ANNO XXIX -N. 3 MAGGIO-GIUGNO 1977 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1977 ABBONAMENTI ANNO . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 12.750 UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . 2.250 ' Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/2640 Stampato in Italia -Printed in Ital,y Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (7219083) Roma, 1977 -istituto Poligrafico dello Stato P.V. Da questo numero la sezione di giurisprudenza comunitaria ed internazionale viene curata dal collega OSCAR FIUMARA. Al collega Arturo Marzano, che lascia l'incarico, va il pi vivo ringraziamento per la proficua attivit svolta, con la certezza che continuer a dare alla Rassegna, anche in avvenire, la sua utile collaborazione. LA REDAZIONE INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a curo del/'avv. Giuseppe Angelini-Rota e del/'avv. Franco Favara} pag. 351 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE (o curo del/'ovv. Oscar Fiumara} 374 Sezione terza: GIURISPRUDENZA SDIZIONE (a cura SU QUESTIONI DI GIURIdel/' avv. Carlo Carbone} 391 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE cato Adriano Rossi} . (o curo de/l'avvo 404 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/'avv. Ugo Gargiulo e del/'avv. Raffaele Tamiozzo} 434 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA vocato Carlo Bafile} (a cura dell'av 449 Sezione settima: GIURISPRUDENZA APPALTI PUBBLICI toria} . IN MATERIA DI ACQUE ED (a cura de/l'avv. Paolo Vit 46 O Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (o cura del/'ovv. Paolo Di Tarsia di Be/monte} 471 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO LEGISLAZIONE pag. 69 CONSULTAZIONI sr \ la pubblicazione diretta dall'avvocato UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bologna; Giovanni CoNTU, Cagliari; Americo RALLO, Caltanissetta; Filippo CAPECE I I MINUTOLO DEL SASSO, Catanzaro; RAFFAELE TAMIOZZO, Firenze; Francesco Gu1cc1ARDI, Genova; Adriano Rossi, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Marcello DELLA VALLE, Milano; Aldo ALABISO, Napoli; Nicasio MANcuso, Palermo; Rocco BERARDI, Potenza; Umberto GIARDINI, Torino; Maurizio DE FRANCHIS, Tre~to; Paolo Sco1) La motivazione della sentenza ' pubblicata in Foro it., 1977, I, 776, con ampia nota di richiami. Cfr. anche Cass. S.U. pen. 23 ottobre 1976, ivi, 1977, II, 105, con nota di precedenti. CORTE COSTITUZIONALE, 18 gennaio 1977, n. 36 -Pres. Rossi; Rel. De Marco -Commissario dello Stato per la Sicilia (sost. avv. gen. Gozzi) e Regione Sicilia (avv. Villari). Sicilia Assistenza sanitaria Incarichi ospedalieri temporanei Proroga. (Statuto, Sic., art. 17). La disposizione di cui all'art. 3, comma quarto, del d.P.R. 27 marzo 1969, n. 130 enuncia un principio generale cui si informa la legislazione dello Stato , per il quale -peraltro -gli incarichi nel settore ospedaliero debbono essere temporanei e di durata breve e predeterminata ma non necessariamente semestrali (1). (1) La sentenza pubblicata in Foro it., 1977, I, 774, con nota di richiami. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 356 I CORTE COSTITUZIONALE, 18 gennaio 1977, n. 37 -Pres. Rossi -Rel. ' Rocchetti -Bertolini (avv. Agostini) e I.N.P.S. (avv. Vario). Previdenza e assistenza -J,>rincipio di eguaglianza -Esclusione da inno vazione miglior~tiva -limiti. (Cost., art. 3; I. 30 aprile. 1969, n. 153, art. 9). I Se pu ammettersi, che un trattamento migliorativo possa non essere esteso a soggetti che hanno anteriormente gi definita la propria posizione di quiescenza, non pu ammettersi che soggetti i quali maturano il diritto relativo in data posteriore possano r'icevere un tratta I mento deteriore rispetto a quelli che quel diritto hanno anteriormente maturato. Pertanto, contrasta con l'art. 3 Cost. l'art. 9 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (sulla revisione degli ordinamenti pensionistici della previdenza sociale), nella parte in cui esclude dall'aumento del dieci per cento le pensioni aventi decorrenza posteriore al 31 dicembre 1968 e che sono state liquidate secondo le disposizioni vigenti anteriormente al 1 maggio 1968 (1). II CORTE COSTITUZIONALE, 20 gennaio 1977, n. 42 -Pres. Rossi -Rel. Volterra -Rinaldini (avv. G. Vassalli e E. Tosato). Corte costituzionale -Principio di eguaglianza -Pronunce. (Cost., art. 3; legge 8 febbraio 1948, n. 47, artt. I, 9, 12, 13 e 2lY. La Corte costituzionale non pu, nella materia penale, sottrarre alcune fattispecie alla disciplina generale per ricondurle in una disciplina special, tanto meno quando ci comporti un aggravamento di pena; ed dubbio possa eliminare dall'ordinamento nonne penali di favore allo scopo di restaurare il vigore generale delle norme incriminatrici derogate (2). (1-3) Le sentenze n. 37 e n. 48 del 1977 sono pubblicate in Foro it., 1977, I, 773 e 762. Nelle tre controversie decise con le sentenze in esame stato invocato il principio di eguaglianza. Nella sentenza n. 37 la Corte ha applicato l'art. 3 Cost. dopo avere reperito, sia pure senza indicarlo esplicitamente, un criterio di giudizio che le ha consentito di far prevalere una disposizione non certo enunciativa di un principio generale di diritto n comparativamente pi prossima ai valori costituzionali, su un'altra disposizione, per cos dire di pari livello; tale criterio stato reperito in una sorta di presunzione di continuo miglioramento nel tempo dei trattamenti previdenziali, e quindi di maggior valore del trattamento sue PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 357 III CORTE COSTITUZIONALE, 20 gennaio 1977, n. 48 -Pres. Rossi -Rel. Oggioni -Loreti e altro (n.p.). Pensioni . Pensioni militari Indennit una tantum Esclusione dal cumulo con la pensione normale Incostituzionalit. (Cast., art. 3; d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092). Il legislatore non pu attribuire trattamenti diversi a situazioni che, egli stesso, ha reso omogenee; contrasta con l'art. 3 Cast. l'art. 69, primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, limitatamente all'inciso purch non gli spetti la pensione normale (3). II (Omissis). -Preliminarmente deve dichiararsi inammissibile la costituzione nel presente giudizio del dott. Willy De Luca, che risulta estraneo al procedimento penale instaurato avanti il pretore di Roma a carico di Francesco Rinaldini, nel corso del quale stata sollevata avanti questa Corte la questione di legittimit costituzionale. Il giudice a quo, partendo dalla constatazione che l'art. 1 della legge sulla stampa 8 febbraio 1948, n. 47, fa riferimento esclusivamente a stampe e stampati, cio alla riproduzione di pi esemplari di un medesimo scritto, che il complesso delle disposizioni della legge stessa appare diretto a regolare la stampa in senso tradizionale, mancando in essa qualunque riferimento alla diffusione di notizie con mezzi diversi da questa, afferma la non applicabilit agli autori di un telegiornale delle norme speciali che prevedono per gli autori dei giornali quotidiani e della stampa in genere l'obbligo di rettifica (art. 8), l'obbligo della pubblicazione della cessivo. Nella sentenza n. 42, invece, la Corte ha utilizzato il noto crit'erio per cui una disciplina speciale non pu essere ritenuta di maggior vlore , ai fini della applicazione dell'art. 3 Cost., di una disciplina generale. Infine nella sentenza n. 48 la Corte ha ritenuto sussistere una contraddizione all'interno di un atto legislativo, ma non ha indicato il criterio che l'ha condotta a far prevalere una norma su un'altra norma: la differenza di disciplina ha, di per s, operato a vantaggio del privato, e non v' una esplicita pronuncia sulla maggiore bont della norma ritenuta prevalente (sul punto, cfr. in questa Rassegna, 1976, 12, in nota). Nella sentenza n. 42 la Corte ha avuto cura di non escludere la possibilit di portare il proprio sindacato sulle disposizioni penali di favore per l'imputato: del resto, dichiarativa della illegittimit costituzionale di una disposizione siffatta stata la sentenza 23 gennaio 1974 n. 17 (in questa Rivista, 1974, 303). Sul problema della rilevanza di questioni relative a norme penali di favore, PIZZETTI-ZAGREBELSKY, Non manifesta infondatezza e rilevanza nella instaurazione incidentale del giudizio sulle leggi, 1974, 119, e PIZZORUSSO, Foro it., 1974, I, 606. 358 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sentenza (art. 9), l'obbligo della riparazione pecuniaria (articolo 12), l maggior pena per il reato di diffamazione (articolo 13), la competenza del tribunale e il giudizio col rito direttissimo (art. 21), la responsabilit a titolo di colpa del direttore (art. 57 del codice penale). Afferma pertanto che la disparit di trattamento conseguente alla indicata situazione legislativa previsto per gli autori di una diffamazione commessa a mezzo stampa e quello per gli autori del medesimo reato commesso a mezzo di diffusione radiofonica, sottoposti invece al regime comune, non avrebbe ragionevole giustificazione e contrasterebbe con il principio costituzionale di uguaglianza. Per eliminare la segnalata disparit di trattamento, il giudice a quo, pur affermando di non avere onere di scelta, indica alla Corte due vie da seguire. La prima, che egli ritiene quella costituzionalmente corretta in quanto ispirata al favor libertatis, che trova nella Costituzione una specifica tutela (art. 21) consisterebbe nella dichiarazione di incostituzionalit degli artt. 9, 12, 13, 21 della legge n. 47 del 1948 e dell'art. 57 del codice penale con la conseguente sottoposizione dei reati commessi a mezzo stampa alla disciplina comune. -(Omissis). Ma inammissibile si palesa anche la questione sollevata nella seconda prospettazione, di estendere cio ai reati commessi a mezzo radiodiffusione la disciplina pi grave prevista per i reati commessi a mezzo stampa. Anche a ritenere che questa Corte possa eliminare dall'ordinamento norme penali di favore allo scopo di restaurare il vigore generale delle norme incriminatrici derogate, restando riservato ai giudici di merito valutare l'efficacia di una simile pronunzia nei giudizi penali in corso, certo che essa, invece, non pu, sempre nella materia penale, sottrarre alcune fattispecie alla disciplina comune per ricondurle in una disciplina speciale che si ritiene pi congruamente tutelare gli interessi coinvolti e tanto meno quando ci comporti un aggravamento di pena. Simile scelta, che deve essere definita eminentemente politica, infatti riservata dall'art. 25 della Costituzione al solo legislatore, restando esclusa ogni possibilit di intervento attraverso sentenze cosidette additive. Ora, nel caso in esame, l'inammissibilit della questione palese domandandosi di sottrarre alla disciplina comune della diffamazione, la diffamazione commessa attraverso la diffusione radiotelevisiva delle informazioni, per comprenderla nella regolamentazione della diffamazione a mezzo stampa contenuta nella legge 8 febbraio 1948, n. 47. Ne consegue che la Corte, pur augurando che il legislatore, cos come ha fatto con l'art. 7 della legge 14 aprile 1975, n. 103, provveda sollecitamente a colmare nella sua discrezionalit lacune eventualmente esistenti, non pu sostituirsi ad esso e tanto meno pu estendere norme legislative previste per un'attivit determinata ad altra attivit obbiettivamente diversa. -(Omissis). ~ ~ Ei f: I> PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 359 III (Omissis). -... a mente dell'art. 67 della legge 29 dicembre 1973, n. 1092, previsto un trattamento economico di quiescenza pi elevato rispetto a quello normale di riposo gi acquisito dall'interessato, nel caso di cui egli risulti affetto da un'infermit, contratta per causa di servizio, elencata nella tabella A. Nel caso, invece, che egli sia affetto soltanto da infermit compresa nella tabella B, e a parit delle altre condizioni soggettive, in applicazione della norma impugnata, non gli. viene riconosciuto nessun vantaggio economico. In altri termini, in base alle norme menzionate, il soggetto, gi avente diritto a pensione di riposo, non consegue nessun beneficio economico ulteriore, nel caso in cui risulti affetto d~ determinate infermit, e consegue, invece, una maggiorazione dell'importo della pensione di riposo spettantegli, ove risulti affetto da altre infermit. La differenza esiste fra le infermit elencate nelle due ricordate tabelle, peraltro, investe sostanzialmente soltanto la gravit delle stesse, cio la loro incidenza rispetto alle condizioni del soggetto che ne affetto, ma non riguarda in alcun modo altre differenze di natura ontologica, trattandosi in tutti i casi di situazioni patologiche della persona del pubblico dipendente, ed insorte in tutti i casi in dipendenza di fatti di servizio. Ne consegue il riconoscimento che trattasi di situazioni sostanzialmente rese omogenee dal comune elemento della sussistenza di condizioni patologiche soggettive collegate all'attivit di servizio, situazioni cui il legislatore ha, tuttavia, attribuito trattamenti diversi. E mentre il legislatore stesso ha riconosciuto l'esigenza di principio di attribuire un corrispettivo economico collegato all'esistenza delle infermit elencate tanto nella tabella A che nella B, prevedendo i due trattamenti correlativi, differenziati solo nel modo di corresponsione (cio appunto la pensione maggiorata e l'indennit una tantum), il caso in esame si sottrae invece all'osservan.za del principio suddetto senza che sia identificabile alcuna razionale giustificazione al riguardo. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 20 gennaio 1977, n. 38 -Pres. Rossi -Rel. Rossano -Regione Lombardia (avv. Pototschnig) e Presidente Consiglio dei Ministri. Regione -Associazioni e fondazioni di diritto privato -Riconoscimento della personalit giuridica -Spetta allo Stato. Appartiene esclusivamente allo Stato la potest legislativa in tema di diritto privato, e spetta allo Stato disciplinare l'acquisto della personalit RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 360 giuridica delle associazioni, delle fondazioni e delle altre istituzioni di carattere pr.ivato, ed emanare in concreto i singoli atti di riconoscimento (1). (Omissis). -Con il ricorso introduttivo del presente giudizio la Regione Lombardia solleva conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al provvedimento 27 marzo 1975, con il quale la Commissione regionale di controllo per la Lombardia ha annullato, per incompetenza, la deliberazione 4 marzo 1975 della Giunta regionale, avente per oggetto il riconoscimento della personalit giuridica della fondazione privata Giovanni Cova , e l'approvazione del relativo statuto. La ricorrente chiede che sia dichiarata la sua competenza a disporre il riconoscimento giuridico di fondazioni private che operino esclusivamente o prevalentemente nel territorio regionale e nell'ambito delle materie di cui all'art. 117 della Costituzione; e che sia in conseguenza annullato il provvedimento della Commissione regionale di controllo sopra indicato, siccome invasivo della sua competenza. Il ricorso non fondato. Spetta allo Stato disciplinare l'acquisto della personalit giuridica delle associazioni, delle fondazioni e delle altre istituzioni di carattere privato, ed emanare in concreto i singoli atti di riconoscimento, secondo quanto dispone il codice civile, agli articoli 12 e seguenti. Per quanto concerne lo potest legislativo, va sottolineato che la materia dello stato e della capacit delle persone giuridiche private attiene precipuamente all'mbito del diritto privato: la relativa regolamentazione rientra, pertanto, nella competenza istituzionale dello Stato. Questa Corte, con la sentenza n. 154 del 1972, ha gi affermato che appartiene esclusivamente allo Stato la potest legislativa in tema di diritto privato, e le ragioni allora addotte (esigenze di unit e di eguaglianza, che possono essere salvaguardate solo se il potere di emanare norme in proprio venga riconosciuto esclusivamente all'ente esponenziale dell'intera collettivit nazionale) si attagliano puntualmente alla disciplina delle persone giuridiche private, le quali, una volta riconosciute, acquistano, alla medesima (1) Le sentenze 18 maggio 1970, n. 70 e 27 luglio 1972, n. 154 menzionate in motivazione sono in questa Rassegna, rispettivamenthe 1970, 502, e 1972, 1041. Sulla riserva allo Stato della disciplina dei rapporti di diritto privato, cfr. anche le sentenze n. 7 del 1956, in Giur. cast. 1956, 596 ss.; la n. 35 del 1957, ivi, 1957, 437, con nota di MORTATI, Ancora in tema di competenza normativa delle Regioni sulla materia di rapporti tra privati; la n. 123 del 1957, ivi, 1957, 1118, con nota di PALADIN, Diritto privato e leggi regionali; la n. 6 del 1958, ivi, 1958, 40, con nota di MoRTATI, Disciplina dei rapporti privati e interesse regionale; la n. 34 del 1962, ivi, 1962, 269; la n. 53 del 1962, ivi, 1962, 631; la n. 72 del 1965, ivi, 1965, 895; la n. 60 del 1968, ivi, 1968, 923, con nota di BARTOLE, Recessivit o separazione della legge regionale nei confronti di quella statale?, la n. 160 del 1969, ivi, 1969, 2397. ffe. I ~ I I r, I l I I I I I PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE stregua delle persone fisiche, piena e generale capacit giuridica e di agire nell'mbito dell'intero ordinamento statuale. La Regione ricorrente, peraltro, non rivendica tale potest legislativa, ma assume che, pur essendole questa preclusa, egualmente le spetti l'esercizio della funzione amministrativa di riconoscimento di persone giuridiche private, in quanto essa sia riconducibile ad una materia compresa nell'art. 117 della Costituzione (nella specie, la materia dell'istruzione artigiana e professionale), ed in quanto le sia stata in concreto trasferita (nella specie, in virt dell'art. 5 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 10, che ha appunto trasferito alle Regioni a statuto ordinario le funzioni amministrative, ivi comprese quelle di vigilanza e di tutela, esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato, in ordine agli altri enti, istituzioni ed organizzazioni locali operanti nella Regione, nella materia dell'istruzione artigiana e professionale ). Siffatto assunto non pu esser condiviso. L'attivit amministrativa, che gli organi dello Stato pongono in essere concedendo con loro decreti il riconoscimento della personalit giuridica, si esplica per sempre con riferimento all'mbito del diritto privato; il procedimento concessorio, che si conclude con l'atto di riconoscimento, presuppone, infatti, negozi giuridici che sono manifestazione di autonomia privata (quali gli accordi associativi ed i negozi di fondazione) e postul.a atti d'iniziativa (le istanze di riconoscimento), che sono anche essi manifestazione di autonomia privata. La potest discrezionale, che in proposito i suddetti organi esercitano, ha come preminente limite il rispetto della libert di associazione e dell'autonomia priva~a. e si concreta, oltre che nel controllo della legittimit degli atti costitutivi e nella valutazione della consistenza patrimoniale, attuale o potenziale, degli enti erigendi, nell'accertamento della insussistenza di una manifesta irrazionalit del loro scopo. , dunque, una funzione la quale, lungi dal venir teleologicamente attratta nell'mbito di specifiche ~aterie, a seconda dell'oggetto dell'attivit che l'ente costituendo si prefigga, postula una sistematica unitariet nei criteri dell'esercizio, che va anch'esso riservato allo Stato. Non pu, dunque, affermarsi che essa sia stata implicitamente trasferita alla Regione per effetto della formula adoperata nel richiamato art. 5 del decreto n. 10 del 1972. N va taciuto che, ove tale funzione fosse riconosciuta trasferita alla Regione, l'esistenza di persone giuridiche private regionali, con sfera di competenza necessariamente circoscritta ad un settore oggetto di potest amministrativa della Regione medesima, ed in quei limiti territoriali, mal si concilierebbe con l'acquisto di una capacit che, di per s, travalica potenzialmente l'mbito regionale. La eventuale legittimazione di una Regione al riconoscimento di determinate categorie di persone giuridiche private resta in ogni caso subordinata al formale trasferimento, nei modi consentiti dall'ordina RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento costituzionale, di tale potere dallo _Stato alla Regione, mediante l'attribuzione a quest'ultima di competenza legislativa, e corrispondentemente amministrativa. quanto si appunto verificato -secondo ritenuto da questa Corte, con la sentenza n. 70 del 1970, cui si richiama la ricorrente Regione Lombardia -per la Regione Friuli-Venezia Giulia, il cui statuto speciale, adottato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, attribuisce alla stessa, con gli artt. 4, n. 14, ed 8, potest legislativa primaria ed amministrativa nella materia delle istituzioni sportive, e dunque anche il potere di riconoscere le stesse come persone giuridiche private. La ipotesi suddetta non ricorre, invece, nel caso in esame, per la Regione Lombardia; n ricorre l'altra possibile ipotesi, di una specifica delega legislativa di tale funzione amministrativa, ai sensi dell'art. 118, comma secondo, della Costituzione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 20 gennaio 1977, n. 46 -Pres. Rossi -Rel. Oggioni -Tuominen (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Azzariti). Sicurezza pubblica -Stranieri -Permesso di soggiorno - previsto da norma regolamentare. (Cast., artt. 2, 3 e 10; d.P.R. 6 maggio 1940, n. 635, art. 142). Il cosidetto permesso di soggiorno previsto da una norma regolamentare e non dall'art. 142 t.u.l.p.s.; pertanto non fondata la questione di legittimit costituzi@nale di detto articolo. (Omissis). -Senonch, deve osservarsi m proposito che l'art. 142 t.u.l.p.s., per la parte che interessa, pone soltanto l'obbligo dello straniero di presentarsi, entro tre giorni dal suo ingresso nel territorio dello Stato, all'autorit di pubblica sicurezza del luogo ove si trova per dare contezza di s e fare la dichiarazione di soggiorno. Tale disposizione , poi, seguita dagli artt. 261 e 262 del Regolamento di esecuzione del t.u., che indicano la. forma ed il cntenuto della dichiarazione di soggiorno, nonch la documentazione da allegare alla stessa, e prescrivono che l'autorit di pubblica sicurezza, esaminata la documentazione, rilasci allo straniero ricevuta della dichiarazione qualora nulla osti alla permanenza di lui nella Repubblica . Ora, a parte ogni considerazione circa la natura giuridica di tale ricevut, cio se essa costituisca una vera e propria autorizzazione al soggiorno, o debba piuttosto considerarsi una mera certificazione del PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE l'avvenuta dichiarazione di soggiorno che l'autorit di pubblica sicurezza deve rilasciare, salvo che non sussistano motivi per promuovere l'espulsione dello straniero a norma dt;:lle successive disposizioni contenute negli artt. 150, 151 e 152 t.u.l.p.s., sembra indubitabile che il documento in parola ed i relativi poteri dell'autorit cui ne affidato il rilascio trovino la loro base normativa diretta non gi nell'art. 142 t.u.l.p.s., bens nelle disposizioni regolamentari ora citate. Queste ultime soltanto invero, det; tano il particolare criterio di verifica del nulla osta alla permanenza dello straniero nella Repubblica, criterio che, d'altra parte, costituisce il .punto su cui essenzialmente convergono le censure di illegittimit sollevate dal pretore il quale, come si detto, collega alla discrezionalit attribuita all'autorit di pubblica sicurezza i lamentati vizi di illegittimit. In sostanza, quindi, la legittimit dell'art. 142 t.u.l.p.s. messa in dubbio nel presupposto che la facolt discrezionale di cui assume il con' trasto con la Costituzione, sia attribuita all'autorit di pubblica sicurezza da tale norma, il -che peraltro inesatto, per i motivi sopra esposti. stata cos sollevata questione di legittimit costituzionale in relazione ad una disposizione di legge che non contiene la disciplina censurata, e, pertanto, la questione stessa deve essere dichiarata infondata. Tale conclusione, ovviamente, prescinde da qualsiasi giudizio circa la rispondenza ai principi costituzionali delle menzionate norme regola mentari, che, per loro natura, secondo costante giurisprudenza, sono sot tratte al sindacato di legittimit in questa sede. La Corte ritiene, tuttavia, di dover affenpare che la materia in esame, per la delicatezza degli interessi che coinvolge, merita un riordinamento da parte del legislatore, che tenga conto della esigenza di consacrare in compiute ed organiche norme le modalit e 1e garanzie di esercizio delle fondamentali libert umane collegate con l'ingresso ed il soggiorno degli stranieri in Italia. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 20 gennaio 1977, n. 47 -Pres. Rossi -Rel. Amadei -Patscheider e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Gozzi). Circolazione stradale . Sospensione della patente Ad opera del giudice. (Cost., art. 3, d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 91). La sospensione della patente pronunciata con sentenza deriva dal potere riconosciuto alla autorit giudiziaria ordinaria di irrogare, in una con la pena principale, delle pene accessorie; si tratta cio di un potere RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 364 autonomo e diverso da quello riconosciuto all'autorit amministrativa di concedere, sospendere o revocare la patente. Non contrasta con l'art. 3 Cast. l'art. 91 d.P.R. 15 giugno 1959, n., 393, nella parte in cui collega l'obbligo per il giudice di disporre la sospensione della patente alla gravit dell'evento e non alla gravit della colpa del conducente (1). (1) La sentenza pubblicata in Foro it., 1977, I, 763. CORTE COSTITUZIONALE, 30 marzo 1977, n. 52 -Pres. Rossi -Rel. Volterra --Pezzolati (n.c.). Ordinamento giudiziario -Composizione dei tribunali -Supplenza -Non viola. il principio della precostituzione del giudice naturale. Non contrastano con l'art. 25 Cast. gli artt. 97 e 105 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (ordinamento giudiziario), i quali consentono e disciplinano la supplenza nella composizfone delle sezioni dei tribunali, considerato anche che eventuali abusi di tale normativa possono essere repressi attraverso i controlli previsti dall'ordinamento (1). (1) La motivazione si rif ai precedenti Corte cost. n. 156 del 1963 (in Foro it., 1964, I, 16, con nota di FoscHINI), n. 173 del 1970 (ivi, 1970, I, 2988), n. 245 del 1974 (ivi, 1974, I, 3569) e n. 71 del 1975 (ivi, 1975, I, 1050). CORTE COSTITUZIONALE, 30 marzo 1977, n. 54 -Pres. Rossi -Rel. Reale -Cazzara (n.p.). Avvocati e procuratori -Procuratori legali -Limiti territoriali all'esercizio della professione -Legittimit costituzionale. (Cost., artt. 3, 4 e 41; r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, artt. 5 e 6). L'art. 41 Cast. difficilmente pu essere adottato come parametro della legittimit costituzionale di norme disciplinanti l'attivit di professionisti intellettuali, che nell'ordinamento vigente differenziata da 'quella imprenditoriale. N contrastano con l'art. 3 Cast. le norme che pongono limiti territoriali all'attivit dei procuratori legali, giacch, salvo eventuali future scelte legislative e perdurando il principio della separazione delle due professioni, le norme in vigore mirano a garantire il regolare adempimento delle specifiche funzioni demandate ai procuratori legali. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 365 CORTE COSTITUZIONALE, 30 marzo 1977, n. 55 -Pres. Rossi -Rel. Elia - Zecchieno (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Gozzi). Corte costituzionale -Decreto legge statale -Presupposti della urgenza e della necessit -Insindacabilit. (Cost., art. 77; d.!. 11 aprile 1974 n. 99, .artt. 6, 7, 9, 10, 11 e 12). Posto che i decreti legge statali perdono efficacia in caso di mancata conversione in legge, la valutazione del sussistere dei presupposti dell'urgenza e della necessit riservata al Parlamento. pertanto inammissibile la questione di costituzionalit di un decreto legge, con la quale dedotta l'assenza di detti presupposti (1). (Omissis). -Il Pretore di Napoli, in definitiva, solleva questione di costituzionalit relativamente agli artt. 6, 7, 9, 10, 11 e 12 d.l. 11 aprile 1974, n. 99, dubitando che non ricorressero, con riguardo a q.el che dispongono, i presupposti di straordinaria necessit ed urgenza che soli, alla stregua dell'art. 77 Cost., possono legittimare l'adozione di un decretolegge e dunque che soli avrebbero potuto legittimare l'adozione dell'atto in cui sono contenuti. Ma la questione cos posta irrilevante. In realt, operano congiuntamente nella fattispecie i principi del sistema a proposito di successione delle leggi penali nel tempo ed il precetto costituzionale che ricollega soltanto alla mancata conversione in legge la perdita di efficacia ab initio delle norme adottate con decreto ex art. 77 Cost.; orbene, la congiunta operativit di queste normative rende in questo caso comunque inevitabile l'applicazione nel processo a quo della disciplina contenuta negli artt. 6, 7, 9, 10, 11 e 12 d.l. 11 aprile 1974, n. 99, in quanto convertito con la legge 7 giugno 1974, n. 220. Pertanto, risultando la questione irrilevante, essa deve essere dichiarata inammissibile. -(Omissis). (1) Il sindacato giurisdizionale sul sussistere della necessit e dell'urgenza presupposte per l'emanazione dei decreti legge era escluso esplicitamente, prima dell'entrata in vigore della Costituzione repubblicana, dall'art. 3 della legge 31 gennaio 1926 n. 100. In argomento, cfr.: Alta Corte Sicilia, 8 dicembre 1951 n. 42, in Alta Corte R.S. Decisioni, 1954, Il, 716; PALADIN, Decreto legge, in N.mo Dig. It., V, 289, e in Riv. trim. dir. pub., 1958, 554; PIERANDREI, Corte costituzionale, in Enc. dir., X, 901; SORRENTINO F., La Corte costituzionale tra decreto legge e legge di conversione, in Dir. e societ, 1974, 524 e 534. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 366 CORTE COSTITUZIONALE, 20 aprile 1977, n. 62 -Pres. Rossi -Rel. Oggioni -Associazione nazionale avvocati pensionati (avv. Ungaro e Fazzalari), Grenga (avv. Fazzalari), Bussi (avv. Cavalieri), Tonde e altri (avv. Flora), Bartoletti e altri (avv. Lessona e Sandulli), Cassa nazionale presidenza avvocati (avv. Nigro) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Angelini Rota). Avvocati e Procuratori -Previdenza sociale -Pensioni -Hanno carattere retributivo. (Cost., art. 3; .legge 22 luglio 1975, n. 319). Imposte e tasse -Principio della capacit contributiva Non concerne le tasse. (Cost., art. 53; legge 22 luglio 1975, n. 319). Avvocati e Procuratori -Ultrasettantenni iscritti all'albo -Decurtazione delle pensioni -Illegittimit Costituzionale. (Cost., artt. 3 e 38; legge 22 luglio 1975, n. 319, artt. 4 e 9). Posto che le pensioni erogate dalla Cassa nazionale di previdenza avvocati e procuratori hanno carattere retributivo e non contributivo, non irrazionale, in relazione all'art. 3 Cost., la mancata corrispo_ndenza tra oneri personali contributivi e misura della pensione. Il _principio della capacit contributiva di cui all'art. 53 Cost. concerne le prestazioni tributarie indirizzate al conseguimento di finalit generali e non anche le contribuzioni relativa a prestazioni di servizi il cui costo si pu determinare divisibilmente; la contribuzione mediante marche (cosidette Cicerone) rimane fuori dell'ambito dell'art. 53 Cost., a differenza della contribuzione diretta proporzionale al reddito professionale prevista dalla tab. A allegata alla legge 22 luglio 1975, n. 319. Peraltro, quest'ultima costituzione non contrasta con l'art. 53 Cost., non essendo arbitraria la separata considerazione dei redditi professionali operata dal legislatore cui discrezionalmente riservato di valutare la sussistenza e la rilevanza degli indici rivelatori di ricchezza (1). Contrastano con gli artt. 3 e 38 Cost. gli artt. 4 e 9 della predetta legge 22 luglio 1975, n. 319, in relazione alla tabella F allegata (nn. 2 e 3), nella parte in cui, per le pensioni di anzianit agli ultrasettantenni e per (1) La esclusione, dall'ambito di applicazione del princ1p10 della capacit contributiva, delle contribuzioni relative a prestazioni di servizi il cui costo si pu determinare divis,ibi>lmente stata affermata dalla Corte costituzionale, in precedenza, nelle sentenze 2 aprile 1964, n. 30 (in Foto it., 1964, I, 690), 17 aprile 1968, n. 23 (in questa Rassegna, 1968, 170), e 18 maggio 1972, n. 91 (ivi, 1972, 753). questa una nozione che appare, nella sostanza, coincidente con la tradizionale nozione di tassa. : 111r1111111till11:r111111~1111r1r11111tirlfr111"1rr1:111~11r1111111l1111111J1A PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE le pensioni di invalidit, stabilita una decurtazione di pensione per coloro, che conservano l'iscrizione agli albi; ci anche considerato che la differenza di trattamento de qua non trova appagante giustificazione negli atti dei lavori parlamentari. (Omissis). -Anzitutto, va considerata la questione, prospettata particolarmente dalle ordinanze pretorili di Vercelli, Massa e Firenze, secondo cui il sistema normativo in esame sarebbe, nella sua fondamentale struttura, inficiato da illegittimit, secondo l'art. 3 primo comma Cost., in quanto, indipendentemente dalla diversit quantitativa delle prestazioni contributive, la pensione viene, in definitiva, ad essere, per ciascun soggetto, livellata, con la conseguente irrazionale unicit di trattamento, nonostante la suddetta diversit. La questione non fondata. Va rilevato che le fonti di finanziamento per l'erogazione delle pensioni sono qui di origine e natura distinte. Tali fonti consistono: 1) in contributi personali annui da corrispondersi dagli iscritti alla Cassa per scaglioni di reddito professionale (tabella A); 2) in contributi non ripetibili dalle parti, la corrispondersi alla Cassa da ogni avvocato o procuratore in relazione all'esercizio del proprio ministero in qualsiasi procedimento giurisdizionale (tabella B); 3) in contributi, definiti come oggettivi e ripetibili nei confronti della parte soccombente, dovuti alla Cassa in relazione a qualsiasi provvedimento giurisdizionale (tabella C); 4) in contributi, parimenti definiti come oggettivi dovuti in relazione al rilascio di certificati penali (tabella D); 5) in contributi relativi ad incarichi retribuiti conferiti dall'Autorit giudiziaria (tabella E). Ci premesso, e riconosciuta in via di principio la differenza tra pensioni cosiddette cntributive e pensioni retributive, caratterizzate queste ultime da un sistema di liquidazione che prescinde dall'ammontare delle contribuzioni accreditate sul conto individuale (sentenza n. 30 del 1976) va osservato che, nella situazione in esame, si dato luogo ad un sistema che ha abolito i conti individuali per dar luogo ad una gestione collettiva. La natura di gestione collegata meramente a individuali prestazioni contributive qui non ricorre, ove si consideri che a costituire il fondo concorrono notevoli apporti, mediante applicazione di marche, da parte di utenti del servizio giudiziario per rilascio di certificati (tabella D) e, altres, che, per larga parte, si tratta di contributi ripetibili dalla parte soccombente (tabella D). Pertanto, la pensione viene qui ad assumere carattere di pensione di categoria, che rientra, nel fine e nei mezzi, nel quadro generale dell'adempimento dei doveri di solidariet sociale, cui si richiama l'art. 2 della Costituzione. La Cassa Nazionale di Previdenza Avvocati e Procuratori risponde a questi fini generali nell'ambito della categoria, sicch per essa resta RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO superato il concetto stesso di semplice mutualit per espandersi, appunto, in quello della previdenza. E questa Corte, con la sentenza n. 146 del 1972 ha gi precisato che la previdenza sociale unitariamente concepita abbraccia tutte le manifestazioni della mutualit ed attua una collaborazione per la difesa contro l'invalidit e la vecchiaia. Il contributo va a favore di tutti gli iscritti . Ne consegue che l'assunto di irrazionalit, ai sensi dell'art. 3 Cost., del sistema vigente per mancata proporzionale corrispondenza tra oneri personali contributivi e misura della pensione, non accoglibile. N, per ritenere il contrario, ha rilievo il paragone, accennato particolarmente nella ordinanza del pretore di Firenze, secondo cui altri sistemi previdenziali (I.N.P.S. -Casse di previdenze per professionisti diversi) riconoscono proporzionalit tra contribuzioni pensioni. Difetta, invero, l'omogeneit tra sistema e sistema. Per l'I.N.P.S. si nel campo del lavoro subordinato e non di quello autonomo. Per altre Casse possono sussistere e sussistono diverse -calcolazioni derivanti, sia dalle fonti di finanziamento, sia dal numero e dall'.et degli iscritti. Questa Corte, con sentenza n. 91 del 1972, proprio a proposito della Cassa Nazionale Avvocati e Procuratori in relazione alle percentuali d>. anche sintomatico che la stella polare, che ha guidato le Sezioni unite all'approdo di questa loro pronuncia del 1977, rappresentata dalla sentenza della prima sezione 12 ottobre 1954, n. 3263 (Foro it. 19755, I, 497), che afferm il seguente principio: La mancata denuncia all'autorit competente dello scopri mento di cose di interesse artistico o storico non toglie allo scopritore e al proprietario dell'immobile, ove la scoperta avvenne, il diritto al premio . Si trascrive il motivo del ricorso proposto nell'interesse dell'Amministra zione dei Beni Culturali ed Ambientali riguardante la questione di giurisdizicme. (Omissis). -Violazione degli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, nonch dell'art. 49 della legge 1 giugno 1939, n. 1089, in relazione all'art. 360, n. 1 e 3, cod. proc. civile. 1. -I:.a legge 1 giugno 1939, n. 1089, per la tutela delle cose di interesse artistic e storico, disciplina nel capo quinto (artt. '43-50) la materia .dei ritrovamenti e delle scoperte ed ilprincipfo generale, che interessa per la decisione della presente controversia, 'j:>bsto gi nell'art.'44, cn due disposizioni:' : " a) "le cose ritrovate appartengono allo Stato (primo comma); RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 410 del diritto al premio, con esclusione della giurisdizione del giudice ordinario, dalla Corte di merito invece affermata sull'erroneo presupposto di una relazione di corrispettivit fra l'attribuzione allo Stato delle cose ritrovate ed il diritto del privato al premio, laddove -stante l'affermazione legislativa della propriet originaria dello Stato sulle cose stesse inconcepibile una qualificazione indennitaria del premio. Il quale, al pari delle sanzioni comminate per i contravventori, ha soltanto la funzione di incentivare l'osservanza delle disposizioni in tema di denunzia e consegna dei reperti, per favorirne l'acquisizione da parte della P.A. N, aggiunge la ricorrente, pu essere condiviso l'ulteriore argomento dalla Corte di merito desunto in favore dell'affermazione della giurisdizione ordinaria dalla natura della Commissione, alla quale, in caso di disaccordo tra le parti, rimessa la determinazione del premio, questa dovendosi ricondurre alla figura della commissione amministrativa, e non dell'arbitrato come ritenuto invece dalla Corte di appello. La censura infondata. b) al proprietario dell'immobile sar corrisposto dal Ministro, in danaro o mediante rilascio di una parte delle cose ritrovate, un premio, che in ogni caso non pu superare il quarto del valore delle cose stesse (secondo comma). Le stesse disposizioni sono ripetute negli articoli successivi e in particolare, nell'art. 49, che regola la fattispecie di scoperte fortuite. Come ha esattamente rilevato il Tribunale di Roma, nella sentenza di primo grado, la disposizione del terzo comma dell'art. 49 si inserisce in un insieme di altre disposizioni della stessa legge, che hanno una comune finalit e che, da una parte, stabiliscono misure remunerative (artt. 44, 46 e 47), dall'altra, misure sanzionatorie (artt. 59, 64, 65 e 69), l'entit delle quali fissata con provvedimenti amministrativi. Si tratta, dunque, in ambedue le ipotesi, di obbligazioni di diritto pubblico, che, nel primo caso, sono a carico dell'amministrazione e, nel secondo, a carico del privato. Tra i due tipi di obbligazione, tuttavia, c' una ulteriore differenza, parti colarmente importante per una corretta impostazione del problema di giurisdi zione, di cui si discute: mentre le misure sanzionatorie (a carico del privato) hanno carattere risarcitorio per l'amministrazione e, conseguentemente, la legge dispone che debbano essere stabilite sulla base del valore o della diminuzione di valore della cosa; le misure remunerative hanno carattere di premio, come espressamente risulta dalla loro denominazione legislativa, e sono dalla legge limi tate solo per quanto attiene alla misura massima, che evidentemente una limi tazione fatta nell'interesse pubblico. II premio, pertanto, stabilito discrezional mente dall'amministrazione, la quale deve tener conto, in tale determinazione, dell'interesse pubblico all'acquisizione delle cose d'interesse artistico o storico e provocare, mediante l'assegnazione dei premi, un'adeguata incentivazione alla loro denuncia e consegna. Che le disposizioni, che stabiliscono premi per scopritori e proprietari, siano dettate esclusivamente nell'interesse pubblico, risulta chiaro dal confronto con le corrispondenti disposizioni della legge 20 giugno 1909, n. 364, che regolava in precedenza la stessa materia. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 411 Che la posizione del privato proprietario (del fondo in cui le cose di interesse storico o artistico vengono rinvenute) o scopritore (delle cose stesse) rispetto al premio, in natura o in denaro, previsto nelle varie ipotesi (ricerche svolte direttamente dallo Stato: artt. 43 e 44; concessione per la ricerca in fondi altrui: artt. 45 e 46; autorizzazione per la ricerca in fondi propri: art. 47; scoperta in fondi propri o altrui: artt. 49 e 50) configurate nel capo V della legge n. 1089 del 1939 sia di diritto soggettivo, in quanto direttamente ed immediatamente tutelata, attestato, in primo luogo, dalla lettera del dato normativo. Nel quale sono puntualmente adottate al riguardo le stesse espressioni impiegate con riferimento ad altre posizioni certamente di diritto, considerate nel medesimo contesto. Cos si parla di premio fissato dal Ministero (art. 46, quarto e quinto comma), come di importo fissato ancora dal Ministero si parla pure per le spese da rimborsare al concessionario (art. 45, quarto e L'art. 15, terzo comma, di quella legge disponeva testualmente: Le cose scoperte appartengono allo Stato. Di esse sar rilasciata al proprietario del fondo una quarta parte oppure il prezzo equivalente a scelta del Ministero della pubblica istruzione . L'art. 17, secondo comma, era cos formulato: Delle cose scoperte sar rilasciata agli enti o ai privati la met oppure il prezzo equivalente alla met, a scelta del Ministero della pubblica istruzione. L'art. 18, quarto comma, stabiliva, poi: Delle cose scoperte fortuitamente sar rilasciata la met o il prezzo equivalente, a scelta del Ministero della pubblica istruzione, al proprietario del fondo, fermi restando i diritti riconosciuti al ritrovatore dal codice civile verso il detto proprietario. Si tratta, dunque, di disposizioni completamente diverse, sia nella formulazione letterale, sia nel significato logico, da quelle contenute negli artt. 44, secondo comma, della legge vigente. Sotto l'impero della vecchia legge, al proprietario era attribuita una parte delle cose scoperte, in misura legislativamente stabilita, e si veniva cos a configurare a suo favore una posizione giuridica direttamente ed immediatamente tutelata con i precisi ed incontestabili connotati del diritto soggettivo. Nelle attuali disposizioni non vi pi a favore del proprietario l'attribuzione di una parte delle cose scoperte o del loro valore, ma semplicemente il riconoscimento della spettanza di un premio, la cui misura viene stabilita con provvedimento amministrativo, con la sola indicazione legislativa del suo limite massimo. Evidente, dunque, la radicale modificazione operata dalla legge del 1939 sia della formulazione letterale delle disposizioni esaminate sia del loro significato logico e, quindi, della loro portata normativa. Modificazione d'altra parte, non casuale e che nella relazfone alla Camera del Ministro proponente, in data 24 aprile 1939, cos precisata: Anche quando il premio conferito in natura, esso, appunto perch premfo, non mai corrisposto a titolo di compenso di un diritto sulle cose ritrovate o scoperte, ma serve ad attuare un evidente criterio di giustizia retributiva (1). (I) Relazione in Le leggi, 1939, pag. "!!94. 412 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quinto comma) o aH'autorizzato (art. 47, secondo comma) nel caso di revoca della concessione o della autorizzazione. Cos, ancora, il diniego del privato di aderire alla determinazione del premio in tal guisa compiuta dal Ministero espresso in termini negativi (tra loro equivalenti) di disaccordo (art. 44, terzo comma; art. 47, ultimo comma) o di non accettazione (art. 46, quarto e quinto comma; art. 49, quarto e quinto comma) affatto conformi a quelli riferentisi alla determinazione, rispett~vamente, dalla indennit di occupazione degli immobili per l'esecuzione di ricerche archeologiche di ufficio (art. 43, terzo comma), e -nuovamente -delle spese da rimborsare in caso di revoca della concessione o della autorizzazione alla ricerca (art. 45, quinto comma; art. 47, secondo comma). Le disposizioni ,considerate, quindi, hanno natura giuridica di norme di azione ed attribuiscono al privato un meno interesse legittimo all'emanazione del .provvedimento. fil dimtto soggetivo a:lla presta2fone (corresponsione del premio) sorge solo quando il provvedimento costitutivo stato emanato da parte dell'amministrazione. I riflessi di questa impostazione e di queste definizioni giuridiche sui problemi della giurisdizione sono evidenti: appartengono al giudice amministrativo tutte le controversie riguardanti la mancata o illegittima emanazione del provvedimento; appartengono, invece, al giudice ordinario le controversie concernenti la sua esecuzione (2). Questa ripartizione delle possibili controversie fra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa costituisce puntuale applicazione delle regole generali elaborate dalla giurisprudenza (3), che proprio in materia di obbligazioni di diritto pubblico, ha avuto recente conferma in una serie di sentenze della Cassazione, riguardanti provvedimenti di fissazione delle tariffe di servizi pubblici (4) e di servizi portuali (5). Che poi in concreto nel presente giudizio si discuta della pretesa illegittimit del provvedimento, con cui l'Amministrazione ha stabilito la misura del premio da corrispondersi al proprietario del terreno, nel quale stata rinvenuta la statua, non contestabile sulla base delle conclusioni precisate da controparte in primo ed in secondo grado n messo in dubbio dalla interpretazione, che della domanda attrice hanno concordemente dato i giudici di merito. 2. -Per giungere ad affermare la giurisdizione dell'autorit giuc:iziaria ordinaria, la Corte di merito ha sovvertito il significato e la portata dell'art. 44 con una interpretazione, che si riassume nei seguenti punti: a) l'art.. 44, che, nel sancire l'appartenenza allo Stato delle cose ritrovate, attribuisce correlativamente al proprietario dell'immobile il diritto ad un premio, (2) M. S. GIANNINI, Le obbligazioni pubbliche, Iandi-Sapi, Roma, 1964, pag. 62. (3) Cass., sez. un. civ., 5 novembre 1973, n. 2856, in Foro it. mass., 1973, 802. (4) Cass. sez. un. civ., 22 agosto 1972, n. 2699, in Giust. Civ. Mass., 1972, 1515; Cass., sez. un. civ., 9 gennaio 1974, n. 61, ivi, 1974, 31. (5) Cass., sez. un. civ., 20 aprile 1974, n. 1094, in Giust. Civ. Mass., 1974,. 503; Cass., sez. un. civ., 4 giugno 1974, n. 1605, ivi, 1974, 731; Cass., sez. un. civ., 5 giugno 1974, n. 1629, ivi, 1974, 739; Cass., sez. un. civ., 27 giugno 1974, n. 1912, ivi, 1974, 859; Cass., sez. un. civ., 8 luglio 1974, n. 1999, ivi, 1974, 902. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 413 Inoltre, una tutela normativa diretta ed immediata, senza la intermediazione1 di alcuna interferenza provvedimentale della P.A. quanto al momento costitutivo della fattispecie, manifesta la locuzione spetta , con cui pi volte espressa la attribuzione del premio (al concessionario: art. 46, terzo comma; al proprietario: art. 49, terzo comma; allo scopritore: art. 50, con formulazione al negativo) letteralmente conforme a quella nel diritto comune usata, tra l'altro, per delineare fa posizione, certamente di diritto, conferita agli interessati (proprietario e ritrovatore) rispetto al tesoro (art. 714 e.e. vigente). N in senso contrario pu utilmente addursi la funzione meramente incentivante -attestata dalla stessa sua denominazione normativa che, secondo il ricorrente, il premio assolverebbe in favore della effettiva acquisizione alla mano pubblica delle cose di interesse storico ed archeologico rinvenute da privati. Da un lato, perch una funzione siffatta, quand'anche esistente, non certo l'unica asslta dall'istituto, essa costituisce una tipica norma di relazione, diretta a tutelare specificamente la posizione del privato, che trova in essa la garanzi immediata della propria sfera patrimoniale (pag. 14); b) all'amministrazione riservato, invero, non il potere di fissare discrezionalmente il premio, ma di operare un giudizio estimativo del pregio e del vai1oI1e dei reperti e di provvedere, in v&a conseguenz1ale, aili1a oommisurazion~ del premio, secondo i moduli tipici della discrezionalit tecnica (pag. 15). Fulcro di questa interpretazione l'argomento, svolto nel primo dei due passi precedentemente trascritti e sorretto dalla asserita correlazione tra appartenenza allo Stato delle cose ritrovate e diritto del proprietario al premio, il quale si risolve in un evidente sofisma. Infatti, l'affermazione legislativa dell'appartenenza allo Stato di tutte le cose ritrovate, che abbiano interesse artistico e storico, ha la conseguenza esattamente opposta: che nessun diritto deriva dal semplice fatto del ritrovamento ad alcun altro soggetto e, quindi neppure al proprietario dell'immobile, in cui il ritrovamento avvenuto. E la relazione del Ministro proponente -come si visto - in questo senso assolutamente chiara. I giudici di appello, poi, omettono di considerare un elemento fondamentale, posto in evidenza dalla sentenza del Tribunale: la corrispondenza e la identica finalit che le misure remunerative e quelle sanzionatorie harino nel contesto legislativo per quanto riguarda i ritrovamenti e le scoperte. L'argomentazione dei giudici di merito , dunque, evidentemente erronea nella sua impostazione logica, in quanto, da una parte, mette in relazione fra loro, in rapporto di conseguenzialit, due elementi (appartenenza allo Stato delle cose ritrovate e premio), che un corretto procedimento logico vuole in posizione di antitesi; dll'altra, omette di considerare la relazione, anzi l'identit, esistente fra lo scopo di uno di questi elementi (premio) e lo scopo di altri elementi (misure sanzionatorie), per cui si perverrebbe ad una opposta qualificazione. Erroneo, naturalmente, anche il risultato del ragionamento, con cui viene attribuito al premio, oltre alla qualificazione di diritto soggettivo, anche il carattere di indennizzo. E questo contrasta, prima ancora che con i lavori parlamentari, con la stessa denominazione di premio, che gli data dalla legge, in comune con l'analogo compenso riconosciuto allo scopritore e, soprattutto, con l'attribuzione all'autorit amministrativa del potere di stabilire la misura con il solo obbligo di non superare un limite massimo legislativamente stabilito. Non c' RASSEGNA DELL'AVVOCAIURA DELLO STATO 414 risultando del tutto estranea (almeno) all'ipotesi del proprietario non scopritore, certamente non tenuto alla denunzia eppure egualmente beneficiario del premio (artt. 48 e 49). Dall'altro, perch comunque il fine .di incentivazione, in s, neutro rispetto al tipo di strumento normativo adottato per realizzarlo, che pu dunque essere anche quello del diritto soggettivo, come del resto confermato dal raffronto con la disciplina dettata dal diritto comune per il ritrvamento delle cose smarrite, dove pure prevista, e con la medesima denominazione di j premio, una attribuzione patrimoniale con funzione incentivante in favore del ritrovatore (art. 718 e.e. 1865; art. 930 e.e. vigente). dubbio che il risultato di un'interpretazione, che sia in contrasto con la formu lazione letterale della legge, decisivo per rifiutarla, sia per una corretta appli cazione dell'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale, sia perch -come dice Ihering -per il diritto, come per la contabilit sui risultati che va controllata l'esattezza delle operazioni: se i primi sono sbagliati, vuol dire che ci deve essere un errore nelle seconde (6). Nella interpretazione dei giudici di appello sono palesi i richiami e le suggestioni di una concezione romanistica del diritto di propriet e, in particolare, dell'acquisizione del tesoro (7), che, se pur recepita dall'art. 932 cod. civ., deci samente opposta ai principi giuridici vigenti in materia di cose di interesse arti" stico e storico, che costituiscono il prodotto di una civilt e di una cultura comple tamente diverse e considerano tali cose, non gi per il loro valore economico, destinato ad accrescere e confluire in un patrimonio privato, ma per il loro valore artistico, storico, archeologico, ecc., che deve restare acquisito al patri monio della collettivit. Ed anche su questo punto utile consultare la relazione ministeriale (8). Per una corretta interpretazione delle disposizioni, di cui si discute, ne cessario invece, individuare -ed qui la radice del contrasto tra sentenza di primo grado e di secondo grado -l'oggetto della tutela giuridica, in altri termini, l'interesse giuridico protetto ed occor,re proprio partire dal primo comma dell'art. 44, il quale stabilisce, come si detto, che le cose ritrovate appartengono allo Stato. Tutte le ulteriori disposizioni del capo quinto della legge derivano da questo principio normativo, ne rappresentano i corollari e costituiscono un'analitica regolamentazione delle denunce, consegne, rimozioni, cui sono obbligati proprietari e scopritori per consentire l'acquisizione da parte della pubblica amministrazione delle cose ritrovate. Ed allo scopo di favorire l'osservanza di queste disposizioni che la legge, da una parte, stabilisce sanzioni, dall'altra, premi per proprietari e scopritori. I premi, inoltre, non hannc alcun carat (6) IERING, Serio e faceto nella giurisprudenza, Sansoni -Firenze, 1954, pag. 367. (7) Thesauros, quos quis in suo loco invenerit, divus Hadrianus, naturalem acquitatem secutus, ei concessit qui invenerit... si quis in alieno loco, non data ad hoc opera, sed fortuitu invenerit, dimidium domino soli concessit I. 2.1.29. (8) Il principio informatore di tale disciplina che-le cose, aventi valore artistico, storico, archeologico, etnografico, ritrovate in seguito a ricerche o fortuitamente scoperte, appartengono in ogni caso allo Stato. Non necessario per darsi ragione di questo principio ricorrere al concetto generale, che cos vivamente discusso, della demanialit del sottosuolo; sembrato che la speciale natura delle cose, di cui parola, potesse bastare a giustificare l'appartenenza di esse allo Stato, tutore del patrimonio culturale della nazione Relazione del Ministro, in Le leggi, 1939, pag. 894. 415 PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE La verit, peraltro, che l'attribuzione del premio -come questa Corte Suprema ha gi ritenuto (Cass. 12 ottobre 1954 n. 3623) -svolge quanto meno anche, se non soprattutto, una funzione in senso lato compensativa della diminuzione, o comunque del mancato incremento, patrimoniale, che, se pure non ravvisabile all'interno della disciplina speciale dettata per la materia in ragione dell'attribuzione della propriet dei reperti in via originaria allo Stato, si coglie per con tutta evidenza ove si faccia riferimento alla normativa sul tesoro in diritto comune, alla quale la legge speciale deroga negando, appunto, l'acquisto reale in capo sia al proprietario del fondo, che allo scopritore. E tale funzione lata tere risarcitorio o di indennizzo sia per la inequivoca denominazione data dalla legge sia perch, come ha rilevato il Tribunale, appartenendo le cose ritrovate allo Stato, non configurabile alcun fenomeno espropriativo sia, infine, perch sono stabiliti da identiche disposizioni a favore di proprietari e scopritori. Se dunque queste prestazioni patrimoniali, stabilite dalla legge a carico dell'amministrazione ed a favore del proprietario e dello scopritore, hanno, non solo il nome, ma la funzione e la natura giuridica di premio o, come ha detto il Tribunale, di stimolo e di tangibile riconoscimento verso chi ha denunziato le cose ritrovate, chiaro che l'interesse giuridico protetto in via diretta dalla norma quello dell'incremento del patrimonio artistico ed archeologico dello Stato, rispetto al quale l'interesse del privato alla percezione del premio meramente strumentale e si presenta come interesse coincidente e, quindi, occasionalmente protetto. Questa la ragione, per cui la legge fissa esclusivamente il limite massimo del premio ed attribuisce all'amministrazione il potere di stabilirne in concreto, di volta in volta, la misura, sulla base di una valutazione discrezionale dell'interesse pubblico tutelato e, quindi, in una posizione di evidente supremazia rispetto al privato. :E dunque inesatta anche la seconda affermazione dei giudici di merito precedentemente riferita, secondo cui all'amministrazione non sarebbe attribuito il potere discrezionale di stabilire la misura del premio, ma solo di operare un giudizio estimativo del pregio e del valore dei reperti, mediante un'attivit vincolata all'osservanza di canoni di natura estetica, tecnica ed economica. Come gi si accennato, questa tesi decisamente smentita, oltrech dal confronto con le disposizioni della legge precedente, in primo luogo, dalla chiara formulazione letterale della disposizione (al proprietario sar corrisposto dal Ministro... un premio, che in ogni caso, non pu superare il quarto del valore ), la quale non vincola affatto il premio ad una misura o ad un criterio determinato; inoltre, dalla disposizione contenuta nel comma successivo, in base alla quale in caso di disaccordo, il premio determinato insindacabilmente e in modo irrevocabile da una commissione. n che pone, ancora una volta, un preciso riferimento all'esercizio del potere discrezionale nella determinazione del premio ed al conseguente difetto di giurisdizione dell'autorit giudiziari ordinaria in ordine alle relative controversie. 3. -Quest'ultima osservazione consente di passare ad esaminare un ulteriore argomento, con cui i giudici di appello sostengono la loro decisione. Essi affermano che il premio avrebbe natura di diritto soggettivo, anche perch in caso di disaccordo, ogni questione devoluta non ad un organo di 416 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO mente indennitaria suffraga l'interpretazione desunta dal dato letterale, evidenziando la ratio della tutela a livello di diritto soggettivo accordata al privato interessato in ordine al premio dovuto per il reperimento dei reperti storici ed archeologici. A conclusioni diverse neppure conduce l'indagine storica. Vero , infatti, che mentre nella legge precedente, la quale gi consentiva la corresponsione del premio secondo l'alternativa (in natura, cio mediante il rilascio di una parte delle cose -ritrovate, e in denaro) mantenuta in quella attuale, il quantum dell'attribuzione patrimoniale era determinato in misura fissa, invece oggi ne stabilito solo il limite massimo, in tal guisa riducendosi per il pr_ivato l'area di certezza del rapporto e correlativamente ampliandosi il potere di scelta inizialmente riservato alla P.A. Ma vero anche -quanto al momento finale e risolutivo della vicenda, che a tale scelta segue ove il privato non aderisca giurisdizione speciale, ma ad una commissione, la quale, per la compoSJ.z10ne essenzialmente paritetica, per la natura squisitamente tecnico-economica della controversia, per la insindacabalit della decisione, presenta i connotati tipologici di un arbitrato libero, preordinato ad una sistemazione conciliativa della vertenza, cio di un strumento, che ha incidenza risolutiva esclusivamente per la com posizione di conflitti in materia di diritti disponibili {pag. 11). Ed oltre la rclativa va!lutazione, lungi da;lil'essere affidata ad un apprezzamento insinda cabile... resta devoluta, in caso di disaccordo, al giudizio di una commissione arbitrale, alla cui costituzione le parti concorrono in forma paritetica e che, essendo chiamata a risolvere in modo irrevocabile ed ~nsindacabile una contro versia di natura economica (valore dei reperti, congruit del premio), presenta i requisiti strutturali ed i connotati tipici dell'arbitrato irrituale, cio di un strumento guridico, che opera ed ha campo di applicazione esclusivamente nella sfera del diritto privato (pag. 15 e 16). Il sillogismo, che con queste confuse argomentazioni la Corte di merito ha inteso costruire in sostanza questo: l'arbitrato libero, irrituale istituto del diritto privato, che ha la funzione di comporre conflitti in materia di diritti disponibili; la commissione per la determinazione del premio ha natura di arbi trato libero; il premio rappresenta, quindi, per il privato un diritto, con conse guente giurisdizione del magistrato ordinario. Due immediate obiezioni si oppongono a questo sbrigativo ragionamento: a) il rapporto obbligatorio controverso non rientra sicuramente nella sfera del diritto privato, non solo per la natura pubblica di una delle parti, ma anche perch regolato da disposizioni, che riguardano un'attivit amministrativa di interesse pubblico e che non lasciano spazio all'autonomia privata (9); questo non signifiq1, naturalmente che non sia ipotizzabile paritariet di rapP,orti n titolarit di diritti soggettivi da parte del privato, ma importa solo che queste norme, anche se regolano rapporti paritari, devono sempre avere come base e come presupposto la posizione di supremazia dei soggetti, cui si riferiscono (10); (9) ROMANO S., Principi di diritto costituzionale generale, Giuffr -Milano, 1945, pag. 115; ZANOBINI, Corso di Dir. Amministrativo, Giuffr -Milano, 1954, voi. I, pag. 23; BARBERO, Sistema istituzionale di diritto privato, Utet -Torino, 1955, voi. I, pag. ,59; BARASSI, Manuale di dir. civile e comm., Giuffr -Milano, 1947, voi. I, pag. 28. (10) ZANOBINI, Corso di Dir. Amministrativo, Giuffr -Milano, 1954, voi. I, pag. 26. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 417 ad essa -che nell'ordinamento attuale scomparso il richiamo al Consiglio superiore per le antichit e belle arti avverso il giudizio della Commissione peritale previsto dall'art. 15, in relazione all'art. 9, della legge 20 giugno 1909, n. 364. E mentre la (relativa) variabilit del quantum non apporta di per s un contributo decisivo alla costruzione -in chiave pubblicistica del rapporto, ben potendo essa spiegarsi anche con l'attribuzione di un maggiore spazio al lil;>ero esplicarsi dell'autonomia privata, per contro la caduta del conferimento ad un organo -dell'apparato pubblico del potere di dire l'ultima, parola in punto di determinazione del premio nettamente depone in favore di una pi accentuata privatizzazione dell'istituto. b) nell'attivit della comm1ss10ne, stabilita dagli artt. 44 e seguenti della legge 1 giugno 1939, n. 1089, non configurabile un arbitrato libero o irrituale, perch la commissione stessa non emette la sua decisione, obbligatoria per le parti, per effetto di un compromesso o, comunque, di un contratto intervenuto fra le stesse e la giurisprudenza su questo punto assolutamente inequivocabile: nell'arbitrato le parti demandano agli arbitri il compito di risolvere una controversia insorta fra loro o mediante esplicazione di 'una funzione-"giurisdizionale (arbitrato rituale) ovvero mediante una decisione, che esse parti si impegnano a considerare vincolante (arbitrato libero o irrituale); in entrambi i casi necessario per aversi arbitrato (rituale o irrituale) che le parti si siano impegnate ad eseguire la decisione arbitrale (11). Queste obiezioni, dunque, sono sufficienti per dimostrare che la commissione, stabilita dagli artt. 44 e seguenti della legge citata, non ha natura n funzione di collegio arbitrale, ma non sono sufficienti per stabilire quali ne siano in concreto natura e funzioni. E tale indagine molto utile -come esattamente ha intuito la Corte di Appello -per decidere correttamente la questione di giurisdizione. Accanto all'arbitrato rituale, disciplinato dal codice di procedura civile (articoli 806-831) ed alle altre forme di istituti affini, sorti nella pratica ed in base ai quali le parti affidano a terzi l'esercizio di attivit con efficacia nella propria sfera giuridica (arbitrato tl!ibero o irn:iituaJ:e, arbitraggio, perizia contrattua1e), sono stati stabiliti e regolati dalle leggi amministrative e dai capitolati generali analoghi collegi o commissioni, che la dottrina e la giurisprudenza hanno classificato nella categoria degli arbitrati obbligatori, distinguendoli, da una parte, dalle giurisdizioni speciali; dall'altra da commissioni o collegi amministrativi con poteri di dettare norme integrative di rapporti e fattispecie giuridiche. La prima distinzione tra arbitrato obbligatorio e giurisdizione speciale non interessa nel nostro caso. Interessa, invece, la seconda tra arbitrato obbligatorio e commissione amministrativa. E ila distinzione consiste i!I1. questo: che Q'airbilitrato obbiigatorfo deve necessariamente avere lo scopo di definire una controversia, mediante la funzione 1Jipica del giudice, che quella di acceDtarie i(con eflet1lo obhligatorio per 1e parti) una situazione giuridica esistente e gi. completamente disciplinata da legge o da contratto. Quando la funzione del collegio o commissione non quella di accer (11) Cass., sez. 1 civ., 21 marzo 1972, n. 854, in Giust. Civ. Mass., 1972, 455, con nota di richiami; BIAMONTI L., Arbitrato, diritto processuale civile, in Enciclopedia del Diritto, Giuffr . Milano, 1958, voi. I, pag. 934. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO A conferma della quale giuoca, d'altro canto, proprio lo strumento predisposto dalla legge vigente per la composizione dell'eventuale disaccordo fra P.A. e privato: ch, invero, l'attribuzione di siffatto compito ad una commissione, strutturata secondo una composizione che denota il riconoscimento normativo .di un pari peso all'interesse della prima e del secondo (pur se non riSolutiva, di per s, non essendo ignote figure similmente composte inserite in procedimenti amministrativi: Cass. S.U. 14 luglio 1971 n. 1824), ulteriormente conforta, correlata con le indicazioni ermeneutiche letterali e logiche gi menzionate, la costruzione del rapporto in chiave paritaria, cio con l'esclusione di qualsiasi posizione autoritativa della parte pubblica. N varrebbe opporre che l'analoga commissione, prevista dalla stessa legge n. 1089 del 1939 per la determi tare una situazione giuridica esistente, con effetto obbligatorio tra le parti e con Io scopo di definire una controversia, ma quella di determinare un elemento del rapporto, in forza di un potere stabilito dalla legge, il risultato della sua attivit non un lodo arbitrale, ma un atto amministrativo; e non si in presenza di un collegio arbitrale, ma di una commissione amministrativa (12). La differenza la stessa che intercorre fra arbitrato, rituale o irrituale, ed arbitraggio, con il quale le parti non tendono in alcun modo alla decisione di una controversia, ma alla determinazione di un elemento del rapporto, cui consensualmente hanno dato vita. Ma, mentre l'obbligatoriet della decisione dell'arbitratore deriva da contratto ed ha, quindi, la sua radice nell'autonomia privata, l'obbligatoriet della decisione dell'organo amministrativo deriva dalla legge e, precisamente, dal potere di supremazia, che all'organo stesso conferisce l'ordinamento giuridico. 1 Questa conclusione, che ravvisa nella commissione un organo amministrativo, e non un collegio arbitrale, e nella determinazione del premio un atto amministrativo, e non un lodo, non minimamente ostacolata dalla composizione della commissione stessa (13), cui la Corte di merito ha ritenuto, invece, di dare importanza determinante. Non infatti infrequente che la composizione di organi e collegi amministrativi sia stabilita in modo da assicurare garanzie di imparzialit (14). Ma ci che conta per individuarne la natura giuridica essenzialmente la funzione esercitata. Questa conclusione, d'altra parte, avvalorata sia dal rilievo che la commissione svolge, in seconda istanza, la stessa attivit gi posta in essere dal Ministro sia dalla stessa formulazione letterale dell'art. 44, terzo comma, il quale, oltre a non far cenno della natura arbitrale della commissione, dice espressamente che la determinazione del premio insindacabile, il che chiaramente comporta l'esercizio di un potere discrezionale. (12) CAPACCIOLI, L'arbitrato nel dir. amministrativo -I, Le fonti, C.E.D.A.M., Padova, 1957, pag. 102 e seguenti. (13) Art. 44, terzo comma, legge 1 giugno 1939, n. 1089: In caso di disaccordo, il premio determinato insindacabilmente ed in modo irrevocabile da una commissione composta di tre membri da nominarsi uno dal Ministro, l'altro dal proprietario e il terzo dal presidente del Tribunale . (14) Decreto legge 22 luglio 1923, n. 1633; decreto legge 4 marzo 1926, n. 681: decreto legge 25 gennaio 1920, n. 50; testo unico 15 ottobre 1925, n. 2578. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 419 nazione del prezzo di prelazione ex art. 31, stata di recente qualificata organo amministrativo c;la questa Corte Suprema a sezione semplice (Cass. 17 febbraio 1976 n. 514), sia perch pu dubitarsi -come gi . stato osservato in sede di commento critico alla decisione citata -della coerenza di tale valutazione con la conclusione in quell'occasione attinta in punto di individuazione del giudice competente a conoscere della relativa impugnativa; sia perch la molteplicit delle soluzioni normative dalla legge speciale apprestate, al di l della apparente identit formale degli schemi adottati, per le varie situazioni regolate un dato ermeneutico ben presente alla giurisprudenza pi recente (Cons. Stato, Sez. VI, 5 marzo 1965, n. 128, in tema di art. 59), che ha recepito gli spunti critici in tal senso svolti dalla dottrina in occasione di precedenti arresti di questa Corte Suprema (Cass., Sez. Un., 28 ottobre 1959, n. 3165, in tema di art. 64), nei quali sembravano potersi cogliere accenni contrari, lasciati poi cadere in successive pronunzie (Cass., Sez. Un., 3 maggio 1974, n. 1235, ancora in tema di art. 64). La configurazione paritaria dalla legge data al rapporto , appunto, quanto basta per negare il difetto di giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria sotto il profilo prospettato dall'Amministrazione ricorrente (in conformit, del resto, di quanto per implicito ritenuto dalle precedenti pronunzie di questa Corte Suprema, che mai ha dubitato in passato della configurabilit di un vero e proprio diritto soggettivo al premio: Cass., Sez. Un., 31 marzo 1942, n. 886; Cass., 24 maggio 1943, n. 1251; Cass., n. 3623 del 1954 citata). In conclusione, la determinazione del premio fatta per mezzo di due provvedimenti, che hanno lo stesso scopo (stabilire la misura dell'obbligazione dell'Amministrazione) e la stessa natura giuridica (atto amministrativo): il primo, necessario ed insopprimibile, posto in essere dal Ministro; il secondo, eventuale, posto in essere dalla commissione, la cui nomina e la cui attivit effetto della mancata accettazione da parte del privato del premio stabilito con il provvedimento ministeriale. Tale procedimento non comporta, dunque, alcun accordo con il privato n alcuna sua cooperazione nella determinazione del premio, che , sia nel primo che nel secondo caso, stabilito unilateralmente dal Ministro e dalla commissione. Nel procedimento la volont del privato ha unicamente rilevanza in quanto si manifesti nel diniego di accettazione del premio fissato dal Ministro, il che d luogo alla nomina ed al provvedimento della commissione. Che, infine, ambedue i provvedimenti abbiano carattere discrezionale deriva proprio dalla loro natura giuridica e dal loro scopo; stato inoltre, ampiamente dimostrato nelle pagine precedenti e, per il provvedimento della commissione, espressamente affermato dalla legge. Di qui il difetto di giurisdizione del magistrato ordinario, relativamente a tutte le controversie, concernenti la misura del premio. ENRICO VITALIANI RASSEGNA DELI:'AVVOCATURA DELLO STATO D'altro canto, una volta negata la natur amministrativa della commissione, attributaria del potere di comporre il disaccordo tra le parti in .ordine alla determinazione convenzionale del premio, e conseguentemente esclusa la possibilit di inferire dalla presenza di essa argomenti contrari alla configurazione privatistica del rapporto ex lege istituito tra P.A. e privati in ordine al premio, estranea al problema ora in discussione -il quale si risolve riconoscendo alla determinazione consensuale del premio natura e sostanza di contratto, stipulato dalla P.A. sul piano del diritto privato secondo un procedimento, normativamente tipizzato, che muove dall'offerta della parte pubblica e si conclude con l'accettazione della parte privata - la individuazione al positivo dell'esatta natura dell'intervento esplicato dalla Commissione stessa. Non importa, cio, stabilire se, non raggiunto l'accordo o caduto, in via di impugnativa, l'accordo stipula:to in ordine alla determinazione del premio, l'inter( 2) Se spetta il premio allo scopritore nel caso di omessa denuncia delle cose storiche o artistiche ritrovate. La Corte di appello ha affermato che non spetta il premio allo scopritore cbe abbia omesso di denunciare le cose storiche o artistiche ritrovate. Tale principio, sulla cui esattezza non sussistono dubbi come dimostreremo, in contrasto con la sentenza 12 ottobre 1953 n. 3623 della Corte di Cassazione, pure richiamata, di recente dalle sezioni unite. Per criticare tale sentenza occorre individuare le ragioni che l'hanno giustificata. Va precisato che all'esame della Corte Suprema erano state sottoposte due posizioni distinte, anche se connesse: quella del proprietario dell'immobile ove avvenne la scoperta (il quale era anche detentore) e quella dello scopritore, e la Cassazione ha riconosciuto il diritto al premio al proprietario tenendo conto delle disposizioni speciali della legge n. 1089, in base alle quali, appartenendo allo Stato le cose che per la legge generale (art. 932, 2 comma e.e.) spetterebbero al proprietario del fondo, a costui col riconoscimento del premio si inteso attribuire una quasi riparazione per il sacrificio che il suo diritto venuto a subire nell'interesse della generalit . E la Cassazione ha poi aggiunto che, non avendo il proprietario alcun obbligo di denuncia, non si pu porre nei suoi confronti la questione se il premio spetta nel caso di inadempimento dell'obbligo. Tale statuizione, limitata al proprietario, da condividersi. A prescindere dalla natura del diritto al premio (di cui poi si dir) certo che al proprietario il premio spetta senza che abbia rilevanza la denuncia cui egli non obbligato. Nessuna questione o dubbio pu sorgere nei suoi confronti. Il premio spetta al proprietario dell'immobile solo se, a sua insaputa, sia avvenuta la scoperta, che appunto fortuita ai sensi dell'art. 49, cos come spetta al proprietario dell'immo bile ove sia avvenuto il ritrovamento in seguito a concessione ai sensi degli artt. 45 e 46 o in seguito ad autorizzazione ai sensi dell'art. 47 di ricerche archeolo giche. Se nessuna violazione dell'obbligo della denuncia, per le ragioni ora dette pu compiere il proprietario dell'immobile, questi e resta titolare del diritto al premio. Non pu escludersi, tuttavia, che egli sia anche detentore delle cose scoperte e come tale obbligato alla denuncia ai sensi dell'art. 48, 3 comma, o anche scopri PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 421 vento della commissione si collochi sul piano giurisdizionale su quello negoziale, e se, nel primo caso, essa operi in veste di giudice speciale oppure -come questa Corte Suprema, sia pure in via meramente incidentale, ha gi mostrato di opinare con riferimento alla legge previgente (Cass., Sez. Un., 16 dicembre 1933) -in sede di arbitrato obbligatorio, e, nel secondo caso, come arbitro irrituale, o arbitratore, o perito. Trattasi~ invero, di profili, che afferiscono ad una (eventuale) fase successiva a quella che ne occupa -nella quale occorre stabilire soltanto se debba il privato rimanere vincolato, oppur no, alla determinazione convenzionale cui addivenuto con la P.A. -e che, ferma la competenza, lato sensu intesa, della Commissione a provvedere alla determinazione sostitutiva di quella negoziale, non raggiunta o caducata, comunque attengono alla individuazione dei successivi rimedi giurisdizionali esperibili contro la pronunzia della stessa Commissione. tore e come tale pure obbligato alla denuncia ai sensi dell'art. 48, 2 comma. Ma entrambe le eventualit che nell'uno e nell'altro caso gli derivano dalla diversa qualit di detentore o di scopritore incidono sulla sua posizione di proprietario (e sui diritti relativi), trattandosi di un unico soggetto che pu acquisire il diritto al premio solo se abbia adempiuto le formalit che la legge prescrive (di cui poi si dir). Pertanto, ove mai egli sia in commissum, perch abbia violato la legge, divenendo penalmente responsabile, in quanto abbia omesso l'obbligo della denuncia ai sensi dell'art. 63 ovvero si sia impossessato di cose antiche ai sensi dell'art. 67 (sia da solo sia in concorso con altri), codesta responsabilit penale esclude l'acquisizione del diritto al premio, senza che sia possibile considerare in modo autonomo e diverso Ja sua posizione di proprietario, trattandosi di un solo soggetto penalmente perseguibile (contrariamente all'avviso espresso dalla Cassazione). Diverso discorso occorre fare per lo scopritore nei cui confronti sancito l'obbligo della denunzia. La Cassazione ha affermato che in base alla legge gene rale (art. 932) lo scopritore acquisterebbe la propriet dlla cosa a titolo di inven zione e se la legge speciale gli attribuisce tale diritto, il premio ha il caratter~ dell'indennizzo e quindi lo stesso fondamnto giuridico del diritto che spetta al proprietario dell'immobile. Tale ragionamento non pu condividersi, e ne va dimostrata la inconsistenza giuridica se si vuole ottenere una soluzione giudiziaria diversa della questione prospettata. Non vi dubbio che il rinvio dell'art. 932 e.e. alla legge n. 1089 fa s che, da un punto di vista sistematico la scoperta fortuita di cose artistiche o storiche si inquadra nell'istituto giuridico del tesoro, ma tale inquadramento non esclude che la legge speciale possa derogare alla legge generale, conferendo alla disciplina della scoperta proprie caratteristiche che la distinguono da quella del tesoro, cui non pu ritenersi subordinata (la. giurisprudenza e la dottrina, un tempo orien tate in senso diverso: App. Trieste 21 marzo 1901, Foro lt. 1901, I, 1236; GABBA, Giurispr. 1901, I, 2, 563, possono ritenersi superate). Se un presupposto comune al tesoro e alla soperta di cose artistiche, e cio l'assenza del proprietario (cfr. per tale criterio la sentenza della Cassa zione sulla Niobide, 26 marzo 1918, Foro lt. 1910, I, 682), tale da giustificare l'accennato inquadramento, la disciplina speciale , tuttavia, diversa da quella RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Ci che in questa sede unicamente conta, -come gi si sottolineato -individuare quale sia il giudice giurisdizionalmente competente a conoscere della domanda proposta dal Soldini affinch sia annullato, per asserito vizio del consenso, l'accordo raggiunto con la P.A. per la determinazione del premio dovutogli in relazione al rinvenimento della nota statua. -(Omissis). II (Omissis). -Ci premesso, il Fontana lamenta che il primo giudice abbia ritenuto insussisten~e il diritto al premio previsto dalla legge 1 giugno 1939, n. 1089, nei confronti dello scopritore che abbia omesso di generale: per la prima, in assenza di un proprietario attuale, le cose scoperte appartengono allo Stato originariamente; per le seconde il tesoro appartiene per met al proprietario del fondo, per met allo scopritore: in entrambi i casi l'acquisto a titolo di invenzione. In seguito all'inventio sorge il diritto di propriet dello Stato (Demanio), che esclude, per incompatibilit, altri diritti reali. Si discusso in passato sul fondamento e sulla legittimit di tale diritto, che ancora oggi viene da taluni criticato (DE MARTINO, Commetario a cura di Branca e Scaloja, Della propriet, 380, sulle orme del Perozzi); ma, ormai in virt dell'espressa disposizione della legge n. 1089, la discussione ha solo un valore storico. Lo scopritore non ha un diritto reale: non ha un diritto dominicale per invenzione, contrariamente a quanto ritenuto dalla Cassazione, e quindi non pu pretendere alcun indennizzo. In seguito alla inventio, Io scopritore ha solo un diritto di credito (cfr. Sez. Un. 24 maggio 1943, Giurispr. It. 1943, I, l, 384 sulla interpretazione della legge n. 364 del 1909). Poich le cose scoperte fortuitamente ,appartengono allo Stato, allo scopritore (come al proprietario del fondo) spetta un premio. su tale aspetto che occorre insistere. La inventio, ai fini della creazione di tale diritto, si inserisce in una fattispecie complessa, la quale costituita da un fatto, consistente nella scoperta fortuita, da un atto materiale, consistente nel possesso della cosa con l'obbligo della conservazione, e da un atto volitivo, cio da una dichiarazione di scienza, consistente nella denunzia alla Autorit (cfr. BuccISANO, L'invenzione di cose perdute, Ed. 1963, pag. 53). L'effetto che ne deriva l'acquisto del diritto al premio che sorge nei confronti dello Stato proprietario della cosa scoperta (da tale aspetto evidente una diversit riguardo al tesoro, per il quale la fattispecie si perfeziona col mero rinvenimento, art. 932, senza altre formalit). Il diritto al premio non sorge solo in seguito alla inventio, ma correlativo all'obbligo della denunzia (o alla restituzione), nel senso cio che l'imposizione dell'obbligo indipendentemente dalla preesistenza di un rapporto giuridico col proprietario della cosa ed alla leceit del possesso della cosa stessa, riesce incomprensibile se non collegato all'attribuzione del diritto al premio (cfr. BuccISANO, op. cit., 56). E il collegamento consiste nel fatto che l'adempimento dell'obbligo costituisce il presupposto necessario per l'acquisto del diritto. Tale diritto trova, cio, il suo fondamento nella qualit di scopritore ed il suo sorgere i. e condizionato all'esistenza di due elementi, il ritrovamento e la denunzia (o la I ! f R ' ~ I f 423 PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE denunciare l'avvenuto ritrovamento, impossessandosi dei beni e parzialmente disperdendoli. Secondo il Fontana il diritto al premio non sarebbe condizionato alla denuncia del ritrovamento, ma solo alla circostanza che i beni finisc;;; no col pervenire allo Stato. Ci in quanto dovrebbe in ogni caso applicarsi la normativa prevista dall'art. 932 secondo comma e.e., per la quale qualunque cosa mobile di pregio, nascosta o sotterrata, della quale nessuno pu provare di essere il pr"oprietario, appartiene al proprietario del fondo su cui si trova. L'assunto palesemente errato. restituzione) (NICOL, Le Banconote del Nizam: configurazione giuridica del recupero, Riv. Dir. Nag. 1937, I, 172). Pi precisamente il diritto di cui si discute sorge nello scopritore non iure inventionis, che pu invocarsi solo sulle cose che non hanno padrone (nella specie le cose sono dello Stato), bens ex lege e cio se egli si uniformato alle disposizioni di legge, concorrendo i presupposti che la legge prevede. Confortano tale soluzione la indagine storica, il raffronto con analoghi istituti e la natura del diritto. Nel passato si escludeva la propriet dello Stato sulle cose scoperte (il che trova riscontro nel diritto romano e nello Stato pontificio, dove erano lasciate libere le antichit classiche -lo stesso Editto Pacca non attribu alcun diritto allo Stato sui ritrovamenti, salvo i diritti fiscali sul tesoro -e trova applicazione con la sentenza della Corte di appello di Roma 28 luglio 1906 per la Fanciulla di Anzio, Foro It. 1906, I, 1335). Successivamente si affermata tale propriet, e nello stesso tempo stata eliminata la confisca prevista dall'art. 35 dalla legge del 1909 come sanzione (oltre alla multa) contro i trasgressori degli obblighi di legge e specialmente dell'obbligo dell'immediata denunzia all'Autorit delle scoperte fortuite ed stato attribuito il premio allo scopritore (art. 49 della legge n. 1089) (la necessit per lo scopritore di conseguire il premio a condizione che faccia la denunzia era sancito dall'Editto di Pacca: l'inventore che non adempie alle presenti disposizioni perde ogni diritto). Sotto l'imperio della legge del 1909 si sostenuto, e la tesi stata talvolta accolta in giurisprudenza, che la estinzione per amnistia del reato di omessa denunzia comportava il riconoscimento della propriet dello Stato sulle cose scoperte, mentre il proprietario del fondo non aveva il diritto alla met o prezzo equivalente delle cose stesse (cfr. Giur. cit. in GRISOLIA, La tutela delle cose d'arte, 469). Se poi il diritto al premio viene posto a raffronto con analoghi istituti privatistici, ove esso pi compiutamente disciplinato (ad esempio con il premio spettante al ritrovatore di cose smarrite nel quale la inventio, ai fini del sorgere del diritto, si inserisce in una fattispecie complessa, di cui fa parte l'obbligo della denunzia) si deve osservare come il premio spetta solo ove concorrano i vari elementi della fattispecie. Pi precisamente, per le cose smarrite il premio spetta solo se il ritrovatore ha adempiuto agli obblighi di legge: cfr. DE RuGGIERO, Istituzioni di diritto civile, I, 572: dottrina pacifica). Anche la giurisprudenza pacifica in tal senso (Cass. 9 dicembre 1941 n. 2901, Foro lt. 1942, I, 137, motiv.: "la cosa smarrita appartiene al ritrovatore ex lege, se si uniformato alle disposizioni di legge, e non gi iure inventionis, che non pu invocarsi se non sulle cose le quali non hanno. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Se vero, infatti, che il tesoro appartiene al proprietario del fondo, non potendosi provare l'esistenza di alcun altro titolare del diritto di propriet, nella specie si concreta una diversa ipotesi, quella prevista dall'art. 826 secondo comma e.e., per la quale fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato le cose d'interesse storico, archeologico, paletonologico, paleontologico ed artistico, da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo. Nessuna natura di indennizzo per il sacrificio di un diritto non esistente pu quindi riconoscersi alla pretesa del Fontana, che neppure pu sostenere un diritto al premio previsto dalla legge speciale. Tale premio infatti vuole essere soltanto un incentivo ed una ricompensa allo scopritore, ove questo abbia tempestivamente denunciato l'avvenuto ritrovamento e proceduto alla consegna delle cose trvate, in adempimento alle finalit del legislatore di prevenire la ,dispersione, l'occultamento e l'impossessamento di cose di particolare interesse storico ed artistico. Detto comportamento, meritevole d'essere premiato, non pu davvero ravvisarsi; come pacifico, in quello tenuto dal Fontana. (Omissis). padrone; cos espressamente Cass. 17 luglio 1952, n. 2217, Foro lt. 1953, I, 16, che giustifica l'acquisto del diritto di propriet da parte del ritrovatore solo se si uniformato alla legge, giacch in tal caso non pu subire l'azione di restituzione, e cos giustificata anche l'acquisto del diritto al _premio; v. anche Cass. 20 agosto 1953, n. 2807, Foro It. 1954, . 168). Se la giurisprudenza ora citata sr applica in via analogica all'art. 49, sembra potersi affermare che il diritto al premio si inquadra nella legge n. 1089 e nella procedura ivi prevista, e il premio spetta se si adempiuto all'obbligo della denunzia (la cui violazione costituisce delitto: Cass. 30 marzo 1967, Foro It. 1968, II, 8), in contrasto con quanto ritenuto dalla Cassazione nella sentenza n. 3623 ed in conformit all'orientamento gi espresso in sede consultiva da questa Avvocatura (rel. 1942-~0. I, 385). Tale soluzione confortata anche da esame sulla natura del diritto al premio, il quale -come rilevasi dalla relazione Romano alla legge del 1939 - appunto perch premio, non mai corrisposto a titolo di compnso di un diritto sulle cose ritrovate o scoperte, ma serve ad attuare un evidente criterio di giustizia distributiva. Comunque, anche se controversa la sua natura (esaminata in modo ampio e preciso dalla Cass. nella sentenza n. 2807 cit.), deve escludersi che esso abbia natura di indennizzo per il sacrificio, che, nei confronti dello scopritore, viene a subire il diritto di propriet; cos come per analogia si sostiene per altre figure (premio per i ritrovamenti di relitti di mare, art. 510 cod. nav.; e di cetacei, art. 512). UGO GARGIULO 425 PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVTI..E I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 17 marzo 1976, n. 998 -Pres. Toro Est. Archidiacono -P. M. Pedace (conf.). Ministero del Tesoro (avv. dello Stato Bruno) c. Vell.a (avv. Gorrone Querini). Procedimento civile -Lavoro -Controversie ~ Opposizione all'esecuzione Competenza -Coincidenza tra giudice dell'esecuzione e giudice del lavoro. (cod. proc. civ., art. 61~ bis). La norma dell'art. 618 bis c.p.c. rifiettente l'opposizione all'esecuzione e agli atti esecutivi, nelle esecuzioni traenti titolo da controversie di lavoro innova anche in tema di competenza, ed implica coincidenza tra giudice dell'opposizione e giudice del lavoro. II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 14 febbraio 1976, n. 476 -Pres. Toro Est. Archidiacono -P. M. Pedace (conf.). Ministero del Tesoro (avv. dello Stato Bruno) c. Velia (avv. Gorrone Querini). Procedimento civile Per recupero credito di lavoro Pignoramento presso terzi . Giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo Natura di autonomo giudizio Competenza ordinaria. (Cost., proc. civ., artt. 548 e 618 bis). Poich il giudizio di accertamento dell'obbligo del terza risponde alla finalit di chiarire, in contraddittorio delle parti, la sussistenza del debito del terzo nei confronti del debitore esecutato, che riveste funzione strumentale e pregiudiziale rispetto all'esecuzione, non esercita alcuna infiuenza di esso la disciplina speciale dettata dall'art. 618 bis: ne discende pertanto l'applicabilit delle regole previste in via ordinaria dall'art. 7 e seguenti del Cod. proc. civ. Annotazioni in merito alle modifiche introdotte dalla legge 11 agosto 1973, n. 533, al regime delle opposizioni nel processo esecutivo. Le sentenze riportate toccano uno dei punti pi delicati della nuova disci . plina del processo del 1avoro: non pu infatti ancora dirsi, nonostante la massiccia applicazione di cui stata oggetto, che la legge 11 agosto 1973, n. 533 abbia regolato la difficile materia delle opposizioni nel procedimento esecutivo in maniera agevole e chiara. Pare, anzi, che il nuovo legislatore abbia voluto ripetere gli stessi errori del precedente, raccogliendo le varie forme di opposizione in una disposizione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 426 I (Omissis). -Con l'unico motivo di censura, il Ministero ricorrente osserva che l'ammontare del credito per cui si procede indica senz'altro la competenza del Tribunale, per ragione di valore. N, in contrario, pu obiettarsi che ai sensi dell'art. 618 bis sussista la competenza per materia del Pretore, come giudice del lavoro. Il secondo comma di detto art. 618 bis, infatti, per l'opposizione proposta dopo l'inizio dell'esecuzione -come nella specie -lascia ferma la competenza del giudice dell'esecuzione, ai sensi del secondo comma dell'art. 615 c.p.c.; ossia, a conferma della regola ex art. 615, comporta che il giudice dell'esecuzione trattenga o non la causa di opposizione secondo che sia o no competente di carattere generale, traendone peraltro, gli stessi inconvenienti (1) che le caratterizzano nell'ambito della disciplina ordinaria. In sostanza, anche il regime della riforma continua -almeno in apparenza ' a distinguere le opposizioni all'esecuzione da quelle agli atti esecutivi, facendo poi, uso, nell'ambito di entrambe, del concetto di presecutivit dell'opposizione>>, quando riserva alla competenza del giudice ordinario dell'esecuzione le opposizioni di cui agli articoli 615 2 comma e 617 2 comma, ed a quella del giudice specializzato tutte le altre. Al di l dei dibattiti che l'introduzione dell'art. 618 bis ha suscitato in sede di elaborazione (2), il momento caratterizzante la discriminazione di competenza rimane fissato nell' inizio dell'attivit di esecuzione (3), essendo, prima di questo, l'intero processo ancora nelle mani del giudice del lavoro anche per quanto riguarda la fase dell'opposizione. Peraltro la genericit della formulazione che devolve -almeno in linea di principio -al giudice del lavoro la competenza a decidere delle opposizioni nella fase esecutiva, apre una vasta gamma di problemi la cui esatta soluzione non si presenta agevole almeno sul piano teorico: sar ancora compito della giurisprudenza fornire un esatto inquadramento delle singole fattispecie concrete. Due appaiono comunque i parametri cui necessario far riferimento nella interpretazione della disposizione innovatrice: il primo che subordina l'applica bilit della disciplina speciale alla compatibilit di quest'ultima con la normativa ordinaria del processo di esecuzione; l'altro, che trae origine dal mutamento di natura dell'opposizione, susseguito alla riforma (4). 2. -La Corte di Cassazione, investita solo di recente della questione (5) si mantenuta su di un piano di letterale interpretazione della normativa di riforma, statuendo la devoluzione al Pretore, indipendentemente dal loro valore, delle (1) S. SATTA, Commentario dal Codice di Procedura civile Volume III, l'Esecuzione, Milano 1966, 458. (2) Un esauriente riassunto pu leggersi in: PROTO-PISANI, PEZZANA, BARONE, ANDRIOLI, Le controversie in materia di lavoro, Comm. Scialoja, Milano-Bologna 1974, 552. (3) Problema peraltro ancora dibattuto in dottrina, cfr. S. SATTA, Commentario, cit. Disposizioni Generali, Milano 1966, 132. (4) Sul punto, cfr. PROTO-PISANI ed altri cit. 560. (5) Un precedente che pare sinora unico, rimane Cass. 19 dicembre 1975, n. 421, Foro it. Mass. 1975, 1204. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 427 per valore. Il Pretore di Roma, pertanto, si sarebbe dovuto limitare a prendere atto della sua incompetenza e avrebbe dovuto trasmettere la causa di opposizione al Tribunale. Il ricorso non fondato. Osserva la Corte che la disposizione di cui all'art. 618 bis c.p.c., a proposito delle opposizioni all'esecuzione e agli atti esecutivi, nelle esecuzioni traenti titolo da controversi di lavoro, innova anche in tema di competenza, e implica coincidenza tra giudice dell'opposizione e giudice del lavoro. In particolare, per l'opposizione all'esecuzione -quale pacificamente quella in esame -l'art. 618 bis comporta che la competenza spetta al Pretore come giudice del lavoro, salva la competenza del giudice dell'esecuzione a ricevere l'opposizione proposta -come nel caso cause di opposizione in materia di lavoro, previdenza e assistenza : ed analogo assunto ha riaffermato nella prima decisione che sopra dato leggere. Il principio non ha bisogno di ulteriori chiose; alla sottrazione di materia della opposizione di rito al giudice ordinario, dovrebbe corrispondere una pi celere e sostanziale giustizia. La prosecuzione della fase esecutiva innanzi allo stesso giudice da cui origina il titolo, si presenta idonea a realizzare i canoni cui ispirato l'intero processo del lavoro: il magistrato unico, l'oralit, il contatto diretto tra le parti ed il giudice, la concentrazione e lo snellimento delle fasi processuali (6), tutte dirette alla definizione sollecita di rapporti in cui la tutela del bene della vita assume primaria rilevanza. Sotto questo profilo la normativa innovatrice per nasconde il primo pericolo, quando conserva all'ordinario giudice dell'esecuzione la competenza a conoscere della opposizione a procedimento esecutivo gi iniziato, sottraendola al Pretore, irr funzione del giudice del lavoro. Rimane cos salva l'esigenza che la validit del titolo e dei singoli atti del processo esecutivo vengano vagliati da un organo istituzionalmente ,, diverso da quello che vi ha dato vita: ma, data la farragine in cui si dibatte l'ordinario processo di esecuzione (7), la fase satisfattiva diviene soggetta agli stessi rallentamenti, che avevano indotto la legge innovativa a .sottrarre la materia alla ordinaria competenza esecutiva. da chiedersi a questo punto, se anche il giudice ordinario-dovr almeno, per quanto riguarda i principi dell'immediatezza e dell'oralit, seguire i criteri stabiliti dal legislatore del nuovo processo del lavoro, qualora investito dell'opposizione in base al secondo comma dell'art. 618 bis, eliminando ogni ostacolo processuale che rappresenti per il lavoratore un aggravio eccessivo, sia dal punto di vista delle spese, che dell'arco di tempo occorrente per la decisione della materia del contendere: e ci. appare possibile per la latitudine della formula legislativa. D'altra parte il rinvio elastico al Codice di procedura civile operato dall'art. 618 bis postula che !;applicabilit delle singole norme sia solo e semplicemente subordinata alla compatibilit di queste con la disciplina innovata, alla quale, pertanto, il giudice ordinario o specializzato che sia dovr comunque (6) M. VELLANI, Appunti sul nuovo proceso del lavoro R.T.D.P.C. 1973, 1551. (7) Cfr. le osservazioni del CONVERSO, Intervento nell'incontro sul progetto di riforma del nuovo processo del lavoro, Bologna, 12-13 giugno, Milano 1971. 4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO presente -dopo finizio dell'esecuzione stessa. Nella specie, poich il Pretore di Roma nel contempo giudice dell'esecuzione e giudice del lavoro, esattamente ha affermato la sua competenza a riceve l'atto di opposizione e a decidere (per ragioni di materia) sull'opposizione medesima, esclusa comunque la competenza per valore del Tribunale. (Omissis). II (Omissis). -Con l'unico motivo il ricorrente Ministero si duole della dichiarazione di competenza del Pretore, il quale avrebbe errato nel confondere il giudizio relativo all'accertamento dell'obbligo del terzo con ispirarsi qualora si trovi a giudicare di rapporti attinenti alla materia del lavoro. 3. -In questo contesto, la pi importante. delle innovazioni, concerne anzitut~o la generalizzazione del ricorso come (( forma dell'opposizione anche quando nel procedimento ordinario prevista la citazione con le formalit di cui all'art. 163 e segg. c.p.c.: il sistema speciale del rito del lavoro postula infatti la necessit del ricorso da notificare con pedissequo decreto nelle forme dell'art. 414 e seguenti: strumento senz'altro pi idoneo al fine di assicurare una pi rapida giustizia (9) perch richiede il compimento di una minor quantit di attivit processuali (10). Si cos venuta a realizzare, almeno per ci che concerne la forma dell'atto introduttivo del procedimento in opposizione, la sua applicazione gi da tempo auspicata dalla dottrina, che addirittura proponeva di unificare i due tipi di opposizione, stante la pi volte rilevata difficolt di distinguere quando essa fosse diretta contro l'esecuzione nel suo complesso, e quando contro i singoli atti (11). d'uopo rilevare come oltre alla forma degli atti, il procedimento di unificazione operatosi con la nuova disciplina si sia esteso anche ai termini per la proposizione dell'opposizione, dovendosi ritenere il 2 comma dell'art. 615 ed il 2 comma dell'art. 617 assorbiti, per ci che concerne i termini, dal regime stabilito dall'art. 414 c.p.c. Cos, nel caso di opposizione all'esecuzione in materia di lavoro, sar onere dell'opponente depositare il ricorso della cancelleria del Pretore, con le indicazioni (per quanto possibili). di cui all'art. 414; il Pretore stesso, come dal successivo art. 415 dovr fissare la udienza di discussione a non oltre sessanta giorni dal deposito, con proprio decreto, da notificare all'opposto, in uno con il ricorso. Per le opposizioni agli atti esecutivi, dovrebbe peraltro ritenersi salvo il termine di cinque giorni dalla notifica del titolo o del precetto di cui al 1 comma dell'art. 617 stabilito per la notifica della citazione (nella fattispecie del processo del lavoro sar da intendersi per la proposizione del ricorso) in quanto volto ad accelerare il corso della procedura (12) e pertanto pi che compatibile con il carattere della nuova disciplina. (9) A. PROTO-PISANI, Tutela giurisdizionale differenziata e nuovo processo del lavoro, Foro it. 1973, V, 231; nonch: relazione LosPI.NOSO-SEVERINI, Commissioni riunite Giustizia e Lavoro delle Camere 21 marza e 18 giugno 1971. (10) ANDRIOLI, PROTO-PISANI, Il nuovo processo del lavoro, cit. 157. (11) ANDRIOLI, PROTO-PISANI, Il nuovo processo del lavoro, cit. 457. (12) Sul termine di cinque giorni e la sua finalit, cfr. S. SATTA, Commentario, cit. 478. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 429 ' quello esecutivo o con quello di opposizione. Si tratta di un giudizio autonomo, il cui oggetto non ha riferimento alcuno ai rapporti ex art. 409 c.p.c. e si riferisce, invece, al rapporto bancario tra la Banca Nazionale del Lavoro e il Ministero del Tesoro. Tale giudizio, in considerazione dell'entit del credito per cui si procede, spetta per ragione di valore al Tribunale di Roma. Replica, ilresistente Vella, che il giudizio de quo una fase incidentale del giudizio di espropriazione presso terzi, cui strettamente connesso. Sicch, essendo stato azionato un credito di lavoro, ed essendo stata fatta opposizione all'esecuzione, ex art. 618 bis c.p.c., la struttura unitaria del rapporto processuale di esecuzione comporterebbe la com 4. Se agevole si presenta la problemativa per ci che riguarda la forma ed i termini dell'opposizione, pi delicata esso diviene quando si versi in materia di determinazione del giudice che dovr conoscerne, data la formulazione dell'art. 618 'bis, 2 comma, che lascia salve le regole ordinarie di competenza qualora l'esecuzione sia gi iniziata. Per quanto concerne il valore, l'unica deroga pare essere quella sopra menzionata, per l'opposizione proposta a procedimento gi iniziato, ove il criterio applicabile dovr intendersi quello ordinario di cui agli artt. 8 e 9 del Codice di rito, non sussistendo alcuna riserva di competenza per materia a favore dell'organo specializzato del lavoro. Agevole si presenta anche l'individuazione del giudice competente per materia nelle opposizioni cd. preesecutive , stante la devoluzione espressamente stabilita al Pretore-giudice del lavoro di ogni causa di opposizione salvo quando il procedimento esecutivo abbia gi avuto inizio. Pi complesso invece stabilire il foro territoriale innanzi a cui il ricorso dovr essere presentato: deve infatti la: competenza del giudice dell'esecuzione di cui all'art. 27 o quella sussidiaria stabilita all'art. 480 del Codice di Procedura ritenersi derogata a favore di quella stabilita all'art. 413 che designa territorialmente competente il giudice nella cui circoscrizione sorto il rapporto o l'azienda ha sede? Quest'ultimo appare senza dubbio il criterio pi rispondente alla nuova discipl,ina, stainte il 11invio generico w~le norme sul processo del favoro operato dall'art. 618 bis, oltre che allo spirito della normativa di agevolare il lavoratore a costituirsi in contradittorio anche nel processo di esecuzione. Del resto, data la natura di incidente cognitorio (13) del processo di opposizione, per cui, in talune ipotesi, esso si presenta quasi una continuazione del procedimento da cui ha tratto origine il titolo, il pi idoneo a conoscere di questa ulteriore vicenda, dal punto di vista .del territorio, dev considerarsi senz'altro il giudice del luogo ove l'intero rapporto ha trovato il proprio svolgimento. Lo stesso criterio potrebbe essere di guida nella determinazione dell'organo competente nell'ipotesi prevista all'art. 618 bis 1 comma, qualora la causa sia devoluta ali' ordinario giudice dell'esecuzione, dovendosi ritenere che il legislatore non abbia voluto imporre lo spostamento di competenza territoriale nel caso di opposizione ad esecuzione gi iniziata: conseguenza che senz'altro si verifi (13) Circa detto carattere la dottrina tralatiziarnente pacifica; cfr. S. SATTA, Commentario, cit. 458 e segg. 430 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO petenza pretoria anche per l'opposizione nonch per l'accertamento pregiudiziale dell'obbligo del terzo. Il ricorso fondato. Va in primo luogo ribadito che altro l'opposizione all'esecuzione, con la quale l'esecutato contesta l'an dell'azione esecutiva proposta contro di lui, altro l'accertamento dell'obbligo del terzo, in cui si tratta di chiarire in contraddittorio delle parti se sussista o no il debito del terzo in confronto del debitore esecutato: ben potrebbe esistere detto debito e non sussistere il diritto di procedere in executivis, cos come, al contrario, ben potrebbe sussistere quest'ultimo diritto nei rapporti tra ese cherebbe, a tutto scapito di una sollecita conclusione del procedimento, se la norma si dovesse interpretare nel senso di un'applicazione in blocco delle regole ordinarie di competenza. 5. -Ma i problemi di coordinamento non si arrestano alla competenza; infatti dato leggere all'art. 616 che ... il giudice provvede all'istruzione della causa a norma dell'art. 175 e seguenti: ed all'art. 618 che ... il giudice d nei casi urgenti, i provvedimenti opportuni; rimane da chiarire come queste norme si coordinino con la nuova formulazione del rito del lavoro. Sul primo degli incisi richiamati non pare debba sorgere alcuna questione: gli articoli 175 c.p.c. e successivi devono intendersi sostituiti, in tutto o in parte (cio per ci che attiene alla concentrazione, all'immediatezza, alla semplificazione dell'attivit istruttoria) dalle norme di cui all'art. 420 e seguenti, s da pervenire ad un sollecito inquadramento della materia del contendere sin dalla prima udienza. Pi complessa la sistemazione interpretativa dell'art. 618, che assegna al giudice il compito di provvedere con ordinanza su quanto egli ritenga indilazionabile: e ci significa stabilire (14) anzitutto se anche nella subjecta materia debba riconoscersi al giudice un potere di sospendere l'esecuzione. Impregiudicato rimanendo il problema, posto in dottrina per l'opposizione agli atti esecutivi nel rito ordinario, dell'effetto sospensivo automatico dell'esecuzione (15). Sul punto da ritenere che l'opinione negativa (16) trovi pi che mai applicazione nella materia del processo del lavoro: l'opposizione non sospende l'esecuzione n conferisce al giudice una vera e propria facolt di sospenderla, potendo determinare soltanto nell'organo il potere di non far compiere l'atto se ci si manifesta inopportuno dato il vizio del medesimo: e questo -inutile dirlo equivale ad una sospensione. Per evitare simili conseguenze necessario postulare che in quest'ultima, come nell'ipotesi dell'opposizione all'esecuzione, deve, in linea di principio, ritenersi che il potere discrezionale del giudice abbia subito nella nuova normativa U:n ampliamento con riguardo alla possibilit di ordinare la rinnovazione d quegli atti che si presentino inficiati da nullit, e si sia ristretto per ci che attiene alla facolt di sospendere l'esecuzione: nel contemperamento dell'interesse dell'opponente, che fa valere difetti del titolo o del procedimento esecutivo, e dell'opposto, che tende a conseguire il bene della vita, non v' dubbio che la ratio della nuova normativa abbia voluto privilegiare proprio quest'ultimo. (14) S. SATTA, cit. 481. (15) S. SATTA, cit. 482. (16) S. SATTA, cit. 482. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 431 cutato ed esecutante e mancare invece il credito dell'esecutato verso il terzo (cfr. Cass. 15 luglio 1972, n. 2443). Ora si discute, per l'appunto, dell'esistenza del credito pignorato. presso il terzo; e la connessione dell'accertamento, in funzione strumentale e pregiudiziale, rispetto all'esecuzione, non pu fare trascurare che si tratta di cause distinte, per le quali espressamente il legislatore detta una diversa disciplina quanto alla competenza. Disciplina non influenzata dall'art. 618 bis, richiamato nel provvedimento impugnato, posto 6. -Fonte di ulteriori dubbi infine il disposto dell'ultimo inciso dell'art. 618 comma 2 che sancisce la non impugnabilit delle sentenze rese dal giudice cui devoluta la cognizione dell'opposizione agli atti esecutivi: quid juris con la disciplina del nuovo processo? Da pi parti infatti il disposto della norma veniva criticato come limitativo del diritto di difesa (17) unico temperamento essendo costituito dal fatto che l'opposizione, non toccando il titolo nella sua essenza (vale a dire la ragione giustificatrice dell'intero procedimento) nulla toglieva alle possibilit del procedente di iniziare una nuova esecuzione, nella ipotesi di sentenza favorevole all'opponente, e cio di accoglimento delle ragioni di nullit del processo esecutivo. D'altra parte, conseguenze cos gravi postulano la necessit di distinguere quando le doglianze fatte valere con l'opposizione concernono un solo atto della procedura, che potrebbe essere agevolmente rinnovato, o la procedura esecutiva nel suo insieme. Nel primo caso, il mantenimento della regola dell'inoppugnabilit poco pre giudicherebbe le ragioni del prestatore, risolvendosi il provvedimento di annul lamento di un atto del procedimento esecutivo nella perdita -per il soddisfa cimento deHe propI1ie ragioni -del tempo necessario aHa rinnovazione del medesimo. Qualora, invece, la sentenza del giudice dell'opposizione coinvolga la proce dura esecutiva nel suo complesso, l'annullamento, e la conseguente reiterazione della stessa, potrebbe risolversi in un aggravamento delle posizioni del lavoratore in sede esecutiva, oltre che nella vanificazione dei diritti affermati con la celerit che il legislatore ha inteso imprimete al processo del lavoro. Una simile distinzione implicherebbe peraltro il disagio di stabilire una casistica in ordine agli atti -vale a dire alla loro importanza e connessione nell'ambito del processo esecutivo sulla scorta dell'art. 159 c.p.c. -che compli cherebbe oltremodo l'intera materia aggiungendo incertezza ad incertezza: di qui la necessit di un principio generale in merito all'impugnabilit o meno della sentenza del giudice cui rivolta l'opposizione agli atti esecutivi. In assenza di una pronunzia in merito del Supremo Giudice pu ritenersi per ora accoglibile il principio enunciato dalla dottrina (18) che ammette nel nuovo regime, l'inammissibilit della regola dell'inoppugnabilit delle sentenze del giudice dell'opposizione per un duplice ordine di ragioni: -uniformit della materia del processo del lavoro che concepisce per principio l'impugnabilit delle sentenze, da qualsiasi giudice essa vengano emanate; (17) Cfr. ANDRIOLI, PROTO-PISANI, cit. 559. (18) ANDRIOLI, PROTO-PISANNI, cit. 559. 432 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELL!J STATO che detto art. 618 bis riguarda l'opposizione all'esecuzione e agli atti esecutivi, ma non l'accertamento dell'obbligo del terzo. N, per analogia, consentito estendere detta previsione speciale al di fuori delle ipotesi dalla stessa contemplate. Resta quindi da stabilire quale sia, nella specie, il giudice competente per la causa che si delinea ove il terzo non renda la dichiarazione (o la dichiarazione sia contestata), ex art. 548 c.p.c. Ebbene, va senz'altro disattesa l'argomentazione del resistente Velia secondo la quale, procedendosi in executivis per un credito di lavoro subordinato, il diritto in questione si ricondurrebbe pur sempre nell'ambito della materia contemplata dal -parit di regime di tutte le opposizioni nel processo esecutivo e pertanto assimilazione delle sentenze emanate dal giudice ex art. 618 2 comma a quelle adottate ex art. 616 (19). 7. -La Cassazione ha poi affrontato la difficile questione, anche se per implicito, della natura del procedimento di accertamento dell'obbligo del terzo, risolvendo in conformit alle proposizioni enunciate dalla dottrina tradizionale, nel senso della estraneit di questo al processo di opposizione nel suo insieme (20). Tutto ci riproduce senz'altro la intentio legis dei compilatori della riforma, che, hanno chiaramente voluto escluderne dalla portata i meri processi di accertamento , come peraltro si desume dall'assoggettamento del processo di opposizione di terzo (619 c.p.c.) al regime ordinario stabilito da Codice. In questo senso, si era gi orientata la maggior parte degli studiosi di diritto processuale con qualche voce discorde (21) e pare che, allo stato, debba considerarsi l'opinione pi avveduta e rispondente alle nozioni di accertamento accolte dai classici del processo civile (22). 8. -Le brevi osservazioni svolte dimostrano gi da ora la difficolt di trarre un costrutto circa la portata della riforma nella materia della opposizione al processo esecutivo: da deplorare senz'altro la scarsa opera di chiarificazione del legislatore, che ha lasciato insoluti diversi problemi riguardanti il modus procedendi, non apparendo sufficiente il rinvio generico alle norme previgenti nel codice di procedura con il solo limite della compatibilit a segnare una via di interpretazione agevole ed univoca. Appaiono, d'altro canto, venuti meno molti dei formalismi che caratterizzavano il procedimento di opposizione, da cui stato sinora tratto spunto per una casistica quanto mai varia e minuta diretta a paralizzare il titolo esecutivo, e, quindi, in definitiva, il soddisfacimento del diritto del creditore, a tutto vantaggio di chi traeva danno dalla formazione del titolo e dalla subitanea esecuzione dello stesso. L'unificazione -almeno dal punto di vista del procedimento, se non della natura -tra opposizione all'esecuzione ed opposizione ai singoli atti, e, nell'ambito di quest'ultima il venir meno della regola dell'inoppugnabilit delle sentenze del giudice dell'esecuzione rappresenta un notevole passo in avanti sulla (19) ANDRIOLI, PROTO-PISANI, op. cit. 560. (20) E. REDENTI, Diritto Processuale Civile, Milano 1957, 245. (21) S. SATTA, Commentario, cit. 323. (22) E. REDENTI, op. cit. 245. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 433 l'art. 409 c.p.c. Il diritto di cui si discute -secondo costante giurisprudenza (cfr. Cass. 21 marzo 1963, n. 678; 5 settembre 1963, n. 2432; 4 maggio 1960, n. 988; 15 luglio 1972, n. 2443) -riguarda il rapporto tra la Banca del Lavoro e il Ministero, titolare di un conto e, pertanto, nulla ha a che fare coi rapporti ,ex art. 409 c.p.c. Ne discende, di conseguenza, la competenza del "Tribunale per ragione di valore -secondo i criteri ordinari -stante l'ammontare del credito in questione. -(Omissis). strada del rapido soddisfacimento del diritto del creditore, agevolato anche dall'applkazione in b1occo dei pdnoipi caratterizzant:i il processo del ~avoro, postulanti una conclusione pi sollecita che nel processo ordinario di cognizione. Manca indubbiamente in materia l'opera chiarificatrice della giurisprudenza: essa si presenta per legata al tempo; e troppo breve ancora stato il periodo di applicazione della riforma. CESARE LAMBERTI SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Ad. PL, 10 dicembre 1976 n. 6 -Pres. Vetrano Est. Pignataro. Gelormino ed altri (avv. Prosperetti W.) c. Ministero Finanze (avv. Stato Vitucci), con intervento ad adiuvandum di Pandolfi. (avv. D'Audino). Ricorso giurisdizionale -Intervento ad adiuvandum Destinatario di un provvedimento di contenuto analogo gravato di autonoma impu gnativa ma preluso alla discussione Legittimazione Sussiste. Pubblico impiego Concorso Valutazione dei titoli Art. 1 l. 11 dicembre 1969, n. 910 Interpretazione Limiti. Pubblico impiego Avventizi Inquadramento Rapporto fra l'art. 21 c.p.v. l. 18 marzo 1968, n. 249 e l'art. 2 d.l.vo 7 aprile 1948, n. 262 Effetti. Pubblico impiego Avventizi Inquadramento nei ruoli speciali transitori Art. 21 I. 18 marzo 1968, n. 249 Applicabilit Limiti. Pubblico impiego Statuto dei lavoratori -Inapplicabilit. Pubblico impiego Avventizi Titoli di studio Art. 21, I. 18 marzo 1968, n. 249 Interpretazione Effetti Limiti. inammissibile l'intervento ad adiuvandum nel giudizio amministrativo da parte del destinatario di un provvedimento di analogo contenuto che possa essere gravato di autonoma impugnativa, laddove non sussiste preclusione all'intervento da parte del soggetto che non possa discutere il proprio ricorso in quanto il decreto analogo (autonomamente impugnato) non risulti registrato da parte dell'organo di controllo (1). Ai sensi dell'art. 1 legge 11 dicembre 1969 n. 910 stata stabilita una parit di condizioni tra i possessori dei titoli di studio ivi contemplati ai fini della iscrizione a qualsiasi corso di laurea, limitatamente all'ambito universitario e in particolare fino alla attuazione della riforma universitaria, senza peraltro che tale par condicio possa minimamente configurare una equivalenza di titoli di studio ad altri effetti e, in particolare, per (1-5) Come noto, nel processo amministrativo consentito solo l'intervento adesivo, mentre restano esclusi in linea di principio sia l'intervento principale che quello litisconsortile. ! > ~ .,_ ~ PART.E I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 435 quanto concerne la normativa di valutazione dei titoli necessari per accedere a pubbliche carriere (2). L'art. 21 c.p.v. legge 18 marza 1968, n. 249 stabilisce che spetta agli avventizi del Ministero delle Finanze collocati nella qualifica di diurnista il trattamento giuridico e quello economico previsto per gli impiegati non di ruolo della corrispondente categoria di inquadramento; per detti avventizi trova applicazione la normativa prevista dal decreto legislativo 7 apri. le 1948, n. 262, espressamente richiamato dall'art. 21 predetto ai fini del trattamento giuridico ed economico applicabile una volta completata la fase del collocamento nella qualifica di diurnista, non gi nella fase preliminare del collocamento nella qualifica di diurnista, la quale risulta, invece, disciplinata dall'art. 2, legge 4 febbraio 1966, n. 62 (3). preclusa ogni possibilit di interpretazione estensiva o analogica dell'inquadramento degli avventizi nei ruoli speciali transitori, ci anche con riferimento all'inquadramento nella qualifica di diurnista degli avventizi in servizio presso il Ministero delle Finanze. Lo statuto dei lavoratori non trova applicazione rispetto agli impiegati dello Stato (4). Posto che, affinch l'avventizio possa conseguire la qualifica di diurnista al medesimo propria, come previsto dall'art. 25, terzo comma, legge 28 ottobre 1970, n. 775 e dall'art. 21, legge 18 marza 1968, n. 249 dal primo richiamato, necessario il possesso del titolo di studio che ne consi;mta l'utilizzazione in altro ruolo della stessa carriera o in altre Amministrazioni dello Stato, gli avventizi del Ministero delle Finanze, non collocabili come diurnisti di seconda categoria nei rami specifici indicati dall'art. 10 d.P.R. 15 ottobre 1969, n. 1281 per mancanza di titolo di studio richiesto, vanno collocati ai sensi dell'art. 2 della legge 4 febbraio 1966, n. 32 pure richiamato dall'art. 25, legge 775 del 1970, e beninteso qualora sussistano tutti gli altri requisiti richiesti, nella qualifica di diurnista di seconda categoria in uno qualsiasi dei rami del Ministero stesso o di qualsiasi altra L'Adunanza Plenaria con decisione del 23 novembre 1971, n. 17 (in Il Consiglio di Stato 1971, I, 2047) ebbe ad escludere in particolare anche l'ammissibilit dell'intervento ad adiuvandum spiegato da destinatari di provvedimenti a contenuto analogo a quello in discussione graviti con autonome impugnative e in attesa di fissazione di udienza presso la Sezione, non ritenendosi tale da consentire l'accessione (in via di intervento a parte actoris) l'interesse degli interventori a conseguire un precedente giurisprudenziale dell'Aduna:rza Plenaria da invocare poi nel separato e distinto giudizio dai medesimi promosso. Per una fattispecie di intervento adesivo ad opponendum cfr. Csi 24 feb braio 1975, n. 3, ivi, 1975, I, 190. In dottrina cfr. RoEHRSSEN G., Considerazioni sull'intervento nel processo am ministrativo, in Nuova Rassegna, 1974, 2181; SEPE-PEs, Le nuove leggi di giustizia amministrativa, Milano 1972, 266 e seguenti. Per quanto concerne il problema del collocamento nelle qualifiche corrispondenti al titolo di studio prescritto cfr. Sez. IV, 15 novembre 1963, n. 843 in RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 436 Amministrazione dello Stato per la quale il titolo di studio di cui risultino in possesso sia idoneo; solo in mancanza di detto titolo di studio, l'avventizio dovr essere collocato nella qualifica di diurnista inferiore (5). Il Consiglio di Stato 1963, I, 1638; Sez. IV, 20 ottobre 1964, n. 1008, ivi, 1964, I, 1649; Sez. IV, 27 novembre 1973, n. 1124, ivi, 1973, I, 1610. R.T. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9 novembre 1976, n. 1043 -Pres. Uccellatore -Est. Riccio. Ministero Grazia e Giustizia (avv. Stato Siconolfi) c. Reabaldi (~vv. Prosperetti). Giustizia amministrativa Ricorso in appello Decisione del T.A.R. di annullamento dell'atto amministrativo Esecuzione da parte della P.A. Cessazione della materia del contendere Esclusione. Ordinamento giudiziario Magistrati ordinari Provvedimento di collocamento a riposo Impugnabilit in primo grado dinanzi al T.A.R. Ammissibilit. Impiego pubblico Ex combattenti Domanda di collocamento a riposo Rinuncia Inammissibilit. Non cessa la materia del contendere se la P.A., che ha impugnato la sentenza del T.A.R. di annullamento dell'atto amministrativo, vi ha dato esecuzion131 trattandosi di atto dovuto, che non indice di acquiescenza (1). La norma dell'art. 17 legge 24 marzo 1958, n. 195 -che prevede la impugnabilit davanti al Consiglio di Stato dei provvedimenti concernenti i magistrati -non ha carattere di norma speciale, e come tale derogata dalla legge 6 dicembre 1971, n. 1034, istitutiva del doppio grado di giu risdizione, con la conseguenza che i T.A.R. sono competenti in primo grado dei ricorsi proposti dai magistrati ordinari (2). Le norme del d. l. 8 luglio 1974, n. 261, convertito nella legge 14 agosto 1974, n. 355, che hanno disciplinato l'esodo degli ex combattenti, scaglio (1-3) La prima massima applicazione dei principi generali sulla nozione di acquiescenza, la quale deve escludersi qualora la parte soccombente esegua una sentenza di per s esecutiva. Ma sulla esecutivit delle sentenze dei T.A.R. in pendenza dell'appello possono esprimersi fondati dubbi, e la questione stata portata all'esame delle Sezioni Unite: cfr. COSENTINO, nota in questa Rassegna, 1975, II, 119. La seconda massima, pur se contraria alla tesi sostenuta nell'interesse del Ministero, utile p~r indirizzare le impugnative, dopo qualche oscillazione nelle decisioni dei T.A.R. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 437 nandolo nel tempo, sono state emanate nell'esclusivo interesse della P.A.; pertanto, la precedenza per il collocamento a riposo degli ex combattenti che ne hanno fatto richiesta non pu formare oggetto di rinuncia (3). La terza massima dirime i dubbi che, nonostante la espressa dizione della legge, erano sorti sulla ammissibilit della rinuncia alla domanda di collocamento a riposo degli ex combattenti. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 14 dicembre 1976, n. 1298 -Pres. Uccellatore -Est. Schinaia-Marziotta (avv. Ianocita) c. Camitano (avv. Rampinelli) e Ministero di Grazia e Giustizia (avv. Stato Ferri). Associazione -Associazioni sindacali -Ordini professionali -Consiglio nazionale dei geometri -Elezione -Posizione dei singoli Collegi provinciali -Controinteressati -Limiti. Associazioni sindacali -Ordini professionali Consigli nazionali dei geometri -Elezione -Giorno festivo -Legittimit. Nella elezione del Consiglio nazionale dei geometri e nella proclamazione degli eletti -come in genere nella elezione di un qualsiasi Consiglio di Ordine professionale -si possono distinguere due diverse posizioni giuridiche: quella di ogni Collegio provinciale, che ha interesse alla regolarit delle operazioni 'elettorali e l'altra del Collegio provinciale i cui voti sono stati impugnati: solo questi ultimi sono titolari di un interesse a resistere alla impugnativa de voti assunti invalidi (1). Nella elezione dei membri del Consiglio nazionale dei geometri, nel silenzio della disciplina normativa, e in applicazione dei principi che regolano le elezioni amministrative e politiche, le quali si svolgono necessariamente di domenica (per tutta la giornata) e di luned (solo parte della giornata) per assicurare la partecipazione degli elettori, il termine finale previsto dall'art. 13 del d.l.lg. 23 novembre 1944, n. 382 deve essere rispettato a pena di nullit delle votazioni, anche se tale termine scada m giorno festivo (2). (1-2) Sulla pri:q:ta .massima possono esprimersi dei dubbi, potendo ;dtenersi legittimati a resistere alla impugnativa dei voti ritenuti invalidi di alcuni Consigli provinciali anche gli altri consigli i quali hanno anche interesse alla regolarit delle operazioni elettorali. D'altra parte la elezone un atto unitario nel quale non possono distinguersi e differeniziarsi i voti espressi da taluni Consigli provinciali. La seconda massima una esatta applicazione dei princip sulle elezioni politiche e amminiStrative, e sulla elezione degli ordini professionali: cfr. Cons. Stato, Sez. II, 14 dicembre 1971, n. 1005). 438 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 dicembre 1976, n. 1419 -Pres. Uccellatore -Est. Caianiello -Istituto neurologico C. Besta (avv.ti Golda .Perini e Ferri) e Istituto nazionale studio e cura tumori (avv.ti Guarino e Gonnelli) c. Consorzio nazionale ricerca medica (avv.ti Brunetti, Sorrentino e Zammit) e Ministero sanit (avv. Stato Ferri) Appello, T.A.R. Lazio, I Sez. 9 aprile 1975, n. 238, in I Tribunali Amministrativi Regionali 1975, I, 1039: annullamento previo difetto giurisdizione giudice amministrativo. Ricorso giurisdizionale -Giudizio di appello -Questione di giurisdizione - Rilevabilit d'ufficio. Consorzi -Consorzi costituiti fra enti pubblici -Mancanza di una disciplina specifica -Natura privata -Sussiste. Competenza e giurisdizione Recesso di enti membri di un consorzio di natura privata Natura della controversia Giurisdizione del giudice amministrativo Non sussiste -Fattispecie relativa al Consorzio Nazionale per la ricerca medica. Costituisce eccezione al principio secondo cui le questioni pregiudidiziali concernenti il ricorso introduttivo vanno affrontate dal giudice di appello solo se siano espressamente fatte valere con l'appello principale o incidentale, la questione relativa al difetto di giurisdizione, considerato che a norma dell'art. 30 della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, essa rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo trattandosi di una causa ostativa che riguarda il complesso dell'organo giurisdizionale adito (1). ' La natura giuridica del Consorzio nazionale per la ricerca medica (il quale risulta aver ottenuto il riconoscimento del Capo dello Stato con espresso richiamo all'art. 12 e.e.) resta privatistica, analogamente alla natura rivestita da tutti quei consorzi che, ancorch costituiti fra ,enti pubblici, non assumono tuttavia la natura essi stessi di enti pubblici, non divenendo titolari degli interessi dei consorziati, ma avendo il solo scopo di esplicare i compiti necessari al perseguimento degli interessi (in ipotesi pubblici) di cui peraltro rimangono titolari i membri stessi, posto che il carattere pubblico del consorzio non deriva necessariamente dal fatto che il consorzio sia costituito da enti pubblici, ma dalla previsione di una specifica disciplina positiva che attribuisca espressamente al consorzio stesso il carattere della pubblicit (2). (1-3) Sui poteri del Consiglio di Stato in grado di appello cfr. da ultimo Sez. IV, 30 novembre 1976, n. 1460 in Il Consiglio di Stato 1976, I, 1227, con richiami in dottrina. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 439 Poich il consorzio per la ricerca medica una persona giuridica privata riconosciuta a norma dell'art. 12'*'e.e., essendo tutti i rapporti fra gli enti consorziati e il consorzio disciplinati dal diritto privato (ivi compreso l'art. 25 e.e. che al secondo comma disciplina la facolt di recesso dell'associato), la controversia relativa alla esistenza o meno delle condizioni e dei presupposti per il recesso di un ente consorziato, che non investe l'esercizio di un potere pubblico ma solo posizioni di diritto soggettivo, resta sottratta alla giurisdizione del giudice amministrativo (3). Sulla disciplina dei consorzi m dottrina cfr. FRANCESCHELLI, Consorzi in Commentario al Codice Civile a cura di Scialoja e Branca, Libro V, Del lavoro, Bologna-Roma 1947; FERRI, Consorzio (teoria gen.) in Enc. Dir. Giuffr IX, 371; MIELE-STANCANELLI, Consorzi Amministrativi , . ivi, 408. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 5 novembre 1976, n. 396 Pres. Daniele Est. Virgilio. INAM (avv. Pinna) c. Zara (avv. Salis). Giustizia amministrativa Regolamento di competenza -Istanza -Deposito presso il T.A.R. -Necessit. Anche se l'art. 31 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, nel disciplinare il procedimento del regolamento preventivo di competenza, non prevede, oltre la notifica alle parti, il deposito della istanza di regolamento, tuttavia necessario tale deposito ai fini della procedibilit del giudizio incidentale (1). Risulta dagli atti che l'istanza in premessa stata proposta entro 20 giorni dalla costituzione in giudizio dell'Inam con atto notificato alla controparte il 18 novembre 1975 nonch stata depositata nella Segreteria del T.A.R. il 26 novembre 1975 allorch il termine anzidetto era gi decorso. Occorre quindi in via preliminare esaminare di ufficio il problema della ritualit dell'istanza in esame stabilendo se la stessa, nel termine di cui al secondo comma dell'art. 31 della 1. 6 dicembre 1971, n. 1034, (1) Si riporta la decisione sia per la sua precisa motivazione sia per gli ulteriori rilievi sulla competenza in base all'efficacia dell'atto e alla natura dell'autorit emanante e sul c.d. foro del pubblico impiego (limitatamente ai dipendenti in servizio). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 440 debba essere solamente notifispta a tutte le parti in causa od anche depositata nella segreteria del T.A.R. adito dal ricorrente. L'art. 31,della legge succitata nulla dispone al riguardo in quanto, al terzo comma, nel fissare le modalit di proposizione della istanza,. ne dispone esclusivamente la notifica alle parti in causa che non vi abbiano aderito; D'altra parte, il deposito in segreteria atto necessario per la procedibilit del giudizio incidentale introdotto con la proposizione dell'istanza e ci in quanto, solo successivamente al deposito il presidente del T.A.R. pu verificare la ritualit della proposizione, l'eventuale accordo tra le parti ed emettere ordinanza o di rimessione degli atti ad altro tribunale ovvero, in disaccordo tra le parti, al Consiglio di Stato. Ci tuttavia non comporta, ad avviso della Sezione, contrariamente , a quanto ritenuto da parte della dottrina, che il deposito vada effettuato a pena di decadenza nello stesso termine di venti giorni previsto per la notificazione del secondo e terzo comma dell'art. 31. E' bens vero che nel procedimento amministrativo sono comminate decadenze, per l'omesso deposito in termini prestabiliti, degli atti introduttivi del giudizio principale od incidentale (v. art. 21 secondo comma e 22 secondo comma I. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 36 quarto e quinto comma ed art. 37 .terzo comma t.u. 26 giugno 1024, n. 1054, art. 38 r.d. 17 agosto 1907, n. 642) e che nella specie ricorre la identica ratio legis, ma altres vero innanzi tutto che nella norma difetta la prefissione di un termine per tale adempimento, ma soprattutto che la decadenza, siccome istituto di carattere eccezionale non pu essere analogicamente esteso oltre i casi e le modalit per essa espressamente previste in ossequio al principio generale di diritto processuale che la perdita di un diritto per inosservanza di termini possa pronunciarsi solo in presenza di espressa comminatoria della legge (v. art. 152 Cod. proc. civ.). In conclusione, il deposito della istanza notificata in termine alle parti in causa, incide non sulla ritualit dell'istanza medesima, ma sulla procedibilit del giudizio incidentale sulla competenza ritualmente introdotta, determinandone la temporanea improcedibilit fino a che il deposito stesso non venga eseguito. Il termine ultimo per procedervi poi stabilito nella stessa legge n. 1034 del 1971 all'art. 23 quarto comma e cio 20 giorni liberi anteriori a quello fissato pr l'udienza, termine posto non in relazione al particolare procedimento, bens in generale riguardo alla facolt delle parti di depositare atti e documenti in giudizio e che quindi comprende anche la specifica fattispecie in esame. Si potrebbe osservare che in tal modo il tempo generalmente lungo intercorrente tra la proposizione dell'istanza ed il suo deposito faciliterebbe la instaurazione di regolamenti di competenza a meri scopi dilatori e defatigatori in contrasto con tutto lo spirito dell'art. 31 che PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 441 vuole risolto quanto priina il dubbio sulla competeqza territoriale del giudice adito. Ci non appare tuttavia ostativo alla interpretazione che il Collegio ritiene di poter dedurre dalle disposizioni del citato art. 31. Pu al riguardo considerarsi in primo luogo che lo stesso art. 31 primo comma prevede che la proposizione possa essere fatta in ogni momento quando l'incompetenza risulti da atti depositati in giudizio successivamente ed inoltre che il meccanismo particolarmente rapido previsto dall'art. 31 commi secondo, quarto, quinto, settimo e ultimo, per la decisione della questione non comporta dilazioni di grande rilievo. Ma ci che particolarmente occorre sottolineare che il deposito pu essere effettuato anche dalla parte cui stata notificata l'istanza ai sensi del terzo comma del predetto art. 31. Nel quarto corri.ma successivo si prevede invero la, possibilit che le parti siano d'accordo sulla remissione ad altro Tribunale e che quindi il Presidente del T.A.R. su loro istanza rimette gli atti al T.A.R. indicato ed ac:cettato come competente. Appare chiaro da tale disposto che ciascuna parte interessata, anche in difetto di deposito della istanza di regolamento di competenza, possa procedervi direttamente depositando la copia notificata, e proponendo nel contempo istanza al Presidente del T.A.R. adito con cui, nel dichiararsi d'accordo nella remissione ad altro T.A.R., chieda la trasmissione a quest'ultimo degli atti di causa. Negli altri casi, ai sensi del successivo quinto comma, la trasmissione va fatta d'ufficio dalla segreteria del T.A.R. al Consiglio di Stato, ma da ritenersi che anche in tale ipotesi ogni parte possa eliminare l'ostacolo alla procedibilit dell'istanza costituito dal mancato deposito, procedendovi direttamente. In sostanza ritiene il Collegio che il Legislatore, nel fissare il procedimento per la risoluzione della questione sulla competenza, abbia conferito la facolt di darvi impulso processuale non solo al proponente, ma anche ad ogni altra parte interessata, evitando in tal modo che il mezzo in esame possa essere adibito a fini dilatori e defatigatori che si voluto certamente escludere. Ci premesso, accertata la ritualit della presente istanza, nel merito occorre dichiararsene la infondatezza. Il richiamo dell'Istituto alla propria natura di Ente pubblico ultraregionale ed alla pari efficacia del provvedimento impugnato in quanto inteso alla attuazione in sede nazionale dell'art. 6 secondo comma D.L. 8 luglio 1974, n. 261, appare destituito di fondamento. Ai sensi dell'art. 3 della 1. 6 dicembre 1971, n. 1034 l'efficacia dell'atto e la natura dell'Autorit emanante possono venire in considerazione, ai fini dello spostamento di competenza, solo ove non si tratti del c.d. foro del pubblico impiego, ove cio l'atto non concerna dipen RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO denti in servizio alla data di emanazione dell'atto presso uffici posti nella circoscrizione del T.A.R. adito. Nella specie al contrario l'atto impugnato, oltre che essere emesso da un organo locale dell'Ente, concerneva un dipendente che all'epoca della sua emanazione prestava incontestabilmente la sua opera presso l'ambulatorio di Ozieri e quindi in un ufficio posto nella circoscrizione del T.A.R. adito. -(Omissis). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 16 novembre 1976, n. 405 -Pres. Daniele -Est. !annotta. Bucci (avv. Moscarini) c. Comitato prov. prezzi dell'Aquila (avv. Stato Orlando). Giustizia amministrativa -T.A.R. -Domanda di fissazione di udienza Ricorsi pendenti davanti ad altre autorit -Trasmissione ai T.A.R. Avviso alle parti -Parti costituite da un unico procuratore -Avviso unico -Legittimit. Giustizia amministrativa -T.A.R. -Art. 42 legge n. 1034 del 1971 -Contrasto con l'art. 24 Cost. -Manifesta infondatezza. Prezzi -Comitato provinciale prezzi -Natura giuridica -Non autorit di controllo. Ai fini della comunicazione dell'avviso prevista dall'art. 42, quarto comma della legge n. 1034 del 1971, non necessario inviare tante copie quanti sono i ricorrenti, assistite da un unico procuratore, ma suffi ciente la consegna al procuratore di una sola copia dell'atto da notifi care, mentre ld sentenza, suscettibile di appello, va notificata in numero eguale al numero delle parti rappresentata da un unico procuratore (1). manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 43, ultimo comma, della legge n. 1034 del 1971, in relazione al l'art. 24 Cast., in quanto la norma prevede un termine ampio per poter adempiere ad un onere processuale che sorge dopo che le parti hanno avuto notizia della trasmissione dell'atto introduttivo del giudizio alla Segreteria del T.A.R. (2). Il Comitato dei prezzi non autorit di controllo, in quanto delibera, con competenza propria ed autonoma, nella fissazione dei prezzi, in modo indipendente da una precedente delibera riferibile ad altra autorit (3). (1-3) La prima nomina in applicazione dei principi di natura processuale sulla notifica degli awisi e delle sentenze al procuratore costituito per diverse parti. ~: Le altre due massime sono evidente esattezza. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 443 I CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 10 giugno 1977, n. 588 -Pres. Levi Sandro -Est. !annotta -Min. Industria (avv. Stato Ferri) c. Barnaba (avv. Pisa) e Camera di Commercio Taranto (avv. Russo). Giudizio amministrativo -T .A.R. -Competenza -Spostamenti di competenza per ragione di connessione come ipotesi di competenza funzionale -Fattispecie. I principi di economia e di concentrazione che presiedono, nel processo civile, all'istituto dello spostamento di competenza per ragioni di connessione, devono ritenersi applicabili -pur nel silenzio della legge anche al processo amministrativo. La competenza individuata per ragione di connessione (nella specie quella del giudice della causa principale, che attrae la causa accessoria) ha natura funzionale ed il suo difetto quindi deducibile e rilevabile anche al di l dei termini e senza il rispetto delle forme del regolamento di competenza (1). II CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 6 luglio 1976, n. 286 -Pres. Daniele Est. Cossu -Gorgone (avv. Raggi) c. Ministero della P.I. (avv. Stato Cevaro). Giustizia amministrativa -T.A.R. Competenza -Criteri di competenza previsti dall'ultimo comma dell'art. 3 della legge n. 1034 del 1971 Competenza funzionale -Esclusione. In tema di individuazione della competenza dei Tar, il criterio della competenza complessa, di cui all'ultimo comma dell'art. 3 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, racchiude una ipotesi di competenza territoriale (e non funzionale), a>zche se differenziata da quelle ordinariamente attribuite a ciascun Tar, compreso il Tar del Lazio; pertanto ammissibile la istanza di regolamento di competenza (2). (1-2) Con le due sentenze sopra riportate, il Supremo Consesso amministrativo, nell'attesa della emanazione del regolamento di procedura previsto dall'art. 19 della legge istitutiva dei T.A.R., prosegue in quell'opera di costruzione pretoria cui si accennava in questa Rassegna in nota all'Adunanza Plenaria 28 marzo 1977 19 aprile 1977, n. 5 (cfr. retro pag. I, 288). Delle due decisioni in rassegna una, bench adottata in data anteriore, stata, infatti, pubblicata in data di parecchio posteriore a quella dell'Adunanza Plenaria ora citata (il 6 luglio 1977) e ne costituisce, in qualche misura, un corollario. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 444 I (Omissis). -Preliminarmente deve essere esaminata la censura relativa al difetto di competenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia. Infatti l'eventuale fondatezza di questa censura implica l'annullamento, e non la riforma, della sentenza appellata, salva la instaurazione del giudizio davanti al giudice amministrativo di primo grado, che sia competente (art. 34, secondo comma, I. 6 dicembre 1971 n. 1034). La censura di incompetenza per altro verso non intempestiva come ha controdedotto la parte appellata. Infatti nella specie non si tratta di competenza territoriale, ma di competenza funzionale, da riconoscersi al tribunale amministrativo Regionale del Lazio, a causa di un nesso di connessione tra il giudizio; instaurato avverso le direttive ministeriali impartite alle camere di commercio, e quelle concernenti il diniego di approvazione della deliberazione camerale. La competenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio prospettabile non tanto in rapporto ai criteri di identificazione della competenza territoriale, fissata dall'art. 2 e 3 I. 6 dicembre 1971, n. 1034, quanto in relazione alla esigenza di permettere l'efficiente esplicazione della funzione giurisdizionale, concen,trando la cognizione di cause connesse presso un unico giudice. 3) Si potrebbe concludere nel senso che non sia in alcun modo prospettabile un problema di competenza funzionale nel giudizio amministrativo, al di fuori delle ipotesi di diritto intertemporale concernenti il riparto di competenze tra Consiglio di Stato e T~ibunali amministrativi regionali (art. 38' e 42 I. citata) e di quelle attinenti alla proposizione dei giudizi di ottemperanza (art. 37 I. citata). Tale conclusione potrebbe essere sostenuta con il richiamo agli art. 2 e 3 I. 6 dicembre 1971, n. 1034, ove disciplinata esclusivamente la ripartizione di competenza territoriale tra i Tribunali Amministrativi Regionali. Il difetto di una disciplina generale relativa ad altre forme di competenze induce a ribadire tale conclusione. Pur con tutte le doverose cautele che incombono nella individuazione di orientamenti giurisprudenziali ancora allo stato nascente, sembra che, allo stato, 0 la filosofia del Consiglio di Stato in materia di competenza del giudice amministrativo possa cos sintetizzarsi: accanto alla competenza territoriale -derogabile e sindacabile soltanto per la via di un tempestivo regolamento -esiste anche una competenza funzionale, non ristretta all'ipotesi del giudizio di ottemperanza, ma comprensiva anche di altre, quale sicuramente la competenza per connessione, da individuare alla stregua di principi di diritto processuale generale. La incompetenza funzionale conoscibile e sindacabile a prescindere dalle forme e dai termini del regolamento, il quale rimane, tuttavia, proponibile anche in tale ipotesi, ponendosi come ulteriore strumento di nomofilachia accanto al rilievo d'ufficio, all'eccezione ed all'appello. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA Tuttavia un elemento di natura testuale fa dubitare della fondatezza di tale conclusione. Invero l'art. 34, primo comma 1. citata prevede che il Consiglio di Stato, qualora riconosca che una sentenza illegittima per ragioni di competenza, la annulla, salva la possibilit di riassunzion del giudizio davanti ad altro Tribunale amministrativo. Questa norma sarebbe priva di giustificazioni se non vigessero dei criteri di competenza diversi da quelli concernenti la competenza territoriale. Infatti questioni di competenza territoriale non sono suscettibili di porsi come mezzo di gravame delle sentenze del giudice amministrativo. Tali questioni, giusta l'art. 31 1. 6 dicembre 1971, n. 1034, possono essere solo sollevate mediante istanza di regolamento di competenza, che non un mezzo di gravame e quindi si rivolge ad un giudice di secondo grado, ma non al giudice di appello, proprio in quanto difetta una sentenza da censurare. Se la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale pu essere .appellata, tra l'altro, per motivi di competenza da ritenere che siano rilevanti nel giudizio amministrativo anche altre forme di competenza oltre quella di cui all'art. 31. L'assenza di norme generali relative alla particolare forma di competenza, diversa da quella territoriale, applicabile al giudizio amministrativo, induce a fare riferimento ai principi desumibili dal codice di procedura civile, per la parte compatibile con l'organizzazione giudiziaria amministrativa. Il ricorso a tali principi ulteriormente giustificabile in rapporto alle similitudini ravvisabili tra giudizio civile e giudizio amministrativo, limitatamente al fatto che sia l'uno sia l'altro possono presentare le caratteristiche di giudizi di impugnazione (impugnazione di provvedimenti amministrativi, di negozi giuridici, di deliberazioni societarie o assembleari in genere) o di azioni a tutela di pretese contestate o insoddisfatte (pretese creditorie tutelabili davanti al giudice ordinario; diritti tutelabili in sede di giurisdizione esclusiva). Pertanto quelle medesime esigenze di economicit ed efficienza dei giudizi, ravvisabili nel processo civile, e che giustificano la vigenza di alcuni criteri di competenza tendenti alla concentrazione delle cause (art. 31 sef. c.p.c.) sono identificabili anche nel giudizio amministrativo. 4) In particolare deve essere ammessa la attribuzione alla cognizione del giudice, competente per la causa principale, della causa accessoria, cos come fissato dagli art. 31 e 40 c.p.c. Nella specie' in esame tale giudice da identificare nel Tribunale Amministrativo regionale del Lazio, davanti al quale era stata proposta l'impugnazione avverso la circolare ministeriale 5 luglio 1974, n. 15; circolare la cui efficacia fu sospesa con ordinanza 13 gennaio 1975 della Sezione terza del Tribunale del Lazio, RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Per altro verso nella specie in esame non difettava la possibilit del giudice di primo grado di prendere conoscenza della proposizione del giudizio di impugnazione avverso il decreto ministeriale citato. Infatti il giudizio davanti al Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia verteva proprio sulla ottemperanza o meno da parte del Ministro all'ordi nanza di sospensione del Tribunale del Lazio e concernente il decreto ministeriale, ordinanza acquisita agli atti del giudizio di primo grado. Quindi necessariamente rientrava nella possibilit di cognizione del giudice a quo il fatto della pendenza del giudizio avverso il decreto ministeriale, n erano ravvisabili ragioni ostative alla connessione, in quanto la causa principale non aveva raggiunto uno stato tale da rendere difficile la soluzione del giudizio connesso. Il rapporto di connessione tra il giudizio relativo al diniego di appro vazione e quello, instaurato presso il Tribunale Amministrativo Regio nale del Lazio, concernente l'atto ministeriale si desume dalle seguenti circostanze: anzitutto il giudizio concernente il diniego di approvazione implica l'interpretazione dell'ordinanza di sospensione dell'efficacia del l'atto ministeriale in data 5 luglio 1974, n. 15, ordinanza emessa dal Tri bunale Amministrativo Regionale del Lazio. Inoltre la stessa legittimit del diniego pu essere apprezzata in rapporto alla legittimit dell'inter pretazione data alla normativa vigente dal Ministro dell'Industria con l'atto 5 luglio 1974, n. 15, impugnata davanti al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio. Il Ministro infatti con l'atto citato aveva espresso l'avviso che ai segretari generali delle Camere di commercio non potesse essere corrisposto il trattamento economico camerale in aggiunta a quello dirigenziale. Con il provvedimento di controllo negativo, impugnato da vanti al Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, il Ministro ha ribadito l'interpretazione a suo tempo espressa in ordine all'inapplica bilit della normativa dirigenziale (atto n. 15 citato) ed ha denegato l'approvazione della deliberazione 18 febbraio 1975, n. 78 della Giunta Camerale. Nel denegare l'approvazione il Ministro ha inoltre identificato l'ambito di efficacia dell'ordinanza di sospensione 13 gennaio 1975 in modo diverso da quanto aveva fatto la Giunta camerale. Pertanto deve essere riconosciuta la competenza per connessione del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio a conoscere del ricorso avverso il provvedimento ministeriale 29 luglio 1975, n. 515181; la sen, tenza appellata deve essere annullata senza rinvio (art. 34, primo comma 1. 6 dicembre 1971, n. 1034). Tuttavia, attesa la scusabilit/dell'errore del ricorrente, che in assenza di norme sulla connessione 'nel giudizio amministrativo ha proposto il ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, giustificata la rimessione in termini dello stesso ricorrente per proporre il ricorso suindicato al Tribunale amministrativo regionale del Lazio. $. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA Il riconoscimento del difetto di competenza del Tribunale Amministrativo e quindi l'annullamento senza rinvio della sentenza appellata importano l'assorbimento delle altre censure dedotte dall'Amministrazione. Invero nella specie l'appello non ha avuto efficacia devolutiva, ma si risolto in un mezzo di impugnazione mera, idonea solo ad annullare la sentenza censurata (art. 34, primo comma, citato). -(Omissis). II (Omissis). -L'istanza di regolamento di competenza proposta dalla prof.ssa Balestra ammissibile in rito e fondata nel merito. Le pur pregevoli considerazioni svolte dalla Avvocatura Generale dello Stato -la quale non manca di sottolineare la novit della questione -non possono essere condivise. Non vi dubbio, infatti, che il T.A.R. per il Lazio sia stato posto dal Legislatore in posizione differenziata rispetto agli altri Tribunali Amministrativi Regionali, ma ci non comporta che il criterio di attribuzione di competenza previsto dall'art. 3, III comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, dia luogo ad una ipotesi di competenza funzionale o comunque non territoriale. Deve al riguardo osservarsi -pur senza contestare che nella 1. n. 1034 del 1971 possano ravvisarsi ipotesi di competenza funzionale che il criterio generale seguito dalla Legge per radicare la competenza dell'uno o dell'altro Tribunale quello della sede dell'Ente o dell'organo il cui atto si impugna; altri criteri vengono utilizzati quando si tratti di atti emessi da organi centrali dello Stato o di enti pubblici ultraregionali, attribuendo rilievo o alla sede di servizio del pubblico dipendente o all'ambito di efficacia dell'atto; ma quando -per quel. che qui interessa -il criterio dell'efficacia dell'atto non pi in grado di funzionare (perch l'efficacia illimitata non potrebbe determinare la competenza di alcun Tribunale), si torna alla regola generale della quale espressione l'art. 3, 3 comma e si indica nel T.A.R. del Lazio il Giudice competente, perch nella sua circoscrizione compresa la citt di Roma, sede degli Organi Centrali dello Stato. La soluzione prospettata, che conduce a ritenere ammissibile il proposto regolamento stante la ritenuta territorialit del criterio di attribuzione della competenza (e, per converso, la sua non rilevabilit d'ufficio da parte del T.A.R.) circa le controversie su atti emessi da organi centrali dello Stato ad efficacia non territorialmente limitata, viene indubbiamente a restringere i limiti nei quali il Giudice conosce della propria competenza. Ritiene per la Sezione che questo principio deve recedere di fronte all'esigenza che le questioni relative alla competenza siano RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 448 risolte celermente ed una volta per tutte a mezzo di uno strumento processuale previsto dalla Legge e la cui sola esistenza dimostra come il principio in base al quale ogni giudice conosce, in primo luogo, della propria competenza, non sia assoluto. La soluzione prospettata dall'Amministrazione viceversa, comporterebbe che, trattandosi di competenza funzionale, questa potrebbe s essere rilevata anche d'ufficio ma nei modi ordinari, con il rischio dunque che si debbano percorrere due gradi di giudizio (aventi il T.A.R. e in appello avanti questo Consiglio) solo per stabilJre quale sia il Giudice competente. Miglior partito sembra invece interpretare le norme nel senso di estendere -sfoo a che il tenore letterale delle norme stesse non costituisca ostacolo insuperabile -il regolamento di competenza a tutte quelle ipotesi che siano ragionevolmente riconducibili alla nozione di competenza per territorio. La violazione di tali criteri di competenza, infatti, da un lato non rilevabile d'ufficio, dall'altro non pu costituire motivo di impugnazione della sentenza e, infine, le questioni relative alla competenza territoriale sono suscettibili di essere risolte con il regolamento di competenza: si delinea cos un sistema che attribuisce alle questioni di competenza il rilievo (certamente non assoluto), che ad esse va riservato e che consente di giungere rapidamente -o perch le questioni di competenza restano precluse o perch sono state risolte con il regolamento -alla pronuncia di merito, che costituisce lo sbocco naturale ed essenziale di ogni processo. Cos stabilita l'ammissibilit del proposto regolamento di compe tenza, si deve rilevare che l'istanza fondata nel merito. Non vi dubbio infatti che la ricorrente abbia impugnato avanti il T.A.R. per la Sicilia i provvedimenti di un organo centrale dello Stato la cui efficacia non limitabile ad una piuttosto che all'altra zona del territorio nazionale: ne consegue che deve essere affermata la competenza del T .A.R. per il Lazio, mentre le spese possono essere compensate. -(Omissis). SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 febbraio 1977, n. 605 -Pres. Iannuzzi Est. Battimelli -P. M. Gambogi (conf.). Di Bernardo (avv. Mazzone) c. Ministerp delle Finanze (avv. ~tato Tomasicchio). Imposte e tasse in genere -Competenza e giurisdizione -Commissioni delle imposte dell'abolito ordinamento -Decisione di condanna dell'Amministrazione -Difetto di potere. Le Commissioni tributarie dell'abolito ordinamento avevano giurisdizione limitata alla verifica della legittimit dell'operato dell'Amministrazione e all'eventuale potere di annullamento o sostituzione .dell'atto impugnato, ma non avevano il potere di condannare l'Amministrazine ad un pagamento, essendo tale potere riservato alla giurisdizione del giudice ordinario (1). (1) Osservazioni sull'azione di condanna dell'Amministrazione finanziaria al rimborso dell'imposta. 1. -La pronunzia della S. C., oltre a chiarire un importante profilo del potere decisorio delle abolite commissioni delle imposte, offre le premesse per esaminare il problema, assai dibattuto, delle decisioni di condanna dell'Amministrazione finanziaria a seguito della riforma del processo tributario. Quanto al passato, non possono sorgere dubbi su~l'inesistenza del potere delle commissioni di pronunciare decisioni di condanna dell'Amministrazione al paga mento.di una somma di denaro; forse non del tutto esatta l'affermazione che la giurisdizione delle commissioni fosse limitata alla verifica della legittimit dell'operato dell'Amministrazione ed all'annullamento o sostituzione dell'atto im pugnato ( questa la caratteristica della decisione del giudice amministrativo che pronuncia in materia di interessi legittimi), giacch la decisione della com missione interviene su diritti soggettivi con effetto dichiarativo di accertamento; ma sicuramente la decisione della commissione non solo non aveva valore di titolo esecutivo ma non conteneva affatto la statuizione di condanna. Tale statuizione avrebbe potuto contenere la sentenza del giudice ordinario, secondo i principi generali della giurisdizione; ma per quanto concerne i tributi, la sentenza ordinaria dichiarava l'obbligazione, senza liquidare in cifra il tributo e quindi anche senza emettere condanna per somma determinata n per il paga mento dell'imposta (il titolo per la riscossione sempre costituito dall'atto ammi nistrativo -ingiunzione, ruolo, ecc. -la cui legittimit confermata dalla sen tenza) n per il rimborso, tant' vero che la sentenza non mutava il titolo della prescrizione stabilita per il credito di imposta. Inoltre la sentenza del giudice ordinario, se pure avesse potuto contenere oltre ailiLa dichiarazione del diritto al ria:nborso anche la condanna (titolo esecutivo), non poteva essere pronunciata successivamente ad una decisione di commissione passata in giudicato; poteva cio, se mai, essere preferita, vigendo la regola delle due autonome giurisdizioni, la giurisdizione ordinaria in vista della eventualit della condanna, ma non era consentito dopo intervenuto il giudicato 450 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Quanto al secondo motivo di ricorso, esso appare dovuto ad un'erronea interpretazione della concisa motivazione della decisione impugnata la quale, in realt, non ha inteso affermare che non spetti al ricorrente la restituzione dell'imposta eventualmente pagata in pi del dovuto a seguito dell'accertamento (come ha ritenuto il ricorrente, che ha inteso dimostrare il suo buon diritto alla restituzione, il di una commissione sulla sostanza del rapporto, travasare lo stesso giudicato in una sentenza del giudice ordinario per conseguire il titolo alla condanna. II. -Questi problemi si presentano in forma diversa nel nuovo contenzioso tributario. Se la giurisdizione delle commissioni generale, ad esse deve spettare anche la pronunzia sulla condanna; se tale potere non conferito alle commissioni, esso deve necessariamente spettare al giudice ordinario, anche nelle materie devolute alle commissioni: queste, riassuntivamente, le tesi contrapposte sul problema (TESAURO, Sui rimedi giurisdizionali contro l'iscrizione a ruolo di somme non dovute, Riv. dir. f.nanz., 1974, II, 297; Id., Limiti di esclusivit della giurisdizione delle commissioni tributarie, ivi, 1976, II, 102; MrcHELI, Osservazioni sulla costituzionalit del nuovo contenzioso tributario, Riv. dir. f.nanz., 1974, II, 100; POTITO, Azione di accertamento e ripetizione di indebito in materia tributaria, ivi, 1974, I, 125; GLENDI, Problemi di tutela giurisdizionale agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto e connesse questioni di legittimti costituzionale, Dir. e prat. trib., 1975, II, 330). Con una recente pronunzia delle Sezioni Unite (8 marzo 1977, n. 942, in qusta Rassegna, 1977, I, ... con nota di C. BAFILE) stato chiarito che la giurisdizione delle commissioni per i tributi elencati nell'art. 1 del d.P.R. n. 636/1972 generale e che, se pure esiste in relazione al sistema di giurisdizione speciale una delimitazione di materie astrattamente controvertibili, ne discende l'improponibilit as.soluta della relativa domanda non gi l'attribuzione, in via residuale, al giudice ordinario; stata cos esclusa la proponibilit delle azioni di mero accertamento sia innanzi alle commissioni che innanzi all'A.G.O. Per le. stesse ragioni le azioni di condanna che unitamente a quelle di mero accertamento sono !.'oggetto prediletto degli autori che sostengono la sopravvivenza di una residua giurisdizione dell'A.G.O. nelle materie devolute alle commissioni, non possono rientrare nella giurisdizione dell'A.G.0. Sicuramente non potr proporsi innanzi all'A.G.O. una domanda diretta ad accertare l'obbligazione e conseguentemente a condannare al rimborso; non basta domandare anche la condanna per sottoporre al giudice ordinario l'accertamento dell'obbligazione devoluto alle commissioni. Ma non pu nemmeno domandarsi all'A.G.O. la sola condanna dopo che l'insussistenza dell'obbligazione gi stata dichiarata dalla commissione perch ci comporta pur sempre, come petutum sostanziale, una pronuncia su una controversia di imposta e opererebbe quel travaso di giudicato di cui si detto, da ritenersi inammissibile anche sulla base di pi generali principi processuali. III. -Resta a vedere se le commissioni del nuovo ordinamento abbiano il potere di pronunciare decisioni di condanna. Sembra doversi dare risposta negativa. Le innovazioni introdotte non pare che abbiano modificato sul punto i poteri decisori delle commissioni, s che la sentenza che si annota si rivela valida anche nel nuovo processo. Come si rilevato annotando la sentenza sopra citata, il processo tributario, che pure nella sostanza di accertamento del rapporto, nella forma costruito ad imitazione del processo amministrativo (procedimento su ricorso contro atto amministrativo soggetto a termine di decadenza, impulso di ufficio, istruttoria t I ~ 1 f. f. ~..J PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 451 che assolutamente pacifico), bens ha, pi semplicemente, affermando non essere consentita la pretesa del contribuente, inteso dire che detta pretesa non era esercitabile nella sede in cui essa era stata proposta, ossia innanzi alla Commissione provinciale. Le Commissioni delle imposte, infatti, hanno una giurisdizione limitata alla verifica della legittimit dell'operato dell'amministrazione e all'eventuale potere di annulla di tipo inquisitorio e decisione pr.iva del valore di Htolo esecutivo); fa decisione dehla commis.siione non pu sicuramente esserie spedita 1n forma esecutiva e come non sostituisce il provvedimento impugnato quale titolo per la riscossione contro il contribuente, cos non pu creare un titolo di condanna al rimborso contro l'Amministrazione. Sulla base della tradizione, sembra inoltre che non possa riconoscersi il potere di emettere decisioni di condanna al giudice amministrativo e al giudice tributario in mancanza di una espressa norma innovativa; vero che oggi i tribunali amministrativi possono emettere pronunce di condanna in materia di giurisdizine esclusiva su diritti soggettivi (art. 26 I. 6 dicembre 1971, n. 1034), ma questa una limitata eccezione stabilita da una norma espressa. Alle commissioni che giudicano su diritti, senza annullare gli atti amministrativi, sicuramente riferibile l'art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, All. E; potrebbe essere di conseguenza concepibile la condanna della P. A. al pagamento di una somma di danaro; dubbio tuttavia che in base a tale norma questo potere possa essere riconosciuto ad un giudice diverso da quello ordinario. IV. -Ma non soltanto per ragioni di attribuzione di potest che deve ritenersi esclusa la pronuncia di decisione di condanna da parte delle commissioni. Per lunga tradizione, ed anche rispetto al giudice ordinario, la controversia di imposta concepita come accertamento dichiarativo degli elementi costitutivi dell'obbligazione tributaria, con esclusione della determinazione in cifra di essa; lasciato all'Amministrazione, che si conformer al caso deciso, emettere un nuovo atto di accertamento o di liquidazione con i conseguenti provvedimenti di riscossione o cti rimborso (Cass. 6 ottobre 1972, n. 2863, in questa Rassegna, 1973, I, 910). Per questa ragione, come si detto, la sentenza non ha valore di titolo e non sostituisce l'atto amministrativo che contiene invece il titolo. Quelle stesse attribuzioni che spettano all'Amministrazione per l'accertamento dell'obbligazione, che devono precedere la domanda giurisdizionale e condizionano la giurisdizione (v. Relazione Avv. Stato, 1970, 75, II, 597 e segg.) ritornano all'Amministrazione dopo il giudicato per l'emanazione dei provvedimenti di attuazione di esso. La pronunzia giurisdizionale, come non annulla e non modifica l'atto amministrativo, cos non emette la statuizione definitiva di liquidazione dell'imposta, che dovr essere contenuta in un nuovo atto amministrativo; la pronunzia giurisdizionale conterr soltanto l'accertamento di quegli elementi (identificazione del soggetto passivo, qualificazione del presupposto, determinazione degli effetti della norma applicabile) che, eventualmente uniti ad altri che possono essere estranei al giudizio (base imponibile), saranno assunti dall'ufficio a base del provvedimento di esecuzione amministrativa del giudicato. Probabilmente non stata estranea a tale strutturazione del processo tributario anche la considerazione che la liquidazione del tributo un'operazione che, se pure semplice e quasi meccanica per l'ufficio tributario, ostica per il giudice he, tra l'altro, non conosce l'esatta situazione dei pagamenti che pu essersi modificata nel corso del giudizio. 452 ' RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento e di sostituzione dell'atto impugnato, ma non hanno il potere di condannare l'amministrazione ad un pagamento, essendo un potere del genere riservato alla giurisdizione del giudice ordinario. In concreto, ove l'amministrazione non disponga, nel caso di specie, la restituzione al Di Bernardo dell'imposta eventualmente da lui pagata in pi del dovuto, dunque riservata alla sfera dell'Amministrazione, e disciplinata con norme particolari, come si vedr fra breve, l'esecuzione del giudicato anche per quanto concerne i rimborsi. Questa attribuzione, che pone l'Amministrazione in una posizione ben diversa dal comune convenuto, caratterizza il processo tributario anche sotto altri aspetti, e partiolarmente per quanto riguarda il giudizio di terzo grado. Nel passato ordinamento, il giudizio di terzo grado innanzi alla Commissione centrale era di sola legittimit e quindi soltanto rescindente (art. 45 e 48, r.d. 8 luglio 1937, n. 1516); tuttavia, ben diversamente dal giudizio di Cassazione, le decisioni di annullamento non sempre erano seguite d.al rinvio alla commissione provinciale, anzi il rinvio era piuttosto raro. Ci poteva avvenire perch spesso dopo l'enunciazione del principio di diritto (quale aliquota fosse applicabile, se fossero o no ammissibili determinate detrazioni e simili) quel che nel processo ordinario l'oggetto del giudizio di rinvio, si trasferiva direttamente all'ufficio che aveva il potere di eseguire quelle operazioni di attuazione (conteggi e liquidazione) necessarie per dare concretezza alla statuizione di legittimit. Molto simile era la situazione per il giudizio ordinario/ di contenuto corrispondente a quello innanzi alla Commissione centrale. Oggi nel giudizio di terzo grado (della Commissione centrale o della corte di appello) per espressa norma (art. 29 e 40 d.P.R. n. 636/1973) il rinvio pu e deve essere disposto solo quando in conseguenza dell'accoglimento del ricorso necessario rinnovare il giudizio su questioni di valutazione estimativa. In ogni altro caso il giudice di terzo grado pronunzia sul rapporto; non emette per una vera e propria decisione di merito, ma, come per il passato, una statuizione sull'applicazione della legge o su questioni di fatto che ne costituiscono il necessario presupposto (estimazione complessa) che in tanto pu produrre effetto in quanto venga integrata dai provvedimenti attuativi e conseguenziali dell'ufficio. Si pu quindi concludere che nel processo tributario la pronunzia giurisdiz, ionale, anche deHa corte di appello, copre uno spazio ~imitato e pi 'ristretto del giudizio ordinario s che la decisione di condanna oggettivamente impossibile non rientrando nella statuizione la cognizione degli elementi che sarebbero il necessario presupposto della condanna stessa. V. -Parallelamente norme espresse disciplinano il procedimento amministrativo di rimborso in modo evidentemente incompatibile con la condanna al pagamento. Gli artt. 40 e 42 del d.P.R. n, 602/1973 stabiliscono che l'ufficio deve provvedere entro 60 giorni al rimborso delle imposte iscritte provvisoriamente a ruolo risultanti non dovute a seguito di decisione; e si deve osservare che per il meccanismo dell'iscrizione a ruolo provvisoria stabilito nell'art. 15, il rimborso va eseguito in relazione alla decisione intervenuta, non appena comunicata, anche se non passata in giudicato. Il rimborso si esegue con ordine sull'esattore che provvede immediatamente. Analogamente dispone per l'IVA l'art. 60 del d.P.R. n. 633/1972. Norme specifiche non si rivengono per le imposte di registro e di successioni ma anche per queste (mentre per le imposte suppletive, restando la r,iscossione sospesa dal ricorso, solitamente non si pone H problema del rimborso) la riscossione provvisoria avviene con un simile meccanismo (art. 54 d.P.R. n. 634/1972; art. 44 d.P.R. n. 637/1972) s che implicito il dovere dell'ufficio di eseguire il rimborso a seguito della decisione. ~ I I f: 451 lZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA ico), bens ha, pi semplicemente, affermando 1retesa del contribuente, inteso dire che detta ile nella sede in cui essa era stata proposta, sione provinciale. Le Commissioni delle impourisdizione limitata alla verifica della legitti1inistrazione e all'eventuale potere di annulla. 1e pr.iva del valore di titolo esecutivo); ila decislione sicuramente esse11e spedita 1n forma esecutiva e vedimento impugnato quale titolo per la riscossione non pu creare un titolo di condanna al rimborso illa base della tradizione, 'sembra inoltre che non di emettere decisioni di condanna al giudice ammi1rio in mancanza di una espressa norma innovativa; amministrativi possono emettere pronunce di con: ione esclusiva su diritti soggettivi (art. 26 L 6 dicem1 una limitata eccezione stabilita da una norma udicano su diritti, senza annullare gli atti amminibile l'art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, All. E; iza concepibile la condanna della P. A. al pagamento ~ dubbio tuttavia che in b(lse a tale norma questo iuto ad un giudice diverso da quello ordinario. D per ragioni di attribuzione di potest che deve t di decisione di condanna da parte delle commissioni. anche rispetto al giudice ordinario, la controversia ! accertamento dichiarativo degli elementi costitutivi con esclusione della determinazione in cifra di essa; ne, che si conformer al caso deciso, emettere un , o di liquidazione con i conseguenti provvedimenti (Cass. 6 ottobre 1972, n. 2863, in questa Rassegna, 1973, come si detto, la sentenza non ha valore di titolo tinistrativo che contiene invece il titolo. Quelle stesse 'Amministrazione per l'accertamento dell'obbligazione, manda giurisdizionale e condizionano la giurisdizione 70, 75, II, 597 e segg.) ritornano all'Amministrazione iazione dei provvedimenti di attuazione di esso. Jnale, come non annulla e non modifica l'atto ammi la statuizione definitiva di liquidazione dell'imposta, in un nuovo atto amministrativo; la pronunzia giuril'accertamento di quegli elementi (identificazione del Jne del presupposto, determinazione degli effetti della ntualmente uniti ad altri che possono essere estranei e), saranno assunti dall'ufficio a base del provvedinistrativa del giudicato. Probabilmente non stata Dne del processo tributario anche la considerazione :mto un'operazione che, se pure semplice e quasi mtario, ostica per il giudice che, tra l'altro, non dei pagamenti che pu essersi modificata nel corso (A 453 I ~ndanna dell'arrmi~ otr e dovr eser\ emettere, in quei dell'amministrazio 1 tto che possa essere (con formula esecu non si presume che all'ufficio. lbili rimedi contro il !ecisione di condanna i > risulter non conriicorso alila commishcato pur sempre, hti dell'art. 16, d.P.R. hbilit di un espresso :!Per un considerevole iazioni abnormi, non ~ forse ricercare un :'.scarsamente efficace pttemperanza innanzi fl'art. 27 n. 4 del t.u. Ire 1971 n. 1034, che lo anche per l'esecui di denaro. t;: questo ~potesi. ti, .rimedi eccezionali, i.ell'escuzione in sede :: proprio sistema del llla riforma ha insejda impiegare come ~ rivelata necessaria C. BAFILE l86 -Pres. Rossi t Franco) c. Mini- j~ !ne Commissioni ' c.p.c.). ( )imposte sono apiugnazioni inciden.. alla Commissione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 454 centrale stato proposto dall'ufficio, il successivo ricorso del contribuente, che necessariamente incidentale anche se non ne ha la forma, pu essere proposto nel termine di sessanta giorni dalla notifica dell'avviso del proposto ricorso principale stabilito per il deposito del controricorso (1). (Omissis). -Con l'unico motivo del secondo ricorso, il ricorrente, lamentando la violazione dell'art. 48, r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, in relazione agli artt. 333, 371 e 360 n. 3, cod. proc. civ. critica la decisione impugnata per avere ritenuto inammissibile, in quanto tardivo, il pro .prio ricorso sul presupposto erroneo che esso fosse principale, e proponibile, quindi, nei 30 giorni dalla notifica della decisione della Commissione provinciale, avvenuta il 1 marzo 1972, invece che incidentale, e come tale proponibile con il controricorso nel termine di 60 giorni dalla notificazione del ricorso dell'Ufficio. Secondo il ricorrente, il proprio ricorso doveva esser qualificato incidentale, a nulla rilevando la denominazione da lui datagli, dal momento che il ricorso successivo al primo in ordine di tempo va qualificato come incidentale. Le censure in cui si articola il riassunto motivo sono fondate. Questa Corte ha gi avuto modo di precisare che per il principio dell'unit del procedimento di gravame, le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza devono essere riunite, anche di ufficio, in un solo processo e decise contestualmente con unica pronuncia, secondo la regola detta dall'art. 335 cod. proc. civ. e che tale regola trova applicazione anche nei giudizi avanti la Commissione centrale (1) La decisione parte dalla premessa, indubbiamente esatta, che il sistema delle impugnazioni incidentali, disciplinato in via generale dal cod. proc. civ., vige anche nel processo speciale tributario. Da ci consegue coerentemente che nel procedimento innanzi alla Commissione centrale entro il termine stabilito per la presentazione del controricorso pu essere proposto ricorso incidentale; meno chiara l'individuazione del termine per il procedimento di secondo grado. Del pari corretta sembra l'affermazione che la distinzione tra impugnazione principale e impugnazione incidentale di ordine temporale; resta a vedere, tuttavia, se dopo la proposizione di una impugnazione (principale), la successiva debba essere proposta in via incidentale a pena di decadenza (art. 333 c.p.c.), se ci l'impugnazione successiva ad altra che, oltre che nella denominazione, sia nella struttura principale possa godere del pi ampio termine dell'impugnazione incidentale; a questo quesito, come nel processo ordinario, dovrebbe darsi rispo, sta negativa, perch solo per la vera impugnazione incidentale (nello stesso processo) opera l'art. 334, mentre le separate impugnazioni in via principale (in diversi processi destinati ad essere riuniti ex art. 335) devono tutte osservare autonomamente il termine di decadenza. Le norme del nuovo rito hanno dato all'impugnazione incidentale lo stesso rilievo del processo ordinario (artt. 22 e 25, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636) si che sembrano applicabili le regole di questo. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA delle imposte (ora Commissione tributaria centrale) in base al combinato disposto degli artt. 40 e 48 del citato r.d. n. 1516 del 1937 (sentenze 25 maggio 1966, n. 1341; 29 luglio 1964, n. 2160; 25 luglio 1964, n. 2044; 25 luglio 1964, n. 2049). Ora, deve ritenersi applicabile anche in tali giudizi il principio, affermato da questo S.C. con riguardo al sistema processuale civile, secondo cui il criterio discretivo tra impugnazione principale e quella incidentale va identificato in un fattore di ordine temporale, nel senso che l'impugnazione proposta per prima assume carattere ed effetti di impugnazione principale, mentre quelle proposte successivamente assumono natura di impugnazioni incidentali e, come tali, devono essere notificate nella forma e nei termini prescritti per queste ultime (sentenze 9 febbraio 1976, n. 424; 7 giugno 1973, n. 1635; 12 gennaio 1973, n. 98; 24 novembre 1972, n. 3445; 25 luglio 1967, n. 1933; 24 giugno 1967, n. 1560 ed altre). Da un esame analitico del sistema normativo delle impugnazioni nel processo tributario, in vigore prima della recente riforma, si evince che, ai sensi dell'art. 40 r.d. suindicato, nei giudizi avanti le Commissioni provinciali era ammesso l'appello incidentale secondo le norme del diritto procedurale comune (identificabili negli artt. 333 e 343 del vigente codice di rito), che, a norma del successivo art. 48, quinto e sesto comma, anche nei giudizi avanti la Commissione centrale era proponibile, tanto da parte dell'Ufficio, quanto da parte del contribuente, il ricorso incidentale e che entrambi potevano presentare controricorsi non oltre il termine di 60 giorni dalla notificazione dell'avviso se il ricorso principale era fatto dall'Ufficio e dal ric_evimento del ricorso da parte di quest'ultimo se il ricorso principale era fatto dal contribuente. Ora, il richiamo alle norme lel codice di rito (da configurarsi come rinvio non ricettizio alle norme stesse), fatto per l'appello incidentale nei giudizi avanti le Commissioni provinciali, valeva anche per il ricorso incidentale dinanzi alla Cmmissione centrale, ancorch non risultasse in modo esplicito dalle disposizioni esaminate. Ed invero, il vigente codice di rito (art. 333) contempla l'impugna zione incidentale come istituto di carattere generale e, pertanto, i rela tivi principi non potevano non riflettersi nel diritto processuale tribu tario. Sul piano sistematico, il suddetto rinvio, trovava giustificazione nell'analogia ravvisabile tra il diritto processuale civile e il diritto processuale tributario, alla quale si doveva far ricorso quando si trattava di integrare le eventuali lacune esistenti nella normativa del primo; il ricorso all'analogia era, peraltro, operante nell'ambito del diritto processuale tributario con il limite che la normativa del processo civile RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO non fosse incompatib~le con la natura speciale di quello fiscale, e tale limite era valido anche nell'ipotesi, come quella in esame, di espresso ma generico rinvio da parte del legislatore fiscale alle norme processuali ordinarie. Orbene, non si ravvisa alcun ostacolo idoneo ad impedire che anche l'identificazione in un fattore di ordine temporale del criterio discretivo tra impugnazione principale e incidentale potesse trovare applicazione nel sistema del processo tributario, atteso che pure in esso stata avvertita l'esigenza di mantenere l'unit del procedimento di gravame e di rendere possibile la decisione sim,ultanea delle varie impugnazioni, e ponendosi l'identificazione di cui sopra come condizione necessaria per la salvaguardi~ della rilevata esigenza. Consegue che il ricorso dell' Aiello, essendo stato notificato il 1 aprile 1972 cio successivamente al ricorso dell'Ufficio, notificato il 1 marzo 1972 deve considerarsi incidentale. N pu avere, in contrario, rilevanza che !'Aiello avesse usato per il suo ricorso la denominazione di principale : spettava, infatti alla Commissione tributaria centrale, in virt del principio iura novit curia qualificare l'atto processuale in parola alla stregua del criterio temporale sopra indicato, senza, che essa dovesse tener conto della denominazione data dalla parte. Ad avviso di quest.a Corte, va risolta in senso affermativo anche la questione della tempestivit dell'impugnazione incidentale proposta dall'Aiello, dovendosi ritenere che, nei giudizi avanti la Commissione tributaria centrale, il ricorso incidentale del contribuente doveva esser proposto insieme all'atto contenente il controricorso e, quindi, non oltre 60 giorni dalla notifica del ricorso principale dell'Ufficio, a norma del citato art. 48, comma 6, nonch in base all'art. 371 cod. proc. civ. Ed infatti, non disponend espressamente l'art. 48 che il ricorso incidentale dovesse essere proposto con il controricorso e neppure entro quale termine, limitandosi a prevedre la possibilit di presentazione di controricorsi (da parte del contribuente e dell'Ufficio) nel termine di 60 giorni, doveva intendersi richiamato anche per i giudizi avanti la Commissione centrale l'art. 371 cod. proc. civ. (secondo cui il ricorso incidentale va proposto con l'atto contenente il controricorso e ci in virt sia del combinato disposto degli artt. 40 e 48, quinto e sesto comma, sia dei principi generali sopra illustrati in tema di rapporti tra processo tributario e processo civile ordinario). Nel caso in esame il ricorso incidentale del contribuente, proponibile -come si dimostrato -entro 60 giorni dalla notifica del ricorso principale dell'Ufficio, avvenuta il 1 marzo 1972, pervenne alla Commissione centrale il 6 aprile 1972 e pertanto deve ritenersi tempestivo e, quindi, ammissibile. -(Omissis). PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 aprile 1977, n. 1615 -Pres. . rabelli -Est. Falletti -P. M. Leo (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Freni) c. Ricci ed altri. Imposte e tasse in genere -Societ di persone Societ di fatto -Giudicato nei confronti della societ -Estensione ai singoli soci. (e.e. artt. 2256, 2266, 2297). La societ di fatto non costituisce un soggetto diverso dalle persone dei soci che sono parte del rapporto processuale e non terzi rispetto alla societ; di conseguenza il giudicato intervenuto fra stato verso la societ e verso i singoli soci (1). (Omissis). -Con il primo motivo dei rispettivi ricorsi, che per connessione d'oggetto possono esaminarsi insieme, sia l'amministrazione finanziaria sia le Di Marzio lamentano che erroneamente la Corte d'Appello ha negato che abbiano efficacia nei confronti della Ricci le sentenze 12 luglio 1966 e 20 luglio 1968 del Tribunale e della Corte d'Appello di Roma, pronunciate nei confronti della societ di fatto fra la Ricci e Luigi Vannetelli, con cui fu definitivamente accertata la legittimit della pretesa tributaria e fu esclusa la fidejussione del Di Marzio (violazione degli artt. 1306, 2909 e 2267 e.e.). Le censure sono fondate. Come appare pacifico dal fatto processuale e come la Corte d'Ap pello ha pure dato atto, la sentenza 12 luglio 1966 del Tribunale di Roma (1) La decisione, di notevole interesse, ha affrontato il problema nel pm ristretto ambito della societ di fatto (art. 2297 e.e.), in base alla considerazione che si presume che ciascun socio ha l'amministrazione degli affari sociali e la rappresentanza della societ in giudizio. Ma il principio deve essere inteso, con maggiore ampiezza, riferibile a tutte le societ di person ed a tutti i soci. Non infatti soltanto con la spettanza a ciascun socio della rappresentanza in giudizio che pu spiegarsi la regola dell'estensione del giudicato; anche per le societ di fatto la presunzione del secondo comma dell'art. 2?.97 non riguarda tutti i soci, ma i soci che agiscono per la societ e non esclude che possa essere provata la conoscenza da parte dei terzi dei fatti che limitano i poteri di rappresentanza a taluni dei soci. Tuttavia fuori dubbio che tutti i soci, abbiano o no agito in rappresentanza. della societ, non sono terzi nei confronti della societ e sono vincolati al giudicato nei confronti di essa creatosi. Ci discende non solo e non tanto dal principio della identificazione, per la societ di fatto, tra socio e amministratore, ma piuttosto dalla regola della responsabilit sussidiaria del socio illimitatamente responsabile, che per i debiti tributari sussiste sempre sia per la societ di fatto (per l'espressa norma dell'art. 2297, primo comma), sia per la societ in nome collettivo e in accomandita semplice (per le espresse norme degli artt. 2291 e 2313), sia per la societ semplice, non essendo mai opponibile verso l'Amministrazio~e finanziaria il patto RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 458 fu emessa nei confronti della societ di fatto fra la Ricci e il Vannetelli, ed passata in giudicato. parimenti pacifico che il pagamento intimato dall'amministrazione finanziaria alla Ricci riguarda appunto, nel suo titolo e nel suo preciso ammontare, la medesima pretesa di cui la citata sentenza accert la legittimit, che cio l'intimazione venne rivolta contro la Ricci quale partecipe della societ di fatto e contestuale destinataria di quella pronuncia. Uguale situazione si riproduce relativamente alla causa fra la Ricci e il Di Marzio. La Ricci ha chiamato in giudizio il Di Marzio, chiedendo che nel caso di sua soccombenza verso l'amministrazione intimante, il Di Marzio, quale asserito fidejussore della cedente Maria Cittadini, fosse tenuto a rivalerla di un debito tributario imputabile ancora all'esercizio della cedente. Ma la sentenza 20 luglio 1968, anch'essa pronunciata nei confronti della societ di fatto fra i due cessionari Ricci e Vannetelli e passata in giudicato, respinse invece la medesima domanda di rivalsa, pur allora proposta contro il Di Marzio (n importa, fuor dall'ambito assolutamente negativo e irreversibile di codesta pronuncia, che s'in contrario di cui all'art. 2267. La responsabilit personale illimitata del socio e il correlativo beneficio di escussione presuppongono necessariamente l'apponibilit del giudicato a tutti i soci responsabili. Questa regola, non sempre sufficientemente chiarita nei rapporti di diritto comune, trova pi precise enunciazioni nelle norme tributarie. Il socio illimitatamente responsabile una delle figure tipiche del responsabile di imposta, obbligato al pagamento del tributo insieme ad altri per fatti o situazioni esclusivamente riferibili a questi (art. 64 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600); questa una responsabilit sussidiaria (non solidale) non per debito ' proprio ma per debito altrui, subordinata al beneficio di escussione, ma nascente dal titolo creato verso l'obbligato principale direttamente eseguibile verso il responsabile. Tutto questo contenuto nella norma dell'art. 46 quarto comma del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 che prevede la notifica al responsabile (qui denominato coobbligato) dell'avviso di mora; in ci contenuta la regola che il ruolo (a sua volta formato in base alla dichiarazione, all'accertamento o al giudicato) costituisce titolo nei confronti del responsabile di imposta e, allo stesso tempo, che l'esecuzione contro di esso possibile solo dopo che il debitore, al quale stata. notificata la cartella dei pagamenti, non ha adempiuto. Di conseguenza il responsabile non pu contestare n il ruolo n i precedenti atti sui quali si basa, ma pu solo opporre di non essere responsabile in via sussidiaria. Tutto questo vale anche per le imposte indirette se pure diverso il procedimento (Cass. 28 marzo 1973 n. 824, in questa Rassegna, 1973, I, 712). In conclusione le norme tributarie, che nulla stabiliscono in modo specifico sulla responsabilit del socio di societ di persone, sono utili per chiarire, anche in relazione ai rapporti di diritto comune, che la sentenza che accerta il debito della societ fa stato nei confronti dei soci i quali, se chiamati a rispondere in via sussidiaria del debito sociale, non possono opporre di essere terzi non vincolati al giudicato (diversamente il beneficio di escussione si risolverebbe in un ingiustificabile privilegio), ma possono tuttalpi contestare la loro qualit di responsabili in via sussidiaria di un'obbligazione oggettivamente accertata in modo definitivo. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA daghino i motivi della medesima, quali inconcludentemente espone la sentenza impugnata). Orbene, per entrambe le fattispecie la Corte d'Appello ha escluso l'efficacia, del giudicato nei riguardi della Ricci, affermando che, essendo allora in giudizio la societ di fatto, diversi dovevano ritenersi i soggetti processuali. La"tesi decisamente contraria a principi dottrinali e giurisprudenziali di concorde e consolidata acquisizione. Occorre pertanto ripetere, a critica di quella tesi e in accoglimento dei motivi in esame, che la societ di fatto non costituisce un soggetto diverso dalle persone dei soci, dovendosi anche ad essa applicare, secondo il richiamo dell'art. 2297 cc., le disposizioni degli artt. 2257 e 2266 cc., i quali, con riferimento alla societ semplice, attribuiscono disgiuntamente a ciascun socio l'amministrazione degli affari sociali e quindi la rappresentanza della societ in giudizio. Ne deriva che sono da wnsiderarsi parti del rapporto processuale, e non terzi, i soci della societ di fatto, attrice o .convenuta in giudizio, per la contestazione di una pretesa i cui soggetti attivi o passivi sono i soci stessi e non la societ. N pu essere invocato il principio dell'autonomia patrimoniale, quando non ricorre l'esigenza di tutela dei creditori della societ; anche in tale ipotesi deve quindi escludersi la possibilit di contrapporre il componente della societ considerato in proprio e lo stesso considerato come socio, e . deve pertanto negarsi che la societ possa ritenersi terzo rispetto ai rapporti 'giuridici facenti capo alla persona del singolo socio (cfr. Cass. 1956, n. 4152; 1970, n. 228; 1974, n. 3146). -(Omissis). SEZIONE SETTIMA r GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21 aprile 1977, n. 1473 -Pres. Danzi Est. D'Orsi -P. M. Berri (conf.). -Soc. S.A.F.A.R. S.p.A. (avv. Jaia e Casella) c. Ministero del. tesoro (avv. Stato Mataloni). Guerra -Contratti di guerra -Normativa sull'esecuzione anticipata Applicabilit -Limiti -Appalto -Impossibilit sopravvenuta di completamento dell'opera in pendenza di approvazione -Applicazione della normativa speciale -Esclusione. (r.d.l. 21 giugno 1940, n. 856, art. 7; cod. civ., art. 1672). Guerra -Sistemazione e liquidazione dei contratti -Contratti di guerra Nozione. (d.1.vo. 25 marzo 1948, n. 674, art. 4). Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria e amministrativa Contratti di guerra -Sistemazione e liquidazione -Provvedimenti del commissario -Risoluzione per sopravvenuta impossibilit di esecuzione -Effetti -Compenso per le opere eseguite -Giurisdizione del giudice ordinario. (d.1.vo. 25 marzo 1948, n. 674, artt. 5 ed 8). Gli effetti della impossibilit sopravvenuta determinatasi nel corso della esecuzione di un contratto di guerra prima che l'appr_ovazione sia stata data o rifiutata non sono disciplinati dalla normativa sulla anticipata esecuzione dei contratti di guerra in caso di urgenza, giacch tale normativa opera per le sole ipotesi espressamente previste dell'esecuzione in pendenza di approvazione poi concessa_ e degli effetti del rifiuto di approvazione sulla pregressa esecuzione (1) (1-3) La decisione in rassegna, per quanto ha tratto alla individuazione degli effetti del provvedimento commissariale che dichiara la risoluzione del contratto per sopravvenuta impossibilit di esecuzione (art. 5, comma 2, lett. b, d.l.vo. 25 marzo 1948, n. 674), ha un precedente in termini in Cass., Sez. Un., 19 settembre 1967 n. 2179, Giust. civ. 1967, I, 1726, richiamata in motivazione. Rispetto alla precedente, l'attuale decisione si caratterizza, sul piano interpretativo, per l'affermata limitazione della portata precettiva dell'art. 7 r.d. 1. 21 giugno 1940, n. 856, ritenuto applicabile ai soli casi ivi espressamente previsti, ' ~ f I f ~ . I f PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 461 Ai fini dell'applicazione delle norme sulla sistemazione e liquidazione dei contratti di guerra, vanno valutati come tali oltre i contratti stipulati e approvati anche quelli soltanto stipulati e perci quelli per cui non fosse intervenuto un rifiuto di approvazione (2). Il commissario per la sistemazione e liquidazione dei contratti di guerra, quando dichiara risolto un contratto per impossibilit sopravvenuta della sua esecuzione, esaurisce con tale dichiarazione il suo potere discrezionale; conoscere della spettanza e dell'entit del compenso per la parte eseguita del contratto costituisce una questione di diritto soggettivo, che rientra nella giurisdizione del giudice ordinario anche in presenza di una determinazione al riguardo contenuta nel provvedimento del commissario (3). (Omissis). Con l'unico mezzo la ricorrente denuncia la violazione delle norme sulla giurisdizione, quella degli artt. 5 e 8 d.l. 25 marzo 1948, n. 674, 7 e 21 del r.d.l. 21 giugno 1940, n. 856 e 1672 e.od. civ., nonch l'omissione, l'insufficienza e la contraddittoriet di motivazione, in relazione all'art. 360, nn. 1, 3 e 5 cod. proc. civ. e, dopo aver ampiamente richiamato la sentenza 19 settembre 1967, n. 2179 di queste Sezioni Unite, afferma: a) che per le norme legislative sopra citate il carattere d'urgenza rendeva legittima l'esecuzione degli ordini, prima dell'approvazione dei contratti e che le ipotesi legislativamente prevste erano o quella della successiva approvazione o quella del diniego di approvazione (che veniva ad incidere solo sulla parte di contratto non ancora eseguita); b) che nella specie, per .il sopraggiungere dell'armistizio non si era verificata n l'ipotesi della successiva approvazione, n quella del diniego di approvazione, per cui si versava in un'ipotesi di contratti stipulati in via d'urgenza, di ordin.i d.i esecuzione immediata assolutamente legittimi, di esecuzioni legittimamente iniziate da parte della dell'esecuzione in pendenza di approvazione e degli effetti del rifiuto di approvazione sulla pregressa esecuzione, con la conseguenza di attrarre sotto la disciplina generale, prevista per il contratto di appalto dall'art. 1672 cod. civ., il caso della sopravvenienza non imputabile che abbia determinato al tempo stesso l'impossibilit di completare il procedimento contrattuale mediante l'approvazione od il suo rifiuto e quella di eseguire l'opera. Sulla nozione di contraHo di guerra, cfr. Cass. 29 luglio 1969 n. 2881, Giust. civ., 1969, I, 1969, pure richiamata in motivazione, e Cass. 14 febbraio 1967 n. 365, in questa Rassegna 1967, I, 391, con osservazione di MAND. Alla giurisprudenza ivi richiamata sulle diverse questioni afferenti ai ontratti di guerra, adde, con riguardo alla giurisdizione, Cass., Sez. Un., 31 luglio 1967 n. 2037, Giust. civ. 1967, I, 1726. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 462 Safar e di impossibilit sopravvenuta sia dell'ultimazione delle commesse, sia del provvedimento della P.A. nel procedimento di approvazione; e) che si trattava di ipotesi di impossibilit sopravvenuta regolata dall'art. 5, lett. b) del d.l. 25 marzo 1948, n. 674 e rientrante, come tale, nel potere del Commissario di dichiarare l'intervenuta risoluzione del contratto, determinandone e regolandone gli effetti con riguardo alle liquidazioni e agli indennizzi dovuti dalla P.A.; d) che la posizione del privato concernente i crediti relativi a prestazioni gi compiute era diritto soggettivo; e) che era errato negare l'esistenza del diritto sotto il profilo che l'art. 7 ultima alinea del r.d.l. 21 giugno 1940; n. 856 stabilisce che il compenso all'assuntore pu essere concesso, in quanto tale disposizione si riferiva all'ipotesi di diniego di approvazione e non a quella di impossibilit sopravvenuta, ipotesi nella quale la liquidazione del compenso doveva essere fatta in base alle norme di diritto comune; f) che, in ogni caso, non essendo stati istituiti gli organi giurisdizionali speciali previsti dalla legge, la giurisdizione doveva necessariamente spettare all'Autorit Giudiziaria Ordinaria. Il ricorso fondato. La Corte d'Appello ha premesso che l'art. 7 del r.d.l. 21 giugno 1940, n. 856, prevedendo la possibilit per l'Amministrazione di concedere, nel caso di mancata approvazione del contratto, un. compenso per la liquidazione dei manufatti non ultimati di impossibile utilizzazione totale o parziale, c~nferiva alla Pubblica Amministrazione un amplissimo potere discrezionale e poneva il privato in uno stato di soggezione incompatibile con la sussistenza di. un diritto soggettivo perfetto. Pur riconoscendo, poi, in via ipotetica la possibilit della configurazione di una posizione soggettiva di diritto nel caso in cui venisse richiesto il pagamento delle prestazioni gi eseguite dopo la dichiarazione di risoluzione di un contratto di fornitura per impossibilit sopravvenuta, osservava che tale ipotesi non si era verificata nella specie, perch la deliberazione commissariale non conteneva n la determinzione di risoluzione del contratto per sopravvenuta impossibilit, n il riferimento a norme sulle quali potesse fondarsi una posizione di diritto soggettivo del privato. La Corte d'appello ha anche escluso che potesse essere rilevante l'affermazione che il compenso era stato gi determinato dalla stessa amministrazione con l'accertamento degli stati di avanzamento, in quanto, trattandosi di contratto dello Stato, questo non. era vincolato se non con l'approvazione da parte del competente Ministero ed ha, infine, precisato che l'asserito errore della deliberazione commissariale, consistente nell'affermazione che i semilavorati dovevano reputarsi perduti PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 463 in dipendenza di eventi bellici, onde le ragioni della SAFAR potevano farsi valere nella sede competente a conoscere dei danni di guerra, non era rilevante perch il disconoscimento dei crediti pretesi dalla SAF AR trovava la sua giustificazione assorbente nel fatto che i semilavorati non erano passati in propriet dell'Amministrazione e non vi era stato passaggio del rischio. Ora questi rilievi non possono essere condivisi. La questione che il mezzo di ricorso sottopone all'esame di queste Sezioni Unite di giurisdizione ed quindi necessario procedere ad un'indagine di fatto, per poter accertare quale sia l'intrinseca natura dell'interesse dedotto in giudizio. La delibera del Commissario per la sistemazione e liquidazione dei contratti di guerra, sulla base dei chiarimenti forniti dal Ministero della Difesa, ha precisato che la SAFAR alla data dell'armistizio aveva in corso cinque forniture di attrezzature militari; che per quattro di esse la SAFAR, essendo s,.tato gi redatto lo stato delle commesse, aveva chiesto il pagamento di acconti nella misura del 50 %, pagamento, per, non effettuato; che per la quinta le trattative per accertare lo stato di avanzamento e godere dei benefici dell'erogazione erano continuate fino al 10 novembre 1944, data in cui era stato redatto il verbale di constatazione dal 3 UTCAM di Albiate (Como). Ora da tale decisione e dal precedente parere del Comitato per la sistemazione e liquidazione dei contratti di guerra appare che non vi fu rifiuto dell'approvazione dei contratti; ma che il loro iter esecutivo e perfezionativo si interruppe perch sopraggiunse l'armistizio. Il r. decreto legge 21 giugno 1940, n. 856, (convertito con modificazioni nella legge 21 ottobre 1940, n. 1518) recita nell'art. 7 he nei casi di urgenza l'Ufficio pubblico che aveva stipulato i~ contratto (di. guerra) poteva ordinarne l'esecuzione prima della relativa approvazione. Il provvedimento di approvazione doveva poi essere unito ad un titolo di pagamento e, in ogni caso, a quello di saldo. Si venne, cos, a creare un procedimento eccezionale rispetto a quello tipico previsto dalla legge sulla contabilit dello Stato (r.d. 18 novembre 1923, n. 2440) e relativo regolamento (r.d. 23 maggio 1924, n. 827) giustificato dalle particolari esigenze del paese in guerra. Nello schema legislativo bastava adunque che l'approvazione intervenisse prima del pagamento del saldo, per riconoscere carattere di regolarit all'intera procedura. Poteva, per, accadere che l'approvazione fosse rifiutata. In tal caso il legislatore si preoccup di regolare il rapporto svoltosi fino al momento del rifiuto, stabilendo il diritto del contraente privato a ricevere il prezzo delle cose fornite o dei lavori eseguiti, in base alle condizioni contrattuali, escluso qualsiasi maggior compenso o indennizzo, salvo 464 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il rimborso delle spese effettive sostenute per la stipulazione del contratto. E previde anche l'ipotesi in cui per l'esecuzione del contratto (non approvato) fossero occorsi impianti o approvigionamenti speciali, ovvero fossero residuati manufatti e lavori non ultimati e insuscettibili di successiva utilizzazione, stabilendo la possibilit di concessione di un compenso, mediante deliberazione dell'amministrazione competente. Per la risoluzione delle controversie fu prevista, nel decreto legge, l'istituzione di organi speciali di giurisdizione; ma poi nella legge di conversione fu, pi semplicemente, stabilito il ricorso a norma di legge e fu soppresso l'art. 21, che prevedeva tali organi specifici. Come appare dalle norme sopra richiamate, il legislatore non regol in modo diverso da quanto previsto in via generale per i contratti della p.a. tutto lo svolgimento dell'iter perfezionativo ed esecutivo dei contratti di guerra; ma se ne discost solo in alcuni punti specificamente indicati. L'ipotesi di impossibilit di esecuzione dell'opera per causa non imputabile ad alcuna delle parti, prevista dall'art. 1672 cod. civ., non poteva ritenersi assorbita nella suesposizione normativa. Ed chiaro a questo punto l'errore in cui so:q.o incorsi sia il Tribunale che la Corte d'appello ritenendo di dover far rientrare nella normativa dei contratti di guerra tutto lo svolgimento di tali contratti, trasformando in norme generali quelle che erano chiaramente norme eccezionali ed applicandole al di l dei casi espressamente previsti. Il d.l. 25 marzo 1948, n. 674, emanato per risolvere le questioni relative ai contratti di guerra rimaste in sospeso deve essere interpretato in funzione della normativa sopra richiamata; ed esso, infatti, nell'art. 4, considera contratti di guerra oltre i contratti stipulati ed approvati, anche quelli soltanto stipulati, nonch gli impegni sommari, le ordinazioni, i provvedimenti di autorit e simili comunque attinenti alle forniture, pere, lavori e prestazioni preordinate alla preparazione e alla condotta della guerra. Al Commissario (art. 5), cui demandata la sistemazione e la liquidazione dei contratti di guerra, stata attribuita la facolt di adottare tutti i provvedimenti da lui ritenuti necessari per la sistemazione e la liquidazione dei contratti e in particolare: a) di disporre la sospensione, la proroga o la rescissione totale o parziale dei contratti; b) di dichiarare l'intervenuta risoluzione del contratto per sopravvenuta impossibilit di esecuzione; e) di ridurre o trasformare i contratti anche quanto all'oggetto della prestazione, all'uopo. prorogando i termini e modificando i prezzi e le condizioni contrattuali e dando alle competenti amministrazioni le disposizioni occorrenti; !i ~ f ~ f f PARTE I, SEZ. VII, GHJRIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI d) di provvedere in ordine ai materiali assegnati per l'esecuzione dei contratti, quando siano tuttora disponibili; e) di eseguire la liquidazione generale del contratto e di determinare gli indennizzi dovuti per i provvedimenti eventualmente adottati ai sensi delle precedenti lettere a, e, d. Dall'esame di tali ipotesi appare che la posizione soggettiva del privato di interesse legittimo, l dove le facolt del commissario comprendono l'esercizio di un potere discrezionale ed invece di diritto soggettivo, l dove il commissario, determinando (o negando) indennizzi e compensi, incide nel campo puramente patrimoniale, ove deve tener conto delle prestazioni eseguite e degli eventua!i altri esborsi econom1c1, cui il privato andato a suo tempo incont}o, per dare esecuzione al contratto. Questa prospettiva stata ben tenuta presente dal legislatore, il quale (art. 8), mentre ha previsto in via generale la possibilit di impugnare davanti al Consiglio di Stato per vizi di legittimit le deliberazioni del Commissario, ha stabilito che le azioni relative agli indennizzi, di cui alla lettera e) e ogni altra azione conseguente alla violazione di diritti in dipendenza dei provvedimenti adottati dal Commissario, dovessero essere proposte davanti al Tribunale di Roma e tra tali ultimi azioni rientrano ovviamente quelle conseguenti ai provvedimenti di cui alla lettera b), pei quali stato escluso nel commissario ogni potere liquidatorio. Ci posto appare evidente che nella specie il Commissario, allorch ritenne risolto il rapporto a causa dell'armistizio (e quindi per impossibilit sopravvenute) esaur il suo potere discrezionale e la spettanza o l'entit del compenso per la parte di contratto eseguita costituisce una questione di diritto soggettivo, su cui dovr pronunciarsi il giudice .ordinario, non essendovi spazio per discrezionalit alcuna nel valutare le conseguenze dello scioglimento del contratto ai sensi dell'art. 1672 cod. civ. E in tal senso la giurisprudenza di queste Sezioni Unite (sent. 19 settembre 1967 n. 2179; 31 luglio 1967 n. 2037; 29 luglio 1969 n. 2881). In particolare la prima di tali sentenze ha opportunamente puntualizzato i 'poteri del Commissario, distinguendo tra le sue facolt quelle che pongono in essere ipotesi (di sospensione, proroga, trasformazione dei contratti) che sono fuori del sistema e nelle quali il Commissario determina anche le conseguenze patrimoniali della mutata situazione, da quelle che rispecchiano ipotesi gi previste dal diritto comune e nelle quali il Commissario non ha la facolt di determinarne le conseguenze patrimoniali e se le determina avverso la relativa statuizione ben pu essere proposta azione davanti al giudice ordinario. (Omissis). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 466 TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 12 ottobre 1976, n. 16 -Pres. Rosso - Rel. Granata. -Consorzio Villoresi (avv. Romanelli e Coronas) c. Ministero dei lavori pubblici (avv. Stato Albisinni), Comune di Gallarate e altri (avv. Mazzullo e Nonnis), Soc. Tintoria Fibre Sintetiche (avv. Giorgianni e Maglie), Fonderie G. B. Pozzi (avv. Colasurdo e Colombo), Soc. Meccanica Voghera (avv. Monti e Piga) e Tintoria F.lli Schiavini (avv. Campiotti e Ricci). Acque pubbliche ed elettricit Giudizio e procedimento Giudizio con pluralit di parti Sentenza che pronunzi sulla giurisdizione in confronto di una parte e rigetti la domanda in confronto delle altre Regolamento preventivo di giurisdizione . Decisione Incidenza sul giudizio proseguito in grado di appello . Fattispecie. (T.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 189; cod. proc. civ., art. 41). Responsabilit civile Immissioni di scarichi in corso d'acqua in base ad autorizzazione amministrativa Danni a terzi Colpa del soggetto autorizzato Esclusione Limiti. (Cod. civ., art. 2043). Proposta davanti al tribunale regionale delle acque pubbliche, in confronto della P.A. e di altri convenuti, una domanda di condanna al risarcimento dei danni cagionati da scarichi autorizzati; intervenuta una sentenza che riconosca in parte sussistente la giurisdizione in confronto della P.A. e assolva dalla domanda gli altri convenuti; impugnata dall'attore la sentenza per questa parte e richiesto dalla P.A. il regolamento preventivo di giurisdizione con riguardo alla pronuncia resa nei suoi confronti; la sentenza della cassazione, che affermi l'ammissibilit del regolamento qualificando la pronuncia di assoluzione dalla domanda come relativa a causa connessa implicitamente separata, costituisce giudicato esterno in ordine alla estraneit della P.A. al giudizio relativo a quest'ultima causa proseguita in grado di appello e determina l'inammissibilit dell'appello incidentale adesivo proposto dalla P.A. (1). (1-2) Trib. acque Milano 30 ottobre 1970 e Cass., Sez. Un., 23 ottobre 1973 n. 2702, rese nella medesima vicenda processuale, sono pubblicate, rispettivamente, in Foro pad. 1970, I, 904 e Foro it. 1974, I, 3469. Sulla prima massima non constano precedenti in termini. Per qualche riferimento, cfr. Cass., Sez. Un., 9 gennaio 1974 n. 62, in questa Rassegna 1974, I, 720, anch'essa relativa ad un giudizio promosso in confronto di pi convenuti, conclusosi in primo grado con una sentenza in parte non definitiva su questione pregiudiziale ed in parte definitiva, nel quale era stato ammesso l'appello incidentale, proposto peraltro in confronto dell'attore e non a sostegno dell'appello di questo contro l'assoluzione dalla domanda degli altri convenuti. In relazione alla seconda massima va osservato che, sebbene resa in una causa cui l'Amministrazione era stata ritenuta oramai estranea, per il rilievo riconosciuto all'autorizzazione -di circostanza in linea di principio idonea ad PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 467 Il soggetto autorizzato dalla P.A. ad immettere determinati scarichi in un corso d'acqua pubblica legittimamente fa affidamento sulla sufficienza ed adeguatezza dlle valutazioni tecniche presupposte da tale autorizzazione e non pu essere considerato in colpa rispetto agli eventi dannosi cagionati a terzi dalle immissioni, in particolare quando la pluralit di analoghe utilizzazioni del corso d'acqua rende impossibile o comunque estremamente difficile una visione complessiva degli effetti che ne derivano e sempre eh.e non sia provata la sussistenza di circostanze idonee, alla stregua di una valutazione secondo normale diligenza, a dimostra,re l'irragionevolezza dell'affidamento (2). (Omissis). -1. -In via preliminare, conviene brevemente riassumere i momenti salienti della vicenda -pi ampiamente e dettagliatamente riferita nella narrativa processuale -attraverso la quale la causa pervenuta alla presente fase, ci consentendo di fissare taluni punti, utili sia per la individuazione dell'attuale suo ambito soggettivo ed oggettivo, sia per l'esatta impostazione delle questioni di merito. Adito dal Consorzio Villoresi, oggi appellante, per la condanna in solido dell'Amministrazione dei LL.PP., autrice delle autorizzazioni ad immettere scarichi nel torrente Arno, e dei soggetti privati e pubblici, autori delle immissioni di scarico, il Tribnale regionale: a) nei confronti del Ministero, ha in parte negata ed in parte affermata la propria giurisdizione in ordine, rispettivamente, ai diversi capi, nei quali ha ravvisato articolata la domanda contro lo stesso proposta, riservando all'ulteriore corso del giudizio la pronunzia sul merito dei capi riconosciuti di propria competenza; b) nei confronti degli altri convenuti, ha pronunziato sentenza di assoluzione dalla domanda. Rispetto a tale sentenza, il Ministero, dopo essersi riservato l'appello con dichiarazione notificata in data 15~16 dicembre 1970 a tutte le altre parti, con istanza notificata pure a tutte le altre parti il 2 aprile 1971 ha proposto regolamento preventivo di giurisdizione; dal canto suo, il Consorzio Villoresi, con atto notificato il 10 dicembre 1970 ai soli convenuti diversi dal Ministero, ha spiegato appello dichiaratamente limitato alla pronunzia di assoluzione resa in favore di costoro. escludere la colpa dei soggetti autorizzati nell'esplicazione di un'attivit oggettivamente lesiva -la decisione si inserisce nell'indirizzo giurisprudenziale che individua nella P.A. il soggetto, cui si imputa la responsabilit dei danni cagionati dall'attivit esplicata dai privati nei limiti di concessioni promananti dalla stessa Amministrazione. Da questo punto di vista appare interessante segnalare l'identit di motivazione che si riscontra tra la sentenza in rassegna e Trib. sup. 8 marzo 1968, n. 5 (in questa Rassegna 1968, I, 278) quanto al rilievo attribuito a:Ha situazione complesSIvamente determ1nat:a dalla PA con una pluralit di atti nel loro insieme produttivi' della lesione lamentata. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 468 Ritenuta dalle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione, con sentenza 23 ottobre 1973 n. 2702, l'ammissibilit dell'istanza per regolamento preventivo e dichiarata la giurisdizibne del Giudice ordinario rispetto all'intera domanda -come dalle stesse Sezioni Unite interpretata -del Consorzio contro l'Amministrazione dei LL. PP., il giudizio di appello, intanto sospeso, stato riassunto dal Consorzio con atto notificato, questa volta, anche al Ministero predetto, il quale, nel costituirsi, ha proposto appello incidentale adesivo contro la assoluzione dalla domanda degli altri convenuti. 2. -Alla stregua delle precisazioni riferite, agevole cogliere la estraneit della Amministrazione dello Stato al presente giudizio di appello. La citata sentenza delle Sezioni Unite ha giudicato il regolamento preventivo di giurisdizione richiesto dal Ministero LL. PP. non precluso dalla pronunzia sul merito delle domande proposte contro gli altri convenuti, questa testualmente ritenendo pronunzia su altre cause (la cui decisione stata preceduta da un implicito provvedimento di separazione)... collegate a quella fra attore e pubblica amministrazione dal mero rapporto di /connessione esistente fra cause proposte nello stesso processo contro pi condebitori solidali . Tale sentenza:, in ragione della situazione processuale da essa medesima cos accertata, costituisce giudicato esterno, del quale questo Tribunale Superiore non pu non tenere conto perch sostanzialmente dedotto con la produzione in causa della decisione e, comunque, perch influente sul giudizio circa la ammissibilit dell'appello incidentale proposto dal Ministero; ammissibilit che va negata, proprio perch la separazione delle cause (per implicito) disposta dal primo giudice non consente al Ministero di interloquire in quella fra il Consorzio e .gli altri convenuti, alla quale unicamente si riferisce l'appello del Consorzio stesso. N pu ritenersi che il Ministero, oltre che parte principale nella (ora separata) causa contro di esso instaurata dal Consorzio, sia a tutt'oggi anche parte accessoria nella causa tra il Consorzio e gli altri convenuti, di cui qui si discute. Vero , infatti, che in primo grado: a) la convenuta Tintoria Fratelli Schiavini propose domanda di manleva ,contro il Ministero; b) questo fu indicato come l'unico responsabile da altra convenuta, la Tintoria Fibre Sintetiche; e) del medesimo fu chiesta la condanna in favore dell'attore anche dal Comune di Gazzada, altro convenuto. Peraltro in relazione a nessuno dei tre ricordati profili il Ministero pu considerarsi (ancora) oggi parte nella causa tra il Consorzio e gli altri convenuti, perch: ad a: trattavasi di mera causa dipendente per garanzia impropria, non ritualmente riprodotta in questo grado, essendo stata la relativa domanda ripetuta qui unicamente I l ! i , . . . I - PARTE I, SEZ. VI~, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 469 nella comparsa di risposta, non notificata al Ministero, estraneo alla causa oggetto dell'appello del Consorzio, correttamente non proposto come si gi riferito -nei confronti del Ministero stesso; ad b : si trattato di una argomentazione motiva meramente incidentale e non tradottasi in alcuna precisa domanda contro il Ministero, idonea, se proposta, a rendere questo, secondo un orientamento giurisprudenziale, litisconsorte necessario nella causa fra attore e convenuto princi pale; ad e : la domanda fu, s, proposta, ma tardivamente in sede di precisazione delle conclusioni e rispetto ad essa non vi fu accetta zione del contraddittorio da parte del Ministero. Donde la conclusione che sotto ogni aspetto il Ministero -parte nella diversa causa separata dal giudice di primo grado ed estraneo alla causa portata in appello -non doveva essere qui citato neppure in riassunzione dalla sospensione (che peraltro non doveva essere disposta, riguardando il regolamento preventivo di giurisdizione causa, in tesi, diversa) e non era quindi legittimato a proporre impugnazione incidentale adesiva. 3. -La citata sentenza delle Sezioni Unite ha inoltre individuato l'oggetto della causa contro il Ministero dei LL. PP. nella (verifica della) eventuale responsabilit di questo per avere determinato con il proprio co_mportamento, in tesi antigiuridico e colposo, l'impinguamento e l'inquinamento del torrente Arno e la conseguente formazione dell'ammasso di acque stagnanti dal quale il Consorzio dice minacciato il proprio manufatto. Ne segue che la. eventuale corresponsabilit degli attuali appellati, per la cui affermazione il Consorzio insiste, si configura in principio come partecipazione non iure e (quanto meno) colposa a siffatto comportamento della Amministrazione statale. Orbene, sotto l'aspetto obiettivo, un siffatto concorso -contraria mente all'opinione espressa dal primo giudice e giustamente criticata dal Consorzio appellante - ben configurabile, non potendo valere ad escluderlo l'atto permissivo della P.A., una volta che questo stesso, spoglio della qualificazione provvedimentale e considerato come mera manifestazione fattuale della attivit dell'amministrazione in relazione ai suoi effetti esterni (cfr. citata sentenza n. 2702 del 1973), si pre dica del carattere oggettivo dell'illiceit per contraddizione con il pre cetto del neminem laedere. Ci che invece va negato -sotto tale diverso profilo pervenendosi alla conferma della sentenza impugnata - la ravvisabilit di un qualsiasi elemento soggettivo, anche di mera colpa, a carico dei convenuti, attuali appellati. In punto di fatto, va premesso il rilievo che la legittimit -sotto il profilo pubblicistico -delle lamentate immissioni, affermata dal RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Tribunale regionale come pacifica, non pu essere utilmente negata oggi dal Consorzio, la relativa contestazione risolvendosi nella allegazione di fatti nuovi e diversi :r:ispetto a quelli dedotti in primo grado a fondamento della domanda, in quella sede l'intero sistema difensivo dell'attuale appellante essendosi poggiato sul presupposto che, appunto, tutti gli scarichi, denunziati come fonte eziologica dell'evento dannoso lamentato, erano autorizzati e si svolgevano in confon;nit delle rispettive autorizzazioni. Orbene, in linea di principio deve riconoscersi che il soggetto, autorizzato dalla P.A., istituzionalmente preposta al buon governo delle acque, a comportarsi in un determinato modo nella utilizzazione di un corso pubblico, legittimamente faccia affidamento sulla sufficienza ed adeguatez:Za delle valutazioni tecniche che l'esercizio del relativo potere necessariamente presuppone; ci, tanto pi quando, come nella specie, la pluralit delle analoghe utilizzazioni consentite rende impossibile, o comunque estremamente difficile, al singolo utente quella visione globale della situazione e dei possibili suoi svolgimenti, che invece egli ha ragione di presumere essere stata doverosamente tenuta presente dalla P.A. autorizzante. Onde, in difetto della prova di particolari circostanze -: nella specie neppure allegate -idonee, alla stregua di una valutazione secondo normale diligenza, a dimostrare la irragionevolezza di siffatto affidamento, deve escludersi che il soggetto autorizzato all'immissione di determinati scarichi in un corso di acqua pubblica possa considerarsi in colpa rispetto agli eventi dannosi, che sul piano della causalit oggettiva a tali immissioni si riconnettano. -(Omissis). SEZIONE OTTAVA GIURISPRUDENZA PENALE I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Il, JO dicembre 1975, n. 1547 -Pres. Pisanogiunta -Rel. Napoletano -P. M. (conf.). Rie. Peranna. Procedimento penale -Cassazione -Sentenza istruttoria di proscioglimento -Ricorso della parte civile Inammissibilit. (c.p.p. artt; 99, 100, 190, 195, 378 e 524). inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso della parte civile avverso la sentenza istruttoria di proscioglimento, non essendo questa preclusiva dell'azione civile in sede propria (1). Il CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Il, 4 marzo 1974, n. 575 -Pres. Erra - Rel. Defalco -P. M. (conf.). Rie. Valsania. Procedimento penale -Parte civile -Impugnazioni -Legittimazione e interesse -Sentenza istruttoria di proscioglimento Impugnazione Inammissibilit. (c.p.p. artt. 25, 195). L'effetto preclusivo, sancito dall'art. 25 cod. proc. pen., di determinate formule di proscioglimento nei confronti dell'ulteriore esercizio dell'azione civile, riguarda esclusivamente le sentenze pronunciate in seguito a giudizio. Del pari, l'autorit di cosa giudicata, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni o il risarcimento o in quello diverso ma relativo a un diritto dipendente dall'accertamento penale, attribuita dagli artt. 27 e 28 cod. proc. pen. (quest'ultimo nella residua parte di riconfermata legittimit costituzionale) all'accertamento dei fatti conte nuto nella sentenza irrevocabile di condanna o di proscioglimento, ri, guarda anch'essa le sentenze pronunziate in seguito a giudizio. Ne consegue che, anche dopo le pronunzie della Corte Costituzionale di parziale illegittimit degli artt. 23 e 195 cod. proc. pen., la parte civile (1-2) La giurisprudenza pacifica in questo senso: v. Cass. 21 ottobre 1974, n. 1406 (128643) rie. Rossi, 14 aprile 1975, n. 524 (130621) rie. Landi. La sentenza del 1974, che riportata in massima si d anche lodevolmente carico di moti RASSEGNA DEJ.J.'AWOCATURA DELLO STATO non legittimata, per difetto d'interesse, a proporre ricorso per cassazione contro le sentenze istruttorie di proscioglimento dell'imputato, con qualsiasi formula, poich tali pronunzie non determinano alcuna preclusione all'esercizio dell'azione civile, che pu essere riproposta senza limitazioni davanti al giudice civile, n alcun pregiudizio o preclusione quanto all'accertamento dei fatti sui quali l'azione civile fondata. L'esclusione delle sentenze istruttorie di proscioglimento dal sistema delle impugnazioni della parte civile anche correlativa al fatto che la stessa non titolare del diritto -mediante l'impugnazione -alla prosecuzione dell'azione penale n alla modificazione della formula d( proscioglimento, essendo riservati in via esclusiva al pubblico ministero sia il potere d'impulso processuale (ai fini del rinvio a giudizio dell'imputato, in luogo del proscioglimento) e sia la titolarit del diritto ad un'esatta applicazione della legge penale per quanto riguarda i capi di contenuto esclusivamente penale della sentenza (2). vare in ordine al difetto di interesse della parte civile a ricorrere, richiamando la titolarit dell'azione penale propria del Pubblico Ministero, il che toglie ogni suggestione., agli argomenti che potrebbero desumersi dalle norme di cui agli art. 402, 403 e 404 c.p.p. sulla riapeI'tura dell'istruzione i quali richiedono, come noto, l'esistenza di nuove prove a carico o a favore dell'imputato. I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 12 marzo 1976, n. 10564 -Pres. Ridola -Rel. Lerro -P. M. Amoroso (conf.), rie. Giugliani. Procedimento penale . Appello . Interessi civili In genere Provvedimenti appellabili e inappellabili -Sentenza su reati connessi Principio della concentrazione in appello delle impugnazioni Ricorso della parte civile contro sentenza di proscioglimento Applicabilit del principio. (c.p.p. artt. 23, 195 e 514). Il principio della cbncentrazione delle impugnazioni innanzi al giudice di appello, nel caso in cui la sentenza sia impugnata con appello per alcuni capi e con ricorso per altri, applicabile anche quando la parte civile proponga ricorso per cassazione contro una sentenza di proscioglimento mentre altre parti propongano l'appello (1). (1-2) Le due sentenze che si annotano sono chiaramente indicative di un principio adottato dal legislatore secondo il quale l'inserimento della pretesa dsarcito.r.ia nel processo penale, pur comportando !l'adattamento deH'azione civi1le aJJle esigenze propnie deilla sede neHa quale si svOilge (v. in questo senso la nota: Costituzione di parte civile: accessoriet e immanenza in questa Rassegna 11 PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 473 II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 12 dicembre 1976, n. 11094 -Pres. Alicata -Rel. Clementedisa -P. M. Scotti (conf.), rie. Leardini. Procedimento penale Difensore della parte civile . Propria legittimazione a proporre impugnazione Esclusione. (c.p.p. art. 195). Il difensore della parte civile non , come tale, legittimato a proporre impugnazione perch l'art. 195 cod. proc. pen., che detta le norme generali sulle impugnazioni della parte civile, non riproduce la disposizione contenuta nell'art. 192 ultima parte stesso codice, che riguarda l'impugnazione dell'imputato ed attribuisce al difensore una facolt propria di interporre gravame. Il difensore della parte civile pu proporre impugnazione solo quando gli sia stato conferito mandato speciale a tal fine ai sensi e nelle forme di cui all'art. 136 cod. proc. pen. (2). 1970, I, 332) non ha dal punto di vista sostanziale una fisionomia diversa dall'azione esercitata innanzi al giudice civdle, poich si t~atta in effetti, come evidente, della stessa azione. La prima sentenza infatti appilica, a1l'impugnazi-0ne deHa parte civHe, una ~go1a tipica del processo penale che, !ir1 quanto norma di procedura, non pu non estendersi al modo di esercizio dell'azione civile, una volta che si sia scelto di esercitarla in sede penale: il principio, desumibile dell'art. 514 c.p.p., dehla COl!lcentrazione dellle timpugnazioni innanzi ail giudice d'appello, regola tipicamente prcessuale e non v' ragione di non applicarla all'impugnazione proposta dalla parte civile. Le norme invece che disciplinano il potere sostanziale di proporre impugnazione sono quelle rispettivamente previste per l'azione civile e per l'azione penale e non v' quindi ragione di estendere al difensore della parte civile una facolt espressamente prevista dall'art. 192 c.p.p per il solo difensore dell'imputato ed .in base oola qua:Le la dottrina ha elaborato iil concetto di parte complessa " imputato -difensore che p~ nessun motivo potrebbe essere adattato alla difesa di parte civile. Nello stesso senso della seconda sentenza V., Cass. 12 maggio 1976, n. 11419 (134736) rie. Obicre. V. ~noltre Cass. 12 febbraio 1971 riic. Cantone in Cass. pen. Mass. Annotate ,1972, 1028 n. 1397 per ~a significativa affermamone che aillla costituzione di parte civ.iilie si applica la norma che vieta l'ultrapetizione. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. V, 6 ottobre 1976, n. 1750 -Pres. Delmese - Rel. Melone -P. M. Montesanti (conf.). Rie. INPS. Procedimento penale -Cassazione Interessi civili -Provvedimenti ricorribili -Sentenza -Di proscioglimento in genere -Formula di proscioglimento non preclusiva dell'azione civile Interesse al ricorso per la risarcibilit dei danni morali -Intangibilit del giudicato penale. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Parte civile -Impugnazioni -Cassazione -Interessi civili -Provvedimenti rb:orribili -Sentenza -Di proscioglimento in genere -Formula di proscioglimento non preclusiva dell'azione civile -Interesse al ricorso per la risarcibilit dei danni morali -Intangibilit del giudicato penale. Ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, e in applicazione dei principi enunciati dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 1 del 1970 e con sentenza n. 29 del 1972, la parte civile ha diritto di ricorrere autonomamente in cassazione contro le sentenza di proscioglimento a tutela dei suoi interessi di natura privatistica. quindi ammissibile il ricorso per cassazione proposto dalla parte civile contro la sentenza con la quale l'imputato sia stato assolto in giudizio con una formula che non Sia di ostacolo all'esercizio dell'azione civile, essendo evidente il suo interesse ad ottenere il sindacato di legittimit contro una pronuncia che, escludendo l'illiceit penale del fatto, priva la parte civile del diritto di chiedere il risarcimento del danno non patrimoniale. Ma il ricorso ha effetto ai soli fini civili, restando ferma l'intangibilit del giudicato penale (1). (1) La giurisprudenza della Suprema Corte successiva alle dichiarazioni di incostituzionalit enunciata 'dalle sentenze della Corte Costituzionale ricordate nella massima si andata evolvendo nel senso prospettato dalla decisione che si annota: gi in tal modo il problema era stato risolto dalle Sezioni Unite con decisione 15 dicembre 1973, n. 6/74 (v. in questa Rassegna, 1974, I, 750). In precedenza era stato affermato che la sussistenza dell'interesse ad impugnare era evidente nelle ipotesi di assoluzione in giudizio con una delle formule, previste dall'art. 25 c.p.p. che precludono l'esercizio dell'azione civile riparatoria (Cass. 13 novembre 1972, n. 265, rie. Bernuzzi) e che viceversa non sussisteva tale interesse quando la formula di assoluzione fosse tale (ad es. poich il fatto non costituisce reato) da non precludere l'esercizio dell'azione civile nella competente sede. Conformemente a tale tesi era stato escluso l'inter.esse a ricorrere anche nelle ipotesi di assoluzione per insufficienza di prove, per improcedibilit o per esJinzione del reato (Cass. 5 marzo 1975, n. 2464, rie. Pilichetti). Nello stesso senso della sentenza che si annota si sono invece pronuciati: Cass., Sez. III, 14 settembre 1973, n. 6157 (124907), rie. Menghini; Cass. Sez. IV, 12 marzo 1973, n. 9579 (125827), rie. Golfarini; Cost., Sez. II, 13 gennaio 1976, n. 7265 (133914) rie. Fazzini, sicch deve ritenersi ormai consolidata l'interpretazione estensiva del diritto della parte civile di impugnare la sentenza penale per gli interessi civili. Non v' dubbio, come stato segnalato sia in giurisprudenza che in dottrina, che l'intangibilit del giudicato penale nei confronti dell'imputato comporta soltanto il ne bis in idem nei suoi confronti e non anche la tutela dell'interesse (mero) a non veder ridiscusso e rivalutato il fatto e la condotta, ben potendo la parte civile chiedere un diverso accertamento ed una diversa valutazione in ordine alla sussistenza del fatto, alla sua qualificazione giuridica e all'imputabilit JTiateriale e psicologica, che consentano il pieno esercizio ed il proseguimento dell'azione riparatoria (Cass. 5 luglio 1976, n. 2413, 135297, rie. Ancis). ~: I! f ~ I I PARTE SECONDA LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codice di procedura penale, 1artt. 342 e 352, nella parte in cui prevedono che il procuratore generale presso la corte d'appello informi il Ministro per la Grazia e giustizia e non il presidente del Consiglio dei Ministri e nella parte in cui non prevedono che il presidente del Consiglio dei Ministri debba fornire, entro un termine ragionevole, una risposta fondata sulle ragioni essenziali dell'eventuale conferma del segreto. Sentenza 24 maggio 1977, n. 86, G.U. lo giugno 1977, n. 148. legge 17 aprile 1925, n. 473, nella parte in cui non prevede la pignorabilit per crediti alimentari degli assegni di integrazione corrisposti ai notai dalla Cassa nazionale del notariato negli stessi limiti stabiliti dall'art. 2, n. 1, del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1950, n. 180. Sentenza 2 giugno 1977, n. 105, G.U. 8 giugno 1977, n. 155. legge 3 maggio 1956, n. 392, art. unico, primo comma, nella parte in cui esclude dalla soggezione alle assicurazioni sociali obbligatorie per la invalidit, vecchiaia e per la tubercolosi di cui al r.d. 4 ottobre 1935, n. 1827, e successive modificazioni ed integrazioni, i religiosi e le religiose quando prestano attivit di lavoro retribuito alle dipendenze di enti ecclesiastici, di associazioni e case religiose di cui all'art. 29, lettera a e b, del Concordato tra la Santa Sede e l'Italia. Sentenza 9 giugno 1977, n. 108, G.U. 15 giugno 1977, n. 162. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 11124, art. 74, secondo comma, nella parte in cui non pone, agli effetti della rendita chi colpito da malattia professionale nella stessa condizione di chi invece colpito da infortunio sul lavoro. Sentenza 30 maggio 1977, n. 93, G.U. 8 giugno 1977, n. 155. legge 30 dicembre 1971, n. 11204, art. 34 (art. 3 della Costituzione, nella parte in cui stabilisce che le disposizioni dell'art. 11 della legge 26 agosto 1950, n. 860, continuano ad applicarsi in via transitoria ai datori di lavoro che, ai sensi della legge stessa, abbiano istituito camere di allattamento o asili nido aziendali funzionanti alla data del 15 dicembre 1971. , Sentenza 30 maggio 1977, n. 92, G.U. 8 giugno 1977, n. 155. legge reg. 29 aprile 1974, artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6. Sentenza 30 maggio 1977, n. 94, G.U. 8 gigno 19n, n. 155. legge reg. Toscana 4 luglio 1974, n. 35, art. 55, nella parte in cui, statuendo che cessano di avere applicazione tutte le norme di legge statali in materia di 70 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO caccia, ad eccezione di quelle espressamente richiamate dalla legge suddetta, non esclude dall'effetto abrogativo le norme di legge statali aventi natura penale. Sentenza 12 maggio 1977, n. 79, G.U. 18 maggio 1977, n. 134. Il -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE Codice civile, artt. 570 e 586 (art. 3 e 30 della Costituzione). Sentenza 12 maggio 1977, n. 76, G.U. 18 IJJ.aggio 1977, n. 134. codice di procedura civile, artt. 45 e '136 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 30 maggio 1977, n. 88, G.U. 8 giugno 1977, n. 155. codice penale, artt. 89 e 169 (artt. 3 e 27 della Costituzione). Sentenza 20 giugno 1977, n. 120, G.U. 29 giugno 1977, n. 176. codice penale, art. 177, ultimo comma (artt. 3, 24, 25 e 27 della Costituzione). Sentenza 12 maggio 1977, n. 78, G.U. 18 maggio 1977, n. 134. codice penale, art. 341, primo ed ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 2 giugno 1977, n. 100, G. U. 8 giugno 1977, n. 155. codice di procedura penale; art. 43, primo e secondo comma (art. 25 della Costituzione). Sentenza 12 maggio 1977, n. 77, G.U. 18 maggio 1977, n. 134. codice di procedul'a penale, artt. 169, secondo comma, 173 e 268, primo comma (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 2 giugno 1977, n. 98, G.U. 8 giugno 1977, n. 155. codice di procedura penale, artt. 304, 304-bis, 304-ter, 304-quater e 305 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 2 giugno 1977, n. 104, G.U. 8 giugno 1977, n. 155. codke penale miliitare di pace, a'rt. 270 (art. 2, 3, primo comma, 24, primo comma della Costituzione). Sentenza .2 giugno 1977, n. 106, G.U. 8 giugno 1977, n. 155. legge 19 gennaio 11942, n. 23, art. 2 (artt. 3, primo comma, e 30, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 2 giugno 1977, n. 99, G.U. 8 giugno 1977, n. 155. r,,d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 18, primo comma (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 30 maggio 1977, n. 95, G.U. 8 giugno 1977, n. 155. . I - PARTE II, LEGISLAZIONE legge 12 maggio 1949, n. 206, art. 1. Sentenza 2 giugno 1977, n. 99, G.U. 8 giugno 1977, n. 155. legge il 3 febbl"'Clfo 1963, n. 151, 'art. 3 (art. 3, 5 e 128 della Costituzione). Sentenza 20 giugno 1977, n. 118, G.U. 29 giugno 1977, n. 176. legge 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, decimo e undicesimo comma (artt. 3, 24, 41 e 43 della Costituzione). Sentenza 2 giugno 1977, n. 107, G.U. 8 giugno 1977, n. 155. d.P.R. 30 giugno '1965, n. 111124, art. 4, primo comma, n. 1 e terzo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 9 giugno 1977, n. 114, G.U. 15 giugno 1977, n. 162. legge 4 novembre 1965, n. 1213, art. 12, quarto comma (artt. 41, 43 e 33, J?rimo comma, della Costituzione). Sentenza 9 giugno 1977, n. 109, G.U. 15 giugno 1977, n. 162. legge 12 febbraio 1968, n. 132, art. 43, lettera d (art. 3 della Costituzione). Sentenza 2 giugno 1977, n. 103, G.U. 8 giugno 1977, n. 155. d.P.R. 27 marzo 1969, n. 129, a.rt. 3 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 2 giugno 1977, n. 103, G.U. 8 giugno 1977, n. 155. d.P.R. 27 marzo 1969, n. '130, artt. 24 e 133 (art. 3, 4 e 76 della Costituzione). Sentenza,2 giugno 1977, n. 103, G.U. 8 giugno 1977, n. 155. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 49 (art. ,3 della Costituzione). Sentenza 9 giugno 1977, n. 113, G.U. 15 giugno 1977, n. 162. d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, artt. 44, sesto e settimo comma, 46, seconda parte, terzo comma (artt. 70, 76 e 77, primo comma, della Costituzione). Sentenza 30 maggio 1977, n. 91, G.U. 8 giugno 1977, n. 155. legge 2 febbraio 1973, n. 12, art. 39 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 9 giugno ,1977, n. 112, G.U. 15 giugno 1977, n. 162. legge reg. Marche 22 febbraio :1973, n. 6 (art. 117 della Costituzione). Sentenza 12 maggio 1977, n. 72, G.U. 18 maggio 1977, n. 134. d.I. 24 luglio 1973, n. 427, art. 1 O (artt. 3, primo comma, e 24, prima parte, della Costituzione). Sentenza 20 giugno 1977, n. 121, G.U. 29 giugno 1977, n. 176. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO III -QUESTIONI PROPOSTE Codice civUe, 1ar-t. 1180 (artt. 1 e 35 della Costituzione). Tribunale di Grosseto, ordinanza 17 febbraio 1977, n. 167, G.U. 25 maggio 1977, n. 141. c:.odice civile, ar-t. ar-t. 1i180 (artt. 1 e 35 della Costituzi?ne). Pretore di Biancavilla, ordinanza 12 febbraio 1977, n. 207, G.U. giugno 1977, n. 148. codice civile, ar-t. 2043 (artt. 3, 24 e 32 della Costituzione). Tribunale di Camerino, ordinanza 12 novembre 1976, n. 151, 1977, G.U. 4 maggio 1977, n. 120. codice civile, ar-t. 2122, pr-imo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 17 febbraio 1977, n. 177, G.U. 10 giugno 1977, n. 148. codice civile, ar-t. 2948, n. 4 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanze (quattro) 7 giugno 1976, n. 198 a 201, 1977, G.U. lo giugno 1977, n. 148. codice di pr-ocedur-a civile, art. 149 dis.p. att. (come modificato dalla I. 11 agosto 1973, n. 533 -art. 3, primo comma della Costituzione). Corte d'Appello di Roma, ordinanza 11 marzo 1977, n. 242/1977, G.U. 29 giugno, 1977, n. 176. codice di pr-ocedur-a civile, ar-t. 429, ter-zo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Massa, ordinanza 1<> febbraio 1977, n. 161, G.U. 25 maggio 1977, n. 141. codice di procedura civile, ar-t. 429, teno comma (artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Orvieto, ordinanza 24 febbraio 1977, G.U. 4 maggio 1977, n. 120. codice di pl"ocedur-a civile, ar-t. 460. Sentenza 9 giugno 1977, n. 117, G.U. 15 giugno 1977, n. 162. codice pen.ale, ar-t. 159, primo comma, e 313 (art. 3 della Costituzione). Tribunale militare territoriale -ufficio istruzione -di Padova, ordinanza 1 giugno 1977, n. 148. codice penale, ar-t. 272 (art. 21 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 5 ottobre 1976, n. 217./77, G.U. 1977, n. 162. f: ! ! ;: 15 giugno ~: ~~ & ~: ~: ~; ~: .~ ? PARTE II, LEGISLAZIONE codice di procedura penale, art. 102, primo e secondo comma (artt. 3 e 24, primo e secondo comma, della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 25 novembre 1976, n. 166, 1977, G.U. 25 novembre 1976, n. 141. codice di procedura penale, art. 115 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Salerno, ordinanza 20 gennaio 1977, G.U. 4 maggio 1~77, n. 120. codice di procedura penale, art, 131, ultimo cpv. (artt. 2, 24, e 27, della Costituzione). Corte d'appello di Napoli, ordinanza 24 settembre 1976, n. 239/77, G.U. 29 giugno 1977, n. 176. codice di procedura penale, art. 177-bis (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Pret>re di Guglionesi, ordinanza 26 marzo 1977, n. 221, G.U. 22 giugno 1977, n. 169. codice di procedura penale, a.r+t. 425, primo comma (artt. 1, secondo comma, 2, primo comma, 3, primo comma, e 31, secondo comma, della Costituzione). Tribunale per i minorenni di Venezia, ordinanza 23 novembre 1976, n. 249/77, G.U. 29 giugno 1977, n. 176. legge 13 giugno 19112, n. 555, art. 1O, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Grosseto, ordinanza 17 febbraio 1977, n. 167, G.U. 25 maggio 1977, n. 141. r..d. 5 febbraio 1928, n. '577, artt. 27, 28, 29 e 30 (artt. 3, 7, 8, 19, 21, 29, 30, 33 e 34 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 12 febbraio 1977, n. 215, G.U. 8 giugno 1977, n. 155. legge 7 gen!'aio 1929, n. 4, art. 20 (art. 3 della Costituzione) .. Tribunale di Parma, ordinanza 18 marzo 1977, n. 219, G.U. 22 giugno 1977, Il. 169. r.d. 20 lugUo 1934, n, 1404, art. 16 (artt. 1, secondo comma, 2, primo comma, 3, primo comma, e 31, secondo comma, della Costituzione). Tribunale per i minorenni di Venezia, ordinanza 23 novembre 1976, n. 249/7.7, G.U. 29 giugno 1977. d.I. lgt. 14 aprile 1939 n. 636, art. 9 (artt. 3, 37, 2, 4 e 35 della Costituzione). Pretore di Pavia, ordinanza 14 ~arzo 1977, n. 179, G.U. 1 giugno 1977, n. 148. 74 RASSEGNA DELL'AvVOCATURA DELLO STATO ir.dJ.1. 14 aprile 1939, n. 636, art. 13 (artt. 3, primo comma, 4, 37 e 38 della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 4 febbraio I977, n. I60, G.U. 25 maggio I977, n. I41. r.d. 5 giugno 1939, n. :10116, art. 32 u.c. Pretore di Legnano, ordinanza 2 aprile I977, n. 234, G.U. 22 giugno I977, n. I69. r.d. 5 giugno 1939, n. 1016, art. 32, quarto comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Siena, ordinanza 5 febbraio I977, n. 134. legge 1 O giugno 1940, n. 653, art. '1 (art. 3 e 52 della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 27 gennaio I977, n. I82, G.U. I<> giugno 1977, n. I48. r.d.l. 9 dicembre 1941, n. 1386, art. 3 (art. 3 della Costituzione). Tribunal.e militare territoriale -ufficio istruzione -di Padova, ordinanza I0 giugno I977, n. I48. legge 17 .agosto 11947, n. 450, artt. 311 e 41 (artt. 3 e 42, secondo e terzo comma, e 9, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Nard, ordinanza I4 marzo I877, n. 216, G.U. I5 giugno I977, n. I62. legge 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41, lettera b (art. 3 della Costituzione). Pretore di Ivrea, ordinanza 3 marzo I977, n. 206, G.U. I~ giugno I977, n. I48. d.P.R. 5. gennaio 1950, n. 180, art. 2, n. 1 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Bolzno, ordinanza I6 marzo I977, n. 2II, . . I G U gmgno I977, n. I48. legge 23 maggio 1950, n. 253, art. 11 (art. 44 della Costituzione). Corte d'Appello di Milano, ordinanza Io febbraio I977, n. 209, G.U. giugno I977, n. I48. legge 24 giugno 1950, n. 465 (artt. 3, 5I e 97 della Costituzione). Consiglio di Stato, sesta sezione giurisdizionale, ordinanza 29 ottobre I976, n. 23I/77, G.U. 22 giugno I977; n. I69. legge 11 dicembre 1956, n. 1426, artt. 2, 3 e 4 (art. 3, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza I4 dicembre I976, n. 210, I977, G.U. Io giugno I977, n. I48. PAii.TE II, LEGISLAZIONE d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 136, lettera e (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 29 novembre 1976, ~ 237/77, G.U. 29 giugno 1977, n. 176. d.P.R. 27 ottobre 1958, n. 956, artt. 80, tredicesimo comma, 87, quinto comma, e 94 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 3 marzo 1977, n. 202, G.U. 1<> giugno 1977, n. 148. d".P.R. 16 magt)io 1960, n. 570, art. 102, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Sal, ordinanza 24 febbraio 1977, n. 175,_G.U. 25 maggio 1977, n. 141. d.P.R. 9 maggio 1961, n. 865, art. unico (art. 76 della Costituzione). Pretore di Castelbaronia, ordinanza 17 novembre 1976, n. 204, 1977, G.U. lo giugno 1977, J;J.. 148. legge 25 genna-io 1962, n. 20, artt. 16 e 27 (artt. 3, primo comma, 25, primo comma e 102, primo e secondo comma, della Costituzione). Corte costituzionale, ordinanza 7 maggio 1977, n. 248, G.U. 18 maggio 1977, n. 134. legge 12 agosto 196,2, n. 1338, art. 2, secondo comma, lettera a (art. 3 della Costituzione). Pretore di Parma, ordinanza 17 febbraio 1977, n. 172, G.U. lo giugno 1977, n. 148. -d.P.R. 3 giugno 1965, n. 1124, art. 3 (artt. 23, 38, 76 e 77 della Costituzione). Tribunale di Bolzano, ordinanza 18 febbraio 1977, n. 238, G.U. 29 giugno 1977, n. 176. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 79 e 80 (artt. 3 e 38, secondo comma della Costituzione). Tribunale di Novara, ordinanza 10 marzo 1977, n. 212, G.U. 8 giugno 1977, n. 155. legge 15 lugHo 1966, art. 11 (artt. 3, primo comma, 4, primo e secondo comma, 37, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 17 dicembre 1976, n. 155, 1977, G.U. 25 maggio 1977, n. 141. legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 11 (artt. 3, 37, 2, 4 e 35 della Costituzione). Pretore di Pavia, ordinanza 14 marzo 1977, n. 179, G.U. 1 giugno 1977, n. 148. legge 25 luglio 1966, n. 603 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza (due) 19 gennaio 1977, n. 157 e 158, G.U. 18 maggio 1977, n. 134. 76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 12 febbraio 1968, n. 1312, art. 43, lettera d (art. 3 della Costituzio~e). Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanz~\J2 gennaio 1977, n. 203, G.U. 1<> giugno 1977, n. 148. legge 24 dicembre 1969, n. 990, artt. 1 e 32 (art. 25, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Pisa, ordinanza 26 marzo 1977, n. 240, G.U. 29 giugno 1977, n. 176. Pretore di Pisa, ordinanze (quattro) 26 marzo 1977, n. 225, G.U. 15 giugno 1977, n. 162. legge 24 dice,mbre 1969, n. 990, art. 6.. secondo comma (art. 3, primo . comma, della Costituzione). Pretore di Siniscola, ordinanza 12 luglio 1976, n. 174, 1977, G.U. 25 maggio 1977, n. 141. legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 21, terzo comma (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 20 ottobre 1976, n. 171, 1977, G.U. 18 maggio 1977, n. 134. legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 22 (art. 3, primo comma e 24, primo comma, della Costituzione). Pretore di Monza, ordinanza 8 gennaio 1977, n. 218; G.U. 15 gjugno 1977, n. 162. r.d. 30 giugno 1870, n. 5726 (artt. 3, 10, primo comma, e 27 della Costituzione). Corte d'appello di Trieste, ordinanza 17 febbraio 1977, n. 154, G.U. 11 maggio 1977, n. 127. d.P.R. 24 novembre 1970, n. 973, art. 2 (art. 25, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Pisa, ordinanza 26 marzo 1977, n. 240, G.U. 29 giugno 1977, n. 176. Pretore di Pisa, ordinanze (quattro) 26 marzo 1977, n. 225, G.U. 15 giugno 1977, Il. 162. d.P.R. 2,1 marzo 1971, n. 276, art. 6 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Pretore di Cecina, ordinanza 21 gennaio 1977, n. 205, G.U. 1<> giugno 1977, Il. 148. legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 16 (artt. 3 e 42 della Costituzione). Corte d'appello di Lecce, ordinanza 28 gennaio 1977, n. 165, G.U. 18 maggio 1977, n. 134. legge 29 ottobre 1971, art. 35, primo e penultimo comma (artt. 3, 35 e 38, secondo comma, della Costituzione). Corte di cassazione, sezione lavoro, ordinanza 18 febbraio 1977, n. 250, G.U. 29 giugno 1977, n. 176. PARTE II, LEGISLAZIONE d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 626 (art. 3 e 24 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Sola Consilina, ordinanza 29 novembre 1976, n. 173, 1977, G.U. lo giugno 1977, n. 148. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 12, primo e secondo comma (artt. 3, 76 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 26 novembre 1975, n. 187, 1977, G.U. lo giugno 1977, n. 148. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44 (art. 3, 24 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Napoli, ordinanze (quattro) 3 maggio 1977, n. 226, 227, 228, 229, G.U. 15 giugno 1977, n. 262. Commissione tributaria di 10 grado di Imperia, ordinanza 25 novembre 1976, n. 220/77, G.U. 15 giugno 1977, n. 162. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 639, artt.1 e 28, primo e quarto comma (artt. 21, primo comma, e 53, primo comma, della Costituzione). Pretore.di San Don di Piave, ordinanza 31 marzo 1977, n. 233, G.U. 22 giugno 1977, n. 169. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 2, primo comma, artt. 7 e 15, lettera e (art. 76 della Costituzione). Costituzione tributaria di secondo grado di Trento, ordinanza 24 novembre 1976, n. 148, 1977, G.U. 11 maggio 1977, n. 127. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Avellino, ordinanza 27 gennaio 1977, n. 178, G.U. lo giugno 1977, n. 148. Commissione tributaria di primo grado di Vigevano, ordinanza 10 novembre 1976, n. 213/77, G.U. 8 giugno 1977, n. 155. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 6 e 14 (art. 53 della Costituzione). commissione tributaria di primo grado di Vigevano, ordinanza 10 novembre 1976, n. 214/77, G.U. 22 giugno 1977, n. 169. Commissione tributaria di primo grado di Asti, ordinanza 4 gennaio 1977, G.U. 4 maggio 1977, n. 120. d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, ,artt. 11, 16, 17 e 18 (art. 25, primo comma, e 102, primo e secondo comma e 76 della Costituzione). Pretore di Grosseto, ordinanza 4 marzo 1977, n. 170, G.U. 25 maggio 1977, n. 141. legge reg. Marche 2,2 febbraio 1973, n. 6, art. 5, ultimo comma, limitatamente alla parte in cui fa rinvio all'art. 9 della legge statale 3 maggio 1967, n. 317, per la disciplina del procedimento di opposizione all'ingiunzione che sia stata emessa dal presidente della regione Marche ai sensi del penultimo comma del medesimo art. 5. Sentenza 12 maggio 1977, n. 72, G.U. 18 maggio 1977, n. 134. 78 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 304 (art. 23 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 20 gennaio 1977, n. 163, G.U. 11 maggio 1977, n. 127. fogge M agosto 1973, n. 533, artt. 13, primo, secondo e terzo comma, e 14, secondo comma, ultima parte (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 17 febbraio 1977, n. 162, G.U. 18 maggio 1977, n. 134. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art+. 53 e 54 (artt. 3, 24, 113 della Costituzione). Pretore di Voltri, ordinanza 17 marzo 1976, n. 176, 1977, G.U. 25 maggio 1976, n. 141. legge 30 novembre 197,3, n. 766, art. unico (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 16 febbraio 1977, n. 241, G.U. 29 giugno 1977, n. 176. legge 14 giugno 1974, n. 270, ,art. 1 (art. 42, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Bovino, ordinanza 7 febbraio 1977, n. 152, G.U. 18 maggio 1977, Il. 134. legge 10 agosto 1974, n. 352 (artt. 11 e 3 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 10 dicembre 1976, n. 180, 1977, G.U. 25 maggio 197.7, n. 141. ,legge 17 agosto 1974, n. 386, art. 7, primo c,omma (artt. 36 e 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, ordinanza 9 novembre 1976, n. 197, 1977, G.U. 1'" giugno 1977, n. 148. d.P.R. 23 ottobre 1974, n. 688, art. 14 (art. 53 della Costituzione)'. Commissione tributaria di primo grado di Santa Maria Capua Vetere, ordinanza 22 novembre 1976, n. 146, 1977, G.U. 11 maggio 1977; n. 127. d.P.R. 23 d'icembre 1974, ,n. 68'8 (art. 53, primo comma, della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanze 19 e 26 novembre 1975, n. 185 a 196, 1977, G.U. 1'" giugno 1977, n. 148. legge 18 aprile 1975, n. HO, art. 2, terzo comma (artt. 3 e 70 della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 21 gennaio 1977, n. 147, G.U. 11 maggio 1977, n. 127. Corte d'appello di Torino, ordinanza 30 marzo 1977, n. 235, G.U. 22 giugno 1977, n. 169. PARTE II, LEGISLAZIONE legge 18 aprile 1975, n. 11 O, art. 1O, ottavo e decimo comma (artt. 3 e 97 della Costituzione). Tribunale di Rovigo, ordinanze 14 febbraio 1977, nn. 168 e 169, G. U. 25 maggio 1977, n. 141. legge 19 mag9io 1975, 1i. 151, art. 229 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 25 febbraio 1977, n. 164, G. U. 18 maggio 1977, n. 134. d.P.R. 9 9iugno 1975, n. 482 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Vigevano, ordinanza 5 aprile 1977, n. 236, G. U. 22 giugno 1977, n. 169. legge 22 lu91io 1975, n. 3'19, e tabelle allegate A, B, C, E ed F, art+. 4, 7 e 9 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). Pretore di Napoli, ordinanza 8 febbraio 1977, n. 183, G. U. lo giugno 1977, n. 148. 'legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47, secondo comma (artt. 27, secondo comma, 3, primo e secondo comma, della Costituzione). Ufficio di sorveglianza del tribunale di Bologna, ordinanza 9 dicembre 1976, n. 244/77, G. U. 29 giugno 1977, n. 176. legge 22 dicembre 1975, n. 685, artt. 72, primo e secondo comma, e 80, secondo comma (art. 25, secondo comma, della Costituzione). Corte d'appello di Roma, ordinanza 27 gennaio 1977, n. 208, G. U. 10 giugno 1977, n. 148. Corte d'appello di Roma, ordinanza 20 gennaio 1977, n. 156, .G. U. 18 maggio 1977, n. 134. legge reg. Emilia-Romagna 8 marzo 1976, n. 10, art. 5 (art. 117, primo comma, della Costituzione). "' Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 10 giugno 1976, n. 230, G. U. 22 giugno 1977, n. 169. legge reg. umbra 22. ottobre 1976 (artt. 81 e 119 della Costituzione). Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato il 21 aprile 1977, n. 9, G. U. 4 maggio 1977, n. 120. legge 28 gennaio 1977, n. 1O, artt. 1, 3, 4, 6, 15, 17, 18 e 27 (artt. 25, secondo comma, 3, 53 e 42, secondo e terzo comma, della Costituzione). Pretore di Nard, ordinanza 14 marzo 1977, n. 216, G. U. 15 giugno 1977, n. 162. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge re'g. Valle d'Aosta 31 marzo 1977 (art. 81 della Costituzione). Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato 29 aprile 1977, n. 10, G. V. 11 maggio 1977, n. 127. legge reg. Liguria 4 miaggio 1977 (art. 81 della Costituzione). Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato 27 maggio 1977, n. 11, G. V. 8 giugno 1977, n. 155. legge reg. Einilia-Romagna 4 maggio 1977 (artt. 117 e 134 della Costituzione). Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato il 30 maggio 1977, n. 12, G. V. 15 giugno 1977, n. 162. ,legge reg. Valle d'Aosta 12 maggio 1977. Presidente del Consiglib dei Ministri, ricorso depositato 1'8 giugno 1977, n. 13 G. V. 22 giugno 1977, n. 169. CONSULTAZIONI ACQUE PUBBLICHE Concessione di escavazioni di ghiaia da alvei di fiumi assentite dalla competente autorit statale -Ordine di sospensione disposto dal sindaco -Carenze assolute di potere -(l. 25 luglio 1904, n. 523; d.p. 15 gennaio 1972, n. 8; art. 1 l. 3 novembre 1952, n. 1902; artt. 3 e 10 l. e agosto 1967, n. 765, artt. 31 e 32 l. 17 agosto 1942, .n. 1150). Se, in caso di concessione di escavazione di ghiaia da alvei di fiumi assentite dalla competente autorit statale, l'ordinanza di sospensione dei lavori emanate dal sindaco a tutela della normativa del piano regolatore debba ritenersi improduttiva di effetti in quanto emanata in carenza di potere (n. 120). ' Concessione di escavazione di ghiaia da alvei di fiumi assentite dalla competente autorit statale -Ordinanza sindacale di sospensione dei lavori -Conflitto tra amministrazione statale e comunale -Risoluzione -(art. 6 r.d. 3 marzo 1934, n. 383; art. 32 l. 11 agosto 1942, n. 1150; art. 31 l. 17 agosto 1942, nulmero 1150, artt. 3 e 10 l. 6 agosto 1967, n. 765; art. 1 l. 3 novembre 1952, n. 190i; l. 25 luglio 1904, n. 523, d.p. 15 gennaio 1972, n. 8). Se in caso di conflitto di amministrazione tra un organo dello Stato e l'amministrazione comune (per invasione da parte di quest'ultima della sfera di competenza del primo attraverso l'emanazione di un'ordinanza di sospensione dei lavori di escavazione di ghiaia da alveo di fiumi eseguiti in virt di regolare concessione assentita dal competente organo statale) lo strumento diretto di soluzione debba individuarsi nell'esercizio del potere generale di annullamento attribuito al Governo dall'art. 6 r.d. 3 marzo 1934, n. 383 (n. 121). Concessione di escavazione di ghiaia da alvei di fiumi assentite dalla competente autorit statale -Ordinanza sindacale di sospensione dei lavori -Ricorso al T.A.R. da parte dell'amministrazione statale -Esclusione -(artt. 31 e 32 l. 17 agosto 1942, n. 1150; artt. 3 e 10 l. 6 agosto 1967, n. 765; art. 1 l. 3 novembre 1952, n. 1902, l .. 25 luglio 1904, n. 523, d.p. 15 gennaio 1972, n. 8). Se in caso di conflitto di amministrazione tra un organo dello Stato e l'amministrazione comunale (per invasione da parte di quest'ultima della sfera di com. Petenza del primo attraverso l'emanazione di un'ordinanza di sospensione dei lavori di escavazione di ghiaia da alveo di fiumi seguiti in virt di regolare concessione assentita dal competente organo statale) i'amministrazione statale possa ricorrere al T.A.R. (n. 122). Concessione di escavazione di ghiaia da alvei di fiumi assentita dalla competente autorit statale -Ordinanza sindacale di sospensione dei lavori -. Ricorso al T.A.R. da parte del concessionario -Intervento dell'amministrazione statale concedente -Legittimit -(1. 25 luglio 1904, n. 523; art. 22, 2 comma, l. 6 di'u cembre 1971, n. 1034; artt. 31 e 32 l. 17 agosto 1942, n. 1150; artt. 3 e 10 l. 6 agosto 1967, n. 765; art. 1 l. 3 novembre 1952, n. 1902; d.p. 15 gennaio 1972, n. 8). Se, nel caso in cui il privato concessionario dell'escavazione di ghiaia da alvei di fiumi abbia proposto ricorso al T.A.R. avverso l'ordinanza sindacale di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sospensione dei lavori, l'amministrazione statale concedente possa intervenire nel giudizio a tutela del proprio interesse e che il concessionario adempia agli obblighi imposti con l'atto di concessione (e non gi a tutela della sua sfera di attribuzioni (n. 123). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA Concessione di escavazioni di ghiaia da alvei di fiumi assentite dalla competente autorit statale -Ordine di sospensione disposto dal sindaco -Carenze assolute di potere -(l. 25 luglio 1904, n. 523; d.p. 15 gennaio 1972, n. 8; art. 1 l. 3 novembre 1952, n. 1902; artt. 3 e 10 l. 6 agosto 1967, n. 765; artt. 31 e 32 l. 17 agosto 1942, n. 1150). Se, in caso di concessione di escavazione di ghiaia da alvei di fiumi assentite dalla competente autorit statale, l'ordinanza di sospensione dei lavori emanate dal sindaco a tutela della normativa del piano regolatore debba ritenersi improduttiva di effetti in quanto emanata in carenza di potere (n. 407). Concessione di escavazione di ghiaia da alvei di fiumi assentite dalla competente autorit statale -Ordinanza sindacale di sospensione dei lavori -Conflitto tra amministrazione statale e comunale -Risoluzione -(art. 6 r.d. 3 marzo 1934, n. 383; art. 32 l. 17 agosto 1942, n. 1150; art. 31 l. 17 agosto 1942, n. 1150; artt. 3 e 10 l. 6 agosto 1967, n. 765; art. 1 l. 3 novembre 1952, n. 1902; l. 25 luglio 1904, n. 523, d.p. 15 gennaio 1972, n. 8). Se in caso di conflitto di amministrazione tra un organo dello Stato e l'amministrazione comunale (per invasione da parte di quest'ultima della sfera di competenza del primo attraverso l'emanazione di un'ordinanza di sospensione dei lavori di escavazione di ghiaia da alveo di fiumi eseguiti in virt di regolare concessione assentita dal competente organo statale) lo strumento direHo di soluzione debba individuarsi nell'esercizio del potere generale di annullamento attribuito al Governo dall'art. 6 r.d. 3 marzo 1934, n. 383 (n. 408). Concessione di escavazione di ghiaia da alvei di fiumi assentite dalla competente autorit statale -Ordinanza sindacale di sospensione dei lavori -Ricorso al T.A.R. da parte dell'amministrazione statale -Esclusioni? -(artt. 31 e 32 I. 17 agosto 1942, n. 1150; artt. 3 e 10 l. 6 agosto 1967, n. 765; art. 1 l. 3 novembre 1952, n. 1902 l. 25 luglio 1904, n. 523; d.p. 15 gennaio 1972, n. 8). Se in caso di conflitto di amministrazione tra un organo dello Stato e l'amministrazione comune (per invasione da parte di quest'ultima della sfera di competenza del primo attraverso l'emanazione di un'ordinanza di sospensione dei lavori di escavazine di ghiaia da alveo di fiumi eseguiti in virt di regolare concessione assentita dal competente organo statale) l'amministrazione statale possa ricorrere al T.A.R. (n. 409). Concessione di escavazione di ghiaia da alvei di fiumi assentita dalla competente autorit statale -Ordinanza sindacale di sospensione dei lavori -Ricorso al T.A.R. da parte del concessionario -Intervento dell'amministrazione statale concedente -Legittimit -(l. 25 luglio 1904, n. 523; art. 22, 2 comma, 6 di cembre 19710, n. 1034; artt. 31 e 32 l. 17 agosto 1942, n. 1150; artt. 3 e 10 l. 6 agosto 1967, n. 765; art. 1 l. 3 novembre 1952, n. 1902; d.p. 15 gennaio 1972, n. 8). Se, nel caso in cui il privato concessionario dell'escavazione di ghiaia da alvei di fiumi abbia proposto ricorso al T.A.R. avverso l'ordinanza sindacale di PARTE II, CONSULTAZIONI sospensione dei lavori, l'amministrazione statale concedente possa intervenire nel giudizio a tutela del proprio interesse e che il concessionario adempia agli obblighi imposti con l'atto di concessione (e non gi a tutela della sua sfera di attribuzioni) (n. 410). Opera pubblica statale su ~erreno demaniale -Ordinanza sindacale di sospensione dei lavori -Carenza assoluta di potere -(art. 32 l. 17 agosto 1942, n. 1150; art. 31 l. 17 agosto 1942, n. 1150; art. 10 l. 6 agosto 1967, n. 765). Se, in caso di costruzione su terreno demaniale eseguita dallo Stato senza che 11 comune sia stato preventivamente sentito in ordine all'assenza di contrasti con le prescrizioni urbanistiche (ex art. 31 1. 17 agosto 1942, n. 1150, come modificato dall'art.. 10 1. 6 agosto 1967, n. 765), l'ordinanza di sospensione dei lavori emanata dal sindaco debba ritenersi improduttiva di effetti in quanto emanata in carenza di potere (n. 403). Opera pubblica statale su terreno demaniale -Ordinanza sindacale di sospensione dei lavori -Conflitto tra amministrazioni statale e comunale -Risoluc zione -(art. 6 rt.d. 3 marzo 1934, n. 383; art. 32 l. 17 agosto 1942, n. 1150; art. 31 l. 17 agosto 1942, n. 1150; art. 10 l. 6 agosto 1967, n. 765). Se in caso di conflitto di amministrazione tra un organo dello Stato e l'amministrazione comunale (per invasione da parte di quest'ultima della sfera di competenza del primo, attraverso l'emanazione di un'ordinanza di sospensione dei lavori di costruzione di un'opera statale su terreno demaniale) lo strumento diretto di soluzione debba individuarsi nell'esercizio del potere generale di annullamento attribuito al Governo dall'art. 6 del r.d. 3 marzo 1934, n. 383 (n. 404). Opera pubblica statale su terreno demaniale -Ordinanza sindacale di sospensione dei lavori -Ricorso al T.A.R. da parte dell'amministrazione statale -Esclusione -(artt. 31 e 32 l. 17 agosto 1942, n. 1150; art. 10 1. 6 agosto 1967, n. 765)'. Se in caso di conflitto di amministrazione tra un organo dello Stato e l'amministrazione comunale (per invasione da parte di quest'ultima della sfera di competenza della prima attraverso l'emanazione di un'ordinanza di sospensione dei lavori di costruzione di un'opera statale su terreno demaniale) l'amministrazione statale possa ricorrere al T.A.R. (n. 405). Urbanistica -Ricostruzione -Piano particolareggiato -Immobile destinato a pubblico servizio statale -Conflitto di interessi pubblici -Modi di risoluzione' -(1. 17 agosto 1942, n. 1150; art. 16, 4 comma, r.d. 23 maggio 1924, n. 827; art. 9, r.d. 14 marzo 1901, n. 466; art. 8 1. 24 dicembre 1925, n. 2285, art. 3). Se insorgendo contrasto, in relazione ad uno stesso immobile, tra l'interesse pubblico inerente alla dichiarazione di pubblica utilit prevista da un piano particolareggiato di ricostruzione e quello dato dalla destinazione a servizio pubblico dello stesso immobile, tale conflitto sia risolubile in sede contenziosa con l'impugnativa giurisdizionale del piano ovvero debba essere risolto con l'accordo delle amministrazioni dello Stato interessate e, in mancanza di accordo dal Consiglio dei Ministri in base all'art. 8 del r.d. 14 marzo 1901, n. 466 o dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell'art. 3 della 1. 24 dicembre 1925, n. 2285 (n. 418). Opera pubblica statale su terreno demaniale -Ordinanza sindacale di sospensione dei lavori -Carenza assoluta di potere -(art. 32 l. 17 agosto 1942, n. 1150; art. 31 1. 17 agosto 1942, n. 1150; art. 10 1. 6 agosto 1967, n. 765). Se, in caso di costruzione su terreno demaniale eseguita dallo Stato senza che il comune sia stato preventivamente sentito in ordine all'assenza di con RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 84 trasti con le prescrizioni urbanistiche (ex art. 31 I. 17 agosto 1942, n. 1150 come modificato dall'art. 10 I. 6 agosto 1967, n. 765), l'ordinanza di sospensione dei lavori emanata dal sindaco debba ritenersi improduttiva di effetti in quanto emanata in carenza di potere (n. 402). Opera pubblica statale su terreno demaniale -Ordinanza sindacale di sospensione dei lavori -Conflitto tra amministrazioni statale e comunale -Risoluzione -(art. 6 r.d. 3 marzo 1934, n. 383; art. 32 l. 17 agosto 1942, n. 1150; art. 31 l. 17 agosto 1942, n. 1150; art. 10 l. 6 agosto 1967, n. 765). Se in caso di conflitto di amministrazione tra un organo dello Stato e l'amministrazione comunale (per invasione da parte di quest'ultima della sfera di competenza del primo, attraverso l'emanazione di un'ordinanza di sospensione dei lavori di costruzione di un'opera statale su terreno demaniale) lo strumento diretto di soluzione debba individuarsi nell'esercizio del potere generale di annullamento attribuito al Governo dall'art. 6 del r.d. marzo 1934, n. 383 (n. 403). Opera pubblica statale su terreno demaniale -Ordinanza sindacale di sospensione dei lavori -Ricorso al T.A.R. da parte dell'amministrazione statale Esclusione -(artt. 31 e 32 l. 17 agosto 1942, n. 1150; art. 10 l. 6 agosto 1967, n. 765). Se in caso di conflitto di amministrazione tra un organo dello Stato e l'amministrazione comunale (per invasione da parte di quest'ultima della sfera di competenza della prima attraverso l'emanazione di un'.ordinanza di sospensione dei lavori di costruzione di un'opera statale su terreno demaniale) l'amministrazione statale possa ricorrere al T.A.R. (n. 404). Opera pubblica statale su terreno demaniaie -Ordinanza sindacale di sospensione dei lavori -Ricorso al T.A.R. da parte dell'appaltatore -Intervento dell'amministrazione statale -Legittimit -(art. 22, 2 comma, l. 6 dicembre 1971, n. 1034; artt. 31 e 32 l. 17 agosto 1942, n. 1150; art. 10 l. 6 agosto 1967, n. 765). Se nel caso in cui il privato appaltatore della costruzione di un'opera statale su terreno demaniale abbia proposto ricorso al T.A.R. awerso l'ordinanza del sindaco che ordina la sospensione dei lavori, l'amministrazione statale appaltante possa intervenire nel giudizio a tutela dell'interesse a che l'appaltatore adempia agli obblighi derivanti dal contratto di appalto (e non' gi a tutela della sua sfera di attribuzioni) (n. 405). COMMERCIO Sostanze radioattive -Produzione, lavorazione, detenzione -Controlli -Distinzione in categorie -Estensione dei controlli previsti per la cat. B alla cat. A -(l. 31 dicembre 1962, n. 1860; art. 14 d.P.R. 13 febbraio 1964, n. 185; artt. 1 e 32 d.m. 15 giugno 1966). Se, in pendenza di emanazione del decreto presidenziale previsto dall'art. 1 del d.P.R. 13 febbraio 1964, n. 185 (emesso in attuazione della delega conferita dall'art. 14 della legge 31 dicembre 1962, n. 1860), decreto mediante il quale verranno determinate, per le attivit di produzione lavorazione e detenzione delle sostanze radioattive naturali o artificiali, le quantit di radioattivit soggette alle prescrizioni dettate con la legge delegata, i controlli previsti dal d.P.R. numero 185/64 cit. nei confronti degli esercizi commerciali di sostanze radioattive inquadrabili, ai sensi dell'art. 32 dello stesso d.P.R. n. 185 e del d.m. 15 giugno 1966, nella cat. B possano essere estesi anche nei confronti degli esercizi commerciali inquadrabili nella cat. A (n. 36). I:'1:: PARTE II, CONSULTAZIONI Bf COMPETENZA Dipendenti F.S. -Assicurazione obbligatoria infortuni sul lavoro -Controversie concernenti il grado di invalidit -Giurisdizione dell'A.G.O. -(cod. proc. civ., artt. 442 e 444 l. 11 agosto 1973, n. 533; art. 1 r.d. 10 gennaio 1938, n. 1054; artt. 1 e 6 r.d. 17 agosto 1935, n 1765; d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1125).1 Se rientrino nella competenza giurisdizionale dell'autorit giudiziaria ordinaria, e in particolare del pretore quale giudice del lavoro secondo le previsioni degli artt. 442 e 444 cod. proc. civ., nel testo modificato dall'art. 1 della legge 11 agosto 1973, n. 533, ovvero in quella esclusiva del giudice amministrativo in materia di pubblico impiego le controversie dirette all'accertamento del grado di invalidit permanente derivante da infortunio sul lavoro promosse da dipendenti dell'azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato contro la stessa azienda quale assiuratrice obbligatoria per gli infortuni sul lavoro ai sensi dell'art. 1 del r.d. 10 gennaio 1938, n. 1054 (n. 38). CONCESSIONI AMMINISTRATIVE Concessione di escavazione di ghiaia da alvei di fiumi assentite dalla competente autorit statale -Ordinanza sindacale di sospensione dei lavori -Confl.itto tra amministrazione statale e comunale -Risoluzione -(art. 6 r.d. 3 marzo 1934, n. 383; art. 32 l. 17 agosto 1942, n. 1150; rt. 1 l. 3 novembre 1952, n. 1902 l. 25 luglio 1904, n. 523; d.p. 15 gennaio 1972, n. 8). Se in caso di conflitto di amministrazione tra un organo dello Stato e l'amministrazione comunale (per invasione da parte di quest'ultima della sfera di competenza del primo attraverso l'emanazione di un'ordinanza di .sospensione dei lavori di escavazione di ghiaia da alveo di fiumi eseguiti in virt di regolare concessioIJe assentita dal competente organo statale, lo strumento diretto di soluzione debba individuarsi nell'esercizio del potere generale di annullamento attribuito al Governo dall'art. 6 r.d. 3 marzo 1934, n. 383 (n. 134). Concessione di escavazione di ghiaia da alvei di fiumi assentite dalla competente autorit statale Ordinanza sindacale di sospensione dei lavori -Ricorso al T.A.R. da parte dell'amministrazione statale -Esclusione -(artt. 31 e 32 l. 17 agosto 1942, n. 1150; artt. 3 e 10 l. 6 agosto 1967, n. 765; art. 1 l. 3 novembre 1952; n. 1902 l. 25 luglio 1904, n. 523; d.p. 15 gennaio 1972, n. 8). Se in caso di conflitto di amministrazione tra un organo dello Stato e l'amministrazione comunale (per invasione da parte di quest'ultima della sfera di competenza del primo attraverso l'emanazione di un'ordinanza di sospensione dei lavori di escavazione di ghiaia da alveo dei fiumi eseguiti in virt di regolare concessione assentita dal competente organo statale) l'amministrazione statale possa ricorrere al T.A.R. (n. 135). Concessione di escavazione di ghiaia da alvei di fiumi assentita dalla competente autorit statale -Ordinanza sindacale di sospensione dei lavori Ricorso al T.A.R. da parte del concessionario -Intervento dell'amministrazione' statale concedente -Legittimit -(l. 25 luglio 1904, n. 523; art. 22, 2 commaJ l. 6 dicembre 1971, n. 1034; artt. 31 e 32 l. 17 agosto 1942, n. 1150, artt. 3 e 10 1. 6 agosto 1967, n. 765; art. 1 1. 3 novembre 1952, n. 1902; d.p. 15 gennaio 1972, n. 8). Se, nel caso in cui il privato concessionario dell'escavazione di ghiaia da alvei di fiumi abbia proposto ricorso al T.A.R. avverso l'ordinanza sindacale di 86 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sospensione dei lavori, l'amministrazione statale concedente possa intervenire nel giudizio a tutela del proprio interesse e che il concessionario adempia agli obblighi imposti con l'atto di concessione (e non gi a tutela della sua sfera di attribuzioni) (n. 136). Concessione di escavazioni di ghiaia da alvei di fiumi assentite dalla competente autorit statale -Ordine di sospensione disposto dal sindaco -Carenze assolute di potere -(l. 25 luglio 1904, n. 523; d.p. 15 gennaio 1972, n. 8, art. 1 l. 3 novembre 1952, n. 1902; artt. 3 e 10 l. 6 agosto 1967, n. 765; artt. 31 e 32 l. 17 agosto 1942, n. 1150). Se, in caso di concessione di escavazione di ghiaia da alvei di fiumi assentite dalla competente autorit statale, l'ordinanza di sospensione dei lavori emanate dal sindaco a tutela della normativa del piano regolatore debba ritenersi improduttiva di effetti in quanto emanata in carenza di potere (n. 133). CORTE DEI CONTI Giurisdizione domestica -Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica avverso il provvedimento di esclusione dal concorso di referendario -(r.d. 12 ottobre 1933, n. 1364; art. 8 r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, art' 65). Se sia ammissibile ricorso straordinario al Presidente della Repubblica avverso il provvedimento di esclusione dal concorso a posti di referendario della Corte dei Conti ovvero se la competenza giurisdizionale in materia, ai sensi dell'art. 65 t.u. approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, rientri nella c.d. giurisdizione domestica della stessa Corte (n. 14). COSTITUZIONE Dichiarazione di illegittimit costituzionale di una norma di legge -Effetti -Rapporti esauriti e rapporti per i quali opera un fatto giuridico di preclusione -Art. 136 Cast. -(art. 25, 2 comma, dP.R. 5 giugno 1965, n. 749; art. 25, 3 comma, d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749). Se la dichiarazione di legittimit costituzionale di una norma alla stregua della quale sorio stati disciplinati dei rapporti gi esauriti al mdmento della pubblicazione della decisione della Corte Costituzionale (come gli incarichi per insegnamento universitario relativi a pregressi anni accademici) consenta il riesame e la rivalutazione dei rapporti medesimi ove in ordine ad essi non risulti operante un fatto giuridico, diretto o indiretto, di preclusione (n. 59). Professori universitari incaricati -Disciplina del trattamento economico per cumulo di impieghi -Dichiarazione di illegittimit costituzionale della normativa di cui ai commi 2 e 3 del d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749 -Pretesa di I pagamento della maggior retribuzione dovuta per gli anni accademici anteriori -Alla pronunzia della Corte Costituzionale -Ammissibilit -Limite della prescrizione biennale -(art. 25, 2 comma, d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749, art. 25, I ~ 3 comma, d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749; art. 99 r.d. 30 dicembre 1923, n. 2960; ! f art. 2 r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295). f:: Se, per effetto della dichiarazione di illegittimit costituzionale dell'art. 25, 2 e 3 comma del d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749, che disciplinava il trattamento I ' economico dei professori universitari incaricati nel caso di cumulo di impieghi, gli stessi professori possono pretendere anche per i precedenti anni accademici f f . ' f. I f .........,,,..~ PARTE II, CONSULTAZIONI 87 la maggior retribuzione derivante dall'applicazione dell'art. 99 r.d. 30 dicembre 1923, n. 2960 (che disciplina in via generale il trattamento economico del pubblico dipendente nei casi di cumulo di impieghi consentito) salvo il limite della prescrizione biennale di cui all'art. 2 r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295 (n. 61). Pubblico dipendente -Pretesa a maggior retribuzione che trae fondamento di norma di legge -Onere della tempestiva impugnazione dell'atto autoritativo che costituisce o disciplina il rapporto esplicando la misura della retribuzione -Esclusione -(art. 2 r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295). Se, qualora le pretese economiche del pubblico dipendente (nella specie professore universitario incaricato) trovino base in norme di legge che fissano, direttamente o indirettamente, una determinata retribuzione, di talch l'atto autoritativo che costituisce o discipl_ina il rapporto di pubblico impiego (nella specie atto .di conferimento dell'incarico di insegnamento) svolga, per tale verso una funzione meramente esplicativa della misura della retribuzione, sussista l'onere 'di una tempestiva impugnativa di detto atto autoritativo ovvero le pretese mede' sime rimangono semplicemente assoggettate al termine di prescrizione (n. 62). Vizio di illegittimit costituzionale di norma di legge -Incidenze sulla decorrenza del termine di prescrizione del diritto disconosciuto o limitato dalla norma -0vvero sul termine di decadenza per l'esercizio del diritto -Esclusione (art. 2934 e.e.; art. 2964 e.e.). Se il vizio di illegittimit costituzionale di una norma di legge incida sulla .decrrenza del termine di prescrizione del diritto disconosciuto o limitato dalla norma medesima ovvero sulla decorrenza del termine di decadenza eventualmente previsto per far valere detto diritto (n. 60). .DANNI Immissione colposa di sostanze inquinanti nelle acque marine -Danni risarcibili ( art. 71 ood. navigazione; art. 15 l. 14 luglio 1965, n. 9c3). Se il reato contravvenzionale di cui all'art. 71 cod. navigazione, (divieto di getto di materiali nei porti) nel caso di immissione colposa, diretta o indiretta, di sostanze inquinanti nelle acque marine, possa comportare come conseguenza immediata e diretta del fatto quegli stessi danni (risarcibili) che costituiscono la vera e propria violazione del bene protetto dall'art. 15 della legge 14 luglio 1965, n. 963 (che punisce a titoli di dolo il danno alle risorse biologiche dell'acqua marina) e quindi possa per tale verso giustificare la costituzione di parte civile del Ministero della Marin~ Mercantile (n. 13). .. DEMANIO . Opera pubblica statale su terreno demaniale -Ordinanza sindacale di sospensione dei lavori -Carenza assoluta di potere -(art. 32 l. 17 agosto 1942, n. 1150; art. 31 J. 17 agosto 1942, n. 1150; art. 10 l. 6 agosto 1967, n. 765). Se, in caso di costruzione su terreno demaniale eseguita dallo Stato senza ' che il comune sia stato preventivamente sentito in ordine all'assenza di contrasti con le prescrizioni urbanistiche (ex art. 31 I. 17 agosto 1942, n. 1150 come modificato dall'art. 10 1. 6 agosto 1967, n. 765), l'ordinanza di sospensione dei lavori emanata dal sindaco debba ritenersi improduttiva di effetti in quanto emanata in carenza di potere (n. 279). 7 RASSEGNA DEU..'AVVOCATURA DELLO STATO Opera pubblica statale su terreno demaniale -Ordinanza sindacale di sosplensione dei lavori -Conflitto tra amministrazioni statale e comunale -Risoluzione -(art. 6 r.d. 3 marzo 1934, n. 383; art. 32 l. 17 agosto 1942, n. 1150; art. 31 l. 17 agosto 1942, n. 1150; art 10 l. 6 agosto 1967, n. 765). Se in caso di conflitto di amministrazione tra un organo dello Stato e l'amministrazione comunale (per invasione da parte di quest'ultima della sfera di competenza del primo, attraverso l'emanazione di un'ordinanza di sospensione dei lavori di costruzione di un'opera statale su terreno demaniale) lo strumento diretto d soluzione debba individuarsi nell'esercizio del potere generale di annullamento attribuito al governo dall'art. 6 del r.d. 3 marzo 1934, n. 383 (n. 280). Opera pubblica statale su terreno demaniale -Ordinanza sindacale di sospensione dei lavori -Ricorso al T.A.R. da parte dell'amministrazione statale -EsclUrsione -(art. 31 e 32 l. 17 agosto 1942, n. 1150; art. 10 l. 6 agosto 1967, n. 765). Se in caso di conflitto di amministrazione tra un organo dello Stato e l'amministrazione comunale (per invasione da parte di q1:1est'ultima della sfera di competenza della prima attraverso l'emanazione di un'ordinanza di sospensione dei lavori di costruzione di un'opera statale su terreno demaniale) l'amministrazione statale possa ricorrere al T.A.R. (n. 281). ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT Rapporti tra Stato e Regione -Delega di funzioni statali -Piani di ricostruzione Competenza residua dello Stato -Espropriazione per p.u. -Legge sulla casa -Applicabilit (d.P.R. 15 gennaio 1972, art. 13 lett. B) -Legge 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 9 e 55). Se per la parte di competenza in materia di attuazione dei piani di ricostruzione, che sia eventualmente residuata allo Stato ai termini dell'art. 13 lett. B) del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, le espropriazioni per pubblica utilit all'uopo necessarie siano soggette alla nuova disciplina introdotta con gli artt. 9 e 55. Della c.d. legge sulla casa (1. 22 ottobre 1971, n. 865 (n. 377). Rapporti tra Stato e Regione -Delega di funzioni -Statali -Piani di ricostruzione -Limiti (legge 27 ottobre 1951, n. 1402, art. 15, d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, art. 13, lett. B). Se la competenza attribuita all'amministrazione dei LL.PP. in materia di attuazione dei piani di ,ricostruzione con l'art. 15 della legge 27 ottobre 1951, n. 1402 sia stata delegata, e in quali limiti, alle regioni a statuto ordinario in virt dell'art. 13, lett. B) del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 (n. 376). Urbanistica -Ricostruzione -Piano particolareggiato -Immobile destinato a pubblico servizio statale -Conflitto di interessi pubblici -Modi di risoluzione -(l. 17 agosto 1942 n. 1150, art. 16, 4 comma -R.D. 23 maggio 1924, n. 827, art. 9 -R.D. 14 marzo 1901 n. 466, art. 8 -Legge 24 dicembre 1925 n. 2285, art. 3). Se insorgendo contrasto, in relazione ad uno stesso immobile, tra l'interesse pubblico inerente alla dichiarazione di pubblica utilit prevista da un piano particolareggiato di ricostruzione e quello dato dalla destinazione a servizio pubblico dello stesso immobile, tale conflitto sia risolubile in sede contenziosa con l'impugnativa giurisdizione del piano ovvero debba essere risolto con l'accordo delle amministrazioni dello Stato interessate o, in mancanza i: fo f: --.~ ~~ PARTE II, CONSULTAZIONI di accordo dal consiglio dei Ministri in base all'art. 8 del R.D. 14 marzo 1901 n. 466 o dalla presidenza del consiglio dei Ministri ai sensi dell'art. 3 della legge 24 dicembre 1925 n. 2285 (n. 379). Urbanistica -Ricostruzione -Piano particolareggiato -immobile destinato a pubblico servizio statale -Interessi pubblici contrastanti -Prevalenza (R.D. 23 maggio 1924 n. 827, art. 9 -Legge 17 agosto 1942 n. 1150, art. 16, 4 comma -d.l. 1 aprile 1971 n. 119, artt. 4 e 5 -cod. civ. art. 828, 2 comma). Se la destinazione all'interesse pubblico di un immobile prevista in un piano particolareggiato di ricostruzione (nella specie: quello del centro storico del comune di Tuscania) prevalga sulla destinazione a servizio pubblico (nella specie: sede di ufficio postale) imposta all'immobile stesso dell'amministrazione (n. 378). Urbanistica -Ricostruzione -Piano particolareggiato -Immobile destinato a pubblico servizio statale -Trasferimento delle funzioni alle Regioni -Conflitto di attribuzioni -(d.P.R. 15 gennaio 1';172, n. 8 -l. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 16, 4 comma -r.d. 23 maggio 1924, n. 827, art. 9). Se, per effetto dell'avvenuto trasferimento delle funzioni in materia di urbanistica dallo Stato alle Regioni. Operato con il d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, possa profilarsi conflitto .di attribuzioni tra stato e regione in relazione al contrasto di interessi tra la dichiarazione di pubblica utilit insita nella approvazione di un piano .particolareggiato di ricostruzione, ancorch gi emanata in precedenza dagli organi dello Stato, e la destinazione in atto a pubblico servizio dell'immobile compreso nel piano particolareggiato e destinato ad essere espropriando (n. 380). FERROVIE Dipendenti F.S. -Assicurazione obbligatoria infortuni sul lavoro -Controversie concernenti il grado di invalidit -Giurisdizione dell'A.G.O. -(cod. proc. civ., artt. 442 e 444 -l. 11 agosto 1973, n. 533, art. 1 r.d. 10 gennaio 1938, n. 1054, artt. 1 e 6 -r.d. 17 agosto 1935, n. 1765 -d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1125). Se rientrino nella competenza giurisdizionale dell'Autorit giudiziaria ordinaria, e in particolare del Pretore quale giudice del lavoro secondo le previsioni degli artt. 442 e 444 cod. proc. civ., nel testo modificato dall'art. 1 della legge 11 agosto 1973, n. 533, ovvero in quella esclusiva del giudice amministrativo in materia di pubblico impiego le controversie dirette all'accertamento del grado di invalidit permanente residuato da infortunio sul lavoro promosse da dipendenti dell'azienda autonoma delle ferrovie dello stato contro la stessa azienda quale assicuratrice obbligatoria per gli infortuni sul lavoro ai sensi dell'ar:t. 1 del r.d. 10 gennaio 1938, n. 1054 (n. 454). GIURISDIZIONI SPECIALI Giurisdizione domestica -Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica -Avverso il provvedimento di esclusione dal concorso di referendario (r.d. 12 ottobre 1933, n. 1364, art. 8 -r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 65). Se sia ammissibile ricorso straordinario al Presidente della Repubblica avverso il provvedimento di esclusione dal concorso a posti di referendario RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della Corte dei conti ovvero se la competenza giurisdizionale in materia, ai sensi dell'art. 65 t.u. approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, rientri nelia c.d. giurisdizione domestica della stessa Corte (n. 4). GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA Concessione di escavazione di ghiaia da alvei di fiumi assentite dalla competente Autorit statale -Ordinanza sindacale di sospensione dei lavori Conflitto tra Amministrazione statale e comunale -Risoluzione -(art. 6 r.d. 3 marzo 1934, n. 383 -art. 32 l. 17 agosto 1942, n. 1150 -art. 31 l. 17 agosto 1942, n. 1150 -artt. 3 e IO l. 6 agosto 1967, n. 765 -art. 1 l. 3 novem bre 1952, n. 1902 -l. 25 fuglio 1904, n. 523 -d.p. 15 gennaio 1972, n. 8). Se in caso di conflitto di amministrazione tra un organo dello Stato e. l'Amministrazione comunale (per invasione da parte di quest'ultima della sfera di competenza del primo attraverso l'emanazione di un'ordinanza di sospensione dei lavori di escavazione di ghiaia da alveo di fiumi eseguiti in virt di regolare concessione assentita dal competente organo statale, lo strumento diret.to di soluzione debba individuarsi nell'esercizio del potere generale di annullamento attribuito al Governo dell'art. 6 r.d. 3 marzo 1934, n. 383 (n. 12). Concessione di escavazione di ghiaia da alvei di fiumi assentite dalla competente Autorit statale -Ordinanza sindacale di sospensione dei lavori Ricorso al TAR da parte dell'Amministrazione statale -Esclusione -(artt. 31-32 l. 17 agosto 1942, n. 1150 -artt. 3-10 l. 6 agosto 1967, n. 765 -art. 1 l. 3 novembre 1952, l'1<, 1902 -l. 25 luglio 1904, n. 523 -d.p. 15 gennaio 1972, n. 8). Se in caso di conflitto di amministrazione tra un organo dello Stato e l'Amministrazione comunale (per invasione da parte di quest'ultima della sfera di competenza del primo attraverso l'emanazione di un'ordinanza di sospensione dei lavori di escavazione di ghiaia da alveo di fiumi eseguiti in virt di regolare concessione assentita dal competente organo statale) l'Amministrazione statale possa ricorrere al TAR (n. 14). Concessione di escavazione di ghiaia da alvei di fiumi assentita dalla compe.tente Autorit statale -Ordinanza sindacale di sospensione dei lavori Ricorso al TAR da parte del concessionario -Intervento dell'Amministrazione statale concedente -Legittimit -(l. 25 luglio 1904, n. 523 -art. 22 2 comma l. 6 dicembre 1971, n. 1034 -artt. 31-32 l. 17 agosto 1942, n. 1150 artt. 3-10 l. 6 agosto 967, n. 765 -art. 1 l. 3 novembre 1952, n-1902 -d.p . . 15 gennaio 1972, n. 8). Se, nel caso in cui il privato concessionario dell'escavazione di ghiaia da alvei di fiumi abbia proposto ricorso al TAR avverso l'ordinanza sindacale di sospensione dei lavori, l'Amministrazione statale concedente possa intervenire nel giudizio a tutela del proprio interesse e che nconcessionario adempia agli obblighi imposti con l'atto di concessione (e non gi a tutela della sua sfera di attribuzioni) (n. 15). Concessione di escavazioni di ghiaia da alvei di fiumi assentite dalla competente Autorit statale -Ordine di sospensione disposto dal Sindaco -Carenze assolute di potere -(l. 25 luglio 1904, n. 523 -d.p. 15 gennaio 1972, n. 8 -art. 1 l. 3 novembre 1952, n. 1902 -artt. 3 e 10 l. 6 agosto 1967, n. 765 artt. 31 e 32 l. 17 agosto 1942, n. 1150). Se, in caso di concessione di escavazione di ghiaia da .alvei di fiumi assentite dalla competente Autorit statale, l'ordinanza di sospensione dei la- l: !: j: f; ~j " ~ PARTE II, CONSULTAZIONI vori emanate dal Sindaco a tutela della normativa del piano regolatore debba ritenersi improduttiva di effetti in quanto emanata in carenza di potere (n. 12). Opera pubblica statale su terreno demaniale -Ordinanza sindacale di sospensione dei lavori -Carenza assolutp, di potere -(art. 32 l. 17 agosto 1942, n. 1150 -art. 31 l. 17 agosto 1942, 71. 1150 -art. 10 l. 6 agosto 1967, n. 765). Se, in caso di costruzio'ne su terreno demaniale eseguita dallo Stato senza che il Comune sia stato preventivamente sentito in ordine all'assenza dei contrasti con le prescrizioni urbanistiche (ex art. 31 I. 17 agosto 1942, n. 1150 come modificato dall'art. 10 legge 6 agosto 1967 n. 765), l'ordinanza di sospensione dei lavori emanata dal Sindaco debba ritenersi improduttiva di effetti in quanto emanata in carenza di potere (n. 8). Opera pubblica statale su terreno demaniale -Ordinanza sindacale di sospensione dei lavori -Conflitto tra tra Amministrazioni statale e comunate risoluzione -(art. 6 r.d. 3 marza 1934, n. 383 -art. 32 l. 17 agosto 1942, n. 1150 Se in caso di conflitto di amministrazione tra un organo dello Stato e l'Amministrazione comunale (per invasione da parte di quest'ultima della sfera di competenza del primo, attraverso l'emanazione di un'ordinanza di sospensione dei lavori di costruzione di un'opera statale su terreno demaniale) lo strumento diretto di soluzione debba individuarsi nell'esercizio del potere generale di annullamento attribuito al governo dell'art. 6 del r.d. 3 marzo 1934, n. 383 (n. 9). Opera pubblica statale su terreno demaniale -Ordinanza sindacale di sospensione dei lavori -Ricorso al T.A.R. da parte dell'amministrazione statale Esclusione (art. 31 e 32 legge 17 agosto 1942 n. 1150 -art. 10 legge 6 agosto 1967 n. 765). Se in caso di conflitto di amministrazione tra un organo dello Stato e l'amministrazione comunale (per invasione da parte di quest'ultima della sfera di competenza della prima attraverso l'emanazione di un'ordinanza di sospensione dei lavori di costruzione di un'opera statale su terreno demaniale) l'amministrazione statale possa ricorrere al T .A.R. (n. 10). Opera pubblica statale su terreno demaniale -Ordinanza sindacale di sospensione dei lavori -Ricorso al T.A.R. da parte dell'appaltatore -Intervento dell'ammi nistrazione statale -Legittimit (art. 22 comma secondo legge 6 dicembre 1971 n. 1034 -Artt. 31 e 32 legge 17 agosto 1942 n. 1150 -Art. 10 legge e agosto 1967 n. 765). Se nel caso in cui il privato appaltatore della costruzione di un'opera statale su terreno demaniale abbia proposto ricorso al T.A.R. avverso l'ordinanza del sindaco che ordina la sospensione dei lavori, l'amministrazione statale appaltante possa intervenire nel giudizio a tutela dell'interesse a che l'appaltatore adempia agli obblighi derivanti dal contratto di appalto (e non gi a tutela della sua sfera di attribuzioni (n. 11).