per oggetto la coistruzione di 'case di abitazione non aventi carattere di lusso, e che l'art. 1 della legge, n. 659 del 1961 stabilisce, mediante il richiamo al r.d. 21 giugno 1938, n. 1094, che la [predetta agevolazione si estende agli edifici scolastici, caserme, ospedali, case di cura, asili infantili, orfanatrofi e simili -sostiene che nessuno degli edifici oggetto del contratto di appalto in questione avrebbe i caratteri richiesti dalle"'sopra citate norme, in quanto i detti edifici sono ostituiti da una chiesa, da locali per ufficio, per la palestra ginnastica, per (1) Non constano precedenti. 888 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA il teatr'o, per la falegnameria e per la tipografia, ossia da costruzioni non destinate ad ospitare collettivit di persone. Il motivo privo di fondamento. pacifico che il beneficio dell'imposta fissa di registro previsto, dall'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408, per i contratti di appalto aventi per oggetto la costruzione delle case di abitazione non di lusso, stato esteso, dall'art. 1 della legge 19 luglio 1961,, n. 659, ai contratti di appalto per la costruzione, l'ampliamento ed il completamento degli edifici contemplati dall'art. 2, comma secondo, del r.d. 21 giugno 1938, n. 1094 (.convertito nella legge 5 gennaio 1939, n. 35), il quale testualmente dispone che sono equiparati alle case di civile abitazione gli edifici scolastici, le caserme, gli ospedali, le case di cura, i ricoveri, le colonie climatiche, i collegi, gli educandati, gli asili infantili, gli orfanatrofi e simili . Ci posto, ne risulta evidente che la tesi dell'Amministrazione finanziaria inacc.ettabile, non potendo in alcun modo sostenersi -come praticamente con tale tesi si sostiene da detta Amministrazione -che nel concetto degli edifici indicati nella norma del secondo comma dell'art. 2 del regio decreto sopra citato, siano compresi soltanto i locali destinati a fungere da abitazione o alloggio per le collettivit di persone negli stessi edifici ospitate, con esclusione, quindi, di quei I locali che a tale esclusiva funzione non siano adibiti. Nel concetto degli anzidetti edifici, in difetto di una contraria, I espressa volont del legislatore, rientrano, invero, tutti quegli elementi edilizi che sono necessari al conseguimento delle finalit istituzionali I delle comunit di persone che gli stessi edifici sono destinati ad ospitare; come, ad esempio -nel caso di istituti che accolgono i fanciulli abbandonati o minorati -i locali destinati ad ospitare gli uffici di amministrazione degli istituti medesimi ed i locali destinati all'esercizio di quella funzione di 'educazione e di istruzione professionale che propria di tali istituti. Infatti, non nella realt delle cose ed , pertanto, inconcepibile un istituto del genere che non abbia, oltre i locali destinati all'alloggio ed alla assistenza dei fanciulli ricoverati, anche i locali destinati all'esercizio delle varie attivit che sono connesse alla vita dello stesso istituto secondo i suoi fini istituzionali (chiesa, aule scolastiche, laboratori, palestra, uffici, ecc.). Ed perci che, avendo il legislatore indicato, nella citata norma dell'arrt. 2, .gli anzidetti edifici, senza enuncfare alcuna limitazione circa le foro varie componenti, deve logicamente ritenersi -cosi come esattamente hanno ritenuto i giudici del merito -che egli abbia inteso riferirsi a detti edifici considerati ognuno nel complesso degli elementi che lo costituiscono, ivi compresi, quindi, tutti quei locali senza dei quali le comunit o collettivit di persone che negli stessi edifici sono ospitate non possono conseguire i fini in vista dei quali sono state organizzate. -(Omissis). aat6ll&lllll=lltllltltlJ,il%ili1 ~ ~)riliWll0frillflllE&lllllllllllflillll4 ~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 889 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 settembre 1970, n. 1282 -Pres. Pece -Est. Elia -P. M. Cutrupia (diff.) -Ministero delle Finanze (Avv. Stato Ricci) c. Soc. La Musica Fiorentina (avv. Tosatti). Imposta generale sull'entrata -Entrata imponibile -Passaggi di merci in sospeso o in conto deposito -Dimostrazione -Esclusione di mezzi diversi da quelli tassativamente stabiliti dalla legge. (I. 19 giugno 1940, n. 762, artt. 1, 2, 3 e 1.3; reg. 26 gennaio 1940, n. 10, artt. 13, 14, 15, 19 e 31). Il passaggio di merci in sospeso o in conto deposito d luogo ad entrata imponibiie ogni v01Lta che non risultino osservate le formaiit stabilite nelle normi} del regolamento 26 gennaio 1940, n. 10; non ammessa nessuna prova contraria alla presunzione che il passaggio di merci sia atto economico produttivo di entrata, diversa da quelle stabilite dalla legge ed quindi in ogni caso inammissibile la prova testimoniale (1). (Omissis). -Col primo mezzo la ricorrente Amministrazione delle Finanze denuncia violazione degli artt. 13 della legge 19 giugno 1940, n. 762 e 13, 14 e 15 r.d. 26 gennaio 1940, n. 2., in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., deducendo che erroneamente la Corte di merito ha escluso il necessario presupposto, ai fini dell'imposta sull'entrata, della esistenza in concreto di una entrata imponibile, senza considerare che invece la legge, al fine di evitare evasioni, assoggetta al tributo ogni passaggio di merci che, svolgendosi tra ditte commerciali si presume abbia dato luogo ad una entrata imponibile. Solo-se il passaggio, oggetto di imposta, si effettui in sospeso o in conto deposito, da una ditta ad un'altra ditta commerciale, la legge consente che il tributo sia corrisposto al momento in cui si perfezioni la vendita, ma tale concessione subordinata all'osservanza delle formalit previste dagli artt. 13, 14 e 15 del regolamento, in mancanza delle quali l'imposta senz'altro dovuta in quanto si presume acqu1sJ.to il diritto all'entrata costituita dal prezzo. Nella specie per la mancanza delle formalit predette l'imposta era dovuta ed erroneamente venne denegata dalla sentenza impugnata. La censura fondata. L'art. 1 del r.d.J. 9 .gennaio 1940, n. 2., convertito in legge 19 giugno 1940, n. 762, assoggetta ad imposta proporzionale l'entrata in danaro o con mezzi di pagamento sostitutivi del danaro, in .corrispondenza di cessione di beni o prestazione di servizi.. (1) Decisione esattissima di cui va segnalata la esaurientissima motivazione. Per un precedente analogo cfr. Cass., 10 giugno 1968, n. 1776,. in questa Rassegna, 1968, I, 999. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 890 Per l'art. 2, lett. b) della stessa legge l'entrata riguardante le ditte e societ commerciali costituita in genere dalle somme introitate in dipendenza dell'attivit commerciale. Per l'art. 3 della legge medesima costituiscono altresi atti economici soggetti alla imposta sull'entrata i passaggi di merci fra una ditta produttrice ed i propri negozi di vendita al pubblico, salvo che le merci siano state confezionate su ordinazione del cliente fatta a mezzo del negozio e salvo che il negozio sia adibito a esposizione e non vi si concludano vendite. Per l'art. 13 della stessa legge nel caso di merci spedite o consegnate in sospeso da una ditta commerciale od industriale ad un'altra, per essersi riservata la ditta acquirente di perfezionare l'acquisto delle merci dopo averle esaminate o scelte, l'imposta dovuta al momento in cui la vendita si perfeziona per l'avvenuta scelta. Per lo stesso art. 13 della legge medesima nel caso di merci spedite in conto deposito, l'imposta dovuta nel momento in cui la vendita si perfeziona per l'avvenuta rivendita da parte della ditta depositaria . Risulta dal complesso di tali disposizioni che la legge assoggetta ad imposta i passaggi di merci da ditta a ditta, come atti economici presunti produttivi di entrata. Per quanto riguarda le merci in sospeso o le merci in conto deposito ., l'art. 13 della legge rinvia al momento in cui la vendita si sia perfezionata mediante la scelta da parte del destinatario (presunto acquirente ) o mediante la rivendita da parte del depositario delle merci medesime. In relazione alle merci spedite o consegnate in sospeso da una ditta commerciale all'altra, per essersi riservata la ditta acquirente (ossia presunta tale) di perfezionare l'acquisto dopo averle esaminate e scelte, l'art. 13 del regolamento approvato con r.d. 26 gennaio 1940, n. 10 (regolamento che per .l'art. 57 della legge n. 2 del 1940 emana norme interpretative, integrative e complementari, nonch di coordinamento ) stabilisce che vi sia annotazione in apposito libro, al quale dovranno far richiamo le note accompagnatorie necessarie in ogni ipotesi di spedizione, consegna o restituzione delle merci. Trascorso il termine di tre mesi dalla spedizione o consegna senza che la merce risulti restituita con l'annotazione sul detto libro (o regtstro), il diritto all'entrata, os1sia al prezzo della merce si presume senz'altro acquisito da chi ha spedita o consegnata la merce e l'imposta IGE deve essere corrisposta entro i dieci giorni successivi alla scadenza del trimestre. Deriva palesemente dalla lettera chiara dell.!i disposizione (ed .confermato dalla ratio, implicita ma evidente, di evitare evasioni fiscali), che in ipotesi di mancata registrazione la legge presume siasi perfezionato l'acquisto da cui deriva l'entrata sicch dovuta la relativa I.G.E. Non si ammette dalla legge alcuna prova contraria alla presunzione espressamente stabilita dall'art. 13 del regolamento e pertanto trattasi di presunzione juris et de jure (Cass., 3 dicembre 1954, n. 4366). A tale presunzione si ricollega PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 891 l'uso del termine acquirente adoperato nel testo dell'art. 13 del regolamento, come gi nel testo dell'art. 13 della legge. Analogamente l'art. 14 del regolamento, per le merci in deposito, ossia destinate a rivendita da parte della ditta depositaria, dispone la registrazione in apposito libro, mentre il successivo art. 15 precisa che se trascorso un anno non risulti, con la relativa annotazione sul detto libro, che la merce stata venduta o restituita, il diritto al prezzo si presume senz'altro acquisito dalla ditta depositante ed dovuta l'imposta. , dunque, soltanto la registrazione nei predetti libri, ai sensi degli artt. 13 della legge e 13, 14 e l5 del regolamento, che pu, eccezionalmente, per le ipotesi di consegna in sospeso o in conto deposito, spostare il pagamento della imposta al momento della perfezione della vendita mediante scelta oppure mediante rivendita. In mancanza di registrazione, dovuta l'imposta, con riferimento all'art. 3 della legge, per il solo fatto del passaggio della merce da ditta a ditta. Tale interpretazione delle citate disposizioni trova ulteriore conferma nella norma dell'art. 27 dc;:lla legge organica n. 762 del 1940, gi citata, che per ogni merce detenuta da terzi non produttori, in opifici o negozi, fa obbligo di dimostrare il pagamento dell'I.G:E. per il solo fatto della detenzione, ossia per il solo fatto del passaggio, con le eccezioni (subordinate alle formalit di legge) previste per le sole merci in sospeso, oppure in Conto deposito, o, infine, affidate in lavorazione. Ancora una definitiva, evidente e letterale conferma, riceve l'interpretazione sopra .esposta, dall'art. 19 del regolamento 1940, n. 10, che dispone testualmente quafora non siano osservate le norme stabilite dagli artt. 13 e 18 per i passaggi di merci in sospeso, in conto deposito ed a scopo di lavorazione, l'imposta si rende senz'altro applicabile, per il solo fatto del passaggio materiale della merce . Ai fini dell'imposta, cio, il passaggio materiale funziona come causa generativa della obbligazione tributaria, senza possibilit di prova contraria, se non vi siano state le registrazioni previste dal regolamento. Solo ai fini limitati della riduzione della pena pecuniaria ai sensi dell'art. 31. della legge organica e dell'art. 19 del regolamento, e sempre sul presupposto necessario (che nella specie pacifico non essere stato osservato) delle registrazioni sugli appositi libri, ammessa prova mediante documenti d'indubbia attendibilit volta a stabilire che in realt si trattava di merci in sospeso, in conto deposito o in lavorazione. Ed opportuno sottolineare che anche nelle suaccennate ipotesi dell'art. 31 della legge organka non si fa luogo a ripetizione di impost. Deve dunque concludersi che per il solo fatto del passaggio materiale di una merce da una ditta commerciale o industriale ad un'altra ditta commerciale dovuta senz'altro l'I.G.E. salvo che non risulti dalle registrazioni previste dagli artt. 13 e 14 del regolamento n. 10 del 1940 che si tratti di merci in sospeso, in conto deposito o in I I ~ I . ~ r, JI 13 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 892 lavorazione. Se manchino le registrazioni predette l'imposta dovuta in ogni caso, a termini degli artt. 13 e 27 della legge n. 762 del 1940 nonch degli artt. 13, 14, 15 e 1.9 del .regolamento n. 10 del 1940. Il primo motivo deve dunque essere accolto. Col secondo motivo del ricorso si denuncia che non era ammissibile la prova testimoniale ammessa d,al Tribunale, con pronuncia confermata in appello, ai fini di dimost.rare che non vi era stata vendita dell'organo per cui causa. Al riguardo lAmministrazione ricorrente deduce, tra l'altro, che l'ammissibilit della prova per testi era resistita, in ogni caso, dalla presunzione legale di avvenuto acquisto dell'organo, cosi come illustrato nella trattazione del primo motivo del ricorso. Ai fini della presente decisione sufficiente rilevare che la prova per testimoni era effettivamente inammissibile perch urtava contro una presunzione legale di esistenza dell'acquisto dell'organo, presunzione stabilita dagli artt. 13 e 27 di cui al decreto legge n. 2 del 1940 conv~rtito nella legge organica n. 762 del 1940 e dagli artt. 13, 14, 15 e 19 del regolamento n. 10 del 1940. Trattasi, nel sistema della legge speciale sull'I.G.E., di presunzione iuris et de iure, costituente verit giuridica ricavata da un sistema di prove legali non suscettibili diru~ mostrazione in contrario. Ne derivava quindi l'inammissibilit della prova per testi come ch rivolta ad escludere il fatto dell'acquisto, presunto, invece ed in modo assoluto, per legge poich si erano verificati tutti i presupposti di fatto partitamente indicati nelle norme sopracitate per la. esistenza, ai fini della corrisponsione dell'I.G.E., della vendita. Anche il secondo motivo di ricorso deve adunque essere accolto nei sensi sopra precisati ed esaminati. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 settembre 1970, n. 1286 -Pres. Caporaso -Est. Elia -P. M. Toro (conf.) -Ministero delle Finanze (Avv. Stato Freni) c. Comune di Roma (avv. Zampini). Imposta sui fabbricati -Edifici scolastici -Vi sono soggetti. (t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 69 e 77). Per l'art. 69 del t.u. 29 gennaio 1958. n. 645 sono soggette aU'imposta sui fabbricati le costruzioni stabili di qualsiasi specie e destinazione che siano suscettibiii di reddito autonomo > e quindi anche gli edifici scolastici di propriet degli enti locali. Sono infatti non assoggettabili a tributo sofo i fabbricati che per obiettiva loro natura o per una destinazione imposta dalla legge oon divieto di mutarla non. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 893 sono produttivi di reddito; tale condizione non si verifica per i beni de:l patrimonio anche indisponibile (1). (Omissis). -Con l'unico motivo, l'Amministrazione ricorrente denuncia violazione degli artt. 69, 77 e 78 del t.u. 29 gennaio 1958, numero 645, nonch dell'art. 91, lett. f) della legge Comunale e Provinciale 3 marzo 1934, .n. 383 e degli artt. 826, terzo comma, e 828 secondo comma del e.e., in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c. deducendo che erroneamente la Corte di merito ritenne che il fabbricato comunale non dovesse essere assoggettato all'imposta fabbricati, in quanto destinato ad uso scolastico, in adempimento dell'obbligo previsto daL citato articolo 91 lett. f) della legge Comunale e Provinciale, mentre, invece, tale destinazione non implicava insuscettibilit di reddito autonomo, a termini del citato art. 69 del t.u; del 1958. La censura fondata. Per l'art. 69 del citato t.u. n. 645 del 1958 sono soggette all'imposta fabbricati le costruzioni stabili, di qualsiasi specie e destinazione , che siano suscettibili di reddito autonomo . L'insuscettibilit di reddito, che esclude l'imposizione del tributo, deve cio, avere carattere obbiettivo, e, dunque, non dipendente da volont, subiettiva, del proprietario della costruzione. L'imposta, infatti, ha carattere reale, e colpisce lo stabile (il fabbricato) in relazione al reddito che suscettibile di produrre, ossia con riferimento al reddito potenziale che possibile trarne, con qualsiasi ipotizzabile destinazione. Deriva da tale principio, inerente alla lettera stessa della disposizione citata, che del tutto irrilevante una improduttivit di reddito che dipenda non dalla obiettiva natura della costruzione, tale da impedire ogni possibilit di destinazione produttiva di reddito, ma sia invece conseguente all'attuale e volontaria destinazione del bene, dipendente dal soggetto che pu disporne. Non basta, dunque, per escludere la suscettibilit di un reddito potenziale, limitarsi a constatare l'attuale improduttivit del bene; mentre occorre, invece, esaminare anche se la mancata produzione di reddito sia dipendente dalla destinazione attuale, talch l'edificio potrebbe, invece, produrre reddito, se utilizzato diversamente: il che implica l'esame volto a stabilire se sia possibile, in astratto, una sua (1) Decisione esattissima. La potenziale obiettiva capacit di redidto sufficiente a determinare l'imp_onibilit; essendo il tributo reale non pu avere rilevanza la temporanea destinazione. La sent. 15 giugno 1955, numero 1820, citata nel testo (in Giust. Civ., 1955, I, 1425), ha precisato che l'imposta fabbricati colpisce anche i beni demaniali che siano dati in concessione dietro paga.mento di un canone, semprech l'imponibilit non sia esclusa da norme espresse, pel'ch il reddito non costituito necessariamente da un affitto, reale o presumibile o comunque da un'utilizzazione attraverso un negozio di diritto privato, ma dalla utilit economica para~~~ gonabile all'affitto e quindi anche dalla concessione. ~ r:: r:~~~ i~~ filt 894 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO destinazione diversa e produttiva. Sempre, infatti, che sia ipotizzbile, in relazione alla natura della costruzione, una destinazione redditizia, e salvo il caso che una tale destinazione sia da ritenersi esclusa per legge, dovuta l'imposta. Consegue che l'esclusione del tributo si verifica solo per edifici che obbiettivamente, per loro natura non consentano una destinazione produttiva di reddito, o per i quali la legge imponga una destinazione improduttiva di reddito, con divieto di mutarla. Sono, cio, esclusi dalla imposizione, i beni del demanio necessario, o naturale, o primario, che, per il loro modo di essere, obbiettivamente, non consentono, una destinazione diversa dall'uso pubblico, ed i beni del demanio accidentale e legale, o secondario che la legge sottopone al regime della demanialit (Cass., 2 agosto 1949, n. 2098) salvo se siano dati in concessione (Cass., 15 giugno 1955, n. 1826). Non sono invece esclusi dal tributo i beni che, pur trovandosi destinati ad un uso pubblico, siano suscettibili di destinazione diversa, e produttiva, per loro natura e non si trovino, per legge, assoggettati al regime della demanialit, in modo che .sia proibito destinarli ad uso produttivo di reddito. Tale interpretazione, derivante dalla lettera dell'art. 69 del t.u. n. 645 del 1958, confermata dall'art. 77 dello stesso t.u. che dichiara escluse dal tributo le costruzioni costituenti demanio pubblico infruttifero dello Stato e degli altri enti pubblici territoriali, come le chiese e i cimiteri. Il termine escluse indica che non si tratta di norma che imponga una esenzione a beni che, secondo il principio generale, sarebbero soggetti all'imposta ed invece, eccezionalmente, ne sono fatti immuni, ma che la disposizione, invece, intende proprio richiamare il principio generale per cui non sorge imposizione se non c' produttivit potenziale di reddito. Alla stregua di tali considerazioni, la circostanza che il bene si trovi destinato, senza possibilit di produzione di reddito, a scuola statale, in adempimento dell'obbligo imposto dall'art. 91 del t.u. 3 ma,rzo 1'934, n. 383 al Comune di porre, gratuitamente, a disposizione dello Stato gli edifici occorrenti per le scuole statali, del tutto irrilevante. La destinazione dell'edificio a scuola statale proviene dalla volont del Comune, che potrebbe anche adempiere all'obbligo, di cui al citato art. 91 del t.u. n. 383 del 19.34, utilizzando altro fabbricato, proprio, ili o preso in locazione. La destinazione dell'edificio comunale a scuola :@ statale implica, anzi, per il Comune, il risparmio della spesa di conduzione di altro edificio da porre a disposizione dello Stato, in esecuzione del-predetto obbligo di legge. In tale situazione, il risparmio della spesa necessaria per la conduzione di un altro immobile, da fornire allo Stato, costituisce una utilit economica, e dunque rientra nel concetto di reddito, che non implica solo un lucro, ma pu consistere anche in un risparmio di spesa. PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 895 In applicazione di tali principi, la giurisprudenza ha ritenuto che la stazione marittima del porto di Genova, pur essendo un bene demaniale, da ritenersi soggetta alla imposta fabbricati, per le parti date in concessione verso corresponsione di un canone (Cass., 15 giugno 1955, n. 1820). Nella specie, la Corte di merito, come gi il Tribunale, pervenne alla conclusione che gli edifici destinati a scuole statali fossero improduttivi per tutto il periodo di durata di questa destinazione ; ci che implicava che, per natura, potessero avere una destinazione produttiva, mentre quella attuale, ad edificio scolastico, non era imposta per legge, ben potendo il Comune porre a disposizione dello Stato, in adempimento dell'obbligo di cui all'art. 91 citato, un edificio diverso. La contraria decisione dei giudici di merito deriva forse dal fatto che pu apparire non ragionevole una obbligazione tributaria del Comune verso lo Stato, ocasionata e causata dall'assolvimento di un onere legale del primo verso il secondo. Senonch, l'art. 69 del t.u. del 1958, riferentesi -come si detto -ad ogni e qualsiasi fabbricato potenzialmente suscettibile di reddito, omnicomprensivo, e non esclude dalla imposizione, come forse sarebbe auspicabile, gli immobili che il Comune per legge obbligato a porre a disposizione dello Stato per essere destinati a uso scolastico. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 settembre 1970, n. 1557 -Pres. Marletta -Est: Gambogi -P. M. Tavolaro (diff.) -Soc. Gioacchino Zoppi (avv. Santinoli) c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato Ca rafa). Imposte e tasse in genere -Pena pecuniaria -Natura -Poteri dell'in tendente di Finanza -Questione di iJ.!egittimit costituzionale dell'art. 55 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 -Manifesta infonda tezza. (Cost. artt. 101 e 108; I. 7 gennaio 1929 n. 4 artt. 3 e 55). Imposte e tasse in genere -Soggetto passivo -Soggetto sfornito di personalit giuridica e di autonomia patrimoniale -Ammissibilit -Condizioni. Imposta generale sull'entrata -Soggetto passivo -Compendi di beni o raggruppamenti di persone con distinti patrimoni -Sono tali Difetto di personalit giuridica /o di autonomia patrimoniale Irrilevanza. Poich la pena pecuniaria una sanzione amministrativa la cui determinazione non comporta in aicun modo esercizio di attivit giuri RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sdizionale, manifestamente infondata la ques.tione di illegittimit cosfJituzionale dell'art. 55 della legge 7 gennaio 192.9, n. 4 per contrasto 896 con gli artt. 101 e 108 Cost. (1). Sebbene sia ammissibile che la capacit giuridica di diritto tributario non coincida con queUa di diritto comune nel senso che possono preserntarsi come soggetto passivo di imposta unioni di persone e compendi di beni ai quali non possa riconoscersi secondo il diritto comune la persornalit giuridica o anche l'autonomia patrimoniale, non pu tuttiavia, all'opposto, affermarsi l'esistenza di un principio generale che ammette indiscriminattimente una speciale capacit di diritto tributario per ogni specie di tributo. La delimitazione delle entit elevate dal diritto tributario a soggetti di imposta deve essere caso per caso de.dotta dall'oggetto e dail'analisi delle singole imposte, semprech non vi siano espresse norme in proposito (2). Agli effetti dell'applicazione dell'imposta generale suUa entrata possono essere considerati soggetti del rapporto economico che d origine all'imposta anche compendi di beni e raggruppamenti di persone non dotati n di personalit giuridica n di autonomia patrimoniale secondo le disposizioni del diritto comune; ma perch, agli stessi effetti, si veri.: fichi il presupposto tributario deUa entrata occorre che tra i soggetti considerati esista effettiva distinzione di patrimoni dal punto di vista I economico-giuridico, non essendo all'uopo sufficiente una semplice di " stinzione organizzativa ed amministrativa nei rapporti interni od esterni (3). (Omissis). -La ricorrente Societ Zoppi alla udienza di discussione del 7 novembre 1969 ha proposto la questione della illegittimit ' costituzionale degli artt. 55 e segg. della legge 7 gennaio 1929, n. 4, che concedono all'intendente di finanza, ed al ministero delle finanze in secondo grado, la facolt di determinare con ordinanza -e rispettivamente con decreto -l'ammontare della pena pecuniaria dovuta dai trasgressori alle leggi finanziarie. Invoca all'uopo la sentenza numero 60 del 23 marzo 1969 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato la illegittimit costituzionale di tutte le norme della stessa legge n. 4 del 1929 che concedevano e regolavano il potere dell'intendente di finanza di conoscere dei reati preveduti dalle leggi finanziarie; e sostiene (1-3) Per pacifica giurisprudenza la pena pecuniaria, pur avendo carattere sanzionatorio, ha natura amministrativa ed determinata con apprezzamento di merito dall'autorit amministrativa (Cass. 1 marzo 1967 n. 446, in questa Rassegna, 1967, I, 305; 15 dicembre 1968 n. 1965, ivi, 1968, I, 1099); quindi certamente da escludere che la determinazione della sanzione costituisca esercizio di attivit giurisdizionale. Va peraltro ricordato che la Corte Costituizonale con la sent. 4 marzo 1970, n. 32 (ivi, 1970,_ I, trata. La motivazione della sentenza che approfondisce il tema offrendo in quantit al:1gomenti di grande utilit, merita di essere profondamente meditata. trata. La motivazione della sentenza che approfondisce il tema offrendo in quantit al:1gomenti di grande utilit, merita di essere profondamente meditata. 897 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA che, siccome anche il potere di emettere ordinanze e decreti di applicazione delle pene pecuniarie p;reviste dall'art. 3 della legge in materia costituisce esercizio di funzioni giurisdizionali, pure in questo caso sarebbe inconciliabile con i requisiti di imparzialit ed indipendenza del giudice previsti dagli artt. 101 e 108 cpv. della Costituzione il fatto che l'intendente .di finanza ed il ministro siano, allo stesso tempo, giudici delle infrazioni e parti in causa quali dipendenti e rappresentanti della Ammini.strazione. La pena pecuniaria prevista dall'art. 3 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 e dalle varie leggi finanziarie che specificamente la comminano, sebbene abbia carattere punitivo e non risarcitorio come la sopratassa, per considerata dalla dottrina unanime e dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema (sentenza n. 1703 del 1962, in motivazione) c;ome un11-sanzione amministr:ativa; e pertanto, almeno secondo quanto si fino ad oggi rtenuto, si concreta in un atto amministrativo, non in un atto giurisdizionale, quale invece chiaramente era il decreto penale di condann'a. emesso dallo intendente. Tale carattere amministrativo della pena pecuniaria risulta, del resto, per tabulas dalla disposizione, non certo .secondaria, dell'art. 144 cpv. della legge Organica di Registro approvata con r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, secondo il quale spetta all'ufficio del registro di determinare, nell'emettere la ingiunzione di pagamento nel caso di infrazione fiscale, non solo le tasse e sopratasse, ma anche le pene pecunarie. Siccome non si mai pensato, n pensabile, che la ingiunzione de qua costituisca, nemmeno in parte, atto giurisdizionale, appare manifesto, per elementari ragioni di coerenza sistematica, che la irrogazione della pena pecuniaria sol perch venga affidata all'intendente di finanza in altre ipotesi, non pu diventare nemmeno in tal caso esercizio di giurisdizione. Vero che detto art. 144 della legge organica di Registro stato modificato col r.d. 13 gennaio 1936, n. 2313, che ha stabilito che per le pene pecuniarie la ingiunzione emessa in seguito a richiesta dello intendente di finanza ; ma tale modifica -con la quale il presunto 189), con riferimento alle sanzioni depenalizzate, 'ha ritenuto che l'attivit amministartiva di merito con cui si determina la pena pecuniaria si sottrae al controllo giurisdizionale di legittimit e ci non viola alcun principio costituzionale. Di grandissimo interesse sono la seconda e la terza massima con le quali si affronta la questione, pressoch nuova, della capacit speciale di diritto tributario con particolare riferimento all'imposta generale sull'en 898 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giudice speciale, se mai, si sarebbe mutato in una specie di pubblico ministero -non fa che mettere ancor pi in luce il carattere di procedimento amministrativo della attivit con la quale si determinano tassa, sopratassa e pena pecuniaria. Le dispsizioni degli artt. 55 e segg. della legge n. 4 del 1929 non costituiscono, quindi, una giurisdizione speciale, ma si limitano ad attribuire una speciale competenza funzionale all'intendente di finanza -ed al Ministro in sede di gravame -in tema di accertamento fiscale; procedimento amministrativo, questo, nel quale, almeno lato sensu, rientra pure la e determinazione (anche l'uso di questo termine, invece di quello' di e condanna ., sintomatico) della pena pecuniaria mentre non vi rientra certamente la condanna per decreto emessa dall'intendente di finanza nell'esercizio di una palese e conclamata giurisdizione penale. Rimossa cosi per manifesta infondatezza la eccezione di illegittimit costituzionale che avrebbe dovuto far venir meno, nena OfPportuna sede, almeno la pena pecuniaria inflitta alla Zoppi, devesi passare all'esame dei motivi del ricorso. Il terzo di tali motivi, col quale si denunzia la violazione dell'articolo 1 della legge istitutiva dell'LG.E., dell'art. 12 e.e. e dei principi generali in ordine alla attribuzione della personalit giuridica, pregiudiziale. Con esso, infatti, si sostiene che non possibile, per applicare un tributo, configurare ad hoc la esistenza di un soggetto di diritto autonomo Che tale sia soltanto per l'ordinamento fiscale e non anche per l'ordinamento civile ed amministrativo in genere. Poich la sentenza impugnata, premesso che nel nostro diritto la capacit di essere soggetto di imposta non coincide con la capacit giuridica, in base a tale presupposto deduce che non , nella specie, necessario andare alla ricerca della natura giuridica del Consorzio del Dezzo, ma basta, agli effetti di causa, determinare se questo abbia personalit distinta da quella dei consorziati, conducendo poi la sua indagine di fatto in conseguenza a queste premesse, evidente che, se le premesse stesse fossero giuridicamente errate, i due primi motivi del ricorso e la motivazione di detta indagine di fatto, resterebbero assorbiti dall'accoglimento del terzo. Ci posto va subito rilevato che la tesi della societ ricorrente non pu essere certo accolta nella sua lata formulazione, con la quale ripetesi, si nega in radice la possibtHt di attribuire la personalit giuridica, od anche solo la autonomia patrimoniale giuridica, a determinate situazioni di fatto per comodit di imposizione fiscale . A parte la impropriet di tale espressione, infatti ius receptum che, almeno nel caso di certi tributi, proprio questa la volont di legge, altre volte riconosciuta da questa Corte Suprema che, ad esempio in materia di I I ~ Ricchezza Mobile, ha sempre ritenuto che possa essere soggetto di im PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 899 posta anche un patrimonio che, di diritto o di fatto, sebbene mancante di personalit giuridica, abbia una ,individualit analoga a quella della persona fisica o di una fondazione (sentenza n. 1559 del 1947). Il problema che si pu porre, quindi, soltanto quello della estensione di tale possibilit di configurazione di una autonomia patrimoniale giuridica ai soli effetti della imposizione di un tributo. Ci si pu, infatti, domandare se trattisi di un principio generale valevole per qualsiasi specie di tributo, oppure di una semplice possibilit teorica che vada volta per volta ipotizzata, ed eventualmente affermata in concreto nel caso del particolare tributo in esame. evidente che il problema nemmeno sorge quando la stessa legge espressamente faccia distinzione tra soggetto passivo del rapporto tributario e personalit od autonomia giuridica di diritto comune, come avviene ad esempio con l'art. 8 del t.u. delle leggi sulle imposte dirette approvate con d.p. 29 gennaio 1958, n. 645 che, codificando il principio gi affermato, come si , veduto, da questa Corte Suprema, appunto stabilisce che soggetti passivi delle imposte dirette regolate dal t.u. medesimo (art. 1) sono, oltre che le persone fisiche e giuridiche, le societ e. le associazioni (con gli ultimi due termini si designano, evidentemente, gli enti dotati di sola autonomia patrimoniale secondo il diritto comune), anche le altre organizzazioni di persone o di beni prive di personalit giuridica... nei confronti delle quali il presupposto della imposta s verifica in modo unitario ed autonomo . In casi del genere, ripetesi, di fronte al chiaro disposto di legge, non sembrando che in materia possano rkorrere difficolt di ordine costituzionale, la questione non si pone; ma essa pu sorgere, invece, quando la norma tributaria non indichi espressamente i soggetti interessati dal tributo o li indichi in termini tali da indurre perplessit dal punto di vista oggi in esame. Sembra, peraltro, che si possa escludere la esistenza di ~ principio generale nel senso assoluto ed indiscriminato che appare adottato dalla sentenza impugnata, secondo la quale, a quanto pare, basterebbe che si verta in materia di imposizione tributaria perch lo scopo di allargare l'ambito di applicazione del tributo o di rendere pi facile e pronto l'accertamento giustifichi l'attribuzione della capacit giuridica ad unioni di persone od a compendi di beni che per il diritto comune non l'avrebbero. Neanche la dottrina pi estrema tra quelle che sostengono la esistenza della distinzione tra capacit giuridica tributaria e capacit giuridica comune (contrapponendosi ad altri autori che la possibilit di tale distinzione in radice negano) afferma, invero, che il principio possa essere cos indiscriminatamente ed aprioristicamente applicato; riconoscendo, invece, che la delimitazione delle entit elevate dal diritto tributario a soggetti di imposta o di rapporto tribu 900 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tario deve essere, caso per caso, dedotta dall'oggetto e dalla analisi delle singole imposte. E questo sembra essere, anche ad avviso di questa Corte Suprema, il giusto criterio da adottare: esistenza di una generica distinzione tra capacit tributaria e ,capacit giuridica di diritto comune, ma ricerca in concreto, caso per caso, secondo l'oggetto e la natura della imposta in esame, della estensione della capacit tributaria e della eventuale possibilit di configurare, agli effetti del presupposto di imposta, la esistenza di soggetti che nel diritto comune non abbiano n personalit giuridica, n autonomia patrimoniale come le societ semplici o le asso II ciazioni non riconosciute. Anche in materia di imposta generale sulla entrata deve essere quindi istituita -cosa che la sentenza impugnata non ha fatto -questa 00 F specifica indagine, ricercandosi se l'art. 1 della legge istitutiva di tale imposta quando, nel definire i soggetti che conse~ono la entrata, parla di enti di ogni specie in aggiunta alle persone fisiche ed alle persone giuridiche, intenda comprendere in tale generica espressione oltre che gli enti forniti di autonomia patrimoniale secondo l'ordinamento civile ed amministrativo (che gi da soli formano una gamma vastissima che va dalle societ -regolari, irregolari, di fatto -ai pi vari tipi di associazioni non riconosciute a scopo politico, sindacale, sportivo, ricreativo e cosi via) anche altri enti che, pur possedendo da un punto di vista economico una autonomia patrimoniale, non poosano esser fatti rientrare tra quelli configurati od ipotizzati dalle disposizioni di cui agli artt. 2247 e segg, e 36 e segg. e.e. o da altra particolare disposizione; cosicch l'interprete possa addirittura esimersi -cos come ha-fatto la 'sentenza impugnata -dal ricercare quale possa essere secondo il diritto comune la esatta configurazione giuridica da dare al gruppo di persone od al compendio di beni soggettivizzato ai fini fiscali. E tutto ci con l'avvertenza che in materia di imposta sulla entrata questa speciale soggettivizzazione fiscale pu concernere non solo il soggetto tenuto al pagamento della imposta, e cio il soggetto che consegue la entrata, bensi anche quello che detta entrata gli procura, dato che in questo caso il presupposto-di imposta consiste in uno scambio di ricchezza tra due enti distinti ed ha per condizione logica ancor preliminare, tale distinzione dal punto di vista patrimoniale. Va osservato che la questione posta in tali termini non ha precedenti nella giurisprudenza di questa Corte Suprema, perch le sentenze richiamate dal controricorso o si riferiscono alla imposta di R.M. (sentenze n. 1559 del 1947 e n. 3341 del 1954), oppure concernono la Imposta Generale sulla Entrata ma in relazione ad un soggetto avente personalit giuridica (sent. 2059 del 1952, caso di una hoLing costi PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 901 tuita come societ per azioni; sent. n. 474 del 1953, caso di un consorzio di irrigazione); cosi come avviene per altre pi recenti pronunzie, ad esempio per la sentenza n. 1049 del 1968, concernente un consorzio fra cooperative munito di propria personalit giuridica, distinta da quella delle consorziate. E va pure rilevato che i precedenti in tema di tributo mobiliare od imposte dirette-in genere non possono fornire utile criterio interpretativo per analogia in materia di imposta generale sulla entrata, nemmeno con riferimento al tempo in cui la qualit di soggetto passivo della imposta di R.M. era riconosciuta ad enti sforniti di capacit giuridica di diritto comune senza che esistesse in proposito una disposizione espressa di legge, e cio anteriormente al t.u. 5 luglio 1951, n. 573 ed al t.u. n. 645 del 1958. La profonda diversit tra i presupposti di imposta nei due casi rende infatti imppssibile l'adozione di un criterio razionale unico per la ricerca del soggetto di imposta al di l dei confini del diritto civile. Nel caso della imposta mobiliare, essendo il presupposto di im- posta costituito dalla oggettiva produzione di un reddito qualsiasi (articolo 81 del t.u. n. 645 del 1958), di evidenza solare che, se esiste un reddito, qualcuno deve pure averlo prodotto, indipendentemente da ogni considerazione sulla sua veste giuridica; e pertanto qui l'operazione con cui si giunge alla individuazione del soggetto passivo una volta accertato in fatto il presupposto di imposta, una conseguenza automatica, alla quale non si potrebbe sfuggire trasferendo la questione dal piano economico a quello giuridico senza causare hoc ipso una flagrante evasione di imposta col configurare un reddito che non si pu colpire col tributo perch il diritto comune non consente di individuare il soggetto che lo ha prodotto. vra nel caso della imposta generale sulla entrata la situazione radicalmente diversa, perch il presupposto di imposta, e cio, l'entrata in danaro o con mezzi di pagamento sostitutivi, sembra richiedere immediatamente non ,solo la individuazione del soggetto che tale entrata consegue, ma anche la distinzione _economico giuridica tra i due _soggetti tra i quali si verifica quel passaggio di denaro o di altra ricchezza che costituisce logicamente un prius rispetto al concetto di entrata e che, ripetesi, a sua volta presuppone, come dato logico ancor precedente, la --esigenza di due patrimoni distinti tra i quali il passaggio di ricchezza possa avvenire. Talch, da questo punto di vista, potrebbe dirsi che l'interprete deve creare non solo il soggetto passivo di imposta dopo l'accerta mento del presupposto di imposta (come nei caso, ad esempio, del fe nomeno economico del reddito) ma addirittura il presupposto stesso attraverso la configurazione dei due soggetti patrimonialmente distinti tra i quali si verifichi l'entrata colpita dalla imposta. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 902 Ma, nonostante questa maggiore difficolt teorica che la soluzione pu presentare in tema di imposta generale sull'entrata, deve ritenersi che anche in questo caso l'individuazione_ del soggetto di imposta, ed anzi dei due soggetti della fattispecie tributaria, anche se comporta ex se l'affermazione del presupposto di imposta, debba esser fatta, occorrendo, fuori dagli schemi propri del diritto comune. A tale conclusione non induce necessariamente la lettera della legge, che con l'espressione enti di ogni specie potrebbe esse;re riferita anche solamente alle societ irregolari o di fatto ed alle a:ssociazioni non riconosciute, costituenti una vastissima gamma di unioni di persone o di beni alle quali ben si attaglia la definizione di ~nti; ma lo scopo della legge, cio l'oggetto della particolare imposta, che impone la conclusione stessa. L'imposta sull'entrata, infatti, vuole colpire immediatamente ed oggettivamente il passaggio di ricchezza da un patrimonio ad un altro; passaggio in s considerato, indipendentemente dalla titolarit dei patrimoni interessati, perch detta titolarit, e cio la qualit dei soggetti del rapporto, viene in considerazione solamente agli effetti delle esenzioni previste dalla legge; non agli effetti della determinazione del presupposto di imposta, vale a dire del rapporto tra oggetto e -soggetti della fattispecie tributaria. Ora la volont del legislatore, potrebbe essere facilmente frustrata, dandosi luogo ad un fenomeno di evasione fiscale, se si potesse farsi schermo delle distinzioni dogmatiche poste dal diritto comune per sostenere che la individuazione di due patrimoni distinti, possibile dal punto di vista economico agli effetti dell'accertamento del fenomeno dell'entrata, non prevista o consentita dall'ordinamento giuridico. La presente fattispecie costituisce una puntuale riprova di tali esigenze interpretative. Se, infatti, si desse per dimostrato che il Consorzio del Dezzo ha un patrimonio autonomo e distinto da quello delle due societ consorziate, il fenomeno economico dell'entrata sarebbe hoc ipso accertato; ma se non si adottasse contemporaneamente il principio della speciale soggettivit giuridica agli effetti fiscali tale entrata non potrebbe essere colpita dall'imposta nonostante la indiscriminata volont di legge, e pur fuori dal sistema delle esenzioni, per l'impossibilit di dare una appropriata definizione giuridica, secondo gli schemi del diritto civile od ammintstrativo, del Consorzio sitesso. Questo, infatti, costituito nel 1906 per uno scopo del tutto particolare, non pu certo essere considerato -e nessuno, per vero, ha cercato, in causa, di considerarlo -uno dei consorzi per il coordinamento della produzione e degli scambi previsti dalle disposizioni di cui all'art. 2602 e segg. e.e. Non pu essere considerato una societ irregolare o di fatto tra le due societ per azioni consorziate, perch questa Corte Suprema ha sempre escluso, con una nota giurisprudenza, la giuridica configu PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 903 rabilit di una societ del genere. Non pu, infine essere assimilato ad una associazione non riconosciuta ai sensi dell'art. 36 e segg. e.e., troppo diversa apparendo la figura emergente dalle ricostruzioni di fatto eseguite dalle stesse parti e dalla sentenza impugnata rispetto agli organismi a base personale regolati da tali disposizioni di legge. Deve quindi concludersi che effettivamente, agli effetti dell'imposta generale sull'entrata, basta la constatazione dell'esistenza di 4ue patrimoni distinti tra i quali si verifichi un travaso di ricchezza per~h colui o coloro cui spetta la disponibilit in senso economico del patrimonio nel quale si verifica l'entrata siano tenuti, indipendentemente dalla definizione giuridica della natura di tale distinzione patrimoniale, al pagamento della relativa imposta. Questa conclusione, peraltro, segna anche i limiti precisi della interpretazione di legge cosi resa, richiedendo, appunto, che venga accertata senza possibilit di dubbio la distinzione economica tra i due patrimoni e che questo dato di fatto necessario non sia travisato attraverso la ricerca di elementi che possano portare ad una pseudo soggettivizzazione giuridica che prescinda dall'elemento patrimoniale, come nel caso dell'apparenza del soggetto di diritto, apparenza cui talora si attribuisce, rispetto ai terzi, rilevanza giuridica. Con queste precisazioni ed entro questi limiti deve essere pertanto rigettato il terzo (pregiudiziale) motivo del ricorso. Passando cosi all'esame degli altri due mezzi del ricorso stesso, con i quali si denunzia (primo mezzo) la violazione dell'art. 1100 e.e. e (secondo mezzo) la violazione e falsa applicazione degli artt. 2247, 2248, 2602 e segg. e.e. ed ancora dell'art. 1100 e.e. nonch il difetto di motivazione, va rilevato che i due motivi debbono es13ere insieme esaminati, sia perch la doglianza di difetto di motivazione ad essi comune, sia perch lamentare che la Corte di Appello, invece di riconoscere al Consorzio del Dezzo la natura di organizzazione per lo sfruttamento di una cosa di propriet comune tra i consorziati (primo mezzo), abbia ali<> stesso consorzio attribuito la qualifica di societ o di consorzio ai sensi dell'art. 2602 e.e. (secondo mezzo) significa, in sostanza, rimettere in discussione un punto unico, anche se visto sotto due aspetti o facce diverse: e cio l'accertamento della natura giuridica e della qualit di ente autonomo del Consorzio del Dezzo medesimo. Ci posto, i due mezzi di ricorso in parola debbono essere accolti per quanto di ragione. La prima censura prospettata dalla ricorrente Zoppi, col rilevare che la sentenza impugnata non avrebbe sufficientemente motivato la reiezione della tesi dell'esistenza di una semplice comunione tra le societ riunite nel consorzio potrebbe apparire in s fondata, perch effettivamente la Corte di Appello, limitandosi ad affermare che nella 904 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO specie non ricorra lo scopo di regolare il godimento della propriet od altro diritto reale spettante in comune a pi pel'sone perch i consorzisti si associarono per creare un'industria, ha semplicemente enunciato il thema decidendum, che ra appunto quello di decidere in fatto se nella specie ricorra una comunione oppur sia stato costituito dagli interessati un ente (societ _()d altro) avente propria autonomia patrimoniale, e non ha poi esposto, nemmeno in forma succinta, quali erano gli argomenti di fatto che portavano ad escludere che vi fosse stato lo scopo di regolare la propriet comune e cio un puro e semplice regime di comunione. Senonch va notato che, nel successivo corso della sentenza impugnata, una motivazione anche su questo specifico punto implicitamente risulta dalle argomentazioni di fatto Con le quali la Corte di Appello ha giustificato l'affermazione dell'autonomia del Consorzio del Dezzo rispetto alle due societ consorziate, logicamente inconciliabile essendo tale autonomia con l'idea opposta di un semplice regime di comunione fra tali societ sui beni oggetto del co;nsorzio. Sotto questo primo profilo, pertanto, il difetto di motivazione, in de finitiva, se si considera, come si deve, la sentenza impugnata nel suo complesso, non ricorrerebbe. Ma tale difetto sussiste da un punto di vista pi generale e deci I .. sivo, dovendosi considerare del tutto irrilevanti in diritto gli argomenti di fatto schematicamente addotti dalla sentenza impugnata per dimostrare I' autonomia del_ Consorzio del Dezzo agli effetti del thema decidendum, che avrebbe dovuto essere quello sopra indicato da questa Corte Suprema; e cio l'accertamento dell'esistenza di due patrimoni distinti tra i quali potesse verificarsi il fenomeno economko dell'entrata. La sentenza impugnata, invero, pone in rilievo in primo luogo che diverso lo scopo del Consorzio del Dezzo, che produce energia eLettriica, da. queJ:Io delle socte;t c001Jsor7Jiate, che SV'Ol.geno dilversai attivit industriale. La circostanza non ha alcun peso agli effetti dell'autonomia patrimoniale del Consorzio del Dezzo, perch qualsiasi ditta che svolga attivit di impresa in uno specifico ramo pu avere succursali, filiali, ramificazioni, organizzazioni distinte, ma sempre di sua pertinenza economica, che esereitino attivit diversa, magari complementare o strumentale, come avverrebbe nella specie secondo la Zoppi. Ci che dovevasi stabilire agli effetti di causa era se l'energia prodotta del . Consorzio entrava nel patrimonio proprio di questo e non in quello delle societ consorziate attraverso la longa manus costituita dalla I organizzazione consortile; cosicch, in definitiva, l'argomento dello I' scopo del Consorzio si risolve in una tautologia, dovendosi propa.-io accertare se la produzione dell'energia elettrica non fosse scopo quan-lii tomeno mediato delle due societ consorziate. r~ ... --I! : lllfllflliifri(rrfll1:r!frr11:r1r1rrrrr:ttBf.filrf:*r&&~1e$wBrr10r1e11Ewar:rilI'lfir1w.=1,;ff4fe~ :: -~ PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 905 Come secondo argomento la sentenza impugnata adduce poi la organizzazione autonoma del consorzio, che avrebbe propria contabilit e personale proprio e stipulerebbe in proprio i contratti di appalto. Anche questi fatti sono giuridicamente irrilevanti. Questa Corte Suprema ha avuto ripetuta occasione di osservare in tema di organizzazione bancaria che l'autonomia amministrativa e contabile di speciali sezioni, filiali e succursali di un Istituto di Credito non comporta la creazione di un soggetto di diritto autonomo rispetto all'istituto stesso (sentenze n. 1712 del 1967, n. 209;3 del 1964, n. 3777 del 1956); ed il principio cosi adottato ha indubbiamente una portata generale, rientrando nel concetto dell'organizzazione della persona giuridica, dell'ente morale, od anche semplicemente dell'impresa appartenente ad una persona fisica, la possibilit della costituzione di centri autonomi di potere forniti di propri dipendenti e di propria individualt nei confronti dei terzi ma. non distinti dal punto di vista patrimoniale dall'ente che li ha costituiti. E sempre dallo stesso punto di vista appaiono parimenti irrilevan1; i agli effetti di causa gli ulteriori elementi di fatto dedotti dalla sentenza impugnata col rilevare che il Consorzio del Dezzo presenta in proprio le denunzie all'U.T.I.F. in ordine al. consumo dell'nergia elettrica, nonch le denunzie agli Enti previdenziali ed assistenziali per i propri dipendenti; anche questi adempimenti ben possono rientrare tra le mansioni di un ufficio costituito come centro di potere autonomo agli effetti organizzativi ma non patrimonialmente distinto dal soggetto o dai soggetti di impresa che lo abbiano posto in essere. L'ultimo elemento di fatto richiamato dalla motivazione della sentenza impugnata, e cio la considerazione che il Consorzio del Dezzo fa in proprio la denunzia dei propri dipendenti agli effetti dell'imposta di R.M. in categoria C/2, addirittura controproducente, come quello che induce incertezza sul fatto se il Consorzio sia o meno tassato in Cat. B quale soggetto passivo autonomo dell'imposta mobiliare. Come noto, infatti, l'imposta in cat. C/2 non grava sul patrimonio del datore di lavoro che fa la denuncia, bensi su quello dei dipendenti soggetti alla rivalsa per ritenuta; e pertanto agli effetti di causa il fatto che il Consorzio del Dezzo anticipi l'importo della C/2 in proprio, salvo rivalsa, nulla pu provare agli effetti dell'esistenza di un patri-: monio autonomo ed invece pienamente conciliabile con l'ipotesi del- l'organizzazione amministrativa speciale dell'organo distaccato, funzionalmente e strumentalmente ma non patrimonialmente distinto dalla persona o dall'ente che lo ha istituito. E poich, invece, agli effetti di cui si discute avrebbe, se mai, rilevanza la circostanza che il Consorzio del Dezzo fosse autonomamente sottoposto all'imposta di R.M. in cat. B in applicazione del sopra citato art. 8 del t.u. n. 645 del 1958 che, come si veduto, prevede una ipotesi testuale di capacit giuridica RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 906 fiscale distinta da quella comune, e dalla motivazione in esame potrebbe anch!l dedursi, in base al principio inclusio unius, excLusio aiterius che proprio in cat. B il Consorzio non fosse imposto, deve concludersi che anche sotto questo profilo la motivazione stessa fnconferente, o quantomeno assolutamente insufficiente, agli effetti del decidere, come quella che configura in fatto, a tutto concedere, l'apparenza esterna di una organizzazione di-stinta da quella delle societ consorziate, ma nulla dimostra in punto di reale ed effettiva distinzione patrimoniale interna nei rapporti tra il Consorzio e le societ consorziate medesime. inoltre da aggiungere che i'aver indirizzato la motivazione all'accertamento di fatti irrilevanti rispetto al vero thema decidendi costituisce anche errore di diritto, che richiede la enunciazione prevista dalla prima parte. dell'art. 384 c.p.c. Conseguentemente la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata ad altro giudice che applicher il seguente principio di diritto: Agl effetti dell'applicazione dell'imposta generale sull'entrata, ai sensi dell'art. 1 della legge 19 giugno 1940, n. 762, possono essere considerati soggetti del rapporto economico che d origine all'imposta anche compendi di beni o raggruppamenti di persone non dotati n di personalit giuridica n di autonomia patrimoniale secondo le disposizioni del diritto comune; ma perch, agli stessi effetti, si verifichi il presupposto. tributario dell'entrata occorre che tra i soggetti considerati esista effettiva distinzione di patrimoni dal punto di vista economico- giuridico, non essendo all'uopo sufficiente una semplice distinzione organizzativa od amministrativa nei rapporti interni od esterni. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 settembre 1970, n. 1573 -Pres. Marletta -Est. Greco -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Freni) c. Soc. La Verna. Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Ingiunzione -Natura (t. u. 14 aprile 1910, n. 639). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Opposizione ad ingiunzione -Competenza e giurisdizione -Disapplicazione dell'atto amministrativo -Vizi di forma -Censurabilit -Limiti. L'ingiunzione fiscale un atto amministrativo complesso proveniente dalla stessa Amministrazione creditrice che cumula in s le caratteristiche del titolo esecutivo stmgiudiziale e dell'intimazione di PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 907 pagamento, idoneo, per il principio di autodeterminazione che a-ssiste l'attivit della Pubblica Amministrazione, a promuovere l'esecuzione coattiva prima che si sia raggiunta giudizialmente la certezza della esistenza del credito e del suo ammontare. L'opposizione corntro l'ingiunzione inst~ura un vero e proprio giudizio di cognizione avente per oggetto l'accertamento della fondatezza della pretesa tributaria e nel quale non pu pronunciarsi la revoca o l'annullamento dell'atto amministrativo (1). Nel giudizio di opposizione contro l'ingiunzione fiscale il giudice, vertendosi in materia di diritti soggettivi, pu disapplicare l'atto amministrativo quando accerta o l'inesistenza del potere della Pubblica Amministrazione o l'inesistenza del provvedimento per difetto di validit formale o per mancanza dei presupposti richiesti dalla norma ed obietJtivamente identificabili, per essere legislativamente descritti ed indicati, e quindi sottratti ad apprezzamenti discrezionali. Ove per non cada in discussione. l'esistenza del provvedimento, il giudice ordinario deve soltanto verificare la fondatezza sostanziale della pretesa tributaria senza poter censurare la regolarit di formalit del procedimento amministrativo non aventi efficacia effettuale (2). (Omissis). -,. fondata invece la censura co~ ,cui si prospettano i limiti del giudizio di opposizione ad ingiunzione fiscale e si denuncia la loro violazione da parte della sentenza impugnata. Invero l'ingiunzione fiscale un atto amministrativo complesso, proveniente dalla stessa amministrazione creditrice che impone il tributo, che cumula in s sia le caratteristiche di un titolo esecutivo stragiudiziale, sia quella di una intimazione di pagamento, ,con l'effetto della realizzazione coattiva della pretesa tributaria in mancanza di opposizione del debitore. La idoneit del titolo all'esperimento dell'esecuzione prima che si sia raggiunta giudizialmente la certezza della esistenza del credito e del suo ammontare effetto del principio dell'autodeterminazione che as,siste l'attivit della Pubblica Amministrazione, poich il visto del pretore diretto ad accertare solo la mera regolarit formale del titolo. (1-2) Sulla natura dell'ingiunzione fiscale e del relativo giudizio di opposizioni esiste una ricchissima elaborazione giurisprudenziale (Cass., 10 marzo 1970, n. 609, in questa Rassegna, 1970, I, 431 e precedenti ivi citati). Assai importante la seconda massima con la quale si delimitano i poteri del giudice ordinario in sede di disapplicazione dell'atto amministrativo; mentre la disapplicazione non incontra limiti riguardo alla fondatezza sostanziale della .pretesa tributaria, essendo di norma negata alla 14 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 908 L'ingiunzione d origine a un parti.colare tipo di procedimento monitorio; l'opposizione del debitore instaura un vero e proprio giudizio di cognizione nel quale il debitore assume la veste di attore e l'amministrazione quella .di convenuta, ed esso ha per oggetto l'accertamento della fondatezza della pretesa tributaria con una sentenza sati-sfattoria, senza che possa pronunciarsi la revoca o l'annullamento dell'atto. Valgono invero le note regole dettate dalla legge abolitrice del contenzioso amministrativo (legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, a:rtt. 4 e 5). In particolare, siccome l'attivit amministrativa per l'accertamento e la percezione dei tributi regolata da norme di relazione, da cui sorgono diritti soggettivi per il privato, l'atto illecito che deriva dalla violazione delle suddette norme, incidente su diritti soggettivi, fonda la competenza del giudice ordinario a giudicare dei suoi effetti in relazione all'oggetto dedotto nel giudizio, con i ben noti limiti del divieto di annullamento o di revoca dell'atto e con il solo potere di disapplicazione. Questa, infatti, nelle controversie tra privato e Pubblica Amministrazione nelle quali investito direttamente e specificamente l'atto amministrativo, pu essere effettuata dal giudice ordinario allorch accerta b l'inesistenza del potere della Pubblica Amministrazione o l'inesistenza del provvedimento per difetto di validit formale o per mancanza dei presupposti richiesti dalla norma ed obbiettivamente identificabili per essere legislativamente descritti ed indicati, e quindi sottratti ad apprezzamento discrezionale. Nella fattispecie non in -controversia l'esistenza del provvedimento, ma posta in discussione l'esistenza del potere dell'amministrazione e, in sostanza, la sussistenza della pretesa tributaria. Restano quindi irrilevanti tutti quei fatti che non incidono radicalmente su di essa, escludendola o facendola venir meno. Finanza una potest discerzionale, assai ristretto invece il campo entra. il quale il giudice ordinario pu censurare la pretesa tributaria sul piano. formale. Assai importante quindi la precisazione che la disapplicazione ammissibile solo quando dai vizi formali discenda l'Inesistenza del prov-. vedimento. Un'applicazione di questo :principio si fatta, invero, con ecces-. siva invadenza degli interna corporis dell'Amministrazione, con la sent. 9 giugno 1969 n. 2010 (in Riv. 'teg. fisc., 1969, 2345) che ha Titenuto inesistente un decreto ministeriale in materia di imposta sull'entrata sottoscritto per il ministro con firma illeggibile. Nel caso ora dedso, con evidente correttezza, si invece affermato Che non viene meno il potere di esigere l'imposta per il fatto che la decisione della Commissione di valutazione non sia stata validamente notificata e che, a maggior ragione, l'opposizione giudiziaria, non essendo contestabile l'esistenza dell'ingiunzione, deve mirare al merito della pretesa senza potevsi arrestare su secondarie imperfezioni formali del procedimento. PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 909 La Corte di merito, in particolare, doveva accertare l'avvenuta attuazione dei presupposti stabiliti dalla legge a tutela dei diritti dei soggetti del rapporto tributario, portanti alla costituzione del diritto dell'amministrazione di percepire il tributo nei confronti dell'opponente nella misura richiesta e del corrispondente obbligo della convenuta societ di pagare il tributo, nella misura pretesa dall'Amministrazione finanziaria. Ora indubbiamente sulla sussistenza e fondatezza1 della pretesa tributaria, se incidono i presupposti legali, non incidono certamente quei fatti che concretano delle pure e semplici formalit non aventi efficacia effettuale e sostanziale. Nella fattispecie invece la Corte di merito ha dato rilevanza effettuale proprio a una formalit quale la notifica al contribuente della decisione della Commissione distrettuale delle imposte, prescritta dall'art. 4, secondo comma, del r.d.l. 5 marzo 1942, n. 186. Che si tratti di una mera -formalit non incidente sulla sussistenza della pretesa tributaria nascente dalla deisione della Commissione I distrettuale, che secondo l'espressa previsione del primo comma dello stesso articolo lAmministrazione pu mettere in esecuzione, nonostante l l'eventuale gravame, o del contribuente o dello stesso ufficio, si evince ! inequivocabilmente e dalla stessa lettura della norma, se si pone in j relazione con le conseguenze, anche esse espresse, della sua inosserI vanza. Dal sistema si desume che la noti.fkazione diretta alla con I cessione al contribuente di un termine di giorni trnta per pagare I i il tributo, e il mancato pagamento importa la irrogazione di una sopratassa del 10 %, senza che venga meno il diritto dell'Amministra I zione a percepire il tributo. Conseguentemente la ritenuta nullit della notificazione della decisione importa solo l'inesistenza dell'ob I bligo del contribuente di corrispondere, oltre l'imposta, anche la so pratassa ma non importa affatto l'inesistenza dell'obbligo di pagare il tributo come invece ha ritenuto la sentenza impugnata. -(Omissis). I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 settembre 1970, n. 1574 -Pres. Petrocelli -Est. Geri -P. M. Tavolaro (cornf.) -Soc. Ansaldo (avv. Uckmar) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Masi). Imposte e tasse in genere -Commissioni tributarie -Composizione della Commissione Centrale -Questione di illegittimit costitu zionale -Manifesta infondatezza. (Cost., art. 108; d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 32; d. I. 12 ottobre 1944, n. 334,. art. 2). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 910 Imposta di registro -Agevolazioni per la costruzione di case per lavoratori -Connessione strumentale -Estensione agli atti collegati Condizioni -Limiti. (1. 28 febbraio 1949 n. 43, art. 24). manifestamente infondata, con riferimento aU'art. 108, secondo comma, della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale delle norme sulla composizione della Commissione centrale delle imposte e sulle modalit della nomina dei suoi componenti (1). Le norme di agevolazione tributaria, ponendosi quali deroghe al generale principio di imposizione, mentre sono sottratte ad ogni procedimento di interpretazione analogica, SOIJ'l,O suscettibili di interpretazio1J1, e estensiva, ma in modo. tanto rigoroso da evitare un'esbensione della norma oltre i limiti del suo normale significato letterale e logico. Allorch l'agevolazione riferita daUa legge agli atti necessari ad un certo fine, la necessit va intesa come n indispensabile rapporto tra l'atto e il fine, nel senso che l'atto sia univocamente ineliminabile per il raggiungimento del fine; tale necesllit non sussiste ove l'atto sia suscettibile di scopi diversi sebbene abbia in concreto ,. contribuito indirettamente alla realizzazione del fine. La sussistenza o l'esclusione del rapporto di necessit va determinata in astratto ab origine secondo l'intrinseca natura .dell'atto e non ab exitu in base al concreto e successivo effetto prodotto. Comseguenbemente deve ne( 1-4) Conforme alla sentenza n. 1574 e l'altra coeva n. 1575 e conforme alla sentenza n. 1653 e l'altra in pari data n. 1652. Con queste pronunzie le Sez. Unite hanno proclamato che la Commissione centrale, organo di giurisdizione speciale, composta e nominata in modo non incompatibile con i principi costituzionali. Recentemente le Sez. Unite (sent. 24 aprile 1970 n. 1181, in questa Rassegna, 1970, I, 645) avevano eluso lo stesso problema perch sollevato in sede di azione ordinaria autonoma non costituente impugnazione dell decisione del giudice speciale tributario; questa volta invece di fronte ad un ricorso ex art. 111 Cost. proposto direttamente, in sede di impugnazione, contra la decisione della Commissione Centrale, il problema ha dovuto essel"e affrontato a fondo. Come si ricorder, gi in occasione della discussione sulla natura giurisdizionale delle decisioni delle Commissioni, le Sez. Unite ritennero, in via di ipotesi, che un possibile dubbio sull'indipendenza dei giudici speciali poteva se mai dar luogo alla dichiarazione di i11egittimit delle norme sulla composizione delle Commissioni, cosa che anzich escludere confermava la natura giurisdizionale dell'organo; ma gi da allora si precis che la temuta insufficiente indipendenza di alcuno dei membri non darebbe luogo a mancanza di indipendenza dell'organo giudicante unitariamente considerato, ed inoltre che un tale timore non aveva una apprezzabile consistenza perch la giurisdizione delle Commissioni minus quam perfecta e non :pu essere assistita dalle stesse guarentigie dell'a giurisdizione PARTE I, SEZ. V, GJRISPRUDENZA TRiBUTARIA 9ll garsi l;agevolazione deWart. 24 della legge 28 febbraio 1949, n. 43 ad un atto col quale un so119etto privato abbia acquistato un'area edificabile, anche se in concreto successivamente su quella stessa area la Gestione INA-Casa abbia costruito case per lavoratori (2). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21 settembre 1970, n. 1653 -Pres. Marletta -Est. Ridala -P. M. Di Majo (conf.) -Floridia (avv. I Uckmar e Floridia) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Ciardulli). I Imposte e tasse in genere -Commissioni tributarie -Composizione della Commissione Centrale -Questione di illegittimit costituzionale -Manifesta infondatezza. (Cost., art. 108, r. d. 7 agosto 1936 n. 1639, art. 32; d. 1. 12 ottobre 1944 n. 334, art. 2). Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Ricorso alla Commissione di primo grado -Motivazione del ricorso -Difetto -Rilevabilit di ufficio -Esclusione. (d. l. 8 luglio 1937 n. 1516, art. 2.3; c.p,c. art. 163 n. 4). manifestamente infondata, con riferimento all'art. 108, secollido comma, detla Costituzione, la questione di legittimit costituzionale delle norme sulla composizione della Commissione centrale dele imposte e sulle modalit della nomina dei suoi componenti (1). Mentre per il ricorso alle Commissioni in secondo e terzo grado sono appiicabiii le regole sulle impugnazioni, si che l'inammissibilit ordinaria; proprio pe! questa ragione possibile, con una sistema vagamente assimilabile per qualche suo generico aspetto alle impugnazioni straordinarie, sostituire al giudicato meno dotato di garanzie del giudice speciale quello pi perfetto del giudice ordinario (sent. 20 giugno 1969 n. 2177, in Riv. leg. ftsc., 1969, 2048; v. anche 22 settembre 1969, n. 3120, in questa Rassegna, 1969, I, 1132). Ora le due senten2le sopra riportate, con dovizia di argomenti, premesso che l'indipendenza richiesta dall'art. 108 Cost. per i giudici speciali e specializzati non pu essere quella stessa che si impone per il magistrato ordinario, hanno concluso che i membri della Commissione Centrale scelti tra i funzionari dell'Amministrazione finanziaria centrale di grado non inferiore a direttore capo di divisione (nessun sospetto pu nascere per gli altri membri provenienti dalle magistrature ordinarie e speciali e dall'Avvocatura dello Stato) non sono privi di quei requisiti voluti dalla Costituzione; ed a questa affermazione le Sez. Unite sono pervenute soprat 912 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del ricorso non motivato pu essere rilevata d'ufficio in ogn,i stato e grado, il ricorso alla Commissione di prima istanza paragonabile ail'atto di citazione e rispetto ad esso (art. 163, n. 4, c.p.c.) il difetto di motivazione non incide sulla costituzione del rapp01to processuale, rientrando nella disponibilit della parte convenuta (o resistente) la relativa eccezione di nullit (2). I (Omissis). -La ricorrente deduce, con riferimento all'art. 108, secondo comma, della Costituzione, l'illegittimit costituzionale delle norme relative alla composizione della Commissione tributaria centrale ed, in particolare, dell'art. 2 lett. e) del d.l. 12 ottobre 1944, n. 334, il quale include nelle categorie fra le quali devono essere scelti i componenti della Commissione i funzionari dell'Amministrazione finanziaria centrale di grado non inferiore a direttore capo divisione. L'indipendenza che l'art. 108, secondo comma, della Costituzione assicura ai igiudici delle giurisdizioni speciali non ricorrerebbe nei confronti del componente scelto fra i predetti funzionari, essendo la stessa esclusa proprio da tale loro qualit, ,che li pone in posizione di dipendenza gerarchica rispetto al Ministro delle Finanze, capo del1' Amministrazione. Quest'ultima oppone anzitutto l'irrilevanza della sollevata questione sotto il profilo del difetto di interesse, perch anche se questa tutto sulla base delle affermazioni pl'ecedentemente fatte dalla Corte Costituzionale sui requisiti di indipendenza dei componenti delle Commissioni Provinciali (sent. 13 luglio 1963, n. 132, il Foro .It., 1963, I, 1600), delle Commissioni distrettuali (sent. 3 dicembre 1964, n. 103, ivi, 1965, I, 4) e delle Sezioni specializzate per i contratti agrari (sent. 20 dicembre 1962 n. 108, ivi, 1963, I, 11). Le decisioni in rassegna sono riferite soltanto alla ,composizione della Commissione Centrale; in buona parte, per, le stesse ragioni possono valere per le Commissioni provinciali e distrettuali rispetto alle quali la illegittimit costituzionale gi stata esclusa con le citate sentenze della Corte Costituzionale. Di notevole interesse sono anche le altre due massime relative al merito. La prima sentenza ha, forse per la prima volta, tentato di dare una definizione giuridicamente valida e concretamente utile del concetto di connessione strumentale o di mezzo al fine. Numerose volte si era visto far di tale oncetto, elevato al rango di un inconcepibile principio generale, un'applicazione ampia ed indiscriminata e tale da non consentire di distinguere il limite entro il quale pu contenersi una giuridica connessione ed al di l del quale si rinviene un semplice collegamento materiale; ed gi stata segnalata la mancanza di un criterio giuridico che possa PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 913 Suprema Corte riconoscesse non manifestamente infondata la questione stessa e la Corte Costituzionale dovesse, in ipotesi, ritenere l'illegittimit della norma, il ricorso diventerebbe inammissibile perch rivolto contro una decisione emessa a non giudice, indi contesta che la questione medesima possa essere ritenuta non manifestamente infondata, postoch tutti i componenti delle Commissioni tributarie, giusta gli stessi precedenti della Corte Costituzionale, sono soggetti soltanto alla legge ai sensi dell'art. 27 d.l. 7 agosto 1936, n. 1639. Devesi anzitutto escludere l'irrilevanza della sollevata questione per un duplice ordine di ragioni: in primo luogo perch risulta direttamente impugnata in questa sede una decisione della Commissione centrale, la cui eventuale invalidit, per effetto dell'ipotizzata declaratoria di illegittimit dell'organo da cui proviene, travolgerebbe il giudizio stesso con assorbimento di ogni. altro motivo di impugnazione"; in secondo luogo perch non esatto che non ricorra un interesse giuridico della parte a sollevare la discussa questione. Sotto il primo profilo si osserva che l'irrilevanza stata affermata in altre pronunzie recenti di queste stesse Sezioni Unite (sent. Mantegna c. Finanze dee. il 19 febbraio 1970 in corso di pubblicazione, nonch la sent. n. 2201 del 1969, nn. 1251, 1546 e 2072 del 1968) per ipotesi diverse, nelle quali il ricorso era rivolto non gi contro una decisione dell'organo dichiarato illegittimo o sospetto di illegittimit costituzionale, ma contro una pronunzia dell'autorit giudiziaria, anche se emessa dopo una precedente fase svoltasi davanti al predetto organo. Non questo il caso di specie, perch, come si avvertito, il ricorso stato direttamente proposto avverso una decisione della Commissione centrale. utilmente impiegarsi per interrompere la serie, teoricamente estensibile all'infinito, degli atti concatenati (v. C. BAFILE, Considerazioni sulla connessione strumentale con atti agevolati, in questa Rassegna, 1969, I, 900). Sull'argomento si rivelano perci assai utili i contributi ora apportati dalle Sez. Unite. Premesso che nella materia tributaria non utilizzabile il concetto della regolarit causale elaborato ai fini della risarcibilit del danno, e premesso che l'interpretazione estensiva della norma speciale tributaria deve essere tanto rigorosa da evitare l'estensione della norma oltre i limiti del suo normale significato letterale e logico (Cass., 26 aprile 1968, n. 1283, in questa Rassegna, 1969, I, 82; 13 febbraio 1969 n. 487, ivi, 124), le agevolazioni (o un numero rilevante di esse) si fondano su un concetto di necessit (atti necessari o diretti a...) da intendere come un rapporto assolutamente indispensabile al fine consi derato; possono quindi ricomprenqersi nell'agevolazione accordata per un certo fine solo quegli atti assolutamente necessari (condicio sine qua non), senza dei quali lo scopo perseguito dalla legge non potrebbe verifi carsi, mentre ne restano esclusi gli atti che, se pur si inseriscono nella catena che porta come risultato al perseguimento del fine, sono per loro I ~ ~ l! I 1 i 916 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Questo importa l'assenza di ogni vincolo diretto di subordinazione nei confronti dell'Amministrazione, tenuto conto della spiccata autonomia funzionale dell'organo, tutelata non soltanto dall'ordinamento e da norme specifiche, ma dallo stesso sistema delle impugnazioni fin davanti a questa Suprema Corte e dall'istituto del giudicato , che sottrae gli atti alla discrezionalit della revoca, come accade per la maggior parte di quelli amministrativL Quella ora descritta la pi significativa garanzia di indipendenza di tutti i componenti della Commissione centrale e quindi anche del funzionario che ne fa parte. Una seconda garanzia va ravvisata nella composizione minima indispensabile per conferire validit alle decisioni (art. 47, primo comma, in relazione all'art. 18, primo comma, r.d. 8 luglio 1'937, n. 1516, che per deliberare richiedono la presenza di almeno tre quinti dei componenti della Commissione). Ci significa che in caso di impedimento la sostituzione del componente impedito non lasciata alla discrezionale volont dell'autorit cui demandata la nomina. Una terza garanzia data dalla possibilit di ricusazione ed astensione del giudice in base ai generali principi deg1i artt. 51 e 52 c.p.c., ritenuti applicabili anche alle Commissioni tributarie dalle stesse sentenze n. 132 del 1963 e n. 103 del 1964 della Corte Costituzionale. Una quarta garanzia va ravvisata nel difetto del potere di revoca della nomina dei singoli componenti della Commissione centrale, ivi compreso il funzionario dell'Amministrazione finanziaria. Infatti, in mancanza di disposizioni espresse in senso contrario (anzi in presenza prima istanza e ricorso in appello (cfr. art. 6 reg. procedura innanzi al Consiglio di Stato, art. 1 reg. procedura innanzi alla Corte dei Conti). N pu trarsi argomento dall'art. 24 del r.d. n. 1516, applicabile anche per il giudizio di appello per l'espresso richiamo dell'art. 41, che non sancisce affatto la disponibilit della parte sulla regolarit della costituzione del rapporto processuale, ma assai pi modestamente ammette che con il consenso della controparte possono essere presentati anche oltre il termine documenti, ricorsi aggiunti o repliche, allo stesso modo in cui nel processo civile, col consenso delle parti, possono essere derogate molte regole del procedimento. In realt in base alla giuriprudenza sopra riassunta, assai larga sul minimo di motivazione, e che consente l'inserimento della motivazione nelle note aggiunte e ammette la sanatoria ove la parte resistente, senza nulla eccepire, abbia discusso il merito del ricorso, l'ipotesi della rilevabilit di ufficio dell'inammissibilt del ricorso immotivato si presenta alquanto improbabile. Ma se ci comunque accade, non sembra possa distinguersi tra ricorso in prima istanza e ricorso in grado di impugnazione, mentre, come si visto, per altre ragioni una distinzione deve porsi tra ricorso alle Commissioni distrettuali e provinciali (anche se in prima istanza) e ricorso alla Commissione Centrale (anche se in sede di appello). \ '-!:::;>-.::;:, '-!:::;>-.::;:, DELL'AVVOCi l filo (quello~ l'opinione via defi ricorren del legi:sla di organi vi circa ili lSO di tog~ una pron to ed irn indipende~ ttestazione.! 1za della 1 I 0 gni suo j '.l. della c1 delle nor! n. 132 J :. del 1951 occorre Pj nale, che: L iunzion~ 'Ltti~per i ' ;ate le fir, non a e~ isione da1 tcorrenti l ~nza ha a si alle Ca tlrgenza f1 ez. Un. 2l J pi mo< Commisi ;ere nella Lggio 196~ 170; 13 rn ::oromissi1 L della C! prile 1971 ~sa e si~ riunte CCI 's luglio 1969, 1: . del 11 916 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Questo importa l'assenza di ogni vincolo diretto di subordinazione nei confronti dell'Amministrazione, tenuto conto della spiccata auto nomia funzionale dell'organo, tutelata non soltanto dall'ordinamento e da norme specifiche, ma dallo stesso sistema delle impugnazioni fin davanti a questa Suprema Corte e dall'istituto del giudicato , che sottrae gli atti alla discrezionalit della revoca, come accade per la maggior parte di quelli amministrativi. Quella ora descritta la pi significativa garanzia di indipen denza di tutti i componenti della Commissione centrale e quindi anche del funzionario che ne fa parte. Una seconda garanzia va ravvisata nella composizione minima indispensabile per conferire validit alle decisioni (art. 47, primo com ma, in relazione all'art. 18, primo comma, r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, che per deliberare richiedono la presenza di almeno tre quinti dei componenti della Commissione). Ci significa che in caso di impedi mento la .sostituzione del componente impedito non lasciata alla discrezionale volont dell'autorit cui demandata la nomina. Una terza garanzia data dalla possibilit di ricusazione ed astensione del giudice in base ai generali principi deg1i artt. 51 e 52 c.p.c., .ritenuti applicabili anche alle Commissioni tributarie dalle stesse sentenze n. 132 del 1963 e n. 103 del 1964 della Corte Costituzionale. Una quarta garanzia va ravvisata nel difetto del potere di revoca della nomina dei singoli componenti della Commissione centrale, ivi compreso il funzionario dell'Amministrazione finanziaria. Infatti, in mancanza di disposizioni espresse in senso contrario (anzi In presenza prima istanza e ricorso in appello (cfr. art. 6 rg. procedura innanzi al Consiglio di Stato, art. 1 reg. procedura innanzi alla Corte dei Conti). N pu trarsi argomento dall'art. 24 del r.d. n. 1516, applicabile anche per il giudizio di appello per l'espresso richiamo dell'art. 41, che non sancisce affatto la disponibilit della parte sulla regolarit della costitu 1im zione del rapporto processuale, ma assai pi modestamente ammette che con il consenso della controparte possono essere presentati anche oltre I il termine documenti, ricorsi aggiunti o repliche, allo stesso modo in cui q nel processo civile, cc;il consenso delle parti, possono essere derogate molte regole del procedimento. In realt in base alla giuriprudenza sopra riasB %~ sunta, assai larga sul minimo di motivazfone, e che consente l'inseri.:/% mento della motivazione nelle note aggiunte e ammette la sanatoria ove JJI la parte resistente, senza nulla eccepire, abbia discusso il merito del JI ricorso, l'ipotesi della rilevabilit di ufficio dell'inammissibilt del ricorso immotivato si presenta alquanto improbabile. Ma se ci comunque accade, non sembra possa distinguersi tra ricorso in prima istanza e ricorso in grado di impugnazione, mentre, come si visto, per altre ragioni una distinzione deve porsi tra ricorso alle Commissioni distrettuali e provin ciali (anche se in prima istanza) e ricorso alla Commissione Centrale (anche se in sede di appello) . :zo 1967~ m, . - 918 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ci tanto pi in quanto tale requisito, per i giudici speciali estranei all'ordine giudiziario, non configurabile in termini costanti ed identi:"ci, essendo soggetto a variazioni pi o meno sensibili a seconda delle materie trattate e della natura delle singole giurisdizioni (Corte Cost., n. 108 del 1962). Del tutto privo di pregio infine va ritenuto il rilievo della nomina da parte del governo, una volta accertata la sussistenza dei requisiti _ e dei vincoli di cui sopra cenno. Infatti i componenti della Commissione centrale sono nominati con decreto del Capo dello Stato, come avviene per gli stessi giudici ordinari (anche se per questi ultimi mediante la deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura), senza che ci impedisca la loro indipendenza funzionale in seno ad un organo ben distinto da ogni altro e munito di preci'Si predeterminati poteri propri. Questo ben possibile come incoercibile fenomeno naturale e, secondo l~ pi moderne concezioni, anche in base ..ai principi sulla soggettivit interorganica degli enti pubblici, per effetto dei quali agevole constatare l'autonomia di certi organi delrEnte, spesso operanti, con distinti poteri di scelta e di decisione, in settori diversi di attivit e talvolta in posiz.ioni legittimamente contrapposte. Esempio tipico di' ci appunto quello del giudice, che pur essendo, nella persona fisica, legato ad un vincofo di dipendenza organica dallo Stato, abilitato persino ad irrogare sanzioni a carico dell'Ente dal quale dipende la sua posizione impiegatizia. La manifesta infondatezza della sollevata questione postula una indagine del merito. . Nell'unico motivo del ricorso si denunzia la violazione dell'art. 24, terzo comma, legge 28 febbraio 1949, n. 43, nella quale sarebbe caduta la denunziata decisione per aver escluso -in base ad una interpretazione eccessivamente restrittiva -che i benefici.. tributari previsti per la costruzione di case ai lavoratori si estendano all'acquisto dell'area compiuto allo scopo di cederla poi all'ente che ne compir la costruzione. La. norma violata, aggiunge la societ ricorrente, comprende, ai fini del beneficio, tutti gli atti e contratti che si rendono necessari per le operazioni previste nella legge., sicch la distinzione fra atti in diretto rapporto di casualit con la costruzione ed atti solo indirettamente collegati con essa dovrebbe essere considerata arbitraria. Secondo il principio contenuto nella norma avrebbero dunque diritto al trattamento di favore anche gli atti che, come mezzo al fine, siano in correlazione con quello che gode dell'agevolazione. Il ricorso non giuridicamente fondato. In tema di casualit viene frequentemente affermata la sussistenza del messo eziologico anche fra un fattore indiretto e lontano e l'evento :~:: I I ?:"!"; ....J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA preso in considerazione, quando fra questi due elementi' si verifichi una catena causale unica ed inscindibile, che sj sviluippi per linee necessarie e normali, condizionando la sussistenza del fatto. Tale situazione, si osserva ancora in dottrina e giurisprudenza, viene qualificata, nel settore della risarcibilit del danno ai sensi dell'art. 1223 e.e., come un fenomeno di regolarit causale' . In tal senso sembra sostanzialmente orientato ed impostato il ricorso, quando invoca l'estensione del beneficio fiscale anche agli atti che non si trovano in rapporto diretto di immediatezza con la costruzione di case per levoratori, favorita dalla norma. Questi concetti non possono per essere applicati nel settore tributario senza un processo di ragionevole adattamento. Come noto le norme di favore, in detto settore, sono di stretta interpretazione. Esse, ponendosi quali deroghe al generale principio di imposizione, mentre sono sottratte ad ogni procedimento analogico, comportano bensi l'interpretazione estensiva, ma in modo tanto rigoroso da evitare una estensione della norma oltre i limiti del suo normale significato letterale e logico. La qualificazione contenuta in legge degli atti favoriti si fonda sul concetto di necessariet (necessari dice la norma) intesa come un rapporto assolutamente indispensabile al fine considerato. In altri termini, mentre lo scopo perseguito dalla legge non potrebbe verificarsi senza l'atto preso in considerazione, quest'ultimo deve aver co.desta direzione univoca, quella cio di consentire il raggiungimento dello scopo stesso e non gi d'essere suscettibile di effetti diversi. La circostanza che, in concreto, un certo atto costituisca l'anello di una catena, il cui sviluppo abbia portato alla costruzione di case per i lavoratori, non basta per comprenderlo fra quelli agevolati, quando per sua natura o per il suo carattere solo indirettamente collegato con il fine di legge esso abbia in s l'attitudine a rendere possibile una diversa destinazione. La giurisprudenza della Suprema Corte ha colto questa esigenza, affermando il principio che fra il contratto ed il compimento delle operazioni previste in legge deve sussistere, ai fini del beneficio, un collegamento strumentale ed univoco, senza il quale il primo non pu farsi rientrare nell'ambito delle agevolazioni (sent. n. 1698 del 1968). N in contrario vale richiamarsi alla concreta contingente circostanza che, nella: specie, il contratto 10 luglio 1950 consenti, con gli ulteriori suoi sviluppi, il raggiungimento dello scopo favorito dalla legge, pevch sufficiente che in astratto questa sua connessione possa venir meno, dato il suo carattere ambivalente, per escluderlo ab origine dalla categoria dei negozi giuridici agevolati. 920 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il beneficio infatti non deriva ab exitu, ma dalla intrinseca natura degli atti considerati, univocamente diretti alla realizzazione del fine favorito della legge. L'applicazione di questi principi al contratto registrato il 18 luglio 1950 lo esclude sicuramente dal trattamento di favore. Infatti l'acquisto del terreno da parte della societ per azioni Ansaldo e non gi da parte della Gestione INA-Casa, ne consentiva una diversa destinazione che medio tempore si foi?se rivelata preminente, utile o ind1s1pensabile, indipendentemente dalle diverse intenzioni dei contraenti. "Quest'ultime ben possono essere equiparate ai motivi interni del negozio non vincolanti (di regola), privi di rilevanza giuridica, ed incapaci di fornire quella immutabile qualificazione che consenta di comprendere l'atto fra quelli agevolati ab origine per la loro intrinseca natura. -(Omissis). II (Omissis). -Stabilite, cosi, la giurisdizionalit del provvedimento impugnato e, conseguentemente, l'ammissibilit del proposto ricorso per cassazione, va ora presa in esame la questione incidentale di legittimit costituzionale prospettata a questa Corte dal ricorrente Floridia con la seconda sua memoria difensiva. Si dedotta, in parttcolare, la illegittimit costituzionale della norma relativa alla composizione della Commissione centrale delle imposte (art. 32 d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, come modificato dall'art. 2 del d.l. 12 ottobre 1944, n. 334) nella parte in cui chiama a comporre quel collegio giudicante, fra gli altri, funzionari dell'Amministrazfone finanziaria centrale di grado non inferiore a direttore capo divisione : la qual norma -a giudizio del ricorrente -si porrebbe in contrasto con l'art. 108, secondo comma, della Costituzione, che prescrive che la legge assicuri la indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali. E tale indipendenza, secondo ii ricorrente, non solo non sarebbe ~deguatamente garantita, quanto ai componenti che siano scelti fra i funzionari della Amministrazione finanziaria, ma sarebbe addirittura. esclusa a priori dalla loro stessa qualit, trovandosi essi in posizione di dipendenza gerarchica rispetto al Ministero delle Finanze, che il capo dell'Amministrazione parte in causa. Che la questione sia proponibile, con particolare riferimento all'invocato precetto costituzionale, non dubitabile, dopo che si detto circa la giurisdizionabilit delle Commissioni tributarie, che sono da classificare, appunto, fra gli organi di giurisdizione speciale. Ed appare anche manifesta la rilevanza della questione stessa, ove si consideri, da un canto, che il dedotto vizio di illegittimit costituzionale si riferisce PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 921 proprio alla costituzione dell'organo giudicante, da cui fu emanata la decisione impugnata in questa sede, e, dall'altro, che il ricorso proposto, a norma dell'art. 111 della Costituzione, avverso le decisioni della Commissione centrale, d luogo ad un vero e proprio giudizio di gravame, il quale, a differenza di quello instaurato ex novo, dopo l'esaurimento del processo dinanzi al giudice speciale, con l'azione giudiziaria prevista dall'art. 29 del d.l. n. 1639 del 1'936, non che la prosecuzione del giudizio svoltosi dinanzi agli organi della giustizia tributaria (cfr. Cass. Civ:, Sez. I, 4 giugno 1968, n. 1684, 9 novembre 1965, n. 2344): dal che consegue che l'eventuale accertamento della illegittima costituzione del giudice speciale, per la ipotizzata incostituzionalit della relativa norma, non potrebbe non spiegare effetto sul giudizio, tuttora in corso nella presente fase di impugnazione, travoLgendo la decisione impugnata, perch promanante da organo giudicante illegittimamente costituito. La dedotta questione di legittimit costituzionale , peraltro, da ritenere manifestamente infondata. Giova ricordare, in primo luogo, che la stessa Corte Costituzionale, chiamata a pronunziarsi sulla legittimit costituzionale della composizione delle Commissioni tributarie, ebbe gi a dichiarare non fondata la relativa questione,4 proprio in riferimento al requisito della indipendenza del giudice, sia quanto alle Commissioni provinciali (sentenza n. 132 del 1963) sia quanto alle Commissioni distrettuali (sentenza n. 103 del 1964). E le ragioni allora addotte, simili, per la maggior parte, a quelle che possono validamente addursi di fronte alla composizione della Commissione centrale, giustificano la fondata supposizione che alla stessa decisione quella Corte perverrebbe, relativamente a quest'ultimo organo, se la mutata giurisprudenza sulla natura delle Commissioni non le precludesse, ora, la cognizione della relativa questione. Ma, a parte questa considerazione, che, fondata com' su una ipo tesi, pu non apparire decisiva, vi soprattutto da considerare, sotto un pi generale profilo, che gli organi di giurisdizione speciale, come anche gli organi specializzati della giurisdizione ordinaria, appunto in vista della e specialit. delle materie che formano oggetto della loro competenza, sono sempre caratterizzati da un pi o meno accentuato tecnicismo, che si traduce, quanto alla loro composizione, nella immis sione, in essi, di cittadini estranei alla magistratura, ma dotati di un corredo di cognizioni extragiuridiche e di esperienze specifiche tale da meglio adeguare l'attivit decisoria dell'organo alla specialit delle singole materie: il che porta ad escludere che, per il giudice estraneo alla magistratura, possano richiedersi requisiti identici od anche stret tamente analoghi a quelli prescritti per il giudice cosiddetto togato ; 922 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e porta ad escludere, altresi, che la figura del primo debba esattamente corrispondere, quanto a idoneit e indipendenza, al modello del secondo. Ci fu esattamente posto in rilievo, in altra occasione, dalla Corte Costituzionale (cfr. sentenza n. 108 del 1962); e lo si deduce, del resto, dal raffronto fra le norme che la Costituzione della Repubblica dedica, rispettivamente, ai giudici speciali o specializzati ed ai giudici appartenenti alla magistratura ovdinaria (artt. 101-108 della Costituzione). A questi principi, appunto, si fin qui ispirata la giurisprudenza della stessa Corte Costituzionale nell'elaborare, nell'applicazione dello art. 108 della Costituzione, la nozione della indipendenza, in quanto riferita ai giudici speciali o specializzati: e quel requisito ha riconosciuto nella esigenza di un minimo di garanzie necessarie a conferire a quei giudici una posizione super partem, tale da escludere ogni pericolo di parzialit, e, pi particolarmente, nella esclusione, da un canto, di ogni interesse, anche indiretto, alle liti da decidere e, dall'altro, nell'assenza di qualsiasi aspettativa ;di vantaggi come di qualsiasi timore di pregiudizi, in relazione alle funzioni giurisdizionali che sono loro affidate (cfr. sentenze n. 108 del 1962 e n. 60 del 1969). Ci posto, agevole riconoscere che le norme che disciplinano la composizione e l'organizzazione della Commissione centrale delle imposte predispongono un sistema di garanzie idoneo a soddisfare, nei sensi ed entro i limiti innanzi indicati, al precetto costituzionale del I l'art. 108. . Tali garanzie possono, in bre~e, riassumersi ' nei seguenti punti: a) L'art. 27 del d.l. n. 1639 del rn36, sclusa', nei componenti di tutte le Commissioni tributarie, ogni particolare rappresentanza di interessi territoriali, di categoria o di parte ., prescrive che il loro giudizio sia indirizzato esclusivamente.all'applicazione della legge ; l'articolo 12 del r.d. n. 1516 del 1937, a sua volta, impegna, attraverso la prestazione del giuramento, i componenti stessi ad adempiere i doveri del loro ufficio nel solo interesse della giustizia . Tali norme, di cui superfluo sottolineare la conformit pressoch letterale al precetto costituzionale (art. 101) che vuole tutti i giudici soggetti soltanto alla . legge , escludono, con particolare energia e persino con un impegno d'onore, che i funzionari dell'Amministrazione finanziaria centrale, chiamati a far parte della Commissione, possano considerarsi ed agire, nel , l'esercizio delle funzioni giur~dizionali di cui sono investiti, quali _portatori di interessi propri dell'Amministrazione da cui provengono. I b) La nomina dei componenti della Commissione centrale, rigorosamente vincolata per legge all'appartenenza a determinate categorie (art. 32 d.l. n. 1639 del 1936), pur essendo preceduta dalla proposta I del Ministro delle Finanze, viene deliberata collegialmente dal Con- t I , , J. trlll!ffill;ffrclfllr--11r11trritlfflrlilif't111rt1r:r111rt1r1111t'~ , PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 923 siglio dei Ministri ed avviene nella stessa forma prescritta per i provvedimenti riguardanti i magistrati ordinari, nella forma, cio, del_ decreto del Presidente della Repubbltca (art. 4 d.l. i2 ottobre 1944, n. 334; _ art. 17 legge 24 marzo 1958, n. 195): il che basta a garantire, anche su1 piano formale, un sufficiente distacco dei componenti funzionari dal1' Amministrazione di appartenenza e lassenza, quanto ali'esercizio delle funzioni giurisdizionali, di ogni vincolo diretto di dipendenza rispetto al Ministro proponente. c) La prescrizione, ai fini della validit delle deliberazioni della Commissione, della presenza di un numero minimo di componenti rispetto al plenum di ciascuna sezione (artt. 18 e 47 del r.d. n. 1516 del 1937, in relazione 'all'art. 32 del d.l. n. 1639 del 1936), mentre .assicura, in ogni caso, la precostituzione del giudice, elimina, in caso di impedimento, ogni intervento discrezionale dell'Amministrazione nella sostituzione del componente impedito. Analoghe considerazioni suggerise la norma che riserva esclusivamente al Presidente della Commissione centrale il trasferimento temporaneo dei componenti da una sezione all'altra (artt. 15 e 47 del r.d. n. 1516 del 1937), mentre il divieto di assegnazione alla stessa sezione di pi membri della stessa categoria (art. 32, sesto comma, del d.l. n. 16'39 del 1936) impedisce che a comporre uno stesso collegio giudicante possano .concorrere pi funzionari dell'Amministrazione finanziaria di diverso grado gerarchico. d) A nessuna autorit amministrativa conferito, dalla legge, un potere di revoca della nomina dei singoli componenti della Commissione centrale, durante il quadriennio di durata in carica, a differenza di quanto previsto per le Commissioni provinciali e distrettuali (articoli 2 e segg. r.d. n. 1516 del 1937); d'altra parte, dovendo la sc_elta dei componenti funzionari ..cadere necessariamente su funzionari dell'Amministrazione centrale, rimane anche esclusa la possibilit di. una indiretta rimozione per effetto di trasferimento di sede disposto dalla autorit amministrativa. La conservazione delle funzioni giurisdizionali anche da parte dei componenti funzionari ne risulta, cosi, garantita da una inamovibilit, sia pure attenuata, non dissimile, peraltro, ontologicamente da quella da cui sono assistiti i giudici della giurisdizione ordnaria. e) Va ricordato, infine, che una ulteriore garanzia di indipendenza e di imparzialit, pur se di carattere sussidiario, costituita dalla possibilit di far ricorso, in relazione alle singole controversie, agli istituti della astensione e della ricusazione del giudice (artt. 51 e segg. c.p.c.): dei quali istituti fu espressamente riconosciuta dalla Corte Costituzionale l'applicabilit anche ai componenti delle Commissioni tributarie (cfr. le gi ricovdate sentenze nn. 132 del 1963, e 103 del 1966). Molteplici e valide sono, dunque, le ragioni che, valutate nel loro complesso e nella loro reciproca integrazione, convincono che la que 15 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 924 stione di legittimit costituzionale prospettata dal ricorrente non avrebbe alcuna possibilit di essere riconosciuta fondata: e pertanto, ritenutane la manifesta infondatezza, pu passarsi all'esame dei motivi del ricorso. Col prim tecnico-processuale, n facendo ricorso ai principi sulla definitivit degli accertamenti tributari non opposti dal contribuente: principi, gli uni e gli altri, che sono indubbiamente sottratti al potere di disposizione delle parti. Nella specie, pacifico che il contribuente aveva manifestato tempestivamente la propria volont di opporsi all'accertamento, chie dendo, alla Commissione distrettuale, il rigetto della pretesa tributaria dell'Ufficio e la conferma dei redditi dichiarati ed impedendo, cos, che l'accertamento divenisse definitivo. E se si considera che il reclamo di cui all'art. 23 del r.d. n. 1516 del 1937 l'atto introduttivo del pro cesso tributario, appare evidente che la mancata o la incompleta espo sizione, in esso, delle ragioni della domanda, assimilabile, piuttosto, alla inosservanza nell'ordinario atto di ,citazione, dell'art. 163 n. 4 c.p.c., non incide sulla ostituzione del rapporto processuale, ma soltanto sulla esigenza di consentire il regolare svolgimento dialettico del contraddit torio e Cio, in definitiva, sulla possibilit, per la controparte, di op porre alla domanda le proprie ragioni difensive: il che non pu for mare oggetto di rilievo di ufficio da parte del giudice, ma rientra nella disponibilit della parte, come si argomenta, proprio nell'ambito della disciplina del processo tributario, dall'art. 211, ult. 'comma, del r.d. nu mero 1516 .del 1937, che prevede la facolt del rappresentante dell'Uf ficio di dare il proprio assenso acch siano presi in esame i ricorsi ag giunti dalla parte privata, ancorch non presentati nelle forme e nei ter mini prescritti dalla legge. :11 1111rillrlllrrfilrirrrr11:1r1mr1~1t1ritri111rirrar~mw1tr1rillw1rar&@!lflt&1fmd PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 927 In mancanza della impugnazione dell'Amministrazione, non era, dunque, consentito alla Commissione centrale di rilevare, di ufficio, il vizio del reclamo introduttivo del Floridia e di considerare, perci, precluso l'esame delle censure da costui dedotte avverso la decisione dei giudici di appello. Si impone, pertanto, con l'accoglimento del primo motivo, la cassazione della decisione impugnata, con rinvio della controversia alla stessa Commissione centrale, per l'esame del ricorso del Floridia. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 ottobre 197.0, n. 1953 -Pres. Rossano -Est. Santosuosso -P. M. Trotta (conf.) -Ministero delle Finanz'e (avv. Stato Soprano) c. Soc. Orpheus (avv. Cevolotto). ,. Imposta generale sull'entrata -Imposta di conguaglio su merci importate -Dischi fonografici gi registrati -Esenzione per effetto del d. p. r. 23 agosto 1960, n. 905. (I. 31 luglio 1954, n. 570; d.P.R. 14 agosto 1954, n. 676; d.P.R. 23 agosto 1960, n. 905). Imposta generale sull'entrata -Rimborso di imposta pagata sulle merci importate -Domanda proposta con azione ordinaria Esibizione della bolletta -Non necessaria. (d.P.R. 27 febbraio 1955, n. 192, artt. 1, 2 e 5). I dischi fcmografici gi registrati, soggetti all'imposta di ccmgua glio all'importazione istituita ccm la legge 31 luglio 1954 n. 570 secondo l'aliquota stabUita nel d.p.r. 14 agosto 1954 n. 676, sono invece esenti dalla stessa imposta dalla d(Jjta di entrata .in vigore del d.P.R. 23 ago sto 1960, n. 905 (1). Quando il rimborso dell'imposta genrale sull'entrata pagata sulle meroi importate domandato cHcano le parlicolari fo'!'me stabilite nel d.P.R. 27 febbraio 1955, n. 192 per i procedimenti in via amministrativa e.d in parlicolare non richiesta l'esibizione della bolletta di importazione (2). (Omissis). -Con il primo mezzo, lAmministrazione delle Finanze, denunziando la violazione della legge 31 luglio 1954, n. 570, del d.P.R. 14 agosto 1954, n. 676 e del d.P.R. 23 agosto 1960, n. 905, censura la (1-2) Sulla prima massima non constano precedenti. La seconda massima applica per l'importazione il principio gi affermato per l'esportazione nella sentenza 13 marzo 1970, n. 637, in questa Rassegna, 1970, I, 433. ' 928 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sentenza impugnata per aver negato che l'imposta di conguaglio, nella maggiore aliquota del 5 % stabilita col decreto del 1960, colpisca anche i dischi fonografici registrati. In proposito, la ricorrente ripropone i tre fondamentali argomenti sui quali aveva fatto leva per sostenere la stessa tesi nei due g.radi del giudizio di merito. Espone, cio, che nella tabell~ allegata al decreto del 1960 veniva richiamato il numero 92.12 cor.rispondente alla voce doganale della precedente tabella comprensiva dei supporti di 1suoni, registrati e non Tegistrati; che nessuna esclusione fu operata per detta voce, non essendo stata questa preceduta dalla particella ex ; che, infine, il decreto del 1960 ebbe il limitato scopo di adeguare l'aliquota delle merci indicate nella l.gge n. 570 del 1954. Il motivo infondato per le considerazioni svolte nella motivazione della sentenza impugnata. Ed invero, dal confronto del contenuto della legge 31 luglio 1954, n. 570, e tabella allegata al d.P.R. 14 agosto 1954, n. 676, rispetto a quello del d.P.R. 23 agosto 1960, n. 905 e relativa tabella, si rileva che questo secondo testo comprnde una nuova ed integrale disciplina della materia; che la particella x stata premessa all'indicazione del numero dell'articolo della tariffa doganale soltanto nei casi in cui l'articolo della tariffa veniva innovato, e non quando si operavano ritocchi alle voci in esso contenute; che, ai fini dell'indivkuzione delle ~erci sottoposte al tributo, 'la specifica, nominativa indicazione della merce costituisce criterio prevalente rispetfo al richiamo del numero dell'articolo della precedente tabella doganale. Ne deriva che i dischi fonografici gi registrati sono esclusi dal novero delle merci importate per le quali dovuta l'imposta di conguaglio ai sensi del d.P.R. 23 agosto 1960, n. 905. Con il secondo mezzo di ricorso,. lAmministrazione delle finanze denunzia la violazione degli artt. 21 e 29 legge 25 settembre 1940, n. 1424, in relazione .alla legge 31 luglio 1954, n. 570, per non avere la Corte ritenuto l'essenzialit della produzione delle bollette doganali, costituenti il presupposto indefettibile dell'azione di rimborso. La questione destituita di fondamento, in quanto -come questa Suprema Corte ha recentemente affermato (sent. n. 637 del 1970) le disposizioni del d.P.R. 27 febbraio 1955, n. 192, sono dirette a disciplinare il procedimento che l'esportatore deve seguire per ottenere dalle Intendenze di Finanza la restituzione dell'imposta .generale sull'entrata di cui al primo comma dell'art. 1 della legge 31 luglio 1954, n. 570. Il procedimento predisposto ha lo scopo di assicurare, attraverso rigorosi controlli, la regolarit delle operazioni di pagamento, eseguito a titolo di rimborso dai competenti organi finanziari. Ma se l'esportatore adisce direttamente l'autorit giudiziaria per il riconoscimento del di PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 929 ritto preteso, non possono valere dinanzi all'autorit medesima, nel silenzio della legge -per la quale necessario soltanto il fatto della eseguita esportazione -prescrizioni limitative dettate esclusivamente per le esigenze proprie, del procedimento amministrativo. Analoghe considerazioni valgono per il caso in cui sia l'importa'tore a chieder il rimborso della impgsta di conguaglio prevista dallo stesso art. 1 della legge n. 570 del 1954. Il ricorso deve essere pertanto _riget~ato, con tutte le conse~ guenze. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 settembre 1970, n. 1658 -Pres. Marletta -Est. Greco -P. M. Di Majo (conf.) 7 Ladurner (avv. Ferro) c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato Ang'elini Rota). Imposte e tasse in genere -Competenza e giurisdizione -Questione sui poteri delle Commissioni - questione di competenza. Imposte e tasse in genere -ommissioni tributarie -Controversie di valutazione e controversie di diritto -Controversia sulla natura agricola o edificatoria di un terreno - controversia di valutazione -Particolari questioni sulla utilizzazione del fondo come area edificabile -Questione incidentale di diritto. (r. d. 7 agosto 1936, n. 163!j, artt. 28, 29 e 30). La controversia che investe la sfera di attribuzione interna di due sezioni della stessa Commissione provinciale (di diritto e di valutazione) e non di due organi giurisdizionali diversi, di compete.nza funzionale inderogabile di rilevanza esterna, ma non di giurisdizione. Se di norma la qualificazione di un fon.do come ruffico o come area edificabile, ai fini della appleazione della valutazio1ie automatica o di quella a stima, d luogo a questione di -solo fatto attinente alla semplice estimazione rimessa alla competenza delle Commissioni di valutazione distrettuale e provinciale, tuttavia in casi particolari la natura del bene pu essere desunta direttamente dalla legge ovvero solo a seguito della risoluzione di questi6ni giuridiche sulla interpretazione di norme, atti amministrativi o negozi giuridici che condizionano la utilizzabilit del bene (nel caso deciso cadeva in questione il divieto sancito dal decreto del presidente della Giunta provinciale di Bolzano di distaccare parte di terreni costituenti maso chiuso per destinarli a costruzioni edilizie urbane); in vali i;potesi sorge una questione inciden RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 930 tale di diritto che la commissione di valutazione deve rimett1e atla sezione. speciale deHa Commissione provinciale sospendendo il giudizio di estimazione (1-2). (Omissis). -Con il primo mezzo, il ricorrente, nel denuniare la violazione degli artt. 29 e 30 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, sostiene che la Commissione Provinciale -Sezione Valutazione -ha violato la sfera dei propri poteri e della propria competenza, decidendo, ii;i sede di reclamo contro un accertamento per ragioni di valore, questioni di diritto, e propriamente la questione della applicazione, nella fattispecie, del d.P.g.p. di Bolzano del 7 febbraio 1962, n. 8 sui ma1si chiusi, quella della qualificazione dei terreni caduti in successione, la quale importava la risoluzione di problemi tecnico-giuridici, nonch quella della inclusione nella valutazione come suolo pubblico, di una nuova particella e cio la 115, in aggiunta alla n. 201 per mq. 155; la competenza a decidere la controversia spettava invece direttamente in primo grado alla Commissione Provinciale -Sezione di diritto -e in secondo grado, alla Commissione Centrale. Il mezzo fondato. Osservano anzitutto qtieste Sezioni Unite che nella fattispecie non proposta una questione di giurisdizione ma una questione di competenza; la controversia investe la sfera di attribuzione interna di due Sezioni della stessa Commissione Provinciale, cio dello stesso organo giurisdizionale e non la sfera di attribuzione di due organi giurisdizionali diversi. La Sezione di valutazione e la Sezione di diritto operano, infatti, nell'ambito delle funzioni giurisdizionali attribuite alla stessa Commi> ssione Provinciale, pur non potendosi dubitare della rilevanza giuridica esterna della ripartizione delle funzioni, in quanto previsto un ordine processuale specifico, con impugnazione di secondo grado. Per la decisione di merito occorre stabilire se la controversia in volga una questione di fatto o una questione di diritto. Posto che si tratta di accertare la natura rustica o edificatoria di certi terreni caduti in successione, queste Sezioni Unite ritengono che normalment il sud detto accertamento non implica la risoluzione di questioni di diritto; occorre infatti di solito effettuare solo operazioni tecniche, quale lo accertmento dello stato, delle >earatteFistiche e della ubicazione del terreno, lo accertamento dello stato e della situazione dei luoghi cir (1-2) In senso esattamente opposto alla prima massiva la recente pronuncia delle Sez. Un. 24 aprile 1970, n. 1182 in questa Rassegna, 1970, I, 620 con nota di richiami. Sulla seconda massima la giurisprudenza ormai costante, sia sulla regola generale, sia sulla eccezione; cfr. la sent. gi citata e i precedenti ivi richiamati. 930 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tale di diritto che la commissione di valutazione deve rimettre a~la sezione. speciale deUa Commissione provinciale sospendendo iL giudizio di estimazione (1-2). (Omissis). -Con il primo mezzo, il ricorrente, nel denunciare la violazione degli artt. 29 e 30 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, sostiene che la Commissione Provinciale -Sezione Valutazione -ha violato la sfera dei propri poteri e della propria competenza, decidendo, ii;i sede di reclamo contro un accertamento per ragioni di valore, questioni di diritto, e propriamente la questione della applicazione, nella fatUspecie, del d.P.g.p. di Bolzano del 7 febbraio 1962, n. 8 sui masi chiusi, quella della qualificazione dei terreni aduti in successione, la quale importava la risoluzione di problemi tecnico-giuridici, noncn quella della inclusione nella valutazione come suolo pubblico, di una nuova particella e cio la 115, in aggiunta alla n. 201 per mq. 155; la competenza a decidere la controversia spettava invece direttamente in primo grado alla Commissione Provinciale -Sezione di diritto -e in secondo grado, alla Commissione Centrale. Il mezzo fondato. Osservano anzitutto qeste Sezioni Unite che nella fattispecie non proposta una questione di giurisdizione ma una questione di com petenza; la controversia investe la sfera di attribuzione interna di due Sezioni della stessa Commissione Provinciale, cio dello stesso organo giurisdizionale e non la sfera di attribuzione di due organi giurisdizio nali diversi. La Sezione di valutazione e la Sezione di diritto operano, infatti, nell'ambito delle funzioni giurisdizionali attribuite alla stessa Com missione Provinciale, pur non potendosi dubitare della rilevanza. giu ridica esterna della ripartizione delle funzioni, in quanto previsto un ordine processuale specifico, con impugnazione di secondo grado. Per la decisione di merito occorre stabilire se la controversia in volga una questione di fatto o una questione di diritto. Posto che si tratta di accertare la natura rustica o edificatoria di certi terreni caduti in successione, queste Sezioni Unite ritengono che normalment il sud detto accertamento non implica la risoluzione di questioni di diritto; occorre infatti di solito effettuare solo operazioni tecniche, quale lo accertamento dello stato, delle -caratteristiche e della ubicazione del terreno, lo accertamento dello stato e della situazione dei luoghi cir (1-2) In senso esattamente opposto alla prima massiva la recente pronuncia delle Sez. Un. 24 aprile 1970, n. 1182 in questa Rassegna, 1970, I, 620 con nota di richiami. Sulla seconda massima la giurisprudenza ormai costante, sia sulla regola generale, sia sulla eccezione; cfr. la sent. gi citata e i precedenti ivi richiamati. 934 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO colo 642 c.p.c., dalla tassa graduale di registro, in appliczione dell'esenzione prevista dall'art. 4 del d.l. 26 settembre 1935, n. 1549, contenente provvedimenti in materia di tasse sugli affari. Ma ci non pu condividersi, perch le tasse giudiziali di registro sono al di fuori dell'ambito precettivo della norma dell'art. 4, secondo cui: Le vendite di beni mobili ed immobili con patto di riservato dominio non sono con.s1derate, agli effetti tributari, vendite condizionali. Le tasse di trasferimento sono dovute al momento della registrazione e gli eventi ulteriori non danno luogo n a rimborso, n a percezione di altra tassa. Questa disposizione deve essere considerata, oltre che in s stessa, anche in relazione al sistema della legge di registro, cui si riferisce e nel cui ambito destinata ad operare, nonch in relazione alle specifiche finalit che .hanno indotto il legislatore ad emanarla. Va premesso, per .quanto attiene al trattamento tributario dei negozi giuridici condizionali, che il pagamento delle tasse di registro per gli atti e trasferimenti soggetti a condizione sospensiva dovuto al momento in cui la condizione si verifica (art. 17 legge di registro), mentre per i negozi soggetti a condizione risolutiva il pagamento della tassa immediatamente dovuto, n la somma corrisposta pu essere restituita nel .caso in cui si avveri l'evento dedotto a condizione risolutiva (art. 12 legge di registro). Tale sistema -va rilevato -si riferisce palesmente alle sole, tasse contrattuali, sia per il significato letterale delle espressioni usate, sia per la sedes materiae delle due citate disposizioni della legge organica. Ora, dall'applicabilit delle dette norme sui negozi condizionali il legislatore del 1935 ha escluso le vendite con patto di riservato domi nio, mediante il menzionato ail't. 4 del d.l. n. 1549. Infatti, tale norma, allontanandosi sia dalla regola generale di cui ai richiamati artt. 12 e 17 legge di registro, sia dalla comune opinione della dottrina e della giurisprudenza, secondo cui le accennate vendite sono soggette a con dizione sospensiva, ha equiparato 1e vendite con patto di riservato do minio, al fine di rendere pi sollecita e sicura la percezione del tributo, alle vendite pure e semplici, con la conseguenza che le tasse di tra sferimento devono essere pagate al momento della registrazione, senza dar luogo a rimborso se l'atto venga risolto per mancato pagamento del prezzo, n, d'altro lato, a percezione di altra tassa, avendo il legisla tore ritenuto che sarebbe stato eccessivamente onerosa l'applicazione di una duplice imposta di trasferimento ad un negozio che, in effetti, non aveva prodotto alcuna traslazione della propriet della cosa venduta. Ora, che la portata precettiva dell'art. 4, dianzi trascritto, sia limi tata alle tasse contrattuali di registro, mentre restano escluse quelle giudiziali, dimostrato da non pochi argomenti. Anzitutto, va rilevato PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 935 che quando la norma in esame parla di tasse di trasferimento si riferisce con. tutta evidenza alle sole tasse contrattuali, perch all'atto della registrazione del contratto di vendita con patto di riservato dominio non ipotizzabile -in quel momento -l'esistenza di provvedimenti giudiziali (sentenze o decreti d'ingiunzione) che siano soggetti alle relative tasse giudiziali di registro. Inoltre, quando la leg.ge organica del 1923 adotta il termine trasferimento lo usa per indicare l'evento economico c.i ricollga il sorgere della tassa contrattuale di registro (v. art. 4, comma 2; 8, comma 1, 17, 22, 23, 26.comma 1, 28 comma 30 e 4, 30, comma 1, 31, 33, ed altri). Rilievo non diverso pu ripetersi in relazione alla tariffa all. A alla legge (artt. 1 e 20 lett. b). Quindi, la dizione letterale della norma tale da escludere dalla sua previsione le tasse giudiziali che non sono richiamate in alcun modo, neppure in via indiretta o implicita. Ulteriori argomenti, che inducono l'interprete a limitare alle tasse contrattuali l'ambito, di operativit del menzionato art. 4, possono trarsi sia dallo specifico fine che il legislator:e ha inteso conseguire, gi chiarito nelle considerazioni dianzi svolte, sia dal contenuto delle norme dei precedenti artt. 2 e 3 dello stesso decreto legge le quali, rid:erendosi tutte a tasse contrattuali, chiariscono l'oggetto del provvedimento legislativo del 1935, limitato alle tasse 1contrattuali di trasferimento. Cosi individuata la portata normativa del pi volte citato art. 4, ne consegue che l'evento della risoluzione della vendita s.Upulata con patto di riservato dominio non d luogo a percezione di altra tassa contrattuale, come prevede l'ultima parte della norma in esame, ma tale esenzione non incide affatto sull'eventuale tassa .giudiziale di registro che sia dovuta in relazione ad una sentenza o ad un decreto ingiunl'" tivo, cui il venditore, se del caso, si sia dovuto munire per ottenere, coattivamente, la restituzione della cosa venduta. Concorre a rafforza!'e tale opinione la netta distinzione, .sottolineata nelle considerazioni che precedono, esistente nel sistema legislativo dell'imposta di registro tra tasse contrattuali e tasse giudiziali, assoggettate a separata disciplina. Tale distinzione non ha, invece, esattamente consideratq la Corte del merito la cui pronuncia anche viziata da erronea supposizione, cui fa cenno per avvalorare la conclusione adottata, quella cio che la sentenza con la quale venga pronunciata la risoluzione di vendita con patto di riservato dominio sia soggetta alla sola tassa giudiziale in mi sura fissa e non a quella graduale. Pertanto, in accoglimento della censura mossa dalla ricOTrente, la sentenza denunziata deve essere cassata con rinvio della causa per nuovo esame alla stessa Corte di appello di Milano la quale si uniformer al principio di diritto secondo cui il decreto ingiuntivo, munito di provvisoria esecutoriet, con il quale s'ingiunge al compratore inadem ffMKfli'llK@fffKMlillillKfilK111ill@KMfffiflfilfffWrff%i1%1;Itltltmififfm%!tmfill%1%fff%f@f@ZffEMTffillif&itHW ~: 936 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO piente di restituire la cosa vendutagli con patto di riservato dominio, soggetto alla tassa graduale di registro, a norma dell'art. 28, comma 1, d.l. 7 agosto 1936, n. 1531, in velazione all'art. 114 della t?-riffa ,a}l. A, annessa al t.u. delle leggi di iregistro, ap[provato con r.d. 30 dicembre f923, n. 3269. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 settembre 1970, n. 1735 -Pres. Giannattasio -Est. Granaita -P. M. Cutrupia (conf.) -Fallimento Blanco e Barrovecchio (avv. Ferruggia) c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato Carafa). Imposta di registro -Fallimento -Prenotazione a debito di imposte di bollo e di registro -Non equivale a pagamento -Consolidazione del criterio di tassazione -Non si verifica. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 136; r. d. 16 marzo 1942, n. 267, articoli 91 e 111, n. 1). La prenotazio1J1,e a debito deUe imposte di bo.Uo edi re,gistro a norma dell'art. 91 della Legge failimentare, a differenza deLLa anticipazione l ~ dell'erario di aitre somme corrisposte a terzi, non pu co'l'l.siderarsi come ' pagamento o adempimento deH'obbLigazione tributaria, che si verifica invece soia con l'effettivo pagwmento eseguito a norma dell'art. 111 n. 1. Pe.rtanto dall'-avve1J1,uta premotazione non decorre a danno deHa cyratela il termine t!riennale dell'art. 136 della legge di registro per la domanda di rimborso (1). ~Omissis). -Con l'unico, complesso motivo di ricorso, deducendosi violazione e falsa applicazione degli artt. 72 e 136 della legge di Registro nonch degli artt. 91 e 111 del r.d. 16 marzo 1942, n, 267, si (1) Note sulla funzione della anticipazione dell'erario delle spese giudiziali per il procedimento fallimentare. La decisione desta qualche perplessit. L'art. 91 della legge fallimentare non fa una netta distinzione tra le spese prenotate a debito per imposte di bollo e di registro e le spese concretamente pagate a terzi necessarie per la procedura fall~mentare: le une ,e le altre sono anticipate dall'erario, se la curatela non ha il denaro occorrente, e recuperate con prededuzione dall'attivo non appena vi sar disponibilit. L'artificiosit, ipotizzata nella sentenza, del considerare questa anticipazione come sovvenzione che l'erario fa al fallimento sprovvisto di fondi per 'consentirgli di effettuare a se stesso il pagamento del tributo, non tanto evidente li ~: se si considera che l' erario che anticipa la ,spesa non la stessa cosa dell' Amministrazione finanziaria titolare del credito di imposta. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 92Q ritto preteso, non possono valere dinanzi all'autorit medesima, nel silenzio della legge -per la quale necessario soltanto il fatto della eseguita esportazione -prescrizioni limitative dettate esclusivamente per le esigenze proprie, del procedimento amministrativo. Analoghe considerazioni valgono per il caso in cui sia l'importatore a chieder il rimborso della impgsta di conguaglio prevista dallo stesso art. 1 della legge n. 570 del 1954. Il ricorso deve essere pertanto riget~ato, con tutte le conseguenze. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 settembre 1970, n. 1658 -Pres. Marletta -Est. Greco -P. M. Di Majo (conf.) -Ladurner (avv. Ferro) c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato Angelini Rota). Imposte e tasse in genere -Competenza e giurisdizione '-Questione sui poteri delle Commissioni - questione di competenza. Imposte e tasse in genere -Commissioni tributarie -Controversie di valutazione e controversie di diritto -Controversia sulla natura agricola o edificatoria di un terreno - controversia di valutazione -Particolari questioni sulla utilizzazione del fondo come > area edificabile -Questione incidentale di diritto. (r. d. 7 agosto 1936, n. 163~. artt. 28, 29 e 30). La controversia che investe la sfera di attribuziol/1,e interna di due sezioni della stessa Commissione provinciale (di diritto e di valutazione) e non di due organi giurisdizion.ali diversi, di competetnza funzionale inderogabile di riievanza esterna, ma non di giurisdizione. Se di norma La quaiificazione di un fondo come ruStico o come area edificabile, ai fini deiLa applicazione deUa valutazione automatica o di quella a stima, d luogo a questione di solo fatto attinente alla semplice estimazione rimessa .aUa competenza deLle Commissioni di vaLutazione distrettuale e provinciale, tuttavia in casi particolari la natura del bene pu essere desunta direttamente dalla legge ovvero solo a seguito deila risoluziol/1,e di questini giuridiche sulla interpretazione di norme, atti amministrativi o negozi giuridici che condiziol/1,ano la utilizzabilit del bene (nel caso deciso cadeva in questione il divieto sancito dal decreto del presidente deila Giunta provinciale di Bolzano di distaccare parte di terreni costituenti maso chiuso per destinarli a costruzioni edilizie urbane); in tali ipotesi sorge una questione inciden RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 930 tale di diritto che ia commissione di vaiuvazione deve ritmettre aiia sezione .speciale deUa Commissione provinciate sospendendo ii giudizio di ~timazione (1-2). (Omissis). -Con il primo mezzo, il ricorrente, nel denuniare la violazione degli artt. 29 e 30 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, sostiene che la Commissione Provinciale -Sezione Valutazione -ha violato la sfera dei propri poteri e della propria competenza, decidendo, iJ?-sede di reclamo contro un accertamento per ragioni di valore, questioni di diritto, e propriamente la questione della applicazione, nella fattispecie, del d.P.g.p. di Bolzano del 7 febbraio 1962, n. 8 sui ma1si chiusi, quella della qualificazione dei terreni caduti in successione, la quale importava la risoluzione di problemi tecnico-giuridici, noncn quella della inclusione nella valutazione come suolo pubblico, di una nuova particella e cio la 115, in aggiunta alla n. 201 per mq. 155; la competenza a decidere la controversia spettava invece direttamente in primo grado alla Commissione Provinciale -Sezione di diritto -e in secondo grado, alla Commissione Centrale. Il mezzo fondato. Osservano anzitutto qtieste Sezioni Unite che nella fattispecie non proposta una questione di giurisdizione ma una questione di competenza; la controversia investe la sfera di attribuzione interna di due Sezioni della stessa Commissione Provinciale, cio dello stesso organo giurisdizionale e non la sfera di attribuzione di due organi giurisdizionali diversi. La Sezione di valutazione e la Sezione di diritto operano, infatti, nell'ambito delle funzioni giurisdizionali attribuite alla stessa Com missione Provinciale, pur non potendosi dubitare della rilevanza. giu ridica esterna della ripartizione delle funzioni, in quanto previsto un ordine processuale specifico, con impugnazione di secondo grado. Per la decisione di merito occorre stabilire se la controversia in volga una questione di fatto o una questione di diritto. Posto che si tratta .cii accertare la natura rustica o edificatoria di certi terreni caduti in successione, queste Sezioni Unite ritengono che normalment il sud detto accertamento non implica la risoluzione di questioni di diritto; occorre infatti di solito effettuare solo operazioni tecniche, quale lo accertmento dello sfato, delle carattel!'istiche e della ubicazione del terreno, lo accertamento dello stato e della situazione dei luoghi cir (1-2) In senso'esattamente opposto alla prima massiva la recente pronuncia delle Sez. Un. 24 aprile 1970, n. 1182 in questa Rassegna, 1970, I, 620 con nota di richiami. Sulla seconda massima la giurisprudenza ormai costante, sia sulla regola generale, sia sulla eccezione; cfr. la sent. gi citata e i precedenti ivi richiamati. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 931 costanti in relazione al fenomeno della espansione edilizia e alle destinazioni risultanti dai piani regolatori, e una volta stabilita, in base agli indicati criteri di fatto, la categoria di appartenenz.a dei beni, devesi applicare, senza alcuna indagine giuridica, il sistema della stima, o automatica ex art. 1 della legge 20 ottobre 1954, n. 1044. o diretta ex art. 2 d.l. n. 1639 del 1936, come conseguenziale effetto della avvenuta qualificazione. A volte per le sole indagini e i soli accertamenti di fatto non sono sufficienti, ma occorre interpretare norme, regolamenti, atti amministrativi, negozi giuridici, che incidono sulla concreta utilizzabilit e destinazione dei terreni, il che importa la soluzione di questoni di diritto. Indubbiamente la presente controversia cade nella seconda ipotesi, in quanto la sua soluzione implica la interpretazione del testo unico sui masi chiusi, approvato con decreto del presidente della giunta provinciale di Bolzano in data 7 febbraio 1962, il quale impone il mantenimento e la conservazione dell'untt del maso, e vieta, tra l'altro, il distacco anche di una parte del terreno, facente parte del maso e la sua destinazione a costruzioni edilizie urbane. La controvernia era quindi di competenza della Sezione di diritto della Commissione Provinciale di Bolzano e la Sezione di valutazione, competente per la stima dei terreni, doveva sospendere la determinazione del valore dell'asse ereditario, rimettere le parti dinanzi alla Sezione di diritto e attendere l'esito definitiv:o della sua decisione per poi riprendere il giudizio di estimazione. Invero. ogni volta che la questione di diritto si pone come pregiudiziale alla decisione de_lla questione di valutazione, lo sdoppiamento delle competenze sulla' unica controversia importa la sospens.ione necessaria del giudizio sulla estimazione fino alla decisione definitiva della questione di diritto, secondo l'ol'dine giurisdizionale stabilito. Pertanto il primo mezzo deve essere accolto e deve essere dichiarata la competenza della Sezione di diritto della Commissione Provinciale di Bolzano a dectdere la questione della qualificazione del terreno caduto in successione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 settembre 1970, n. 1677 -Pres. Giannattasio -Est. Alibrandi -P. M. Antoci (conf.). -Ministero delle Finanze (Avv. Stato Savareise) 1c. Ditta Cremona (avv. Magrone). Imposta di registro -Tassa contrattuale e tassa giudiziale -Noz,ione Differenze. . f lfli(illrlllllffltr111t;mrr1mr1.ztattgtrr1m111r&rffrrf1&1Tu~.-r~ 932 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Imposta di registro -Vendita ~on patto di riservato dominio -Decreto di ingiunzione per la riconsegna della cosa venduta -Tassa gra duale -Applicabilit. (r. d. 30 dicembre 1923 n. 3269, tariffa A, art. 114; r. d. 7 agosto 1936, n. 1531, art. 28; d. 1. 26 settembre 1935, n. 1549, art. 4}. Le imposte di re,gistro contrattuali (o dt titolo) sono nettame-i:ite distinte dalie tasse giudiziali; mentre le prime hanno per oggetto atti civili e commerciali concernenti l'attivitd negoziale, le seconde hanno prevalente carattere di vera e propria tassa in correlazione al servizio pubblico dell'Amministrazione della giustizia; ne consegue che di norma dovuta la tassa giudiziale per il sol fatto che si sia creato un provvedimento giudiziale, anche quando per l'imposta contrattuale sono stabilite esenzioni o agevolazioni (1). / n decreto ingiuntivo provvisoriamente eseguibile, o diventato successivamente ~seicutivo, ccm il quale si ingiunge al comprcitore inadempiente di restituire la cosa vendutagli con patto di riservato dominio soggetto alla tassa graduale di registro (tassa giudiziq,le) dell'art. 114 tariffa A della legge di registro, sebbene sulla resbituzione della cosa non sia dovuta alcuna imposta contrattuale (o di titolo) a norma deH'art. 4 del d.l. 26 settembre 1935, n. 1549 (2). (Omissis). -Con l'unico mezzo la ricorrente Amministrazione delle finanze dello Stato, denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 38 r.d. 7 agosto 1936, n. 1531, in relazione all'art. 114, lett. b) della tariffa all. A alla legge di registro 30 dicembre 1923, n. 3269, nonch all'art. 4 r.d.l. 26 settembre 1935, n. 1749 (art. 360 n. 3 c.p.c.) si duole che la Corte del merito abbia ritenuto inapplicabile l'imposta graduale di registro al decreto d'ingiunzione, provvi, 31, 33, ed altri). Rilievo non diverso pu ripetersi in relazione alla tariffa all. A alla legge (artt. 1 e 20 lett. b). Quindi, la dizione letterale della norma tale da escludere dalla sua previsione le tasse giudiziali che non sono richiamate in alcun-modo, neppure in via indiretta o implicita. Ulteriori argomenti, che inducono l'interprete a limitare alle tasse contrattuaU l'ambito, di operativit del menzionato art. 4, possono trarsi sia dallo specifico fine che il legislatoi:e ha inteso conseguire, gi chiarito nelle considerazioni dianzi svolte, sia dal -contenuto delle norme dei precedenti artt. 2 e 3 dello stesso decreto legge le quali, riferendosi tutte a tasse contrattuali, chiariscono l'oggetto del provvedimento legislativo del 1935, limitato alle tasse 1cmrtrattuali di trasferimento. Cosi individuata la portata noTmativa del pi volte citato art. 4, ne consegue che l'evento della risoluzione della vendita stipulata con patto di riservato dominio non d luogo a percezione di altra tassa contrattuale, come prevede l'ultima parte della norma in esame, ma tale esenzione non incide affatto sull'eventuale tassa .giudiziale di registro che sia dovuta in relazione ad una sentenza o ad un decreto ingiunr tivo, cui il venditore, se del caso, si sia dovuto munire per ottenere, coattivamente, la restituzione della cosa venduta. Concorre a rafforzare tale opinione la netta distinzione, sottolineata nelle considerazioni che precedono, esistente nel sistema legislativo dell'imposta di registro tra tasse contrattuali e tasse giudiziali, assoggettate a separata disciplina. Tale distinzione non ha, invece, esattamente consideratq la Corte del merito la cui pronuncia anche viziata da erronea supposizione, cui fa cenno per avvalorare la conclusione adottata, quella cio che la sentenza con la quale venga pronunciata la risoluzione di vendita con patto di riservato dominio sia soggetta alla sola tassa giudiziale in misura fissa e non a quella graduale. Pertanto, in accoglimento della censura mossa dalla ricorrente, la sentenza denunziata deve essere cassata con rinvio della causa per nuovo esame alla stessa Corte di appello di Milano la quale si uniformer al principio di diritto secondo cui il decreto ingiuntivo, munito di provvisoria esecutoriet, con il quale s'ingiunge al compratore inadem 936 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO piente di restituire la cosa vendutagli con patto di riservato dominio, soggetto alla tassa graduale di registro, a norma dell'art. 28, comma 1, d.l. 7 agosto 1936, n. 1531, in l'elazione all'art. 114 della tariffa all. A, annessa, al t.u. delle leggi di iregistro, ap[provato con r.d. 30 dicembre l923, n. 3269. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 settembre 1970, n. 1735 -Pre's. Giannattasio -Est. Granata -P. M. Cutrupia (conf.) -Fallimento Blanco e Barrovecchio (avv. Ferruggia) c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato Carafa). Imposta di registro -Fallimento -Prenotazione a debito di imposte di bollo e di registro -Non equivale a pagamento -Consolidazione del criterio di tassazione -Non si verifica. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 136; r. d. 16 marzo 1942, n. 267, articoli 91 e 111, n. 1). La prenotazione a debito deUe imposte di boUo e di rergistro a norma dell'art. 91 deUa legge fallimentare, a differenza deUa anticipazione dell'erario di altre somme corrisposte a terzi, non pu co'l'l4!iderar'si come pagamento o adempimento dell'obbligazione tributaria, che si verifica invece solo con l'effettivo pagamento eseguito a norma dell'art. 111 n. 1. Pertanto daU'avve11iuta pre11iotazio1Yte non decorre a danno deUa curatela il terniine triennale dell'art. 136 della legge di re,gistro per la domanda di rimborso (1). bonamento le tasse ed imposte indi11ette sugli affari dovute sugli atti conseguenziali ai contratti di appalto, di cui al primo comma,. I posti in essere nei rapporti fra gli enti appaltanti e le ditte appaltatrici i (terzo comma). Il carattere interpretativo di queste ultime disposizioni stato gi riconosciuto da questa Corte con sentenza 24novembre1959, n. 3451, ed ormai incontroverso. Ma le stesse ragioni per le quali si attribuito alle dette norme carattere interpretativo valgono per .attribuire identico carattere all'art. 31 della successiva legge 29 luglio 1957, n. 634, per il quale la quota fissa di abbonamento corrisposta dalla Cassa per il Mezzogiorno, ai sensi del primo comma dell'art. 26 della legge 10 agosto 1950, n. 646, sostituisce le imposte di registro e di bollo, quelle in sur-rogazione del bollo e registro ed ogni altra tassa, imposta e con tributo, ivi indicati, anche per le operazioni, gli atti e contratti posti 944 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in esseve dalle aziende, enti e uffici di cui all'art. 8 della citata Legge e successive modificazioni e integrazioni nell'adempimento dei compiti loro demandati dal predetto Istituto . Con la suindicata sentenza fu rilevato che l'art. 26 della legge del 1'950 intese limitare gli oneri tributari a carico della Cassa per il Mezzogiorno, al fine di evitare che essi, incidendo sul costo delle opere da eseguire, riducessero il fondo in dotazione e, di conseguenza, il numero o l'entit delle opere medesime. In base alle disposizioni del detto articolo, col quale fu disciplinato il regime tributario, il sistema di accertamento e di riscossione in abbonamento (quota fissa di cinque centesimi per ogni cento lire di capitale erogato) era comprensivo di tutti i tributi inerenti non solo alla costituzione e al funzionapiento della Cassa, ma anche alle operazioni, agli atti e ai contratti relativi all'attivit della Cassa medesima, ad eccezione deUe imposte fondiarie, dell'imposta di bollo sulle cambiali e delle tasse sugli atti giudiziali. E poich l'attivit della Cassa aveva per oggetto la predisposizione, il finanziamento e l'esecuzione delle opere previste nei piani di programmazione, non poteva dubitarsi -secondo quanto ritenne questa Corte nella predetta sentenza -che nell'ampia dizione della legge ( operazioni, atti e ontratti relativi alla sua attivit ) dovesse comprendersi ogni forma di attivit, mediata ed immediata, dir.etta ed indiretta, rivolta all'esecuzione delle opel'e [previste nei piani. E cosi 1si spiegava la misura della quota fissa di abbonamento, rapportata ad una percentuale del capitale erogato, dato che il capitale viene erogato sia quando la Cassa provvede direttamente (mediante appalti) alla esecuzione delle opere, sia quando ne affida l'esecuzione ane aziende autonome statali o ad altri enti particolarmente attrezzati per tale .genere di lavori. Fu questa, dunque, la interpretazione che la Suprema Corte ebbe a dare alla disposizione dell'art. 26 della legge del 1950, irterpretazione che venne fondata non solo sul senso letterale della norma, ma anche su criteri ermeneutici di carattere storico e sistematico, che superfluo stare qui a riprodurre interamente. Dovendo tale interpretazione rimanere ferma, anche perch nessun rilievo stato contro di essa prospettato da11'attuale ricorrente, ne deriva che non solo la disposizione dell'art. 1 della legge n. 1575 del 1951, ma anche quella dell'art. 31 della legge n. 634 del 1957, nelle parti innanzi trascritte, hanno carattere interp11etativo, e non innovativo, in quanto si sono limitate a meglio chiarire il significafo e la portata del primo comma del citato \ art. 26, che gi andava interpretato (come innanzi si visto) nel senso che le operazioni, gli atti e i contratti relativi all'attivit della Cassa per il Mezzogiorno, i cui tributi rientrano nella quota fissa di abbonamento, comprendono ogni forma di attivit, mediata ed immediata, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 945 diretta ed indiretta, rivolta all'esecuzione delle opere previste nei piani. Comprendono, perci, anche le operazioni, gli atti 'e contratti posti in essere dalle aziende, enti e uffici di cui all'art. 8 della citata legge (del 1950) nell'adempimento dei compiti loro demandati dal predetto Istituto, come ha specificato l'art. 31 aella legge del 1957. Una conferma che quest'ultima leg:ge non ha carattere innovativo si trae dai lavori preparatori e parlamentari, durante i quali non fu mai accennato a propositi innovatori, ma, anzi, si afferm esplicitamente che, nel dare ulteriore impulso all'azione di sviluppo delle re gioni meridionali e nell'attuare pi estesi interventi a sostegno della relativa economia, si intendeva -fra l'altro -unificare, armonizzare e chiarire i benefici tributari gi concessi (relazione del presidente del consiglio dei ministri, presentata il 17 settembre 1956 alla Camera dei deputati), si intendeva chiarire in materia fiscale la portata di talune facilitazioni gi in atto (relazione_ di maggioranza), nonch prorogare le vecchie agevolazioni e introdurre nuovi incentivi per l'indu~ trializzazione (relazione di minoranza). Di fronte a questo complesso di ragioni, che portano univocamente ad escludere' il carattere innovativo della predetta disposizione della legge del 1957, nessuna decisiva rilevanza pu attribuirsi alle obiezioni della ricorrente. La circostanza che l'art. 31 della legge del 1957 redatto sotto forma di sostituzicme di una disposizione all'altra (L'art. 1 della ilegge 22 dicembre 1951, n. 1575, e l'art. 16 della leg.ge 26 novembre 1955, n. 1177, sono sostituiti dalle disposizioni seguenti) non dimostra che le nuove disposizioni abbiano carattere innovativo, anzich interpretativo, dovendosi avere riguardo, a tale scopo, al contenuto sostanziale della norma, non alla semplice formulazione letterale, che pu essere impropria o imprecisa. Ed il contenuto sostanziale, intrinseco e precettivo della norma in questione, non pu essere che quello innanzi indicato. Essa diretta a chiarire e delimitare l'ambito di applicazione della norma originaria e fondamentale com.tenuta nell'art. 26 della legg.e del 1950, senza innovazioni di sorta per quanto attiene al regime tributario degli atti e contratti relativi all'attivit della Cassa per il Mezzogiorno. Inaccettabile l'assunto che soltanto assurdo ritenere che l'articolo 26 della legge del 1950 abbia reso necessaria una prima interpretazione autentica con la legge n. 157,5 del 1951 ed una seconda interpretazione con la legge n. 634 del 1957 . Come si. gi accennato, la legge del 1957 provvide sul cosiddetto secondo ciclo della Cassa per il Mezzogiorno, -e cio provvide a prolungarne la durata, ad accrescere gli stanziamenti in suo favore e ad ampliarne gli interventi. Estese anhe il campo delle agevolazioni tributarie, e contestualmente jj lif!I*rllfiillrr&i&!JrtlHfmtt:rt1fil&t!!IJ!fK~Iilirlirnfti:r11r&t=1mmr:11Hrm:mi:rr1Mmr:mnfr:11wtitMfimtttd 946 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO provvide alle necessarie sostituzioni, unificazioni ed armonizzazioni di norme. Fu cosi provveduto anche ad una migliore e pi chiara formulazione dell'art. 26, prinio comma, della legge originaria. Irrilevante, infine, la drcostanza che la legge del 19(57 contiene altre disposizioni tributarie, di cui taluna di carattere innovativo (quale, ad esempio, quella dell'art. 32 in materia di imposta di consumo). Come stato gi osservato nella citata senten:l'.a del 1959, nulla vieta che in un complesso di norme, contenute in una sola legge, alcune abbiano carattere interpretativo ed altre innovativo. A ci non si oppongono n esigenze di carattere concettuale, n motivi di ordine sistematico.. da concludere, pertanto, che il ricorso principale infondato e deve essere rigettato, tanto pi che nel caso in esame trattasi neppu11e di appalto stipulato da un ente affidatario o concessionario, ma di appalto concluso direttamente dalla Cassa per il Mezzogiorno. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez.. l, 7 ottobre 1970, n. 1845 -Pres. Giannattasio -Est. D'011si -P. M. Antoci (diff.) -Marani e altri (avv. Cevolotto) c. MJ.nistero delle Finanze (avv. Stato Freni). Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzialle Commissioni Poteri della Commissione Centrale -Pronuncia oltre i limiti dell'impugnazione -Esclusione. Imposta di registro -Agevolazioni per l'incremento delle costruzioni' edilizie. previste dalla legge 2 luglio 1949, n. 408 -Concessione reciproca del diritto di superficie -Non costituisce trasferimento della propriet. (I. 2 luglio 1949 n. 408, art. 14). Imposta di registro -Disposizini necessariamente connesse e derivanti per la loro natura le une dalle altre -Fattispecie. (r. d. 30 dicembre 1923 n. 3269, art. 9). Il principio deHa continuit della iite nel procedimento di gravame, che domina anche il processo tributario, no'li consente aHa Commissione centrale, nel caso in cui un atto contenga pi negozi e si discuta della tassabilit di uno di essi, di affermare motu proprio la tassabiLit dell'aitro negozio (1). (1-3) La prima massima certamente esatta; va precisato per che, se la Commissione non pu d'ufficio pronunciarsi oltre i limiti del devoluto, tuttavia consentito alla Finanza, pur in mancanza di impugnazione, di rimettere in discussione tutta la materia tassabile e pretendere dal con :~ } I r ,; .,~ ~ I =:t. % ~ --~ m ili .1 .~1 ff1, l Hil! ~.i ..'Il !f;wt&111f:mtmt1:w:1&1r1:t1r1&w#:f~!i1twJfilJZi&El'r&=M'l:1!t:e;m,101frrr&w&rr111w&l'r111rI PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 947 Fra i comproprietari di un suolo edificatorio si pu parlare di acquisto di diritti di taluno di essi a dann:o di altri solo se 'ltno o alcuno di essi trasferiscono agli altri talune delle facolt che essi hanno uti domini, sia p!Ure pro quota; se invece i condomini decidono di co-. struire sul suolo indiviso ciascuno !Un appartamento, non disciplinano l'acq1Uisto ma esercitano !Un diritto gi esistente per quote ideali nel patrimonio di ciasc1Uno. Conseg1Uentemente un tale negozio, che disciplina la comunione gi esistente, non pu essere tassato come atto traslativo di diritti reali e non pu godere dell'agevolazione dell'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408 (2). Per potersi applicare un'unica imposta, a norma dell'art. 9 della legge di registro, a diverse convenzioeni, deve sussistere fra esse una oggettiva neessit giuridica e concettuale di connessione e compenetrazione, non essendo sufficiente una mera connessione soggettiva; quindi separatamente tassabile il contratto di costituzione re'Ciproca del diritto di superficie coennesso con quello di ven~lita di .area edificabile (3). (Omissis). -Con il primo mezzo i ricorrenti in via principale, lamentando la violazione. dell'art. 112 c.p.c., censurano la decisione impugnata per aver pronunciato oltre i limiti del thema decidendum e si dolgono che la Commissione centrale, invece di limitarsi ad accertare se le concessioni ad redificandum ravvisate dall'Amministrazione finanziaria, nel medesimo atto di acquisto aell'area godessero o meno dell'agevolazione fiscale prevista dalla legge n. 408 del 1949, aveva affermato che sul negozio di trasferimento dell'area era dovuta l'impost nella misura normale. Con il secondo mezzo, lamentando la violazione e l'errata applcazione dell'art. 14 della legge n. 408 del 1949, si dolgono che la Commissione medesima abbia ritenuto dovuta l'imposta sull'acquisto dell'area, nonostante che sa:rebbe ormai ptjncipio pacifico in giurisprudenza che le agevolazioni concernono il diritto di propriet e, nella specie, oggetto del negozio sarebbe appunto stato il diritto di propriet. tribuente la maggiore imposta sulla convenzione che non ha formato materia del contendere. Le preclusioni processuali sussistono, nel senso che la Finanza non pu in grado l'impugnazione allargare il thema decidendum, ma non sussiste preclusione sostanziale a pratendere un nuovo supplemento. La seconda massima, nel dichiarato intento di approfondire l'indagine gi compiuta dalla precedente giurisprudenza in ordine alla natura ed alla tassabilit degli accordi con .cui i comproprietari pro indiviso di una RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 948 Con il terzo mezzo si dolgono dell'errata applicazione dell'art. 9 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 in relazione agli artt. 1117 e segg. e.e., in quanto l'acquisto dell'area e la ravvisata costituzione di diritti di superficie, sarebbero' tra loro in rapporto di connessione necessaria, stante la volont degli acquirenti di r,egolare preventiva mente le modalit di costruzione e di uso delle parti dell'edificio che sarebbero rimaste comuni. Pertanto l'agevolazione fiscale non dovrebbe ritenersi applicabile solo al diritto di superficie -come ritenuto nell'impugnata decisione -ma anche all'acquisto dell'area. Con il quarto mezzo i ricorrenti lamentano che la Commissione centrale avrebbe escluso che l'acquisto dell'area rientrava nella norma di favore, senza motivare in alcun modo il suo convincimento. Con l'unico mezzo del ricorso incidentale l'Amministrazione finanziaria lamenta la violazione dell'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408, nonch degli artt. 832 e 952 e.e. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. e 111 della Costituzione e afferma 1che l'agevolazione fiscale -contraria mente a quanto asserito nella decisione impugnata -non spetterebbe per gli atti diversi dal trasferimento di propriet dell'area, quali la costituzione di diritti di superficie e che, in ogni caso, da escludere che l'atto possa fruire del trattamento di favore e per l'acquisto dell'area e per la costituzione dei diritti di superficie. Le .censure suesposte -che sono fondate per quanto di ragione -vanno esaminate congiuntamente per la particolarit del contenuto della decisione impugnata.. Questa, dopo aver premesso che nell'atto sottoposto a registrazione andavano rvvisati due rapporti negoziali relativi l'uno all'acquisto dell'area per quote millesimali e l'altro -senza l'intervento del venditore -relativo all'obbligo di ciascuno degli acquirenti di costruire una singola parte dell'immobile, ha affffi"mato che al primo negozio (acquisto dell'area) sahbbero state applicabili le agevolazioni se gli acquirenti, stipulando il ,secondo negozio, non si fossero posti nella impossibilit giuridica di costruire pro indiviso, laddove nel secondo area si autorizzano reciprocamente alla costruzione del fabbricato da ritenere in propriet esclusiva di ciascuno per i singoli 1appartamenti, si pone 1n netto contrasto con tale giurisprudenza e, in qu~nto fondata su affermazioni inesatte, non pu essere condivisa. In base alla sentenza 6 febbraio 1970, n. 255 (in questa Rassegna 1970, I, 292), gli accordi di cui sopra, integrando una concessione reciproca del diritto di superficie, non sono ,suscettibili della agevolazione fiscale di cui alla legge n. 408 del 1949, la quale si applica invece alle concessioni dello stesso diritto che il proprietario del suolo concede a terzi per la relativa edificazione. Ci in 'quanto la reciprocit della concessione esclude la r1t11r1tu1~11r1tcrrtrlf!wif1rtt1wt1z1[ilirw1r1rt11iwr1f'trfilwrrm1w111wrmfrt1f1&~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 949 negozio, in cui i diversi soggetti si erano concessi reciprocamente il diritto di edificare e avevano assunto separatamente l'obbligo di eseguire le 'costruzioni relative, andava ravvisata la fattispecie prevista dall'art. 14 della legge n. 408 del 1949. In conclusione riteneva che il regime tributario dell'atto fosse quello ordinario per l'acquisto dell'area e di favore per le singole concessioni ad. redificandum. Nel dispositivo, poi, dichiarava di rigettare l'appello, aggiungendo, per, che per l'effetto riformava fa decisione impugnata. Contro questa decisione giustamente si appuntano le censure di entrambe le parti. L'ingiunzione era stata emessa perch nell'atto sottoposto a registrazione l'uffido aveva ravvisato, oltre al trasferimento dell'area, la reciproca costituzione di diritti di superficie e per questi ultimi aveva applicato l'imposta nella misura ordinaria. Nel ricorso alla Commissione provinciale i Contribuenti si erano doluti di tale tassazione e la commissione, nel rigettare il ricorso, aveva esplicitamente negato che la costituzione del diritto di superficie potesse fruire .elle agevolazioni previste dalla legge 2 luglio 1949, n. 408. E avverso questa statuizione era stato proposto ricorso alla Commissione centrale. Il thema decidendum era costituito, adunque, dall'assoggettabilit o meno all'imposta proporzionale di registro delle pattuizioni relative alla costruzione dell'edificio. Ora il principio della continuit della lite nel procedimento di gravame domina anche il processo tributario e i poteri e i compiti della Commissione centrale, pur se non si identificano con quelli che nella giurisdizione ovdinaria spettano alla Corte di cassazione, in quanto -oltre tutto -si estendono anche all'accertamento dei fatti costituenti la premessa generale per l'applicazione della legge (cfr. Cass., 19 luglio 1965, n. 1621) non consentono certo, nel caso in cui un atto contenga pi negozi e si discuta sulla tassabilit di uno di essi, in ordine al quale sia stata emessa ingiunzione esistenza dell'acquisto autonomo dell'area ipotizziato dall'art. 14 della legge n. 408. Ma ci non esclude cp.e, anche su tale Caso, .esistno delle concessioni superficiarie, di contenuto eccedente le facolt spettanti a ciascuno dei comproprietari. Tale eccedenZ!a consiste nella autorizzazione a costruire ed a mantenere in p;ropriet esclusive i singoli appartamenti sul suolo comune, e cio nel titolo che esister l'accessione dell'edificio al terreno, come propriet comune e indivisa (di tutti i proprietari dell'area) . E che un simile titolo, tanto chiaramen!l:e individuato nella sentenza in esame, non abbia contenuto traslativo di diritti reali, non pu essere condiviso. Sull'ultima massima la giurisprudenza pacifica sia in senso generale sia sulla fattispecie (v. la sent. 6 febbraio 1970, n. 255, gi citata). 950 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fiscale, di affermare motu proprio la tassabilit dell'altro negozio, cam biando l'oggetto del giudizio qual era nel precedente grado. In tal caso la relativa affermazione pu essere solo vista come un momento logico della decisione; ma noo pu costituire il contenuto di questa. Se poi la Commissione centrale avesse inteso confermare la decisione della Commissione provinciale di rigetto dell'~ppello con la sola correzione della motivazione, analogamente a quanto l'a:i;t. 384, se. condo comma, c.p.c., prescriv,e per la Corte di cassazione, non per questo la decisione impugnata si sottrarrebbe a censura. La correzione della motivazione consiste nel sostituire una diversa ragione giuridica a quella erronea posta dal giudice del precedente grado a bas dell'esatto dispositivo, ma non pu mai portare alla sostituzione d~l fatto giuridico controverso. In ogni caso, poi, vi sa rebbe un contrasto insanabile non solo tra la motivazione e il dispo sitivo di ,rigetto dell'appello -dopo l'affermazione di non tassabilit delle concessioni ad redificamdum, cosi come richiesto dagli appel lanti -ma ~mche nell'ambito dello stesso dispositivo, non concilian dosi il rigetto dell'appello con la proposizione eper l'effetto riforma la decisione impugnata . Ma anche in ordine alla questione di diritto la decisione viziata.. Il caso di pi persone che acquistino pro indiviso un'area edifi cabile e stabiliscano nello stesso atto di attribuire a ciascuno un de terminato appartamento, oppure di costruire ciascuno un determinato appartamento e chiedono, poi, di fruire delle agevolazioni fiscali pre viste dalla legge n. 408 del 1949 pr l'intero atto, stato pi volte esarrtinato da questa Corte, la quale ha generalmente ravvisato nel secondo negozio reciproche concessioni ad redificandum sul suolo co mune (Cass., 4 marzo ~960, n. 399; 11 ottobre 1960, n. 2637; 11 otto bre 1960, n. 2643; 26 giugno 1961, n. 1533), escludendo la necessit, a costruzione ultimata, di dover eff,ettuare un atto di divisione. Di recente, poi (Cass., 6 luglio 1968, n. 2297) occupandosi pi specificamente dei limiti di applicazione dell'agevolazione prevista dalla legge n. 408 del 1949, ha osservato che l'acquisto di un diritto di superficie per costruire un edificio adibito ad abitazioni non di lusso, rientra concettualmente fra gli acquisti di aree edificabili, di cui all'art. 14 della legge n. 408 del 1(149. E la logica di que,sta affer mazione appare lampante se si considera che la legge in questione non vuole agevolare i trasferimenti di propriet delle aree edificabili in s e per s, ma l'esercizio dell'ius redificandi (entro determinati limiti di modo e di tempo), per cui anche il trasferimento di questa facolt dal pieno proprietario ad un terzo non pu non ricadere nella previsione agevolatrice. Ci posto, occorre aggiung,ere che la ratio della norma concedente il beneficio fiscale nel senso che questo possa essere concesso per i . l l ':: r ::. J r~!lifillirr&mfrmrttJ~mr1;fftEm1trfiliftili''&::=;rft111r:~z;rr;rr~rn&;;;;;:~tif::;i;0;:kfr:Nrt&1u'11Ars!sfilif:2:r:f0,,Jd:~~:w;; PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA una sola volta e precisamente all'acquirente del diritto reale che poi effettui la costruzione e questo principio sta~o gi affermato da questa Corte allorch (Cass., 21 dicembre 1962, n. 3398) asseri la decadenza del beneficio nel caso in cui la costruzione venga effettuata non da colui che, acquistando l'area aveva goduto del beneficio medesimo, ma da un successivo acquirente della stessa area. Analogamente, il proprietario del suolo che .nella registrazione dell'atto di acquisto abbia goduto dell'agevolazione fiscale e per aver dichiarato, di voler effettuare una costruzione rientrante nella previsione dell'art. 14 della legge n. 408 del 1949, ne decadr se, invece di effettuare la costruzione, trasferisca ad altri la facolt di costruire. Ma da questi principi, che sembrano riecheggiare talune affermazioni contenute nella decisione impugnata, non discendono le conseguenze tratte dalla Commissione centrale nel caso di acquisto di area da parte di pi persone pro indiviso con l'unica precisazione della quota ideale spettante a ciascuno e di accordo tra i comunisti di costruir. e ciascuno a proprie spese un determinato piano od un determinato appartamento in proporzione della propria quota. Nella citata sentenza del 1968 stato affermato il principio secondo cui nel caso di concessione reciproca di diritti ad ::Edifcamdum iJJ. seno ad un gruppo di condomini non possa parlarsi di acquisto di area edificabile ai sensi della legge suddetta ed stato precisato che non pu applicarsi al negozio il suddetto beneficio fiscale sia per la mancanza, di un acquisto di diritti, sia per l'assenza dell'immediatezza dell'oggetto. (costruzione della casa) avendo l'atto la finalit. di evitare una successiva divlsion. Questo principio merita di essere maggiormente approfondito sulla base delle norme che regolano la comunione e consentono a ciascun partecipante di servirsi della cosa comune secondo la sua destinazione, traendo vantaggio in proporzione della ;propria quota (artt. 1101, 1102 e.e.). Tra i comproprieta.ri di un suolo edificatorio si pu parlare di acquisto di diritti di taluno di essi a danno di altri solo se uno oq alcuni di essi trasferiscono agli altri taluna delle facolt che essi hanno uti domini, sia pure pro quota laddove se essi decidono di costruire sul suolo indiviso Ciascuno un predeterminato appartamento non si ha trasferimento di diritti, neppur.e pro quota e i comunisti non disci plinano l'acquisto, ma l'eser:cizio di un diritto, che, per quote ideali gi esisteva nel patrimonio di ciascuno di essi. E la convenzione che regola il modo con cui ciascuno dei comproprietari del suolo edifica torio gode del so diritto di comprpriet sul suolo e della colonna d'aria sovrastante sar il titolo che eviter l'accessione dell'edificio al terreno, come propriet comune e indivisa (di tutti i proprietari dell'area), ferma restando la comunione del suolo. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Le conseguenze di ordine fiscale sono ovvie: solo l'atto di acquisto dell'area godr del beneficio fiscale se la costruzione verr effettuata, laddove il negozio che disciplina la comunione e d vita al sorgere di un condominio fuori della previsione della legge n. 408 del 1949 e non potr in ogni caso essere considerato come concessione ad redifkandum (in senso .tecnico) n potr essere tassato come atto traslativo di diritti reali. poi da escludere che i due negozi possano essere assoggettati ad unica tassa, in virt della norma del secondo comma dell'art. 9 L.R. Come questa Corte ha pi volte affermato (da ultimo Cass., 6 lglio 1968, n. 2297) perch un atto contenente diverse disposizioni possa scontare una sola voJ.ta la tassa di registro deve iSussi!Stere tra le disposizioni medesime un'oggettiva necessit giuridica e concettuale di connessione e compenetrazione, non essendo all'uopo sufficiente una mera connessione soggettiva. In conclusione i mezzi di ricorso principale e incidentale vanno accolti per quanto di ragione e la decisione impugnata, che con moti~ vazione lacunosa ed erronea inco11sa nei vizi J.amentati, va cassata con rinvio alla stessa Commissione centrale, che .si uniformer ai principi sopra specificati. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 ottobre 1970, n. 1851 -Pres. Pece Est. Miele -P. M. Trotta (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Vitaliani) c. RAI (avv. Sequi). Imposta di registro -Accessione -Beni del privato destinati ad un pubblico ~ervizio -Impianti radio-televisivi -Sono tali -Applicabilit della regola generale tdell'art. 47 della legge di registro. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 47; r. d. 27 febbraio 1936, n. 645, arti" coli 166 e 180). n principio dell'art. 47 della legge di registro derogato allorch, da espresse norme o dal sistema regolante determinate categorie di beni, si pu evincere l'esclusione dell'.acquisto della proprietd della cosa incorporata; non si verifica infatti accessione per i beni del demanio pubbUco e per quelli del patrimonio indisponibile appartenenti ad enti pubbLici, mentre vale la regola generale dell'accessione per i beni appartenenti al privato destinati ad un pubblico servizio. Conseguetemente, essendo la R.A.I. una societd per azioni di diritto privato, concessionaria in esclusiva del servizio di radiotelevisione, i suoi impianti, bench destinati a un pubblico servizio, noin hanno il carattere PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 953 deU'indisponibiLit e quindi sono soggetti alla regola gene-rale dell'accessione non potendo rinvenirs.i una deroga al principio deU'art. 47 negli artt. 166 e 180 del codice postale (1). (Omissis). -Con il primo motivo la. ricorrente Amministrazione, deducendo la violazione dell'art. 47 del r.d.l. 30 diceml:>re 1923, n. 3269, e dell'art. 934 .e.e., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., afferma che la Corte di merito ha trascurato di considerare che la previsione dell'art. 934 c_.c., secondo cui non si applica il principio dell'accessione nei casi previsti dalla legge, ha luogo solo quando la legge specificatamente attribuisca a persona diversa dal proprietario del suolo un preciso diritto reale sulle piantagioni, costruzioni ed opere eseguite sopra o sotto il suolo. Ci premesso l'Amministrazione ricorrente deduce che l'art. 166 del codice postale e delle telecomunicazioni, non deroga all'art. 934 e.e. in quanto non attribuisce al concessionario del servizio di telecomunicazioni un diritto reale sugli impianti e gli edifici da lui costruiti, distinto dal diritto di propriet sull'area su cui essi insistono. Osserva ancora che, se ci si ritenesse, si verificherebbe un'ipotesi di espropriazione in senso materiale da parte della RAI in danno dell'Universit di Serravalle, ad operare la quale la RAI non era legittimata difettando della qualit di ente pubblico. Con il secondo motivo ,sd. deduce la violazione degli artt. 166 del r.d. 27 febbraio 1936, n. 645, e 822, 823, 824 e.e. e si afferma che la Corte di merito avrebbe erroneamente interpretato l'art. 166 cit., attribuendo agli impianti di telecomunicazioni natura giuridica di cose extra commercium di cui sarebbero titolari necessari esclusivamente lo Stato ed i concessionari. Tale interpretazione, secondo la ricorrente Amministrazione, contrasta con l'ordinamento giuridico che non .iclude detti impianti tra i beni demaniali e non attribuisce carattre di demanialit e di incommerciabilit a cose la cui propriet non appartenga allo Stato o agli altri enti pubblici. (1) ormai pacifico che nel caso di esecuzione di opere pubbliche su suolo privato occupato sine titulo non si verifica accessione, n ai fini civili n ai fini tributari, non potendosi ammettere che il privato proprietario del suolo acquisti la propriet di un'opera di interesse pubblico appartenente al demanio o al patrimonio indisponibile (Cass., 23 marzo 1965, n. 477, in questa Rassegna, 1965, I, 381; 8 luglio 1966, n. 1792, ivi, 1967, I, 126); e su questa premessa appare ineccepibile la pr,ecisazione che l'opera eseguita dal privato, bench destinata ad un pubblico servizio, non pu mai essere considerata un bene del patrimonio indisponibile, essendo questa categoria di beni caratterizzata dalla natura pubblia del soggetto che rie titolare (artt. 826 e 830 e.e.). Sulla natura giuridica della R.A.I. la sent. 23 agosto 1949, n. 2385 (in Giur. compl. Cass. civ., 1949, III, 258) ha risolto ogni problema. 954 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Con il terzo motivo, infine, deducendosi la violazione degli articoli 166 e 178 del r.d. 27 febbraio 1936, n. 645, 834 e 922 e.e. e 42 " della Costituzione, si sostiene_ dalla iricorrente Amministirazione che l'interpretazione data agli artt. 166 ..e 178 del r.d. n. 645 del 1936, per cui il divieto penalmente sanzionato di eseguire o esercitare impianti di telecomunicazioni senza avere ottenuto la relativa concessione determinerebbe l'impossibilit giuridica per Chiunque non abbia la qualit di concessionario di acquisire la propriet' di impianti di telecomunicazioni, violerebbe l'art. 922 e.e. che, con enumerazione tassativa, elenca i modi di acquisto della propriet nonch l'art. 834 dello stesso codice. I tre motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente riguardando aspetti della stessa sostanziale censura, e cio. che non trattasi, nel caso di impianti radiotelevisi di propriet della RAI, di beni indisponibili e quindi sottratti al principio dell'art. 47 della legge di registro. Le censure sono fondate. L'art. 47 della legge di registro -r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 -stabilisce che nei trasferimenti immobiliari a titolo oneroso gli immobili per destinazione sono considerati, agli effetti della tassa di registro, tirasferiti unitamente all'immobile, ancorch si dichiarino esclusi. Per vincere tale presunzione l'acquirente dell'immobile deve provare, mediante atto avente data certa attraverso la registrazione, che gli immobili gli sono pervenuti da altri o che appartengono ad altri. La presunzione suddetta si ricollega al princj,pio civilistico della accessione immobiliare (art. 934 .e.e.) seco;J,do cui qualunque piantagione, costruzione od opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario di questo, salvo i casi degli artt. 935, 936, 937 e 938, oppure se risulti diversamente dal titolo o dalla legge. Peraltro, mentre nel campo del diritto privato ai fini dell'esclusione dell'accessione dal trasferimento insieme alla cosa in cui incorporata sufficiente la disposizione in tal senso nell'atto di trasferimento (cfr. art. 818 e.e.), ai fini invece dell'art. 47 della legge di registro l'esclusione si ha solo nel caso in cui l'accessione pervenuta all'acquirente dell'immobile, in cui incorporata, da altri oppure se appartenga ad altri. L'assolutezza della norma fiscale cede, per, di fronte a specifiche disposizioni di altre norme di legge che portino ad escludere che si verifichi una situazione di accessione con l'effetto dell'acquisto della propriet dell'accessione da parte del proprietario del suolo. Invero l.'art. 47 regola solo l'ipotesi che l'esclusione del trasferimento sia contenuta nell'atto di trasferimento cio un'ipotesi di disposizione convenzionale dell'accessione, non invece i casi in cui l'esclusione dipenda da particolari disposizioni legislative o anche dal sistema legislativo .. ' ... 1wt~mrrmmmmrnm@1111iMmmMmr:#fitJ1r1rtm111;,miT11m11'1m1imwl?x11;12Jffiwfm!1!ifa1t=ttb::::d PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 955 regolante determinate categorie di beni, dalle quali si evinca l'esclusione dell'acquisto della propriet della cosa incorporata. Affermazione di tale principio sono le sentenze di questa Corte Suprema con cui (Cass., 8 luglio 1966, n. 1792) si escluso per le opere pubbliche (Cass., 23 marzo 1965, n. 577), costruite su suolo altrui, il principio dell'accessione. L'esclusione del principio dell'accessione si verifica nel caso di bene demaniale essendo questi inalienabili e fuori commercio; uguale esclusione si ha per i beni ind1sponibili (art. 826 e.e.) e do per i beni destinati ad un pubblico servizio, la destinazione dei quali non pu essere modificata se non nei modi stabiliti dalle leggi che li regolano. In questa ultima ipotesi per necessario che il bene si appartenga ad enti pubblici, territoil"iali o no (artt. 82;6, 830 c.c.), sioch, ove il bene si appartenza invee.e ad un privato,. la sua destinazione ad un pubblico servizio non importa che detto bene diventi indisponibile, con .gli effetti regolati dall'art. 828 cpv., salvo che anche in questo caso non vi sia apposita disposizione di legge. Tenendo presente tali principi, va osservato che la RAI una societ per azioni di diritto privato, la quale, in quanto concessionaria del pubblico servizio di radiotelevisione in regime di esclusiva, soggetta alla vigilanza dello Stato (cfr. Oass., 23 agosto 1949, n. 2385). Consegue che il regime giuridico dei suoi beni, ancorch essi siano destinati al pubblico servizio, non abbia la caratteristica della indisponibilit, mancando alcuna disposizione di legge che tale indisponibilit p,reveda. Si preteso dalla sentenza impugnata e dai resistenti individuare la norma sulla indisponibilit di tali beni nelle disposizioni del codice postale e delle telecomunicazioni (art. 166 r.d. 27 febbraio 1936, n. 645) le quali sanciscono l'esclusivit del servizio di telecomunicazioni per lo Stato o per il concessionario, con divieto per chiunque: di eseguire od esercitare impianto di telecomunicazioni , divieto snzionato anche penalmente (art. 178). Sta di fatto, per, che tale dvieto non riguarda il regime giuridico dei beni che in concreto legittimamente siano destinati al servizio 11adiotelevisivo ma costituisce solo una limitazione al privato, al quale le citate norme del codfoe postale vietano di svolgere l'attivi,t di radiocomunicazione e che viola il mon01Polio riservato allo Stato Il che importa che, in caso di concessione del servizio radiotelevisivo, i beni che il concessionario destini al detto pubblico servizio sono nella sua !/-bera disponibilit e quindi pu alienarli, sostituirli e, d'altro canto, essi possono essei:ie oggetto di espropriazione, di garanzia, ecc. e correlativamente essi soggiacciono alle norme privatistiche sulla accessione, sull'usucapione ecc. Facendo difetto l'opera pubblica, caratterizzata, come si osservato, non solo dalla destinazione ad un pub- l !j I lI I i ! 1 17 956 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO blico servizio ma dall'appartenenza di essa ad un ente pubblico, l'ente radiotelevisivo, in caso di violazione della norma dell'art. 936 cod. civ., potrebbe essere. tenuto ad eliminare l'acce-Ssione immobiliare Costruita su suolo altrui. Si accenna dai resistenti che la sottrazione delle costruzioni effettuate dalla RAI al regime delle accessioni immobiliari si ricaverebbe anche dall'art. 180 del cod. postale e delle radiocomunicazioni, il quale dichiara espressamente di pubblica utilit gli impianti di radiotelevisione sia di propriet dello Stato che del concessionario; che, inoltre, nell'art. 31 della. particolare convenzione tra lo Stato e la RAI si stabilisce il piano tecnico di esecuzione degli impianti, tra i quali compreso l'impianto sul suolo del cui trasferimento si riferisce la presente controversia. I rilievi non sono fondati. Invero la dichiarazione di pubblica utilit di un'opera pu avvenire anche per beni di spettanza di privati, in quanto nell'opera da effettuare si riscontri un fine di pubblica utilit. Ci vale non gi a modificare il regime giuridico dell'opera ad effettuare, ma solo a sveltire l'eventuale procedwra di esiprO[p.riazione che fosse necessaria per l'attuazione dell'opera stessa. Infatti la dichiarazione di pubblica utilit non esclusiva delle opere pubbliche ma, ad es. rdguarda anche costruzioni di case popoilari ed economiche costruite da enti pubblici o da privati e. quindi in regime privatistico (art. 21, 1. 2 luglio 1949, n. 408). Neppure crea il vincolo d'indisponibilit il fatto che nella concessione del pubblico servizio di radiotelevisione sia prevista la costruzione di quella determinata opera s:ul suolo della Universit Agraria. Ci attiene solo agli obblighi del concessionario, il quale, per l'esecuzione dell'opera sessa, avrebbe dovuto svolgere a tal fine quanto necessario e quindi eventualmente provvedere all'acquisizione coattiva della propriet dl suolo avvalendosi all'uopo -se necessario -della qualifica di opera di pubblica utilit, senza che pe:r si verifichi u:n,a modificazione del regime puramente privatistico dei beni di propriet della societ RAI. Tutto quanto sopra premesso, sotto il profilo del normale regime legale, tuttavia non pu. escludersi a priori altra eventuale situazione 'che possa portare all'esclusione della accessione (ad esempio una deliberazione dell'Universit Agraria di Serravalle che abbia autorizzato la costruzione da parte della RAI prima dell'atto di compravendita, e che possa riportarsi, sia pure attraverso un'interpretazione estensiva, nell'ambito della legge 24 gennaio 1962, n. 23) ma di ci potr eventualmente occuparsi il giudice di rinvio. Pertanto il ricol.'lso essendo fondato, va ac~olto e il.a sentenza impugnata Cassata con rinvio ad altra Corte di Appello. -(Omissis). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA' 957 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 ottobre 1970, n. 1866 -Pres. Pece Est. Berarducci -P. M. Silocchi (conf.) -Cafarella e De Matteis (avv. Mereu) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Salto). Imposta di registro -Agevolazioni per la costruzione di case di abita zione non di lusso -Contratto di appalto -Esecuzione difforme Esclusione dell'agevolazione. La concessione dei benefici tributari previsti dall'art. 14 della legge 2 1luglio 1949, n. 408 in stretta necessaria relazione con l'atto in riferimento al quale la concessione richiesta e la costruzione da effettuarsi deve rispo111;dere alle caratteristiche previste nell'atto medesimo. Non pu pertanto godere l'agevolazione un contratto di appalto quando la costruzione reaiizzata sia diversa da quella nel contratto medesimo prevista, in quanto la costruzione in concreto eseguita deve ritenersi connessa ad un nuovo e diverso contratto di appaito, mentre il contratto originario rimasto inattuato decade dall'agevolazione (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 14 della legge n. 408 del 1949. Si sostiene che il beneficio della registrazione a tassa fissa di cui al citato articolo, spetta in ordine a tutti i contratti di appalto, purch abbiano ad oggetto la costruzione di case a carattere economico-popolare e que.ste siano terminate entro un biennio. Non sarebbe, quindi, necessario, secondo i ricorrenti, uno stretto nesso di strumentalit tra l'appalto e la costruzione, essendo, invece, sufficiente che questa venga effettivamente realizzata, anche se non completamente o con modalit diverse_ da quelle previste in contratto. Il motivo infondato. Questa Suprema Corte ha ,gi avuto occasione di affermare che, dalla formulazione dell'art. 14 della legge n. 408 del 1949, emerge chiaramente che la concessione dei benefici tributari in tale articolo previsti, in stretta, necessaria relaziione con l'atto, in riferimento al quale la concessione viene richiesta, e la costruzione, da effettuarsi, con le caratteristiche previste, in attuazione del fine per il quale quel deter minato atto stato posto in essere (cfr. sent. n. 1914 del 1969 e sent. n. 2493 del 1968). Tale indirizzo non pu nori essere mantenuto fermo, gi.acch -indipendentemente dal fatto che non stato dedotto alcun argomento che possa giustificare il mutamento -esso in armonia, da I ~ ~= (1) Decisione da condividere pienamente. Le decisioni 13 luglio 1968, n. 2493 e 30 maggio 1969, n. 1914, citate nel testo, sono pubblicate rispet!~: tivamente, in questa Rassegna, 1968, I, 802 e in Riv. leg. fisc., 1969, 2332. !:i ;:; i! l Jfil i;:: . . RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 958 un lato, con il principio, di carattere genemle, secondo cui, per effetto dell'art. 8 della legge organica di registro (r.d. 30 dicembre 1923, II n. 3269), ai fini della determinazione dell'impqsta dovuta su un atto, bisogna aver riguardo al documento da tassare e, quindi, al contenuto obiettivo dell'atto negoziale e agli effetti che questo destinato a pro durre, e, dall'altro lato, con l'intento del legislatore di evitare, svincolando l'esecuzione del contratto. dalle modalit previste nell'atto presentato alla registrazione, che l'agevolazione dell'incremento delle costruzioni edilizie non di lusso, che costituisce la .ratio ispiratrice della concessione dei benefici in questione, 1si presti ad illecite 1~eculazioni. Ci comporta che, allorquando viene compiuta una costruzione che sostanzialmente 1diversa da quella costituente oggetto del contratto di appalto per il quale si chiesta ed ottenuta la concessione dei benefici tributari, viene a mancare il collegamento funzionale tra detto contratto e la costruzione e, quindi, fra la concessione dei benefici e la costruzione medesima, in quanto questa non pu ritenersi realizzata che in esecuzione di un nuovo accordo, ossia di un nuovo contratto di appalto stipulato fra le parti, avent un oggetto diverso da quello del contratto per il quale i benefici sono stati concessi, con la conseguenza che, dovendosi considerare come praticamente ineseguito quest'ultimo contmtto, non pu non tTovare applicazione la norma dell'art. 20 della stessa legge n. 408 del 1949, che, per il caso di inesecuzione della costruzione prevista in contratto, commina la decadenza degli anzidetti benefici. Nel caso che ne occupa, Ta diversit della costruzione realizzata dai ricorrenti rispetto a quella prevista nel contmtto di appalto per il quale fu concesso il benefido della registrazione a tassa fissa, stata accertata dai giudici di merito, con apprezzamento insindacabile in questa sede, perch logicamente e adeguatamente motivato, .e conse, guentemente, per le considerazioni sopra esposte, il ricorso non pu che essere rigettato, 'condannandosi i ricorrenti alla perdita del deposito e al pagamento delle spese del processo. -(Omissis). W,:(W,:( / X ,;, -, - ~EZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 settembre 1970, n. 1274 -Pres. Giannattasio -Est. Alibrandi -P. M. Caccioppoli (conf.) -Assessorato ai Lavori Pubblici della Regione Siciliana (avv. Stato Azzariti Giorgio) c. Impresa Merenda (avv. Pasquale). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Fonti ,normative -Capitolato generale d'appalto per le opere dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici -Natura regolamentare per i contratti che riguardano lo Stato -Sussiste -Immediata applicabilit anche ai rapporti sorti anteriormente al 1 settembre 1962 delle disposizioni del medesimo che disciplinano la procedura arbitrale e l'impugnabilit '. . del lodo -Sussiste. (d.m. 28 maggio 1895; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063). Regione -Regione Siciliana -Appa,lti di opere pubbliche -Valore esclusivamente contrattuale delle disposizioni del Capitolato generale statale oo. pp. -Sussiste -Applicabilit delle norme p~ocessuali del Capitolato generale statale 1962 come jus superveniens Esclusione. Appalto -Appalto di opere pubbliche -Appalti stipulati da enti pubblici diversi dallo Stato -Vincolativit delle dispQsizioni del Capitolato generale statale del 1962 per effetto di richiamo ex lege Portata. Cassazione -Controllo di legittimit in tema di valutazione di un comportamento concludente -oggetto e limiti. (c.p.c., art. 360). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Riserve dell'appaltatore -Decisione amministrativa -Funzione di presupposto processuale della domanda giudiziale -Sussiste -Inerzia della P. A. protratta oltre congruo termine assegnatole dall'appaltatore, o, comunque, oltre ogni ragionevole lasso di tempo -Proponibilit della domanda giudiziale dell'appaltatore senza necessit del previo esperimento del procedimento ex art. 1183 c. c. -Sussiste. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 54 e 109). ..;:::: .~... W.Jiiii:?::>'::/. i> .i"/. W/.fil'/..W.->.>z:;'y:::;wM>lW"/,:Y,:::;~"'->i>:=:=:="~i>:=:~z}Jdffi:.:M:==:=:="'-<@'% 0.ill; w_..:tt. =----/@::@. ..ffim::::z-=::----~*"//.-x-=-:~:rfX:X..Y"J..Y.z .. x~ftf#. ..ar. Jm... w&Wi mra1D:Zlw4t:J 11~;.. ilJl:s> "\~,.. I 960 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO . . Arbitrato -Impugnazione del lodo per nullit -Carattere preliminare I e necessario del giudizio di legittimit (rescindente) rispetto Il' all'eventuale giudizio di merito (rescissorio) -Sussiste. (c.p.c., artt. 827 e segg.). . . fl Cassazione -Valutazione del comportamento processuale della parte, . II ~ al fine di accertare se un determinato fatto sia pacifico in causa -rn Insindacabilit in Cassazione -Sussiste -Denunciabilit del tra- visamento solo col rimedio della revocazione -Sussiste. (c.p.c., artt. 360, 395). Le disposizioni dei Capitolati generali di apipaito per le opere dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici (d.m. 28 maggio 1895 ed :::: ora d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1083), in quanto proprie .di regolamento di organizzazione, hanno natura nCYrmativa e quindi l'imperativit estrna delle norme di diritto obiettivo, per i contratti di apipalto' che riguardano lo Stato, rispetto ai quali le disposizioni del nuovo Capitolato generale. del 1962, che disciplinano la proce'dura arbitrale e l'impugnabilit del lodo, operano come jus 1superveniens (1). Per i contratti d'apipalto di opere pubbliche che riguardano la Regione siciliana le disposizioni del Capitolano generale statale operano solo in virt di richiam_o contrattuale, epper restano insensibili allo jus superveniens (2). . Tale principio , !vice~ersa, derogato nei casi in cui, pur essendo l'appaltante ente diverso dallo Stato, la legge imponga l'applicazione (1) Sulla prima parte della massima, cfr. Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, in questa Rassegna, 1969, I, 763 ed ivi nota 1 di riferimenti, cui adde Cass., 27 marzo 1970, n. 836, Giur. itJ., 1970, I, 1, 1406, sub 1. Sulla seconda parte della massima, cfr. Cass., 9 aprile 1965, n. 623, in questa Rassegna, 1965, I, 415, sub 1. (2) Conf. Cass., 6 marzo 1969, n. 710, in questa Rassegna, 1969, I, 345, con nota critica redazionale. Secondo la sentenza in rassegna il problema da risolvere non quello della forza espansiva della legislazione statale, bensl quello di ritenere trasferito in modo automatico all'Assessorato per i lavori pubblici della Regione siciliana un regolamento d'organizzazione del Ministero dei lavori pubblici, senza un atto normativo regionale di recezione . Senonch, posto il valore di legge materiale dalla stessa sen..' l tenza riconosciuta a quel Regola~ento (Capitolato generaie oo. pp. 1895), ~ ;.".-, ritenuto fornito della imperativit esterna propria dalle norme di diritto obiettivo (v. supra, massima sub 1), appare ingiustificato obliterare la portata decisiva della norma di rinvio di cui all'art. 11.reg. 1 luglio 1947, n. 3 (altra volta negata dalla Corte di Cassazione proprio pel disconoscimento del valore normativo esterno del predetto Capitolato generale statale: v. Cass., 6 marzo 1969, n. 710, dt., in questa Rassegna, 1969, I, 347, nella motiv.). Una volta riconosciuto, infatti, che il Capitolato generale statle del 1895, per effetto di quel rinvio normativo, si applicava alla fattispecie I ope legis e non gi per mero richiamo contrattuale, doveva valere, inevita-' f -~ ::: _.,. .. ! ! ~; ~~mr~~ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 961 del detto Capitolato generale. In tali ipotesi, infatti, le disposizioni richiamate, incluse quelle relative all'arbitrato ed alla impugnabilit del lodo, si inseriscono ope legts nel contratto (3). L'accertamento ael significato da attribuirsi in determinate circostanze al comportamento di un soggetto, al fine di stabilirne o di escluderne la concludenza, si risolve in un accertamento di fatto, non sindacabile nel giudizio di cassazione, se adeguatlamente motivato. Invero il controllo di legittimit in tema di valtazione di un comportamento concludente non ha per oggetto il concreto multato delle indagini svolte dal Giudice di merito, ma il raigionamento da questo seguito, al fine di stJahilire se risulti viziato da evep,tuali errori di diritto o di logica, oppure da difetto di motiv,azione (4).\ bilmente, il ragionamento fatto dalla stessa sentenza in rassegna, per ammettere, per tale diversa ipotesi, lo jus superveniens (v., infatti, massima sub 3). (3) Di particolare importanza questo insegnamento, che si segnala all'attenzione del lettore: lo jus superveniens, adunque, ammesso dalla Suprema Corte regolatrice nei casi di rinvio alle norme del Capitolato generale statale, dlsposto per legge, per la disciplina di appalti di opere pubbliche stipulati da enti diversi dallo Stato, in quanto si tratterebbe di un fenomeno di eterointegrazione contrattuale ex art. 1339 e.e., contrapposto a quello del richiamo per relationem perfectam fatto dai contraenti alle disposizioni del Capitolato dello Stato, estraneo al contratto. Non gi, come in tal -caso, rinvio recettizio, per effetto del quale le norme risultano inserite ed assorbite nel contratto medesimo e svincolate. dalla fonte di origine, ma, al contrario, rinvi formale: rispetto alle norme inserite ope legis nel contratto, questo, lungi dal conferire giuridica ,efficacia alle clausole richiamate, non potrebbe avere che valore meramente ricognitivo della disciplina legale che presidia la materia, senza che vi sia alcun margine per !!autonomia negoziale delle parti (cfr. gi, su tale rpunto, Cass., 6 settembre 1968, n. 2878, in questa Rassegna, 1968, I, 843, sub 2, seconda parte; 27 marzo 1970, n. 836, cit., Giur. it., 1970, I, 1, 1407, nella 'motiv.). Ma, se cos, sembra debba coerentemente trarsi l'inattendibilit di quell'altra giurisprudenza della Corte di Cassazione, che, pur ammettendo che anche per i contratti di appalto della Gest,i.one lNA-Casa ricorra in virt dell'art. 6 d.P.R. 22 giugno 1949, n. 340 un fenomeno d eterointegrazione ex art. 1339 e.e. (Cass., 15 luglio 1965, n. 1557, Giur. civ., 1965, I, 1737; 2 dicembre 1969, n. 3850, in questa Rassegna, 1970, I, 139 e 142, nella motiv.), afferma che le norme cosi inserite hanrio meno valore contrattuale (Cass., 16 dicembre 1966, n. 2952, in questa Rassegna, 1967, I, 256 e 263, nella motiv.; 27 marzo 1970, n. 836, cit., Giur. it., 1970, I, 1, 1406 ss.), con tutte le conseguenze del caso (in ordine alla inidoneit dell'art. 23 Capitolato generale INA-Casa ad incidere sulla disciplina dei presupposti processuali v., ad es., Cass., 27 marzo 1970, n. 836, supra cit.; ma contra v. invece Cass., 8 settembre 1970, n. 1343, infra, 974; ovv.ero in ordine alla sottrazione dell'interpretazione delLe norme di quel Capitolato al sindacato di legittimit, v., ad es., Cass., 2 dicembre 1969, n. 3850, supra cit.). (4) V., in senso conforme, Cass., 14 giugno 1968, n. 1896, Giur. it., Mss., 1968, 680. 962 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In materia di ap!];JO-lti di opere pubbliche la fase am.ministrativa deli'esame e della decisione sulle riserve, formulate dall'appaltatore secon,do quanto prevede l'art. 54 del Regolamento 25 maggio 1895, n. 350, ha funzione di presupposto processuale deLla domanda giudiziale, OIJ'l,de l'eventuale inerzia da parte della Pubblica Amministrazione viene in considerazione, pi che nel suo aspetto di inadempimento, nel suo contenuto di comportamento omissivo, il quale re11;de inattuato l'esame della vertenza nella sede amministrativa e, di conseguenza, neceissaria la tuteia giurisdizionale. Cosiccih, ove la Pubbiica Amministrazione violi il dovere di procedere all'esame in via amministrativa della vertenza e non emetta aicun provvedimento sulle riserve formulate dall'appaltatore, malgrado il decorso di congruo termine da questi ass~gnatole od anche quando sia decorso un tempo "Vanto lungo da denunciare il rifiuto della stessa Amministraziolfl,e di provvedere, l'appaltatore pu propo'l"re domanda d'arbitrato senza l'onere di sperimentare previamente il procedimento di cui ait'art. 1183 e.e. (5). Nei giudizio d'impugnazione dei lodo arbitrale per nubLit a norma dell'art. 829: c.p.c. la fase. rescindente, preliminare alla successiva ed eventuale fase detla sostituzione (rescissoria), costituisce u.n tipico giudizio di legittimit che ha la funzione di accertare se sussista taluna delle nullit previste da quella norma di legge, come conseguenza di errori in procedendo, oppure (ipotesi deWultimo comma) di rrolfi in judicando (6). L'acce!fta!fe in base al comportamento processuale se un determinato fatto sia pacifico tra le parti costituisce indagine devoluta al giudice di merito, il cui apprezzamento insindacabile in Cassazion,e, ancorch sia l'effetto di un travisamento, restando in tal caso esperibile soltanto il rimedio della revocazione (7). (Omissis). -Con il primo mezzo del ricorso l'Assessorato per i lavori pubblici della Regione siciliana, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 51 d.P.R. 16 J.uglio 1962, n. 1063, dell'art. 1 legge regionale siciliana 1 luglio 1947, n. 3, dell'art. 1 d.P.R. 30 luglio 1950, n. 878 e dehla normale 20 agosto 1962 dell'Assessorato medesimo, si duole che la Corte del merito abbia diichiarato inammissibili i motivi di impugnazione per nullit con i quali erano dedotti errori (5) Cfr. Cass., 27 giugno 1969, n. 2317, in questa Rassegna, 1969, I, 743 e 747 e segg.; Sez. Un., 7 luglo 1969, n. 2498, ibidem, 745 e 750 e segg.. Quanto al previo collaudo dell'opera, v. Cass., Sez. Un., 4 luglio 1969, n. 2449, ibidem, 755, che ne hanno ;:tmmesso la sopraggiungibilit in corso di causa. (6) C:fr. Cass., 6 febbraio 1970, n. 250, Giur. it., Mass., 1970, 112. (7) Cornf. Cass., 11 febbraio 1969, n. 478; 26 novembre 1968, n. 3831. ..-: @jj PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 963 in iudicando, avendo ,considerato inapp1kabile l'estenisione apportata, in materia di impugnazione della sentenza arbitrale, dal nuovo Capitolato generale del 1962., e ci per aver erroneamenrte ritenuto il carattere contrattuale delle richiamate disposizioni del precedente Capitolato generale, approvato con d.m. 28 maggio 1895. Questo -sostiene, in particolare, il ricorrente -estende la sua efficacia normativa (regolamento) al territorio della Regione Siciliana, anche nell'ambito della legislazione regionale esclusiva, se la relativa pote,st non sia stata ancora esercitata, non essendo fondata la distinzione delineata dalla Corte di Appello, secondo cui soltanto le leggi, in senso formale, dello Stato si applicano, in via transitoria, nelle materie attribuite alla competenza della Regione. Pertanto, deduce il ricorrente, essendo vincolante, quale norma regolamentare, il Carpitolato generale del 1895, il richiamo fatto a questo dalle parti non ha carattere contrattuale, con fa conseguenza dell'applicabilit delle norme processuali contenute nel sopravvenuto Capitolato del 1962. Il motivo non fondato. Va premesiso, per una migHore intelligenza delle questioni sollevate con il mezzo in esame, che la emanazione del nuovo Capitolato generale d'appalto per le opere di competenza del Ministero dei lavori pubblici (d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063) ha dato luogo a vari problemi di diritto transitorio e gi questa Corte Suprema ha avuto occasione di affermare che le norme di detto nuovo Capitolato, che disciplinano la rprocedura arbitrale e l'impugnabilit del lodo, essendo norme processuali, sono immediatamente applicabili, anche rispetto a rapporti sorti anteriormente alla data (1 'Settembre 1962) dell'entrata in vigore del nuovo Capitolato (sent. 6 aprile 1966, n. 909, e sent. 4 aprfile 1969, n. 1401). Se non che l'applicabilit dello jus superveniens ai rapporti in corso non senza limiti e presuppone che la successione nel tempo di difformi disposizioni che regolano la stessa materia si verifichi rispetto a norme di legge, sia pure in senso soltanto materiale. Ora, per consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte, le disposizioni del Capitofato generale d'appalto per le opere di competenza del Ministero dei lavori pubblici, di cui al d.n1. 28 maggio 1895, hanno natura normativa (regolamenti di organizzazione) e, quindi, presentano l'imperativit esterna che propria delle disposizioni di diritto obiettivo, solo per i contratti d'appalto che riguardano lo Stato, mentre dette clausole del Capitolato generale hanno natura contrattuale quando siano richiamate ed applicate in contratti non riguardanti lo Stato (Cass., 22 giugno 1967, n. 1486 e Cass., S.U., 12 dicembre 1967, n. 2928). In que1st'ultima ipotesi, le disposizioni del Capitolato generale hanno natura negoziale (condizioni generali di contratto), richiamate per relationem perfectam dai contraenti ed il rinvio ad esse recettizio, non gi formale, in quanto le norme (o il complesso di norme), oggetto 964 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ' del rinvio, risultano inserite ed assorbite nel 1contratto, quale contenuto di que:sto, e, quindi, 'svincolate della fonte d'origine. Ci chiarisce la ragione per cui le disposizioni del Capitoilato generale, quando hanno natura contrattuale, .restano insensibili allo jus siiperveniens. Tale principio derogato soltanto nei casi in cui, pur essendo l'appaltante ente diverso dallo .Stato, la legge tuttavia imponga l'applicazione del detto Capitolato generale, .come si verifica, per esempio, in materia di esecuzione di opere appaltate dalla Cassa per il Mezzogiorno o da qu,esta affidate ad aziende autonome statali o date in con 1 cessione a determinati enti e consorzi (art. 8, ultimo 1comma, legge 10 agosto 1950, n. 646). In questa ipotesi, infatti, le disposizioni richiamate, incluse quelle relative all'al'bitrato ed alla impugnabilit del lodo; s'inseriscono ope legis nel .contratto (art. 1339 e.e.), indipendentemente dal richiamo fatto dalle parti, il quale, lungi dal conferire giuridica efficacia alle clausole richiamate, non ha ,che un valore meramente ricognitivo della disciplina legale che presidia la materia, .,.. senza che vi sia alcun margine per l'autonomia negoziale delle parti. Ora, le considerazioni dianzi \svolte agevolano la soluzione del problema che, nella specie, viene in considerazione, posto che la Regione Siciliana ente diverso da1lo Stato, anche se ad essa siano state attribuite funzioni gi di competenza dello Stato, e nessuna norma di legge, statale o regionale, prescrive, per gli appalti stipulati da quella Regione, l'applicazione obbligatoria del Capitolato generale. Pertanto, nel cas~ in esame, le parti ben potevano disciplinare l'appalto de quo richiamando. in tutto oppure in parte il Capitolato generale del 1895, ovvero non richiamandolo affatto, in virt del principio dell'autonomia contrattuale (art. 1322 e.e.) la cui sfera di libert dispositiva non era n limitata, n, tanto meno, soppressa da disposizione di legge che, ripetesi, non sussiste rispetto agli appalti conlusi dalla Regione Siciliana. In tal senso la giurisprudenza di questa Corte Suprema formatasi in materia di appalti stipulati sia direttamente dalla predetta Regione (.sent. 7 marzo 1967, n. 528 e sent. 6 marzo 1969, n. 710), sia da enti diversi per delegazione amministrativa della stessa Regione (sent. 17 aprile 1968, n. 1143) e, mentre non si rinvengono persuasive ragioni P.er mutare orientamento, valide si ravvisano quelle che sorreggono il gi affermato indirizZQ. Pertanto, una volta ritenuta, nei limtti e nelle ipotesi di cui dianzi si detto, la natura contrattuale de1le richiamate disposizioni del Capitolato generale di cui al d.m. 28 maggio 1895 e ferme restando le limitazioni in esso previste per quanto concerne l'impugnabilit del lodo (art. 49 comma secondo), va approvata la ConclUiSione cui giunta la Corte del merito in ordine alla denegata impugnabilit della sentenza al'bitrale del 27 ottobre 1964 per gli errori! in iudicando; denunziati dall'Assessorato, mentre, ai fini della decisione, resta superato il problema PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 965 posto dalla Corte di Appello 1sulla sog.gezione della Regione Siciliana alle norme gi vtgenti in materia di qpere pubbliche eseguite a cura dello Stafo, fino a quando la Regione, nell'ambito della propria potest legislativa primaria, non ne avr emanate di diverse. Resta, del pari, superata la conseguente distinzione che la sentenza impugnata delinea tra leggi, in ,senso formale, e norme regolamentari, per riconoscere alle prime e negare alle seconde efficacia transitoria nel territorio della Regione, fnch Ja materia non sia regolata dalla legislazione regionale, che, per i lavori pubblici d'interesise locale, esclusiva (art. 14, lett. g, Statuto speciale della Regione Siciliana di cui alla legge cost. 26 febbraio 1948, n. 2). Infatti, nel caso in esame, il problema da risolvere non quello della forza espansiva della legislazione statale, bens quello di ritenere trasferito, in molo automatico, all'Assessorato per i lavori pubblici della Regione Siciliana un regolamento d'organizzazione del Ministero dei lavori pubblici, senza un atto normativo regionale di recezione. E tale problema va risolto in senso negativo, essendo il Capitolato generale del 1895, come gi si detto, diretto a disciplinare solo il ripporto d.i chi esegue un'opera pubblica per conto dello Stato. Con il secondo mezzo il ricorrente Assessorato, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 1427-1429 e.e. e degli artt. 13621363 e.e. nonch dell'art. 1326 steisso codice, sostiene che, anche a voler ammettere il valore contrattuale del richiamato Capitolato generale del 1895, la Corte del merito avrebbe dovuto, per, ritenere derogate tali clausole negoziali per effetto del successivo comportamento delle parti, dal qua1le avrebbe .potuto desumere la loro concorde volont di modificare quanto convenuto in ordine ai rimedi giurisdizionali per le eventuali controversie. Deduce, in particolare, il ricorrente che l'impresa appaltatrice, .provvedendo alla nomina dell'arbitro di sua fiducia, cos come prevede l'art. 45 lett. e) d.P.R. n. 1063 del 1962, aveva dimostrato di voler aderire alla disciplina della controversia introdotta dal nuovo Capitolato generale, che non contiene clausola analoga a quella dell'art. 49 del Capitolato generale del 1895 sulla Jimitata impugnabilit della sentenza arbitrale, clausola quest'ultima che avrebbe dovuto intendersi implicitamente rinunziata dall'appaltatore. Aggiunge il ricorrente che l'argomento dell'errore nel quale sarebbe caduta la impresa, a proposito della immediata applicabilit delle norme processuali del nuovo Capitolato, irrilevante, mentre il fatto che le parti avessero negozialmente accettato la composizione del Collegio arbitrale, come prevista dal Capitolato del 1962, doveva far ritenere a questo soggetta, per implicita determinazione volitiva dei contraenti, anche la materia dei mezzi di impugnazione del lodo arbitrale. Neppure questo motivo si ravvisa fondato. L'esame di questa censura va 1condotto in base alla premessa che l'accertamento del significato da attribuirsi, in determinate circostanze, 966 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ad un comportamento di un soggetto, al fine di stabilirne o di escluderne la concludenza, si risolve in un accertamento di fatto, non sindacabile nel giudizio di cassazione, se adeguatamente motivato. Invero, il controllo di legittimit, in tema di valutazione di un comportamento concludente, non ha per oggetto il concreto risultato delle indagini svolte dal giudice del merito, ma il ragionamento da questo seguito, al fine di stabiJire se risulti viziato da eventuali errori di diritto o di logica, oppure da difetto di motivazione (Cass., 14 giugno 1968, n. 1896). Ci premesso in ordine ai limiti di questo s~ndacato di legittimit, rilevasi che la Corte d'Appello, dopo aver considerato che con la . domanda di arbitrato, notificata add 1 agosto 1962, l'Impresa Merenda aveva dichiarato di voler sottoporre agli arbitri la soluzione della controversia, a norma dell'art. 42 e segg. del Capitolato generale del 1895, ha altresl tenuto presente che l'impresa anzidetta, richiamandosi ad una pronuncia di questa Corte Suprema (sent. n. 67 del 19 gennaio 1963), nella quale enunciato il principio secondo cui le norme di carattere processuale del nuovo Capitolato sono di immediata applicazione, aveva proceduto alla nomina dell'arbitro .di sua fiducia. Ma l'Impresa, sempre secondo il'aprprezzamento espresso dalla Crte del merito, non aveva considerato l'aspetto pi importante del problema sul quale questo supremo Collegio non era stato -in qu~ giudizio -chiamato a pronunciarsi, aspetto concernente il carattere negoziale del richiamato Capitolato generale dello Stato. Ora questo errore in cui ebbe ad incorrere l'impresa appaltatrice stato tale -secondo iil giudizio espresso dalla Corte del merito -da viziare l'asserita volont abdicativa della stessa impresa, s da rendere insicuro quell'elemento probatorio indiretto che il ricorrente intendeva trarre dal comportamento suindicato dell'aprpaltatore; con J.a conseguenza che non poteva qualificarsi concludente l'esaminato comportamento dell'impresa Merenda. Tale valutazione, con la quale si nega rilevanza dimostrativa alla condotta posta in essere da chi sia incorso in errore giuridico, si ravvisa corretta sul piano della logica e su quello del diritto, ricollegandosi ad un principio che ha "lontane tradizioni ed tuttora valido (falsa demonstratio non nocet). D'al'1:ra parte, non va ome1sso di riJ.evail'e che, come dottrina e giurisprudenza concordano, perch un determinato comportamento possa quaUficarsi concludente necessario che esso, valutato nella cornice delle -circostanze d'insieme, sia idoneo a giustificare la sicura ed univoca illazione del fatto psichico che si ricerca, in quanto lo presupponga per logica oerenza (nesso di continenza), oppure escluda per logica repugnanza (nesso di incompatibilit) un fatto contrario. E la Corte del merito, che ha precisato sia l'errore deilla impresa appaltatrice, sia la causa dello stesso, ha dimostrato la ragione che escludeva la dedotta concludenza del comportamento della odierna PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN .MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 967 resistente, la cui volont risultava vizi~ta dalla erroneamente supposta applicabilit del Capitolato generale del 1'962, onde deve ritenersi che la Corte del merito abbfa, cosi motivando, dato adeguata e corretta ragione di un apprezzamento di fatto cli sua esclusiva competenza. Con il terzo mezzo il ricorrente Assessorato -. denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 44 del Capitolato generale d'appalto, approvato on d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, e dell'art. 44 del preced~t Capitolato, approvato rcon d.m. 28 maggio 1895 -si duole he la Corte del merito non abbi. dichiarato l'improcedibilit della . domanda di rbitrato avanzata dall'Impresa appalttatrice perch. da questa proposta prima dell'approvazione del collaudo e prima della deciaione amministrativa sulle riserve, come a suo tempo era stato eccepito da parte di esso Assessorato. Questo aggiunge che la Corte di Appello, dando inesattamente rilevanza all'atto con il qual~ l'impresa Mel'enda aveva diffidato l'Amifu.n1strazione appaltante a decidere sulle riserve, avrebbe fatto erronea applicazi.one dell'istituto del silenzio-rifiuto, configurabile solo rispetto a meri interessi e non gi nel caltlpo dei diritti soggettivi, nel quale pup farsi ricorso al giudice perch, ex art. 1183 e.e., stabilisca il termine entro cui la decisione amministrativa sulle riserve debba intervenire. Ancl_le questo motivo non fondato. In materia di appalti di opere pubbliche, la fase amministrativa dell'esame e della decisione sulle riserve formulate da1l'appaltatore,, secondo quanto prevede l'art. 54 del regolamento 25 maggio 1895, n. 350, ha :funzione di IP1'esupposto processuale della domanda .giudiziale, onde l'eventua~e inerzia, da parte della Pubblica Amministrazione, viene in considerazione pi che. nel suo aspetto di inadempimento, nel suo ;contenuto di comportamento omissivo della stessa Pubblica Amministrazione, il quale rende inattuato l'esame della vertenza nella sede mministrativa e, di conseguenza, necessaria la tutela giurisdizionale, sul punto, questa Corte Suprema; pronunciando a Sezioni Urute (sent. 8 maggio 1969, n. 1563), dopo aver oss~rvato che la Pubblica Amministrazione ha il dovere giuridico di prestar la propria attivit di valutazione della fondatezza delle pretese avanzate dall'appltatore1 per cui deve a questi comun!care il risultato del suo esame, e dopo ave:r considerato altresi che n comportamento silente de1la Pubblica Amministrazione incide in situazioni giuridiche paritetiche, cos~ituite da contratto a prestazioni corrispettive, ha affermato che l'Amministrazione appaltante, anche in virt dei principi dell'integrazione del contratto (art. 1374 e.e.) e dell'esecuzione in buona fede dello stesso (art. 1375 e.e.), non pu trascurare di procedere all'esame in via amministrativa della vertenza, deterrrunando altrimenti una situazione di paralisi 4ella tutela giurisdizionale delle ragioni fatte valere RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 968 dalla controparte. E sulla base di tali considerazioni questa Corte, nella sentenza citata, ha affermato il principio di diritto che ove la :pubblica Amministrazione non emetta alcun provvedimento sulle riserve formulate dall'appaltatore, malgrado il decorso di congruo termine da questi assegnatole od anche quando sia decorso un tempo tanto lungo da denunciare il rifiuto della stessa Amministrazione di provvedere, l'appaltatore pu proporre domanda di arbitrato, senza l'onere di spe rimentare previamente il procedimento di cui all:art. 1183 e.e. Da tale cond'USione -sorretta da quanto dispone J:'atrt. 109 del citato Regolamento n. 350 del 1895, sull'obbligo della Pubblica Amministrazione di comun~care senza indugio all'appaltatore la decisione sulle riserve -non ritiene di doversi allontanare questa Corte, avendo, nella specie, il giudice di appello considerato congruo Ll'ampio termine assegnato dall'impresa Merenda all'Amministrazione appaltante con l'atto di diffida del 12, maggio 1962 il quale ha preceduto di non pochi mesi la domanda di arbitrato. Pertanto, senza che sia necessario, ai fini della decisione, esaminare la questione dehl'applicaibilit del principio del silenzio-rifiuto, di cui all'art. 5 del t.u. della legge comunale provinciale 3 marzo 1934, n. 382 -principio richiamato dalla sentenza impugnata per trarne l'implicazione che le riserve dovevano intendersi respinte dall'appaltante -deve ritenersi sussistente l'esaminato presupposto processuale della giurisdizione degli arbitri, onde va tenuta ferma la decisione denunziata la cui pronuncia conforme al diritto, anche se la motivazione addotta debba essere emendata, nei sensi dianzi chiariti, a norma dell'art. 384, comma secondo, c.p.c. Con il quarto mezzo del ricorso, l'Assessorato denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 828, 830 c.p.c.; 12 delle preleggi, 1363 e.e. 44, 41 e 42 Capitolato generale approvato con d.m. 28 maggio 18~5.; 42, 43 e 44 Capitolato generale approvato con d.P.R. 16 Lluglio 1962, n. 1063 e 109 r.d. 25 maggio 1895', n. 3150, nonch -contraddittoriet di motivazione. Sostiene, in via gradata, lAssessorato: a) che essendosi il giudizio arbitrale svolto sul presupposto che la domanda di arbitrato fosse stata proposta prima dell'approvazione del collaudo, mentre, soltanto nel giudizio d'impugnazione, l'impresa appaltatrice aveva sostenuto che il cohlaudo fosse stato approvato il 14 ottobre 1961, la Corte del merito, ritenendo non contestata tale ultima circostanza, non avrebbe osservato i limiti del juicium rescines del quale era stata investita dalla proposta impugnazione, ex art 829 c.p.c.; b) che, in ogni caso, la motivazione viziata da errore, sul punto, perch il giudice, per ritenere non contestato i.I fatto, non pu estrarre poche parole dal1 1conte.sto di un'argomentazione difensiva, fraintendendo il significato di quest'ultima; e) che, quand'anche fosse stato possibile ritenere approvato il collaudo prima della proposizione della ~'.Il l!ifilllirrt111rrfil!~~1r11r11~1m1rn~mf&~11tir1mfftwJftr=mmrnr'.1rrttfmr1farrtffiltJ1r11111twm111:r1rt11111~fr111111ttuLl1i PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. I1'f MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 969 domanda di arbitrato, tale approvazione tuttavia non avrebbe avuto l'effetto di rendere ammissibile la predetta domanda, perch l'accennata approvazione da parte della Pubblica Amministrazione non conteneva anche la deliberazione amministrativa sulle riserve formulate dall'appaltatore. Neppure questo mezzo del ricorso pu accogliersi, non essendo fondate le varie censure nelle quali si articola. In ordine alla censura riassunte sub a), rilevasi che il ricorrente richiama ru.n esatto principio di diritto processuale ehe,. per, non applicabile nel caso in esame. Invero, che l'imrpugnazione del loro per nullit, a nmpito istituzionale di ogni giudice della legittimit, sindacare la sussistenza dei presupposti processuali del giudizio avbitrale. E la Corte di Appello, lungi dal valicare gli accennati limiti del judicium rescindens -limiti che ,riguardano, vale avvertire, il merito della controversia decisa in sede di arbitrato -ha legittimamente riesaminato, valutandolo liberamente, un fatto -l'approvazione del collaudo -avente rilevanza processuale, in quanto si poneva quale necessario presupposto per il.'ammissibilit del giudizio arbitrale, onde la Corte di Appello poteva indagare sulla ricorrenza dell'accennato presupposto. Con la doglianza dianzi menzionata sub b) il ricorrente deduce una censura non ammissibile in questa sede. Invero, come principio giurisprudenziale ormai consolidato, l'accertare in base ail comportamento processuale, se un determinato fatto sia pacifico tra le parti, costituisce indagine devoluta al giudice del merito, il cui apprezzamento insindacabile in cassazione, ancorch~ sia l'effetto di un travisamento, restando in tal caso esperibile soltanto il rimedio della revocazione ex art. 395 c.p.c. ~sent. 26 novembre 1968, n. 3831 e sent: 11 febbraio 1969, n. 478). Non fondata , infine, la cens:ura sub e), con la quale il ricorrente sostiene che la sola approvazione del collaudo non pone in essere il presupposto processuale della ammissibilit del giudizio degli arbitri, perch non comporta decisione amministrativa sulle riserve. Invero, 970 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO senza che occorra prendere in esame la discussa e delicata questione se la decisione sulle riserve sia autonoma, oppur no, rispetto all'approvazione del collaudo (cons1derata nel 1suo profilo di probatio operis), sufficiente richiamare, a proposito della decisione amminisfrativa sulle riserve, le considerazioni sopra svolte in sede di esame del terzo mezzo del ricorso, per ritenere corretta la conclusione cui pervenuta la Corte del merito a proposito delil'affermata sussistenza del menzionato presupposto processuale, a torto negato dal ricorrente. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 settembre 1970, n. 1276 -Pres. Gtannattasio -Est. Falcone -P. M. Caccioppoli (conf.). -Ministero dell'Interno (avv. Stato Del Greco) c. Soc. Mastrobuono (avv. Cri ] stoffanini, Gilardone). ., 1 Appalto -Appalto del servizio di casermaggio dei Carabinieri -Natura regolamentare del relativo Capitqlato generale -Sussiste. i . (Cap. gen. appr. con d.m. 22 novembre 1956). 1. Appalto -Appalto del servizio di casermaggio dei Carabinieri -Deter minazione in sede arbitrale del prezzo di cess}one dei materiali gi forniti, dovuto dal nuovo appaltatore subentrante o dalla P. A. che decida di gestire direttamente il servizio -Scelta del criterio di liquidazione -Giudizio di fatto -Sussiste. (Cap. gen. appr. con d.m. 22 novembre 1956, art. 39). n Capitolato generale d'appal.to del servizio di casermaggio dei Carabinieri approvato con d.m. 22 novembre 1956 ha, cos come gli altri Capitolati generali, carattere di regolamento di organizzazione, e, quindi, l'imperativit esterna :piropria delle norme di diritto oggettivo, per tutti i contratti che interessano lo Stato, nei confronti del quale il privato contraente si trova in rapporto di subordinazione, si da dovere sottostare aiie norme regolamentari che gli vengono imposte (1), NeU'ipotesi in cui, com' per l'art. 39 del Capitolato generale d'appalto del servizio di casermaggio per i Carabinieri, appTovato con d.m. (1) Negli stessi sensi,,a proposito delle condizioni generali di oneri per le forniture all'Amministrazione militare approvate con d. m. 20 giugno 1930, v. Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, in questa Rassegna, 1969, I, 762, con esplicito riconoscimento, in via di massima, della ammissibilit, nel vigente ordinamento, di regolamenti ministeriali (cfr., ivi, note 2 e 3). !!lii PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 971 22 novembre 1956 (in ordine alla deter.minazione del prezzo di cessione dei materiali rilevati ool nuovo appaltatore o dalla stessa P. A. che decida di gestire direttamente ii servizio), la norma legislativa o regolamentare contenga, quale elemento della regola da essa dettata, il riferimento al concetto di valore di un bene,, e non sia dato desumere in via interpretativa l'avvenut adozione di un certo criterio per la quantificazione monetaria dello stesso, il giudice che fa apiplicazione di tale norma deve riferirsi a regole non giuridiche, per scegLiere, fra il criterio del valore di uso ed il criterio del valore di scambio, quello che appaia meglio congruente con tutti gl,i aspetti particolari della fattispecie, e tale scelta, in quanto scaturisce da un complesso di valutazioni attinenti alla specie da esaminare, rimane inglobata nel giudizio di accertamento del valore in concreto e quindi nel giudizio di fatto, come tale censurabile in sede di legittimitd soltanto sotto il profilo della sufficienza e logicitd della motivazione ~2). (Omissis). ~Con il primo e il secondo motivo, strettamente connessi, I'Amministrazione dell'Interno censura la sentenza denunciata per avere ritenuto inammissibile l'impugnazione di nullit del lodo in base all'erronea considerazione che il criterio di determinazione del valore dei materiali che l'appaltatore era tenuto a cedere ad essa ;rkorrente, appaltante del servizio di casermaggio dei Carabinieri, al termine della fornitura, involgeva una questione di mero fatto, 'che gli arbitri avevano il potere di risolvere discrezionalmente. Sostiene, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell'art. 829 cod. proc. civ., in relazione all'art. 39 del Capitolato generale d'appalto del servizio di casermaggio dei Carabinieri, approvato con d.m. 22 novembre l956, e dell'art. 1362 cod. dv., che la doglianza mossa contro il criterio di valutazione adottato dagli arbitri costituiva, invece, una censura di diritto, ponendo il problema dell'interpretazione di uno degli elementi giuridici del precetto di cui al citato art. 39. Deduce, inoltre, che la nozione, di tale elemento non poteva non coincidere, come quello adottato in altre consimili ipotesi di ablazione coattiva di beni di (2) Ed invero nel v1z10 ex art. 360, n. 3, c.p.c., a cui va assimilato quello previsto dall'ultimo comma dell'art. 829 c.p.c. (Cass., 6 febbraio I 1970, n. 250, Giur. it., Mass., 1970, 112), la giurisprudenza della Corte di I ~ Cassazione non fa rientrare a1tresi la violazione delle massime di esperienza, costituendo dette nozioni dati di fatto e non norme giuridiche : Cass., 6 agosto 1968, n. 2818, Giur. it., Mass., 1968, 1025; (ma, secondo Cass., 21 giugno 1954, n. 2137 -Giur. comp~. Cass. civ., 1954, 5, 98 il giudizio di fatto contrario a una massima di ,comune esperienza, in quanto sia messo a base dell'applicazione di una norma di diritto, si risolve f, in una falsa applicazione della legge ed quindi censurabile in Cassazione; cfr. in dottrina, JAEGER, Dir. proc. civ., 1943, 501). 18 ' zftfffff.f#T'=if&Ctrtr-f'101Mfirr@IftMf:t1r1rr101n*?fr&WifffJW1Jl't1r&0M.wrvrrf&fftrfillmtflmrJ]J RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 972 privati, con il valore di mercato o di scambio degli stessi, e che, comunque, una diversa interpretazione, quale quella accolta, doveva essere sorretta da esaurienti ragioni, che, invece. non erano state affatto esposte. Le censure non sono fondate. La Corte di merito ha esattamente ritenuto, anzitutto, che il Capitolato generale di appalto del servizio di casermaggio dei carabinieri (approvato con d.m. 22 novembre 1956), al pari degli altri Capitolati generali, ha il carattere di regolamento di organizzazione, e quindi l'imperativit esterna propria delle norme di diritto oggettivo, per tutti i contratti che interessano lo Stato, nei cui confronti il privato contraente si trova in rapporto di subordinazione, si da dovere sottostare alle norme regolamentari che gli vengono imposte (Cass., 23 luglio 1969, n. 2766; 13 febbraio 1969, n. 494). Non hanno quindi i giudici di merito negato che, in ipotesi, una violazione deil''art. 39 dell'anzidetto Capitolato dia luogo ad un errore di diritto, proponibile come motivo di impugnazione del lodo arbitrale, ma hanno escluso che gli arbitri avessero commesso -in concreto una tale violazione. Hanno osservato, infatti, ,che la norma di cui si discute, per la determinazione del prezzo, in corrispettivo del quale l'appaltatore del servizio di casermaggio tenuto a cedere i materiali gi forniti ed ancora in uso all'appaltatore subentrante od alla pubblica amministrazione che decida di gestire direttamente il servizio, ha fatto riferimento al valore dei materiali stessi nel momento della fine del rapporto di fornitura, senza il richiamo ad alcun criterio di estimo per la determinazione di quel valore. Il principio affermato e la deduzione trattane, nel s,enso che, in ipotesi di norme cosi formulate, il criterio attravemo il quale viene operata la determinazione in concreto del valore rappresenta un momento del giudizio di merito, come,tale censurabile in sede di legittimit soltanto sotto il profilo della sufficienza e logicit della motivazione, devono essere condivisi. Ed invero, nell'ipotesi in cui il precetto legislativo contenga, quale elemento della regola da esso dettata, il riferimento al concetto di valore di un bene, e non sia dato desumere -attraverso il ricorso ai principi di ermeneutica -l'avvenuta adozione di alcun criterio per giungere alla quantificazione monetaria dello stesso, il giudice che fa appUcazione di un siffatto pTecetto deve rife.rirsi a regole non giuridiche per scegliere quel criterio che appaia meglio congruente con tutti gli aspetti particolari della realt che viene chiamato ad apprezzare. E tale scelta, in quanto scaturisce da un complesso di valutazioni attinenti alla specie da esaminare, rimane evidentemente inglobata nel giudizio di accertamento del valore in concreto, e quindi nel giudizio di fatto. Questo tipo di normativa, la quale lascia alla discrezionalit del giudice la scelta del criterio economico secondo il quale procedere alla jj x111&rIIf'Mfffl{tmttmfr{~ff&'l'flff'lfilfffi8if@Iffifli'f'l@Ilt i parti concordino nel non differire la risoluzione della controversia, ed in quello in cui anche una soltanto delJ.e parti ritenga indifferibile la risoJ.uzione della controversia, quando la indifferibilit sia ricono sciuta dagli arbitri) la decisione arbitrale deve precedere il collaudo. Perci ha concluso che, nella specie, sussiste l'attualit del ricorso alla procedura arbitrale, con la conseguente incompetenza del giudice ordinario, stante l'ampio contenuto della clausola compromissoria, che non esclude dalla materia riservata alla cognizione del coillegio arbi trale alcuna delle eventuali controversie suscettibili di insorgere tra le I parti durante l'esecuzione dell'appalto e in dipendenza di esso. I ~ Questa motivazione viene censurata dal ricorrente, il quaJ.e lamenta: a) che il Tribunale abbia errato nell'interpretare la clausola ~ dell'art. 23 del Capitolato generale di appalto I.N.A.-Casa neJ. 1senso ~ che l'approvazione del colJ.audo non sia condizione per la proponibi ~ lit delle controversie insorte fra le parti dinanzi al collegio arbitrale, ~ ma costituisca, invece, soltanto un limite temporale alla pronuncia con-t ~ elusiva della procedura arbitrale. Premette il ricorrente che, nel sistema I ~ dei pubblici appalti, di regola soltanto l'approvazione del collaudo con-,, sente il passaggio alla fase contenziosa, perch solo mediante il col ~ ~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 978 laudo interviene fra le parti quel negozio di accertamento che necessario per porre in essere i presupposti dell'indagine giudiziale; con la conseguenza che gli avbitri sono privi di giurisdizione fino a quando non sia intervenuto il collaudo. Sulla base di tale premessa, sostiene che la clausola dell'art. 23 pone la regola che il collegio arbitrale pu essere adito soltanto dopo la decisione dell'Amministrazione sul collaudo, allorch stabilisce che per tutte le altre controversie (ad eccezione di quelle indicate nelle lettere a e b) il giudizio degli arbitri verr emesso dopo l'approvazione del collaudo; e pone, altres, un'eccezione a tale regola, stabilendo che per le controversie indicate nelle lettere a) e b) il giudizio degJ.i arbitri dovr avere luogo anche durante l'esecuzione dei lavori o prima dell'approvazione del collaudo . La fattispecie non rientra in alcuna di tali eccezioni. Infatti la domanda principale, come formulata in corso di causa dopo l'intervenuta esecuzione del collaudo, mira ad ottenere la fissazione, da parte del giudice ordinario, di un termine perentorio, a norma dell'art. 1183 e.e., entro il quale la stazione appail.tante approvi o rigetti il collaudo fatto eseguire soltanto dopo l'inizio della presente causa, e quindi mira a creare le condizioni per l'esperimento dell'arbitrato; b) che, comunque, il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare la propria competenza in base all'art. 47 del Capitolato generale delle opere del Ministero dei lavori pubblici, i.J quale dispone che in deroga alle disposizioni degli artt. 43 e segg. la parte attrice ha facolt di escludere la c0In1Petenza arbitrale proponendo entro il termine di cui all'articolo precedente (sessanta giorni dalla notifica del provvedimento emesso dall'Amministrazione in sede amministrativa ai sensi dell'articolo 42) la domanda davanti al giudice competente a norma delle disposizioni del c.p.c. e del t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611; il quale disposto applicabile alla specie ai sensi dell'arl. 101 del Capitolato generale I.N.A.-Casa, ove stabilito che per quanto non previsto o comunque non specificato nel presente Capitolato generale 1S1ar applicabile il Capitolato ge\lerale per .gli appalti delle opere del Ministero dei lavori pubblici; c) che il Tribunale avrebbe dovuto rilevare di ufficio l'ineffi cacia, nella specie, della clausola compromissoria contenuta nell'ariticoJo 23 del Capitolato generale I.N.A.-Casa, richiamato nel contratto di appalto, per mancata sp~cifica approvazione per iscritto a norma dell'art. 1341 e.e., o, quanto meno, per manca~o richiamo espresso. La censura sub e) -che va esaminata per prima, prospettandosi con essa una questione preliminare - destituita di fondamento. Come ha gi stabilito questa Suprema Corte, la clausola compro missoria contenuta nel Capitolato generale di appalto I.N.A.-Casa, in quanto imposta inderogabilmente dalla legge, non richiede, come con PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 979 dizione de1la sua efficacia, la specifica approvazione per iscritto, avendo l'art. 1341 c,c. esclusivo riferimento alla materia contrattuale (Cass., 15 luglio 1965, n. 1557). Per il disposto dell'art. 6 del d.P.R. 22 giugno 1949, n. 340, nelle assegnazioni della costruzione degli alloggi agli istituti ed enti indicati dal Comitato di attuazione (tra cui gli Istituti per le case popolari: art. 11 della legge 28 febbraio 1949, n. 43), i capitolati di appalto (e quindi aniehe il Capitolato generale predisposto dalla Gestione I.N.A.Casa) devono essere uniformati al Capitolato generale per le opere di conto del Ministero dei lavori pubblici. Ed analogamente, per il disposto dell'art. 6 del d.P.R. 9 a;prile. 1956, n. 1265, gli istituti e gli enti ai quali il Consiglio direttivo dell'I.N.A.-Casa (ora GES.CA.L.) abbia dato l'incarico di costruire gli alfoggi sono tenuti ad adottare, nei loro rapporti con le imprese appaltatrici, il Capitolato generale di appalto predisposto dalla Gestione I.N.A.-Casa, il quale deve essere uniformato al Capitolato generale per le opere di conto del Ministero dei lavori pubblici. Pertanto, la disposizione dell'art. 23 del Capitolato generale I.N.A.Casa disciplina il modo di risoluzione delle controversie tra la stazione appaltante e l'impres:;i. appaltatrice, in quanto imposta da una norma imperativa, senza alcun margine per l'autonomia negoziale delfo parti. Non pu quindi trovare applicazione il disposto dell'art. 1341, secondo comma, e.e., che presuppone la stipulazione dei patti contrattuali nel pieno esercizio del potere di autonomia negoziale delle parti, e che, inteso ad assicurare l'equilibrio delle rispettive posizioni dei contraenti nell'esercizio del loro potere di autonomia negoziale, preordinato alla tutela del contraente c.d. debole, il quale, senza avere partecipato alla elaborazione del testo contrattuale, si trovi di fronte a condizioni particolarmente onerose, o comportanti deroghe alla competenza dell'autorit giudiziaria, predisposte dall'altro contraente, rimanendogli soltanto la [possibilit di aderirvi o meno (contratto per adesione). Fondata , invece, la censura sub a). Come si visto sopra, per il disposto dell'art. 6 del d.P.R. ,9 aprile 1956, n. 1265, ed anche prima per il disposto dell'art. 6 del d.P.R. 22 giugno 1949, n. 340, la Gestione I.N.A.-Casa (ora GES.CA.L.) deve predisporre un Capitolato generale di :;i.ppalto che deve essere uniformato al Capitolato generale per le opere di 1conto del Ministero dei lavori pubblici. Cio, per questa norma imperativa, la Gestione I.N.A.Casa, nel predisporre il Capitolato generale di appalto, deve ispirarsi agli stessi criteri ai quali informato il Capitolato generale per gH appalti delle opere dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici: uniformit dei criteri, questa, che il legislatore ha ritenuto necessaria, e perci ha imposto con norma inderogabile, in considerazione dell'interesse pubblico all'esecuzione delle opere dell'uno e dell'altro tipo, e I !l i: ;: I ,, 1: !: ;J 980 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quindi. dei riflessi pubblicistici del modo di esecuzione dei rapporti980 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quindi. dei riflessi pubblicistici del modo di esecuzione dei rapporti _ 1 dell'uno e dell'altro tipo e della risoluzione delle controversie che possono insorgere tra stazione appaltante ed impresa appaltatrice. Se, dunque, devono essere comuni i criteri cui si improntano le diJScipline del Capitolato generale di aa;ipalto predisposto dalla Gestione I.N.A.-Casa e del Capitolato generale per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici, le disposizioni del primo Capitolato vanno interpretate in modo che si uniformino alle disposizioni del secondo Capitolato, e cio si improntino agli 1stessi criteri informatori. Non pu non ritenel1Si, irnfatti, che la Gestione I.N.A.-Casa, nel predisporre il 1suo Capitolato ,generale di appalto, abbia inteso uniformarsi aJ Capj.tolato general-e per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici, ispirandosi agli stessi criteri informatori de1la disciplina dei rapporti con le imprese appaltatrici, in attuazione della norma imperativa dell'art. 6 del d.P.R. n. 1265 del 1956, nonch di quella dell'art. 6 del d.P.R. n. 340 del 1949; il che confermato dall'art. 101, secondo comma, del Cait>itolato generale di aippalto della Gestione I.N.A.Casa, il quale dispone che per quanto non previsto o comunque non specificato nel presente Capitolato generale, sar applicabile il Capitolato generale per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici . Ora, l'art. 44 del vigente Capitolato generale per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici, approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, del seguente tenore: Per tutte le controversie la domanda di arbitrato deve essere proposta dopo l'approvazione del collaudo. La domanda pu essere proposta ~ il giudizio ha luogo anche durante l'esecuzione -~ei lavori e prima dell'approvazione del collaudo: a) per le controversie rispetto alle quali le parti sono d'accordo a non differire la risoluzione; b) per quelle la cui natura o rilevanza economica, ad avviso di una delle parti, non consenta che la loro risoluzione sia differita. La rilevanza economica deve essere valutata in relazione all'importo totale dell'appalto ed essere tale da portare notevole pregiudizio alla continuazione dei lavori; c) per quelle di cui agli artt. 13 (aumento e diminuzione dei lavori) e 35, ultimo comma (ritardo nei pagamenti degli acconti). Spetta agli arbitri decidere se -le controversie, per le quali sia domandato il loro giudizio in base alla lettera b), siano effettivamente tali da dover essere risolte immediatamente o debbano invece essere rimandate a dopo l'approvazione del collaudo . ' Il testo della corrispondente norma del precedente Capitolato generale, approvato con d.i:n. 28 maggio 1895, era sostanzialmente uguale, salvo le aggiunte, fatte nel testo dell'art. 44 del Capitolato generaie ora vigente, relative alle controversie di cui agli artt. 13 e 35, ultimo comma, e alle controversie di particolare rilevanza economica. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 981 Dalla fo.rmulazione letterale della norma -ove si dispone che, 1.n via di regola generale, e la domanda di arbitrato deve essere proposta dopo l'approvazione del collaudo., e pu essere proposta anche prima, in via di eccezione, nei casi previsti nelle lettere a), b) e e) chiaramente risulta che il divieto fatto, in via di regola generale, all'appaltatore di esercitare le azioni a tutela delle sue pretese prima che l'opera sia collaudata realizza una ipotesi di improponibilit dell'azione per difetto di un presupposto che ne condiziona l'esperimento (Cass., S.U., 12 ottobre 1968, n. 3232). A questo principio informatore deve ritenersi uniformata, per quanto ro!I)ra tSi detto, la corrtspondente disposizione del Capitolato generale di appalto della Gestione I.N.A.-Casa, la quale disposizione deve essere, perci, interpretata in armonia con il principio informa tore della corrispondente norma del Capitolato generale per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici. In base a queste considerazioni, l'interpretazione data alla detta disposizione dal Tribunale di Reggio Calabria risulta errata. Se la disposizione in esame deve essere uniforme a quella corri spondente del Capitolato generale per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici, e se l'intenzione della Gestione I.N.A.-Casa di uniformarsi ai principi e ai criteri informativi di questo Capitolato generale, in ottemperanza al disposto delfart. 6 del d.P.R. n; 1265 del 1956, nonch a quello dell'art. 6 deJi d.P.R. n. 340 del 1949, risulta dall'art. 101, ultimo comma, del Capitolato generale da essa predisposto, la formulazione letterale dell'art. 23, quarto comma ove si dispone che e per tutte .le altre controversie (cio, in via di regola generale, tutte le controversie, fatta eccezione per quelle indicate nel terzo comma) il giudizio degli arbitri verr emesso dopo l'approvazione del collaudo -di per s equivoca ed ambivalente, va interpretata nel senso che la domanda di arbitrato deve essere proposta dopo l'approvazione del collaudo, con la conseguenza che tale approvazione costituisce-una condizione di proponibilit dell'azione, e non gi un limite temporale alla pronuncia conclusiva della proce dura arbitrale. Nella specie, la domanda di arbitrato non pu essere proposta, perch non risulta intervenuta l'approvazione del collaudo eseguito nelle more della presente causa, e perch non si tratta di una con troversia rispetto alla quale le parti siano d'accordo a non differire la risoluzione, n si tratta di 11ma controversia la cui natura, ad avviso delle parti, non consente di differire la risoluzione. E poich non ancora attuale la competenza arbitrale, sussiste quella del giudice ordinario in relazione alla domanda principale del De Luca, quale formulata in corso di causa dopo l'esecuzione del collaudo, intesa ad ottenere la fissazione di un termine perentorio ex 982 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO art. 11'83 'e.e. entro il quale la stazione appaltante provveda o meno all'approvazione del collaudo. Invero, come ha gi stabilito questa Suprema Corte, appartiene alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario .Ja cognizione della domanda dell'appaltatore che, di fronte al ritardo della Pubblica Amministrazione nel deliberare sui risultati del collaudo dell'opera pubblica eseguita, chiede la fissazione di un congruo termine, a no!mla dell'art. 1183 e.e., entro il quale la Pubblica Amministrazione sia tenuta a provvedere sul collaudo, approvandolo o rifiutandolo (Cass., S.U., 11 aprile 1963, n. 927). -(Omissis). I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21 settembre 1970, n. 1643 -Pres. Marletta -P. M. Di Majo (conf.) -Societ Immobiliare Piazza Lepre (avv. Romanelli) c. Gescal (avv. Stato Casamassima). Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -Contratti pubblici Norme. del regolamento per l'amministrazione del patrimonio e la contabilit generale dello Stato disciplinanti il procedimento contrattuale con formalit di incanto, dalla formazione e pubblicazione del bando fino alla definitiva aggiudicazione -Natura Norme di azione e non di relazione -Violazione di tali norme Configurabilit di una lesione di diritti soggettivi del privato, e in particolare di diritti primari o, della persona per violazione del principio fondamentale del neminem laedere, tutelabile innanzi al G. O. -Esclusione -Tutela solo indiretta ed occasionale dell'interesse del privato in sede di giustizia amministrativa -Sussiste. (r.d. 23 maggio 1924, n. 827, artt. 63 e segg.; v. anche r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 3 e segg.). Responsabilit civile -Attivit della P. A. lesiva di interessi legittimi del privato -Responsabilit pel risarcimento del danno -Esclusione. (Cost., art. 28; e.e., art. 2043). Le norme del regolamento per l'amministrazione del patrimonio e la contabilit generale dello Stato, approvate con r.d. 23 maggio 1924, n. 827, disciplinanti ii procedimento contrattuale con formalit d'incanto, dalla formazione e pubbliicazione del bando fino alla definitiva aggiudicazione, sono norme d'azione, volve a tutelare l'interesse della P. A. al regolare e proficuo svolgimento delle relative operazioni, PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 983 mentre l'interesse dei privati aspiranti o partecipanti alla gara trova in esse una protezioine soltanto ocicasionale e indiretta. Di conseguenza non configurabile una lesione di diritti primari o della persona e del divieto del neminem laedere, ma si resta nel campo degli interessi legittimi, ia cui tutela SQ'ttratta al G. O. (1). La lesione di un interesse legittimo non comporta responsabilit pel risarcimento del danno (2). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Il, 28 settembre 1968, n. 3008 -Pres. Gionfrida -Est. Bivona -P. M. Gentile (conf.) -Gatta (avv. D'Amfoo) c. Provveditorato 00. PP. di Palermo e Ministero LL. PP. (avv. Stato Albisinni). Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -Contabilit generale dello Stato -Attivit contrattuale della P. A. -Responsabilit della P. A. per culpa in contrahendo -Ammissibilit Sussiste. (r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 3 e segg.; r.d. 23 maggio 1924, n. 827, artt. 36 e segg,; e.e., artt. 1337 e 1338). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Pendenza dell'approvazione del contratto -Esecuzione del contratto sotto le riserve di legge -Portata dell'art. 337 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F sui lavori pubblici rispetto al principio civilistico della buona fede. (r.d. 18 novembre 1928, n. 2440, art. 19; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, art: .337). Anche ia P. A. tell,3.Lta, nelle trattative contrattuali, alL'osservanza delle regole dettate dagli artt. 1337 e 1338 e.e., in mancanza di che il G. O. pu affermarne la responsabilit nei confronti del privato per culpa in contrahendo (3). Conferma deH'applicabilit del principio generale di buona fede, I ~ di cui gli artt. 1337 e 13A8 e.e. costituiscono specificazioni, ai rapporti intercorrenti tra il privato e la P. A. data datl'art. 337 legge 20 ~. marzo 1865, n..2248, all. F, sui lavori pubblici. Tale disposizione, infatti, dopo avere affermato che i contrlitti della P. A. in generale sono i ~ esecutori soltanto dopo l'approvazione dell'autorit competente, stabi llii lisce che, qualora il Ministero abbia, per motivi di urgenza, autorizzato f l'inizio dei lavori dopo la loro deliberazione, l'ese:cutore delle opere ~ dovr essere reintegrato delle spese sostenute, se il contratto non venga approvato (4). i . . . l w :::.: . J<., .< =" r1r1tmflliflfrlf@I11r&zrrt1firrmrr11r1111irmr11iWt1f%1.-;11111m11il I 984 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO III CORTE DI APPELLO DI ROMA, Sez. I, 21 settembre 1970, n. 1534 - Pres. Sbrocca -Est. Mancuso -Istituto per lo Sviluppo dell'Edilizia Socia.le ISES (avv. Stato Carusi) c. Illl[>resa CaTbone (avv. Peroni, Silvestri). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Procedimento di scelta del contraente -Equivalenza rispetto alle trattative , costituenti il presupposto oggettivo per la operativit della normativa di tutela dell'affidamento precontrattuale -Esclusione. (r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 3 e segg.; r.d. 23 maggio 1924, n. 827, artt. 37 e segg.; e.e., artt. 1337 e 1338). Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -Contabilit ge-. nerale dello Stato -Attivit contrattuale della P. A. -Procedi- mento di formazione del contratto -Osservanza delle norme, dirette a disciplinare nell'interesse pubblico detto procedimento Diritto soggettivo del privato -Esclusione. n procedimento di scelta del contraente nell'appalto d'opera pub-. biica non si identifica con la fase delle trattative, la quale, soia, co-. stituisce presupposto oggettivo della responsabilit per culpa in con-. trahendo (5). IZ procedimento di formazione dei contratti della P. A. disciplinato. da norme dirette a tutelare l'interesse pubblico, che non creano nel. privato diritti soggettivi, azionabili innanzi al G. O. (6). (1-5) Sulla pretesa responsabilit precontrattuale della P. A. 1. -Che l'art. 337 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F costituisse una riprova sia pure indiretta della ammissibilit della responsabilit della P.A. per culpa in contrahendo non era stato, finora, mai affermato, com' vero, che l'esecuzione anticipata, sotto le riserve di legge, del contratto pubblico. circostanza eventuale e successiva, che non pu menomamente influire, sulla qualificazione dell'attivit della precedente fase delle trattative det contratto, siccome conforme o meno ai dettami della buona fede di cui all'art. 1337 e.e. Eppure. la Corte di Cassazione, nella sentenza qui in. rassegna sub II, per risolvere in senso favorevole al privato un caso di limitate dimensioni, proprio in tali termini ha stabilito il rapporto: l'art. 337 legge ll.pp. starebbe a confermare che, qualora la P. A., contrattando col privato, ingeneri in lui la. ragionevole aspettativa di felice conclusione. del rapporto , ad essa sia applicabile il principio generale di buona fede che pervade il campo delle obbligazioni ., nelle sue particolari specificazioni~ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 985 I (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell'art. 2043 e.e., in relazione agli artt. 64 e segg. deJ. r.d. 23 maggio 1924, n. 827, nonch insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, la S.I.L.P. si duole che, in ordine alla domanda di risarcimento di danni da essa proposta contro la Gescal, sia stato dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario. Si deduce: a) che la Gescal non osserv le disposizioni di legge prescritte per le vendite. ai pubblici incanti da parte degli enti pubblici, disposizioni da coDSiderarsi dettate anche a tutela dei contraenti e della buona fede delle contrattazioni ; b) che inoltre, col pubblicare il bando di vendita su un giornale di Genova, anzich sul Foglio degli anm~nzi legali della provincia e sulla Gazzetta Ufficiale, e con l'assegnare un termine asS10lutamente in congruo per la presentazione dei documenti, la Gescal si comport in modo da trarre in errore e da ingannare i terzi, aspiranti alla gara; e) che a costoro (esclusi dalla gara per non aver preventivamente depositato un documento) era pertanto da riconoscere, in relazione ai danni risentiti per il comportamento illegittimo della Gescal, una posizione di diritto soggettivo, tutelabile davanti all'autorit giudiziaria ordinaria, essendo essi titolari del diritto generale a che la propria sfera patrimoniale non venga intaccata se non jure . Il ricorso infondato. Giusta la costante giurisprudenza di questa Corte Suprema, il criterio distintivo fra la giurisdizione o,rdinaria e quella amministrativa dato non solo dal petitum, ma anche e principalmente dana causa petendi, ossia dal cosiddetto petitum sostanziale, che si identifica con l'intrinseca natura dell'oggetto della controversia, riguardato in funzione della reale tutela che sia accordata dall'ordinamento giuridico alla posizione soggettiva dedotta a fondamento della pretesa. Per affermare, quindi, che una determinata controversia rientra nella di cui agli artt. 1337 e 1338 e.e. Ma -posta la configurazione della natura giuridica dell'approvazione offerta dalla stessa sentenza in esame -che c'entri la mancata approvazione ex art. 19 I. cont. gen. Stato con la malafede nelle trattative, ovvero con l'esistenza di una causa di invalidit del contratto, di cui la P. A. non avrebbe dato notizia all'altra parte, non si riesce veramente ad intendere, cosi com' chiaro che, una volta spostato il discorso al di fuori della fase formativa del contratto, si con ci stesso usciti dal campo della responsabilit precontrattuale. 2. -Su quest'ultimo argomento, ci siamo gi altra volta, per quanto di ragione, intrattenuti (in questa Rassegna, 1964, I, 495 e segg.), notando come la stessa dottrina fautrice della trasposizione di principi meramente 986 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giurisdizione ordinaria, e non in quella amministrativa, non basta che l'attore assuma di essere titolare di un diritto soggettlvo e ne lamenti la lesione per effetto di un atto della Pubblica Amministrazione, ma occorre che un diritto soggettivo sia astrattamente configurabile nel thema disputandum, quale posizione soggettiva riconosciuta daH'ordinamento giuridico e che trovi nello stesso una protezione immediata. La controversia verte su un diritto soggettivo, come tale tutelabile davanti al giudice ordinario, quando le norme invocate a fondamento della domanda sono dirette a disciplinare rapporti dai quali scaturiscono reciproci diritti ed obblighi (norme di relazione), nel qual caso la violazione delle norme medesime da parte ,dell'ente pubblico concreta una illegittima invasione nella sfera giuridica del privato, con conseguente lesione di un diritto soggettivo. La controversia incide, invece, su un interesse legittimo, ed perci devoluta alla giurisdizione amministrativa, nel caso che la violazione riguardi norme di azione, nel qual caso l'interesse del privato, che quello di evitare le conseguenze dannose dell'illegittimo comportamento della Pubblica Amministrazione, non tutelato in via immediata, ma pu trovare protezione soltanto indiretta per la coincidenza di quell'interesse con l'interesse pubblico. A differenza, infatti, delle norme di relazione, che, non essendo poste nel preminente interesse pubblico e non perse~ endo finalit di carattere pubblidstico, assicurano alle posizioni soggettive dei 'singoli una tutela diretta ed immediata, le norme di azione sono volte, invece, ad assicurare la conformit dell'azione amministrativa al pubblico interesse, alla cui tutela sono predisposte. Esse hanno la funzione di determinare le modalit (vincolanti o meno) con le quali la Pubblica Amministrazione deve o pu esercitare, nell'ambito della propria sfera giuridica, l'attivit che le demandata nell'interesse generale. E pertanto, pur ponendo a carico dell'Ammi privatistici nel campo delle contrattazioni della P. A. non abbia potuto fare a meno di riconoscere che il privato che contratta con la P. A. sa o deve sapere di essere soggetto al rischio dell'esercizio da parte di una di talune autorit di poteri, mediante i quali si pone in essere un atto o un fatto ostativo dell'ulteriore corso della sequenza, in quanto o impeditivo degli effetti o della rilevanza degli atti emanati o compiuti o estintivo degli effetti stessi (GIANNINI M. S., La responsabilit precontrattuale dell'Amministrazione pubblica, Studi in onore di A. C. Jemolo, III, Milano, 1963, 283, nonch, ivi, 276 e seg.). Tralasciando, adunque, il caso particolare esaminato dalla seconda sentenza in rassegna -che andava comunque risolto al di fuori di ogni questione di responsabilit precontrattuale -riteniamo che le affermazioni di principio a cui essa pervenuta su tale argomento richiedano, al contrario, un pi attento esame. I 3. - noto che, nel sussumere nell'ambito della responsabilit extracontrattuale quella per culpa in cootrahendo, la Corte di Cassazione, rite- I PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 987 nistrazion.e determinati obblighi di natura giuridica, esse non danno luogo a diritti soggettivi di carattere privato, appunto perch ai doveri della Pubblica Amministrazione non corrispondono diritti a favore di terzi, riconosciuti e tutelati dalle norme medesime. Ora, con riferimento al ca.so di specie, nessun dubbio pu aversi circa la natura e le finalit delle norme che disciplinano le vendite all'asta da parte degU enti pubblici, contenute nel regolamento per l'amministrazione del patrimonio e la contabilit generale dello Stato, approvato con r.d. 23 maggio 1924, n. 827. Esattamente i giudici di merito hanno osservato che le norme dettate per disciplinare le ven dite ai pubblici incanti, dalla formazione e pubblicazione del bando di vendita fino alla definitiva aggiudicazione, sono volte a tutelare l'interesse della Pubblica Amministrazione al regolare e proficuo svol gimento delle relative operazioni, mentre l'interesse dei privati, aspi ranti o partecipanti alla gara, trova in que~le norme una protezione occasionale, o soltanto indiretta, che determina una posizione di mero interesse legittimo. Di conseguenza, la violazione delle dette norme, da parte dell'ente pubblico che ha indetto la gara, non produce la lesione di un diritto soggettivo, tutelabile davanti al giudice ordinario mediante azione di risarcimento di danno, ma -se mai -la lesione di un interesse legittimo, denunciabile solo in sede di giustizia am ministrativa. Inesattamente la ricorrente afferma che il diritto soggettivo leso quello genera.le di ciascuno a che la propria sfera patrimoniale non venga intaccata se non jure . Come ha gi rilevato la Corte di appello, il danno che lamenta la S.I.L.P. riferito, unicamente e sostanzialmente, all'asserita violazione delle norme che disciplinano i pubblici incanti. solo nel.fa sfera e nell'ambito di tali norme, con riguardo al comportamento tenuto nel caso in esame dalla Gescal, nandola ammissibile a proposito di enti pubblici non soggetti alla legge sulla contabilit generale dello Stato, l'ha pur fondata sulla violazione degli obblighi di buona fede e lealt di cui agli artt. 1337 e 1338 e.e. (Sez. Un., 12 luglio 1961, n. 1675, Comune di Bassiano c. Capezzoni, Foro it., 1962, 1, 96 e 98; Sez. III, 8 maggio 1963, n. 1142, I.N.A. c. Soc. Cinema Teatri Costruzioni, id., 1963, 1, 1699; Sez. Un., 10 ottobre 1963, n. 2710, I.A.C.P. di Messina c. Comune di Messina, Giust. civ., 1964, 1, 108 e 117; Sez. I, 23 gennaio 1967, n. 200, Soc. Airone c. Comune di Roma, .in questa Rassegna, 1967, I, 575 e 578 e seg.). Il dovere generico del neminem laedere costituisce, invero, espressione breviloqua, che sta a designare la somma dei doveri specifici la cui violazione d luogo al risarcimento dei danni (v., per tutti, ToRREGRossA, Il problema della responsabilit da atto lecito, Milano, 1964, 17 e segg., ed ivi perspicue considerazioni, oltre che citazioni). La sentenza in discorso prende espressamente partito anche nei confronti dell'amministrazione statale e proclama che, quando dia corso 19 988 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che la ricorrente tenta di dare fondamento alla propria pretesa, pur invocando (fuor di luogo ed impropriamente) principi relativi a diritti primari ed a nome di relazione. Qui non si ih presenza di norme di relazione, sibbene di norme di azione (secondo quanto innanzi si spiegato), n configurabile una lesione di diritti primari, o di diritti della pe11sona, o una vio'lazione del principio fondamentale del neminem laedere (come ha dimostrato ineccepibilmnte la Corte di merito), e perci si resta nel campo degli interessi legittimi, la cui tutela sottratta all'autorit giudiziaria ordinaria. La stessa ricorrente, del resto, finisce col riconoscere che essa era titolare di una legittima aspettativa ; che essa ebbe buon motivo. di confidare nell'osservanza delle norme di legge da parte della Gescal; e che fece ragionevOle affidamento di poter validamente partecipare all'incanto: espressioni, queste, che mal si conciliano con l'asserita esistenza di un vero e proprio diritto soggettivo. Manifestamente infondata, infine, anche l'ultima affermazione contenuta nel ricorso, secondo cui sarebbe ammissibile, ex art. 2043 e.e., la tutela giurisdizionale degli interessi legittimi. noto, invece, per concorde e costante indirizzo dottrinale e giurisprudenziale, .che la lesione di lJn interesse legittimo non comporta l'obbligazione del risarcimento del danno. Il ricorso, pertanto, infondato e deve essere rigettato, con le conseguenze di ,legge quanto al deposito per soccombenza e alle spese processuali. -(Omissis). II (Omissis). - da premettere che la giurisprudenza, condivisa dalla prevalente dottrina, dissentendo sia dalla opinione che ritiene la stipu ' a trattative col privato, essa viene a porsi alla pari con costui ed giudicabile con lo stesso metro in punto di responsabilit. Tutto ci si spiegherebbe, secondo questa pronuncia, nonostante lo speciale sistema che disciplina la formazione dei contratti dello Stato, posto che non si tratta di stabilire se 1'Amministrazione, in relazione ai suoi fini istituzionali, si sia.comportata da corretto amministratore ed abbia convenientemente apprezzato il pubblico interesse, ma pi semplicemente di accertare se, contrattando con il privato, essa abbia o meno violato le regole dettate dagli artt. 1337 e 1338 e.e. . Questo ragionamento, per, denota subito i suoi limiti e, sia consentito dl,rlo, i suoi equivoci. Anzitutto deve rilevarsi che esso, per restar coerente con s stesso, mette fuori causa tutte le ipotesi, ordinarie e perci pi numerose, nelle quali, dopo la deliberazione di contrattare, vi sia luogo a scelta del contraente mediante gara formale (artt. 3 e segg. 1. cont. gen. Stato, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440; PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 989 !azione un semplice preliminare, con cui il privato si obbligherebbe a porre in essere un contratto alle condizioni prestabilite, qualora l'Amministrazione decida di concluderlo, sia dalla tesi che reputa l'approvazione parte integrante della volont ,di uno dei contraenti, , da tempo, ferma nel considerare l'approvazione un ordinario atto di controllo, un atto, cio, che sta al di fuori .del processo. di formazione del contratto, e che ha soltanto l'effe~to di condizionarne l'efficacia. Tale configurazione della natura giuridica dell'atto di approvazione, assegnando all'organo di controllo una posizione esterna rispetto al rapporto concluso del privato con l'Amministrazione, comporta, tra le altre conseguenze, l'impossibilit di addossare all'Amministrazione contraente la responsabilit degli atti ccompiuti dall'o11gano di controllo per la realizzazione. del presupposto di efficacia della voloiilt contrattuale della Pubblica Amministrazione. D'altra parte, se il rifiuto di approvazione, ancorch illegittimo, non affatto lesivo di un diritto del cittadino in: dipendenza dal contratto, dato che, per comune opinione, egli non ha alcun diritto alla legittimit degli atti amministrativi, ma tutt'al pi un interesse, altrettanto certo che mai da tale rifiuto potrebbe derivare violazione dei diritti contrattuali del privato: e ci, sia che il contratto debba essere approvato da un ente diverso da quello che lo ha stipulato, sia che l'approvazione debba avvenire nell'interno della gerarchia dello stesso ente. Nel primo caso, infatti, potendo il rapporto vincolare solamente coloro che lo hanno posto in essere, ma non anche l'Ente chiamato a svolgere semplicemente attivit di controllo, appare chiaro come il rifiuto di approvazione, anche se obiettivamente lesivo dell'interesse del privato e al contratto , no~ possa di questo costituire violazione, dal momento che violazione del diritto contrattuale pu aversi solo da p~rte del soggetto artt. 37-40 e 63-91 Reg., r.d. 23 maggio 1924, n. 827). Se in questi casi un fuor d'opera parlare di trattative e, quindi, secondo il concetto della sentenza in esame, l'Amministrazione non addiviene a porsi sullo stesso terreno contrattuale del privato, non riesce neppure possibile parlare di buona fede (in senso oggettivo), che deve presiedere allo svolgimento delle trattative medesime. Quanto residua, infatti, attiene, di norma (v., peraltro, nota, .in questa Rassegna, 1969, I, 760), a:= @ ~; ~ 1i:1 ' 1' r11tri11111t11r11.1r11r1Jr1111irt111111111111111111&11111i111rr,flilt PAR TE {.. RASSEGNA DI DOTTRINA MARIO DI RENZO, La requisizione d'urgenza, Cacucci, Bari, 1970. Questo nuovo lavoro del Di Renzo viene opportunamente ad integrare un settore di studi, in cui all'abbondanza dei contributi elaborati in chiave di teoria generale sul c.d. potere di ordinanza fa singolare riscontro la mancanza di specifica trattazione sul tema (peraltro, di notevole interesse teorico oltre .che di innegabile rilievo pratico) della requisizione di urgenza ex art. 7 della legge sul contenzioso amministrativo. Il libro, infatti, premessa una introduzione in cui viene dato ampio conto dello stato della dottrina intorno all'istituto delle ordinanze di ur gente necessit, si snoda in uria ampia e dettagliata descrizione sistematica della particolare figura di requisizione che forma oggetto dell'indagine. Sottolineato come la requisizione di urgenza -sorta sul piano storico per sopperire ad esigenze militari e fondata all'inizio su una prassi gene ralmente riconosciuta -sia oggi accettata a livello costituzionale, l'A. sviluppa l'argomento attraverso una tccurata anali.si dei principali termini logico-giuridici dell'istituto, e cio: 1) soggetti del rapporto di requisizione; 2) oggetto, e 3) forma della requisizione; 4) comunicazione ed esecuzione del provvedimento; 5) limiti temporali della requisizione. I due ultimi capitoli del lavoro sono, infine, dedicati agli effetti della requisizione nella sfera degli interessi patrimoniali e, correlativamente, alle garanzie di le gittimit fornite dall'ordinamento agli interessati. Ciascuno di questi punti studiato con interesse prevalentemente ana litico, dandosi vita in tal modo ad una vasta problema,tica, dalla quale finisce con l'emergere una compiuta ricostruzione del fenomeno; ci che appare risultato degno di ogni attenzione, soprattutto in una materia come quella di specie, in cui la stessa mancanza di un iter procedimentale forma lizzato rende particolarmente indispensabile l'opera dell'interprete. T. ALIBRANDI RASSEGNA DI LEGISLAZIONE LEGGI E DECRETI* D. I. 26 ottobre 1970, n. 765 -Provvedimenti straordinari per la ripresa economia (G. U. 26 ottobre 1970, n. 272). NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE ** NORME DELLE QUALI STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTI'fUZIONALE Codice civile, art. 1751 (Indennit per lo scioglimento del contratto), primo comma, in quanto esclude il diritto all'indennit di anzianit per lo scioglimento del contratto di agenzia determinato da fatto imputabile all'agente (artt. 3 e 36 della Costituzione) (1). Corte di appello di Cagliari, ordinanza 21 novembre 1969, G. U. 16 settembre 1970, n .. 235. Tribunale di Palermo, ordinanza. 3 aprile 1970, G. U. 21 ottobre 1970, n. 267. codice civile, art. 1916 (Diritto di surrogazione dell'assicurafoq-e), in quanto consente all'assicuratore, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, di ripetere, nei limiti della somma dovuta all'assicurato, l'intero importo dell'indennizzo corrisposto, senza decurtazione proporzionale al grado di colpa dell'assicurato (artt. 3 e 35 della Costituzione) (2). Pretore di Bari, prdinanza 16 marzo 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235. codice civile, art. 2736 (Specie del giuramento), n. 2, in quanto preclude ogni possibilit .di ulteriore difesa alla parte alla quale non sia deferito il giuramento suppletorio (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 5 dicembre 1969, G. U. 2 settembre 1970, n. 222. (*) Si segnalano i provvedimenti ritenuti di maggiore interesse. (**) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai quali sono state proposte o decise le questioni di legittimit costituzionale. (1) Questione dichiarata non fondata con sentenza 25 maggio 1970, n. 75. (2) Questione qichiarata non fondata, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, con sentenza 6 luglio 1970, n. 115. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 159 codice civile, art. 2947 (Prescrizione del diritto al risarcimento del danno), terzo comma (seconda ipotesi), in quanto fa decorrere il termine di prescrizione dalla data in cui la sentenza penale istruttoria sia divenuta irrevocabile,.indipendentemente dalla possibilit che la parte lesa abbia avuto modo di conoscere effettivamente tale data e con durata del termine di prescrizione diversa da quella stabilita, per una situazione di fatto praticamente del tutto identica, per la prima ipotesi disciplinata dallo stesso comma (art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione). Pretore di Voghera, ordinanza 25 maggio 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235. codice di procedura civile, art. 538 (Nuovo incanto), secondo comma (seconda ipotesi), in quanto consente che nel secondo incanto sia ammessa qualsiasi offerta, con criterio diverso da quello stabilito dall'ultima parte dell'art. 591 per l'espropriazione forzata immobiliare ed ingiustificato pregiudizio del debitore (artt. 3, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Orvieto, ordinanza 3 luglio 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235. codice di procedura civile, art. 648 (Esecuzione provviso1ia in pendenza di opposizione), seconda comma, in quanto condiziona la concessione della provvisoria. esecuzione alle condizioni economiche della parte istante (artt. 3 e 24 della Costituzione) (3). Pretore di Vibo Valentia, ordinanza 20 maggio 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235. , codice di procedura civile, d'isp. att., art. 24, primo comma, in quanto consente che la liquidazione del compenso al consulente tecnico sia fatta con provvedimento pronunziato senza contraddittorio, senza motivazione e con efficacia immediata di titolo esecutivo (artt. 24, primo e secondo comma, e 111, primo comma, della Costituzione). Pretore di Orvieto, ordinanza 2 maggio 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235. codice penale, art. 51 (Esercizio di un diritto o ad.empimento di wn dovere), ultim,o comma, in quanto, con disparit di trattamento tra i pubblici dipendeilti (art. 3 della Costituzione) e pregiudizio dei diritti dei cittadini (artt. 13, 14, 15, 16 e 17 della Costituzione), esclude la responsabilit penale dei pubblici dipendenti militari vincolati alla esecuzione dell'ordine illegittimo (art. 28 della Costituzione). ' Pretore di Castelnuovo, ordinanza 21 maggio 1970, G. U. 2 settembre 1970, n. 222. (3) Questione dichiarata non fondata con sentenze 10 giugno 1966, n. 62 e 17 febbraio 1969, n. 17. 160 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice penale, art. 59 (Circostanze non conosciute o erroneamente supposte), .primo comma, in .quanto stabilisce la imputazione obiettiva delle circostanze del reato (art. 27, primo comma, della Costituzione) (4). Pretore di Chieri, ordinanza 21 maggio 1970, G. U. 7 ottobre 1970, n. 254. codice penale, art. 151 (Amnistia), in quanto non consente all'imputato di rifiutare l'applicazione dell'amnistia propria (artt. 24, primo e secondo comma, e 3 della Costituzione) (5). Pretore di Civitanova Marche, ordinanza 27 maggio 1970, G. U. 21 ottobre 1970, n. 267. ~odice penale, art. 166 (Effetti deLla sospernsione) e art. 1911 (Effetti deLla estinzione deL reato o deLla p,ena suLle obbLigazioni civiLi), in quanto, in relazione agli artt. 274, primo comma, e 488, terzo comma, del codice di procedura penale, impongono il pagamento delle spese per il mantenimento del condannto durante la custodia preventiva anche in ipotesi di sospensione condizionale della pena, con disparit di trattamento tra i condannati a seconda che abbiano o no subito custodia preventiva con restrizione in carcere (art. 3 dlla Costituzione) (6). Tribunale di Torino, ordinanza 16 dicembre 'f969, G. U. 7 ottobre 1970, n. 254. codice penale, art. 5211 (Pubblicazioni e spettacoH osceni), primo e secondo copima, in quanto impone allo stampatore, al distributore ed all'edicolante di censurare il contenuto delle pubblicazioni, con indagine preclusa anche allo stesso potere esecutivo (art. 21, primo e secondo comma, della Costituzione) (7). Tribunale di Milano, ordinanza 16 aprile 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235. Giudice istruttore del tribunale di Taranto, ordinanza 13 maggio 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235. (4) Questione gi proposta, ma per l'art. 583 del codice penale, dal tribunale di Milano (ordinanza 3 dicembre 1969, G. U. 25 marzo 1970, n. 76). (5) Questione proposta, con la stessa ordinanza, anche per la legge 21 maggio 1970, n. 282. Altra questione di legitimit costituzionale della disposizione stata dichiarata non fondata con sentenza 2 aprile 1964, n. 30. (6) Cfr. sentenza 2 aprile 1964, n. 30 della Corte costituzionale. (7) Questione gi proposta, per l'art. 725 del codice penale, dal tribunale di Spoleto (v. infra). Altra questione di legittimit costituzionale della disposizione stata proposta dal tribunale di Monza (ordinanze 27 gennaio 1969 (quattro). G. U. 21 maggio 1969, n. 128) e dal pretore di Roma (ordinanza 5 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969. n. 145). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 161 c:odic:e penale, art. 553 (Incitamento a pratiche cont10 la pro:reazione), in quanto punisce la propaganda anticoncezionale (artt. 18, 21, 31 e 32 della Costituzione) (8). Pretore di Roma, ordinanza 5 maggio 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235. c:odic:e penale, art. 570 (Vfolazione degli obblighi di assistenza famigiiare), in quanto prevede la procedibilit di ufficio per il reato di violazione degli obblighi di assistenza famigliare (art. 29 della Costituzione) (9). Pretore di Forli, ordinanza 23 febbraio 1970, G. U. 21 ottobre 1970, n. 267. -c:odic:e penale, art. 570 (Vio,lazione degli obblighi di assistenza famigliare), sec:ondo comma, n. 2, in .quanto punisce condotta referiqile, nei rapporti tra coniugi, solo al marito (artt. 3 e 29 della Costituzione) (10). Pretore di Marigliano, ordinanza 4 febbraio 1970, G. U. 21 ottobre 1970, n. 267. codice penale, art. 588 (Rissa), sec:ondo comma, in quanto prevede la imputazione degli eventi aggravanti per il solo fatto della partecipazione alla rissa (art. 27, primo comma, della Costituzione) (11). Tribunale di Torino, ordinanza 11 maggio 1970, G. U. 21 ottobre 1970, n. 267. codic:e penale, art. 596 (Esclusione della prova liberatoria), primo c:omma, in quanto limita la rilevanza e la prova della verit dell'addebito rivolto nell'esercizio del diritto di cronaca (art. 21, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanze 27 maggio 1970 (G. U. 16 settembre 1970, n. 235) e 26 giugno 1970 (G. U. 7 ottobre 1970, n. 254). (8) Questione dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 21, secondo comma, della Costituzione, con sentenza 19 febbraio 1965, n. 9 e gi riproposta, in riferimento agli artt. 21 e 32 della Costituzione, dal tribunale di Viterbo (ordinanza 1 aprile 1969, G. U. 23 luglio 1969, n. 186). . (9) Questione dichia,rata non fondata con sentenza 23 marzo 1970, n. 46. Altra questione di legittimit costituzionale della disposizione stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 29, secondo c'lomma, 13, primo comma, e 16, primo comma, della Costituzione, con sentenza 11 dicembre 1964, n. 107. (lQ) Per il primo comma della disposizione differenti questioni di legittimit costituzionale sono state dichiarate non fondate con sentenze 11 dicembre 1962, n. 107 e 23 marzo 1970, n. 46. (1)) Questione gi proposta dal tribunale di Milano ordinanza 9 aprile 1969, G. U. 9 luglio 1969; n. 172) e dal tribunale di Vigevano (ordinanza 16 maggio 1969, G. U. 22 ,attobre 1969, n. 269). 21 162 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO c:odic:e penale, art. 635 (Danneggiamento), secondo comma, n. 2, In quanto, assume, come fondamento dell'aggravante speciale, con ingiustificata discriminazione a danno dei lavoratori, il nesso di occasidnalit con l'esercizio del diritto di sciopero (artt. 3 e 40 della Costituzione) (12). Pretore di Milano, ordinanza 11 dicembre 1969, G. U. 7 ottobre 1970, n. 254. c:odic:e penale, art. 650 (Inosservanza dei provvedimenti deL'la Autorit), in quanto commina sanzioni penali per la inosservanza di precetti il cui contenuto determinato dall'autorit amministrativa (artt. 25, secondo comma, e 3 della Costituzione) (13). Pretore di Chiusa d'Isarco, ordinanza 13 aprile 1970, G. U. 2 settembre 1970, n. 222. c:odic:e penale, art. 650 (Inosservanza dei pr'Dvvedimenti deLia Autorit), limitatamente all'inciso o d'ordine pubbLico , in quanto consente di limitare o di non rispettare, anche per ragioni di ordine pubblico, diritti inviolbili costituzionalmente garantiti (artt. 2, 13, 14, 15, 16, i7, 1_8, 19, 20, 21 e 23 della Costtuzione) (14). Pretore di Recanati, ordinanza 21 maggio 1970, G. U. 21 ottobre 1970, n. 26'7. c:odic:e penale, art. 688 (Ubriachezza), secondo comma, in quanto contem_ pla un aggravamento della pena dipendente da condizione personale (art. 3 della Costituzione). Pretore di Gardone Val Trompia, ordinanza 27 marzo 1970, G. U. 2 settembre 1970, n. 222. codice penale, art. 725 (Co'l!'-mercio di scritti, disegni o aitri oggetti contrari aLLa pubbLica decenza), in quanto impone al distributore valutazioni di carattere censorio sulle pubblicazioni periodiche, con indagine preventiva non consentita nemmeno all'autorit giudiziaria ordinaria (art. 21 della Costituzione) (15). Tribunale .di Spoleto, ordinanz.e 14 maggio 1970 (tre) e 25 maggio 1970 (due), G. U, 21 ottobre 1970, n. 267. (12) disposizione dichiarata incostituzionale, sotto l'indicato profilo, con sentenza 6 luglio 1970, n. 119. (13) Questione gi proposta dal pretore di Massa Marittima (ordinanza 27 novembre 1969, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50). (14) Differente questione di legittimit costituzionale della disposizione stata proposta dal pretore di Massa (ordinanza 27 novembre 1969, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50) e dal pretore di Chiusa d'Isarco (ordinanza 13 aprile 1970, G. U. 2 settembre -1970, n. 222). (15) Questione gi proposta dallo stesso tribunale cori ordinanza .6 marzo 1969 (G. U. 23 aprile 1969, n. 105). La stess'a questione stata proposta, per PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 163 codice di procedura penale, art. 93 (Dichiarazione costitutiva di parte civile), secondo c~mma, art. 94 (Fo1'1nalit .deHa costituzione di parte civile), e art. 468 (Disoussio'l!,e finale), primo comma, in quanto condizionano l'ammissibilit della costituzione di parte civile alla sola esposizione sommaria dei motivi che la giustificano e consentono la costituzione di parte civile anche nel dibattimento (artt. 3 e 24 della Costituzione) (16). Tribunale di Busto Arsizio, ordinanza 30 giugno 1'970, G. U. 7 ottobre 1970, n. 254. codice di procedura .penale, art. 106 (Esercizio dell'azione civile e obbligo deHa t~stimo'll,ianza), art. 366 (Preliminari deU'interrogatorio), ar ticolo 408 (Notifioazio'll,e del decreto di citazione davanti al tribunale), art. 441 (Interrogatorio dell'imputato), e art. 449 (Giuramento dei testimo'l!, i), in quanto consentono alla parte civile, attore nella causa civile, di deporre .ome testimone ed attribuiscono differente rilevanza all'interrogatorio reso dalle due parti del rapporto proces~uale civile (articoli 3 e 24 della Costituzione) (17). Pretore di Mogoro, ordinanza 15 maggio 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235. codice di procedura penale, art. 1,35 (Colloqui dd difensore con l'imPu. tato detenuto), prima parte e art. 304 quater (Depositi degli atti cui hanno diritto di assistere i difensori. Diritti del difens9re dell'imputato), quinto c.omma, in quanto consentono al prqcuratore della Repubblica o al giudice istruttore di ritardare, senza limiti di tempo, la concessione del colloquio al difensore e U deposito dell'interrogatorio dell'inquisito detenuto (art. 24, secondo comma della Costituzione). Giudice istruttore del tribunale di Roma, ordinanza 18 luglio 1970, G. U. 7 ottobre 1970, n. 254. codice di proc:edura penale, art. 169 (Prima notificazione all'imputato non .detenuto), ul.tlmo comma, in quanto applicabile anche per la notifi l'art. 528 del codice penale, dal tribunale di Milano e dal giudice istruttore del tribunale di Taranto (v. supra). (16) Questione dichiarata non fondata con sentenza 26 giugno 1970, n. 108. Altra questione di legittimit dell'art. 94 del codice di procedura penale stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, con sentenza 28 dicembre 1968, n. 136. (17) Questione gi proposta, per gli articoli 106, 350, secondo comma, 408, secnodo comma, 447, 448, primo comma, e 449, primo comma, del codice di procedura penale, dal pretore di Iseo (ordinanza 9 dicembre 1970, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50). Per l'art. 408 altra questione stata proposta dal pretore -di Napoli (ordinanza 21 gennaio 1970, G. U. 10 aprile 1970, n. 82). Altra questione 'di legittimit costituzionale dell'art. 449 stata dichiarata non fondata con sentenza 13 luglio 1960, n. 58. 164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO :' cazione del decreto penale (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (18). Pretore di Trieste, ordinanza 29 aprile 1970, G. U. 16 settembre 1970, Il; 235. codice di procedura penale, art. 170 (Notijcazioni aU'imputato irreperibiie), in quanto consente di procedere alle notificazioni con modalit non idonee ad a~sicura.re la possibilit concl'eta ed effettiva di conoscenza da parte del destinatario (artt. 2 e 24, secondo comma, della Costituzione) (19). Pretore di Volterra, ordinanze 6 aprile 1970 (due), 3 giugno 1970, e 17 luglio 1970 (G. U. 7 ottobre 1970, n. 254 e 21 ottobre 1970, n. 267). cod'ice di procedura penale, art. 195 (Impugnazioni deLia parte civile), in quanto limita la impugnazione della parte civile (artt. 24 e 3 della Costi1:uzione) (20). Tribunale di Pisa, ordinanza 3 aprile 1970, G. U. 2 settembre 1970, n. 222. codice di procedura penale, art. 199 (Termini per la impugnazine), terzo comma, e art. 500 (Impugnazioni contro sentenze contumaciali), in quanto fanno decorrere il termine per impugnare la sentenza dalla data della notificazione anche quando questa sia eseguita con le modalit stabilite dall'art. 170 del codice di procedura penale (art. 24 della Costituzione) (21). Tribunale di Milano, ordinanza 12 giugno 1970, G. U. 7 ottobre 1970, n. 254. codice di procedura penale, art. 236 (Arresto facoitativo in flagranza), ultimo comma, in quanto consente di arrestare chi sia colto in flagranza della contravvenzione prevista dell'art. 688 del codice penale, punibile (18) Altre questioni di legittimit costituzionale della disposizione sono state proposte dal tribunale di Torino per il primo comma (ordinanza 12 marzo 1970, G. U. 8 luglio 1970, n. 170) e dal tribunale di Sondrio per l'ultimo comma (ordinanza 23 marzo 1970, G. U.;3 giugno 1970, n. 136). (19) Questione dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, con sentenza 6 luglio 1970, n. 117. (20) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 22 gennaio 1970, n. 1, nella parte in cui pone limiti a che la parte civile possa proporre ricorso per cassazione contro le disposizioni della sentenza che concernono i suoi interessi civili. (21) Cfr. sentenza 6 luglio 1970, n. 117 della Corte costituzionale. Per l'articolo 199, primo comma, del codice di procedura penale differente questione di legittimit costituzionale stata proposta dal pretore di Torino (ordinanza 3 novembre 1969, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 165 anche con la sola ammenda (artt. 3, primo comma, e 13, secondo e terzo comma, della Costituzione) (22). \ Pretore di Genova, ordinanza 4 luglio 1970, G. U. 7 ottobre 1970, j l I n. 254. codice di procedura penale, art. 274 (Spese deU.a custodia preventiva), primo comma, e art. 488 (Disposizioni della sentenza relative aUe spese), terzo comma, in quanto, per il disposto degli artt. 166 e 198 del codice penale, impongono il pagamento delle spese per il mantenimento del condannato durante la custodia preventiva anche in ipotesi di sospensione condizionale della pena, con disparit di trattamento tra i condannati a seconda che abbiano o no subto custodia preventiva con restrizione in carcere (art. 3 della Costituzione) (23). Tribunale di Torino, ordinanza 16 dicembre 1969, G. U. 7 ottobre 1970, n. 254. codice di procedura penale, art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria), terzo comma, in quanto non prevede la contestazione del fatto quando viene eseguito un atto in sede di polizia giudiziaria (artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione) (24). Pretore di Mirandola, ordinanza 26 febbraio 1970, G. U. 7 ottobre 1970, n. 254. codice di procedura penale, art. 502 (Casi e modi del giudizio direttissimo), e art. 503 (Atti del giudizio direttissimo), terzo comma, in quanto consntono di procedere senza l'osservanza delle disposizioni di cui agli artt. 304, 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (25). Pretore di Milano, ordinanza 18 marzo 1969, G. U. 7 ottobre 1970, n. 254. codice di procedura penale, artt. 506, 507, 509 e 510 (Giudizio per decreto), in quanto consentono al giudice di formarsi la preliminare convinzione di colpevolezza dell'imputato (necessariamente presupposta (22) Cfr. sentenza 20 marzo 1970, n. 39 della Corte costituzionale. Analoga ...0.11mm questione stata dichiarata inammissibile, per difetto di rilevanza, con sentenza 'WaP 12 marzo 1965, n. 13. (23) Cfr. sentenza 2 aprile 1964, n. 30 della Corte costituzionale. (24) V. retro, II, 51 nota 27, e 11, nota 18. (25) Altra questione di legittimit costituzionale dell'art. 502 del codice di procedura penale stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 24, .secondo comma, e 25, primo comma, della Costituzione, con sentenza 3 dicembre 1969, n. 146. Analoga questione stata dichiarata non fondata, per l'art. 503, ultimo comma, del codice di p!'ocedura penale, con sentenza 8 luglio 1967, n. 92. ~-wwM RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nella scelta de\procedimento per decreto) prima del giudizio (art. 27, secondo comma,,della Costituzione) (26). Pretore di Nocera Inferiore, ordinanza 22 aprile 1970, G. U. 7 ottobre 1970, n. 254. codice di procedura penale, art. 515 (Cognizione del giudice di appeUo. Appello incidentale del pubblico ministero), quarto comma, in qunto consente solo al pubblico ministero di impugnare la sentenza in via incidentale (artt. 3, 24 e 112 della Costituzione) (27). Tribunale di Venezia, ordinanza 24 aprile 1970, G. U. 7 ottobre 1970, n. 254. codice di procedura penale, art. 552 (Inoppugnabilit delle sentenze della corte di cassazione), in quanto, interpretato in correlazione con gli artt. 534, ultimo comma, e 185, n. 3 del codice di procedura penale, consente la formazione di un giudicato inoppugnabile anche quando siano violate le norme sull'intervento, l'assistenza o la rappresentanza dell'imputato (art. 24, seondo comma, della Costituzione). Corte di appello di Cagliari, ordinanza 9 luglio 1970, G. U. 21 ottobre 1970, n. 267. codice di procedura penale, art, 591 (Applicabilit dell'amnistia o dell'indulto agli imputati), art. 592 (PregiudiziabiLit delL'amnistia ed eccezioni alla regola) e art. 152 (Obbligo dell'immediata declaratoria di determinate cause di non punibiLit), secondo comma, in quanto non consentono al giudice di assumere prove che rendono evidente la insussistenza del fatto e la non commissione dello stesso da parte dell'imputato e di prosciogliere quindi con la formula prescritta a seguito del convincimento scaturito dalle prove raccolte successivamente al provvedimento di amnistia (artt. 3 e 24 della Costituzione) (28). Tribunale di Milano, ordinanza 25 giugno 1970, G. U. 21 ottobre 1970, n. 267. Pretore di Padova, ordinanza 29 luglio 1970, G. U. 7 ottobre 1970, n. 2'54. (26) In argomento cfr sentenze 8 marzo 1957, n. 46, 23 dicembre 1963, n. 170, 23 marzo 1966, n. 27, 15 dicembre 1967, n. 136, 26 marzo 1969, n. 48 e 8 luglio 1969, n. 119 della Corte costituzionale. (27) Questione gi proposta dalla corte di appello di Genova (ordinanza 28 gennaio 1970, G. U. 1 aprile 1970, n. 82) e dal tribunale di Lecce (ordinanze 25 febbraio 1970 e 11 marzo 1970, G. U. 3 giugno 1970, n. 136 e 10 giugno 1970, n. 143). (28) Questione dichiarata in.ammissibile, .per difetto di rilevanza, con sentenza .7 maggio 1968, n. 52. Per l'art. 591 e per l'art. 152 la questione di legittimit I .1itituzionale stata proposta, rispettivamente, solo dal tribunale di milano e ~ \ dal pretore di Padova. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 167 codice della navigazione (r. d. 30 marzo 1942, n. 327), art. 1238