ANNO XXVII -N. 5 SETTEMBRE -OTTOBRE 1975 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1975 ABBONAMENTI ANNO L. 8.500 UN NUMERO SEPARATO ............ 1.500 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/2640 Stampato in Italia Printed in ltaly Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1960 (5219077) Roma, 1976 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (o curo dell'avv. Michele Savarese) . pag. 797 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE (o curo del/'avv. Arturo Marzano) . 812 Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (o curo del/'avv. Benedetto Baccari) 848 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (o curo dell'avvocato Adriano Rossi) . 864 Sezione quinta: GIURISPRUDEN?'.A AMMINISTRATIVA (o cura del/'avv. Ugo Gargiulo) . 869 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (o curo degli avvocati Giuseppe Angelini-Rota e Carlo Bofi/e) 877 Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura del/'avv. Arturo Marzano} 9 I I Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Paolo Di Tarsia di Be/monte} . 937 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO LEGISLAZIONE . pag. 103 CONSULTAZIONI 113 INDICE BIBLIOGRAFICO . 117 la pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bologna; Fcrainoesco MAR1uzzo, Brescia; Giovanni CoNTU, Cagliari; .An:nerico RALLO, Caltanissetta; Giovanni VAcmcA, Catania; Filippo CAPECE MINUTOLO DEL SAsso, Catanzaro; Franco FAVARA, Firenze; FTancesco GuICCIARDI, Genova; Carlo BAFILE, L'Aquita; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Giuseppe MINNrrI, Messina; Marcello DELLA VALLE, Milano; Aldo ALABiso, Napoli; Nicasio MANcuso, Palermo; Pi.er GiorgJ.o LIGNANI, Perugia; Rocco BERARDI, Potenza; Umberto GIARDINI, Torino; Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MAND, Venezia. ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI ALBISINNI G., Capitolato generale 00.PP. approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063. Estensione obbligatoria alle opere di competenza della Regione siciliana: applicabiUt delie norme di procedura alle controversie arbitrali in corso . . . . . I, 931 DI TARSIA P., La contravvenzione prevista dagli artt. 220 e 221 del t.u. 27 luglio 1934, n. 1265 per immissione .di assegnatari in abitazioni prima delia licenza di abitabiliit . . . . . . I, 938 MARZANO A., L'art. 7 del trattato CEE e i vanvaggi sociali riconosciuti ai lavoratori migranti . . . . . . . . . . I, 823 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICIT -Concessione e derivazione Istruttoria -Domanda incompleta -Integrazione -Pr.efissione di termine perentorio, -Inosservanza -Irricevibilit della domanda, 927. -R1serva di energia -Sovracanone -Differenz,a -Normativa sui sovracanoni -Estensione analogica -Esclusione, 921. -Sovracanone -Disciplina anterio: re a11a 1. 4 di('embre 1956, numero 1377 -Alpplicazione -Presupposti, 921. Sovracanoni -Determinazione - Poteve discr.ezionale -Circ. Min. Finanze 22 1uglio 1959, n. 158 Autolimi. tazfone -Esclusione, 921. - Sovracanoni Determinazione de11a misura unitaria -Nuova detoominazione Ammissibilit, 920. -Utenza .e concerssione del servizio di distribuzione -Cessazione della co,ncessione del servizio di distribuzione -Estinzione dell'utenza -Non sussiste, 864. APPALTO -Appalto di opere pubbliche -Capitolato g.enerale di appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 -Opere di competenza della regione siciliana -Norme di procedura -Applicabilit ad arbitl'ato in corso alla data di entrata i:n vigore della legge reg. sic. 26 maggio 19173, n. 21 -Non susssite, con nota di G. ALBISINNI, 931. - Appalto di opere pubbliche -Capitolato generale di appalto per le opere di competenza del ministero dei Lavori Pubblici -Legge reg. sic. 26 maggio 1973, n. 21, art. 9 -Applicabilit obbligato ria capMolato generale di appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 196,2, n. 1063 alle opeve di competenza amministrazione, con nota di G . .ALBISINNI, 930. -Appalto di opere pubbliche -Collaudo -Ritardo -Maggiore 'richieste deH'appaltator,e, 911. -Appalto di ope!I'e pubbliche -Istituto delle riserve -Carattere generale -Deroghe -Li,miti, 911. -Appalto di opere pubbliche Maggiori richieste dell'appaltatore -Decadenza -Proposte transattive -Rinuncia tacita ad eccepire la decadenza -Esclusione, 913. -Appalto di opere pubbliche Maggiori irichieste dell'appaltatore -Fatti continuativi -Onere della tempestiva riserva -Sussistenza, 912. -Apipalto di opere pubbliche Maggiori richieste dell'appaltatore -Oneri .per difficolt di esecuzione o per lavori accessori non . specificamente previsti nel contratto -Onere della tempestiva riserva -Sussistenza, 913. -Appalto di opere pubbliche -Sospensione dei lavori -Maggiori richieste dell'appaJ.tatore -Oneve della tempestiva ri:serva, 911. CASELLARIO GIUDIZIARIO -Certificati a richiesta dei privati Beneficio della non menzione di condalJlilie -Limiti -Questione fondata di costituzionalit, 808. -Certificati a richiesta di privati Iscrizione della condanna dopo la espiazione della .pena -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 808. CIRCOLAZIONE STRADALE -Verba1e di accertamento -Dichiarzioni rese dal contravven INDICE VII tore -Mancata notifica -Lmproceditbilit -Questioni infondate di costituzionaut, 797. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Edilizia popolare ed economica - Assegnatlone provvisoria -Domanda dell'assegnatario per lo adempimento degli obblighi dell'Ente -Poteri dell'A:G.O. -Sentem~ a di condanna dell'Ente ad un faceTe -Limiti, 848. -Edilizia popofare ed economica GE, SCAL -Soppressi01:1e -Effetti processuali, 848. -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa: autorizzazioni e concessioni -Mezzogiorno -Opere di miglioramento fondiario ... Sovvenzioni: posizioni soggettive del beneficiario, 857. -Giurisdizione ordinaria ed amministriati- va -Bellezze naturali Sanzioni amministratLve -Ingiunzione: contestaziohe sulla legittimazione passiva dell'ingiunto -Giurisdizione dell'A.G.O., 854. - Improponibilit assoluta della domanda -ProponibHit della domanda ,e g,iudizio di merito: nozione, 863. COMUNE -Autorizzazione a stare in giudizio -Deliberazione urgente della Giunta municipale -Mancanza di approvazione -Inefficacia, 870. COMUNIT EUROPEE -Agricoltura -Orgaind.zzazioni comuni e dei mercati -Cereali Regime delle cauzioni all'importazione -Normativa comunitaria -Norme interne riproduttive Illegittimit costituzinale -Limiti, 812. -Lavoratori migranti -Vantaggi sociali -Comprendono la tessera a riduzione sui prezzi di trasporto, con nota di A. MARZANO, 822. -Lavocatori migranti -Vantaggi sociali -Nozione -Interrp.retazione restrittiva -Esclusione, con nota di A. MARZANO, 822. -Libera circolazione delle persone -Limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico -Divieto di soggforno in determinate par,ti del territorio nazionale, con nota di I. M. BRAGUGLIA, 838. -Norme di diritto interno riproduttive ,di norme comunitairie Disapplicazione -Inammi,ssibilit -Obbligo del giudice di sollevare questione di legittimit costituzionale, 812. -Trasferimento agli organi comunitari del potere di emanare norme giuridiche -Conseguenze Radicale privazione di efficacia deUa volont sovrana degli organi legislativi degli Stati membri -Esclusione, 812. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -V., CaselLario giudiziario, Circolazione stradale, Lavoro, Matrimonio, Procedimento cfoile, Procedimento penale, Sciopero. DEMANIO E PATRIMONIO -Uso dei beni -Beni immobili assegnati a servizio governativo Concessione in uso al Ministero da cui dipende il servizio -Conseguenza -Provvedimenti relativi al bene cos concesso -Competenza del Ministero concessionario -Provvedimenti del solo Ministero finanze -Illegittimit, 873. -Uso dei beni -Beni immobili assegnati a ,servizio governativo Dismissione -Sogpensione temporanea dell'applicazione al servizio .., Non imp'1Lca dismissione, 874. ESPROPRIAZIONE -Espropriazione per p. u. -.A!pprovazfone del progetto -Dichiarazione di ,pubblica utilit indifferibiUt e rurgenza -Occupazione di urgenza -Opposizioni -Esame -Necessit -Insussistenza, 929. -Danni per occupazione ultra biennale proposta dop0 la pronuncia del decreto di espropriazfone ma VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prima deHa sua notifica -La domanda giudiziaJ.e si converte in opposizione alla stima, 864. -Dichiarazione di pubblica utilit -Mezzi finanziaxi -Nozione, 929. -Espropriazione -Mezzogiorno Industrializz azionie -Piano di sviluppo industriale -Indennizzo Pagamento -Tempo -Art. 147 quarto comma T. U. n. 1523 del 1967 -Contraisto con l'art. 42 Cost. -Manifest.a infondatezza, 872. -Espropriazione -Mez.zogiorno - Industrializzazdone -Piano di sviluppo industriale -Vincolo di al'ee senza :indennizzo -Art. 147 primo re ultimo comma T. U. numero 1523 del 1967 -Contrasto con l'art. 42 Cost. -Non manifesta infondatezza, 872. -Occupazione d'urgenza -Decreto di occrupazdone -' Contenuto - Pillefissione dei termini per la espropriazione -Non occorre, 874. -Occupazione d'urgenza -Edilizia popolare ed economica -Occupazione di area vincoLafa dal p.e.e,p. - atto dovuto -Scelta dell'area -Discrezionalit del Prefetto. Esc1usione, 875. -Occupazione d'urgenza -Indennit -Omessa indicazione nel decr eto di occupazione -IrrHevanza, 875. -Occupazione d'urgenza -Mezzogiorno -Industrializzazione -Piano di sviluppo industriale -Omessa specificazfone delle opffi'e per cui si dichiara '1'urg.enza -Articolo 147 pvimo comma T. U. numero 1523 del 1967 -Contrasto con l'art. 42 Cost. -Manifesta infondatezza, 872. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Consiglio giustizia amministrativa Regione skiliana -CompoSizione -Conferma di componenti laici -Discrezionalit deHa Giunta regionale -Art. 3 secondo comma d. l.vo n. 654 del 1948 -Contrasto con l'art. 100 Cost. -Non manifesta infondatezza, 869. -Consiglio .giustizia amministrativa Regione siciliana -Composi zione -Conferma di componenti laitci -Discvezionalit della Giunta regionale -Art. 3 secondo comma d. il.vo n. 654 del 1948 -Contrasto con gli della norma non escludono l'assistenza del difensore, non rinvenendosi nessuna disposizione ostativa al riguardo, mentre, come questa Corte ha affermato con la sent. n. 111 del 1972, Ǐ nel sistema, anche a proposito dei procedimenti speciali, che la parte si possa far rappresentare o almeno assistere da un difensore. Onde, in mancanza di una norma che vieti codesta assistenza, si deve ritenere che la stessa sia implicitamente ammessa e consentita . Ed , d'altra parte, nota la giurisprudenza della Corte con cui stato ripetutamente affermato il principio in base al quale l'assistenza del difensore in ogni tipo di procedimento ed in ogni fase processuale non assolutamente inderogabile, essendone possibile la.disciplina in aderenza alle speciali caratteristiche del singolo atto o procedimento preso in considerazione purch sia assicurata la finalit sostanziale (sent. n. 63 del 1972). Il diritto di difesa deve, quindi, ritenersi garantito da norme in virt delle quali, come quelle in esame, assicurata alla parte la possibilit di tutelare in giudizio le proprie ragioni facendosi assistere da un difensore. 4. -Uguali considerazioni vanno fatte per quanto riguarda la la-mentata violazione del diritto di difesa, che deriverebbe dal fatto che le modifiche, in revisione delle statuizioni contenute nella sentenza di divorzio, sono disposte con decreto, e verrebbero ad incidere, pertanto, su materia gi decisa con sentenza e con efficacia di giudicato. Deve riconoscersi, al riguardo, che vi sono sentenze, le quali, nella regolazione di tutto o di parte del rapporto dedotto in giudizio, ven-_ gono pronunziate sulla base di una valutazione discrezionale, da parte del giudice, delle circostanze di fatto assunte a base della decisione. Tali sentenze sono modificabili con una nuova decisione, qualora intervengano mutamenti nelle dette circostanze, nell'evidente intento di salvaguardare le esigenze ,di giustizia ed equit cui la sentenza si deve ispirare. Ed , appunto, espressione -di ta~e principio la modificabilit del regime patrimoniale della separazione personale e del divorzio, le cui disposizioni vengono infatti assunte dal giudice rebus sic stantibus in base a valutazione discrezionale delle condizioni obbiettive dei coniugi separati o divorziati al momento della pronunzia. Pertanto la modificabilit delle statuizioni in esame, ampiamente giustificata dall'oggetto del giudizio, non infrange l'autorit del giudicato, nel senso prospettato nell'ordinanza di rinvio. N, d'altronde, la circostanza, che qui le modifiche vengano adottate a conclusione di un 802 RASSEGNA DELL'AVVOCAT-URA DELLO STATO procedimento in camera di consiglio e con le forme proprie di tale rito, mentre i provvedimenti !Ilodificati seguono ad un procdimento ordinario e sono contenuti in una sentenza, configura un contrasto con la garanzia costituzionale del diritto di difesa. Ci , infatti, escluso dalla menzionat.a naturale modificabilit dei p~ovvedimenti stessi, di fronte alla quale ovviamente indifferente, per quanto riguarda l'osservanza della garanzia costituzionale invocata, l'adozione del rito camerale, nelle forme previste dalla norma impugnata, una volta dimostrato, come gi esposto, che il rito stesso non contrasta, di per s, con l'art. 24 della Costituzione. 5. -Con l'ordinanza del tribunale di Siena viene poi prospettata Ja violazione del principio di eguaglianza, che conseguirebbe alla differenziazione di disciplina ravvisata fra il rito previsto per la modifica delle situazioni patrimoniali in materia di separazione personale che, a norma dell'art. 710 c:p.c., deve svolgersi mediante una nuova procedura ordinaria, e la disciplina impugnata, che nonostante l'identit della materia regolata, prevede invece il rito camerale. Neppure detta censura fondata, poich formulata unicamente nel presupposto della omogeneit delle situazioni poste a raffronto, che invece non sussiste. La dottrina e la giurisprudenza hanno identificato i peculiari caratteri dell'assegno pecuniario a favore del coniuge divorziato, individuandone la complessa struttura la quale partecipa di molteplici aspetti (assistenziali in senso lato, risarcitorio e compensativo) che lo differenziano nettamente dall'assegno previsto in caso di separazione, che invece pacificamente caratterizzato dalla funzione alimentare o di mantenimento. Trattasi di una differenziazione di portata sostanziale e coinvolgente valutazioni che .investono essenzialmente la funzione dell'assegno quale elemento economico che si iscrive nella nuova realt giuridica e sociale conseguente all'istituzione del divorzio, la cui portata innovativa rispetto alla situazione normativa precedente in materia non ha ovviamente bis~gno di essere illustrata. Onde, anche sotto questo profilo, la scelta del rito camerale si inserisce nell'ambito della discrezionalit del legislatore, senza che emergano, d'altra parte, elementi di irrazionalit tali da escludere la giustificazione della diversit di disciplina adottata. 6. -Cos ritenuta non fondata la questione di costituzionalit sotto i profili dianzi considerati, devesi, tuttavia, passare all'esame di altro particolare profilo, che le ordinanze prospettano, nel senso che il sistema creato dalla legge del 1970 sarebbe carente di congrua disciplina dell'istruttoria in funzione dell'esercizio del diritto di prova giudiziaria> PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 803 / (ordinanza del tribunale di Biella) o di difesa tecnica, scritta e orale> (tribunale di Siena). Al riguardo, la Corte ritiene fondata la questione. L'art. 9 della citata legge, nell'indicare i mezzi probatori consentiti, per coonestare o per contraddire la domanda di revisione, fa riferimento ' testuale alla sola assunzione di informazioni ossia ad un mezzo di indagine non formale, ma atipico, consistente tradizionalmente nell'acquisizione di dati forniti, a richiesta, dalla polizia giudiziaria o dalla pubblica amministrazione. Ci pu concorrere al fine dell'indagine da compiere, ma non esau-. rirla, trattandosi, in materia, di accertamenti che richiedono ogni possibile approfondimento, data la pluralit, come si detto, degli elementi di giudizio, in relazione all'istituto del divorzio e delle sue conseguenze. Cosi potrebbe profilarsi, nel corso delle indagini officiose affidate al giudice, ovvero richieste con istanza di parte, la necessit o l'opportunit di acquisire una diretta e personale attestazione da parte di terzi, sotto forma di testimonianza, circa i fatti in controversia: come le stesse esigenze potrebbero verificarsi per quanto riguarda l'espletamento di una consulenza tecnica. In questi casi, l'attuale formula di legge espressa in senso restrittivo, che solo con evidente forzatura del testo, potrebbe essere ritenuta estensibile ad ipotesi non contemplate. Da ci consegue, constatata questa limitazione del diritto di difesa, la dichiarazione di illegittimit in parte qua della disposizione impugnata. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 15 luglio 1975, n. 209 -Pres. Bonifacio - Rel. Trimarchi -Paoletti c. Capparuccia. Lavoro -Salario -Pignorabilit -Limiti -Questione infondata di costituzionalit. (cost. art. 3; c.p.c., art. 545). infondata, in riferimento agli artt. 3 e 36 Cost., la questione di costituzionalit dell'art. 545, 4 comma, c.p.c., nella parte in cui prevede la pignorabilit della retribuzione corrisposta al lavoratore nella misura di un quinto (1). (1) Cfr. Corte Cost. 18 aprile 1974, n. 100, 101, 102, in questa Rassegna 1974, I, 800, 801. 804 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 15 luglio 1975, n. 213 -Pres. Bonifacio - Rel. De Marco -Fedele c. GI'.iserio. Procedimento civile -Notificazione e comunicazione atti civili -Questione infondata di costituzionalit. (cost., arti;. 3, 24; c.p.c., art. 140). infondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di costituzionalit dell'art. 140 c.p.c., che disciplina la notificazione di atti civili nel caso di irreperibilit o rifiuto a ricevere copia (1). (1) Per l'orientamento, sulla questione, della Cassazione, cfr. Cass. 11 febbraio 1974, n~ 397, Foro it. 1974, I, 677. I CORTE COSTITUZIONALE, 17 luglio 1975, n. 222 -Pres. Bonifacio Re!. Benedetti -Asero ed altri. Sciopero -Sciopero, serrata e boicottaggi Serrata di piccoli esercenti Questione fondata di costituzionalit. (cost., art. 40; c.p., art. 505, 506). illegittimo, pe1 violazione dell'art. 40 Cost., l'art. 506 c.p., nella parte in cui punisce la sospensione del lavoro effettuata per protesta dagli esercenti di piccole aziende industriali o commerciali che non hanno lavoratori alle loro dipendenze (1). II CORTE COSTITUZIONALE, 17 luglio 1975, n. 220 -Pres. Bonifacio - Ret Capalozza -Alfaioli ed altri. Sciopero -Occupazione o invasione di aziende -Arbitraria invasione Questione infondata di costituzionalit. (cost., artt. 3, 4, 40, 41; c.p., art. 508). Sono infondate, in riferimento agli art. 3, 4, 40, 41 Cost., le questioni di costituzionalit dell'art. 508 c.p., che incrimina l'arbitraria invasione o occupazione di aziende agricole o industriali (2). (1-2) Sulla serrata cfr. Corte Cost., 15 dicembre 1967, n. 141, in Foro it. 1968, I, 8, con nota; v. anche la sentenza citata in motivazione Corte Cost. 6 luglio 1970, n. 119, Fo10 it. 1970, I, 2056. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 805 I (Omissis). -Per risolvere la proposta questione occorre prendere posizione sul dibattuto tema della qualificazione dell'astensione dal lavoro dei soggetti di cui trattasi e stabilire se con essa si realizzi una forma di serrata, sia pure particolare, giusta la definizione che ne d il codice vigente, o non piuttosto una forma di sciopero ,propria di una particolare categoria di lavoratori. Il punto fermo di distinzione tra queste due forme di autotutela, desumibile dalle fonti del diritto positivo, le quali, pur non dandone una definizione ne precisano tuttavia il contenuto, che ad integrare la nozione tipica di serrata sufficiente il comportamento anche di un singolo soggetto, purch sia datore di lavoro e dalla sua condotta consegua la sospensione del lavoro .subordinato nell'ambito dell'azienda; perch si abbia sciopero, invece, necessaria una sospensione del lavoro da parte di una pluralit di lavoratori che agiscano d'accordo per il perseguimento di un comune interesse. Da questa distinzione, che trova riscontro nella realt socio-economica, deriva che non pu considerarsi serrata l'astensione dal lavoro di un soggetto che personalmente gestisce un'azienda, in quanto non avendo persone alle proprie dipendenze e non essendo perci datore di lavoro nei termini propri di_ questa espressione, non pu col suo contegno dar luogo a quella sospensione del rapporto di lavoro subordinato che si detto essere elemento indispensabile per la configurazione di questa for-: ma di autotutela. L'esattezza di questa opinione . del resto confermata dalla stessa struttura giuridica dell'incriminazione prevista dall'articolo 506 del codice penale la quale -a differenza di quanto stabilito per la vera serrata posta in essere dal datore di lavoro che abbia dipendenti ed in .Perfetta simiglianza, invece, con .lo sciopero per .fini contrattuali compiuto dai lavoratori dipendenti {art. 502 cod. pen.) -esige per la punibilit dei piccoli esercenti che essi sospendano collettivamente -almeno in numero di tre -il lavoro. Impropriamente quindi la norma in esame definisce serrata la sospensione del lavoro dei piccoli esercenti che personalmente gestiscono un'azienda industriale o commerciale nel campo di una professione, di un'arte o un mestiere. La realt dimostra che ci si ti;ova pur sempre di fronte ad una categoria di lavoratori, definibili autonomi in quanto svincolati da ogni rappo.rto di dipendenza, la cui forma di autotutela, strutturata dallo stesso codice sul modello di quella dei lavoratori dipendenti; non pu non essere compresa in quel pi ampio concetto di: sciopero che ha trovato modo di esprimersi nell'attuale mondo del lavoro. 806 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 3. -Sulla base delle considerazioni che precedono ed in conformit a quanto gi statuito in tema di sciopero per finalit economiche, deve ritenersi lecita, la sospensione del lavoro attuata dai piccoli esercenti per protesta contro fatti o provvedimenti incidenti sul contenuto economico della loro attivit aziendale, poich questa, nel caso qui in discussione di esercenti senza lavoratori subordinati, si identifica e coincide interamente con l'attivit soggettiva e personale di questa speciale categoria di lavoratori autonomi i cui interessi trovano ampia protezione nelle norme racchiuse nel titolo terzo, parte prima, della Costituzione. L'art. 506 del codice penale, che in relazione all'art. 505 dello stesso codice reprime questa legittima forma di autotutela, va quindi dichiarato costituzionalmente illegittimo per contrasto con l'art. 40 della Costituzione che riconosce il diritto di sciopero. Pronuncia questa che dispensa la Corte dall'esame degli altri dedotti motivi d'incostituzionalit. -(Omissis). II (Omissis). -3. - da considerare che la Costituzione, lungi dall'estraniarsi dal campo economico, ne regola e ne tutela i rapporti nel titolo III, privilegiando bensi il lavoro, ma contemperandone le esigenze con quelle della produzione e della libert. Quanto alla produzione, pu affermarsi che proprio per effetto dell'ampia apertura sociale della nostra Costituzione -della quale significativa espressione il complesso sistema di limiti, controlli e programmi che in forza dell'art. 41 circoscrive e, nel contempo, indirizza l'iniziativa economica-, viene imposto al legislatore ordinario di non ritenere irrilevanti i comportamenti che, quando non siano espressione di un diritto costituzionalmente garantito quale lo sciopero -e contenuti, ovvio, nell'ambito strettamente necessario all'esercizio del diritto medesimo -impediscano o turbino il normale svolgimento del lavoro. E non pu, quindi, dirsi illegittima una disposizione, quale quella in esame, che punisce l'invasione od occupazione dell'azienda agricola o industriale, non gi di per s, ma solo se messa in atto col dolo specifico di recare al lavoro impedimento o . turbatirva. Nel che agevole cogliere la tutela dell'ulteriore interesse, di grande rilievo costituzionale, inerente alla libert del lavoro. 4. -Mette 'conto subito rilevare che ictu oculi infondata la censura del pretore di Castelfiorentino, per ci che attiene al secondo comma dell'art. 508 cod. pen., perch non mai.coperto da protezione costituzionale il danneggiamento, in qualsiasi modo ed in qualsiasi circostanza effettuato. E non lo , a fortiori, quello di aziende agricole o industriali I I J ~i ' 1:: i' PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE ovvero di attrezzi, macchine, scorte, apparecchi o strumenti alle aziende adibiti. Del danneggiamento, quale circostanza aggravante se commesso da lavoratori in occasione di scioperi, si occupata questa Corte, che si pronunziata per l'illegittimit: ma illegittimit della norma che prevede l'aggravante, non di quella che prevede l'incriminazione del danneggiamento (sentenza n. 119 del 1970). N pu sostenersi che vi sia ingiustificata ed irrazionale disparit di trattamento normativo tra chi commetta un reato di danneggiamento (semplice o aggravato), previsto e punito dall'art. 635, e chi CQmmetta il danneggiamento previsto e punito dal secondo comma dell'art. 508, stante il carattere plurioggettivo di quest'ultimo, che vulnera due diversi e distinti beni penalmente protetti (l'economia pubblica e la propriet privata o pubblica). D'altronde, nel vigente ordinamento vi sono reati di danneggiamento puniti, per una scelta discrezionale del legislatore, pi severamente che non quelli del ridetto secondo comma dell'art. 508 (vedansi gli artt. 424, secondo comma, 425, 427, 429). 5. -Analogo argomento va addotto, in riferimento all'art. 3 Cost., circa la pretesa disparit di trattamento punitivo tra le ipotesi criminose dell'art. 508, primo comma, e quelle dell'art. 633 dello stesso codice (Invasione di terreni o edifici), annoverate tra i delitti che offendono soltanto il patrimonio. 6. -Gi da ci che si detto nel paragrafo 2 risulta che l'incriminazione dei fatti contemplati dalla prima ipotesi dell'art. 508 cod. pen. (censurata sia dal pretore di Castelfiorentino, sia dal giudice istruttore di Biella) non in contrasto con gli artt. 40 e 41 della Costituzione. Altri argomenti confermano la validit di siffatta conclusione. In ordine all'art. 41 Cost., vero che la rilevanza sociale dell'economia esclude un'assoluta libert dell'imprenditore. Epper questo significa che la libert di inziativa economica subisce legittimi limiti (negativi e positivi), legittimi controlli, legittime imposizioni ed indirizzi programmatici: non significa affatto che essa debba soffrire menomazioni da parte di chiunque voglia contrastarla. N, ad avviso della Corte, vi pu essere interferenza fra il bene protetto dall'art. 40 Cost. e l'intere_sse tutelato dall'art. 508 cod. pen., giacch l'esercizio del diritto di sciopero non comporta come mezzo indispensabile l'occupazione dell'azienda altrui. Peraltro, giova ancora una volta ribadire che qi;test'ultima norma punisce l'invasione o l'occupazione dell'altrui azienda se ed in quanto la condotta sia posta in atto col solo scopo di impedire o turbare il normale svolgimento del lavoro . Dal che discende che si fuori dalle previsioni dell'art. 508, se 808 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO al momento dell'occupazione, lo svolgimento del lavoro sia gi sospeso per effetto di una causa antecedente e indipendente rispetto all'occupazione stessa, come, ad esempio, nel caso di serrata e finch questa perduri. 7. -Non invocato a proposito, infine, l'art. 4, primo comma, Cost., . .per il quale la Repubblica _riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto, dappoich la prima ipotesi del primo comma dell'art. 508, nel suo testuale tenore, concerne -anche alla stregua di taluni passi dei lavori preparatori (Rel. min. sul progetto del codice, II, p. 294) e di precedenti di giurisprudenza ordinaria -comportamenti di preclusione o di turbativa del lavoro. Orbene, di tutta evidenza che la sfera di efficacia sanzionatoria della norma ben lungi dall'estendersi ad ostacolare il diritto al lavoro, iyolta, come essa , proprio a proteggere, del lavoro, la continuit e la regolarit. 8. -La mancanza del dolo specifico, cio dello scopo essenziale ed esclusivo della condotta, richiesto esplicitamente dalla legge, condurr l'interprete ad esaminare e valutare se sussistano gli estremi obiettivi e subietti'Vi dell'art. 633 cod. pen. o di altri fatti di reato (Rel. del presidente della Commissione min. p. 388): compito che esula dall'indagine di legittimit costituzionale e che estraneo al .tema che ne occupa. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 17 luglio 1975, n. 225 -Pres. Bonifacio - Rel. Volterra -Urbani ,ed altri -Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Giorgio Azzariti). Casellario giudiziario -Certificati a richiesta di privati -Iscrizione della condanna dopo la espiazione della pena -Illegittimit costituzionale Esclusione. Casellario giudiziale -Certificati a richiesta dei privati -Beneficio della non menzione di condanne -Limiti -Questione fondata di costituzionalit. (cod. pen., art. 175). infondata, in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost., la questione di. legittimit costituzionale dell'art. 175 c.p., che sancisce l'obbligatoriet, indipendentemente dalla natur.a del reato commesso, dell'iscrizione della. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 809 condanna anche dopo la espiazione della pena nei certificati del Casellario giudiziario da rilasciare ai privati (1). ' illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cast., l'art. 175 cod. pen. nella parte che esclude possano concedersi ulteriori non menzioni di condanne nel certificato del Casellario giudiziale spedito a richiesta di privati nel caso di condanne per reati anteriormente commessi a pene che, cumulate con quelle gid irr,ogp,te, non superino i limiti di applicabilitd del beneficio (2). (Omissis). -2. -Con la sua ordinanza il pretore di Poggibonsi denunzia l'illegittimit della norma dell'ar~. 175 del codice penale e delle .altre norme cui la Corte vorr estendere il suo giudizio in ordine all'obbligatoriet, indipendentemente dalla natura di reato commesso, dell'iscrizione della condanna anche dopo l'espiazione della pena nei certificati del casellario giudiziale da rilasciare ai privati. Secondo il giudice a quo tale iscrizione attribuirebbe al condannato uno status deteriore rispetto agli altri cittadini, con violazione dell'articolo 3 della Costituzione, e contraddirebbe al principio di cui all'art. 27, dovendosi presumere che con l'espiazione della pena si realizzata la rieducazione del ondannato. In ogni caso, gli stessi principi costituzionali indicati imporrebbero che al giudice fosse riservata ampia discrezionalit nel disporre o meno l'iscrizione della condanna nel certificato da rilasciare a privati. 3. -Bench il giudice a quo abbia formalmente omesso di indicare gli artt. 607 e 608 del codice di procedura penale, che, insieme all'art. 175 del codice penale, concorrono a formare il complesso normativo denunziato, la questione proposta ammissibile, risultando con sufficiente chiarezza e sicura univocit l'oggetto del giudizio sottoposto alla Corte. La questione comunque non fondata. Non infatti configurabile che la normativa denunziata confligga con il principio di uguaglianza, essendo diversa la posizione di coloro che abbiano subito condanne da coloro che non ne abbiano subito ed essendo regolati in modo del tutto oggettivo dagli artt. 604, 607 e 608 del codice di procedura penale le modalit della iscrizione e le pronunzie giudiziarie e i provvedimenti amministrativi che devono essere iscritti nei certificati da rilasciare a privati. Parimenti la non menzione della condanna, sottoposta dal medesimo art. 175 c.p. a determinate e precise condizioni oggettive ed applicabile soltanto ai condannati che si trovano in date situazioni, la (1-2) Cfr. Corte Cost. 21 dicembr.e 1972, n. 182 in questa Rassegna, 1973, I, 64; 5 aprile 1971, n. 73, ivi, I, 535. 810 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sciando cosi una rilevante discrezionalit al giudice in ordine alla concessione del beneficio, in limiti ragionevolmente predeterminati dal legislatore. La natura giuridica e lo scopo che persegue l'istituzione della iscrizione della condanna nel certificato del casellario giudiziale sono gi stati oggetto di esame da parte di questa Corte, la quale '(sentenze n. 182 del 1972) ha dichiarato che esso risponde ad esigenze di documentazione di rilevante pubblico interesse, qualificandolo un effetto non penale della precedente condanna. Data la natura e la funzione dell'iscrizione, la quale del resto cer~ tifica pronunzie e provvedimenti che sono stati oggetto di pubblicazione e che ciascuno pertanto potrebbe accertare direttamente per proprio conto, non pu ravvisarsi alcun contrasto della normativa denunziata con l'art. 27 della Costituzione relativo alle pene ed alla funzione di queste. L'iscrizione infatti non aggiunge di per s alcun ulteriore effetto afflittivo penale alla persona del condannato, le eventuali conseguenze di essa derivano esclusivamente dalla libera valutazione di ciascuno in ordine alla condanna giudiziaria infitta o al provvedimento amministrativo emanato. Va ancora rilevato che il nostro sistema contempla l'istituto della riabilitazione, il quale si applica a richiesta dell'interessato ed ha a presupposto, oltre all'emenda del condannato, anche il recupero sociale dello stesso, istituto di cui uno degli effetti rilevanti appunto l'obbligo di non iscrizione della condann nei certificati rilasciati ai privati. 4. -In riferimento all'art. 3 della Costituzione, il pretore di Napoli denunzia il comma primo del medesimo art. 175 del codice penale nella parte che esclude possa concedersi una seconda non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale spedito a richiesta di privati, nel caso di condanna, per reato anteriormente commesso' a pena, che, cumulata con la prima, non superi i limiti di applicabilit del beneficio. Osserva il giudice a quo che la norma in esame pu determinare una disparit di trattamento per gli imputati processati per pi reati, di cui taluno anteriormente commesso, che siano condannati a pene che, complessivamente considerate, non eccedono i limiti di applicabilit del beneficio. Infatti, mentre gli imputati perseguiti con un unico giudizio, possono giovarsi del beneficio per tutti i reati per i quali siano stati condannati con un'unica sentenza, gli imputati invece perseguiti con procedimenti distinti, e che quindi riportino distinte condanne, possono giovarsi del beneficio solo per la prima di esse, restandone esclusi per quei reati, anteriormente commessi, che abbiano formato oggetto di condanne successive. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 5. -La questione fondata. L'innegabile disparit di t:i;-attamento denunziata dalla ordinanza in epigrafe confligge con il principio di uguaglianza dichiarato nell'art. 3 della Costituzione e non trova alcuna giustificazione razionale. L'illegittimit costituzionale d'i norme che riguardano situazioni analoghe stata dichiarata da, questa Corte (sent. 73 del 1971) nei confronti degli ai:tt. 164, quarto comma, e 168, primo comma, n. 2, del codice penale, dai quali derivava una disparit di trattamento, in ordine all'applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, per gli imputati giudicati con un'unica sentenza e gli imputati perseguiti con procedimenti distinti, i quali, a differenza dei primi, non potevano beneficiare della sospensione per reato anteriormente commesso. La Corte ha infatti osservato che per quanto riguarda l'art. 164 il principio di uguaglianza e ia razionalit appaiono vulnerati, poich la pronunzia di un'unica sentenza afferente a pi reati ... viene a dipendere da circostanze meramente occasionali o da valutazioni discrezionali (insindacabili) circa lo svolgimento del processo. Analoghe considerazioni in base alla medesima ratio mostrano che anche l'art. 175 del codice penale nella parte denunziata dal giudice a quo costituzionalmente viziato in quanto l'applicabilit del beneficio della non iscrizione agli uni e agli altri imputati dipende anch'essa, come nel caso del beneficio della sospensione condizionale della pena, da circostanze non oggettive uguali per tutti, ma occasionali o da statuizioni discrezionali circa la r~unione di vari procedimenti. -(Omissis). SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 30 ottobre 1975, n. 232 -Pres. Bonifacio - Rel. Astuti -Soc. Industrie Chimiche Italia Centrale (avv. M. S. Giannini, Elia e Catalano) c. Ministero del commercio con l'estero (avv. Stato Zagari). Comunit europee -Trasferimento agli organi comunitari del potere di emanare norme giuridiche -Consegueme -Radicale privazione di efficacia della volont sovrana degli organi legislativi degli Stati membri -Esclusione. (Cost., art. 11; trattato CEE; legge 14 ottobre 1957, n. 1203). Comunit europee Norme di diritto interno riproduttive di norme comunitarie Disapplicazione Inammissibilit Obbligo del giudice di sollevare questione di legittimit costituzionale. (Cost., art. 11; trattato CEE; legge 14 ottobre 1957, n. 1203). Comunit europee -Agricoltura -Organizzazioni comuni dei mercati Cereali Regime delle cauzioni all'importazione Normativa comunitaria -Norme interne riproduttive Illegittimit costituzionale Limiti. (Cost., art. 11; trattato CEE, art. 39 e segg.; legge 14 ottobre 1957, n. 1203; regolamenti del Consiglio 13 giugno 1967. n. 120 e 21 agosto 1967, n. 473; d.l. 20 febbraio 1968, n. 19, convertito con 1. 18 marzo 1968, n. 224, art. 13, secondo e terzo comma; d.l. 19 dicembre 1969, n. 947, convertito con I. 11 febbraio 1970, n. 23, art. 16, primo e secondo comma; d.m. 213 maggio 1968; d.m. 8 aprile 1971). Il trasferimento agli organi comunitari del potere di emanare norme _giuridiche, sulla'base d'un preciso criterio di ripartizione di competenze pe1 determinate materie, per l'assolvimento dei loro compiti e alle -condizioni contemplate dai trattati, non comporta come conseguenza 11,na radicale privazione di efficacia della volont sovrana degli organi legislativi degli Stati membri, pur manifestata nella materie riservate dai trattati alla normazione comunitaria, ma fa sorgere, invece, il diverso problema della legittimit costituzionale dei singoli atti legi. slativi (1). (1-4) Con la sentenza in rassegna, che nella prima parte deHa motivazione riproduce e conferma i fondamentali princpi enunciati con la sentenza 27 dicembre 1973, n. 183 (in questa Rasse,gna, 1974, I, 57, con nota PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 813 Di fronte alla situazione determina,ta dalla emanazione di norme legislative italiane, le quali abbiano recepito e trasformato in legge interna -regolamenti comunitmi direttamente applicabili, il giudice non pu disapplicare tali norme, n le norme regolamentari in base ad esse emanate, ma tenuto a sollevare la questione della loro legittimit costituzionale (2). Sono costituzionalmente illegittimi, per contrasto con i principi enunciati agli artt. 189 e 177 del trattato CEE e violazione, quindi, dell'art. 11, della Costituzione, gli artt. 13, secondo comma, del d.l. 20 febbraio 1968, n. 59, convertito con legge 18 marzo 1968, n. 224, e 16, primo comma, del d.l. 19 dicembre 1969, n. 947, convertito con legge 11 febbraio 1970, n. 23, che riproducono norme comunitarie direttamente applicabili (3). Sono costituzionalmente illegittimi, per contrasto con i principi enunciati agli artt. 189 e 177 del trattato CEE e violazione, quindi, dell'art. 11 della Costituzione, gli mtt. 13, terzo comma, del d.l. 20 febbraio 1968, n. 59, convertito con legge 18 marzo 1968, n. 224, e 16, secondo comma, del d.l. 19 dicembre 1969, n. 947, convertito con legge 1.1 febbraio 1970, n. 23, limitatamente azza parte in cui hanno reso possibile al Governo di emanare norme regolamentari non necessarie per l'applicazione dei regolamenti comunitari 13 giugno 1967, n. 120 e 21 agosto 1967, n. 473 (4). (Omissis). -1. -Il regolamento del Consiglio e.e.e. 13 guigno 1967, n. 120, sull'organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali, dispone all'art. 12 che il rilascio dei titoli di importazione o di'DI CIOMMo, La elaborazione giurisprudenziale del diritto comunitario), la Corte costituzionale ha indicato nella declaratoria di ille.gittimit costituzionale il mezzo .giuridico offerto dal nostro ordinamento per garantire il rispetto della dpartizione di competenze normative attuata con il trattato di Roma; e tale soluzione, enunciata con rifrimento alfa ipotesi di di1srposizioni di diritto interno. riproduttive di norme comunitarie direttamente applicabili (e per le quali non siano quindi necessarie norme di attuazione), va naturalmente adottata, ed a maggior ragione, nel caso di norme di diritto interno successive ed incompatibili con la norimativa comunitaria (quando tale apparente incompatibilit non possa risolversi, s'intende, in sede di interpretazione). In particolare la Corte costituzionale, condividendo quanto in argomento osservato dalle Sezioni unite della Corte di cassazione nel provvedimento di rimessione (retro, I, 336), ha escluso che il giudice possa disapplicare le disposizioni di diritto interno incompatibiU con la normativa comunitaria, e anche le norme r-egolamentari emanate in base a tali disposizioni; e come si gi ricordato nella nota di commento al provvedimento di rimessione (loc. cit., v. pag. 338), tale soluzione, e la necessit, quindi, di una declaratoria di illegittimit costituziona1le delle norme di diritto interno riipro 3 814 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO esportazione' subordinato alla costituzione di un deposito cauzionale a garanzia dell'impegno di compiere l'operazione durante il periodo di: validit del titolo, deposito che resta acquisito in tutto o in parte se l'operazione non realizzata entro tale termine, o se realizzata solo. parzialmente. Lo stesso regolamento attribuisce alla Commissione la. adozione delle misure di immediata applicazione (art. 26); conseguentemente, il regolamento della Commissione e.e.e. 21 agosto 1967, n. 473, ha tra l'altro determinato all'art. 8, n. 3 lett. b, l'importo da prendere in considerazione per il calcolo della cauzione o della parte di essa da incamerare, quando rtrattisi di titoli d'importazione o esporta . zione per i quali il prelievo stato fissato in anticipo:>. Con decreto legge 20 febbraio 1968, n. 59, ri~enuta la straordinaria necessit ed urgenza di emanare norme per l'adattamento della vigente legislazione> in conformit del regolamento n. 120/67 e di altri regolamenti comunitari, stata riprodotta, tra l'altro, la disposizione dell'art. 12 di quel regolamento (art. 13, secondo comma), autorizzandosi inoltre il Ministro per il eomme11cio con l'estero a determinare, con decreto, previo concerto, la misura della cauzione e le modalit per la costituzione della stessa o per la prestazione di fideiussione, nonch per lo svincolo o incameramento, totale o parziale (art. 13, terzo comma). E con decreto ministeriale: 28 maggio 1968: stata, tra l'altro, riprodotta all'art. 3, lett. b, la disposizione dell'art. 8, n. 3 lett. b, del regolamento della Commissione C.e.e. n. 473/67,. sopra ricordata. Deve qui essere precisato che il testo dell'art. 8, n. 3 lett. b, del regolamento e.e.e. n. 473/67 stato sostituito con l'art. 1 del regola duttive di nmme comunitarie, o con esse incompatibili, erano state gi segnalate dall'Avvocatura dello Stato in sede consultiva. Nel nostro ordinamento, del ll'\esfo, deve escludevsi l'ammissibilit di altre soluzioni, pToprio perch per consentire al giudice di disapplicare le norme di diritto interno in contrasto con la normativa comunitaria (ed a tale disapplicazione si riduce ogni possibile aJlternativa) dovrebbe riconoscersi al .giudice italiano non gi la facolt di scegliel'e tra pi norme appUcaibili, bensl quella di individuare la so1la norma validamente applicabile, ci che equivarr.ebbe ad ammettere il suo potere di accertare e dichiarar.e una incompetenza assoluta del nostro legislatore, sia pur limitatamente a determinate materie, potere che nel vigente ordinamento sicuramente non gli attribuito ; e va oltretutto riconosciuto che i possibili inconvenienti pratici connessi alla soluzione adottata dalla Corte costituzionale, oltre ad esseTe del tutto analoghi a quelli rilevabili in alltre ipotesi di norme incostituzionali, sono comunque certamente meno gravi di quelli conseguenti ad una discriminata valutazione di ciascun giudice sul!la competenza normativa del legislatore. da ritenere, del resto, che sia dato concreto seguito all'implicito suggerimento contenuto nell'ultima parte del!la motivazione, in cui la Corte PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 815 mento della Commissione del 7 aprile 1970, n. 638. La nuova disposizione non deve peraltro essere presa in considerazione in questa sede perch, come disposto dall'art. 2, essa entrata in vigore 1'11 aprile 1970 ed applicabile solo ai titoli di importazione rilasciati a decorrere da rtale giorno. Tutti i titoli o certificati di importazione cui si riferiscono i guidizi a q_uibus sono anrteriori alla data suindicata. 2. -Nelle cause che hanno dato or1gme al presente giudizio si discusso se ai fini del parziale incameramento delle cauzioni prestate . . da privati operatori, in. relazione a titoli o certificati di importazio~ non interamente utilizzati nei termini di validit, dovessero applicarsi le richiamate disposizioni dei regolamenti e.e.e. n. 120/67 e 473/67, ovvero le successive disposizioni, di legge o regolamenrto, con le quali le prime erano state riprodotte e recepite nel nostro ordinamento interno. La questione assumeva rilevanza decisiva, in quanto trattavasi di stabilire se a baSe del calcolo della somma soggetta ad incameramento dovesse essere assunto, come richiesto dalla parte privata, secondo. l'interpretazione data dalla Corte di giustizia delle Comunit all'art. 8, n. 3 lett. b, del regolamento e.e.e. n. 473/67, il prelievo in vigore nel mese per il quale l'importazione era stata prevista, ovvero, come preteso dalla pubblica amministrazibne, il prelievo in vigore nell'ultimo mese di validit del titolo, giusta l'interpretazione che il giudice di merito aveva ritenuto .di dare all'art. 3, lett. b, del decreto ministeriale 28 maggio 1968, dichiarando che dovevano applicarsi. non costituzionale, dopo aver ritenuto inammissibile una decla.ratoda di illegittimit costit.zionale, ai sensi dell'art. 27 de1'la legge 11 marzo 1953, n. 87, . delle norme di diritto interno aventi carattere sostitutivo, derogativo o abrogativo, di norme comunitarie direttamente aprplicabili, ha a.usrpicato che il Paxlamento e il Governo italiano provveda.no, per quanto possibiLe, ad eliminare i rprovvedimenti interni che riproducono norme dei regolamenti comunitari direttamente applicabili, o con essi contrastano, ed evitino per l'a.vveni't"e di procedere all'emanazione di provvedimenti non sta:-ettamente necessari per l'aprplica.zione dei regolamenti stessi . Quanto ai rapporti tra diritto comunitario e dkitto interno, va segnalato che la Commissione delle Comunit' europee, nel Rapporto suUa. Unione Europea inviato al Consiglio il 26 giugno 1975 (e predisposto a seguito dell'invito rivolto alle istituzioni Comunitarie in occasione della Conferenza di Parigi del 19-20 ottobre 1972), ha proposto, nella trattazione relativa alla organizzazione .giudiziaxia ed al control!lo di legittimit e di costituzionalit, di conferire alla Corte di giustizia il potere di dichiarare invalidi gli atti degli Sta.ti membri che siano contra.Ti al di!I"itto del!l'Unione, su ricorso diretto delle istituzioni dell'Unione o degli altri Sitati membri, oppure su domanda pregiudiziale proposta dai giudici nazionali (Boll. C. E., suppl. 5/75, pag. 37, n. 128). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO le norme dei regolamenti comunitari ma le successive norme nazionali regolanti la materia, e che pertanto non poteva tenersi conto dell'interpretazione data alle prime dalla Corite di giustizia. 3. -Le sezioni unite della Corte di cassazione, nell'ordinanza di rimessione, prospettano l'alternativa se il giudice italiano abbia il Potere di procedere alla diretta disapplicazione delle norme interne, riproduttive dei regolamenti e.e.e., e in specie di quella del decreto ministeriale 28 maggio 1968, ovvero debba sollevare questione di legiittimit costituzionale delle norme di legge che hanno riprodotto le norme comunitarie, e autorizzato l'emanazione della norma regolamentare dianzi ricordata. Respingendo la prima soluzione, l'ordinanza solleva, in riferimento _agli artt. 10, primo comma, e 11 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 13, secondo e terzo comma, del d.l. 20 febbraio 1968, n. 59, convertito nella legge 18 marzo 1968, n. 224. Le tre ordinanze c;J.ella Corte di appello di Roma, di identico contenuto, sollevano l!i medesima questione di costituzionalit, denunziando inoltre gli artt. li5, 16 e -34 del d.l. 19 dicembre 1969, n. 947, conver, tito nella legge 11 febbraio 1970: n. 23. L'ordinanza della Corte di cassazione contiene esauriente motivazione circa la rilevanza della questione di legittimit ai fini della decisione della causa. Deve riconoscersi la rilevanza della medesima questione anche rispetto all'art. 16 del successivo d.1. 19 dicembre 1969, n. 947, convertito nella legge 11 febbraio 1970, n. 23, che nei suoi due commi riproduce le disposizioni dell'art. 13, secondo e terzo comma, del precedente decreto legge, abrogate con l'art. 34 dello stesso decreto. Appa['e invece non rilevante la questione iper quanto concerne le disiposizioni dell'art. 15 e dell'art. 34, che non debbono essere applicate per la decisione delle cause di merito pendenti davanti alla Corte di appello di Roma. Avendo per oggetto la medesima questione, i giudizi possono essere riuniti e definiti con unica sentenza. 4. -Ai fini della decisione sembra anzitutto opportuno ricordare che sui rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento interno questa Corte ha gi avuto occasione di enunciare i seguenti principi (sentenza 27 dicembre 1973, n. 183): a) l'attribuzione di potest normativa agli organi delle Comunit europee, con la corrispondente limitazione di quella propria dei singoli Stati membri, ha, quanto all'Italia, sicuro fondamento nell'art. 11 della Costituzione, che legittima le limitazioni dei poteri dello Stato a favore PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE delle Comunit in ordine all'esercizio delle funzioni legislativa, esecutiva e giurisdizionale; e) esigenze fondamentali di eguaglianza e di certezza giuridica, europee (Consiglio e Commjssione), a' sensi dell'art. 189 del 'frattato di Roma, appartengono ll'ordinamento proprio delle Comunit: il diritto di queste e il diritto interno dei singoli Stati membri possono configurarsi come sistemi giuridici autonomi e distinti, ancorch coordnati secondo la ripartizione di competenza stabilita e garantita dai trattati istitutivi delle Comunit e successivi; e) esigenze fondamentali di eguaglianza e di certezza giuridica: postulano che le norme comunitarie, -non qualificabili come fonte di diritto internazionale, n di diritto straniero, n di diritto interno dei singoli Stati -, debbano avere piena efficacia obbligatoria e diretta applicazione in tutti gli Sta,ti membri, senza la necessit di leggi di recezione e adattamento, come atti aventi forza e valore di legge in ogni Paese della Comunit, s da entrare ovunque contemporaneamente in vigore e conseguire applicazione uguale ed uniforme nei confronti di tutti i destinatari; d) risponde altres alla logica del sistema comunitario che i regolamenti delle Comunit, -semprech abbiano completezza di contenuto dispositivo, quale caratterizza di regola le norme intersoggettive -, come fonte immediata di diritti ed obblighi sia per gli Starti sia per i loro cittadini in quanto soggertrti delle Comunit, non debbano es$re oggetto di provvedimenti statali a carattere riproduttivo, integrativo o esecutivo, che possono comunque differirne o condizionarne l'entrata in. vigore, e tanto meno sostituirsi ad essi, derogarvi o abrbgarli, anche parzialmente. Ci, beninteso, salva la necessit per gli Stati membri di .emanare norme esecutive di organizzazione e concernenti modalit di applicazione, richieste dagli stessi regolamenti comunitari o comunque indispensabili, ovvero di provvedere alla copertura finanziaria di nuove o maggiori spese mediante variazioni di bilancio; fermo rimanendo peraltro che l'eventuale adempimento di simili obblighi da parite dello Stato non potrebbe costituire condizione o motivo di sospensione dell'applicabilit della normativa comunitaria. 5 . .;,._ Posti questi princpi, che la Corte conferma, si deve preliminarmente rilevare che i regolamenti comunitari n. 120/67 e 473/67 recano entrambi la clausola finale il presente regolamento obbligatorio in tutti i suoi elementi ed direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri ; e che, in particolare, le disposizioni del primo come del secondo, che impongono la cauzione per l'importazione dei cereali e determinano la misura in cui essa deve essere incamerata, hanno, come gi riconosciuto anche dalla Corte di cassazione, evidente 818 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO completezza di contenuto dispositivo. Non sussisteva dunque motivo alcuno per recepire e riprodurre dette disposizioni del regolamento e.e.e. n. 120/67 nei decreti legge 20 febbraio 1968, n. 59, e 19 dicembre 1969, n. 947,' n quelle del regolamento e.e.e. n. 473/67 nel regolamento ministeriale 28 maggio 1968. L'emanazione delle corrispondenti norme italiane, non dettata n giustificabile dalla esigenza di dare alle norme comunitarie attuazione nello Stato, ma dovuta -come J:l.a notato la Corte di cassazione -al disconoscimento dell'efficacia immediata e diretta delle norme comunitarie in Italia, contrasta con i princpi sanciti dal Trattato di. Roma, la cui piena legittimit costituzionale gi stata da questa Corte riconosciuta con la ricordata decisione n. 183 del 1973. 6. -Di fronte a questo contrasto, che indubbiamente sussiste non solo nell'ipotesi di norme interne successive incompatibili con quelle emanate dai competenti organi delle Comunit europee, ma anche nell'ipotesi di norme interne, legislative o regolamentari, di contenuto puramente riproduttivo, si pone il problema della loro ev~ntuale disapplicazione, prospettato e risolto negativamente dalla Corte di cassazione, e qui riproposto, sia pure in via alternati-va, e con di;verse im~ postazioni e motivazioni, da entrambe le par.ti costituite in giudizio. Per quanto concerne le norme interne successive, emanate con legge o con atti aventi valore di legge ordinaria, questa Corte ritiene che il vigente ordinamento non conferisca al giudice italiano il potere di disapplicarle, nel presupposto d'una generale prevalenza del diritto comunitario sul diritto dello Stato. Certamente non pu accogliersi la soluzione, prospettata e respinta dalla Corte di cassazione, di una declatoria di nullit della legge successiva interna, dovendosi escludere che il trasferimento agli organi delle Comunit del potere di emanare norme giuridiche, sulla base d'un preciso criterio di ripartizione di competenze per determinate materie, per l'assolvimento dei loro compiti e alle condizioni contemplate dai trattati (cfr. art. 189 del Trattato di Roma), comporti come conseguenza. una radicale privaziqhe di efficacia della volont sovrana degli organi legislativi degli stati membri, pur manifestata nelle materie riservate dai trattati alla normazione ,comunitaria; tale trasferimento fa sorgere, invece, il diverso problema della legittimit costituzionale dei :singoli atti J.eg.islativi. Non sembra nemmeno possibile configurare la possibilit dea disapplicazione come effetto di una: scelta tra norma comunitaria e norma interna, consentita di volta in volta al giudice italiano sulla base di una valutazione della rispettiva resistenza. In tale ipotesi, dovrebbe riconoscersi al giudice italiano non gi la facolt di scegliere tra pi norme applicabili, bens quella di individuare la sola norma valida PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E IN'J;'ERNAZIONALE 819 mente applicabile, ci che eq1:1ivarrebbe ad ammettere il suo potere di accertare e dichiarare una incompetenza assoluta del nostro legislatore, sia pur limitatamente a determinate materie, potere che nel vigente ordinamento sicuramente non gli attributo. Ne consegue che di fronte alla situazione determinata dalla emanazione di norme legislative italiane, le quali abbiano recepito e trasformato in legge interna regolamenti comunitari direttamente applicabili, il giudice tenuto a sollevare la questione della loro legittimit .costituzionale. 7. -Anche per quanto concerne le norme regolamentari interne, riproduttive di norme comunitarie, il riconoscimento della diretta ed immediata efficacia dei regolamenti e.e.e., allorch fra questi e le norme interne si frapponga una legge dello Stato non autorizza il giudice a disapplicare tali norme, in virt dei principi sanciti dagli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, che eoncernono i rapporti tra leggi e provvedimenti amministrativi appartenenti all'ordinamento interno. Come ha osservato la Corte di cassazione, nella specie la norma regolamentare dell'art. 3, lett. b, del decreto ministeriale 28 maggio 1968, che ha riprodotto e sostituito l'art. 8, n. 3, lett. b, del regolamento e.e.e. n. 473/67, stata emanata in base alla disposizione dell'art. 13, secondo comma, del d.l. n. 59 del 1968, e la sua disapplicazione, che da ci tragga motivo, significherebbe disapplicare la norma primaria che ne costituisce la fonte normativa. Pe:ritanto, solo a seguito della dichiarazione di incostituzionalit dell'a:rit. 13, secondo comma, del d.l. n. 59 del 1968 -nei limiti che saranno precisati qui appresso -potr il giudice disapplicare la dispo .sizione regolamentare interna dianzi ricordata. 8. -Dopo queste considerazioni, che eliminano ogni dubbio circa 1a rilevanza della dedotta questione di legittimit costituzionale, appare forse superflua l'indicazione dei motivi per cui essa deve riconoscersi pienamente fondata. Per vero, la successiva emanazione di ~orme legislative interne, anche se aventi lo stesso contenuto sostanziale dei regolamenti comunitari, comporta non soltanto la possibilit di differirne, in tutto o in parte, l'applicazione, in aperto contrasto con l'articolo 189, secondo comma, del Trattato di Roma, ma anche una ben pi grave conseguenza, in quanto la trasformazione del diritto comunitario in diritto interno ne sottrae l'interpretazione in via definitiva alla Corte .di giustizia delle Comunit, con palese violazione del regime .stabilito dall'art. 177 dello stesso Trattato quale necessaria e fondamentale garanzia di uniform1t di applicazione in tutti gli Stati membri. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Entrambi questi effetti si sono verificati nel caso di specie. L'art. 29 del d.1. 20 febbraio 1968, n. 59, e l'art. 36 del d.1. 19 dicembre 1969, n. 947, pur prevedendo che alcuni articoli (diversi da quelli qui denunciati) avessero effetto dalla data di applicazione dei regolamenti comunitari ivi indicati, , contengono l'ordine di entrata in vigore il giorno successivo a quello della loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica. D'altra parte, i giudici di merito hanno ritenuto che l'espressione prelievo fissato in anticipo, contenuta nell'art. 8, n. 3, lett. b, del regolamento e.e.e. n. 473/67, e riprodotta nell'art. 3, lett. b, del decreto ministeriale 28 maggio 1968, dovesse essere interpretata in senso difforme dall'interpretazione gi fornita in terminis dalla Corte di giustizia delle Comunit con sentenze 10 marzo 1971 in ~ause 38/7(} e 58/70; e ci precisamente con la motivazione che dovevano essere applicate non le norme dei regolamenti comunitari, ma le successive norme nazionali regolanti la materia, e che pertanto non v'era nemmeno ragione di chiedere o seguire la pronuncia della Corte di giustizia a' sensi dell'art. 177 del Traittato di Roma. dunque evidente il contrasto con i principi enunciati dagli artt. 189 e 177 del Trattato istitutivo della e.e.e., che comporta violazione dell'art. 11 della nostra Costituzione, in base al quale l'Italia ha aderito alla Comunit 'consentendo, in condizioni di parit con gili altri Stati, le .limitazioni di sovranit richieste per la sua istituzione e per il conseguimento dei suoi fini di integrazione, solidariet e comune sviluppo economico e sociale degli Stati europei, e quindi anche di pace e giustizia fra le Nazioni. La violazione dello specifico disposto dell'art. 11 rende superfluo accertare se sussista anche violazione del principio enunciato nel primo comma dell'art. 10. 9. -Occorre qui precisare che la declaratoria di illegittimit della disposizione contenuta nel terzo comma dell'art. 13 del d.1. n. 59 del 1968, e ripetuta nel secondo comma dell'art. 16 del successivo d.l. n. 947 del 1969, deve essere limitata alla pal'.'te in cui essa stata assunta a fondamento dell'emanazione di norme r~golamentari interne non indispensabili per l'applicazione in Italia. dei regolamenti e.e.e. Infatti, le disposizioni con le quali stata autorizzata la emanazione del decreto ministeriale 28 maggio 1968, e del successivo decreto ministeriale 8 aprile 1971 (che lo ha sostituito ed abrogato), non sono illegittime in toto, perch lo Stato ben poteva e doveva, mediante legge o regolamento, dettare le norme esecutive che fossero necessarie per l'applicazione in Italia dei regolamenti comunitari in questione. Tali sono, ad esempio, quelle concernenti le modalit di deposito delle cauzioni presso le tesorerie provinciali, le aziende di credito PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE abilitate a prestare le fideiussioni bancarie sostitutive, ovvero gli organi ministeriali competenti a ricevere le cauzioni, ed a disporre la loro restituzione o l'eventuale incameramento. L'illegittimit costituzionale dell'art. 13, terzo comma, del d.l. n. 59 del 1968, e dell'art. 16, secondo comma, del d.l. n. 947 'del ,1969 (che ha sostituito l'abrogato art. 13 del precedente decreto, senza peraltro travolgere il decreto ministeriale 28 maggio 1968, abrogato solo dall'ar.t. 6 del successivo decreto ministeriale 8 aprile 1971), deve pel'tanto essere dichiarata solo nei limiti in cui il legislatore ha reso possibile al Governo di emanare norme non strettamente necessarie per l'applicazione dei regolamenti comunitari da parte delle autorit amministrative e degli operatori del nostro Paese. Spetter poi all'autorit giudiziaria di accertare quali norme regolamentari interne abbiano contenuto riproduttivo, e debbano quindi essere disaippUcate a' sensi dell'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, in quanto illegittimamente autorizzate, e quali invece continuino ad avere piena validit ed efficacia, in quanto effettivamente necessarie per l'applicazione dei regolamenti e.e.e. 10. -La parte privata, nelle sue difese, ha sottolineato gli inconvenienti connessi alla necessit di sollevare la questione di costituzionalit delle norme legislative interne che riproducano o contrastino con quelle dei regolamenti comunitari direttamente applicabili, sia perch le decisioni di questa Corte non determinano cessazione di efficacia delle norme illegittime ex tunc, sia perch, potendosi adire questa Corte solo nel corso delle liti via via insorgenti, risulta tardiva quella certezza giuridica che indispensabile per l'amministrazione come per gli operatori. E pertanto ha chiesto che, in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, sia dichiarata, come conseguenza dell'adottata decisione, la illegittimit costituzionale derivata di una serie di disposizioni legislative, contenute anche in altri provvedimenti, aventi carattere riproduttivo sostitutivo, ovvero derogativo o abrogativo, di disposizioni dei regolamenti comunitari. Gli effetti delle decisioni di questa Corte sono stabiliti d,all'art. 136, primo comma, della Costituzione, e sarebbe quindi fuori luogo discuterne. D'altra parte, la rdichiesta di una declaratoria di illegittimit costituzionale derivata non pu essere accolta, sia perch tale pronunzia non deriverebbe dalla declaratoria di illegittimit delle disposizioni oggi impugnate ma troverebbe spiegazione solo nell'identit dei vizi di legittimit, sia perch essa comporterebbe da parte di questa Corte un analitico ed integrale esame comparativo dei regolamenti comunitari e dei successivi provvedimenti interni, che presentano una normativa complessa e variamente articolata, di interpreta RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 822 zione spesso dubbia e non sorr~tta da decisioni della Corte di giustizia delle Comunit. Una declaratoria ai sensi dell'art. 27 della legge n. 87 del 1953 appare pertanto inan;imissibile, dal momento che essa dovrebbe essere giustificata, con analitica mo.tivazione, per ciascuna delle disposizioni denunciate. Questa Corte p, piuttosto, auspicare che il Parlamento e il Governo italiano provvedano, per quanto possibile, ad eliminare i provvedimenti interni che riproducono norme dei regolamenti comunitari direttamente appliabili, o con essi contrastano, ed evitino per l'avvenire di procedere all'emanazione di provvedimenti non strettamente necessari per l'applicazione dei regolamenti stessi. -(Omissis). . CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 30 settem . bre 1975, nella causa 32/75 -Pres. Lecourt -Rel. Sorensen -Avv. gen. Trabucchi -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte di appello di Parigi nella causa Fiorini (avv. Schlissinger) c. Socit Nationale des Chemins de Fer Franais (avv. Michel) -Interv.: Commissione delle Comunit europee (ag. Jonczy) e Governo italiano (ag. Maresca e avv. Stato Marzano). Comunit europee -Lavoratori migranti -Vantaggi sociali -Nozione Interpretazione restrittiva -Esclusione. (Regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, art. 7, n. 1 e n. 2). Comunit europee -Lavoratori migranti -Vantaggi sociali -Comprendono la tessera a riduzione sui prezzi di trasporto. (Regolamento del Consiglio 11 ottobre 1968, n. 1612,_ art. 7, n. 2). n riferimento ai vantaggi sociali di cui all'art. 7, n. 2, del regolamento del Consiglio 1~ ottobre 1968, n. 1612, non pu essere limitato ai soli vantaggi connessi al rapporto di lavoro, ma va interpretato nel senso di comprendere nell'ambito di applicazfone della norma tutti i vantaggi sociali e fiscali, a prescindere dal fatto che essi siano o meno connessi al contratto di lavoro (1). (1-2) Con la decisione in rassegna rimangono superate, e con adesione alle tesi sostenute dal Governo italiano, 1sia la restrittiva inte11pretazione .della nozione di vantaggi socj.ali altre-volte rpTQilosta dalla Commissione delle Comunit -europee (e fatta propria, nella specie, dalla 1parte convenuta nel giudizio di merito), sia la pregiudizievole limitazione di cui alla sentenza 11 aprile 1973, resa nella causa 76/72, con la quale la Corte di giustizia aveva ritenuto idi dover individuare i vantaggi sociali in " quelili che, essendo connessi ad un rapporto di lavoro, spettano esclusiva PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 823 L'art. 7, n. 2, del regolamento del Consigiio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo ana libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunitd, va interpretato nel senso che i vantaggi sociali contemplati da tale disposizione comprendono le tessere a riduzione sui prezzi .di trasporto, rilasciate alle famiglie numerose da un ente ferroviario nazionale, e ci anche se tale vantaggio sia richiesto soltanto dopo il decesso del lavoratore, a favore della sua famiglia residente nello stesso Stato membro (2). mente ai lavoratori, non gi que1l rprevisti a favoce dei loco familiari (Racc., 457, v. pag. 463). La Corte di giustizia non ha dato invece seguito alle indicazioni del Governo italiano (condivise anche dalla Commissione delle Comunit europee) sulla rilevanza assorbente e preclusiva del ip!fincipio di non discriminazione stabilito daH'art. 7 del trattato CEE (armplius, infra). Deve ritenersi, peraltro; che il criterio seguito nella decisione sia stato adottato soltanto in considerazione della specialit de1'l'ar,t. 7 del regolamento 1612/68 (e per la ravvisata possibilit di interpretado in coerenza con il principio di non discriminazione), e che l'art. 7 del trattato CEE sarebbe risultato determinante, .quindi, ,qualora ailla soluzione, nel senso sopra indicato, dei quesiti ,proposti dal giudice nazionale non fosse risultato possibile pervenire sulla sola base della esaminata disposizione. A commento delle varie questioni discusse, si ,pubblicano, qui di seguito, le osservazioni presentate dal Governo italiano. L'art. 7 del trattato CEE e i vantaggi sociali riconosciuti ai lavo ratori migranti. I La sig.ra Anita Christini Fiorini, .vedova di un cittadino italiano rimasto vittima di un infortunio sul lavoro, residente in Francia, e con quattro figli a carico (due dei quali nati in Fra.cia), ha chiesto alla corte di appello di Parigi di riformare la sentenza 8 novembre 1973 con la quale il tribunale di Parigi ha rigettato la domanda rivolta ad ottenere il tesserino a riduzione concesso dalla Socit Nationa1e des Chemins de Fer Franais, ai sensi della legge francese 29 ottobre 1921 e successhre modificazioni, alle famiglie numerose: tesserino a riduzione che stato negato alla iparte istante solo in ragione della sua cittadinanza non francese. L'appellarute contesta '1a validit della decisione di .primo grado, rile-' vando che il lavoratore cittadino di uno Stato membro della Comunit economica europea gode sul ,territorio degli altri Stati membri, ai sensi dell'art. 7, n. 2, del regolamento dil Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, degli stessi vantaggi sociali riconosciuti ai lavoratori nazionali; ed ha chiesto quindi che la Socit Nationale des Chemins de Fer sia condannata a rilasciare il tesserino a riduzione rper famiglie numerose, e, in subordine, che della inteTPretazione della indicata disposizione comunitaria fosse investita, ai sensi dell'art. 177 del trattato di Roma, la Corte di giustizia delle Comunit eUTopee. La societ convenuta invece, per quanto consta dal provvedimento di rinvio, assume che i vantaggi sociali ai quali l'art. 7, n. 2, del regolamento 824 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -In diritto. -Con sentenza 14 marzo 1975, pewenuta in cancelleria il 21 successivo, la Corte d'Appello di Parigi ha sottoposto a questa Corte~ a norma dell'art. 177 del Trattato e.E.E., la questione del se la tessera a riduzione per famiglie numerose rila 1612/68 Si riferisce sarebbero solo quelli connessi al contratto di lavoro, e che la disposizione, comunque, non si applicherebbe relativamente ai vantaggi non riservati ai so ,lavoratori. Con provv,edimento del 14 marzo 1975 la corte di appello di Parigi, dando atto che la decisione della controversia condizionata daif.la interpretazione dell'art. 7 del regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, ha domandato alla Corte di giustizia di rpronunciarsi sulla ,seguente questione: se H tesserino a riduzione per famiglie numerose rilasciato dalla Socit Nationale des Chemins de Fer costitui1sica, per i lavo1ratori degli Stati membri, un vantaggio sociale ai sensi dell'art. 7 del regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612 . II 1. -Per quanto non espressamente precisato, risulta evidente, dal provvedimento di rinvio, che il marito deHa parte attrice era un ,lavoratore italiano ,emigrato ed occupato in F1rancia (dove deceduto vittima di un infortunio sul lavoro); e tale c}rcostanza di fatto, gi necesariamente implicita nella stessa fo!l'mulazione del quesito proposto, confermata dalla reside~ a del:la istante e dalla nascita in Francia di due dei suoi quattro figli minori. Ogni valutazione sulla rilevanza della questione, cos come proposta, rimane del resto riservata al giudice nazionale, al quale ancir:ebbe anche riservato di stabilire se ila soluzione del quesito sia Sl\l.ffidenite ai fini della decisione della ,causa di merito. La soluzione del quesito va quindi ricercata nell'ambito della impostazione prospettata dal giudice del rinvio, quale risulta dalla formulazione della domanda di interipretazione, e quindi prescindendosi dalle peculiarit della specie in discussione nel giudizio di merito; e deve anche ,prescindersi, anzi, dal.Io specifico riferimento, contenuto nella domanda del giudice del rinvio, alla normativa nazionale in discussione (del tutto estranea all'oggetto del giudizio inctdentale di interpretazione), ed intendersi perci il quesito come rivolto ad accertare se i vantaggi ,sociali di cui all'art. 7, n. 2, del regolamento del Consiglio 15 ottobit'e 1968, n. 1612, comprendano le riduzioni ferroviarie concesse dalla 1egislazione di runo Stato membro in favore delle famiglie numerose. 2. -Il Governo italiano ritiene che al quesito 1p1roposto dal giudice francese debba darsi soluzione positiva, non rpotendo dubitarsi che la possibilit di .godere, in ragione della consistenza numerica del nucleo familiare, di riduzioni ferroviarie costituisca un vantaggio sociale ai 1sensi dell'art. 7, n. 2, del Tegolamento n. 1612/68, e quindi un trattamento agevolato di cui il lavoratore c.ittadino di uno Stato membro deve poter usufiruire, sul territorio del diverso Stato membro nel quale fornisce le sue prestazioni di lavoro, senza disociminazioni rispetto ai lavoratori nazionali. La Corte ,di giustizia ha gi avuto occasione di precisare, invero che la disciplina comunitaria in materia social.e basata sul principio che il PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 825 sciata _dalla Socit Nationale des Chemins de Fer Franais costituisca, per i lavoratori degli Stati membri, un vantaggio sociale > ai sensi dell'avt. 7 del regolamento del Consiglio delle Comunit Europee 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunit (Gazzetta Ufficiale n. L 257 del 19 otto bre 1968). diritto di ciascuno Stato membro deve garantire ai cittadini degli altri Stati membri, occupati nel suo tera:itorio, il complesso dei vantaggi attribuiti ai propri cittadni (sent. 15 ottobre 1969, nel.la causa 15/69, UGLIOLA, Racc., 363; 13 dicembre 1972, ne'lla causa 44/72, MARSMAN, Racc., 1423); cos come ha statuito che il divieto di discriminazioni stabilito dall'art. 48 !riguarda pure la speciale tutela eve!lltualmente concessa dalle J.eggi di uno Stato mem bre, per motivi di carattere sociale, a determinate persone (sent. 13 di cembre 1972, nella causa 44/72, cit.), Lo stesso regolamento n.'1612/68 stato adottato, del resto, nell'espressa considerazione -che il diritto di libera circolazione richiede, perch esso possa essere esercitato in condizioni obiettive di Ubert e di dignit... che siano anche eliminati gli ostacoli che si oppongono alla mobilit dei lavoratori, specie per .quanto riguaiida il diritto per il lavoratore di farsi raggiugere dalla famigJ.ia e le condizioni d'int~grazione della famiglia nena .societ del Paese ospitante (quinto considerando); e lo scopo della ncxrmativa dettata con il regolamento appunto l'inserimento della famiglia del lavoratore migrante nel tessuto sociale del Paese ospitante (avv. gen. War ner, conclusioni .presentate per la causa 9/74). Il lavoratore che si trasferisce sul territorio di uno Stato membro d!verso da quello di cui cittadino deve poter conta.re, in definitiva, sulla possibilit di un integrale inserimento, suo e della sua famigJ.ia, nel tessuto socia1e dello Stato che lo ospita, senza pregiudizievoli discriminazioni ri spetto ai lavoratori cittadini di quel Paese; ed anche il solo fatto di non poter usufruire delle riduzioni nelle tariffe dei trasporti concesse ai cit tadini nazionali (e delie quali il 1Lavoratore mig.rante potrebbe invece gi in ipotesi godere nel proprio Paese) costituirebbe evidentemente un ostacolo a quella mobilit ed a quella integrazione che fa normativa comunitaria rivolta a garantire. 3. -Le riduzioni ferroviarie sono del resto di norma concesse, come nella .specie, in constderazione del numero elevato dei componenti della famiglia che debba utiliz2'lare il servizio, e quindi in ragione di motivi di evidente portata .sociale, tali da indurre a consentire un possilbi1e risparmio di spesa al1e famiglie numerose. La possibilit di usufruire di tali riduzioni co1stituisce perci, indubbiamente, un vantaggio sociale , cos come vantaggi fiscali sono quel'1i concernenti le riduzioni dei tributi o le maggiori detrazioni consentite, nella determinazione dell'.imponibile, in favore de'lle famiglie numerose; e se nessun dubbio :sussiste sul fatto che i redditi del lavoratore migrante debbano 1esseJ:'e tassati, nello Stato ospitante, secondo gli stessi criteri ao;iplicati per i redditi dei lavoratori nazionali (e quindi con le stesse riduzioni, detrazioni o agevo'lazioni eventualmente concesse per i reddirti di lavoro o in ragione della consistenza numerica della famiglia del lavoratore), cosi pure deve rkonoscersi che anche in tema di riduzioni nefile tariffe dei trasporti ogni 826 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Risulta dalla sentenza di rimessione che la causa principale ha ad oggetto il rifiuto opposto dalla S.N.C.F. alla domanda diretta ad ottenere tale tessera a riduzione, presentata da una cittadina italiana, residente in Francia, il cui coniuge, del pari cittadino italiano, lavorava in Francia, dove deceduto a seguito di un infortunio sul lavoro, lasciando una vedova e quattro figli minorenni. discriminazione fondata sul solo requisito della cittadinanza vietato da'll:a normativa comunitaria ed incompaUbile con le stesse firutli:t del trattato di Roma. 4. -Alla inoliusione, tra i vantaggi sociaJ.i , delle iriduzioni ferroviade concesse dalla legislazione di uno Stato membro in fayore dell.e famiglie numerose non rpu essere natmalmente di ostacalo il fatto che tali riduzioni siano contem(ptlate con no11me di carattere generale, che (prescindono dalla esisteI12la di un rappovto di lavoro. Come si gi in altre occasioni rilevato, evidente, infatti, che se ai lavoratori migranti dovessero applicarsi le sole disposizioni nazionali concernenti espressamente i iavmatori, sa'rebbe agevole eludere la rilevanza della normativa comunitaria, generalizzando in favore di tutti i cittadini, ad esempio, qualsiasi vantaggio sociale . Ai fini in esame deve considerarsi sufficiente, invece, che delle nonne di contenuto generale possano usufruire (anche) i lavoratod nazdonali; e tale possibilit deve comportare, indipendentemente dall.'eventuale maggior ambito di operativit delle norme, che dei vantag.gi sociali contemplati dalle norme nazionali possano usufruire, per il divieto di discriminazioni, e quindi a parit di condizioni, anche i lavoratod migranti. 5. -Deve escludersi inoltre, che le riduzioni ferroviarie in discussione possano rimanere estranee alla nozione di vantaggi sodali per essere non direttamente connesse al rapporto di lavoro, secondo la tesi sostenuta nel .giudizio di merito dalla convellillta amministrazione. Una interpretazione della norma in tali limiti, oltre che incompatibile con le finalit istesse dell.a vOiluta eqrui.iparazione (volta appunto a garantire J.'inseri.mento del lavoratore nel contesto sociale del Paese ospitante in condizioni obiettive di l~bert e di dignit ), comporterebbe, infatti, una inammissibile limitazione del principio di non discriminazione, e di conseguenza [a possibilit (da escludere invece a P.,.iori) di riferi;re il paritario godimento dei vantaggi sociali al solo luogo ed al solo momento dell'attivit lavoxativa e di ricondurre quindi il lavoratore mig;rante, aJ. di fuori di tale luogo e al di l di tale momento, in una 1Pregirudiziale conpvetando l'anail.oga espressione van taggi contenuta nell'art. 119, secondo comma, deil. trattato di Roma, ha precisato che i vantagigi di cui deve godere il lavorato'l:'e (nella specie, a carico del datore di lavoro) sono anche quelli futuri. Ulteriore conferma della indi,cata interpretazione si desume, inoUre, dallo stesso art. 7, n. 2 del r.egolamento n. 1612/68, che considera contestual mente vantaggi sodali e vantaggi fiscali >. Secondo ila restrittiva interp'l'etazione sopra dcordata dQIVrebbe infatti ritenersi ohe l'e'\'entuale trattamento a~evOllato riservato da una legislazione na:1'Jionale ai redditi lavorativi sarebbe riferibile ai 'Soli r.edditi percepiti durante lo svolgimento dell'attivit [avorativa, e non applica1bi1e ai redditi goduti, in ragione dei rapporti di lavoro, dopo la cessazione dell'attivit. Se vantag,gi fiscaLi dovessero considerarsi solo quelli connessi alil.o svolgimento, attuale, di un'attivit lavorativa, dvrebbe ritenersi, cio, che le agevolate aliquote di tassazione per ipotesi contemplate nefila legislazione di uno Stato memb!ro per le pensioni sarebbero applicabili alle sole pensioni dei lavoratori nazionali, e non a qiuelil.e dei lavoratori comunitari; RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 828 La legge francese 29 ottobre 1921, emendata dalla legge 24 dicembre 1940 e dal decreto 3 novembre 1961, dispone che, per le famiglie con a carico almeno tre figli di et inferiore agli anni 18, previa domanda del capofamiglia, il padre, la madre e ciascun figlio riceveranno una carta d'identit che d loro diritto a talune riduzioni sulle tariffe della S.N.C.F. come pure dovrebbe ritenersi, con riguardo all'analoga .equiiparazione disposta con l'art. 9, n. 1 dello stesso l'egolamento n. 1612/68, che i lavoratori migranti in pensione non potrebbero usu:fu.,U'e di una legge nazional.e che contemplasse provvidenze per la casa ai pensionati. quindi la stessa manifesta erroneit di tali .conclusioni (pur necessariamente conseguenziali ad una restrittiva interpDetazione delle norme comunitarie) a dimostrare che il legislatore comunitario, nel garantire ai lavoratori migranti gli stessi vantaggi fiscali ,e di alloggio ,goduti dai lavoratori nazionali, ha avuto riguardo non ai isoli vantaggi connessi aH'esercizio dell'attivit lavorativa, ma anche a queilli,di .cui la popolazione attiva nazionale pu usufu'uire dopo la cessazione dell'attivit lavorativa; ed evidente che lo stesso .criterio deve valere anche .per quanto concerne i v:antaggi sodali contestualmente constderati nel.il.'art. 7, n. 2 del regolamento n. 1612/68. La necessit di svincolare la nozione di vantag~i sociali dalla attua lit della presentazione di lavoro confermata, infine, dall'art. 48, n. 3, lett. d. del trattato di Roma, ed in particolare dal regolamento della Commissione 29 gi.Jugno 1970, n. 1251, l'eLativo'al diritto dei ilavoratori di rimanere nel territorio di uno Stato membro, a titolo permanente, dopo aver occupato un impiego. Gi in via di principio, invero, con il r:icono,scimento di tale di!l'itto ai lavoratori migranti sarebbe ev1dentemente incompatibile ogni discrimina zione che consentisse ai soli ex lavoratori nazionali ,e non agli ex lavoratori migranti di usufruiire di determinate provvidenze e vantaggi, non potendo certo negarsi che se si dconosce al lavoratore migriante il diritto di rimanere nello 1Stato anche dopo la cessazione dell'attivit lavorativa, tale perma nenza deve essere disciplinata e gru-antita in coerenza con il principio che vieta discriminazioni basate sulla nazionalit. La TiJevanza del rkhiamo rit di circolazione e del loro diritto di soggiorno. Tale conclusione si desume tanto dall'osservanza dovuta ai diritti dei cittadini degli Stati membri, conferiti direttamente dal Trattato e dal regolamento n. 1612/68, quanto dall'art. 3 della direttiva n. 64/221, a norma del quale i provvedimenti d'ordine pubblic o di sicurezza pubblica devono essere adottati in relazione al comportmento per sonale dell'individuo nei riguardi del quale essi sono applicati :i>. Questo modo di vedere s'impone tanto pi che le leggi interne relative alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica riser vano generalmente, alle autorit nazionali, una discrezionalit che ri schierebbe di essere sottratta a qulsiasi sindacato giurisdizionale nel l'ipotesi in cui il giudice non potesse estendere il suo controllo ai provvedimenti particolari adottati nell'ambito della riserva formulata dall'art. 48, n. 3, del Trattato. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 843 La questione sottoposta a questa Corte va quindi risolta nel senso che l'espressione fatte salve le limitazioni giustificate da motivi d'ordine pubblico ... , di cui all'art. 48 del Trattato CEE, riguarda non soltanto le leggi ed i regolamenti che ciascuno Stato membro della CEE ha deciso di adottare per limi e 30 delle Amministrazioni statali, 2 del Comune). Anche queste censure sono infondate. (1) Con questa decisione le Sezioni Unite confermano il principio affermato dal Tribunale Superiore delle acque nella sentenza 4 giugno 1969, n. 19 che formava oggetto di impugnazione (vedila in Foro amm. 1969, I, 1, 275), il quale aveva sostenuto che si ha estinzione automatica e senza indennizzo della utenza di acqua pubblica solo quando si verifichino mutazioni attinenti all'oggetto' della concessione -determinate o da eventi naturali o dalla esecuzione di opere idrauliche rese necessarie da ragioni di pubblico interesse -tali da derivarne la impossibilit materiale, permanente ed assoluta di un ulteriore esercizio dell'utenza, non solo da parte dell'attuale titolare ma anche da parte di terzi . Nello stesso senso, e cio sulla netta distinzione tra concessione del servizio di acquedotto e concessione dell'uso dell'acqua pubblica lo stesso Tribunale Supremo si era pronunziato con la decisione 7 luglio 1961, n. 9 (in Acque, bonifiche e costr. 1962, 61). In generale sulla cessazione della concessione; v. PERNIGOTTI, Acque pubbliche, in Enc. dir., vol. I, 425 segg.; M1ccoLI, Le acque pubbliche, Torino 1958, 210 segg. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 866 Ha ritenuto il Tribunale Superiore che il provvedimento era illegittimo per eccesso di potere perch era inesatto il presupposto che lo esercizio delle utenze, pur concesse in vista dell'approvvigionamento idrico della citt di Roma, fosse divenuto assolutamente impossibile: ci in quanto, tale impossibilit non era determinata n dall'intervenuta devoluzione al Comune degli impianti di distribuzione (restava alla S.A.M. la possibilit di ottnere dal Comune stesso il rinnovo della scaduta concessione di distribuzione dell'acqua potabile, o il costo della rete idrica cittadina o la concessione di suolo urbano per la posa in opera e la gestione di un proprio acquedotto) n dalla assunzione da parte del Comune della gestione del servizio (a prescindere dal fatto che ,la 'legittimit della deliberazione era ancora sub judice, essendo stata la deliberazione parzialmente annullata dal Consiglio di Stato con decisione impugnata per difetto di giurisdizione, in ogni caso alla S.A.M. restava il diritto ad un compensoper la cessione delle utenze al Comune ex art. 20 t.u. n. 1775 del 1933, e in mancanza di accordo, a un indennizzo per la sottensione delle utenze ex art..45 t.u. e, comunque per l'utilizzazione delle sue acque). Ha ritenuto altres che il provvedimento era illegittimo anche per violazione di legge in quanto l'asserita impos sibilit di esercizio non era causa di estinzione ipso jure delle utenze (tal.i cause sono tassativamente determinate dalla legge) ma, semmai, rappresentav il presupposto per un provvedimento di revoca per sot tensione. In realt la sentenza, come si sopra cennato, ha preso le mosse dalla distinzione concettuale e normativa fra provvedimenti che attengono al servizio pubblico di approvvigionamento idrico dell'abitato e di distribuzione dell'acqua potabile (gestione dell'acquedotto e della rete di distribuzione) e provvedimenti che attengono alla utenza di acqua pubblica (concessioni dell'uso di questa come bene demaniale). E tale distinzione (fatta propria dalla giurisprudenza di queste Sezioni Unite: cfr. 846/66) da ritenere esatta, perch gli uni hanno rispetto agli altri una rilevanza meramente strumentale. Dalla detta distinzione ha argo mentato che anche quando, come nel caso, l'utenza sia data con :;;peci fico riferimento ad un pubblico servizio di adduzione e distribuzione dell'acqua, la sopravvivenza nel diritto dell'utente non trova ostacolo nella perdita, da parte dell'utente che di quel servizio fosse origina riamente investito, della possibilit di esercitare il servizio stesso, e cio degli strumenti giuridici e degli strumenti materiali (diversi dall'acqua di cui egli dispone quale utente) necessari per esercitarlo, n nella stessa legittima assunzione del servizio da parte di altro soggetto (non ha avuto peso sulla decisione del Tribunale la eventualit, che tale assun zione fosse addirittura illegittima, onde l'irrilevanza della censura atti nente alla mancata sospensione del giudizio in attesa dell'esito del ri corso a queste Sezioni Unite contro la decisione in proposito del Consi PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE glio di St~to). E ci in quanto l'utenza pu attuarsi quanto meno come diritto al valore economico dell'uso che ne oggetto. Il Tribunale non si dissimulato la particolarit della situazione, quasi di stallo sul piano operativo, che pu determinarsi in casi del genere tra il soggetto che sia titolare dell'utenza pubblica e quello investito del servizio. Ma ha giustamente ritenuto che si tratta non gi di incompatibilit fra due posizioni giuridiche, bensi di mere difficol>t pratiche, le quali possono essere superate attraverso concordati atti di disposizione ovvero attraverso provvedimenti autoritativi che operino all'interno dei rispettivi rapporti (la sottensione, ad esempio, cui ha fatto riferimento al Tribunale superiore, disposta proprio in riferimento a situazioni di incompatibilit tecnica, cio di difficolt pratica altrimenti insuperabile) ma con salvezza, anche nella seconda ipotesi, di un'indennit a favore del titolare dell'utenza. Sotto questo aspetto certo pu accadere che il diritto di utenza finisca per concretarsi nel diritto al valore economico dell'uso che ne oggetto. Ma da questo almeno non si pu prescindere. Non si pu, cio, -sotto l'aspetto dell'accertamento di una incompatibilit giuridica e di una conseguente estinzione ipso jure entrambe inesistenti -sopprimere puramente e semplicemente, senza indennizzo, l'utenza, che concessa (cfr. sent. di queste Sezioni unite n. 846/66 sopratutto nell'interesse del concessionario e che proprio per questo si estingue, o si comprime, salvi i casi di scadenza del" termine, di rinunzia, di decadenza, di cause naturali che ne rendano definitivamente impossibile l'esercizio, solo se venga a trovarsi in contrasto con un interesse pubblico inerente al regime delle acque, ma in tal caso con indennizzo (arg. art. 48, comma 3 t.u., art. 47, art. 45 t.u., disposizione quest'ultima che parla, significativamente, di commisurazione dell'indennizzo al valore economico dell'utenza). dunque evidente pnsostenibilit della tesi posta a base delle censure, tesi ancorata appunto alla supposta carenza di vitalit di una utenza concessa in rifez:imento alla prestazione.di servizio pubblico mediante la stessa acqua, quando il servizio sia cessato ed alla supposta incompatibilit giuridica fra sopravvivenza dell'utenza e prestazione del servizio da parte di altro soggetto, ed alla asserita estinzione ipso jure della concessione di utenza nelle cennate ipotesi, anche l dove prospetta la sottoposizione della concessione di utenza, nelle ipotesi stesse. ad un termine implicito. E ci a prescindere dalla inconferenza del richiamo alle figure dell'abrogazione e della rimozione del provvedimento amministrativo, cos come risultano dalla elaborazione della dottrina (in particolare non appropriato il richiamo alla abrogazione sia perch questa non importa pronuncia dichiarativa di incompatibilit giuridica e di estinzione ipso jure, ma pronuncia costitutiva per valutazione di opportunit, sia perch nelle cennate ipotesi la valutazione della opportunit di porre fine ad una utenza precedente per far posto RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ad un'altra tecnicamente incompatibile con la prima ha una sua specifica disciplina nell'istituto della sottensione; n appropriato il richiamo alla rimozione, che si riferisce a sopravvenuta carenza dei requisiti, alla cui esistenza e permanenza la legge espressamente subordina l'emanazione di un provvedimento). -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21 ottobre 1974, n. 2971 -Pres. Pece -Est. Miele -P. M. De Marco (conf.) -Corradi (avv. Menghini) c. Ministero Finanze (avv. Stato Corsini). Procedimento civile Sospensione dei termini Notifica di sentenza in periodo feriale Decorrenza computo del termine per impugnare. (cod. proc. civ., a:r:tt. 155 e 326; 1. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1). Qualora la notifica deHa sentenza avvenga durante il periodo di sospensione feriale, a mente dell'art. 1 legge 7 ottobre 1969 n. 742 il termine per l'impugnazione decorre dal 16 settembre, ma il co:mputo del termine va fatto dal giorno successivo (17), secondo l'art. 155 cod~ proc. civ. (1). (1) Con la decisione in esame la S.C. ha preso pos1z10ne -per la prima volta per quanto consta -in senso chiaramente liberale in ordine al computo del termine stabilito per l'impugnazione delle sentenze notificate nel corso del periodo di sospensione feriale (principio che sembra estensibile anche al termine di decadenza annuale previsto dall'art. 327 cod. proc. civ.) fissando il principio cli.e non si deve tener conto del giorno iniziale (16 settembre). A tale conclusione la S.C. giunta osservando che altro la decorrenza del termine, altro il computo del medesimo. E poich l'art. 1 I. n. 742 del 1969 usa l'espressione decorrere la S.C. ne ha dedotto che ai fini del computo debba farsi riferimento aWarticolo 155 cod. civ., con la ulteriore conseguenza che il giorno iniziale (16 settembre appunto) non COIY1putatur in termine. Anche se auspicabile -secondo_un antico insegnamento -che tale soluzione si consolidi, la conclusione accolta suscita qualche perplessit. Se la lettera della norma fosse stata esaminata tenendo conto della sua ratio che chiaramente quella di contemplare l'esigenza del-riposo feriale dei legali con la certezza delle situazioni giuridiche (v. sul punto PICARDI, in Commentario al codice di procedura civile diretto da Allorio, Torino s.d., ed. 1973, rp. 1562 segg. ove !richiami), sembra difficile escludere che quando la legge ha stabilito che ove il decorso (del termine) abbia inizio durante il periodo di sospensione l'inizio stesso differito alla fine di detto periodo abbia inteso anche fissare autonomamente rispetto, all'art. 155 cod. civ., l'inizio del computo del termine decadenziale, facendolo coincidere con' la fine del periodo di sospensione. A.R. ~~ ,, i: I Il SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen., 20 maggio 1975, n. 4 (ordinanza) - Pres. Vetrano -Rel. Pignataro -Est. Imperatrice -Ventura (avv. Martinez) c. Prefetto di Calta.nissetta (avv. St. Mataloni) e Comune di Gela (n.c.). Giustizia amministrativa -Consiglio giustizia amministrativa Regione siciliana Composizione Conferma di componenti laici -Discrezionalit della Giunta regionale Art. 3 secondo comma D.L.vo n. 654 del 1948 Contrasto con gli artt. 101 e 108 Cost. Noli manifesta infondatezza. Giustizia amministrativa -Consiglio giustizia amministrativa Regione siciliana Composizione Conferma di componenti laici -Discrezionalit della Giunta regionale Art. 3 secondo comma D.L.vo n. 654 del 1948 Contrasto con l'art. 100 Cost. -Non manifesta infondatezza. Giustizia amministrativa Consiglio giustizia amministrativa Regione siciliana Decisioni Appello Limite Art. 5 terzo comma D.L.vo n. 654 del 1948 -Contrasto con gli artt. 3, 24, 113 e 125 Cost. -Non manifesta infondatezza. Il sistema secondo cui alcni dei membri di un organo giurisdizionale amministrativo vengono designati temporaneamente da un organo politico, con possibilit di influire sui medesimi, per essere attribuito a quest'ultimo organo il potere di riconfermarli o meno nella carica alla scadenza ,predeterminata del mandato, non sembra compatibile con i principi costituzionalmente garantiti dell'indipendenza e dell'imparzialit del giudice; pertanto, non manfestamente infondata la questione di legittimit costituzionale, per contrasto con gli artt. 101 secondo comma e 108 secondo comma Cost., dell'art. 3 secondo comma d.l.vo 6 maggio 1948,-n. 654, in base al quale la riconferma dei membri uscenti del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana per il successivo quadriennio rimessa alla discrezionale valutazione della Giunta 1egionale (1). (1-3) Cfr., IV Sez. 4 dicembre 1974 n. 897, Il Consiglio di Stato 1974, I, 1589, con giurisprudenza costituzionale ivi richiamata in nota. 870 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'art. 1 d.l.vo 6 maggio 1948, n. 654, configura il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana come una Sezione del Consiglio di Stato e gli attribuisce le funzioni consultive e giurisdizionali proprie di quest'ultima, talch nei suoi confronti opera la stessa costituzionale garanzia di indipendenza, dell'Istituto e dei suoi componenti, nei confronti dell'organo di governo regionale, a cui attribuita la designazione di una parte di costoro; pertanto, non manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale, per contrasto con l'art. 100 terzo comma Cost. in relazione all'art. 23 primo e secondo comma dello Statuto per la Regione siciliana approvato con r.d.l.vo 15 maggio 1946, n. 455, convertito nella l. 26 febbraio 1948, n. 2, dell'art. 3 secondo comma d.l.vo n. 654 del 1948 cit., in base al quale la riconferma dei membri uscenti del Consiglio di giustizia amministrativa per il successivo quadriennio rimessa alla discrezionale valutazione, della Giunta regionale (2). L'art. 5 terzo comma d.l.vo 6 maggio 1948, n. 654 (che prevede, per le decisioni del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana sulle impugnative di atti e provvedimenti delle Autorit amministrative dello Stato, il ricorso all'Adunanza plenaria delle Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato) ha stabilito il doppio gmdo di giurisdizione soltanto per un cer.to tipo di controversie localizzate nella Regione siciliana, mentre in tutto il rimanente territorio dello Stato -fino al momento della scadenza del terzo mese dalla data di insediamento dei Tribunali amministrativi regionali, a norma dell'art. 38 l. 6 dicembre 1971, n. 1034 -lo stesso tipo di controversie ha avuto una giurisdizione in unico grado; pertanto, non manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale della ricordata norma, in relazione agli artt. 3, 24, 113 secondo comma e 125 secondo comma Cost. e all'art. 23 primo comma dello Statuto della Regione siciliana approvato con r.d.l.vo 15 maggio 1946, n. 455, ,convertito nella l. cost: 26 febbraio 1948, n. 2 (3). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 13 maggio 1975, n. 501 -Pres. De Capua -Est. Pignataro -Comune di Brindisi (avv. Guarino) c. Prefetto di Brindisi e Ges.Ca.L. (avv. St. Mataloni). Comune -Autorizzazione a stare in giudizio -Deliberazione urgente della Giunta municipale -Mancanza di approvazione Inefficacia. Le deliberazioni del Consiglio comunale e quelle della Giunta municipale adottate con i poteri del Consiglio in via di urgenza, che siano soggette per legge a speciale approvazione, divengono efficaci con l'ema PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 871 nazione del provvedimento positivo da parte dell'organo designato ad approvarle; pertanto, inefficace, e come tale inidonea a costituire un valido rapporto processuale, la dichiarazione di volont contenuta in una deliberazione adottata in via d'urgenza dalla Giunta municipale ed aven te per oggetto una lite attiva (nella specie, ricorso al Consiglio di Stato contro decreto prefettizio di esproprio), ove la stessa non risulti sotto posta all'approvazione della Giunta provinciale amministrativa, ricor rendo i presupposti di cui all'art. 6 l. 9 giugno 1947, n. 530, (sostitutivo dell'art. 99 t.u. 3 marzo 1934, n. 383) (1). (1) Nella motivazione la sezione ha precisato che la legge n. 520 del 9 giugno 1947 ha introdotto nel sistema delle norme regolanti le deliberazioni adottate dagli organi dei Comuni alcune innovazioni, che qui necessario richiamare. Innanzi tutto, per effetto dell'art. 3 della legge, le deliberazioni dei . Consigli comunali e delle Gil,mte municipali si distinguono in deliberazioni soggette e deliberazioni non soggette a speciale approvazione. Le deliberazioni soggette a speciale approvazione devono essere pubblicate (quelle del Consiglio comunale almeno per estratto contenente la parte motiva e l'integrale parte dispositiva) mediante affissione nell'albo pretorio nel .primo giorno festivo successivo alla loro data (art. 21 della legge ,citata). Per vero, si dtscusso se dovesseil'o essere in tal guisa pubblicate anche le delibeirazioni sogigette a speciale approvazione adottate dalla giunta municipale. Ma :prevalsa, come la pi logica e la pi coerente al sistema, l'opinione dell'obbligo di detta pubblicazione. Comunque, stato universalmente ritenuto, per ovvie ragioni di connessione analogica, che dovessero essere pubblicate nella forma suddetta le deliberazion{ della Giunta municipale adottate in via d'urgenza coi poteri del Consiglio. Le deliberazioni, invece, del Consiglio e della Giunta municipale non soggette a speciale approvazione devono essere pubblicate nell'albo pretorio per quindici giorni consecutivi e devono essere inviate al Prefetto entro otto giorni dalla data di loro adozione (art. 3 stessa legge). Le deliberazioni soggette a speciale approvazione divengono efficaci con l'emanazione del provvedimento positivo da parte dell'organo deputato dalla legge ad approvarle. Le deliberazioni non soggette a speciale approvazione, se sono state 'inviate entro gli otto giorni dalla loro data al Prefetto (in caso contrario, infatti, s'intendono decadute), divengono esecutive dopo la pubblicazione nell'albo pretorio per quindici giorni consecutivi, sempre che il prefetto non le annulli (art. 3). Tra le deliberazioni soggette a speciale approvazione pacifico debbano annoverarsi quelle per le quali richiesta, per espresse disposizioni di legge, l'approvazione della Giunta provinciale amministrativa. La necessit di tale approvazione graduata in rapporto alla popolazione ed al rango del Comune (v. artt. 5, 6, 7 e 8 della legge citata, che sostituiscono rispettivamente gli artt. 98, 99, 100 e 101 del T.U. 3 marzo 1934 n. 383). 872 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 maggio 1975, n. 516 (ordinanza - Pres. De Capua -Est.' Vaiano -Attanasio ed altri (avv.ti Panuccio e Selvaggi) c. Consorzio nucleo industrializzazione di Reggio Calabria (avv.ti Nicol e Sorrentino); Lucisano ed altri (avv. Silvestri), De Riso ed altri 1(avv.ti Panuccio e Selvaggi) c. Consorzio nucleo industrializzazione di Reggio Calabria (avv. Sorrentino), Presidente Consiglio dei ministri e Ministero lavori pubblici (avv. St. Mataloni); Lucisano (:)d altri (avv. Silvestri) c. Prefetto di Reggio Calabria (avv. St. Mataloni); Scopelliti ed altri (avv.ti Aragona e For ,nario C.) c. Presidente Consiglio dei ministri, Ministero lavori pubblici e Prefetto di Bologna (avv. St. Mataloni) e Consorzio nucleo industrializzazione di Reggio Calabria (avv. Sorrentino). Piano regolatore -Piano di sviluppo industriale -Industrializzazione del Mezzogiorno -Piano ex T.U. n. 1523 del 1967 -Duplicit di effetti Individuazione. Espropriazione per pubblica utilit -Espropriazione -Mezzogiorno -Industrializzazione -Piano di sviluppo industriale -Vincolo di aree senza indennizzo -Art. 147 primo e ultimo comma T.U. n. 1523 del 1967 Contrasto con l'art. 42 Cost. -Non manifesta infondatezza. Espropriazione per pubblica utilit -Espropriazione -Mezzogiorno -Industrializzazione -Piano di sviluppo industriale -Indennizzo -Pagamento -Tempo -Art. 147 quarto comma T.U. n. 1523 del 1967 -Contrasto con l'art. 42 Cost. -Manifesta infondatezza. Espropriazione per pubblica utilit -Occupazione d'urgenza -Mezzogiorno Industrializzazione -Piano di sviluppo industriale ~ Omessa specificazione delle. opere per cui si dichiara l'urgenza -Art. 147 primo comma T.U. n. 1523 del 1967 -Contrasto con l'art. 42 Cost. -Manifesta infondatezza. I piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale, di cui al t.u. 30 giugno 1967, n. 1523 per l'industrializzazione del Mezzogiorno, hanno una duplice produttivit di effetti, in quanto da una part? obbligano i Comuni interessati all'osservanza delle loro previsione e dall'altra incidono direttamente sugli interessi dei privati attraverso la imposizione di vincoli di destinazione alle aree di loro propriet (1). Non manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale, in relazione all'art. 42 Cost., dell'art. 147 primo ed ultimo com (1-4) V. anche IV Sez. 14 dicembre 1971 n. 1165, in Il Consiglio di Stato, 1971, I, 2366. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 873 ma t.u. 30 giugno 1967, n. 1523, per l'industrializzazione del Mezzogiorno, che prevede l'imposizione di vincoli di destinazione sulle aree private interessate dal piano regolatore delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale senza la previsione di un indennizzo e di un limite temporale di efficacia del vincolo imposto (2). L'art. 147 quarto comma t.u. 30 giugno 1967, n. 1523, secondo cui il pagamento dell'indennit per l'espropriazione di aree private vinco late in forza del piano regolatore delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale ordinato dal Prefetto dopo la pubblicazione degli elenchi dei beni da espropriare, non rende incerta la corresponsione dell'indennizzo e non viola pertanto l'art. 42 Cost., in quanto:..__ indipendentemente dalla considerazione che, con la pubblicazione degli elenchi, non si ancora verificato l'effetto ablativo al quale connessa la necessit dell'indennizzo -il principio costituzionale non comprende anche la garanzia che, di fatto, avvenga il pagamento dell'indennit; pertanto, manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 147 quarto comma t.u. cit., in relazione alla ricordata norma costituzionale (3). La circostanza che la dichiarazione di pubblica utilit ex lege abbia bisogno di un intervento dell'Amministrazione, che individui concretamente dapprima le iniziative e quindi le aree necessarie per la loro attuazione, non importa che questa attivit debba essere considerata arbitraria, trattandosi al contrario di attivit certamente discrezionale e Zar- gamente tecnica, complementare rispetto alla previsione legislativa della pubblica utilit dell'opera pubblica; che costituisce responsabile esercizio della funzione amministrativa regolata dai criteri previsti dall'art. 97 Cast.; pertanto, manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale, in relazione all'art. 42 Cost., dell'art. 147 primo comma t.y,. 30 giugno 1967, n. 1523, per l'industrializzazione del Mezzogiorno, che non specifica le opere per le quali viene dichiarata la pubblica utilit, l'urgenza e l'indifferibilit, concretamente individuate dal Consorzio per il nucleo di industrializzazione (4). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 maggio 1975, n. 517 -Pres. Uccellatore -Est. Benvenuto -Del Buono (avv. Paoletti) c. Ministero Finanze (a'VV. Stato Siconolfi). Demanio e patrimonio Uso dei beni Beni immobili assegnati a servizio governativo Concessione in uso al Ministero da cui dipende il servizio Conseguenza Provvedimenti relativi al bene cos concesso Competenza del Ministero concessionario Provvedimenti del solo Ministero finanze -Illegittimit. 874 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Demanio e patrimonio -Uso dei beni -Beni immobili assegnati a servizio governativo -Dismissione -Sospensione temporanea dell'applicazione al servizio -Non implica dismissione. Ai sensi dell'art. 1 secondo comma r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, i beni immobili assegnati ad un servizio governativo si intendono concessi in uso gratuito al Ministero da cui il servizio dipende, sono da esso amministrati e passano all'Amministrazione delle finanze non appena cessa tale uso; pertanto, illegittimamente i provvedimenti di sospensione dei lavori compiuti da un privato concessionario su un terreno assegnatogli dall'Amministrazione militare e di diffida a ripristinare lo stato dei luoghi sono adottati dal Ministero delle finanze e non pure dall' Amministrazione militare, in capo alla quale il potere di amministrazione e i provvedimenti di autotutela amministrativa perdurano fino a quando non si verifichi la cessazione deWuso del bene assegnatole (1). La mancanza di interesse al mantenimento della destinazione di un bene al servizio governativo deve -perch possa ritenersi avverata la cessazione di tale destinazione -essere a carattere definitivo, non essendo sufficiente la sospensione, anche per un non breve lasso di tempo, dell'applicazione effettiva del bene allo svolgimento del servizio, quando persista la destinazione potenziale al servizio stesso; pertanto, la dichiarazione dell'Amministrazione di essere disposta ad assentire, per un lasso di tempo anche non breve, la concessione ad un privato di una porzione del bene di cui essa assegnataria in uso non costituisce manifestazione della determinazione di dismettere l'uso della detta porzione, quando tale dichiarazione sia accompagnata da espressioni che lasciano inequivocabilmente trapelare l'intento di conservare la destinazione di quella parte all'uso governativo origina1io (2). (1-2) In tal senso costante la giurisprudenza Cass. 4 marzo 1969 n. 697, Giust. civ. Rep., 1968, voce Demanio, n. 39. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 27 maggio 1975, n. 537 -Pres. (ff.) Benvenuto,_ Est. Ricio -Dolci ed altra (avv.ti Moschella e Nanni) c. Prefetto di Pescara e Ministero lavori pubblici (avv. St. Ricci), Albini ed altro (n.c.) e Istituto autonomo case popolari di Pescara (avv.ti De Matteis, Ledda e Irti). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabile o no -Edilizia popolare ed economica -Piano edilizia popolare -Appro vazione Impugnabilit immediata -Censure proposte in sede di ricorso contro occupazione delle aree Inammissibilit. Espropriazione per pubblica utilit Occupazione d'urgenza Decreto di occupazione Contenuto Prefissione dei termini per l'espropriazione Non occorre. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 875 Espropriazione per pubblica utilit -Occupazione d'urgenza -Elilizia po polare ed economica -Occupazione di area vincolata dal p.e.e.p. - atto dovuto -Scelta dell'area -Discrezionalit del Prefetto -Esclu sione. Espropriazione per pubblica utilit -Occupazione d'urgenza -Indennit Omessa indicazione nel decreto di occupazione -Irrilevanza. Il decreto col quale il Provveditore alle opere pubbliche o il Ministro per i lavori pubblici approva il piano delle zone da destinare alla edilizia economica e popolare autonomamente impugnabile rispetto al provvedimento prefettizio di occupazione degli immobili, in quanto immediatamente lesivo di posizioni soggettive; pertanto, sono inammissibili le censure contro il predetto piano ed i suoi presupposti dedotte in sede di impugnativa del decreto prefetti7io di occupazione delle aree (1). Il provvedimento di occupazione di immobili (nella specie, compresi nel piano delle zone da destinare all'edilizia economica e popolare) non contiene alcuna valutazione sulla pubblica utilit dell'opera, ma ha come suo presupposto la declaratoria, espressa o implicita, di indifferibilit ed urgenza dei lavori da compiere; pertanto, tale provvedimento non deve contenere la prefi,ssione dei termini per la successiva espropriazione (2). Nell'ambito dell'area vincolata dal piano per l'edilizia economica e popolare, rispetto alla scelta dei beni da espropriare (impugnabile ex se), il provvedimento di occupazione d'urgenza, preordinato all'espropriazione, si presenta come atto dovuto; pertanto, in sede di emanazione di tale provvedimento, il Prefetto non ha alcuna discrezionalit nell'individuazione dei beni da sottoporre ad occupazione. legittimo il provvedimento di occupazione d'urgenza di un immobile che non contenga la determinazione dell'indennit, potendo questa essere dete1minata successivamente (3). (1-3) Cfr. IV Sez. 21 aprile 1970 n. 308, in Il Consiglio di Stato 1970, I, 609, fra le tante, IV Sez. 13 giugno 1972 n. 521, ivi, 1972, I, 914. Cfr. IV Sez. 19 dicembre 1972 n. 1283 e 24 maggio 1970 n. 209, ivi, 1972, I, 2154; 1970, I, 411. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 9 maggio 1975, n. 173 -Pres. Daniele Est. Dato -Berardelli (avv.ti Tonna ed Inglese) c. Istituto postelefrafonici (avv. Stato Onufrio). Impiego pubblico -Norme applicabili -Statuto dei lavoratori -Applicazione limitata -Ratio; RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 876 Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit Misura Riferimento alle qualifiche formali Funzioni superiori Irrilevanza -Ratio. L'art. 37 l. 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori), nel prevedere che le disposizioni della legge stessa si applicano altres ai rapporti d'imp{ego dei dipendenti degli altri Enti pubblici, salvo che la materia sia diversamente regolata da norme speciali, pone un'eccezione all'applicabilit dezla legge non per fare ai dipendenti degli altri Enti pub~lici un trattamento deteriore rispetto a quello degli altri lavoratori, ma in considerazione del fatto che gli istituti che presiedono al rapporto del pubblico impiego offrono indubbiamente maggiori garanzie e pi efficace tutela che non il rapporto di lavoro privato (1). In materia di pubblico impiego il trattamento economico ancorato alle qualifiche formali, poich interesse pubblico che tale trattamento sia destinato solo a coloro ai quali siano conferite le qualifiche con la garanzia prevista dalle leggi o dalle altre norme che disciplinano la materia; evidente, infatti, che se l'Amministrazione potesse, con l'assegnazione a funzioni superiori di un suo dipendente, attribuirgli per questo solo fatto il trattamento economico della qualifica superiore, ne resterebbero violati i diritti degli altri dipendenti e i principt di limitazione delle spese e degli organici, con vanificazione della funzione dell'Amministrazione vigilante (2). (1-2) In tal senso la giurisprudenza costante; v. di recente Cass., in questljl Rassegna 1974, I. SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 maggio 1975, n. 2007 -Pres. leardi -Est. Valore -P. M. Mililotti (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. Soc. Elicotteri Meridionali (avv. Elefante). Imposta sulJe societ . Esenzione per l'industrializzazione del Mezzogiorno Costituzione di societ operante nel territorio del Mezzogiorno . ma con sede legale al di fuori Compete. (I. 26 giugno 1965, n. 717, art. 14). L'agevolazione dell'art. 14 della legge 26 giugno 1965, n. 717, si applica alle societd che si costituiscono con sede nel territorio del Mezzogiorno, intendendo per sede la sede operativa (stabilimento) e non la sede legale che pu anche trovarsi al di fuori del territorio agevolato (1). (Omissis). -Ci premesso, va per rilevato che, anche se tempestivo, il ricorso dell'Amministrazione non ha fondamento. Con esso si deduce la violazione del citato art. 14 della legge n. 717 del 1965, lamentando che la decisione impugnata avrebbe erroneamente accordato l'esenzione dell'imposta sulla societ alla Elicotteri Meridionali, pur non avendo questa, al momento di entrata in vigore della legge suddetta, la sede nei territori agevolati, ma in Roma (sede che fu spostata a Frosinone, ove sorse lo stabilimento solo nel dicembre 1965). (1) La decisione non pu essere condivisa. La norma del tutto univoca nel collegare l'agevolazione, oltre allo scopo della realizzazione di nuove iniziative produttive, alla costituzione con sede nel territorio del mezzogiorno; e la sede ove la societ si costituisce non rpu essere che la sede legale, giacch in questo momento non esistono (o possono non esistere) le sedi operative che possono essere molteplici. L'agevolazione in esame non riguarda la singola installazione produttiva, che pu essere oggettivamente individuata e delimitata; ma il soggetto unitariamente considerato; l'imposta sulle societ, che riferita ad un bilancio unico e investe il soggetto nella sua totalit, non pu non esigere ai fini della esenzione che la sede legale (anch'essa rilevante ai fini della rinascita del Mezzogiorno) sia ubicata nel Mezzogiorno. Peraltro i presupposti della esenzione vanno ricercati essenzialmente nell'atto costitutivo, s che la verifica ex post (non sempre agevole) dello svolgimento dell'attivit produttiva nell'ambito del Mezzogiorno non pu bastare ad assicurare lo scopo della legge di legare indissolubilmente al fattore territorio tutta la struttura e la produttivit della societ. 7 878 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Secondo la ricorrente infatti, la norma suddetta porrebbe come condizione inderogabile per la concessione del beneficio, che la sede legale si trovasse gi nei territori agevolati, a nulla rilevando la sussistenza di tutti gli altri requisiti prescritti dalla legge medesima. Dispone testualmente il citato art. 14: Le societ che si costituiscono con sede nei territori indicati all'art. 3 della legge 10 agosto 1950, n. 646, e successive modificazioni ed integrazioni, per la realizzazione di nuove iniziative produttive nei territori stessi, sono esenti, per 10 anni dalla loro costituzione, dalla imposta sulle societ di cui al Titolo VII del testo unico 29 gennaio 1958, n. 645 >>. Per le societ gi costituite o aventi sede nei predetti territori ed aventi le finalit. indicate nel precedente comma, l'esenzione si applica per i soli anni del decennio dalla Costituzione successivi al 31 dicembre dell'anno di entrata in vigore della presente legge. Orbene questa Corte d'avviso che, pur attraverso la assai poco felice formulazione del secondo comma dell'articolo in questione, sia agevolmente desumibile la ratio legis. La tesi della ricorrente, secondo cui la norma in esame sarebbe dettata per venire incontro anche a quelle societ che, precedentemente costituite al di fuori dei territori agevolati, avessero spostato la loro sede legale nei territori stessi anteriormente alla entrata in vigore della legge n. 717 del 1965, palesemente inaccoglibile, sia perch non trova fondamento alcuno nel testo della legge medesima, sia perch, ,se l'intento del legislatore fosse stato quello indicato dalla ricorrente, la formulazione sarebbe stata diversa. La formulazione della norma -che pone indubbiamente una alternativa -trova logica spiegazione se si attribuisce al termine sede non il significato di sede legale ma di sede operativa, di centro in cui la societ esplica la sua attivit, di luogo in cui vengono realizzate le nuove iniziative produttive (stabilimento). Secondo tale int~rpretazione il beneficio va accordato sia alle societ gi costituite ..... nei predetti territori (e, si intende, aventi sede nei medesimi), sia alle societ aventi sede in detti territori (anche se costituite altrove). Cos interpretata, peraltro, la _norma in esame ben si inquadra nel sistema. Infatti, se vero che, come afferma la ricorrente, quello della sede nei territori indicati un requisito fondamentale ed indeclinabile di tuttele agevolazioni attribuite in favore dell'industrializzazione del Mezzogiorno, non solo di carattere fiscale, ma anche tutte quelle incentive all'industrializzazione, altres innegabile che, dall'esame delle varie norme che sanciscono le provvidenze adottate dal legislatore al fine di avviare a soluzione il problema del Mezzogiorno -e cio del massiccio esodo di cospicue forze lavorative dalle zone economicamente PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA pi deboli ed arretrate del Sud verso quelle pi ricche e progredite del Nord o di altri Paesi stranieri -appare evidente che i benefici fiscali sono indissolubilmente legati al fattore territorio, nel senso che soltanto allora possono trovare applicazione quando risulta con assoluta certezza che la societ che li invoca e che viene ammessa, opera nell'ambito territoriale tassativamente delimitato dalla legge, e cio esplica in questo tutta intera la sua attivit industriale, ivi realizzando in tal modo gli scopi sociali ed economici a tale attivit connessi. Se, pertanto -'come pone in evidenza la resistente (e la Ammi~ istrazione non contesta) -esistevano tutti gli altri requisiti prescritti dalla legge, e cio che la societ si era costituita al solo scopo di impiantare uno stabilimento per la costruzione, riparazione e commercio di elicotteri sul territorio dell'Italia meridionale compreso nelle leggi agevolatrici, se risulta che detta societ ha iniziato, fin dal 1963, a costruire in Frosinone detto stabilimento -(inaugurato poi nel 1967), che non gestisce altre attivit e che ha gi fruito degli altri benefici creditizi e fiscali previsti dalle varie leggi; se, cio, la societ medesima ha sempre operato ed opera esclusivamente nei territori suddetti, la decisione della Commissione centrale che ha riconosciuto il diritto all'agevoiazione, non appare censurabile, nessun rilievo potendo attribuirsi al fatto che la sede legale della societ sia stata spostata da Roma a Frosinone pochi mesi dopo l'entrata in vigore della citata legge del 1965. appena il caso di accennare, infine che, in aderenza a quanto disposto dal secondo comma del citato art. 14, l'esenzione dall'imposta per 10 anni stata riconosciuta dal 1 gennaio 1966 al marzo 1973, e cio per gli anni residui dal decennio dalla costituzione (11 marzo 1963) successivi al 31 dicembre 1965, quando cio la sede legale della societ era stata gi trasferita a Frosinone. Talch appare evidente come, anche ad adottare una diversa interpre,tazione della norma in questione, in nessun caso il beneficio, entro questi limiti, potesse essere negato. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 maggio 1975, n. 2040 -Pres. Rossi -Est. Giuliano -P. M. Mililotti (conf.) -Casassa c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Tarin). Imposte e tasse in genere Imposte dirette Azione in sede ordinaria . Precedente decisione di commissione Duplicazione dei ruoli . necessaria. , (r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645; art. 188),, Il divieto di adire il giudice ordinario prima della decisione definitiva della Commissione almeno in un grado, posto per le imposte 880 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dirette dall'art. 22 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, ha valore generale per tutte le controversie ed anche per quelle che concernono duplicazione di iscrizione nei ruoli (1). (1) Decisione esattissima che riconferma l'orientaD)ento rigoristico, recentemente ribadito (Cass. 21 ottobre 1974 n. 2970, in questa Rassegna, 1974, I, 1456 e precedenti ivi richiamati) per l'esclusione sotto ogni forma della proponibilit immediata in sede ordinaria di qualunque domanda concernente il debito di imposta. Solo quando il diritto al rimborso sia stato riconosciuto dalla Amministrazione o definitivamente accertato con giudicato, la domanda (soggetta solo ai limiti temporali della prescrizione ordinaria; art. 8 legge 28 ottobre 1970 n. 801), non da luogo a una controversia di imposta (Cass. 11 giugno 1971, n. 1741, ivi, 1971, I, 1153). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 maggio 1975, n. 2042 -Pres. Mirabelli -Est. Falletti -P. M. Minetti (conf.) -Pastore c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposta di successione Testamento nullo Sentenza pronunciata in con traddittorio della Finanza Necessit inderogabile Dichiarazione di falsit di testamento contenuta in giudicato penale Inopponibilit alla Finanza. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 6). Il principio fissato nell'art. 6 della legge sulle successioni della inopponibilit alla Finanza della sentenza di annullamento di testamento non pronunziata in contraddittorio di essa di generale applicazione e opera anche riguardo al giud,icato penale; in tal caso sempre possibile far dichiarare ex .novo la falsit del ~estamento in contraddittorio della Finanza, non essendo necessario il simultaneus processus (1). (1) Decisione di evidente esattezza. Sulla inderogabilit della norma dell'art. 6 della legge sulle successioni v. Cass. 8 aprile 1965, n. 613, in questa Rassegna 1965, I, 388; sulla non necessit del simultaneus proce. ssus 9 novembre 1965, n. 2343 (ivi, 1292). Per l'analoga regola dell'inopponibilit del giudicato in caso di evizione o spoglio v. Cass. 7 settembre 1970, n. 1243 (ivi, 1970, I, 863). PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 881 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 maggio 1975, n. 2044 -Pres. Rossi Est. Santosuosso -P. M. Secco (conf.) -INAM (avv. Capaccioli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Del Greco). Imposta di bollo I.N.A.M. Atti relativi a controversie riguardanti l'Isti tuto Esenzione limitata alle liti c.d. previdenziali Azione di sur roga ex art. 1916 e.e. Esclusione. (r.d. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 109, 122 e 123; e.e. art. 1916). L'esenzione dall'imposta di bollo in favore deH'INAM prevista nell'art. 122 del r.d. 4 ottobre 1935, n. 1827 concerne non tutti gli atti che interessano l'Istituto ma solo determinate categorie di atti di contenuto negoziale, mentre l'altra esenzione regolata nll'art. 109 riguarda gli atti processuali relativi alle controversie c.d. previdenziali fra le quali non rientrano le azioni di surroga ex art. 1916 e.e. che sono soggette al normale regime tributario (1). (Omissis). -L'I.N.A.M., premesso che, in un quadro normativo di generale agevolazione fiscale di cui godono gli istituti previdenziali, non concepibile che siano stati espunti solo alcuni degli atti processuali posti in essere da detti istituti, ripropone in questa sede la tesi dell'applicazione dei benefici a tutti gli atti processuali, attraverso due soluzioni ermeneutiche, che formano rispettivamente oggetto del primo e del secondo motivo di ricorso; a) interpretare, cio, l'art. 122 del r.d. 4 ottobre 1935, n. 1827, nel senso che qualsiasi giudizio promosso dall'ente previdenziale inteso a realizzare i suoi fini istituzionali, ed in particolare l'azione di surroga ex art. 1916 cod. civ., che appunto ordinata alla realizzazione di una entrata; b) subordinatamente interpretare l'art. 109, dello stesso r.d. in modo comprensivo di tutte le controversie che comunque servono all'Istituto per il consegimento dei suoi fini. L'esame della questione, che superi le prime impressioni, conduce al rigetto della tesi prospettata dall'Istituto ricorrente. Vanno anzitutto avanzate serie riserve sulla premessa di fondo da cui parte il ricorrente, non essendo pacifico che gli istituti previdenziali godano di una generale agevolazione fiscale. Basti considerare, in proposito, che il citato articolo 122, anzich contenere una chiara formula omnicomprensiva, non solo elenca minutamente determinati atti ai quali pu riconoscersi il beneficio, ma, anche quando fa riferimento generico ad altri atti, specifica due condizioni che devono ricorrere perch ad essi si estenda l'agevolazione fiscale. Parimenti, l'altra norma in discussione (l'art. 109) contiene l'esplicita limitazione del beneficio agli atti ed ai provvedimenti relativi alle liti c.d. previdenziali, quelle cio previste dal titolo quinto della legge medesima. (1) Decisione esatta di ineccepibile motivazione. 882 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Una norma analoga a quest'ultima stabilita dall'art. 364, n. 4, cod. proc. civ. a proposito dell'esonero degli istituti previdenziali dal l'obbligo del deposito per il caso di soccombenza. Per quanto, come noto, questo onere non abbia carattere fiscale, il fatto che l'esonero da tale obbligo sia limitato alle controversie strettamente previdenziali, in forza del principio inclusio unius, esclusio alterius, sta a confermare la tendenza legislativa a previlegiare soltanto l'attivit che abbia un de terminato oggetto (sia essa compiuta dall'istituto o dal privato), e non anche qualsiasi attivit dell'istituto, sia pure condicente indirettamente alla realizzazione degli stessi fini. Svincolati, quindi, dalla suggestiqne della premessa fatta dal ricor rente, pu affermarsi che dall'indagine condotta sulla specifica normativa della questione in esame emergono argomenti che fanno ritenere pi attendibile la conclusione, secondo cui non sono esenti dalle tasse l.i bollo gli atti relativi ai giudizi non qualificabili strettamente previ denziali. , Ed invero, tali atti, processuali non possono anzitutto ritenersi com presi nell'ambito dell'art. 122 cit., per queste considerazioni: a) l'elenco degli atti, documenti e contratti in esso contenuto formulato in modo da essere piuttosto inteso con riferimento esclusivo agli atti negoziali; b) tanto pi che la norma, inserita in un titolo diverso da quello ri guardante ricorsi e controversie, esige oltre alla condizione che gli atti occorrano al raggiungimento dei fini dell'istituto,' anche la concor renza di un'altra condizione, e cio che essi siano espressione della attivit propria dell'istituto; e) non pu riconoscersi all'art. 122 una portata generale poich la stessa norma, all'ultimo comma, rinvia alle esenzioni fiscali previste da altre leggi riguardanti le .assicurazioni so ciali; d) la legge sul bollo (oggi d.P.R. 25 giugno 1953, n. 492) distin gue nettamente tra atti civili (n. 1 a 35 della tariffa), atti ammi nistrativi (nn. 36 a 42) e atti avanti gli organi giurisdizionali (mi. 43 a 47); e) se nell'agevolazione tributaria prevista dall'art. 122 fossero compresi' anche tutti gli atti processuali per qualsiasi lite riguar dante l'istituto, non si spiegherebbe perch la stessa legge abbia ritenuto necessario introdurre la norma dell'art. 109; contenente la stessa agevo, lazione, ma limitatamente ad un particolare tipo di lite. N si dica che quest'ultima norma sarebbe giustificata dall'esigenza di estendere l'agevolazione al prtvato, poich anche l'art. 122 dichia;ra esenti da tasse gli atti occorrenti tanto all'Istituto quanto ai privati per realizzare i benefici ad essi spettanti in base alle assicurazioni ge stite, dall'Istituto . Una conferma decisiva, alla conclusione che il legislatore non abbia voluto esentare dalle tasse giudiziarie .tutte le controversie in cui sono parti gli istituti previdenziali, sl. trae dalla considerazione che la stessa f ..,..,..,,~~ ./ PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA legge prevede, al successivo art. 123, che l'istit~to ammesso al gratuito patrocinio, quando a suo favore concorra il fmnus boni iuris. Tale facolt, invero,' stata prevista, non tanto per offrire una difesa gratuita (posto che il secondo comma del citato articolo autorizza l'Istituto a servirsi del suo difensore, non officioso), quanto sopratutto per l'annotazione a debito delle tasse giudiziarie; e ci ovviamente per quelle liti che esulano dalla disposizione di esenzione dalle tasse medesime, ex art. 109. Tale argomento vale anche per ritenere infondata la tesi, secondo cui l'esenzione delle tasse giudiziarie per tutte le liti riguardanti l'Istituto troverebbero la sua giustificazione normativa nell'art. 109 dello stesso r.d. n. 1827/1935. Questa norma del resto fa esplicito riferimento ai ricorsi ed alle controversie previste dal titolo quinto, e cio alle liti strettamente previdenziali. Resta infine da escludere che fra queste ultime controversie possa annoverarsi anche quella cui d luogo l'azione di surroga o di rivalsa esercitata dall'Istituto assicuratore nei confronti del terzo responsabile. stato infatti gi ritenuto da questa Corte che, anche in tema di assicurazioni sociali, la surrogazione legale dell'assicuratore nei diritti dell'assicurato verso il terzo responsabile attua una forma di successione a titolo particolare in un diritto che non deriva dal contratto di assicurazione, al quale il responsabile del tutto estraneo (sent. 370/67; 1065/65; 918/63; 1596/61). L'interpretazione delle menzionate norme non dissipa certo qualsiasi motivo di perplessit sulla congruenza del sistema; ma essa fa indubbiamente propendere per la soluzione negativa alla tesi dell'Istituto; conclusion~ che va ancor pi seguita per il rigore ermeneutico che si impone nell'applicazione di norme in tema di benefici tributari. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 giugno 1975, n. 2339 -Pres. Rosst Est. La Torre -P. M. Serio (conf.) -Tarabbo (avv. Rosati) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposta di successione -Presunzion per mobili denaro e gioielli -Prova contraria -Presunzioni semplici fondate su fatti emergenti da documenti appartenenti ai tipi tassativamente indicati dalla legge -AmInissibilit. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 31). Per vincere la presunzione di esistenza di mobili denaro e gioielli di cui all'art. 31 della legge sulle successioni bens necessario un atto del tipo di quem elencati nel secondo comma della stessa norma, ma 884 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO questo, ove non fornisca la p1ova diretta di un ammontare diverso da quello calcolato percentu~lmente, pu essere integrato anche con presunzioni che in via derivativa dimostrino la certezza dell'esistenza di quel valore (applicazione all'ipotesi di una operazione di sconto, dichiarata dalla parte, conclusa pochissimo tempo p1ima della morte dell'autore della successione) (1). (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso principale, gli eredi Tarabbo denunziano violazione ed errata applicazione dell'art. 31 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, in materia di imposta di successione, e dell'art. 2729 e 2697 e.e. in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. La Corte di merito -essi deducono -ha ritenuto in tesi, che l'art. 31 della citata legge tributaria sulle successioni abbia posto in via suppletiva e sussidiaria, per favorire il fisco in ordine a determinati cespiti mobiliari, una presunzione iuris tantum, vincibile con prova contraria, non esclusa la presunzione semplice, e tale presunzione ha poi desunto, nella ipotesi, dal brevissimo lasso di tempo intercorso fra il compimento dell'operazione bancaria ed il decesso del Corinzio Tarabbo, tale da far ritenere che il netto ricavo della operazione non potesse non trovarsi nel patrimonio relitto dal de cuius. Ma -essi oppongono - in primo luogo errato che la presunzione sia dettata unicamente in favore del fisco, laddove essa pu essere invocata anche dal contribuente. E poi si tratta di una presunzione vincibile solo nei modi previsti dalla stessa norma, che testualmente si riferisce a ben determinati atti o documenti .... che nel caso non esistono. Sicch a loro avviso, una volta dimostrata l'esistenza del debito, sarebbe gravato sull'Amministrazione l'onere di provare la sussistenza del netto ricavo o delle attivit corrispondenti . Il ricorso non pu essere accolto, perch la sentenza impugnata, malgrado l'erroneit in dirittO di alcune argomentazioni in essa svolte, per corretta nel dispositivo, che quindi, una volta emendata la motivazione ai sensi dell'art. 384 comma seeondo c.p.c., deve rimanere fermo. L'art. 31 della legge tributaria sulle successioni del 1923, fissata come regola generale, nel primo comma, la presunzione di esistenza nel (1) Non constano precedenti specifici. Sul princ1p10 affermato, si deve osservare che ben difficilmente pu configurarsi l'ipotesi di una integrazione della prova documentale quando si voglia dimostrare un valore inferiore a quello percentualmente presunto, giacch dagli inventari deve necessariamente risultare la prova diretta e completa; al contrario per la dimostrazione di un valore superiore, da atti o dichiarazioni delle parti possono emergere fatti che attraverso una ulteriore valutazione logica derivativa consentano di raggiungere una prova piena. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA l'asse ereditario di una certa quantit di determinati cespiti, fra cui il denaro, stabilisce poi, al terzo comma, che al cennato criterio presuntivo non si ricorre solamente quando da inventari di determinati tipi risulti un valore minore o, anche la inesistenza assoluta dei cespiti mobiliari in parola, ovvero (quando) dagli stessi inventari o da atti o dichiarazioni delle parti risulti' un valore superiore. Aggiunge, infine, al quarto comma che in tali casi si ha riguardo al valore quale risulta da detti documenti. La interpretazione delle ricorda>. (Nella specie, stato affermato che nell'ambito degli atti agevolati doveva considerarsi compreso il contratto con il quale la Cassa di Risparmio di Trieste -affidataria dalla gestione del fondo di rotazione aveva consentito l'accollo di un mutuo, concesso per la costruzione di una nave, da parte della societ acquirente della nave stessa, ed aveiva quindi costituito con tale societ ogni rapporto derivante dal mutuo medesimo, che era stato anche au~entato nell'importo e rinforzato nelle garanzie). La prima sentenza (n. 478/73) pa ritenuto che l'art. 6 della legge 18 ottobre 1955, n. 908 concerne fattispecie ben precisate e determinate e non lascia alcun margine all'interprete per integrare la portata precettiva della norma intendendone, estensivamente, la sua formulazione. La seconda sentenza (n. 1302173) ha ritenuto, per contro, che la previsione legislativa di cui al menzionato art. 6 non rigorosamente limitata a categorie ben definite di negozi o di atti, onde sufficiente, per la concessione del beneficio, l'esistenza di una semplice relazione di dipendenza od un collegamento strumentale tra l'atto agevolato e quello rispetto al quale bisogna stabilire l'ammissibilit o meno del beneficio. Queste Sezioni Unite, riesaminata la complessa questione, ritengono che le agevolazioni tributarie concesse dall'art. 6 della legge 18 ottobre 1955, n. 908, non sono applicabili, per le argomentazioni che qui di seguito si ' espongono, all'atto di accollo di mutuo ed alla fideiussione prestata a garanzia dell'accollo stesso, contenuti nel contratto per not. Poillucci del 7 maggio 1962. La legge, 18 ottobre 1955, n. 908, prevede (art. 2) che le somme affluenti, nei modi stabiliti dall'art. 1, al fondo di rotazione per, iniziative economiche nel territorio di Trieste e nella provincia di Gorizia RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO siano destinate alla concessione di mutui, per la esecuzione di operazioni economiche (fra le quali la costruzione di navi) e per il finanziamento della costruzione di alloggi di tipo popolare. L'art. 6 ( agevolazioni tributarie) testualmente dispone: Ai mutui per la costruzione di alloggi concessi ai sensi della presente legge si applicano le agevolazioni tributarie previste dal t.u. 16 aprile 1938, n. 1165, e successive modificazioni, e dalle altre disposizioni legislative in materia di edilizia economica e popolare. Le altre operazioni di finanziamento che saranno effettuate a norma della presente legge e tutti i provvedimenti, contratti, atti e formalit relativi alle operazioni stesse ed alla oro esecuzione ed estinzione sono esenti da tasse imposte e tributi spettanti sia all'Er_ario dello Stato, sia agli Enti locali ad eccezione della imposta di bollo sulle cambiali le quali saranno assoggettate al bollo nella misura fissa di lire .10 per ogni mille lire. In compenso gli Istituti corrisponderanno all'Erario una quota di abbonamento annuo in ragione di centesimi 5 per ogni cento lire di capitale mutuato. Restano salve, ogni caso, le maggiori agevolazioni previste da leggi speciali . Ora, fermando l'attenzione sul secondo comma della disposizione trascritta (in quanto il primo comma concerne fattispecie diverse da quella in esame) queste Sezioni Unite osservano che il contratto -avente per oggetto l'accollo (parziale), da parte di un terzo (con garanzia di fideiussione), del debito dipendente da un'operazione di finanziamento attuata da altri due soggetti -non rientra ip alcuna delle previsioni formulate dal comma medesimo. In primo luogo il contratto del cui trattamento tributario si discute -accollo (parziale) novativo del preesistente debito della societ mutuataria originaria (poi fallita), con la contemporanea prestazione di fideiussione di terzi per l'accollo medesimo -non costituisce un'operazione di finanziamento per la costruzione di una nave, ma un'operazione economica, successiva al finanziamento, per l'acquisto di una nave, gi costruita, da parte della societ aggiudicataria in sede fallimentare. In definitiva, l'operazione di finanziamento per la costruzione della nave era stata gi attuata,, quando intervenne l'accollo, con il precedente atto posto in essere (con le agevolazioni fiscali) fra soggetti diversi (la Cassa di Risparmio di Trieste, quale Istituto delegato del Fondo di Rota zione, e la falUta societ Navigazione Triestina) per lo scopo ormai rag giunto, allorch fu concluso il predetto accollo, della costruzione di una nave. In secondo luogo il contratto del 7 maggio 1963 non pu essere considerato relativo alla operazione di finanziamento o attinente alla sua esecuzione ed estinzione (art. 6 cit. 1. n. 908/1955), cio un atto collegato, con rapporto di strumentalit, alla costituzione, esecu PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 893 zione od estinzione del finanziamento. Infatti: 1) esso non relativo all'operazione di credito od esecutivo di questa, poich non inerente, nemmeno in senso lato, allo scopo dell'atto agevolato n a questo legato come mezzo al fine {conseguimento dello scopo del finanziamento). Il contratto de quo fu concluso in epoca di gran lunga successiva all'operazione di credito, quando lo scopo, considerato dalla norma agevolatrice, era stato raggiunto, molti anni prima, per il finanziamento gi ottenuto (con il precedente contratto per not. Froglia) ed utilizzato. Il contratto pi volte menzionato, nella sua oggettivit e nell'intenzione delle parti, ebbe lo scopo, del tutto estraneo alla operazione di finanziamento per la costruzione di una nave, di soddisfare mediante il trasferimento da uno ad altro so_,:getto di parte dell'obbligazione originaria (con prestazione accessoria di garanzia) -l'interesse della societ LAO all'acquisto di una nave gi costruita. Ne discende la inidoneit del contratto ad essere assunto n,ella categoria degli atti relativi alla operazione di finanziamento od esecutivi della operazione medesima (per la quale era stata gi concessa l'agevolazione fiscale), e la sua piena autonomia, agli effetti della imposizione tributaria, impeditiva di una nuova agevolazione fiscale, in favore di terzi estranei al rapporto originario. 2) Il contratto 7 maggio 1962 non costitu nemmeno un atto estensivo del finanziamento (art. 6 1. cit.). La estinzione considerata dalla norma citata quella riferibile alla operazione di finanziamento. Nella specie la sostituzione dell'obbligato, avvenuta con il consenso del creditore, ha estinto il rapporto tra quest'ultimo ed il debitore originario, ma la novazione soggettiva, in tal modo operata, non ha esaurito l'operazione, poich, nonostante il mutamento del debitore, l'obbligazione rimasta in vita e si pu dire obiettivamente estinta solo quando la somma mutuata rientrata' nella disponibilit dell'ente finanziatore. Le considerazioni che precedono inducono ad escludere dall'ambito di applicazione dell'art. 6 L. n. 908/195 il contratto de quo tanto per l'accollo quanto per la fideiussione in esso contenuti (ed a maggior ragione, pu aggiungersi, per la fideiussione, posto che la legge n. 908/ 1955, in relazione al sistema in cui inserita e nel cui ambito destinata ad operare prevede, in tutte le sue disposizioni, ed in modo inequivoco -art. 2 -4 -5 -6 -esclusivamente i contratti di mutuo). N possibile pervenire a conclusioni diverse invocando la interpretazione estensiva dell'art. 6 L. 908/1955, in relazione alla ratio di esso. La interpretazione estensiva delle disposizioni relative ai benefici tributari giustificata quando il testo della norma per lacunosit od altro, non appaia corrispondente all'intento legislativo; esclusa invece 894 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO se esso, come nel caso in esame per le ragioni esposte, abbia una portata precettiva ben precisa. In tale ipotesi prevale il rigore esegetico delle norme agevolative le quali, es,sendo dettate in deroga al generale prin-. cipio di imposizione, non sopportano allargamenti interpretativi di dubbio fondamento. Ci conforme alla ratio che ispira la norma ageivolatrice in questione. Il fine perseguitato dalla legge n. 908/1955, la quale va collocata nel quadro dei provvedimenti legislativi diretti ad incentivare la ripresa della attivit industriale, senza dubbio quello di rendere meno onerosi i mutui accordati dall'istituto Fondo di rotazione, appunto mediante esenzione tributaria; ma questa, applicabile ai finanziamenti che il fondo concede per il suddetto fine di generale attivit, non pu estendersi ai negozi diversi dai mutui specificatamente previsti, od ai negozi non collegati ad essi da alcun rapporto di strumentalit. Non pertinente, poi, il richiamo alla legge 27 luglio 1962 n. 1228 (sul trattamento tributario per operazioni di credito a medio e lungo termine) per dedurre da essa elementi di interpretazione dell'art. 6 L. n. 908/1955. Infatti la legge n. 1228/1962 concerne le operazioni di finanziamento da parte di istituti di credito, laddove la legge n. 908/1955 concerne le operazioni di credito esercitate, limitatamente all'ambito di un determinato territorio, dal fondo di rotazione da essa istituito, nelle quali operazioni la Cassa di Risparmio di Trieste (o quella di Gorizia) intervengono, esclusivamente, per la gestione delle somme affluite al fondo: le diverse finalit delle due leggi, ed il diverso ambito di applicazione {anche territoriale) di esse impediscono ogni accostamento fra di loro, sia pure a soli fini interpretativi. Infine non possono orientare in senso dirverso il giudizio della Corte gli argomenti che si vogliono trarre dall'ordine n. 380 del 16 novembre 1948 del cessato G.M.A. Infatti sufficiente rilevare che l'atto del 7 maggio 1962, per la cui tassazione controversia, stato concluso e registrato nel vigore della legge n. 908 del 1955 la quale chiaramente innovativa rispetto alla precedente' legislazione in materia (come risulta, anche, dal Decreto n. 57 in data 27 giugno 1958 del Commissario Generale per il territorio di Trieste -richiamato dagli stessi ricorrenti -il quale, infatti, ha regolato per il necessario coordinamento con la sopravvenuta legge n. 908/1955, la modalit d pagamento per i finanziamenti concessi, in precedenza, dal cessato G.M.A.) senza che sia quindi possibile ricorrere a precedenti (ed eventualmente) difformi fonti normative, rimanendo salve soltanto le maggiori agevolazioni previste da leggi speciali (art. 6 cit. 3 comma) : ipotesi che qui non interessa perch riferibile all'evidenza, a discipline normatirve diverse da quelle che sono state invocate. -(Omissis). PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 895 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 giugno 1975, n. 2559 -Pres. Mirabelli -Est. Mazzacane -P. M. Minetti (conf.). Soc. Forniture Industriali Cantieri (avv. Cerrato) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Tarin). Imposte e tasse in genere -Violazioni di leggi finanziarie e valutarie Prescrizione -Interruzione -Verbale di contestazione -~ idoneo Effetto interruttivo durevole fino alla pronuncia dell'ordinanza -Esclusione. (r.d.l. 5 dicembre 1939, n. 1928, artt. 2 e 3; I. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 34; e.e. art. 2943 e 2945). Il verbale di contestazione o di accertamento di violazione di norme tributarie o valutarie idoneo ad interrompere la prescrizione del diritto dello Stato alla pena pecuniaria (la cui misura sar successivamente determinata) se in .esso si esprime la chiara volont dell'Amministrazione di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto. Tuttavia l'effetto interruttivo prodotto dal verbale solo istantaneo e non gi durevole fino alla pronuncia del decreto che irroga la sanzione (1). (Omissis). -La societ ricorrente, con il primo motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 del R.D.L. 5 dicembre 1938 n. 1928, nonch la insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata (artt. 360, n. 3 e n. 5 c.p.c.). (1) Sulla prima parte della massima la giurisprudenza pacifica (Cass. 8 gennaio 1968 n. 34, in questa Rassegna, 1968, I, 102 con richiami) anche nel senso che il verbale di contestazione interrompe la prescrizione del diritto all'imposta oltre che alla pena pecuniaria. Sembra peraltro illogica la limitazione dell'effetto interruttivo alla verifica, in punto di fatto, che nel verbale si esprima la volont dell'Amministrazione di otteneTe il soddisfacimento del propTio diritto; l'intento di peTseguire il diTitto implicito nella contestazione della violazione della norma in Telazione a tutte le conseguenze che, ope legis si producono .per effetto della accertata violazione; poich il credito della AmministTazione trae sempTe odgine dalla legge ed sempTe indisponibile esso non pu non esseTe perseguito quanto la violazione viene contestata. quindi superlluo valutaTe caso peT caso se nell'atto sia espressa la chiarn volont dell'Amministrazione di otteneTe il soddisfacimento del diritto; d'altTa paTte se tale volont fosse necessada essa non potTebbe essere espressa dall'organo (di polizia tributaTia o del seTvizio ispettivo) che procede alla contestazione ma solo dall'oTgano (Intendenza di Finanza o Ministro) pTeposto a deteTminaTe la pena pecuniaTia e liquidaTe l'imposta. quindi inilevante l'indagine sulla espressione di una volont da parte dell'agente che ha redatto il verbale. Ci chiarito si profila diversamente la questione affrontata nella seconda parte della massima. Il verbale di contestazione, al pari della do 896 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sostiene che la Corte del merito ha erroneamente attribuito al processo verbale di accertamento della infrazione valutaria efficacia interruttiva della prescrizione in quanto: a) il predetto atto non idoneo a costituire in mora il presunto trasgressore poich l'obbligo al pagamento della pena pecuniaria non trae origine da esso, m~ dipende dalla facolt discrezionale del Ministro; b) il processo verbale predetto non manifesta in modo inequivoco la volont della Amministra~ ione di ottenere il soddisfacimento della obbligazione. La societ ricorrente aggiunge (lett. c del primo motivo) che, pur ammettendo l'efficacia interruttiva del verbale di accertamento, essa avrebbe carattere istantaneo e non permanente poich le disposizioni di cui agli artt. 2943, primo comma, e 2945, secondo comma, cc. sono inapplicabili -contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte del merito -al procedimento, avente natura amministrativa, previsto dal R.D.L. 5 dicembre 1938 n. 1928. Sub A e B. Le censure sono infondate. L'art. 2, secondo comma, della legge 7 gennaio 1929 n. 4 (norme generali per la repressione delle leggi finanziarie) -richiamato dall'art. 3 del R.D.L. 5 dicembre 1938 n. 1928 (norme per la repressione delle violazioni delle leggi valutarie) -attribuisce testualmente carattere civile all'obbligazione di pagamento di una somma a titolo di pena pecuniaria; di conseguenza la prescrizione di cui all'art. 17, primo comma, della 1. n. 4 del 1929 -richiamato anche esso dall'art. 3 R.D.L. n. 1928 del 1938 - regolata dagli artt. 2934 e ss.cc. Per il citato art. 17, primo comma, il diritto dello Stato alla riscossione della pena pecuniaria si prescrive con il decorso di cinque anni dal giorno manda giudiziale, interrompe la prescrizione per propria intrinseca efficacia . In ogni modo, se ha prodotto l'interruzione (perch contenente la volont dell'Amministrazione di attuare il suo diritto), bisogna sempre verificare se l'effetto interruttivo sia soltanto istantaneo. A tal fine non sufficiente il rilievo che il procedimento per l'irrogazione della sanzione amministrativo, ben separato dalla successiva azione in sede ordinaria; e che ad :esso non sono riferibili gli art. 2943 e 2945 e.e. Secondo fa norma di portata generale dell'art. 141 della legge di registro il ricorso del contribuente in via amministrativa interrompe la prescrizione in favore di ambo le parti fino a che l'Amministrazione non abbia notificato la propria decisione. Si quindi ritenuto che in base a questa norma, conforme ad un pi generale principio, la pendenza del procedimento, anche amministrativo, impone alle parti uno stato di attesa che inibisce il compimento di attivit dirette all'attuazione del diritto controverso (Cass. 26 agosto 1971 n. 2582, Riv. leg. fisc., 1972, 719). Anche nella specifica materia del procedimento regolato dalla legge 7 gennaio 1929 n. 4 stato affermato che il ricorso del contribuente interrompe la prescrizione con effetto durevole fino alla data della definizione del Procedimento (Cass. 28 PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 897 della commessa violazione. Il diritto sorge, dunque, con l'infrazione, finanziaria o valutaria, al momento di questa : non diversamente da quanto accade per il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito (art. 2947, 1 comma cc.). Ne deriva che il decreto con il quale il Ministero del Tesoro determina la pena pecuniaria non un atto costitutivo del diritto e della correlativa obbligazione di pagamento della pena stessa da parte del trasgressore: la determinazione in concreto della pena, da parte del Ministero, ha, invece, carattere di liquidazione del quantum dovuto (Cass. 8 gennaio 1968, n. 34; 17 maggio 1963 n. 1264). Esattamente, pertanto, la Corte del merito ha ritenuto che, allorquando il Servizio Ispettwo dell'Ufficio Cambi provvide alla contestazione (10 agosto 1951) della infrazione valutaria commessa nel 1950, il diritto di credito della Amministrazione era gi sorto, donde la esigenza di stabilire, ai fini della eccepita prescrizione, se questa fosse stata efficacemente interrotta, come si assumeva dalla Amministrazione, dal processo verbale del 10 ottobre 1951. Del pari esattamente, poi, la Corte del merito ha affermato l'idoneit del predetto verbale ad interrompere la prescrizione in corso. Invero i verbali di accertamento di una infrazione valutaria redatti dagli organi della polizia tributaria o dal Servizio ispettivo dell'Ufficio Italiano dei cambi (art. 2 R.D.L. 12 maggio 1938, n. 794) -in quanto provenienti da soggetti che agiscono nell'interesse ed in rappresentanza del Ministro del Tesoro, titolare del diritto alla pena pecuniaria -possono avere effetto interruttivo della prescrizione purch in essi si esprima la chiara volont dell'Amministrazione creditrice di ottenere il soddisfacimento del proprio credito ad esigere la pena pecuniaria che successivamente sar determinata dal Ministro (Cass. 14 aprile 1969 n. 1186; 8 gennaio l968 n. 34). E nel caso concreto la Corte del merito ha accer agosto 1971 n. 2582 e 21 aprile 1972 n. 1264 in questa Rassegna, 1971, I, 1467 e 1972, I, 499). Per le stesse ragioni dovrebbe ritenersi che una volta avviato un procedimento amministrativo tipico, l'interruzione prodotta con l'atto introduttivo produca effetto fino alla pronuncia dell'atto conclusivo, anche nel caso che l'atto introduttivo provenga dalla Amministrazione. bens vero che nel caso del ricorso del contribuente l'effetto durevole della prescrizione si pu giustificare con l'esigenza di non pregiudicare il suo diritto nell'attesa della dedsione, mentre nel caso deciso l'Amministrazione aveva un suo potere di impulso (che per poteva esercitare nel rispetto delle norme del ipirocedimento). il.VIa nell'uno e nell'altro caso si incardina un procedimento amministrativo formale che d luogo ad una situazione di attesa incompatibile con il decorso della prescrizione; e se il ricorso del contribuente in via amministrativa interrompe la prescrizione fino al termine del procedimento anche a favore dell'Amministrazione, a maggior ragione lo stesso effetto bisogna riconoscere all'atto introduttivo del procedimento proveniente dall'Amministrazione. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO taito che il verbale del 10 agosto 1951 esprimeva in modo inequivoco la volont della P.A. di pervenire alla irrogazione e quindi alla riscossione della pena pecuniaria per le infrazioni valutarie specificatamente indicate e contestate alla societ. Tale accertamento, in quanto congruamente motivato con l'analisi dei singoli elementi sui quali la volont della P.A. si era esteriorizzata, sottratto al controllo di legittimit. Sub C. La censura fondata. La Corte del merito ha affermato che in seguito alla notifica al trasgressore del verbale di accertamento della infrazione valutaria -primo atto del procedimento amministrativo regolato dal R.D.L. 12 maggio 1938, n. 794 (contenente norme per l'accertamento delle trasgressioni in materia valutaria e di scambi con l'estero) -si determina una situazione non diversa, agli effetti della prescrizione, da quella prevista dagli artt. 2943, primo comma, e 2945, secondo comma, cc. per i quali la notificazione dell'atto con cui si inizia un giudizio ha carattere permanente, dura cio sino alla definizione del giudizio medesimo. Questa Corte ritiene che la estensione delle norme citate al procedimento amministrativo in questione non giustificata da alcuna comunanza di elementi tra i due procedimenti considerati. Ed infatti: a) nel procedimento giudiziale la domanda con cui si inizia un giudizio (di cognizione, ovvero conservativo o esecutivo) interrompe la prescrizione per propria intrinseca efficacia. Nel procedimento amministrativo l'atto iniziale -il processo verbale di accertamento della infrazione -interrompe la prescrizione se, come gi si precisato (v. sub. A-B), dal suo contenuto si pu desumere in modo esplicito la manifestazione di volont della P.A. di ottenere il soddisfacimento del proprio credito, vale a dire se esso costituisce idoneo atto di costituzione in mora (articolo 2943, ultimo comma, e.e.) la esigenza della valutazione del contenuto dell'atto, ai fini predetti, ribadita da questa Corte con numerose decisioni (tra cui la sentenza gi menzionata), stata affermata anche dalla corte del merito la quale, peraltro, non si avveduta del contrasto fra tale affermazione e quella successiva sulla efficacia interruttiva permanente dell'atto iniziale del procedimento amministrativo: la predetta valutazione, invero, sarebbe superflua se il processo verbale di accertamento potesse essere equiparato, ai fini della interruzione della prescrizione, alla domanda giudiziale la quale, ripetesi, ha una propria autonoma efficacia interruttiva della prescrizione. b) Nel procedimento giudiziale la prescrizione, rimasta inrterrotita con la proposizione della domanda, ricomincia a decorrere dal momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio. Il procedimento amministrativo per l'accertamento delle infrazioni valutarie con una sequenza di atti -che va da quello iniziale (processo verbale di accertamento) ad atti inter PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 899 medi (accertamenti e pareri di una apposita Commissione) e poi ad un atto finale (decreto del Ministro) -si conclude con un atto amministrativo (il decreto del Ministro, appunto) contro il quale sono ammessi i normali rimedi a seguito della dichiarazione di illegittimit costituzionale del secondo comma dell'art. 11 R.D.L. 5 dicembre 1938 n. 1128 (sent. C. Cost. 27 gennaio 1959 in G.UU. 31 gennaio 1959, n. 26) che escludeva ogni impugnazione. Il procedimento giudiziale (eventuale) segue quindi quello amministrativo ed ha, rispetto ad esso, effetti propri ed autonomi, ai fini della prescrizione e delle cause interruttive di questa. c) Nel procedimento giudiziario la permanenza della interruzione sino all'esito finale del giudizio ha il suo fondamento nella esigenza che il prolungamento del giudizio medesimo non pregiudichi gli interessi della parte che ha agito per far valere la propria pretesa ed a danno della quale potrebbe compiersi il periodo prescrizionale. Nel procedimento amministrativo in questione non ricorre tale esigenza in considerazione dei poteri di impulso e di autotutela attribuiti alla stessa P.A. che ha iniziato il procedimento. Va rilevato, infine, che l'Amministrazione, nella discussione orale, ha invocat, a sostegno della pronuncia della Corte di Milano sulla questione esaminata sub-C, la sentenza n. 3261/74 di questa Corte. Il richiamo non pertinente poich la menzionata sentenza ha esaminato il problema della possibile efficacia interruttiva dei singoli atti del procedimento amministrativo per l'accertamento delle trasgressioni valutarie. Tale problema estraneo alla attuale controversia, in cui stata dibattuta la diversa questione della efficacia interruttiva permanente o meno, del primo atto del procedimento amministrativo, senza specifici riferimenti ai successivi atti di esso. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, 'Sez. I, 14 luglio 1975, n. 2781 -Pres. Giannattasio -Est. Sposalto -P. M. Gentile (conf.) -Beneduce (avv. Libonati) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Baccari) e Esattoria di Milano (avv. Guerra). Imposta complementare Cumulo dei redditi Moglie del contribuente Non risponde dell'imposta Esecuzione sui beni di sua propriet . Impossibilit Opposizione all'esecuzione ammissibile. (t. u. 29 gennaio 1958, n. 649, art. 131 e 207; c.p.c. art. 619). Poich soggetto passivo dell'imposta complementare sui redditi, a norma dell'art. 131 del t.u. sulle imposte dirette del 1958, soltanto il marito, la moglie, i cui redditi siano stati cumulati, non n coob 900 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO bligato al pagamento n responsabile di imposta, s che non pu procedersi coattivamente alla riscossione sugli immobili di sua propriet nemmeno per la parte della imposta corrispondente al reddito ad essa riferibile. Di conseguenza l'art. 207 lett. c) dello stesso t.u. va inteso nel senso che la moglie non terzo ma soggetto passivo dell'esecuzione esattoriale contro i suoi beni e pu quindi proporre l'opposizione, che non quella dell'art. 619 c.p.c., per contestare la potest esecutiva; solo nell'esecuzi9ne sui mobili o in particolare casi nei quali la moglie si presenti realmente come terzo trova applicazione il divieto dell'articolo 207 (1). (Omissis). -La ricorrente, sostiene, con il primo motivo, che la corretta applicazione dell'art. 131 del testo unico del 1958, delle alitre norme dello stesso testo unico sulla riscossione e sulla formazione dei ruoli, della lettera c) del pi volte citato art. 207 in relazione all'art. 619 c.p.c., e dell'art. 2910 'e.e:, debbono condurre all'esclusione non soltanto della, coobbligazione solidale, gi negata dalla Corte di merito, ma finanche della limiltata assoggettabililt dell'esecuzione da essa rirtenuta. Soggiunge, con il secondo motivo, che il richiamo alla ricordata disposizione dell'art. 207 era, nel caso, fuor di luogo, attesa la circostanza, accertata dalla stessa sentenza denunziata, che l'esecuzione esattoriale non era stata, nel caso, ancora inizia.ta. E lamenta, con il terzo motivo, un difettoso esame delle questioni di costituzionalit sollevate nel giudizio di merito. Il ricorso deve essere accolto, ancorch non tutte le argomentazioni addotte dalla ricorrerute appaiano utili e pe11tinenti alla questione che si tratta di risolvere. Valgano all'uopo le considerazioni che seguono. Esattamente stata esclusa dalla denunziata sentenza la coobbli gazione solidale della moglie i cui redditi, ai fini dell'imposta compie (1) La pronunzia ha affrontato un problema di assai difficile soluzione. Se da un canto appare insuperabile l'impossibilit di agire sui benf di chi non n debitore p. responsabile dell'imposta non assistita da privilegio di carattere reale, sembra d'altra parte difficile negare ogni rilevanza all'art. 207 lett. c) del t.u. del 1958, norma che, come si riconosce, diretta proprio allo scopo di eliminare l'incoercibilit dell'obbligazione tributaria; n vale a salvare la ragion d'essere della norma, ritenerla valida per l'esecuzione sui mobili (rispetto ai quali, per tutte le imposte, opera l'altra regola della letteTa b, ri,spondente a tutt'altra ratio) o in ipotesi quanto mai rare, anch'esse ricadenti sotto norme che non sono specifiche dell'imposta complementare. Ad una soluzione diversa, tuttavia,. dovrebbe pervenirsi per i redditi cumulati appartenenti a persone, diverse dalla moglie (art. 131 primo comma); in questo caso il cumulo avviene in quanto il soggetto passivo PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 901 mentare progressiva, debbono essere cumulati con quelli del marito. Premesso che nel caso in esame continua ad essere applicabile la normativa detJtata dal testo unico del 1958, , difatti, da osservare che l'art. 131 di tale testo indicarva come unico soggetto passivo dell'imposizione il marito (art. 131) e, mentre prevedeva altre ipotesi di responsabilit solidale -degli eredi per le obbligazioni tributarie del de cujus: art. 16; dei nuovi proprietari d'immobili e dei nuovi titolari di dirirbti reali immobiliari, con i precedenti proprietari e titolari, per le imposte gravanti sui detti beni: art. 196 -non conteneva alcuna disposizione del genere per i soggetti dei redditi che dovevano essere cumulati ai fini dell'imposta complementare progressiva. Di conseguenza la regola del cumulo, se da un lato stante la progressivit dell'imposta, arrecava un vantaggio al pubblico .erario, comportava, d'aLtra parte, stanrte l'unicit del soggetto passivo del debito tributario, l'impossibilit di conseguirne il pagamento quante volte fosse stato necessario a tal fine sotrtoporre ad esecuzione forzata beni appartenenti ai titolari dei redditi cumulati, nonostante che anche per questi fosse dovuta l'imposta. All'inconveniente -che derivava dalla lacuna legislativa che quesrta Corte Suprema aveva avuto modo di rilevare nella sentenza 28 aprile 1938 n. 507, nella quale aveva osservato che l'imposta complementare, non essendo assistita da alcun privilegio reale, mobiliare o immobiliare, non poiteva essere riscossa sui beni di coloro i cui redditi erano stati cumulaiti con quelli del debitore d'imposta -si era inteso rimediare con la legge 16 giugno 1939 n. 942 che nel suo art. 18, sostanzialmente poi riportaito nell'art. 207, lett. b) del testo unico, aveva escluso coloro i cui redditi, in forza dell'art. 2 del R.D. 30 dicembre 1923 n. 3062, erano stati cumulati con quelli dell'iscritto a ruolo, 4alla facolt accordata dal primo comma dell'art. 63 del T.U. 17 ottobre 1922 n. 1401, modifiiscritto nei ruoli ha dei redditi altrui la disponibilit o l'amministrazione senza obbligo di rendiconto, quando cio lo stesso contribuente pu essere soggetto passivo dell'esecuzione per la parte corrispondente al valore di godimento del bene altrui. Dovrebbe quindi essere ammessa contro il contribuente a favore del quale si operato il cumulo, e senza possibilit di opposizione da parte del terzo proprietario titolare del reddito cumulato, l'esecuzione mobiliare sui frutti, quella presso terzi di fitti, pigioni ed altri crediti ed anche l'espropriazione dell'usufrutto ove sia costituito. Rinasce per la difficolt quando, pur essendo uguale la situazione rispetto all'obbligazione tributaria, non esista una formale separazione tra il diritto di propriet ed il suo valore di godimento, quando l'immobile produttivo di reddito non sia dato in locazione, quando il bene, pur goduto dal contribuente iscritto nei ruoli, non sia formalmente costituito in usufrutto. Il problema era stato risolto con la riforma tributaria: l'art. 34 del d.P.iR. 29 settembre 1973, n. 602 dichiara responsaibili in solido ,le persone 902 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cato dall'art. 12 del R.D.L. 6 novembre 1930 n. 1465: cio dalla facolt di citare esattore e debifore d'imposta davanti al Preotre, facolt concessa a chi pretendeva di avere il diritto di propriet o altro diritto reale sopra tutti o parte dei mobili pignorati o degli immobili posti in vendita, per opporsi alla vendita e chiedere la separazione a suo favore. Il rimedio, per, attenuava, ma non eliminava del tutto l'inconveniente, n colmava completamenrte la lacuna. Invero l'art. 207 del testo unico del 1958 -come chiaramente risulta dalla sua rubrica indicante la opposizione di terzi , e dal richiamo che esso fa all'art. 619 c.p.c., e dalle pi diffuse disposizioni dell'art. 18 del decreto del 1939 dal quale deriva -vieta l'opposizione del proprietario, o, comunque, dell'avente diritto, all'esecuzione che venga iniziata contro il debitore d'imposta e, quindi, su beni che si ritengono appartenere al debitore d'imposta; e, stante il carattere eccezionale della norma, il divieto non pu essere esteso alle opposizioni del proprietario, o dell'avenrte diritto, all'esecuzione promossa direttamente contro di lui e, quindi, ricadente su beni che appartengono a lui e che s'intende espropriare come tali. Perci l'art. 207 -le cui norme hanno carattere non meramente processuale, ma sostanziale in quanto, per una pi efficace tutela dei credirti tributari, ne rafforzano le garanzie assoggettando taluni beni ad esecuzione indipendentemente dall'esistenza di eventuali diritti di terzi su di essi trova applicazione soltanrto nei casi in cui l'azione esecutiva sia rivolta contro il debirtore e su beni che apparentemente gli appartengono o che erroneamente si ritiene che gli appartengano. N pu obiettarsi che, se interpretato nella suesposta maniera -che, del resto, l'unica possibile -. l'art. 207 rimarrebbe svuotato di ogni pratica importanza. Difatti casi del genere di quelli ai quali si accennato possono accadere non soltanto nell'esecuzione mobiliare, ma anche, sebbene meno i cui redditi siano stati cumulati con quelli del soggetto iscritto a ruolo. Ma 1relativamente ai redditi della mo1glie la recentiissima legige 2 dicembre 1975, n. 576 ha apportato fondamentali innovazioni: non soltanto si stabilisce (art. 7) che i coniugi sono solida1mente obbligati 1al pagamento dell'imposta, ma si dettano nuove norme anche per il passato (art. 8) p:recisando che i ruoli gi formati in base a dichiarazione o ad acce:rtamento di ufficio comprensivi di redditi della moglie costituiscono titolo per la riscossione anche nei confronti della moglie sebbene intestati soltanto al marito; ci va1e non solo per l'imposta sulle persone fisiche di cui alla denuncia dell'am,o 1975, ma anche per l'imposta complementare degli anni precedenti. Gli accertamenti Collegati a denunce presentate soltanto dal marito compendenti redditi della mogUe che interverranno successivamente all'entrata in vigore della legge dovranno essere intestati e notificati anche alla moglie. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARtA 903 di frequente, nell'esecuzione immobiliare: quando, ad esempio, si proceda a pignoramento di un immobile che la moglie abbia acquistato dal marito con atto trascritto anteriormente alla trascrizione del pignoramento, ma non abbia avuto ancora corso la domanda di volltura cata stale, sicch il detto immobile sia stato erroneamenite ritenuto come di propriet del marito, che il soggetto esecutato. In tal caso, ed in altri simili, trova applicazione l'art. 207, ma non quando l'esecuzione -come si verifica nella fattispecie in esame sia cominciata, o stia per cominciare, direttamente contro la moglie, e venga pignorato, o s'intenda pignora.re, un immobile proprio della, moglie che, in tale ipotesi, non terzo, ma soggetto passivo della procedura esecutiva. Per ritenere legittima tale procedura non basta il richiamo dell'art. 207, lett. e) del testo unico del 1958, ma occorrerebbe poter considerare la moglie come coobbligata, insieme con il marito, al pagamento dell'imposta, cio supporre l'esistenza di una norma che nel testo unico del 1958 non esiste. Una norma simile si trova, invece, nella recente legislazione di riforma tributaria, e precisamente nell'art. 34 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 che stabilisce che le persone, i cui reddi1ti p~r l'accertamento d'imposta sul reddito delle persone fisiche, sono stati cumulati con quelli del soggetto iscritto a ruolo, sono responsabili in solido con il soggetto medesimo per il pagamento dell'imposta, sopratasse, pene pecuniarie e interessi iscritti a nome di quest'u1timo. Questa nuova di~posizione, che il legislatore ha ritenuto necessario dett,are all'evidente scopo di eliminare l'inconveniente connesso al sistema del cumulo, vale, per, per l'imposta sul reddito delle persone fisiche, e non per l'imposta complementare progressiva, soppressa insieme con le altre indicate nell'art. 82 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 597. Difatti per l'imposta complementare e per gli altri tributi soppressi e relativi a periodi d'imposta anteriori al 1<> gennaio 1974, seguitano ad applicarsi, secondo quanto dispone l'art. 102 .dello stesso decreto n. 602 del 1973, le norme dettate dal testo unico del 1958 e, fra queste, l'articolo 207 del detto testo unico, dal quale -come si visto -non dato desumere n una responsabilit solidale, n un assoggettamento alla riscossione coattiva nei termini ritenuti dalla sentenza denunziata. Stabilita l'esatta portata della lettera e) del citato art. 207 e conseguentemente la sua inapplicabilit al caso in esame -cio all'ipotesi, ricorrente nella fattispecie, di un'esecuzione esattoriale nella quale l'esecutato non terzo, ma soggetto passivo della procedura di riscossione coattiva -ne deriva l'irrilevanza, ai fini del decidere, delle questioni di costituzionalit riproposte, in questa sede, dalla ricorrente. ( Omissis). 904 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 luglio 1975, n. 2904 -Pres. Rossi Est. Miele -P. M. Mililotti (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Tomasicchio) c. Ippoliti (avv. D'Angelantonio). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Imposta di registro -Age volazioni -Pluralit di benefici -Scelta di uno di essi -i:. definitiva Sopravvenuta decadenza -Applicabilit di altra agevolazione -Esclu sione. In caso di pluralit di agevolazioni fiscali applicabili per motivi diversi alternativamente allo stesso atto, il contribuente che sia decaduto da quella da lui prescelta e in concreto applicata non pu usufruire di altra agevolazione sullo stesso atto (1). (Omissis). -Con il motivo di ricorso l'Amministrazione finanziaria denunzia che erroneamente la Cor.te di merito ha ritenuto che, in caso di pluralit di agevolazioni fiscali, applicabili per motivi diversi ad uno stesso atto, il contribuente, che sia decaduto da quella da lui prescelta ed applicata, possa usufruire di alrtro beneficio per lo stesso atto. Secondo l'amministrazione ricorrente, invece, nel caso di diverse agevolazioni fiscali previste in via alternativa, la scelta operata dal, contribuente di una di esse, gli impedisce nel caso di decadenza da quella prescelta di usufruire successivamente di altra agevolazione di cui ricorressero i presupposti. Si contesta, inoltre, che, secondo quanto ritenuto dalla Col.'lte d'Appello, l'atto di assegnazione dell'abitazione al socio della cooperati!Va sia assimilabile ad atto traslativo di propriet, per cui mancherebbe il presupposto del trattamento agevolativo dell'al'lt. 17 della legge 2 luglio 1949 n. 408. La prima censura del mezzo fondata. Invero il principio dell'art. 8 della legge di registro del 1923, secondo cui le tasse sono applicate secondo l'intrinseca natura e gli effetti degli atti o dei trasferimenti e ci con riferimento al momento in cui l'atto soggetto alla imposta stato stipulato (imposta di atto) e l'altro, desumibile degli articoli 11 e 12 della stessa legge, secondo cui l'atto una volta assoggettato all'imposta insensibile alle vicende del negozio giuridico emergente dal (1) Questione nuova di grande interesse. Sull'impossibilit di cumulo di agevola,zioni diverse in generale v. Cass. 19 settembre 1970 n. 1534 (Foro it. 1970, I, 2817). Ma assai importante l'affermazione che, avvenuta la registrazione, sono irrilevanti le vicende successive si che il principio fissato negli artt. 11 e 12 della legge di registro valevole anche per l'applicazione delle agevolazioni. Ne possono in concreto verificarsi deroghe per espressa norma di legge; quando un'agevolazione concessa, salva l'applicazione di norme pi favorevoli (o con altre formule analoghe), si verifica sempre una scelta irreversibile fra pi benefici alternativamente fruibili. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTAR'IA 905 l'atto stesso, sono valevoli non solo in caso di assoggettamento dell'atto a tributo di registro ma, indubbiamente, anche per la diversa ipotesi della applicazione di trattamenti agevolativi concessi dalla legge. Ne consegue che, dovendo rimanere fermo il regolamento applicato concretamente all'atto soggetto alle disposizioni della legge di regist:i;o, qualora l'amministrazione finanziaria abbia disposto un determinato trattamento agevolativo, sia questo conforme alla richiesta dell'interessato oppure, in caso diverso, sia staio adottato con provvedimento ormai definitivo, esso trattamento non suscettibile di variazioni o sostituzioni per sopravvenute vicende, sia ad iniziativa dell'interessato sia ad opera della stessa Amministrazione finanziaria. Tutto ci porta ad affermare che, qualora l'atto sia stato sottoposto ad un determinato trattamento fiscale di favore, l'interessato, che da questo sia decaduto, non pu chiedere successivamente (salvo che disposizione di legge non lo consenta espressamente) che, in sostituzione del beneficio gi accordatogli, sia applicarto altro beneficio, di cui assuma esistere i presupposti. Invero, come si osservato, il rapporto giuridico d'imposta in tal modo determinatosi, definitivo, essendosi il suo iter formativo completato. Esso ormai solo suscettibile di essere portato ad esaurimento per effetto del verificarsi o del non verificarsi delle condizioni poste dalla legge per la conservazione del beneficio. Nella ipotesi negativa, il mancato avveramento della condizione fatto che si inserisce pur sempre in quello stesso rapporto d'imposta per cui esso d luogo alle conseguenze sue proprie (applicazione dell'ordinario trattamento tributario) n potrebbe consentire che il rapporto di imposta, cos estinto, possa rivivere per l'applicazione dell'altro beneficio. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 agosto 1975, n. 2978 -Pres. Stella Richter -Est. Sposato -P. M. De Majo (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli) c. Impresa Farsura (avv. Cochetti). Imposta di registro -Agevolazione per la costruzione di autostrade -Subappalto -Estensione -Limiti. (1. 24 luglio 1961, n. 729, art. 8). L'agevolazione per la costruzione di autostrade prevista dall'art. 8 della legge 24 luglio 1961 n. 729 non si estende ai contratti. di subappalto non approvati dall'Amministrazione appaltante (1). (1) Identiche sono le coeve sentenze n. 2974, 2976 e 2977. Con questa pronunzia le Sezioni unite risolvono definitivamente la questione sulla quale in un primo momento era prevalsa la tendenza ad RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -La ricorrente Amministrazione -denunziando la violazione e la falsa applicazione dell'art. 8 della legge n. 729 del 1961 sostiene che atto o contratto occorrente per l'attuazione di questa legge da considerare quello che sia tale non soltanto in senso tecnico-economico, ma benanche in senso giuridico, e che tale non , in materia di opere pubbliche, il subappalto che, in contrasto con il divieto stabilito dall'art. 339 della legge del 1865 sui lavori pubblici, sia stato stipulato senza l'approvazione ed all'insaputa della pubblica amministrazione committente o della societ alla quale la pubblica amministrazione abbia concesso l~ esecuzione dei lavori. Soggiunge che il subappalto non giova al fine in vista del quale prevista l'esenzione fiscale della quale si tratta -vale a dire alla riduzione dei costi delle costruzioni aurtostradali -giacch esso si risolve in un vantaggio per l'appaltatore, che lo stipula a condizioni per lui pi favorevoli di quelle del contratto d'appalto; e che, d'altra parte, l'esenzione sarebbe limitata anche in senso soggettivo cos come ritenuto dall'Ufficio impositore. Il ricorso -che nelle memorie viene illustrato con larghi riferimenti alle considerazioni esposte nelle sentenze pronunziate da questa Corte a sezione semplice nel 1974 - fondato e deve essere accolto. In effetti, per dirimere il verificatosi contrasto giurisprudenziale nella determinazione dell'ambito di applicabiUt del trattamento fiscale di favore del quale si discute, bisogna aver riguardo all'essenziaie circostanza che le costruzioni autostradali -o che siano eseguite direttamente dall'ANAS, o che lo siano da altri enti che, in virt della concessione, subentrano negli stessi poteri e nelle stesse iniziative della pubblica amministrazione concedente -sono pur sempre opere pubbliche, soggette alla disciplina regolatrice dei pubblici appalti e, quindi, fra l'altro, alle norme dettate dal citato art. 339 della legge sui lavori pub- ammettere l'estensibilit della agevolazione (3 marzo 1972 n. 611, in questa Rassegna, 1972, I, 444) ma pi recentemente si era determinato un criterio restrittivo (5 settembre 1974 n. 2419, ivi, 1974, I, 1264; 13 gennaio 1975, n. 105, ivi, 197'5, I, 396). da segnalare, anche ai pi ampi fini di metodologia ermeneutica, il rilievo che I' occorrenza ad un determinato fine, se pur non deve rispondere al criterio della necessit, non pu essere intesa in senso puramente tecnico-economico, col rischio di accogliere nel concetto di fine agevolato tutti gli atti che possono derivare nella loro indefinita possibilit di proliferazione dall'appalto. Non persuade, per, pienamente l'identificazione del nesso di occorrenza con la sussistenza di un apprezzamento discrezionale della Amministrazione in sede di approvazione del subappalto, approvazione che, oltre a rispondere a diverse esigenze che non dovrebbero influire sul trattamento tributario, potrebbe intervenire anche dopo la stipulazione del subappalto e la sua registrazione. Dovrebbe in sostanza non ritenersi compromessa la questione dell'estensione dell'agevolazione anche ai subappalti approvati o per i quali non richiesta l'approvazione. I II ~ . . I PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTAR,IA 907 blici che vieta all'appaltatore di cedere o subappaltare, tutta o in parrte, l'opera assunta senza l'approvazione dell'autorit competente, sotrto la comminatoria dell'immediaita rescissione del contratto e di una multa corrispondente al ventesimo del prezzo di deliberamento. Le ragioni che stanno alla base di un divieto cos rigorosamente sanzionato sono evidenti; si tratta di assicurat.e, per una preminente esigenza di pubblico interesse, la buona esecuzione dell'opera attraverso la valutazione; da farsi preventivamente dagli organi della pubblica amministrazione, dei requisiti d'idoneit di coloro che l'opera 'debbono eseguire, e di render possibile quella continua e doverosa attivit di controllo che quegli organi non avrebbero modo di esplicare tempestivamente ed efficacemente nei confronti di imprese ai cui rapporti con l'appaltatore la pubblica amministrazione fosse rimasta del tutto estranea. Una volta stabilito che gli atti ed i contraJtti relativi alle costruzioni autostradali sottostanno alla normativa propria dei lavori pubblici, ovvio che le particolari disposizioni che le riguardano debbano essere intese nella loro coordinazione logica con la detta normativa, non essendo ammissibile che esse agevolino ed incoraggino atti che, nella pi ampia regolamentazione nella quale s'inseriscono, sono rigorosamente vietati. Codesta imprescindibile necessit di coordinamento potrebbe non sussistere se il legislatore avesse, esplicitamente o implicitamente, introdotto nella legge per le autostrade una deroga alle norme generali in materia di opere pubbliche. Ma una deroga del genere non si rinviene nella legge del 1961 e nelle altre precedenti relative alle strade ed alle autostrade, n, in verit, vi sarebbe stato motivo di disporla, ,stante il gi rilevato interesse pubblico che il divieto del subappalto tutela, e stanti le altre considerazioni che, qui di seguito, vengono esposte. vero che, a differenza di altre leggi _:_ ad esempio della legge 28 febbraio 1949 n. 43 nel su art. 24 -la legge sul piano di nuove costruzioni stradali ed autostradali prevede, nel suo art. 8, i benefici fiscali n~n per gli atti ed i contratti necessari, ma per gli atti e i contratti occorrenti per la sua attuazione, ed pur ve.ro che l'occorrenza ha limiti pi ampi della stretta necessit. Tuttavia anche l'occorrenza dev,e essere intesa nel nesso, in cui il testo legislativo esplicitamente la pone, con l'attuazione della legge. Ci comporta che non pu, essere intesa in un senso puramente tecnico-economico, perch in tal modo quel nesso verrebbe ad essere negato. Difatti, se, trascurando le finalit d'interesse pubblico che continuano -e n,on potrebbero non continuare -ad essere preminenti nell'intenzione del legislatore, ed i cui mezzi e modi di realizzazione sono affidati alla valutazione preventLva dlla pubblica amministrazione, volessero comprendersi fra i contratti occorrenti all'attuazione della legge anche i subappalti non approvati che possano servire, o siano comunque ser RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO viti, alle costruzioni autostradali, si perverrebbe all'inevitabile conseguenza che l'appaltatore potrebbe affidare a ditte subappaltatrici tutte le opere da lui assunte in appal!to e godere dei benefici tributari senza nulla aver fatto per l'attuazione della legge ed essendosi limitato a svolgere una pura e semplice attivit d'intermediazione a scopo di lucro. Codesta conseguenza, oltre che nel caso limite che si ipotizzato allo scopo di metterne in luce tutta l'assurdit, potrebbe egualmente verifi carsi anche nei subappalti parziali: con effetti meno vistosi, ma non per questo meno assurdi, giacch sempre assurdo premiare con agevolazioni fiscali, ricadenti a carico della collettivit, le speculazioni private. Per evitare che essa possa verificarsi fa d'uopo ricorrere ad un criterio che consenta di distinguere fra gli atti occorrenti all'attuazione della legge e gli atti che, pur derivando, nella loro indefinita possibilit di proliferazione, dell'appalto stipulato dall'ANAS o dalle societ concessionarie, attuano non la legge, ma una mera intermediazione speculativa. E tale criterio fornito, per l'appunto, dal coordinamento dell'art. 8 della legge del 1961 con l'art. 339 della legge sui lavori pubblici, in virt del quale coordinamento il giudizio sulla sussistenza della condizione prevista per l'applicazione del beneficio tributario -cio del nesso di occorrenza dell'aitto o del contratto con l'attuazione della legge -coincide e si risolve nell'apprezzamento discrezionale della Pubblica Amministrazione (o dell'ente al quale essa ha trasferito, con la concessione, le proprie attribuzioni ed iniziative) che approvi, oppure ritenga di non approvare, la stipulazione del subappalto. Si obietta che i subappalti, consentendo all'appal.tatore l'esecuzione delle opere a condizioni meno onerose e, quindi, di assumere l'appalto ad un prezzo correlativamente minore, giovano, in definitiva, allo scopo per il quale prevista l'esenzione fiscale, cio allo scopo della realizzazione delle autostrade a minor costo; che ci tanto pi degno di nota in quanto, date le particolari difficolt tecniche del settore, difficile, ed anzi pressocch impossibile, che una sola impresa possa eseguire tutta l'opera senza il concorso di subappaltanti ditte specializzate che dispongano di complesse e costose apparecchiature il cui approntamento assoggetterebbe a spese di enorme rilevanza. L'obiezione, con la quale si vorrebbe accreditare la ;tesi dell'inoperativit nel campo delle costruzioni autostradali del divieto di cui all'art. 339 della legge fondamentale sui lavori pubblici, si rivela, per, priva di consi_stenza. Difatti il divieto non assoluto e non impedisce all'appaltatore di fare assegnamento su~ subappalti e, ;tenendo conto delle economie che si ripromette di conseguirne, di assumere la esecuzione dell'opera ad un corrispettivo minore. Basta, all'uopo, che nel contratto d'appalto venga prevista la possibilit dell'affidamento ad altri dell'esecuzione di quelle parti dell'opera che egli non potrebbe eseguire direttamente senza grave dispendio: possi~ II ~ ~ PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 909 bilit che non gli sar certamente negata dall'amministrazione appaltante qualora effettivamente sussistano le condizioni che, senza pregiudizio del preminente interesse collettivo alla buona esecuzione dei lavori, consentano una riduzione della spesa. soltanto in questo niodo che l'interesse economico dell'appaltatore e, di riflesso, quello dell'amministrazione o dell'ente concessionario, si concilia con quell'altro preminente interesse ed, evitata ogni dannosa ed arbitraria possibilit di intermediazioni a catena, i subappa]Jti divengano atti realmente occorrenti all'attuazione del piano delle costruzioni stradali ed autostradali ed hanno titolo per essere ammessi al .trattamento fiscale di eccezionale favore. Stabiliti i limiti oggettivi dell'ambito di applicazione dell'esenzione tributaria nel senso che vi rientrano soltanto i subappalti stipulati con il consenso dell'amministrazione appaltante o dell'ente, concessionario, irrilevante, ai fini della decisione' della presente controversia, stabilire se l'esenzione debba intendersi limitata anche in senso soggettivo come subordinatamente si assume nel ricorso. Basti osservare, e solo incidentalmente, che tale subordinato assunto non appare fondato; valga, in proposito, il richiamo alle considerazioni svolte nella sentenza 13 maggio 1969 n. 1638 di questa Corte Supre,ria. Sul piano processuale la difesa della resistente ha sostenuto che la Amministrazione delle Finanze ha invocato gli effetti del divieto dei subappalti non autorizzati sulla determinazione della sfera di applicazione dei benefici fiscali, soltanto nel suo ricorso per cassazione, proponendo perci, per la prima volta in questa sede, una questione nuova, involgente anche accertamenti di fatto (se un'approvazione da parte della S.P.E.A. fosse o non fosse intervenuta) e, quindi, non proponibile in questa fase del giudizio. Non si tratta, per, di una questione nuova. Opponendosi all'ingiunzione e chiedendo l'accertamento del suo preteso diritto all'esenzione, la societ Farsura propose una domanda avente come sua causa petendi l'affermata sussistenza delle condizioni alle quali l'esenzione subordinata e, quindi, nel nesso di occorrenza dei subappalti all'attuazione della pi volte citata legge del 1961, indipendentemente dall'approvazione di cui nell'art. 339 della legge sui lavori pubblici. Il coordinamento delle due normative veniva, pertanto, implicitamente negato all'atto di opposizione; e le sentenze dei giudici di merito, accogliendo l'opposizione e quindi affermando la sussistenza di tutte le condizioni necessarie per l'accoglimento, hanno perci, implicitamente ed erroneamente, .gi risolto la questione che ora si assume essere nuova. Sul piano sostanziale la controricorrente deduce che, comunque, nel caso di specie, si sarebbe dovuto tener presente ch (cfr. sent. n. 2168 e 2486 del 1973). Ma la stessa soluzione, con le ragioni fin qui esposte, non pu di certo valere per _quanto concerne la voce sub 2). Riguardo alla quale deve invero riconoscersi che la situazione dannosa conseguente al ritardo del collaudo, il cui scopo di verificare se l'opera fu eseguita (art. 91 e ss.), non poteva essere oggetto di preventiva riserva in alcun atto contabile dell'appalto: ci per la semplice ma invincibile ragione che si tratta di un fatto successivo alla ultimazione dei lavori e alla chiusura dei conti (art. 62, 63 e 91) e come tale, quindi, non prevedibile n denunciabile prima che, quanto meno a far tempo dal compimento dell'opera fosse interamente decorso il termine (di un anno) di cui l'Amministrazione disponeva per eseguire il collaudo. E pertanto, non potendo manifestarsi se non a termine scaduto l'illegittimo ritardo che l'appa1tatore ha dedotto come causa efficiente del danno da lui subito medio tempore, cio nel periodo compreso fra la data della scadenza e il giorno in cui il collaudo fu di fatto eseguito, sembra coerente dedurne che la relativa pretesa, siccome afferente ad una situazione insorta e denunciabile ad appalto esaurito; non poteva essere utilmente formulata che nel contesto delle operazdoni di collaudo (arg. ex art. 107 e 109). Su questo punto, quindi, la denunziata sentenza si sottrae alle censure contenute nei primi due motivi di ricorso, che, per il resto e nei sensi su esposti, meritano invece accoglimento. Il terzo motivo, con cui il ricorrente Assessorato ripropone l'eccezione di inammissibilit della domanda di' rivalsa dell'i.g.e. in quanto non preceduta da tempestiva riserva, chiaramente destituito di fondamento, e va pertanto l'ligettato, perch una siffatta pretesa, come ha pi volte statuito questa suprema Corte (sent. n. 2290 del 1965, n. 2861 e n. 3351 del 1972, n. 2486 del 1973), rimane estranea alla sfera di applicazione della normativa, dianzi illustrata, che pone l'onere defla riserva dei registri di contabilit. FC?ndato, per contro, il quarto e ultimo motivo di ricorso attinente al merito della domanda medesima -col quale si deduce PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 919 lerrore commesso dalla Corte di Palermo nell'escludere la Regione siciliana dal n()!Vero di quegli enti che, per legge, siano in tutti equiparati, ad ogni effetto fiscale, all'Amministrazione dello Stato (art. 6, comma terzo, d.l. 9 .gennaio 1940 n. 2, coniv. in 1. 19 'giiugmo 1940 n. 762, istitutiva dell'i.g.e.), ritenendola perci soggetta alla rivalsa di cui, invece, quegli enti sono immuni (ex art. 6 comma 3, cit.). L;impugnata sentenza, che risale in effetti ad un periodo di incertezza giurisprudenziale dovuta a due contrastanti precedenti della I Sezione di questa S.C. (n. 300 e n. 2567 del 1970), ha ritenuto di, optare per quella tesi che stata definitivamente ripudiata dalle Sez. un. con le sentenze 8 febbraio 1972 n. 311 e 25 febbraio 1972 n. 565, ove risulta enunciato e ampiamente motivato l'opposto principio, secondo cui, per effetto delle leggi statali n. 507 del 1948 e n. 1074 del 1965 e della legge regionale n. 6 del 1952, la Regione siciliana dve ritenersi equiparata allo Stato ad ogni effetto fiscale, Onde il diritto di rivalsa dell'i.g.e. non esercitabile nei suoi confronti. E tale principio, che ha tr()!Vato conferma in numerose altre .sentenze delle Sezioni semplici (n. 2861 e 3351 del 1972; n. 117 e 2485 del 1973; n. 190, 795 e 2513 del 1974) nonch del1e stesse S.U. (n. 3202 del 1974), costituisce ormai ius receptum dal quale .questo Collegio non trova ragione per discostarsi. -(Omissis). II (Omissis). -Col secondo mezzo, ilSaj, dnunciando falsa applicazione dell'art. 54 del decreto 25 maggio 1895 n. 350, si duole che la Corte del merito abbia applicato tale norma, bench le sue richieste si riferissero a fatti continuativi. La censura s'infrange contro l'apprezzamento della Corte del me , rito, la quale ha, con analitica motivazione, mostrato che lo scioglimento delle riserve genericamente fatte a suo tempo dal Saj avvenne 1'8 gennaio 1965, quando erano gi passati pi di l5 giorni da quello in cui, anche per i fatti continuativi da lui addotti, il Saj aveva .avuto precisa conoscenza di tutti i dat attinenti alle sue maggiori richieste . Col terzo mezzo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione di legge, omessa e insufficiente motivazione, in relazione agli artt. 1755 e segg. cod. civile, sostenendo che la Corte veneta ha rroneamente ritenuto applicabile il ricordato art. 54 per alcune delle voci dedotte in causa, le quali riferiivansi a prestazioni non previste in contrasto, ed afferenti comunque la sua interpretazione e .quindi esulanti dalla previsione della norma. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La censura infondata. Infatti, la sentenza impugnata ha preso in esame tutte le voci, mostrando come ciascuna di esse si riferisse al compimento dell'opera appaltata e concernesse maggiori oneri per difficolt di esecuzione o per lavori accessori non specificamente previsti nel contratto. L'arit. 54 del regolamento sulla contabilit di Stato contempla anche siffatte ipotesi, essendo esclusi dal suo campo d'applicazione, oltre ad altri casi che non interessano nella specie, solo i fatti estranei all'oggetto dell'appalto o alla finalit della documentazione cronologica dell'iter esecutivo dell'opera (clr. la sentenza n. 78 deJ. 1974 di questo Su,premo Collegio). Col quarto, complesso mezzo, il ricorrente, denunciando violazione dell'art. 2966 cod. civ. e dell'art. 1175 cod. civ. e omesso esame di fatto decisivo, da un lato, lamenta che la Corte d'Appello ha r1putato irrimmciahile l'eccezione di decadenza, d'altro lato che ha escluso, in concreto, che 1'Amministrazione avesse all'eccezione medesima tacitamente rinunciato, e a quest'ultimo riguardo addebita alla sentenz_a impugnata di non aver ritenuto conto di trattative orali intercorse tra le parti per un componimento bonario della vertenza,. prima dell'inizio della lite. La doglianza non merita accoglimento. , invero, assorbente la considerazione, che la Corte del merito ha, con congrua motivazione, sancito che aver l'Amministrazione respinto, stragiudizialmente, senza far cenno della decadenza, le richieste di maggior corrispettivo e ofcerto, a tacitazione amichevole, la somma di lire 615.000 non costituiva tacita rinuncia a eccepire la decadenza. In verit, devesi, con una considerazione di carattere generale, affermare che la rinuncia a eccepire la decadenza, in materia di diritti disponibili, pu essere ravvilsata soltanto in un comportamento univoco e incomu;iatibiie con la vo,lont di avvalersi dell'eccezione; ma i fatti accertati dalla Corte del merito non avevano tale carattere. -(Omissis). I TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 12 maggio 1975, n. 6 -Pres. Gian- nattasio -Rel. Salvatore -S.A.V.A. (avv. Starace e ottolunghi) c. Ministero dei lavori pubblici (avv. Stato Albisinni) e Amministrazione proivinciale di Belluno ed altri (avv. Benvenuti e Lorenzoni). Acque pubbliche ed elettricit Sovracanoni Determinazione della misura unitaria Nuova determinazione Ammissibilit. (t.u., 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 53 mod. da l. 4 dicembre 1956, n. 1377,. art. 1). .. . I ,u-a'uuu ...-...-c...w....w. , a' a a e e '" a , ca, PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 921 Acque pubbliche ed elettricit Sovracanoni Determinazione Potere discrezionale Circ. Min. Finanze 22 luglio 1959 n. 158 Autolimita zione Esclusione. (t.u., 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 53, mod. da 1. 4 dicembre 1956, n. 1377, art. 1). Il potere di imposizione del sovracanone non si esaurisce, quanto alla determinazione unitaria di questo, con il primo atto di esercizio, onde pu essere nuovamente esercitato quando risultino modificati gli elementi tenuti originariamente in considerazione (1). Con la circolare n. 158 del 22 luglio 1959 l'Amministrazione non ha posto autolimitazioni al proprio pote1e impositivo con riguardo ai criteri di determinazione del sovracanone, ma si limitata a fornire agli uffici indicazioni da seguire nell'istruttoria delle pratiche, ch, anzi, l'esigenza in essa sottolineata di una rappresentazione adeguata della situazione locale rappresenta una conferma dell'ampia discrezionalit di tale potere (2). II TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 12 maggio 1975, n. 8 " Pres. Giannattasio -Rel. Salvatore -S.p.A. Idroelettrica Garga (avv. Buono) c. Ministero delle finanze (avv. Stato Albisinni) e Amministrazione provinciale di Cosenza ed altro (avv. Lombardi Comite). Acque pubbliche ed elettricit Riserva di energia -Sovracanone Dif ferenza -Normativa sui sovracanoni Estensione analogica Esclu sione. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 52 e 53; e.e., disp. prel., art. 12). Acque pubbliche ed elettricit Sovracanone Disciplina anteriore alla I. 4 dicembre 1956, n. 1377 Applicazione Presupposti. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 53). La diversa natura della riserva di energia a favore dei comuni rivieraschi e del sovracanone a favore degli stessi comuni e delle (1-2) Trib. sup. acque, 12 ottobre 1962, n. 17, Foro ,amm., 1963, II, 376, aveva gi affermato, in applicazione dell'art. 2 J.. 4 dicembre 1956, n. 1377, la legittimit di un riesame delle situazioni per una nuova liquidazione del sova:-acanone anche nei casi in cui ci fosse gi stata determinazione del sovracanone sulla base dell'art. 53 del t.u.; Trib. sup. acque, 17 ottobre 1961, n. 18, :richiamata in motivazione, in Foro amm., 1962, II, 186, aveva individuato nella irretroattivit il limite di una nuova determinazione della misura unitaria del sovracanone. Non consta dell'esistenza di precedenti in termini sulla prima massima, che costituisce peraltro applicazione di ispecie di un principio pacifico. Sulla portata innovativa dell:a 1. 4 dicembre 1956, n. 1377, rispetto all'art. 53 del t.u. del 1933, cfr. Cass., 7 maggio 1968, n. 1395, in questa 922 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rispettive provi1u:ie esclude che possa estendersi analogicamente dalla prima al secondo l'onere della richiesta nel termine decadenziale di quattro anni dalla data del decreto di concessione, onere che comunque non avrebbe ragione di essere rispetto al sovracanone, la cui determinazione non ha quale suo presupposto necessario una formale richiesta degli enti interessati (3). Per l'imposizione del sovracanone a norma dell'art. 53 comma primo t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, nel testo anteriore alla l. 4 dicembre 1956, n. 1377, era sufficiente che l'ene1gia prodotta fosse trasportata oltre il raggio di quindici chilometri dal territorio del com'ij,ne r_ivierasco, essendo ininfluente che il trasporto avvenisse soio parzialmente ad opera del concessionario (4). I (Omissis). -Con il primo motivo di .gravame viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 1. 4 dicembre 1956, n. 1277, sostenendosi che l'Amministrazione, nel riliquidare il sovracanone ai sensi della legge sopraindicata, non avrebbe potuto mutarne la misura unitaria fissata nel precedente provvedimento. Ci perch la legge succitata non avrebbe apportato alcuna modifica alle dispo- Rassegna, 1968, I, 503; Cass., sez. un., 30 dicembre 1965, n. 2483, Giust. civ., 1966, I, 25 e Foro it., 1966, I, 826; Trib. sup. acque, 20 ottobre 1964, n. 27, Giust. civ., 1965, I, 403. La giurisprudenza ha avuto numerose occasioni di soffermarsi sui presupposti e sulla natura del potere di imposizione del sov:racanone. Piresupposto 4ell'esercizio del poter.e stato affermato essere la esistenza di una concessione (Trib. sup. acque, 23 novembre 1972, n. 44, Cons. Stato, 1972, II, 1265; Cass., Sez. un., 30 dicembre 1965, n. 2483, cit.; con riferimento al sowacanone istituito dalla 1. 27 dicembre 1953, n. 959 per i comuni montani in sostituzione della riserva di energia di cui all'art. 52 t.u., Cass., Sez. un., 26 giugno 1973, n. 1852, Foro it., 1974, I, 1780; Trib. sup. acque, 8 ottob!J:e 1969, n. 23, Foro amm., 1970, I, 1. 33), non anche la irichiesta da parte dei comuni rivieraschi (cfr. le decisfoni richiamate sub 3), con J.a conseguenza che, salva la nec.essit della determinazione della sua misura attraver.so il provvedimento del ministro delle finanze (Trib. sup. acque, 23 novembre 1972, n. 44, cit.; Cass., Sez. un., 15 aprile 1961, n. 816, Giust. civ., 1961, I, 1219 e 1221) il sovracanone ha la stessa decor1renza e scadenza del canone (T:rib. sup. acque, 23 novembre 1972, n. 44, cit.). Il potere di determinazione della misuxa del canone stato costante mente ritenuto caratterizzato da ampia discrezionalit (Trib. SUJP. acque, 17 maggio 1973, n. 21, Cons. Stato, 1973, II, 829; Cass., Sez. un., 30 dicem bre 1965, n. 2483, cit.; Triib. sup. acque, 16 maggio 1960, n. 8, Foro amm., 1960, II, 465). Essendo il sovracanone imposto nell'interesse ipubbUco con finalit lato sensu risarcitoria a favore degli .enti ntreessati, si ritenuto che, pur non PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 923 sizioni contenute nell'art. 53 del t.u. n. 1175, onde la determinazione a suo tempo adottata al riguardo dovrebbe considerarsi definitiva. Tale censura in~ondata. Innanzitutto su di un piano strettamente interpretativo, molteplici sono gli elemeilti che inducono ad attribuire un carattere innovativo alle disposizioni introdotte dalla 1. n. 1277 del 1956 e ad individuare come unico limite quello relativo alla decorrenza della nuova misura del canone, che non pu essere retroattiva come gi in altra occa sione precisato (cfr. Trib. Sup. 17 ottobre 1961, n. 18). E ci perch il nuovo sistema si presenta con elementi caratterizzanti del tutto distinti dal sistema precedente e per quanto attiene l'ampiezza del sovracanone (con l'estensione a concessioni prima esenti), e per quanto concerne i criteri di liquidazione (con la soppressione del limite delle spese obbligatorie), e relativamente ai criteri di ripartizione (con la eliminazione del rifermento al bilancio e l'introduzione del concetto di perdita di ricchezza). Peraltro, qualunque sia la soluzione che si ritiene di dover dare alla suesposta qu~stione che non si pone come un passo logicamente obbligato per l'esame del primo mezzo, certo che il potere, ampia mente discrezionale, dell'Amministrazione di fissare il sovracanone non si era esaurito con il primo provvedimento adottato circa 30 anni costituendo presupposto della imposizione del sovracanone, la valutazione. del pregiudizio sia uno dei criteri rilevanti al fine della determinazione della sua misura (Trib. sup. acque, 17 maggio 1973 n. 21,".cit., ha anndllato il decreto che fissava il sovracanone nella misura massima, sebbene avesse rilevato che l'impianto idroelettrico non arrecava apprezzabile danno alla economia dei comuni rivieraschi; Trib. sup. acque, 7 giugno 1968 n. 13, Cons. Stato, 1968, II, 472, ha espiressamente affermato J.a rilevanza della valutazione di tale elemento al fine della determinazione della misura del sovracanone; Tr1b. sup. acque, 12 ottobre 1962 n. 14, Foro annm., 1963, II, 380, ha ancora annullato un, decreto di n. 14, Foro amm., 1963, II, 380, ha ancora annullato un decreto di imposizione in un caso analogo a quello deciso da Trib. sup. acque, 17 maggio 1973 n. 21). (3) Tirib. sup. acque, 24 ottobre 1960 n. 33 .e Cass., Sez. un., 15 aprile 1961, n. 816, richiamate in motivazione, sono pubblicate in Foro amm., 1961, II, 560 e Giust. civ., 1961, I; 1219: in tali decisioni la questione era stata affrontata in rapporto all'assunto, respinto dai giudki, per cui la decOTrenza del sovracanone doveva esser fissata alla data del provvedimento impositivo e non a quella anteriore individuata dall'inizio del trasporto dell'energia. Nello stesso senso, Cass.; Sez. un., 30 dicembre 1965 n. 2483, Giust. civ., 1966, I, 25 e 27. Sulla applicabilit dell'art. 53 t. u. nel testo originario alle situazioni anteriori all'entrata in vigore della 1. 4 dicembre 1956 n. 1377, cfr. Cass., S'ez. un., 17 aprile 1963 n. 950, Giust. civ., 1963, I, 2659. (4) Non constano precedenti in termini. 924 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prima e non necessitava di particolari autorizzazioni legisla'.'.'.'.;'.:'.'. '.Z:'._:i:'.:;::::;'.'.'. Z'.'.'.'.Z'.'.Z'.".'.'.:'.:'.;'.:'.:::'.;'.:'.: .'.'.'.Z'.'.".1>'.'.'.'.'.'. r.....-'.'.'.'.'.'.'.Z".".'.".'.""".'.'.Z'.'.'.".Z"." 926 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di una certa quantit di energia elettrica, mentre l'art. 53 regola la attribuzione ai predetti Enti di un ulteriore canone annuo. Le due disposizioni normative regolano, quindi, situazioni ben divel'ise, onde, gi su di un piano dei principi, deve negarsi la ipoosdibi1it di estendere, come un procedimento analogico, il termine di decadenza previsto dall'art. 52 ad ipotesi diverse per le quali manca del tutto una previsione di termini decadenziali. Ma al di l di tali considerazioni, peraltro, gi di per se stesse sufficienti a dimostrare l'inconsistenza della dedotta censura, va rilevato che il sovraccanone in questione non ha per presupposto necessario una formale richiesta degli Enti interessati,_ ed a fortiori una richiesta da presentare in un termine di decadenza, proprio per la finalit di carattere pubblico che preordinato a soddisfare (cfr. T. Sup. 2 novembre 196(} n. 33; Cass. SS.UU. 16 aprile 1961 n. 816). 'N miglior pregio ha il secondo motivo di gravame, con il quale viene dedotta la violazione dell'art. 53 gi citato, eccesso di potere perdifetto di motivazione e travisamento dei fatti relativamente alla liquidazione del iSovracanone per il periodo 1 febbraio 1954 -31 dicembre 1956. Invero, dovendosi aver riguardo alla situazione precedente all'entrata in vigore della 1. 4 dicembre 1956 n. 1377, atteso che la nuova disciplina dalla stessa introdotta prescinde del tutto dalla limitazione relativa al luogo di utilizzazione dell'energia trasportata, non pu validamente contestarsi la configurabilit nella specie del presupposto del potere impositivo, individuabile nella mancata utilizzazione dell'energia entro il raggio di 15 Km. dal territorio comunale di Saracena, a nulla rilevando (essendo altrimenti agevole l'eluisione dell'obbligo de quo) che l'anzidetto trasporto avvenisse solo parzialmente ad opera della societ ricorrente. Con il terzo motivo di gravame si sostiene, la mancata effettua zione di una valutazione comparativa tra danni derivati agli Enti interessati in dipendenza della costruzione nel territorio degli stessi di impianti idroelettrici e benefici acquisiti in dipendenza degli impianti suddetti, valutazione comparativa, comunque, che se correttamente effettuata avrebbe dovuto portare ad una Hquidaziione del sovracanone in misura di gran lunga inferiore a quella effettuata, certamente non superiore a quella del 20 % del massimo stabilito per legge. Tale censura, considerata esclusivamente nel suddelineato profilo di legittimit che l'unico sindacabile in questa sede, infondata. Invero, la comparazione di cui il ricorrent~ lamenta la mancanza risulta nella specie effettuata ed chiaramente enucleabile dai molteplici atti richiamati nel provvedimento impugnato, e, segnatamente, dal prescritto parere del Consiglio Superiore dei LL.PP., dove i vari PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 927 aspetti economici ed ambientali connessi alla realizzazione degli ill).pianti in questione sono stati dettagliatamente considerati ed adegua tamente valutati. Per quanto concerne la misura in cui stato liquidato il sovracanone, la stessa si sottrae ad ogni censura, attsa l'ampiezza del potere discrezionale concesso in materia all'Amministrazione, la situazione deficitaria degli Enti beneficiari, nonch la rilevanza, in un quadro limitato di risorse, dell'acqua sfruttata per l'economia della zona. Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso deve essere respinto. -(Omissis). TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 12 maggio 1975, n. 7 -Pres. Danzi -Rel. Salv;:ttore -Costantino (avv. Ferlito) c. Assessorato ai larvori pubblici per la Regione siciliana {avv. Stato Imponente). Acque pubbliche ed elettricit Concessione e derivazione Istruttoria Domanda incompleta Integrazione Prefissione di termine perentorio Inosservanza Irricevibilit della domanda. (r.d. 14 agosto 1920, n. 1285, art. 10, comma 3). Se il genio civile richieda che i documenti presentati con la domanda di concessione siano integrati con altri e per la presentazione di questi assegni all'istant. un termine espressamente qualificato perentorio, infondato il ricorso con cui si impugna la ordinanza che dichiara irricevibile la domanda per mancata presentazione dei documenti ove non si impugni la comminatoria di irrecivibilit con tenuta nell'invito (1). (Omissis). -L'art. 10 del regol. 14 agosto 1920, n. 1285, tuttora in rvigore, anche dopo la promulgazione del t.u. n. 1775 del 1933 (cfr. Trib. Sup. 7 febbraio 1972 n. 6) dispone testualmente, nel suo terzo comma, Qualora si riconosca che qualcuno dei documenti tecnici, di cui all'articolo precedente, debba essere completato o regolarizzato, (1) Trib. sup. acque 7 febbraio 1972 n. 6, richiamata in motivazione, e pubblicata in questa Rassegna, 1972, I, 526; in essa l'affermazione che il regolamento per le derivazioni e utilizzazioni di acque pubbliche di cui al r.d. 14 agosto 1920, n. 1285 rimasto in vigore pur dopo la emanazione del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1175, operando nel nostro sistema legislativo il principio che la mancata emanazione di un nuovo regolamento, dopo fa approvazione di un nuovo e ipi aggiornato t.u. di leggi, fa rimanere in vigore il vecchio regolamento le cui disposizioni non siano incompaUbili con le disposizioni di legge nuove. Per l'affemnazione del medesimo prin RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 928 l'Ufficio del genio civile assegna un .termine perentorio non superiore a trenta giorni, trascorso il quale si prosegue nella procedura a norma di legge. Tale disposizione risulta essere stata ossel"Vata dall'Ufficio del genio civile di Catania, il quale, avendo rilevato che (stante la pre:vista utilizzazione dell'acqua da parte di terzi) doveva essere documentata attraverso le risultanze caitastali l'estensione e l'appartenenza dei fondi di detti terzi, ne fece moUvata e ripetuta richiesta -come risulta dai documenti di causa -prima al dante causa del dott. Costantino, poi a quest'ultimo, precisando sempre in m:odo espresso che in difetto la domanda sarebbe stata dichiarata irricevibile, comminatoria questa mai impugnata n contestata dagli interessati. In tale situazione, si rende applicabile il primo comma dello stesso art. 10, non potendo ritenersi operante il temperamento del secondo comma, che ammette la presentazione soltanto parziale dei documenti a corredo della domanda, salva la successiva integrazione. E proprio l'interpretazione coordinata delle diverse previsioni normative contenute nell'articolo succitato mostra l'inconsistenza della censura di contraddittoriet prospettata dal ricorrente, in quanto lo stesso meccanismo procedimentale. previsto dalle anzidette norme legittimava l'ufficio a dichiarare l'ir~icevibilit della domanda. appena, poi, il caso di soggiungere che la necessit dell'acquisizione della documentazione catastale, quando l'utenza sia domandata anche a favore di terzi rispetto allo scopritore di acque sotterranee, implicita -come esattamente evidenziato dall'Avvocatura Generale dello. Stato -proprio nel disposto del primo comma del d.m. 16 dicembre 1923, pur invocato ex adverso, laddove si esige nei progetti di massima il'indicazione degli usi a cui l'acqua si deve de8tinare, nonch la natura ed estensione dei terreni da irrigare. Non pu, infatti, validamente contestarsi che soltanto dai certificati e dalle mappe catastali si possono individuare, attraverso la titolarit dei proprietari dei fondi, le generalit e i diritti dei predetti terzi. Da quanto sopra consegue che il ricorso deve essere respinto. (Omissis). cipio, peraltro pacifico, cfr. altres, Cons. Stato, 13 1gennaio 1970 n. 8, Cons. Stato, 1970, I, 41. Sulla posibilit di fissatre termini perentori rper il compimento di atti nella materia della concessione di acque pubbliche, cfr. Trib. sup. acqrue, 15 ottobre 1974 n. 17, in questa Rassegna, 1975, I, 769, con nota di irichiami; sulla irricevibilit della domanda non coNedata dei documenti prescritti, cfr. Trib. sup. acque, 16 novembre 1972 n. 39, Cons. Stato, 1972, II, 1250 e Riv. Amm. R.I., 1973, 153, nonch per riferimenti, Trib. acque, 22 otto-, bre 1974 n. 20, in questa Rassegna, 1975, I, 778. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 929 TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 12 maggio 1975, n 9 -Pres. Laporta -Est. Salvatore -Natoli (avv. Silvestri) c. Provveditorato alle, opere pubbliche di Palrmo (avv. Stato Albisinni) e Comune di Mirto (avv. Marzullo). Espropriazione per p.u. Approvazione del progetto Dichiarazione di pubblica utilit indifferibilit e urgenza Occupazione di urgenza Opposizioni Esame Necessit Insussistenza. Espropriazione per p.u. Dichiarazione di pubblica utilit Mezzi finanziari Nozione, (1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 3). N il provveditore aUe opere pubbliche, che abbia gi dichiarato la pubblica utilit e l'urgenza ed indifferibilit dell'opera (realizzazione di un pozzo per incrementare la portata di un acquedotto comunale), n il prefetto che si accinga ad autorizzare l'occupazione sono tenuti a prendere in esame un'opposizfone in cui si prospettino altre soluzioni (1). L'adeguatezza dei mezzi finanziari, da valutarsi nel dichiar.are la pubblica utilit di un'opera, concerne la previsione degli oneri diret~ tamente connessi alla sua realizzazione e non anche le conseguenze patrimoniali ad essa correlate solo in via indiretta e mediata (2). (Omissis). -Con il primo motivo di gravame viene dedotto il vizio di eccesso di potere sotto il profilo della manifesta illogicit e del travisamento dei fatti in quanto la soluzione prescelta sarebbe la pi irrazionale ed antieconomica ed alla stessa si sarebbe pervenuti senza considerare altre soluzioni, preferibili sotto l'aspetto tecnico ed economico e prospettate nell'opposiziQne prodotta al Prefetto di Messina. Tale censura, certamente inammissibile nella misura in cui tende ad eccitare un sindacato nel merito della soluzione prescelta, infon (t) La giurisprudenza costante nell'affermare che l'or.gano competente ad autorizzare l'occupazione di ~genza in esecuzione d'una ;preesistente dichiarazione di indifferibilit e urgenza non tenuto a prendere in esame osservazioni e dive11se soluzioni prospettategli"dai privati interessati, non essendo previste oss&vazioni e opposizioni nell'ambito del procedimento cli occupazione e non applicandosi a questo le regole sul procedimento di esproiptiazione (cfr., Csi, 24 febbraio 1975 n. 34, Cons. Stato, 1975, I, 206; T.A.R. Lombardia, 27 novembre 1974 n. 58, Riv. TAR, 1975, I, 1312; Cons. St., Sez. IV, 27 agosto 1974 n. 563, Cons. Stato, 1974, I, 1026; Cons. St., Sez. IV, 15 maggio 1973 n. 560, ivi, 1973, I, 686; Cons. St., Sez. IV, 6 febbraio 1970 n. 89, ibidem, 1970, I, 186). (2) N~n constano precedenti in termini. / RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO data se riguardata in una prospettiva di legittimit, l'unica sindacabile in questa sede. Dagli atti della istruttoria, infatti, risulta l'avvenuta valutazione delle ragioni che militavano a favore della soluzione poi prescelta che stata ritenuta (iv. relazione del Genio civile) La pi semplice ed economica... la sola atta a risolvere, il problema... data la modestia dell'opera e la certezza dell'esistenza e della potabilit delle acque~ da portare alla superficie con l'apporto del torrente Zappulla e del bacino del Vallone Tiberio. N pu, poi, sostenersi che sussistesse un preciso obbligo di prendere in considerazione le soluzioni alternative esposte dal ricorrente, e quindi, un obbligo di motivazione al riguardo, atteso che le stesse sono state prospettate per la prima volta in sede di opposizione al Prefetto di Messina -che non ha alcuna competenza in materia come dimostra anche il carattere meramente conseguenziale del decreto di occupazione -in un momento successivo all'adozione del provvedimento di approvazione del progetto da parte del Provveditore alle 00.PP., che, quindi, non aveva alcun obbligo di pronunciarsi sulle stesse. Infondato, , poi, il secondo motivo in quanto, a prescindere da ogni considerazione sulla pertinenza alla fattispecie dei precedenti giurisprudenziali invocati, essendo sufficiente ad escluderla una semplice lettura degli stessi, certo che un'eventuale questione in ordine alla adeguatezza dei. mezzi finanziari non pu che concernere la previsione degli oneri direttamente connessi alla realizzazione delle opere programmate e non anche delle conseguenze patrimoniali correlate alla anzidetta opera solo in via indiretta e mediata, quali quelle adombrate dalla ricorrente e relative ad una obbligazione di risarcimento danni fondata, tra l'altro, su di un'asserita, ma certamente non dimostrata in questa sede, interferenza tra due pozzi. -(Omissis). CORTE DI APPELLO DI ROMA, Sez. , 17 luglio 1975 -Pres. Geri - Rel. ZaJP1Pulli -A:ssessorato per i lavori rpubblici della Regione Siciliana (avv. Stato AlbdsiinnJ) c. Impresa di 'co1sfu.-uzioni F.lli Merenda e Rizzo (avv. Carbone). Appalto Appalto di opere pubbliche Capitolato generale di appalto per le opere di competenza del ministero dei lavori pubblici . Legge reg. sic. 26 maggio 1973, n. 21, art. 9 Applicabilit obbligatoria capitolato generale di appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 alle opere di competenza dell'amministrazione regionale siciliana. (l.r.s. 26 maggio 1973, n. 21, art. 9, d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063). PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 931 Appalto Appalto di opere pubbliche Capitolato generale di appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 Opere di competenza della regione siciliana Norme di procedura Applicabilit ad arbi trato in corso alla data di entrata in vigore della legge reg. sic. 26 mag gio 1973, n. 21 Non sussiste. (l.r.s. 26 maggio 1973, n. 21; d.l"..R 16 luglio 1962, n. 1063). Il Capitolato generale di appalto per le opere di competenza del Ministero dei lavori pubblici, approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, si applica obbligatoriamente, a norma della legge reg. sic. 26 maggio 1973, n. 21, a tutte le opere pubbliche di competenza del. i'Amministrazione regionale, di enti pubblici regionali, locali e istituzionali, e dei consorzi (1). Il Capitolato generale per i lavori pubblici dello Stato, in ambedue i testi del 1895 e del 1962, aveva, prima della legge reg. sic. 26 maggio 1973, n. 21, valore normativo soltanto per lo Stato, e non per la Regione Siciliana, la' quale poteva sottoporre alla disciplina di detto Capitolato i propri contratti di appalto con una apposita clausola contrattuale. L'art. 9 della legge regionale siciliana 26 maggio 1973, n. 21, ha sostituito, a questo ormai consueto richiamo convenzionale ai suddetti capitolati, una disciplina legislativa inderogabile con la obbligatoria applicazione del citato capitolato del 1962, ma quell'articolo di legge applicabile solo agli appalti successivi alla sua entrata in vigore, non potendosi ritenere, senza una espressa disposizione, che il Legislatore abbia posto nel nulla la .precedente autonomia negoziale fra le parti eon effetto retroattivo di questa nuova disciplina (2). (Omissis). -La Cor,te adita deve preliminarmente decidere se l'impugnazione proposta dall'Amministrazione re~ionale avverso il lodo :arbitrale sia ammissibile, in quanto l'art. 49 del Capitolato Generale (l-2) Capitolato generale 00.PP. approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063. Estensione obbligatoria alle opere di competenza della Regione siciliana: applicabilit delle norme di procedura alle controversie ar bitrali in corso. L'art. 9 della Legge Regionale Siciliana 26 maggio 1973, n. 21, dispone: Per tutte le apere pubbliche di competenza l:Ieil'Amministrazione Regionale, di enti pubblici regionali, locali e istituzionali, e dei consorzi, si applica -0bbligatoriamente il Capitolato Generale di appalto approvato con D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 .. Dalla data, pertanto, di .entrata in vigore di tale Legge, il vigente Capitolato Generale di appalto per le opere di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici ha acquistato carattere normativo e, conseguentemente, -efficacia cogente anche per gli appalti di competenza della Regione Sici 932 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per i Lavori Pubblici dello Stato approvato con D.M. 28 maggio 1895 stabiliva espressamente che le parti rinunziavano ad ogni appello o ricorso per cassazione avverso il lodo emesso per controversie relative al contratto; cos precludendosi e limitandosi con tale clausola ogni liIIl!Pugnazione diversa da quelle relative a v:izi in procedendo del giu dizio arbitrale. L'Amministrazione attrice ha opposto, al riguardo, che la soprav venuta legge regionale siciliana 26 maggio 1973 n. 21 ha espressa~ mente stabilito, nell'art. 9, che per .-z.;,Jjii.:.fit:::.-;;:~--Xz.-,:i-:::ffi:::::z~::;,:.;;:,,;.,:::::::::{;:::::::::::::::.:-:::i;::::-::;,-}..;,;:.;..::: .::'.:.'.:'.:'.z'.'.'.:'.-::::'.:.::::'.:::-:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::-:::::::.:::::::::::::::::::::.":::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::,_:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::.:::::::::::::.'.-:'.::::::'.-::::::::::::z::::::::.::-:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::"::::::1:::::: :::::::::::::.:::::::::::::::::::::.:::::::::::.::::-::::::::::::::::::::::::'.:'.'.::::::::::::::-:::::::::::::::::::::::::::: PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 947 cassazione il potere di decidere nel merito quando occorre applicare disposizioni di legge pi favorevoli aU'imputato. (Omissis). -Il 30 settembre 1967 una patt.glia di militari della Guardia di Finanza penetrava nel corti:le di uno stabile sito in Tirano, via Monaci 2, e vi sorprendeva due persone intente a caricare su di una autovettura A.R. Giulietta dei sacchetti di carta, contenenti caff tostato in grani di provenienza estera. Mentre una delle due persone, poi identificata per Molinari Riccardo, si dileguava, l'altra veniva fermata ed identificata, per Bassi. Celso. Sul luogo si rinveniva un quantitativo complessivo di Kg. 310 di caff, contenuto in pal'te in due bricolle situate all'interno di una stalla davanti alla quale la vettura si trovava parcheggiata, col cofano del bagagliaio alzato, e in parte in confezioni di carta collocate sia nel bagagliaio della vettura che all'interno del detto locale. Tutte. le confezioni di carta recavano la dicitura della Torrefazione Caff le Alpi di Villa di Tirano, della quale era titolare tale Brichetti Maddalena, moglie del Bassi. Questi dichiar di essere proprietario della vettura e del caff rinvenuto nella stessa e nel locale menzionato di essere stato coadiuvato nel carico del caff nel bagagliaio della vettura da un . Alla rettificazione ex art. 538 cod. proc. pen. non di ostacolo il rigetto del ;ricorso in . (Fattispecie in cui, in tema di violazione in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale, la Corte di Cassazione, in sede di applica2lione dell"art. 538 cod. p!I'oc. pen., ritenne il reato continuato soltanto tra le infra zioni punite con pene fisse e lasci immutate }e pene comminate rper i singoli reati puniti con sanzione proporzionale)>. L'indagine per la individuazione della pi grave delle violazioni commesse, ai fini della determinazione della pena per il reato continuato, va :latta tenendo conto innanzitutto della pena edittale massima e, a parit di massimo, tenendo conto del maggior minimo; qualora ricol'll'ano circostanze che aggravano o attenuano il reato, 4etta indagine terr anche conto dell'entit della pena di ciascuna violazione, quale risulta per il concorso delle, circostanze e dell'eventuale giudizio di comparazione. Poich ai sensi dell'ultimo comma del nuovo testo dell'art. 81 cod. pen., la continuazione possibile sempre che il risultato sia pi vantaggioso rispetto alla pena che ri-sulterebbe dal cumulo materiale, essa non pu PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 951 atto quando intervenne la Guardia di Finanza. Dalle esposte considerazioni i giudici di appello hanno tratto il convincimento che ci fu tra il Bassi e il Molinari un affiato spirituale, una cooperazione, anche prima che materiale, anteriore e psicologica che cementa le loro azioni e imprime alle stesse carattere unitario, rendendo gli imputati colpevoli dei delitti loro ascritti. La motivazione ampia, lgica e coerente e i motivi proposti si risolvono in una critica alla 'Valutazione delle prove fatta dai giudici di merito, valutazione che, attenendo .a questioni di mero fatto, insindacabile in questa sede di legittimit. I ricorsi, pertanto, devono essere rigettati. Peraltro, in virt dell'art. 1 D.L. 20 aprile 1974 n. 104, convertito nella L. 18 giugno 1974 n. 226, che, modificando l'art. 538 c.p.p., attribuisce alla Corte di cassazione il potere di decidere nel merito quando occorre applicare disposizioni di legge pi favorevoli all'imputato, anche se sopravvenute dopo la dichiarazione di ricorso, deve affermarsi la continuazione tra i delitti di contrababndo e di evasione I.G.E., poich le azioni che li hanno realizzati sono esecutive di uno stesso disegno criminoso, pur se violatrici di diverse disposizioni di legge, ai sensi dell'art. 81 c.p. nel nuovo