ANNO XII -N. 7-8-9 LUGLIO-AGOSTO-SETTEMBRE 1959 RAS.SEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I PUBBLIClAZIO'NE DI SEBYIZIO I LA CORTE COSTITUZIONALE I l SUI RAPPORTI TRA LO STATO E LA REGIONE SICILIANA LEGGI E DECRETI -Potere di decretazione d'urgenza; non spetta alla Regione siciliana. (Corte Cost., n. 50 del 1959, Pres.: Azzariti: Rel.: Jaeger; Commissario dello Stato c. Regione siciliana). La emanazione di un atto legislativo, emesso in forma capace di attribuire alle sue disposizioni forza di legge, non pone in essere un conflitto di attribuzioni, ma una questione di legittimit costituzionale. La questione di legittimit costituzionale di una legge regionale pu essere propsta in via diretta dallo Stato per qualsiasi motivo d'illegittimit costituzionale anche soltanto formale, perch la Regione eccede dalla sua competenza legislativa anche quando emana disposizioni in contrasto con la Costituzione. La Regione siciliana non pu emanare decretilegge ma soltanto leggi. Trascriviamo il testo integrale della motivazione in diritto della sentenza. 1. La Regione ha opposto al ricorso le eccezioni di inammissibilit, che si sono riferite, e che la Corte ritiene opportuno esaminare congiuntamente, anzich singolarmente in relazione ai motivi del ricorso. Nelle deduzioni scritte, nella memoria e nella discussione orale la difesa della Regione ha svolto ampiamente la tesi che il ricorso dovrebbe venire dichiarato inammissibile, in particolare per quanto concerne il primo motivo, perch la legge non consentirebbe qualsiasi ricorso in via principale fondato sulla violazione della Costituzione, ma solo quello per vizi di competenza. Perci si anche accennato in tali scritti alla figura del conflitto di attribuzione, che non ricorre e non pu ricorrere nel caso del presente giudizio, il quale concerne la legittimit di un atto legislativo, emesso in forma capace di attribuire alle sue disposizioni forza di legge, anche se poi si sostiene che esso sarebbe semplicemente un atto accessorio e di esecuzione di un precedente provvedimento amministrativo. Gli argomenti addotti dalla difesa della Regione a sostegno di questa tesi non sono da accogliere. Ij Si affermato che nella specie dovrebbe consideI )rarsi applicabile, anche per il principio generale della unit giurisdizionale, che escluderebbe la ammissibilit di un trattamento diverso per la I ! Sicilia rispetto alle altre Regioni, la norma del-I 1'art. 127 della Costituzione. Si poi detto che i questo disciplina anzitutto il controllo preventivo di legittimit e lo contiene entro i limiti della queI I stione di competenza, come risulta dal tenore del quarto comma, che prevede il rinvio della legge I solo per il vizio di incompetenza; e che, d'altra l parte, il comma seguente deve considerarsi stretl tamente legato al quarto. Il controllo di legittiI mit costituzionale che va tenuto ben distinto da quello sulla osservanza della ripartizione delle competenze, sempre secondo la difesa della Regione, sarebbe sempre regolato nel sistema co~ stituzionale italiano in modo del tutto diverso, e cio attraverso la proposizione in via incidentale della questione di legittimit costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni, cosi soltanto si potrebbe attuare infatti una duplice fase di controllo, esercitato prima ad opera del giudice del processo principale e successivamente, se del caso, della Corte costistituzionale. Senonch questa Corte ha gi avuto pi volte occasione di interpretare l'art. 127 della Costituzione, anche in tema di ricorsi proposti dallo Stato contro le Regioni, ed ha ritenuto che la parola competenza usata in tale disposizione comprenda ogni violazione di norme costituzionali, quale che sia il vizio di legittimit costituzionale denunciato, compreso quello di illegittimit formale. Essa ha anche precisato recentemente che la Regione eccede dalla propria competenza legislativa non soltanto se legifera in materia non compresa nella specifica elencazione della norma statutaria, ma anche quando emana disposizioni legislative in contrasto con la Costituzione, e che in tale caso vizio di incompetenza e vzi di illegittimit costituzionale coincidono (sentenza 30 aprile 1959, n. 30); ed ha poi ritenuto tale principio valido per tutte le Regioni, compresa la Sicilia (sentenza 15 luglio 1959, n. 47). -88 La eccezione di inammissibilit del ricorso per questa parte non pu pertanto essere accolta. 2. Secondo la difesa della Regione, il ricorso del Commissario dello Stato sarebbe poi, per altro verso, inammissibile per acquiescenza: il decreto inlpugnato non costituisce il primo atto di intervento della Regione nella materia, vi eran9 stati per il passato il decreto assessoriale 27 aprile 1949, il decreto assessoriale 20 maggio 1950, e da ultimo, il decreto del Presidente della Regione 28 maggio 1959, n. 203/A, i quali tutti non hanno formato oggetto di ricorso per conflitto di attribuzlone. Con tale inattivit lo Stato avrebbe riconosciuto, in modo specifico', la piena appartenenza della materia alla competenza regionale. .Anche su questo .punto, peraltro, la Oort.e costituzionale ha gi avuto pi volte occasione di pronunciarsi. Con sentenza 7 marzo 1957, n. 44, essa, pur non escludendo a priori che nei giudizi di legittimit costituzionale proposti in via principale possano avere rilevanza preclusioni che spiegano effi.cacia nei giudizi inter partes, dichiarava che in tali giudizi non possono trovar pstoo istituti, come quello della inammissibilit del ricorso per acquiescenza quali sono stati specialmente elaborati nella giurisprudenza amministrativa. Con la sentenza 16 dicembre 1958, n. 88, la Corte conferm!lva tale principio, osservando che il Collegio non si era discostato e non .riteneva di doversi discostare da questo indirizzo. E altrettanto ritiene nel caso del presente giudizio. 3. Respinte :le eccezioni di inammissibilit proposte dalla difesa della Regione, si deve passare all'esame del primo motivo del ricorso del Commissario dello Stato, il quale sostiene che la Regione siciliana non pu emanare decreti -legge, ma soltanto leggi. Lo Statuto speciale della Siilia non contiene alcuna dispsizione e.Splicita sull'argomento. Da questa constatazione il Commissariato dello Stato deduce la conseguenza che i decreti -legge non sono ammissibili perch, trattandosi di una forma eccezionale di attivit legislativa, che importa una deroga alle regole di competenza, sarebbe stata necessaria una norma costituzionale apposit. La difesa della Regione, al contrario, afferma che il potere di decretazione di urgenza trova il suo fondamento nello stato di necessit e sussiste quindi anche nel silenzio della legge; aggiunge poi che esso corrisponde ad un principio generale dell'ordinamento positivo, desumibile da una pluralit di norme, quali l'art. 77 della Costituzione, le legge 31 gennaio 1926, n' 100, l'art. 7 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, gli artt. 153, 140, 251, 324 della legge comunale e provinciale del 1915 e l'art. 342 di quella del 1934, l'art. 353 Testo unico delle leggi sanitarie, ecc. Essa attribuisce poi un valore particolare alla norma contenuta, per le Regioni a Statuto ordinario, nell'art. 126 della Costituzione, che riconoscerebbe il potere di decretazione d'urgenza alla Giunta (rectius, Commissione di tre. membri) nominata a seguito dello scioglimento del Consiglio regionale. Essa ricorda anche la sentenza 7 febbraio 1950, n. 13, delP.Alta Corte per la Regione siciliana, che riconobbe l'applicabilit alla Sicilia dell'arti colo 76 della Costit11zione, con un procedimento analogico che dovrebbe valere anche per le norme sulla decretazione di urgenza; e osserva che ogni delegazione presuppone una particolare posizione dell'organo delegato, capace di esercitare il potere che gli viene conferito, e che, se il Governo regionale pu emanare norme in base alla delegazione, non si vede perch non potrebbe farlo ove sussistano le condizioni della decretazione di urgenza. Rileva poi gli inconvenienti e i pericoli di una soluzione negativa, contestando decisamente che su materie di competenza regionale possa emettere decreti -legge lo Stato. In quanto alle difficolt di funzionamento della procedura di controllo preventivo su provvedimenti di urgenza regionale, afferma che il principio di urgenza dovrebbe prevalere comunque anche sui controlli previsti per le leggi ordinarie. 4 . .Ad avviso della Corte, questi argomenti non possono condurre ad una soluzione affermativa del problema in esame, come non pu trovare applicazione nella specie la tesi che attribuisce carattere ed effi.cacia di fonte del diritto alla necessita, poich nell'ambito dell'ordinamento costituito non esiste alcuna possibilit di derogare all'ordine delle competenze. N il richiamo all'articolo 134 della Costituzione, n quello all'art. 33 della legge 11 marzo 1953, n. 87, possono valere ai fini della presente causa, perch n l'una n -l'altra norma prevedono o escludono espressamente la figura del decreto -legge. Nemmeno si pu ritenere che dalle numerose disposizioni legislative ricordate dalla difesa della Regione, le quali regolano ipotesi molto diverse fra loro, e le regolano con soluzioni diverse, possa desumersi la sussistenza di un principio generale dell'ordinamento, per il quale gli organi del potere esecutivo sarebbero autorizzati a sostituirsi a quelli legislativi ogni qualvolta ravvisassero, o pretendessero di ravvisare, situazioni esigenti un pronto intervento del legislatore. L'art. 77 della Costituzione, approvato non senza opposizioni dall'Assemblea costituente, proclive a diffidare di possibili abusi da parte del potere esecutivo, subordina l'adozione di provvedimenti provvisori con forza di legge da parte del Governo a presupposti molto gravi (casi straordinari di necessit e d'urgenza) ed esige adempiamenti successivi sottoposti a termini rigorosi, al punto che, se le Camere legislative chiamate a convertire in legge quei provvedimenti sono sciolte, esse devono essere convocate appositamente e riunirsi entro cinque giorni. Lo Statuto speciale della Regione siciliana, che non prevede siffatti provvedimenti provvisori, non contiene ovviamente neppiir alcuna precisazione di presupposti, di termini e forme pef la conversione, tanto che il Presidente della Regione ha ritenuto di dovere egli stesso dettare una disposizione apposita (art. 3). -89 Nessun argomento si pu ricavare dalla esistenza in Sicilia di leggi di delegazione e tanto meno dalla giurisprudenza di questa Corte, che non ha avuto ancora occasione di esaminare ex professo la questione della ammissibilit di siffatte leggi nell'ordinamento regionale siciliano. Anzi, del testo della legge regionale 26 gennaio 1949, n. 4jmodificata con le leggi 10 settembre 1949, n. 52, e 3 gennaio 1952, n. 1), recante una Delegazione temporanea di potest legislativa al Governo della Regione , poi rinnovata ripetutamente, si desumono argomenti in senso del tutto opposto. Nell'art. 1 di detta legge si leggeva invero una delegazione della potest di emanare norme aventi forze di legge al Governo della Regione, oltre. tutto su conforme parere delle Commissioni legislative permanenti dell'Assemblea, nei limiti delle rispettive competenze , tanto in ordine alla organizzazione ed al funziona.mento provvisorio degli uffici e dei servizi della Regione, quanto nei casi in cui sia opportuno provvedere con urgenza in rapporto alle condizioni particolari ed alle esigenze proprie della Regione . Il conferimento di una siffatta potest legisla tiva di urgenza ai. Governo della Regione da parte dell'Assemblea regionale, per tempo determinato e previo parere vincolante delle Commissioni egislative, dimostra che l'Assemblea, stessa ri conosceva che il Governo regionale non era gia investito di tale potest, perch non si poteva, ritenere applicabile, neppure in via analogica la norma contenuta nell'art. 77 della Costituzione della Repubblica. Perci l'Assemblea credette di poter supplire, con una legge ordinaria, al di fetto di una norma attributiva di competenza. D'altra parte non sussistono le pretese analogie fra l'istituto della delegazione legislativa e quello della decretazione di urgenza, che si fondano su presupposti del tutto diversi. Il primo deriva in fatti da una unit di intenti :fra l'organo titolare del potere legislativo ed il Governo, a cui le Assem blee stesse conferiscono la potest di legiferare su materie, che difficilmente si presterebbero .ad essere regolate attraverso lunghi e complicati dibattiti da collegi molto numerosi; e, del resto, nel nostro sistema, l'esercizio del potre delegato limitato nel tempo e vincolato a direttive pre cisate nella legge di delegazione. Tali presupposti non ricorrono invece nel caso del decreto -legge, che un atto del quale il Governo si assume da solo tutta la responsabilit e che deve trovare im mediata applicazione, cos che l'accertamento della sussistenza delle condizioni di urgente neces sit pu aver luogo soltanto in un momento suc cessivo e quando le norme emanate hanno gi prodotto effetti giuridici rilevanti e non sempre riparabili in casi di mancata conversione. Del tutto fuori di luogo poi il richiamo alle P,isposizioni dell'art. 126 della Costituzione, dettato per le Regioni a Statuto ordinario: esse disciplinano una situazione veramente eccezionale, come quella dello scioglimento di autorit del Consiglio regionale e attribuiscono un potere molto diverso, di provvedere alla ordinaria amministrazione di competenza della Giunta regionale, com piendo tutti gli atti improrogabili, ad un organo straordinario nominato dal Presidente della Repubblica, ben distinto dall'organo titolare del potere esecutivo della Regione. Comunque, nello Statuto della Regione siciliana, esiste una norma apposita (art. 8), che non contiene neppure la menzione di quel potere; Giova rilevare, oltretutto, che nella vita delle Regioni pu configurarsi assai pi raramente la eventualit di situazioni talmente gravi ed ur- genti, da richiedere l'intervento immediato di atti legislativi emanati dall'organo del Governo e ci, non solo a causa delle limitazioni inerenti alla potest legislativa delle Regioni che pu essere esercita. ta solo su determinate materie rispetto alle quali situazioni del genere o non sono facilmente immaginabili o sono superabili mediante provvedimenti eccezionali di ordine diverso, come in materia sanitaria. Si deve tener presente infatti che i procedimenti per l'approvazione delle leggi possono svolgersi molto pi speditamente nee Regioni, le quali hanno una sola assemblea legislativa, meno numerosa. Per tutte queste considerazioni la Corte non ritiene neppure di poter accogliere la tesi della difesa della Regione, la quale sostiene di ricavare un principio generale, che informerebbe il sistema dei nostri ordinamenti regionali, da alcune disposizioni di altri statuti, come quelli del Trentino. Alto Adige e della Valle d'Aosta. Il sistema adottato dalla Costituente, nei limiti in cui si pu parlare di sistema unitario, essendo ben note 1e diversit sussistenti fra gli ordinamenti delle Regioni a Statuto speciale, che non consentono il ricorso a procedimenti analogici, del tutto diverso. E lo dimostrano proprio le disposizioni ricordate dalla difesa della Regione, perch l'art. 38, n. 5 dello Statuto della Regione Trentino-Alto Adige e l'art. 36 dello Statuto della Regione della Val d'Aosta, se vengono interpretati correttamente, in base ai termini in essi adoperati (prov'vedimenti, deliberazioni, ratifica), ben diversi da quelli usati nelle norme che disciplinano il potere di decretazione di urgenza, e se vengono posti in correlazione con l'intero testo e con altre particolari disposizioni (specialmente l'art. 10 dello Statuto del Trentino-Alto Adige), portano a riMnere che vi si preveda soltanto il potere di emanare dei provvedimenti amministrativi. Questa conclusione poi confermata dalla osservazione che pienamente coerente con il sistema che la Costituente, nel regolare la organizzazione delle Regioni, dettando le norme sull'esercizio delle varie potest, abbia voluto osservare il principio della divisione dei poteri ancora pi rigorosamente che nell'ordinamento c;ostituzionale dello Stato, garantendo anche in esse la massima osservanza dei princip democratici; Il ricorso del Commissario dello Stato deve essere pertanto accolto per il primo motivo, proposto in via principale, senza che occorra esaminare altre questioni, come quella concernente npotere della Corte di controllare la sussistenza delle condizioni di necessit e di urgenza, che n-on hanno ragione di essere, e gli altri motivi proposti in via subordinata. Rimangono pertanto d.el tutto impregiudicate anche le questioni riguardanti il contenuto del provvedimento e la competenza della Regione a disciplinare la materia. . REGIONE SICILIANA -Conflitto di attribuzione Condizioni di ammissibilit ..,-Annullamento degli atti da parte del Governo dello Stato -Autorizzazione ad aprire e gestire una casa da giuoco Incompetenza della Regione. (Corte Costituzionale, Sentenza n. 58 del 1959; Pres.: Perassi; Rel.: Manca; Regione siciliana c. Presidenza del Consiglio). ' Sussiste conflitto di attribuzione, ai sensi e per gli effetti preveduti dall'art. 39 legge .11 marzo 1953, n. 87, in.relazione all'art. 134 Cst., qundo la Regione rivendica di fronte al.lo Stato la pro~ pria autonomia costituzionalmente-garntita, assumendo che il Governo dello Stato, eseritando . nei suoi confronti un potere, che in base a.disposizioni dello Statuto speciale non gli 'spetterebbe, avrebbe illegittimamente illterferito nella sfera di sua competenza esclusiva. Il conflitto di attribuzione configurabile non soltanto quando si assume che la Regione, con un suo atto amministrativo, abbia interferito nella sfera di competenza propria del Govern-o, organo del potere esecutivo, ma anche quando si deduce che l'atto regionale abbia inciso sulle attribuzioni del potere legislativo. Nei giudizi di legittimit costituzionale, anche se proposti in via principale, e nei giudizi per conflitto di attribuzione, non possono avere rilievo istituti, come quelli dell'inammissibilit del ricorso per acquiescenza e per il carattere confermativo del provvedimento impugnato, quali sono stati elaborati dalla giurisprudenza amministrativa di guisa che la proposizione del ricorso in relazione a ciascun provvedimento legittimata indipendentemente dal fatto che non sia stato impugnato un precedente provvedimento di contenuto sostanzialmente identico. Il potere generale di annullamento degli atti amministrativi illegittimi, enunciato nell'art. 6 T. U. leggi com. e proc., essendo demandato al Governo dello Stato, con particolari modalit, in considerazione dell'interesse generale, che . ne condiziona e ne giustifical'esercizio, non pu ritenersi attribuito alla Regione siciliana, la quale, per, come ogni altra autorit an;i.ministrativa, pu annullare o revocare gli atti della propria amministrazione. Il predetto potere non pu essere esercitato dal Governo sugli atti amministrativi della Regione qttando interferisca in questioni di rilevanza costituzionale attinenti al regolamento dei rapporti fra Stato e Regione, che dnno luogo a conflitti di attribuzione, la cui risoluzione non pu spettare che alla Corte Costituzionale, alla quale il sistema instaurato dalla Costituzione attribuisce competenza esclusiva con pienezza di effetti della decisione. L'autorizzazione all'esercizio del giuoco d'azzardo -intesa a rendere lecita un'attivit, che la legge dello Stato considera illecita e pssibile di sanzione penale -trascende la sfera di com petenza attribuita alle Regioni poich, in base agli artt. 3, 5 e 25 Cost., precluso non soltanto alla Sicilia, ma anche alle altre Regioni, di emanare provvedimenti nella .materia penale. Trascriviamo il testo integrale in diritto della sentenza. I due ricorsi, discussi nella stessa udienza, per l loro connessione, devono essere riuniti e decisi con unica sentenza. Come si gi accennato in precedenza, la Regione .ha impugnato il decreto del Presidente della Repubblica del 25 giugno 1959, n. 1098; perch avrebbe violato la sfera di competenza costituzionale attribuita alla Regione, in quanto il Governo dello Stato avrebbe esercitato il p<;>tere di. annullamento d'ufficio su atti propri della Regione medesima, mentre tale potere spetterebbe al Govern regionale; perch il decreto del Capo dello Stato; avrebbe inciso nella materia del turismo he rientra nel~a potest normativa esclusiva attribuita alla Sicilia dall'art. 14, lettera n-) dello Statuto speciale; e perch inoltre; alla deliberazione del Consiglio dei Ministri che precedette l'enianazione del decreto di annullamento, non srebbe stato invitato a pa1tecipare il Presidente della Regione, ai sensi dell'art. 21 dello stesso Statuto. da premettere, come pure rileva la difesa della Regione, che, dati i termini nei quali stato proposto il ricorso, esulano dall'ambito dell'attuale controversia la questione se spetti o meno al Governo dello Stato il potere di annullamento d'ufficio degli atti amministrativi nei confronti delle altre Regioni, e nei confronti degli enti locali che svolgono la loro attivit nel territorio regionale. Il tema del dibattito quindi, per quanto attiene all'ccennato potere di annullamento, resta circoscritto ai rapporti fra lo Stato e la Regione siciliana. , Ai fini dell'ammissibilit del ricorso l'Avvocatura dello Stato rileva che, nella questione generale che forma oggetto del primo motivo, si possono individuare due distinte censure. In quanto cio, da un lato, la Regione rivendica ai propri Organi il potere di annullare d'ufficio gli atti amministrativi da essa emanati e in quanto, dall'altro, si duole che il Governo dello Stato abbia esercitato tale potere nei confronti dell'Amministrazione regionale, con un atto di controllo non consentito dal sistema statutario. E mentre, in relazione al primo aspetto, non dubita dell'ammissibilit del ricorso, poich risulterebbe sicuramente delineato il conflitto di attribuzione, quale configurato nell'art.39 .della legge 11 marzo 1953, n. 87, dubita invece che il conflitto possa riscontrarsi sotto il secondo aspetto. Deduce in proposito che, dovendosi ammettere che il potere generale di annulla~ mento spetta al Governo dello Stato, la questioue se questo potere possa correttamente esercitarsi anche rispetto agli atti amministrativi_emanJLt dalla Regione, potrebbe dar luogo ad un giudizio ordinario circa la legittimit degli atti medesimi, e non ad una controversia di carattere costituzionale di competenza di questa Corte. -91 L'eccezione non appare-fondata. Anzitutto essa presuppone gi risoluto, nel senso sostenuto dalla difesa dello Stato, il problema, che attiene invece al merito, se il potere di annullamento d'ufficio, di cui all'art. 6 del Testo unico della legge comunale e provinciale (approvato con decreto del 3 marzo 1934, n. 383) spetti alla Regione1 per quanto riguarda i propri atti, e non al Governo dello Stato. da tener presente, in secondo luogo, che la difesa della Regione, come risulta diffusamente chiarito nella memoria, ha impugnato il decreto del Presidente della Repubblica, sostenendo, non soltanto che spetta agli organi regio,nali l'anzidetto potere, ma altres che il Governo dello Stato, esercitandolo nei confronti della Regione, avrebbe illegittimamente interferito nella sfera di competenza propria della medesima, mediante un atto di controllo sugli atti amministrativi regionali; il quale, in base e disposizioni dello Statuto speciale, non potrebbe spettare al Governo dello Stato. Ora non pare dubitabile che, in queste censure, dato che la Regione rivendica di fronte allo Stato _la propria autonomia costituzionalmente garantita, che afferma essere stata lesa dal provvedimento statale, si riscontrino gli estremi del conflitto 'di attribuzione ai sensi e per gli effetti preveduti dall'articolo 39 della legge 11m.arzo 1953, n. 87, in relazione all'art. 134 della Costituzione. Il primo motivo del ricorso pertanto, considerato sotto gli aspetti cui si riferisce l'Avvocatura, deve ritenersi ammissibile. Ma anche ammissibile il secondo motivo, necessariamente collegato al primo, in quanto la difesa della Regione, come si accennato, dedue che il Governo, in particolare, avrebbe esercitato il cntrollo mediante il decreto di annullamento incidendo in una materia, quella turistica, che la Regione sostiene -rientri nella sa esclusiva competenza legislativa e amministrativa. -Peraltro, pure relativamente a tale doglianza, si profila, nella memoria dell'Avvocatura, un'eccezione di inammissibilit (sollevabile dl resto anche di ufficio) che riguarda la configurabilit del conflitto e quindi la competenza di questa Corte. Rispondendo ad una argomentazione della Regione, prospettata nel senso che lo Stato con l'esercizio del potere di annullamento verrebbe ad eludere, in certi casi, l'accennata;competenza, l'Avvocatura osserva che l'argomentazione sarebbe fondata soltanto nella ipotesi in cui il vizio dell'atto annullato riguardasse la competeza costituzionale, e sempre quando lo Stato rivendicasse a s il potere che ritenesse non rientrare nella competenza della Regione. Nella specie per altro, si chiarisce, gli organi regionali, con i provvedimenti annullati, avrebbero derogato all'art. 718 del Codice penale che vieta il giuoco d'azzardo. Di guisa, che, in relazione ai provvedimenti annullati con il decreto ora impugnato, non sorgerebbe alcuna questione costituzionale da decidersi in sede di 'conflitto di attribuzione, sia, perch i provvedimenti anzidetti sarebbero viziati da illegittimit ordinaria , sia perch i provvedimenti stessi non avrebbero invaso la sfera di competenza riservata all'Amministrazione dello Stato, perch neppure a quest'ultima sarebbe consentito derogare alle norme del codice penale, occorrendo invece un provvedimento di carattere legislativo. Senonch, ci;rca il primo punto, occorre tener presente che la censura dedoti{a dal ricorrente con particolare riferimento alla motivazione del decreto di annullamento ora impugnato. Dalla quale risulta che stata ritenuta la illegittimit dei provvedimenti emanati dal Presidente e dell'Assessore regionale, in quanto tali decreti erano intesi a consentire un'attivit vietata dagli artt. 718-725 del Codice penale . Ora la Regione (riferendosi espressamente a quanto dedotto nel ricoi:so proposto per lo Stato dal P-residente del Consiglio dei Ministri) oppone che i provvedimenti anzidetti, avevano per oggetto la costruzione di un Kursaal in Taormina, con una organizzazione complessa di carattere prevalentemente turistico ed alberghiero (materia questa di esclusiva competenza della Regione) e non comportavano perci alcuna deroga alla legge penale, anche se, in questa organizzazione, era compreso il giuoco d'azzardo. Ai fini dell'ammissibilit del secondo motivo del ricorso quindi, non si pu fondatamente disconoscer. e che, anche sotto tale aspetto, . si configuri- un conflitto di attribuzione d). competenza di questa Corte. Poi-ch appunto la Regione, come si detto, sostiene che il contenuto dei provvedimenti annullati rientri nella competenza -esclusiva, violata dal decreto di annullamento. Per quanto riguarda il secondo punto dell'argomentazione prospettata dalla _difesa dello Stato, da osservare, sempre ai fini della ammissibilit del ricorso, che ammesso che alle norme del Codice penale si possa derogare soltanto con legge dello Stato e non con un provvedimento amministrativo, ci non importa tuttavia che, nell'ipotesi dianzi configurata, si esca dall'ambito dell'art. 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Questo dispone, com' noto, che lo Stato, e per esso il Presidente del Consiglio dei Ministri, pu proporre il ricorso per il regolamento di competenza davanti questa Corte, quando la Regione invade con un atto la sfera di competenza assegnata dalla Costituzione allo Stato medesimo. Sfera di competenza che, data l'ampia formulazione della legge, non pu che riferirsi allo Stato considerato nella sua unit organica. Nei giudizi promossi ai sensi del citato art. 39 lo Stato, attraverso l'organo costituzionalmente qualificato, agisce o contraddice nei confronti della Regione, a tutela dell'ordinamento giuridico generale stabilito dalla CostituziOne e quindi a tutela dei poteri allo Stato stesso conferiti. Di guisa che il conflitto configurabile, non soltanto quando si assume che la Regione, con un suo atto amministrativo, abbia interferito nella sfera di competenza propria del Governo, organo del potere esecutivo, ma anche quando; come nel caso, si deduce che l'atto regionale abbia inciso sulle attribuzioni del potere legislativo. Se fosse esatta la tesi, cui accenna la difesa dello Stato, alla competenza della Corte costituzionale si apporterebbero limitazioni" non autorizzate dalla formulazione della legge, che, come si detto, ampia e comprensiva, con palese e non ammissibi -92 le deviazione dal sistema relativo al regolamento costituzionale dei rapporti fra lo Stato e le Regioni. Nel merito, circa la prima questione sottoposta all'esame di questa Corte, la difesa della Regione, come si accennato, sostiene che il potere di annullare di ufficio, in sede governativa, gli atti del Presidente e degli Assessori regionali, sarebbe trasferito al Governo regionale. Potere, che, a quanto si assume, avrebbe caratteristiche analoghe a quello conferito al Governo dello Stato dall'art. 6 del Testo unico del 1934, per l'organo cui tale potere sarebbe devoluto, per le differenze sostanziali fra l'atto emanato nell'esercizio del potere 'medesimo e l'annullamento ordinario in via gerarchica, per le formalit che ne condizionerebbero l'emanazione e per gli atti che potrebbero formarne oggetto. Tale tesi peraltro non pu ritenersi fol).data. J_;e sentenze di questa Corte n. 24 del 1957 e 23 del 1959, pure ricordate dalle parti, sebbene concernenti, la prima la dichiarazione di illegittimit di una disposizione legislativa regionale sarda attributiva alla Regione dell'accennato . potere di annullamento nei confronti degli atti degli enti locali, e la seconda l'applicazione di tale potere, da parte del Governo, ad un provvedimento di un comune della provincia di Bolzano, enunciano tuttavia principi di portata pi generale, che chiariscono e precisano i caratteri fondamentali del potere di annullamento di ufficio disciplinato dal predetto Testo unico del 1934. Nella sentenza n. 24, infatti, si posto in rilievo che detto potere eccezionale, pur rientrando nella categoria degli tti di controllo in largo senso, (( presuppone per il suo esercizio una valutazione dell'interesse generale, che pu essere fatta soltanto dagli organi supremi del potere esecutivo, e deve essere circondato da particolari garanzie, appunto in considerazionedella sua eccezionalit, quali la pronuncia per decreto del Capo dello Stato, sentito il parere del Consiglio di Stato . Nella successiva sentenza n. 23 del 1959, questi principi sono stati confermati, osservando che il potere di annullamento degli atti amministrativi illegittimi, quando lo esigano ragioni di interesse generale, istituto che risale alla fondazione dello Stato italiano, e che, fin da allora, nonostante l'originaria mancanza di una norma di legge che lo disciplinasse, stato costantemente considerato come manifestazione essenziale della legalit e dell'unitariet di direzione dell'ordinamento amministrativo dello Stato, e riconosciuto altres applicabile a tutti gli atti amministrativi, da qualsfasi autorit statale o autarchica promanassero. Se ne perci dedotto che questo speciale istituto, preordinato alla tutela della legalit e dell'interesse generale, non soltanto non contrasta con i principi costituzionali relativi all'organizzazione amministrativa dello Stato e alle autonomie locali, ma si inserisce in piena armonia nel sistema, concepito dall'art. 5 della Costituzione, nel quale il decentramento organico .e istituzionale ordinato in modo da non contrastare col carattere unitario dello Stato. E si aggiunge infine che, a meno che urti con a_ltri precetti, non pu ledere le autonomie il ripristino da parte dello Stato della legalit turbata da atti degli enti pubblici. Ora la ter:;i sostenuta dalla Regione in contraf) to con tali principi .che devo:.o essere conferm~ ti. E, in base ai principi stessi, resta altres superata l'obiezione con la quale si pone il dubbio, non fondato, che la norma del citato art. 6 contenga 1ln principio generale (in relazione agli atti amministrativi ai quali stato ritenuto applicabile), il quale trascende l'ambito della materia cui si riferisce l'accennato Testo unico, secondo l'opinione accolta dalla dottrina e dalla costante giurisprudenza. Il richiamo quindi dell'anzidetta disposizione, contenuto nelle leggi ricordate negli scritti difensivi della Regione (in quella del 17 luglio 1890, n. 6972 sulle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza '(art. 52), nel Testo unico del 30 dicembre 1923, n. 3256, sulle bonifiche (art. 101) e nel Testo unico del 27 luglio 1934, n. 1265, delle leggi sanitarie) non significa, come si sostiene, che l'accennato potere, per l'eccezionalit che lo contraddistingue, possa esercitarsi soltanto nei casi espressamente contemplati. Ma deve essere considerato quale applicazione del principio generale di cui fatto cenno. Ed infatti la disposizione dell'art. 357 del Testo unico delle leggi sanitarie_, stabilisce che, per quanto concerne gli annullamenti di ufficio, si osservano le norme generali stabilite nel Testo unico della legge comunale e provinciale. Che d'altra parte il potere di annullamento, di cui si tratta, abbia carattere eccezionale, generalmente riconosciuto, ma non nel senso sostenuto dalla difesa della Regione. L'eccezionalit invero si ricollega al fatto che l'esercizio del potere stesso attribuito ad un organo diverso da quelli cui devoluto il potere ordinario di annullamento e che il Governo pu discrezionalmente avvalersene soltanto quando, per la tutela dell'interesse generale, si manifesta la necessit di ripristinare la legalit turbata da atti amministrativi illegittimi (come ha gi posto in rilievo la sentenza di questa Corte n. 23 del 1959), e non abbiano regolarmente funzionato gli organi ordinari di controllo. Ifche non esclude quindi che l'annullamento di ufficio possa esercitarsi anche al di fuori dei casi preveduti espressamente da norme legislative. Con quanto si finora osservato peraltro non si nega che il Governo della Regione siciliana, come ogni altra Autorit amministrativa, possa annullare o revocare gli atti della propria amministrazione, ma si intende ribadire, in relazione all'attuale controversia, il concetto che l'accennato potere attribuito in base all'art. 6 del Testo unico del 1934, come disciplinato dalla legge statale, non pu ritenersi attribuito alla Regione, essendo demandato al Governo dello Stato, con particolari modalit, in considerazione dell'interesse generale che ne condiziona e ne giustifica l'esercizio. Per quanto riguarda l'altra questone, co.!leg!'Jita con la prima, relativa alla illegittimit deWe~er: cizio di tale potere nei confronti dei provvedimenti emanati dal Presidente della Regione e dall'Assessore per il turismo e lo spettacolo, da -93~ ricordare che la questione stessa come pure s1 e accennato, prospettata negli scritti difensivi .della Regione e nella discussione orale, sotto due profili diversi. Sotto un primo profilo, di carattere generale, si fa rilevare che nessun atto di controllo pu essere esercitato da organi centrali dello Stato riguardo all'attivit amministrativa propria della Regione siciliana. Oi, in quanto nello Statuto speciale, si trova delineato un sistema autonomo e compiuto di controllo sugli atti emanati dagli organi regionali. Sistema che renderebbe incompatibile con l'autonomia, garantita alla Regione da norme di carattere costituzionale, qualsiasi intervento da parte del Governo dello Stato. Sotto un profilo particolare (prospettato nel secondo motivo) la Regione osserva d'altra parte, come si gi rilevato, che l'atto di controllo non pu essere dissociato dalla materia oggetto dei provvedimenti annullati, e che perci, in quanto incide nella materia del turismo, il decreto impugnato avrebbe invaso la sfera di competenza della Regione. Secondo l'Avvocatura dello Stato, all'esame dell'accennata questione particolare osterebbe la considerazione che l'attivit di controllo in genere ed il potere governativo di annullamento in specie, sono distinti ed autonomi rispetto alla materia oggetto del provvedimento annullato. Senonch, nei giudizi per conflitto di attribuzione, come espressamente stabilito dall'art. 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87, un atto amministrativo .dello Stato, o della Regione, pu essere impugnato quando abbia invaso la competenza costituzionale dell'uno o dell'altra. Siffatta violazione peraltro pu sussistere in relazione all'atto per s considerato e con riguardo all'oggetto cui l'atto si riferisce. Ora il decreto del Presidente della Repubblica stato impugnato, si11 per se stesso, opportuno qui ripeterlo, sostenendosi che il potere di annullamento spetta agli organi regionali, e che comunque il Governo dello Stato ha esercitato un controllo illegittimo sugli atti amministrativi della Regione, e sia per il suo contenuto, in quanto. avrebbe interferito in materia riservata alla Regione. Oi chiarito ed essendosi ritenuta infondata la prima delle tre tesi prospettate dalla difesa regionale, ad avviso della Oorte, per decidere l'attuale controversia, si pu prescindere dall'esaminare la seconda, circa rammissibilit di un controllo da parte del Governo dello Stato sugli atti amministrativi della Regione siciliana; problema che perci rimane del tutto impregiudicato. Infatti alla dichiarazione d'illegittimit del decreto del Presidente della Repubblica si perviene, nel caso concreto, per l'assorbente motivo che il Governo, con un atto di controllo in sede amministra; tiva, ha interferito in una questione di rilevanza costituzionale attinente al regolamento dei rapporti fra lo Stato e la Regione siciliana. Questione che, come si in precedenza accennato esaminando le eccezioni di inammissibilit del ricorso, d luogo ad un conflitto di attribuzione, la cui risoluzione perci non pu spettare che a questa Oorte. Alla quale il sistema instaurato dalla Oostituzione attribuisce compet~ siva, con pienezza di effetti Cl.ella deci1 che l'art. 38 della ricordata legge ste la Oorte, quando risolve il conflitto, n dichiara il potere al quale spettano le . in contestazione, ma annulla altrs, l'att'ViziaLv da incompetenza. Ora il decreto del Presidente della Repubblica in evidente contrasto con tale sistema, il quale prevede un controllo di carattere giurisdizionale che, per la materia che forma oggetto del dibattito e per la natura dell'organo cui attribuito, esclude necessariamente -come pure riconosce l'Avvocatura -l'intervento di qualsiasi altro organo dello Stato. Oontrollo pertanto che, mentre -rappresenta la suprema garanzia circa il regolamento dei rapporti fra lo Stato e le Regioni, nell'ambito dell'ordinamento giuridico, costituisce, in pari tempo, anche la pi alta tutela dell'autonomia alle Regioni stesse attribuita dalla Oostituzione e dagli Statuti. Per tali considerazioni il ricorso della Regione, sotto l'aspetto ora. esaminato, deve ritenersi fon-" dato e, per conseguenza deve essere annullato il decreto del Presidente della Repubblica. Resta assorbito il terzo motivo dedotto, del resto, in linea subordinata. Occorr pertanto esaminare il ricorso proposto dal Presidente del Oonsiglio dei Ministri, contro il decreto del Presidente della Regione 28 maggio 1959, Il. 283. La difesa della Regione deduce pregiudizialmente quattro motivi di inammissibilit. Ool primo sostiene il difetto d'interesse, da parte dello Stato, ad ottenere l'annullamento del decreto anzidetto, che, si assume, sarebbe stato impugnato soltanto nella parte che riguarda l'autorizzazione all'esercizio del giuoco d'azzardo. Autorizzazione che sarebbe contenuta invece nel precedente provvedimento dell'Assessore per il turismo e lo spettacolo in data 27 aprile 1949, n. 1, confermato, su questo punto, dal successivo provvedimento del Presidente. Donde la inutilit di un'eventuale pronunzia di annullamento di quest'ultimo decreto, perch rivivrebbe quello emanato dall'Assessore, non impugnato e non pi impugnabile per decorrenza del termine. L'assunto non fondato. Oon la legge 18 maggio 1942, n. 669, contenente norme relative alla gestione, nel territorio dello Stato, durante la guerra, delle attivit economiche esercitate nell'Africa Orientale, si stabili che gli enti, istituiti perl'esercizio delle attivit anzidette, potevano, col consenso dei ministri per l'Africa italiana, per le Finanze e per le Oorporazioni, esercitarle anche al di fuori del territorio stesso, con l'esservanza delle disposizioni vigenti in materia. Oon decreto-legge del 22 aprile 1943, n.560, tale dsposizione fu estesa anche agli enti che svol gevano le loro attivit nella Libia. E pertanto, con decrto interministeriale del 30 aprile 194 7, l'Ente turistico ed alberghiero della Libia (E; T. A.L.), istituito con decreto del 31 maggio 1935, n. 1410 con sede in Tripoli, fu autorizzato ad esercitare in Italia gestioni alberghiere e le altre attivit economiche previste dall'art, 1 del ricordato de ..---i -H steriale, creto del 1935. Riferendosi appunto -come ri sulta dalle premesse -al predetto decreto mini l'Assessore della Regione siciliana, nel 194 9,autorizz lo stesso E.T.A.L. a svolgere, in Taormina, i programmi inerenti al proprio scopo e, anche a mezzo di dipendenti e di sub-concessionari, tutte le attivit connesse con lo scopo anzidettO, gi esercitate in Libia, compreso il giuoco d'azzardo. L'autorizzazione ministeriale, peraltro, venute a cessare le ragioni che l'avevano giustificata, fu revocata con successivo decreto del 3 maggio 1951 e cess di avere effetto dalla data del decreto stesso. Quando perci stato emanato il decreto del Presidente della Regione, ora impugnato, cio nel 1959, l'E.T.A.L. non avrebbe potuto esercitare alcuna attivit nel territorio dello Stato (anche ammesso che vi fosse cmpreso il giuoco d'azzardo), e non avrebbe pi potuto quindi net>pure esercitarla in Sicilia, dato che all'estensione dell'attivit anzidetta faceva espresso riferimento, come presupposto necessario, il provvedimento dell'Assessore. Il quale pertanto (a parte che rimasto privo di efficacia, non essendo stato registrato alla Corte dei conti) non pu rivivere in seguito all'eventuale annulla mento del decreto impugnato. . pure infondato il secondo motivo di inammissibilit, con il quale si deduce che il decreto del Presidente della Regione non sarebbe impugnabile,. in quanto, nella parte che ha formato oggetto del ricorso (l'autorizzazione ad esercitare il giuoco d'azzardo), avrebbe integralmente confermato il contenuto di quello precedente emanato dal1' Assessore. Questa Corte, con la sentenza n. 44 del 1957 ha chiarito che nei giudizi di legittimit costituzionale, anche proposti in via principale, non possono avere rilievo 'istituti, come quelli dell'inammissibilit del ricorso per acquiescenza, e per il carattere confermativo del provvedimento impugnato, quali sono stati specialmente elaborati dalla giurisprudenza amministrativa. Il principio, gi applicato ai giudizi per conflitto di attribuzione con la sentenza n. 82 del 1958, deve essere ora confermato. In questi giudizi infatti, promossi dallo Stato o dalle Regioni, si discute della legittimit di atti amministrativi, i quali per se stessi singolarmente considerati, costituiscono manifestazioni concrete ed autonome del potere che lo Stato o le Regioni, a seconda dei casi, assumono di loro spettanza, in base alla Costituzione o agli Sttuti speciali. Di guisa che la proposizione del ricorso in relazione a ciascun provvedimento legittimata, indipendentemente dal fatto che non sia stato impugnato un precedente provvedimento di contenuto sostanzialmente identico. N vi contrasta la sentenza di questa Corte n. 32 del 1958, perch, nel caso allora esaminato (proroga del termine per l'adozione del libretto personale per i lavoratori agricoli in alcune provincie), il ricorso stato dichiarato inammissibile, in quanto l'atto successivamente emanato aveva carattere meramente accessorio di quello precedente non impugnato. Non si pu quindi porre in dubbio l'ammissibilit dell'attuale ricorso. pure da notare comunque che il decreto del Presidente della Regione, oltre ad essere stato emanato dar un'autorit diversa, riguarda anche un diverso soggetto, cio la societ A. Zagara e non pi l'ente pubblico E.T.A.L. cui si riferisce il decreto precedente, e che riphiama, vero, le disposizioni gi comprese in qUEst'ultimo e nelle modificazioni, ma le adotta integrandole e modificandole (art. 2) anche in qualche parte riguardante l'esercizio del giuoco d'azzardo. Per quanto concerne poi l'acquiescenza derivante dal comportamento dello Stato, per respingere l'eccezione basta considerare che il difetto di impugnazione di provvedimenti emanati da altra Regione nella materia del giuoco, non pu ovviamente ritenersi incompatibile con la proposizione del ricorso relativamente ad atti promananti, come nel caso, da una Regione diversa; e che lo Stato non aveva alcuna ragione di impugnare il decreto dell'Assessore, in quanto era rimasto giuridicamente privo di effetto per mancata registrazione. Deduce infine la difesa della Regione l'inammissibilit del ricorso per mancanza degli estremi del conflitto di attribzione, in relazione alla tesi scstenta dalla difesa dello Stato, che cio il decreto del Presidente della Regione, conterrebbe una deroga ad una norma penale, circa la quale neppure il potere esecutivo sarebbe competente a provvedere. La questione peraltro stata gi e~aminata in relazione ai motivi di inammissibilit nei riguardi del ricorso proposto dalla Regione. Non vi perci il caso di ripetere le osservazioni gi esposte in proposito, per respingere ora, pure sotto questoprofilo, l'eccezine di inammissibilit. Nel merito l'Avvocatura sostiene, come si in precedenza accennato, che il decreto del Presidente della Regione avrebbe, come principale e preminente oggetto, l'esercizio del giuoco d'azzardo, e che tutte le altre attivit turistiche, albe~hiere e sportive, cui si riferisce il decreto stesso, sarebbero a questo subordinate. Con la conseguenza quindi dell'illegittimit totale (e in questo senso appunto conclude la difesa dello Stato) del decreto anzidetto, perch l'esercizio del giuoco d'azzardo vietato dal codice penale e il derogare a tale divieto esulerebbe dalla competenza regionale. A tale. tesi la Regione oppone in sostanza che, quando si tratta di una fattispecie complessa quale l'organizzazione di un Kursaal, la cui istituzione sia stata autorizzata nei comuni considerati stazioni di cura, di soggiorno o di turiemo (come appunto quello di Taormina), nell'organizzazione stessa resterebbero assorbite tutte le attivit turistiche, alberghiere, artistiche e sportive, compreso l'esercizio del giuoco d'azzardo, che, per Ee stesso, isolatamente considerato, non sarebbe consentito. Di guisa che la disciplina giuridica della fattispecie anzidetta sarebbe queUa propria della or1rnnizzazione e non quella particolare inerente all'attivit vietata. Il decreto del Presidente della Regione quindi, avendo come oggetto n~tituzione del Kursaal, con tutte le attivit di cui si fattQ. c~nnD, resterebbe nell'ambito della competenza regionale, poich riguarderebbe la materia del turismo. Com.e parimenti all'incremento del turismo, ampliando la competenza originariamente spettante ai comuni -9~ si riferirebbero, secondo la difesa della Regione, anche i provvedimenti emanati dallo Stato a favore dei comuni di S. Remo, di Campione e di Venezia (decreti 22 dicembre 1927, n. 2448, 2 marzo 1933, n. 201 e 16 luglio 1936, n. 1404). In base ai quali provvedimenti, nei detti comuni, si pure consentito, comprendendolo nel complesso delle attivit turistiche, anche l'esercizio del giuoco d'azzardo. Senonch pu ammettersi che, nel decreto !le.I Presidente della Regione, in quanto ha autorizzato la societ .A..Zagara a costruire in Taormina un Kursaal, alberghi ed altri locali adatti a manifestazioni turistiche, culturali e sportive e ad esercitare molteplici attivit, compreso l'esercizio del giuoco d'azzardo, si possa riscontrare un'organizzazione complessa e multiforme. Pu pure ritenersi che un;organizzazione siffatta possa essere ricondotta ad un concetto unitario da un punto di vista tecnico ed econom?co, per l'attuazione e lo sviluppo di un determinato programma, preordinato allo sviluppo turistico nel comune di Taormina. Ci non significa per, che, dal punto di vista giuridico ed al fine specifico dell'attuale giudizio, ciascuna delle dette attivit, sol perch compresa nell'accennata organizzazione, venga ad assumere fisionomia diversa da quella cb,e le propria, e che quirrdi ancheilgiuoco d'azzardo, considerato come reato, possa diventare un'attivit senz'altro consentit;:t. Se ci fosse esatto sarebbe del tutto agevole eludere la legge, tutte le volte che si istituissero or.ganizzazioni analoghe a quella cui si accennato, il che ovviamente non ammissibile. Ne deriva che, nel complesso contenuto del decreto ora .impugnato, le varie attivit che la societ .A. Zagara autorizzata a svolgere devono essere mantenute distinte e distintamente considerate. Ci dimostra che non pu essre neppure accolta la tesi inversa. dedotta dalla difesa delle> Stato, che porterebbe all'annullamento totale del decreto, nel senso di un'assorbimento di tutte le altre attivit in quella concernente l'esercizio del giuoco. Ora non pu sorgere dubbio (e non infatti contestato) che, per tutte quelle attinenti allo sviluppo e al potenziamento del turismo, alle quali si riferisce anche il decreto del Presidente della Repubblica del 9 aprile 1956, n. 510 (che ha trasferito all'amministrazione regionale le attribuzioni del Commissariato per il turismo), la competenza a p.rovvedere spetti esclusivamente alla Regione in base all'art. 14 lettera n) dello Statuto speciale. Non altrettanto deve dirsi invece per qunto concerne il giuoco d'azzardo, il cui esercizio (contrariamente a quanto rileva la difesa della Regione) pure autorizzato d> sono i fini propri delle legge nel quadro della specifica competenza propria della Ammini strazione del Lavoro. Esaminando da vicino la predetta legge, essa, in particolare, nel titolo I (art. 1 a 6) provvede all'istituzione della Oommissione Oentrale e dei Oomitati per l'avviamento al lavoro e ne fissa i compiti e le attribuzioni, sopprimendo i precedenti organismi in materia. Il titolo II (artt. 7 a 18), in tre capi, regola la disciplina del collocamento -definita funzione pubblica (art. 7) -attraverso lo specifico avviamento al lavoro e la determinazione dei compiti degli organi del collocamento, tutelandone anche lo svolgimento e l'organizzazione a mezzo di apposite norme. penali. Il titolo III (artt. 30 a 44) tratta dell'assistenza economica ai lavoratori involontariamente disoccupati, stabilendo le disposizioni in ordine alla assicurazione obbligatoria, agli assegni integrativi della indennit di disoccupazione ed ai sussidi straordinari. Ool titolo IV (art. 45 a 65) la visuale si allarga e le attribuzioni del Ministero diventano pi dirette e pi ampie, perch l'avviamento al lavoro e l'assistenza del lavoratore, si trasferiscono su di un piano di maggiore concretezza, in quanto sono rivolti all'addestramento professionale degli apprendisti artigiani, dei lavoratori in soprannumero e dei disoccupati. Sono sempre compiti di assistenza, ma che abbracciano una pi ampia visuale e si rivolgono all'educazione in senso lato del lavoratore. per cos dire un avviamento qualificato, che si svolge attraverso corsi per disoccupati, che possono essere anche promossi direttarnente dal Ministero del Lavoro, ma che -almeno di regola; -sorgono su iniziativa di altre amministrazioni (Oomuni ed altri enti, associazioni etc) e corsi aziendali di riqualificazione affidati a determinate imprese industriali. Ora, proprio perch il fine che si prefigge la legge, pur sempre quello perseguito dal Ministero del Lavoro, ed pi segnatamente rivolto allo ((avviamento al lavoro ed all'cc assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati , pi che evidente che lo svolgimento concreto di tutte le attivit contemplate nella legge, deve svolgersi e svilupparsi con la presenza continua ed immanente del Ministero del Lavoro, mentre attraverso i vari uffici centrali e periferici deve necessariamente filtrare la massa dei lavora. tori, che pu essere avviata al lavoro e, in senso lato, assistita. E ci perch proprio questo il compito che affidato alla Amministrazione del Lavoro, la quale mancherebbe alla sua ftmzione se non seguisse il lavoratore, anche dopo la sua assunzione, cercando di preservarlo dalla disoccupazione. Nel quadro della materia trattata dal titolu I--V della legge, circa l'addestramento professionale dei lavoratori, inserito armonicamente l'istituzione dei cantieri scuola (capo V), i quali sono promossi d'i ~FE?ZFFWf%i7?7777H ~FE?ZFFWf%i7?7777H -105 t rettamente, ma, il pi delle volte, solo autorizzati, dal Ministero del Lavoro, di intesa con i Ministeri dell'Agricoltura e dei LL. PP., e merJ,tre assolvono a quelle che sono le peculiari finalit proprie della AmministraziorJ,e, come gi detto, rJ,ell'avviamerJ,to al lavoro e rJ,ell'assistenza al lavoratore, perseguorJ,O al tempo stesso finalit che sono fuori dei compiti specifici e delle attribuzioni dell'Arnministrazione sudde. tta. Questi cantieri-scuola, invero, svolgono attivit forestale e vivaistica di rimboschimento di sistemazione montana e di costruzione di opere di pubblica utilit (art. 59). Essi, in altri termini, consentono l'avviamento al lavoro dei disoccupati attraverso l'esecuziorJ,e di particolari opere pubbliche, di spettanza dei Ministeri della Agricoltura e delle Foreste e dei Lavori Pubblici. Ai quali, cc nell'ambito delle rispettive competenze, demandato il compito della approvazione dei progetti, della sorvegliarJ,za tecnica e del collaudo delle opere eseguite nei cantierin (art. 59, 20 comma), fornerJ,do altres ccl'assistenza tecnican (art. 59, 30 comma), mentre al MirJ,istero del Lavoro SOrJ,O attribuite le sole modalit organizzative (art. 59 50 comma). La concessiorJ,e ad aprire i predetti cantieri-scuola, pu essere accordata sia a privati proprietari di terreni da rimboschimerJ,to, sia ad amministrazioni pubbliche, comuni, enti, consorzi, etc. (art. 60). opportuno per altro avvertire che l'apertura del cantierescuola, anche quando la sua istituzione promossa dal Ministero del Lavoro, vierJ,e sempre concessa ad altri e non mai direttamente gestita dal Ministero medesimo. Infine (capo VI del titolo IV) al finanziamento dei predetti cantieri-scuola, provvede il ripetuto Ministero del Lavoro, di intesa corJ, quello del Tesoro, attingendo ad un fondo speciale (art. 63), costituito appunto per la ccqualificazione, il perfezionamento, e la rieducazione dei lavoratori italiani >>. Da tutto quanto precede risulta che ben chiari ed esattamente delimita.ti sono i compiti, che in materia sono affidati all'Amministrazione del Lavoro, compiti che restano circoscritti soltanto a quelli che rientrano nelle specifiche competenze, che segnano l'ambito preciso di attribuzione entro il quale pu spingersi l'attivit dell'Amministrazione medesima. La quale, in sostanza, attraverso l'opera assidua dei propri uffici centrali e periferici, pro1nuove pur sempre l'avviamento al lavoro e l'assistenza del lavoratore. La quale assistenza -come ovvio e come nelle finalit della legislazione fo materia si svolge, anzi deve svolgersi, anche dopo che il lavoratore ha trovato impiego COrJ,Creto. Ma ci posto a.rJ,cora di assoluta evidenza che i compiti e le attribuzioni del Ministero del Lavoro, non possorJ,o scorJ,finare dai loro limiti naturali e rJ,on possono profilarsi se non come avviamento al lavoro eassistenza del lavoratore. Restringendo il discorso ai carJ,tieri-scuola, arJ,che quando questi siano promossi dal M foistero del Lavoro, pur certo che le attribuzioni di questo devono intendersi limitate ad otterJ,ere, dopo lo specifico collocamento in cantiere del lavoratore, che questo riceva quell'addestramento e quella qualificazione che rientrano rJ,ei firJ,i persegui# dalla A mmfoistrazione del Lavoro, e rispetto ai quali si inserisce, con carattere strumentale, il particolare finanziamento, che, sempre a quei fini, e solo a quei fini orientato. L'interesse cio .alla esecuzione di quelle opere che il cantiere esegue nel campo del rimboschimento e delle opere pubbliche in genere"' e la 'ff!lati'Va assistenza tecnica, che certamente fuori della competenza dell'Amministrazione del Lavoro, possono riferirsi solo ad altre Amministrazioni o Enti, ma giammzi alla stessa amministrazione del lavoro. E quel che pi conta che il rapporto che si crea tra questa ed il lavoratore, avviato al cantiere, comunque un rapporto che gravita sul piano sociale dell'assistenza, che nei fini dell'Amministrazione medesima, ricevendo una precisa e pntuale qualificazione e configurazione, che di per s stessa esclude, nella marJ,iera pi assoluta, la sussistenza di un rapporto di lavoro, il quale invece si stringe solo fra il lavoratore ed il privato o l'ente ai quali stata assentita la concessione delle opere, e che queste esegue a mezzo del cantiere, nel proprio esclusivo interesse. Si deve quindi ritenere che non possa sussistere un rapporto di impiego o di lavoro tra gli operai .al cantiere e l'Ammfoistrazione del lavoro, n questa pu considerarsi resporJ,sabile, degli fofortuni verificatisi a danrJ,o degli operai stessi. E se a termini delle istruzioni ministeriali sui cantieri-scuola cc il Mfoistero esercita la propria alta m'gilanza su tutto il funzionamento dei cantieri sia direttamente, che a mezzo dei competenti uffici del lavoro e della massima occupazione, tale vigilanza non pu condurre a diversa soluzione. Ove si tengano presenti le finalit che in materia devorJ,o essere perseguite, e ben giusto che il Ministero eserciti questa alta vigilanza svl funzionamento dei cantieri. Al Ministero, invero, interessa che gli operai vengano avviati al la'Coro secorJ,dO determinati criteri, ai quali deve presiedere ed interessa ancora che i cantieri stessi attuino irJ, concreto quelle funzioni sociali per cui vengono costituiti attraverso apposite COrJ,cessiorJ,i, di rieducazione e qualificazione del lavoratore, combattendo peraltro la disoccupazione. Del resto il fatto stesso che si parla di vigilanza, sta a significare che esiste una distinzione fra chi vigila e chi, come concessionario, esegue le opere nel proprio interesrn assumendo alla propria dipendenza le persone che vengono avviate al lavoro dagli vffici competenti. L'esercizio stesso di UrJ, controllo, comporta una necessaria duplicazione fra chi lo esercita e chi lo subisce. Ed con quest'itltimo, comunque, che si crea il rapporto di lavoro, ed su quest'ultimo soltanto che pu ricadere la responsabilit di cui all'articolo 2049 e.e. N pu d'altro canto disconoscersi che detta vilanza trova una spiegazione arJ,che nel fatto che il Ministero del Lavoro ente finanziatore e come tale, ha interesse precipuo all'andamento delle opere in maniera che i fini perseguiti possano trovare pratica attuaziorJ,e e che il denaro pubblico che viene erogato attraverso il finanziamento riceva puntvale . destinazione, secondo l'fotento legislativo. Quanto alla vigilanza tecnica rispetto ai lavori, da rilevare che, come abbiamo visto, essa esercitata, anche attraverso specifica assistenza, dai Mini o:-106 steri dell'Agricoltura e delle Foreste e dei LL. PP. (art. 59, II-e, legge n. 264), i quali provvedono a costituire anche > vada a riferito alla nullit e non al vizio dell'atto. * * * * Sulla asserita assurdit che dall'amministrazione si pretenda il pagamento della imposta liquidata per poi consentire l'esercizio del diritto al rimborso, vale riportare quanto detto ultimamente fia GuGLIELMI e A.zzARITI:. Le imposte di registro, Torino 1959, pag. 199;. i quali esaminano il caso che uno degli eventi indicati dall'art. 14 in esame intervenga prima della registrazione dell'atto, ed affermano che se esso era soggetto a registrazione in termi.ne fisso, deve egualmente farsene registrazione con pagamento della imposta e delle eventuali sopratasse, salvo il diritto alla restituzione della sola imposta., ove sia tempestivamente richiesta, perch da escludersi ceche il debito d'imposta possa compensarsi col credito derivante dal diritto alla restituzione, il quale deve essere riconosciuto da.ll'amministrazione, in persona dell'organo competente, che non il procuratore del registro, il quale mai potrebbe registrare un atto senza riscuotere l'imposta dovuta. Per l'art. 11 le tasse stabilite dalla legge sono dovute anche nei casi di registrazione di atti comunque, nulU salva la restituzione nei casi espressamente indicati' dall'art. 14. E le tasse di registro regolarmente percette, lo abbiamo visto, non possono essere restituite in caso di riforma, risoluzione, rescissione o anche per effetto di condizione risolutiva alla quale l'atto o il trasferimento si trovasse vincolato, n per qualsiasi altro evento ulteriore, fuorch nei casi previsti dalla legge stessa. Il principio che l'imposta dovuta su tutti gli atti comunque nulli ~ valido in ogni caso, e non vulnerato dalla possibilit di ottenerne il rimborso nei casi espressamente indicati, ma ne solo temperato: qindi non appare esatta (BERLIRI: Le leggi del registro, Milano, 1947 pag. 312) la formulazione dell'art. 14 che considera le sue disposizioni come delle eccezioni al principio formulate nel precedente art. 12 ccquasi che, per i casi in esso contemplati, l'atto nullo non fosse soggetto a registrazione o p-0tesse venir registrato senza il contemporaneo pagamento del tributo. Il rimborso dll'impo!Jta si pone, piuttosto, come una eccezione al principio della irrilevanza, ai fini della imposizione, di elementi estranei all'atto. * * * Quanto alla interpretazione che dalla sentenza del Tribunale di Napoli viene data all'art. 14 n. 2, la decisione trova un precedente conforme in quella della Commissione Centrale delle Imposte n. 1449 del 14 marzo ,1949, ove alla pari detto che: cc per nullit indipendenti dalla volont e dal consenso delle parti devono intendersi le cosiddette nullit assolute, anche se vi abbiano dato causa le parti . Lo JAMMARINO: Commento alla legge sulle imposte di registro, Torino 1959, pag. 46, nota 7, pone in luce che per la Cassazione invece l'espressione cc indipendentemente dalla volont e dal consenso delle parti va riferita all'esistenza del vizio e non gi al prodursi della nullit, ossia alla causa e non all'effetto della nullit; e poi riferisce quel che in merito detto dal LINTAS: Lezioni per il corso dei volontari dell'amministrazione delle tasse, 1950, dispensa V, pag. 4, il quale crede di dover chiarire che cela frase nullit radicale indipendente dalla volont e dal consenso delle parti ha attraversato due fasi storfohe: nella prima, la frase venne interpretata nel senso che dovesse trattarsi di ccatti che non si potessero sanare con la volont delle parti ; nella seconda, nel senso che dovesse trattarsi di ccatti che non furono posti in condizioni di nullit per volont delle parti. E, ci premesso, il citato autore dichiara di ritenere preferibile l'accoglimento di cc una teoria intermedia la quale, basandosi sulla volont contrattuale (questo in fondo lo scopo della legge), esclude dal rimborso solo i casi nei quali la nullit sia stata cosciente ad entrambe le parti contraenti. E lo JAMMARINO dice di convenire pienamente in tale interpretazione che, a suo giudizio, inquadra rettamente i termini della questione. Giova al riguardo ricordare che la legge di registro 21 aprile 1862, dopo avere con l'art. 77 stabilito che non si facesse luogo alla restituzione di tasse percette sugli atti dei quali per q1talsiasi causa fosse pronunziata in giudizio la nullit e la rescissione, aveva eccettuato col successivo art. 58, tra gli altri, <>, 1920, I, 913) ha deciso che rer la ripetizione della tassa pagata per un atto poi dichiarato nullo si richiede che il vizio dell'atto sia radicale, indipendente dal consenso e dalla volont delle parti, e inducente la nullit dell'atto stesso fin dalla sua origine;' per tl modo tutte le nullit derivanti da vizio di capacit o di consenso ne rimangono escluse, essendo esse tutte sanabili per conferma, e vi rimangono compresg soltanto le nullit estrinseche derivanti da inosservanza di formalit. La legge ha cio inteso riferirsi alla nozione della nullit assoluta, che appunto per. vizio originario e attinente all'essenza dell'atto importa la inesistenza giuridica dell'atto stesso, e senza che l'effetto della nullit dipenda dalla volont delle parti, le quali non siano in facolt di sanarlo con atti confermativi: occorre insomma che il vizio si attenga ad alcuno degli elementi costitutivi intrinsechi e formali di un negozio gforidico. La stessa autorit giudizaria (Cassazione; Roma 17 maggio 1920, in Foro It. ,,, 1920, I, 490) fa poi una analisi critica della norma, e pone in luce che se si dovessero ricondurre ad un principio logico generale le diverse categorie di eventi che, per l'art. 11 della legge di registro, rientrano nelle eccezioni alla regola della non restituzione delle tasse regolarmente percette, si sarebbe imbarazzati ad indicare una norma che funzionasse come criterio uniforme di determinazione dei .casi compresi in quelle categorie e, soprattutto a dare una plausibile ragione di giustificazione, dell'esclusione degli atti annullabili dal beneficio della eccezione. Invano si tent di trovarla nel concetto informatore della tassa ifi registro, dicendo che questa, avendo di mira il contenuto e gli effetti giuridici dell'atto, permette la restituzione solo quando manca la esistenza legale della convenzione, quando nibil actum est. La logica giuridica e il concetto informatore della tassa di registro non avrebbero consentito alternativa diversa da quella racchiusa in questi due termini: o mantenere in tutto il suo rigore il principio della non restituzione delle tasse regolarmente percette, per qualunque causa e con qualunque effetto l'atto fosse venuto successivamente a cadere nel nulla; o, una volta adottato il temperamento deUa restituzione per gli atti dichiarati nulli con sentenza, comprendervi indistintamente tutti gli atti o assolutamente nulli o semplicemente annullabili. I concetti fondamentali della legge di registro re sisterebbero alla restituzione della tassa regolarmente percetta sugli atti poi dichiarati nulli, perch una volta applicata regolarmente la tassa sopra un atto, ogni rapporto tra Finanza e contribuente in ordine all'avvenuta tassazione resta consumato, n pu ri sorgere a causa delle ulteriori sorti dell'atto, che non riguardano la Finanza. Se la legge ammette ecce zionalmente la res#tuzione per taluni casi di nullit rivelatisi dopo la confezione e registrazione dell'atto per una ragione di equit, non essendo sembrato giusto che le parti dovessero sopportare la tassa di registro rer atti da cui non avevano tratto alcun profitto, e di fronte a questa ragione di equit non avrebbe dovuto funzionare come criterio di differen ziazione la distinzione tra atti nulli e atti annullabili. N a giustificazione della limitazione del temperamento alle nullit assolute importanti inesistenza giuridica dell'atto, basterebbe il solito argomento del pericolo delle frodi in danno dell'erario, perch, da una parte, sarebbe un caso troppo raro a verificarsi quello di due parti che, venute nella determinazione di risolvere un contratto per ottenere la restituzione della tassa pagata o per evitare il pagamento di altra tassa sopra l'atto di risoluzione in quanto operativo di retrocessione, ricorressero all'espediente costoso, e non sempre di esito sicuro, di pro11ocare d'accordo una sentenza coll'osservanza di tutte le condizioni volute dall'art. 11, n. 2, e dall'altra, la limitazione del temperamento ai casi di nullit assoluta non basta per la tutela dei legittimi interessi dell'amministrazione minacciata dal segnalato peri, colo della collusione di due parti apparentemente litiganti. Non si sa vedere, per esempio, come e perch quel pericolo sussista e debba preoccu pare nel caso di dichiarata nullit di un contratto per violenza che abbia viziato il consenso (vis com pulsiva) e non nel caso di violenza fisica (vis ab soluta) che esclude addirittura il consenso e rende il contratto giuridicamente inesistente. Le parti pos sono ben mettersi d'accordo per larvatamente stabi lite e fare funzionare come causa di nullit tanto una vis compulsiva quanto una vis absoluta. Ma tuttavia si pone in luce che la irrazionale e incoerente norma restrittiva del temperamento equitativo ai casi di nullit di pieno diritto (inesistenza giuridica) trov posto nella legge italiana di registro, calcata sulla legge francese del 22 frimaio, anno VII. Il sistema della legge francese era informato all'angusto ed ingiusto concetto che la nullit di un atto fosse sempre imp1ttabile, come una colpa personale, a coloro i quali avevano concorso a formarlo, e che essi dovessero sopportare la pena del loro fallo con il pagamento della tassa senza speranza iti resti"' tuzione: concetto che aveva il suo cardine nella norma dell'art. 60 della legge 22 frimaio' anno VII, riprodotta testualmente nell'art. 76 della legge 21 aprile 109 1862, e che esercit una perniciosa infiuenza sul temperamento che a quella rigida ma razionale e . prudente norma si cred giusto di portare, tanto che la legge francese neppure consentiva restituzione di tassa percetta sopra un'aggiudicazione giudiziaria dichiarata nulla con sentenza, e perch fosse ammesso un tal caso di restituzione ci volle il noto parere 22 ottobre 1808 del Consiglio di Stato, il quale fu, alla sua volta, tanto restrittivamente interpretato e applicato dalla giurisprudenza francese, in ossequio agli insegnamenti di M erlin, da far negare la restituzione della tassa nel caso di immobili appartenenti a minori di et e aggiudicati al foro tutore, nonostante la intervenuta declaratoria di nullit assoluta della aggiudicazione ai sensi degli artt. 450 e 1596 del codice Napoleone, se di quei beni vi era stata aggiudicazione davanti a un notaio e dovessero cos dirsi non trasferiti mediante vendita giudiziaria. Fu cos che i temperamenti portati alla rigida regola della non restitution de tout droit rguli rement peru furono dominati dal concetto di for malismo astratto che, dando importanza decisiva alla considerazione che gli atti annullabili sus sistono e producono tutti gli effetti che sono pro pri alla loro natura finch non vengano dichiarati nulli, vedeva la causa della nullit di tali atti nella azione di annullamento con cui la parte interessata si determinava ad investirli e nella sentenza che l'ac coglieva, e cos in un volontario ulteriore evento po steriore alla registrazione. Si neg cos la restituzione nei casi di nullit relativa, ammettendola soltanto per gli atti nulli di pieno diritto, affetti da nullit assoluta, come, secondo la terminologia della dottrina del tempo, si chiamavano gli atti giuridicamente inesistenti. .A questi concetti, prevalenti al tempo della sua compilazione, intese gi di mantenersi fedelmente ligia la legge di registro italiana del 21 aprile 1862, e le leggi posteriori crederono di ribadirli e pi net tamente formularli coll'aggiungere, dopo le parole vi zio radicale, la proposizione indipendentemente dalla volont e dal consenso delle parti, la quale sta ap punto ad esprimere il concetto mutuato dalla legislazio ne e dalla giurisprudenza francese, che cio nessuna re stituzione di tassa pu essere accordata quando la nullit di tale natura che dipenda dalla volont delle parti il provocare l'annullamento dell'atto, e quando la nullit tale da dover essere dichiarata dal giudice, producendosi dall'atto tutti gli effetti di un atto pienamente valido ed efficace fin quando non ne sia pronunziato l'annullamento. E dopo cos avere l'una fatto cenno ai precedenti storici della disposizione e l'altra sottopostala ad esame critico, le due sentenze della Cassazione di Roma sono concordi nel dire che non si fa luogo a restituzione di tassa per la intervenuta declaratoria di nullit dell'aMo, ogniqualvolta si tratti di nullit che possa essere sanata con la ratifica o conferma, quindi nullit relativa e non assoluta. E che la re stituzione della imposta possa solo avere luogo nei casi di nullit assoluta lo dicono anche le altre sen tenze della Cassazione di Roma 6 luglio 1901 (Fo ro It. 1901, I, 1457), 24 febbraio 1908 (ivi, 1908, I, 349), 12 febbraio 1912 (ivi, 1912, I, 269), 19 apri le 1912 (ivi, 1912, I, 938). Di fronte alla ricorrente nullit relativa, con la conseguente possibilit della sicura valutazione e decisione della controversia, potrebbe anche aversi il dubbio che non abbia formato specifico oggetto d'esame la questione sul se, itel caso di nullit ass()lU;ta, il ricorrere della volont e del consenso delle parti, che eliminerebbero la possibilit che si ottenga restitu zione della imposta, vada valutato con riferimento al vizio o alla sola nullit dell'atto. Ma che la volont e il consenso delle parti debbano avere riferimento al vizio dell'atto, e non all.a nullit, lo dicono invece espressamente numerose altre deci sioni giurisprudenziali. E vale qui in merito citare ... la sentenza della Cassazione 25 gebbraio 1931 (in . Giur. It. , 1931, I, 1, 448) ove si afferma che, a norma del citato art. 14 n. 2, la restituzione della imposta di registro, nel caso di atti dichiarati nulli, consentita quando si tratti di vizio radicale, che induca la nullit dell'atto fin dalla sua origine, indipendentemente dalla volont e dal consenso delle parti; ma che peraltro -e ci in relazione alla lo~ cazione di un edificio con l'intesa di destinarlo come sede di giuochi d'azzardo -questa condizione non sussiste quando le parti stesse abbiano voluto concordemente creare il vizio produttivo della nullit. E con la sentenza 22 giugno 1935 (rep. Foro It. 1935, voce Registro, n. 43-44) la Cassazione ribadisce che la disposizione dell'art. 14, n. 2 per cui la tassa deve essere restituita quando l'autorit giudiziaria abbia dichiarato la nullit radicale della obbligazione allorch tale nullit sia indipendente dalla volont delle parti, va intesa nel senso che la nullit non debba essere imputabile ai contraenti, e che tale non la nullit di un con tratto fondata su causa illecita . La Corte di .Appello di Brescia, con la sentenza 27 marzo 1935 (in Foro It. , 1935, I, 1257), in aderenza all'insegnamento della Cassazione, decide che a norma dell'art. 14'lil.. 2 della legge di registro la restituzione della tassa, nel caso di atti dichiarati nulli, consentita solo quando la causa del vizio inducente la nullit non sia conosciuta e voluta dai contraenti . Perch non resti frustrato lo scopo della legge, d'uopo che la disposizione che accorda il diritto alla restituzione sia mantenuto ne conetti che la lettera e lo spirito di essa chiaramente designano: e poco monta che l'annullamento del contratto esuli dalla previsione delle parti, essendo ragionevole supporre che, tranne il caso di simulazione, l'intendimento dei contraenti si orienti verso la validit e non verso la inefficacia del mezzo giuridico posto in essere , in quanto pi esatto invece il ritenere che, a determinare l'applicabilit dell'eccezionale disposizione di favore relativa alla restituzione, occorra che la causa del vizio non sia conosciuta e voluta dai contraenti, perch la imputabilit del vizio funziona, nella specie, da criterio limite al diritto di ripetizione . E la detta decisione trova poi, a sua volta, piena conferma nella sentenza della Cassazione 1 maggio 1936 (in cc Foro It. , 1936, I, 771), che fa rgetto del ricorso avverso la stessa proposto, e ove ancora una volta si ribadisce che la restituzione della tassa, nel caso di atti dichiarti giudizialmente nulli, consentita solo quando la causa del vizio inducente -11() - la nullit non sia conosciuta e voluta dai contraenti sia che la nullit dipenda da illiceit della causa ovvero, come nella specie, da difetto di forma (mandato verbale ad acquistare immobili)'' E qui si rileva che la disposizione dell'art. 14 n. 2 ha gi formato oggetto d'esame da parte del Supremo Collegio, e che si ritenuto: 1) che le nullit le quali, dichiarate giudizialmente, danno diritto alla restituzione delle tasse percette sugli atti, sono soltanto quelle cosiff,dette radicali o assolute, ossia quelle che derivano da difetto di uno degli elementi intrinseci o requisiti essenziali richiesti , per la esistenza giuridica degli atti, e che si producono fin dall'origine senza bisogno di una manifestazione di volont, di una domanda di annullamento degli interessati; 2) che non tutte le nullit radicali o assolute sono state contemplate dal legislatore, il quale invece ha escluso i casi in cui i contraenti hanno voluto l'atto con il vizio che lo inficia e che, pertanto, non pu dirsi indipendente dalla loro volont e dal loro consenso. N vi alcun serio motivo per mutare tale indirizzo giurisprudenzi"ale, giacch a favare di coesta interpretazione stanno e la lettera e lo spirito della legge. Si vorrebbe da al01.mi invero argomentare dalla collocazione della espressione indipendentemente dalla volont e dal consenso delle parti)) per dedurre che l'indipendenza della volizione dei contraenti riferita non alla esistenza del vizio, ossia alla causa della nullit, ma al prodursi della nullit, allo effetto cio della nullit, il quale deve verificarsi ipso jure immediatamente e senza uopo di un particolare com- portamento dell'interessato. L'argomento per non ha pregio, poich richiedendosi che debba trattarsi, per l'applicazione del suddetto articolo, di vizio radicale che induca la nullit dell'atto fin dalla sua origine))' non era davvero necessario che il legislatore aggiungesse la nota espressione per significare che la nullit debba prodursi all'infuori della volont e del consenso delle parti. Basta all'uopo considerare che le nullit, le quali per un vizio radicale inficiano l'atto fin dall'origine, sono appunto le nullit cosiddette assolute, che si proaucono immediatamente ed ipso jure senza che dal consenso e dalla volont delle parti possa dipendere la ratifica o meno dell'atto viziato; cosicch non occorreva che il legislatore con quell'inciso in esame esprimesse un concetto che era gi reso chiaramente noto dalle altre parole usate. E con la lettera armonizza lo spirito della legge: poich . manifesto che il legislatore ha inteso favorire quei contraenti i quali sono meritevoli di particolare riguardo in quanto non hanno voluto il vizio produttivo della nullit radicale. noto, infatti, che la disposizione dell'articolo 14 n. 2 costituisce una eccezione di carattere equitativo alla norma generale, per la quale la tassa, rappresentando il corrispettivo del servizio che lo Stato rende ai privati con la registrazione, dovuta e non ripetibile per tutti gli atti anche e comunque nulli. Ora, di intuitiva evidenza che il legislatore, nel temperare il rigore del principio della irrepetibilit, abbia tenuto presente i casi meritevoli di speciale considerazione, ossia i casi in cui le parti non abbiano voluto l'atto nullo, e non anohe quelli in citi la nullit sia stata voluta dai contraenti, qual-i con l'atto, sia pure viziato, hanno per sempre inteso conseguire uno scopo pratico. Ed invano si fa distinzione tra nullit derivanti da causa illecita e nullit derivanti da vizio di forma, perch tanto la causa illecita quanto la forma di richesta ad substantiam costititiscono elementi essenziali del negozio giuridico, la cui mancanza induce sempre la nullit originaria e radicale del negozio stesso. Al sicuro indirizzo della Cassazione si adeguano poi le corti di merito. La Corte di Appello di Catania (2 giugno 1945, Soc. Grandi Alberghi Siciliani c. Finanze, inedita) si occupata della questione se un contratto nullo per inidoneit dell'oggetto potesse o meno dare luogo a restituzione della imposta; e pur rico'(l,oscendone la nullit assoluta e radicale, ha rilevato che le parti avevano espressamente voluto il contratto nullo, nella forma in cui era stato stipulato si che la nullit non poteva dirsi indipendent dalla volont delle parti, e ha quindi negato il chiesto rimborso. La stessa Corte (30 maggio 1945, Firenze c. Strano e Mazza Tedeschi, inedita) ha avuto ad occuparsi di analoga questione in ordine ad un atto di transazione stipulato da un erede beneficiario senza l'omologazione del Tribunale. E pur essendosi deciso che sussistesse nella specie una nullit assoluta, stata esclusa la possibilit del rimborso della tassa, giacch le parti stesse avevano voluto il vizio che inficiava l'atto, omettendo deliberatamente di sottoporre la transazione all'approvazione del Tribunale. E la partecipazione della volont delle parti alla causa di nullit stato pii re il motivo fonda mentale che ha indotto a negare il rimborso, in un caso in cui un falsus procurator aveva venduto ad altri, consapevoli della mancanza di procura, un immobile di propriet di un terzo (C. A. Vnezia, 26 marzo 1946, Ostan e altri c. Finanze, inedita). Vi sono casi in cui la volont e il consenso delle parti si riferiscono tanto al vizio che inficia l'atto, quanto come effetto mediato alla nullit che .ne deriva. E in tali casi non pu esservi dubbio che non competa per l'art. 14 n. 2 restituzione di tassa, una volta cltte vizio dell'atto e nullit dello stesso sono dipendenti dalla volont e dal consenso delle parti. N ormalmente, ad impedire la restituzione della tassa pagata, sufficiente stabilire che l'annullamento dell'atto non indipendente dalla volont e dal consenso delle parti, senza bisogno di ricercare che non sia anche indipendente il vizio che vi d luogo. Ma, ove la declaratoria di nullit non dipenda dalla volont e dal consenso delle parti, perch possa ottenersi il rimborso della imposta pagata necessario che da quel consenso e da quella volont sia anche indipendente il izio che alla declaratoria di nullit ha dato luogo. Il criterio pi sicuro per distinguere la nullit radicale e assoluta che valga a legittimare il rimborso della imposta sta nello stabilire se sussista possibilit di conferma o ratifica da parte dei contraenti. Il che vale quanto dire che la indipendenza dalla volont delle parti, per configurare la nullit legittimante il rimborso, deve essere totale: nel senso -he n la volont delle parti deve aver dato luogo alla nullit, n la volont delle parti deve poterla sanare. In tal senso si pronunziata sostanzialmente la Corte -111 di Appello di Milano (6 novembre 1953, Finanze c. Soc. La Ferraglia e American Export Import, inedita), che esclude la restituzione dell'imposta in un caso di nullit per violazione di norme imperative, osservando che l dove le parti abbiano voluto concordemente creare il vizio produttivo della nullit o, con pi precisa enunciazione, l dove la esistenza del vizio risulti imputabile ai contraenti, da dire che questi ultimi, ponendo in essere b.n atto sia pure viziato, hanno inteso conseguire uno scopo pratico; ed in questo caso la restituzione di quanto percetto per la registrazione dell'atto non adeguerebbe le conseguenze alla norma, e quindi ai principi (artt. 11 e 12) che regolano la materia>>. In relazione all'indirizzo giurisprudenziale ora esa minato allora necessario riconoscere che la deci sione discorde del Tribunale di Napoli segna una opinione assolutamente isolata ed evidentemente errata Si detto (BERLIRI: Le leggi del registro, op. cit., pag. 317) non esatto il ragionamento della Cassazione, l ove da essa si osserva che, se richiesto ai fini della restituzione della imposta il ricorrere di un vizio radicale che induca la nullit dell'atto fin dalla sua origine, e cio di uno de quei vizi che producono la nullit immediatamente ed ispo iure senza che possa comunque dipenderne la ratifica dal consenso e dalla volont delle parti, deve anche dirsi non ammissibile che l'inciso in esame dell'art. 14 n. 2 abbia riferimento alla nullit e non al vizio, in quanto vi sarebbero dei casisia pure eccezionalissimi, nei quali una nullit pu essere sanata: esempio classico quello delle donazioni e dei testamenti che possono venir ratificati dall'erede che vi abbia dato esecuzione (artt. 590 e 799 O.c.)n. Ma il testamento non rientra nella categoria giuridica del contratto, e la donazione pur essendo un contratto non rientra nella sfera di applicazione della legge del registro, in quanto sottoposta invece con le successioni ad un proprio ed unico regime fiscale Ed quindi un fuor d'opera ii voler ricorrere ai detti due casi, dichiarati eccezionalissimi, e che comunque non rientrano nella giuridica orbita d'infiuenza della norma in esame, per credersi autorizzati a poter comunque attribuire un significato ed una ragione giustificativa a quella richiesta indipendenza dalla dalla volont e dal consenso delle parti n ove la si voglia dire, per una mera ragione di sintassi, riferita alla nullit e non al vizio. N vale il dire (BERLIRI, op. loc. cit.) che ((non ben chiaro perch chi pone in essere un atto nullo, sapendo che nullo, sia meno meritevole di chi lo pone ignorando tale nullit, quasi che l'ignoranza potesse essere un merito o il compiere un atto nullo un demerito, e che ad ogni modo, anchead ammettere tale originale concezione, per poter accordare il rimborso nell'un caso e negarlo nell'altro, bisognerebbe considerare l'imposta come una pena, tesi evidentemente difficile a sostenersi , perch, come anche bene stato precisato, con la regolare applicazione e percezione della tassa sopra un atto, ogni rapporto tra la Finanza e il contribuente si esaurisce n co munque pu rivivere a seguito ed a causa delle sorti ulteriori di quell'atto. E se il legislatore, in casi eccezionali, ammette a favore del contribuente la restituzione della imposta pagata, solo per una ragione di equit, che verr usata e riconosciuta -c sembra a noi ovvio -solo a favore d'i chi lo meriti: e non sono e non possono essere anche in situazione di meritare detto provvedimento equitativo quei che abbiano coscientemente e volontariarnente dato luogo al vizio che poi genera la nullit del contratto. Non allora l'imposta che va considerata come una pena, ma l'atteggiamento dei contribuenti che pu non essere tale da meritare loro l'agevolazione equitativa di ottenere in quei .casi la restituzione dell'imposta. GIUSEPPE AZZARITI IMPOSTE E TASSE-Sanzioni civili-Estensione della responsabilit. (Tribunale di Genova, Sez. I, Sent. 23 dicembre 1958 -25 marzo 1959; Pres.: Sgro; Est.: Scala -Pimpinelli c. Finanze). Le sanzioni civili della sopratassa e della pena pecuniaria, anche se inflitte ad una societ, postulano pur sempre una persona fisica respoi;i.sabile della trasgressione. Per conseguenza il rappresentante della Societ non pu considerarsi prima facie estraneo all'obbligo di pagare la sopratassa, dovuta per violazioni alla legge sull'I.G.E., verificatesi durante il periodo in cui egli aveva la rappresentanza dell'ente. IN TEMA DI SANZIONI CIVILI TRIBUTARIE A CARICO DELLE SOCIET. Trascriviamo, nella parte essenziale, la motivazione della sentenza: ((Dal rapporto tributario non scaturiscono soltanto l'obbligo di pagare e il corrispondente diritto di esigere il tributo, quando si verifichino i presupposti di fatto stabiliti dal''ordinamento giuridico, ma una serie di altri obblighi e diritti, di vario contenuto e di varia natura. Cos, allo scopo di rendere possibile e pi agevoli l'acertamento e la riscossione del tributo, e di evitare le frodi, il legislatore impone, non solo al contribuente, ma anche ad altre persone, speciali doveri di cooperazione con l'Ufficio Finanziario, la cui trasgressione determina l'applicazione di apposite sanzioni, penali e amministrative, previste dalla legge. In particolare, quando il soggetto d'imposta sia un ente collettivo, la persona fisica che ne ha la legale rappresentanza (amministratore e liquidatore) personalmente responsabile del preciso e tempestivo adempimento degli obblighi tributari stabiliti per il soggetto stesso e incorre perci in caso di trasgressione, nelle relative sanzioni, sia penali sia amministrative. Vero , per quanto riguarda le sanzioni amministrative (sopratasse, pene pecuniare) che le stesse hanno carattere di obbligazioni civili e non di reato ma esse possono sfuggire al principio penalistico della responsabilit personale, in quanto hanno una finalit fondamentale regressiva, e .soggetto passivo della repressione non pu essere che l'autore della violazione. -112 I principi di diritto suesposti si desumono dalle norme di legge che disciplinano, sia dal punto di vista sostanziale che da quello processuale, l'applicazione delle sanzioni fiscali. Sotto il primo aspetto, fondamentale la norma contenuta nell'art. 12 della legge. 7 gennaio 1929 n. 4 per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie, che sancisce la responsabilit indiretta degli enti fornit di personalit giuridica (eccettuati lo Stato, le provincie, i Comuni e gli altri enti pubblici) per le violazioni commesse dai loro rappresentanti e dipendenti, per le quali sia stabilita una sanzione civile pecuniaria. In tali casi, a tenore della disposizione in esame, l'ente collettivo obbligato, in solido con l'autore della violazione, al pagamento della pena pecuniaria o della sopratassa, il che significa che il debito verso la. finanza viene contratto personalmente dall'autore della violazione, e cio dal rappresentante o dal dipendente dell'ente, cui sia imputabile la trasgressione, e che alla responsabilit dell'ente si perviene solo attraverso un procedimento di estensione dell'obbligazione. Sotto il secondo aspetto, va richiamato l'art. 32 del R.D. 17 settembre 1931, n. 1608 sulle dichiarazioni dei redditi e sulle sanzioni in materia di imposte dirette, il quale, ai capoversi secondo e terzo recita testualmente: << Agli effetti della disposizione dell'art. 12 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 (cio quella pi sopra esaminata), l'avviso relativo alla sopratassa o alla pena pecuniaria notificato sia al contribuente, sia all'autore della violazione. Contro 'applicazione delle sopratasse e delle pene pecuniarie il contribuente e, nel caso preveduto nel precedente capoverso, anche l'autore della violazione, possono ricorrere alle commissioni amministrative nei termini e nei modi stabiliti per i reclami in materia di imposta di ricchezza mobile. In ogni caso l'accertamento unico, e quando divenuto definitivo, fa stato contro tutti coloro ai quali fu notificato l'applicazione delle sanzioni. Nonostante, dunque, le soprattasse si applichino con le medesime norme stabilite per l'accertamento e la riscossione delle varie imposte a cui, rispettivamente, si riferiscono, esse postulano la presenza di una persona fisica direttamente responsabile della violazione di legge da cui scaturiscono; tale persona fisica coincide, ovviamente, con quella del debitore d'imposta quando anche questi sia una persona fisica, ma ne rimane nettamente distinta quando debitore d'imposta sia un ente collettivo, appunto perch diversa la fonte dell'una e dell'altra obbligazione tributaria. Le osservazioni de.l Tribunale di Genova portano un interessante contributo alla soluzione di quel rompicapo, che il coordinamento dell'art. 12 legge 17 gennaio 1929, n. 4 con i precedenti articoli 9 e 10. noto che una parte della dottrina (cfr. CARBONE e ToMAsICcmo: Le sanzioni fiscali p. 49) propende a ritenere che dell'illecito fiscale commesso dalla persona preposta ad U';i ente di fatto o di diritto rispondano direttamente questi, e non gi quella persona che ha agito come loro organo. La sentenza annotata si pone da un opposto angolo di visuale, e investe la proposizione: responsabile diretto della violazione , in primo luogo, la persona fisica (cio colui che ha rappresentanza di un ente o dipendente di un ente); responsabile in via solidale, l'ente. Pu essere di qualche interesse rilevare che dallo stesso punto di vista si era posto anche il Tribunale di Firenze (sent. 6 agosto 1958, Capaccioli est. in << Giur. it. , 1959, I, 2, 7709) cos decidendo: << individuabile un significato dell'art. 12, che non contrasta con l'art. 3, e che permette allo stesso art. 12, di operare in pieno: con le parole << nei casi preveduti nella prima parte degli artt. 9 e 10 , questa norma ha inteso riferirsi alle fattispecie dell'autore materiale soggetto all'altrui autorit, direzione o vigilanza (art. 9) ovvero legale rappresentante di persona giuridica, debitrice dell'imposta (art. 10). Ed , quella ora delineata, un'interpretazione semplice ed immediata dell'art. 12, perch suggerita dalla stessa lettera. Nella norma si legge: Nei casi preveduti nella prima parte dell'art. 9 e 10 ; e gli artt. 9 e 10, non descrivono casi di reati contravvenzionali, ma, genericamente riferendosi a tutto il settore delle contravvenzioni, descrivono, rispettivamente, le due accennate fattispecie, in cui le figure dell'autore materiale delle violazioni e del debitore dell'imposta, anzich concentrate nella stessa persona, sono separate, e l'autore materiale soggetto all'altrui autorit, direzione o vigilanza oppure il legale rappresentante di una persona giuridica, debitrice del tributo. Questi sono i casi degli artt. 9 e 10; e ad essi, palesemente, si riferisce l'art. 12 ii. L'esame, per, delle varie leggi tributarie in materia di sanzioni, dimostra che soggetto imputabile dell'illecito fiscale non sempre e solo -come ritiene il Tribunale di Genova -una persona fisica: molto spesso direttamente la persona giuridica. Si pu anzi, notare che per quest'ultima l'imputazione della violazione presuppone, in genere, un obbligo diretto tributario, a differenza di quel che accade per la persona fisica, che pu anche rimanere estranea al tributo, pur rimanendo assoggettabile alla pena pecuniaria o alla sopratassa. Siffatta estraneit, che permette di scindere la persona del << contribuente ii dalla persona dell'autore della violazione ben chiara nell'art. 32 R. D. 17 settembre 1931, n. 1608: ed merito del Tribunale di Genova averla tenuta presente. Se un rappresentante di una societ viola una disposizione fiscale, sanzionata da una pena pecuniaria, egli risponde direttamente della pena, ma non diviene per ci solo obbligato anche al tributo, salvo che non esistano norme espresse, quale, ad esempio, l'art. 16 D. L. 27 maggio 1946, n. 436 in materia di profitti di guerra. Per contro, come si detto, un ente fornito di personalit giuridica pu essere imputabile, e assoggettabile direttamente a sanzione fiscale (si intende, di carattere civile) solo in quanto sia, in pari tempo, debitore di imposta. Il Tribunale di Genova, nella sentenza qui annotata, sembra esitare ad ammettere la possibilit di considerare imputabile una persona giuridica: ma questa esitazione certamente ingiustificata. Non mancano, infatti, casi in cui -questa imputabilit riconosciuta dalla stessa legge: e baster ricordare l'art. 64 T. U. 9 maggio 1950, n. 203, in materia di imposta patrimoniale progressiva, -113 nonch, l'art. 41 legge 5 gennaio 1956, n. 1, che prevede pene pecuniarie a carico diretto di 'istituti di . credito e di societ per finanziamento. Del resto, non si mai dubitato, in tema di imposte di registro, che una societ, parte contraente in un atto pubblico, sia direttamente passibile di pena pecuniaria in casi di occiiltamento di valore, giusta l'art. 105 della legge del registro. Gi posto, sorge il problema deWeventuale estensione della responsabilit ad altre persone, q11ando la violazione sia imputabile direttamente. alla socfot. La dottrina esclude una tale estensione (Dus: Teoria generale dell'illecito fiscale, pag. 263; SALERNI: Le imposte straordinarie sul patrimonio, p. 588), salvo norme particolari, tutt'altro che infrequenti: e ricordiamo qui il recente esempio dell'art. 12, legge 5 gennaio 1956, n. 1, che estende l'obbligo della sopratassa per incompleta dichiarazione a coloro che l'hanno sottoscritta come rappresentanti legali di societ tassabili in base al bilancio. La questione certamente delicata, ma la sentenza annotata suggeristJe alcune osservazioni, degni di nota. 'Quando il Tribunale di Genova rileva che le norme sulle sanzioni fiscali postulano la presenza di una persona fisica)), centra il nucleo del problema. Appunto per il postulato cui accenna il Tribilinale, se non soccorressero norme espresse, e cio gli articoli 10 e 12 della legge del 1929, sarebbe assai difficile estendere la responsabilit del trasgressore all'ente. Ma il procedimento inverso (estensione della. responsabilit dall'ente alla persona fisica), sarebbe, in ogni caso, assai meno ostico, giacch evidente che l'attivit dell'ente si esplica sempre mediante la persona fisica. Dovrebbe, in altri termini, ammettersi che il sistema della legge del 1929 funzioni nell'una e nella altra direzione, estendendone la sanzione non solo dall'autore della violazione, persona fisica, all'ente, persona giuridica (art. 10 e 12); -ma anche dalla societ, debitrice di imposta e passibile di sanzione, alla persona fisica che ne ha la direzione (artt. 9 e 12). Giova precisare,, infine che tale estensione non si rifiette necessariamente sul tenore formale dell' ordinanza, perch manca rispetto agii illeciti amministrativi, una norma corrispondente all'art. 36 della legge del 1929 e all'art. 490 G.p.p. ovvio, tuttavia, che l'indicazione espressa dei vari trasgressori sia indispensabile nei casi di violazioni imputabili direttamente a pi persone: ipotesi, appunto, dell' articolo 11, nettamente diversa dalla estensione dello obbligo di pagamento prevista dagli artt. 9, 10 e 12. Una analoga estensione , del resto, legislativamente stabilita in alcune leggi speciali; ben noto il caso delle societ in liquidazione, che rispondono direttamente per eventuali violazioni, con la corresponsabilit dei liquidatori (art. 45 R.D. 17 settembre 1931, n. 1608). Al che pu aggiungersi che non sarebbe agevole comprendere perch mai un amministratore unico, rappresentante legale di una societ e incaricato della direzione e vigilanza su tutti gli affari sociali (ivi compresi gli adempimenti tributari) non debba rispondere in via solidale con la societ. N la lettera dell'art. 12, coordinato con l'articolo 9, esclude un'interpretazione diretta a far rientrare l'ente fra quelle persone soggette alla altrui di rezionel> di cui parla l'art. 9; persone che incorrono direttamente nella sanzione, ma con automatica estensione del relativo obbligo alla persona incaricata della direzione))' come ribadisce l'art. 12. Nella recente circolare 2 aprile 1959, n. 66162-16 ( Giust. Trib. ))' 1959, 468) Il Mfoistero ha credtito opportuno di stabilire che in questi casi il procedimento debba aver corso contro tutti coloro che siano tenuti in solido al pagamento della pena pecuniaria o della sopratassa, ivi comprese le persone e gli enti 'indicati nell'art. 12. Per i1erit, questa estensione del procedimento risponde pi a ragioni di opportunit che di necessit, posto che, come si osservato, la responsabilit prevista dall'art. 12 sorge ex lege dal rapporto che lega queste persone e questi enti all.'autore della violazione, indipendentemente dalla loro esplicita menzione nell'ordinanza. Alle persone ed agli enti suddetti debbono essere eseguite le notificazioni fatte al trasgressore, cosi disponendo l'art. 59 della legge 7 gennaio 1929, n. 4: ma ci non significa ancora che l'oirdinanza debba dichiarare la responsabilit di costoro diversamente nei confronti degli stessi mancherebbe il titolo per la riscossione della pena pecuniaria dovuta solidalmente con il trasgressore >> (cos SPINELLI: Norme generali per la repressione delle violazioni dlle leggi finanziarie, ed 1957, p. 210). Simile conclusione pare troppo rigorosa; e giustamente il Tribunale di Genova, nella sentenza annotata, ha dato scarsa importanza a questi aspetti formali, valutando l'obbligo del rappresentante unicamente in base al rapporto che lo legava alla societ. A. CHICCO OPERE PUBBLICHE -Capitolato di appalto -Carat tere essenziale dei termini di cui agli artt. 7, 13, 14 -Risoluzione automatica del contratto di appalto Esclusione. (Corte d'Appello -Sezione Civile Catania 24 febbraio 1959; Pres.: Bertino; Est.: Paci -Florida c. Amministrazione PP. TT.). Dal carattere di norme generali, non riguardanti la tutela di interessi particolari di privati, che riveste il capitolato generale di appalto, consegue che i limiti posti alla attivit della P. A. debbono considerarsi in funzione del fine pubblico perseguito; il che porta ad escludere che i termini fissati dagli artt. 7, 13 e 14 siano stabiliti nell'interesse esclusivo dell'appaltatore e tanto meno con carattere di assoluto rigore in favore di lui. L'attore sosteneva, nel merito, la tesi della risoluzione automatica del contratto di appalto per la mancata stipula del negozio entro i 2 mesi dall' aggiudicazione avvenuta per licitazione privata (art. 7,I co., cap. gen. appalto); ed inoltre che -avendo egli chiesto all'Amministrazione la restituzione della cauzione e l'esonero da essa, offrendo in cambio un ulteriore ribasso d'asta -la sua accettazione non conforme alla pro,posta equivaleva allo scioglimento del vincolo e ad una nuova proposta, non accettata dalla Amministrazione: la quale era di conseguenza tenuta a restituire la cauzione provvisoria e non avrebbe potuto legittimamente incamerarla, come viceversa 114 fece. La O orte ha p'ienamente accolto le difese d'i merito della Amm'inistrazione: a) il termine di cu'i all'articlo 7 cap. gen. non essenziale n perentorio nf concesso a favore del privato, bens in funzione dell'interesse pubblico (si veda anche Oass. 8 aprile 1946, n. 400). Ohe il suo inutile decorso non valga a determinare la liberazione automatica del privato dagli obblighi assunti con l'originario deliberamento, risulta altres dalla nozione stessa d'i tale termine, che presuppone un ritardo dello obbligato tale da togliere al cred'itore ogni interesse alla prestazione (arg. ex artt. 1457 e 1256 O.e.): il che non avviene nel caso di ritardo nella stip,ula del contratto di appalto il cui vincolo si gi perfezionato .con la redazione del verbale di aggiudicazione per licitazione privata (art. 16, IV co. R.D. 18 novembre 1923, n. 2440; Oass. Sez. Un. 10 luglio 1956, n. 2551, in Giust. Civ. 1956, I, 2051; Cass: 9 ottobre 1956, n. 3421; Oass. 21 febbraio 1958, n. 571, in Giust. Civ. , 1958, I, 406) -in quanto Vappaltatore pu sempre riparare ad ipotetici pregiudizi mediante proroga del termine di ultimazione o mediante la revisione prezzi, e conserva in ogni caso interesse alla esecuzione del contratto. Ci confermato dalla considerazione che, anche quando il ritardo sia imputabile all'appaltatore (art. 14, VIII cc.), la legge non fa di.scendere da ci l'automatica risoluzione del contratto, ma attribuisce all'Amministrazione il potere di convertire in perentorio il termine inizialmente non essenziale. Peraltro il carattere eventuale (art. 97 D.R. 23 maggid 1924, n. 827: qualora si debba ... ) della stipula del contratto -a fini meramente tecnici ed amministrativi, e nell'esclusivo interesse della Amministrazione (Cass. Sez. Un. 29 luglio 1941, n. 2402 Foro It. , 1942, I, 355, nella parte motiva) - ovviamente incompatibile con la natitra perentoria del termine di cui all'art. 7 (ehe f, norma imperfetta); mentre d'altro lato e per converso lo scioglimento. del vinolo sancito dall'art. 13 cap. gen. presitppone appunto che un contratto vi debba essere e vi sia stato, ovvero che nel capitolato d'oneri o nello schema di contratto sia previsto un termine per l'approva . zione (art. 114 R.D. 1924, n. 827); b) Va comunque considerato che in base al sistema della legge, tenuta altres presente la facolt dell'Amministrazione di procedere alla consegna dei lavori anche senza la stipulazione del contratto di appalto (art. 337, II co., legge sui LL. PP. 1895, all. F; art. 10, IV co., R.D. 25 maggio 1895, n. 350), l'Amministrazione medesima non pu essere ritenuta in ogni caso inadempiente se la consegna dei lavori avvenga entro nove mesi dalla aggiudicazione (infatti: 2 mesi per l'eventuale stipula del contratto: art. 7; pi 4 mesi per l'approvazione: art. 13; pi 3 mesi per la consegna: art. 14); e) La tesi dell'accettazione non conforme alla proposta che equivarrebbe ad una nuova proposta perfettibile col consenso dell'Amministrazione, di pretta natura civilistica, non pu evidentemente trovare ingresso in materia di pubblici appalti. Vi contrasta infatti -oltre al considerato principio della perfezione del vincol~ gi in base al . verbale d'asta pubblica o licitazione privata -il principio che la prestazione e l'eventuale esonero dalla cauzione attengono all'esecuzione, non alla perfezione del negozio (art. 54 R.D. 23 maggio 1924, n. 827); negozio che peraltro non potrebbe stipularsi per trattativa privata (ch tale sarebbe la presunta procedura della nuova proposta )) da accettarsi da parte della P. A) al di fuori dei casi previsti dalle leggi sulla contabilit dello Stato. P. I>E r~ucA 'REQUISIZIONI -Indennizzi per danni e requ1s1z1oni operate dalle forze armate alleate -Liquidazione a saldo -Accettazione del pagamento mediante quietanza -Impugnativa del criterio di liquidazione con azione giudiziaria -Inammissibilit. (Tdbunale di Napoli, Sent. n. 10919/57; Pres.: Cesaro; Est.: Mastrocinque -Rocca e Famiano c. Ministero Tesoro). La quietanza, rilasciata da creditori di somme dovute dallo Stato, non pu ritenersi, di per s stessa, acquiescenza al provvedimento ammini strativo che ha disposto il pagamento a saldo (1). L'accettazione del pagamento di somme, liqui date a saldo, determina, ope juris, secondo la le gislazione sulla contabilit dello Stato, la estin zione dell'obbligazione dello Stato, e, di conse guenza, il creditore non pu pi impugnare l'atto amministrativo di liquidazione (2). IN TEMA DI PAGAMENTI DELLO STATO Abbiamo riportato entrambe le massime -anche se, come dalle su.ccessive osservazioni si potr rilevare, la seconda assorbe e risolve la questione decisa sfa vorevolmente dalla prima -allo scopo di chiaril'e e precisare l'orientamento giurisprudenziale che di recente si venuto a formare circa gli effetti che l' accet tazione del pagamento di somme, posta in essere dai creditori dello Stato mediante la riscossione ed il rilascio di quietanza, produce sulla estinzione aella obbligazione (la specie decisa riguarda gli effetti che vengono prodotti d,alla riscossione di somme corri sposte a titolo di indennizzo per danni e requisizioni operate dalle forze armate alleate.: legge 9 gennaio 1951, n. 10). La prima massima ha esattamente applicato il principio secondo il quale il rilascio di quietanze da parte di creditori delfo Stato non importa, in ogni caso, acquiescenza al provvedimento amministrativo di liquidazione. Nella specie decisa, infatti i creditori, prima di riscuotete la somma e di rilasciare la relativa quietanza, avevano notificato l'atto di citazione col quale dichiaravano esplicitamente la volont di non accettare la liquidazione perch eseguita con erronei criteri. La sentenza che si annota hti, come si detto, aderito alla giurisprudenza ordinaria ed amministrativa, la quale decisamente orientata nel senso di escludere che lli riscossione di somme . ponga in essere l'acquiescenza al provvedimento di Uquidazione. L'acquiescenza tacita che viene qui in esame, secondo detta giurisprudenza (Oass.. 31 maggio 1952, n. 1584, <, col. 418; n. 1734; Oass. 7 aprile 1954, n. 1086, Foro-It. Mass. , col. 222; Oass. 10 luglio 1954, n. 2433 Foro It. Mass., col. 488; Oass. 9 luglio 1957, n. 2735 Mass. Foro It. ))' col 541; e la giurispru ----115 denza successivamente (}itata), si rileva da cc atti incompatibili con la volont di avvalersi delle impugnazioni ammesse dalla legge n (art. 329 O.p.c.), ed essa nn pu desumersi dalla riscossione di somme, perch tale fatto non rivela in modo certo e non equivoco la intenzione di rinunciare all'impugnativa ovvero di accettare il provvedimento, a seconda che si concepisca l'acquiescenza come negozio processuale (qual' la rinuncia) ovvero come negozio di diritto sostanziale (qual' l'accettazione) (in tal senso la giurisprudenza ha fatto riferimento alla teoria subiettiva che, nel delimitare gli atti che precludono la impugnazione, d decisivo rilievo alla volont di colui contro il quale la preclusione opera: cfr. Mr:J'.WLI: Tendenza della giurisprudenza italiana in tema di acquiescenza propria tacita cc Giur. It. n, 9155, IV, 123). Oodesto orientamento giurisprudenziale -specie ove si consideri quello amministrativo -pu condividersi, ma con opportune riserve. Anzitutto sembra pi esatto ricondurre l'acquiescenza, sia espressa, sia tacita, sotto il concetto di accettazione, piuttosto che sotto l'altro di rinuncia. Invero chi presta acquiescenza ad un provvedimento o ad una decisione, riconosce che essi sono legittimi, e li accetta integralmente. Se tuttavia da questa accettazione discende una rinuncia all'impugnativa, ci non deriva dal fatto che a questa. si sia rinitnciato con la intenzione di sacrificare sia pure in parte le proprie ragioni, bens deriva dal fatto che quella accettazione implica coscienza di non aver ragioni da far valere e, quindi, pone in essere una incompatibilit con la proposizione dell'impugnativa (in tal senso Oon~ siglio di Stato 14 maggio 1943, n. 236, cc Foro amm. ll, 1943, I, 2, 150). L'acquiescenza, cos intesa, si applicata con maggiore frequenza in tema di riscossione di indennit di licenziamento; e la relativa giurisprudenza esatta, sia laddove ha ritenuto che la riscossione non significa accettazione del licenziamento, ne preclude la possibilit di far valere eventuali illegittimit dell'atto stesso1 la riscossione attennendo solo all'aspetto economico del rapporto di impiego (Consiglio di Stato, 21 maggio 1940, n. 297, cc Foro A.mm. n, 1940, I, 1, 251), sia laddove, sorgendo controversia limitatamente all'ammontare dell'indennit corrisposta, ha ritenuto che la riscossione non pu assumere, da sola, un significato concludente ed univoco di adesione alla liquidazione, ma va sempre esa,minato alla luce di altri elementi (in tal senso dee. cit. n. 236) e, se seguita da quietanza, questa va interpretata nei limiti indicati dall'art. 2113 O.e. (Consiglio di Stato 8 novembre 1944, n. 23. cc Foro amm. ii, 1945, I, 2, 35). La seconda massima, anche se preceduta da altra sentenza (Tribunale Ancona 7 dicembre 1957, n. 670, confermata in appello, Giovagnoni contro Tesoro) ha particolare importanza: essa rappresenta un passo decisivo verso la pi esatta interpretazione delle norme contenute nella legge di contabilit generale dello Stato in tema di estinzione dell'obbligazione dello Stato a seguito dell'accettazione del pagamento di somme liquidate a saldo (e cos supera la motivazione della sentenza emessa dallo stesso Tribimale di Napoli, 11 dicembre 2958, n. 7685, Marrone c. Tesoro). Ha precisato il Tribunale: cc L'eccezione della difesa erariale appare fondata per quanto attiene alla dedotta estinzione della obbligazione a carico dello Stato. Benvero l.ndipendentemente dalla quietanza la quale sta ad attestare l'avvenuto pagamento da parte del Ministero del Tesoro dell'indennizzo liquidato in via amministrativa, la estinzione della obbligazione opera per effetto a.ell'acettazione del pagamento in virt delle norme della legge sulla contabilit generale dello Stato, Deve precisarsi che il -pagamento delle spese dello Stat sia a mezzo di assegni a favore dei creditori da parte degli uffici amministrativi centrali sull'istituto incaricato del servizio di tesoreria (art. 55 delle legge sulla contabilit generale dello Stato) che da parte dei funzionari delegati (art. 58) che mediante ordinativi diretti sulle tesorerie dello Stato (art. 68) regolato dall'art. 55 della predetta legge, modificato con lo art. 1 del R.D.L. 10 maggio 1925, n. 597, il quale detta che la consegna dell'assegno al creditore ha luogo contro il rilascio di ricevuta ed estingue il debito per cui l'assegno viene emesso. in armonia con tali disposizioni l'art. 316 del reg., nel disporre che nessun assegno pu essere consegnato all'intestatario dagli uffici amministrativi centrali e da quelli locali, se non previo ritiro di apposita dichiarazione di ricevuta, stabilisce che la dichiarazione di ricevuta cos firmata estingue il debito dell'amministrazione. L'art. 426 dispone per altro che non si possono accettare quietanze sotto riserve o condizioni. Esattamente, dunque, la difesa erariale rileva che il titolo di spesa, come qualsiasi atto amministrativo esecutorio, produce gli effetti suoi propri in relazione alla volont dell'Amministrazione che la sola decisiva alla formazione dell'atto per cui la volont del privato assume rilievo solo in senso negativo (rifiutando la riscossione). Se tale riscossione si verifica, dunque, essa comporta di diritto la estinzione della obbligazione dello Stato. In base agli esposti principi considerandosi che H pagamento a favore degli attori stato disposto ed eseguito a saldo di ogni diritto per quanto si riferisce ai danni subiti per la requisizione alleata, la domanda attrice deve essere rigettat::i, ll. Oome rilevasi dalla riportata motivazione, il tribunale ha implicitamente classificato l'atto di adempimento (o pagamento), da parte dello Stato di consegnare somme di danaro, tra i modi satisfattorii, rivolti a estinguere l'obbligazione, ma ne ha posto in rilievo due aspetti che lo differenziano dall'adempimento delle corrispondenti obbligazioni di diritto privato: l'uno aspetto attiene alla natura dell'atto, che 1milaterale; altro attiene al contenuto dell'atto stesso, che determinato in modo esclusivo dagli organi statali; ed entrambi hanno decisiva rilevanza in ordine agli effetti prodotti, i quali consistono nell'estinguere ope legis l'obbligazione. Dal primo aspetto occorre rileva,re che in diritto privato si discute se l'adempimento (o. pagamento) sia un contratto (cio un negozio giuridico bilaterale) ovvero un atto unilaterale: la prima tesi assegna l'adempimento al tipo dei contratti sol1,tori cui accenna l'art. 1321; la seconda coritrasta tale natura ireci--sando che vi manca la caratteristica della dichiarazione di volont e del consenso e che il pagamento pu avvenire, con efficacia liberatoria per il solvens, -116 anche contro la volont del creditore (MESSINEO: Manuale di dir. civ. e comm., II, 429). In diritto pubblico invece nessun dubbio pu sorgere sulla natura dell'atto di pagamento, il quale non pu essere che un atto unilaterale, cos come regolato dalla legislazione sulla contabilit dello Stato: i pa.gamenti dei debiti dello Stato avvengono attraverso una manifestazione di volont ch,e viene emessa solo dallo Stato, attraverso una dichiarazione unilaterale di volont, la quale si forma, si perfeziona, si manifesta a seguito di un particolare procedimento e con particolari controlli qualsiasi sia la fonte, il titolo dell'obbligazione (Cass. sent. n. 1601 del 1952, Rass. Avv. Stato n, 1952, 143): il procedimento ha inizio con l'impegno di spesa e, attraverso la liquidazione, giunge fino alla ordinazione, e cio al titolo di spesa, con cui gli organi dell'Amministrazione debitrice determinano in cifra certa e liquida la prestazione che lo Stato deve adempiere e ordinano al competente. ufficio di effettuarne il pagamento. Il titolo di spesa l'atto conclusivo del procedimento amministrativo contabile: contiene l'ordine di eseguire il pagamento. Ed ora veniamo all'altro aspetto, che integra il precedente; al contenuto cio. Come rilevasi dalle esposte considerazioni, il contenuto determinato in modo esclusivo dagli organi dell'amministrazione attraverso la liquidazione della spesa, che attiene appunto alla fase del pagamento. Tale liquidazione va tenuta distinta dall'atto di liquidazione dell'indennizzo (sulla distinzione v. in particolare SANDULLI: La posizione dei creditori pecuniari dello Stato, Riv. Dir. Pubbl. n, 1952, 543 e la critica del TERRANOVA nella Rass. Avv. Stato n, 1953, 21), il quale atto viene pure formato da organi dell'Amministrazione secondo le particolari norme ed i pa.rticolari criteri previsti dalla legge 9 gennaio 1951, n. 10, essendo esso riservato alla competenza esclusiva di tali organi (salvo, s'intende, l'azione giudiziaria che il creditore voglia .successivamente promuovere). Tuttavia, pur essendo distinte e autonome la liquidazione della spesa e la liquidazione dell'indennizzo, gli effetti che da esse derivano non sorio diversi; anzi quelli prodotti dalla seconda vengono assorbiti dalla prima (che successiva rfel tempo), giacch la fase del pagamento, nella quale rientra la liquidazione della spesa, non altro che l'attuazione del credito per l'indennizzo liquidato: rappresenta la condizione su cui si svolge e si esaurisce il rapporto obbligatorio, costituendo appunto la prestazione dedotta in obbligazione . E se, come si detto, l'atto di pagamento, come qualsiasi ordine o atto amministrativo esecutorio, non pu essere determinato, nel suo contenuto e nei suoi limiti, che dai soli organi amministrativi competenti, anche gli effetti che esso produce non possono essere se non quelli che l'amministrazione ha inteso disporre in conformit alla legislazione sulla contabilit dello Stato. Il pagamento produce gli effetti che sono estrinsecazione dell'ordine disposto dall'amministrazione; e consistono: nell'estinguere l'obbligazione dello Stato; nessuna rilevanza potendo spiegare la volont del privato, la quale pu manifestarsi o in senso positivo (con la quietanza) o in senso negativo (rifiutando la riscossione), ma non con formule intermedie, appunto perch a privato pu solo risciwtere o non ri8C'uoterc: tertium non datur; la legge che lo vieta: l'art. 426 R.D. 23 marzo 1924, n. 826 non si possono accettare quietanze sotto riserve o condizioni >>. Se il creditore riscuote, accetta il pagamento senza riserva; se non riscuot, rifiuta i pagamento; ma non pu seguire una via intermedia, riscuotere cio con riserva, perch --,--si ripete -l'ordine di pagamento (il t'itolo di spesa) sp'ega gli effetti suoi propri, senza che il destinatario possa comunque modificarli: pu accettarli o non accettarli, ma se li accetta, li accetta quali sono, e non in modo diverso. E gli effetti, se si verificano (ove cio la riscossione abbia l1wgo), si verificano in pieno, in tutta la loro integrit, nel senso di estinguere la obbligazione dello Stato. Di qui ha origine, e solo cos si spiega, la disposizione ecce zionale dell'art. 426 (non si possono accettare quietanze sotto riserve o condizioni); di qui hanno origine, e solo cos si spiegano, le altre disposizioni eccezionali che disciplinano in modo particolare il procedimento contabile dei debiti dello Stato; le quali disposizioni prevedono che la dichiarazione di ricevuta rilasciata dal privato estingue la 'obbligazione dello Stato. Inf atti l'art. 316, reg. cit. relativo alla emissione di assegni dispone: la dichiarazione di ricevuta estingue il debito dell'Amministrazione; l'art. 55 l. cit. dispone: la consegna dell'assegno ... estingue il debito per cui l'assegno viene emesso; l'art. 58, l. cit. (che disciplina il pagamento da parte dei funzionari delegati), richiama l'art. 55 gli assegni vengono emessi nelle forme;previste dal cit. art. 55 n, e quindi con i medesimi effetti; l'art. 63 (che disciplina il pagamento mediante ordinativi dell'Amministrazio ne Centrale) richiama pure l'art. 55 mediante ordinativi emessi con la procedu.ra, di cui all'art. 55 e quindi pure con i medesimi effetti. Sono in armonia con le disposizioni ora citate, le altre norme del regolamento: l'art. 314 detti documenti costituiscono la prova dell'estinzione dell'obbligazione , e l'art. 435 <>. -4) Quali sanzioni sono applicabili ai detentori abusivi della cc chiave tripla >> che attrezzo regolamentare in dotazione soltanto ad alcune categorie del personale ferroviario. Quali sanzioni sono d'altro canto applicabili contro coloro che risultino aver fatto indebito u:Elo della chiave predetta (n. 288). STATO GIURIDICO DEL PERSONALE DELLE FF. SS. 5) Se l'elencazione delle qualifiche contenuta nell'art. 198 -120 dello S.G. del personale ferroviario, approvato con legge 26 marzo 19i;i8, n. 425, sia di stretta interpretazione o se abbia, al contrario, valore meramente indicativo (n. 289). 6) Se, per l'ammissione ai benefici previsti dalla legge le qualifiche indicate nell'art. 198 debbano essere possedute alla data del 23 marzo 1939 (n. 289). 7) Se possa godere dei benefici in questione il personale ohe, pur avendo rivestito le qualifiche ammesse dall'articolo 198 oit., tuttavia, alla data del 26 marzo 1939, ne rivestiva altre non ammesse (n. 289). IMPIEGO PUBBLICO COTTIMISTI. -1) Se nel rapporto ohe viene a costituirsi tra l'Amministrazione delle Finanze e taluni oottmisti, i quali prestano la loro attivit per servizi di carattere eccezionale e contingente presso gli uffici delle imposte dirette e del catasto, si riscontrino gli estremi .del lavoro subordinato e pertanto sussiste l'obbligo di provvedere nei confronti di tali cottimisti alle assicurazioni sociali obbligatorie (n. 490). DIPENDENTI DELL'ENPAS -INQUADRAMENTO DEI RUOLI. -2) Se possa farsi luogo all'inquadramento nella carriera direttiva del personale di concetto dipendente dall'ENPAS, in analogia con quanto attuato per taluni ruoli del personale delle Amministrazioni dello Stato dagli artt. 56 e 57 D.P.R. 11 gennaio 1956, n. 1.6 (n. 491). INSEGNANTI ALL'ESTERO -ASSEGNI DI'SEDE. -3) Se, ai sensi della legge 27 ottobre 1951, n. 1288, al personale insegnante non di ruolo in servizio all'esterodebba essere corrisposto l'assegno di sede (n. 492). PERSONALE PROVENIENTE DALL'AMMINISTRAZIONE A.I. -4) Se la preclusione posta dall'ultimo comma del1' art. 7 D.P.R. 3 giugno 1955, n. 591, per il personale sistemato in ruolo nelle Ferrovie dello Stato in base alla legge 30 novembre 1952, n. 1844, sia applicabile anche al personale proveniente dall'Amministrazione A.I., che abbia ottenuto la nomina nei ruoli organici della Amministrazione Ferroviaria in forza del D.P.R. 22 novembre 1954, n. 1179 (n. 493). STATO GIURIDICO DEL PERSONALE DELLE FF.SS. 5) Se l'elencazione delle qualifiche contenuta nell'art. 198 dello S.G. del personale ferroviario, approvato con legge 26 marzo 1958, n. 425, sia di stretta interpretazione o se abbia, al contrario, valore meramente indicativo (n. 494). 6) Se, per l'ammissione ai benefici previsti dalla legge, le qualifiche indicate nell'art. 198 debbano essere possedute alla data del 23 marzo 1939 (n. 494). 7) Se possa godere dei benefici in questione il personale che, pur avendo rivestito le qualifiche ammesse dall'articolo 198 cit., tuttavia, alla data del 26 marzo 1939, ne rivestiva altre non ammesse (n. 494). IMPOSTA DI REGISTRO CONCORDATO TRIBUTARIO. -Se, per effetto della solidariet tributaria, debba essere annullato il concordato stipulato in materia di imposta di registro da un Ufficio finanziario, quando gi era decorso il termine per impugnare l'accertamento di maggior valore notificato agli altri contribuenti e il predetto accertamento era quindi divenuto definitivo (n. 155). IMPOSTA DI SUCCESSIONE DEDUZIONE PASSIVIr. -Se, a fini dell'imposta . sulle successioni debbano considerarsi compresi nel com pendio immobiliare gli immobili venduti dal de cuius con scrittura privata registrata in epoca posteriore alla morte, ma nel termine di legge (n. 25). I.G.E. RIVALSA. -1) Se sia consentito agli appaltatori i quali abbiano assunto le esecuzioni delle opere ammesse ai contributi stabiliti dalla legge 3 agosto 1940, Ii. 589, di esercitare il diritto di rivalsa dlla I.G.E. nei confronti degli enti appaltanti beneficiari dei contributi stessi (n. 83). VENDITA A MEZZO DI COMMISSIONARI. -2) Se sia tenuta al pagamento dell'I.G.E.. evasa una ditta produttrice di automezzi nel caso che la societ commissionaria abbia posto in essere, in nome proprio, i contratti di vendita di autoveicoli con gli aquirenti, senza versare il relativo tributo per I.G.E. (n. 84). 3) Se, nell'ipotesi positiva, la ditta produttrice sia tenuta al pagamento della pena pecuniaria (n. 84). IMPOSTE E TASSE INSINUAZIONE AL PASSIVO FALLIMENTARE. -Se gli Uffici .Distrettuali possano insinuare nel passivo fallimentare del contribuente i crediti per imposte e sovrimposte dirette sulla base degli avvisi di accertamento (n. 326). IPOTECA CONTRIBUTI DI RICOSTRUZIONE -MUTUO IPOTECARIO. -Se, l'Istituto Nazionale per il Finanziamento' della Ricostruzione possa consentire a volontarie riduzioni delle ipoteche iscritte a garanzia dei finanziamenti, al di fuori dei casi tassativamente previsti dalla legge (n. 14). ISTRUZIONE INSEGNANTI ALL'ESTERO -ASSEGNI DI SEDE. -Se, ai sensi della legge 27 ottobre 1951, n. 1288, al personale insegnante non di ruolo in servizio all'estero debba essere corrisposto l'assegno di sede (n. 11). LAVORO COTTIMISTI PER SERVIZI DELLA AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA. -Se nel rapporto che viene a costituirsi fra l'Amministrazione delle Finanze e taluni cottimisti, i quali prestano la loro attivit per servizi di carattere eccezionale e contingente presso gH ffici delle imposte dirette e del catasto, si riscontrino gli estrercl del ravoro subordinato e pertanto sussiste l'obbligo di provvedere nei confronti di tali cottimisti alle assicurazioni sociali obbligatorie (n. 23). -121 LOCAZIONI DEMANIO STORIOO-ARTISTIOO. -Se il godimento di alcuni locali di un palazzo appartenente al demanio storico-artistico possa concret.are un rapporto di locazione Q dia luogo ad una concessione (n. 109). MILITARI INFORTUNIO DI DIPENDENTE MILITARE. -Se la legge 1 novembre 1957, n. 1140, sia applicabile nel caso in cui, successivamente alla sua entrata in vigore, sorga la ne- 0essit di provvedere a spese di cura o di protesi in conseguenza di un eventq dannoso derivante da causa di ser. vizio subito dal dipendente militare anteriormente ail'emanazione della legge stessa (n. 10). NOTIFICAZIONE PUBBLIOA AMMINISTRAZIONE. -Se un atto possa esse re validamente notificata ad una Pubblica Amministrazione nelle ore in cui gli Uffici sono chiusi (n. 13). OBBLIGAZIONI E CONTRATTI INTERESSI. -Se, ai fini della costituzione in mora del debitore, sia sufficiente che la richiesta di pagamento venga fatta dal creditore mediante semplice cartolina {n. 37). OPERE PUBBLICHE APPALTI DI OPERE PUBBLIOHE -REVISIONE DEI PREZZI. -Se il D.L.C.P.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, sulla revisione dei prezzi nei contratti di pubblica appalto possa ritenersi incostituzionale (n. 50). PENSIONI PENSIONE DI RIVERSIBILIT -REVOCA. -Se, concesso ai sensi dell'art. 8 del R.D.L. 27 novembre 1919, n. 2373, il trattamento eccezionale di pensione ad un orfano maggiorenne di un agente ferroviario, possa farsi luogo alla revoca del decreto concessivo di pensione nel -0aso che venga meno anche una sola delle condizioni richieste dal suddetto art. 8 (n. 89). PIGNORAMENTO ASSIOURAZIONE SULLA RESPONSABILIT CIVILE. -Sein materia di assicurazione sulla responsabilit civile, il danneggiato, che abbia ottenuto una sentenza di co.ndanna passata in giudicato e divenuta esecutiva contro il responsabile civile, possa promuovere un pignoramento presso terzi sull'indennit che a tale responsabile dovuta dall'assicuratore (n. 3). PREZZI REVISIONE DI PREZZI -APPALTO DI 00. PP. -Se il D.L.C.P.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, sulla revisione dei prezzi nei contratti di pubblico appalto po11sa ritenersi incostituzionale (n. 43). REGIONI REGIONE SIOILI.A.NA -IMPRESE ARMATORI.A.LI -AGE VOL.A.ZIONI FISCALI. -Se, dopo la pronuncia della Corte Costituzionale che ha dichiarato la illegittimit della legge regionale siciliana 23 aprile Hl58, n. 13; recante proroga delle agevolazioni fiscali per lo sviluppo delle attivit armatoriali, possano tassarsi, ai fini della imposta di R.M., i redditi ammessi al beneficio tributario sotto l'impero di quella legge (n. 78). RESPONSABILIT CIVILE ASSICURAZIONE -PIGNORAMENTO. -1) Se il danneggiato possa promuovere un'azione diretta (o in caso negativo) un'azione surrogatoria contro l'assicuratore di responsabile civile (n. 188). 2) Se in materia di assicurazione sulla responsabilit civile, il danneggiato, che abbia ottenuto una sentenza di condanna passata in giudicato e divenuta esecutiva contro il responsabile civile, possa promuovere un pignoramento presso terzi sull'indennit che a tale responsabile dovuta dall'assicuratore (n. 188). RICOSTRUZIONE CONTRIBUTI DI RICOSTRUZIOHE. -Se debba considerarsi distrutto per fatto di guerra, ai fini della concessione del contributo di ricostruzione, un immobile che sia stato demolito su ordine del Sindaco perch ritenuto pericolante in contrasto con il precedente accertamento del Genio Civile (n. 9). SOCIET INTESTAZIONE CERTIFICATI AZIONARI. -Se ai sensi dell'art. 6 della legge 4 dicembre 1956, n. 1404, i certificati azionaridellesociet in cui lo Stato abbia la propriet dell'intero capitale o la maggioranza di esso, debbano essere intestati al Ministero del Tesoro o al Ministero per le Partecipazioni Statali (n. 86). SPESE GIUDIZIALI ESECUZIONE FISCALE. -Se l'esattore possa domandare all'Amministrazione Finanziaria il rimborso delle spese giudiziali sostenute per resistere in causa di opposizioni proposte dai contribuenti in sede di riscossione (n. 13). SUCCESSIONI SUCCESSIONE DELLO STATO. -Se la devoluzione dell'eredit allo Stato, ai sensi dell'art. 586 O.e., debba essere preceduta dallo stato di giacenza dell'eredit stessa (n. 59). TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI ACCORDO ITALIA-EGITTO 10 SETTEMBRE 1946. -Se lo Stato sia responsabile verso un gruppo di italiani, i quali, gi funzionari presso i Tribunali misti in Egitto e licenziati nel giugno 1940, non hanno potuto 'far valere tutti i loro diritti verso il Governo egiziano, perch il Governo italiano aveva rinunziato, con l'Accordo del 10 settembre 1946, ad ogni domanda di risarcimento dei suoi cittadini (n. 10). ~;::;r I ! I I