ANNO XXIII -N. 5 SETTEMBRE-OTTOBRE 1971 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISllTUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1 9 7 1 ABBONAMENTI ANNO L. 7.500 UN NUMERO SEPARATO 1.300 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/40500 Stampato in Italia -Printed in lta!y Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 lulJlio 1966 (1213035) Roma, 1971 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (a cura del/'avv. Michele Savarese) pag. 943 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SDIZIONE (a cura SU QUESTIONI DI GIURIdel/' avv. Benedetto Baccari) I 023 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura del/'avv. Pietro de Francisci) . . . . . . . . . . . I035 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del- l'avv. Ugo Gargiulo) . . . . . . . I062 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati Giuseppe Angelini -Rota e Carlo Bafile) I071 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUB- BUCHE, APPALTI E FORNITURE (a cura del/'avv. Franco Carusi) . . . . . . . . . . . . 1262 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE {a cura del/'avv. Paolo Di Tarsia di Be/monte) . . . . . . . . . . 126 8 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO RASSEGNA DI DOTTRINA (a cura del/'avv. luigi Mazze/la) . . . pag. 191 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE (a cura del/'avv. Arturo Marzano) 192 CONSULTAZIONI 212 La pubblicazione diretta dall'avvocato: , UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTE,. OSSERVAZIONI, QUESTIONI ROSSI A., Brevi cenni sulla c. d. Omogeneizzazione dei conti e ricavi neHe plusvalenze da realizzo di immobili . . . . pag. 1142 INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETgiori compensi o a indennizzi TRICIT Onere dell'immediata riserva Sussiste -Portata generale del -Acque pubbliche e private -principio e sua applicabilit anIscrizione in elenco di acqua che nei casi di divergenze interpubblica -Natura dichiarativa -pretative del contratto collegate Slussiste -Carattere esplt'opriacon l'insorgenza di fatti nuovi tivo del provvedimento -EscluSussiste -Momento di operatisione -Incostituzionalita. dello vit dell'onere in caso di fatto art. 1 t.u. 11 dicembre 1933, continuativo ., 1261. n. 1775, in rapporto all'art. 42 - Appalto di opere pubbliche -Ri Cost. -Esclusione, 1252. tardo dell'appaltatore nella ese -V. anche Friuli-Venezia Giulia. cuzione dell'opera -Esecuzione d'ufficio -Accertamento della negUgenza dell'appaltatore -Insindacabilit in Cassazione -Sus ADOZIONE siste, 1259. -Affiliati o a:lifidati maggiorenni Inapplicabilit dell'adozione speciale -Illegittimit costituzio. A!PPROVLGIONAMENTI E CONnale -Esclusione, 999. SUMI . _,_ Disciplina della vendita delle carni fresche e congelate -Iden ALBERGHI tit della pena per le violazioni diverse -Illegittimit costituzio - Vendita o locazione di immobili nale -Esclusione, 1012. adibiti ad alberghi -Intervento statale -Criteri -Proroga forzosa -Presupposti -Legittimi AVVOCATI E PROCURATORI t, 1062. -Consiglio Nazionale forense Elezioni -Art. 11 d.l. 1. 23 no AMMINISTRAZIONE DELLO STA vembre 1944, n. 382 -Riparti TO E DEGLI ENTI PUBBLICI. zione degli scaglioni -Criterio, 1067. - Inammissibilit delle azioni pos sessorie -Divieto di annulla- Consiglio Nazion.ale forense mento, revoca o sospensione delElezioni -Par.it di voti -Coml'atto amministrativo -Illegittiputo dell'anzianit -Criterio, mit costituzionale -Esclusione, 1067. 1005. -Consiglio Nazionale forense Scadenza del mandato elettivo Cessazione della materia del con APPALTO tendere in merito all'impugnazione delle relative operazioni -Appalto di opere pubbliche -elettorali -Non sussiste, 1(}67. Jus variandi dell'Amministrazio - Determinazione degli onorari, dei ne committente in ordine alle diritti e delle indennit -Fissa singo~e categorie di lavoro -Li zione da parte del Consiglio Na mite, 1261. zionale forense -Violazione della -Appalto di opere pubbliche -riserva di legge in materia tri-Pretese dell'appaltatore a mag-butaria -Esclusione, 1011. .J VI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Delibera del Commissario liquidatore dei contratti di guerra Errore circa l'inquadramento della specie negoziale tra i contratti di guerra -Effetti, 1030. Demanio e patrimonio -Idoneit all'uso pubblico -Discrezionalit della pubblica Amministrazione -Sindacato del Giudice ordinario -Ammisstbilit -Limiti, 1023. Espropriazione per pubblica utilit -Decreto di espropriazione Notifica -Effetti -Fattispecie, 1029. Monumento pubblico e oggetti antichi o artistici -Potere di prelazione della pubblica Amministrazione -Termine per l'esercizio Effetti, 1026. CORTE COSTITUZIONALE -Giudizi di legittimit costituzionale in via incidentale -Giudice delegato al fallimento -Esercizio di funzioni istruttorie -Inammissibilit della questione, 973. -Giudizio di legittimit costituzionale in via incidentale -Ordinanza di remissione -Estensione dell'oggetto ad opera delle parti -Inammissibilit, 996. -Giuidizio di legittimit costituzionale in via incidentale -Procedimento in camera di consiglio -Ammissibilit della questione, 973. -Giudizi di legJ.ttimit costituzionale in via incidentale -Quetione relativa a decreto ministeriale -Inammissibilit, 945. -Giudizi di legittimit costituzionale in via incidentle -Questione relativa a norme primarie Inammissibilit qualora siano state seguite da norme regolamentari anteriormente al 1 gennaio 1948, 977. - Giudizi di legittimit costituzionale in via incidentale -Questione sollevata in fase diversa da quella di competenza -Difetto idi rilevanza -Inammissibilit della questione, 986. -Giudizi per conflitto di attribuzione -Atto Impugnabile -Enunciazione di tesi difensiva .in un precedente giudizio -Inidoneit a dar luogo a conflitto, 965. CORTE DEI CONTI -Ricorsi in materia di pensioni Termine perentorio per la presentazione -Spedizione a mezzo posta -Esclusione della rilevanza della data .di spedizione -Illegittimit costituzionale, 1022. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLlCA - Iriiziativa economica -Divieto ' di produrre paste alimentari non idi semola -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 964. -Tutela del diritto di propriet Vincoli sulle aree attigue alle autostrade -lndennizzabilit Esclusione, 945. - V. anche, Adozione, Amministra . zione dello Stato e degli Enti pubblici, Approvigionamenti e Consumi, Avvocato e procuratore, Corte Costituzionale, Corte dei Conti, FaUimento, Friuli-Venezia Giulia, Imposte e tasse, Lavoro, Matrimonio, Militare, Pensioni, Previdenza e assistenza, Procedimento civile, Procedimento penale, Reato, Sicilia. DEMANIO E PATRIMONIO -Demanio storico ed artistico Abusiva demolizione di .parte di monumento -Censure sull'importo della sanzione pecuniaria Inammissibilit, 1068. -Demanio storico ed artistico Beni di propriet di comuni Abusiva demolizione di parte ricostruita del monumento -Legittimit della sanzione pecuniaria, 1068. -Demanio storico ed artistico Beni di propriet di comuni -_ Omessa -inclusione negli elenchi Irrilevanza, 1068. INDICE Vll -Demanio storico ed artistico Beni vincolati -Responsabilit del Sindaco -Conseguenza, 1068. -Ritrovamento di monumenti di interesse storico o artistico -Demanialit del bene -Danneggiamento -Risarcimento dei danni patrimoniali -Compete, 1041. EDILIZIA -Licenza di costruzione -Cinematografo -Competenza del Sindaco -Autorizzazione ministeriale Autonomia -Conseguenze, 1084. -Licenza di costruzione -Cinematografo del tipo arena estiva Contrasto con le prescrizioni contenute nell'autorizzazione ministeriale -Irrilevanza, 1064. ENTI PUBBLICI -Organi collegiali -Rappresentanti sindacali -Designazione dei prescelti -Criteri, 1063. -Organi collegiali -Rappresentanti sindacali -Designazione dei prescelti -Motivazione ex art. 39 Cost. -Obbligo -Non sussiste, 1063. ESECUZIONE FORZATA -Atti esecutivi -C1oncetto -Vendita con incanto -Inosservanza delle formalit preliminari -Possibilit di farle valere con l'opposizione contro l'ordinanza di aggiudicazione, 1047. ESPROPRIAZIONE PER P. U. -V. Acque Pubbliche, Competenza e giurisdizione. FALLIMENTO -Dichiarazione emessa dal Tribunale su rinvio della Corte di Appello -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 973. -Stato passivo -Opposizione dei creditori esclusi o ammessi con riserva -Decorrenza del termine dal deposito in Cancelleria -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 996. -V. anche Corte Costituzionale. FERROVIE -V. Responsabilit civile. FRIULI-VENEZIA GIULIA -Canoni per concessioni di acque pubbliche -Competenza alla riscossione -Devoluzione -Spettanza rispettiva alla Regione ed allo Stato, 989. IMPIEGO PUBBLICO Consiglio di Amministrazione Composizione -Rappresentanti del personale -Designazione da parte delle categorie impiegatizie -Esclusione, 1065. -Dipendenti Assistenza Tecnica Somalia -Sono pubblici impiegati -Inquadramento nella Pubblica Amministrazione -Spetta, 1062. -Perseguitati politici o razziali -Riconoscimento della relativa qualifica -:fil atto immediatamente impugnabile, 1069. -Perseguitati politici e razziali Trattenimento in servizio oltre il compimento dei limiti di et Applicazione -Presupposti, 1089. -Perseguitati politici e razziali Trattenimento in servizio oltre il compimento dei limiti di et Requisiti necessari per il beneficio -Accertamento -Criterio, 1070. -.Promozione -Merito comparativo -Note di qualifica -Rapporto informativo -Funzione -Omessa compilazione del rapporto Illegittimit dello scrutinio, 1065. -Stipendi, assegni e indennit Assegno personale -Computo, 1066. Stipendi, assegni e indennit Assegno personale -Funzione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO VIII Passaggio da carriera militare a quella civile -Diritto -Sussiste, 1065. IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazioni per estrazione, lavorazione e commercio di marmi e minerali -Elencazione di materiali - tassativa, 1112. -Agevolazioni per il credito agrario -Mutui per l'affrancazione di canoni e livelli e la trasformazione di debiti fondiari -Estensione all'estinzione di altri debiti -Esclusione, 1096. -Agevolazioni per il credito alla Cooperazione -Cessione di credito accessoria ad interventi creditori -Estensione ad altri crediti -Esclusione, 1071. Agevolazioni per il trasferimento di aree della zona industriale di Livorno -Aree sulle quali le costruzioni siano state gi iniziate e condotte a termine -Si estende, 1149. -Agevolazioni per la bonifica idraulica -Bonifica idraulica e bonifica in genere -Atti agevolati e non -Fattispecie, 1084. -Agevolazioni per la bonifica idraulica -Criteri per l'individuazione delle opere -Bonifica idraulica e bonifica in genere Eliminazione delle paludi e opere in connessione strumentale, 1084. -Agevolazioni per la bonifica idraulica -Criteri per l'individuazione delle opere -Comprensione in un progetto di bonifica di laghi, stagni, paludi e terre paludose -Necessit -Strade per la trasformazione fondiaria nell'Italia meridionale -Equiparazione, 1082. -Agevolazioni per la bonifica idraulica -Opere di prima categoria -Individuazione, 1083. -Agevolazioni per l'industrializzazione del Mezzogiorno -Primo acquisto di terreni e fabbricati Acquisto di stabilimento a scopo di riattivazione -Applicabilit delle agevolazioni, 1232. -Agevolazioni per la ricostruzione edilizia ex d.l. 26 marzo 1946, n. 221 -Acquisto di area sulla quale la ricostruzione sia gi stata eseguita -Si estende, 1139. - Agevolazioni per le case di abitazioni non di lusso -Alberghi Inapplicabilit, 1180. -Agevolazioni per le case di abitazioni non di lusso -Alberghi Inapplicabilit -Estensione dell'agevolazione per la legge 19 giugno 1961, n. 659 -Esclusione, 1180. -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Concessione reciproca del ,diritto di superficie -Non costituisce trasferimento della propriet - Inapplicabilit dell'agevolazione, 1127. -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Interpretazione estensiva -Atti in con- nessione strumentale con quelli agevolati -Esclusione, 1128. -Cessioni di credito in relazione a finanziamenti concessi da aziende ed enti di credito a favore di ditte commerciali e industriali Aliquota dello 0,50 % di cui alla lettera b) dell'art. 4 della tariffa A della legge di registro Criteri di applicazione -Cessione di credito estensibile ad operazioni indeterminabili -Esclusione dell'agevolazione, 1071. -C'essione di credito verso la Pubblica Amministrazione in relazione a finanziamenti concessi da aziende ed enti di credito a favore di ditte commerciali e industriali -Aliquota ridotta -Correlazione fra i due negozi -Fattispecie, 1198. -Diritto di superficie -Concessione di area per l'impianto di distributore di carburanti -Patto di rimozione delle costruzioni alla fine della concessione -Rapporto obbligatorio, 1107. Disposizione necessariamente connesse e derivanti per loro natura le une dalle altre -Affitto di azienda -Passaggio del personale e rivalsa delle spese per miglioramenti -Fattispecie, 1098. INDICE IX -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti per la loro natura le une dalle altre -Atto di acquisto di area e concessione reciproca del diritto di superficie Esclusione, 1127. -Donazione a scopo di beneficenza, istruzione, igiene e pubblica utilit -Determinazione dello scopo -Valore cogente nei confronti del donatario -Necessit, 1177. -Enunciazione Sussistenza in concreto -Apprezzamento di merito -Incensurabilit in Cassazione, 1121. -Enunciazione di convenzione Tassabilit -Condizioni -Fattispecie, 1235. -Imposta speciale sulle automobili nuove -Prima immatricolazione di automobili acquistate anteriormente all'estero -Si estende, 1164. -Permuta -Concessione reciproca del diritto di superficie -Non tale, 1128. -Regolarizzazione di societ -Regime particolare dell'art. 42 della legge 11 gennaio 1951, n. 25 Attivo lordo dichiarato -Revisione di congruit -Esclusione, 1224. -Servit -Servit reciproca di non edificare -Creazione di cortile allo scopo di realizzare un maggior volume costruibile -Regolamento di igiene del Comune di Milano, 1121. -Simulazione -Retrocessione - imposta di titolo -Parti del rapporto che non sono parti in giudizio -Sono obbligati, 1220. -Simulazione -Retrocessione presunta -Tassabilit, 1220. -Usufrutto -Consolidazione -Presupposti -Estinzione dell'usufrutto -Trasferimento della nuda propriet all'usufruttuario Sussiste la consolidazione, 1228. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE C'omune di San Remo -Canone corrisposto per l'esercizio della casa da gioco -Entrata di diritto pubblico -Non tassabile, 1157. Determinazione delle plusvalenze tassabili -J:ncostituzionalit Manifesta infondatezza, con nota di A. Rossi, 1142. -Determinazione delle plusvalenze tassabili a carico di un imprenditore -Omogeneit dei dati di raffronto -Non necessaria, con nota di A. ROSSI, 1142. -Esenzione per nuove imprese e piccole .industrie nelle zone depresse dell'Italia settentrionale Societ costituita prima dell'entrata in vigore della legge 29 luglio 1957, n. 635 -Esclusione Inizio dell'attivit produttiva dopo l'entrata in vigore della .norma -Irrilevanza, 1151. -Indicazione in bilancio del valore di un bene -Potere dell'Ufficio di determinare induttivamente un valore diverso -Sussistenza, con nota di A. Rossi, 1142. Spese e passivit deducibili Imposta sulle societ -Deducibilit -Esclusione, 1205. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Accessione -Depositi di oli minerali, carburanti e lubrificanti costruiti su un suolo altrui Esclusione, 1108. -Imposta sul valore globale -Autonomia -Addizionale istituita col d.1. 7 novembre 1954, n. 1025 -Non si estende all'imposta sul valore globale, 1207. -Privilegio -Eredit beneficiata Separazione di beni del defunto da quelli dell'erede -Inopponibilit del privilegio ai creditori separatisti del defunto e ai legatari, 1200. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Fonti dell'obbligazione tributaria -Decreto ministeriale che determina i criteri di tassazione delle entrate per il commercio delle acque minerali -Fissazione di prezzi medi -Illegittimit, 1195. X RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO IMPOSTA lPOTECARIA -Agevolazioni per l'industrializzazione del Mezzogiorno -Iscrizione di ipoteca a garanzia del prezzo insoluto o per sicurt dei debiti contratti ai fini del pagamento del prezzo per l'acquisto del terreno -Estensione all'ipoteca inscritta a garanzia dell'adempimento dell'onere dell'industrializzazione nei confronti di un Comune che ha concesso un contributo per l'acquisto del terreno Esclusione, 1193. Credito agrario -Iscrizione in base a decreto ingiuntivo di ipoteca giudiziale sul credito portato nelle cambiali -Applicabilit dell'agevolazione, 1123. IMPOSTE SULLE SOCIET -Detrazione delle imposte afferenti a singoli redditi -Imposte effettivamente pagate nell'anno Ultimo anno di esercizio -Eccezione, 1165. Soggetti passivi -Aziende autonome degli enti locali -Personalit giuridica propria -Requisito essenziale, 1209. IMPOSTE DI FABBRICAZIONE -Costituzione della Repubblica Decreto leg.ge 23 ottobre 1964, n. 989, sulla disciplina fiscale dei prodotti petroliferi -Conversione -Emendamenti abrogativi Efficacia ex tunc, 1159. IMPOSTE DOGANALI -Competenza e giurisdizione -Decreto di qualificazione doganale delle merci -Discrezionalit dell'Amministrazione -Esclusione Giurisdizione del giudice ordinario, 1185. Importazione in esenzione di materiali destinati alla Amministrazione della Difesa -Estensione ai mater.iali destinati alla Guardia di Finanza -Regime anteriore al d.P.R. 26 dicembre 1958, n. 1200 -Esclusione, 1092. Imposta di fabbricazione -Olio di oliva -Consegna del prodotto agli organismi di intervento Molitor i in conto proprio -Rim' borso dell'imposta -Molitori in conto terzi -Esclusione del rimborso -Violazione del principio di eguaglianza -Irrilevanza Manifesta infondatezza, con nota di F. CAPECE MINUTOLO, 1239. Imposta di fabbrkazione -Olio di oliva -Consegna del prodotto all'Aziende di Stato per gli Interventi nel Mercato Agricolo (AIMA) -Rimborso dell'imposta -Libera alienazione del prodotto -Esclusione del rimborso -Illegittimit per violazione del pr.incipio di eguaglianza -Mani-' festa infondatezza, con nota di F. CAPECE MINUTOLO, 1239. - Imposta di fabbricazione sull'olio di oliva -Integrazione del prezzo dell'olio ad opera dello Stato Difetto di capacit contributiva del produttore -Illegittimit costituzionale della norma fiscale Manifesta infondatezza, con nota di F. CAPECE MINUTOLO, 1239. -Imposta di fabbricazione sull'olio di oliva -Ingiunzione del ricevitore doganale -Opposizione Termine quindicinale di decadenza -Esclusione, con nota di F. CAPECE MINUTOLO, 1239. Interessi -Importazioni temporanee -Importa:zioni tipiche e importazioni atipiche -Distinzione, 1174. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Agevolazioni dell'Autorit amministrativa -Irrilevanza -Imposta di registro -Agevolazioni per la bonifica idraulica -Certificati del Ministero dell'Agricoltura, 1084. -Benefici tributari per le nuove costruzioni edilizie -Obbligo di ultimazione dei lavori entro un biennio -~brogazione con effetto retroattivo -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 943. -Commissioni delle imposte -Decisioni -Decisione definitiva -- Nozione, 1216. INDICE XI Commissioni delle imposte -Decisione definitiva della Commissione provinciale di valutazione Ricorso alla Commissione Centrale -Effetto conservativo -Ricorso per Cassazione -Inammissibilit, 1094. Commissioni tributarie -Ricorso per Cassazione -Unico ricorso contro pi decisioni -Inammissi bilit, 1093. -Competenza delle Commissioni Questione suli'applicazione della legge processuale -Competenza della stessa Commissione che ha potere di decisione sul merito, 1216. Competenza delle Commissioni Questione sull'applicazione della legge processuale -Competenza della stessa Commissione che ha potere di decisione sul merito, 1135. Concetto di tributo -Canone corrisposto al Comune di San Remo per l'esercizio della casa da gioco -Non ha natura tributaria, 1157. -Estimazione semplice e complessa -Nozione, 1076. -Estimazione semplice e complessa -Prova dell'accertamento Distin! Zione, 1076. -Fonti dell'obbligazone tributaria -Atti amministrativi -Ammissibilit -Limiti -Imposte do . ganali -Esclusione -Interpretazione analogica della norma Ammissibilit, 1185. -Fonti dell'obbligazione tributa ria -Circolari -Natura -Effetti, 1128. -Imposta di negoziazione -Valutazione -Decisione della Sezione speciale della Commissione provinciale - definitiva -Ricorso alla Commissione Centrale Inammissibilit, 1094. -Imposte dirette -Accertamento Insufficienza di motivazione -Insufficienza di dimostrazione -Distinzione -Conseguenze, 1076. -Imposte dirette -Accertamento Motivazione analitica -Requisiti -Omessa dichiarazione -Non richiesta, 1076. Imposte dirette -Azione giudiziaria -Necessit della preventiva decisione amministrativa Domanda di rimborso -Sussiste ~ attispecie, 1153. -Imposte dirette -Azione giudiziaria -Necessit della preventiva decisione amministrativa Generale applicabilit, 1154. -Imposte dirette -Commissione Centrale -Estimazione semplice e complessa -Apprezzamento di fatti che costituiscono il presupposto indispensabile per la retta applicazione della legge -Giudizio sulla sussistenza e riconoscibilit dell'errore nella stipulazione del concordato - consentito, 1114. Imposte dirette -Concordato Impugnazione del contribuente per errore -Essenzialit e riconosci bilit -Apprezzamento de.lla Commissione C'entrale -Incensurabilit in Cassazione, 1114. -Imposte dirette -Indennit per ritardato sgravio -\[mposta non dovuta -Si applica, 1101. -Imposte dirette -Indennit per ritardato sgrav.io -Rapporti anteriori all'entrata in vigore della legge 25 ottobre 1960, n. 1316 Applicabilit con decorrenza dal 18 gennaio 1961, 1101. -Imposte indirette -Competenza delle Commissioni -Valutazione automatica dei fondi rustici -De.:terminazione della natura agricola o edificatoria dei terreni questione di fatto -Competenza della commissione distrettuale di valutazione, 1135. -Imposte indirette Decisione della Commissione provinciale di valutazione -Definitivit dell'accertamento -Sussiste, "1216. -Imposte indirette Decisioni delle Commissioni tributarie - Ricorso in Cassazione per saltum -Inammissibilit, 1172. -Imposte indirette -Giudizio dinanzi al Tribunale ordinario ex art. 29 terzo comma d.l. n. 1639 del 1936 -Apprezzamento del calcolo dei valori -Esclusione, 1184. XII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Imposte sulle radiodiffusioni Omessa denuncia degli apparecchi -Diversit di sanzioni per gli apparecchi a domicilio e per quelli sugli autoveicoli -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 1008. N otifcazioni -Notificazioni alla persona giuridica -Applicabilit della norma dell'art. 143 c.p.c. Esclusione, 1213. -Procedimento dinanzi alle Commissioni -Impugnazione della Finanza -Deposito del ricorso Spedizione a mezzo posta -Rilevanza della data di arrivo, 1214. Procedimento dinanzi alle Commissioni -Impugnazione della Finanza -Notifica della decisione contenente la dichiarazione di impugnazione adeguatamente motivata e deposito di tale atto multiplo nella segreteria - sufficiente, 1114. -Procedimento dinanzi alle Commissioni -Impugnazione della Finanza -Sottoscrizione dell'atto di impugnazione -Funzionario preposto al reparto diverso dal Capo Ufficio - valida, 1114. -Procedimento dinanzi alle Commissioni -Motivazione dei ricorsi -Controversie di valutazione Motivazione succinta - sufficiente, 1135. LAVORO -Dipendenti di imprese autoferrotramviarie -Esclusione dell'indennit di licenziamento -Illegittimit costituzionale, 972. -Legge delega erga omnes Minimi retributivi -Sopravvenuta insufficienza -Illegittimit costituzionale della normativa, 992. -Rapporto di lavoro -Qualificazione -Valutazione delle circostanze concrete -Apprezzamento di fatto -Incensurabilit in Cassazione, 1043. -Rapporto di lavoro autonomo e subordinato -Criteri distintivi Lavoro giornalistico -Applicabilit, 1043. -Riposo settimanale -Osservanza del rapporto lavoro-riposo -Ipotesi varie, 980. -V. anche Previdenza e assistenza. MATRIMONIO -Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio -Applicabilit ai matrimoni concordatari Illegittimit costituzionale Esclusione, 1019. MILITARE -Leva militare -Dichiarazione di renitenza -Annullamento da parte dei Consigli di leva -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 1013. MONUMENTI -Mo;numnto pubblico e oggetti antichi o artistici -Potere di prelazione della pubblica Amministrazione -Soggetti passivi del potere di prelazione -Effetti, 1026. NOBILT -Diritto al nome -Tutela giuridica -Presupposti -Titoli di nobilt -Irrilevanza, 1035. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI -Negotium mixtum cum donatione natura -Requisiti di forma, 1051. ORDINAMENTO GIURIDICO -Diritti soggettivi -Diritto al rispetto della verit storica -Configurabilit -Limiti, 1035. PENA -V. Reato. INDICE XIII PENSIONI -Pensioni di guerra -Perdita o sospensione del relativo diritto per il caso di interdizione perpetua o temporanea a pubblici uffici -Illegittimit costituzionale, 955. -Pensioni di guerra ed ordinarie trattamento deteriore agli aventi diritto in ragione del sesso -Illegittimit costituzionale, 955. -Pensioni militari -Differenziazione tra ufficiali e sottoufficiali per il periodo minimo della pensione -.Illegittimit costituzionale, 978. V. anche Corte dei Conti. PIANO REGOLATORE -Comune di Venezia -Adozione di piano regolatore ~uccessivamente alla scadenza del biennio prevista dall'art. 4 legge 31 marzo 1956, n. 294 -C:onseguenze, 1066. . -Pescrizioni di inedificabilit e di trasferimento di aree -Omessa approvazione .dei .piani particolareggiati nel quinquennio -Inefficacia, 1066. -Termine per l'impugnazione Decorrenza, 1066. PREVIDENZA E ASSISTENZA -Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro -Rivalsa dell'INAIL verso il datore di lavoro -Obbligo diretto di .questi per il risarcimento ulteriore -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 951. -Assicurazione obbligatoria di invalidit -Riduzione della capacit lavorativa -Sperequazione della percentuale fra operai e impiegati -Illegittimit costituzionale, 1005. -Assicurazione per gli infortuni sul lavoro -Norme incriminatrici della simulazione di infortunio -Violazione della legge di delega -Esclusione, 989. PROCEDIMENTO CIVILE -Interruzione del processo -Termine per la riassunzione -Decorrenza dall'in~erruzione anzich dell'effettiva conoscenza -Illegittimit costituzionale, 1002. -Prova testimoniale -Oggetto Esistenza dei fatti -Concetto, 1043. -Separazione di coniugi -Provvedimenti del Presidente del Tribunale -Comparizione delle parti senza assistenza di difensore Illegittimit costituzionale, 987. PROCEDIMENTO PENALE -Competenza per connessione Separazione dei giudizi -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 971. -Imputato assente -Notificazioni ed impugnazioni -Differenza del termine rispetto a quello assegnato al P. M. -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 960. -Interrogatorio dell'imputato compiuto dal giudice italiano all'estero -Inesistenza, 1271. REATO -Inesistenza dell'oggetto -Assensa occasionale della persona -Reato impossibile -Esclusione, 1269. -Reati e pene -Conversione delle pene pecvniarie -Applicabilit al fallito -Illegittimit costituzionale relativa, 984. -Reati e pene -Inosservanza di provvedimenti dell'autorit Violazione della riserva di legge e dei diritti fondamentali -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 1017. -Reati pene -Sanzioni proporzionali illimitate per il contrabbando di tabacchi -Connessa violazione della legge sull'Ige Illegittimit costituzionale -Esclusione, 1015. -Resistenza a pubblico ufficiale Sequestro di .persona -Estremi, 1268. XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO RESPONSABILIT CIVILE Esercizio ferroviario -Fermata in stazione -Vetture oltre la banchina -Anormalit del servizio -Insussistenza con note di G. STIPO, 1054. - Esercizio ferroviario -Fermata in stazione -Vetture oltre la banchina -Anormalit del servizio -Insussistenza con note di G. STIPO, 1055. - Esercizio ferroviario -Inosservanza delle norme di comune prndenza -Danni -Responsabiht dell'Amministrazione -Limiti, con nota di G. STIPO, 1053. RICORSI AMMINISTRATIVI -Ricorso gerarchico -Decisione Annullamento in sede giurisdi zionale per vizi di legittimit comuni al provvedimento amministrativo impugnato in via gerarchica -Conseguenze, 1064. SICILIA -Competenza in materia urbanistica -Legge-ponte urbanistica del 1967 -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 982. -Disciplina dei rapporti finanziari con lo Stato -Proventi delle tasse automobilistiche per gli esercizi anteriori al 1966 -Spettanza allo Stato, 966. VENDITA - V. Alberghi, Esecuzione forzata. PARTE PRIMA INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 22 giugno 1971, n. 132 pag. 943 22 giugno 1971, n. 133 945 22 giugno 1971, n. 134 951 22 giugno 1971, n. 135 955 22 giugno 1971, n. 136 960 22 giugno 1971, n. 137 964 22 giugno 1971, n. 138 965 22 giugno 1971, n. 139 971 22 giugno 1971, n. 140 972 22 giugno 1971, n. 141 973 22 giugno 1971, n. 142 973 22 giugno 1971, n. 143 . 977 30 giugno 1971, n. 144 978 30 giugno 1971, n. 145 979 30 giugno 1971, n. 146 980 30 giugno 1971, n. 147 955 30 giugno 1971, n. 148 982 30 giugno 1971, n. 149 984 30 giugno 1971, n. 150 986 30 giugno 1971, n. 151 987 30 giugno 1971, n. 152 989 6 luglio 1971, n. 156 992 6 luglio 1971, n. 157 996 6 luglio 1971, n. 158 999 6 luglio 1971, n. 159 10()2 6 luglio 1971, n. 160 1005 6 luglio 1971, n. 161 1005 6 luglio 1971, n. 162 1008. 6 luglio 1971, n. 163 1011 6 luglio 1971, n. 164 1012 8 luglio 1971, n. 166 .1013 8 luglio 1971, n. 167 1015 8 luglio 1971, n. 168 > 1017 8 luglio 1971, n. 169 1019 8 luglio 1971, n. 170 1022 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 15 aprile 1971, n. 1076 pag. 1071 Sez. Un., 3 maggio 1971, n. 1271 1076 Sez. Un., 3 maggio 1971, n. 1272 1023 Sez. Un., 15 maggio 1971, n. 1440 1026 Sez. I, 18 maggio 1971, n. 1466 . 1082 Sez. I, 18 maggio 1971, n. 1467 . 1092 XVI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sez. Un., 25 maggio 1971, n. 1534 pag. 1252 Sez. Un., 25 maggio 1971, n. 1537 1093 Sez. I, 26 maggio 1971, n. 1562 1096 Sez. I, 26 maggio 1971, n. 1565 . : . 1(}98 Sez. I. 27 maggio 1971, n. 1579 . 1101 Sez. I, 27 mag.gio 1971, n. 1587 . 1107 Sez. Un., 28 maggio 1971, n. 1589 1029 Sez. I, 29 maggio 1971, n. 1612 1112 Sez. I, 29 maggio 1971, n. 1613 1114 Sez. I, 29 maggio 1971, n. 1623 1121 Sez. I, 29 maggio 1971, n. 1625 1123 Sez. I, 5 giugno 1971, n. 1674 1127 Sez. Un., 8 giugno 1971, n. 1700 1135 Sez. I, 9 giugno _1971, n. 1702 1139 Sez. I, 9 giugno 1971, n. 1706 . 1142 Sez. I, 9 giugno 1971, n. 1707 . . 1149 Sez. I, 9 giugno 1971, n. 1712 . . 1151 Sez. Un., 11 giugno 1971, n. 1741 1153 Sez. Un., 11 giugno 1971, n. 1745 1157 Sez. I, 11 giugno 1971, n. 1753 1164 Sez. I, 11 giugno 1971, n. 1755 1165 Sez. I, 11 giugno 1971, n. 1766 1169 Sez. I, 11 giugno 1971, n. 1771 1172 Sez. I, 17 giugno 1971, n. 1841 1180 Sez. I, 19 giugno 1971, n. 1885 1259 Sez. I, 21 giugno 1971, n. 1921 1174 Sez. I, 21 giugno 1971, n. 1923 1177 Sez. I, 21 giugno 1971, n. 1924 1180 Sez. I, 21 giugno 1971, n. 1926 1184 Sez. Un., 22 giugno 1971, n. 1957 1185 Sez. I, 22 giugno 1971, n. 1961 1193 Sez. I, 22 giugno 1971, n. 1973 . 1195 Sez. I, 25 giugno 1971, n. 2006 . 1198 Sez. I, 25 giugno 1971, n. 2007 . 1200 Sez. Un., 26 giugno 1971, n. 2012 1030 Sez. I, 30 giugno 1971, n. 2057 1205 Sez. I, 30 giugno 1971, n. 2058 1207 Sez. I, 3 luglio 1971, n. 2067 . 1209 Sez. I, 3 luglio 1971, n. 2070 . 1213 Sez. I, 3 luglio 1971, n. 2071 . 1214 Sez. Un., 5 luglio 1971, n. 2082 1216 Sez. Un., 5 luglio 1971, n. 2097 1220 Sez. I, 6 luglio 1971, n. 2098 1108 Sez. I, 6 luglio 1971, n. 2102 1224 Sez. I, 7 luglio 1971, n. 2119 1228 Sez. I, 8 luglio 1971, n. 2144 1232 Sez. I, 8 luglio 1971, n. 2150 1084 Sez. I, 9 luglio 1971, n. 2192 1235 Sez. I, 13 luglio 1971, n. 2242 1035 Sez. I, 13 luglio 1971, n. 2273 1041 Sez. II, 21 luglio 1971, n. 2393 1043 Sez. III, 24 luglio 1971, n. 2459 1047 Sez. I, 26 luglio 1971, n. 2507 1051~ Sez. III, 15 ottobre 1971, n. 291 1053 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA MARESCA A., Il diritto dei Trattati, Giuffr, Milano, 1971 . . . . pag. 191 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Leggi e decreti (segnalazioni) . . . . . . . . . . . . . . pag. 192 NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE -Norme delle quali stato promosso giudizio di legittimit costituzionale . . . . . . . . . . . . 192 INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) Agricoltura Appalto pag. 212 212 Foreste Impiego pubblico pag. 215 215 Autoveicoli 212 Imposta di registro . 215 Bellezze artistiche e Imposte e tasse 216 naturali 213 Imposte varie 216 Circolazione Stradale . 213 Istruzione 216 Concessioni Ammini-Matrimonio 216 strative .. 213 Notificazione 216 Contributi e finanzia-Obbligazioni e con- menti 213 tratti 217 Danni 214 Pensioni 217 Dflmanio 214 Poste e telecomunicaEdilizia economica e zioni 217 popolare 214 Previdenza e assisten- Elettricit ed elettroza 217 dotti 214 Prezzi 218 Espropriazione per Procedimento penale . 218 pubblica utilit 214 Regioni 218 Fallimento 215 Strade 218 INDiE CORTE DI APPELLO Brescia, Sez. Promiscua, 27 maggio 1969, n. 249 Roma, Sez. I, 29 maggio 1971, n. 1095 . . . . TRIBUNALE Roma, Sez. V, 16 dicembre 1969 Catanzaro, Sez. II, 20 novembre 1970 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen., 28 luglio 1971, n. 4 Sez. IV, 2 luglio 1971, n. 650 Sez. IV, 6 luglio 1971, n. 669 . Sez. IV, 6 luglio 1971, n. 678 . Sez. IV, 9 luglio 1971, n. 684 . Sez. IV, 13 luglio 1971, n. 712 Sez. IV, 13 luglio 1971, n. 713 Sez. IV, 13 luglio 1971, n. 718 Sez. IV, 28 luglio 1971, n. 741 Sez. IV, 28 luglio 1971, n. 761 Sez. IV, 27 agosto 1971, n. 788 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI C'ASSAZIONE Sez. I, 10 giugno 1970, n. 27 Sez. I, 14 luglio 1970, n. 338 Sez. I, 18 maggio 1971, n. 60 2 XVII pag. 1054 1261 pag. 1055 1239 pag. 1062 1062 1063 1064 1064 1065 1065 1066 1067 1068 1069 pag. 1268 1269 1271 GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA . GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE(*) CORTE COSTITUZIONALE, 22 giugno 1971, n. 13,2 -Pres. Branca Ree Verz -Soc. Terriche (avv. Granelli) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). Imposte e tasse in genere -Benefici tributari per le nuove costruzioni edilizie -Obbligo di ultimazione dei lavori entro un biennio Abrogazione con effetto retroattivo -Illegittimit costituzionale Esclusione. (Cost. art. 3; d.1. 11 dicembre 1967, n. 1150, conv. nella legge 7 febbraio 1968, n. 26, art. 5, primo comma). Non fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di legittimitd costituzionale dell'art. 5, primo comma, del decretolegge 11 dicembre 1967, n. 1150, convertito nella legge 7 febbraio 1968, n. 26, sulla pro1oga dei termini per l'applicazione delle agevolazioni tributarie in materia edilizia (1). (Omissis). -4. -La questione infondata. Il legislatore, quando ad una norma voglia dare effetti anteriori alla sua pubblicazione, si richiama o genericamente ad una data come puro e semplice momento del tempo o a un avvenimento particolare che pu (1) La questione stata proposta con tre ordinanze della Corte d'Appello di Genova emesse il 28 aprile 1969 (Gazzetta Ufficiale 8 ottobre 1969, n. 256), il 13 giugno 1969 (Gazzetta Ufficiale 22 ottobre 1969, n. 269) e il 16 ottobre 1969 (Gazzetta Ufficiale 25 febbraio 1970, n. 50). In generale v. Corte Cost. 14 maggio 1968, n. 45, in questa Rassegna 1968, 360 (con commento di MANZONI in Giur. Cost., 1968, 713); sulla norma impugnata v. Trib. Genova 19 maggio 1969, Foro It., 1970, I, 668. In dottrina Dus., in Dir. e pratica trib., 1968, I, 46. C:') Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha collaborato anche l'avv. RAPFAELE CANANZI. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO anche consistere nella precedente emanazione di una legge; ed allora potr discutersi se quella norma abbia effetto innovativo-retroattivo o piuttosto dichiarativo-interpretativo della legge precedente, ma indiscutibile che essa coglier situazioni quali erano al momento dell'entrata in vigore di quest'ultima. Dimodoch, anche se (anzi proprio perch) la legge successiva dichiarativa di quella anteriore, l'eventuale illegittimit della seconda, non espressamente denunciata, indurrebbe pur sempre a dichiarare illegittima la prima. Perci il risultato dell'indagine sul valore retroattivo o dichiarativo della norma posteriore non sarebbe di per s decisivo. Nel caso sottoposto al giudizio della Corte, la legge del 1967 ha negato l'obbligo di compiere la costruzione entro due anni dall'inizio e perci ha riconosciuto l'esenzione dalla tassa sugli affari anche a coloro che non abbiano adempiuto a questo obbligo dopo 1'8 agosto 1960. Avrebbe potuto rifarsi ad una data precedente, per esempio a quella con cui si introdotta l'esenzione fiscale a favore di chi compisse la costruzione entro il biennio; ma non lo ha fatto per ragioni di politica legislativa che sono, qui, insindacabili. Ora, 1'8 agosto 1960, giorno in cui si era rinnovat il beneficio d'esenzione preesistente, alcuni ne avevano perduto il diritto per non aver ultimato la loro costruzione entro due anni, altri non l'avevano perduto dato che non era trascorso il biennio dall'inizio della loro edificazione o perch non si era neanche iniziata. Ma chi non l'aveva ancora cominciata n 1'8 agosto 1960 n prima della legge del 1967 non ha contravvenuto ad alcun precetto legislativo e perci la sua posizione diversa da quella di chi vi aveva contravve nuto lasciando decorrere inutilmente il biennio prima dell'8 agosto 1960. Dunque per lui la discriminazione pi che giustificata. Restano coloro che, dopo 1'8 agosto 1960 e anteriormente all'll di cembre 1967, abbiano la.sciato decorrere i due anni senza compiere la costruzione iniziata. Costoro beneficiano dell'esenzione per effetto della legge 11 dicembre 1967 nonostante che abbiano contravvenuto a un obbligo (rectius, non adempiuto ad un onere) posto da una legge prece dente. Non ci si nasconde che il loro contegno sia stato analogo a quello di chi era caduto nello stesso inadempimento avanti 1'8 agosto 1960; ma si deve rilevare, nel contempo, che ci non basta ad imporre, a li vello costituzionale, un'eguale disciplina nei due casi. Infatti, da un canto c' una differenza temporale fra chi non ha adempiuto prima di quel giorno e chi non ha adempiuto dopo quel giorno; dall'altro, la data dell'8 agosto 1960 non era stata scelta a caso, ma era quella d'una legge di proroga dell'esenzione: sicch il legislatore ha ritenuto, nella sua discrezionalit, di negare il beneficio a chi in quel momento non potesse vantare pi pretese e lo ha ritenuto probabilmente perch, a suo giu.. dizio, solo a datare dal 1960 le esigenze dell'edilizia consigliassero l'esen- I ~ I I l \ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZ~ONALE E INTERNAZIONALE 945 zione in tutti i casi; questa sembra proprio la ragione per cui la legge del 1960 apparsa gi innovativa al legislatore del 1967, che, perci, togliendo l'onere dell'edificazione nel biennio ha inteso interpretare la normazione del 1960, non di modificarla (v. relazione al disegno di legge: l'art. 5 con interpretazione autentica... ). Se ci vero, estendere l'esenzione anche a chi aveva perduto il diritto prima dell'8 agosto 1960 non sarebbe stato giusto: infatti avrebbe esteso, molto all'indietro nel tempo, cio agli anni 50, un beneficio che il legislatore dell'epoca aveva espressamente negato. In conclusione anche se c' stato diverso trattamento di situazioni analoghe esso non appare aberrante rispetto a quanto accade di norma con la successione temporale di leggi: fenomeno, questo, che, fatalmente e proprio per differenze di tempo, porta spesso al sacrificio di interessi simili a quelli favoriti dalla norma posteriore. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 22 giugno 1971, n. 133 -Pres. Branca - Rel. Trimarchi -Argenio (avv. Sandulli), Ferrari (avv. Abbamonte), Soc. Autostrade (avv. Sorrentino) e Presidente Consiglio dei Ministri (.sost. avv. gen. dello Stato Tracanna). Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit costituzionale in via inci dentale -Questione relativa a decreto ministeriale -Inammissi bilit. Costituzione della Repubblica -Tutela del diritto di propriet -Vincoli sulle aree attigue alle autostrade -Indennizzabilit -Esclusione. (Cost. art. 3, 42; 1. 24 luglio 1961, n. 729, art. 9, primo comma; 1. 6 agosto 1967, n. 765, art. 19). inammissibile la questione di legittimit costituzionale degli articoli 4 e 5 D.M. 1 aprile 1968 sulle distanze di protezione dal nastro stradale, perch re,iativa ad atto avente carattere amministrativo (1). Non fondata, sia con riferimento all'art. 3 che alt'art. 421 detlCl Costituzione, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 9 della legge 214 luglio 1961, n. 729 e dell'art. 19 legge 6 agosto 1967, n. 765, sulle distanze delle costruzioni dal ciglio dei nastri stradali (2). (1-2) Il giudizio stato promosso a seguito di due ordinanze del Tribunale di Avellino emesse il 13 maggio 1969 (Gazzetta Ufficiale 13 agosto 1969, n. 207) ed il 23 marzo 1970 (Gazzetta Ufficiale 2 settembre 1970, n. 222). La Corte Costituzionale si recentemente pronunziata su questioni attinenti alla indennizzabilit ex art. 42,, 3 comma, Cost. dei limiti legali al diritto di propriet con le sentenze n. 79 del 1971, n. 63 del 1970, n. 115 del 1969, n. 55, 56 e 78 del 1968. In dottrina, da ultimo, MoRBIDELLI, in Foro amm., 1970, III, 316. 946 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -2. -Le parti e l'interveniente Presidente del Consiglio dei ministri propongono eccezioni o prospettano rilievi di portata preliminare. La Corte ritiene fondata l'eccezione di inammissibilit della questione per quel che si riferisce agli artt. 4 e 5 del D.M. 1 aprile 1968, essendo evidente il carattere amministrativo del decreto e non costi " tuendo quindi lo stesso atto avente forza di legge. Per tutto il resto la Corte deve constatarne la non influenza ai fini della valutazione del giudizio sulla rilevanza, atteso che in ordine a questa in ,entrambe le ordinanze il tribunale ha sufficientemente motivato. N, in particolare, e sempre ai fini della inammissibilit della questione, pu avere peso il rilievo mosso dalla difesa della societ Autostrade secondo cui il tribunale si sarebbe dovuto pronunciare preliminarmente sulla eccepita mancanza di legittimazione passiva, dato. che il giudice a quo ha implicitamente considerat'() la domap.da principale dell'attrice legittimamente rivolta nei confronti della societ convenuta, riservando ogni definitiva pronuncia al riguardo. 3. -L'art. 9, comma primo, della legge n. 729 del 1961 dispone che lungo i tracciati delle autostrade e relativi accessi, previsti sulla base dei progetti regolarmente approvati, vietato costruire, ricostruire o ampliare edifii o manufatti di qualsiasi specie a distanza inferiore a metri 2.5 dal limite della zona di occupazione della autostrada stessa , e che la distanza ridotta a metri 10 per gli alberi da piantare . La necessit di rispettare tale distanza minima (per le costruzioni) - prevista per le autostrade, di cui al piano con la detta legge programmato, stata confermata dall'art. 19 della legge n. 765 del 1967 (che alla legge 17 agosto 1942, n. 1150 ha aggiunto l'art. 41 septies) con il quale, nei primi due commi, disposto che fuori del perimetro dei centri abitati debbono osservarsi nella edificazione distanze minime a protezione del nastro stradale, misurate a partire dal ciglio della stada e che dette distanze vengono stabilite con decreto del Mini,stro per i lavori pubblici di concerto con i Ministri per i trasporti e per l'interno, entro sei mesi dall'entrata in vig-0re della presente legge, in rapporto alla natura delle strade e alla classificazione delle strade stesse, escluse le strade vicinali di bonifica . Lo stesso art. 19, in via transitoria (fino all'emanazione del detto decreto), estende l'applicabilit delle disposizioni di cui all'art. 9 della legge n. 729 del rn61 a tutte le autostrade; ed infine, stabilisc~ che lungo le rimanenti strade, fuori del perimetro dei centri abitati vietato costruire, ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi specie a distanza inferiore alla met della larghezza stradale misurata dal ciglio della strada con un minimo di metri cinque. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 947 Le ragioni che hanno indotto il legislatore a dettare codeste regole non sono n nuove n contingenti. Fin dal 18'65 la legge del 20 marzo di quell'anno, n. 2248, all. F, sui lavori pubblici, stabil che per i fabbricati ed altre opere da farsi lungo le strade e fuori degli abitati si sarebbero dovute osservare delle distanze misurate dal ciglio delle strade stesse e precisamente 5-0 metri per le fornaci, fucine e fonderie e 3 metri per le case ed altre fabbriche e per i muri di cinta (art. 66). E dopo 70 anni circa, il codice della strada (r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740) confermava i divieti (art. 1, nn~ 11 e 12) e fissava '1e distanze per le piantagioni lateralmente alle strade esterne agli abitati (art. 1, n. 13). Codeste norme sono state dettate per favorire la circolazione e per offrire idonee garnzie di sicurezza a quanti transitano sulle strade o passano nelle immediate vicinanze ovvero in queste abitano od operano. Ed agli stessi fini, in modo preIJ?inente ed anche se non esclusivo, tendono le norme oggetto della presente denuncia, e partico!armente quele di cui al citato art. 9. Si in presenza, quindi, di una normativa che ha obbedito ad esigenze generali e non speciali, costanti e non temporanee. 4. -Limitazioni analoghe a quelle da valutare sotto il profilo della costituzionalit, sono, per altro, esistenti nella nostra legislazione: basta porre mente alle norme di legge che impongono l'osservanza di date distanze da manufatti diversi dalle autostrade e strade (per gli aeroporti statali e per quelli privati aperti al traffico, agli artt. 714 e seguenti del codice della navigazione; per i cimiteri, all'art. 338 t.u. leggi sanitarie approvato con r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, modificato con legge 17 ottobre 1957, n. 983; per le stra~e ferrate, all'art. 235 della legge 20 marzo 18'65, n. 2248, all. F, ecc.). Sono codeste, comprese quelle in esame, limitazioni al godimento del diritto di propriet sopra categorie di beni individuate in modo gene rale per la loro posizione relativamente ad altri beni destinati all'uso pubblico. Non s-i pu ritenere che con le norme denunciate i vincoli in esse previsti integrino sacrifici particolari per singoli soggetti o gruppi di soggetti. Il profilo, il fatto o il momento dell'espropriazione non qui oggetto di diretta considerazione da parte del legislatore. Non attuata o prevista una sostituzione nella titolarit del diritto di propriet relativamente ai beni che vengono assoggettati ai vincoli; e neppure un'ablazione di facolt per la realizzazione dell'opera pubblica. Tale constatazione poi trova conferma in possibili distinti modi di spiegare i rapporti tra l'espropriazione ed il detto assoggettamento, per l'esecuzione dell'opera pub- 948 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO blica e quelli vincolati non vi identit: anzi se ne deve presupporre la diversit. Ci posto, con riferimento all'ipotesi di cui all'art. 9 della legge del 1961, il vincolo pu dirsi sorto in un momento necessariamente (e alle volte, di molto) anteriore a quello del trasferimento coattivo per espropriazione, sulla base dell'approvazione (e pubblicazione della relativa notizia) del progetto (art. 9, comma terzo); e non escluso, accedendo a diversa, ma non incompatibile, spiegazione del fenomeno, che la destinazione di pubblico interesse intervenga ~n un secondo momento: il danno quindi derivante dalla limitazione legale non riconducibile all'espropriazione. Stando cos le cose, si vede bene come manchino le premesse o le condizioni perch possa porsi il problema del contenuto eventualmente espropriativo dei detti vincoli. N pensabile che gli stessi vincoli siano preordinati alla espropriazione. Anche se non escluso che il divieto di edificare entro la fascia di rispetto possa essere stato giustificato dal fine di rendere meno oneroso un successivo ampliamento o raddoppio della autostrada o della strada, non si pu non riconoscere che codesto fine non dimostrabile in concreto e comunque che le finalit perseguite con la normativa di cui si tratta e capaci di giustificarla sono diverse e sono quelle sopra indicate. E quindi tali limitazioni realizzano determinati Interessi e non servono al successivo ed ulteriore soddisfacimento di altri. 5. -Con le norme in esame irn verit dettata in modo g.enerale ed obiettivo una disciplina in forza della quale alcune categorie di beni vengono nell'interesse Sociale assoggettati ad un particolare regime. Il divieto concerne tutti i cittadini in quanto proprietari o titolari di altro diritto reale di godimento sopra determinati beni e non per le loro individuali qualit o condizioni, e dal punto di vista oggettivo quei beni individuabili ed individuati in categorie per le caratteristiche derivanti dalla loro posizione. I beni compresi in una fascia di tre metri dai cigli delle strade (legge del 1865), o dal confine delle stesse strade (codice della strada, del 1933), ovvero di 25 metri dal limite della zona di occupazione dell'autostrada (legge del 1961) ovvero, infine, del numero di metri che sarebbe stato indicato con decreto ministeriale e da computarsi a partire dal ciglio della strada (legge del 1967), per la particolare posizione in cui si trovano nei confronti delle autostrade e delle strade e quindi per la loro oggettiva attitudine a servire alle finalit pubbliche o sociali anzidette, e soprattutto alla protezione del nastro stradale, sono assoggettati ad un particolare regime (giuridico) di appartenenza. Anche se in questa ipotesi non ricorrono identicamente le ragioni che hanno consentito a questa Corte di non dichiarare l'illegittimit 1 1 1 I I PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 949 costituzionale della legge della provincia di Bolzano del 24 luglio 1957, n. 8, sulla tutela del paesaggio (sent. n. 56 del 1968), perch in quella occasione trattavasi di beni immobili aventi valore paesistico per una circosti; tnza che dipende dalla loro Localizzazione e dalla loro inserzione in un complesso che ha in modo coessenziale le qualit indicate dalla legge, e costituenti quindi una categoria che originariamente di interesse pubblico , nella specie una categoria di beni ricorre egualmente, sia pure determinabile ed individuabile per ragione di localizzazione. Infatti, i beni immobili adiacenti alla zona di occupazione dell'autostrada (legge del 1961) o al ciglio delle autostrade e strade (legge del 1967) si trovano, prima ancora che intervenga la normativa limitatrice che li concerna, in una peculiare relazione con l'opera pubblica per il conseguimento di finalit sociali. E le norme quindi che formalmente impongono quei limiti, riguaTdano in termini generali ed in modo obiettivo, una categoria di beni determinabili a priori per caratteristiche di posizione o di localizzazione e per la loro inerenza ad un interesse della collettivit. Ora codesti limiti, secondo la giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 6 del 1966), non hanno carattere espropriativo, e per la loro imposizione per legge non quindi dovuta una particolare indennit. E perci si pu, concludendo, ritenere non fondata la questione di legittimit costituzionale dei detti artt. 9 e 19 rispettivamente delle leggi n. 729 del 1961 e n. 765 del 1967, in riferimento all'art. 42, comma secondo, della Costituzione. 6. -Del pari infondata, sia pure per differenti ragioni, appare la questione in relazione all'art. 46, comma terzo, della legge sulle esproprip. zioni per pubblica utilit. Il legislatore del 1865, dopo avere, con i pi"imi due commi dell'articolo, statuito eh~ dovuta una indennit a-i proprietari dei fondi, i quali dalla esecuzione dell'opera di pubblica utilit vengano gravati di servit, o vengano a soffrire un danno permanente derivante dalla perdita o dalla diminuzione di un'. diritto , ed aggiunto che la privazione di un utile al quale il proprietario non avesse diritto, non pu mai essere tenuta a calcolo nel determinare la indennit ., con il terzo comma esclude che tali disposizioni possano essere applicate alle servit stabilite da leggi speciali. Siffatta esclusione comporta che dette leggi speciali, qualora stabiliscano servit, possono prevedere un indennizzo, e che, in mancanza di codesta previsione, per la costituzione di quelle servit non vigono i primi due commi dell'art. 46. Ora, gli artt. 9 della legge n. 729 del 1961 e 19 della legge n. 765 del 1'967, pur essendo compresi in leggi speciali, danno vita, come si 950 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sopra detto, a limitazioni legali al diritto di propriet, analoghe a quelle poste da altre leggi generali e speciali a proposito delle distanze da osservare nelle costruzioni e nelle piantagioni. Per cui si ha che il diritto di propriet sopra i beni o terreni confinanti con le autostrade e strade o adiacenti alle stesse , con norme di portata gnerale, limitato nel senso che le facolt di servirsi di quei beni o terreni per costruirvi sopra o per piantarvi alberi possono essere esercitate con il rispetto delle previste distanze dalle autostrade o dalle strade. Da ci consegue cne la denuncia del detto art. 46, comma terzo, mossa con la ,seconda delle due ordinanze di rimessione, relativamente all'esclusione dell'indennizzo per limitazioni legali, infondata. 7. -Ed infine, parimenti non fondata la questione in riferimento all'art. 3 d,ella Costituzione. La violazione del principio di uguaglianza prospettata sotto un doppio punto di vista. In particolare, a proposito dell'art. 9 della legge n. 729 del 1961 e dell'art. 46 della legge n. 2359 del 1865, si avrebbe una prima disparit di trattamento tra i cittadini che subirebbero l'espropriazione totale e quelli che subirebbero l'espropriazione parziale, in quanto che in un caso gli espropriati. verrebbero ad ottenere il giusto prezzo dell'intero immobile, e nell'altro, invece, gli espropriati non conseguirebbero l'intera differenza tra il giusto prezzo che l'immobile avrebbe avuto prima dell'espropriazione e quello che potrebbe avere la residua parte, dopo l'occupazione per esproprio, per la mancata indennizzabilit del divieto di costruire. Senonch tale diversit ha riscontro in situazioni diver.se, che non possono essere messe a raffronto. Nell'ipotesi di espropriazione totale, la non indennizzabilit del di vieto non rileva: per l'esecuzione dell'opera pubbliga viene infatti espro priato l'intero bene immobile; nell'altra ipotesi, invece, il vincolo gioca sulla parte di bene non espropriata. Non sussiste, quindi, l'a.sserita violazione dell'art. 3 della Costitu zione. E questa non ricorre neppure in riferimento alla seconda prospettazfone. Non pu vedersi una ingiustificata ed arbitraria disparit di trattamento tra coloro che agiscono per il risarcimento dei danni da occupazione divenuta illegittima, ove si accetti la tesi secondo cui il divieto deve rientrare tra le conseguenze mediate ed indirette della occupazione, e coloro che invece agiscono in opposizione alla stima; infatti, l'occupazione (parziale) illegittima non si presta ad essere posta sullo stesso piano della espropriazione parziale, dato che si tratta di due fattispecie diverse, s che in un caso si chiede il risarcimento di danni da atto illegittimo, nell'altro l'indennizzo in seguito ad atto legittimo. -(Omissis). &&&1222l&J&JZ: rmm; lfilFil rn mwww ""'"'' ;; liMmm&&L a PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 951 CORTE COSTITUZIONALE, 22 giugno 1971, n. 134 -Pres. Branca - Rel. Mortati -Casile (avv. Ventura), Soc. Industrie Grafiche (avv. Fornario), INAIL (avv. Ungaro) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Previdenza e assistenza -Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro -Rivalsa dell'INAIL verso il datore di lavoro -Obbligo diretto di questi per il risarcimento ulteriore -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost. art. 3, 35, 38; d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10, comma sesto e settimo, 11, commi primo e secondo). Non fondata, con riferimento al principio di uguaglianza ed a quello di tutela del lavoro, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 10, sesto e settimo comm.a, e 11, primo e secondo comma del T.U. per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul laVf!TO (D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124) che, rispettivamente, obbligano il datore di lavoro al risarcimento verso il danneggato solo per il danno non coperto delle prestazioni dell'INAIL e prevedono la rivalsa di questi verso il datore di lavoro (1). (Omissis). -2. -Per l~ migliore valutazion.:i delle censure formulate nell'ordinanza si rende opportuno, anche in presenza delle differenti interpretazioni datene dalle parti, ricordare che la sentenza della Corte n. 22 del 1967, nel respingere l'eccezione di incostituzionalit sollevata nei confronti dell'art. 4, r.d. n. 1765 del 1935 (corrispondente all'art. 10 del citato testo unico del 1965), ebbe ad osservare come il sistema introdotto con la legge infortunistica non ingiustificatamente sia ispirato a criteri non in tutto uniformi a quelli del diritto comune: infatti ha riguardo alle speciali condizioni nelle quali si svolge l'attivit del lavoratore, e quindi non viola sotto quest'aspetto l'art. 3; mentre d'altra parte non neppure in contrasto con l'art. 3'8 poich questo, limitandosi a porre solo principi gei;ierali relativi ad ogni specie di prestazioni previdenziali, non esclude che la legge ne disciplini variamente le attuazioni, allo scopo di meglio adeguarle alle particolarit delle singole specie (1) La questione era stata proposta con ordinanza 18 dicembre 1968 dal Tribunale di Roma (Gazzetta Ufficiale 8 ottobre 1969, n. 256). La precedente sentenza della Corte n. 22 del 1967, pubblicata in que- sta Rassegna 1967, 198. 952 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in cui le prestazioni medesime si ripartiscono, curando la predisposizione dei correlativi mezzi finanziari. riservato poi alla discrezionalit del legislatore provvedere all'eventuale diversa strutturazione del sistema che riesca meglio favorevole al lavoratore, adeguando ad essa le modalit del finanziamento. Da quanto allora statuito si traggono elementi sufficienti per respingere la tesi enunciata nell'ordinanza secondo cui, in virt dell'art. 38 della Costituzione, il rapporto assicurativo avrebbe perduto il carattere triangolare collegante fra loro i soggetti i quali entrano a costituirlo, e si sarebbe invece sdoppiato, eliminando per il lavoratore la qualit di parte del rapporto medesimo e facendolo divenire titolare di un diritto autonomo derivabile dall'articolo predetto. Si deve invece riaffermare che, nei comuni casi di infortunio, non viola la Costituzione H principio mutualistico cui si informa il sistema, che, mentre garantisce al lavoratore un indennizzo per ogni specie di infortunio, senza riguardo al fattore causale, sottrae poi il datore all'azione 'di danno da parte deli'infortunato. 3. -L'anzidetta regola subisce un'eccezioone, ai sensi dell'art. 10, secondo comma, allorch, come nella. specie, l'evento dannoso risalga a colpa del datore, penalmente sanzionabile, riprendendo allora vigore la norma di diritto comune in materia di responsabilit civile, sia pure con quelle differenziazioni poste, come si vedr, a tutela del lavoratore leso da tale comportamento colposo. La disciplina di legge dettata per siffatte ipotesi viene denudata sotto i due punti di vista che si sono prima ricordati, in quanto, per una parte, ritenuta dannosa al lavoratore e, per l'altra, ingiusta nei riguardi del datore. Converr iniziare l'esame da quest'ultima censura che l'ordinanza considera preminente, se non pregiudiziale, nel presupposto che, una volta dichiarata l'incostituzionalit dell'azione di regresso prevista dall' art. 11 contro il datore, verrebbe meno l'ostacolo alla pretesa del lavoratore di ricevere l'intero risarcimento, senza riguardo all'indennit posta a carico dell'INAIL e da questo erogata. Si assume che l'ammissione, contro il datore di lavoro in colpa, dell'azione di regresso da parte dell'Istituto assicuratore determini una violazione dell'art. 3 della Costituzione, operando a suo danno una sostanziale ingiustizia e ponendolo in condizione deteriore rispetto a chi abbia dato vita ad un rapporto assicurativo con un istituto privato; ci per il fatto che in quest'ultimo caso all'istituto che ha pagato l'indennit consentito di surrogarsi nei diritti dell'assicurato (fino alla concorrenza dell'indennit) solamente verso i terzi responsabili del danno, secondo dispone l'art. 1916 del codice civile, mentre nel caso in esame l'art. 11 consente l'azione anche contro il datore di lavoro, che non riveste figura di terzo. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 953 da osservare come il riferito ragionamento del tribunale trovi una smentita in quella parte della stessa ordinanza in cui si sostiene che i contributi pagati dal datore obbligatoriamente assicurato coprono solo i rischi addebitabili a colpa presunta e sono ad essi commisurati. Appare infatti evidente che, una volta inteso in tal modo il rapporto assicurativo, se ne dovrebbe dedurre che ogni specJ.e di rischio non riconducibile al fortuito, o a presunzione di colpa, perch derivato dall'accertato fatto illecito penalmente punibile del datore di. lavoro, dovrebbe essere considerato estraneo al rapporto medesimo e configurato in modo non diverso da quello addebitabile all'opera di un terzo, con conseguente assoggettamento ad analoga disciplina (differenziata tuttavia per la diversit della natura dell'azione ex art. 11, che riveste carattere di regresso, rivolta a reintegrare l'Istituto di quanto erogato per conto e in vece del datore, rispetto all'altra di .surrogazione ex art. 1916: diversit che assume anche riflessi pratici sui quali non qui da indugiare). appunto nella rilevata peculiarit dell'assicurazione obbligatoria in forma mutualistica per danni in occasione della prestazione di attivit lavorativa che deve rinvenirsi la ragione della non applicabilit alla medesima dei principi stabiliti per i rapporti assicurativi regolati dal diritto comune (principi secondo i quali l'assicuratore rimane vincolato -per i sinistri cagionati anche da colpa grave del contraente -in virt o di patto espresso, ,a termine dell'art. 1900, o ope legis, secondo l'art. 1917 che riguarda la speciale assicurazione per responsabilit civile; con la sola esclusione pertanto di quella dovuta a fatto doloso VOlontariamente messo in atto dall'assicurato). Il che, mentre corrisponde alla rilevata specificit del rapporto assicurativo per gli infortuni sul lavoro, adempie anche allo scopo pratico di incentivare l'adempimento dell'obbligo del datore di adottare ogni misura idonea a prevenire i sinistri. Non occorre, a questo punto, indugiare nella critica dell'osserva zione dell'ordinanza circa l'ingiustizia che si fa derivare dal duplice obbligo che l'art. 11 imporrebbe al datore, da una parte di risarcire il danneggiato e dall'altra di Timborsare l'INAIL di quanto da esso erogato, poich in realt l'obbligo uno solo: quello dell'integrale risarcimento a' favore della vittima della di lui colpa, mentre la bipartizione fra due destinatari conseguenza del favor voluto accordare al lavoratore con l'addossare in ogni caso all'istituto le prestazioni previdenziali, le quali assumono perci carattere di anticipazione rispetto all'assolvimento del l'obbligo a carico del responsabile. Obbligo il cui adempimento non trova corrispondenza nei contributi, dato che la naturale destinazione di questi solo di costituire la contropartita delle erogazioni a carico del l'INAIL per ogni altra specie di rischio inerente all'attivit imprendito 954 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO riale dell'assicurato, per il quale non ricorra il suo comportamento colpevole. 4. -Del pari prive di fondamento devono ritenersi le deduzioni rivolte contro quelle disposizioni dell'art. 10 che limitano l'obbligo del risarcimento a carico del datore di lavoro solo alla parte del danno non coperta dall'indennit erogata dall'INAIL, e pertanto escludono la possibilit del cumulo fra le due specie di erogazioni a favore del lavoratore. Si sostiene che tali norme violino i principi generali secondo i quali vi sarebbe, da una parte, diritto ad ottenere dal responsabile l'integrale risarcimento, e dall'altra il divieto della compensatio lucri cum damno, quando, come si afferma accadere nella specie, il lucro derivi da causa creditoria diversa da quella che ha determinato il--danno. facile opporre che regola generale consacrata nell'art. 2043 del codice civile, che il risarcimento da fatto illecito deve essere corrispondente al danno effettivamente subto, da effettuarsi secondo le valutazioni stabilite nell'art. 1223, che le limita alla perdita subta ed al mancato guadagno, senza poter mai divenire fonte di lucro per il danneggiato, secondo risulta anche dall'art. 1910, del codice civile. N pu allegarsi in contrario .la diversit della causa creditoria, poich, se vero che nella specie all'assicurato sono conferite due pretese, verso l'INAIL, oltre che verso il responsabile, anzich solamente verso quest'ultimo (come a stretto rigore dovrebbe avvenire), ci disposto, come si gi rilevato, a favore dell'infortunato cui si vuole garantire in ogni caso (anche quando il risarcimento ritardi, o non riesca ad ottenersi) il diritto alle prestazi,oni assistenziali. Queste, se trovano un titolo autonomo nel rapporto assicurativo di cul parte il lavoratore, si effettuano tuttavia in temporanea sostituzione delle erogazioni che, a causa del medesimo evento dannoso, sono poste a carico del dato:e, e pertanto non possono cumularsi con esse, se non a patto di determinare un indebito arricchimento. Questa considerazione sufficiente a mostrare l'inconcludenza dei riferimenti che l'ordinanza fa a casi di utilit provenienti all'infortunato per titoli diversi da quello discendente dal danno, e per i quali quindi giusto che non possano incidere sul risarcimento (ma se mai solo sulla commisurazione del suo ammontare). Quanto poi ai rilievi della difesa di parte, secondo cui dalla constatazione che al bilancio dell'INAIL concorrono fondi erogati dallo Stato si dovrebbe far discendere il diritto del lavoratore all'integrale :risarci- mento ove si verifichi l'insolvenza del datore, baster osservare l'irrilevanza dell'ipotesi formulata nel caso presente in cui, non ricorrendo una situazione di insolvenza, la pretesa fatta valere si risolverebbe nell'ottenimento di prestazione in misura superiore al danno subto. -(OmisSis). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 955 I CORTE COSTITUZIONALE, 22 giugno 1971, n. 135 -Pres. Branca - Rel. Trimarchi -Mastrocola (avv. Paolucci) ed altri (n. c.). Pensioni -Pensioni di guerra ed ordinarie --Trattamento deteriore agli aventi diritto in ragione del sesso -Illegittimit costituzionale (Cost. art. .3; 1. 10 agosto 1950, n. 648, art. 62, commi primo e terzo, art. 63, comma primo, art. 65; 1. 18 marzo 1968, n. 313, art. 51, 55; I. 15 febbraio 1958, n. 46; art. 12, 18; I. 11 aprile 1955, n. 379, art. 40). Sono fondate, con riferimento al principio costituzionale di eguaglianza, le questioni relative al.le norme speciali delle leggi sulle pensioni di guerra e ordinarie, che prevedono, per alcune categorie di aventi diritto, un trattamento pensionistico deteriore rispetto alla generalit degli altri aventi di1itto, in ragione del sesso, o delia condizione di stato civile (1). II CORTE COSTITUZIONALE, 30 giugno 1971, n. 147 -Pres. Branca -Rel. Rossi -Gallo (n. c.). Pensioni -Pensioni di ~uerra -Perdita o sospensione del relativo diritto per il caso di interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici -Illegittimit costituzionale. (Cost. art. 3; 1. 10 agosto 1950, n. 648, art. 92). fondata, con riferimento al principio costituzionale di eguaglianza, la questione di legittimit costituzionale deU'art. 92 della legge 10 agosto 1950 n. 648, che -anteriormente all'entrata in vigore della lu.gge , 18 marzo 1968, n. 313 -comminava la perdita o la sospensione al. diritto a pensione da parte dei congiunti di militare morto in guerra, che fossero incorsi, rispettivamente, nell'inte1dizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici (2'). (1-2) Le questioni sono state sottoposte alla Corte con varie ordinanze della Corte dei Conti. In materia di pensioni v. da ultimo, Corte Cost., 16 marzo 1971, n. 48, 28 marzo 1969, n. 53, 19 luglio 1968, n. 113. 956 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I (Omissis). ,---Le norme denunziate concernono il diritto a pensione( di guerra, ordinaria a carico dello Stato, e a carico degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro) di determinate categorie di soggetti, e tra le stesse operano distinzioni sulla base del sesso. Avendo per ci, identico o analogo oggetto, i giudizi, che dalle quattro ordinanze sono derivati, vanno riuniti e decisi con unica sentenza. 2. -Relativamente alla prima denunzia, che si riferisce alla legislazione pensionistica di guerra, dato preliminarmente di osservare che le questioni, per una parte, sono carenti di rilevanza. La Corte dei conti 'Prospetta il dubbio di legittimit costituzionale a proposito delle norme che riguardano specificamente il diritto a pensione dei figli di militari e civili deceduti per fatti di guerra, e che direttamente o meno, sono applicabili alla specie considerata, al caso cio di un'orfana di genitori deceduti per asserito evento bellico. Ma sottopone anche all'esame di questa Corte, altre norme cheprevedono la maggiorazione o l'integrazione della pensione vedovile in caso di coesistenza di figli (artt. 60, .commi primo e secondo, e 61, comma primo, della citata legge n. 648 del 1950 e artt. 48, commi primo, secondo e terzo, e 49, commi primo e secondo, della citata legge n. 313 del 1968) o dettano il trattamento dovuto alle vedove ed agli orfani di invalidi deceduti per cause diverse dall'invalidit di guerra (art. 59, comma quarto, della citata legge n. 313 del 1968). Ora, la risoluzione delle questioni relative a questo secondo gruppodi norme appare ictu oculi non pregiudiziale per la decisione del merito: e pertanto non pu non constatarsene l'evidente mancanza di rilevanza. 3. -In base al disposto degli artt. 62, commi primo e terzo, e 63, comma primo, della legge n. 648 del 19'50 e degli artt. 50, commi primo, terzo e sesto, e 51, comma primo, della legge n. 313 del 1968, il diritto alla pensione di guerra riconosciuto ai figli e alle figlie minorenni di g.enitori morti per causa del servizio di guerra o attinente alla guerra, o deceduti per dati fatti di guerra, qualora, in caso di morte del padre, _ siano altresl privi della madre o questa, per qualunque motivo, non possa conseguire la pensione o la perda per passaggio a nuove nozze, ovvero veng.a a mancare dopo la morte del marito, e qualora, in caso di morte della madre, siano altres privi del padre o questo, essendo comunque inabile a qualsiasi proficuo lavoro e trovandosi in date condizioni economiche, non possa, per qualunque motivo, conseguire la pensione o la perda; e a detti figli minori sono equiparati gli orfani maggiorenni iscritti ad Universit_ e ad Istituti superiori, per tutta la durata del corso legale degli studi, ma non oltre il ventiseiesimo anno di et.. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 957 Hanno diritto alla detta pensione anche i figli e le figlie maggiorenni divenuti comunque inabili a qualsiasi proficuo lavoro prima di avere raggiunto la maggiore et o prima della data di cessazione del diritto a pensione da parte del genitore. Le norme sopra richiamate richiedono che le figlie, minorenni o I?aggiorenni, siano nubili. Analogamente agli artt. 65 del1a legge n. 648 del 1950 e 55 della legge n. 313 del 1968 dispongono che la pensione si perde dagli orfani che raggiungono il ventunesimo anno di et, salvo quando previsto per gli orfani studenti universitari e per i casi di inabilit a lavoro; e solo dalle orfane, anche di et minore, che contraggono matrimonio. Codesta disciplina mette in evidenza che le condizioni necessarie per l'acquisto e la conservazione del diritto alla pensione di guerra sono sostanzialmente eguali per tutti gli orfani, ma che per quelli di sesso femminile richiesta Inoltre la condizione di nubile. Si ha perci per le orfane non nubili un trattamento giuridico diverso da quello riservato agli orfani non celibi. Le condizioni richieste dalla. legge per l'acquisto eIa conservazione della pensione e comuni a tutti gli o:rfani, non pensabile che si possano atteggiare diversamente a seconda del 'sesso del singolo avente diritto. D'altronde innegabile che dette condizioni possono dndifferentemente concorrere sia nei confronti dell'o:rfano che dell'orfana, ancor-ch essi abbiano contratto matrimonio. In particolare, ci dato notare a proposito dello stato di bisogno, connaturale alla portata assistenziale o alimentare della pensione, e che .in concreto pu sussistere qualunque sia, in relazione al matrimonio, la posizione del soggetto legittimato. Nella previsione delle norme impugnate non possibile perci scor gere alcuna razionale giustificazione del trattamento differenziato nei confronti delle! orfane non nubili. Di tal che appare fondata la questione come sopra sollevata, e ne discende la illegittimit costituzionale delle ripetute norme nella parte in cui, sull'esclusiva base dell'appartenenza del soggetto legittimato all'uno o all'altro sesso, dispongono l'esclusione del diritto a pensione per la figlia non nubile e non anche per il figlio non celibe. 4. -Alla stessa conclusione e sulla base delle medesime considerazioni consentito di pervenire a proposito dell'art. 40, comma secondo, della citata legge n. 379 del 1955, modificato nei sensi sopra specificati. Agli orfani minorenni dei dipendenti degli enti locali iscritti alle relative casse per le pensioni soon equiparati, ai fini del trattamento di quiescenza gli orfani maggiorenni e le orfane nubili o vedove maggiorenni, i quali alla data di morte dell'iscritto siano a di lui carico, inabili permanentemente a qualsiasi lavoro e nullatenenti. 958 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Anche in questa particolare ipotesi, le condizioni essenziali (vivenza a carico, inabilit permanente e nullatenenza) sono comuni a tutti gli orfani. Eppure viene operata l'anzidetta discriminazione che non giustificabile con la differenza di sesso: anche le orfane coniugate come gli orfani coniugati possono infatti trovarsi identicamente in quelle condizioni. Ne discende l'evidente violazione del principio di eguaglianza, perch a situazioni eguali e senza che ricorra una razionale giustificazione della diversit, non corrisponde trattamento giuridico uniforme. E deve pertanto dichiararsi la illegittimit costituzionale della norma nella parte in cui riconosce il diritto a pensione al soggetto di sesso femminile .solo 'se in stato di nubilato o di vedovanza. 5. -Risulta ancora fondata la questione di legittim}t costituzionale dell'art. 12, comma secondo, della citata legge n. 46 del 19'58, applicabile, per H giudice a quo, anche al caso in cui, in mancanza di altri aventi diritto, la pensione spetta alle sorelle e ai fratelli inabili permanentemente a qualsiasi proficuo lavoro conviventi a carico dell'impiegato. La norma denunciata richiede inoltre per i figli e per le figlie nubili la nullatenenza e per le figlie vedove la convivenza a carico da almeno cinque anni dopo la morte del marito. Di modo che solo per le figlie devono ricorrere particolari condizioni e requisiti (condizione di nubile o di vedova, e per le vedove una qualificata convivenza). Tale trattamento differenziato riposa esclusivamente sulla diversit di sesso e pertanto d vita ad una evidente violazione dell'art. 3 della Costituzione, che va rimossa con la dichiarazione di ilegittimit costituzionale! della norma nella parte in cui limita il beneficio pensionistico alle nubili o vedove... che risultino conviventi a carico del dipendente civile di ruolo o del pensionato da almeno cinque anni dopo la morte del marito . 6. -Ricorre infine la denunciata disparit di trattamento, in violazione del principio di eguaglianza, a proposito dell'art. 18 della citata legge n. 46 del 1958. Trattasi di una norma di favore dettata per i figli dell'impiegato o del pensionato deceduto ,Prima del 1 gennaio 1958, data di entrata in vigore della legge. Di regola, in base agli artt. 12 e 13 della stessa legge, le condizioni per la concessione della pensione e quindi anche quella dell'inabilit al lavoro proficuo e della nullatenenza debbono sussistere al momento del decesso del dipendente o del pensionato. Con il detto art. 18, invece, si considera .sufficiente che l'inabilit e la nullatenenza sussistano alla data del 1 gennaio 1958; ma questa disciplina transitoria limitata agli orfani di sesso femminile non coniugati. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 959 Ora siffatto trattamento non ha riscontro in situazioni o posizioni differenti: di tutta ev.idenza che l'inabilit a proficuo 1avoro e la nullatenenza sono situazioni di fatto indipendenti in modo assoluto dal sesso, e non sono ravvisabili ragioni peculiari e diverse che abbiano potuto indurre H legislatore a dover considerare tali inabilit e nullatenenza, alla data del 1 gennaio 195H, come condizioni necessarie e sufficienti per l'acquisto del diritto per le donne e non anche per gli uomini. La discriminazione appare quindi operata solo in dipendenza della diversit di sesso. La norma per ci, in quanto in contrasto con il principio di eguaglianza, va dichiarata illegittima costituzionalmente nella parte in cui, nel concorso di tute le altre condizioni, non concede il diritto a pensione anche ai figli maschi non coniugati che alla data anzidetta risultino inabili al lavoro proficuo e siano nullatenenti. -(Omissis). II (Omissis). -Oggetto del giudizio della Corte il denunciato contrasto tra il principio costituzionale d'uguaglianza e l'art. 92, primo comma, della legge 10 agosto 1950, n. 648, secondo cui i congiunti del militare morto in guerra perdono il diritto alla pensione o all'assegno se siano incorsi in una condanna che importi l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, e sono sospesi nell'esercizio di tale diritto durante l'interdizione temporanea, in raffronto ad analoghe situazioni in tema di pensioni dirette di guerra e di diritto al risarcimento dei danni di guerra, per cui tali condanne sono irrilevanti. Va premesso che la norma impugnata, pur essendo abrogata dalla legge 18 marzo 1968, n. 313, secondo quanto osserva 1a Corte dei conti, trova applicazione nel ricorso oggetto della sua cognizione, sicch deve esaminarsi il merito della questione ora prospettata. Questa Corte ha gi dichiarato l'illegittimit costituzionale del l'art. 91 della citata legge n. 648 del 1950, contenente norme del tutto corrispondenti a quelle ora denunciate in tema di pensioni dirette di guerra, sul presupposto della natura risarcitoria delle pensioni di guerra, constatando, tra l'altro, che non trova alcuna giustificazione la maggiore severit della legge nei confronti di chi ha subto, per la stessa causa di guerra, danni alle cose, rispetto a chi sia stato leso nell'integrit fisica (sentenza n. 113 del 1968). Queste stesse considerazioni non possono non valere per la soluzione del presente giudizio perch trattandosi di situazioni giuridicamente com- parabili tra loro, il principio di uguaglianza esige che la relativa disci plina sia informata ad un criterio di uniformit, salvo che non sussistano valide ragioni in contrario. :960 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO A fondamento della concessione delle pensioni di guerra, siano esse dirette o indirette, .sussiste, almeno in parte, la comune esigenza di risarcire chi abbia patito danni per l'evento bellico, sicch non pu giustificarsi, nemmeno per i rapporti anteriori, la disparit di trattamento derivante dalla norma impugnata -che commina la perdita o la .sospensione della pensione indiretta di guerra nel caso di condanna implicante la interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici rispetto alla corrtspondente normativa in tema di pensioni dirette di guerra, che tale effetto non prevede. Le ,stesse considerazioni inducono la Corte a dichiarare, in applica zione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimit costitu zi-0nale di tutti gli altri commi dell'a:rt. 92 della predetta legge 10 ago.sto 1950, n. 648. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 22 giugno 1971, n. 136 -Pres. Branca - Rel. Rocchetti -Cortezza (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Ca,samassima). Proce4imento penale -Imputato assente -Notificazioni ed impugna zioni -Differe~za del termine rispetto a quello assegnato al P. M. Illegittimit costituzionale -Esclusione. ICost. art. 3, 24; c.p.p. art. 472, ultimo comma, 199, primo comma, 500, 199, terzo comma). Non sono fondate, con riferimento ai principi di eguaglianza e di difesa; le questioni di legittimit costituzionale deUe seguenti disposi zioni del codice di procedura penale: -art. 472, ultimo comma, che conferisce validit di notificazione alla lettura della sentenza anche per l'imputato non contumace e non presente al dibattimento, ma da considerarsi tale; -art. 199, che fissa per l'imputato il termine di tre giorni per la impugnazione, a differenza dei maggiori termini stabiliti per le impugna zioni del P. M.; -art. 500 e 199, terzo comma, che fissa la decorrenza del termine dell'impugnazione per l'imputato contumace dalla notifica deHa sen tenza (1). (1) La questione era stata proposta con ordinanza 3 novembre 1969, dal Pretore di Torino (Gazzetta Ufficiale 25 febbraio 1970, n. 50) e con ordinanza 12 giugno 1970 del Tribunale di Milano (Gazzetta Ufficiale 7 ottobre 1970, n. 254). La precedente sentenza della Corte 27 marzo 1971, n. 54, trovasi pubblicata in questa Rassegna, 1971. In dottrina, cfr. PANSINI, La contumacia nel diritto processuale penare, 1963, 251. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 961 (Omissis). -Data la parziale identit dell'oggetto delle questionipr~ poste con le due <>rdinanze, i relativi giudizi vengono riuniti e decisi con unica sentenza. 1. -La prima di tali questioni investe l'art. 472, ultimo comma, del codice di procedura penale, che, conferendo alla lettura della sentenza validit di notificazione anche per le parti non presenti alla lettura stessa, ma da considerarsi per presenti al dibattimento, violerebbe, secondo la prima ordinanza, il diritto di difesa dell'imputato tutelato dall'art. 24, comma secondo, della Costituzione. L'imputato sarebbe menomato nel suo diritto di difesa perch, potendo, nel caso della cos detta quasi presenza, anche ignorare la data e il contenuto della sentenza, egli sarebbe privato della conoscenza degli elementi necessari per proporre l'impugnazione, il cui esercizio riconosciuto, oltre che al suo difensore, anche . .a lui personalmente. La questione non fondata. Il codice di procedura penale considera in vari articoli la posizione dell'imputato che, per quanto non presente di fatto all'intero dibattimento o a parte di esso, debba tuttavia considerarsi presente a tutti gli effetti, fra cui appunto quello prevtsto dall'art. 472 citato. Esaminando i vari casi, si rileva che in tutti ricorre, come dato .costante, un elemento, che quello della sicura conoscenza, da parte dell'imputato, dell'esistenza del giudizio e della data, almeno iniziale, del dibattimento. Cosi avviene nel caso dell'art. 125, in cui l'imputato, allorch gli consentito, si fa rappresentare con mandato speciale dal difensore, o nel -aso dell'art. 427, secondo comma, relativo all'imputato detenuto che si rifiuta di assistere all'udienza, o di quello libero che (art. 497, secondo comma), pur essendo impedito, chiede o consente che si procede in sua assenza, ovvero, dopo aver reso l'interrogatorio (art. 428, primo comma), si assenta o non interviene a una successiva udienza o ancora, essendo detenuto (art. 427, terzo comma), evade nel cor.so dell'udienza o v-iene allontanato (art. 434, quarto comma) per ordine del giudice o del pubblico ministero. Ora, la conoscenza della data del dibattimento pone l'imputato nella condizione di poter assumere informazioni, pur che lo voglia, intorno a tutte le vicende di esso, come di apprendere n contenuto della sentenza allorch essa verra emanata. La possibilit di fatto che l'imputato ha di tenersi al _corrente di quanto lo interessa in merito alla proposizione del gravame esclude pertanto ogni menomazione del' suo diritt di difesa. D'altra parte, le conseguenze, anche nel caso che egli trascuri di .assumere le informazioni di cui si detto, sono per l'imputato stesso di .scarsa o nulla rHevanza, giacch egli, durante l'assenza (artt. 427 e 428), ~ 962 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rappresentato dal suo difensore, che, in ogni caso, ha il potere di interporre impugnazione (art. 192, ultimo comma) anche con riserva di motivi, da depositarsi poi entro venti giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza (art. 201). E pokh l'imputato ha anche facolt di rinunciare all'appello proposto dal difensore (art. 1193), ovvio che egli sempre tutelato, sia che non intenda proporre impugnazione, sia nel caso che lo voglia. In quest'ultimo caso il lungo termine concesso per la presentazione dei motivi lo pone in condizione di poter far sempre valere, fornendoli in tempo utile al di:liensore, tutte le ragioni e gli elementi che egli ritiene validi per la sua difesa. Cosi che il suo apporto personale all'attivit processuale da considerarsi, in ogni caso, salvaguardato. 2. -La seconda delle questioni proposte investe lo stesso art. 472., ma con riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione. Secondo l'ordinanza, la situazione dell"imputato cos detto assente o quasi presente, dowebbe essere equiparata non a quella dell'imputato presente, bens all'altra dell'imputato contumace. .Anche tale questione non fondata, in quanto non vi identit di situazione ned due casi. Il contumace che, a differenza dell'assente, non ha manifestato alcuna volont negativa in ordine alla comparizione e alla presenza in udienza, pu, in estrema ipotesi, anche ignorare l'esistenza del giudizio o anche soltanto la data del dibattimento. Il che, per le ragioni avanti esposte, non pu invece mai verificarsi per l'imputato assente. La differenza di trattamento nei due casi, in ordine al modo prescelto per determinare la conoscenza legale della data e del contenuto della sentenza, quindi giustificata. 3. -La terza delle questioni proposte investe l'art. 199 del codice di. procedura penale che, col concedere all'imputato solo tre giorni e al pubblico ministero venti o trenta giorni, per proporre impugnazione, porrebbe in essere, .secondo il giudice a quo, una disparit di trattamento che contraddirebbe alla equiparazione tra difesa e accusa che dovrebbe carat1ierizzaer (alla luce dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione) il processo penale . Dal che dovrebbe dedursi che, a causa di tale difformit di trattamento, l'art. 199 violerebbe, col gi richiamato art. 24, anche l'art. 3, p:rimo comma, della Costituzione. Neanche tale questione pu ritenersi fondata. Innanzi tutto la Corte rileva che, per quanto concerne il pubblico ministero, questo organo di giustizia, preposto, nell'interesse generale, alla di:liesa dell'ordinamento, con il compito di provvedere alla persec~zione dei reati. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 963 Ci detto, rileva ancora che i maggiori termini concessi al pubblico ministero per proporre impugnazione trovano giustificazione razionale nella strutturazione stessa dell'organo di accusa in ufficio, il quale, per attendere, tra le altre incombenze, all'esame delle sentenze che pervengono a quell'organo dalle magistrature della'circoscrizione, ha evidentemente bisogno di un maggior termine di quanto non occorra all'imputato pr decidere intorno al suo personale ed unico intere,sse. Del che, e cio della razionalit della disposizione, riprova il fatto che il pubblico ministero ha lo stesso termine dell'imputato nel caso che il rappresentante dell'uffido che propone l'impugnazione sia quello stesso che intervenuto all'udienza o appartenga alla stessa sede dell'organo giudiziario che ha emesso fa sentenza. L'art. 199 determina infatti il termine in venti giorni solo per l'impugnazione del procuratore della Repubblica contro i provvedimenti emessi in udienza dal pretore e di quaranta per le impugnazioni del procuratore generale contro i provvedimenti emessi in udienza da qualsiasi gi'udice della sua circoscrizione, diverso (per) dalla Corte di appello. 4. -Quarta, ed ultima questione proposta" quella concernente gli artt. 500 e 199, terzo comma, del codice di procedura penale nel loro combinato disposto. Sostiene il giudice a quo che, se per l'imputato contumace il termine per proporre impugnazione decorre dalla notifica della sentenza, dovrebbe ritenersi violato il diritto di difesa quando tale notifica avvenga nelle forme degli irreperibili (art. 170), perch essa origina solo una presunzione e non d affidamento di una reale conoscenza. Quel diritto, secondo lo stesso giudice, verrebbe invece meglio tutelato se il termine per l'impugnazione si facesse decorrere dalla notifica di altro atto, come ad esempio l'ordine di carcerazione, che, determinando l'arresto per l'esecuzione della pena, non potrebbe mai restare ignorato dall'imputato. Nemmeno tale questione pu ritenersi fondata. La Corte ha avuto recentemente ad occuparsi, nella sentenza n. 54 del corrente anno, della notifica del.la sentenza all'imputato contumace, ed ha dichiarato la parziale illegittimit dell'art. 3 del d.P.R. 8 agosto 1955, n. 666, nella parte in cui prescr.ive che il decreto di irreperibilit emesso nel g.iudizio di primo grado cessa di avere efficacia solo con la trasmissione al giudice competente per il giudizio di appello e non con la pronuncia del giudke di primo grado. Cos disponendo la Corte ha ritenuto che, pr.ima di procedere alla notifica della sentenza con le forme previste per gli imputati irreperibili debbano essere rinnovate le ricerche e occorre che venga emesso un nuovo decreto di irreperibilit, aggiungendo in tal modo una ulteriore garanzia a quelle gi previste dalla legge. -964 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO E poich queste, Cosi competate, devono considerarsi le maggiori possibHi, nelfinteresse dell'imputato, in un ordinamento che non voglia abdicare, anche in casi marginali, alla tutela dell'ordine sociale turbato dal delitto, i diritti costituzionali, all'imputato stesso garantiti dall'art. 24, secondo comma, non possono ritenersi, nel caso, violati. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 22 giugno 1971, n. 137 -Pres. Branca - Rel. Rocchetti -Bottiglieri ed aHri (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). Costituzione della Repubblica -Iniziativa economica -Divieto di pro durre paste alimentari non di semola -llle~ittimit costituzionale Esclusione. 'Cost. art. 41, 1. 4 luglio 1967, n. 580, art. 29, 36). Non fondata, con riferimento al principio di libert di iniziativa economica, la questione di legittimit costituzionale degli articoli 29 e 36 della legge 4 luglio 1967, n. 580 che fanno divieto di produrre -ad eccezione delle paste dietetiche autorizzate -paste alimentari non di semola o di semolato di grano duro (1). (Omissis). -La questione sottoposta alla Corte con l'ordinanza in -epigrafe investe gli artt. 29 e 36 della legge 4 luglio 1967, n. 580, nella parte in cui dispongono che le paste alimentari (eccezion fatte per quelle dietetiche autorizzate) possono essere prodotte soltanto con la semola o il semolato di grano duro (art. 29), e che fatto divieto di vendita e di detenzione per la vendita di paste aventi caratteristiche diverse da quelle presdtte (art. 36). Le norme, secondo il giudice a quo, proibendo la pastificazione di altri cereali e, con riferimento al caso di specie, con la segala, contrasterebbero c,0n l'art. 41 della Costituzione, in quanto porrebbero alla iniziativa economica privata una limitazione che non troverebbe giustificazione nella utilit sociale n negli altri motivi indicati nel secondo comma del detto articolo. La questione non fondata. (1) La questione era stata proposta con ordinanza 14 novembre 1968, -0.el Pretore di Nocera Inferiore (Gazzetta Ufficiale 22 ottobre 1969, n. 269). Le precedenti sentenze della Corte, citate in motivazione, n. 65 del 1966, n. 14 del 1964, n. 11 e n. 59 del 1960, sono pubblicate, rispettivamenie, in Foro it., 1966, I, 1434; 1964, I, 465; 1960, I, 545 e 1065. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 965 La Corte, come gi ebbe a ritenere nella 'Sentenza n. 65 del 1966, .e ancor prima in quelle 11 e 59 del 1960 e 14 del 1964, nei casi in ct11i le leggi apportino limitazioni ai dir.itti di libert economica, ha certamente n potere di giudicare in merito alla utilit sociale alla quale la Costituzione Condiziona la possibilit di incidere su quei dirttti. Ma precetto costituzionale l'art. 22 della legge fallimentare nella parte in cui prevede che la pronunzia sul fallimento risulti costituita dalla decisione della Corte d'appello e da quella del tribuaale fallimentare, quali organi aventi funzioni giurisdizionali di diverso grado, volte peraltro a momenti distinti della decisione: la prima in merito all'accertamento dei fai.ti e delle condizioni di legge, la seconda in ordine alla dichiarazione costitutiva dello stato di debitore fallito. Senza che sia necessario entrare nel vivo delle critiche mosse in sede dottrinale alla scelta legislativa, l'attribuzione al tribunale della suddetta esclusiva funzione appare ispirata, come ha ricordato l'Avvocatura dello Stato, al dspetto della competenza funzionale di detto organo nella materia in esame e al p:roposito di armonizzare la competenza circa la dichiaraz,ione di fallimento co nil regime processuale della opposizione, che il debitore pu proporre al fine di ottenerne la revoca. ; 976 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 5. -N sussiste contrasto dell'art. 22 della legge citata con il principio della garanzia della difesa in giudizio (art. 24, secondo comma, Cost.). Al debitore dato svolgere deduzioni a proprio vantaggio, sia di fatto che di ordine tecnico-giuridico, e a tal fine deve esser.e disposta la sua comparizione i:n camera di consiglio, cosi davanti al tribunale, in sede di esame dell'istanza di fallimento (art. 1'5 legge fallimentare, nel testo risultante dalla parziale dichiarazione di incostituzionalit di cui alla sentenza di questa Corte n. 141 del 1970), come davanti alla Corte d'appello a norma del secondo comma del predetto art. 22. In considerazione della speditezza e celerit della procedura, rispondente a11'Jnteresse g~erale della tutela dei creditori nei confronti dell'imprenditore insolvente, non sembrato al legislatore apprezzabile la esigenza di nuove difese da parte di quest'ultimo: difese che. ovviamente non potrebbero costituire reiterazione di deduzioni gi svolte nelle precedenti sedi. N pu fondatamente osservarsi che il debitore resti in tal modo sfornito di tutela di fronte all'eccezionale evenienza (estranea peraltro, ai giudizi di rilevanza enunciati nelle fattispecie in oggetto) di circostanze che ne modifichino sostanzfalmente la situazione patrimoniale e ne escludan lo stato di insolvenza. A prescindere dall'opinione autorevolmente espressa in dottrina che d loro eccezionalmente rilievo anche in sede di rinvio degli atti al tribunale, tali drcostanze, infatti, possono essere addotte nel giudizio di opposizione alla sentenza di fallimento, che pu essere promosso, ai sensi dell'art. 18, dal debitore e da qualunque interessato e nel corso del quale, come hanno ritenuto la dottrina e la giurisprudenza, il provvedimento della Corte d'appello non costituisce vincolo di sorta alla piena cognizione del tribunale. 6. -Quanto all'ulteriore eventualit delineata dal tribunale di Napoli Che un diverso trattamento possa verificarsi, nei confronti dei debitori, -in relazione al diverso concreto svolgersi delle procedure fallimentari, e cio alla maggiore o minore durata di esse, la Corte xitiene che non sia configurabile, sul piano normativo, alcuna lesione del principio di uguaglianza. Non possono, infatti, avere rilievo, ai fini del giudizio di costituzionalit, asserite divergenze riscontrabili in sede applicativa della norma impugnata quali conseguenze eventuali e di mero fatto di situazioni giuridiche per se stesse non suscettibili di c.ensura, allorch tali divergenze non siano rapportabili a fattispecie no.rmative incompatibili con l'ordinamento costituzionale. -(Omissis). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 977 CORTE COSTITUZIONALE, 22 giugno 1971, n. 143 -Pres. Branca - Ret. Benedetti -Comelato (avv. Ermetes), Azienda Soggiorno e Turismo di Venezia (avv. Benvenuti) e Presidente Consiglio dei Mini. stri (sost. avv. gen. dello Stato Savarese). -Corte Costituzionale -Giudizi di le~ittimit costituzionale in via incidentale -Questione relativa a norme primarie -Inammissibilit qualora siano state se~uite da norme re~olamentari anteriormente al 1 ~ennaio 1948. (Cost. art. 134, 2,3; r.d.1. 15 aprile 1926, n. 765, conv. nella legge 1 luglio 1926, n. 1380, mod. dell'art. 10 d.P.R. 19 agosto 1954, n. 968). inammissibile, per difetto assoluto di rilevanza, la questione di legittimit costituzionale soLlevata con riferimento all'art. 23 della Co~ stituzione, dell'art. 15 r.d.l. 15 aprile 1926, n. 765, in quanto l'eventuale pronuncia di incostituzionalit della norma non potrebbe produrre effetti sulle norme secondarie in base ad esso emanate anteriormente alla data di entrata in vigore della Costituzione (1). (Omissis). -2. -Con l'ordinanza indicata in epigrafe viene sollevata, in riferimento all'art. 23 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 15 del r.d.l. 15 aprile 192.6, n. 765, convertito nella legge 1 luglio 1926, n. 1380. Secondo il tribunale la norma inp~gnata, istitutiva di speciali contribuzioni a carico di coloro che nelle stazioni di cura, soggiorno e turismo si ;giovano degli svaghi in essi organizzati, sarebbe in contrasto col principio della riserva della legge enunciato nel citato precetto costituzionale avendo demandato (art. 15, comma secondo) la specificazione dei criteri di .determinazione soggettiva ed oggettiva dello speciale contributo ad un provvedimento amministrativo quale appunto il r.d. 12 agosto 1927, n. 1615, con il quale venne approvato il regolamento di esecuzione della legge cui appartiene la norma denuneiata. Solo gli artt. 20 e 21 del citato -regolamento avrebbero infatti provveduto alla precisa individuazione dei soggetti passivi e all'ammontare dei contributi da essi dovuti. 3. -Nel sollevare la questione di legittimit costituzionale il giudice a quo muove evidentemenrte dal presupposto che se la Corte la ritenesse fondata, le disposizioni degli artt. 20 e 21 del regolamento n. 1615 (1) La questione era stata proposta con ordinanza 23 aprile 1969, del Tribunale di Venezia (Gazzetta Ufficiale, 22 ottobre 1969, n. 269). Per i precedenti in termini della Corte, richiamati in .motivazione, cfr. I giudizi di costituzionalit per gli anni 1966-70, pag. 37. 978 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del 1927 -emanate in base all'autorizzazione contenuta nel secondo comma della disposizione legislativa impugnata -non potrebbero ricevere applicazione. La questione, al pari di altre analoghe precedentemente decise (sentenze 73 del 1968, 117 del 1969 e 67 del 1970), inamm1ssibile per difetto assoluto di rilevanza perch l'eventuale dichiarazione d'illegittimit costituzionale della norma denunciata non produrrebbe gli effetti in considerazione dei quali la questione appare proposta. Anche nel caso in esame tanto la legge autorizzante, quanto il regolamento sono di data anteriore all'entrata in vigore della Costituzione e perci quand'anche la Corte, in accoglimento dell'eccezione formulata, ritenesse incostituzfonale l'art. 15 del r.d.1. n. 765 del 1926, per aver demandato. ad un atto amministrativo i criteri di determinazione oggettiva e soggettiva di una prestazione patrimoniale in violazione del principio sancito dall'art. 2-3 della Costituzione, gli effetti di tale pronuncia d'incostituzionalit sopravvenuta potrebbero prodursi solo su atti che in virt della stessa norma autorizzativa fossero stati emanati in epoca posteriore all'entrata in vigore della Costituzione. Nessuna incidenza avrebbe invece la dichiarazione d'incostituzionalit sulla validit di atti che -com il regolamento del 1927 -sono stati emessi in data anteriote a quella in cui la legge che ne autorizzava l'emanazione divenuta incompatibile con i precetti della nuova Costituzione. ( Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 30 giugno 1971, n. 144 -Pres. Branca - Rel. Verzl. Pensioni -Pensioni militari -Differenziazione tra ufficiali e sottufficiali per il periodo minim della pensione -Illegittimit costituzionale. (Cost. art. 3; r.d. 18 giugno 1931, n. 914, art. 45, primo comma). fondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 45, primo comma, del testo unico 18 giugno 1931 n. 914, nella parte in cui, per i sottufficiali dell'esercito e della marina, non dispone lo stesso trattamento. pensionistico r.egolato per gli ufficiali (1). (1) La questione stata sollevata con ordinanza 2 ottobre 1968 della Corte dei Conti, sezione IV giurisdizionale (Gazzetta Ufficiale 29 gennaio 1969, n. 25). Sulle pi recenti pronunzie della Corte in materia di pensioni vedasi nota di richiami alle sentenze n. 135 e 147 def 1971 riportate in questa Rassegna. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 979 CORTE COSTITUZIONALE, 30 giugno 1971, n. 145 -Pres. Branca Re l. Verz -Ardito (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Previdenza e assistenza -Assicurazione per gli infortuni sul lavoro Norme incriminatrici della simulazione di infortunio -Violazione della legge di delega -Esclusione. CCost. art. 76; 1. 19 gennaio 1963, n. 15, art. 30; d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124). Non fondata, con riferimento al rispetto dei limiti della delega legislativa, la questione di legittimit costituzionale del testo unico sugli infortuni sul lavoro (d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124) nella parte in cui omette di riprodune za norma incriminatrice della simulazione di infortunio, come autonoma figura di reato (1). (Omissis). -2. -La questione infondata. Ragioni di coordinamento fra le varie norme di legge relative alla assicurazione obbligatoria contro gli infor,tuni sul lavoro e le malattie professionali, sia dei lavoratori in agricoltura sia di quelli dell'industria, e necessit di semplicit e speditezza nelle procedure giustificano pienamente la soppressione dell'art. 18; per altro autorizzata dalla delega contenuta nell'art. 30 della legge n. 15 del 1963, la quale prevede che il Governo possa stabilire modifiche, correzioni, ampliamenti, ed, ove occorra, soppressioni delle norme vigenti . Ed invero, siffatta soppressione valsa ad elimina,re molte questioni, che erano sorte in merito alla integrazione on le norme del codice penale, specialmente dopo l'entrata in vigore di quello del 1930, che aveva ulteriormente disciplinat oil reato di simulazione di infortunio rispetto al codice precedente; ed era soprattutto richiesta dalla necessit di coordinamento delle norme vigenti per i lavoratori in agricoltura con qqelle dei lavoratori dell'indu stria. Infatti, l'art. 46 della legge n. 1765 del 1935 dispone che l'assicurato simulatore di infortunio perde il -diritto ad ogni prestazione, ferme rimanendo le pene stabilite dalla legge ., afferma cio il principio del rinvio al codice penale qualora il fatto costituisca reato. Ed a tale principio, per gli infortuni nell'industria, si attenuto il leg.islatore delegato, riproducendo la norma contenuta in detto articolo, nell'art. 65 del d.P.R. n. 1124 del 1965. (1) La questione stata sollevata con ordinanza 3 settembre 1969, del Tribunale di Trapani (Gazzetta Ufficiale 5 novembre 1969, n. 280). Per questioni relative al medesimo testo unico cfr. Corte Cost. 22 giugno 1971, n. 134, 22 aprile 1971, n. 80, 28 gennaio 1970, n. 10, 22 gennaio 1970, n. 3, in questa Rassegna rispettivamente 1971, e 1970, 15. '980 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Non .sussistendo alcun plausibile motivo di mantenere per gli infortuni in agricoltura una autonoma figura di reato, per punire violazioni aventi le medesime caratteristiche, non stato riprodotto nello stesso decreto presidenziale l'art. 18 di cui si discute, raggiungendosi cos l'intento di realizzare un'unica disciplina. N varrebbe il rilievo che l'art. 46 della legge n. 1765 del 1935 non stato riprodotto anche per gli infortuni in .agricoltura, in quanto per il rinvio alle norme del codice penale era, sostanzialmente, superflua la specificazione fatta dall'art. 65 del decreto presidenziale sopraindicato. Non sussiste, pertanto, la denunziata violazione dell'art. 76 della Costituzione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 30 giugno 1971, n. 146 -Pres. Branca - Rel. Verzi -Pusceddu (avv. Nappi e Ventura), De Gasper (avv. Lubrano) A.T.M. di Milano (avv. Villari e Biondolillo), A.T.M. di Torino (avv. Santoro-Passarelli). Lavoro -Riposo settimanale -Osservanza del rapporto lavoro-riposo Ipotesi varie. (Cast. art. 36; r.d.l. 19 ottobre 1923, n. 2328, art. 21; 1. 22 febbraio 1934, n. 370, art. l, secondo comma, n. 9). Mentre fondata la questione relativa all'art. 21 delle disposizioni annesse al r.d.l. 19 ottobre 1923, n. 2328 sul riposo settimanale del personale addetto ai traspor}i in concessione, non fondata la questione relativa all'art. 1, secondo comma, n. 9, delLa legge 22 febbraio 1934, n. 370,ch e riserva ad una normativa differenziata la disciplina del riposo settimanale di determinate categorie di lavoratori (1). (Omissis). -2. -L'art. 16 e l'art. 21 delle disposizioni annesse al r.d.l. 19 ottobre 1923, n. 2328) formazione degli orari e dei turni di servizio del personale addetto ai pubblici esercizi di trasporto in concessione) modificato dal r.d.l. 2 dicembre 1923, n. 2682, contengono una norma iden (1) Il giudizio stato proposto con varie ordinanze. La sentenza 150/1967, richiamata in motivazione, trovasi pubblicata in questa Rassegna, 1968, 8. La sentenza 76/1962, pure richiamata in motivazione, leggesi in Foro it., 1962, I, 1292. In dottrina, CORRADO, in Giur. it., 1968, I, 1 e TAVASSI, in Giur. Cost., 1967, 1741. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 981 tica nella espressione letterale e nel contenuto: tra i riposi continuati in residenza... ve ne debbono essere 52 all'anno della durata di 24 ore, senza pregiudizio del congedo regolamentare . Essi differiscono soltanto rispetto all'oggetto, perch il primo riguarda il personale di macchina ed il secondo il personale di scorta ai treni e quello navigante. Questa Corte ha gi dichiarato, con sentenza n. 150 del 1967, l'illegittimit anche del successivo art. 21, impugnato per gli stessi motivi posti a fondamento della precedente decisione. Ed invero, anche questo omette di indicare in qual modo deve essere ;regolato l'esercizio del diritto del lavoratore, inteso nel senso che ad un certo numero di giornate lavorative faccia seguito quella di riposo; e consente cosi di raggruppare in modo irrazionale ed arbitrario le giornate di riposo concedendole anche dopo lunghi periodi di lavoro o addkittura in unico contesto di tempo. Esso ricade pertanto nello stesso Vizio gi rilevato per il precedente art. 16 dello stesso decreto legge. 3. -L'art. 36, terzo comma, della Costituzione, col termine riposo settimanale intende esprimere sostanzialmente il concetto di periodicit del riposo, nel rapporto di un giorno SU sei di lavoro. Poich tuttavia la variet di qualit e di tipi di lavoro non consente una uniforme disciplina, che, come si gi detto nella precedente sentenza, urterebbe contro gli interessi del mondo del lavoro e degli stessi lavoratori, deve. necessariamente ammettersi la legittimit di una periodicit differente da quella sopraindicata a condizione che la relativa disciplina si attenga ai seguenti principi: 1) si tratti di casi di necessit a tutela di altri apprezzabili interessi; 2) non venga snaturato od eluso il rapporto -nel complesso di un giorno di riposo e sei di lavoro; 3) non vengano superati i limiti di ragionevolezza sia rispetto alle esigenze particolari della specialit del lavoro, sia id.spetto alla tutela degli interessi del lavoratore soprattutto per quanto riguarda la salute dello stesso. Va rilevato altres che, poich l'esercizio del diritto del lavoratore al riposo periodico va regolato in modo assai vario, per essere adattato alle esigenze di lavori di ogni specie, e poich non c' una costituzionale riserva di legge, la relativa disciplina pu essere disposta non solo da norme di legge, ma anche da contratti collettivi aventi forza di legge, da altri contratti sia collettivi che individuali, o da regolamenti. Il che -come incontestabile reale esigenza -risulta confermato anche -ad .esempio -dagli artt. 8 e 15 della stessa legge n. 3170 del 1934, i quali per il riposo settimanale rinviano ai contratti collettivi per i commessi viaggiatori e per gli addetti ai lavori agricoli ed ai vagoni letto. Ed ovviamente, qualora tali norme siano denunciate per violazione dell'art. 36, terzo comma, della Costituzione, la competenza a giudica;re spetter -a seconda della natura delle norme impugnate -a questa Corte oppure al giudice ordinario od amministrativo. 982 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 4. -Non fondata invece la questione di legittimit costituzionale dell'art. 1, comma secondo, n. 9, della legge 22 febbraio 1934, n. 370, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 36, comma terzo, della Costituzione, dalle ordinanze del tribunale e del pretore di Torino. La legge n. 370 del 1934 che detta norme generali sul 'riposo domenicale e settimanale di tutti i lavoratori dipendenti -dopo aver affermato, nel primo comma dell'art. 1, il principio fondamentale per cui al personale, che presta la sua opera alle dipendenze altrui, dovuto ogni settimana un riposo di 24 ore consecutive -elenca, nel secondo comma dello stesso articolo, varie categorie di lavoratori, per i quali non sono applicabili le disposizioni della legge stessa. Con ci, la legge non vuole certamente privare il lavoratore del diritto al riposo periodico, ma intende solo affermare che per tali categorie necessaria una disciplina differenziata, variante a seconda delle caratteristiche di ciascun lavoro. E tale disciplina pu essere apprestata da norme legislative, regolamentari o contrattuali, come si gi chiarito sopra. La questione riguardante il personale di cui innanzi si distingue nettamente da quella relativa al personale addetto alla pastodzia brada (n. 6 dello stesso comma secondo, art. 9) riconosciuta fondata con la sentenza n. 76 del 1962. Infatti, in questo caso, la Corte ha ritenuto che per il personale addetto alla pastorizia brada emerge la volont della legge di escluderlo del tutto dal diritto a quel riposo e da ogni disciplina, legislativa o collettiva, di esso . -(Omissis). .CORTE COSTITUZIONALE, 30 giugno 1971, n. 148 -Pres. Branca - Rel. De Marco -Alessi (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Sicilia -Competenza in materia urbanistica -Legge-ponte urbanistica del 1967 -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost. art. 116, 117, St. Reg. sic. art. 14 lett. f; 1. 6 agosto 1967, n. 765). Non fondata la questione di legittimit costituzionale relativa alla pretesa inapplicase delle do mande avanzate con il ricorso introduttivo IJ delle pretese direttamente prospettate al presidente del tribunale. E tale contrasto viene superato o composto con i provvedimenti emanati a sensi dell'art. 708, comma terzo. Non rileva il carattere, contenzioso o volontario, del procedimento, cosi come non ha peso il fatto che il presidente possa provvedere (anche) d'ufficio e sia discrezionale il se ed il come dei singoli provvedimenti,.da lui adottati. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 989 Interessa, ai fini della corretta impostazione e soluzione della questione, invece, fa constatazione che codesti provvedimenti, pur essendo temporanei ed urgenti, non possono essere revocati o modificati dal giudice istruttore tranne che si verifichino mutamenti nelle circostanze, e lo possono solo con la sentenza del tribunale e dei giudici aditi successivamente o in via d'urgenza, e in quanto incidono (v. sentenza n. 150 del 1971), e per un tempo che pu essere anche lungo (arg. ex art. 189, comma secondo, delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile), sugli interessi dei coniugi e della prole. Ricorrono, perci, le premesse e le condizioni perch alle parti del procedimento di separazione personale dei coniugi, durante la fase presidenziale e dopo il fallimento del tentativo di conciliazione, debba essere assicurata la difesa in giudizio. Il divieto per dette parti d'essere assistite da difensori costituisce un ingiustificato ostacolo ana regolare e piena instaurazione del contraddittorio, nelle forme e nei limiti consentiti dalla natura e funzione della udienza presidenziale, alla corretta e completa prospettazione, in termini giuridici, delle ragioni e richieste delle parti, e alla migliore e pi appropriata cognizione ad opera del giudice deHa realt giuridica sostanziale e processuale. Va, pertanto, dichiarata l'illegittimit costituzionale degli artt. 707, comma primo, e 708 del codice di procedura civile nella parte in cui ai coniugi comparsi personalmente davanti al presidente del tribunale e dopo il fallimento del tentativo di conciliazione, fatto divieto d'essere assistiti da difensore. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 30 giugno 1971, n. 152 -Pres. Branca - Rel. Oggioni -Presidente Regione Friuli Venezi,a Giulia (avv. Pacia) c. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Friuli-Venezia Giulia -Canoni per concessioni di acque pubbliche Competenza alla riscossione -Devoluzione -Spettanza rispettiva alla Regione ed allo Stato. (St. Reg. Friuli art. 55, n. 2; art. 5, n. 14, 8; d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116, art. 22). Mentre di competenza deUa Regione Friuli-Venezia Giulia la 1iscossione dei canoni attinenti alle piccole derivazioni di acqua, appartiene ano Stato la spettanza dei canani stessi (1). (1) Sulla natura dei canoni demaniali per la concessione di acque pub-, bliche cfr. amplius, Il Contenzioso delto Stato, 1966-70, vol. II, 322 segg. 990 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -1. -Il conflitto di attribuzione, sollevato, nei confronti dello Stato, dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, concerne il potere di riscossione e di devoluzione dei canoni dovuti dagli utenti, concessionari di piccole derivazioni di acque pubbliche. Secondo la Regione, tanto la riscossione che l'incameramento dei canoni sarebbero di sua spettanza, in dipendenza dell'art. 5 capoverso n. 14 e dell'art. 8 dello Statuto speciale, che le conferiscono potest legislativa e di esercizio di funzioni amministrative in materia: di utilizzazione di acque pubbliche, escluse le grandi derivazioni: nonch in dipendenza delle norme di attuazione dello Statuto stesso (art. 22 d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116) che; in materia, conferiscono all'Amministrazione regionale i compiti degli organi centrali e periferici dello Stato; 2. -La Corte ritiene di procedere, nell'ordine, anzitutto all'esame del punto riguardante la spettanza dei canoni di concessione, facendo poi seguire l'esame sulla competenza a provvedere aUa loro riscossione. Un dato che va posto in evidenza ed in particolare considerazione quello dell'inesistenza, nell'ambito della Regione Friuli-Venezia Giulia, di un demanio idrico regionale. A differenza di quanto disposto in altri statuti (in quello per la Sicilia ed in quello per la Sardegna, dove la devoluzione, per successione, alla Regione di beni demaniali statali, com prese le acque pubbliche, espressamente dichiarata) lo Statuto FriuliVenezia Giuli circoscrive la possibilit di trasferimento alla Regione a determinati beni, elencati tassativamente negli artt. 55 e 56 e facenti parte del patrimonio indisponibile e disponibile : al quale elenco del tutto estranea la materia delle acque pubbliche. Situazione uguale a quella della Regione Friuli-Venezia Giulia esiste anche per la Regione Trentino-Alto Adige, dove, come riconosciuto da questa Corte con sentenza n. 46 del 1962., le acque pubbliche, a qua lunque uso destinate, continuano a far parte del demanio statale . Da questa premessa, non pu che derivare, in via di principio, la conseguenza che la titolarit del canone dovuto dai concessionari va riconosciuta coincidente e connessa con la titolarit del bene, da cui deriva e su cui incide. Tale canone, sia se considerato, secondo particolari opinioni, di natura tributaria e pi precisamente di tassa, sia se considerato come corrispettivo pecuniario dell'uso del bene-acqua formante oggetto di concessione, resta, comunque, collegato al potere eminente di dar luogo allo sfruttamento del bene stesso, secondo la sua capacit intrinseca di produttivit ed in funzione dell'attitudine a conseguire quei fini di pubblico generale interesse evidenziati nella legge fondamentale sulle acque (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 1). 3. -La difesa della Regione obietta e sostiene che il rigore logico e la conseguenzialit dell'ora cennato principio, debbano subire eccezione PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 991 nel senso della sua inapplicabilit nel caso in cui, come per la Regione Flriuli-Venezia Giulia, le sia conferita potest legislativa e amministrativa in materia di utilizzazione delle acque pubbliche escluse le grandi derivazioni (artt. 5-8 Statuto e 22 Norme di attuazione). Secondo la Regione, la devoluzione dei canoni a suo favore, dovrebbe essere considerata come la necessaria integrazione e conclusione della competenza ad essa riservata in materia. Questo assunto implica che siano anzitutto precisati il contenuto ed i limiti della predetta utilizzazione rispetto al di.ritto ai canoni percepiti dalle concessioni. Costituisce dato positivo e incootroverso che alla Regione spetti di provvedere alla formazione del disdplinare di concessione di piccole derivazioni avente per oggetto, secondo le indicazioni dell'art. 40 del testo unico del 1933, tutto ci che riguardi quantit, modi, condizioni della raccolta, regolazione, derivazione, condotta ed uso delle acque, nonch spetti di provvedere, per evidente connessione e unitariet di apprezzamento in materia, sulla misura del canone dovuto dai concessionari. Trattasi, in sostanza di stabili-re i vari modi di sfruttamento delle acque , che questa Corte, con la citata sentenza n. 46 del 1962, . ha indicato, ili via generale e sia pure ai fini di altro oggetto del decidere, come costitutivi de.I concetto di utilizzazione: ci senza includervi quello dell'incameramento dei rispettivi canoni. L'affidamento del potere di utilizzazione delle acque sta, pertanto, a significare che alla Regione assegnato il compito di disciplinarne le modalit di uso e consumo, senza con ci superare l'osservanza di princpi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, entro i limiti previsti dall'art. 5 dello Statuto de quo. Si ha conferma dell'esattezza di quanto ora detto col rilevare che dagli artt. 48 e seguenti dello Statuto si evince che di nessun cespite che si identifichi con i canoni di concessione prevista la devoluzione a favore della finanza regionale. Soltanto l'art. 49, n. 3, dello Statuto stesso dispone la devoluzione alla Regione di nove decimi dei canoni pe.r le concessioni idroelettriche. Ma, posto che queste particolari concessioni possono riguardare anche le piccole derivazioni, oltre che le grandi, ci dimostrativo che la percezione dei canoni spetti di regola allo Stato, salvo nel caso predetto, in via di eccezione, la cessione di una quota percentuale alla Regione. Di conseguenza, l'assunto della Regione, contrario a ritenere dissociati i compiti ad essa riservati e la percezione del canone, non trova riscontro nel sistema e va disatteso, con pronuncia che dichiari spettare il canone allo Stato. 4. -Diversa statuizionf! richiede l'altro punto riguardante la competenza all'esazione dei canoni. 992 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La Corte ritiene che, senza contraddire ai criteri indicati nel numero precedente, detta competenza vada riconosciuta di spettanza dlla Regione. Trattasi di attivit funzionale amministrativa contabile, che rientra tra quelle assegnate statutariamente alla Regione. Nella serie di adempimenti, per disciplinare formalmente tutte le modalit di concessione, la riscossione viene a collocarsi, accanto alla sua determinazione, come chiusura del ciclo di attivit rise.rvato alla Regione e come mezzo per contribuire al buon andamento dell'organizzazione amministrativa. La effettiva devoluzione del canone a chi di ragione, poi problema . di altra natura, come si spiegato al numero precedente. -(Omissis). CORTE COSTITUZINALE, 6 luglio 1971, n. 156 -Pres. Branca -Rel. Mortati -Graziotto ed altri (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Lavoro -Legge defoga erga omnes -Minimi retributivi -Sopravvenuta insufficienza -Illegittimit costituzionale della normativa. (Cost. art. 36; l. 14 luglio 1959, n. 741, art. 7; d.P.R. 11 settembre 1960, n. 1326; tutti-gli altri decreti delegati). costituzionalmente illegittimo l'art. 7 della legge delega c.d. erga omnes 14 luglio 1959, n. 741, nella parte in cui escl.ude che la sopravvenuta non corrispondenza dei minimi economici al salario sufficiente conferisca al giudice ordinario i poteri che gli vengono dall'art. 36 della Costituzione; conseguentemente sono costituzionalmente illegittimi per la stessa parte il decreto delegato 11 settembre 1960, n. 1326, denunciato dal giudice a quo, nonch, per illegittimit derivata, tutti i decreti delegati emanati in base all'art. 7 della citata legge (1). (1) La questione era stata introdotta con ordinanza 12 giugno 1969 del Tribunale di Vigevano (Gazzetta Ufficiale 22 ottobre 1969, n. 269) e con ordinanza 12 dicembre 1969 della Corte Suprema di Cassazione (Gazzetta Ufficiale 25 marzo 1970, n. 76). La sentenza merita particolare segnalazione per due peculiarit che le sono proprie: la dichiarazione di fondatezza della questione adottata solo per eliminare dubbi interpretativi ed applicativi da parte del giudice ordinario, dopo l'espressa premessa che si sarebbe dovuto pervenire alla conclusione di infondatezza; l'adozione di un dispositivo globale, che abbraccia tutti i decreti delegati, anche senza specifica indicazione, emanati in base all'art. 7 della legge erga omnes ; il che conferma la funzione meramente interpretativa, e volta a fini pratici, della sentenza in esame. La precedente sentenza della Corte 13 luglio 1963, n. 129, leggesi 'in Giur. it., 1963, I, 1330. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 993 (Omissis). -1. -Le due cause attengono alla stessa questione e pertanto si rende opportuno la loro riunione e la decisione con unica sentenza. 2. -L'ordinanza del tribunale di Vigevano denuncia gli artt. 1 e 7, primo e secondo comma, della legge 14 luglio 1959, n. 741, mentre quella della Corte di cassazione si riferisce al decreto presidenziale delegato n. 1326 dell'll settembre 1960: ma entrambe deducono la violazione dell'art. 36 della Costituzione, ritenendo che detti testi, con l'imporre l'uno l'obbligatoriet erga omnes delle clausole dei contratti collettivi di lavoro stipulati anteriormente all'entrata in vigore della legge 741, e l'altro, emesso in esecuzione di quest'ultima, l'osservanza coattiva dei minimi salariali stabiliti con il contratto collettivo per i lavoratori dell'industria grafica del 1 ottobre 1959 hanno precluso al giudice di merito il potere di adeguare i minimi salariali stessi alle esigenze di vita dei lavoratori quando fossero sopravvenuti mutamenti nella situazione economico-sociale tali da rendere i minimi contrattuali non pi idonei a soddisfarle. Sicch l'eliminazione da parte della Corte delle norme denunciate si rende necessaria affinch possa trovare applicazione il principio del primo comma dell'art. 36. 3. -Per valutare l'esattezza delle censure cosi formulate occorre ricordare che la legge n. 741 volle porre riparo alla situazione anomala verificatasi pel fatto che, non essendo subentrato all'ordinamento corporativo, abrogato con il d.1.1. 23 novembre 1944, n. 769, il nuovo assetto organizzativo cui l'art. 39 Cost. affida la formazione dei contratti collettivi di diritto pubblico, era venuta a mancare, nei confronti di vasti gruppi di lavoratori, per i quali non vigevano contratti di tal genere, quella garanzia di un trattamento minimo voluta.affidare agli accordi fra le contrapposte associazioni di categoria. A siffatta carenza la legge predetta intese provvedere delegando il Governo ad emanare norme con forza di legge aventi a contenuto le stesse clausole dei preesistenti contratti collettivi di diritto comune, proponendosi cosi di conseguire risultati analoghi a quelli stabiliti dal citato art. 39 ma senza l'impiego delle diverse forme e dei procedimenti previsti da quest'ultimo. La soluzione adottata non poteva non rivestire carattere provvisorio, transitorio ed eccezionale, e solo con riguardo ad esso la Corte, con la sentenza n. 106 del 1962, pot riconoscerne la legittimit costituzionale. Se s tiene presente la finalit voluta conseguire con la emanazione della legge, sembra logico inferire che la statuizione dell'ultrattivit delle clausole rese obbligatorie per tutti gli appartenenti alla categoria, fino al sopravven,ire di nuove disposizioni di legge o di contratti collettivi, corrispondeva al presupposto di un non lontano adempimento del precetto costituzionale che avrebbe reso possibile il regolare esercizio di quel-' 994 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'autonomia sindacale considerata dalla Costituzione quale pi idoneo strumento di disciplina dei rapporti di lavoro. Intendere tale ultrattivit come svincolata dal detto presupposto e considerarla espressione di una volont di mantenere ferme a tempo indeterminato le clausole dei contratti recepiti, anche in presenza di circostanze sopravvenute che abbiano svuotato il valore protettivo ad esse proprio, significherebbe contrastare al proposito perseguito. Tale contrasto avrebbe assunto carattere di estrema gravit ove l'ultrattivit fosse steta riferita alla parte relativa al trattamento salariale, cos da mantenerlo rigidainento fermo anche quando fattori intervenuti successivamente ai contratti collettivi in atto avessero reso questo insufficiente, in modo grave ed evidente, al minimo vitale. Infatti l'interesse alla determinazione del salario in modo da soddisfare le esigenze minime di vita, mentre assume una rilevanza prioritaria rispetto agli altri presi ad ogg.etto della contrattazione collettiva, in quanto in certo modo ne condiziona il pieno ed effeffttivo godimento, rimane poi assai pi di questo suscettibile di venire compromesso per effetto dei mutamenti che pi frequentemente si verificano nel mercato del lavoro, o per effetto del deterioramento del valore della moneta. In corrispondenza a tali peculiarit l'art. 36, primo comma, Cost. ha stabilito per il diritto alla retribuzione sufficiente una disciplina particolareggiata che ne rende possibile una diretta tutela per opera del giudice, anche all'infuori di apposite norme di legge applicative. Da quanto precede si pu dedurre che l'opinione espressa nelle ordinanze circa la necessit di una previa pronuncia di incostituzionalit delle disposizioni denunciate per rendere possibile l'intervento perequativo del giudice, si sarebbe potuta accogliere solo nel caso in cui fosse stato sancito un espresso divieto di siffatto intervento. Non verificandosi l'ipotesi prospettata si deve ritenere sottintesa la volont .del legislatore di non pregiudicare comunque l'esperimento delle comuni azioni giudiziarie allo scopo della disapplicazione delle clausole sul salario divenute inadeguate e della loro sostituzione con altre conformi al precetto dell'art. 36. Sarebbe infatti aberrante far discendere da una legge che si proponeva lo scopo di consentire ai lavoratori non vincolati a contratti collettivi di beneficiare del trattamento pi favorevole da questi disposto l'effetto contrario di ENZA CIVILE 1057 Ed invero non tollera censura il giudizio espresso dal giudice del merito sulla ,sussistenza nella spede di un'anormalit dell'esercizio ferroviario, risultando osservati per questa parte nella sentenza impugnata, i princ.tpi gi altra volta fissati dalla giurisprudenza di questa Corte, nel senso di dovere ritenere: a) che, secondo l'art. 11 4 delle condizioni e tariffe per il trasporto di persone sulle Ferrovie dello Stato, approvato con r.d.1. 11 ottobre 1934, n. 1948, convertito 1n legge 4 aprile 1935, n. 911, se il viaggiatore subisce un danno alla persona in conseguenza di anormalit verificatesi nell'esercizio ferroviario, l'Amministrazione risponde, a meno che prov.i 'che l'anocmalit avvenuta per caso fortuito o forza maggiore; b) che, essendo la condotta delle Fen:ovie informata a criteri direttivi risultanti da schemi prestabiliti, l'anormalit dell'esercizio deve ricollegarsi ad una violazione delle .norme particola.ri o generali, che regolano l'esercizio stesso; c) che la norma generale dettata dall'art. 2 del regolamento approvato con r.d. 31 ottobre 1873, n. 1687, secondo cui nell'esercizio delle ferrovie si debbono prendere tutte le misure ed usare tutte le cautele suggerite dalla scienza e dall!l pratica per prevenire ed evitare qualunque s~nistro, fissando un limite al potere discrezionale del1' Amministrazione ferroviaria, le impone, in applicazione del pi generale principio del neminem l12dere, di uniformarsi nell'esercizio delle linee ferrate alla comune prudenza, al fine di evitare danni alle persone dei viaggiatori; d) che, se la scelta dei mezzi per il raggiungimento di tale fine rimessa aHa discrezionalit amministrativa, rientra nei poteri del denunciata in Cassazione come nella fattispecie di cui alla sentenza annotata) che contiene un esonero di responsabilit per l'Amministrazione F.S. in ogni caso in cui nella produzione dell'incidente sia ravvisabile il comportamento colposo dell'utente, concorra o meno una causa di anormalit nel servizio. Una diversa interpretazione renderebbe pleonastica la norma dell'articolo 13 3 citato. Infatti la norma stessa non avrebbe alcun senso se si dovesse procedere ad una valutazione percentuale delle cause dell'incidente stabilendo il grado riferibile al comportamento del viaggiatore ed alla anormalit del servizio: ci deriverebbe 'dai principi generali sui rapporti di causalit. N tanto meno si potrebbe intendere che il legislatore abbia voluto escludere la responsabilit dell'Amministrazione quando nel fatto sia ravvisabile solo la colpa dell'utente e non anche una anormalit del servizio logico che in tal caso nessun giudice avrebbe potuto mai condannare l'Amministrazione. 1058 RAS.SEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giudice ordinario sindacare l'idoneit o meno delle misure adottate; e) che pertanto integra un caso di anormalit dell'esercizio ferroviario anche il fatto che, sia pure per l'eccessiva lunghezza del treno, alcune vetture, nella fermata alla stazione, viengono a trovarsi fuori della banchina, ove concorrano condizioni tali da porre in pericoJo l'incolumit del viaggiatore, nella discesa che questi faccia dalla vettura. Non vi dubbio quindi che debba ritenel'Si esauriente e convincente la dimostrazione che ha dato .il giudice del merito, spirandosi alle regole predette, de1l'anormalit dell'esercizio ferroviario, ravvisata, nella specie, nel fatto di essersi, alla stazione di Bologna, la vettura sulla quale viaggiava l'attuale resistente fermata fuori della banchina ferroviaria, dove per discendere bisognava superare un disliv ello di 70-80 cm. tra la paTte inferiore del pr.edellino ed il suolo, saltando su un terrapieno costituito da una superficie di grosso brecciame. Non del pari soddisfacente invece la motivazione della sentenza nella parte dove il giudice esamina e valuta iJ comportamento della infortunata, poich alle considerazioni da lui svolte in proposito manca quell'adeguato e preciso approfondimento dell'indagine reso necessa rio dalle norme Tegolanti il trasporto ferroviario di persone, le quali Se le disposizioni normative debbono essere interpretate nel sens<.. in cui possono avere qualche effetto, anzich in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno (cos art. 1367 cod. civ. sull'interpretazione del con tratto), il 3 dell'art. 13 non pu significare altro che esonero di responsa bilit ogni qual volta nel fatto si debba riscontrare il comportamento col poso dell'utente. E la giustificazione logica di una tale disposizione risulta evidente sol che si ponga mente all'estrema complessit e delicatezza dell'esercizio fer roviario, che impone all'utente la previsione di situazioni di anormalit e di emergenza e quindi l'onere della massima prudenza nei viaggi in treno. Valgano al riguardo le considerazioni sviluppate dalla Corte di Brescia e dal Tribunale di Roma nelle sentenze in rassegna. In sostanza, di fronte alle situazioni concrete che si vengono a deter minare, l'utente ha la possibilit di una scelta nel comportamento, che deve essere improntato oltretutto alla ragionevolezza di usare le precau zioni necessarie per la sicurezza della sua persona, come, per esempio, oltre ai casi di cui alla sentenza annotata, quella di non discendere dalla porta il cui predellino risulti rotto, ma servirsi di altra porta. La norma del 3 delle Condizioni e Tariffe ha voluto pertanto fare assurgere a causa primaria dell'incidente il comportamento colposo del l'utente, richiedendo a questi un accentuato onere di diligenza, in tal modo differenziando la disciplina della responsabilit nel trasporto fer roviario da quella relativa al comune trasporto. G. STIPO PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE fanno obbligo al viaggiatore di usare le precauzioni necessarie e vigilare, per quanto da lui. dipenda, alla sicurezza ed incolumit della sua persona, e di uniformarsi alle richieste, avvertenze ed inviti del personale delle ferrov:iie per quanto eoncerne l'ordine, la regolarit e la sicurezza dell'esercizio, con il correlativo esonero dell'Amministrazione da responsabilit per le conseguenze derivanti dall'inosservanza da parte del viaggiatore delle dette prescrizi-Oni. Si impone, quindi, per questa parte la cassazione dell'impugnata sentenza, perch altro giudice, cui la causa deve essere rinviata, con motivazione proporzionata alle norme di comportamento stabilite per il viaggiatore da leggi e regolamenti in materia di trasporto ferroviario, renda conto, attraverso esauriente indagine, da svolgersi sulla base delle concrete specifiche dsultanze probatorie, obiettivamente valutate, di deficiienze e trasgressioni nelle quali eventualmente fosse incorsa la viaggiatrice infortunata, stabilendone la rilevanza nella dinamica causale del sinistro, e traendone le debite conseguenze in tema di responsabilit, senza ma.i trascura11e circostanze di decisivo valoTe nell'autonomia a lui spettante della valutazione delle prove. ( Omissis). II (Omissis). -Sul tema della responsabilit aquiliana, non pu negarsi la legittimit del sindacato giurisdizionale sull'operato dell'Ente pubblico onde verificarne la conformit alle disposizioni di legge o di regolamento ed ai criteri di normale prudenza imposta, all'osservanza di tutti i soggetti .giuridici, pubblici e privati, dal principio generale del neminem tredere. Nemmeno pu dirsi che tale controllo debba limitarsi all'accertamento di una situazione di pericolo occulto da cui derivi una lesione della sfera giuridica altTui, ben potendo inv.ece estendersi alla verifica dei comportamenti sia omissivi che commissivi della P. A. Ma l'esito dell'indagine si risolve in modo a lei favorevole. Se esatto i:l richiamo dell'art. 2 r.d. 31 ottobre 1873, n. 1687, per il quale, nell'1esercizio delle Ferrovie, si devono prendere tutte le misure ed usare le cautele suggerite dalla scienza e dalla pratica per prevenire ed evitare qualunque sinistro, tuttavia da notare che non pu .inibirsi all'Azienda l'esecuzione dei necessari lavori lungo la rete ferroviaria n imporsi alla medesima l'esatta corrispondenza tra la lunghezza dei marciapiedi antistanti le stazioni e quella dei convogli che vi transitano (i quali sovente, per molteplici ragioni, debbono arrestarsi con qualche vettura di coda oltre il limite del marciapiede). 1060 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STAT~ Nella specie, la situazine di non comoda discesa, nel punto in cui avvenne il sllstro, stante il terreno sconvolto per lavori in corso e la presenza di tronchi di rotaie, era ben visibile per l'ora diurna (13,15) e agevolmente superabile con l'uso della prudenza che l'art. 2, lett. b), delle condizioni per il trasporto di ipersone sulle FF. SS. pone a carico del viaggiatore. La discesa in corrispondenza della zona accidentata, perfettamente avvertibile come tale, poteva essere evitata scegliendo all'uopo un .luogo diverso o portandosi in altra vettura del convoglio, non ostandovi la necessit di una rapida discesa in quanto il treno non pu T.ipartire se non dopo la discesa dei viaggiatori e la chiusura delle portiere. E il fatto dannoso avvenne quando l'attrice, di propria iniziativa e senza esservi costretta decise di compiere il bel salto (che la teste V1erzelletti indica come necessario in quel punto) senza farsi aiutare, malgrado l'avanzata et di 70 anni, dalle altre persone che dopo di lei scesero indenni nel medesimo punto e senza attendere o chiedere l'intervento del ipersonale ferroviario al fine anzidetto. Va quindi respinta la domanda di ristoro dei danni da lei patiti. (Omissis). III (Omissis). -La domanda attrice va respinta per i motivi che seguono: 1) non' si ravvisa nei fatti di causa, quali sono documentati in atti .ed esposti, dal Napolano, alcuna anormalit del servizio, tale non potendosi considerare il fatto che, per la lunghezza del convoglio, la vettura di coda non abbia raggiunto la pensilina della stazione. Trat tasi, contrariamente alle osservazioni della difesa, attrice, di un fatto non infrequente, non .evitabile dall'Amministrazione e non integrante un'irregolarit del servizio n una violazione delle norme dettate per la sicurezza dei trasporti ferroviari; 2) la condotta del Napolano nella circostanza del sinistro, non ispirata alla prudenza e diligenza che si richiedono all'utente delle Ferrovie dello Stato (artt. 2 lett. b, 11, 3, delle condizioni e tariffe per H trasporto di persone), ponendosi quale causa esclusiva del si nistro, interrupipe ogni nesso causale tra 'la posizione della carrozza e l'evento dannoso. Il Napolano, vista l'obbiettiva difficolt della: di scesa dalla sua carrozza, avrebbe potuto e dovuto spostarsi in avanti lungo il treno, fino a raggiungere le vetture all'altezza della pensi Una. Ci gli sarebbe stato agevole, perch essendo Milano Centrale, come noto, una stazione terminale, i treni, anche nell'ipotesf che PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE non vi finiscano la loro corsa, vi sostano molto a lungo, sicch i passeggeri hanno tutto il tempo di scendere dalle carrozze con calma e senza affrettarsi. N pu il Napolano far carico al personale di servizio sul treno di non avergli suggerito tale accorgimento, perch non consta che. detto personale si sia trovato nelle condizioni previste dalle norme interne citate dalla difesa attrice in comparsa conclusionale. Scelta dall'attore Ja non agevole discesa dall'ultima carrozza, nella quale si trovava, avrebbe egli dovuto operare la discesa con la massima cautela, il che non fu da lui fatto. Come risulta dal;J,e sue stesse difese egli scese i gradini della carrozza portando con s il bagaglio, che ovviamente rendeva meno agili e pronti i suoi movimenti, e che ben avrebbe potuto lasciare sulla porta del vagone, per poi recuperarli una volta sceso. Ma soprattutto, come emerge dal rapporto della Polizia ferroviaria, egli ebbe }'.imprevidenza di porre un piede su una rotaia nello scendere; e fu eerto questa la causa prossima del sinistro, essendo notoria la scivolosit delle rotaie, come di ogni altra superficie metallica liscia, quando siano bagnate. Devesi pertanto rigettare la domanda. -(Omissis). SEZIONE QUARTA* GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen., 28 luglio 1971, n. 4 -Pres. Vetrano -Est. Mastropasqua -Agazzi ed altri (avv. Lorenzoni) c. Ministero LL. PP. e Affari Esteri (avv. Stato Terranova). Impiego pubblico -Dipendenti Assistenza Tecnica Somalia -Sono pubblici impiegati -Inquadramento nella Pubblica Amministrazione -Spetta. (art. 3 d.P.R. 31 maggio 1955, n. 488 e art. 23 1. 22 ottobre 1961, n. 1143). Il rapporto intercorrente fra l'Amministrazione Fiduciaria della Somalia (A.F.I.S.) e successivamente l'Assistenza Tecnica della Somalia (A.T.S.) e i rispettivi dipendenti di natura pubblica, risuitando sussistenti i requisiti formaii e sostanziali dei rapporto d'impiego non di ruolo, del tutto irrilevante essendo la circostanza che gli interessati erano stati a suo tempo assunti con co,,,,tratto di diritto privato; agii stessi spetta, in conseguenza, L':inquadramento su domanda nei ruoii organici, secondo quanto disposto dagli artt. 3 d.P.R. 31 maggio 1955, n. 488 e 23 della legge 22 ottobre 1961, n. 1143 (1). -(1) La decisione dell'Adunanza plenaria ha definitivamente risolto un contrasto di giurisprudenza sorto nell'ambito della medesima IV Sezione: cfr. IV, 14 aprile 1961, n. 201 ne Il Consiglio di Stato, 1961, I, 652 e IV, 12 giugno 1968, n. 377, ivi, 1968, I, 845; vedasi anche Cass. sez. un. 18 aprile 1968, n. 1157 ne Il Consiglio di Stato, 1968, II, 830; Cass. sez. un. 21 giugno 1968, n. 2066, ivi, 1969, II, 63; Cass. sez. un. 12 settembre 1968, n. 2919, ivi, 1968, II, 367. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 2 luglio 1971, n. 650 -Pres. Granito -Est. Paleologo -I.N.P.D.A.I. (avv.ti Viola e Gallo) c. Ministero Turismo e Spettacolo (avv. Stato Peronaci) e S.p.A. Esercizio Alberghi e affini (avv. Vetrano). Alberghi -Vendita o locazione di immobili adibiti ad alberghi -Intervento statale -Criteri -Proroga forzosa -Presupposti -Legittimit. (art. 1, 2, 3, 4, 5, 6 1. 24 luglio 1936, n. 1692; art. 8 r.d. 16 giugno 1938, n. 1298). L'int~rvento statale in materia di vendita o Locazione di immobili adibiti ad uso alberghiero pu essf!re reaiizzato in modo indiretto o (':) Al1a redazione delle massime e delle note di questa Sezione )la collaborato anche l'avv. FRANCESCO MARIUZZO. PARTE I, :SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1063 diretto: nel primo caso la vendita o la locazione per uso diverso da quello in atto soggetta ad autorizzazione con la c.onseguenza che, in caso di diniego di quest'ultima, l'Amministrazione potr indicare un soggetto, che intenda acquistare o locare, impegnandosi a mantenere per almeno 10 anni la destinazione alberghiera; nella seconda ipotesi pu essere direttamente disposta la proroga fo'l"zosa del contratto di locazione a favore del conduttore che intenda proseguire nella gestione, ogni volta che a tale determinazione ooti la volont .del proqyrietario dell'immobile e sia riconosciuta l'esigenza ai fini turistici del permanere della destinazione alberghiera (1). (1) Massima da condividere. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 6 luglio 1971, n. 669 -Pres. (ff.) Granito -Est. Battara -Federazione Italiana Lavo:ratori Carta e Stampa (avv.ti Mirabelli Centurione e Gasparri) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Donaidio). Enti pubblici -Organi collegiali -Rappresentanti sindacali -Designazione dei prescelti -Criteri. Enti pubblici -Organi collegiali -Rappresentanti sindacali -Designazione dei prescelti -Motivazione ex art. 39 Cost. -Obbligo -Non sussiste. In sede di nomina dei rappresentanti sindacali nel Consigl.io di Amministrazione e nel Collegio dei Reviiso'l"i dell'Istituto Poligrafico detio Stavo secondo quanto previsto dagli artt. 10 e 12 della legge 13 luglio 1966, n. 559 non sussiste alcun obbligo da parte dell'Istituto di indicare accanto ai nominativi prescelti la rispettiva Associazione sindacale di appartenenza (1). L'obbligo della motivazione dei provvedimenti di nomina dei rappresentanti sindacali, disposta in seno alla terna di nomi indicata dai sindacati, noin pu desumersi, a'Llo stato attuale datla legislazione, dall'art. 39 della Costituzione, facendo difetto da un lato i requis.iti previsti dalla norma (ordinamento interno a base democratica, registra- 1064 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione, personalit giuridica) e riguardando, del resto, la disposizione in esame il pi limitato ambito della stipulazione dei contratti collettivi di lavoro (2). (1-2) Massime esatte. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 6 luglio 1971, n. 678 -Pres. Ba.rra Caracciolo -Est. Paleologo -Soninella (avv.ti Barbato e Costa) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Lancia). Ricorsi amministrativi -Ricorso gerarchico -Decisione -Annullamento in sede giurisdizionale per vizi di legittimit comuni al provvedimento amministrativo impugnato in via gerarchica Conseguenze. L'annuJlamento in sede giurisdizionale-di un provvedimento decisorio del ricorso gerarchico per vizi di legittimit comuni a detto atto e a quetio previamente .impugnato in via amministrativa comporta la caducazione di entrambi gli atti (1). (1) Massima esatta. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9 luglio 1971, n. 684 -Pres. Barra Caracciolo -Est. Battara -SartoTi (avv. Lorenzoni) c. Comune di Abano Terme (n.c.) e Ministero del Turismo e Spettacolo (avv. Stato Azzariti). Edilizia -Licenza di costruzione -Cinematografo -Competenza del Sindaco -Autorizzazione ministeriale -Autonomia -Conseguenze. (art. 31 1. 4 novembre 1965, n. 1213). Edilizia -Licenza di costruzione -Cinematografo del tipo arena estiva Contrasto con le prescrizioni contenute nell'autorizzazione ministeriale -Irrilevanza. Legittimamente il Sindaco rilascia una licenza di costruzione di un cinema o di un'arena cinematografica, appr01Jandone il relativo progetto, non sussistendo alcun obbligo di subordinare l'assenso al &&ii id ZJ E:&& PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1065 l'autorizzazione del .Ministero del Turismo e deUo Spettacolo prevista daU'art. 31, primo comma della legge 4 novembre 1965, n. 1213 (1). La circostanza che, successivamente al rilascio della licenza, il progetto approvato dal Comune possa essere in contirasto con le prescrizioni contenute neU'autorizzazione ministeriale non incide in aLcun modo suUa legittimit deHa licenza, riguardando esclusivamente il titolare deti'autorizzazione e l'Amministrazione ohe dovr sorvegliare che l'esecuzione dell'0tpera sia conforme aile indicate prescrizioni (2). (1-2) Massime da condividere. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 13 luglio 1971, n. 712 -Pres. Potenza -Est. Bernardinetti -Zanni (avv. Dallari) c. Ministero della Sanit (avv. Stato Mataloni), Ademolla ed altri (n.c.). Impiego pubblico -Promozione -Merito comparativo -Note di qualifica -Rapporto informativo -Funzione -Omessa compilazione del rapporto -Illegittimit dello scrutinio. (art. 42, 48 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3; artt. 22, 26, 27 reg. esecuzione). Impiego pubblico -Consiglio di Amministrazione -Composizione Rappresentanti del personale -Designazione da parte delle categorie impiegatizie -Esclusione. (art. 146 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3). La compilazione del rapporto informativo, contenente i giudizi analitici relativi agli elementi previsti dall'art. 43 del T.U. 10 gennaio 1957, n. 3 non pu essere legittimamente sostituita in sede di scrutinio per merito comparativo dal giudizio complessivo, che l'atto finale e conclusivo del rapporto, in quanto que8t'uitimo non idoneo ad es.primere compiutamente la personalit del dipendente. I rappresentanti del personale sono scelti dagli altri membri del Coste dirette n. 645 del 1958, deve ritenersi assolto a.Uorch il contribuente sia posto in condizioni di co noscere la pretesa fiscale in tutti i suoi elementi essenziali ai fini di un'efficace contestazione sull'an e sul quantum debeatur (Cass., 15 marzo 1969, n. 827). Orbene, nella specie in esame, dalla sentenza stessa impugnata si ricava che l'avviso di accertamento indicava la fonte del reddito, la quantit del medesimo, le indagini svolte dalla polizia tributaria iper accertaSia sulla quale si era gi formato H giudicato a seguito della sentenza di questa Corte. Lamenta, inoltre, che la Corte del merito, nell'esclqdere dal be neficio fiscale i lavOTi di ripristino delle sponde dei fiumi Tavo, Saline e Fino perch non direttamente riferibili alla bonifica .idraulica non abbia considerato che le sistemazioni idrauliche vallive sono espres samente previste come opere di bonifica idraulica dall'art. 9 lett. c) ralizzazioni; con riferimento al r.d. 18 maggio 1924, n. 753, la trasformazione fondiaria deve definirsi come l'attivit diretta a operare nel latifondo o in altre plaghe a coltura estensiva un radicale muta mento dell'ordinamento produttivo; le strade necessarie a tale trasforma zione sono cio soltanto le strade poderali da creare nell'ambito dei com prensori a coltura estensiva (Cass. 27 aprile 1939, n. 1390, Giur. it., 1939, I, 1, 1571). Di evidente esattezza l'ultima massima che nega qualunque rilevanza alle certificazioni dell'Autorit amministrativa che dichiarano la spettanza della agevolazione; in vero assai spesso il Ministero dell'Agricoltura, anch'esso fuorviato da un'errata convinzione sull'ampiezza della agevolazione, attesta che opere di bonifica non idraulica debbono fruire dell'agevolazione. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1089 del t.u. del 1923 e che, d'altra parte, gi con H predetto t.u. la nozione di bonifica risultava ormai notevolmente ampliata rispetto ana originaria >Concezione del secolo scorso, ancorata al puro aspetto idraulico, come dato desumere dal disposto dell'art. 2 del predetto t.u. ln ordine alle censure mosse con il suddetto motivo di ricorso, ri.levasi che la prima di esse irrilevante in quanto investe 11.m'argomentazione sussidiaria dell'impugnata sentenza, che non ne costituisce la ratio decidendi. Anche se i .giudici di merito avessero errato nel ritenere ancora in vigore, ai soli fini del riconoscimento dei benefici fiscali, la tabeJ:la A) allegata al t.u. del 1923, non per questo potrebbe addivenirsi alla cassazione della denunciata sentenza, che di quella tabella non ha fatto concreta e determinante applicazione alla fatti- specie, posto che, come in sostanza si riconosce dallo stesso ricorrente, la qualificazione delle opere di cui tratta.si come opere di bonifica idraulica o di sistemazione montana stata in definitiva esclusa alla stregua dei principi enunciati nella .sentenza di annullamento e sulla base dell'-esame specifico delle opere stesse, con riguacr.-do ai singoli contratti di ai>Palto e dei decreti ministeriali di concessione, cosi come stabilito da questa Corte. Manifestamente infondata la seconda censura del mezzo. Se vero, infatti che J.a \l.ett. e) dell'art. 9 del t.u. del 1923 parla genericamente di sistemazione degli alvei e di arginazione dei corsi d'acqua, non men vero che lai stessa norma precisa poi che, in tanto tali lavori possono considerarsi riferibili aUa bonifica :idraulica ed alla sistemazione montana in quanto essi siano strettamente ne> Cessari per ottenere un risanamento stabile delle contrade da bonificare. E nella specie la sentenza impugnata ha, appunto, ritenuto che tale necessario coJ.legamento dei lavori appaltati con delle specifiche opere di bonifica non risultava affatto dai contratti ,di appalto o dai decreti di concessione. N vale il richiamo che il ricoo.-rente fa all'art. 2 del dtato t.u. per dedurne che la materia in esso disciplinata ha un contenuto pi ampio che non il semplice .prosciugamento delle paludi, estendendosi Una questione che resta ancora alquanto incerta quella dell'appli cabilit dell'agevolazione per le opere di conservazione e manutenzione; in senso negativo si pronuncia fugacemente la seconda delle sentenze in rassegna, mentre in senso positivo si era pronunciata la S.C. con le sen tenze 25 ottobre 1965, n. 2231 e 7 dicembre 1966, n. 2873 (in questa Rassegna 1966, I, 156 e 1967, I, 439). Secondo il sistema della legge queste opere non sono di competenza statale e quindi dovrebbero essere escluse; se tuttavia eccezionalmente lo Stato concretamente interviene, direttamente o mediante concessione, per eseguire opere di conservazione, difficile negare la sua competenza ' che non ricorrerebbe de iure. 1090 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO a tutte quelle opere volte a rendere suscettibHi di vantagg.i economici ed igienici i terreni bonificati. Se, infatti, la predetta norma, con espressione generica, si limita a qualificare come opere di prima categoria, alle quali solo a.pplicabile il privilegio fiscale, tutte quelle che presentano vantaggi igienici ed economici di preva'lente interesse sociale., tuttavia nell'art. 9 dello stesso t.u. sono indicate in modo specifico quali siano le opere di honifica di prima categoria, ed in base alla ..suddetta norma debbono intendei:isi per tali, come ormai stato irrevocabilmente ritenuto, soltanto quelle opere volte direttamente al prosciugamento delle paludi e dei terreni pa0ludosi, nonch tutte 1e altre aventi carattere strumentale rispetto al fine del completo conseguimento della bonifica idrauUca. Il primo .motivo di ricorso deve essere, pertanto, rigettato. E parimenti infondato il secondo motivo con il quale il ricor rente denuncfa la violazione degli artt. 2909 e.e., 324 e 394 n. 2 c.p.c. e sostiene che la Corte di rinvio ha errato sia nel ritenere coperta daJ. giudicato la questione relativa al valore da attribuirsi aUe certifica zioni attestanti che alle opere spettava l'invocato beneficio fiscale sia, comunque, per aver ribadito l'erroneo giudizio espresso in proposito dalla sentenza, poi, annullata, posto che, contrariamente a quanto ri tenuto dai giudici di merito, non pu essere oggetto di sindacato n da parte dell'Amministrazione finanziaria, n da parte del giudice or dinario H certificato del Ministero dell'Agrte. AUa stregua dei principi di diritto gi enunciati dalla sentenza, poi cassata e ritenuti esatti da questa Corte, quei giudici hanno in sostanza proceduto ad un attento e specifico esame delle singole opere, accertandone la struttura e funzione su1la base dei contratti di appalto e dei deoreti di concessione, ed hanno ritenuto che, mentre alcune di esse, relative a lavori di sistemazione, ricostruzione e completamento di strade, non potevano essere comprese nel concetto di strade necessarie per mettere il territorio bonificato in comunicazione con i prossimi centri abitati (art. 9, lett. a, t.u. del 1923) e neppure in quello di strade necessarie alla trasformazione fondiaria dei terreni (art. 6, legge 24 dicembve 1923, n. 3134), per le altre opere, relative a s~stemazione di sponde di fiumi, ricostruzioni di ponti e di acquedotti danneggiati, non risultava e, comunque, non era provato, il riferimento ad opere di bonifica idraulica o di risanamento di zone paludose. Trattasi, all'ev-idenza, di apprezzamenti di fatto, sorretti da motivazione congrua ed immune da vizi fogici, contro la quale il rico!'>rente Consorzio si limita ad opporre le proprie affermazioni. e considerazioni, che contrastano con i detti apprezzamenti, ovvero da essi prescindono, trascurandone la .reale portata. In particolare non ha consistenza H rilievo secondo cui i giudici di merito non avrebbero preso in adeguata considerazione il certificato rilasciato dal direttore tecnico dello stesso Consorzio ricol'rente. A parte le ragioni, giustamente poste in rilievo dalla sentenza impugnata, che impedivano di prendere in esame quel documento, ac quisito al processo contro il divieto dell'art. 394 c.p.c., chiaro come !"interpretazione che, J.n senso difforme da quello sostenuto daUa parte, il giudice di merito abbia dato di un determinato documento, non possa costituire oggetto di utile censura in sede di legittimit. Non , poi, esatto che la Corte abbia apoditticamente negato l'invocato beneficio ai lavori di ricostruzione del ponte sul fiume Fino, in 1092 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quanto in proposito stato giustamente osservato che anche per tali lavori mancava ogni riferimento ad opere di bonifica idTauUca, mentre J.'affermazione del Consorzio secondo cui quei lavori avevano contribuito alla trasformazione agraria della zona era rimasta meramente tale, perch sfornita di quaJ.siasi dimostrazione. Non appare, infine, fondato l'addebito di difetto di motivazione che si muove alla sentenza in ordine all'esclusione dal beneficio fiscale dei lavori di sistemazione delle sponde di alcuni fiumi. Infatti i giudici di merito hanno dato adeguata giustificazione di taJ.e esclusione sia col rilevare che il 'Privilegio stabilito dal t.u. del 1923 limitato alle opere originarie e costitutive e non anche a quelle successive e di semplice conservazione, sia con l'affermare che, in ogni caso, il necessario col! legamento di quei lavori con opere di bonifica non poteva desumersi n dai decreti di concessione, n, tanto meno, dai singoli c.ontratti di appalto. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 maggio 1971, n. 1467 -Pres. Mirabelli -Est. Pascasio -P. M. Chir (conf.) -Compa1gnia Generale Motori (avv. Silvestri) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Ca samassima). Imposte doganali -Importazione in esenzione di materiali destinati alla Amministrazione della Difesa -Estensione ai materiali destinati alla Guardia di Finanza -Regime anteriore al D. P. R. 26 dicembre 1958, n. 1200 -Esclusione. (d.p.r. 10 luglio 1952, n. 771; d.p.r. 26 dicembre 1958, n. 1100). L'esenzione dalle imposte doganali di cui al d.P.R. 10 lugiio 1952, n. 771 riferibile all'importazione di materiali destinati ail'Amministrazione della Difesa cio al Ministero che istituz.ionalmente ha il c~mpito di provvedere alla difesa dello Stato; l'esenzione non quindi applicabiie ai materiali destinati alla Guardia di Finanza. Soltanto con la disposizione innovativa del d.P.R. 26 dicembre 1958, n. 1100 l'estensione alla Guardia di Finanza stata riconosciuta da una norma espressa (1). (Omissis). -Con l'unico motivo la Societ ricorrente, denunciando fa violazione e la falsa applicazione del d.P.R. 10 lug.Uo 1952, n. 771, del d.P.R. 26 dkembre 1958, n. 1100 e dei principi ~enerali in (1) Non constano precedenti. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA materia, lamenta che J.a Corte di merito, con motivazione conkaddit~ toria, abbia ritenuto che l'agevolazione tributaria disposta dal d.P.R. 10 luglio 1952, n. 771 non sia applicabile ai materiaU importati e destinati al Cor.po della Guardia di Finanza, mentre la dizione Amministrazione della Difesa deve intendersi riferita non soltanto ai Ministeri della Difesa, ma anche agli altri organi che, come il Corpo della Finanza, provvedono aUa difesa dello Stato. Sostiene la societ ricorrente che il d.P.R. 10 luglio 1958, rn. 1100, che ha_ ~steso l'agevolazione al Corpo della Guardia di Finanza, ha carattere interpretativo. La censura non fondata. La Corte d'appello, infatti, ha esattamente ritenuto che la destinazione dei materiali importati all'Amministrazione della Difesa , richiesta. dal d.P.R. 10 luglio 1952, n. 771 ai fini dell'importazione in esenzione da .diritti doganali, dovesse intendersi J.imitata al Ministero che istituzionalmente ha il compito di provvedere alla difesa mHitare dello Stato, con esclusione, quindi, del Coripo delle Guardie di Finanza, che dipende, invece, dal Ministero delle Finanze. La conferma dell'esattezza di una tale interpretazione si trae proprio dalle norme del successivo d.P.R. 26 dicembre 1958, n. 1100 che esplicitamente estese (art. 7) .l'agevolazione anche ai materiali importati e destinati al Coripo della Guardia di Finanza. ' Ora, manifesto che tali norme rnon potevano estendere alla Guardia di Finanza un beneficio di cui gi godesse e la conferma di ci si trae in modo indubitabile dalla relazione al Consiglio dei Ministri sullo schema di provvedimento, nella quale testualmente si legge che si volle estendere al Corpo della Guardia di Finanza il beneficio di cui .godeva il Ministero della Difesa, di cui detto Coripo non aveva :potuto usufrui.re, pur contribuendo oltre che alla repressione e .prevenzione del contrabbando, anche alla difesa nazionale. Risulta cos che l'iniziativa del legislatore fu determinata daHa esigenza di ammettere il Corpo delle Guardie di Finanza ad un beneficio di cui prima non fruiva, perch stabilito soltanto . a favore del Ministero per la difesa, e non dall'esigenza di chiarire un dubbio, che neppure era sorto, nell'applicazione del precedente testo ilegislativo, sicch correttamente la Corte d'appello ha escluso che fa norma di cui trattasi avesse carattere interpretativo. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 maggio 1971, n. 1537 -Pres. Marletta -Est. Leone -P. M. Di Majo (diff.) -Soc. SAGRIM (avv. Zaccagnini) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas). Imposte e tasse in genere -Commissioni tributarie _ Ricorso per Cas~ sazione -Unico ricorso contro pi decisioni -Inammissibilit. 1094 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Imposte e tasse in genere -Imposta di negoziazione -Valutazione Decisione della Sezione speciale della Commissione provinciale definitiva -Ricorso alla Commissione Centrale -Inammissibilit. (r.d. 15 dicembre 1938, n. 1975; 1. 25 maggio 1945, n. 301). Imposte e tasse in genere -ommissioni delle imposte -Decisione definitiva della Commissione provinciale di valutazione -Ricorso alla Commissione Centrale -Effetto conservativo -Ricorso per Cassazione -Inammissibilit. (c.p.c. art. 50). inammissibile l'unico ricorso per Cassazione, preceduto da unico deposito per soccombenza, proposto contro pi decisioni de.ZZa Commissione centrale (1). NeU'abolita imposta di negoziazione, regolata dal r.d. 15 dicembre 1938, n. 1975 integrato dalla legge 25 magg.io 1945, n. 301, il reclamo contro la valutazione del comitato direttivo degli a.genti di cambio deciso dalla Sezione speciale della Commissione provinciale la cui decisione definitiva e soggetta soltanto a ricorso al Tribunale per difetto di calcolo o erro1e di apprezzamento o a ricorso per Cassazione (2). IL ricorso inammissibile alla Commiss.ione centrale contro la de cisione definitiva deila Commissione provinciale di valutaz.ione non pu avere, in applicazione dell'art. 50 c.p.c., effetto conservativo tale da consentire la successiva proposizione del ricorso per Cassazione contro la decisione delia Commissione provinciale (3). (Omissis). -La Societ ricorrente non poteva con unico atto proporre ricorso per cassazione avverso le tre distinte decisioni della Commissione centrale delle imposte. Avrebbe dovuto proporre tre distinti ricorsi e versare tre distinti depositi di soccombenza, uno per ciascuna controversia d'imposta, relative a periodi contributivi annuali diversi. Poich il deposito versato specificamente imputato, nella rela tiva quietanza, al ricorso avverso fa decisione n. 41148 del 27 aprile 1967 della Commissione centrale, il ricorso avverso le altre due de (1-3) La prima massima fa puntuale applicazione degli artt. 364 e 366 c.p.c. Resta per ancora incerto se sia consentito impugnare con unico atto pi decisioni quando non sia prescritto il deposito per il caso di soccombenza. Sulla seconda massima v. Sez. Un., 30 dicembre 1965, n. 2494, in que- .sta Rassegna, 1966, I, 164 con ampia annotazione. ... I PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1095 cisioni (nn. 41149 e 41150 di eguale data) dev'essere dichiarato inammissibile, in applicazione degli artt. 364 e 366 c.p.c. Ma, per diversa ragione, inammissibile anche il ricorso che, come si detto, stato preceduto dal deposito per il caso di soccombenza. La societ ricorrente riconosce di aver errato nella determinazione del mezzo per impugnare le decisioni della Sezione speciale della Commissione Provinciale, mentre poteva proporre solo ricorsi per cassazione in applicazione dell'art. 111 dell~ Costituzione. Questa Corte Suprema, infatti, ha da tempo stabilito che la disciplina dell'imposta di negoziazione (ora abolita) rimasta rgolata dal r.d.l. 15 dicembre 1938, n. 1975, non essendo mai entrato in vigore il d ..l. 5 settembre 1947, n. 1173, modificato con legge 12 marzo 1948, n. 326. Detto r.d. del 1938 stato integrato dal d.l. 25 maggio 1945, n. 301, che devolveva ad una .speciale sezione della Commissione Provincile delle imposte la cognizione del reclamo avverso la valutaziione da parte del Comitato direttivo degli agenti di cambio e richiamava, per il funzionamento della Sezione e per le decisioni in materia, ti.e disposizioni di cui al r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 e del r.d. 8 Juglio 1937, n. 1516. In virt di tale richiamo, in detta disciplina trovava applicazione l'articolo 29, 3 comma, del r.d. 1639 del 1936, per cui contro le decisioni della Sezione speciale della Commissione Provinciale :era ammesso ricorso all'autorit giudiziaria, nei limiti fissati dal citato 3 comma dell'art. 29 (cio per grave ed evidente errore di apprezzamento o mancanza ed -insufficienza di calcolo nella determinazione del valore) oppure il ricorso alla Corte di Cassazione iper violazione di le1gge, a norma dell'art. 111 della Costituzione (Cass. SS.UU. 30 dicembre 1965, n. 2494 e 24 gennaio 1967, n. 211). Ci riconosciuto, la ricorrente si richiama al principio dell'effetto conservativo dell'impugnazione proposta a giudice incompetente e mostra di ritenere che le censure da essa esposte debbano investir la decisione della Commissione Provinciale, essendo nulle le decisioni delfa Commissione Centrale. Questa prospettazione errata nel suo 1punto centrale, quello dell'effetto conservativo della impugnazione, che nella specie non sussiste. Tale effetto, nel vigente sistema del diritto processuale, ricono- Di notevole interesse la terza massima che escludendo, come era pacifico, che il ricorso inammissibile, alla Commissione Centrale possa salvare il termine per il ricorso per Cassazione, definisce con molta precisione e completezza la traslatio indicii ex art. 50 c.p.c. Per le stesse ragioni deve escludersi l'effetto conservativo del ricorso inammissibile alla Commissione Centrale rispetto all'azione ordinaria sia in sede di impugnazione per difetto di calcolo e errore di apprezzamento sia in via autonoma. 1096 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO scibile nei limiti in cui, in appUcazione delle norme sulla competenza, si realizza la translatio iudicii dal giudice incompetente a quello dichiarato competente, in modo che il processo possa continuare dinanzi al nuovo giudice, ai sensi dell'art. 50 c.p.c. Il che comporta che l'impugnazione pro.posta deve appartenere alla ~ecie tipica ammessa dall'ordinamento in relazione alla decisione che dell'impugnazione stessa oggetto, che la relativa domanda sia rivolta ad un giudice investito di giurisdizione ma incompetente in ordine alla domanda in concreto a lui rivolta (Cass. 26 ottobre 1961, n. 2411, 20 ottobre 1961, n. 2263), che il giudice officiato si sia dichiarato incompetente, che il giudizio sia tempestivamente riassunto dinanzi al giudice comptente. NeH.a specie in esame tali presupposti difettano: a) perch il ;ricorso alla Commissione Centrale in tema di estimazione del valore dei titoli azionari,. stato proposto a giudice privo di .giurisdizione; b) perch detto ri~orso rimedio di specie diversa dal ricorso alla .corte di Cassazione; e) perch, di conseguenza, nessuna traslatio iudicii possibile, con la continuit di procedimento necessaria perch permanga l'impulso originario di parte prodotto con la domanda alla Commissione Centrale delle Imposte; d) perch detta Commis;sione ha pronunciato sul merito dell'impugnazione, definendo cosi il giudizfo. Dovendosi escludere l'efficacia conservativa dell'impugnazione, la decisione della Commissione Provinciale delle Imposte divenuta ir$ fi revocabile ed in ;presenza di tale irrevocabilit nessun interesse attuale ' pu riconoscersi nella ricorrente a far dichiarare che la Commissione Centrale delle Imposte non aveva giurisdizione ed avrebbe anche er' l rato nel merito della decisione illegittimamente emessa. Il che comporta l'inammissibilit del ricorso (Cass. 18 febbraio 1964, n. 356). ( Omissis). . I ) I ~ \ CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 maggio 1971, n. 1562 -P1es. Rossano -Est. Giuliano -P. M. De Mareo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Savarese) c. Cassa di Risparmio V.E. (avv. Guerra). I \ t~. Imposta di registro -Agevolazioni per il credito agrario -Mutui per la affrancazione di canoni e livelli e la trasformazione di debiti fondiari -Estensione alla estinzione di altri debiti -Esclusione. (1. 5 luglio 1928, n. 1760, art. 3; d.m. 23 gennaio 1928, art. 22). Le agevolazioni del credito agrario per i mutui per La affrancazione di Canoni e livelli e La trasformazione di debiti fondiari, sono ap:; PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1097 plicabiLi solo quando l'affrancazione o La trasformazione risultino esse. re condizione necessaria per L'esecuzione dei miglioramenti; iL beneficio non quindi appiicabile quando il mutuo diretto ad estingue1e altre passivit anche se contratte per precedenti lavori di miglioramento (1). (Omissis). -Il secondo e il terzo mezzo del ricorso riguardano la Cassa; essi debbono essere considerati congiuntamente, perch contengono un'unica complessa censura, illustrata, col secondo mezzo, per l'aspetto di violazione e falsa applicazione di leg.ge e, col terzo mezzo, per l'aspetto di conseguente omessa e illogica motivazione su un punto decisivo . Le norme di cui la ricorrente denuncia violazione e falsa aipplicazione sono l'art. 37 della tab. B allegata al r.d. 30 dicempre 1923, n. 3269, l'art. 3, ultimo comma, della legge 5 luglio 1928, n. 1760 e l'art. 22 del d.m. 23 gennaio 1928: essa si duole che la. Corte del merito siasi limitata ad accertare che le passivit anteriori, alla cui estinzione era destinata la somma mutuata, erano state contratte per il compimento di lavori di miglioramento agrario, ma non siasi curata di accertare se sussistesse un requisito indispensabile, di cui l'Amministrazione aveva additato la mancanza, se cio arnche quella progettata estinzione fosse necessaria per l'esecuzione di miglioramenti. La censura fondata. Invero, J.'art. 3 n. 2 del r.d.1. 29 lugUo 1927, n. 1509, convertito in legge dalla legge 5 luglio 1928, n. 1760, dispone che sorno considerate, tra l'altro, operazioni di credito agrario di miglioramento nei casi ed alle condizioni che saranno stabilite nel Tegolamento l'affrancazione di canoni e livelli e la trasformazione di debiti fondiari che abbiamo :per fine il miglioramento dei fondi . La dizione della norma non perspicua, poich .permette di riferire la proposizione finale tanto ai soli debiti fondiari , che immediatamente precedono, quanto alle affrancazioni di canoni e ilicvlli e alle trasfOTmazioni di debiti fondiari. Ma il dubbio che cosi :pu nascere dissipato dal regolamento al quale il legislatore aveva e.spressamente demandato la precisazione dei il.imiti del campo di applicazione della norma :primaria. Infatti, l'art. 22 del regolamento (che fu approvato con d.m. 23 gennaio 1928) stabilisce che i mutui per affrancazione di livelJ.i e canoni e per tTasformazione di debiti fondiari di cui al ricordato art. 3 n. 2 possono essere concessi solo quando l'affrancazione o la trasformazione risultino essere condizione necessaria per l'esecuzione dei miglioramenti . (1) Non constano precedenti in termini. 1098 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Quest'inderogabile necessit era stata oposta in evidenza dall'Amministrazione innanzi alla Corte del merito, la quale, peraltro, la trascur, limitandosi ad acclarare se le passivit estinguende fossero state assunte per lavori di miglioramento fondiario, senza avvertire che, come la norma surriportata univocamente sancisce, il carattere di credito agrario di miglioramento deve essere proprio non della vecchia, ma della nuova operazione finanziaria, poich del regime fiscale di questa si discute. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 maggio 1971, n. 1565 -Pres. Favara -Est. Berarducci -P. M. Trotta (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. ENEL (avv. CogUati Dezza). Imposta di registro -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti per loro natura le une dalle altre -Affitto di azienda -Passaggio del personale e rivalsa delle spese per miglioramenti -Fattispecie. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 9). Esa'btamente viene ritenuta L'unicit della situazione giuridica creata da un atto con cui un comune concede a terzi L'esercizio di una propria azienda elettrica con La pattuizione deL passaggio deL personale, dopo la fine deita C01J1,cessione, dal concessioinario al co1J1,Cede.nte e della rivalsa delle spese per miglioramento e ampliamento dell'impianto eseguiti dai concessionario, trattandosi di clausole che per l'intrinseca natura e per gli effetti danno vita ad un unico atto (1). (Omissis). -Le due censure, in cui si articola l'unico motivo di ricor.so, investono, rispettivamente, i due capi delJa sentenza impugnata in cui la Corte del merito ha affermato : 1) che le pattuizioni en:qnciate nell'atto 1 dicembre 1927, concernenti le obbligazioni del Comune di Terni di corrispondere alla concessionaria, al termine del (1) Sulla interpretazione pi in generale dell'art. 9, v. Cass. 6 febbraio n. 255; 6 marzo 1970, n. 555 e 7 ottobre 1970, n. 1845 in questa Rassegna, 1970, I, 292, 427 e 946, con rinvii, e 29 ottobre 1970, n. 2221, ivi, 1149. Nel caso di specie, che concerne piuttosto le diverse clausole di un unico atto che non diverse convenzioni, se pure pu accedersi alla soluzione adottata per quanto concerne la clausola del trasferimento del personale e dei relativi oneri, che conforme ad un obbligo di legge, non appare persuasiva la seconda considerazione che il naturale sviluppo della societ moderna con i suoi crescenti bisogni rende necessaria la patti PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1099 contratto, le somme relative ai diritti di anzianit maturati a favore del personale nel corso del contratto medesimo, e la quota parte delle spese dalJ.a stessa concessionaria sostenute per le opere di miglioramento e di ampliamento dell'impianto elettrico, costituivano, non gi rpi disposizioni> distinte dal complesso delle altre pattuizioni enunciate nello stesso atto, ma elementi naturali dell'unico negozio giuridico fra le parti stipulato; 2) che, comunque,, si sarebbe trattato di disposizioni > necessariamente connesse e derivanti ,1e une dalle altre. Di tali censure preliminare l'esame della prima, anche per il suo carattere assorbente. Con tale censura si assume c.he la Corte non ha considerato che l'onere della liquidazione dei dipendenti, che dovevano venire assunti dal Comune alla fine della concessione, ed il pagamento della quota parte delle spese per i i;niglioramenti e gli. ampliamenti dell'impianto elettrico, che la Terni era stata, in contratto, facoltizzata a fare, concretizzavano situazioni meramente occasionali, e, in ogni caso, non costituenti elementi essenziali del rapporto di concessione. La .censura non fondata. La Corte del merito, invero, non incorsa in errore di diritto al lorquando ha considerato le due pattuizioni in questione elementi na turali ed essenziali del contratto in concreto posto in _essere dalle parti con l'atto del 1927, anche se tale contratto, anzich come ~emplice ne gozio ,di trasferimento di azienda, va configurato come negozio com plesso, o misto, di concessione di un pubblico servizio con affitto di azienda, ossia di concessione di un pubblico servizio mediante eserci zio di un'azienda del concedente, da questo contemporaneamente data in affitto alla societ concessionaria. In ordine alla prima delle anzidette pattuizioni (quella, per intendersi, concernente l'obbligo del Comune di pagare le somme relative ai diritti di anzianit maturati, nel corso del contratto, a favore del personale dipendente), da osservare ohe, mentre la norma del primo comma dell'art. 2560 e.e., applicabile anche nella ipotesi di affitto della azienda, dispone, in Hnea generale, che in caso di trasmissione, per atto zione della rivalsa delle spese per miglioramento ed ampliamento dell'impianto; un modo nuovo ed erroneo di concepire la necessit, che deve essere logica e giuridica, della connessione di due negozi. Posto che esista una necessit economica di sviluppare gli impianti, dipende solo dalla libert delle parti di adattare al caso i negozi che si stipulano; stabilire quindi se l'onere dell'ampliamento degli impianti resti a carico del concessionario o sia assunto dal concedente con la conseguenza, ovviamente, ch divrsa sar nell'uno e nell'altro caso l'entit della controprestazione, semplicemente una questione di autonomia contrattuale, non di obiettiva necessit a cui le parti non possono sottrarsi. '12 1100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fra vivi, di un'azienda, il cedente resta obbligato al rpagamento di tutti i debiti inerenti all'esercizio delJ.'azienda ceduta anteriori al trasferimento, tranne nel caso che i c,reditori, con espressa pattuizione, abbiano consentito al passaggio di tali passivit a carico del cessionario, l'art. 2112 dello stesso codive civile -che, come affermato da questa Suprema Corte nella sentenza n. 831 del 1952, Si applica ogni qualvolta muti la rpersona dell'imprenditore, restando invariata l'azienda nella sua identit obiettiva e, pertanto, anche quando l'azienda concessa in affitto sia restituita al proprietado a seguito di riso1uzione del contratto -stabilisce che, per quanto riguarda, in modo specifico, i crediti maturati dal prestatore di lavoro al temrpo del trasferimento dell'azienda, di tali crediti risponde, in solido con il cedente, anche il cessionado dell'azienda medesima, in tal guisa, per implicito, confermando che, di norma, colui che trasferisce l'azienda resta semrpre obbligato, anche se in solido con il cessionario, al .pagamento di tali crediti. Tutto ci implica che, allorquando, in un contratto di affitto di azienda, si pattuisce che al termine del contratto l'affittuario sar ob bligato a pagare Je somme relative ai diritti maturati dal per.sonale dipendente nel corso del contratto medesimo, nulla si dispone che per tale figura di contratto non sia gi previsto dalla legge. In altri termini, detta pattuizione si insedsce nel contratto come un elemento naturale dello stesso, ossia come un elemento che rientra nello schema tipico del contratto di affitto di azienda cosi come con figurato dalla legge. Quanto, poi, alla pattuizione relativa aU'obbligo del Comune di rimborsare la societ concessionaria di una quota parte delle spese da questa erogate per i miglioramenti e l'ampliamento dell'impianto, ap pare evidente che la tesi dell'Amministrazione ricorrente -secondo cui si tratterebbe di una pattuizione dipendente dalla esclusiva volont delle parti contraenti -non tiene conto di un fatto che ha fondamen tale importanza nella fattispecie, ossia del fatto che si versa in una ipotesi di affitto di azienda industriale col1egato alla concessione di un servizio pubblico in continua, forte espansione, quale quello relativo alla produzione ed alla distribuzione dell'energia elettrica. Infatti, in un paese caratterizzato da un forte incremento demog.rafico e da un intenso sviluppo industriale, l'aumento del consumo dell'energia elet trica discende come conseguenza naturale di tau fenomeni, ed , per tanto, evidente che, in una siffatta situazione, il miglioramento e l'am pliamento dell'impianto destinato alla produzione ed alla distribuzione di detta energia, assumono carattere di necessariet e di indispensa bilit ai fini dell'esercizio del pubblico servizio, che deve essere orga nizzato in modo da soddisfare le prevedibili crescenti esigenze con nesse agli anzidetti fenomeni. I I I ! PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1101 Ne consegue che, nella i.ipotesi in cui, come nel caso che ne occupa, un comune, nel concedere, per un lungo periodo di tempo, l'esercizio del pubblico servizio della produzione e della distribuzione del. l'energia elettrica, conceda anche, al concessionario, in affitto, la propria azienda elettrica, i miglioramenti e l'ampliamento dell'impianto costituiscono, non un elemento accidentale, discendente dalla volont delle parti, ma un elemento strutturale del contratto stesso, cio un obbligo essenziale del concessionario, dipendente dalla natura del contratto. Riepilogando, dunque, deve affermarsi che esattamente, ai .fini dell'assoggettamento all'imposta di registro, viene ritenuta la unicit della situazione .giuridica creata da un atto con cui, come nel caso in esame, un comune concede a terzi l'esercizio di una propria azienda elettrica, per una determinata durata di tempo, anche se nell'atto stesso vengano ;precisate apposite pattuizioni relative al passaggio del personale, dopo la fine della concessione, dal concessionario al concedente, e alla rivalsa delle spese per miglioramenti ed ampliamenti dell'impianto eseguiti dal concessionario, trattandosi di ciausole che, rper l'intrinseca natura dell'atto e per gli effetti ad esso propri, danno vita ad un atto unico. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 maggio 1971, n. 1579 -Pres. Caporaso -Est. Carnevale -P. M. Minetti (diff.) -Br.unner (avv. Asquini e Urbani) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Indennit per ritardato sgravio -Imposta non dovuta -Si applica. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 199 bis). Imposte e ta~se in genere -Imposte dirette -Indennit per ritardato sgravio -Rapprti anteriori all'entrata. in vigore della legge 25 ottobre 1960, n. 1316 -Applicabilit con decorrenza dal 18 gennaio 1961. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 199 bis; 1. 25 ottobre 1960, n. 1316). L'art. 199 bis del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 applicabile non solo nel caso di pagamento di somma maggiore, ma anche nel caso in cu,i ,l"imposta iscritta a ruolo a titolo provvisorio risulti integralmente non dovuta (1). (1-2) Prendiamo atto dell'affermazione che l'indennit sia dovuta dalla Finanza, in caso di ritardato sgravio, anche per i rapporti anteriori alla entrata in vigore della legge 25 ottobre 1960, n. 1316; ma prendiamo atto 1102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nell'ipotesi in cui l'imposta sia stata iscritta a ruolo in via provvisoria e pagata anteriormente aWentrafJa in vigore della legge 25 ottobre 1960, n. 1316, l'indennitd per ritardato sgravio prevista dall'mt. 199 bis del t.u. sulle imposte dirette dovuta a decorrere dal 1 gennaio U!61 (2). (OmisS:is). -Passando all'esame della seconda censura, deve osservarsi 'che essa, a differenza della prima, , nei limiti che saranno . precisati, indubbiamep.te fondata. Com' noto, da varie disposizioni in materia di imposte dirette (art. 120 del r.d. 11 luglio 1907, n. 560, per l'imposta di ricchezza mo bile; art. 16 della legge 7 dicembre 1942, n. 418, per l'imposta fondiaria ed il reddito agrario), secondo le quali non pu farsi luogo a rimborso dell'imposta fino a quando non sia intervenuta una decisione definitiva, si desumeva il principio generale -considerato daUa giurisprudenza di questa Corte Suiprema applicabile ad ogni specie di tributo -che l'Amministrazione finanziaria non ipotesse ritenersi in mora prima di tale decisione definitiva e che, pertanto, gli interessi sulle somme da restituire in base a sentenza che ordinava il rimborso di tributi inde bitamente pagati non decorressero che dal passaggio in giudicato della sentenza stessa. A giustificazione del principio sono state addotte (v. sent. 21 ottobre 1957, n. 4012) le considerazioni che l'illegittimit del l'imposizione tributaria non sor.ge che con il passaggio in giudicato della sentenza che la dichiara, la quale sostituisce alla presunzione semplice di legittimit della riscossione l'opposta presunzione nascente daUa cosa giudicata; e che J.a sentenza, la quale dichiara non dovuta la somma riscossa dall'Amministrazione, ha natura giuridica di sen tenza costitutiva dell'obbligo del rimborso, con la conseguenza che soltanto da essa sorge il debito dell'Amministrazione e l'obbligo di pa gare gli interessi, i quali, perci, non sono dovuti che dal momento in cui la iUegittimit dell'imposizine sia stata accertata con sentenza passata in giudicato. Nel dichia.rato intento di porre la finanza e il contribuente sullo stesso piano di uguaglianza rispetto all'obbligo della corresponsione di interessi di mora o di .maggiorazioni per ritardato pagamento, sono state introdotte, con J.eggi recenti, alcune norme, che hanno innovato il sistema precedente. anche della precedente affermazione utilizzata ai fini interpretativi della norma, di perfetta parit di posizione fra contribuente e Amministrazione. Ci non pu non significare che anche a carico dei contribuenti l'in'dennit dovuta, per i rapporti anteriori, dal lo gennaio .1961. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Una di tali norme appunto quella contenuta nella legge 25 ottobre 1960, n. 131'6, con la quale stato aggiunto al t.u. delle leggi sulle imposte dirette, approvato con d.p.r. 29 gennaio 1958, n. 645, l'art. 199 bis, che, nel primo comma, dispone testualmente: 11 contribuente che, in applicazione degli artt. 175 e 176, sia stato iscritto a ruolo a titolo provvisorio per un ammontare di imposta superiore a quello definitivamente stabilito per lo stesso periodo, h diritto, per la ma.ggiore somma effettivamente pagata, ad un'indennit pari al 2,50 % per ogni semestre intero, escluso il primo, compreso tra la scadenza dell'ultima rata del ruolo in cui stata iscritta la maggiore imposta e la data dell'elenco di sgravio . I ricorrenti, con la censura in esame, hanno riproposto in questa sede il problema interpretativo -risolto in senso negativo dalla Corte del merito -se la normi:\ sopra riportata possa trovare applicazione ad un'ipotesi in cui, come accaduto nel caso di specie, sia stata iseritta a ruolo, in base ad accertamento non definitivo eseguito anteriormente all'entrata in vigore del t.u. 29 .gennaio 1958, n. 645, non gi un'imposta di importo superiore a quello definitivamente stabilito, ma una imposta che sia risultata non dovuta. Problema che, com' evidente, presenta due aspetti nettamente distinti. Si tratta, infatti, di stabnire, anzitutto, se la norma in discorso sia applicabile soltanto, come ha ritenuto la Corte di Tdeste, nel caso in cui l'imposta, pur sempre dovuta dal contribuente, sia stata iscri~ta a ruolo a titolo provvisorio per un ammontare superiore a quello risultante dall'accertamento definitivo; e, successivamente, ove si ritenga di dare una risposta negativa al precedente quesito, di accertare se ed entro quali limiti .la stessa norma possa essere applicata allo sgravio di un'imposta iscritta a ruolo e pagata prima dell'entrata in vigore del testo unico sulle imposte dirette pi volte citato. In relazione al primo quesito da rilevare che, anche se, in base ad un'inter:pretazione meramente letterale, la norma in esame sembra potersi applicare alla sola ipotesi in cui il contribuente sia stato iscritto a ruolo a titolo provvisorio per un ammontare d'imposta superiore a quello definitivamente stabilito, la stessa norma, tenendo presente la sua ratio, deve, invece, ritenersi applicabile anche al caso in cui l'imposta iscritta provvisoriamente a ruolo risulti totalmente non dovuta. da osservare in proposito -anzitutto -che, nell'interpreta zine della legge, non puaversi riguardo esclusivamente all'elemento letterale, dovendo tenel'si conto altresl della ratio, io dello scopo pratico che .la norma intende realizzare. Conseguentemente, nei casi in cui la lettera della norma risulti iqadeguata ad esprimerne compiuta mente la ratio, onde possa ritenersi che il legislatore minus dixit quam voluit, consentita l'interpretazione estensiva, anche se si tratti di nor 1104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ma eccezionale. Ci in quanto tale forma di interpreta;z;ione -a differenza dell'analogia -tende a determinare il contenuto concreto della mens legis, in modo da comprendervi tutti i casi dalla norma considerati; quali risultano dalla lettera e dallo spirito delle relative dispo. sizioni. Orbene, ,l'indagine sulla ratio della norma conduce a ritenere, anche sulla base delle risultanze dei favori preparatori, che l'indennit per rital'dato sgravio, prevista dall'art. 199 bis del vigente testo unico delle J.eggi sulle imposte dirette, assolve la :funzione di cmpensare il contribuente del ritai'do con il quale l'Amministrazione finanziaria gli abbia restituito le somme indebitamente riscosse per effetto dell'iscrizione a ruolo ,di un'imposta a titolo provvisorio. E poich l'esigenza che la norma tende a soddisfare sussiste, come evidente, sia nel caso in cui il ritardo si riferisca allo sgravio di una pa.rte dell'imposta iscritta in via provvisoria a ruoJ.o, sia -ed a maggior ragione -nel caso di sgravio totale, non pu dubitarsi che fa formulazione J.etterale della norma sia inadeguata a comprendere tutti i casi che il legislatore, avuto riguardo alla ratio suindicata, ha inteso disciplinare. L'esattezza dell'interpretazione accolta risulta, peraltro, indirettamente confermata dall'esame della norma contenuta nell'art. 184 bis del testo unico delle leggi sulle imposte dirette, rispetto alla quale fa noil'ma di cui all'articolo 199 bis dello stesso testo unico si colloca nell'ambito della tendenza, cui si ispirano le pi recenti leggi tributarie, di porre 1'Amministrazione finanziaria ed il contribuente in una posizione di uguaglianza in ordine agli obblighi di corrispondere interessi, maggiorazioni o indennit per il ritardo nel pagamento o nel rimborso di somme da corrispondere o corrisposte a titolo di imposta. Il citato art. 184 bis, infatti, prevede l'applicazione di una maggiorazione d'imposta per ritardata iscrizione a ruolo -nella stessa misura del 2,50 % fer ogni semestre stabilita a carico dell'Amministrazione finanziaria dall'arti, colo 199 bis -a carico non soltanto del contribuente che, avendo presentata una denunzia incompleta o infedele, abbia pagata un'imposta inferiore a quella risultante dovuta in base alla rettifica della dichia razione da parte dell'ufficio, ma anche del contribuente che, avendo omessa J.a dichiarazione, non abbia pagata l'imposta successivamente accertata d'ufficio. Orbene, qualora si ritenesse che il legislatore avesse inteso concedere l'indennit soltanto nel ca,so di ritardo nello sgravio di una parte della somma pagata per imposta accertata in via iprovvi soria in misura maggiore di quelJ.a accertata in via definitiva, la fina Ut sopra precisata risulterebbe realizzata solo in parte, mentre non sarebbe possibile individuare la ragione di un differente trattamento di due ipotesi che, secondo l'intenzione del legislatore, avrebber9 do vuto essere disciplinate in modo analogo. 1105 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Dopo di aver dimostrato che il pi volte citato art. 199 bis del testo unico delle leggi sulle imposte dirette applicabile anche nella ipotesi, verificatasi nella fattispecie, in cui lo sgravio abbia avuto per oggetto l'intero importo dell'imposta iscritta a ruolo in via provvisoria, deve accertarsi se l'indennit per ritardato sgravio possa trovare applicazione nel caso in esame, nel quale, come incontroverso, il pagamento della somma non dovuta a titolo di imposta fu eseguito anteriormente all'entrata in vigore del testo unico anzidetto. L'Amministrazione .finanziaria lo ha negato anche in questa sede in base alla considerazione che l'art:. 199 bis fa espresso riferimento ai rimborsi di imposte iscritte a ruolo a titolo provvisorio in applicazioni deglli artt. 175 e 176 del testo unico del 1958; mentre nella specie l'iscrizione a ruolo in via provvisoria non avrebbe potuto aver luogo certamente in applicazione dei citati artt. 175 e 176, dato che l'imposta fu iscritta negli anni 1948 e 1952. L'argomento , per, privo di pregio. L'iscrizione a ruolo a titolo provvisorio in base ad un accertamento non definitivo non , infatti, un istituto introdotto dal vigente testo unico delle leg.gi sulle imposte dirette, ma era gi noto neHa legislazione precedente, trovando la sua disciplina nell'art. 109, n. 3, del regolamento 11 luglio 1907, n. 560, il quale ripeteva la sua legittimit dall'art. 58 del t.u. 24 agosto 1877, n. 4021. Per quanto riguarda, in particolare, l'imposta straol'dinaria progressiva sul patrimonio, l'art. 51, terzo comma, del t.u. 9 maggio 1950, n. 203, riconosceva espressamente all'Amministrazione finanzia.ria la facolt di rettificare in via provvisoria le dichiarazioni presentate dai contribuenti, o di procedere ad accertamenti provvisori nei casi in cui la dichiarazione fosse stata omessa, e di effettuare la conseguente iscdzione a ruolo dell'imposta, restando salvi ed impregiudicati la . Da tale norme, richiamata anche nell'art. 3, 2 comma, del d.l. 5 maggio 1957, n. 271, convertito nella legge 2 luglio 1957, n. 474, e modificato con la legge 31 dicembre 1962, n. 1852, che parimenti la sentenza impugnata e .l'Amministrazione ricorrente richiamano, si deduce necessariamente che proprietario degli apparecchi di deposito e distribuzione pu essere soltanto il concessionario dell'i:mpianto e che l'attribuzione dell'esercizio ad altri non pu mai determinare trasferimento di propriet degli apparecchi medesimi, giacch questi possono essere affidati dal concessionario, a terzi soltanto a titolo di locazio.e o comodato, per i depositi, ed unicamente di comodato per gli apparecchi di distribuzione. Dalla retta interpretazione di tali norme deriva, pertanto, che qualora detti apparecchi siano installati od incorporati in un fondo 1112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO appartenente a soggetto diverso dal concessionario, non ha luogo l'accessione degli apparecchi al fondo, neppure qualora gestore degli impianti sia il proprietario del suolo; se, infatti, costui non titolare della concessione, la sua posizione giuridica nei confronti degli apparecchi non pu esseife altra che quella di locatario o comodatario, posizioni, entrambe, che escludono l'acquisto per accessione. Esattamente, quindi, la sentenza impugnata ha escluso che gli impianti di distribuzione di carburanti, rinvenuti nel fondo appartenente al defunto Casati siano mai stati acquistati in propriet dallo stesso a titolo di accessione, essendo incontestato che egli non fu mai titolare della relativa concessione di deposito o distribuzione. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 :maggio 1971, n. 1612 -P1es. Caporaso -Est. Miele -P. M. Sciaraffia (conf.) -Soc. Italiana Impianti c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Tomasicchio). Imposta di re~istro -A~evolazione per estrazione, lavorazione e com mercio di marmi e minerali -Elencazione dei materiali - tas sativa. (1. 29 dicembre 1949, n. 955, art. 3 e 4). L'agevolazione per l'estrazione, la lavorazione e iZ commerrcio di marmi ed altri mineraLi applicabile ai soli materiali elencati nell'm t. 3 della l. 29 dicembre 1949, n. 955 ed agU oggetti fabbricati con l'impiego esclusivo di essi; restano quindi esclusi daU'agevolazione i composti minerali formati con materiali diversi da quelli considerati espressamente nella norma (1). (Omissis). -Con il primo motivo la ricorrente societ deduce la violazione degli artt. 3 e 4 della legge 23 dicembre 1949, n. 955, in relazione agU artt. 12 e 14 disposizioni preliminari al e.e.; falsa applicazione degli artt. 18 e 11 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. e conseguente omessa motivazione, art. 360 n. 5 c.p.c. Afferma la ricor.rente che la Commissione centrale ha erroneamente ritenuto che le norme che concedono benefici fiscali siano solo suscettibili di interpretazione tassativa senza possibilit di (1) Non constano precedenti specifici. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA interprestazione .estensiva, come pur ammette la costante giurisprudenza di questa Corte Suprema. Inoltre la Commissione centrale ha erroneamente argomentato dalla natura del tributo di registro quale tassa di atto per escludere ogni indagine sull'oggetto concreto dell'appalto ~ cio sulla natura del materiale da escavare, ritenendo invece che dovesse tenersi conto solo della nomendatmra usata dalle parti, interpretando i termini usati nel contratto nel senso che il materiale fosse costituito da diabase e come tale escluso dal beneficio della citata legge n. 955 del 1949. La censura infondata. Questa Suprema Corte ha rpi volte affermato che le norme che concedono agevolazioni fiscali, costituendo eccezione alle regole della normale tassazione, vanno interpretate in modo tassativo, secondo l'articolo 14 delle disposizioni prelimina.ri al e.e. Il che per non esclude la possibilit dell'interpretazione estensiva delle norme stesse, attraverso J.a quale interpretazione si ricomprendono .nelle disposizioni di legge tutti i casi in effetti tenuti ipresente dal legislatore (da ultimo, Cass., 6 maggio 1969, n. 1540). Ci posto, va rilevato che la Commissione centrale non ha disconosciuto tali principi e non ha affermato che le norme agevolative non siano suscettibili di interrpretazione estensiva, ma ha solo escluso l'interpretazione analogica ed in tal senso va chiaramente interpretato l'avverbio restrittivamente, solo impropriamente usato allo scopo di escludere l'analogia. La motivazione della decisione circa il contenuto ed i limiti della norma agevolativa in questione va tenuta ferma rispondendo ad esatti criteri giu.ridici. Invero che la legge 29 dicembre 1949, n. 955 intenda agevolare solo gli atti economici afferenti al commercio .di quei determinati minerali si ricava sia dall'elencazione dei minerai! fatta non gi con riferimento al genere e alla categoria ma con il nome specifico indicante una determinata composizione (marmo, .granito, serpentino, ecc.) sia dall'esclusione dell'agevolazione pel commer'Cio di oggetti non fabbrfcati con l'impiego esclusivo di detti prodotti, sia dalla specifica inclusione nel~'a.gevolazione dei sottoprodotti della lavorazione stessa . D'altronde se il legislatore avesse inteso agevolare anche i composti di minerali, non formati esclusivamente di soli iprodotti elencati, avrebbe certamente provveduto a fornire un criterio per la determinazione delle perecntuali dei minerali, non contemplati dal provvedimento, associati a quelli ivi elencati e ci allo scopo di evitare indebite o arbitrarie concessioni del beneficio. Pertanto va ritenuto che l'agevolazione in questione riguarda soltanto i minerali elencati 'nel ;provvedimento, soli o associati fra loro, con esclusione di composti di minerali, considerati dal provvedimento, e di altri ivi non considerati. -(Omissis). 1114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 maggio 1971, n. 1613 -Pres. Caporaso -Est. Gambogi -P. M. Caldarera (diff.) -Spampinato (avv. Famiani) c. Ministero delle l!"'inanze (avv. Stato Tarin). Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Impugnazione della Finanza -Notifica della decisione contenente la dichiarazione di impugnazione adeguatamente motivata e deposito di tale atto multiplo nella segreteria - sufficiente. (r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 38). Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Impugnazione della Finanza -Sottoscrizione dell'atto di impugnazione -Funzionario preposto al reparto diverso dal Capo Ufficio valida. Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Commissione Centrale Estimazione semplice e complessa -Apprezzamento di fatti. che costituiscono il presupposto indispensabile per la retta applicazione della legge -Giudizio sulla sussistenza e riconoscibilit dell'errore nella stipulazione del concordato - consentito. (r.d. 8 luglio 1937, n. 1615, art. 45). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Concordato -Impugnazione del contribuente per errore -Essenzialit e riconoscibilit Apprezzamento della Commissione Centrale -Incensurabilit in Cassazione. (e.e. artt. 1428 e 1431). L'impugnazione deila Finanza nel processo tributario pu essere validamente proposta mediante la notifica dell'avviso di decisione contenente la dichiarazione i impugnazione adeguatamente motivata e il successivo deposito tempestivo di tale atto co,mplesso nella segreteria deila Commissione (1). La sottoscrizione deU'atto di impugnazione, nulla disponendo al riguardo le norme del processo tributario, pu essere vaiidamente ap (1-4) Con numerose recenti pronunce stato ormai esaurientemente chiarito che l'impugnazione dell'Amministrazione nel processo tributario (che dovrebbe proporsi, secondo gli artt. 38 e 45 del r.d. 7 luglio 1937, n. 1516, con atto motivato depositato nella segreteria e comunicazione di esso al contribuente) pu validamente esperirsi dando notizia della (futura) impugnazione con lo stesso avviso di notifica della decisione .e utilizzando soltanto il predetto avviso (mod. 108 per le imposte indirette PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1115 posta, oltre che da.L Capo Ufficio, da un funzionariq preposto ai reparto abilitato potenzialmente a svolgere mansioni vicarie in luogo del suo dirigente (2). Rientra nei poteri della Commissione centrale conoscere, in materia di imposte dirette, i fatti che costituiscono il presupposto indispensabile per la retta applicazione delta legge, nel che si concreta un giudizio di estimazione complessa; spetta quindi alla Commissione centrale valutare la sussistenza e la riconoscibilit deli'errore nella stipulazione del concordato (3). L'apprezzamento deUa Commissione centra.le sulla sussistenza e 1iconoscibilit dell'errore nella stipulazione del concordato incensurabile in Cassazione (4). (Omissis). -Col primo mezzo di gravame il ricorrente, denunziando fa violazione del primo comma dell'art. 38 del r.d.l. 8 luglio 1937, n. 1516, lamenta che non si sia rilevata l'inammissibilit dell'appello di Ufficio contro la decisione della Comniissione distrettuale delle imposte di Catania, sebbene l'appello stesso risulti pervenuto alla Commissione provinciale soltanto il 28 ottobre 1967, e cio dopo oltre un anno dalla notifica della decisione impugnata, notifica avvenuta 1'8 luglio 1966. La Finanza obbietta preliminarmente che trattasi di ~ccezione nuova, che avrebbe dovuto, cio, essere proposta dinanzi alla Commissione centrale; e ci pure accettando il principio, ormai pacifico nella giurisprudenza di questa Corte Suprema, per cui il ricorso ex art. 111 della Costituzione contro le decisioni della Commissione centrale per le imposte deve considerarsi _,. diversamente da quanto avviene in sede di azione giudiziaria ordinaria instaurata dopo l'esau e mod. 22 per le imposte dirette) che contenga oltre alla dichiarazione di impugnazione anche i motivi adeguatamente svolti e provvedendo quindi a depositare detto atto nella segreteria nel termine prescritto. Va comunque ricordato che, per quanto sia ammissibile la utilizzazione di un atto per una diversa funzione, il vero atto di impugnazione il ricorso (quale che sia la forma) presentato alla Commissione, mentre al contribuente deve essere comunicata l'impugnazione e i relativi motivi; trattasi di due separati oneri che, anche se a mezzo dello stesso atto, vanno ambedue compiuti nel termine di trenta giorni decorrente dalla notifica della decisione (Cass. 3 ottobre 1968, n. 3065, in questa Rassegna 1968, I, 816; 30 gennaio 1970, n. 212, ivi 1970, I, 287; 4 marzo 1970, n. 512, ivi, 420; 13 ottobre 1970, n. 1973, ivi 1100; 20 gennaio 1971, n. 115, ivi, 1971, I, 409). Sulla seconda massima v. la decisione delle Sez. Un. 14 dicembre 1970, n. 2658 (ivi, 1971, I, 172) con la quale stato rettificato il contrario indirizzo della Commissione Centrale. pacifico che l'apprezzamento dei fatti che costituiscono il presupposto indispensabile per la retta applicazione della legge tributaria d 13 1116 RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO rirsi del procedimento tributario -come if~se ulteriore del procedimento tributario stesso (sentenze n. 1949 del 1961, n. 747 del 1962, n. 133 del 1963). Ma se Si accetta, come si deve accettare, questa premessa ,processuale della unicit del procedimento tributario culminato nel ricorso ex art. 111 della Costituzione, occorre allora ricordare che, per costante ,giurisprudenza di questa Corte Suprema, il .difetto di tempestivit dell'impugnazione deve essere rilevato, anche di ufficio, in ogni stato e grado. del giudizio (sentenza n. 761 del 1951) perch la sentenza (o decisione nel giudizio tributario) che non sia impugnata nei termini passa in .giudicato (sentenza n. 3522 del 1958). Il motivo di ricorso pertanto ammissibile, ma esso infondato, perch, come giustamente in subordine eccepisce la Finanza e come risulta dagli atti (che questa Corte Suprema pu esaminare e valutare in sede di controversia sull'esistenza di error in procedendo), l'ufficio fece pervenire alla Commissione provinciale il moc;Iello 22 con spe cifici e particolareggiati motivi di appello il giorno successivQ a quello della notifica dello stesso modello allo S-pampinato avvenuta, in data 8 luglio 1966. Vero che lo Spampinato obbietta che detto modello 22 (contenente, come noto, la notifica della decisione, nonch apposito spazio per la dichiarazione di appello dell'ufficio, che deve essere anche essa notificata al contribuente) non costituisce valido atto di appello ai sensi dell'art. 38, primo comma, r.d.1. 8 luglio 1937, n. 1516, ma l'eccezione infondata, perch quando detto modello (denominato 22 o 3/A per le imposte dirette) contenga, come nella specie, specifici, congrui ,e distinti motivi di gravame, non si vede come esso potrebbe non costituire un valido atto di appello sol perch siano nello stesso atto conglobate anche la notifica al contribuente della decisione luogo ad un giudizio di estimazione complessa (Cass. 3 ottobre 1968, n. 3066 ivi, 1968, I, 820), anche se in concreto una tale enunciazione pu dar luogo ad un eccessivo ampliamento dei poteri della Commissione Centrale, cosa che, per, non si verificava minimamente nel caso deciso nel quale era evidente la necessit di apprezzare la sussistenza e la riconoscibilit dell'errore ai fini dell'impugnazione del concordato. Per altri riferimenti v. l'annotazione alla sent. 3 maggio 1971, n. 1271 in questo fascicolo pag. 1076. La decisione non affronta la questione pi radicale della ammissibilit dell'impugnazione del concordato da parte qel contribuente per errore di fatto e in genere per vizio di consenso; tale impugnazione, un tempo pacificamente ammessa sul presupposto che il concordato fosse un negozio di transazione e tuttora riconosciuta dalla Commissione Centrale (18 ottobre 1968, n. 98856; 25 novembre 1969, n. 10728, in Riv. leg. fisc., 1969, 1634 e 1970, 1634), dovrebbe essere diversamente riguardata partendo dal concetto, ormai pacifico, del concordato come atto amministrativo. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1117 impugnata e dell'appello contro questa, giusta il disposto del capoverso dell'art. 38 del r.d.l. n. 1516 del 1937. Ci tanto vero che, se circa questi modelli questioni sono gi sorte dinanzi a questa Corte Suprema, ci avvenuto solamente in tema di invalidit di un atto di appello di Ufficio depositato presso l'organo ad quem separatamente dal modello ; ed il fatto che il relativo dubbio sia stato risolto nel senso della validit dell'atto separato (sentenze n. 212 del 1970, n. 603 del 1969, n. 3065 del 1968) ovviamente non implica l'illegittimit della economica prassi di conglobare tutti gli atti necessari per l'impugnazione nel noto modello, .da depositare poi come atto di gravame in altro originale. Il primo mezzo del ricorso deve essere quindi rigettato. Col secondo mezzo il ricorrente, denunziando la violazione dell'art. 75 terzo comma c.p.c. con riferimento all'art. 175 del r.d. 23 marzo 1933, n. 185 (Regolamento per il personale degli uffici. dipendenti dal Ministero delle Finanze e per l'ordinamento degli uffici direttivi finanziari), eccepisce il difetto di legittimazione ad processum del, funzionario dell'Ufficio imposte dirette di Catania che sottoscrisse l'appello alla Commissione provinciale per il Direttore titolare di tale Ufficio. Sostiene, all'uopo, che con questo vi stata violazione delle norme sulla rappresentanza organica dell'Amministrazione dello Stato, con conseguente irregolare costituzione del ontraddittorio. Anche su questo punto la Finanza resistente sembra limitarsi ad obbiettare che l'eccezione tardiva perch andava fatta dinanzi alla Commissione provinciale; ma anche qui devesi osservare che, se si ammette l'unicit del processo tributario anche per la fase dinanzi a questa Corte Suprema in sede di ricorso ex art. 111 della Costituzione, va allora ricordato che pure in tema di legittimazione ad processtim questa stessa Corte Suprema ritiene che le questioni relative possano essere esaminate, anche. di ufficio, in ogni stato e .grado del processo (sentenze n. 345 del 1966, n. 2299 e n. 738 del 1963, n. 1714 del 1962). Anche il secondo motivo del ricorso quindi ammissibile. Esso , ~eraltro, infondato. La natura giurisdizionale del proce dimento dinanzi alle Commissioni tributarie, costantemente affermata da questa Corte Suprema, non implica affatto, ovviamente, che tutte le norme del Codice di procedura civile siano applicabili a detto pro cedimento. certo non sono allo stesso applicabili, dato che trattasi di un processo giurisdizionale si, ma che si svolge all'interno dell'Am ministrazione delle Finanze, l".! normali regole procedurali che disci plinano, ai sensi e per gli effetti dell'art. 75 terzo comma c.p.c., ri chiamato dal ricorrente, la rappresentanza (organica) in giudizio dello Stato, perch altrimenti, essendo ius receptum che per lo Stato stesso stanno in .giudizio, come parti, i titolari dei singoli dicasteri od am ministrazioni autonome, tutti i ricorsi dell'Ufficio dinanzi alle Com 1118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO missioni tributarie dovrebbero essere sottoscritti dal Ministro delle Finanze, cosa questa palesemente assurda. Il richiamo all'art. 75 del .c.p.c. quindi fuor di luogo nella fattispecie; come fuor di luogo l'accenno al Regolamento per il personale degli Uffici d1pendenti dal Min1stero delle Finanze e per l'ordinamento degli uffici direttivi finanziari, che fu approvato con r.d. 23 marzo 1933, n. 185 ed quindi anteriore ai rr.dd. n. 1639/1936 e n. 1516/1937 che regolando ex novo l'ordinamento tributario ed il relativo contenzioso, sono le norme specifiche da applicare anche in punto di rappresentanza dello Stato. Ci non significa peraltro che in proposito non possono sorgere questioni del tipo di quella prospettata dallo Spampinato, perch una norma che indichi precisamente quali siano i funzionari abilitati a presentare i ricorsi, controricorsi e scritti difensivi per l'Amministrazione nel processo tributario non si ritrova nei due rr.dd. del 1936 e 1937, che parlano sempre genericamente di Ufficio ., eccezione fatta per l'art. 29 del secondo decreto che consente l'intervento alle adunanze della Commissione distrettuale o provinciale del procuratore delle imposte e del registro o di un suo e rappresentante . Questa genericit del disposto di legge, anzi, ha fatto recente mente sorgere dissensi in seno alla stessa Commissione centrale per le imposte, che_ sulla specifica questione oggi riproposta dallo Spam pinato ha prima ritenuto la validit dell'appello firmato da un fun zionario dell'ufficio in luogo del titolare reggente (decisione n. 96899 dell'8 maggio 1968) e poi ha, invece, affermato che solo il titolare dell'ufficio pu presentare un atto di impugnazione (decisione n. 4746 del 30 maggio 1969). Questa Corte Suprema a Sezioni Unite, con sentenze nn. 2657, 2658 e 2659 del 1970, ha stabilito gi che la sottoscrizione del titolare dell'ufficio non requ1sito di validit dell'impugnazione nel processo tributario; e tale affermazione, che convalida la prassi decennale seguita dagli uffici finanziari, deve essere oggi ripetuta. La genericit del termine di Ufficio usato dal. leg1slatore non consente, infatti, J.'interpretazione formalistica e restrittiva proposta dal ricorrente; ed il fatto che per comparire dinanzi a}la Commis sione tributaria la legge designi espressamente il procuratore delle imposte prova a contrario che in ogni altro caso fa legge stessa non ha voluto restringere a pochi determinati organi interni dell'Am ministrazione finanziaria la rappresentanza di questa in sede di con tenzioso tributario, ma ha voluto lasciare un certo margine discre zionale in proposito per facilitare l'andamento del servizio; e se os stanno le cose non si pu, secondo i principi generali, negare efficacia 1119 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIIA normativa a quella consuetudine praeter legem -in mancanza, cio, di espressa designazione del funzionario abilitato -per cui, come si premesso, i capi reparto degli uffici finanziari hanno sempre sottoscritto accertamenti, ricorsi e simili atti del procedimento tributario. Con ci naturalmente, non si vuol dire che l' Ufficio cui genericaricamente fa riferimento la legge possa essere rappresentato in tale procedimento da un archivista o da un amanuense, dovendosi sempre trattare di un funzionario di concetto abilitato almeno potenzialmente a svolgere mansioni vicarie in luogo del suo dirigente, secondo i principi .generali del diritto amministrativo in materia di delega di pubbliche funzioni; ma entro questi ragionevoli limiti, escluso cio che si possa parlare di inesistenza dell'atto posto in essere dal funzionario, poich le regole di or.ganizzazione interna dell'Amministrazione statale sono destinate a facilitare, e non ad intralciare, l'azione amministrativa e rpoich si tratta, infine, di norme d.i azione dalle quali non sorgono per il privato diritti soggettivi, la prassi amministrativa in questione pu essere considerata legittima anche agli effetti processuali di cui qui si discute. Anche il secondo motivo di gravame deve essere quindi rigettato. Col terzo mezzo lo Spampinato, denunziando la falsa applicazione e violazione dell'art. 384 cpv. c.p.c., censura la decisione impugnata perch questa, confermando con diversa motivazione la decisione della Commissione provinciale, avrebbe fatto indebito ricorso a tale norma del codice di rito e sarebbe andata ultra petita. Anche questa doglianza da rigettare. Che la Commissione centrale abbia inteso fare uso del capoverso dell'art. 384 c.p.c., dettato per il giudizio di cassazione, gratuita supposizione del ricorrente. La correzione della motivazione cui fa riferimento tale norma la correzione in diritto cui questa Corte Suprema deve procedere di fronte ad una sentenza giusta nel dispositivo ma con motivazione giuridicamente non esatta; e nella specie nulla di simile ha fatto la Commissione centrale che, se mai, ha cambiato in fatto la motivazione, affermando che l'errore commesso dal contribuente era inescusabile, mentre la Commissione provinciale aveva invece rilevato che nessun errore viziava il concordato, dato che lo Spampinato nella sua dichiarazione unica aveva esposto gli stessi redditi poi concordati. E questo era un apprezzamento di merito sindacabile da parte della Commissione centrale, la quale, secondo l'interpretazione data dalle Sezioni Unite di' questa Corte Suprema aU'art. 45 del r.d. n. 1516 del 1937, in materia di ricchezza mobile competente a conoscere non solo delle questioni di diritto, ma anche delle questioni di. fatto che, essendo connesse alle questioni di diritto, costituiscono presupposti stru- mentali indispensabili per la retta applicazione della legge (sentenza 1120 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO n. 565 del 1969). appena il caso di osservare, per quanto concerne il caso in esame, che il giudizio sulla sussistenza e sulla riconoscibi.:. lit dell'errore presupposto necessario dell'applicazione dell'art. 1427 e.e., e fa quindi tipicamente parte di quella estimazione complessa che, diversamente dalla estimazione semplice, rientra nella competenza della Commissione centrale per le imposte secondo l'indirizzo giurisprudenziale sopra richiamato. Trattandosi, pertanto, di un apprezzamento di fatto consentito a detta Commissione centrale la censura in esame deve essere, .come dicevasi, rigettata. Col quarto motivo del suo ricorso lo Spampinato denunzia il difetto di motivazione dal quale sarebbe affetta da decisione impugnata in ordine all'affermazione di non riconoscibilit dell'errore dedotto per chiedere l'annullamento del ,concordato. Ma tale difetto di motivazione non sussiste; la Commissione centrale, infatti, ha rilevato che, !non ammissibile che proprio in sede di conclusione del concordato, quando cio il contribuente deve porre la massima attenzione. nel fissare i termini della questione ;fiscale e nel precisare la sua richiesta di moderazione dell'accertamento notificatogli, si sbagli accettando addirittura -come sembra sia avvenuto nella specie -la determinazione di un profitto lordo superiore a quello denunziato in sede di dichiarazione unica. E, ci dicesi, naturalmente, non per esprimere un apprezzamento di merito conforme a quello contenuto nella decisione impugnata, ma per porre in luce la congruit, sufficienza e logicit della pur concisa motivazione da tale decisione adottata. Anche il quarto mezzo del ricorso deve essere quindi rigettato. Col quinto ed ultimo mezzo lo Spampinato, denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 34, primo e secondo comma, del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 con riferimento agli artt. 1418 e 1427 e.e., lamenta che il diritto alla risoluzione per errore del concordato tributario sia stato riconosciuto in tesi ma all'atto pratico vanificato col pretendere che l'errore istesso fosse rilevato in sede di concordato e non successivamente. Anche questa censura infqn~ata, perch la Commissione centrale non ha affatto detto che l'errore commesso dal contribuente non possa essere fatto valere -e cio rilevato in tal senso -dopo il concordato, ma ha semplicemente ricercato, secondo il principio stabilito dagli artt. 1428 e 1431 e.e. se al momento in cui il contribuente stipul il negozio che si pretende viziato, il contribuente stesso fosse fuorviato da un errore che una persona di normale diligenza non avrebbe potuto rile-xare; e con l'incensurabile apprezzamento di merito di cui si detto ha escluso che questo fosse nella specie avvenuto. -(Omissis). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1121 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 maggio 1971, n. 1623 -Pres. Giannattasio -Est. Granata -P. M. Silocchi (conf.) -Calori (avv. Avezza) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli). Imposta di registro -Servit -Servit reciproca di non edificare Creazione di cortile allo scopo di realizzare un maggior volume costruibile -Regolamento di igiene del Comune di Milano. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, art. 1). Imposta di registro -Enunciazione -Sussistenza in concreto -Apprezzamnto di merito -Incensurabilit in Cassazione. (r.d. 30 dicembre 192.3, n. 3269, art. 62). Costituisce una servit tassabile ai sensi dell'art. 1 tabella A delLa legge di registro, il patto, stipulato in relazione alle disposizioni del regolamento di igiene del Comune di Milano, con il quale i proprietm i di fondi finitimi assumono l'impegno perpetuo di non edificare su una determinata area allo scopo di creare un cortile che consenta la costruzione all'intorno di un maggior volume (1). Costituisce apprezzamento di merito, non censurabile in Cassazione, lo stabilire se un atto contenga in concreto l'enunciazione di aitra convenzione (2). (Omissis). -Con il primo motivo di ricorso, il Calori, denun ziando violazione dell'art. 8 della legge di registro e dell'art. 1 della Tariffa all. A, sostiene che erroneamente la Corte del merito ha rav visato nella convenzione di cortile stipulata con l'atto 5 luglio 1962 la costituzione di una servit, giacch tale convenzione era diretta soltanto ad acquisire la maggiore edificabilit delle aree circostanti, consentita dall'art. 44, comma quarto, del Regolamento d'igiene della citt di Milano. E deduce che questa Corte Suprema ha gi affermato che il convenzionamento di cortili confinanti, previsto dalla succitata norma regolamentare, non determina la costituzione di servit. La censura priva di fondamento. L'art. 44 del Regolamento d'igiene del Comune di Milano dispone, nei primi tre commi, che i cortili devono essere di area non inferiore (1) Cfr. sulla questione specifica della prima massima, nei suoi aspetti civilistici, Cass. 14 maggio 1969, n. 1679, Mass. Giur. it., 1969, 691; pi in generale sulle servit reciproche Cass. 19 maggio 1969, n. 1738 e 17 ottobre 1969, n. 3393, ivi, 720 e 1358. Sulla seconda massima Cass. 17 giugno 1968, n. 1954, Riv. leg. fisc., 1968, 2409. 1122 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO alla quinta parte della superficie totale delle pareti che li recingono e che, agli effetti di questa calcolazione, i lati dei cortili confinanti con altre propriet, tanto se questi lati non siano fabbricati, come se fabbricati ad altezza minore di m. 18, devono essere considerati dell'altezza di m. 18; stabilisce poi, nel comma quarto, che l'area dei cortili pu essere tanto di ragione esclusiva dell'edificante, come appartenere a due o pi propriet finitime, e che in quest'ultimo caso i cortili confinanti possono (agli effetti del calcolo) essere considerati come un unico cortile, purch ci risulti da convenzione di reciproca servit perpetua da stipularsi fra i rispettivi confinanti a loro spese, con l'intervento del Comune. Dal testo della convenzione 9 luglio 1962 risulta che le parti, al dichiarato fine di ottenere che le aree di rispettiva propriet venissero considerate come un cortile comune, per gli effetti di cui alle norme suesposte, riconobbero e dichiararono, per s, per i successori e aventi causa, che le aree medesime restavano perpetuamente vincolate a cortile e sarebbero state, quindi, mantenute libere da costruzioni che si elevassero sul piano del cortile stesso a quota superiore a quella del pavimento dei locali di abitazione. Orbene, che con tali pattuizioni le parti contraenti abbiano determinato la costituzione di una servit non pu essere revocato in dubbio, risultando manifesto (come la Corte del merito ha esattamente rilevato) ehe l'obbligo assunto odi mantenere perpetuamente libere da costruzioni le aree vincolate a cortile si risolve in un divieto di edificare e quindi in una limitazione permanente al .godimento di ciascuna area per assicurare un vantaggio alla zona di terreno contigua. Ed noto, d'altra parte, che ben possibile che due fondi siano reciprocamente gravati da analoga servit (cfr. Cass., 19 maggio 1969, n. 1738 e 17 ottobre 1969, 111. 3393), perch il rapporto ehe si costituisce in tal caso non queUo di corrispettivit tra due fondi, bens quello relativo a due distinte ed autonome servit, in cui il fondo che nell'una considerato come servente, nell'altra considerato come dominante. Nessun elemento in senso contrario pu essere tratto dalla considerazione (posta in risalto dal ricorrente) che la convenzione 5 luglio 1962 sia stata conclusa, su richiesta del Comune di Milano, al fine di conseguire la maggiore edificabilit delle aree circostanti, ai .sensi dell'art. 44, comma quarto, del Regolamento d'igiene, giacch tale norma (come si -innanzi precisato) subordina, appunto, la possibilit di considerare i cortili confinanti come unico cortile e di acquisire, quindi, Ja maggiore edificabilit, alla stipulazione di apposita convenzione di reciproca servit perpetua . Sostiene, !Peraltro, il Calori che questa Corte avrebbe affermato che la convenzione prevista dal succitato art. 44, comma quarto, del I '1 I I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Regolamento in esame non determina la costituzione di servit; ma tale assunto frutto di equivoco. Questa Corte infatti, con -sentenza 14 maggio 1969, n. 1679, ha esplicitamente riconosciuto carattere di servit perpetua inaadificand: al patto di convenzionamento di cortili" previsto dalla suindicata norma regolamentare, mentre con la decisione cui il ricorrente si r-iferisce (sent. 22 luglio 1966, n. 1995), diretta a risolvere questioni che non interessano il presente giudizio, si sancito che il detto convincimento, avendo la :finalit di rendere disponibile una maggiore superficie verticale per eventuali sopraelevazioni, non determina la costituzione di una servit altius non tolLendi sulle pareti prospicienti i cortili. Con il secondo motivo di ricorso, il Calori, denunzia):ldo violazione degli artt. 62 e 94 della legge di registro, assume che il patto di convenzionamento dei cortili era stato gi enuncfato nello istrumento 24 aprile 1947 e che erroneamente tale enunciazione stata esclusa dalla Corte del merito. Il motivo inammissibile. Invero, secondo i principi costantemente enunciati da questa Corte (cfr., da ult., sent. 17 giugno 1968, n. 1954) e che devono essere anche ora vibaditi, in mancanza di elementi contrari, l'apprezzamento dei giudici di merito sull'esistenza in concreto dell'enunciazione di un patto, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 62 della leg.ge di registro, si risolve in una valutazione di fatto sottratta al sindacato di legittimit, se sorretta da una congrua motivazione, esente da vizi logici. E nella specie nessuna indagine pu essere effettuata sulla congruit della motivazione, essendo stata soltanto denunziata, con il motivo di ricol'So in esame, un'asserita violazione di legge. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 maggio 1971, n. 1625 -Pres. Giannattasio -Est. Milano -P. M. Silocchi (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini Rota) c. Banco di Sicilia (avv. Voltaggio Lucchesi). Imposta ipotecaria -Credito agrario -Iscrizione in base a decreto ingiuntivo di ipoteca giudiziale sul credito portato nelle cambiali Applicabilit dell'agevolazione. (1. 5 luglio 1928, n. 1760, art. 21; r.d. 4 ottobre 1935, n. 1885, artt. 1 e 5). L'agevolazione dell'art. 21 della legge 5 luglio 1928, n. 1760 si applica non soltanto alle iscrizioni di ipoteca convenzionale ma anche 1124 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ad ogni altra ipobeca, compresa queHa giudiziale, riferita al credito agrario di esercizio portato nella cambiale (1). (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso l'Amministrazione finanziaria, l.enunciando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 21 legge 5 luglio 1928, n. 1760, 1 e 5 r.d. 4 ottobre 19S5, n. 1885, 1 e 4 legge 27 luglio 1962, n. 1228 e dell'articolo unico della legge 6 dicembre 1965, n. 1381, nonch il difetto di motivazione dell'impugnata decisione, ripropone la tesi secondo cui l'agevolazione tributaria concessa diill'art. 21 della citata legge n. 1760 del 1928 alle operazioni di credito agrario di esercizio, non applicabile all'ipoteca giudiziale iscritta in base a decreto ingiuntivo emesso su cambiali agrarie non soddisfatte. Sostiene, in particolare, che tale agevolazione spetta agli atti tipicamente :prev.isti dalla legge come inerenti alle operazioni di credito agrario e, di conseguenza, mentre spetta alle garanzie ipotecarie che assistono l'importo delle cambiali agrarie in cui la sovvenzione deve necessariamente concretarsi, non spetta invece all'ipoteca giudiziale, perch questa non assiste il credito agrario, in quanto non trova la sua giustificazione nella relativa disciplina speciale, ma si fonda esclusivamente sul titolo giudiziario di condanna. Tralasciando di considerare il lamentato difetto di motivazione perch tale vizio costituisce motivo di annullamento solo se concerna punti di fatto e non profili di diritto d.ella causa, osservasi che la tesi prospettata dalla ricorrente Amministrazione non fondata. Si deve, infatti, ritenere, conformemente all'opinione espressa dalla Corte di merito, che le garanzie ipotecarie in favore di prestiti agrari (1) Del tutto conforme l'altra decisione 11 giugno 1971, n. 1762. La decisione suscita varie perplessit. Va premesso che l'agevolazione tributaria del credito agrario di esercizio copre l'atto convenzionale di costituzione dei privilegi che accompagna la cambiale agraria, solo quando sia stipulato con rigorosa osservanza della disciplina sostanziale del credito agrario sia in ordine al contenuto che alla forma; gli atti agevolati sono cio atti tipici. Com' noto la legge n. 1760 del 1928 e il Regolamento 23 gennaio 1928 prevedono che il prestito di esercizio sia attuato esclusivamente attraverso lo sconto della cambiale agraria e che soltanto per la costituzione dei privilegi possa stipularsi un atto convenzionale destinato a regolare la efficacia dei privilegi non a stabilire le condizioni del prestito che sono regolte dalla legge inderogabilmente. certamente consentito convenire col citato atto la costituzione di ipoteca, solo nell'ambito di quanto la legge dispone; ma necessario che preventivamente, se pur non contestualmente al rilascio della cambiale, sia delimitata e disciplinata convenzionalmente l'entit, la ampiezza e la durata dei privilegi. Se l'istituto mutuante si provvede di mezzi di garanzia diversi e maggiori di quelli originariamente convenuti, non si pi in presenza di un'operazione tipica regolata dalla legge, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1125 di esercizio rientrano nel trattamento tributario dell'abbonamento previsto dall'art. 21 della legge n. 1760 del. 1928 in qualunque momento vengano eseguite le formalit ipotecarie ed a prescindere dalla natura del titolo, convenzionale o giudiziale, in base al quale esse siano iscritte. Depone in tal senso, innanzi tutto, la lettera della legge che, secondo le regole dell'ermeneutka, deve in primo luogo essere riguardata dall'interprete. Mentre, infatti, l'art. 1 del decreto n. 1883 del 1935 prevede esplicitamente che le agevolazioni tributarie di cui alla legge n. 1760 del 1928 si applicano anche al caso in cui i prestiti agrari di esercizio siano assistiti da garanzia ipotecaria , usando una espressione comprensiva di ogni ipoteca, senza alcuna limitazione o distinzione, la medesima, cio, ampia espressione che si rinviene nell'art. 3 del precedente decreto ministeriale 11 marzo 1929, la legge 30 maggio 1932, n. 635, nel primo comma del suo unico articolo, ribadisce tale concetto, stabilendo che godono dello stesso trattamento tributario previsto per la iscrizione anche gli atti di .consenso e le formalit iipotecarie per la cancellazione del privilegio convenzionale agrario e delle ipoteche in genere , espressione quest'ultima che lascia chiaramnte intendere, specie se posta in relazione con l'aggettivo convenzionale riferito al privilegio, che il legislatore non abbia inteso fare alcuna distinzione tra la natura del titolo in base al quale le ipoteche vengono iscritte. Tale interpretazione , poi, confortata dalla ratio legis, chiaramente ispirata all'intento di favorire il regolamento dell'operazione di credito agrario nel suo sorgere, nel suo svolgimento e nella sua esecuzione, per cui non sembra che possa affermarsi che il legislatore, all'atto stesso di vole~:_r perseguire tale intento, abbia, poi, inteso escludere dal regime dell'abbonamento proprio quelle ipoteche che vengono La norma infatti improntata alla tutela del prestatario, contraente pi che debole, e si preocccupa di evitare che l'operazione particolarissima di credito agrario si converta in un'operazione bancaria ordinaria; per questo sono espresssamente enumerati i mezzi di garanzia (e fra essi ad esempio esclusa per il credito di esercizio la cessione di credito: v. Cass. 26 maggio 1971, n. 1562, in questo fascicolo pag. 1096) ed determinato il contenuto dell'atto di costituzione dei privilegi. Nei confronti del mutuatario inadempiente l'istituto mutuante pu con procedura speciale agire e10ecutivamente sui beni oggetto di privilegio (art. 11 della legge n. 1760), ma non pu, come un comune creditore, esercitare tutti i normali mezzi di coazione all'adempimento. perfino dubbio che possa essere ottenuto il titolo esecutivo idoneo all'iscrizione di ipoteca giudiziale sulla base della cambiale agraria, perch ci aggrava la posizione del debitore introducendo un privilegio non previsto originariamente. Non quindi la stessa cosa iscrivere l'ipoteca originariamente convenuta e programmata e aggiungere l'ipoteca (giudiziale) ad una operazione originariamente pattuita 1126 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO iscritte quando, per la inadempienza del mutuatario, si manifesta, non pi eventuale, ma effettiva la necessit della garanzia del credito. . E proprio in considerazione della rilevata finalit della legge che le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 2682 del 12 oittobre 1960, hanno ritenuto che il particolare trattamento tributario di favore spetta anche nel caso in cui l'iscrizione dell'ipoteca, anzich inizialmente e contestualmente al prestito agrario, avvenga in epoca successiva, sempre che la garanzia iipotecaria sia connessa all'operazione di prestito agrario, sia, cio, in relazione a cambiali emesse ai sensi della legge n. 1760 del 1928. Siffatto principio, rigorosamente aderente alla lettera ed allo spirito della legge, consente di cogliere l'inconsistenza del rilievo della ricorrente Amministrazione secondo cui l'ipoteca giudiziale sarebbe esclusa dal regime dell'abbonamento iperch, essendo iscritta successivamente allo sconto delle cambiali, non costituirebbe una forma tipica di garanzia della operazione di :prestito agrario. Se, infatti, non si pu negare che nel caso dell'ipoteca giudiziale non vi contestualit tra operazioni di prestito e la garanzia, non pu per essere contestata l'inerenza di quest'ultima all'operazione di prestito agrario, allorquando l'iscrizione ipotecaria sia avvenuta in dipendenza di un provvedimento dell'autorit giudiziaria emesso in base a cambiali con le quali il prestito si concretizzato. Ed in proposito nessun utile elemento di giudizio pu ricavarsi dalla considerazione della ricorrente secondo cui l'ipoteca giudiziale, a differenza di quella convenzionale, non trova la sua giustificazione nella relativa disciplina speciale, ma si fonda sul titolo giudiziale di condanna giacch, qualunque ne sia il titolo d'iscrizione, l'ipoteca non muta configurazione nella sua essenza e nella sua struttura, mentre, ai fini dell'applicazione dell'agevolazione tributaria, ci che rileva , non senza tale forma di garanzia. Se quindi ammissibile l'agevolazione anche quando la ipoteca, pur sempre convenzionale, sia contenuta in un patto aggiuntivo successivo allo sconto della cambiale (Cass. 12 ottobre 1960, n. 2682, Riv. Leg. fi,sc., 1961, 547), la stessa conclusione non pu assumersi per l'ipoteca iscritta dopo il perfezionamento dell'operazione contro la volont del debitore; in tal caso, diversamente da quanto si afferma nella sentenza in rassegna, la speciale operazione di credito muta configurazione nella sua essenza e nella sua struttura. Non sembra poi esatta l'analisi delle norme dell'art. unico della Legge 30 maggio 1932, n. 635 e dell'art. 3 del r.d. 4 ottobre 1935, n. 1883 nelle quali la S.C. vuol ricercare un generale riferimento della agevolazione alle ipoteche in genere in contrasto con il pi limitato riferimento agli atti convenzionali ~ di costituzione del privilegio. L'agevolazione delle ipoteche di cui si discute risulta invece da altra norma, cio dall'art. 1 del r.d. 4 ottobre 1935, n. 1883 che dichiara applicabili le agevolazioni dell'art. 21 della legge 5 luglio 1928, n. 1760 e sue . PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1127 gi il titolo in -base al quale l'ipoteca viene iscritta, ma l'inerenza di tale forma di garanzia all'operazione di credito agrario. Fuori di proposito, infine, la ricorrente invoca a sostegno della propria tesi le sentenze di questa Corte n. 850 e n. 1786 del 1969, perch con esse si escluso che l'agevolazione in questione spetti alle cessionj di credito a titolo di garanzia anche se connesse ad un'operazione di prestito agrario di esercizio, per essere tale forma di garanzia prevista dalla legge solo per la concessione di mutui riguardanti il miglioramento dell'azienda agricola e non per quelli di esercizio, mentre, come dinanzi si visto, la legge prevede espressamente la possibilit della garanzia ipotecaria per le operazioni di credito agrario di esercizio. -(Omissis). cessive modificazioni anche nel caso in cui i prestiti agrari di esercizio siano assistiti da garanzia ipotecaria (cosa per il passato esclusa); in conseguenza la norma introdotta con r.d. 29 luglio 1928, n. 2085 (ad integrazione dell'art. 21 predetto) si applica anche alle ipoteche che assistono operazioni di esercizio; ma tale norma prevede per l'appunto l'esenzione per l'iscrizione e rinnovazione di ipoteche e per gli atti di costituzione convenzionale. Le disposizioni dell'art. 3 del predetto r.d. 4 ottobre 1935, n. 1883 e dell'art. un. della legge 30 maggio 1932, n. 635 riguardano invece le cancellazioni (atti di consenso e successive formalit ipotecarie) dei privilegi convenzionali e delle ipoteche in genere e questi atti godono delle stesse agevolazioni previste per i corrispondenti atti di costituzione dei privilegi e delle ipoteche, cio gli atti convenzionali. N ha innovato sti questo regime la recente legge 6 dicembre 1965, n. 1381, la cui portata stata ben delimitata con la sent. 22 maggio 1969, n. 1786, in questa Rassegna, 1969, I, 720. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 giugno 1971, n. 1674 -Pres. Giannattasio -Est. Alibrandi -P. M. Trotta (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Bavarese) c. Soc. Comi e altro (avv. Romanelli). Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Concessione reciproca del diritto di superficie -Non costituisce trasferimento della propriet -Inapplicabilit dell'agevolazione. (I. 2 luglio 1949, n. 408, art. 14). Imposta di registro -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti per loro natura le une dalle altre -Atto di acquisto di area e concessione reciproca del diritto di superficie -Esclusione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 9). 1128 i RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Interpretazione estensiva -Atti in connessione strumentale con quelli agevolati -Esclusione. (I. 2 luglio 1949, n. 408). Imposte e tasse in genere -Fonti dell'obbligazione tributaria -Circolari -Natura -Effetti. Imposta di registro -Permuta -Concessione reciproca del diritto di superficie -Non tale. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 51). La concessioiie reciproca ad aedificandum fatta a favoire di ognuno dei compartecipi alta comunione pro indiviso della propriet di area edificabile (o del lastTrico di CQIJ)ertura da sQIJ)Taelevare) soggetta all'imposta ordinaria di regisbro e non pu fruire de-Ll'agevolazione della legge 2 luglio 1949, n. 408 (1). . In base all'art. 9 della legge di registro, sono soggette ad unica imposta pi convenzioni contenute in un unico atto quando tra esse intercorra una concatenazione o .compene.trazione di carattere ogget tivo tale da assorbire tutte le disposizioni in un unico negozio qua.li elementi indispensabiii di esso; una tale concatenazione non sussiste tra l'atto di acquisto con cui si crea la comunione di un'area e la conces sione reciproca ad aedificandum fra i compartecipi (2). La legge 2 luglio 1949, n. 408, che ha accolto il principio di indi care specificamente gli atti agevolati, non co.nsente di estendere i bene fici in essa previsti agli atti in connessione strumentale con quelli di rettamente considerati (3). Le circolq,ri ministeriali spiegano effetto soltanto nei rapporti in terni dell'Amministrazione e non possono valere n a costituire fonti di diritti a favore di terzi o di obblighi a carico dell'Amministrazione, n a fornire elementi di interpretazione di norme di legge (4). La reciproca concessione ad aedificandum fatta a favore di ognuno dei contraenti partecipanti alla comunione ipro indiviso della propriet di area edificabile non comporta permuta n della propriet di parte del costruendo edificio n di altri diritti sulle parti stesse (5). (1-5) Conforme per le prime due massime la sentenza 22 giugno 1971, n. 1978 di cui omettiamo la pubblicazione. Sulla prima massima la giurisprudenza ormai pacifica (Cass. 10 marzo 1971, n. 688 in questa Rassegna, 1971, I, e precedenti ivi richiamati). Vengono ora respinti tutti i 'nuovi tentativi di includere nell'agevolazione la concessione reciproca ad aedificandum ricorrendo all'art. 9 della legge di registro, alla connessione strumentale o di mezzo al fine cop. atti agevolati e infine all'istituto della permuta. Sulle disposizioni necessariamente connesse ex art. 9, Cass. 7 ottobre 1970, n. 1845, ivi, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1129 (Omissis). -Il ricorso principale dell'Amministrazione delle finanze e quello incidentale della soc. Immobiliare Comi e dello Scaglione vanno riuniti in unico processo, perch proposti contro la stessa sentenza (art. 335 c.p.c.). Nell'ordine logico va esaminato con precedenza il ricorso incidentale col quale, nel primo mezzo, si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 952 e segg. e 1117 e segg. e.e. ;per avere la Corte del merito ritenuto che l'accordo con cui gli acquirenti di un'area edificabile convengono di costruirvi un fabbricato in condominio fra foro, anzich in comunione pro-indiviso, sia configurabile come reciproca costituzione di diritti di superficie. Sostengono, in ;particolare, i ricorrenti che in un accordo di tal genere la costituzione di diritti di superficie esula dalla volont delle ;parti, il cui fine non quello di evitare gli effetti della accessione, in quanto ciascuno dei proprietari del suolo conseguir, con la convenzione da essi stipulata, una determ_inataparte dell'edificio, proporzionata alla quota di cui titolare nella comunione del terreno, e tale accordo -aggiungono i ricorrenti -pu farsi rientrare fra quelli diretti a regolare l'uso della cosa comune, per cui da esso non nascono diritti nuovi rispetto a quelli di cui i contraenti gi sono titolari. Il motivo non fondato. Secondo l'indirizzo giurisprudenziale di questa Corte suprema, pm volte affermato (sent. 4 marz 1960, n. 399; sent. 26 giugno 1961, nu mero 1533 e sent. 14 maggio 1968, n. 1516), i partecipanti alla comu nione della propriet dell'area, i quali deliberano di costruire su que sta un edificio in condominio, attribuendo a ciascuno il diritto su parti predeterminate del costruendo stabile, pongono in essere una reci proca concessione ad aedificandum a favore di ognuno dei contraenti, '\ con gU effetti di cui all'art. 952 e.e. quanto all'acquisto della propriet, attribuendo cio a ciascuno di essi un diritto reale sul suolo comune. E, nonostante '1e censure mosse dai ricorrenti incidentali, si ravvisano tuttora valide le ra.gioni che presidiano tale orientamento. Il principio dell'accessione -per il quale il proprietario del suolo acquista, ipso iure, per effetto e nel momento della incorporazione delle opere, le costruzioni che da altri vi siano eseguite e che, appli cato all'ipotesi di compropriet del terreno, importa la conseguenza che -la costruzione ricada in comunione pro-indiviso fra tutti i proprie 1970, I, 946; sulla interpretazion~ estensiva della agevolazione agli atti in connessione strumentale, con riferimento specifico alla legge n. 408, Cass. 3 dicembre 1970, n. 2526 (ivi, 1971, I, 109), in senso contrario 7 dicembre 1970, n. 2585 (ivi, 131). Sulla natura delle circolari, Cass. 30 ottobre 1969, n. 3597 (ivi, 1969, I, 1162); 11 giugno 1968, n. 1848 (Riv. leg. fisc., 1968, 2400); 31 ottobre 1968, n. 3641 (ivi, 1969, 1088); 28 ottobre 1969, n. 3542 (ivi, 1970, 257). 1 130 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tari, secondo quote ideali proporzionali alle quote di propriet del suolo -pu essere derogato, in virt di titolo contrario ed, a norma dell'art. 934 e.e., in materia di condominio di edifici, che sia costituito sul suolo comune per contratto anteriore al sorgere del fabbricato, ;:i.ttraverso la costituzione della propriet superficiaria, in forza di un accordo che alla citata compropriet di quote ideali sostituisca la propriet separata di singoli piani o appartamenti. Sul punto, fa sentenza impugnata sfugge alla censura mossale, n pu accogliersi l'argomento svolto dai ricorrenti secondo cui la costituzione di reciproci diritti di ,superficie sarebbe estranea alla volont delle parti. Invero, va considerato che la deroga al principio dell'accessione' si realizza ancor prima che la propriet venga ad esistenza, appunto attraverso il mezzo della concessione ad aedificandum e della conseguente 'Costituzione di un diritto di superficie destinato a trasformarsi automaticamente, a costruzione compiuta, in propriet superficiaria, senza che ricorra la necessit di un ulteriore atto traslativo di diritti reali. In altri termini, il fatto , in re ipsa, un titolo contrario al principio dell'accessione, in quanto i singoli piani non diventano comuni, appunto perch i contraenti non vogliono che essi accedano al suolo comune, seguendone la sorte. E alla qualificazione giuridica nei termini dianzi precisati del patto interco:riso tra la Comi e lo Scaglione non osta fa circostanza che la reciproca concessione di diritti di superficie si riferisce, nella specie, non ad un terreno, ma ad un'area sita su fabbricato della soc. Comi, costituita dalla copertura del quarto piano. Infatti, come dottrina e giurisprudenza concordano, il diritto di superficie, di cui all'art 952 e.e., non solo quello di fare e mantenere al disopra del suolo la propriet di una costruzione, distinta dalla propriet del suolo, ma anche quello di erigere, sopra un ,gi esistente edificio altrui, una costruzione distinta dalla propriet dell'edificio medesimo (v. Cass. 17 maggio 1965, n. 947). Col secondo motivo i rieorrenti incidentali, nel denunziare violazione e falsa applicazione di legge (art. 9 legge 30 dicembre 1923, numero 3269, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.), nonch contraddittoriet di motivazione, lamentano che la sentenza impugnata abbia, erroneamente, ritenuto scindibili le disposizioni del rogito del notaio Borgo in data 21 febbraio 1961 e, quindi, tassabili, in via autonon.a agli effetti dell'imposta di registro. Sostengono, in particolare, che l'atto mediante il quale il proprietario unico di un edificio trasferisce ad altri, parzialmente, il diritto di sopraelevazione, rendendo, proporzionalmente alla quota trasferita, il suolo comune, disposizione strettamente connessa a quella relativa alla reciproca concessione ad aedificandum, onde l'intera pattuizione deve considerarsi come un tutto w unitario ed inscindibile. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1131 Anche questo motivo non fondato. Premesso che l'espressione pi disposizioni , di cui al citato art. 9, sta a significare pluralit di negozi giuridici, contenuti in unico documento contrattuale, rilevasi che per giurisprudenza ormai consolidata di questa suprema Corte (sent. n. 3106 del 1958; sent. n. 416 del 1965 e sent. n. 1526 del 1968), le disposizioni necessariamente connesse o derivanti per la loro intrinseca natura le une dalle altre (le quali sono soggette, a norma dell'articolo 9, comma secondo, della legge di registro, ad un'unica tassazione, come se comprendessero la sola disposizione che d luogo all'imposta pi grave), sono soltanto quelle tra le quali intercorra una concatenazione o compenetrazione di carattere oggettivo, tale da assorbire tutte le disposizioni in un unico negozio giuridieo, quali elementi indispensabili del negozio stesso. Nella specie, una connessione di tal natura tra la cessione 4a parte della soc. Comi di 833 millesimi del diritto di sopraelevazione, da un lato, e la reciproca concessione ad aedificandum su area comune, da un altro, stata correttamente esclusa dalla Corte del merito, perch ben possibile configurare, sul piano giuridico, la sussistenza dell'una disposizione indipendentemente da quella dell'altra. N ad attuare quell'inscindibile connessione di disposizioni, prevista dal secondo comma del citato art. 9, vale addurre 1 l'unicit del fine pratico ed economico perseguito dai contraenti. Infatti, la realizzazione di tale, loro fine richiedeva fa conlusione di due distinti e, giuridicamente, indipendenti negozi, soggetti ad autonoma tassazione agli effetti dell'imposta di registro. Questa -va aggiunto anche se tassa di atto, tuttavia appUcabile ai negozi che ne sono soggetti per legge e l'art. 9, dianzi citato, statuendo nel primo comma che ogni negozio giuridico sconta la propria tassa, anche se pi negozi risultano consacrati in unico atto, in senso materiale, ha inteso impedire la possibilit di eludere, attraverso l'espediente dell'unicit del documento, la tassazione per ciascun distinto negozio (v., in tal senso, Cass. sez. un. 24 maggio 1969, n. 933). Col terzo motivo i ricorrenti incidentali denunziano violazione e falsa applicazione dell'art. 14 legge 2 luglio 1949, n. 408, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la Corte del merito ritenuto non applicabili alla convenzione contenuta nel rogito del 21 febbraio 1961 le agevolazioni tributarie di cui alla citata legge. Sostengono i ri~orrenti che quand'anche si qualifichi la suddetta convenzione come rt:ciproca concessione di diritti di superficie su area comune, trattasi pur sempre di convenzione che stata posta in essere per realizzare quei fini che sono propri della legge agevolatrke, i cui benefici si estendono a tutti i negozi che, seppure non connessi o derivanti da quello che gode il trattamento fiscale di favore, sono tuttavia posti in essere per attuare la costruzione di edifici per abitazione. Neppure questo motivo pu accogliersi. 14 1132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Come gi questa Corte suprema ha avuto occasione di prof!unciare sulla questione in esame (sent. n. 2297 del 6 luglio 1968), la costituzione del diritto di superficie realizza un trasferimento di diritti e cio un acquisto , solo quando tale diritto sorge su cosa completamente altrui, dalla quale viene distaccata una componente di quel complesso di facolt, che sp.etta al proprietario del bene immobile, per essere attribuita ad altri. Ma ci non si verifica tra partecipanti alla comunione, perch, in tal caso, ciascuno di essi non si vede trasferire un diritto che prima non avesse, ma vede trasformare in un determinato e quantificato diritto di superficie il suo dir.itto che si estendeva, in modo potenziale, su tutta la cosa indivisa ed era limitato solo dal concorso delle altre quote ideali. Questa trasformazione del diritto -vale sottolineare -non si concreta in una divisione, cio nella attribuzione di una quota materiale, bens nella sostituzione alla quota ideale con altra porzione di diritto, anche essa ideale, sebbene delimitata da precisi riferimenti quantitativi e spaziali. Ma egualmente cosa ben distinta dal trasferimento del diritto sull'area da un soggetto ad altro soggetto, cio quel che concreta l'acquisto di area fabbricabile, di cui parla la citata legge agevolatrice n. 408 del 1949. Per le stesse considerazioni deve escludersi che la reciproca con cessione ad aedificandum sia un atto che abbia per oggetto immediato la costruzione dell'edificio. Tale scopo, infatti, solo una finalit gene rica e mediata della costituzione del diritto di superficie, la quale in vece destinata a stabilire preventivamente, per evitare la necessit di una successiva divisione, la precisa estensione dei reciproci diritti. E che l'-0ggetto della costruzione della casa debba costituire lo scopo diretto ed immediato e non gi una generica finalit dell'atto, sembra evidente per quella impossibilit d'interpretazione analogica della nor ma che concede agevolazioni tributarie. N l'argomentazione dei ricorrenti incidentali, la quale poggia so prattutto sullo scopo perseguito della legge di agevolazione tributaria, pu indurre ad estendere il beneficio ad ogni negozio che presenti una qualsiasi connessione, anche indiretta od occasionale, con la costru zione di case per abitazione. Infatti, va rilevato che la legge n. 408 del 1949 ha accolto il criterio di indicare specificamente gli atti age volati nel loro trattamento tributario. Essa invero si discosta, nel de terminare l'ambito della sua applicabilit, sia dal criterfo seguito in analoga materia dalla legge 28 febbraio 1949, n. 43, costitutiva del l'INA-Casa, la quale genericamente estende i benefici fiscali a tutti gli atti e contratti che si rendono necessari per le operazioni previste nella presente legge (art. 24, comma terzo); sia dal criterio accolto dalla legge 3 agosto 1949, n. 589, contenente provvedimenti per !'lge volare l'esecuzione di opere pubbliche di interesse degli enti locali, legge in cui inserita disposizione del tutto analoga (art. 18). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1133 La legge n. 408, invece, non contiene una norma simile, in coerenza peraltro con !'accolto criterio della specifica indicazione degli atti agevolati fiscalmente (artt. 13, 14, 15, 16 e 18): da ci discende l'ovvia conseguenza che il campo della consentita inter>pretazione esten . si va resta sensibilmente ristretto. N pu essere "condiviso l'altro argomento dei ricorrenti incidentali che sostengono l'applicabilit degli accennati benefici fiscali richiamando una circolare dell'Amministrazione delle finanze (circ. 40, prot. 7351-1/6 del 10 ottob,re 1964). Va, infatti, osservato che le circolari ministeriali, come costante giurisprudenza di questa Corte Suprema, spiegano effetti solo nell'ambito dei rapporti interni tra i vri uffici della stessa Amministrazione ed i loro funzionari, e, quindi, non possono costituire fonte di diritti a favore di terzi, n di obblighi a carico dell'Amministrazione (v. Cass. sez. un. 28 ottobre 1966, Il; 2693) e neppure pu loro attribuirsi valore qule mezzo d'interpretazione di norme di legge (Cass. 11 giugno 1968, n. 1848). Passando all'esame del ricorso principale, devono essere esaminati con precedenza e congiuntamente il secondo ed il terzo motivo con i quali la Amministrazione delle finanze denunzia sia violazione e falsa applicazione di norme di legge (artt. 1 e 7 tariffa ali. A della legge di registro; art. 51 di questa legge e artt. 934, 952 e 1551 e.e., in rela zione all'art. 360 n. 3 c.p.c.), sia motivazione contraddittoria ed insuf ficiente su punto decisivo della causa (art. 360 n. 5 c.p.c.). Si duole la ricorrente che la Corte del merito, dopo avere esattamente qualificato il negozio di cui al rogito del 21 febbraio 1961 come reciproca conces sione di diritti di superficie, abbia poi ritenuto, erroneamente, che la reciprocit delle concessioni dava luogo a permuta di diritti di super ficie, tassabile solo con riferimento al diritto permutato di maggior valore (art. 51 legge organica di registro). Sostiene l'Amministrazione delle finanze che le parti contraenti hanno posto in essere due distinte concessioni ad aedificandum, ciascuna tassabile in via autonoma, men tre la ritenuta .permuta esula dalla struttura del negozio ed aggiunge che la sentenza impugnata presenta, sul punto, motivazione insuffi ciente e contraddittoria, .per aver prima qualificato il contratto come reciproca concessione ad aedificandum e per averlo poi, ai fini della tassazione, considerato una permuta. Tali censure .sono fondate. La Corte del merito, dopo aver preso in considerazione i termini del contratto del 21 :febbraio 1961, con il quale la Soc. Comi cedette allo Scaglione gli 833 millesimi dell'area, pari ai 5/6, sulla quale do veva eseguirsi la sopraelevazione, riservando a s i residui 167 mille simi, pari ad 1/6, ha rilevato che senza siffatta pattuizione nessuna delle parti avrebbe avuto facolt di occupare con la propria costru 1134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione l'intera area, e che la Comi avrebbe avuto il diritto di costruire (previa divisione dell'area) i previsti sei piani sui 167 /1000 dell'area stessa, mentre lo Scaglione avrebbe .potuto costruire sui restanti 833/1000 ed del pari evidente che con la convenzione con la quale si stabilito che la Comi avrebbe costruito e tenuto per s l'intero primo piano e lo Scaglione gli altr.i cinque piani, si realizzata una permuta tra i cinque resti dell'ius aedificandi della Comi ed un sesto di quello dello Scaglione, permuta attuata con la concessione reciproca di diritti di superficie . Va premesso che per principio giurisprudenziale pi volte accolto, mentre compito riservato ai giudici di merito la ricostruzfone della volont delle parti e l'indagine sulle finalit pratiche da esse perseguite, ci risolvendosi in un accertamento di fatto, costituisce invece questione di diritto la qualificazione giuridica dei negozi, cio l'individuazione della fattispecie legale alla cui stregua il .giudice di merito ha valutato e qualificato la volont negoziale dei contraenti (cosi, da ultimo, Cass. 10 aiprile 1970, n. 993). Ora, esaminando il punto della decisione impugnata con riferimento a tale profilo d'indag.ine, va considerato che l'oggetto della permuta, stando alla definizione che di tale contratto d l'art. 1552 e.e., costituito dal trasferimento reciproco di eose, di diritti o anche di una cosa con un diritto, oppure di diritti di diversa specie fra loro e la causa del contratto va~individuata nello scambio della propriet di cose o di diritti o di una cosa con un diritto. . Ora, col negozio attributivo di reciproche concessioni ad aedifi candum, considerato su un piano .generale, non si .realizza n l'oggetto, n la causa della permuta, perch le parti costituiscono, vicendevol mente, diritti di superficie sull'area di comune propriet pro-indiviso, ma esse, lungi dal barattare sia questi diritti, sia la propriet delle parti dell'erigendo edificio, restano 'titolari dei diritti di superficie co stituiti a favore di ciascun di essi. In .altre parole, uno scambio, nella titolarit degli accennati diritti, tra le parti contraenti costituisce un quid pturis .che estraneo all'economia del rapporto contrattuale ed al fine cui le parretesa illegittimit costituzicina~e dell'art. 100 del t.u. nel l'interpretazione che di esso si data e ci per pretesa contrariet agli artt. 3, 53 e 24 della Costituzione. Ma, a parte la genericit della deduzione, l'eccezione manifesta mente infondata. . Invero il principio della uguaglianza dei soggetti non viene affatto menomato dalla norma che stabilisce quel determinato modo di valu tazione dell'incremento patrimoniale da plusvalenza, n esso importa diseguaglianza di trattamento fiscale in quanto l'obbligo fiscale vien pur sempre riferito. alla capacit contributiva valutata mediante il raf fronto di due determinati valori del bene, valori accertati con la pro cedura di legge e non arbitrariamente. Infine il diritto di difesa dalla pretesa fiscale pienamente .garantito in quanto, come si , gi osser vato, i valori del bene vengono accertati con la procedura regolata dal t.u. ed il contribuente pu contrastare l'accertamento del fisco. (Omissis). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1149 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 giugno 1971, n. 1707 -Pres. Favara -Est. Milano -P. M. Cutrupia (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Soc. G.I.G.0.M. (avv. Valacca). Imposta di registro -Agevolazione per il trasferimento di aree della zona industriale di Livorno -Aree sulle quali le costruzioni siano state gi iniziate e condotte a termine -Si estende. (1. ll! luglio 1951, n. 561, art. 2; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 47). L'agevolazione per l'acquisto di aree deUa zona industriale di Livorno (art. 2 legge 12 luglio 1951, n. 561) applicabile anche quando, al momento del trasferimento, sull'area acquistata sia gi stata iniziata o portata a termine la costruzione di stabilimenti industriaLi. La disciplina deU'accessione dell'art. 47 della legge di registro incide sulla valutazione dei beni trasferiti, non sull'applicazio111,e delle agevolazioni (1). (Omissis). -Con l'unico motivo l'Amministrazione finanziaria denuncia la violazione degli artt. 2 legge 12 luglio 1951, n. 561, 7 legge 15 maggio 1939, n. 747, 47 legge di registro in relazione all'art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale e sostiene che la sentenza impugnata, affermando che 'i benefici fiscali previsti per i trasferimenti di aree della zona industriale di Livorno, da destinarsi alla costruzione o all'ampliamento di stabilimenti industriali, si applicano anche ai trasferimenti di aree sulle quali sia stata iniziata o cndotta a termine la costruzione dei predetti stabilimenti a cura dell'acquirente prima della stipula:zione del rogito di compravendita, ha errato perch l'art. 2 della citata legge n. 561 del 1951 prevede esplicitamente gli acquisti di aree non ancora edificate, per cui, trattandosi di norma di favore tributario, non suscettibile di interpretazione analogica per estendere l'oggetto dell'agevolazione al caso dell'area sulla quale sia gi costruito lo stabilimento al momento del trasferimento. Il motivo non fondato. (1) Si estende alla specifica materia il criterio interpretativo ormai fermamente stabilito per il trasferimento di aree per la costruzione di case di abitazione non di lusso (Cass. 22 giugno 1969 n. 2404, in questa Rassegna, 1969, I, 890, con richiami). La sentenza oggi intervenuta sembra tuttavia che, nell'ultima parte, intenda dare un diverso peso alla norma dell'art. 47 della legge di registro; affermando che questa norma incide sulla valutazione del bene trasferito e non sulla applicazione delle agevolazioni non si esclude che la costruzione esistente al momento del trasferimento sia da considerare come accessione ai fini quantitativi del tributo; non si afferma cio, come per la legge n. 408, che la norma di agevolazione contenga una deroga al principio dell'art. 47. Ma cos facendo si estende al trasferimento della costruzione la agevolazione che la legge sicuramente limita all'acquisto dell'area. 1150 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'assunto, invero, dell'Amministrazione basato sull'interpretazione meramente letterale della norma di favore tributario, mentre la volont del legislatore va desunta dall'interprete, oltre che dalle espressioni letterali, da un adeguato esame del fondamento e dello scopo della norma, senza di che l'interpretazione sarebbe imperfetta e spesso in contrasto con lo spirito della legge, che va appunto ricavato dai motivi che la determinrono e dallo scopo da raggiungere. Ora nella specie, vero che la locuzione letterale dell'art. 2 della menzionata legge :n. 561 del 1951 prende in considerazione la compravendita di aree del porto industriale di Livorno da destinarsi alla costruzione o all'ampliamento di stabilimenti industriali, e prevede, quindi, come normale l'acquisto dell'area .prima della costruzione o dell'ampliamento degli anzidetti stabilimenti, ma occorre cogliere la ratio della norma. E detta ratio consiste, all'evidenza, nella finalit di incrementare ed accelerare le costruzioni di impianti industriali in una determinata zona di produzione, come si evince anche dal fatto che la concessione dell'agevolazione subordinata alla condizione che la costruzione o l'ampliamento degli impianti stessi avvenga entro un determinato termine. Ai fini della detta ratio l'acquisto preventivo dell'area allo scopo di costruirvi uno 'stabilimento industriale si presenta uguale all'acquisto dell'area quando lo stabilimento industriale sfa in via di costruzione o sia stato gi costruito per essere stato conseguito l'anticipato possesso dell'area stessa. Di qui l'applicabilit in entrambe le ipotesi del beneficio fiscale di cui si discute. Trattasi, non gi di una inammissibile interpretazione analogica della nOJ:'ma fiscale, ma bensi di una lecita interpretzione estensiv della norma stessa. Nei sensi suespressi questa Suprema Corte, anche a Sezioni Unite, ha gi avuto occasione di pronunziarsi in tema di benefici fiscali di cui all'art. 14 della legge n. 408 del 1949 per .gli acquisti di aree edi ficabili , ritenendo che tale norma di agevolazione fiscale, essendo stata dettata dall'opportunit di dare maggiore incremento alle costruzioni edilizie, deve trovare applicazione anche qu~ndo risulti che gli acqui renti abbiano, prima della stipulazione del formale rogito di compra vendita, iniziato o condotto a termine sull'area Ja costruzione di nuovi edifici. E come nella legge n. 561 del 1951, anche in quella n. 408 del 1949 era previsto un termine per la ultimazione della costruzione, e ci con ferma che in entrambe le ipotesi l'accelerazione dell'attuazione del l'auspicato incremento edilizio e industriale risponde .all'interesse pub blico, di cui il legislatore ha voluto assicurare la tutela. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTABIIA 1151 N vale poi obiettare, come fatto dalla ricorrente, che al momento del contratto sia gi costruito lo Stabilimento, oggetto del trasferimento, dato che oggetto del trasferimento deve ritenersi, per la presunzione dell'art. 47 della legge di registro, non gi l'area da edificare, bensi lo stabilimento i!ndustriale. A vincere l'obiezione decisiva la considerazione, formulata dalla sentenza impugnata in aderenza alla giurisprudenza di questa Corte, che la disctplina dell'accessione, nell'ambito della legge di registro, incide soltanto sulla valutazione dei beni oggetto del trasferimento agli effetti della determinazione dell'imponibile, comprendendovi anche le accessioni, ma non anche sull'applicabilit o meno dell'agevolazione fiscale di cui si discute. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 giugno 1971, n. 1712 -Pres. Stella Richter -Est. Caputo -P. ,M. Secco (conf.) -Soc. Metallurgica Friulana (avv. Battaglini) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Savarese). Imposta di ricchezza mobile -Esenzione per nuove imprese e piccole industrie nelle zone depresse dell'Italia settentrionale -Societ costituita prima dell'entrata in vigore della legge 29 luglio 1957, n. 635 -Esclusione -Inizio della attivit produttiva dopo l'entrata in vigore della norma -Irrilevanza. (1. 29 luglio 1957, n. 635, art. 8). L'esenziicme dalle imposte s'Ull reddito per le nuove aziende artigiane e le nuove piccole industrie da costituirsi nelle zone derpresse deU'Italia se:fJtentrionale (art. 8 delta legge 29 luglio 1957, n. 635) non applicabile aLle aziende ed imprese gi esistenU alla data di entrata in vigore delta legge; n ha rilevanza il fatto, giuridicamente inconsistente, che una societ gi costituita abbia iniziato ta sua attivit di impresa produttiv.a successivamente (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso, la societ Metallurgica Friulana, denunziando la violazione dell'art. 8 della citata legge n. 635 del 1957, censura la decisione impugnata per avere escluso l'applicazione del beneficio della esenzione dell'imposta di ricchezza mobile nei confronti di essa societ, che si era costituita prima della entrata in (1) Conforme la sentenza 21 giugno 1971 n. 1920 di cui si omette la pubblicazione. Viene confermato, con assai persuasiva argomentazione, l'indidzzo aperto con la sent. 9 marzo 1968 n. 781 (Riv. leg. fisc., 1968, 1230) nella quale si precisa anche che l'agevolazione compete alle imprese e societ costituite dopo l'entrata in vigore della legge, anche se prima del riconoscimento di localit economicamente depressa. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vigore della norma agevolativa, ma aveva iniziato a svolgere la propria attivit imprenditoriale posteriormente. Invero, secondo la ricorrente, la detta norma, rivolta a categorie di imprese, . relativa non gi alla costituzione di soggetti giuridici, ma all'inizio del concreto esercizio dell'attivit economica specifica, in cui si sostanzia, e prende vita come organismo, l'impresa. Ci sarebbe ulteriormente avvalorato dalla considerazion~ che la legge di esecuzione menziona, si, le nuove imprese artigiane e le nuove piccole industrie , ma non si riferisce alla costituzione di nuove societ, bensi ai complessi di bepi operanti, il che equivale a dire ch essa mira alla costituzione di nuovi stabilimenti, anche se facenti capo a soggetti giuridici gi esistenti, ond' che, per aversi l'esenzione non occorre che venga in essere un nuovo soggetto giuridico, ma basta che si verifichi un nuovo incremento di attivit industriale o artigianale.. Il motivo infondato. Come questa Corte Suprema ha gi affermato in una sua precedente pronuncia (9 marzo 1968, n. 781), avente per oggetto la interpretazione della stessa norma ora .in disamina, le esenzioni fiscali da questa previste, competono soltanto alle imprese artigiane e piccoloindustriali, sorte successivamente all'entrata in vigore della legge. La sentenza denunciata si uniformata fedelmente a tale pro nuncia e il ricorso della societ non contiene argomentazioni nuove rispetto a quelle che formarono oggetto di esame da parte della Corte del merito: per ci non vi ragione alcuna per discostarsi dalla pre cedente giurisprudenza. Stabilisce il primo comma della norma citata che nelle localit economicamente depresse delle regioni e provincie della Repubblica diverse da quelle indicat~ nell'art. 3 della legge 10 agosto 1950, n. 636, le nuove imprese artigiane e le nuove piccole industrie che vengono a costituirsi sul territorio di Comuni con popolazione inferiore ai die cimila abitanti sono esenti, per dieci anni dalla data di inizi~ della loro attivit, rilevabile con atto della competente Camera di commer cio, industria e agricoltura, da ogni tributo diretto sul reddito . Alla stregua di tale testo legislativo e delle espressioni in esso adoperate, evidente che le locuzioni concepite in termini al presente, nuove imprese e nuove piccole industrie che vengono a costituirsi , .stanno a significare come il carattere di novit, cui va connesso il diritto al beneficio fiscale, nella concorrenza di tutti gli altri requisiti voluti dalla legge istitutiva del beneficio medesimo, sia stato posto in riferi mento soltanto al sorgere di dette imprese ed industrie successiva mente all'entrata in vigore della leg.ge. Con altrettanta evidenza la ratio dell'esenzione ravvisabif"e nell'esigenza di creare un efficace incentivo dell'attivit economica me 1153 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTAR!IA diante la creazione di organismi industriali o artigianali aventi le finalit considerate dalla previsione legislativa, di guisa che nessun beneficio invocabile da parte di un organismo esistente in epoca anteriore alla legge, ancorch non ancora operante, posto che la costituzione e il sorgere di esso non possono ritenersi in alcun modo determinati dal particolare regime tributario, a quell'epoca ancora non esistente. Dovendosi, quindi, ritenere che l'argomento letterale e quello logico comportino necessariamente l'applicaziom~ del beneficio fiscale soltanto agli organismi di produzione economica sorti nei territori indicati dalla legge successivamente alla sua entrata in vigore, e che nell'ambito di tali organismi si debba avere riguardo a quelli specificamente sussumibili in una delle categorie giuridiche a tal fine previste, ossia nelle societ in cui nel caso di specie si identifica l'imprenditore, esattamente la decisione impugnata ha escluso l'applicazione dell'esenzione fiscale rispetto ad un ente, la Societ Metallurgica Friulana, ed aiJa correlativa organizzazione, sorta prima dell'entrata in vigore della legge. Non senza aggiungere che la distinzione tra societ, intesa come soggetto giuridico statico, ed impresa, intesa come organizzazione di beni e servizi che viene ad esistenza nel momento in cui la prevista funzione produttiva si realizza -dalla quale distinzione il ricorrente vorrebbe desumere che soltanto alla seconda e non anche alla prima debba applicarsi l'agevolazione fi.scale -si rivela del tutto inconsistente, in quanto la semplice creazione di un ente istituzionalmente rivolto a perseguire una certa attivit economica concretizza la condizione, soggettiva e oggettiva insieme, richiesta dalla legge ai fini della concessione del beneficio, mentre a tale scopo appare del tutto ininfluente il momento iniziale del concreto esercizio dell'attivit economica, dalla norma sopra trascritta preso in considerazione, invece, soltanto come dies a quo per la decorrenza del beneficio decennale. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 11 giugno 1971, n. 1741 -Pres. Stella Richter -Est. Milano -P. M. Tavolaro (conf.). -Soc. Immobiliare Arca (avv. Coniglio) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Azione giudiziaria Necessit della preventiva decisione amministrativa -Domanda di rimborso -Sussiste -Fattispecie. (r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22; 1. 25 febbraio 196f, n. 163, art. 2). 1154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Azione giudiziaria Necessit della preventiva decisione amministrativa -Generale applicabilit. (r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 188). Nella particolare ipotesi dei rimborso di un semestre di imposta per i soggetti tassdbiU in base a biiancio che si sia chiuso ai 31 dicembre 1952 (art. 2 deila legge 25 febbraio 1960, n; 163), l'Amministrazione nei disporre ia detrazione non esegue una sempiice operazione matematica, ma compie una vera e propria att.ivit di ccertamento; di conseguenza le controversie che possono nascere sull'argomento non sono proponibiii innanzi al giudice ordinario prima della decisione definitiva della Commissione almeno in un grado (1). In materia di imposte dirette ia necessit deUa. preventiva decisione amministrativa almeno in un grado per la proposizione dell'azione ordinaria sussiste Siia per le controversie contro l'accertamento sia per queile relative ai rimborsi ed agli sgravi, a meno che l'obbligo di rimborso dell'imposta indebitamente percetta sia direttamente riconosduto dall'Amministrazione finanziara o sia definitivamente accertato con sentenza passata in giudicato dell'autorit giudiziaria (2). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso la societ ARCA denuncia la violazione degli artt. 2 e 3 della legge 25 febbraio 1960, numero 163, nonch degli artt. 2033 e.e. e 41 r.d.1.. 7 agosto 1936, n. 1639, e sostiene che erroneamente i giudici di merito hanno ritenuto che il mancato previo ricomo alle Commissioni tributarie rendeva improponibile la domanda di rimborso del semestre d'imposta di R.M. indebitamente pagata, sia iperch il rimborso previsto dall'art. 2 della menzionata legge n. 163 del 1960 non presuppone alcun procedimento di accertamento, trattandosi di puri conteggi matematici, da compiersi sulla base dei bilanci .gi presentati e, quindi, di una semplice ripetizione d'indebito, per cui l'azione davanti all'autorit giudiziaria .poteva essere esercitata in via autonoma, prescindendo dal ricorso alle Com (1-2) La prima massima di evidente esattezza. Pi interessante la seconda massima che riconferma la generale validit d'ella regola della giurisdizione condizionata dell'A.G.0. per le imposte dirette. Non solstanto in sede di accertamento, ma anche in sede di riscossione (art. 188 del t. u. sulle imposte dirette) e, occorre aggiungere, anche in sede di pagamento per ritenuta (art. 171 dello stesso t. u.), sempre necessaria la preventiva pronuncia definitiva della Commissione; nell'ipotesi di sgravio gi riconosciuto o accertato giudizialmente non esiste una controversia che possa essere portata innanzi all'A.G.O., e ci vale anche in relazione all'art. 8 della recente legge 28 ottobre 1970, n. 801 che ammette . PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1155 missioni tributarie, sia, comunque, perch, dovendosi procedere al rimborso e non al recupero del semestre d'imposta, nessuna comunicazione era percettibile e, quindi, nessun ricorso era esperibile, neppure quello contro i ruoli, non ricorrendo alcuna delle ipotesi previste dall'art. 188 del t.u. sulle imposte dirette. Il ricorso non fondato. Ai fini di un'esatta cognizione della questione da ricordare che la legge 25 febbraio 1960, n. 163, allo scopo di ovviare alla disparit di trattamento tributario determinatasi con l'applicazione delle norme del d.P.R. 4 novembre 1951, n. 1582, in base alle quali i soggetti tassabili in base a bilancio, il cui esercizio si .era chiuso nel primo semestre del 1952, avevano beneficiato dello sgravio di un semestre di imposta, mentre quelli con bilancio al 31 dicembre 1952 erano stati tassati per un semestre in pi, ha disposto, nel suo art. 2, che l'imposta di ricchezza mobile liquidata sui bilanci chiusi nel 1952 debba riliquidarsi tenendo conto del periodo d'imposta costituito dall'esercizio sociale considerato nei bilanci medesimi. E poich sui bilanci chiusi nel primo semestre del 1952 l'imposta era stata commisurata alla met dell'imposta risultante dai bilanci, la riliquidazione d luogo alla percezione dell'imposta sull'altra met, mentre per i bilanci chiusi nel secondo Semestre, essendo state, le relative risultanze, adottate in ragione della met Come base imponibile ai fini della tassazione del primo semestre e, una seconda volta, per intero, ai fini della tassazione dell'esercizio 1952-1953, la riliquidazione d luogo al rimborso della tassazione afferente al primo semestre del 1952. Tali essendo lo scopo .e le modalit della riliquidazione dell'imposta, sembra evidente che essa implichi una riapertura del .procedimento di accertamento tributario ormai esaurito, dovendo la nuova liquidazione essere operata sulla base di un diverso periodo d'imposta rispetto a quello precedentemente considerato, periodo a sua volta condizionato dal diver,so momento di chiusura dei bilanci. Trattasi, quindi, non gi di un mero conto matematico senza possibilit di contese se senza limiti di tempo lo sgravio e il rimborso di imposte riconosciute indebite, ma non esclude che le controversie sul diritto al rimborso debbano essere portate preliminarmente dinanzi alle Commissioni (Cass. 12 gennaio 1970, n. 103, in questa Rassegna, 1970, I, 278). Qualche eccezione alla regola stata tuttavia introdotta dalla S. C. con decisioni piuttosto criticabili o nel caso eccezionale di imposte iscritte a ruolo senza antecedente procedimento amministrativo (Sent. 5 dicembre 1966 n. 2828, Riv. Leg. fisc., 1967, 1290) o nelle ipotesi di pagamento per ritenuta (Sent. 7 gennaio 1970, n. 25, ivi, 1970, 781; 6 febbraio 1970, n. 265, in questa Rassegna, 1970, I, 119), ovvero considerando ammissibile l'azione di indebito oggettivo (Sent. 31 gennaio 1968, n. 314, ivi, 1968, I, 109). 1156 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non per eventuali errori materiali, ma di una operazione che comporta un duplice ordine di indagini, la prima relativa alla individuazione della data di chiusura dei bilanci, la seconda di natura contabile, rela tiva alla somma da rimborsare .e quella da esigere ulteriormente. Ed del pari evidente che nel corso di tali operazioni possono verificarsi delle situazioni che condizionano il sorgere stesso del diritto al rimborso, la spettanza del rimborso stesso e la misura di esso, con la conseguente .possibilit di errori da parte dell'Ufficio sia in ordine all'esatto riscontro della data di chiusura del bilancio, sia in ordine alla indicazione della somma .rimborsabile. Ora, se nell'ampio concetto di controversia concernente l'applicazione delle imposte dirette , cui fa cenno l'art. 22 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, deve intendersi compresa tutta l'attivit volta ad accertare se ed in quale misura il tributo sia dovuto e, quindi, nel caso di specie, se e in quale misura, a seguito del procedimento di riliquidazione, .sia da disporsi il rimborso a favore del contribuente, non pu negarsi che rientri in tale concetto la controversia che, in dipendenza di un eventuale errore dell'Ufficio, P<>ssa sorgere tra l'Amministrazione finanziaria ed il contribuente sia in ordine alla sussistenza del diritto al rimborso sia in ordine all'entit di esso, con la conseguenza che la controver:sia stessa non proponibile avanti all'autorit giudiziaria se non sia stata previamente portata avanti alle Commissioni tributarie per la decisione definitiva sulla legittimit o meno dell'operato dell'Uffici. A parte, quindi, il rilievo che, come gi ritenuto da questa Corte Suprema (Cass., 1 giugno 1948 e 31 ottobre 1955, n. 3572), in materie di imposte dirette, al .principio della pregiudizialit necessaria della fase giurisdizionale avanti i giudici speciali alla :proposizione della azione giudiziaria sono soggette, non soltanto le controversie concernenti l'atto di accertamento, ma anche quelle relative ai rimborsi ed agli sgravi, a meno che l'obbligo del rimborso dell'imposta indebitatamente percetta sia direttamente riconosciuto dalla stessa Amministrazione finanziaria o sia definitivamente accertato con sentenza passata in giudicato dall'autorit giudiziaria (Cass., 31 gennaio 1968, n. 314), non sembra dubbio che ogni questione che insorga tra la Finanza ed il contribuente nel procedimento di riliquidazione del tributo previsto dalla legge n. 163 del 1960 involga una controversia relativa all'applicazione delle imposte dirette. La decisione impugnata, che ha ritenuto, nella specie, applicabile il principio sancito dal terzo comma del citato art. 22 appare pertanto esatta, senza che, in .contrario, possa valere l'ulteriore argomentazione della ricor.rente secondo cui, non essendo previsto dalla legge n. 163 un particolare e formale provvedimento sulla domanda di rimbC>rso di cui al comma primo dell'art. 4 della legge stessa, nessun ricorso .. . ~ i PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA alle Commissioni tributarie sarebbe esperibile, neppure quello contro i ruoli, non ricorrendo alcuna delle ipotesi di cui all'art. 188 del t.u. sulle imposte dirette. Disponendo, infatti, l'art. 5 della legge del 19-60 che la restituzione del semestre d'imposta .avvenga mediante detrazione dell'ammontare ammesso al rimborso, nella misura di un ottavo per ciascun anno, dalle imposte di R.M. e degli altri tributi iscritti a ruolo nell'anno 1961 e successivi, a ragione deve ritenersi che la decisione dell'Ufficio sulla domanda di rimborso si attui e si manifesti, sia pure in via indiretta, ma inequivoca, attraverso lo strumento dell'iscrizione a ruolo dell'imposta mobiliare nei suindicati anni. Ne segue che il momento conoscitivo del provvedimento dell'Ufficio deve individuarsi con la pubblicazione del ruolo a partire dal 1961, attesa la possibilit di accertare, attraverso la constata-zione dell'avvenuta o meno detrazione del rateo d'imposta rimborsabile, se tale rimborso sia stato disposto ed in quale misura. E solo un tale senso pu darsi alla manifestazione del .rimborso attraverso il ruolo, come comunicazione, cio, del provvedimento adottato dall'Amministrazione, e non, come sembra ritenere la difesa della :i:icorrente, al fine di considerare realizzato il presuppsto per il ricorso contro l'iscrizione a ruolo regolato dall'art. 188 del t.u. sulle imposte dirette, per cui la necessit del preventivo svolgimento della fase giurisdizionale innanzi ai giudici speciali deriva, in caso di omessa detrazione, non dal presupposto dell'iscrizione a ruolo, ma dall'insorgere di una eontroversia tributaria relativa all'applicazione di un'imposta diretta. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 11 giugno 1971, n. 1745 -Pres. Stella Richter -Est. Berri -P. M. Tavolaro (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Masi) c. Comune di San Remo (avv. Uckmar). Imposte e tasse in genere -Concetto di tributo -Canone corrisposto al Comune di San Remo per l'esercizio della casa da gioco -Non ha natura tributaria. Imposta di ricchezza mobile -Comune di San Remo -Canone corrisposto per l'esercizio della casa da gioco -Entrata di diritto pubblico -Non tassabile. Il canone che la societ concessionaria deUa casa da gioco corrisponde annualmente al Comune di San Remo non ha natum tributaria mancando una norma in f<;>rza della quale il canone sia imposto (1). 1158 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO n canone che la societ concessionaria della casa da gioco conisponde annualmente al Comune di San Remo, pur non avendo natura tributaria, costituisce un provento di carattere pubblicistico non soggetto all'imposta di ricchezza mobile (2). (Omissis). -L'Amministrazione delle Finanze dello Stato assume nell'unico motivo del ricorso principale, in apexto contrasto coll'assunto dell'impugnata sentenza, che le entrate oggetto dell'accertamento non hanno carattere tributario, perch l'attivit da cui derivano trae origine da un'autorizzazione del Ministero dell'Interno (e non gi da una concessione statale di un'attivit a carattere monopolistico fiscale), e perch mancano tutte le caratteristiche del tributo, cio la necessaria regolamentazione legislativa richiesta dall'art. 26 Cost. (come gi dall'art. 30 dello Statuto Albertino) e l'obbligazione tributaria. corrispondente all"esercizio del potere di imposizione. La questione che le Sezioni Unite sono chiamate a risolvere quella della natura giuridica delle somme percepite dal Comune di San Remo dalla societ concessionaria, a norma dell'atto 30 dicembre 1945 qualificato contratto di appalto, intervenuto tra il Comune e la societ per azioni C.I.R.T. Con detto contratto il Comune ha dato in appalto l'esercizio del .gioco d'azzardo, concedendo la gestione del locale del Casino Municipale alla societ colla piena osservanza di un allegato capitolato d'oneri; ha venduto alla societ concessionaria i mobili e l'arredamento dei locali per il prezzo di lire cento milioni; ha concesso in uso i locali e ha stabilito un corrispettivo, indicato nell'atto quale tassa di concessione, in base ad una percentuale degli introiti compresa tra il 66 % (per le somme inferiori a lire 300 milioni) e il 77 % (per le somme superiori a lire 500 milioni). In ogni caso i concessionari hanno garantito al Comune il paga mento di una tassa minima di lire 100 milioni per ogni anno di esercizio. (1-2) La prima massima evidentemente esatta. Il canone, che la stessa sentenza definisce come corrispettivo di un contratto di appalto, non ha natura di tributo non solo perch non imposto in virt del potere di imperio dello Stato, ma anche perch trae la sua fonte da un negozio e non direttamente dalla legge, Sul concetto di tributo la pi recente giurisprudenza ha precisato che non sono elementi caratteristici di esso n quello dell'inerenza ad un servizio pubblico, n quello della finalit pubblica a cui l'entrata destinata, n quello del regime monopolistico dal servizio che produce l'entrata; ha invece natura tributaria il prelievo di carattere pubblicistico che rientra nella attivit iure imperii delJa Pubblica Amministrazione; non sono quindi tributi i proventi del servizio ferroviario e le relative soprattasse (Cass. 20 dicembre 1967, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1159 L'atto stato reso esecutorio dal Prefetto di Imperia il 31 dicembre 1945. Tale atto, richiamato dalla sentenza impugnata, cosi come da tutte le precedenti pronunce emesse nel corso del giudizio, stato stipulato dal Comune a seguito di due decreti del Ministero per l'Interno (4 gennaio 1928 e 9 gennaio 1932) che autorizzano l'esercizio del gioco d'azzardo nel Casino Municipale di San Remo. Il Ministro per l'Interno ha emanato i suoi provvedimenti in forza di una facolt eoncessagli da un testo legislativo e precisamente dal r.d.l. 22 dicembre 1927, n. 2448 convertito in legge 27 dicembre 1928, n.' 3125. Con tale provvedimento legislativo venne accordata al Ministro per l'Interno la facolt di autorizzare, anche in deroga alle leggi vigenti, purch senza aggravio per lo Stato il Comune di San Remo ad adottare i provvedimenti necessari per poter addivenire all'assestamento del proprio bilancio ed all'esecuzione delle opere pubbliche indilazionabili . Trattasi pertanto di un provvedimento legislativo di ius singulare, emesso dopo che era caduto, perch non convertito in legge, il r.d.l. 27 aprile 1924, n. 636, sulla disciplina delle case da gioco, in cui, con disposizione di carattere generale, veniva riconosciuta la facolt, a chiunque ne facesse domanda, di aprire case da gioco in localit climatiche, balneari o idrotermali, aventi particolari requisiti espressamente indicati. La Corte Suprema perci chiamata a pronunciarsi per la terza volta sulla natura giuridica dei proventi del Comune di San Remo a n. 2988 in questa Rassegna, 1968, I, 42), i canoni per l'uti1izzazione di acque pubbliche (Sez. Un. 29 maggio 1969, n. 1893, ivi, 1969, I, 729; contra 7 maggio 1968, n. 1395, ivi, 1968, I, 503; 24 maggio 1968, n. 1581, Riv. Leg. fisc., 1968, 2043), e per le utenze telefoniche, sebbene per questi ultimi, in vista dell'importanz,a essenziale per i bisogni della vita del relativo esercizio, l'imposizione sia coperta da riserva di legge (Corte Cost. 9 aprile 1969, n. 72, in questa Rassegna, 1969, I, 412). Notevoli perplessit desta la seconda massima che in maniera quasi immotivata dichiara sottratti all'imposta di ricchezza mobile i proventi di carattere pubblicistico. innanzi fatto dubbia la natura pubblicistica del provento desunta dalla destinazione ad assestare il bilancio del Comune e ad eseguire opere pubbliche, perch tutte le entrate degli enti pubblici hanno una finalit pubblica (v. sent. 20 dicembre 1967 n. 2988 cit.); nemmeno apprezzabili conseguenze possono trarsi dal fatto che l'entrata procacciata attraverso l'esercizio di un potere attribuito al Comune dall'autorit amministrativa in forza di una legge, requisito questo che, egualmente caratterizza la quasi totalit dell'attivit degli enti pubblici. noto che soggetto alla imposta ogni reddito derivante da qualsiasi fonte, non assoggettabile alle imposte fondiarie, pur se prodotto al di fuori di una attivit lucrativa (art. 81 del t. u. sulle imposte dirette); quindi anche l'ente pubblico pu essere obbligato all'imposta se ricava un 1160 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO seguito dell'autorizzato esercizio della casa da giuoco, ma va subito detto che il caso in esame (assoggettabilit all'imposta di R.M. dei canoni corrisposti dal concessionario al Comune) del tutto nuovo. Infatti la prima sentenza, del 7 giugno 1936, n. 462, ha esaminato e risolto il problema del tipo d'imposta di registro che-il concessionario doveva pagare per la registrazione degli atti di concessione e in quell'occasione ha affermato che il canone, che la societ deve corrispondere al Comune per l'autorizzato esercizio del gioco d'azzardo, ha, nel suo intrinseco, natura tributaria, in quanto si ricollega ad un servizio assunto in .regime c}liaramente monopolistico. La seconda sentenza 17 ottobre 1953, n. 3419 ha risolto, sotto il profilo dell'imposta generale sull'entrata, la questione della natura dei proventi che il Comune di San Remo percepisce dall'esercizio diretto del gioco d'azzardo (infatti il Comune talvolta ha dovuto gestire direttamente il Casino Municipale). La Cassazione in tal caso ha negato a tali proventi il carattere di entrata tributaria, ma ha fatto espressamente salvo quanto ritenuto con la precedente sentenza, rilevando la diversa natura giuridica della questione allora decisa, vertente sul canone di concessione pagato dal concessionaiio al Comune. Come gi stato indicato nella prima parte della presente decisione, la Suprema Corte, in questa seconda sentenza, ha tenuto a precisare che quanto fu detto dalla Corte nella precedente non pu avere diretto riferimento con la questione ben diversa che forma oggetto del presente ricorso . Devono, pertanto, rilevare ora le Sezioni Unite che la specie in esame pi affine a quella definita con la sentenza del 1936. L'apparente contrasto e le molte incertezze che si sono manifestate nella giurisprudenza di merito e in quella delle commissioni tributarie, cosi come nella dottrina, sono da ascriversi all'anomala disciplina legislativa della materia. Su questo rilievo, condiviso anche reddito da.una attivit eserc-tata nell'ambito della stia potest amministrativa. Si pi volte discusso della tassabilit pi proventi ricavati con gli avanzi di gestione degli enti comunali di consumo (Cass. 28 maggio 1966, n. 1397, in questa Rassegna, 1966, I, 1082), dei mercati ittici comunali (Cass. 27 ottobre 1965, n. 2272 e 26 aprile 1969, n, 1346, ivi, 1965, I, 1285 e 1969, I, 520) e del servizio dei contributi unificati in agricoltura (Cass. 3 febbraio 1969 n. 312, ivi, 1969, I, 109); in tutti questi casi la tassabilit stata esclusa, con decisioni pur non convincenti, solo perch si ritenuto per presunzione di legge che gli avanzi di gestione dovessero essere riassorbiti negli esercizi futuri e quindi non costituissero un reddito, e non certo perch dette entrate, in quanto procacciate attraverso l'esercizio di un potere attribuito dalla autorit amministrativa , fossero in ogni caso non soggette all'imposizione di ricchezza mobile. Se quindi qualche problema pu pur sorgere sulla tassabilit di tutte le entrate non tributarie degli enti pubblici non certo esatto il principio contrario della non tassabilit delle entrate di diritto pubblico specie quando, come nel caso, l'entrata il corrispettivo di un contratto di appalto. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1161 dal Comune di San Remo, nella discussione orale, l'avvocato generale dello Stato e il Procuratore generale hanno svolto argomentazioni atte a porre in dubbio la legittimit costituzionale dei provvedimenti legislativi e ministeriali sopra richiamati, e hanno precisato che dei problemi relativi gi stata investita la Corte Costituzionale che li decider tra breve tempo. Osservano al proposito le Sezioni Unite che la questione di legittimit costituzionale (che comunque -secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte -potrebbe portare ad una declaratoria di illegittimit degli indicati provvedimenti con effetto retroattivo dal 1 gennaio 1948, data di entrata in vigore della Costituzione, poich trattasi di testi normativi anteriori alla Costituzione; di guisa che il biem:;iio 1946-1947, a cui si riferisce l'accertamento definitivo dell'Ufficio delle imposte, non sarebbe direttamente influenzato in nessun caso da una pronuncia d'incostituzionalit) non rilevante nella specie. Infatti si discate della natura giuridica di proventi gi riscossi ed. erogati, attinenti ad una stipulazione di fatto storicamente esaurita. Se tali proventi debbano essere sottoposti all'imposta di R.M. dovrebbe, pertanto, in qualsiasi ipotesi essere stabilito. Se si considera l'aspetto economico-sociale dei proventi in esame e il loro carattere 1prevalentemente pubblicistico anche per la loro posizione in un quadro monopolistico, si indotti ad affermare, come ha fatto la Corte di appello di Torino nell'impugnata sentenza, che si in presenza di entrate di natura tributaria. Ma a porre in dubbio la qualit di tributo sta la mancanza di una legge che preveda il tributo e ne determini la disciplina, in applicazione dell'art. 23 della Costituzione, corrispondente sostanzialmente all'art. 30 dello Statuto a1bertino secondo la precisa affermazione del Procuratore generale in udienza. Ed in effetti, aduto il r.d.l. n. 636 del 1924, l'atto legislativo originario dato, come si precisato, dal r.d.1. n. 2448 del 1927 che si limitato a dare facolt al Ministro per l'Interno ad autorizzare il Comune di San Remo, in maniera volutamente generica, ad adottare i provvedimenti necessari all'assestamento del proprio bilancio, anche in deroga alle leggi vigenti. , Nel provvedimento legislativo non fatto alcun cenno al gioco 'd'azzardo, che invece ha formato oggetto dei richiamati decreti del 192S e 1932 del Ministro per l'Interno, autorizzanti l'esercizio del gioco d'azzardo nel Casino Municipale di San Remo. Questi due succinti e generici provvedimenti sono stati ritenuti di natura amministrativa dalla Suprema Corte proprio nella citata sentenza del 1936, in cui detto che essi, pur avendo la loro base nella legge, non hanno carattere legislativo, perch hanno natura iden tica a tutte quell altre autorizzazioni che la pubblica autorit pu concedere in base alla legge di P. S. Ma anche a voler attribuire ad 1162 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO essi la natura di regolamenti delegati, come ritenuto dalla Corte di appello di Torino, da escludersi che in essi vi sia l'espressa istituzione e disciplina di un tributo in senso proprio, tanto vero che la sentenza e il Comune sentono la necessit di richiamarsi, ad integrazione della succinta espressione dei decreti, ai poteri discrezionali dell'Ente impositore nel quadro delle leggi matematiche (del gioco) e alle convalidate consuetudini internazionali che regolano l'entit della percezione. Ma tale richiamo non convince, perch reperire in una disciplina di tal genere il rispetto del principio di legalit risultante dall'a:rt. 30 dello Statuto albertino (nessun tributo pu essere imposto o riscosso se non stato consentito dalle Camere e sanzionato dal re ) non solo non agevole, ma non giuridicamente fondato. Il principio di legalit stabilito per dare ai cittadini, soggetti a contribuzione, la massima garanzia possibile: solo una legge pu imporre .coattivamente a loro un onere economico, che si traduce nel prelievo di una parte della loro ricchezza. Ora individuare la completa disciplina legislativa , qui certamente mancante, in consuetudini internazionali cui soggetto il gioco d'azzaroo svuotare di contenuto il principio di legalit, che postula l'intervento diretto del patrio legislatore. Tale intervento pu essere integrato certamente da altri atti esterni aventi forza normativa, come oggi avviene ad es. per i regolamenti, comunitari, ma in ness:un caso pu essere supplito da consuetudini, generalmente accettate, ma in materia di dubbia liceit, perch contrastante con l:a stessa legge penale generale. Trattasi pur sempre, in ogni caso, di consuetudini a cui manca ogni carattere di cogenza, iperch la negata applicazione di esse produrrebbe certamente ripercussioni economiche nell'esercizio del gioco d'azzardo, ma non avrebbe il bench minimo riflesso nell'ordine giuridico interno e in quello internazionale. Nel caso in esame in realt una compiuta disciplina sussiste, ma quella prevista nel contratto di appalto tra il Comune e la societ concessionaria, disciplina che, se trae la sua ragion d'essere da provvedimenti legislativi e governativi, non certo essa stessa sul piano legislativo. vero che nel contratto si parla di tassa di concessione, ma chiaro che la volont. dei paciscenti non pu essere equiparata a quella del legislatore, tanto pi in presenza di una pattuizione del tutto insolita nella materia tributaria moderna, quale quella di .far carico al concessionario della corresponsione di un canone minimo assai elevato in ogni caso, anche, cio, nell'ipotesi di un'entrata inferiore a quella prevista. La Corte di appello di Torino fa cenno al provvedimento legisla tivo che disciplina il gioco d'azzardo nel Comune di Campione (legge 2 marzo 1935, n. 201), legge. che non avrebbe dato luogo, a quanto J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1163 assume il Comune di San Remo, a contestazioni giudiziarie; essa qua lifica (art. 6) tassa di concessione il canone del concessionario. Sembra alle Sezioni Unite che il rilievo costituisca un argomento di pi .per escludere nel caso del Comune di San Remo il carattere di tributo al canone di concessione: quando il legislatore, in consi derazione della particolare situazione del Comune di Campione, posto in una zona circondata dal territorio della Repubblica Svizzera (al punto che moneta avente corso corrente il franco svizzero), ha ri tenuto di dare carattere tributario ai proventi in discussione, non ha esitato a dirlo espressamente e direttamente. Che poi, la relazione ministeriale al decreto ministeriale di auto rizzazione abbia parlato di tributo locale, e che natura tributaria ai proventi abbia riconosciuto in passato il Ministero delle Finanze, sono circostanze non rilevanti, non solo perch trattasi di atti privi di ogni valore di inte:ripretazione autentica delle leggi (vedi la citata sentenza n. 3419 del 1953), ma anche perch risalenti ad un'epoca in cui la differenza tra legge e decreto era venuta ad affievolirsi, dato il potere, praticamente illimitato, del governo di emanare norme giuridiche. Nella maggior parte dei casi la conversione in legge formale di tali provvedimenti avveniva automaticamente e spesso in blocco, al punto che, anche dopo la conversione in .Jegge, il provvedimento legislativo nella prassi veniva indicato con la qualifica e la data originarie. Del resto le Sezioni Unite alla .presente disamina hanno premesso che se fosse sussistito un provvedimento legislativo in cui la qualifica tributaria fosse stata espressamente attribuita ai proventi in esame (come avvenuto per Campione)., nessun dubbio avrebbe potuto sus sistere in proposito, come nessun dubbio sussiste per il gioco de! lotto, interamente disciplinato da atti aventi forza di legge (vedi t.u. appro vato con r.d.l. 19 ottobre 1938, n. 1933 -convertito in legge con modi ficazioni, 5 giugno 1939, n. 973 e successive modificazioni). Ancora per quanto riguarda la sentenza della Cassazione del 1936 va rilevato che essa, pur avendo affermato la natura tributaria dei canoni di concessione che riguardavano non solo il gioco d'azzardo, ma anche altre manifestazioni di natura artistica o spettacolare, li ha esaminati sotto il profilo dell'imposta di registro a cui dovevano es sere sottoposte le convenzioni del tempo e ha limitato la sua pronuncia a individuare gli articoli della tariffa applicabile. Da quanto sin qui precisato, mentre appare manifesto che non pu essere ritenuta la natura tributaria dei proventi in oggetto, deve peraltro essere affermata la loro natura pubb~icistica, risultante dalla stessa struttura della dtsciplina legislativa e amministrativa in forza della quale stato stipulato il contratto di appalto che li prevede. , . . 16 1164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Si in presenza di un'entrata procacciatasi dal Comune attraverso l'esercizio di un potere ad esso attribuito dall'autorit amministrativa a ci autorizzata da un atto legislativo, per assestare il proprio bilancio e per eseguire opere pubbliche indilazionabili (r.d.l. n. 2448 del 1927 convertito in legge n. 3125 del 1928), all'unica condizione di non arrecare aggravio per lo Stato . Tale condizione, nella sua retta intel'lpretazione letterale e logica, non vuole gi dire che lo Stato non intendeva rinunciare ai suoi tributi sulle eventuali nuove entrate del Comune di San Remo, ma che lo Stato non intendeva sopperire, neppure in parte, col denaro proprio alle necessit del Comune a cui voleva venire incontro. Tale retta intel'.'IPretazione prova come errato ritenere che lo Stato, pur preoccupato delle esigenze del Comune di San Remo, traesse spunto dai provvedimenti che pronunciava aUo scopo di assestare il bilancio di quel Comune, per reperire a s stesso una fqnte di nuova entrata tributaria. La natura pubblicistica dei proventi in ogg.etto esclude che essi siano soggetti a imposta di R.M., tipica degli 1ncrementi patrimoniali di natura privatistica risultanti da un determinato impiego di capi tale o lavoro o dall'uno e dall'altro insieme. Cosi modificata la motivazione dell'impugnata sentenza essa deve essere confermata nel suo dispositivo, che si appalesa conforme a di ritto, a norma del disposto del secondo comma dell'art. 384 c.p..c. Pertanto il ricorso principale dell'Amministrazione finanziaria deve essere rigettato e, per conseguenza, deve essere dichiarato assorbito il ricorso incidentale del Comune di San Remo, espressamente condizionato all'accoglimento del ricorso principale. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 giugno 1971, n. 1753 -Pres. Favara -Est. Virgilio -P. M. Secco (conf.) -Cucinello (avv. Geraldini) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Zoboli)~ Imposta di registro -Imposta speciale sulle automobili nuove -Prima immatricolazione di automobili acquistate anteriormente all'estero -Si estende. (d.1. 23 febbraio 1964, n. 26; 1. 12 aprile 1964, n. 190). Per effebto della Legge di conversione (12 aprile 1964, n. 190) del d.L. 23 febbraio 1964, n. 26, per automobili nuove, soggette alla speciale imposta, debbono intendersi quelle che vengono iscritte per la prima volta ai P.R.A. e quindi anche quelle acquistate aii'estero anteriormente aU'entrata in vigore della norma istitutiva ma immatricolate in IVaLia successivamente (1). (1) Non constano precedenti. 1165 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (Omissis). -Con unico motivo il .ricorrente denuncia la violazione dell'art. 1 della legge 12 aprile 1964, n. 190, nonch dell'art. 12 delle preleggi, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la Corte del merito erroneamente ritenuto che l'imposta istituita. con la predetta legge sia applicabile alla prima iscrizione al P.R.A. , mentre dal tenore e dalla Tatio delle disposizioni, contenute nella legge stessa, si desume che il tributo grava solo sull'acquisto di autovetture nuove. In particolare si sostiene che l'autovettura del ricorrente (che era stata acquistata nel 1960 in Germania) non aveva il requisito di nuova ", e pertanto non era soggetta all'imposta speciale di cui all'art. 1 della citata legge n. 190 del 1964 all'atto dell'immatricolazione nel Pubblico registro automobilistico. La censura non ha fondamento. Va premesso che il d.l. 23 febbraio 1964, n. 26, istitutivo di una imposta speciale sugli acquisti, fu, in sede di conversione, moditicato con la legge 12 aprile 1964, n. 190. All'art. 1 del predetto decreto, che contempla, ai fini dell'imposta speciale, le autovetture nuove di cui alla lett. a) dell'art. 26 del t.u. approvato con d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, fu aggiunto il seguente comma : Agli effetti del presente decreto, per nuove si intendono le autovetture che vengano iscritte pe.r la prima volta al P.R.A. . In base a tale aggiunta evidente che il legislatore ha inteso di equiparare -ai fini dell'applicazione dell'imposta speciale -le au tovetture nuove, e come tali immatricolate, alle altre che, pur essendo state acquistate in ;precedenza all'estero presso industriali e commer cianti (secondo l'espressione di cui alla prima parte dell'ail't. 1 del menzionato decreto), siano tuttavia iscritte successivamente, per la prima volta, nel Pubblico registro automobilistico italiano. Ne discende che anche nell'ipotesi di un'autovettura acquistata all'estero, che venga successivamente nazionalizzata mediante iscrizione nel P.R.A., l'imposta speciale applicabile. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 giugno 1971, n. 1755 -Pres. Stella Richter -Est. Brancaccio -P. M. Gentile (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini Rota) c. Immobiliare Revere Petrarca ed altri (avv. Salvucci). Imposta sulle societ -Detrazione delle imposte a:ll'erenti a singoli redditi -Imposte e:ll'ettivamente pagate nell'anno -Ultimo anno di esercizio -Eccezione. (I. 6 agosto 1954, n. 603, art. 5; t.u. 29 gennaio 1951, n. 645, art. 148). Le imposte afferenti a singoli redditi che sono detraibili ai fini della formazione del reddito per l'imposta sulle societ sono le im 1166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO poste del reddito per L'imposta suHe societ sono le imposte effettivamente pagate neffanno in cui stato prodofJto il reddito e non quelle che, pur riferendosi a questo periodo, sono accertate e iscritte a ruolo in anni successivi. Tuttavia quando cade in considerazione l'ultimo esercizio di una societ liquidata o trasformata sono detraibili tutte le impostJe che ad esso si riferiscono, anche se iscritte a ruolo successivamente. Ci vale sia sotto il vigore della legge 6 agosto 1954, n. 603, sia sotto il vigore del t.u. delle imposte dirette (1). (Omissis). -Col secondo motivo del ricorso si lamenta violazione e falsa applicazfone dell'lJ't. 5, comma terzo, della legge 6 agosto 1954, n. 603 e dell'art. 148, comma secondo, lett. b), del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 "; la Corte di appello avrebbe erroneamente interpretato la prima norma, nel ritenere che, in base ad essa, agli effetti della determinazione del reddito imponibile per l'applicazione dell'imposta sulle societ, si dovesse detrarre non gi l'imposta di ricchezza mobile effettivamente pagata nell'anno di produzione del reddito, ma l'imposta calcolata sul reddito prodotto in questo anno, ancorch iscritta a ruolo solo in un anno successivo; nell'art. 5 della legge del 1964 l'espressione imposte ordinarie afferenti i redditi non si riferirebbe al metodo con cui effettuare la detrazione, ma solo al tipo d'imposta detraibile, e la menzione della detraibilit delle imposte riguardanti i tre esercizi precedenti avrebbe il solo significato di una limitazione dell'estensione del c.d. criterio della cassa. La censura, in parte fondata, non pu condurre all'accoglimento del ricorso, ma giustifica solo una correzione della motivazione della sentenza impugnata, nell'esercizio dei poteri a questa Suprema Corte attribuiti dall'art. 384 cpv. c.p.c. certamente esatto che l'art. 5, comma terzo, della :legge n. 603 del 1954, nello stabilire che le imposte ordinarie afferenti i redditi non concorrono a formare il reddito imponibile agli effetti dell'im posta ,sulle societ, ha inteso prendere in considerazione le imposte effettivamente ,pagate nell'anno in cui stato prodotto il reddito e non quelle che a questo comunque si riferiscano, anche se accertate e iscritte a ruolo in anni successivi. La contraria interpretazione sostenuta dalla Corte di appello sostanzialmente fondata s.ll'argomento letterale costituito dal -gene rico richiamo ai redditi fatto dal legislatore con l'uso dell'espressione imposte ordinarie afferenti i redditi . Ma l'argomento non convince, perch il significato di questa espressione non pu essere stabilito, pre( 1) Viene confermato l'orientamento gi manifestato con la sent. 26 gennaio 1968, n. 267, in questa Rassegna, 1968, I, 104. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA scindendo dalla ratio della disciplina dell'imposta sulle societ. Questa ratio, ove si rifletta sul parallelismo fra questo tipo di imposta e quella complementare progressiva sul reddito, risultante tra l'altro esplicitamente dagli atti preparatori della legge del 1954 (cfr. Relazione alla 5" Comm. perm. Senato -Atti Senato doc. n. 359) -va individuata nell'intento del legislatore di colpire, e.on un tributo mensile, il reddito netto effettivamente conseguito, depurato delle spese e degli oneri fiscali incontrati per la sua produzione. Fra questi oneri non possono essere inclusi quelli relativi a imposte non ancora iscritte a ruolo, ancorch ne sia prvedibile la iscrizione in esercizi successivi a quello della produzione del reddito, perch tali imposte non dimimiscono il reddito effettivamente conseguito in quest'ultimo esercizio, ma quello che si conseguir nell'anno in cui si effettuer l'iscrizione a ruolo. ]intesa alla luce di questa ratio, l'espressione imposte ordinarie afferenti i redditi si chiarisce inequivocabilmente nel senso che essa riguarda le imposte iscritte nei ruoli dell'esercizio sociale al quale si riferisce il bilancio, considerato agli effetti dell'imposta sulle societ; e con questo senso essa stata recepita nell'art. 148 del t.u. delle imposte dirette, approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, in cui stata inserita una inequivocabile esplicazione letterale al riguardo, con intento che non pu non ritenersi interpretativo. L'attribuzione di questo significato all'art. 5, comma 3, della legge del 1954 conforme alla precedente giurisprudenza di questa Suprema Corte affermata con la sentenza n. 267 del 27 gennaio 1958, n. 645, in occasione della decisione di una causa avente oggetto analogo a quello della presente. Peraltro, come fu ritenuto nella stessa occasione, questa interpre tazione non sufficiente ad individuare compiutamente l'ambito di estensione dell'applicazione della norma. Va ricordato che, come risulta pacificamente -in modo ora espli cito ora implicito -dalla sentenza impugnata, dal ricorso e dal con troricorso, la controversia attuale riguarda la determinazione del red dito imponibile delle tre societ resistenti nell'ultimo anno di esercizio, prima che esse fossero messe in liquidazione. Questa determinazione dell'oggetto della controversia Stata mes sa in dubbio dalla difesa dell'Amministrazione ricorrente soltanto nella memoria difensiva; ma di questo dubbio non si pu tener alcun conto, perch espresso tardivamente e, comunque, .perch contraddetto dalle risultanze precedenti. In relazione all'oggetto della lite, come ora definito, si presenta la questione Se l'art. 5 della legge del 1954 possa essere inteso nel senso della applicabilit del criterio da esso stabilito, per la detrazione delle imposte afferenti i redditi, anche all'ultimo anno di esercizio di una societ in liquidazione. 1168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In conformit di quanto ritenuto nella menzionata sentenza n. 267 del 1968, la questione deve essere risolta in senso negativo. I Come esattamente si osservato in questa sentenza, l'art. 5 della legge del 1954 presuppone la perdurante esistenza e tassabilit delle societ, poich solo nei riguardi di una societ che continui a svolgere la sua attivi,t possibile applicare, ai fini della determinazione dell'imponibile, il sistema di detrazione cosiddetto di cas.sa. I Quel presupposto non ricorre nel caso di ultimo esercizio sociale per avvenuta liquidazione o trasformazione della societ, anzi qui si verifica un caso del tutto opposto, che non pu essere sottoposto alla medesima disciplina del primo, a meno di non voler pervenire alla incongruenza giuridica, per .giunta iniqua, di escludere dalla detraI zione del reddito complessivo le imposte iscritte a ruolo dopo la liquidazione o trasformazione della societ, sottoponendo in tal modo all'imposta sulle societ il reddito lordo, anzich quello netto. Questa incongruenza non tollerata dalla ratio che si visto essere propria dell'art. 5, sicch deve escludersi che questa norma possa riferirsi all'ultimo esercizio delle societ in liquidazione o trasformate (non pi soggette a tassazione). Esclusa la possibilit di -applicare l'art. 5, la d~sciplina di questa ipotesi va ricercata, in mancanza .di un'espressa disposizione, nei principi generali in materia di imposta sulle societ, 'Principi, in virt dei quali, sia per la legge del 1954, sia per il citato t.u. del 1958, il reddito da colpire sta.to considerato sempre e soltanto quello netto. Il ricorso a questi principi comporta che per l'ultimo esercizio delle societ che si trovino nella situazione .giuridica ora ricordata il reddito netto va stabilito non con criteri formali riferiti ai dati di chiusura del bilancio, ma con criteri sostanziali, che tengano conto anche degli oneri di imposte maturati in qull'esercizio e solo successivamente iseritti a ruolo. Cosi individuata la diseiplina giuridica applicabile alle situazioni dedotte dalle tre societ resistenti, devesi concludere che legittima mente i giudici di appello hanno ritenuto esatta la sentenza del tribu nale che aveva detratto dal reddito imponibile accertato nei riguardi delle dette societ l'importo delle imposte di ricchezza mobile rela tive all'ultimo esercizio della loro attivit e iscritte a ruolo in anni successivi; ma che non conforme a legge invece 1a motivazione con cui quei giudici hanno giustificato la loro decisione. Conseguentemente, in conformit di quanto disposto dall'art. 384 cpv. c.p.c., l'errore della Corte di appello nella motivazione della sen tenza impugnata va corretto nei sensi che risultano dai rilievi che precedono, mentre il ricorso dell'Amministrazione delle finanze dello Stato, rivelatosi sostanzialmente infondato, va rigettato. -(Omissis). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1169 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 giugno 1971, n. 1766 -Pres. Stella Richter -Est. Mazzacahe -P. M. Cutrupia (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli) c. soc. ITALVER (avv. Graziadei). Imposte di fabbricazione -Costituzione della Repubblica -Decreto legge 23 ottobre 1964, n. 989, sulla disciplina fiscale dei prodotti petroliferi -Conversione -Emendamenti abrogativi -Efficacia ex tunc. (Cost. art. 73 e 77; d.l. 2.3 ottobre 1964, n. 989; 1. 18 dicembre 1964, n. 1350). n decreto-legge non convertito perde efficacia con effetto ex tunc sia quando la mancata conversione sia totale, sia quando concerna singole disposizioni; conseguentemente non dovuta l'imposta di fabbri. cazione sulle miscele di idrocarburi di cui aWart. 1, comma terzo, lettera c), det d.t. 23 ottobre 1964, n. 989 s0tppresso in sede di conversione con la legge 16 dicembre 1964, n, 1350 (1). (Omissis). -'L'Amministrazione finanziaria, con il primo motivo, denuncia la violazione degli artt. 77, terzo comma e 73, terzo comma della Costituzione, 11, primo comma, delle disposizioni della legge in generale, dell'al'ticolo unico della legge 18 dicembre 1964, n. 1350 e del'art. 1, terzo comma, del d.l. 23 ottobre 1964, n. 989, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. La ricorrente sostiene che, mentre la mancata conversione in toto del d.l. ha effetto ex tunc, quella relativa ad una singola disposizione, la quale ne risulti quindi soppressa, ha efficacia ex nunc; che infatti il d.1., convertito in parte, produce egualmente i suoi effetti sino alla entrata in vigore della legge di conversione, la quale opera, con gli emendamenti soppressivi o modificativi, esclusivamente per il futuro; che, pel'tanto, con riferimento alla fattispecie, il tributo riscosso medio tempore fu legittimamente percepito. La questione cosi proposta stata gi esaminata da questo Su premo Collegia e risolta in senso sfavorevole alla ricorrente con la sentenza 8 ottobre 1969, n. 3211, le cui considerazioni, in mancanza di nuovi validi argomenti in contrario, devono essere pienamente con divise. stato invero osservato, con la menzionata sentenza, che l'ar ticolo 77 della Costituzione stato formulato in manifesta antitesi al precedente sistema incardicato sul r.d. 31 gennaio 1926, n. 100, il quale, attribuendo al Governo il pere di emanare norme giuridiche aventi forza di legge, conferiva alla mancata conversione integrale o parziale del d.lgt. effetti ex nunc, poich l'atto del Governo si formava, (1) Viene confermato il principio gi espresso con la sentenza 8 otto- bre 1969 n. 3211 (in questa Rassegna, 1969, I, 843, con richiami). 1170 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fin dall'origine,. come un provvedimento legislativo fornito d'efficacia normativa al pari delle leggi emanate dal Parlamento. La Costituzione vigente, invece, pur ammettendo che in casi straordinari di necessit e di urgenza il Governo possa adottare (non gi emanare ) provvedimenti provvisori con forza di legge, ha chiaramente negato all'esecutivo ogni potere legiferante, rigorosamente riservandolo alle due Camere quale loro tipica ed insostituibile funzione. La provvisoriet implica il ripristino della situazione anteriore, se l'atto non venga convertito, cio se il provvisorio non si trasformi, mediante il suo assorbimento nella legge di conversione, in definitivo. La diversa disciplina appena illustrata dell'uno e dell'altro sistema ovviamente riferibile sia all'atto nella sua unitariet, sia al suo con tenuto, cosicch, mentre il d.l., secondo il precedente ordinamento, aveva nel suo insieme ed in ogni singola sua disposizione un valore normativo tendenzialmente permanente, nonostante la sua subordina zione alla conversione parlamentare, appunto perch nasceva come legge originariamente perfetta, lo stesso, invece, nell'ordinamento vi gente, ha carattere provvisorio, non ha la dignit di una fonte nor mativa ed acquista valore giuridico nel suo insieme ed in ogni sua particolare disposizione soltanto se venga convertito, peTch soltanto la conversione idonea a conferirgli la dignit ed il valore di un atto legislativo. Nel primo sistema il Governo era investito del potere di emanare norme giuridiche, nel secondo invece ne del tutto privo; nef primo, per conseguenza, il decreto corrisponde ad una legge, nel secondo in vece ad un provvedimento di fatto originariamente viziato, finch non sia -stato legittimato d~ll'organo investito del potere legislativo me diante la legge di conversione. Le suesposte considerazi.oni rivelano la inconsistenza del rilievo dell'Amministrazione, secondo cui l'emendamento soppressivo, essendo pur Sempre ricollegabile alla volont di conversione da parte del legislatore, dovrebbe necessariamente avere effetto ex nune postoch il decreto nel suo insieme sopravvive in virt della legge di conversione. Se, inftti, si consideri che l'atto, in ogni sua norma, nasce provvisorio, precario e viziato, finch il potere legislativo non gli conferisca carattere di legalit retroattivamente mediante una forma di sanatoria, consegue che le parti dell'atto non convertite restano invalide fin dalla prima adozione dell'atto stesso, non avendo potuto conseguire il crisma della legittimit. Diversa era invece la situazione secondo il precedente wdinamento, appunto perch, come gi si detto, il decreto nella sua interezza, e quindi ogni sua disposizione, singolarmente considerata, aveva di fatto e di diritto indole legislativa, che restava ferma finch in sede di conversione non fosse intervenuto un emendamento abrogativo. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Considerata la diversa natura del provvedimento, nei due ordinamenti, e quindi di .ogni singola sua disposizione, l'emendamento abrogativo non pu non avere, nei riguardi della disposizione medesima, che lo stesso effetto proprio del totale rifiuto di conversione rispetto al decreto unitariamente considerato. E, come prima la conversione o la mancata conversione totale o parziale aveva sempre effetto ex nunc, cosi ora le stesse hanno effetto ex tunc non consentendo la nascita, sul piano legislativo costituzionale, di una norma giuxidica, Si pu dunque concludere che l'emendamento soppressivo di un decreto, il quale ai sensi dell'art. 77 della Costituzione non legge in senso tecnico finch non venga convertito appunto perch adottato da un organo privo del potere legislativo, foglie alle disposizioni soppresse ogni ragione di sussistenza ,fin dall'origine, non avendo le s~esse acquistato quel crisma di legalit suscettibile di conferire loro valOTe di legge. Con il secondo motivo l'Amministrazione denuncia la violazione degli artt. 7 ed 8 del d.l. 23 ottobre 1964, n. 989, dell'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale e dell'art. 20 delia legge 7 gennaio 1929, n. 4, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. Si sostiene, in via subordinata, che la Sentenza impugnata ha erroneamente escluso che il legislatore, in sede di conversione, si sia avvalso della possibilit di regolare i rapporti soo:ti sulla base della parte non convertita del decreto n. 989 del 1964; che infatti la mancata soppressione degli artt. 7 ed 8 del decreto predetto, i quali contenevano disposizioni regolamentari procedurali ed accertative concernenti esclusivamente il tributo soppresso, realizzava la disciplina intertempocale dei rapporti medesimi, implicando, anche in base alle risultanze dei lavori preparatori, l'efficacia medio tempore della norma non convertita. 'Anche tale questione stata esaminata e risolta in senso sfavorevole all'Amministrazione con la menzionata sentenza n. 3211 del 1969. stato ivi fondatamente osservato : gli artt. 7 e 8 del d ..I. 23 ottobre 1964, n. 989 stabilivano l'obbligo di denunzia entro certi termini per i detentori del prodotto, che alla lett. c del terzo comma dell'art. 1 era stato assoggettato al tributo soppresso in sede di conversione, e prevedevano una pen pecunaria a carico degli inadempienti. Al momento della conversione, che era stata negata per il tributo di cui aUa predetta lettera e, venne proposto anche il rifiuto di conversione o la soppressione di detti articoli, ma il rappresentante del Governo vi si oppose, considerando che la norma non convertita fosse rimasta valida medio tempore, e che le disposizioni da sopprimere conservassero una loro utile funzione. In base a queste osservazioni l'emendamento fu ritirato e gli artt. 7 e 8 del decreto furono quindi convertiti, pur non essendo stata convertita l'espressa previsione del tributo (lett. c, terzo 1172 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO comma, art. 1). Ci, tuttavia, non dimostra la sopravvivenza intertemporale della norma soppressa per espressa volont del legislatore. Invero l'esercizio da parte delle Camere del potere di regolare i rapporti sorti in base alla disposizione non convertita, s da poterne ritenere, medio tempore, la sopravvivenza, deve essere esplicito e dar vita a positive e rprecise norme regolatrici, dalle quali la volont legislativa circa l'efficacia intertemporale della norma non convertita risulti chiara e non equivoca. La sopravvivenza non pu invece desumersi indirettamente dalla mancata soppressione di norme divenute superflue. Ci dimostrato dalla ratio e dalla stessa lettera della norma costituzionale (ultima parte del terzo comma dell'art. 77) e soprattutto dalla esigenza logica di un'autonoma disciplina di rapporti O(l'mai rimasti privi di ogni particolare e specifica loro regolamentazione. Per quanto riguarda i lavori parlamentari, si deve .osservare che la ,sopravvivenza degli artt. 7 e 8 del d.l., meramente strumentali rispetto al tributo soppresso, non pu essere interpretata in senso anticostituzionale, quale sarebbe di conferire, senza altre precisazioni legislative, efficacia ex nunc ad un emendamento merament.e soppressivo. Ci in base alle considerazioni gi illustrate a proposito del primo motivo del ricorso. Pertanto non essendo certo valida la personale manifestazione di volont di taluni rappresentanti del potere legislativo di mantenere in vigore gli artt. 7 e 8 del d.l. in contrasto manifesto con gli effetti retroattivi della mancata conversione parziale del decreto stesso, secondo il dettato costituzionale, anche il secondo mezzo del ricorso si rivela infondato. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 giugno 1971, n. 1771 -Pres. Favara -Est. Berarducci -P. M. Sciaraffia (conf.) -Amadeo (avv. Carlino) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Masi). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Decisioni delle Com missioni tributarie -Ricorso in Cassazione per saltum -Inam missibilit. (Cast. art. 111). n ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost., ammesso soltJanto contro provvedimenti decisori definitivi per i quali non sia previsto aitro mezzo di impugnazione, non pu essere proposto per saltum contro decisioni delie commissioni soggette ad impugnazione neU'ambito dei sistema dei contenzioso tributario (1). (1) Decisione di evidente esattezza. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1173 (Omissis). -Devesi esam~nare, preliminarmente, l'eccezione di inammissibilit del ricorso, sollevata dall'Ammi.nistrazione finanziaria. Si assume, infatti, da detta Amministrazione, che la decisione emessa dalla Commissione provinciale delle imppste, Sezione speciale di diritto, una decisione di primo grado, avverso la quale pu proporsi impugnazione alla Commissione centrale delle imposte, e che, pertanto, inammissibile contro di essa il ricorso per cassazione ex art 111 della Costituzione, in quanto tale ricorso presuppone la definitivit. del provvedimento impugnato. L'eccezione fondata. Gi altra volta questo Supremo Colleg!g ha avuto occ~one di affermar. e (cfr. sent.. n. 335Q del 1957) che, in materia di imposte, il ricorso in Cassazione, ex art. 111 della Costituzione, non ammissibile, per saitum, contro le decisioni delle Commissioni provinciali, che siano impugnabili innanzi alla Commissione eentrale e che, se diventate definitive, per fa mancanza di detta impugnazione, possono legittimare solo l'azione innanzi al giudice ordinario di primo grado, con le sue ' / cessive eventuali impugnazioni normali. : Questo principio non pu che essere ribadito nella presente controvel'ISia. Invero, in .materia di hnposte indirette sui trasferimenti di ricchezza, per effetto dell'art. 29 del r.dJ. 7 agosto 1936, n. 1639, le controversie che si riferiscono alla determinazione del valore sono decise, in prima istanza, dalle Commissioni distrettuali ed, in secondo grado, da quelle provinciali, senza ip0:ssibilit di ricorso alla Commissione cen~ rale, mentre le controversie che attengono all'applicazione della legge, e cio che involgono questioni di diritto, sono decise, 1n primo grado, delle Commissioni provinciali -in seno alle quali, a' sensi del successivo ,n. 3(.) dello st~o r.d., istituita un'apposita sezione, comunemente denominata e sezione di diritto -ed, in secondo grado, dalla Commissione . centrale. Per effetto di tale disciplina legislativa, quindi, mentre le decisioni delle Commissio:pi provinciali, in grado di appello in tema di determinazione del valore imponibile, sono decisioni che, nell'ambito del processo tributario; hanno carattere definitivo, lo stesso carattere non hanno, invece, le decisioni, in primo grado, delleCommissioni provinciali, Sezioni di dirito;1 contro cui ammesso il ricorso alla Commissione centrale. La facolt di proporre ricorso a questa Commissione, come giudice di appell, esclude, infatti, che Q.ette ultime decisioni possano essere considerate definitive e, di conseguenza, importa che contro di esse non pu proporsi ricorso, ex art. 111 della Costituzione, alla Corte di Cassazione, noto essendo che tale ricorso ammissibile solo nella ipotesi di provvedimenti decisori e definitivi per i quali non sia previsto dalla legge alcun altro mezzo di impugnazione. -(Omissis). 1174 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 giugno 1971, n. 1921 -Pres. Ca' poraso -Est. Valore -P. M. De Marco (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli) c. Soc. Faini (avv. Romeo). Imposte do~anali. -Interessi -Importazioni temporanee -Importazioni tipiche e importazioni atipiche -Distinzione. (l. 4 giugno 1962, n. 659, artt. 1 e 3). Nel regime delle importazioni temporanee occorre distinguere queUe tipiche, consistnti nella importazione di materie destinate ad essere riesportate dopo un determinato ciclo di lavorazione, da queUe atipiche, consistenti nella importazione di merci da impiegare per un fine per il quale stabilita un'esenzione e che non implica la riesportazione (r.d. 16 novembre 1931, n. 1890 e d.l. 8 marzo 1949, n. 15). Nel.le importazioni tipiche, ove non abbia luogo ~ riesportazione e venga chiesta la nazionalizzazione, sorge l'obbligo dJi corrispondere i diritti doganali, che erano dovuti sin dal momento della impo:t:azione, con gli interessi di cui all'art. 1 della legge 4 giugno 1962, n. 659; solo nelle importazioni atipiche la nazionalizzazione ha luogo in esenzione e quindi per l'espressa norma de.ll'art. 3 della legge citata, non sono dovuti gli interessi dal momento della importazione a quello della nazionalizzazione (1). (Omissis). -L'Amministrazione ricorrente, denunciando la violazione dell'art. 3 della legge 4 giugno 1962, n. 659, in relazione all'art. 360 n. 3 c ..p.c., sostiene che, ai sensi di tale norma, l'esonero dal pagamento degli interessi di mora concerne esclusivamente le merci, la cui esenzione, totale o .parziale, dai diritti doganali sorga a1 momento della nazionalizzazione -in esito allo svolgimento, nello Stato, di un ciclo produttivo -e non anche le merci che, come quella in oggetto, fruiscano dell'esenzione di rper se stesse sin dal momento dell'importazione. La censura fondata. Dispone l'art. 1 della citata legge n. 659 del 1962: ... sulle merci temporaneamente importate dovuto un interesse suppletivo di mora in ragione del 3 % per semestre, da liquidarsi sull'ammontare dei di ritti di confine e dell'imposta generale sulla entrata dovuti al momento in cui fu effettuata l'importazione temporanea per il tempo trascorso dal giorno dell'avvenuta importazione temporanea a quello della na zionalizzazione... . (1) Decisione da condividere pienamente; non constano precedenti specifici. J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Il successivo art. 3 prescrive: L'interesse suppletivo di mora di cui al .precedente art. 1 non si applica nei casi in cui la nazionalizza zione avvenga in esenzione totale o parziale da diritti doganali . Secondo i principi-che regolano il sistema delle temporanee importazioni, quale si evince dalle norme del r.d. 18 dicembre 1913, numero 1453, le merci estere che devono ricevere in Italia determinate lavorazioni ed essere impiegate nelfa fabbricazione di prodotti destinati all'esportazione, possono essere importate temporaneamente senza il pagamento dei diritti di confine, a condizione che il proprietario si obblighi, nei modi prescritti, a riesportarle entro un termine prestabilito. Se alla scadenza di tale termine le merci non sono state .riesportate, sono dovuti i diritti di confine che si sarebbero dovuti corrispon. dere nel giorno dell'importazione, oltre agli interessi di mora. Prima della scadenza del termine di durata della temporanea importazione, il proprietario, per, pu chiedere l'immissione al consumo in Italia delle merci importate, verso il pagamento dei diritti di confine dovuti con l'aggiunta di un intere8se di mora. Una parte della dottrina con~rappone le suddette, che qualifica im portazioni temporanee tipiehe, alle importazioni temporanee atipiche, alla introduzione, eio, nello Stato, di merci o materiali. destinati ad un impiego nazionale, relativamente ai quali l'apparato formale della temporanea importazione pu servire anche come sistema di controllo di un ciclo produttivo .particolarmente complesso e per accertare le condizioni che debbono. concorrere per 1a concessione di determinate franchige. Vanno, al.riguardo, ricordati il r.d. 16 novembre 1937, n. 1890 e il d.l. 8 marzo 1949, n. 75, relativi, rispettivamente all'importazione di materiali destinati alla costruzione, nei cantieri italiani, di navi mercantili, ecc. e di materiali introduttivi nelle zone industriali, per i quali, dopo il collaudo nel primo caso e la messa in opera nel se condo, vengono rilasciate bollette definitive di esenzione, che servono a dare scarico a quelle di temporanea importazione. In tali casi, come ovvio, impropriamente si potrebbe ravvisare nell'impiego dei suddetti materiali una riesportazione di essi, onde la qualifica di importazioni temporanee atipiche trova piena giustificazione. Ci posto, non pu ricevere consenso l'assunto della controricor rente, secondo cui l'obbligo di corrispondere i diritti doganali -e correlativamente l'esenzione da tale obbligo, nei casi in cui sia pre vista -sorge sempre nel momento stesso in cui le merci estere pas sano la frontiera doganale, in quanto, come per altro questa Suprema Corte ha gi avuto occasione di affermare (Cass., 30 giugno 1950, n. 1699), l'ordinamento tributario doganale, mentre normalmente stabilisce che. il dazio deve essere soddisfatto con effetto definitivo nel momento suddetto, prevede dei casi nei quali il contribuente, al ve 1176 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rificarsi di certe condizioni, ha diritto alla restituzione dell'imposta ed altri casi nei quali il credito tributario sorge nel momento in cui la merce entra nel territorio doganale, ma sottoposta a condizione sospensiva ed altri casi, ancora, nei quali la nascita stessa dell'obbligazione tributaria differita ad un momento successivo. Orbene, secondo la Corte genovese, la disposizione dell'art. 3 della citata legge n. 659 dovrebbe intendersi nel senso che ogni qualvolta sussista per l'importazione di una determinata merce l'esenzione totale o la riduzione anche di uno solo dei diritti doganali (tra i quali rientrano sia i diritti di confine che l'I.G.E. all'importazione), gli interessi suppletivi non sarebbero computabili su alcun diritto, neppure su quello, o quota parte di quello, che in concreto viene applicato. (Come nel caso di specie, in cui, pur essendo la merce esente da dazio, era dovuta l'I.G.E., che stata pagata dalla soc. Faini senza alcuna contestazione, e soltanto sull'I.G.E. erano stati, dalla Dogana di Genova, applicati gli interessi). Codesta interpretazione non appare accettabile sotto un triplice profil~. 1) Invero, poich l'art. 3 prevede anche l'ipotesi di merce la cui nazionalizzazione avvenga in esenzione totale da diritti doganali, la norma stessa sarebbe superflua ove essa dovesse riferirsi, come afferma la sentenza impugnata e sostiene la controricorrente, al caso di merce la cui importazione in s avvenga in totale esenzione da diritti doganali. , infatti, evidente che non essendo dovuti tali diritti, non sono neppure dovuti interessi su di essi. 2) Non si spiega .poi perch, in caso di esenzione parziale da diritti doganali, verrebbe concessa un'esenzione totale da interessi. 3) Infine la motivazione appare lacunosa, in quanto la sentenza impugnata, dopo aver affermato che il testo della legge cool chiaro da non aver bisogno di alcuno sforzo interpretativo , riconosce che la legge stessa parla di nazionalizzazione (espressione che non si rinviene nella legge delle temporanee importazioni del 1913) e non di importazione della merce, ma poi si limita alla mera considerazione che da tale diversit di termini l'interprete non certo autorizzato ad introdurre una distinzione che porterebbe ad un risultato del tutto opposto a quello manifestamente voluto dalla legge. Considerazione, questa, ovviamente insoddisfacente specie di fronte alle incongruenze rilevate sub. 1) e 2). L'uso del termine nazionalizzazione., cui l'esenzione ricollegata, invece delle consuete espressioni di importazione in esenzione... merci esenti da dazio... da diritto di confine... da diritti doganali., adoperate sia nella ta.riffa doganale (d.P. 7 luglio 1950, n. 442) che nei dd.PP. 26 dicembre 1958, n. 1105 e 21 dicembre 1961, n ... 1339, non pu non indurre a ritenere esatta l'interpretazione caldeggiata PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1177 dalla difesa dell'Amministrazione Finanziaria e gi accolta dal Tribunale, secondo cui l'art. 3 si riferisce a merce, rispetto alla quale, l'esenzione smge, non al momento dell'introduzione nello Stato, ma a quello successivo della nazionalizzazione, a conclusione di un ciclo lavorativo agevolato. In altri termini, l'esenzione di cui all'art. 3 si applica soltanto alle importazioni temporanee atipiche. Con ta~e interpretazione, le illogicit e le incongruenze sopra citate scompaiono. Nell'importazione tipica il ritardo tra l'introduzione della merce ed il pagamento dei diritti cagionato dal compmtamento dell'importatore, il quale, sia pure avvalendosi di una facolt a lui concessa tj.all'art. 14 della legge n. 1453 del 1913, dopo aver in un primo tempo dichiarato che importava temporaneamente per poi esportare, muta destinazione e immette la merce in consumo nello Stato. Codesto ritardo nella percezione dei diritti doganali da parte dell'Amministrazione, giustifica la corresponsione dell'interesse, che, per, come ovvio, non dovuto se la merce sia esente. all'importazione. Nell'importazione atipica, invece, il ritardo nella liquidazione nei diritti non dipende dal fatto dell'importatore, ma dal congegno stesso istituito dalla legge per l'applicazione dell'agevolazione. La merce, non esente al momento dell'importazione, lo diviene, totalmente o parzialmente, per particolari ragioni, al momento della nazionalizzazione, al compimento, cio del ciclo produttivo in vista del quale la merce stessa stata importata. In tal caso, ai sensi dell'art. 1 della leg-ge n. 659 del 1962, l'interesse suppletivo sarebbe dovuto dal momento dell'importazione a quello della nazionalizzazione, se la legge,. stessa, col successivo art. 3, non ne escludesse l'applicazione nel quadro delle condizioni di favore accordate a determinati settori produttivi. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 giugno 1971, n. 1923 -Pres. Rossano -Est. Giuliano -P. M. Silocchi (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Barsi) c. Comune di Portoferraio (avv. Piras). Imposta di registro -Donazione a scopo di beneficienza, istruzione, igiene e pubblica utilit -Determinazione dello scopo -Valore cogente nei confronti del donatario -Necessit. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3260, art. 44, lett. e; r.d.l. 9 aprile 1925, n. 380, art, 1; e.e. art. 793). L'esenzi01J1,e fiscale per le Liberalit in favore di provincie, comuni ed enti morali aventi io scopo specifico > di beneficenza, istru 1178 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione, igiene e utiLit pubblica applicabile solo quando daWatto ?"isuiti la certezza deU'idoneit al conseguimento di urio di tali scopi, cio quando il motivo che ha spinto il donante alla liberalit sia stato espresso con una clausola che abbia valore cogente nei confronti del donatario e si traduca in un modo a norma deU'art. 793 e.e. (1). (Omissis). -I due mezzi del ricorso, attenendo a un'unica questione, variamente illustrata, debbono essere esaminati congiuntamente. Con essi la ricorrente, dolendosi di violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 8 della legge del registro, dell'art. 44 della medesima, modificato dall'art. 1 del r.d.1. 9 april~ 1925, n. 380, dell'art. 9 della legge 12 maggio 1949, n. 206, dei principi generali tributari e sull'applicazione e interpretazione della legge e di insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto decisivo della qualificazione dello scopo enunciato nell'atto di donazione, dpropone la tesi che fu accolta dal primo giudice ed stata dianzi riassunta. E aggiunge che un brano della sentenza impugnata, in cui si rileva come le espressioni dell'atto di donazione denotino una commistione dello scopo di pubblica utilit con quello di beneficenza ., mostra l'illogicit della motivazione, poich non PU essere specifico uno scopo e ambivalente ., che, invece attenendo l'ambivalenza non a singoli obiettivi, ma a categorie di obiettivi, pu qualificarsi indeterminato nei limiti delle categorie medesime . Questa complessa censura fondata. Invero, le agevolazioni fiscali in questione sono state disposte per favorire il raggiungimento di scopi di beneficenza, istruzione o educazione; perci spettano soltanto nei casi in cui l'intrinseca natura dell'atto e i suoi effetti giuridici, ai quali devesi aver riguardo secondo la fondamentale norma dell'art. 8 della legge del registro, siano tali che ne scaturisca la certezza della sua idoneit al conseguimento di uno di siffatti scopi. Tale idoneit pu sussistere soltanto se il motivo che ha spinto -il donatore alla liberalit~ :_ e che con riguardo alla compiuta donazione, si configura come scopo della medesima sia stato espresso nell'atto con una clausola che abbia valore cogente nei confronti del donatario, se, cio, il motivo siasi tradotto in un mpdo, a norma dell'art. 793 e.e. Altrimenti, la menzione di quel motivo non che una raccomandazione, priva di giuridici effetti. (1) Decisione esattissima. Cfr. Cass. 9 giugno 1969, n. 2023, in E}Uesta Rassegna, 1969, I, 535. I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1179 Il modo, od onere, genera a carico del donatario, un'obbligazione, come emerge dall'art. 793 e.e., che contempla l'adempimento e l'inadempimento dell'onere. Ma un'obbligazione non pu sorgere se non con un oggetto determinato o almeno determinabile. La specificit dello scopo richiesta dalle norme fiscali ora in esame per soddisfare tale esigenza. La menzione della beneficienza, istruzione e educazione delimita il campo in cui dev'essere compreso lo scopo; ma questo non. specifico se non indicata la destinazione, compresa in quel campo, che, in concreto, il donatario si impegni a dare alla cosa donata. Non contrasta con queste considerazioni (che sono in armonia con la sentenza n. 2023 del 1969 della Corte Suprema, la quale ha sancito che i benefici fiscali in questione spettano soltanto nell'ipotesi di effettiva realizzazione dello scopo, e in tal modo ha postulato la necessit di una concreta determinazione di ci che debba essere realizzato) la dizione dell'art. 1 primo comma del r.d.l. 9 aprile 1925, n. 380, che ha modificato l'art. 44 della legge del registro, l dove esso contempla le liberalit anche se onerose, purch l'eventuale onere sia inerente allo scopo per il quale sono disposte. Si potrebbe, invero, dubitare che, essendo prevista come meramente eventuale l'apposizione di un onere alla donazione per la quale concesso il beneficio fi.scale, ed essendo, anzi, considerato tale onere come non impediente il beneficio, purch inerisca allo scopo della liberalit, non sia possi bile identificare lo scopo specifico con un onere, come si fatto dianzi. Ma l'attento esame della disposizione fuga il qubbio. Infatti, gli oneri espressamente menzionati dalla norma sono quelle prestazioni a favore di terzi che, in ipotesi, siano imposte dal donatore all'ente pubblico donatru:io. Per il loro valore, l'atto dovrebbe a norma del l'art. 42 della legge del registro, essere tassato come se fosse a titolo oneroso: eccezionalmente, l'art. 1 surricordato estende l'esenzione dal l'imposta di registro anche a questo onere, purch inerente allo scopo specifico della liberalit. Per contro, come ha chiru:ito la relazione mi nisteriale al d.l. 9 aprile 1925, n. 380, l'esenzione non si applica agli oneri imposti al donatario a favore di terzi che non siano obbligati ad alcuna prestazione pel raggiungimento dello scopo specifico per cui la donazione stata fatta. Ma tutto ci non toglie che lo scopo speci fico di cui qui si discute sia un onere, nel senso di obbligo imposto al donatario di dare al bene donato una particolare destinazione, ac: cezione del termine che compresa nella previsione dell'art. 793 del e.e. La Corte fiorentina avrebbe dovuto esaminare il contenuto dell'atto al lume delle suesposte considerazioni. Quest1esame dovr pertanto essere !ASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 21 giugno 1938, n. 1094, deducendosi in subordine che la parte destinata ad albergo avrebbe dovuto godere dei benefici fiscali essendo assimilabile alle case di abitazione, come lo sono le colonie, i collegi e in genere gli edifici destinati ad ospitare collettivit di persone. Anche il quarto mezzo non fondato, in quanto gli alberghi non possono essere assimilati agli edifici scolastici, agli ospedali, alle. case di cura, alle colonie, ai collegi, non avendo finalit di educazione e di cura e non essendo destinati ad ospitare comunit organizzate di persone. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 giugno 1971, n. 1926 -Pres. Giannattasio -Est. Miee -P. M. Caristo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Lancia) c. Manfredda. Impste e tasse in ~enere -Impo~te indirette -Giudizio dinanzi al tribunale ordinario ex art. 29 terzo comma d. 1. n. 1639 del 1936 Apprezzamento .del calcol dei valori -Esclusione. (d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29). n giudice ordinario adito per l'impugnazione per difetto di calcolo o errore di apprezzamento delle decisioni deite Commissioni provinciali di valutazione, deve soltanto compiere un giudizio di legittimitJ, sulla sola base della decisione denunciata, senza poter valutare la fondatezza deLla valutazione n integrare o variare la motivazione insufficiente sulla scorta degli atti del giudizio amministrativo (1). (Omissis). -Con il primo motivo l'Amministrazione ricorrente, deducendo la violazione dell'art. 29 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 nonch contraddittoriet e difetto di motivazione, afferma che la Corte di merito, anzich limitarsi ad esaminare se la decisione impugnata fosse affetta dal denunziato vizio dell'errore di calcolo, in cui sarebbe incorsa la Commissione provinciale, ha integrato la motivazione della decisione impugnata con propri argomenti ec.cedendo pertanto i suoi poteri di semplice controllo di mera legittimit. La censura fondata. Come ha ripetutamente affermato questa Suprema Corte, il ricorso al giudice _ordinario previsto dall'art. 29 terzo comma del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, per grave ed evidente errore di apprezzamento ovvero per mancanza od insufficienza di calcolo nella determinazione del valore del bene oggetto dell'imposizione, co (1) "Girisprudenza costante: Cass. 26 ottobre 1968, n. 3568, in questa Rassegna, 1968, I, 831, con richiami. Per una pi approfondita disamina sull'ampiezza del controllo esercitato dal giudice ordinario v. Cass: 18 gennaio 1971, n. 90, ivi, 1971, I, 400. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1185 stituisce un'impugnazione di mera legittimit, il cui oggetto limitato all'accertamento dei suddetti vizi. Pertanto il giudice ordinario deve accertare solo se il denunziato vizio sussista e non esaminare anche la fondatezza della valutazione adottata dalla Commissione, e effettuare l'indagine .solo in base alla decisione impugnata, senza possibilit di integrare o variare la motivazione della decisione stessa sia pure in base agli atti del giudizio amministrativo. A tali principi.non si attenuta la Corte d'Appello, la quale non si limitata a verificare se il denunziato vizio della decisione sussistesse, ma ha proceduto ad un vero giudizio .sulla fondatezza della valutazione, integrando la decisione impugnata con sue argomentazioni tratte dagli atti di caus e non desunte dalla decisione. Invero nella decisione della Commissione si affermava solo che il complesso dei .beni caduti in eredit costituivano un fondo rustico e che il fabbricato serviva alla conduzione del fondo e che il carattere agricolo era confermato dal piano regolatore, senza che fosse indicato, a sostegno di tali affermazioni, alcun elemento di .calcolo o di valutazione. La Corte doveva solo esaminare se tale motivazione fosse da con siderare adeguata secondo il precetto dell'art. 29 terzo comma del r.d. cit., anche con riferimento all'art. 42 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, che prescrive che nella motivazione della decisione siano indicati gli elementi di fatto tenuti a calcolo nella determinazione degli imponibili. Pertanto, sussistendo i1 denunziato vizio, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata per nuovo esame alla stessa Corte d'Ap pello. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 giugno 1971, n. 1957 -Pres. Marletta -Est. Gambogi -P. M. Trotta (conf.) -Soc. F.A.T.M.E. (avv. Nucci) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Casamassima). Imposte doganali -Competenza e giurisdizione -Decreto di qualificazione doganale delle merci -Discrezionalit dell'Amministrazione -Esclusione -Giurisdizione del giudice ordinario. (d.l. 7 luglio 1950, n. 442, art. 4; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, artt. 2 e 5). Imposte e tasse in genere -Fonti dell'obbligazione tributaria -Atti amministrativi -Ammissibilit -Limiti -Imposte doganali Esclusione -Interpretazione analogica della norma -Ammissi bilit. (Cost., art. 23; preleggi, art. 14; d.1. 7 luglio 1954, n. 442, art. 4). La qualificazione delle merci agli effetti della applicazione della tariffa doganale consiste sempre in un interpretaz.ione deLla legge che 1186 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non lascia all'Autorit amministrativa alun margine di discrezionalit; pertanto tutte le controversie sulla legittimit del decreto del Ministro delle Finanze emesso ai sensi dell'art. 4 del d.l. 7 luglio 1950, n. 442 appartengono alla giurisdizione del giudice oirdinario (1). Il principio della riserva di legge sulla imposizione tributaria fissato nell'art. 23 Cost. non inconciliabile con la concessione al.la Pubblica Amministrazione di poteri discrezionali, qualora detti poteri vengano attribuiti nella cornice della legge che regola la materia per meglio attuarne la realizzazione e gli scopi; ci non si verifica in tema di qualificazione doganale delle merci, nena quale il giudizio di ass.imilazione di merci nol/1. nominate in tariffa a queUe con le qua.Li hanno maggiore analogia si concreta in una interpretazione analogica della legge (eccezionalmente ammessa) e non in un a.pprezzamento discrezionale (2). (Omissis). -Con determinazione 31 gennaio 1963 il Miriistro delle finanze classific, agli effetti doganali, le capsule microfoniche Ericsson per microtelefoni importate dall'estero dalla Societ fabbrica apparecchi. telefonici materiali elettrici (F.A.T.M.E.) nella voce n. 1198 lett. a) della tariffa doganale approvata con d.p. 7 luglio 1950, n. 442, voce comprendente amplificatori di correnti elettriche (a bassa frequenza); microfoni ed altoparlanti per qualsiasi impiego e loro parti; microfoni . Con ricorso 16 aprile 1963, la F.A.T.M.E. chiese al Consiglio di Stato l'annullamento del prvvedimento ministeriale, deducendo in primis la violazione della tariffa doganale, l'eccesso di potere, la motivazione pe:riplessa e contraddittoria del provvedimento stesso, e sostenendo che nella specie andava applicata la voce 1194 lett. b) della tariffa suddetta. Con un secondo motivo di ricoirso dedusse, altresi, la violazione della stessa tariffa doganale in relazione alla legge 5 aprile 1950, n. 295, con la quale si concedeva alla Svezia, esportatrice delle capsule microfoniche Ericsson , il trattamento della nazione pi favorita. (1-2) Le sent. 4 aprile 1964, n. 733 e 30 maggio 1966, n. 1421, citate nel testo, sono pubblicate in Giust. civ., 1964, I, 1417 e 1966, I, 1493. Con la pronuncia ora intervenuta, la questione specifica pu considerarsi defi nitivamente risolta. Sull'ampio argom~mto trattato nella seconda massima, stato affer mato anche in sede costituzionale (sent. 11 luglio 1969, n. 129, F010 it., 1969, I, 2055) che il principio della riserva di legge relativo, nel senso che il tributo deve trovare nella legge il suo titolo ma non necessaria mente tutti gli elementi che lo costituiscono, essendo legittima l' assegna zione ad organi amministrativi dei compiti non soltanto meramente esecu tivi, bens anche dei compiti di determinare elementi, presupposti o limiti, varamente individuali, di una prestazione imponibile, in base a dati ed apprezzamenti tecnici col solo limite che siano sufficientemente indi- I ~ i \ i I I t r PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1187 L'Amministrazione delle finanze .s;i costitu in giudizio eccependo il difetto di giudsdizione del Consiglio di Stato per essere la controversia in materia di diritti soggettivi, giusta quanto ritenuto da questa Corte Suprema con sentenza n. 1421 del 1966, concernente altra partita della stessa merce di importazione, anch'essa importata dalla F.A.T.M.E. Con la decisione 10 febbraio-17 maggio 1967 oggi impugnata il CoDJSiglio di Stato ha affermato la propria giudsdizione, rigettando poi il ricorso nel merito. Ha, all'uopo, ritenuto: a) che ormai ius receptum che le controversie doganali non costituiscono una ipotesi di giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, ma rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario o di quello amministrativo a seconda che in esse si faccia, secondo l'ordinario criterio, questione di di.ritti soggettivi o di interessi \legittimi; b) che, per quanto concerne particolarmente le cosiddette controversie di qualificazione dlle merci agli effetti doganali, deve escludersi che tale qualificazione dia luogo in ogni caso ad un giudizio interamente vincolato, 'Senza margine di discrezionalit ammin1strativa; e) che detto giudizio vincolato ricorre quando si tratti di definire merceologicamente le cose importate per ricercare se queste nel caso concreto rientrino nella categoria descritta dalla voce della tariffa doganale, non quando si sia di fronte ad una ..merce che non trova, dn astratto, esauriente rispondenza in una di dette voci ; d) che in quest'ultimo caso, infatti, l'Amministrazione deve procedere ad una interpretazione di secondo' grado ~ tipica del diritto amministrativo e rivolta alla identificazione non soltanto della volont dichiarata dalla legge, ma anche delle finalit di questa e delle ragioni politiche cui si ispira la tariffa doganale; cati nelle leggi i criteri direttivi di base e le linee generali da servire per delimitare la discrezionalit nella produzione di fonti secondarie della disciplina . Con questa decisione furono quindi dichiarate costituzionalmente legittime le norme dell'art. 10 del d. 1. 19 ottobre 1944, n. 338 e dell'art. 12 del d. 1. 27 dicembre 1946 n. 469, che per l'imposta sull'entrata, demandano al Ministro delle Finanze di determinare le entrate per le quali si applichi il sist'ema dell'abbonamento e delle quote condensate. Nello stesso senso la giurisprudenza della Corte di Cassazione (sent. 19 maggio 1969, n. 1726, Giur. it., 1969, I, 1, 733 e in altro campo di riserva di legge, art. 42 Cost., Sent. 26 marzo 1970, n. 823 citata nel testo, Foro Amm., 1970, I, 1, 263). Altra questione , per, quella della giurisdizione che si pone in relazione all'atto amministrativo che, emanato nella cornice della legge, pu o no spaziare nell'ambito di una limitata discrezionalit. 1188 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e) che dette ragioni politiche trascendono, nel caso di tale tariffa, il semplice aspetto tributario, perch la finalit fiscale non la sola n la principale della tariffa stessa; f) che quindi la qualificazione doganale della categoria di merce costituita da ca.psule microfoniche a granuli di carbone da impiegare nei microtelefoni per apparecchi di abbonato, non essendo tale categoria espressamente nominata in tariffa, costituisce materia di interessi legittimi che rientra nella giurisdizione del Consiglio di Stato. Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione illustrato con memoria la F.A.T.M.E.; resiste con cont.roricorso l'Amministrazione delle finanze dello Stato che peraltro conclude rimettendosi a giustizia. MOTIVI DELLA DECISIONE Col motivo di ricorso la F.A.T.M.E., denunziando la violazione degli artt. 2 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E sul contenzioso amministrativo, nonch degli artt. 26 e 48 del t.u. delle leg.gi sul Consiglio di Stato, approvato con r.d. 26 giugno 1924, n. W54 e dell'art. 23 della Costituzione in relazione all'art. 362 c.p.c., deduce il difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato sulla controversia in esame in conformit della giurisprudenza di questa Corte Suprema secondo la quale rientra nella cognizione del giudice ordinario 'l'indagine intesa ad accertare se una determinata merce rientri in una piuttosto che in altra voce della tariffa doganal ; e pone in rilievo il fatto che tale principio, gi affermato da queste Sezioni Unite con sentenza n. 733 del 1964, stato nuovamente applicato dalle stesse Sezioni Unite con sentenza n. 1421 del 1966 in una controversia da essa F.A.T.M.E. instaurata in ordine alla qualificazione doganale di altra partita delle stesse capsule microfoniche Ericsson . Il ricorso fondato. Con la decisione in esame il Consiglio di Stato non ha evitato di darsi carico della esistenza dei precedenti giurisprudenziali oggi invocati dalla ricorrente, ma ha fatto una applicazione restrittiva del principio affermato da questa Corte Suprema nell'esercizio del suo potere di discriminazione tra le giurisdizioni, col distinguere tra accertamento merceologico, concreto e peritale della rispondenza di una determinata partita di merce ad una categoria o voce doganale il cui ambito astratto non sia in discussione, ed accertamento .generico e .preliminare della voce sotto la quale debba esser fatta rientrare, sempre in astratto, tutta una categoria di merci che non sia espressamente prevista dalla tariffa doganale; e con l'afferma.re poi che )n questo secondo caso l'Amministrazione esercita un potere discrezio ,; PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA nale -non sottoposto come tale al sindacato del giudice ordinario ~ perch deve .procedere ad una intel'lpretazione di secondo grado (che tenga, cio, conto di tutte le finalit del legislatore doganale e non solo dell'aspetto tributario della tariffa) nel determinare .per analogia sotto quale voce tariffaria debba esser fatta rientrare la categoria di merci non espressamente prevista. Si pu subito osservare che, siccome questa Corte Suprema, con la sentenza n. 1421 del 1966, ha, come si premesso, affermata la giurisdizione del giudice ordinario nella .qualificazione doganale di altra partita della stessa identica merce, la distinzione oggi fatta dal Consiglio di Stato comunque in contrasto con tale affermazione di principio, che ovviamente copriva il dedotto ed il deQucibile. Ma anche a prescindere da questo rilievo, dato .che il Supremo Consesso Amministrativo non vincolato dai principi affermati in astratto da queste Sezioni Unite, deve osservarsi che nemmeno la distinzione oggi dedotta come nuovo argomento contro l'assoggettabilit della particolare materia doganale alla giurisdizione del giudice ordinario pu essere accettata a tali effetti. Dal punto di vista logico codesta distinzione indubbiamente sussiste, perch una cosa la classificazione della fattispecie concreta in una categoria astratta, ed altra il confronto tra due di tali categorie astratte per controllarne la identit o meno. Ma sul piano della funzione giurisdizionale la distinzione st~sa si traduce in differenza tra applicazione della legge (di pacifica interpretazione) nel caso concreto, ed interpretaz.i.one della legge stessa, naturalmente in astratto; con la conseguenza che lo stesso interesse del cittadino -e cio l'interesse a pagare il giusto tributo -viene ad essere configurato come diritto se si tratta di definire, in concreto, merceologicamente le cose importate, e come interesse legittimo se si tratta di controllare a quale voce della tariffa doganale, in astratto, corrisponda la categoria merceologica cui dette cose importate pacificamente appartengono. Ora questa diversit di regime di tutela giurisdizionale inconcepibile, perch se l'interesse del cittadino considerato e tutelato come diritto di fronte alla falsa applicazione di legge, esso non pu essere considerato e tutelato come interesse legittimo di fronte alla errata interpretazione di legge; la violazione del diritto del contribuente infatti pu essere commessa sia col negare indebitam'ente che la merce importata di fatto rientri nella categoria prevista dalla voce doganale, sia col negare indebitamente che la categoria indicata dall'importatore, e come tale corrispondente merceologicamente alle cose importate nella fattispecie, possa essere sussunta in astratto nella voce stessa. Vero che la decisione impugnata -pur non essendo sorretta da quell'insieme di argomentazioni rigorose e complesse che, se mai, sa 1190 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rebbero state, secondo quanto ha osservato una qualificata dottrina, necessarie nella specie -ha cercato di dare giustificazione del suo sostanziale discostarsi dalla specifica giurisprudenza di questo Supremo Collegio (alla quale ha fatto formale adesione) col richiamare, attraverso la utilizzazione del concetto di interpretazione di secondo grado , le esigenze speciali di politica legislativa che determinano il regime doganale e che riducono a semplice componente di non principale importanza l'aspetto tributario della tariffa. Secondo quanto devesi dedurre dalla concisa motivazione in esame, insomma, mentre l'applicazione merceologica della voce di tariffa al caso concreto, non implicando affermazioni generali o di principio, costituirebbe opera vincolata dell'Amministrazione, sottoposta come .tale al sindacato del giudice ordinario, la distinzione, classificazione, sussunzione ed identificazione delle categorie merceologiche astratte con le voci della tariffa sarebbe compito discrezionale dell'Amministrazione stessa, attenendo alla realizzazione di pubbliche finalit che non potrebbero essere realizzate con una meccania elebcazione di legge sottoposta agli ordinari criteri interpretativi di cui all'art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale. Questa concezione parte da un presupposto in s esatto quello, cio, della natura altamente politica, o se si vuole, di attivit di governo che deve attribuirsi alla scelta da parte dello Stato del regime doganale Pi o meno protezionistico o liberistico che esso vuol darsi. Nessuno dubita che questa scelta corrisponda ad interessi generali di fronte ai quali l'interesse del singolo trovasi in posizione di evidente subordine, di tal che sarebbe ridicolo sostenere, ad esempio, che il produttore nazionale di una merce sia leso, oltre che nel suo interesse, in un suo diritto dalla abolizione del tributo doganale che prima colpisse la importazione dall'estero della merce stessa. Ma il potere dello Stato di determinare secondo le proprie esigenze del momento una politica protezionistica o liberista trova oggi un invalicabile limite nell'art. 23 della Costituzione, norma di appliplicazione diretta secondo la quale nessuna prestazione patrimoniale pu essere imposta se non in base alla legge. Se una determinata esigenza di politica doganale importa 1a imposizione di un tributo o di un maggior tributo, essa deve essere tradotta in una norma di legge, da inte11Pretare, oltre che da applicare, Secondo i normali canoni e:r;meneutici. Che se poi detta esigenza non possa essere soddisfatta, data la variet delle fattispecie possibili, attraverso la sola rigida elencazione di legge, bene concepibile in astratto che possa essere legislativamente concesso un potere discrezionale di interpretazione di secondo grado ., ossia, per chiamar le cose col loro nome, di integrazione deHa tabella tariffaria da parte della Amministrazione competente; dato che, 1191 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA come queste Sezioni Unite hanno avuto recentemente occasione di affermare, il principio della riserva di legge non inconciliabile con la concessione alla pubblica Amministrazione di poteri discrezionali qualora detti poteri vengano attribuiti nella cornice della legge che regola la materia, per meglio attuarne la realizzazii:Jne e .gli scopi (sentenza n. 823 del 1970); ma tale astratta possibilit, che costituisce la estensione massima che pu darsi alla discrezionalit amministrativa di fronte ai casi di riserva di legge stabiliti dalla Costituzione, per tradursi in effettivo potere della amministrazione deve essere comunque sanzionata da un disposto di legge che, almeno implicitamente, come cornice nel senso sopra veduto, preveda, consenta, autorizzi quel potere discrezionale nel quale si risolve, a detta della decisione impugnata, la interpretazione finalistica o di secondo grado di cui si detto: Ora il Consiglio di Stato non indica quale sia la disposizione di legge doganale che in qualche modo, anche implicitamente, possa consentire o corroborare il suo assunto, talch questo resta affidato, in definitiva, alla considerazione generale che il regime doganale dettato da esigenze di politica economica che trascendono lo aspetto tributario, il quale sarebbe soltanto l'apparenza esterna, ancorch macroscopica, di un ben pi vasto fenomeno. Questa concezione dogmaticamente rispettabile de iure condendo ma contrasta, ripetesi, col sistema vigente e con la costante giurisprudenza di. questa Corte Suprema, che ha sempre specificamente escluso che le norme doganali concernano solo occasionalmente l'interesse del singolo essendo dirette a tutelare l'interesse generale, ed ha sempre classificato le norme stesse come tributarie considerandole subordinate al diritto del singolo, costituzionalmente garantito, di non subi.re imposizioni di tributi fuori dei limiti stabiliti dalla legge (sentenze n. 1421 del 1966 e n. 733 del 1964 gi vedute; inoltre n. 1834 del 1965, n. 3124 del 1952). Che se poi si voglia inquadrare ed esaminare il problema pi a fondo e pi specificamente di quanto abbia fatto la decisione impugnata, va ricordato che la indagine in proposito deve esser condotta attraverso la interpretazione dell'art. 4 del d.p. 7 luglio 1950, n. 442, che appunto autorizza il Ministero delle finanze, udito il Collegio consultivo dei periti doganali, ad assimilare le merci non nominate in tariffa o nel repertorio a quelle con le quali hanno maggiore analogia e che sono in essi nominate . Poich il ricorso ai casi simili o materie analoghe , .proprio un criterio interpretativo consentito dall'a.rt. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale, se si inte11preta la norma dell'art. 4 del d..p. numero 442/1950 nel senso che l'assimilazione analogica consentita al Ministro delle Finanze sia appunto la analogia tegis di cui alle disposizioni sulla legge in generale, la norma doganale viene ad inqua- drarsi perfettamente n~lla riserva di legge voluta dall'art. 23 della RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1192 Costituzione, perch l'applicazione dei criteri ermeneutici previsti dal capoverso dell'art. 12 qi dette Disposizioni, e cio l'analogia legis e l'analogia iuris, non eccede dai limiti della interpretazione e della applicazione di legge ed operazione ben diversa dall'esercizio di un potere discrezionale. Eppertanto, se la assimilazione operata dal Ministro delle finanze , in definitiva, una interpretazione analogica della tariffa, non si vede perch l'operazione, intesa a colmare una lacuna della legge, non dovrebbe poter essere sindacata dal giudice, primo e supremo interprete della legge stessa, allo scopo di accertare, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 2, 4 e 5 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo, se il Ministro abbia bene individuato la analogia legis , e cio abbia bene scelto tra le voci della tariffa quella che sia pi simile alla categoria di merce non nominata. N, in proposito, potrebbe obbiettarsi che, cosi interpretando l'articolo 4 del d.p. n. 442 del 1950, si verrebbe a svuotare di contenuto det~a norma, essendo sufficiente allora l'art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale ad abilitare il Ministro delle finanze ad effettuare l'assimilazione analogica de qua. Cosi ragionando, infatti, si dimenticherebbe -e qui sta proprio il nocciolo del discorso -che, per prevalente opinione della dottrina (che definisce talvolta le norme tributarie come norme a fattispecie esclusiva ) e per almeno implicita affermazione della giurisprudenza di questa Corte Suprema, che costantemente ha riconosciuto la possibilit della interpretazione estensiva, mai di quella analogica in materia (da ultimo: sentenze n. 2392 del 1968, n. 179 e 28 del 1967), le norme che determinano gli oggetti di imposta sono insuscettibili di a'pplicazione analogica; o che, quanto meno, in proposito ancora regna assoluto dubbio. Ed allora ben si comprende la necessit di una norma I espressa che, svincolando l'azione amministrativa dalla possibile remora costituita dal principio quod contra tenorem juris est, non est . i deducendum ad consequentias, recepito dall'art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale, consente 'al Ministro di applicare per analogia I legis la voce della tariffa che ovviamente costituisce una determinazione singola e specifica di oggetto di imposta. appena il caso di osservare, infine, che, poich la legge autorizza espressamente il Ministro ad applicare la analogia legis e non gi la analogia iuris (e cio il ricorso diretto ai principi generali dell'ordinamento giuridico ), anche per esclusione deve giungersi a negare quella possibilit di interpretazione di secondo grado che costituisce una facolt assimila bile, per i suoi effetti, al ricorso a detta analogia iuris, e che quindi, se sussistesse, farebbe apparire superflua la concessione espressa del minor potere di fare uso della analogia legis . PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1193 Il ricorso della F.A.T.M.E., deve essere conseguentemente accolto, affermandosi che rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario tutte le controversie in materia di qualificazione delle merci agli effetti della tariffa doganale, sia che si controverta in concreto sulla identificazione merceologica delle cose importate agli effetti della applicazione di una determinata voce della tariffa stessa, sia che la controversia concerna in astratto la .classificazione di tutta una categoria di merci in una voce piuttosto che in un altra, ai sensi dell'art. 4 del d.P. 7 luglio 1950, n. 442. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 giugno 1971, n .. 1961 -Pres. Ros, sano -Est. Granata -P. M. Minetti (conf.) -Soc. Pennitalia (avv. Cogliati Dezza) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Avella). Imposta ipotecaria -Agevolazioni per l'industrializzazione del Mezzogiorno -Iscrizione di ipoteca a garanzia del prezzo insoluto o per sicurt dei debiti contratti ai fini del pagamento del prezzo per l'acquisto del terreno -Estensione alla ipoteca iscritta a garanzia dell'adempimento dell'onere dell'industrializzazione nei confronti di un Comune che ha concesso un contributo J,>er l'acquisto del terreno -Esclusione. (1. 29 luglio 1957, n. 634, art. 37). L'agevolazione dell'art. 37 della legge 29 iuglio 1957, n. 634 sulle ipoteche contestualmente convenute a garanzia del prezzo insoluto o per sicurt dei debiti contratti ai fini del pagamento del prezzo per l'acquisto del terreno sul quale attivare un opificio industriale nel Mezzogiorno, non estensibile all'ipoteca iscritta a favore di un Comune che abbia concesso un contributo per l'acquisto del terreno condizionato alla realizzazione della iniziativa industriale (1). (Omissis). -Con l'unico, complesso motivo di ricorso, la Soc. Pennitalia , denunziando violazione dell'art. 12 delle Disp()sizioni sulla legge in generale e dell'art. 37. della legge 29 luglio 1957, n. 634, nonch insufficienza di motivazione su un puhto decisivo della controversia, sostiene che erroneamente la Corte del merito ha escluso, per il rapporto tributari() sottoposto al suo esame, l'applicabilit del beneficio invocato. E deduce, a conforto di tale assunto: a) che l'inteDpretazione del testo legislativo (art. 37 della legge suindicata), da attuarsi con il sussidio degli elementi logici e di quelli desumibili dalle finalit della (1) Massima esattissima. Non constano precedentf specifici. 1196 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso principale, proposto dall'Amministrazione delle finanze, si denuncia la violazione dell'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, in relazione all'art. 43 del d.m. 22 dicembre 1962, all'art. 43 del d.m. 19 dicembre 1963, all'art. 10 del d.1.1. 19 ottobre 1944, n. 348, all'art. 3 della legge 4 marzo 1952, n. 110, e all'a.rticolo unico della legge 27 novembre 1956, numero 1358, nonch violazione dell'art. 2697 e.e. e difetto di motivazione, per avere i giudici di merito ritenuto che le imposte in questione fossero state determinate sulla base di atti amministrativi illegittimi, come tali inapplicabili, e che, di conseguenza, fossero illegittime anche le relative liquidazioni e ingiunzioni. Il ricorso non fondato. In base all'art. 10 del d.1.1. 19 ottobre 1944, n. 348, modificato ed integrato con l'art. 3 della legge 4 marzo 1952, n. 110, e con l'articolo unico della legge interpretativa 27 novembre 1956, n. 1358, il Ministro per le finanze pu disporre con propri decreti che per le entrate deri vanti dal commercio di determinati prodotti, fra cui le acque mine rali, l'imposta generale sull'entrata sia corrisposta mediante il paga mento di canoni ragguagliati al volume degli affari, in base a dichia razione del contribuente, ovvero mediante l'applicazione di aliquote o quote condensate, in rapporto al .presunto numero degli atti econo mici imponibili. mediante il pagamento di canoni ragguagliati al volume degli affari, sia quello assai pi ampio di determinare aliquote condensate in rapporto al presunto numero degli atti economici imponibili; la no.rma dell'art. 10 del d. I. 19 ottobre 1944 n. 348, giova ricordarlo, demanda al Ministro delle Finanze la determinazione di quegli elementi della imposizione che per le norme originarie (art. 16 della legge 19 giugno 1940, n. 762 e art. 84 del Reg. 26 gennaio 1940, n. 10) erano stabiliti con accordi corpirativi; si tratta cio di un potere che incide apprezzabilmente sulla sostanza e la quantit dell'imposizione. Ora affermare,. come nella sentenza in rassegna, che il Ministro pu legittimamente determinare l'aliquota e le modalit di pagamento, e non pu invece rilevare i prezzi medi corrente di merci che, per loro natura, si smerciano in base a prezzi assai livellati ed omogenei, sembra alquanto contraddittorio; assai pi importante, nel quadro della riserva di legge, stabilire l'aliquota in base a numero presunto dei passaggi imponibili, che non assumere come prezzo di vendita ai fini dell'accertamento un prezzo medio presunto. La questfone, in definitiva, si riduce alla sola possibilit di discutere innanzi alla Commissfone anche del prezzo delle merci vendute, considerando il provvedimento dell'Intendente di Finanza invece che un atto amministrativo di rilevanza esterna una tabella orientativa per uso interno degli uffici; ma innanzi alle Commissioni si farebbe egualmente ricorso ai prezzi medi, pi o meno ufficializzati, essendo questo mezzo, anche ove le norme nulla dispongano, diffuso e necessario per la determimfzione della quantit imponibile nell'attivit commerciale. I t 1 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1197 In applicazione di codesta norma legislativa che la Corte costituzionale ha riconosciuto legittima, con riferimento all'art. 23 della Costituzione (sentenza n. 129 dell'Jl luglio 1969), sono stati emanati i decreti ministeriali 22 dicembre 1962 e 19 dicembre 1963, riguardanti rispettivamente, gli anni 1962 e 1963. Con gli artt. 43 di entrambi tali decreti (costituenti atti amministrativi) stato stabilito che per il commercio delle acque minerali naturali, medicinali o da tavola, nonch delle acque e bevande gassate di produzione nazionale e del ghiaccio, l'imposta sull'entrata dovuta una volta tanto, a cura del produttore. e fabbricante, nella misura del 4,30 % , e si corrisponde in modo virtuale sui quantitativi venduti nell'anno con riferimento ai prezzi medi di vendita delle varie specie di prodotti, praticati nei confronti dei .rivenditori al dettaglio o dei pubblici esercizi , prezzi medi che devono essere determinati dall'intendente di finanza nella cui circoscrizione situato lo stabilimento e la fabbrica, sentita la locale Ca mera industria e commercio . Queste ultime disposizioni (non anche quelle relative all'aliquota e alle modalit di corresponsione dell'imposta) sono state dai giudici di merito ritenute illegittime, come tali inapplicabili (ai sensi dell'art. 5 della legge sul contenzioso amministrativo), siccome esorbitanti dai poteri attribuiti al Ministro per le finanze e contrastanti col precetto costituzionale che nessuna prestazione. .pu essere imposta se non in base alla legge. Le censure, che contro tale decisione vengono proposte col ricorso principale, non appaiono fondate. L'l'\rt. 10 del d.1.1. 19 ottobre 1944, n. 348, specifica e delimita i rpoteri attribuiti al Ministro per le finanze, il quale stato autorizzato a disporre che il tributo in questione venga corrisposto con le modalit specificate nell'articolo stesso ( mediante il pagamento di canoni ragguagliati al volume degli affari, in base a dichiarazione del soggetto, ovvero mediante l'applicazione di aliquote o quote condensate, in rapporto al presunto numero degli atti economici imponibili ). Il Ministro per le finanze non stato perci investito del potere di addivenire, all'infuori delle dichiarazioni dei contribuenti ed in deroga alle norme di legge che disciplinano la materia, alla determinazione di uno degli elementi della base imponibile, quale il prezzo di vendita dei prodotti' ai quali si riferisce l'imposta. Tanto meno, poi, stato autorizzato a delegare un siffatto potere ad altri organi amministrativi, quali gli intendenti di finanza. Illegittimamente, quindi, il Ministro per le finanze ha disposto, con gli artt. 43 dei suoi decreti in data 22 dicembre 1962 e 19 dicembre 1963, che per gli anni in tali decreti considerati l'imposta sull'en.trata dovesse essere corrisposta sui quantitativi venduti nell'anno con riferimento ai prezzi medi di vendita delle varie specie di pro 1198 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dotti, praticati nei .confronti dei rivenditori al dettaglio o dei pubblici esercizi , prezzi medi che sono determinati, per l'anno di competenza, dall'intendente di finanza ... , sentita la locale Camera industria e commercio . Tutto ci esorbitava dai poteri conferiti al Ministro con l'art. 10 del d.lt. n. 348 del 1944, che non autorizz la deroga delle norme concernenti gli accertamenti .relativi all'imposta in questione, da farsi in base a denuncia o dichiarazione della parte interessata, con i controlli, i rimedi e le garanzie, tanto per l'amministrazione finanziaria che per i contribuenti, di cui agli artt. 14 e 15 del d.1. 27 dicembre 1946, n. 469, e agli artt. 16 e 22 del d.l. 3 maggio 1948, n. 799. La determinazione di uno degli elementi della base imponibile rientra nel procedimento di accertamento tributario, il quale comporta l'imposizione di una prestazione patrimoniale; e perci non dubbio (n la ricorrente contesta) che anch'essa deve essere fatta in base alla legge, a norma dell'art. 23 della Costituzione. vero che, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, la prestazione rpatrimoniale pu ritenersi legittimamente imposta, ai sensi del citato art. 23, anche quando la legge non ne stabilisca compiutamente gli estremi, ma ne demandi la determinazione ad organi amministrativi. In tal caso, per, necessario ,(come la stessa Corte Costituzionale ha osservato) che la legge stabilisca c.riteri e limiti, idonei a circoscrivere l'esercizio del potere delegato. Nella specie, invece, pi che un difetto di criteri e di limiti, mancava addirittura la delega del potere, come innanzi si visto. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 giugno 1971, n. 2006 -Pres. Rossano -Est. Giuliano -P. M. Antoci (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. Stato Baccari) c. Melchionna. Imposta di registro -Cessione di credito verso la Pubblica Amministrazione in relazione a finanziamenti concessi da aziende ed enti di credito a favore di ditte commerciali e industriali -Aliquota ridotta -Correlazione fra i due negozi -~attispecie. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, art. 4, lett. e; 1. 4 aprile 1953, n. 261, art. 1, lett. e). Perch sussista la correlazione fra la cessione di crediti verso la Pubblica Amministrazione e l'operazione di finanziamento concessa da aziende ed enti di credito a favore di ditte commerciali e industriali, richiesta per l'applicabilit dell'aliquova ridotta dell'art. 4 lett. e) <}ella tariffa A della legge di registro, necessario che con espressa clausola PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1199 negoziale si stabilisca Che la cessione perde efficacia ogni voita che viene meno it finanziamento; infatti la cessione secondo i suoi normali effetti non specificamente limitati sopravvive, acquistando un'autonoma efficacia, atla revoca del finanziamento (1). (Omissis). -Col ~rimo mezzo la ricorrente, denunciando violazione ed erronea applicazione degli artt. 4 lett. e) e nota aggiunta e 28 lett. e) della tariffa Allegato A della legge del registro, nel testo modificato dagli artt. 1 e 2 della legge 4 aprile 1953, n. 261, violazione e falsa applicazione dell'art. 8 della legge del registro e omessa o almeno insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, si duole che la Corte del merito abbia ravvisato la stretta interdipendenza tra finanziamento e cessione di credito, necessaria per ottenere l'agevolazione fiscale in questione, bench il logico esame del contenuto dell'atto, nei termini :rccertati dalla stessa Corte, conducesse ad escluderla. La censura fondata. La1 Corte d'Appello, in:latti, dopo avere, in diritto, affermato, se condo il costante insegnamento di questa Corte Suprema, la necessit di quel nesso, accert, in fatto, che il Banco di Napoli avrebbe potuto, in virt di una espressa clausola, troncare ad nutum il finanziamento e richiedere al Melchionna l'immediata copertura dell'eventuale sco perto sul conto corrente indipendentemente dalla cessione . Ma non seppe trarre da tale circostanza la giusta deduzione, J)oich, dopo aver osservato che quella clausola era invocata dall'Amministrazione per dimostrare la ultrattivit della cessione stessa e la obiettiva pos sibilit di 1:1ervirsene per altre eventuali operazioni ., afferm che la conclamata funzione di garanzia della cessione rende vano questo timore, perch carattere peculiare della garanzia di cessare allorch viene meno l'obbligazione garantita, in modo che, stabilito in contratto che il finanziamento poteva venir meno per esclusiva e insindacabile (1) Decisione ineccepibile che precisa un particolare aspetto della questione riportando nei giusti limiti l'ampiezza dell'agevolazione; nello stesso indirizzo Cass. 11 dicembre 1970, n. 2633 in questa Rassegna 1971, I, 152; 3 aprile 1970, n. 881, ivi, I, 467;. 16 novembre 1970, n. 2421, ivi, 1971, I, 361. Bisogna ricordare che con la sent. 19 dicembre 1969, n. 4007, (ivi, 1969, I, 1175) la S. C. si era arrestata di fronte all'apprezzamento del giudice di merito che aveva, come nel caso deciso, ritenuto che la cessione, in quanto posta a garanzia del finanziamento, ne seguisse automaticamente la sort;!. Sull'intero problema cfr. C. BAFILE, Sul trattamento fiscale delle cessioni di credito connesse con operazioni bancarie di finanziamento, in questa Rassegna, 1966, I, 1308 e Nuove considerazioni sul trattamento fiscale delle cessioni di credito connesse con operazioni bancarie di finanziamento, ivi, 1969, I, 273. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1200 violont del Banco di Napoli, non occorreva precisare che in tal caso perdeva efficacia anche la cessione, perch ci sarebbe stato superfluo . In questa considerazione si annida l'errore di diritto denunciato dalla ricorrente; la Corte del merito non si avvide che il venir meno della funzione di garanzia della cessione di credito, il quale sarebbe stato automatica conseguenza della eventuale cessazione dell'apertura stessa, non avrebbe avuto virt di travolgere la cessione: a questa non era stata apposta alcuna condizione risolutiva; essa, perci, avrebbe .continuato a produrre i propri effetti, a scopi diversi da quello di garanzia del finanziamento, che in ipotesi, fosse cessato. La clausola, di cui la Corte del merito non valut esattamente la giuridica portata, permetteva che la cessione del credito estendesse la propria efficacia a operazioni diverse dal finanziamento contestualmente accordato: nella specie, pertanto, si avver l'ipotesi inversa di quella a cui la nota dell'art. 4 lett. e) della tariffa all. A della legge del registro (secondo il testo modificato dall'art. 1 della legge 4 aprile 1953, n. 261) limita tassativamente l'agevolazione fiscale. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 giugno 1971, n. 2007 -Pres. Rossano -Est Geri -P. M. Antoci (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Savarese) c. Soc. Rulfo (avv. Fabozzi). Imposta di successione -Privilegio -Eredit beneficiata -Separazione dei beni del defunto da quelli dell'erede -Inopponibilit del privilegio ai creditori separatisti del defunto e ai legatori. (e.e. artt. 490, 512, 516, 2758 e 2772; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, artt. 10, 14, 15, 66). La separazione dei beni del defunto da queiu dell'erede si verifica sia quando essa sia stata esercitata dai creditori e dai legatori (artico. ti 512 e 516 e.e.), sia quando l'ereditd sia stJata accettata dall'erede col beneficio di inventario (art. 490 e.e.); in ambedue i oasi i creditori ed i legatari dei defunto hanno diritto di preferenza sui beni del defunto rispetto ai creditori dell'erede e, sempre in ambedue i casi, le prelazioni in danno di uno dei debitori non si estendono al patrimonio separato detl'altro. Conseguentemente la norma degli artt. 2758, secondo comma, e 2772, secondo comma, secondo la quale il privilegio per l'imposta di successione non ha effetto in pregiudizio dei creditori che hanno esercitato il diritto di separazione, deve essere applicata anche nel caso dell'eredit, beneficiata; infatti debitore dell'imposta di successione l'erede e non l'eredit,. Rispetto ai legatari, che sono a.il un tempo creditori del patrimonio separato del defunto e debitori del PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1201 L'impos.ta di successione Limitatamente ai beni ad essi devoluti, non opera egualmente ii privilegio per ii tributo successorio perch presupposto di esso ii soddisfacimento dei Legato (1). (Omissis). -L'Amministrazione finanziaria sostiene, nel primo motivo, la violazione dell'art. 2748, secondo comma, e.e., in quanto la denunziata sentenza, affermando che il debitore di imposta non l'eredit ma l'erede, avrebbe totalmente ignorato .gli effetti del privilegio speciale sui mobili. e sugli immobili. Poich detto privilegio pu essere esercitato anche nei confronti dei creditori ipotecari, ai sensi della disposizione violata, a maggior ragione dovrebbe essere ritenuto opponibile ai creditori chirografari del defunto, quali erano appunto la societ Rulfo e l'Orlandi. La ~tessa amministrazione lamenta quindi la violazione dell'articolo 2741 e.e., in quanto la Corte d'appello avrebbe omesso di interpretare l'art. 490 n. 3 dello stesso codice nel quadro dell'ordine dei diritti di prelazione, di .cui all'art. 2741, onde il credito privilegiato dello Stato verso l'erede non potrebbe essere privato delle garanzie che lo assistono aEche nei confronti dell'eredit (II motivo). La Corte di merito avrebbe quindi violato, insiste la ricorrente, l'art. 490 n. 3 sopra indicato in relazione all'art. 66 n. 1 della legge tributaria sulle successioni per .aver posto una netta distinzione fra creditori dell'eredit e creditori dell'erede ed aver annoverato fra questi ultimi lo Stato per tributo successorio, senza considerare che debitori dell'imposta non sono solo gli eredi ma anche i legatari -in ragione dei beni a ciascuno devoluti -e che pertanto l'imposta di successione inerisce ai beni relitti, giustificando la sua qualificazione di imposta sul morto (III motivo). Dall'impostazione del problema, cosi come adottata dal giudice di secondo grado, sarebbe altresl derivata la violazione dell'art. 12 delle disposizioni sulla applicazione della legge in generale e degli artt. 2772 secondo comma e 2758 secondo comma e.e., in quanto la denunziata sentenza avrebbe evroneamente esteso il regime delle prelazioni per i creditori separatisti ai creditori dell'eredit beneficiata (che separatisti non sarebbero), riservando persino ai chirografari un trattamento pi favorevole di quello riservato ai creditori ipotecari (IV motivo). Tutti questi motivi sono destituiti di giuridico fondamento. Loro comune presupposto quello di stabilill."e se in:-una eredit beneficiata, con conseguente separazione del patrimonio del de cuius (1) Decisione di molto interesse. Non constano precedenti. Sulla afl'er- mazione che il tributo successorio colpisce l'incremento netto di ricchezza conseguito dall'erede senza contropartita v. Cass. 17 dicembre 1969, nu-. mero 3994, in questa Rassegna, 1970, I, 113. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO da quello dell'erede, siano configurabili due distinti soggetti pass1v1 delle obbligazioni proprie dell'uno e dell'altro patrimonio con autonoma e diversa disciplina. In caso di soluzione positiva del quesito di cui sopra, occorre individuare chi sia il debitore dello Stato per l'imposta di successione ed in quale momento e con quali beni .sia tenuto per detta obbligazione. Dalla risposta agli interrogativi predetti discendere quella da darsi alle varie censure contenute nel ricorso. I principi che regolano la soggetta materia si ricavano dagli articoli 512 e 490 e.e. La separaziqne dei beni del defunto da quelli dell'erede assicura il soddisfacimento, con i beni del defunto, dei creditori di lui e dei lega tari, che l'hanno esercitata, a preferenza dei creditori dell'erede (arti colo 512 primo eomma). Il diritto dei creditori e legatari, che hanno esercitato la separazione, di soddisfarsi sui beni propri dell'erede (art. 512, terzo comma), mentre risponde al principio secondo cui l'erede s4bentra nella posizione del de cuius, non tocca quello sopra enunziato di riservare i beni separati del defunto ai ereditari separatisti a preferenza di quelli dell'erede. Gli accennati effetti della separazione non si verificano per esclu sivamehte quando essa sia stata esercitata ai sensi dell'art. 516 in re lazione all'art. 512 cod. civ., ma altresl quando l'eredit sia stata ac cettata col beneficio di inventario come nella specie avvenuto. Infatti anche l'eredit beneficiata, sebbene prevista essenzialmente in favore dell'erede, importa la separazione del patrimonio del de funto da quello dell'erede stesso (art. 490, prin:io comma). La conseguenza prineipale di codesta separazione, quella cio di dispensare l'erede dal pagamento dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni a lui pervenuti, non impedisce che anche i creditori e legatari dell'eredit possano giovarsi della separazione medesima (se pure da loro non richiesta), soddisfacendosi sul patrimonio ereditario con preferenza di fronte ai creditori dell'erede. Ci tanto vero che la stessa legge (art. 490 n. 3 e.e.), .per l'ipotesi che l'erede decada o rinunci al beneficio di inventario, pone a carico dei creditori dell'er~ dit e dei legatari l'onere di domandare la separazione dei beni, ai sensi dell'art. 512 e seguenti, per conservm-e quella preferenza. Entro questi limiti dunque ed a queste condizioni la separazione dei due patrimoni (del defunto e dell'erede) giova ai creditori dell'ere dit ed ai legatari tanto nell'ipotesi che essi l'abbiano espressamente. esercitata, quanto in quella ehe essa sia conseguente all'accettazione, da parte dell'erede, con beneficio di inventar~o. Tale parificazione dimostra l'inconsistenza del quarto moti'lO del ricorso, secondo il quale i creditori dell'eredit beneficiata non potreb . PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA bero giovarsi del regime delle preferenze disposto per quelli separatisti. In coerenza con tali premesse va risolto l'ultimo quesiti) di sopra posto nel senso che la separazione dei patrimoni, quasi personalizzandoli, importa la distinzione dei creditori dell'uno e dell'altro ed un loro diverso regime giuridico anche in rapporto alle prelazioni p!reviste in legge. Infatti, finch la separazione dura, sarebbe incongruo he una qualsiasi causa di prelazione (ad esempio un privilegio) prevista in danno di uno dei debitori possa essere estesa sui beni dell'altro. Se cosi fosse la Tagione fondamentale posta a base dell'istituto della separazione verrebbe frustrata, esponendo i creditori dell'uno al concorso di quelli dell'altro patrimonio, come se i rispettivi beni anzich distinti fossero invece confusi fra loro. Di ci si reso tanto bene conto il legislatore da stabili.re espressamente negli artt. 2758, secondo comma e 2772, secondo comma e.e. che il privilegio per l'imposta di succ~sione non ha effetto in pregiudizio dei creditori che hanno esercitato il diritto di separazione dei beni del defunto da quelli dell'erede. Poich, come gi stato dimostrato, i creditori dell'eredit beneficiata, finch dura il beneficio, sono parificati ai creditori separatisti, non si vede come lo Stato, nella sua veste di creditore del tributo successorio, possa giovarsi in loro danno del privilegio fiscale, in esplicito contrasto con le accennate norme di legge. Senonch, sostiene la ricorrente Amministrazione, la denunziata sentenza ha errato nel ritenere che debitore di imposta sia l'erede anzich l'eredit, sui cui beni inerirebbe il tributo successorio. Ma neppure questa proposizione ha fondamento. Anzitutto l'inerenza del tributo ai beni ereditari (cosiddetta imposta 'sul morto) non impedisce che esso sia soddisfatto soltanto su quella parte di beni stessi !residuata dopo la soddisfazione dei creditori separatisti. In secondo luogo sarebbe davvero arduo ritenere che lo Stato, per l'imposta successoria, debba essere considerato creditore del de cwius cio dell'eredit, intesa quale perpetuazione provvisoria della personalit del defunto, anzich dell'erede. Se cos fosse, come sembra ritenere la ricorrente, lo Stato po trebbe giovarsi del privilegio in danno degli altri creditori, essi pure del de cuius in base al principio generale di cui agli artt. 2741 e 2748, secondo comma, poich il soggetto passivo di tutte le obbligazioni sa rebbe unico ed unico il patrimonio posto a loro garanzia. Ma cos non , perch il debitore dello Stato per l'imposta di successione l'erede, ed il privilegio pu essere esercitato soltanto sui beni ereditari relitti, quando si verta nell'ipotesi di eredit bene ficiata, cio della separazione dei patrimoni, che giovi ad un tempo all'erede ed ai creditori del de cuius. 1204 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Che debitore dell'imposta di successione sia l'erede .si evince agevolmente non soltanto dalla legge tributaria sulle successioni (artt. 10, quarto comma, 14, 15 e specialmente art: 66 n. 1), ma anche dal principio generale ,secondo cui fatto generatore del tributo l'incremento di ricchezza conseguito, senza contropartita, dall'erede nel subentrare, in seguito all'apertura della ,successione, nei diritti e negli obblighi del de cuius. Finchf:? tale incremento non siasi verificato, mediante la confusione dei due patrimoni, appunto perch gli stessi sono stati tenuti separati e distinti onde evitare -secondo il fine legislativo proprio della separazione ~ il reci'Proco concorso dei creditori dell'uno e dell'altro, lo Stato nulla pu vantare verso l'eredit, come tale, intesa cio quale continuata personificazione del de cuius, n quindi concorrere sulla stessa insieme con i creditori del defunto stesso. 'La separazione dei patrimoni esclude dunque, finch dura, la prelazione privilegiata propria del tributo necessario. Sono sufficienti le considerazioni fin qui svolte per fornire una adeguata risposta aJle censure contenute nei quattro motivi del ricorso, sopra sinteticamente riassunti. Infatti la denunziata sentenza non ha privato, come si sostiene nel secondo motivo, il credito privilegiato dello Stato delle sue garanzie, ma ha semplicemente accertato l'inopponibilit del privilegio ai creditori separatisti del de cuius e quindi a quelli dell'eredit beneficiata. E neppure pu ritenersi viziata per aver omesso di considerare che debitori dell'imposta non sono soltanto gli eredi, ai sensi dell'art. 66 n. 1 della legge tributaria ,sulle successioni, ma anche i legatari per le imposte relative ai beni a ciascuno di essi devoluti . Infatti la circostanza che i legatari assumano, ad un tempo, la veste corrispondente a quella dei creditori dell'eredit e l'altra di debitori di imposta, sia pur limitata ai beni ad essi devoluti, non altera le conclusioni sopra illustrate ed accolte. Anzi, da un certo punto di vista, le conferma, in quanto proprio ai sensi dell'art. 66 n. 1 gi accennato il tributo nei loro confronti, e quindi il relativo privilegio, sorgono solo in quanto il legat'o sia stato soddisfatto ( beni devoluti recita la norma). Ma perch tale devo luzione possa pi agevolmente vermcarsi previsto anche lo stru mento della separazione dei patrimoni. Il soddisfacimento del legato precede dunque il tributo successorio, in regime di separazione, con fermando, anche in detta ipotesi, l'inopponibilit del privilegio. Non va peraltro dimenticato che gli artt. 2758 e 2772 e.e. parlano soltanto di creditori del defunto e non gi di legatari, e che, nella presente controversia, si tratta soltanto di creditori. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1205 Sebbene non si rinvengano precedenti specifici del problema ora trattato, tuttavia il caso di osserva.re come questa Suprema Corte siasi gi trovata nel solco dell'orientamento di cui sopra, affermando, in una fattispecie di separazione dei patrimoni dovuta al fallimento, che il privilegio fiscale per l'imposta di successione inopponibile ai creditori del fallito post mo'l'tem (Cass., 4 agosto 1960, n. 2292, nonch 5 novembre 1959, n. 2966). -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 giugno 1971, n. 2057 -Pres. Rossano -Est. Sposato -P. M. Pascalino (conf.) -La Fondiaria Incendio (avv. Bonacina) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas). Imposta di ricchezza mobile -Spese e passivit deducibili -Imposta sulle societ -Deducibilit -Esclusione. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 91 e segg. 145 e seg.). La somma pagata a titolo di imposta suLle societd non deducibile dal reddito di ricchezza mobile, nemmeno per la paute commisurata al patrimonio (1). (Omissis). -Nel denunziare la violazione e la falsa applicazione dell'art. 12 delle preleggi, delle norme della legge 6 agosto 1954, { , n. 603, istitutiva dell'imposta sulle societ, trasfuse nel titolo VII del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 e degli artt. 91 e 99 dello stesso te~to unico contenenti disposizioni in materia di determinazione del reddito soggetto all'imposta di ricchezza mobile, nonch vizi di motivazione, :i.a ricor:r.ente assume che la Corte di merito incorsa in un triplice eJ.'lrore: affermando che l'imposta sulle societ consiste, anche nella sua componente patrimoniale, in un'imposta sul reddito (primo motivo); escludendo che le due componenti -patrimonio e reddito -assunte dalla legge a base della. determinazione dell'imposta sulle societ siano suscettibili d'individuazione e di scissione sia pure al limitato fine della detraibilit delle spese di produzione del reddito (secondo motivo); negando all'imposta sulle societ, nella parte in cui essa grava sul .patrimonio, il carattere di spesa o di perdita inerente alla produzione del reddito, detraibile sia in sede di determinazione dell'imponibile di ricchezza mobile, sia in sede di determinazione del reddito assogg.ettabile all'imposta sulle societ (terzo motivo). Il ricorso priv, assunto nella legge, dichiarano nel contesto dell'atto di .r~golarizzazione, essere l'attivo lordo esistente in quel momento, e quindi il valore imponibile. L'Amministrazione ricorrente contesta l'esattezza di tale giudizio, riehiamando la giurisprudenza di questa Suprema Corte (Cass. Sez. Un. 14 gi.gno 1967, n. 1331; Cass. 31 maggio 1966, n. 1456 e 12 novembre 19.65, n. 2357), secondo la quale la cosiddetta regolarizzazione di una societ di fatto., implicando necessariamente l'enunciazione della societ stessa, determina l'applicazione all'atto che la realizza dell'imposta di registro di cui all'a;rt. 81 Tariffa All. A, da calcolarsi assumendo come base imponibile l'ammontare dei conferimenti effettuati al mom.ento in cui la societ di fatto ha cominciato ad esistere; ferrpa, tuttavia, in difetto di una prova inoppugnabile, sul punto, la facolt, da parte dell'ufficio finanziario, di accertare presuntivamente l'imponibile in base al patrimonio sociale al momento dell'enunciazione e, da parte dei, contribuenti interessati, di fornire la .prova contraria (esclusa quella per testi) circa l'effettiva entit dei conferimenti. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Non si avvede per la ricorrente che la giurisprudenza da essa richiamata non si attaglia al caso in esame, giacch riguarda le regolarizzazioni attuate normalmente in base ai principi generali desumibili dalla legge organica di registro e non a quelle poste in essere, come nella specie, nell'ambito di applicazione della norma agevolativa transitoria di cui a~l'art. 42 della citata legge n. 25 del 1951. ' Derogando al principio, assolutamente pacifico in dottrina ed in giurisprudenza, secondo il quale in tema di enunciazione di societ irregolare o di fatto -e la regolarizzazione importa inevitabilmente, com' noto, la enunciazione della societ -l'imponibile, ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro di cui all'art. 81 della Tariffa ali. A alla legge n. 3269 del 1923, deve essere determinato sulla base del valO'l"e lO'l"do dei beni confe.riti in societ, e cio sulla base del valore lordo che tali beni hanno nel momento della costituzione del vincolo sociale, incidendo l'imposta sul trasferimento delia ricchezza e sul rapporto giuridico che lo pone in essere e non sulla ricchezza attuale ., l'art. 42 della legge speciale del 1951, nell'intento -come risulta dalla Relazione -di favorire la regolarizzazione delle societ di fatto, sor.te in gran numero, e disordinatamente, soprattutto nello immediato dopoguerra, e di renderne in tal modo, attraverso la costituzione di normali reciproci rapporti, .pi agevole il controllo da parte degli uffici finanziari competenti, stabilisce, infatti, in via transitoria, e cio limitatamente al periodo di quattro mesi dall'entrata in vigore della legge, che le societ non regolarmente costituite anteriormente alla data di pubblicazione della legge stessa possono essere regolarizzate, con atto assog.gettato a registrazione entro lo stesso termine, col pagamento della normale imposta di registro di cui all'art. 81 della tariffa all. A alla legge organica del 1923 e della normale imposta ipotecaria, ridotte alla met, da applicarsi sull'attivo lordo esistente al momento in cui la societ si regolarizza. Ed al fine evidente di evitare che, col dissimulare la costituzione di una nuova societ sotto l'ingannevole apparenza di una semplice regolarizzazione , si possa beneficiare indebitamente della concessa agevolazione fiscale, aggiunge che l'esistenza della societ alla data di pubblicazione della legge , richiesta come condizione inderogabile per l'applicabilit del trattamento agevolato, deve essere rigorosamente provata mediante certificato attestante l'iscrizione della societ di fatto nel registro della Camera di commercio, ovvero mediante certificato dell'ufficio distrettuale delle Imposte dirette attestante l'iscrizione della societ di fatto, come tale, nel ruolo dei contribuenti. La norma transitoria ha pertanto -creato, com' evidente, -per le regolarizzazioni effettuate nel breve periodo di tempo in. essa indicato -un regime fiscale atipico che, pur discostandosi sia da PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1227 quello riguardante la costituzione di nuove societ (art. 81 Tariffa ali. A surrichiamato) sia da quello dettato per la trasformazione di societ da un tipo all'altro (art. 83), attinge tuttavia a tali regimi, mutuando contemporaneamente dal primo -fatta salva la disposta riduzione alla met -la misura dell'aliquota di imposta dovuta, superiore peraltro a quella stabilita per le semplici trasformazioni , e dal secondo il quantum da assumere come base imponibile, quantum che .rappresentato --ed questa l'agevolazione pi consistente sotto il profilo economicp -invece che dal valore lordo deti beni conferiti -come nel caso di costituzione di nuova societ -dall'attivo lordo esistente al momento della regolarizzazione. Stante l'opportunit di sistemare determinate situazioni tributarie agevolando l'acquisizione, da parte delle societ non regolarmente costituite, di up.a veste tipica suscettiva di una migliore e pi facile tassabilit degli utili degli esercizi a veni.re -Relazione alla legge n. 25 del 1951 -si creato un sistema misto di tassazione che, con l'assumere come base imponibile, analogamente a quanto stabilito per gli atti relativi alle trasformazioni di societ nell'art. 83 della citata Tariffa ali. A, l'attivo lordo sociale indipendentemente dalla natura e dal valore venale dei beni che lo compongono, ha finito, in sostanza, per equiparare, agli effetti dell'imijosta di registro e solo per quanto attiene alla determinazione dell'impnibile, l'ipotesi della regolarizzazione a quella della trasformazione , rendendo di conseguenza applicabile anche alla prima -nonostante che, mancando in questa, a differenza che nell'altra, una regolare contabilit, la determinazione, dell'attivo lordo, e quindi dell'imponibile, resti necessariamente affidata alle sole dichiarazioni dei soci contribuenti -il princi- pio secondo il quale, non essendovi alcuna creazione di nuova societ con estinzione della precedente, non pu l'ufficio finanziario, per determinare l'imponibile nel caso di semplice trasformazione di societ da un tipo all'altro, sottoporre a revisione, per il giudizio di congruit, il valore dell'attivo lordo risultante dalla contabilit sociale, non importando l'atto che tale trasformazione consacra e realizza quel trasferimento di beni che, per l'art. 33 della legge organica, indispensabile presupposto perch si possa far luogo a tale giudizio. L'impugnata sentenza della Corte triestina, secondo la quale il richiamo all'art. 81 della Tariffa concerne la sola misura dlla ali quota, dovendosi, per quanto attiene alla determinazione dell'impo nibile, applicare vieeversa il criterio posto nel successivo art. 83, me rita pertanto piena conferma, avendo correttamente interpretato ed applicato la norma transitoria speciale dell'art. 42 della legge n. 25 del 1951 in relazione altresi ai principi generali contenuti nella legge di registro ~el 1923. -(Omissis). 2!1 1228 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 luglio 1971, n. 2119 -Pres. Giannattasio -Est. Mazzacane -P. M. Pascalino (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Fanelli) c. Thurn della Torre Valvassina (avv. Rinaldi). Imposta di registro -Usufrutto -Consolidazione -Presupposti -Estin zione dell'usufrutto -Trasferimento della nuda propriet all'usu fruttuario -Sussiste la consolidazione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 20; e.e. art. 1014). Poich l'imposta sulla consolidazione il residuo dell'imposta dovuta per il trasferimento della piena propriet, gi determinata .al momento della costituzione dell'usufrutto e la cui esazione 1imasta sospesa fino alla ricomposizione del diritto di propriet nella sua pienezza, essa dovuta in ogni ipotesi di cessazione dell'usufrutto (articolo 1014 e.e.) e quindi sia quando l'usuf1utto torna cil nudo proprietario, sia quando, all'inverso, la nuda propriet torna aU'usufruttuario (1). (Omissis). -L'Amministrazione finanziaria, con unico motivo di ricorso, denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1014 e.e., e degli artt. 8, 12, 20, 21, 90, 91, e 93 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, nonch dei principi generali in materia di imposta di registro, in rela :z;ione all'art. 360 n. 3 c.p.c. Sostiene che l'usufrutto si estinto nella specie per riunione nella stessa persona di esso e della nuda propriet, essendo questa infatti ri tornata all'usufruttuario per successione legittima dopo la morte del donatario; che l'art. 20 della legge di registro prevede la riscossione della imposta di consolidazione al cessare dell'usufrutto e cio per la riunione dell'usufrutto alla propriet di guisa che il diritto alla ri scossione deve essere riconosciuto anche nella ipotesi di estinzione del l'usufrutto per trasferimento mortis causa della nuda propriet al l'usufruttuario; che non esatto parlare di trasferimento dell'usufrutto quale presupposto della imposizione tributaria, n di acquisto, da parte (1) Questione singolare e nuova, almeno in relazione alla vigente legge di registro. La soluzione offerta appare ineccepibile: una volta avvenuta la separazione dell'usufrutto dalla nuda propriet deve necessariamente aver luogo la consolidazione; quali e quanti siano i passaggi intermedi della nuda propriet e anche se attraverso essi la nuda propriet torna all'usufruttuario, si avr sempre quella consolidazione che non potr mai mancare. Per un'ipotesi di esclusione della consolidazione cfr. la poco persuasiva decisione della S. C. 30 marzo 1971, n. 913, in questa ~Rassegna, 1971, I, 846. 1229 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA dello usufruttuario, della nuda propriet, ma solo di estinzione dell'usufrutto; che conseguentemente non sussiste quella diversit di presupposti che il giudice del merito ha ravvisato nella fattispecie per negare la possibilit di riscuotere il tributo gi liquidato per la ipotesi di cessazione dello usufrutto. La censura fondata. Il quesito se la c.d. imposta di consolidazione sia dovuta non soltanto nel caso in cui la riunione dell'usufrutto con la nuda propriet avvenga nella persona del nudo ;proprietario ma anche quando avvenga nella persona dell'usufruttuario fu risolto positivamente, in tempi non recenti, dalla giurisprudenza alla stregua delle disposizioni allora vigenti (Cass. Roma 9 gennaio 1893, 19 giugno 1894, 21 novembre 1894, sez. un. 27 gennaio 1900; e, dopo la deviazione della isolata sentenza 25 aprile 1900, Cass. Roma, 12 agosto 1902 e 3 giugno 1903). Fu osservato che, per l'art. 515 del e.e. abrogato, l'usufrutto si estingueva con la consolidazione ossia con la riunione nella stessa persona della qualit di usufruttuario e di proprietario, che l'art. 17 della legge di registro in quel tempo in vigore, stabilendo che l'imposta sul valore per cui l'usufrutto fu detratto allorch venne tassata la nuda propriet avrebbe dovuto essere ;pagata al cessare dell'usufrutto, intese riferirsi . a tutti i casi che davano luogo alla consolidazione prevista dal citato art. 515, ivi compreso quello in cui l'usufruttuario diventa erede del nudo proprietario. La giurisprudenza precis che per affermare la legittimit dell'imposta solo quando l'usufrutto si riuniva nella persona del nudo proprietario non poteva sostenersi che l'espil'essione al cessare dell'usuf rutto dovesse intendersi quale condizione, poich a tale interpretazione si opponevano il significato letterale delle parole e la natura della imposta di consolidazione. Questa integrava l'imposta pagata per la nuda propriet, e perci era liquidata ed accertata congiuntamente, facendosene contemporanea iscrizione nel ampione per essere esatta al cessare dell'usufrutto: trattavasi dunque di una tassa non eventuale o incerta, ma certa e determinata sin dal principio, e di cui era solo differita la riscossione al cessare dell'usufrutto. Lo specifico problema non stato riesaminato, a quanto ne risulta, da questo Supremo Collegio dopo l'emanazione delle norme che disciplinano attualmente la materia (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269). Peraltro la soluzione conforme di esso si impone per analoghe argomentazioni che possono trarsi dalla identica configurazione giuridica data da questa Corte Suprema, con la dottrina dominante, all'imposta di consolidazione prevista dall'art. 20 della vigente legge di registro, corrispondente al menzionato art. 17 della legge precedente. Infatti si gi avuto occasione di stabilire che il discusso disposto deC citato art. 20, a norma del quale nei trasferimenti a titolo gratuito 1230 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della nuda propriet per atti tra vivi il valore imponibile al giorno del trasferimento si ritiene uguale alla differenza .tra il valore della piena propriet e quello dell'usufrutto; al cessare poi dell'usufrutto sar dovuta l'imposta sul vaiore per cui l'usufrutto fu detratto allorch venne tassata la nuda propriet dev'essere interpretato nel senso che, nei trasferi.ienti a titolo gratuito della nuda propriet, l'accertamento del valore della piena propriet avviene subito, con riferimento alla data del trasferimento, e subito si procede all'esazione della parte di tributo (calcolata. sulla differenza tra valore della piena ,propriet e valore dell'usufrutto) riguardante la nuda propriet, mentre al cessare dell'usufrutto si procede alla esazione del tributo, gi determinato ed immutabile, relativo al valore dell'usufrutto (Cass. civ. 29 ottobre 1968, n. 3612, 8 luglio 1958, n. 2456). Tale interpretazione confermata dalla considerazione che l'art. 20 della legge di registro, riferendosi al valore imponibile della piena propriet, nel quale distingue poi i valori parziari del trasferimento della nuda propriet e della successiva riunione dell'usufrutto alla nuda propriet, indica ,che l'aliquota deve essere determinata in relazione al valore del trasferimento del pieno dominio; mentre l'applicazione dell'aliquota cos determinata deve essere operata sui detti valori parziari; con la conseguenza che la somma delle due tassazioni, nei trasferimenti a titolo gratuito, equivale alla imposta di trasferimento sul valore della pina propriet quale al momento del trasferimento della nuda propriet. Il che poi Conforme al disposto dell'art. 8 legge di registro circa l'applicazione delle tasse secondo l'intrinseca natura dell'atto o del trasferimento. Infatti il trasferimento della nuda propriet implica quello della piena propriet; giacch l'usufrutto essenzialmente temporaneo e prima o poi deve riunirsi al nudo dominio per semplici fatti naturali senza necessit di apposito negozio (979 e 1014 e.e.). Se dunque a norma dell'art. 20 della legge del registro il diritto ad esigere l'imposta di trasferimento sul valore della propriet piena sorge nel momento in cui si trasferisce la nuda propriet, e soltanto l'esanzione di parte di essa rimandata ad un tempo successivo e precisamente a quello in cui l'usufrutto si riunir, in un tempo pi o meno vicino, alla nuda propriet, ne segue che l'imposta di consolidazione una parte, il residuo di guella dovuta per il trasferimento della piena propriet, la cui esazione rimasta sospesa fino alla riespansione del diritto di propriet nella sua pienezza. L'obbligazione dell'imposta di consolidazione sussiste dunque ab origine ed differito nel tempo solo il momento dell'adempimento, il quale identificato, dall'art. 20 della legge del registro, nella cessazione dell'usufrutto. La configurazione giuridica dell'imposta di consolidazione quale tributo integrativo, residuale dell'unica imposta per il trasferimento PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1231 della nuda propriet e per la consolidazione decisiva per la soluzione del problema che ne occupa. Se infatti l'obbligazione della imposta di consolidazione sussiste ab origine ed differito nel tempo solo il momento dell'adempimento, e .tale adempimento indicato dall'art. 20 della legge del registro (cos come dall'art. 17 della legge anteriore) nella cessazione dell'usufrutto ( al cessare poi dell'usufrutto ) quale causa determinante la scadenza dell'obbligazione medesima, per il venir meno della ragione per cui l'esazione fu lasciata in sospeso, logico ritenere che la cessazione dell'usufrutto, in mancanza di limitazioni o distinzioni nella legge fiscale, deve essere identificata nei fatti da cui la legg.e civile fa derivare la estinzione di esso. Ora l'art. 1014 c.c. (cos come l'art. 515 del c.c. abrogato) prevede, fra i casi di estinzione dell'usufrutto, quello della riunione della stessa persona della qualit di usufruttuario e di proprietario, il che si verifica quando l'usufrutto torna. al nudo proprietario sia quando la nuda propriet torna all'usufruttuario. Invero anche in questa seconda ipotesi il diritto parziario si estingue per confusione, l'usufruttuario non diventa titolare di due distinti diritti che tra loro si sommano, cos formando la piena propriet, ma l'a.cquisto della propriet, da parte del titolare del diritto reale limitato, determina l'estinzione. di questo. Pertanto inesatta l'argomentazione del giudice del merito secondo cui, nel caso, il presupposto della imposizine fiscale sarebbe il trasferimento dell'usufrutto, onde essa avrebbe luogo quando l'usufrutto si trasferisca al nudo proprietario, e dovrebbe invec esser.e esclusa .) quando la nuda propriet sia acquistata dall'usufruttuario. Infatti, deve ribadirsi, in entrambe le ipotesi, si verificano soltanto l'estinzione del diritto reale limitato e la con-elativa espansione del diritto di propriet, prima compresso, eventi che rendono attuale l'esazione delle imposte, gi dovute in virt dell'unico precedente .trasferimento di ptopriet, delle quali soltanto la riscossione, stata rimandata al momento della consolidazione. Non pu quindi parlarsi, come leggesi nella sentenza impugnata, di diversi presupposti di imposta (trasferimento di nuda propriet e .trasferimento dell'usufrutto); l'obbligazione tribu taria unica, riferita all'unico trasferimento della propriet, con la sola attuazione della imposizione in due momenti, e cio con differimento, come si detto, di una parte di essa al momento della immancabile estinzione del diritto di Usufrutto, la quale, una volta verificatasi, e per qualsiasi causa, comporta la realizzazione della pienezza del diritto, per la naturale espansione del diritto dominicale. In altri termini in fenomeno de1la consolidazione, sotto il profilo civilistico, deve sempre riportarsi al fatto unico della estinzione, e. lo stesso deve dirsi quanto al profilo fiscale sia, come si avvertito, per il necessario collegamento dell'art. 20 della legge di registro con l'art. 1014 e.e., sia 1232 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ancora per l'affermato Carattere residuale e complementare della imposta. Questa, conseguentemente, dovuta in ogni caso in cui si sia prima verificato il distacco dell'usufrutto, per l'alienazione della nuda propriet, e la nuda propriet medesima poi, per il cessare per qualsiasi causa dell'usufrutto medesimo, venga a riespandersi. A tali conclusioni non di ostacolo l'art. 12 della legge di registro richiamato dalla sentenza impugnata, sia perch la norma va intesa nel senso che anche per la liquidazione delle imposte complementari .(quale quella di consolidazione come imposta tenuta in sospeso; artt. 7 e 91 della legge di registro) irrilevante qualsiasi ulteriore evento, sia perch, in ogni caso, come si detto, l'imposizione tributaria non si collega al trasferimento dell'usufrutto, ma a quello della propriet, e quindi il solo evento ulteriore rilevante per la individuazione del termine di scadenza della obbligazione differita quello della estinzione dell'usufrutto, .per qualsiasi causa essa avveriga. Nemmeno sono di ostacolo le disposizioni normative, invocate dal resistente, circa le persone obbligate a presentare la denuncia dell'avvenuta consolidazione. Infatti l'art. 86 della legge di registro, per il quale la denuncia va fatta da coforo a cui favore l'usufrutto si devolve deve interpretarsi, in armonia con il disposto dell'art. 93 n. 5 della legge medesima (per il quale obbligati per l'imposta sono coloro che consolidano l'usufrutto con la propriet, i loro eredi ed aventi causa ), nel senso che sono soggette all'obbligo le persone nelle quaJ.i si realizza la pienezza del dominio, e tale evento si verifica, come si precisato, anche se la nuda propriet si trasferisca all'usufruttuario. Pu quindi concludersi, con riferimento' alla fattispecie, che, nei trasferimeenti de1la nuda propriet a titolo gratuito, l'obbligazione di imposta, per la parte da adempiersi al momento della consolidazione, sussiste sia nel caso in cui l'usufrutto e la nuda propriet si riuniscono nella persona del nudo ;proprietario sia nel caso inverso in cui la riunione avvenga nella persona dell'usufruttuario. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 luglio 1971, n. 2144 -Pres. Favara -Est. Granata -P. M. Cutrupia (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. Stato Vitaliani) c. Pezzarossa (avv. Blandamura). Imposta di registro -Agevolazioni per l'industrializzazione del Mezzogiorno -Primo acquisto di terreni e fabbricati -Acquisto di stabilimento a scopo di riattivazione -Applicabilit delle agevolazioni. (d.I. 14 dicembre 1947, n. 1598, artt. 2 e 5; 1. 29 dicembre 1948, n. 1482). L'agevolazione dell'art. 5 del d.l. 14 dicembre 1947, n. 1598 sul primo acquisto di terreni e fabbricati per l'attivazione di iniziative in PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1233 dustriali nel Mezzogiorno, applicabile per l'acquisto di uno stabilimento da riattivare previa esecuzione di opere dirette ad assicurarne l'efficienza tecnologica (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso, l'Amministrazione delle Finan~e, denunziando violazione degli artt. 5 del r.d. 14 dicembre 1947, n. 1598 e 2 della legge 29 novembre 1948, n. 1482, sostiene che erroneamente la Corte del merito ha ritenuto applicabile, nella fattispecie, il beneficio della riduzione delle imposte di registro e di trascrizione alla misura fissa di lire 200, stabilito dal succitato art. 5 del decreto 14 dicembre 1947. E deduce, a sostegno di tale assunto, che i giudici di appello hanno illegittimamente fondate:> la loro pronunzia sulle disposizioni dell'articolo 2 dello stesso decreto, che sono dirette soltanto ad enunciare il fine dell'agevolazione, cio quello di favorire la costruzione di nuovi staQilimenti nonch l'ampliamento, la trasformazione, la ricostruzione e la riattivazione di quelli esistenti, laddove, per stabiUre l'applicabilit del beneficio, avrebbero dovuto .tener presente che, ai sensi del successivo art. 5, l'oggetto dell'agevolazione costituito esclusivamente dal trasferimento di terreni e fabbricati destinati a incrementare il patrimonio industriale nel Mezzogiorno. La censura priva di fondamento. L'art. 5 del d.l. 14 dicembre 1947, n. 1598, recante disposizioni per l'industrializzazione dell'Italia meridionale e insulare, stabilisce che (1) Con assai semplice motivazione si giunti a sovvertire i termini ed i limiti dell'agevolazione per l'industrializzazione del Mezzogiorno. Era stato pi volte affermato (Cass. 15 luglio 1965, n. 1548, in questa Rassegna, 1965, I, 1051; 26 giugno 1966, n. 1674 Giust. civ., 1966, I, 1248; 7 maggio 1963, n. 1111, ivi 1963, I, 2109) che il fine dell'agevolazione quello di incrementare la formazione del patrimonio industriale nel mezzogiorno e non semplicemente quello di riattivare industrie esistenti, ferme o in dissesto; conseguentemente l'agevolazione non pu essere concessa per l'acquisto di opifici industriali, essendo la norma limitata al primo acquisto di terreni e fabbricati occorrenti per il primo impianto di stabilimenti industriali tecnicamente organizzati. Un ulteriore chiarimento emerso dalla discussione che sorta sulla identificazione del primo acquisto nel caso di ripetuti trasferimenti dello .stesso bene; si infatti affermato (Cass. 6 novembre 1968, n. 3662, in questa Rassegna, 1968, I, 1053) che il trasferimento di beni e la realizzazione della iniziativa industriale mediante la loro utilizzazione sono due elementi inscindibili della fattispecie legale per cui il trasferimento che non abbia dato luogo all'attuazione del fine industriale ir:rilevante ai fini dell'applicazione della norma di favore (il che vale, all'opposto, per escludere la agevolazione quando invece l'iniziativa industriale sia stata gi realizzata); poi intervenuto il legislatore (art. 13 legge 26 giugno 1965 n. 717) per chiarire che nel caso di successivi trasferimenti dello stesso immobile il beneficio giova all'acquirente che realizza per primo l'iniziativa industriale. ' 1234 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il primo trasferimento di propriet di terreni e di fabbricati occorrenti per l'attuazione delle iniziative industriali di cui al precedente art. 2 soggetto a imposta di registro e di trascrizione nella misura fissa di lire 200. Tale disposizione, dunque, mentre precisa che il beneficio si riferisce agli atti di primo trasferimento di propriet dei terreni e dei fabbricati occorrenti per le iniziative da incentivare, rinvia, per la concreta identificazione di tali iniziative al precedente art. 2, il quale, nel testo modificato dall'art: 2 della legge 29 dicembre 1949, n. 1482, formula la specifica previsione del primo impianto di stabilimenti industriali tecnicamente organizzati nonch quelle dell'ampliamento, della ricostruzione, della trasformazione e della riattivazione di stabilimenti gi esistenti. Orbene, in riferimento a tale sistema normativo, si deve escludere che la Corte del merito sia incorsa in errore (come l'Ammillistrazione ricorrente sostiene) nell'identificazione dell'oggetto dell'agevolazione tributaria e abbia dato indebito rilievo ad una mera enunciazione delle finalit dell'agevolazione stessa. Risulta, infatti, dalla motivazione della sentenza impugnata che l'applicabilit del beneficio stata riconosciuta in base alla duplice considerazione che la compravendita aveva avuto per oggetto un immobile gi destinato a stabilimento industriale e che l'acquisto era stato effettuato al dichiarato fino di riattivare lo stabilimento stesso, previa esecuzione di opere dirette ad assicurarne l'efficienza tecnologica. La correlazione fra le norme dell'art. 5 e dell'art. 2 del d. 1. 14 dicembre 1947, n. 1598 pu essere intesa soltanto nel senso che il primo trasferimento di terreni e fabbricati (da trasformare radicalmente) deve aver per scopo l'attuazione di iniziative industriali consistenti nel primo impianto di stabilimenti industriali. Deve cio sempre trattarsi di trasferimento di immobili, terreni o fabbricati, che non siano gi stabilimenti industriali. La sentenza in esame ha invece posto diversamente il collegamento fra le due norme, dimenticando che l'art. 2 sancisce un'agevolazione di carattere generalizzato per i dazi doganali e i diritti di licenza, mentre l'art. 5 introduce un'agevolazione specifica e limitta per l'imposta di registro. In fal modo si estesa l'agevolazione dell'air.t. 5 all'acquisto di stabilimenti industriali da riattivare; e poich non determinabile il grado e l'entit delle opere dirette ad assicurare l'efficienza tecnologica , in tale modo diventa del tutto normale, con un minimo d astuzia, estendere l'agevolazione al trasferimento di stabilimenti industriali tecnicamente organizzati e gi attivati e funzionanti. Ma evidente che a questo punto non si tratta pi di primo trasferimento a vantaggio di chi realizza per primo l'iniziativa industriale, n di trasferimento di terreni e fabbricati, e diventa perfino possibile riferire l'agevolazone all'acquisto di stabilimenti per i quali gi precedentemente si frufto dello stesso beneficio. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1235 E poich l'art. 2 del succitato decr'eto nel testo modificato dalla legge 29 dicembre 1948, n. 1482, annov~ra, come si detto, tra le iniziative richiamate dal successivo art. 5 quella della riattivazione degli stabilimenti gi esistenti nei territori dell'Italia meridionale e insulare, non pu disconoscersi che le dette norme sono state rettamente applicate dalla Corte del merito nella fattispecie sottoposta al suo esame. Il richiamo fatto dalla ricorrente Amministrazione, per sostenere il suo assunto, alla sentenza n. 1674 emessa da questa Corte, a Sezioni Unite, il 28 giugno 1966, non risulta appropriato, giacch con tale decisione l'applicabilit del beneficio, richiesto per un trasferimento di impianti e linee elettriche, stato escluso per ragioni del tutto estranee alla quaestio juris dibattuta nel presente giudizio e cio per la considerazione che il detto trasferimento non comportava acquisto di terreni o di fabbricati n la realizzazione di un incremento industriale. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 luglio 1971, n. 2192 -Pres. Caporaso -Est. Alibrandi -P. M. Antoci (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. Stato Masi) c. Banca Nazionale del Lavoro (avv. Del Nunzio). '-._ Imposta di registro -Enunciazione di convenzione -Tassabilit Condizioni -Fattispecie. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 62). Perch si abbia enunciazio'li,e ex ar~. 62 legge di registro, necessario che l'avto enunciante consenta di identificare la convenzione enunciata in ordine sia ai soggetti, sia al suo contenuto oggettivo e alla sua reale portata, in guisa da fornire non soitanto la prova della sua esistenza, ma da costituire OJnche ii suo titolo; anche se l'enunciazione pu essere implicita, essa deve tuttavia risultare in. modo sufficiente dall'atto enunciante senza far ricorso cid elementi estrinseci. Non pu di conseguenza sottoporsi a tassazione una convenzione intercorsa con un soggetto che non abbia partecipato all'atto enunciante o della quale si accerti l'esistenza in via preswntiva anzich attraverso iL documento (1). (1) Giurisprudenza ormai costante. Cass. 8 gennaio 1968 n. 32 e 4 giugno 1968 n. 1682, in questa Rassegna, 1968, I, 456, con nota alla quale si rinvia. 1236 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Per ovvie ragioni di ordine logico va considerato con precedenza il ricorso incidentale, con cui la Banca Nazionale del Lavoro, denunziando, in relazione dell'art. 360 nn. 3 e 5 c.rp.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 62 della legge di registro, 44 della tabella allegato D alla detta legge, 1362 e 1363 c.c., nonch omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, si duole che la Corte del merito abbia ritenuto che nell'atto del 21 maggio 1960 fossero enunziati dei finanziamenti da parte degli istituti bancari, che sarebbero stati posti in essere mediante negozi di apertura di credito in conto corrente. La ricorrente incidentale censura tale apprezzamento, sostenendo che per l'applicazione di quanto dispone il citato art. 62, occorre: 1) che l'atto sottoposto a registrazione contenga una enunciazione di altra convenzione, essendo a tal uopo utilizzabili solo gli elementi che risultano dall'atto stesso, mentre non consentito far ricorso a presunzioni; 2) che l'atto enunciato deve essere intervenuto tra le stesse parti del negozio enunciante, il che non ricorre nella specie, non essendo la Soc. n. c. Benigno & Greco parte della convenzione di cui all'atto del 31 maggio 19~0, alla quale non intervenuta. Il motivo va accolto, essendo fondate entrambe le censure nelle quali si articola. La Corte d'appello, nel confermare la decisione del primo giudice, consider che presupposto della transazione, conclusa da1le parti intervenute nell'atto del 31 maggio 1960, era stata la conclusione di negozi di apertura di credito in conto corrente, che sarebbero intercorsi tra la Banca Commerciale Italiana, la Banca Nazionale del Lavoro ed il Credito Italiano, da un lato, e, da un altro, la Soc. n. c. Benigno & Greco, la quale aveva ottenuto un finanziamento per la complessiva somma di L. 118.000.000. Sul rpunto, la Corte del merito ha respinto la tesi dell'appellante incidentale osservando. che i rilievi da questa mossi erano inconsistenti in quanto che alla ravvisata enunciazione di preesistenti convenzioni di finanziamento il Tribunale pervenuto sulla base di presunzion,i che sono la conseguenza logicamente necessaria e, quindi, univoca e sicura della situazione presupposta all'atto e regolata con le disposizioni di questo . La sentenza impugnata, ipur riconoscendo che nell'atto del 31 maggio 1960 non sono menzionati gli accennati negozi di apertura di credito in conto corrente, ha tuttavia approvato il modo di accertamento, fondato su presunzioni, seguito da.I tribunale, ed ha aggiunto che nei negozi di apertura di credito doveva ritenersi assorbito quello di riconoscimento del credito, per il quale era stata richiesta dall'Ufficio tributario l'imposta suppletiva di registro. Ma tale modo di accertamento di atti tassabili per enunciazione non si ravvisa conforme a quanto dispone l'art. 62 della legge orga PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA) nica di registro e, sul punto, questa Corte non ritiene di allontanarsi da quanto ha gi avuto occasione di pronunciare (sent. 26 giugno 1950, n. 1621; sent. 30 marzo 1951, n. 714 e sent. 15 febbraio 1965, n. 232), riavvisando tuttora validi i motivi addotti a sostegno di quelle decisioni. Secondo l'ordinamento dell'imposta di registro, per determinare il contenuto dell'atto e, quindi, la tassa dovuta, si deve tener conto non soltanto delle convenzioni poste in essere con l'atto presentato alla registrazione, ma anche di quelle in esse inserite o enunciate (art. 62, comma primo). Il criterio dell'enunciazione, previsto anche dal successivo art. 72, trae il suo fondamento, come noto, da un principio gi espressamente formulato dal e.e. del 1865 (art. 1318) -vigente all'epoca in cui fu emanata la legge di registro -principio secondo cui l'atto pubblico e la scrittura privata forniscono la prova anche della convenzione verbale in essi enunciata. Ora, senza che sia neceS:Sario prendere in esame le va-rie tesi .prospettate sull'estensione del principio delle enunciative , deve ritenersi che queste, come dottrina e giurisprudenza concordano, debbano essere considerate alla stregua di una confessione che i contraenti -nel procedere con atto pubblico e con scrittura privata alla formazione. di un negozio giuridico -fanno in ordine alla esistenza di altro negozio tra essi formato, il quale provato dalla suddetta confessione, documentata dallo stesso atto pubblico o da.Ila scri~tura privata, anche se tali documenti sono destinati a provare altra convenzione. Pertanto, nella specie, per potersi ritenere enunziati nell'atto del 31 maggio 1960, sottoposto a registrazione, negozi di apertura di credito in conto corrente a favore della Soc. n. c. Benigno & Greco, occorrerebbe che questa avesse fatto, nella formazione di tale atto, delle dichiarazioni le quali, come avrebbero posto in essere, nei diretti rapporti fra i contraenti, una confessione circa l'esistenza delle aperture di credito, cosi avrebbero potuto valere, di fronte all'Amministrazione delle finanze, come prova documentata di quei negozi di :finanziamento che, sebbene soggetti a registrazione, non erano per stati Tegistrati. Ma a tutto ci osta, anzitutto, la circostanza -del tutto incontroversa e della quale la sentenza impugnata d atto -che la Soc. n. c. Benigno & Greco non stata parte dell'atto del 31 maggio 1960, al quale non intervenuta, pur avendo i contraenti perfezionato un accordo transattivo diretto a sistemare la situazione debitoria venuta a crearsi a carico della predetta societ nei riguardi dei tre istituti bancari, creditori della complessiva somma di lire 118.000.000. Invero, come gi ha pronunciato questa Corte suprema (sent. 4 giugno 1968, n. 1682), l'applicabilit del citato art. 62 presuppone che l'enunciazione provenga dalle stesse persone che hanno compiuto la convenzione enunciata, restando alt,rimenti priva di valore probatorio una dichiarazione 1238 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO proveniente da chi non stato parte del.la convenzione enunciante, appunto per il carattere confessorio della dichiarazione che forma oggetto di enunciazione documentata in atto pubblico o in scrittura privata. Oltre che in ordine al requisito soggettivo della fattispecie legale di cui all'art. 62, la sentenza impugnata non pu approvarsi anche per ci che attiene al requisito oggettivo dell'enunciazione di atto tassabile. Come ha gi affermato questa Corte suprema nelle sentenze dianzi citate, necessario che l'atto enunciante consenta di identificare la convenzione enunciata, in ordine sia ai soggetti, sia al suo contenuto oggettivo ed alla ,sua reale portata, in guisa da fornire non solo la prova della sua esistenza, ma da costituirne anche il titolo. In altri termini, non sufficiente che l'atto enunciante faccia presumere che altro diverso negozio sia stato posto in essere da tutti o da una parte di coloro che addivennero alla stipulazione dell'atto presentato per la registrazione, m.a necessario che tale atto contenga elementi sicuramente rivelatori, tali che consentano di individuare l'esistenza ed i precisi termini del rapporto enunciato (cfr. sent. 15 febbraio 1965, n. 232 di questa Corte suprema). Ben vero che un'enunciazione pu essere anche implicita, nel senso che le parti, pur senza dichiarare espressamente l'esistenza di tale convenzione, riferiscano per circostanze dalle quali possa ugualmente dedursene l'esistenza, ma anche vero che, perch in tal caso, sia applicabile l'art. 62, necessario che dall'atto enunciante risultino precise circostanze che siano idonee per s stesse, senza che occorra far ricorso ad elementi non contenuti nell'atto, a f!'J,r desumere l'esistenza e a consentire l'identificazione della convenzione stipulata in tutti i suoi elementi essenziali (cosi; da ultimo, Cass. 16 luglio 196'5, n. 1572). Nella specie, la Corte del merito, allontanandosi dai suindicati criteri sui requisiti delle enunciative di cui al citato art. 62, ha ritenuto sussistere un'implicita enunciazione di negozi di apertura di credito in conto corrente facendo ricorso (come gi in precedenza aveva fatto il tribunale) alla prova per presunzioni. Ma tale modo di individuazione del contenuto negoziale di atto sottoposto alla registrazione, non pu condividersi, perch contrasta con quanto .dispone il pi volte citato art. 62. Questo, infatti, richiedendo un'enunciazione documentata dall'atto pubblico o dalla scrittura privata, limita le fonti di prove a quella documentale, con esclusione 'della prova per presunzione, fondata sul criterio congetturale. Questa prova bens nota all'ordina. mento dell'imposta di registro, ma essa non utilizzabile fuori dei casi in esso tassativamente previsti (art. 18 della legge organica in tema di trasmissione d'immopili a titolo di propriet, d'usufrutto, di locazione e di anticresi; art. 47 della legge organica sulla vendita:.-degli immobili' per destinazione unitamente a quella degli immobili per .; PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA natura; art. 6 del d.1. 15 novembre 1937, n. 1924, in tema di appalto e concessione di un pubblico servizio, nonch loro cessioni, sub cessioni e prolungamenti, e art. 5 del d.1.1. 8 marzo 1945, n. 90, sulle vendite tra parenti). Tale regola altro non che un corollario del principio secondo cui l'ufficio tributario, per l'applicazione dell'imposta di registro, deve attenersi alle risultanze scritte e non pu ricavare aliunde quanto .J parti abbiano voluto, cio al di fuori delle dichiarazioni negoziali contenute nel testo dell'atto, considerato nella sua autonomia. Trattasi di principio che ha il suo fondamento nella natura stessa deU'imposta di registro la quale , essenzialmente, tassa di atto. -(Omissis). TRIBUNALE DI CATANZARO, Sez. II, 20 novembre 1970 -Pres..est. Maiorano -Ventre (avv. Garofalo e Lombardi Comite) c. Ministero delle Finanze (a'vv. Stato Capece Minutolo). Imposte doganali -Imposta di fabbricazione sull'olio di oliva -Ingiunzione del ricevitore doganale -Opposizione -Termine quindicinale di decadenza -Esclusione. (d.1. 9 novembre 1966, n. 912, art. 31; 1. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 24). Imposte doganali -Imposta di fabbricazione sull'olio di oliva -Integrazione del prezzo dell'olio ad opera dello Stato -Difetto di capacit contributiva del produttore .,. Illegittimit costituzionale della norma fiscale -Manifesta infondatezza. (d.l. 9 novembre 1966, n. 912, art. 17; cost. art. 53). Imposte doganali -Imposta di fabbricazione -Olio di oliva -Consegna del prodotto agli organismi di intervento -Molitori in conto proprio -Rin:lborso della imposta -Molitori in conto terzi -Esclusione del rimborso -Violazione del principio di eguaglianza Irrilevanza -Manifesta infondatezza. (d.l. 9 novembre 1966, n. 912, art. 17 bis; cost. art. 3). Imposte doganali -Imposta di fabbricazione -Olio di oliva -Consegna del prodotto all'Azienda di Stato per gli Interventi nel Mercato Agricolo (AIMA) -Rimborso dell'imposta -Libera alienazione del prodotto -Esclusione del rimborso -Illegittimit per violazione del principio di eguaglianza -Manifesta infondatezza. (d.l. 9 novembre 1966, n. 912, art. 17 bis; cost. art. 3). L'affidamento deLla riscossione dell'imposta di fabbricazione sul' l'olio di oliva al ricevitore doganale, non equivale, in assenza di espres 1240 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sa statuizione, ad estendere alle opposizioni aUe ingiunzioni per tale imposta iZ termine di quindici giorni posto a pena di decadenza dalla legge doganale (1). Nelle imposte indirette, la capacit contributiva va individuata nella realizzazione dei presupposti della obbligazione t:ributaria, assunti dal legislatore ad indici della possibilit dell'obbligato di concorrere alla spesa pubblica. La concessione da parte dello Stato di contributi ed incentivi alla fabbricazione di un prodotto non contrasta con il prelievo fiscale sulla produzione medesima (2). Nel caso di consegna dell'olio di oliva all'organismo di intervento nel settore agricolo (A.I.M.A.), l'aver la legge accordato il rimborso dell'imposta di fabbricazione soltanto ai produttori in conto proprio, e non pure ai mo,litori in conto tetrzi, non contrasta con ii principio costituzionale di eguaglianza, poich ben diverse appaiono le condizioni oggettive e soggettive delle due categol/'ie di contribuenti (3). Il principio di eguaglianza, sancito dalla costituzione, violato quando il legislatoTe disciplini in modo diverso situazioni soggettivamente ed oggettivamente diverse. Pertanto il negare il rimborso dell'imposta di fabbricazione ai produttori che alienino l'olio sul libero mercato, concedendolo invece a coloro che tale prodotto consegnino agli organismi di intervento nel settore, non viola ii principio di eguaglianza e la eccezione in tali sensi formulata appare manifestamente infondata (4). (1) Il d. I. 9 novembre 1966 n. 912, dopo aver istituito l'imposta di fabbricazione sull'olio di oliva, disciplina all'art. 31 le modalit di recupero dei tributi non corrisposti con la seguente dizione: Le somme dovute per effetto del presente decreto e non pagate, sono riscosse dal ricevitore doganale con la procedura esecutiva del resto unico approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639 . L'attivit del ricevitore doganale, per le riscossioni a lui demandate, disciplinata dall'art. 24 della legge 25 settembre 1940, n. 1424 nel modo che segue: I diritti dovuti alla dogana e non pagati. in tutto o in parte sono riscossi dal contabile doganale con le norme stabilite dal t. u. 14 aprile 1910, n. 639 ... . All'atto di ingiunzione emesso in base a detto testo unico, pu farsi opposizione entro il termine perentorio di giorno quindici dalla data della notificazione . Sulla base di tali due norme, la dif.esa dell'Amministrazione aveva sostenuto che avverso 1a ingiunzione di pagamento, emessa dal ricevitore doganale per la riscossione della imposta di fabbricazione sull'olio, l'opposizione giudiziale dovesse proporsi nel termine perentorio suddetto. Tale assunto fondato sul rilievo che anche l'imposta di fabbricazione dell'olio di oliva, in quanto riscossa dal ricevitore doganale, dovuta alla dogana e la norma dell'art. 24 della legge n. 1424 del 1940 sottopone all'osservanza di tale termine perentorio la proposizione della impugnativa giudiziaria avverso le ingiunzioni: a) emesse dal ricevitore doganale; b) per diritti (nel senso di cui all'art. 7 I. dog.) dovuti alla dogana. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1241 (Omissis). -Nel corso del giudizio, l'Amministrazione Finanziaria ha eccepito l'inammissibilit dell'opposizione per essere, la stessa, stata proposta oltre il termine prescritto dall'art. 24 della legge 25 settembre 1940, n. 1424, e cio, oltre i 15 giorni dalla data di notificazione dell'ingiunzione. Ma tale eccezione infondata, perch l'art. 31 del d.l. 9 novembre 1966, n. 912, convertito con modificazioni nella legge 23 dicembre 1966, n. 1143, richiama, per la riscossione della somma dovuta a titolo di imposta di fabbricazione del.I'olio di oliva, la procedura esecutiva del t.u. approvato con r.d. 14 aprile 1910, n. 639, senza alcuna eccezione; sicch,. evidente che anche la regolamentazione che tale t.u. prevede per le forme ed i termini deli'opposizione da proporsi avverso l'ingiunzione, applicabile nella specie. A nulla rileva che la competenza per la riscossione di detta imposta attribuita dallo stesso articolo al Ricevitore doganale, perch, essendo state richiamate, per la ;procedura esecutiva da osservarsi, soltanto le norme di cui al t.u. approvato con r.d. 14 aprile 1910, n. 639, e non anche le norme di cui alla legge 25 settembre 1940, n. 1424 -che, all'art. 24, in deroga a quanto disposto col predetto t.u. del 1910, prevede in 15 giorni il termine prescritto per proporre opposizione avverso l'ingiunzione -sono unicamente le norme del t.u. del 1910 che debbono aver vigore. Conseguentemente, poich tali ultime norme, pur stabilendo in 30 giorni il termine per proporre l'opposizione avverso l'ingiunzione, La difesa della Finanza aveva anche rilevato che tutte le leggi sulle imposte di fabbricazione prevedono, direttamente o con rinvio alla legge doganale, il termine perentorio di quindici giorni per l'opposizione alla ingiunzione del ricevitore doganale. Tale principio era gi stato accolto dal medesimo tribunale, anche se con diversa composizione, in precedente sentenza (30 giugno 1968, CILIONE c. Finanze) passata in giudicato. \ La sentenza in rassegna ha invece disatteso tale eccezione sul rilievo che, richiamatosi dall'art. 31 d. 1. n. 912 dal 1966 il t. u. n. 639 del 1910, l'opposizione giudiziale doveva essere proposta nel termine, non perentorio, previsto dall'art. 3 di tale t. u. Tale conclusione appare criticabile in quanto presuppone una inconciliabilit tra le disposizioni del 1910 e dell'art. 24 della legge doganale -contrasto che non sussiste, poich la seconda norma richiama espressamente la prima -ed introduce una frattura nell'omogenea disciplina della proposizione di opposizioni alle ingiunzioni del contabile doganale. (2) La decisione cui il Tribunale perviene, dopo ampia e approfondita disamina dottrinale dei principi, appare perfetta applicazione del precetto costituzionale che si pretendeva violato. Dai verbali delle discussioni svoltesi all'Assemblea costituente (pag. 4206), si rileva che i relatori, on. ScocA e RuINI, affermareno che la formulazione dell'art. 53 imponeva che i tributi diretti ed indiretti nel loro complesso sottraessero al contribuente una quota di ricchezza progressiva, crescente con l'au 1242 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non contengono una espressa comminatoria n di perentoriet di tale termine, e n di inoppugnabilit qualora esso non venga rispettato, si deve ritenere, in ossequio alla pacifica giurisprudenza della Corte di Cassazione, che, nell'ingiunzione fiscale, il decorso di trenta giorni, ex art. 3 del t.u. del 1910, non preclude la opposizione ed ha il solo . effetto di autorizzare l'Ente creditore ad iniziare l'esecuzione forzata. Detto termine, infatti, non pu ritenersi perentorio, e .manca, comun que, nella legge una espressa comminatoria di inoppugnabilit. in tali sensi il pacifico orientamento dottrinale e giurispruden ziale, secondo il quale, a differenza del decreto ingiuntivo ordinario, l'ingiunzione di cui .al t.u. del 1910, n. 639, qualora non sia presen tata opposizione entro il termine di 30 giorni, non acquista efficacia di cosa giudicata. La mancata opposizione entro il predetto termine fa s che l'in giunzione stessa acquisti efficacia di titolo esecutivo; .ma non pu ritenersi preclusa un'opposizione tardiva diretta a fare accertare, da parte dell'Autorit giudiziaria, la insussistenza del credito (Cass. 28 ottobre 1966, n. 2850). Applicando tali principi nel caso in esame, ne consegue che l'op posizione va dichiarata ammissibile, anche se con la stessa non stato rispettato il termine di trenta giorni previsto dall'art. 3 del t.u. del 14 aprile 1910, n. 639. Premesso quanto sopra, e passando all'esame della questione di illegittimit costituzionale .sollevata dal Ventre, si osserva che la stessa manifestamente infondata. men.tare del reddito. Gli stessi relatori spiegavano che la norma costituzionale rimetteva al legislatore ordinario la scelta del mezzo per raggiungere tale scopo, non potendosi prefissare criteri pi dettagliati che rientravano nella tecnica tributaria in continua evoluzione, in quanto collegata a fenomeni economici e politici contingenti e mutevoli. Inoltre, si illustrava all'Assemblea Costituente, era impossibile rinvenire un criterio di individuazione della capacit contributiva applicabile a tutti i tributi, cosi come non a tutti i singoli prelievi fiscali era applicabile il principio della progressivit. Ma tali criteri e principi potevano essere ricollegati, non alle singole imposte, sibbene all'intero sistema fiscale. Ci, perch il campo in cui tali criteri possono operare concretamente quello delle imposte personali sul reddito complessivo del soggetto. E tali imposte, informate al criterio della progressivit, devono correggere gli eventuali squilibri determinati dalla imposizione indiretta (Commentario Sistematico alla Costituzione Italiana, diretto da P. CALAMANDREI e A. LEVI, Barbera, Firenze, pag. 283 s. s.; CARULLO, la Costituzione della Repubblica Italiana, Giuffr, Milano, pag. 182 ss.). ' Il VIRGA. (Diritto Co6tituzionale, 6" ed., Milano, 1967, pag. 556), proprio in base al principio che i criteri della capacit contributiva e dellq_ progressivit devono essere riferiti non alla singola imposta ma all'intero PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1243 Ed, invero: La norma di cui all'art. 53 della Costituzione cos dispone: Tutti sono tenuti a concorrere allespese pubbliche in ragione della loro capacit contributiva ; si accoglie, cosi, quale principio che deve guidare il legislatore nella regolamentazione del sistema tributario, quello cosidetto della capacit contributiva. noto che tale principio -il quale sorto quale reazione contro le arbitrarie, incerte ed evanescenti dottrine comunque legate al concetto di sacrificio -muove dal :presupposto, certamente esatto, che il riparto dell'imposta deve basarsi sopra elementi oggettivi, suscettibili di essere misurati presso i singoli contribuenti, anzich sopra gli apprezzamenti soggettivi dei piaceri e delle pene. Non ..dunque in 'base a criteri astratti di giustizia debbono ripartirfli le imposte, ma secondo la capacit economica dei singoli a pagare, desunta da elementi obiettivi, quali il reddito, il patrimonio ed altri fatti e att~ che quella capacit rivelino. Sicch, secondo la norma costituzionale, la capacit economica che decide della tassazione. Premesso quanto sopra, si deve rilevare per che la capacit contributiva -che, in virt della norma costituzionale, deve presiedere alla ripartizione delle imposte -va diversamente valutata in relazione ai vari tipi di imposte (dirette ed indirette). Attesa, infatti, la differenza strutturale di tali imposte, essa varia a seconda che si tratti di imposte dirette ed indirette; e va desunta dai vari presupposti, cui ciascun tipo di tributo, per la propria natura diretta od indiretta, dalla legge collegato. Gi tale concetto si trova espresso nella sentenza 16 giugno 1964, n. 45 della Corte Costituzionale, la quale ha, appunto, statuito che sistema tributario, rilev:a la difficolt del sindacato di legittimit di una singola norma, poich l'indagine sul rispetto dei limiti posti al legislatore dal precetto costituzionale dell'art. 53, deve essere necessariamente estesa all'intero sistema tributario. La Corte Costituzionale, gi con la sentenza n. 45 del 1964 (Giur. It., 1964, I, 1109), ha affermato che per capacit contributiva, in relazione ad un singolo tributo, deve intendersi la idoneit del contribuente a corrispondere la prestazione coattivamente imposta. Tale idoneit va per individuata non gi con la concreta capacit d ciascun contribuente, ma con gli elementi della obbligazione tributaria. Sembra quindi potersi concludere che il principio della capacit contributiva, se riferito ad una singola imposta, non rappresenta un criterio reale, ma legale. Il legisll;ltore ricollega l'obbligazione tributaria al verificarsi di determinati presupposti; quando questi si realizzano v' la capacit contributiva legale. Nel caso dell'imposta di fabbricazione sull'olio di oliva, oggetto della imposta la produzione di olio. Quando tale produzione si realizza verificato il presupposto dell'obbligazione tributaria; e chi tale produzione ha realizzato ha la capacit contributiva legale. ::n 1244 RASSEGNA DELL.'AVVOCATURA DELLO S';l'ATO per capacit contributiva si intende l'idoneit del contribuente a corrispondere la prestazione coattivamente imposta, e deve porsi in relazione, non gi con la concreta capacit di ciascun contribuente, ma con il presupposto al quale la prestazione stessa collegata, e con gli elementi essenziali dell'obbligazione tributaria. Tale concetto balza ancora pi evidente, se si ha riguardo al criterio che, pi degli altri proposti dalla dottrina, si appalesa idoneo a cogliere la intima essenza delle due categorie delle imposte dirette ed indirette. noto -secondo un'autorevole dottrina -che, per giungere a cogliere pi da vicino questo criterio distintivo, bisogna rifarsi alla nozione di soggetto, oggetto e fonte dell'imposta. Soggetto dell'imposta la persona, fisica o giuridica, che tenuta a soddisfarla direttamente. Oggetto dell'imposta la ricchezza, reddito o patr.imnio, cui l'im posta viene dalla legge commisurata, mentre fonte la ricchezza da ui l'imposta viene effettivamente prelevata. Cosi, per esempio, nel caso di un dazio doganale, oggetto dell'imposta la ricchezza che attraversa i ~onfini dello Stato ed a cui il dazio viene commisurato (per esempio, in quintali di grano importati, per ognuno dei quali si pagano tante lire); mentre fonte della imposta il reddito lel contribuente importatore, su cui la somma dovuta viene effettivamente pagata. Sicch -secondo tale autorevole dottrina sono dirette quelle imposte per cui la fonte coincide con l'oggetto, o almeno sussiste tra fonte ed oggetto un rapporto di immediata derivazione; sono indirette quelle imposte, rispetto alle quali l'oggetto dell'imposta non costituisce se non un argomento, un puro e semplice ele- Nel motivare la eccezione di illegittimit in esame, si era posto ip. evidenza che la stessa legge che impone il prelievo fiscale assegna poi ai produttori di olio una integrazione del prezzo di vendita dello stesso. In tale intervento si creduto individuare un riconoscimento legi slativo del difetto di capacit contributiva dei produttori di olio. Rile vato per che la capacit contributiva, riferita ad una sola imposta deve. essere intesa in senso legale e non reale, la questione restava superata. Va tuttavia detto che in sede di conversione del d. I. 9 novembre 1966 n. 912, istitutivo della imposta e del contributo integrativo del prezzo, fu stabilito che la integrazione dovesse essere aumentata li una somma corrispondente all'imposta di fabbricazione. I motivi di ci che potrebbe apparire soltanto una operaz.ione con tabile, ultroneo esaminare in questa sede; baster avvertire che essi vanno rinvenuti nel regolamento n. 136~66 della e.E.E. L'art. 17 bis, inserito con la legge di conversione n. 1143 del 1966, _quindi elimina gli effetti economici negativi della imposizione. La sentenza in esame, giustamente, rileva poi che proprio quello intervento a favore dei produttori di olio, in conformit degli scopi del legislatore, ha eliminato la non remunerativit della produzione. Pu PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1245 mento presuntivo, dell'esistenza di una fonte. Nell'esempio, oxa addotto, del dazio doganale, il fatto dell'importazione o, meglio, la ricchezza importata, non ha che una relazione puramente mediata con la fonte dell'imposta, vale a dire con il reddito dell'importatore; l'attivit di costui, ed il fatto che egli importi quella determinata quantit di ricchezza, possono far presumere l'esistenza di un reddito; ma solo in via indiretta. Egualmente accade quando con l'imposta si colpiscono atti e fatti di scambio, di consumo, ecc. : la ricchezza scambiata, consumata, cosa diversa dal reddito su cui l'imposta viene poi effettivamente pagata o costituisce della esistenza di esso solo una manifestazione presuntiva, ma non gi una espressione immediata e precisa. Viceversa, quando si tratta di imposte dirette, le quali colpiscono il patrimonio o il reddito, si ha una piena ed immediata coincidenza tra oggetto e fonte dell'imposta, cosi, ad esempio, l'imposta fondiaria ha per oggetto il reddito del proprietario della terra, al quale l'imposta viene riferita e ragguagliata; ed ha per fonte lo stesso reddito, che rimane appunto diminuito dell'ammontare dell'imposta, quando il contribuente la paga. Se anche si volesse considerare come oggetto dell'imposta non proprio la ricchezza a cui viene coml!risuxata, ma la propriet, o l'attivit industriale o professionale, da cui quella ricchezza deriva, si avrebbe sempre, nelle imposte dirette, un rapporto di immediata derivazione, una stretta relazione di dipendenza tra la fonte e l'oggetto dell'imposta, mentre questa relazione rimarrebbe esclusivamente indiziaria e presuntiva per le imposte indirette. aggiungersi che con il detto sistema -prelievo fiscale ed eguale aumento del contributo -si da vita ad una' situazione che appare utile al mercato oleario intermJ. Ci perch l'eguale prodotto, proveniente dai paesi produttori di olio affiliati al mercato comune europeo, soggetto a sovrimposta di confine solo in quanto e nella misura in cui anche la 'produzione interna sia fiscalmente colpita. E, come si visto, l'onere fiscale per il produttore nazionale soltanto apparente. (3) Deve senza esitazione condividersi quanto affermato dalla sentenza in esame, sotto il profilo della irrilevanza e della manifesta infondatezza, sulla seconda questione di legittimi.t costituzionale prospettata dal contribuente. Con tale eccezione il privato censura l'art. 17 bis della citata legge n. 1143 del 1966, il quale riconosce il diritto al rimborso del1a imposta ai produttori in proprio che consegnino l'olio di oliva all'A.I.M.A., mentre analogo diritto non viepe riconosciuto nel caso di consegna effettuata da produttori per coI,J.to di terzi. Nel caso deciso l'opponente non aveva corrisposto l'imposta e quindi un priblema di rimborso non si poneva; non aveva consegnato l'olio prodotto all'A.I.M.A. e, di conseguenza, non si era verificato l'altro presupposto del rimborso; non era produttore per conto di terzi, e pertanto 1246 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nel caso delle imposte dirette, il fisco rileva e colpisce un elemento certo, non equivoco di ricchezza, come il patrimonio, l'industria, la professione, e addirittura il reddito, che da quelle fonti deriva; ed a questo reddito ragguaglia direttamente l'imposta. Nella sfera di aippUcazione delle imposte indirette, invece, il fisco accerta la ricchezza del contribuente non sulla base degli elementi da cui essa risulta (entit del reddito o del patrimonio posseduto), ma ricorrendo ad un procedimento indiretto, assumendo, cio, i consumi, i trasferimenti ecc. come indici di quella ricchezza, appunto, che si vuole riconoscere e tassare. Sicch, nel sistema delle imposte indirette, queste vengono individualizzate in corrispondenza con determinati fatti o atti posti in essere dal contribuente. Da ci indubbiamente discende che, nelle imposte indirette, la capacit Contributiva, va posta in relazione alla ricchezza_ che sia stata oggetto degli atti di scambio, di consumo, ecc. posti in essere dal contribuente. , infatti, quell'atto di consumo, di scambio, di trasferimento, di produzione ecc. che il legislatore assume quale indice di quella ricchezza che ;esso vuole tassare, ed a cui ricollega, nel caso concreto, la capacit contributiva del soggetto. Valutata cosi, nel sistema delle imposte indirette, la capacit contributiva con .riguardo esclusivo al presupposto che costituisce l'oggetto di quelle imposte, deve conseguentemente ritenersi che essa si verifi~hi nella fattispecie considerata dalla legge tributaria, quando oggetto delle predette imposte sia un atto (quale ad esempio, quello non era soggetto al trattamento ritenuto ingiustamente meno favorevole. Si imponeva quindi, per una triplice serie di motivi, la dichiarazione di ininfluenza della prospettata questione di legittimit costituzionale; Ne era poi altrettanto manifesta l'infondatezza, poich la legge prevedeva un trattamento differenziato in costanza di situazioni obiettivamente diverse (produttore in proprio, attivit produttiva di beni; molitore in conto terzi, produzione di un servizio che si inserisc;:e nel ciclo produttivo del bene). Sembra tuttavia potersi aggiungere anche un altro rilievo. La norma denunciata non attribuisce diritto al rimborso al molitore di oliva altrui che consegni l'olio prodotto all'A.I.M.A.; ma non poteva disporre altrimenti. Ci perch il moltitore di olive altrui non ha la disponibilit dell'olio prodotto. E, ove ne disponga, realizza una ipotesi criminosa cui non pu conseguire un beneficio. (4) Conforme alla dottrina e giurisprudenza unanime appare la statuizione sul punto. Si era infatti censurata la disposizione dell'art. 17 bis del d. 1. 9 novembre 1966, n. 912, convertito e modificato con legge n. 1143 del 1966, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Ci sul rilievo che tale norma attribuiva il diritto al rimborso della imposta ai produttori di olio che PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1247 di scambio, di consumo, di importazione, o di fabbricazione) che in quanto importa scambio, consumo, e produzione di ricchezza rivela, di per s, una capacit economica del contribuente. La capacit contributiva, infatti, in tal caso, viene individuata e colpita in quella specifica e particolare sua manifestazione, che si concretizza nell'atto di consumo, di trasferimento, di produzione ecc. dal contribuente posto in essere. Sulla base di tali considerazioni, si deve escludere che l'imposta di fabbricazione degli olii di oliva -istituita con gli artt. 17 e 19 del d.I. 9 novembre 1966, n. 912, convertito con modificazioni nella legge 23 dicembre 1966, n. 1143 ....:... sia in violazione del principio della capacit contributiva previsto dall'art. 53 della Costituzione. La predetta norma dell'art. 17, nella parte che qu interessa, cos dispone: l'olio di oliva di pressione commestibile, l'olio di oliva lam-. pante, l'olio di oliva lavato e l'olio estratto dalla sanza di oliva; sono soggetti all'imposta di fabbricazione nella misura di L. 1.400 per ogni quintale di prodotto . Con la norma dell'art. 19 delle stesse disposizioni legislative si provvede, poi, ad individuare i soggetti passivi dell'imposta, i quali vengono indicati negli esercenti gli oleifici nei quali si ottiene l'olio di oliva e, cio, nei fabbricanti di tale prodotto. Si tratta di imposta di fabbricazione; e, cio, di imposta il cui oggetto la fabbricazione del prodotto colpito (olio di oliva). Essa, quindi, si inquadra nella categoria delle imposte indirette. consegnavano il prodotto all'Azienda di Stato per gli Interventi nel Mercato Agricolo (A.I.M.A.), e non pure a coloro che alienavano il loro prodotto sul libero mercato. La sentenza in rassegna rileva esattamente che il prezzo conseguibile con l'alienazione sul libero mercato , o pu essere, pi remunerativo di quello praticato dall'A.I.M.A.; ch altrimenti non si comprenderebbe il perch i produttori preferiscano l'alea del mercato alla certezza della vendita agli organismi di intervento i quali di fatto, aggiungiamo noi, darebbero vita, con i fondi e.E.E., ad uno di quei monopoli, di commercio, che lo Statuto della stessa C.E.E. vieta. Il Tribunale di Catanzaro rileva quindi le differenze oggettive e soggettive delle posizioni dei produttori che consegnano il loro prodotto all'A.I.M.A. e quelle degli olivicultori che alienano il loro prodotto altrimenti; e, da tali diversit, fa discendere la inipotizzabilit di un conflitto con l'art. 3 Cost. da notare che il principio -secondo il quale pu sussistere violazione dell'art. 3 Cost. solo quando la legge ordinaria disciplina in modo diverso posizioni soggettivamente ed oggettivamente identiche - pacificamente accolto dalla dottrina e dalla giurisprudenza; e la sentenza in esame lo ribadisce. F. CAPECE MINUTOLO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il soggetto passivo di essa il fabbricante del prodotto soggetto ad imposta; ed oggetto, come si visto, la fabbricazione del prodotto, o, -se si vuole, il prodotto in quanto fabbricato. Individuati, cosi la natura e gli elementi della imposta istituita dall'art. 17, e ritenuto, sulla base delle considerazioni dianzi esposte, che, nel sistema delle imposte indirette, la capacit contributiva va esaminata con riguardo esclusivo al .presupposto che costituisce l'oggetto delle predette imposte, non v'ha dubbio che, nel caso deHe imposte di fabbricazione dell'olio di oliva, stata appieno rispettata dal legislatore la norma di cui all'art. 53 della costituzione, che quel principio della capacit contributiva ha posto quale criterio che deve presiedere .all'imposizione dei vari tributi. Infatti, oggetto dell'imposta in parola la fabbricazione dell'olio di oliva; e tale atto economico sufficiente perch la sua imposizione corrtsponda al :principio della capacit ontributiva, nei sensi in cui si visto che essa debba intendersi quando si tratti di imposte indirette. La legge, in tal caso, individua e colpisce la capacit economica degli esercenti oleifici in quella sua particolare manifestazione, che l'attivit di fabbricazione dell'olio. Non rileva che, con il d.l. 9 novembre 1966, n. 912, convertito con modificazioni nella legge 23 dicembre 1966, n. 1143, lo Stato, sulla considerazione che i prezzi di mercato, nel settore dell'olio di oliva, sono inferiori ai costi di produzione, voluto venire incontro ai pro duttori, corrispondendo loro, per l'olio di oliva, una integrazione pari alla differenza tra il prezzo indicativo alla produzione e il prezzo in dicativo di mercato. Infatti, ben vero che la concessione di tale integrazione di .prezzo viene effettuata, oltre che in favore dei detentori di olive che per la molitura del prodotto fanno ricorso ai frantoi che lavorano per conto terzi, anche in favore dei fabbricanti in prGprio dell'olio; sicch, questi ultimi vengono, da una parte, quale esercenti di oleifici dove si pro duce .l'olio, ad essere tassati con l'imposta di fabbricazione di cui al l'art. 17 del d.l. del 1966, e, dall'altra, quali proprietari dell'olio c.os prodotto, ottengono provvidenze che vengono a compensarli dello squi librio dei prezzi di mercato rispetto a quelli superiori di produzione; ma ci non incide affatto su1la legittimit costituzionale dell'imposta di fabbricazione in parola, .perch l'integrazione del prezzo dell'olio -che lo Stato .corrisponde ai produttori -s'inquadra in quella poli tica che IO Stato, anche attraverso l'istituzione degli organismi di in tervento (A.I.M.A.), vuole attuare per la protezione del mercato nazio nale, nel settore dell'olio d'oliva, e, cio, per la tutela di tale settore oltr che dai concorrenti prodotti similari (quali gli olii di semi), an che dagli altri prodotti esteri; giacch, viene, proprio attraverso r pre detti interventi dello Stato, ancor pi rafforzata la redditivit del mer PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA cato nazionale dell'olio di oliva, ed appare fuor di luogo parlare d'imposta che prescinde dalla capacit contributiva. Si eccepita ancora l'illegittimit costituzionale della norma di <:ui all'art. 17 bis del d.l. 1966, n. 912, eonvertito con modifieazioni nella legge del 23 dieembre 1966, n. 1143, perch la regolamentazione. ehe in essa prevista in ordine al rimborso dell'imposta di fabbricazione in parola appare manifestamente in contrasto con la norma dell'articolo 3 della Costituzione. A ta.i proposito, va anzitutto osservato che, intanto pu ess.ere, nel corso di un giudizio, proposta la questione sulla costituzionalit di una determinata legge, in quanto in esso si discuta proprio di quelLa disposizione legislativa, si che la legittimit costituzionale si appalesi rilevante ai fini del decidere. Nel easo, poieh la norma ehe, con la predetta eccezione, viene imputata di incostituzionalit, queILa che disctplina il diritto e le modalit di rimborso dell'imposta di fabbric~zione (art. 17 bis d.l. numero 912 del 1966, convertito con modificazioni nella legge n. 1143 del 1966), ed invece l'oggetto del presente giudizio non riguarda il rimborso di detta imposta, ma concerne esclusivamente la questione se al pagamento di essa il Ventre sia o meno tenuto, non pu negarsi l'irrilevanza, ai fini del decidere, della questione sulla incostituzionalit o meno della regolamentazione del diritto al rimborso dell'imposta di :fabbricazione, cosi come stabilita dalla eitata norma di eui all'articolo 17 bis. Ci preclude ogni esame della eccezione. Ma, a~che a volerla esaminare, ci si accorge che essa manifesta mente infondata. Infatti, ben ver:o che, iai sensi dell'art. 19 del predetto d.l., l'im posta in questione colpisce esclusivamente gli eserc'enti gli oleifici nei quali si ottiene olio di oliva, sicch, soggetto passivo di essa sono esclu sivamente i molitori delle olive sia per conto proprio che per conto terzi; ed ben vero, altresi che, mentre in favore dei suddetti fab bricanti di oli di oliva per conto proprio, .prevista, ai sensi dell'arti colo 17 bis, la restituzione della imposta di fabbricazione da essi pa gata, attraverso una maggiorazione dei prezzi, stabiliti dalla comu nit economica europea, nella misura fissa di L. 14 per Kg., pari alla misura di detta imposta, nella fase di eonsegna dell'olio 1prodotto agli organismi di interve-nto, tale rimborso, invece, non previsto per i fabbricanti di olio per conto terzi. Ma ci non importa contrasto dell'art. 17 bis del d.l. 9 novembre 1966, n. 912, eonvertito con modificazione nella legge n. 1143 del 1966, con la norma dell'art. 3 della Costituzione, perch nessuna violazione del principio di eguaglianza deriva dalla predetta norma. 1250 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Infatti, noto che il principio di eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, enunciato dall'art. 3 della Costituzione, assicura ad ognuno eguaglianza di trattamento quando eguali siano le condizioni oggettive e soggettive alle quali le norme giuridiche si riferiscono per la loro applicazione, ma non impedisce che il legislatore possa dettare norme diverse per regolare situazioni che esso ritiene diverse, adeguando, cosi, la disciplina giuridica agli svariati aspetti della vita economico-sociale. La valutazione delle diverse situazioni, ai fini dell'art. 3 della Costituzione, riservata al potere discrezionale del legislatore, ed sottratta al giudizio di legittimit costituzionale. , questo, insegnamento ormai pacifico della Corte Costituzionale. anche pacifico nella dottrina che, se oggetto diretto dell'imposta di fabbricazione la fabbricazione del prodotto, roggetto indiretto di essa, , attraverso il ben noto fenomeno della traslazione dell'imposta dal produttore al consumatore, in ultima analisi, quanto meno sul piano della politica tributaria, il consumo dei prodotti colpiti, s che le imposte in questione vengono in definitiva ad appartenere alla categoria delle imposte indirette sui consumi. Il soggetto passivo dell'imposta di fabbricazione -che sul piano giuridico , come sappiamo, il fabbricante, e cio colui nella cui azienda viene .prodotto il bene colpito dall'imposta, appunto per la maggiore facilit di accertamento in confronto dell'accertamento presso migliaia di minuti consuma.tori all'atto del con.sumo -trasferir J.'iimposta sul consumatore attraverso il fenomeno economico cosidetto della traslazione dell'imposta dal produttore al consumatore, scaricando, cos, l'imposta su quest'ultimo. Il contribuente di diritto, cos, viene a rimborsarsi dell'imposta pagata a carico del contribuente de f0;cto. Tale fenomeno si verifica, appunto, nel caso in cui l'imposta di fabbricazione viene pagata dai fabbricanti di olio per conto terzi. Infatti, essi, attraverso la maggiorazione del prezzo di ogni moli tura di oliva effettuata, riverseranno l'intero importo dell'imposta di fabbricazione sui vari detentori delle partite di olive molite. , appU!lto, .in conseguenza di ci, che il legislatore non ha preso in considerazione, agli effetti della restituzione dell'imposta anche i gestori dei frantoi che lavorano per conto terzi. Questi attraverso il fenomeno della traslazione, di cui dianzi si parlato, ottengono a carico dei vari consumatori il rimborso dell'im posta, cos non , invece, per i produttori di olio per conto proprio; e, perci, valutando tali diverse situazioni con quel potere discrezionale che ad esso riservato, il legislatore ha ritenuto di prendere in .con siderazione, agli effetti della restituzione dell'imposta da parte dello PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1251 Stato, solo i secondi, e cio, i produttori per conto proprio, e non primi. Non dunque violazione del principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, ma diverso trattamento conseguente a diverse situazioni, la cui valutazione, per la sua discrezionalit, sottratta al giudizio di legittimit costituzionale. E n il legislatore :pu essere .tacciato di incostituzionalit per aver esso previsto il rimborso della imposta in favore dei soli produttori di olio in proprio che consegnino l'olio agli organismi di intervento. A parere del collegio; infatti, anche tale regolamentazione del diritto al rimborso che -come si argomenta dal secondo comma dell'art. 17,bis -fa dipendere, rispetto alla stessa categoria di produttori, il rimborso dell'imposta dall'avvenuta consegna dell'olio agli organismi di intervento, escludendolo nei confronti di coloro che quella consegna non abbiano fatto, non costituisce violazione del principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, perch, come gi si rilevato, tale norma assicura ad ognuno eguaglianza di .trattamento quando eguali siano le condizioni oggettive e soggettive alle quali le norme giuridiche si riferiscono per la loro applicazione; s che essa non viene violata, quando, come nel caso, si sia prevista la possibilit del rimborso dell'imposta solo nella fase di consegna dell'olio da parte dei produttori in proprio agli organismi di intervento. Il predetto principio di eguaglianza non impedisce che i.I legislatore possa dettare norme diverse per regolare situazioni che esso, nella sua valutazipne discrezionale, ritiene diverse, per la possibilit che ha il 1produttore di olio proprio, che non consegni l'olio, di alienarlo sul mercato libero ad un prezzo renumerativo anche dell'imposta di fabbricazione pagata. Per le suesposte considerazioni, le sollevate questioni di illegittimit costituzionale delle norme di cui all'artt. 17 bis e 19 del d.l. 9 novembre 1966, n. 912, convertito con modificazioni nella legge 23 dicembre 1966, n. 1143, sono manifestamente infondate. -(Omissis). SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 maggio 1971, n. 1534 -Pres. Scarpello -Est. De Santis -P. M. Tavolaro (conf.) -Comune di Adrano ed altri (avv. Sangiorgi). c. Ministero LL.PP. e Assessorato LL.PP. Regione Siciliana (.avv. Stato Del Greco) e Consorzio di miglioramento fondiario 'Serra e Proviti (avv. Ferlito). Acque pubbliche ed elettricit -Acque pubbliche e private -Iscrizione in elenco di acqua pubblica -Natura dichiarativa -Sussiste Carattere espropriativo del provvedimento -Esclusione -Incostituzionalit dell'art. 1 t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775, in rapporto all'art. 42 Cost. -Esclusione. (Cost. art. 42; t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775 ,art. 1; e.e. art. 909). La determinazione di includere un'acqua n~ll'elenco di quelle pubbliche un atto privo di contenuto negoziale, che si sostanzia nell'ac Certamento delle condizioni, ricorrendo le quali l'acqua acquista la na1Jura di bene pubblico. Tale accertamento pu, quindi, sempre esser fatto, quale che sia stato il precedente comportamento deU'Amministrazione a riguardo, e non d luogo ad alcuna espropriazione indennizzabile, poich gli eventual.i diritti dominicaLi dei privatli sulle acque esistenti nei lol/"0 fondi sono caratterizzati, nella loro stessa essenza, dal fatto di essere destinati dall'ordinamento a venir meno e dissolversi, quando le acque acquistino attitudine ad uso di pubblico, generale interesse (1). (1) Trattasi, infatti, secondo la sentenza in rassegna, di beni, per i quali il diritt-0 di propriet del privato previsto dall'ordinamento con riserva del soddisfacimento di interessi generali. Il verificarsi dell'attitudine dell'acqua ad uso pubblico generale fa venir meno il diritto e l'acqua acquisita al demanio a titolo originario. Nessun contrasto dell'art. 1 t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775 s;ussiste, adunque, con l'art. 42 Cost., laddove esso non prevede alcuna indennit per il privato a cui il bene cessi ai appartenere, trattandosi di un modo di essere, di un limite, che ineriscono alla stessa struttura del diritto, caratterizzandolo nella sua giuridica essenza (cfr. Corte Cost., 20 gennaio 1966, n. 6, in Giur. Cost., 1966, 72 e segg., con nota di LUBRANO ed in questa Rassegna, .1966, I, 15; 9 marzo 1967, n. 20, in Giur. Cost. cit., 1967, 139 e segg., con nota di BAL PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1253 (Omissis). -Con il primo mezzo di annullamento i ricorrenti denunziano la violazione delle disposizioni (non meglio precisate) del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1175 e del regolamento 14 agosto 1920, n. 1285, sostenendo che, accolte dall'Amministrazione Pubblica, con il decreto del 1938, le opposizioni allo schema di elenco delle acque pubbliche e riconosciuta conseguentemente la natura privatistica della maggior parte delle acque oggetto della presente contesa, non si sarebbero potute includere le stesse acque in un nuovo elenco suppletivo di acque pubbliche senza che fossero intervenute nella situazione tali modificazioni da legittimare la nuova valutazione. La situazione era rimasta invece immutata, 'poich non vi era stata modificazione di sorta nella portata delle acque, nelle modalit di irrigazione ed in genere di utilizzazione delle acque stesse, .nelle colture della zona ed infine nei rapporti con le altre acque. I ricorrenti aggiungono che lo stesso Tribunale superiore, dopo aver affermato il pr.incipio della revocabilit degli atti amministrativi in base a nuovi elementi sopraggiunti, non si sia dato carico di indicare quali fossero gli elementi idonei a giustificare fa nuova valutazione, elementi che, del resto, nella realt non sussistevano. Si osserva innanzi tutto che le censure del motivo in esame non riguardano le acque dei pozzi Zizzulli e Roccazzello (per le quali agi scono in giudizio, sostenendone l'appartenenza ad essi e la natura pri vatistica, il Comune di .Adrano -per il pozzo Zizzulli -i Sanfilippo e consorti'. in lite -per il pozzo Roccazzello -). Tali acque non erano state incluse nel precedente schema; per esse conseguentemente non vi fu da parte dell'Amministrazione Pub blica la determinazione di non includerJ.e nell'elenco .di acque pub bliche (quarto suppletivo), determinazione che, ad avviso dei ricor renti, per le altre acque sarebbe di ostacolo alla dichiarazione di demanialit. Le censure di detto motivo sono, comunque, prive di fondamento. DASSARRE, nonch in questa Rassegna, 1967, I, 193; v. anche, per interessanti considerazi<>ni, sent. 22 giugno 1971, n. 133, Sentenze e ordinanze della Corte Costituzionale, 1971, 420 e segg.). , perci, altrettanto comprensibile, secondo la Corte di Cassazione, come l'avocazione alla mano pubblica del bene, per effetto dei verificarsi delle condizioni che gli attribuiscono natura demaniale, non legittimi il proprietario del fondo, che le abbia .scoperte e valorizzate, neppure a pretendere ur indennizzo per tale titolo, risultando del tutto irrilevante, secondo il sistema della legge, il modo in cui l'attitudine ad usi di pubblico, generale interesse sia stata acquisita dall'acqua; di guisa che le eventuali benemerenze, in proposito, dei privati possono trovare riconoscimento solo in sede amministrativa ai fini delle concessioni ex art. 4 t.u. 1933, n. 1775 (cfr. Cass., Sez. Un., 24 gennaio ~ 1952, n. 217, Foro it., Mass., 1952, 51). 1254 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Esse, a ben vedere, muovono dal presupposto che l'iscrizione delle precedente atto, con cui si sarebbe riconosciuta la natura privatistica di Catania comporti la revoca di un precedente atto amministrativo di contenuto diverso e contrastante. Su questa base i ricorrenti sostengono invero che la revoca del precedente atto, con cui si sarebbe riconosciutt la natura privatistica delle acque in questione, non avrebbe potuto essere disposta se non per la sopravvenienza di circostanze idonee ad attribuire alle acque stesse l'attitudine ad usi di pubblico generale interesse, precedentemente esclusa. Orbene, il presupposto anzidetto mancaV>a completamente nella specie, non essendovi alcun atto amministrativo, che, costituendo ostacolo all'iscrizione nell'elenco delle acque pubbllche, dovesse essere previamente annullato o revocato per potersi far luogo all'iscrizione stessa. Vi era stata infatti solo la ml::!ncata iscrizione delle sorgenti in questione nell'elenco di acque pubbliche, cosa che non impediva in qualsiasi momento l'accertamento dell'attitudine delle acque ad usi di pubblico e generale interesse, anche in base a mutata concezione di questo. N aveva alcuna importanza il fatto che la omessa iscrizione delle sorgenti in questione in un precedente elenco di acque pubbliche fo.sse conseguita ai reclami degli interessati contro un atto meramente pre paratorio (lo schema del quarto elenco suppletivo), che, in vista della formazione dell'elenco medesimo, prevedeva l'iscrizione in esso delle dette sorgenti. Quei reclami, anche a causa della natura dell'atto contro cui erano diretti, avevano .il eontenuto di semplici rimostranze e su di essi l'au torit adita non era neppure tenuta a provvedere, come esattamente la sentenza impugnata ha messo in evidenw. Perci la mancata iscri zione delle sorgenti esprime pur sempre la sola rinuncia dell'Ammi nistrazione all'inclusione di quell'acqua nel previsto elenco, non la risoluzione di una controversia insorta nell'ambito dell'ordinamento amministrativo tra lAmministrazione ed il privato cittadino eirca la natura dell'acqua. La situazione dete:mninatasi non divergeva quindi da quella re lativa ad acque per le quali .l'iscrizione negli elenchi delle acque pub bliche non era mai venuta in discussione, non avendone l'Ammini strazione Pubblica rilevata l'attitudine ad usi pubblici. Tale situazione, poi, come si gi accennato, non di ostacolo al successivo accertamento, in un qualsiasi tempo, dell'attitudine sud detta, originaria o acquisita, ed alla conseguente iscrizione nell'elenco delle acque pubbliche. L'iscrizione in parola non ha infatti valore co stitutivo, in quanto che la demanialit delle acque non deriva da essa,. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1255 ma dal semplice ricorso delle condizioni stabilite dalla legge, di cui l'Amministrazione si limita ad accertare l'esistenza, cosa, che, giova ribadirlo, pu sempre fare, quale che sia stato il suo precedente comportamento, anche in base a nuovi criteri di valutazione dell'interesse generale. Nulla di diverso, contrariamente a ci che J ricorrenti mostrano di intendere, stato affermato nella sentenza impugnata. Il Tribunale superiore ha invero rilevato che nella materia in esame lo stesso giudicato ha efficacia solo rebus sic stantibus, sicch, mutate le conditioni ehe ne costituiscono il presupposto, la stessa decisione giudiziale rpu essere riveduta e modificata. Da ci ha argomentato che a fortiori, quando un giudicato man Chi, sia possibile procedere, in ogni momento, a nuova valutazione delle condizioni per la dichiarazione di demanialit di un'acqua; ma non ha affatto aggiunto. che questa nuova valutazione sia .possibile solo in presenza di sostanziali mutamenti della precedente situazione. Anzi il Tribunale superiore ha espressamente manifestato di intendere cosa diversa, quando ha detto che l'iscrizione nell'elenco delle acque pubbl~che non richiede una formale revoca dell'atto con il quale in precedenza sia stata eventualmente ritenuta la natura privata dell'acqua. Con il terzo mezzo di annullamento, che riconnettendosi al primo deve essere esaminato con precedenza sul secondo, si denunzia altra violazione della legge sulle acque pubbUche, sostenendosi che le stesse argomentazioni svolte dalla sentenza .iimpugnata escludono J.a possibi lit o la convenienza di un mutamento di regime delle acque, l dove posto in rilievo che esse sono tutte utilizzate per usi privati. Anche questo motivo deve essere respinto. Con esso si pone evidentemente in discussione la valutazione del l'attitudine delle acque in questione ad usi di pubblico, generale in teresse, valutazione che attiene al merito e che si sottrae pertanto al sindacato di legittimit esercitabile in questa sede. Invero il Tribunale superiore, con motivazione congrua e corretta, ha chiarito che le acque in questione, per la loro notevole portata, sia considerate singolarmente, sia considerate nel loro complesso e cio nell'ambito di un sistema idrografico, si appalesano idonee a soddi sfare, come in realt soddisfano, interessi pubblici generali, partico larmente quelli inerenti all'irrigazione di notevoli estensioni di terreni coltivati ad agrumeti. appena il caso di aggiungere che l'attitudine aH'uso di pubblico generale interesse non esclusa, poich non contrasta con essa, dalla circostanza che le acque siano state completamente utilizzate da pri va.ti sino alla inclusione nell'elenco delle acque pubbliche, specie quando 1256 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO questo uso, come per J.'.irrigazione, sia corrispondente a quello di interesse generale. N d'altra parte pu costituire ostacolo alla dichiarazione di demanialit il fatto, su cui la difesa dei ricorrenti si lungamente soffermata, che le acque in questione sono state trovate nel sottosuolo, mediante l'escavazi01;1e dei pozzi, o, comunque, sono state valorizzate solo per l'industre opera dei proprietari dei fondi. Come queste Sezioni Unite ebbero gi altra volta a decidere (sentenza n. 217 del 1952), riconosciutosi nelle acque in questione, sia per la loro portata sia per il sistema idrografico al quale appartengono, l'elemento caratteristico della demanialit, costituito dall'attitudine ad usi di pubblico generale interesse, risulta del tutto irrilevante, secondo il tistema della legge, il modo in cui tale attitudine sia stata acquisita, e le eventuali benemerenze in proposito dei privati .possono trovare riconoscimento solo in sede amministrativa, ed ai fini delle concessioni ex art. 4 del t.u., non lasciando nel loro patrimonio beni, che, a norma di legge, non ne fanno pi parte. Con il secondo motivo di ricorso il Comune di Adrano eq i suoi consorti in lite ripropongono l'eccezione di illegittimit costituzionale della norma contenuta nell'art. 1 del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775 in base alla quale definit acqua pubblica non solo l'acqua che abbia ma anche quella che acquisti attitudine ad usi .di pubblico generale interesse. Si sostiene dai ricorrenti che tale norma, prevedendo l'attribu zione al demanio, per effetto dell'acquisizione dell'attitudine di cui sopra, di acqua sino a quel momento di propriet privata, contrasti con J.'art. 42 della Costituzione. Questa consente, infatti, di sacrificare gli interessi particolari del privato a quelli generali della collettivit, mediante espropriazione della propriet privata, ma fa salvo il diritto all'indennizzo, che non invece previsto dalla legge sulle acque. L'eccezione, la cui rilevanza risulta chiara in conseguenza del rigetto degli altri mezzi di annullamento, si appalesa per manifesta mente infondata e deve essere quindi disattesa. Nell'iscrizione di un'acqua in un elenco di acqua pubbliche non si pu innanzi tutto ravvisare un provvedimento amministrativo in virt del quale si operi un coattivo trasferimento del bene dal pri~ vato alla Pubblica Amministrazione. Emerge in gran parte gi da quanto si detto a proposito del primo mezzo di annullamento, ma opportuno qui ancora ribadire, che la determinazione di includere un'acqua nell'elenco di quelle pub bliche non integra addirittura un atto di volizione dell'Amministra zione, un atto cio privo di contenuto neg.oziale, che si 'sostanzia nell'accertamento delle condizioni, ricorrendo le quali l'acqua ha .. O acquista, senza bisogno di altro, la natura di bene pubblico. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1257 Il verificarsi di queste condizioni, dunque, e non un atto autoritativo dell'Amministrazione determina il venir meno del diritto del privato sul bene e l'acquisizione di esso al demanio, ,tenuto conto che in materia di acque i concetti di pubblicit e di demanialit si identificano. L'acquisizione delle acque pubbliche al demanio ha pertanto luogo a titolo originario e non derivativo. Escluso che, nella predetta situazione, sia configurabile un'espropriazione in senso stretto, non pu .peraltro negarsi che si in pre' senza di un'avocazione alla mano pubblica .del bene, che, contemporaneamente, cessa di appartenere al privato, cio di una sorta di espropriazione del bene intesa' in senso lato, in cui non si "opera un trasferimento coattivo, ma la perdita del diritto dominicale sul bene da parte del privato ha luogo per effetto del verificarsi delle condizioni che attribuiscono natura pubblica al bene stesso. Tuttavia ci non comporta illegittimit costituzionale della norma che non prevede indennizzo per la privazione subita da chi era sino a quel momento titolare di diritti sul bene entrato a far parte del demanio statale. 1 L'avocazione allo Stato, nella specie, , invero, inerente al regime generale della categoria dei b~ni in questione, che per loro intrinseca natura sono di interesse pubblico e dei quali la legge consente l'ap partenenza ai privati solo in quanto essi non abbiano attitudine ad usi pubblici generali, riservandoli al soddisfacimento degli interessi pubblici nel momento in cui acquistino tale attitudine. In altri termini, deve ritenersi che anche quando le acque appar teng,Q_no a priva.ti, esse, in dipendenza della loro natura e della fun zione loro impressa dall'ordin,amento, stiano, nel patrimonio dei sog getti a cui spettano, non illimitatamente n incondizionatamente, poi ch, invece, in base alle norme dell'ordinamento, la stessa appartenenza . al privato destinata a venir meno, nel momento in cui le acque acqistino attitudine ad usi di ipubblico generale interesse. Si tratta pi ehe di un limite, di un modo di essere del diritto del. privato sulle acque, che, lungi dal contrastare, in piena aderenza al precetto della Costituzione, che riconosce e garantisce la propriet privata, ma vuole che sia anche assicurata la funzione sociale di essa e demanda alla legge di disciplinare la propriet, e cio di regolare il regime di appartenenza e di godimento delle singole categorie di beni (art. 42, comma secondo). noto che, proprio a ragione di quanto innanzi esposto, larga men~e diffuso il dubbio, se a proposito di acque sia configurabile un vero e proprio diritto di propriet, dubbio che molti fondano anche sulla lettera delle disposizioni contenute al riguardo nel codice civile. Questo parla, infatti, di acque pubbliche e di altre, a cui tale qua1ifi-~ cazione non attribuisce, senza definirle, per, acque private, e, nel RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1258 l'art. 909, dice spettare al proprietario del suolo il diritto di utilizzare le acque in esso esistenti. Si pertanto ritenuto, e si ritiene ancora da una notevole parte della dottrina, che la distinzione tra acque pubbliche e private sia riferibile al godimento e non alla .propriet di esse. Tuttavia non necessario negare in radice la stessa possibilit che vi siano acque di appartenenza privata, per .poter affermare che il diritto del privato destinato a venir meno quando le acque acquistino attitudine ad usi di .pubblico generale interesse. Ci deriva, invece, come si gi accennato, dal regime di appartenenza e di godimento di quella categoria di beni, per la funzione che sono destinati ad adempiere. D'altra parte on:nai comunemente ammesso che il concetto giuridico della propriet non rigorosamente unitario, poich piuttosto che un unico diritto di propriet sono in realt previsti e disciplinati dal nostro ordinamento diverse specie di propriet, secondo Ja diversa natura e funzione dei beni che ne costituiscono oggetto. Per le acque il diritto di propriet non .previsto 'se non con i limiti e le riserve di cui si innanzi parlato. da: aggiungere che la Corte Costituzionale ebbe gi ad affermare (sent. n. 6 del 20 gennaio 1966, richiamata in varie altre successive) che la legge pu non disporre indennizzi quando i modi ed i limiti che essa segna... .attengano al regime di appartenenza o ai modi di godimento dei beni in generale o di intere categorie di beni, ovvero quando essa regoli la situazione che i beni stessi abbiano rispetto a beni o interessi de1la Pubblica Amministrazione . Ed ulteriormente chiarendo il suo pensiero, nella sent. n. 20 del 9 marzo 1967, la Corte suddetta rilev che non illegittima la norma che d la possibilit di imporre alla propriet privata un limite, senza prevedere indennizzo, se il limite gi ineriva nella struttura del di ritto, comunque esso si qualificasse, caratterizzandolo nella sua giuri dica essenza. I diritti dominicali dei privati sulle acque esistenti nei loro fondi sono caratterizzati nella loro stessa essenza dal fatto che essi sono destinati a venir meno e dissolversi quando le acque acquistino at titudine ad usi pubblici generali. Il verificarsi di tale condizione incide perci sul diritto del .pri vato solo in quanto attiva una riserva del bene al soddisfacimento di interessi generali, a cui esso gi sottostava. Le precedenti considerazioni valgono anche a dimostrare la inconsistenza dei rilievi dei ricorrenti, i quali ricordano, richiamando anche copiosa giurisprudenza eostituzionale, che debbono essere considerati di carattere espropriativo, s da non poter essere adottati senza indennizzo, anche gli atti che pur non disponendo una traslazione totale o PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1259 parziale di diritti, impongano limitazioni tali da svuotare di contenuto il diritto di propriet. Che questi casi non presentino alcuna pur lontana affinit con quello della presente causa;' che pertanto neppure sotto il nuovo aspetto si possa ;profilare l'illegittimit costituzionale della norma in questione, tanto palese da non meritare lunga dimostrazione. Al Comune di Adrano ed agli altri ricorrenti, come ad ogni privato che subisca perdita di diritti, per effetto della riconosciuta demanialit delle acque gi di loro appartene.nza, non resta un diritto di propriet svuotato di contenuto pratico, giacch, come si visto, il loro diritto sulle acquei comunque qualificato, totalmento venuto meno. Ma tale ablazione non derivata da atto espropriativo, bensi stabilita dalla legge per ragioni, in vista delle quali, come si gi detto, la legge stessa pu non disporre indennizzi, come in effetti non ne dispone l'art. 1 del t.u. n. 1775 del 1933. Il ricorso, infondato in ogni sua parte, deve essere perci rigettato. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 giugno 1971, n. 1885 -Pres. Giannattasio -Est. Pascasio -P. M. Trotta (conf.) -Impresa Rancilio (avv. Nicol) c. Ministero dei Trasporti (avv. Stato Barsi). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Ritardo dell'appaltatore nella esecuzione dell'opera -Esecuzione d'ufficio -Accertamento della ne~li~enza dell'appaltatore -Insindacabilit in Cassazione Sussiste. (I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, art. 341; e.e., artt. 1218, 1256; e.p.e., art. 360). La valutazione eseguita per affermare l'inadempimento colpevole deU'appaltatore, che abbia dato Z.uogo ad esecuzione di ufficio da parte dell'Amministrazione committente, costituisce apprezzamento di fatto, insindacabile in Cassazione (1). (1) Cfr., in generale, Cass., 7 gennaio 1970, n. 44, Giur. it., Mass., 1970, 20. Per l'esclusione della possibilit che l'appaltatore di opera pubblica invochi legittimamente l'exceptio inadimplieti contractus, per cessare di sua iniziativa le prestazioni dovute all'ente appaltante, v. Cass., 11 novembre 1970, n. 2349, ibidem, 934. 22 . ! RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1260 (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso, denunciando la violazione degli artt. 4 e 337 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, 1453 e 1256 e.e. e dei principi comuni in tema di esecuzione degli appalti pubblici e di adempimento delle obbligazioni dello Stato, ir relazione all'art. 360, n. 3 e 5, c.p.c., il ricorrente lamenta che la Corte di merito, con motivazione insufficiente, contraddittoria e addirittura mancante, avrebbe omesso di considerare che l'Impresa si era trovata nell'impossibilit di adempiere per causa di forza maggiore e per comportamento co.lposo del!' Amministrazione. Al riguardo da rilevare anzitutto che il ricorrente non precisa perch sarebbero state violate le norme della legge del 1865 sui lavori pubblici, n indica quali siano i principi comuni che del pari sarebbero stati violati. Una simile censura, quindi, per la sua indeterminatezza,. non pu essere presa in esame. L'altra censura, poi, si appalesa infondata, sotto entrambi i pro spettati profili. La Corte d'Appello, infatti, ha rilevato essere dato di fatto, certo, perch non contestato n contestabile, che, alla data del 3 dicembre 1947, quando venne emanato il decreto di estromissione dell'Impresa Rancilio dei lavori ad essa appaltati, era gi da lungo tempo scaduto il termine di 220 giorni contrattualmente stabilito per l'esecuzione dell'opera intera. L'imponenza del ritardo, protratto ;per oltre 200 giorni dalla scadenza del termine anzidetto, e la minima entit delle opere :risultate eseguite hanno convinto la Corte dell'assoluta inido neit di questa al compimento dell'opera prevista dal contratto e della piena giustificazione del provvedimento di estromissione. Peraltro, il Rancilio aveva dedotto a propria giustificazione varie ragioni che nell'impugnata sentenza sono singolarmente e compiutamente esaminate al fine di escludere la dedotta impossibilit di adempiere da parte dell'impresa. In particolar mc:ido, risulta esaminata la I . I piena del fiume Sesia, verificatasi il 26 settembre 1947, ritenuta per n eccezionale n imprevedibile n assolutamente impeditiva delJ.'eseI cuzione dell'opera, che, secondo un criterio di normale previsione, avrebbe gi a quel tempo potuto essere eseguita, quanto meno in gran parte, essendo allora g~ decorsi ben 135 giorni dall'inizio dell'opera. Quanto al dedotto comportamento colposo da parte dell'Amministrazione, i singoli fatti in cui tale comportamento si sarebbe estrinsecato sono del pari esaminati analiticamente dalla Corte di Appello al flne di escludere ogni apprezzabile incidenza dei medesimi sull'enorme ritardo frapposto dal Rancilio nell'esecuzione dell'opera, che,. dopo 430 giorni dal suo inizio, ossia dopo la decorrenza di un termine PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA Dl ACQUE, APPALTI ECC. 1261 quasi doppio di quello contrattuale, era stata eseguita soltanto in minima parte (appena 1'8 % ). Un simile ritardo, .come eccedente ogni ragionevole limite di tolleranza, costituisce apprezzamento discrezionale del giudice del merito, cosi come la valutazione eseguita per affermare l'inadempimento colpevole costituisce apprezzamento di fatto che si sottrae al sindacato di sola legittimit demandato a questa Corte Suprema. Consegue che il ricorso deve essere rigettato. -(Omissis). CORTE DI APPELLO DI ROMA, Sez. I, 29 maggio 1971, n. 1095 - Pres. Bonomo -Est. Venditti -Ministero LL. PP. (avv. Stato Del Greco) C. Impresa Farsura (avv. Zammit, Samperi, Pallottino). Appalto -Appalto di opere pubbliche - Jus variandi dell'Amministrazione committente in ordine alle singole categorie di lavoro Limiti. (e.e. art. 1161; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 106.3, art. 13). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Pretese dell'appaltatore a maggiori compensi o a indennizzi -Onere dell'immediata riserva Sussiste -Portata generale del principio e sua applicabilit anche ai casi di divergenze interpretative del contratto collegate con l'insorgenza di fatti nuovi -Sussiste -Momento di operativit dell'onere in caso di fatto continuativo. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, artt. 343, 345, 346, 364; r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 11, 16, 20, 21, 22, 23, 36, 37, 53, 54, 58, 64, 85, 89, 107; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, artt. 26 e 42). Anche nel contratto di appaito di opera pubblica va tutelato l'interesse deli'app(J.ltatore di non veder sovvertite le quantit delle singole ,categorie di lavoro, in modo che, pur restando immodificato l'importo complessivo deli'applto, ne restino essenzialmente alterati il calcolo ponderale dei prezzi diversamente remunerativi concernenti le varie categorie e, quindJi, le previsioni e le valutazioni, da cui, sulla scorta dei dati del progetto, l'appaitatore stato indotto a presentare la propria offerta (1). Dalle norme de r.d. 25 maggio 1895, n. 350 sulla direzione, contabilit e coUaudo delle opere pubbliche pu agevolmente ricavarsi (1) Sullo jus variandi in genere della P. A. v. art. 344 I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F; art. 11 r. d. 18 novembre 1923, n. 2440 e art. 120 r. d. 23 maggio .1924, n. 827, relativi, per, alle variazioni in aumento o in diminuzione rispetto al quinto del prezzo di appalto (v. art. 14 d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063). La materia delle variazioni delle quan-tit dee varie specie di opere , ossia delle singole categorie di lavoro, 1262 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il principio di oTdine genemle, secondo cui, peT tutte le partite iscritte in contabilitd, incombe all'appaltatore l'oneJ'e di immediata denuncia di qualsiasi fatto generatore di maggio'l'e spesa, per l'inderogabile tutela deil'interesse della P. A. ad essere tempestivamente informata di tutte le pretese dell'appaltatore atte a turbare l'equilibrio economico del contratto, con ripercussioni incidenti su altri sevtori e, quindi, sulla realizzazione di altri programmi di pubblica utilitd. N l'esigenza anzidetta pu dirsi inesistente, qualora la pretesa tragga causa da divergenze d'interpretazione del contratto, se l'appaltavore assuma l'insorgenza di un fatto nuovo (quale, ad esempio, la sorpresa geologica), il quale va subito denunciato, per mettere in grado l'Amministrazione di effettuare tempestivi accertamenti, ovvero qualora si tratti di fatti continuativi . In quest'ultima ipotesi, l'onere della denuncia diviene operante nel momento in cui (a parte sempre la necessitd dell'accertamento) si renda manifesta la riLevanza causale del fatto .dannoso, secondo una valutazione da condurre con media dUigenza e buona fede (2). (Omissis). -Esaminando la domanda dell'impresa, articolata attraverso i quesiti formulati in sede arbitrale e riproposti in questa sede, si osserva che in primo luogo viene domandato un compenso in dipendenza della sostanziale variazione delle opere di sbocco sul lago di Garda (quesito 1, riserva 3"). -, comunque, attualmente, disciplinata dall'art. 13, pen. comma d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063 e tale disciplina si sovrappone, ovviamente, a quella dell'art. 1661, cpv., e.e. Per un'ipotesi di ritenuta nullit di una clausola che attribuisca all'Amministrazione appaltante il diritto di variare in qualunque misura le quantit previste per le singole categorie di lavoro v. lodo 8 luglio 1970, n. 64 (Roma), in questa Rassegna, 1970, I, 1179, sub 5. (2) Cfr. Corte App. Roma, 19 aprile 1966, n. 666, in questa Rassegna, 1966, I, 712; 28 settembre 1968, n. 2301, id., 1968, I, 1110; 30 novembre 1968, n. 2790, ivi, 1111; 23 gennaio 1969, n. 113, id., 1969, I, 350; 29 marzo 1969, n. 712, Arb. app., 1970, 229 segg. (nella motiv.); 6 maggio 1969, n. 1053, in questa Rassegna, 1970, I, 997, sub 2; Cass., 29 dicembre 1969, n. 4046, id. 1970, I, 482 (ed ivi nota) e 1178; sul duplice criterio informatore del sistema della riserva, e cio il criterio della coordinazione documentale tra accertamento della situazione dannosa e denuncia e quello della immediatezza temporale della denuncia medesima traducentesi per l'appaltatore nell'onere di formulare le proprie riserve in occasione della prima sottoscrizione del registro di contabilit successiva al rilevamento del fatto che le d causa., v. lodo, 17 marzo 1967, n. 18 (Roma), in questa Rassegna, 1967, I, 328 (nella motiv.). Sull'ultima parte della massima in rassegna, v., infine, Cass., 30 giugno 1969, n. 2393, in questa Rassegna, 1969, I, 578, su,b 2, relativamente alla quale v. anche nota, ivi, 1189 e segg., con rilievi e considerazioni sul c. d. fatto continuativo e l'onere dlla riserva. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1263 Si deduce, in sostanza, che il progetto originario dell'appalto aveva previsto, per l'opera di sbocco sul lago, la costruzione di una tur~ impermeabile che avrebbe permesso l'esecuzione dello scavo a quota 65 sotto il livello dell'acqua. Le relative partite di lavoro avrebbero arrecato un preventivato profitto di lire 99.621.000, da utilizzarsi per compensare gli oneri dello scavo in galleria previsto in contratto e per ridurre J.'offerta nella misura minima da consentire l'aggiudicazione dell'appalto. Senonch, a seguito di successive esperienze, fu elaborato un progetto di variante con la soppressione della tura e la riduzione dello scavo all'aperto, privando cosi l'impresa della maggior parte di quel compenso, e precisamente di lire 85.733.000, delle quali aveva appunto chiesto il pagamento con la ri~erva terza. Si controdedotto dall'Amministrazione il legittimo esercizio dello ius variandi ai sensi degli artt. 17 e 19 del Capitolato generale del 1895, per essere stati rispettati cosi il J.imite qualitativo (essendosi mantenuta la variante nell'ambito dell'opera contrattualmente convenuta), che il limite quantitativo (non essendo stato superato il quinto dell'importo del contratto). Si altresi aggiunto che, nel merito, non era stato dimostrato il maggior onere subito. Quanto aa prima eccezione, osserva il Collegio che la, facolt riservata alla direzione dei lavori di variare le disposizioni del progetto nei limiti dell'art. 19 del capitolato non ammissibile allorch le variazioni disposte, pur essendo contenute nei limiti di spesa sopraindicati, importino notevoli modificazioni della natura dell'opera e dei quantitativi nelle categorie di lavori previsti nel contratto (art. 1661, cpv., e.e.). Tale disposizione, infatti, alla quale poi si espressamente adeguato il nuovo Capitolato generale per i i,L.PP. del 1962 (art. 13), stata ritenuta applicabile anche agli appalti pubblici regolati dal precedente Capitolato, siccome diretta a soddisfare l'esigenza (nascente dal principio di corrispettivit che regge tutti i contratti) di tutelare l'interesse dell'appaltatore in quei casi in cui, ;pur non modificandosi l'importo complessivo dell'appalto, vengano sovvertite le quantit delle singole categorie di lavoro. Ipotesi che si verifica appunto allorquando l'entit dei mutamenti di quantit arrecati alle singole categorie di lavoro, e lo spostamento che ne derivato tra i quantitativi di esse, siano tali da alterare profondamente il calcolo ponderale dei prezzi diver-samente remunerativi concernenti le varie categorie, ossia le previsioni e le valutazioni da cui, sulla scorta dei dati del progetto, l'appaltatore stato indotto a presentare la propria offerta. Circa la misura del pregiudizio, stato accertato dai consulenti tecnici che il volume degli scavi in progetto da eseguire all'aperto allo sbocco di Torbole al di sotto della quota 65 era di mc. 33.231. A seguito della variante, invece, lo scavo fu limitato a soli mc. 3.087, con una differenza in meno, quipdi, di mc. 30.144 (pari al 92,9 %). \ 1264 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Rilevata la particolare remunerativit del J.avoro soppresso, i consulenti, con accurate analisi e argomentazioni tecniche, condivise dalla Corte, sono pervenuti a stabilire in lire 58.867 .976 l'importo del mancato guadagno subito dall'impresa, in quanto dipendente dal sovvertimento nei calcoli ponderali della remunerativit delle categorie di lavoro interessate. La cifra cosi determinata, stante la sua natura di indennizzo, deve esser~ integrata dell'importo corrispondente all'applicato ribasso d'asta (pari al 31,19 % ) che concerne esclusivamente i corrispettivi contrattuali. Per uguale ragione non va, invece, applicato l'aumento del 10,29 % previsto per i lavori contrattuali, peraltro successivi all'atto di sottomissione 6 ottobre 1958 con il quale l'aumento stesso fu contemplato. Passando all'esame delle domande di cui agli altri quesiti innanzi indicati, va innanzitutto rilevato che esse fanno riferimento alle riserve in ordine alle quali sin dal giudizio arbitrale fu dall'Amministrazione dedotta la .tardivit, per essere state le riserve stesse formulate in violazione delle norme del Capitolato generale le quali disciplinano le modalit e i termini perch l'appaltatore faccia valere le sue pretese nei confronti dell'Amministrazione committente durante lo svolgimento del rapporto. In particolare, per quanto riguarda la riserva n. 6 (concernente il 3 quesito arbitrale) stato fatto presente che i lavori furono ulti mati tra la fine del 1957 e l'inizio del 1958; furono contabi.Jizzati il 1 febbraio 1958; l'impresa ha inserito la riserva solo alla chiusura della contabilit, il 18 agosto 1960. Analoghe considerazioni sono state svolte per la riserva n. 2 (anch'essa concernente il 3 quesito). Per la riserva n. 5 (corrispondente al quesito n. 5) si fatto no tare che la riserva - stata inserita nel registro di contabilit soltanto in occasione della 54 firma, in data 27 giugno 1959, cio tre anni e mezzo dopo che era stato redatto il verbale dei nuovi prezzi (2 di cembre 1955) dal quale la riserva stessa trae causa. Per J.a riserva n. 4 (quesito 4") si fatto rilevare che le categorie di lavoro riguardanti i rivestimenti cominciarono ad essere contabi lizza.te il 28 maggio 1955, e continuarono ad .essere iscritte per oltre quattro anni senza alcuna riserva da parte dell'impresa. Circa la prima riserva (quesito 2) si rilevato che la relativa iscrizione avvenuta soltanto il 18 agosto 1960, e dopo che le relative partite erano state contabilizzate per ben 65 volte senza che l'impresa eccepisse nulla al riguardo. Alle eccezioni cosi formulate di tardivit replica l'impresa de ducendo: 1), la preclusione dell'eccezione, per essere stata essa gi disat tesa da questa Corte con la sentenza non definitiva, con la quale fu PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1265 -ritenuto che la decadenza presuppone una contabilizzazione definitiva e regolare; e che la decadenza stessa esclusa se si tratti di riserve aventi origine in parte da interpretazione delle previsioni pattizie e in parte da dati di fatto valutabili sul mero piano tecnico o in base ad elementi non contestabili; 2) l'esclusione di ogni decadenza, trattandosi di riserve relative a partite che, traendo causa dall'accertata .sorpresa geologica e idrologica, non erano registrabili, ed erano di natura continuativa; 3) l,'irregolarit e provvisoriet della contab11it, in presenza -della quale non pu parlarsi di decadenza del diritto di far valere le riserve. Quanto alla prima deduzione, osserva il Collegio che l'eccepita preclusione non sussiste. Come chiaramente risulta dalla motivazione della sentenza non definitiva di questa Corte, nessuna indagine fu -compiuta n poteva essere compiuta, in quella sede rescindente, sulla riegolarit o meno della contabilizzazione, ma fu soltanto affermato in relazione alla sesta riserva (quesito 3) che ogni decadenza per intempestiva formulazione della riserva presuppone una contabilizzazione regolare, l'accertamento della quale non poteva essere compiuto che nella sede di merito. Ugualmente nessun effetto :preclusivo ;pu farsi scaturire dalla seconda proposizione, avendo anche a tale riguardo la sentenza non definitiva espressamente avvertito che in ogni caso il principio applicato in via di rincalzo nella sentenza arbitrale implicava un apprezzamento di merito sull'idoneit dei fatti registrati a sottrarsi all'esigenza del tempestivo accertamento da parte della stazione appaltante. E di ci si dir appresso. Circa la seconda deduzione va osservato che dalle norme del r.d. '25 maggio 1895, n. 350 sulla direzione, contabilit e collaudo delle opere pubbliche :pu agevolmente ricavarsi il principio d'ordine generale secondo cui, per tutte le partite iscritte in contabilit, incombe all'appaltatore l'onere di immediata denuncia di qualsiasi fatto generatore di maggiore .spesa, collegabile tale onere con l'inderogabilit dell'interesse della P. A. di essere tempestivamente informata di tutte le pretese dll'appaltatore atte a turbare l'equilibrio economico del eontratto con ripercussioni incidenti su altri settori, e quindi sulla l'lealizzazione di altri programmi di pubblica utilit. N l'esigenza anzidetta pu dirsi inesistente qualora la pretesa possa trarre causa da divergenze di interpretazione contrattuale se l'appaltatore assuma l'insorgenza di un fatto nuovo (quale, ad esempio, la sorpresa geologica) nel qual caso si rende necessario il tempestivo accertamento da parte della .stazione appaltante. E neppure 1pu dirsi inesistente se si assuma la continuit del fatto, perch anche in tal caso l'onere della denuncia 1266 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO diviene operante nel momento in cui (a parte sempre la necessit. dell'accertamento) si rende manifesta la rilevanza causale del fatto dannoso, secondo una valutazione da condurre con media diligenza e buona fede (App. Roma, 28 settembre 1968, Com. Roma c. impresa Arioli). Come risulta dagli atti, le richieste avanzate dall'impresa, e fatte oggetto delle riserve in esame, sono relative a dedotti maggiori oneri per: -esecuzione di speciale lisciatura delle superfici (2 quesito, ris. 14); -modifica del sistema di scavo per la non prevista struttura geologica della roccia (3 quesito, ris. 2" e 6"); -esecuzione dei calcestruzzi in presenza di forti stillicidi (que sito 4, ris. 4"); -aggiunta di armatura metallica nei calcestruzzi di rivestimento della gaUeria (quesito 5, ris. 5"). Trattasi, come evidente, di maggiori oneri (relativi a categorie di lavoro attinenti all'esecuzione dell'appalto, e quindi, necessariamente, iscritte in contabilit) che si assumono sopportati nell'esecuzione dei lavori .a seguito di insorte esigenze tecniche ricollegabili in massima parte alla denunziata sorpresa geologica, consistente in una diversa natura e :stratificazione della roccia incontrata. Indeclinabile, quindi, era l'onere dell'impresa di denunziare i relativi fatti nel momento stesso del loro verificarsi, e della contabilizzazione delle relative par tite, per consentire ali'Amministrazione il tempestivo accertamento delle circostanze e }'.eventuale adozione di misure atte ad evitare il prodursi dei pi gravosi costi dell'opera. Risulta invece che fa 5 riserva fu formulata sul registro di con tabilit soltanto il 27 giugno 1959 (dopo l'ultimazione totale dei la vori, completati il 18 maggio 1959), in occasione della 54" firma, e dopo che erano trascorsi tre anni e mezzo da quando era stato redatto il verbale dei nuovi prezzi (2 dicembre 1955) che aveva dato causa al maggiore onere, e quando, sino alla precedente firma (del 14 mag gio 1959), era stata contabilizzata ed accettata senza riserva una quan tit complessiva di getti di rivestimento superiore all'importo totale del conto finale, successivamente rettificato in detrazione. Quanto alle altre riserve, esse furono formulate soltanto il 18 agosto 1960, quando gi in data 13 maggio 1960 era stata registrata l'emissione del 57 ed ultimo stato d'avanzamento corrispondente allo stato finale. In detta occasione J.'impresa firm con riserva, ed il 24 maggio 1960, nell'esplicare la riserva stessa, fece richiamo a quella inserita ai fogli 31-32 del secondo registro di contabilit concernente lavori di sbocco alla galleria sul lago di Garda (quesito 1, ris. 3")., Risulta dal quinto registro di contabilit che in data 4 agosto PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1267 1960 fu compilato il primo conto finale, che il 5 agosto successivo fu sottoscritto con riserva dall'impresa. Tale riserva, come s' detto, fu esplicata il 18 agosto 1960 con l'introduzione di altre otto riserve, tra le quali la prima, seconda, quarta, e sesta in' esame, nonch la rinnovazione della quinta introdotta il 27 giugno 1959. evidente, quindi, la tardivit delle deduzioni per la prima volta introdotte, fo:mnulate addirittura dopo la registrazione dello stato finale, e neppure con tempestiva esplicazione della riserva formulata il 13 maggio 1960, alla quale, come si riferito, in data 24 maggio 1960 fu fatta esplicazione soltanto con la rinnovazione' della sopra esaminata terza riserva (art. 54 Regolamento). N (con riferimento alla terza delle 'suindicate deduzioni formulate dall'impresa in questa sede) pu sostenersi l'irrilevanza del ritardo nella frmulazione delle riserve per il fatto che l'esecuzione dei lavori sarebbe stata caratterizzata da. un'irregolare tenuta della contabilit e dalla provvisoriet delle relative iscrizioni. Come stato rilevato dai consulenti tecnici (suppl. di consulenza, p 18), infatti, alla data de~ 13 maggio 1960 tutte le partite di lavoro eseguite avevano regolarmente assunto carattere definitivo, di guisa che, quand'anche in precedenza le registrazioni avessero avuto carattere .provvisorio o fossero state effettuate non in perfetta regolarit, certo che, quanto meno alla data anzidetta (di registrazione nel registro di contabilit dell'ultimo stato di avanzamento corrispondente allo stato finale), ogni riserva dell'impresa relativa a categorie di lavoro registrate doyeva gi essere formulata, mentre, come s' detto, anche in quella occasione l'impresa si limit a rinnovare soltanto la riserva corrispondente al sopra esaminato primo quesito. Dal che consegue che anche la tardivit della quinta riserva non pu trovare giustificazione nella pretesa provvisoriet della contabilit, perch all'atto in cui la contabilit assunse carattere certamente definitivo, e quindi sarebbe dovuto risultare, con il necessario riferimento a quel momento, l'effettiva configurabilit di un pregiudizio, la riserva stessa non fu riproposta, come, invece, ebbe luogo per la terza. A ci va aggiunto che la provvisoriet della contabilizzazione, se impedisce la decadenza dalla riserva, quando, in dipendenza di essa, non sia consentita l'individuazione di un maggiore onere, tuttavia non produce lo stesso effetto nel particolare caso (come quello della riserva in esame) in cui l'accertamento del fatto generatore del maggiore onere si ricolleghi essenzialmente ad un insorto dato obbiettivo( verbale dei nuovi .prezzi) del quale debba apparire manifesta. la sua economica rilevanza causale; ed in cui, comunque, essendo stata la riserva proposta dopo l'ultimazione dei lavori, l'incidenza onerosa debba dirsi evidenziata almeno con riferimento al momento di detta ultimazione. -(Omissis). SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE 'CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 giugno 1970, n. 27 -Pres. Revi glio Della Veneria -Est. Bongiovannini -P. M. Moscarini (conf.) Rie. Annibaldis ed altri. Reato -Resistenza a pubblico ufficiale -Sequestro di persona -Estremi. (art. 337, 605 c.p.), Netl'ipotesi in cui il pubblico ufficiale che stia per procedere all'arresto in flagranza, venga trattenuto e impedito di muoversi per il tempo necessario al delinquente per fuggire, sussiste il delitto di se questro di persona e non quello di semplice resistenza. (Omissis). -Sul secondo mezzo del Gravina Giovanni: risulta, dalla sentenza impugnata, la quale d del fatto motivata ed esauriente ragione, che il tenente Bortone, appena sceso dall'auto, fu affell'ato per le braccia da tre individui, condotto sotto un arco ed ivi trattenuto e impedito a muoversi per il tempo necessario al guidatore fuggito per ritornare, porsi ai comandi dell'auto contrabbandiera e allontanarsi con il prezioso carico. La decisione che si annota perfettamente conforme alla giurispru- 0.enza in materia di sequestro di persona: sempre stato ritenuto infatti che per la sussistenza del suddetto reato indifferente la durata della privazione della libert, essendo sufficiente che la privazione si sia protratta per un tempo apprezzabile, s da costituire una vera soppressione della libert di movimento e della disponibilit della propria persona. Indagine questa, sull'apprezzabilit del tempo, di puro fatto e non sindacabile quindi in Cassazione (Cass. 15 gennaio 1968, n. 2249 Mass. 107878; 24 febbraio 1964 in Cass. Pen. Mass. An. 1964, pag. 754 Mass. 1331). In materia di resistenza a p-qbblico ufficiale stato invece affermato -e nell'affermazione il criterio fatto proprio dalla sentenza che si annota per distinguere i due reati di sequestro e di resistenza -che l'elemento costitutivo del reato la violenza o la minaccia che deve estrinsecarsi in una condotta che ponga in pericolo l'integrit fisica del pubblico ufficiale o che possa comunque agire negativamente sulla psiche del medesimo, diminuendone la libert di azione o di movimento (Cass. 22 dicembre 1966, n. 140 mass. 103891). Per la consumazione del reato di resistenza quindi necessario che l'agente manifesti la propria volont ci opporsi al pubblico ufficiale mediante atti positivi estrinsecantisi in un PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1269 Non .si tratt quindi -come assume il ricorrente -di semplice Qstacolo frapposto alle operazioni di polizia che l'ufficiale voleva' compiere (arresto del fuggiasco e sequestro della merce), ma di vera e pro.pria privazione totale della libert di locomozione in ogni senso per un periodo di tempo apprezzabile (dai 10 ai 15 minuti). Rettamente, .pertanto, stata affermata la responsabilit per il delitto di sequestro di persona ai danni del pubblico ufficiale e non per semplice resistenza. -(Omissis). contegno violento -sul piano psichico, che altrimenti degraderebbe a sequestro di persona -diretto a tal fine. Stante la struttura della fattispecie astratta, correttamente stato affermato dalla giurisprudenza della Cassazione Pesclusione del reato nei casi di resistenza meramente passiva nei quali cio l'agente assume un atteggiamento di perfetta inerzia anche se per vincerla il pubblico ufficiale costretto a usare la forza (Cass. 13 gennaio 1963, n. 139 Mass. 103794; 8 giugno 1966 in Cass. Pen. Mass. An. 1967 pag. 403 m. 579). Questo principio ovviamente non si applica nell'ipotesi in cui incomba un obbligo, penalmente sanzionato a carico del cittadino, di un comportamento .positivo nei Confronti del pubblico ufficiale: in tal ipotesi il rifiuto di adempiere all'obbligo pur concretandosi in un atto meramente passivo, integra il reato di resistenza (v. Cass. 6 febbraio 1967 n. 138 Mass. n. 103845 che ha affermatO l'esi stenza del reato in una fattispecie di rifiuto dell'esibizione del documento di viaggio opposto dal viaggiatore al controllore, nonostante l'obbligo penalmente sanzionato degli artt. 51 e 64 del regolamento di polizia ferroviaria 31 ottobre 1873 n. 1687). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I penale, 14 luglio 1970, n. 338 -Pres. Colli -Rel. Ambrosio -P. M. Guadagno (conf.) -Rie. Camerata Pietro. Reato -Inesistenza dell'o~~etto -Assenza occasionale della persona Reato impossibile -Esclusione. (Omissis). -Col .primo motivo il ricorrente sostiene, in linea di diritto, che l'aggravante dell'aver commesso il reato per eseguirne un altro (art. 61, n. 1, prima ipotesi, c.p.), non ricorre quando lo scopo che il coJ.pevole ~i era prefisso non abbia potuto esser conseguito per impossibilit dell'evento: e tanto .perch il reato-fine viene a confi (1) La decisione conforme al costante indirizzo giurisprudenziale ed alla dottrina di gran lungo dominante, secondo la quale soltanto la inesistenza assoluta dell'oggetto esclude la punibilit dell'azione ai sensi dell'art. 49 c. p. V. nello stesso senso della massima, Cass. 2 maggio 1969, n. 1039 massima 111174. .. 1270 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO $TATO gurarsi come un reato impossibile, e cio come un fatto penalmente irrilevante. Dato che il legi.slatore ha stabilito che il reato deve esser compiuto per eseguirne un altro , non vi dubbio che necessario, perch l'aggravante sussista, che il fatto il cui compimento costituiva lo scopo fina.le del colpevole, debba avere in s tutti i caratteri del reato: ove invece dovesse esser considerato, per definizione di legge, un non-reato, l'aggravante dovrebbe essere esclusa. Nella specie il Camerata sostiene che l'uccisione della cognata amante (che costituiv.a il fine che egli voleva raggiungere attraverso l'uccisione dei due agenti), rappresenta una figura di reato impossibile, per impossibilit dell'evento, in quanto la donna in quel momento era lontana dalla casa ove egli la cercava e davanti alla quale si trovavano le due guardie di P. S., essendo partita per Siracusa: sicch si concreta in un non-reato. La figura del reato impossibile ricorre -giusta il disposto dell'art. 49, secondo .comma, c.p. -quando per .l'inidoneit dell'azione o per l'inesistenza dell'oggetto materiale di essa, impossibile l'evento dannoso o .pericoloso. Perch si verifichi l'ipotesi dell'inesistenza dell'oggetto dell'azione (che nella specie interessa), occorre --..: come costante giurisprudenza di questa Suprema Corte (v. da ultimo Sez. II, 16 dicembre 1968, n. 2039, rie. Gravin) -che, per Jegge naturale delle cose, manchi qualsiasi .possibilit di offesa del bene giuridica- Per quanto concerne l'inidoneit dell'azione, affermazione di gran lunga prevalente che l'indagine v:olta a stabilire se ricorra l'inidoneit dell'azione -correlativa a quella volta a stabilire il requisito contrario stabilito dall'art. 56 c. p. che disciplina il tentativo -deve essere condotta in concreto, con giudizio ex ante; non quindi inidonea l'azione quando la consumazione del delitto impedita da causa estranea e daltro canto, mentre inidoneit, agli effetti dell'art. 49 c. p. significa mancanza assoluta di potenza causale, la mancata consumazione del reato nell'ipotesi del tentativo indica soltanto l'insufficienza della condotta (v. Cass. 27 maggio 1961 in Cass. Pen. alla ss. Annotato 1961, 832; 1 marzo 1969, n. 516 mass. n. 110494). Correttamente, perci, stato escluso il reato impossibile nel caso di un agente postale che violi una lettera c. d. di prova predisposta dall'Amministrazione al fine di accertare l'infedelt o la disonest del dipendente (Cass. 26 febrbaio 1969, n. 476 mass.. n. 110444). Altrettanto esattamente si afferma che in materia di falsit documentale la grossolanit del falso esclude la punibilit del fatto solo quando si risolva in una inidoneit assoluta del mezzo, quando cio resti esclusa non la semplice probabilit, ma addirittura la possibilit dell'inganno e quindi del nocumento alla pubblica fede (Cass. 8) (969 n. 1806' mass. n. 112165). La rigorosit di questa affermazione la conseguenza coerente della costante ripetizione dei requisiti della inidoneit d"ella1 condotta (v. Cass. 27 maggio 1969, n. 1233 mass. n. 111426). PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENnLE 1271 mente protetto, sicch sia assolutamente impossibile l'evento avuto di mira; quando invece l'evento non si pu verificare per circostanze accidentali (ad esempio soltanto perch c' stata la semplice non presenza della persona o della cosa, oggetto dell'attivit criminosa, sul luogo dell'attentato), si ha un'impossibilit relativa, e pi precisamente una mancanza occasionale o temporanea: il che, mentre da un lato impedisce che il fatto possa esser configurato come reato impossibile, dall'altro impone che .Io si inquadri sotto la figura del tentativo. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 maggio 1971, n. 60 -Pres. Fumu - Rel. Donato -P. M. Moscarini (conf.) -Rie. Caneba Salvatore ed altri. Procedimento penale -Interrogatorio dell'imputato compiuto dal giudice italiano all'estero -Inesistenza. (artt. 453, 522 c.p.p.). L'interrogatorio deU'imputato compiuto dal giudice italiano in territorio estero o affidato per rogatoria ad un giudice strmiiero atto giuridicamente inesistente, per difetto di giurisdizione del giudice italiano e per l'impossibilit (nel secondo caso) di delegare l'interrogatorio stesso per rogatoria internazionale. (Omissis). -La singolare iniziativa del Tribunale di trasferirsi in territorio amerieano per procedere, in assenza del P. M., degli altri imputati e.dei loro difensori, nella sede del Consolato Generale d'Italia Con questa decisione, la Suprema Corte di Cassazione ha succintamente -espresso il so autorevole rifiuto a recepire l'opinione giurisprudenziale manifestata dal Tribuale di Roma in primo grado e della quale si data notizia in I Giudizi di Costituzionalit e il Contenzioso dello Stato negli anni 1966-1970 (vol. III, pag. 795). Il Tribunale, in quell'occasione, aveva Sostenuto l'ammissibilit dell'esercizio della giurisdizione italiana all'estero da un lato interpretando estensivamente l'art. 453 c.p.p. -che prevede l'enunciazione di testimonianze a domicilio, fuori dell'aula d'udienza -applicando la norma, con un argomento a fortiori, all'interrogatorio dell'imputato e, dall'altro, affermando chs, se esiste la facolt di delega, esercitata attraverso la rogatoria internazionale, esiste anche il potere di esercizio diretto della giurisdizione, dovendosi altrimenti giungere all'assurdo che un potere possa essere soltanto delegato, ma non direttamente esercitato dal suo titolare. 1272 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di New York ed in vari penitenziari americani, all'interrogatorio di taluni imputati, gi dichiarati contumaci in quanto latitanti; e quella di affidare ad un giudice francese il compito di procedere all'interrogatorio di altri imputati residenti in Francia, anch'essi gi dichiarati contumaci in quanto latitanti, ha determinato una situazione abnorme, non prevista n prevedibile dal legislatore, e non riconducibile nelle nullit relative od assolute disciplinate dal codice di rito; non riconducibile in particolare nella previsione delle norme di .cui all'art. 522, cpv. 1, in relazione all'art. 185 n. 1 c.p.p., invocate dai ricorrenti per dedurne la nullit del giudizio di primo grado. Infatti l'art. 185 n. 1 c.p.p. prevede quale causa di nullit assoluta l'inosservanza, nella Costituzione del giudice, di disposizioni contenute nell'ordinamento giudiziario, presupponendo per che l'atto processuale sia compiuto da un organo investito di potere giurisdizionale. Quando tale presupposto manchi si al di fuor'i della nullit, sia pure assoluta, insanabile, dell'atto: si in presenza di un atto inesistente. Nella specie si tratta di atti compiuti da giudice privo di giurisdizione in relazione al luogo (territorio estero) in cui ha svolto parte dell'attivit dibattimentale; e, di atti processuali, consistenti nell'interrogatorio di imputati, il cui compimento non pu essere delegato, per rogatoria internazionale, a giudice straniero. Gli uni e .gli altri, pur essendo una realt di fatto nel processo, non sono una realt giuridica: sono atti che, in quanto compiuti da organo sfornito di potere giurisdizionale, non assumono la qualifi:ca di atti processuali e sono, come tali, inesistenti. Si che la sanzione che idealmente li estromette dal processo come realt di fatto non Ci comportava fa conseguenza, secondo il Tribunale che l'unico osta colo all'esercizio della giurisdizione italiana all'estero era rappresentato dalla prerogativa sovrana dello Stato estero; il che poneva, quindi, un mero problema di consenso, onde ottenuto questo -come nel caso di specie nulla si opponeva all'esercizio della giurisdizione stessa. La tesi era sicuramente ardita, nell'applicare il principio dell'uni versalit alla giurisdizione in quanto essa, come manifestazione tipica della sovranit, di tanto si estende, di quanto si estende questa e ancor pi ardita in quanto manca nel nostro ordinamento una norma specifica in materia, tale da evitare le dilatazioni interpretative e le argomenta zioni alle quali il Tribunale dovuto ricorrere, forzando la norma, come quando ha affermato che la rogatoria delega di potere giurisdizionale. invece pi esatto ritenere che la rogatoria si inserisca in un quadro di rapporti fra soggetti internazionali e che tanto poco costituisca esercizio di giurisdizione all'estero che, per sortire effetti interni nello Stato, deve essere resa esecutiva dagli organi giurisdizionali di quello Stato (v. arti colo 658 c.p.p.) altrimenti resta un fatto senza effetti giuridici, come mera richiesta, cos come mero fatto la sentenza penale straniera prima del riconoscimento (art. 672 c. p. p.). PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1273: pu esser che quella di dichiararli e considerarli inesistenti, cosi come peraltro la Corte di Appello ha fatto. ben vero che il Tribunale, avendo ritenuto legittima l'attivit istruttoria dibattimentale svolta in America, ha tratto materia di convincimento de1la colpevolezza degli imputati Lo Bue, Scopelliti, Valente, Renna, Caneba Ugo e Caneba Salvatore, dalle dichiarazioni accusatorie nei di loro confronti rese rispettivamente dai coimputati Palmeri, Rinaldo ed Agueci, interrogati in America, ma altresi vero che la dichiarata inesistenza giuridica degli intenogatori di costoro, non pu comportare altra conseguenza. che il difetto di motivazione della sentenza del Tribunale ne1la parte relativa all'affermata responsabilit di coloro che dai predetti Palmeri, Rinaldo ed Agueci erano stati accusati. Ma il vizio di motivazione della sentenza di primo grado non comporta l'annullamento di essa da parte dei giudici di appello. Infatti il potere di annullamento della sentenza di prim grado, conferito al giudlce di appello dall'art. 522 c.p.1p., limitato alle ipotesi di nullit assoluta, rientranti nell'ambito dell'art. 185 c.p.p., e non riguarda i vizi attinenti al difetto di motivazione della sentenza. Se tal vizio sia denunziato con specifico motivo d'impugnazione, il giudice di appello, ove lo riconosca sussistente e ritenga di confermare la decisione impugnata, :provveder ad integrare o sostituire la motivazione, ma non pu annullare la decisione stessa. -(Omissis). I I I I I i ' PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA A. MARESCA, Il diritto dei Trattati, Giuffr, Milano, 1971, pagg. 895. L'A. definisce diritto dei tmttati il complesso organico delle norme di diritto internazionale che disciplinano i trattati in quanto atti giuridici. Cos concepito, il diritto dei trattati -secondo il M. -definisce le varie procedure attraverso le quali gli accordi internazionali si formano e divengono operanti; pone le norme che reggono il consenso degli Stati contraenti, espresso nella sua definitiva pienezza e formulato anche nei suoi possibili limiti; detta, infine, le regole sull'interpretazione dei trattati e sulla diversa efficacia che sono destinati a spiegare. Compatibilmente con le esigenze della stabilit degli accordi tra gli Stati e con la necessaria certezza dei rapporti giuridici, il diritto dei trattati disciplina anche le possibilit di ricambio di detti accordi e regola le procedure destinate a omporre le crisi che possono turbare la vita dei trattati medesimi. Come esattamente rileva l'A., un siffatto sistema di regole ha un ben preciso e determinato sistema di fonti, ha come destinatari ben delineate categorie di soggetti e si pone in rapporti del tutto particolari con gli ordinamenti 'interni degli Stati. Delineato il quadro entro cui collocare la materia trattata, esaminato anche il sistema delle speciali garanzie predisposte per assicurare l'osservanza delle norme, il M. si sofferma dettagliatamente su ciascuno degli aspetti e dei momenti dell'esistenza giuridica degli accordi internazionali. Segue la normtiva posta dalla Convenzione di Vienna del 1969 che, com' noto, ha operato la codificazione del diritto dei trattati. Il volume si raccomanda all'attenzione dei lettori per la ampiezza del suo disegno, per la ricchezza delle citazioni bibliografiche e per l'or ganicit della trattazione di una materia difficile e complessa. L. M. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE LEGGI E DECRETI * Legge 9 ottobre 1971, n. 825 -Delega il Governo ad emanare disposizioni per la riforma tributaria (G. U. 16 ottobre 1971, n. 263). legge 22 ottobre 1971, n. 865 Programma e coordina l'edilizia residenziale pubblica, con nuove norme in materia di espropriazione per pubblica utilit e modifiche alle leggi 17 agosto 1942, n. 1150, 18 aprile 1962, n. 167 e 29 settembre 1964, n. 847 (G. U. 30 ottobre 1971, n. 276). NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE ** NORME DELLE QUALI STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codice civile, art. 316 (Esercizio delia patria potest), in quanto attribuisce solo al padre l'esercizio della patria potest (artt. 3 e 29, secondo comma, della Costituzione) (289). Pretore di Porretta Terme, ordinanza 6 maggio 1971, G. U. 13 ottobre 1971, n. 259. codice civile, art. 547 (Soddisfacimento delle mgioni dei coniuge) e art. 581 (Concorso dei coniuge con figii Legittimi e naturaLi), terzo comma, in quanto non consentono al coniuge superstite usufruttuario ex Lege di opporsi allo scioglimento della comunione, con disparit di trattamento sia rispetto al coniuge beneficiato da un legato di usufrutto sia rispetto a qualsiasi atto legatario di usufrutto (art. 3, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Sanremo, ordinanza 30 aprile 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. (*) Si segnalano i provvedimenti ritenuti di maggiore interesse. ( ) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai quali sono state promosse le questioni di legittimit costituzionale. (289) Questione gi dichiarata non fondata, come viene ricordato nella ordinanza di rimessione, con sentenza 8 luglio 1967, n. 102. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 193 codice civile, art. 781 (Donazione tra coniugi), in quanto comporta la nullit assoluta, ed in ogni caso, delle donazioni tra coniugi (artt. 3 e 29, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 4 maggio 1971, G. U. 22 settembre 1971, n. 240. codice civile, art. 2113 (Rinunzie e transazioni), secondo comma, in quanto prevede un breve termine di decadenza per l'esercizio del diritto di impugnare le rinunzie e le transazioni aventi ad oggetto diritti del prestatore di lavoro, con disparit di trattamento per i lavoratori a seconda che abbiano al.la ti.rie del rapporto rilasciato una semplice dichiarazion liberatoria o una dichiarazione transattiva o abdicativa dei diritti maturati (artt. 3, 4 e 36 della Costituzione). Pretore di Gonzaga, ordinanza 21 maggio 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. codice civile, art. 2233 (Compenso), primo comma, in quanto, secondo criterio diverso da quello adottato nei confronti dei lavoratori autonomi non liberi professionisti, e vincolando in effetti il giudice alle valutazioni entro certi limiti discrezionali degli ordini professionali, attribuisce rilevanza processuale al parere dell'ordine professionale, reso secondo apprezzamento di discutibile imparzialit e comunque senza contraddittorio con l'interessato (artt. 24, secondo comma, 3, primo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 25 maggio 1971, G. U. 22 settembre 1971, n. 240. codice civile, art. 2960 (,,Pelazione di giuramento), secondo comma, in quanto consente la soccombenza in giudizio del coniuge superstite e degli eredi per il solo fatto di non aver avuto notizia dell'adempimento da parte del loro avente causa (artt. 3 e 24 della Costituzione) (290). Pretore di Genova, ordinanza 23 marzo 1971, G. U. 13 ottobre 1971, n. 259. codice di procedura civile, art. 168 bis (Designazione del giudice istruttore), in quanto rimette la designazione del giudice istrutto:re alla libera e discrezionale scelta del presidente del tribunale (artt. 3 e 25, primo comma, della Costituzione). Giudice istruttore del tribunale di Milano, ordinanza 26 settembre 1970, G. U. 13 ottobre 1971, n. 259. (290) Altra questione di legittimit costituzionale dell'art. 2960 del codice ci- vile stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 24 e 3 della Costituzione, con sentenza 14 giugni 1962, n. 57. 194 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura civile, art. 244 (Modo di deduzione), ultimo comma, in relazione all'art. 153 del codice di procedura civile, in quanto determina la preclusione dell'attivit processuale anche nei casi in cui l'inosservanza del termine perentorio sia stata determinata da causa non imputabile alla parte o al suo procuratore (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Cremona, ordinanza 12 giugno 1971, G. U. 13 ottobre 1971, n. 259. codice di pl'ocedura civile, art. 434 (Giudice competente), secondo comma, in quanto stabilisce, in deroga ana competenza territoriale ordinaria, una competenza territoriale speciale ed esclusiva, e a danno solo del lavoratore (artt. 3 e 35 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 30 aprile 1971, G. U. 22 settembre 1971, n. 240. codice di procedura civile, art. 480 (Forma del precetto), terzo comma, in quanto consente ad una delle parti di predeterminare a sua discrezione il giudice competente per il giudizio di opposizione (artt. 3 e 25 della Costituzione) (291). ' Pretore di Tricase, ordinanza 19 giugno 1971, G. U. 22 settembre 1971, n. 240. codice di procedura civile, art. 707 (Comparizione personale delle parti), primo comma, in quanto esclude l'assistenza del difensore nella comparizione dei coniugi dinanzi al presidente (art. 24 della Costituzione) (292). Tribunale di Napoli, ordinanza 2 febbraio 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. codice penale, art. 133 (Gravit del reato: valutazione agli effetti della pena), secondo comma, n. 2, in quanto non prevede la possibilit, per il giudice, di tener conto anche della personalit del reo (art. 27, terzo .comma, della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 10 maggio 1971, G. U. 13 ottobre I 1971, n. 259. (291) Questione gi proposta, in riferimento al solo art. 25 della Costituzione, dalla terza sezione della Corte di cassazione (ordinanza 15 aprile 1970, G. U. 24 marzo 1971, n. 74) e dal pretore di Lauro (ordinanza 26 febbraio 1971, G. U. 5 maggio 1971, n. 112). (292) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 30 giugno 1971, n. 151, nella parte in cui ai coniugi comparsi personalmente davanti al presidep,te del tribunale, e in caso in mancata conciliazione, inibito di essere assistiti dai rispettivi difensori. PARTE II, RJ\SSEGNA DI LEGISLAZIONE 195 codice pena!e, art. 188 (Spese per ii mantenimento dei condannato. >Obbligo di rimborso), in quanto pone ad esclusivo carico del condannato l'onere delle spese di mantenimento negli stabilimenti di pena (artt. 53 e 3 della Costituzione). Pretore di Napoli, ordinanza 28 aprile 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. codice penale, art. 222 (Ricovero in un manicomio giudizia.rio), primo comma, in quanto impone il ricovero in un manicomio giudiziario in caso di proscioglimento ai sensi dell'art. 88 del codice penale, anche quando non sia accertata la pericolosit sociale dell'imputato (art. 3 della Costituzione) (293). Pretore di Tolmezzo, ordinanza 16 aprile 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. codice penale, art. 266 (Istituzione di militari a disobbedire atle leggi), in quanto punisce ogni manifestazione di pensiero che appaia, comunque e per ci solo , in contrasto con i doveri inerenti allo stato di militare del destinatario (art. 21 della Costituzione) (294). Corte di assise di Bari, ordinanza 3 giugno 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. codice penalei art. 341 (Oltraggio a un pubblico ufficiale), in quanto riconosce al privato che riveste la qualifica di pubblico ufficiale uno status privilegiato, consentendo l'.applicazione di pena diversa da quella gi consentita, per il fatto ingiurioso o minaccioso contro il pubblico ufficiale nell'atto e a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio , dagli artt. 594 e 612 del codice penale con l'aggravante di cui all'art. 61, n. 10 (artt. 1, primo e secondo comma, 2, 3, 4, 54, 97, '98 e 113 della Costituzione) (295). t Pretore di Bolzano, ordinanza 5 aprile 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233 (artt. 1, 3, 54, 97 e 98 della Costituzione). Pretore di Livorno, ordinanza 7 maggio 1971, G. U. 22 settembre 1971 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Carpi, ordinanza 11 giugno 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233 (art. 1, primo secondo comma, della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 17 giugno 1971, G. U. 22 settembre 1971, n. 240 (artt. 3, 2, 4 e 113 della Costituzione). (293) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 13, primo e secondo comma, 24, secondo comma, 27, secondo comma, e 32 della Costituzione, con sentenza 9 giugno 1967, n. 68, e riproposta dal pretore di Tolmezzo con richiamo ai principi affermati dalla Corte costituzionale con la sentenza 20 gennaio 1971, n. l, (294) Questione gi proposta dal tribunale di Torino (ordinanza 28 aprile 1970, G. U. 22 luglio 1970, n. 184) e dalla corte di assise di Imperia (ordinanza 8 marzo 1971, G. U. 12 maggio 1971, n. 119). (295) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 1 e 3 della Costituzione, con sentenza 19 luglio 1968, n. 109 e gi riproposta da numerose auto- rit giudiziarie (v. retro note 171 e 69). J J 196 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice penale, art. 524 (Ratto di persona minore degli anni quattordici o inferma, a fine di libidine o di matrimonio), art. 519 (Della violenza carnale), n. 1, e art. 521 (Atti di libidine violenti), in quanto puniscono i comportamenti previsti per il solo fatto di essere realizzati a carico di un soggetto di et inferiore ai quattordici anni, prescindendo del tutto dalla considerazione della personalit del minore (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 25 maggio 1971, G. U. 22 settembre 1971, n. 240. codice penale, art. 5.70 (Violazione degli obblighi di assistenza famigliare), in quanto impone al marito di non far mancare alla moglie i mezzi di sussistenza, secondo presupposto stabilito dall'art. 145 del codice civile, dichiarato invece incostituzionale (296). Pretore di Capri, ordinanza 18 giugno 1971, G. U. 13 ottobre 1971, n. 259. codice penale, art. 574 (Sottrazione di persone incapaci), in quanto consente di ravvisare gli estremi del reato nella condotta del genitore non esercente la patria potest (artt. 3 e 29, secondo comma, della Costituzione) (297). Pretore di Porretta Terme, ordinanza 6 maggio 1971, G. U. 13 ottobre 1971, n. 259. codice penale, art. 654 (Grida e manifestazioni sediziose), e art. 655 (Radunata sediziosa), primo comma, in quanto non consentono, per il carattere necessariamente contingente della valutazione richiesta per l'attribuzione della qualifica di sedizioso, una. rigorosa e tassativa individuazione del precetto penalmente sanzionato (artt. 25, 21 e 17 della Costituzione) (298). Tribunale di Napoli, ordinanza 24 giugno 1971, G. U. 22 settembre 1971, n. 240. (292) Analoga questione stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione," con sentenza 20 gennaio 1971, n. 6. Altre quesitioni di legittimit costituzionale dell'art. 570 del codice penale sono state dichiarate non fondate con sentenze 11 dicembre 1964, n. 107 (artt. 29, secondo comm, 13, primo comma, e 16, primo comma, della Costituzione) e 23 marzo 1970, n. 46 (art. 29 della Costituzione). (297) Questione dichiarata non fondata con sentenza 29 marzo 1969, n. 54, criticata, nella sopra indicata ordinanza di rimessione, anche con richiamo ai principi affermati dalla Corte costituzionale nelle sentenze 22 febbraio 1964, n. 9 e 8 luglio 9167, n. 102. L'art. 574 del codice penale stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 22 febbraio 1964, n. 9, nella parte in cui limitava il diritto di querela al solo genitore esercente la patria potest. (298) Altra questione di legittimit costituzionale dell'art. 654 del codice penal~. stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 21 della Costituzione, con sentenza 8 luglio 1957, n. 120. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 197 codice penale, art. 688 (Ubriachezza) (art. 3 de~la Costituzione) (299). Pretore di Barcellona Pozzo di Gotto, ordinanza 24 marzo 1971, G. U. 13 ottobre 1971, n. 259. codice di .procedura penale, art. 23 (Esercizio dell'azione civite nel processo penale), in quanto esclude che il giudice penale .possa decidere sull'azione civile quando il procedimento si chiuda con declaratoria di improcedibilit o con sentenza di prosciogJ.imento per qualsiasi causa (art. 111, secondo comma, della Costituzione) (300). Corte di cassazione, quarta sezione penale, ordinanza 29 gennaio 1971, G. U. 13 ottobre 1971, n. 259. codice di procedura penale, art. 134 (Nomina dei difensori di fiducia) (301), art. 304 (Avviso di procedimento. Nomina del difensore) (302), art. 266 (Esecuzicme dei mandati), e art. 169 (Prima notificazione all'imputato non detenuto) (303), in quanto non prevedono che, ai fini della nomina del difensore di fiducia, l'imputato che in qualunque momento del processo appaia infermo di mente sia rappresentato o almeno assistito dal tutore eventualmente gi nominato o da un curatore da nominarsi ad hoc, e non dispongono che copia dell'atto da notificare sia consegnata anche al tutore o al curatore (artt. 2, 3 e 24 della Costituzione). Sezione istruttoria della corte di appello di Bologna, ordinanza 20 aprile 1971, G. U. 27 ottobre 1971, n. 273. (299) La questione di legittimit costituzionale dell'art. 688 del codice penale (che nella sopra indicata ordinanza stata proposta senza motivazione) stata dichiarata manifestamente infondata, con ordinanza 30 giugno 1971, n. 155, con richiamo ai principi affermati nelle sentenze 19 luglio 1968, n. 110 e 11 maggio 1971, n. 100. (300) Questione gi proposta dalla stessa autorit giudiziaria (ordinanze 16 dicembre 1970 (due), 19 dicembre 1970 e 25 gennaio 1971, G. U. 28 aprile 1971, n. 106, 5 maggio 1971, n. 112, 21 aprile 1971, n. 99 e 14 luglio 1971, n. 177). Altra questione di legittimit costituzionale dell'art. 23 del codice di procedura penale stata dichiarata non fondata con sentenza 27 dicembre 1965, n. 101. (301) L'art. 134, secondo comma, del codice di procedura penale stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 3 dicembre 1969, n. 148, nella parte in cui faceva divieto agli ufficiali ed agli agenti della polizia di ricevere la nomina del difensore di fiducia. (302) Altra questione di legittimit costituzionale dell'art. 304 del codice di procedura penale stata proposta dal pretore di Livorno (ordinanza 1 aprile 1970, G. U. 25 novembre 1970, n. 299) e del pretore di Agropoli (ordinanza 23 aprile 1971, G. U. 21 luglio 1971, n. 184). (303) Altre questioni di legittimit costituzionale dell'art. 169 del codice di procedura penale sono state proposte dal pretore di Milano (ordinanza 3 marzo 1970, G. U. 28 aprile 1971, n. 106), dal tribunale di Torino (ordinanza 12 marzo 1970, G. U. 8 luglio 1970, n. 170), dal pretore di Trieste (ordinanza 29 aprile 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235), e dal tribunale di Sondrio (ordinanza 23 maggio 1970, G. U. 3 giugno 1970, n. 136). .198 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura penale, art. 152 (Obbligo dell'immediata declaratoria di determinate cause di non punibilit), in quanto sancisce, con la prevalenza della declaratoria di estinzione del reato sulle formule di merit-0, una presunzione di esistenza materiale del' reato e della sua commissione da parte dell'imputato (artt. 24, secondo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione) (304). Pretore di Pesaro, ordinanza 12 giugno 1971, G. U. 22 settembre 1971, n. 240. codice di procedra penale, art. 170 (Notifi,cazioni all'imputato i1reperibile), art. ~ 99 (Termine per la impugnazione), primo e terzo comma, e art. 576 (Esecuzione delle sentenze), secondo comma, in quanto escludono l'obbligo di notificare a mani proprie, o nelle altre forme di cui all'art. 169 del codice di procedura penale, l'estratto della sentenza contumaciale all'imputato precedentemente dichiarato irreperibile, con. sentendo il formarsi di un giudicato per la mancata proposizione di un appello tempestivo (artt. 3 e 24 della Costituzione) (305). Pretore di Avigliana, ordinanza 21 maggio 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. codice di procedura penale, art. 223 (Ausiliari della polizia giudiziaria), in quanto non consente l'applicazione degli artt. 315, 323, primo comma, e 324 del codice di procedura penale nelle operazioni tecniche di polizia giudiziaria (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione) (306). Pretore di Padova, ordinanza 29 marzo 1971, G. U. 27 ottobre 1971, n. 273. (.304) Analoghe questioni sono state dichiarate non fondate, ai sensi d cui n motivazione., con sentenza 14 luglio 1971, n. 175. (305) Cfr. sentenza 22 marzo 1971, n. 54 della Corte costituzionale, con la quale stata dichiarata la illegittimit costituzionale dell'art. 3 del d.P.R. 8 agosto 1955, n. 666, nella parte in cui prescrive che il decreto di irreperibilit emesso nel giudizio di primo grado cerca di avere efficacia solo con la trasmissione degli atti al giudice competente per il giudizio di appello e non con la pronuncia del giudice di primo grado. Per artt. 170 e 199, primo e terzo comma, del codice di procedura penale la questione stata dichiarata invece non fondata, rispettivamente, con sentenze 22 marzo 1971, n. 54 e 22 giugn 1971, n. 136. Analoga questione di legittimit costituzionale dell'art. 170 del codice di procedura penale stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, con sentenza 18 giugno 1963, n. 90. (306) Analoga questione stata dichiarata manifestamente infondata, ai sensi di cui in modificazione, con ordinanza 16 giugno 1970, n. 104. Nella parte in cui escludeva che agli accertamenti ed alle operazioni tecniche di polizia giudiziaria 'Si applicassero gli artt. 390, 304 bis, ter e quater del codice di procedura pena:le il primo comma dell'art. 223 stato dichiarato incostituzionale con sentenza .3 di Cembre 1969, n. 148. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 199' codice di procedura penale, art. 226 (Sequestro di carte sigillate. Facoit 1elative alla corrispondenza), ~ltimo comma, in quanto consentono le intercettazioni telefoniche nei confronti di persone indiziate o sospettate di reato (artt. 15 e 24 della Costituzione). Tribunale di Bolzano, ordinanza 15 giugno 1971, G. U. 22 settembre 1971, n. 240. codice di procedura penale, art. 304 bis. (Atti a cui possono assistere i difensori), modificato dall'art. 1 della legge 18 marzo 1971, n. 62, in quanto non consente ai difensori delle parti di assistere all'esame dei testimoni (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (307). Pretore di Torino, ordinanza 31 maggio 1971, integrata con ordinanza 9 giugno 1971, G.. U. 27 ottobre 1971, n. 273. codice di procedura penale, art. 304 bis (Atti a cui possono assistere i difensori), primo comma, in quanto non consente al difensore dell'imputato di assistere all'interrogatorio della parte civile mentre consente al difensore della parte civile di assistere all'interrogatorio dell'imputato, ed in quanto non consente al difensore della parte civile di assistere all'interrogatorio del proprio patrocinato (artt. 3 e 24, secondo 'Comma, della Costituzione) (308). Pretore di Gallarate, ordinanza 17 giugno 1971, G. U. 22 settembre 1971, n. 240. codice di procedura penale, art. 304 quater (Deposito degli atti a cui hanno diritto di assistere i difensori. Diritti del difensore dell'imputato), modificato dall'art. 4 de.Ila legge 18 marzo 1971, n. 62, in quanto non dispone il deposito in eancelleria dei verbali di assunzione delle prove testimoniali (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (309). Pretore di Torino, ordinanza 31 maggio 1971, integrata con ordinanza 9 giugno 1971, G. U. 27 ottobre 1971, n. 273. codice di proc:edura .penale, art. 314 (Facolt del giudice di procedere a perizia), secondo comma, in quanto esclude l'ammissibilit della perizia rivolta a stabilire la tendenza q. delinquere, il carattere e la personalit dell'imputato ed in genere le qualit psichiche indipeh (307) Questione gi proposta da numerose autorit giudiziarie (v. vetro, note 255 e 59). Diversa questione di legittimit all'art. 304 bis del codice di procedura peanle stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, con sentenza 30 marzo 1971, n. 62. (308) Per analoghe questioni gi proposte v. retro note 255 e 59. (309) Questione gi proposta dal pretore di Cagliari (ordinanza 28 novembre .1970, G. U. 10 marzo 1971, n. 62) e dal giudice istruttore del tribunale di Pesaro (ordinanza 4 gennaio 1971, G. U. 7 aprile 1971, n. 87). 200 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO denti da cause patologiche (art. 27, terzo comma, seconda parte, della Costituzione) (310). Pretore di Torino, ordinanza 23 marzo 1971, integrata con ordinanza 10 maggio 1971, G. U. 13 ottobre 1971, n. 259. codice di procedura penale, art. 389 (Casi in cui si procede con istruzione sommaria), ultimo comma, nel testo modificato dalla legge 7 novembre 1969, n. 780, in quanto consente per i soli reati di competenza del tribunale o della corte d'assise la richiesta dell'imputato per una istruzione formale del procedimento (art. 3 della Costituzione) (311). Pretore di Milano, ordinanza 12 maggio 1971, G. U. 22 settembre 1971, n. 240. codice di procedura penale, art. 390 (Nomina del difensore), nel test modificato dall'art. 9 della legge 5 dicembre 1969, n. 932, in quanto limita la obbligatoriet dell'avviso di procedimento e dell'invito a nominare il difensore, nei procedimenti con istruzione sommaria, ai soli casi di compimento degli atti di istruzione previsti dagli artt. 231 e 232 del codice di .procedura penale (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Treviso, ordinanza 26 aprile 1971, G. U. 13 ottobr' 1971, n. 259. 1 codice di procedura penale, art. 458 (Falsa testimonianza, perizia o interpretazione), in quanto consente differenti termini per la ritrattazione a seconda che il dibattimento della causa principale sia proseguito o rinviato (artt. 3 e 24 della Costituzione) 1(312). Tribunale di Vicenza, ordinanza 8 luglio 1971, G. U. 13 ottobre 1971, n. 259. codice di procedura penale, art. 592 (Pregiudizialit dell'amnistia ed eccezioni alla regola), in quanto non consente al giudice di acquisire nuove prove ed alla difesa di fornire ulteriori elementi utili a consentire il proscioglimento dell'imputato con formula pi favorevole di quella derivante dall'applicazione dell'amnistia (artt. 24, secondo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione) (313). Pretore di Pesaro, ordinanza 12 giugno 1971, G. U. 22 settembre 1971, n. 240. (310) Questione dichiarata non fondata con sentenza 2 luglio 1970, n. 124, ricordata nella seconda delle due sopra ricordate ordinanze di rimessione. (311) Sui precedenti v. retro nota 94. (312) Differente questione di legittimit costituzionale dell'art. 458 del codice di procedura penale stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 25 della Costituzione, con sentenza 9 luglio 1963, n. 122. (313) Questione dichiarata non fondata, ai sensi di cui in motivazione ., con. sentenza 14 luglio 1971, n. 175. f PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 201 codice di procedura penale, art. 612 (Spese di esecuzione della con- 0,anna e di mantenimento in carcere), in quanto pone ad esclusivo carico del condannato l'onere delle spese di mantenimento negli stabilimenti di pena (artt. 53 e 3 della Costituzione). Pretore di Napoli, ordinanza 28 aprile 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. r.d. 8 febbraio 1923, n. 1067 (Norme per iL servizio delle comunicazioni senza jHo), artt. 1, 2 e 18, in quanto istituiscono il monopolio statale delle trasmissioni a mezzo di radio onde e condizionano alla discrezionale concessione dell'autorit amministrativa la possibilit per il cittadino di utilizzare il mezzo della radio trasmissione (artt. 21 e 43 della Costituzione) (314). Pretore di Poggibonsi, ordinanza 15 maggio 1971, G. U. 22 settembre 1971, n. 240. r.d.I. 19 ottobre 1923, n. 2328 (Disposizioni per la foirmazione degli orari e dei turni di servizio del personale addetto ai pubblici servizi di trasporti in concessione), art. 21 (delle disposizioni annesse), modificato dal r.d.I. 2 dicembre 1923, n. 2682, in quanto prevede il diritto del lavoro al riposo secondo un criterio che prescinde dalla cadenza settimanale (art. 36, ultimo comma, della Costituzione) (315). Corte di appello di Genova, ordinanze 8 e 15 marzo 1971, G. U. 22 settembre 1971, n. 240. r.d.I. 2 dicembre 1923, n. 2682 (Disposizioni per il personaie addetto ai pubblici servizi di trasporto in concessione), che modifica l'art. 21 del r.d.1. 19 ottobre 1923, n. 2328, in quanto prevede il diritto del lavoratore al riposo secondo un criterio che prescinde dalla cadenza settimanale (art. 36, ultimo comma, della Costituzione) (316). Corte di appello di Genova, ordinanze 24 maggio 1971 (tre), G. U. 15 settembre 1971, n. 233. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (Legge del registro), comb. disp. art+. 8, 11, 12, 14, 68 e 80, in quanto impone il pagamento di tante imposte di titolo quante sono le sentem;e emesse nelle varie fasi dello stesso (314) Cfr. sentenza 13 luglio 1960, n. 59 della Corte costituzionale, criticata nella sopra indicata ordinanza di rimessione. (315) Disposizione dichiarata incostituzionale con sentenza 30 giugno 1971, n. 146. (316) L'art. 21 delle disposizioni annesse al r.d.1. 19 ottobre 1923, n. 2328, nel testo modificato dal r.d.1. 2 dicembre 1923, n. 2682, stato dichiarato incostituzionale, per i motivi sopra indicati, con sentenza 30 giugno 1971, n. 146. Nella sopraindicata ordinanza la questione risulta proposta per l'art. 21 del r.d.1. 2 dicembre 1923, n. 2682. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 202 processo ed esclude al tempo stesso la restituzione delle imposte pagate con riferimento al contenuto sostanziale di decisioni poi riformate (artt. 3, 24 e 53 della Costituzione) (317). Corte di appello di Messina, ordinanza 1 luglio 1971, G. U. 27 ottobre 1971, n. 273. r.d. 30 dic:embre 1923, n. 3238 (recte: n. 3282) (Testo unico deUe leggi sul gratuito patrocinio), artt. 1 e 2 e c:onnessi, in quanto impongono agli avvocati ed ai procuratori l'assistenza gratuita dell'imputato (artt. 3, 24 e 36 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 6 marzo 1970, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. d.m. 26 febbraio 1933, in quanto stabilisce un criterio di imposizione che per essere correlato all'unit minima di lunghezza di un chilometro risulta meramente fittizio (artt. 3, 23 e 53 della Costituzione). Tribunale di Busto Arsizio, ordinanza 16 aprile 1971, G. U. 22 settembre 1971, n. 240. Pretore di Frigento, ordinanza 25 giugno 1971, G. U. 22 settembre 1971, n. 240. r.d. 11 dic:embre 1933, n. 1775 (Testo unico sulle acque e sugli impianti elettrici), art. 123, in quanto dispone la maggiorazione di un quinto del valore dell'immobile asservito ai fini della determinazione dell'indennit di asservimento (artt. 3 e 42 della Costituzione) (318). Tribunale di Lagonegro, ordinanza 22 aprile 1971, G. U. 22 settembre 1971, n. 240. r.d. 22 gennaio 1934, n. 37 (Norme integrative e di attuazione del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, suli'ordinamento delLe professioni di avvocato e di procuratore), art 63, sec:ondo comma, secondo periodo, in quanto consente solo al pubblico ministero, e non anche all'incolpato, di essere presente al momento della deliberazione (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Corte di cassazione, sezioni unite, ordinenze 28 gennaio 1971 (due), G. U. 15 settembre 1971, n. 233. r.d. 4 ottobre 1935, n. 1827 (Perfezionamenta e coordinamento della previdenza sociale), art, 40, n. 4, in quanto esclude i portieri dall'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, senza distinguere tra i portieri di fabbricati in condominio e quelli che di(. 317) Analoga questione, proposta per gli artt. 55, 32, 12 e 14 della legge del registro, stata dichiarata manifestamente inammissibile, in quanto proposta da organo non giuridiziabile, con ordinanza 18 novembre 1970, n. 163. (318) Questione gi proposta dalla corte di appello di Roma (ordinanza 17 novembre 1970, G. U. 28 aprile 1971, n. 106) e dal tribunale di' Latina (ordinanze 19 dicembre 1970 e 7 gennaio 1971, G. U. 24 marzo 1971, n. 74). J J PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE. 203" pendono da un unico proprietario che dia in locazione gli appartame1; 1ti di un intero edificio a scopo di lucro (art. 3 della Costituzione) (319). Corte di cassazione, seconda sezione, ordinanza 15 marzo 1971, G. U. 27 ottobre 1971, n. 273. d.I. 7 agosto 1936, n. 1639 (Riforma degli ordinamenti tributari), art. 22, in quanto esclude la tutela giurisdizionale contro le decisioni delle commissioni provinciali delle imposte relative all'applicazione delle imposte dirette che si riferiscono alla semplice estimazione dei redditi (art. 113 della Costituzione) (320). Tribunale di Napoli, ordinanza 5 aprile 1971, G. U. 13 ottobre 1971, n. 259. r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), art. 195, secondo comma, in quanto non prevede l'obbligo del tribunale di disporre la comparizione del debitore in camera di consiglio per l'esercizio del diritto di difesa, in contraddittorio sia con la parte istante sia con l'autorit governativa incaricata della sorveglianza sull'impresa (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (321). Tribunale di Bologna, ordinanza 23 marzo 1971, G. U. 13 ottobre 1971, n. 259. r.d. 3 aprile 1942, n. 1133 (Parte seconda dei regolamento per l'esecuzione del t.u. delle disposizioni legislative sul reclutamento del regio esercito approvato con r.d. 24 febbraio 1938, n. 329), art. 1074, in quanto demanda ai consigli di leva accertamenti di natura giurisdizionale (artt. 3, primo comma, e 102, primo comma, della Costituzione). Pretore di Ascoli Piceno, ordinanza 28 aprile 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. d.P.R. 14 ottobre 1948, n. 98 (recte: n. 1646) (Modificazioni all'articolo 1075 del regolamento pe'I" l'esecuzione del testo unico delle disposizioni legislative sul reclutamento dell'Eser'Cito, approvato con r.d. 24 febbraio 1938, n. 329), articolo unico, in quanto demanda ai consigli di leva accertamenti di natura giurisdizionale (artt. 3, primo comma, e 102, primo comma, della Costituzione). Pretore di Ascoli Piceno, ordinanza 28 aprile 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. (319) L'art. 40, n. 6, del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827 stato dichiarato incostituzionale con sentenza 16 luglio 1968, n. 103. (320) V. retro, nota 192. (321) v. sentenza 16 luglio 1970, n. 141 della Corte costituzionale, con declaratoria di illegittimit costituzionale, in limiti analoghi a quelli sopra prospettati, dell'art. 15 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267. ) 204 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 13 marzo 1950, n. 120 (Norme relative all'ordinamento dell'Istituto Nazionale di Assistenza per i Dipendenti da Enti Locali 1.N.A.D.E.L.), art. 11, primo e terzo comma, ultima parte, in quanto vieta il cumulo dell'assegno vitalizio -con un trattamento di quiescenza, con disciplina per i dipendenti da enti locali diversa da quella stabilita per i dipendenti dello Stato (artt. 36 e 3 della Costituzione) (322). Corte dei eonti, terza sezione per le pensioni civili, ordinanza 28 novembre 1970, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. legge 2 luglio 1952, n. 703 (Disposizioni in materia di finanza locale), art. 39, seeoncto (recte: .primo) comma, che recepisce il criterio di imposizione stabilito dal d.m. 26 febbraio 1933, che per essere correlato all'unit minima di lunghezza di un chilometro risulta meramente fittizio (artt. 3, 23 e 53 della Costituzione) (323). Tribunale di Busto Arsizio, ordinanza 16 aprile 1971, G: U. 22 settembre 1971, n. 240. legge reg. sie. 28 aprile 1954, n. 11 (Sgravi fiscali per le nuove costruzioni eciilizie), art. 6, in quanto non consente agevolazioni tributarie per i trasferimenti congiunti di appartamenti e negozi, secondo criterio diverso da quello stabilito dall'art. 17, secondo e terzo comma, della J.egge nazionale 2 luglio 1949, n. 408 (artt. 3 e 53 della Costituzione ed artt. 14, 17 e 36 dello statuto della Regione siciliana). Tribunale di Messina, ordinanza 9 luglio 1970, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. legge 22 ottobre 1954, n. 1041 (Disciplina della produzione, del commercio e deU'impiego degii stupefacenti), art. 25, in quanto prevede l'emissione obbligatoria del mandato di cattura (artt. 3, primo comma, 13, primo e secondo oomma, 25, terzo comma, 27, secondo comma, e 104, primo comma, della Costituzione) (324). Giudice istruttore del tribunale di Bologna, ordinanza 8 luglio 1971, G. U. 27 ottobre 1971, n. 273. (322) Analoga questione stata gi proposta dalla stessa autorit giudiziaria con ordinanze 28 novembre 1970 e 21 gennaio 1971 (G. U. 7 luglio 1971, n. 170). (323) Questione gi proposta dalla corte di appello di Milano (ordinanza 30 ottobre 1970, G. U. 24 febbraio 1971, n. 49). (324) Anche se riferita all'art. 25 della legge 22 ottobre 1954, n. 1041 la questione investe la legittimit costituzionale dell'istituto della cattura obbligatoria, in s considerato. Differenti questioni di legittimit costituzionale dell'art. 25 della legge 22 ottobre 1954, n. 1041 sono state proposte dal tribunale di Venezia (ordinanza 28 ottobre 1970, G. U. 27 gennaio 1971, n. 22) e dal giudice istruttore del tribunale di Siracusa (ordinanza 27 gennaio 1971, G. U. 21 aprile 1971, n. 99). Altra questione di legittimit costituzionale dell'art. 25 della legge 22 ottobre 1954, n. 1041 stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 25, secondo comma, d'ella Costituzione, con sentenza 19 maggio 1964, n. 36. R. det'La R. det'La ,; PARTE Ilf, RASSEGNA DI LEGISLAZlON 205 legge 4 agosto 1955, n. 692 (Estemione~assistenza di malattia I ai pensioinati di invalidit e vecchiaia), art. 4, terzo comma, ultlm parte, in quanto pone a carico del farmcista l'obbligo della corresponsione immediata dell'intero sconto previsto (art. 53, primo comma, della Costituzione). Corte di appello di Roma, ordinanza 25 maggio 1971, G. U. 22 settembre 1971, n. 240. d.P.R. 8 agosto 1955, n. 666 (Norme di attuazione e di coordinamento deL'La legge 18 giugno 1955, n. 517, contenente modificazioni ai codic;e di procedura. pe1Ulte), art. 3, in quanto esclude l'obbligo di notificave a mani pro>rie, o nelle altre forme di cui all'art. 169 del codice di procedura penale, l'estratto della sentenza contumaciale all'imputato precedentemente dichiarato irreperibile (artt. 3 e 24 della Costituzion) (325). tore di Avigliana, ordinanza 21 maggio 1971, G. U. 15 settem' n. 233 . 25 ottobre 1955, n, 932 (Norme di attuazione e di coordina Legge 18 giugno 1955, n. 517, concernente modificazioni aZ codice di proced.u,ra penale), art. 6, in quanto impone al giudice di appello, dichiarata la nullit della sentenza i-struttoria impugnata ai sensi dell'art. 387 del codice di procedura penale per essersi verificata una delle nullit indicate all'art. 185 dello stesso codice, di procedere direttamente a norma dell'art. 189 del codice di procedura penale (artt. 24 "e 25 della Costituzione). Sezione istruttoria della corte di appello di Palermo, ordinanza 23 giugno 1971, G. U. 13 ottobre 1971, n. 259. legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Norme di prevenzione nei confronti deLl persone pericolose perr 'La sicurezza e per 'La pubblica moralit), art. 11, in quanto consente il .protrarsi a tempo indeterminato della misura di prevenzione (artt. 13, 24 e 27 della Costituzione). Tribunale di Napoli, ordinanza 12 luglio 1971, G. U. 13 ottobre 1971, n. 259. d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi suzie imposte I dirette), art+. 261, primo comma, e 262, terzo comma, m quanto consente di promuovere la dichiarazione di fallimento del contribuente moroso, (325) Disposizione gi dichiarata incostituzionale, con sentenza 22 marzo 1971. n. 54, nella parte in cui prescrive che il decreto di irreperibilit emesso nel giudizio di primo grado cessa di avere efficacia solo con la trasmissione degli atti al giudice competente per il giudizio di appello e non con la pronuncia del giudice di primo grado. 24 206 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO con discriminazione dei contribuenti correlata alla natura dell'attivit esercitata (art. 3, primo comma, della Costituzione) (32,6). Tribunale di Milano, ordinanza 15 aprile 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico deite disposizioni per la composizione e la elezione degli cyrgani delle amministrazioini comunali), art. 15, n. 6, in quanto considera la :pendenza di liti con il comune come causa di ineleggibilit e non come causa di mancata convalida della nomina o di decadenza dalle funzioni (artt. 3 e 51 della Costituzione) (327). Corte di appello di Napoli, ordinanza 5 maggio 1971, G. U. 13 ottobre 1971, n. 259. d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai e degli impiegati addetti alle industrie edilizie ed affini), art. 1 (recte: unico), nella parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 14 del contratto collettivo nazionale 24 luglio 1959 per gli operai addetti alle industrie edilizia ed affini, in quanto non consente al giudice, ai sensi dell'art. 7 della legge 14 luglio 1959, , n. 741, di adeguare al limite sancito dall'art. 36 della Costituzione la retribuzione che risulti in concreto insufficiente (art. 36 della Costituzione) (328). Tribunale di Napoli, ordinanza 7 aprile 1971, G. U. 27 ottobre. 1971, n. 273. (326) Questione dichiarata non fondata, in riferimento anche all'art. 4 della costituzione, con sentenza 6 luglio 1970, n. 114. La questione di legittil'nit costituzionale dell'art. 261, quarto comma, del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, con sentenza 29 aprile 1971, n. 93. (327) Questione gi proposta dalla stessa autorit giudiziaria (ordinanza 24 mrazo 1971, G. U. 30 giugno 197,1, n. 163). Sull'art. 15 del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 v. sentenze 11 lugli-O 1961, n. 42, 26 marzo 1969, n. 46 e 4 marzo 1971, n. 38. ((328) L'art. 7, secondo comma, della legge 14 luglio 1959, n. 741 e tutti i decreti presidenziali emanati in base alla delega di cui gli artt. 1 e 7 della legge 14 luglio 1959, n. 741 sono stati dichiarati incostituzionali, con sentenza 6 luglio 1971, n. 156, limitatamente alla parte in cui escludono che la sopravvenuta non corrispondenza dei minimi salariali fissati nei contratti collettivi resi validi per tutti gli appartenenti alle rispettive categorie conferisca al giudice ordinario l'eserci'zio del potere attribuito dall'art. 36 della Costituzione. L'articolo unico del d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1(),32 stato dichiarato incostituzionale nelle parti in cui rendeva obbligatorio erga omnes gli artt. 34, 55, 56, 61 e 62 del contratto collettivo nazionale 24 luglio 1959 (v., rispettivamente, sentenze 13 luglio 1969, n. 129, 6' luglio 1965, n. 56, 23 maggio 1966, n. 45, 9 giugno 1965, n. 43, e 13 luglio 1963, n. 129), gli artt. 46 e 47 del contratto collettivo nazionale 1 agosto 1959 (sentenze 4 febbraio 1967, n. 9 e 10 febbraio 1969, n. 12), e gli artt. 6, terzo comma, e 11 del contratto collettivo 30 settembre 1959 per gli operai edili ed affini della provincia di Teramo (sentenza 4 mroz 1971, n. 42). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 207 d.P.R. 9 maggio .1961, n. 865 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle provincie di Avellino, Benevento, Caserta, Napoli e Salerno), art. 1 (recte: unico), nella parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 1 del contratto integrativo provinciale 2 ottobre 1959 per gli operai addetti all'industria edilizia per la provincia di Napoli, in quanto non consente al giudice, ai sensi dell'art. 7 della legge 14 luglio 1959, n. 741, di adeguare al limite sancito dall'art. 36 della Costituzione la retribuziooe che risulti in concreto insufficiente (art. 36 della Costituzione) (329). Tribunale di Napoli, .ordinanza 7 aprile 1971, G. U. 27 ottobre 1971, n. 273. legge 29 dicembre 1962, n. 1744 (Nuove disposizio1J1,i per l'applicazione delle leggi di registro, dell'imposta generale sull'entrata e del bollo sui contratti di locazione di beni immobiii urbani), arf. 5, in quanto prevede per le ipotesi di omesso o tardivo pagamento dell'imposta, e secondo sanzione ,solo quantitativamente differenziata da quella stabilita per l'ipotesi di evasione, sopratasse sproporzionate a quelle previste in via generale dal r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (artt. 3, primo comma, e 53, .primo comma, della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 8 marzo 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237 (Leva e reclutamento obbligatxnio nell'Esercito, nella Marina e ne.U'Aeronautica), art. 137, terzo e quarto comma, in quanto demanda ai consigli di leva accertamenti di natura giurisdizionale (ar:tt. 3, primo comma, e 102, primo comma, della Costituzione) (330). Pretore di Ascoli Piceno, ol'dinanza 28 aprile 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. d.P.R. 21 aprile 1965, n. 373 (Conglobamento dell'assegno temporaneo sugli stipenCLi, paghe e retribuzioni del personale statale, in applicazione della legge 5 dicembre 1964, n. 1268), art. 21, in quanto, con il richiamo all'art. 3, ultimo comma, della J.egge 6 febbraio 1963, n. 45, esclude la computabilit dell'assegno temporaneo nella retribuzione (art. 3 della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 20 marzo 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. (329) L'articolo unico del d.P.R. 9 maggio 1961, n. 865 stato dichiarato incostituzionale nelle parti in cui rende obbligatori erga omnes l'art. 6 del contratto collettivo 30 settembre 1959 per gli operai della provincia di Salerno (sentenza 13 luglio 1963, n. 129) e le clausole 5 e 7 dell'accordo di lavoro 2 ottobre 1969 per la provincia di Napoli (sentenze 12 novembre 1964, n. 79 e 26 novembre 1964, n. 97). (330) Analoga questione stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. .3. e 25, secondo comma, della Costituzione, con. sentenza 8 luglio 1971, n. 1-66. 208 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1164 (recte: n. 1124) (Testo unico delle disposizio1ii per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortruni sul lavoro e le malattie professionali), art. 11, primo e secondo comma, in quanto ammette il diritto di regresso dell'I.N.A.I.L. anche nei confronti del datore di lavoro dell'infortunato e cio contro lo stesso assicurato (art. 3 della Costituzione) (331). Tribunale di Gorizia, ordinanza 11 febbraio 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico deUe disposizioni per l'assicurazione obbligatoria c01ntro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), art. 51, in quanto impone al datore di lavoro di rimborsare anche le prestazioni liquidate dall'istituto assicuratore (articoli 38 e 53, primo comma, della Costituzione), con obbligo che ri. sulta di diversa portata e contenuto a seconda che si siano o no verificati infortuni e che siano stati di maggiore o minore. gravita (art. 3 della Costituzione)' (332). Tribunale di Bologna, ordinanza 1 giugno 1971, G. U. 27 ottobre 1971, n. 273. legge 14 lugJi.o 1965, n. 963 (Disciplina della pesca marittima), -art. 24, se ed in quanto applicabile nella Regione siciliana, rper incompatibilit con la legge regionale 1 luglio 1947, n. 3 che rende applicabili invece le norme del r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604 e del r.d. 13 novembre 1882, n. 1090 (art. 14 de1lo statuto della Regione siciliana). Pretore di Ispica, ordinanza 18 giugno 1971, G. U. 13 ottobre 1971, n. 259. legge 14 luglio 1965, n. 963 (Disciplina deLla pesca marittima), art. 26, 'lettera c, in quanto contempla come pena accessoria la sospensione della validit del permesso di pesca che per essere riferita alla nave con cui stato commesso il reato pu in concreto gravare a carico di persona diversa dall'imputato (art. 27, primo comma, della Costituzione). Pretore di Piombino, ordinanza 14 maggio 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233 (333). (331) Questione dichiarata non fondata con sentenza 22 luglio 1971, n. 134. (332) Questione gi proposta, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dal tribunale di Bari (ordinanza 12 novembre 1970, G. U. 28 aprile 1971, n. 106). (333) Con la stessa ordinanza il pretore di Piombino ha ritenuto manifestamente infondata, in riferimento agli artt. l, primo comma, 4 e 27, terzo comma, della Costituzione, altra questione di legittimit costituzionale, gi proposta invece, per l'art. 26 lettere b e d della legge 14 luglio 1965, n. 963, dal pretore di Massa (ordinanza 13 novembre 1970, G. U. 10 marzo 1971, n. 62) e dal pretore di Rom' (ordinanza 16 gennaio 1971, G. U. 5 maggio 1971, n. 112). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 209' legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuati), art. 10, in quanto esclude l'applicabilit ai dirigenti delle norme che disciplinano il recesso dal rapporto di lavoro (art. 3 della Costituzione) (334). Pretore di Marano di Napoli, ordinanza 9 luglio 1971, G. U. 13 ottobre 1971, n. 259. d.I. 11 dicembre 1967, n. 1150 (Proroga dei termini per l'applicazione deUe agevolazioni in materia di edilizia), convertito, con modificazioni, nella legge 7 febbraio 1968, n. 26, art. 5, primo comma, in quanto limita all'8 marzo 1960 la retroattivit dell'abolizione dell'obbligo dell'ultimazione del fabbricato entro il biennio dall'inizio dei lavori (ar.t. 3 della Costituzione) (335). Tribunale di Bologna, ordinanza 22 giugno 1971, G. U. 27 ottobre 1971, n. 273. legge 18 marzo 1968, n. 431 (Provvidenze per l'assistenza psichiatrica), art. 4, primo e secondo comma, in quanto condiziona l'internamento volontario alla sola. iniziativa dell'internato (art. 13 della Costituzione) (336). Tribunale di Ferrara, ordinanza 15 maggio 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. d.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639 (Regolamento per l'esecuzione della legge 14 luglio 1965, n. 963, concernente la disciplina della pesca marittima), art. 111, se ed in quanto applicabile nella Regione siciliana, per incompatibilit con la legge regionale 1 luglio 1947, n. 3 che rende applicabili invece le norme del r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604 e del r.d. 13 novembre 1882, n. 1090 (art. 14 dello statuto della Regione siciliana). Pretore di Ispica, ordinanza 18 giugno 1971, G. U. 13 ottobre 1971, n. 259. legge 24 dicembre 1969, n. 990 (A~sicurazione obbligatoria della responsabilit civile derivante dalla circolazione dei veico.ii a motore e dei natanti), art. 2.2, in quanto, senza che ricorra la ratio alla quale sono ispirate analoghe disposizioni della legge per gli infortuni sul lavoro, condiziona la proponibilit dell'azione per il risarcimento dei (334) Questione analoga stata gi proposta, per quanto concerne gli apprendisti, dal pretore di Milano (ordinanza 18 marzo 1971, G. U. 27 luglio 1971, n. 184). L'art. 10 della legge 15 luglio 11)66, n. 604 stata gi dichiarato incostituzionale, con sentenza 4 febbraio 1970, n. 14, nella parte in cui non comprende gli apprendisti tra i beneficiari dell'indennit dovuta ai sensi dell'art. 9 della stessa legge. (335) Questione dichiarata non fondata con sentenza 22 giugno 1971, n. 132. (.336) Analoga questione stata proposta dalla stessa autorit giudiziaria con~ ordinanza 23 dicembre 1970 (G. U. 24 marzo 1971, n. 74). / 210 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO danni causati dalla circolazione dei veicoli o dei natanti, ad esclusivo vantaggio dell'assicuratore ,e precludendo al danneggiato la possibilit di proporre domanda riconvenzionale e di costituirsi parte civile nel processo penale e tutte quelle ulteriori attivit che il danneggiato potrebbe altrimenti porre in essere a tutela dei suoi diritti (artt. 3, 24 e 25 della Costituzione). Giudice conciliatore di Napoli, ordinanza 24 giugrw 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283 (Concessione di amnistia e di indulto), art. 1, in quanto concede particolare amnistia per i reati commessi a ,causa e in occasione di agitazioni sindacali, secondo inammissdbile criterio di discriminazione (art. 3, primo comma, della Costituzione) (337). Tribunale di Prato, ordinanza 4 giugno 1971, G. U. 13. ottobre 1971, n. 259. d.I. 26 ottobre 1970, n. 745 (Provvedimenti strao'l'dinari per la ripresa econom.ica), convertito con legge 18 dicembre 1970, n. 1034, art. 32, in quanto pone a carico del farmadsta l'obbligo dell'immediata corresponsione dello sconto previsto (artt. 53, primo comma, della Costituzione). Corte di appello di Roma, ordinanza 25 maggio 1971, G. U. 22 settembre 1971, n. 240. d.I. 26 ottobre 1970, n. 745 (Provvedimenti s,traordinari per la ripresa economica), convertito con legge .18 dicembre 1970, n. 1034, art. 56, in quanto nello stabilire le condizioni per la prmoga legale del rapporto di locazione prende in considerazione solo la situazione economica del conduttore, e non anche quella del locatore (art. 3 della Costituzione). Pretore di Poggio Mirteto, ordinanza 8 giugno 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. d.I. 26 ottobre 1970, n. 745 (Provvedimenti straordinari per Za ripresa economica), convertito con legge 18 dicembre 1970, n. 1034, art. 56, primo comma, in quanto esclude dalla proroga legale i contratti di J.ocazione stipulati in data successiva al 1 dicembre 1969 (art. 3, primo comma, della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanze 4 marzo 1971 (G. U. 13 ottobre 1971, n. 259) e 1 giugno 1971 (due) (G. U. 22 settembre 1971, n. 240). (337) Questione dichiarata non fondata con sentenza 14 luglio 1971, n. 175. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 211 d.I. 26 ottobre 1970, n. 745 (Provvedimenti straordinari per la ri presa economica), convertito con legge 18 dicembre 1970, n. 1034, art. 56, secondo comma, in quanto condiziona l'applicabilit della proroga le_ gale del rapporto di J.ocazione alle risultanze degli accertamenti fiscali ai fini dell'imposta complementare, attribuendo a tali risultanze, estranee al processo, rilevanza probatoria determinante e preclusiva (artt. 3, 24 e 25 della Costituzione) (338) . .Pretore di Bologna, ordinanza 15 marzo 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. legge reg. Piemonte 6 luglio 1971, riappr. 21 settembre 1971 (Appro vazione del rendiconto finanziario 1970). Presidente del Consiglio dei ministri, ricorso depositato il 12 ottobre 1971, G. U. 27 ottobre 1971, n. 273. \ (338) Questione gi proposta, per il terzo comma della disposizione ed in -riferimento anche all'art. 2 della Costituzione, dal pretore di Milano (ordinanza .29 gennaio 1971, G. U. 28 aprile 1971, n. 106). CONSULTAZIONI AGRICOLTURA Frodi nella preparazione e commercio di mosti. vini ed croeti -Procedi mento penale -Revoca licenze ed autorizzazioni -D.P.R. 12 feb braio 1965, n. 162, art. 106. Se, in pendenza di procedimento penale per infrazioni previste dal D.P.R. 12 febbraio 1965,. n. 16! possa l'Autorit che le ha rilasciate sospendere le autorizzazioni e le licenze di cui allo stesso D.P.R. 12 febbraio 1965, ai sensi dell'art. 106 di quest'ultimo (n. 6). APPALTO Concessioni di lavori per ope1e pubbliche -Se sia applicabile la revisionedei prezzi. Se alle concessioni amministrative di lavoro relativi ad opel'e pubbliche sia applicabile l'istituto della revisione dei prezzi ovvero tale istituto sia riferibile al solo appalto (n. 345). Nuovo Capitolato Generale -Art. 30 -Sospensione dei lavori disposta dalla Amm.ne -Compensi all'appaltatore. In quali casi possano legittimamente sospendersi i lavori da parte della Amministrazione comittente ed in quali sia dovuto un compenso all'appaltatore. Interpretazione dell'art. 30 del Nuovo Capitolato Generale delle Opere Pubbliche (n. 346). Revisione dei prezzi -Questioni in tema di edilizia scolastica prefabbricata. Se nei contratti di appalto stipulati in attuazione dell'art. 28 1. 28 luglio 1967 n. 641 in materia di edilizia scolastica prefabbricata sia ammissibile l'istituto della revisione dei prezzi di cui alla legge 21 giugno 1964 n. 463 (n. 347). AUTOVEICOLI Danni ad autoveicoli di vecchia immatricolazione -Riparazioni di costo superiore al valore del mezzo. Se, in caso di danni ad autoveicoli militari di vecchia immatricolazione il cui costo di riparazione sia superiore al valore commerciale del mezzo, l'entit del risarcimento sia da commisurare alla differenza tra il valore del veicolo ante sinistro ed il prezzo ricavabile dalla vendita (n. 73). PARTE II, CONSULTAZIONI 213 BELLEZZE ARTISTICHE E NATURALI Legge 29 giugno 1939, n. 1497 -Vincoli paesistici -Poteri del Ministro della P. I. in merito alla approvazione degli elenchi -Condizioni per il rilascio di licenze edilizie da parte dei Sindaci. Se il vincolo ex lege 1497/1939 sorga con il concorso della approvazione degli elenchi e la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (n. 23). Se il Ministro della P. I. possa rinviare per il riesame alle Commissioni o possa solamente modificare o negare l'approvazione degli elenchi (n. 23). Se in caso di inottemperanza agli obblighi di cui all'art. 15 1. 1497I 1939 possa esperirsi azione per danni nei confronti dei responsabile dopo la pubblicazione degli elenchi prima della loro approvazione e pubblicazione nella Gazzettta Ufficiale (n. 23). Se i Sindaci, nel rilasciare licenze edilizie dopo la imposizione del vincolo, siano obbligati a richiedere parere al Soprintendente. Se siano parimenti obbligati in caso di procedura vincolistica in itinere (n. 23). CIRCOLAZIONE ESTRADALE Depenalizzazione -Praoedimento nei giudizi di opposizione. Se il Prefetto possa essere rappresentato da un Commissario o un Ufficiale di pubblica sicurezza nei giudizi di opposizione ad ordinanza di cui alla 1. 317/67 (n. 28). Legge 173/1967 -Depenalizzazione -Violazioni commesse da un dipendente dell'Amm.ne ~ Obblighi di pagamento. Se le Amministrazioni dello Stato, quali proprietarie di autoveicoli, siano tenute al pagamento delle somme dovute dai dipendenti conducenti degli autoveicoli per inosservanza a ' norme sulla circolazione stradale (n. 29). Se sia possibile ottenere il rimborso di tali somme (n. 29). CONCESSIONI AMMINISTRATIVE Concessioni di lavori per opere pubbliche -Se sia applicabile la revisione dei prezzi. Se alle concessioni amministrative di lavori relativi ad opere pubbliche sia applicabile l'istituto della revisione dei prezzi ovvero tale istitutv sia riferibile al solo appalto (n. 102). CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI Sovvenzioni per l'effettuazione di una stagione lir~ca. Se il contributo concesso per l'effettuazione di 'una stagione lirica debba essere liquidato integralmente nel caso in cui una (o pi) recite non siano state eseguite pe:r causa di :forza maggiore (n. 93). :214 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO DANNI Danni ad autoveicoli di vecchia immatricolazione -Riparazioni di costo superiore al valore del mezzo. Se, in caso di danni ad autoveicoli militari di vecchia immatricolazione il cui costo di riparazione sia superiore al valore commerciale del mezzo, l'entit del risarcimento sia da commisurare alla differenza tra il valore del veicolo ante sinistro ed il prezzo ricavabile dalla vendita (n. 9). DEMANIO. Legge 6 agosto 1967, n. 765 e D.M. 1 aprile 1968 -Distanze di costruzioni dalle strade -Poteri delle Regioni. Se la Regione Trentino-Alto Adige possa con propri provv:edimenti legislativi imporre una distanza tra le costruzioni e le strade ed autostrade statali inferiore a quelle di cui all'art. 19 1. 6 agosto 1967, n. 765 e D.M. 1 aprile 1968 (n. 236). Servit di elettrodotto su beni demaniali -Apposizione di termine. Se nel caso di servit di elettrodotto gravante su beni demaniali possa richiedersi da parte della Amministrazione titolare dei beni la apposizione diun termine nell'atto da stipularsi ai sensi dell'art. 120 t.u. n. 1775 del 1933 (n. 237). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE Art. 15 D.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 -Pagamento rateale -Acquisto propriet -Schemi contratto -Clausole ex artt. 1490-1491 e.e. Se l'art. 15 d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 si applichi anche alle fatti specie di pagamento rateale del prezzo degli alloggi (n. 232). Se negli schemi di contratto per la cessione in propriet e per l'asse gnazione in propriet immediata degli alloggi popolari possano inserirsi le clausole di esonero da garanzia per vizi e difetti occulti (n. 232). ELETTRICIT ED ELETTRODOTTI Servit di elettrodotto su beni demaniali. ApposiziO'll-e di termine. Se nel caso di servit di elettrodotto gravante su beni demahiali possa richiedersi da parte della Amministrazione titolare dei beni la apposizione di un termine nell'atto di -stipularsi ai sensi dell'art. 120 t.u. n. 1775 del 1933 (n. 50). ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT Espropriaziooi militari -Occupazione preordinata -Indennit. Quale sia il termine di prescrizione applicabile al diritto all'indennit ,di occupazione preordinata all'espropriazione per esigenze militari. ~ Da quando decorre il suddetto termine (n. 298). PARTE II, CONSULTAZIONI 215 FALLIMENTO Ammissione al passivo di crediti fiscali. Se sia ammissibile l'ammissione con riserva al passivo fallimentare di crediti fiscali contestati dinanzi alle Commissioni tributarie (n. 126). l110RESTE Reati forestali -Depenalizzazione -Procedimnto nei confronti del minore. Se in tema di reati forestali depenalizzati ai sensi-della legge 9 ottobre 1967, n. 950 il procedimento di contestazione ed accertamento della violazione nonch la emissione della ingiunzione di pagamento della somma dvuta a titolo di sanzione amministrativa debba effettuarsi nei confronti del ninore autore della violazione (n. 7). IMPIEGO PUBBLICO Promozioni per scrutinio per merito comparativo -Richiesta degli interessati di ottenere copia degli atti del Consiglio di Amministrazione. Se il rilascio di copia degli atti del Consiglio di Amministrazione per la parte relativa agli scrutini per merito comparativo e delle schede dei promossi ex art. 196 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3 modificato con art. 38 d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077 sia subordinato alla esistenza nel richiedente di un interesse attuale giuridicamente valutabile e riconosciuto (n. 725) . .Sospensione cautelare dal servizio -Art. 91 d.P.R. n. 3 del 1957. Se l'avvenuta scarcerazione a seguito della scadenza dei termini mas. simi di custodia preventiva sia influente sulla sospensione cautelare dal servizio di pubblico impiego che l'art. 91 del d.P.R. n. 3 del 1957 collega obbligatoriamente all'avvenuta emissione del mandato (o ordin) di cattura (n. 726). Se si debba continuare l'erogazione dell'assegno alimentare, salvo che intervengano circostanze nuove che ne possano consigliare la modifica (n. 726). Se il dipendente sospeso dal servizio mantenga i diritti che si ricollegano con la sussistenza del rapporto di pubblico impiego e pertanto mantenga il diritto all'assistenza dell'ENPAS (n. 726). Se, per quanto riguarda i benefici ferroviari, debba essere ritirata al dipendente, a carico del quale sia stato adottato provvedimento di so, spensione cautelare obbligatoria, la tessera personale di riconoscimento (n. 726). IMPOSTA DI REGISTRO .Benefici ex lege 18 marzo 1965, n. 170 in tema di concentrazione di aziende senza aumento del capitale sociale. Se, ai fini della applicabilit dei benefici previsti dalla legge 18 marzo 1965, n. 170, possa verificarsi l'ipotesi di concentrazione di aziende senza aumento del capitale della societ concentrataria (n. 359). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Cessione a terzi della facoltd di sopraelevazione e pagamento dell'inden nitd di cui al 4 comma art. 1127 e.e. -Agevolazioni ex art. 14 l. 408/1949. Se la cessione a favore di terzi della facolt di sopraelevazione goda delle agevolazioni tributarie di cui all'art. 14 legge n. 408/1949 (n. 360). Se tali agevolazioni si applichino anche alle pattuizioni relative allaindennit di cui all'art. 1127, 4 comma e.e. (n. 360). IMPOSTE E TASSE Ammissione al passivo di crediti fiscali. Se sia ammissibile rammissione con riserva al passivo fallimentare di crediti fiscali contestati dinanzi alle commissioni tributarie (n. 544). IMPOSTE VARIE Tassa sulle anticipazioni o sovvenzioni contro deposito o pgno -Operazioni della Banca d'Italia. Se la Banca d'Italia, soggetto passivo della tassa sulle anticipazioni o sovvenzioni contro deposito o pegno, debba considerarsi esente dal tributo qualora svolga dette operazioni a favore di Enti (INPS-ENPDEDP)esenti per legge da qualsiasi tassa (n. 51). ISTRUZIONE Istituti di istruzione professionale ex lege 15 giugno 1931, n. 889 -Natura Obblighi dei Comuni. Se gli Istituti di Istruzione professionale di cui alla legge 15 giu gno 1931, n. 889 debbano considerarsi enti pubblici con personalit giu ridica (n. 21). Se i Comuni ove essi hanno sede siano obbligati a provvedere alle attrezzature per sale mediche di cui all'art. 13 d.P.R.. 11 febbraio 1961,_ n. 264 (n. 21). MATRIMONIO Scioglimento -Intervento in giudizio iussu iudicis del datore di lavorodel coniuge obbligato ex art. 8 l. 1 dicembre 1970_, n. 898. Se possa il giudice nei procedimenti per la cessazione degli effetti civili del matrimonio ordinare ex art. 107 c.p.c. l'intervento in causa del datore di lavoro del coniuge cui sono accollati gli oneri previsti dall'art. 8 1. 1 dicembre 1970, n. 898 (n. 23). NOTIFICAZIONE Notificazione di atti ex t.u. 14 aprile 1910, n. 639 -Messi di conciliazione - Indennitd spettanti. Se per la notificazione degli atti di cui al t.u. 14 aprile 1910, n. 639 a richiesta di Amministrazioni dello Stato, i messi di conciliazione abbiano diritto a percepire anticipatamente ed immediatamente dalle stesse le sole: PARTE II, CONSULTAZIONI 217 spese postali ed indennit di trasferta di cui all'art. 143 d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229 -Ovvero anche tutti gli altri diritti ad essi spettanti relativamente a dette notificazioni (n. 28). OBBLIGAZIONI E CONTRATTI , Provvedimenti della Giunta del Comitato Interministeriale Prezzi -Natura -Efficacia sui contratti in corso -Revisione del prezzo inferiore. Se i provvedimenti della Giunta del Comitato Interministeriale Prezzi .abbiano natura di provvedimenti amministrativi generali -0 speciali con l'effetto di fissare i1 prezzo massimo di imperio (n. 50). Se tali provvedimenti possano comportare la revisione dei prezzi inferiori nei contratti stipulati precedentemente alla loro emanazione (n. 5). PENSIONI Indennit una tantum -Diritto dei congiunti dell'impiegato deceduto Figli naturali riconosciuti in violazione art. 252 e.e.. Se i figli adulterini riconosciuti senza l'osservanza degli obblighi di cui al 3 comma art. 252 e.e. abbiano diritto a parte dell'indennit una tantum di cui alla legge 15 febbraio 1958, n. 46 (133) . .POSTE E TELECOMUNICAZIONI Spedizioni stampe periodiche in abbonamento -Irregolarit. Se l'Amm.ne PP.TT. possa legittimamente escludere dal servizio spedizione stampe periodiche in abbonamento a tariffa ridotta l'editore che sia ripetutamente incorso in irregolarit in occasione di precedenti spedizioni (n. 135). ' PREVIDENZA E ASSISTENZA . Contributi assicurativi su elargizioni una tantum ex art. 12 l. 30 aprile 1969, n. 153 -Prescrizione. Se l'art. 12 1. 30 aprile 1969, n. 153 importi una discriminazione innovativa tra due specie di elargizioni una tantum rispettivamente a titolo di liberalit e collegate al rendimento dei lavoratori e all'andamento aziendale rispetto all'art. 27 d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797 c-0n l'effetto per le prime di non rientrare nel computo della retribuzione ai fini della corresponsione dei contributi assicurativi (n. 81). Se l'art. 41 1. 30 aprile 1969, n. 153 preveda una prescrizione decennale a partire dal momento in cui si sarebbero dovuti versare i singoli contributi (n. 81). Indennit una tantum -Diritto dei congiunti dell'impiegato deceduto Figli naturali riconosciuti in violazione art. 252 e.e. Se i figli adulterini riconosciuti senza l'osservanza degli obblighi di cui al 3 comma art. 252 e.e. abbiano diritto a parte dell'indennit una tantum di cui alla legge 15 febbraio 1958, n. 46 (n. 82). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA ~ELLO STATO Regione Siciliana -Personale regionale -Norme dettate per i dipendenti statali. Se possano applicarsi al personale dipendente dalla Regione siciliana le norme di cui alla legge 2 aprile 1958, n. 322 in forza del rinvio disposto dall'art. 36 legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2 in materia di previdenza e assistenza (n. 83). PREZZI Provvedimenti della Giunta del Comitato Interministeriale Prezzi -Natura -Efficacia sui contratti in corso -Revisione del prezzo inferiore. Se i provvedimenti della Giunta del Comitato Interministeriale Prezzi abbiano natura di provvedimenti amministrativi generali o speciali con !'effetto di fissare il prezzo massimo di imperio (n. 70). Se tali provvedimenti possano comportare la revisione dei prezzi inferiori nei contratti stipulati precedentemente alla loro emanazione (n. 70). PROCEDIMENTO PENALE Legge 932/69 -Reati in materia di imposte comunali di consumo. Se gli addetti alle aziende delle imposte di consumo i quali investono la qualit di ufficiali od agenti di polizia giudiziaria ex art. 54 t.u. 14 settembre 1931, n. 1175 debbano uniformar.si nella loro attivit di repressione delle trasgressioni costituenti reato alle norme procedurali di cui alla 1. 932 del 5 dicembre 1969 (n. 14). REGIONI Legge 6 agosto 1967, n. 765 e D.M. 1 aprile 1968 -Distanze di costruzioni dalle strade -Poteri, delle Regioni. Se la Regione Trentino-Atto Adige possa con propri provvedimenti legislativi imporre una distanza tra le costruzioni e le strade ed autostrade statali inferiore a quelle di cui all'art. 19 1. 6 agosto 1967, n. 765 e D.M. 1 aprile 1968 (n. 185). Regione Siciliana -Personale regionale -Norme dettate per i dipendenti statali. Se possono appUoarsi al personale dipendente dalla Regione siciliana le norme di cui alla legge 2 aprile 1958, n. 322 in forza del rinvio disposto dall'art. 36 legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, in materia di previdenza e assistenza (n. 186). STRADE Legge 6 agosto 1967, n. 765 e b.M. 1 aprile 1968 -Distanze di costruzioni dalle strade -Poteri delle Regioni. Se la Regione Trentino-Alto Adige possa con propri provvedimenti legislativi imporre una distanza tra le costruzioni e le strade ed autostrade statali inferiore a quello di cui all'art. 19 1. 6 agosto 1967, n. 765 e~D.M. 1 aprile 1968 (n. 88).