ANNO LVIII N. 2 APRILE-GIUGNO 2006 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO COMITATO SCIENTIFICO: Presidente: Glauco Nori. Componenti: Franco Coppi Giuseppe GuarinoNatalino Irti Eugenio Picozza Franco Gaetano Scoca. DIRETTORE RESPONSABILE: Giuseppe Fiengo Condirettore: Giacomo Arena. COMITATO DI REDAZIONE: Giacomo Aiello Vittorio Cesaroni Roberto de Felice Maurizio Fiorilli Massimo Giannuzzi - Maria Vittoria Lumetti Antonio Palatiello Carlo Sica Mario Antonio Scino. HANNO COLLABORATO INOLTRE AL PRESENTE NUMERO: Simona Bottoni Gianni De Bellis Enrico De Giovanni Chiara Di Seri Pasquale Fava Wally Ferrante Oscar Fiumara Marco Fratini Cristina Mirti Marika Piscitelli Anna Scir Francesco Spada Giuseppe Stipo FabrizioUrbani Neri Stefano Varone. SEGRETERIA DI REDAZIONE: Francesca Pioppi Telefono 066829431 E-mail: rassegna@avvocaturastato.it La Rassegna consultabile sul sito: www.avvocaturastato.it Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO Segreteria di Redazione Stampato in Italia - Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 Stabilimenti Tipografici Carlo Colombo S.p.A. Via Roberto Malatesta n. 296 - 00176 Roma INDICE - SOMMARIO TEMI ISTITUZIONALI Saluto dellAvvocato Generale Oscar Fiumara alla cerimonia di commiato del Presidente uscente della Corte Costituzionale Prof. Annibale Marini . . . . . . . . pag. 1 Saluto dellAvvocato Generale Oscar Fiumara al nuovo Presidente della Corte Costituzionale Franco Bile e al nuovo giudice Paolo Maria Napolitano . . . . . 3 La non ostensibilit degli atti dellAvvocatura dello Stato (T.A.R. Lazio, sez. 2, sent. 26 giugno 2006 n. 5152) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE La Corte di Giustizia pone termine alla vicenda IRAPIVA, dossier a cura diGianni De Bellis (Corte Ce, Grande Sez., sent. 3 ottobre 2006) . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 La questione degli elicotteri Agusta, dossier, con nota di Cristina Mirti: Appalti pubblici di forniture: la tutela della sicurezza nazionale come causa legittima di deroga alla normativa comunitaria (Corte Ce, sez. 2, sent. 27 ottobre 2005) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75 1. Le decisioni Chiara Di Seri, Ancora sul divieto di circolazione nel Land Tirolo (Corte Ce, ord. 30 luglio 2003, 2 ottobre 2003, 27 aprile 2004). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109 2. I giudizi in corso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 136 IL CONTENZIOSO NAZIONALE Wally Ferrante, Competenza territoriale e inapplicabilit dellart.11 c.p.p. aigiudizi di cassazione sull irragionevole durata del processo (Cassaz., sez. 1, ord. 22 luglio 2005 n.15482) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223 Francesco Spada, La responsabilit della pubblica amministrazione per sinistro su strada statale (Cassaz., sez. 3, sent. 20 febbraio 2006, n. 3651) . . . . . . . . 229 Wally Ferrante, Cambio di domicilio e inesistenza della notifica del ricorso per cassazione (Cassaz., sez. 1, sent. 4 aprile 2006 n. 7863) . . . . . . . . . . . . . . . . . 237 Marika Piscitelli, Comunicazione di avvio del procedimento e deroghe alla sua obbligatoriet (C.d.S., sez. 6, dec. 22 giugno 2006 n. 3825) . . . . . . . . . . . . . 241 Giuseppe Fiengo, Stato e regioni in materia di paesaggio (C.d.S., sez. 6, dec. 13 luglio 2006 n. 4496) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 250 Anna Scir, Azione civile risarcitoria nel processo penale a tutela di interes si legittimi? (Trib. Catania, sez. 3 pen., sent. 6-19 luglio 2005 n. 1869) . . . . . . . . . . 253 I PARERIDEL COMITATO CONSULTIVO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 277 DOTTRINA Giuseppe Stipo, Attivit vincolata ed attivit discrezionale della Pubblica Amministrazione anche con riferimento alla norma dellart.21 octies L. n.241/1990 . . . . . . 307 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Simona Bottoni, Profili evolutivi dellintervento pubblico nelledilizia econo mica e popolare. Il caso dellI.A.C.P. di Roma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 334 Pasquale Fava, Marco Fratini, Sanzioni CONSOB e giurisdizione dopo lalegge sul risparmio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 350 Maria Vittoria Lumetti, I mezzi per accelerare il processo amministrativo . . . . . . . . 368 Fabrizio Urbani Neri, Il partenariato ed il nuovo Codice degli appalti pubblici . . . . . . 392 Stefano Varone, Il contenzioso in materia di procedure di abilitazione profes sionale dopo lentrata in vigore dellart.4, comma 2 bis, legge 17 agosto2005, n. 168 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 402 INDICISISTEMATICI .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 417 TEMIISTITUZIONALI Saluto dellAvvocato Generale Oscar Fiumara alla cerimonia di commiato del Presidente uscente della Corte CostituzionaleProf. Annibale Marini Ebbi lonore e il piacere, nel novembre scorso, di salutare a nome miopersonale e dei colleghi dellAvvocatura dello Stato, con deferenza ed amicizia, linsediamento del Prof. Annibale Marini nella carica di Presidentedella Corte. Oggi sono lieto di essere ancora io a salutare, a titolo personalee a nome dellintera Avvocatura dello Stato, con rinnovata deferenza ecostante amicizia, il commiato dalla Corte del suo prestigioso Presidente. Sottolineavo allora come lavvento di Annibale Marini alla presidenzadella Corte permettesse di salutare, per cos dire, il ritorno del diritto privato ai vertici della nostra suprema giurisdizione di diritto pubblico. Infatti nella figura di studioso e di giudice di Marini si coglie dicevoin quella occasione come egli abbia incarnato e incarni lautentica figuradel privatista, inteso come studioso di quel diritto dei privati che sempreesprime una intrinseca, prestatuale, forza ordinamentale. Egli infatti non si mai posto come semplice, per quanto profondo, esegeta della codificazione (e, magari, della decodificazione e della attuale, spesso contraddittoria, ricodificazione). Al contrario, al centro del suo interesse sempre stato il diritto privato come manifestazione originaria eimmediata delle esigenze e delle tendenze della persona; esigenze e tendenze che il diritto privato deve pi accompagnare che disciplinare, ponendo unquadro di principi entro i quali esse possano esprimersi giuridicamente inchiave di autonomia; lautonomia privata, appunto. Insomma, nellopera di Marini il diritto privato appare costantementecome il primo punto di emersione delle tendenze sociali. Se il diritto costituzionale rappresenta la sintesi giuridica delle tendenze evolutive dellasociet, la prima percezione e conformazione giuridica di queste avviene, infatti, proprio attraverso il diritto privato come lo ha sempre inteso e praticato il Prof. Marini. Queste preziose caratteristiche culturali e professionali sono state confermate da quanto Marini ha fatto come presidente della Corte. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Mi riferisco, per limitarmi ai temi a mio avviso pi significativi, allattento contemperamento tra la tutela, di segno individualistico, dellaffidamento e la considerazione, di segno sociale, del livello di reddito del pensionato, quale emerge dalla delicata sentenza 1/2006 in materia di ripetizione dellindebito previdenziale. O al misurato ma fermo richiamo, contenutonella sentenza 39/06, alla rilevanza delle istanze collettive sottese alla tutelapaesistica, rispetto allinteresse privato del costruttore abusivo aspirante alcondono edilizio. Netta stata invece laffermazione della tutela dei dirittidellindividuo, rispetto a qualsiasi istanza di segno diverso, quando si tocchino suoi interessi fondamentali: come linteresse al lavoro, posto al centrodella sentenza 58/2006 sulla tutela del lavoro temporaneo e sulla sua conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato; o il diritto fondamentaleallo status biologico, limpidamente ribadito dalla sent. 50/2006 sullinammissibilit di condizioni allesperimento dellazione di dichiarazione giudiziale di paternit naturale; o ancora, il diritto a non essere distolto dal giudice precostituito per legge, che alla base della sent. 41/2006 sullesperibilit illimitata da parte di ciascuno delleccezione di incompetenza territorialeanche in caso di litisconsorzio necessario. Al riconoscimento delle istanze individuali e alla loro sintesi con leistanze generali e collettive (testimoniato dalle sentenze citate) si accompagna quale inscindibile risvolto, la sensibilit al tema delle autonomie. Sottoquesto aspetto vanno segnalate, per lo meno le sentenze 173/2006 e212/2006 sulla tutela dellautonomia, rispettivamente, delle Universit edelle fondazioni di beneficenza e assistenza, rispetto alla rivendicazione daparte delle Regioni di poteri di disciplina della loro attivit o di acquisizionedel loro patrimonio al sistema sanitario regionale. Il riconoscimento dei diritti fondamentali dellindividuo e dellautonomia delle formazioni sociali, e la costante consapevolezza della necessit dioperarne una sintesi sempre dialettica e dinamica con linteresse generaleespresso dalle norme del diritto pubblico (che in quei diritti e in quelle autonomie trova il proprio presupposto), costituiscono senza dubbio il lascito pisignificativo della presidenza Marini, che ha in tal modo arricchito in modofecondo un tema perenne di riflessione e di applicazione per tutti noi. Grazie, presidente Marini, per lalta opera che Ella ha svolto nellinteresse della collettivit. Roma, Palazzo della Consulta Corte Costituzionale 4 luglio 2006 TEMI ISTITUZIONALI Saluto dellAvvocato Generale Oscar Fiumara al nuovo Presidente della Corte Costituzionale Franco Bile e al nuovo giudice Paolo Maria Napolitano Signor Presidente, signori giudici, ho ancora una volta lonore di salutare, a nome di tutti gli Avvocati dello Stato e mio personale, linsediamentodel nuovo Presidente e di un nuovo giudice della Corte. Nel rivolgere i miei auguri al presidente Franco Bile non illustrer certoi suoi titoli scientifici e professionali, il cui straordinario rilievo a noi tuttiben noto; ma mi sia consentito di cogliere loccasione per sottolineare inestrema sintesi qualche aspetto della sua personalit di giurista, quale emerge dal lungo lavoro da lui svolto prima presso la Corte di cassazione e poipresso la Corte costituzionale in una continuit pratica e ideale, da due puntidi vista diversi ma complementari. Il lavoro del Pres. Bile si costantemente incentrato sulla figura deldiritto soggettivo, nel tentativo di delinearne, con acume direi chirurgico, i connotati e i confini nelle varie manifestazioni che questa insostituibilefigura dogmatica presenta in concreto. Il diritto soggettivo nasce dallincontro tra un interesse privato e una forma di tutela che lordinamento riconoscead esso. Segna quindi, sempre e istituzionalmente, un punto di equilibrio trapubblico e privato. Se teniamo presente questa considerazione, non possiamo non ricordare, per fare uno degli esempi pi noti, la storica sentenza del 1983, scritta dalmagistrato Bile, con cui le Sezioni Unite della Corte di Cassazione riconobbero che la proroga delloccupazione di urgenza decisa dopo la scadenza delbiennio di occupazione legittima era inefficace ad affievolire la propriet. In talmodo veniva individuato un ben preciso punto di resistenza dellinteresse proprietario di fronte allesercizio della potest pubblica conformativa di esso. Maquella stessa sentenza statuiva anche che la trasformazione del fondo comunque dichiarato di pubblica utilit e occupato, nondimeno estingueva il preesistente diritto di propriet e lo sostituiva con il risarcimento del danno. Quella sentenza rimane un esempio eccellente della fecondit della figura del diritto soggettivo come strumento di equilibrio tra pubblico e privato. La stessa tematica del diritto soggettivo come interesse posto allincrocio tra pubblico e privato riemersa molti anni dopo in alcune importantisentenze costituzionali. Va ricordata almeno la sentenza 292/2000, con cui venne chiarito, dalBile giudice costituzionale, che la riforma della giurisdizione amministrativa devolveva al giudice amministrativo, quali questioni su diritti conseguenziali, tutte le controversie risarcitorie derivanti dallesercizio illegittimo delpotere amministrativo, senza distinguere tra controversie di interesse legittimo da un lato, e controversie di diritto soggettivo rientranti nella giurisdizione esclusiva dallaltro. Venne in tal modo avallata la scelta di concentrare nelgiudice della pubblica amministrazione lintera tutela degli interessi privatinel loro confronto con la potest pubblica; scelta che costitu la confermalegislativa, e la conseguenza pi coerente, del riconoscimento giurispruden RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO ziale della risarcibilit anche degli interessi legittimi, e del definitivo equilibrio tra interesse privato e potest pubblica che in tal modo si era raggiunto. Altro tema di costante impegno per il Pres. Bile, sottilmente connesso altema del diritto soggettivo nel suo risvolto ordinamentale, stato quello deirapporti, appunto, tra ordinamenti. Dopo la nota sentenza del 1977 (n. 3461) delle Sezioni Unite, che, seppur superata poi da altre pronunce esprimeva la necessit di un coordinamento forte, cio di una effettiva integrazione, tra ordinamento comunitario eordinamento interno, nel 2000 Bile scriveva limportante sentenza n. 41 diquesta Corte con cui veniva dichiarato inammissibile (e quindi, in sostanza, incostituzionale) un referendum abrogativo che in caso di successo avrebbeportato a conseguenze contrastanti con il diritto comunitario in materia ditutela del lavoro subordinato. Anche qui emerge a distanza di anni la costanza di visione riguardo adun tema, quale la rilevanza costituzionale del diritto comunitario, la cuiattualit, come ben sappiamo, non viene mai meno e anzi oggi sussiste piche mai. Lesercizio della funzione presidenziale consentir ora a Franco Bile difar circolare ancor pi capillarmente questo patrimonio di pensiero e di esperienza nel quotidiano impegno della Corte. Auguri, signor Presidente. Cessato il mandato novennale del Pres. Marini, lorganico della Corte stato ricomposto, questa volta con tempestivit, con la nomina a giudice delconsigliere di Stato Paolo Maria Napolitano. Al nuovo giudice rinnoviamogli auguri di tutti gli avvocati dello Stato. La sua vasta e multiforme esperienza, come altissimo funzionario delSenato della Repubblica, come capo dellUfficio legislativo prima del vicepresidente del Consiglio e poi del Ministro degli esteri e come consigliere diStato, e i suoi numerosi ed attenti studi, sia allorch ricopriva il prestigiosoincarico di direttore dellufficio studi del Senato, sia nella sua parallela attivit scientifica (e mi riferisco in particolare agli scritti sul procedimentoamministrativo e agli studi sulle funzioni di governo e di controllo e sullorganizzazione regionale), porteranno certamente un notevole contributoallattivit della Corte. Al neo giudice e a tutti i componenti della Corte tutti i nostri miglioriauguri. Roma, Palazzo della Consulta Corte Costituzionale Udienza 26 settembre 2006 TEMI ISTITUZIONALI La non ostensibilit degli atti dellAvvocatura dello Stato (Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sezione seconda, sentenza 26 giugno 2006 n. 5152) La sentenza che qui pubblichiamo, accogliendo le prospettazioni difensive dellAvvocatura dello Stato, ha affermato che la corrispondenza recanteconsultazioni di questultima sottratta al diritto di accesso anche quando riferibile alla fase di esecuzione del giudicato. Si ritiene che questa pronuncia costituisca unutile salvaguardia delleprerogative professionali dellAvvocatura e della riservatezza del rapportocon le Amministrazioni. E.D.G. Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sezione seconda, sentenza del 26 giugno 2006 n. 5152 Pres. D. La Medica Est. A. Bottiglieri M. T. c/ MinisterodellEconomia e delle Finanze (cont.10915/06, Avv. dello Stato E. De Giovanni). (Omissis) Fatto e diritto. 1.- Con ricorso notificato in data 3 marzo 2006, depositato il successivo 16 marzo, listante espone che la Sezione, con sentenza n. 17207/04, passata in giudicato, accoglieva ilricorso dal medesimo presentato avverso il provvedimento dellamministrazione odiernaintimata che lo aveva escluso dalle prove selettive per lammissione ai corsi di formazione. Appreso, indi, che lamministrazione, in sede di esecuzione del giudicato, poi intervenutacon decreto direttoriale 1 agosto 2005, n. 48937, aveva interpellato lAvvocatura Generaledello Stato, che si era espressa a riguardo con nota 13 giugno 2005, n. ct. 11832/00-LO, sez. terza, non menzionata nel sopra citato decreto, formulava istanza di accesso agli atti, e, inparticolare, al parere in questione e alla relativa richiesta da parte dellamministrazione. Atale istanza lamministrazione opponeva diniego, invocando il segreto professionale deidifensori legali ex art. 2, D.P.C.M. 26 gennaio 1996, n. 200. Avverso tale negativa determinazione agisce ora il ricorrente, domandando che questoTribunale, previo annullamento del diniego, impartisca allamministrazione lordine di esibizione e di rilascio di copia della documentazione predetta, a tal fine deducendo che lanorma invocata dallamministrazione per denegare laccesso non si attagli alla fattispecie, non essendovi pi n liti in atto n rischi di una lite potenziale. Si costituita in giudizio lintimata amministrazione, che ha confutato nel merito gliassunti di parte ricorrente. La causa stata indi chiamata, per la delibazione delle domande, alla camera di consiglio del 26 aprile 2006. 2. - Il ricorso infondato. Il D.P.C.M. 26 gennaio 1996, n. 200, regolamento recante norme per la disciplina dicategorie di documenti formati o comunque rientranti nellambito delle attribuzionidellAvvocatura dello Stato sottratti al diritto di accesso, al fine di salvaguardare la riservatezza nei rapporti fra difensore e difeso, allart. 2, comma 1, lett. a) dispone la sottrazione allaccesso dei pareri resi in relazione a lite in potenza o in atto e la inerente corrispondenza. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO La norma prosegue sottraendo allaccesso, alla lett. c), anche la corrispondenza inerente agli affari di cui ai punti a). Ritiene il Collegio, a riguardo, conformemente alle argomentazioni formulate dalladifesa erariale, che il dato normativo di cui al combinato disposto sopra citato delinei unambito di documentazione sottratta allaccesso, perch inerente ad una fattispecie contenziosa, o potenzialmente tale, pi ampio di quello strettamente riferibile alla pendenza dellalite, e tale da ricomprendere, per quanto qui di interesse, anche lesecuzione del giudicato. Invero, diversamente opinando, e cio ravvisando il contenzioso in atto o potenzialeesclusivamente nel segmento tecnicamente ed originariamente afferente al merito del giudizio, e nelle circostanze antecedenti, la locuzione di cui alla lett. c) risulterebbe, da un lato, meramente ripetitiva di quanto gi stabilito alla lett. a), e, dallaltro, difficilmente comprensibile in relazione alluso del termine affari. Siffatta conclusione , del resto, coerente con la peculiarit della fase esecutiva da partedellamministrazione del giudicato favorevole al privato, che, comՏ noto, pu presentaredei margini di opinabilit, e, indi, di discrezionalit, che, attenendo alle modalit e ai termini con i quali il bene della vita che ha formato oggetto di giudizio viene assicurato, rendono possibile unulteriore fase contenziosa. 3.-Il ricorso, pertanto, non pu essere accolto. Sussistono, comunque, giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti. P. Q. M. il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda,definitivamente pronunciando sul ricorso n. 2407/06, () lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dallAutorit amministrativa. Cos deciso in Roma, dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda, nella camera di consiglio del 26 aprile 2006. I L CONTENZIOSO COMUNIT ARIO ED INTERNAZIONALE Dossier La Corte di Giustizia pone termine alla vicenda IRAP IVA (Corte di Giustizia delle Comunit europee, Grande Sezione, sentenza 3 ottobre 2006) Con una sintetica sentenza, da cui non traspare lintensa attivit processuale a cui fa seguito (caratterizzata da due udienze, da unordinanza di formulazione di quesiti e da due conclusioni di diversi avvocati generali), laCorte di Giustizia ha posto la parola fine sulla vicenda IRAPIVA, ritenendo infondata laccusa di una sostanziale identit tra i due tributi. La pronuncia pone laccento, in particolare, sulla mancanza nellIRAPdel requisito della proporzionalit e sul fatto che lIVA si trasferisce sempresul consumatore (a differenza dellIRAP). La Corte ha evitato di pronunciarsi sulla questione (dibattuta in udienza) dellapplicabilit o meno dellart. 33della sesta direttiva alle imposte dirette, optando per un approccio sostanziale mirante ad analizzare le caratteristiche dellIRAP rispetto a quelledellIVA, indipendentemente da una sua classificazione formale. La sentenza ancor pi apprezzabile (al di l dello sventato rischio per ilbilancio italiano) in quanto disattendendo lintrepretazione suggerita dalla Commissione e dai due avvocati generali stata evitata una interpretazione dellart. 33 che avrebbe potuto creare una situazione di notevole incertezza e non pochiproblemi agli Stati membri, a causa del rischio concreto che anche imposte dirette (aventi di norma una base imponibile commisurata al totale dei ricavi detrattoil totale dei costi) potessero ricadere nel divieto contenuto nel citato art. 33. Avv. Gianni De Bellis Corte di Giustizia delle Comunit Europee, Grande Sezione, sentenza 3 ottobre 2006 Pres. V. Skouris Rel. N. Colneric -Avv. Gen. F. G. Jacobs, C. Stix-Hackl. 1.- La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda linterpretazione dellart. 33 dellasesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazionedelle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari Sistemacomune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO modificata dalla direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE (GU L 376, pag. 1) (in prosieguo: la sesta direttiva). 2.- La domanda stata proposta nellambito di una controversia tra la Banca popolaredi Cremona Soc. coop. a r.l. (in prosieguo: la Banca popolare) e lAgenzia delle Entrate, Ufficio di Cremona relativamente alla riscossione di unimposta regionale sulle attivit produttive. CONTESTO NORMATIVO Diritto comunitario 3.- Lart. 33, n. 1, della sesta direttiva cos prevede: Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, in particolare quelle previste dalle vigenti disposizioni comunitarie relative al regime generale per la detenzione, la circolazione e icontrolli dei prodotti soggetti ad accise, le disposizioni della presente direttiva non vietanoad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte sui contratti di assicurazione, imposte sui giochi e sulle scommesse, accise, imposte di registro e, pi in generale, qualsiasiimposta, diritto e tassa che non abbia il carattere di imposta sulla cifra daffari, semprechtuttavia tale imposta, diritto e tassa non dia luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalit connesse con il passaggio di una frontiera. 4.- Gi la versione originaria della direttiva 77/388 conteneva un art. 33 sostanzialmente identico a quello citato. Diritto nazionale 5.- Limposta regionale sulle attivit produttive (in prosieguo: lIRAP) stata istituita con il decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (supplemento ordinario alla GURI 23dicembre 1997, n. 298; in prosieguo: il decreto legislativo). 6.- Il testo degli artt. 1-4 di tale decreto il seguente: Art. 1. Istituzione dellimposta 1. istituita limposta regionale sulle attivit produttive esercitate nel territorio delleregioni. 2. Limposta ha carattere reale e non deducibile ai fini delle imposte sui redditi. Art. 2. Presupposto dellimposta 1. Presupposto dellimposta lesercizio abituale di una attivit autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi. Lattivit esercitata dalle societ e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni delloStato, costituisce in ogni caso presupposto di imposta. Art. 3. Soggetti passivi 1. Soggetti passivi dellimposta sono coloro che esercitano una o pi delle attivit dicui allarticolo 2. Pertanto sono soggetti allimposta: a) le societ e gli enti di cui allarticolo 87, comma 1, lettere a) e b), del testo unicodelle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917; b) le societ in nome collettivo e in accomandita semplice e quelle ad esse equiparate() nonch le persone fisiche esercenti attivit commerciali di cui allarticolo 51 del medesimo testo unico; c) le persone fisiche, le societ semplici e quelle ad esse equiparate () esercenti arti e professioni di cui allarticolo 49, comma 1, del medesimo testo unico; d) i produttori agricoli titolari di reddito agrario () () IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 2. Non sono soggetti passivi dellimposta: a) i fondi comuni di investimento ( ) b) i fondi pensione ( ) c) i gruppi economici di interesse europeo (GEIE) ( ) Art. 4. Base imponibile 1. Limposta si applica sul valore della produzione netta derivante dallattivit esercitata nel territorio della regione. (). 7.- Gli artt. 5-12 del decreto legislativo contengono i criteri per determinare il citato valore della produzione netta, i quali variano in base alle differenti attivit economiche ilcui esercizio costituisce il fatto generatore dellIRAP. 8.- Lart. 5 di tale decreto precisa che, per i soggetti di cui allart. 3, primo comma, lett. a) e b) del decreto stesso non esercenti le attivit delle banche, degli altri enti e societfinanziari e delle imprese di assicurazione, la base imponibile determinata dalla differenza tra la somma delle voci classificabili nel valore della produzione di cui al primo comma, lett. A), dellart. 2425 del codice civile e la somma di quelle classificabili nei costi della produzione di cui alla lett. B) del medesimo comma, ad esclusione di alcune di esse, fra le qualile spese per il personale dipendente. 9.- Lart. 2425 del codice civile, rubricato Contenuto del conto economico, cos pre vede: Il conto economico deve essere redatto in conformit al seguente schema: A) Valore della produzione: 1) ricavi delle vendite e delle prestazioni; 2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti; 3) variazioni dei lavori in corso su ordinazione; 4) incrementi di immobilizzazioni per lavori interni; 5) altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio. Totale. B) Costi della produzione: 6) per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci; 7) per servizi; 8) per godimento di beni di terzi; 9) per il personale: a) salari e stipendi; b) oneri sociali; c) trattamento di fine rapporto; d) trattamento di quiescenza e simili; e) altri costi; 10) ammortamenti e svalutazioni: a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali; b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali; c) altre svalutazioni delle immobilizzazioni; d) svalutazioni dei crediti compresi nellattivo circolante e delle disponibilit liquide; 11) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci; 12) accantonamenti per rischi; 13) altri accantonamenti; 14) oneri diversi di gestione. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Totale. Differenza tra valore e costi della produzione (A B). (). 10.- Ai sensi dellart. 14 del decreto legislativo, limposta dovuta per periodi diimposta a ciascuno dei quali corrisponde una obbligazione tributaria autonoma. Il periododi imposta determinato secondo i criteri stabiliti ai fini delle imposte sui redditi. 11.- Ai sensi dellart. 16 del decreto legislativo, in linea generale limposta determinata applicando al valore della produzione netta laliquota del 4,25 per cento. Tale aliquota variabile secondo la regione in cui ha sede limpresa. CAUSA PRINCIPALE E QUESTIONE PREGIUDIZIALE 12.- La Banca popolare ha impugnato dinanzi al giudice del rinvio il provvedimentodellAgenzia delle Entrate, Ufficio di Cremona con il quale questultima le ha rifiutato ilrimborso dellIRAP versata negli anni 1998 e 1999. 13.- A giudizio della ricorrente nella causa principale sussiste un contrasto fra il decreto legislativo e lart. 33 della sesta direttiva. 14.- Il giudice del rinvio osserva quanto segue: in primo luogo, lIRAP si applica, in modo generalizzato, a tutte le operazioni commerciali di produzione o di scambio aventi ad oggetto beni e servizi poste in essere nellesercizio in modo abituale di unattivit svolta a tale fine, vale a dire nellesercizio di imprese o di arti e professioni; in secondo luogo lIRAP, sebbene sia calcolata con un procedimento diverso da quello utilizzato per limposta sul valore aggiunto (in prosieguo: lIVA), colpisce il valorenetto derivante dalle attivit produttive, e pi esattamente il valore netto aggiunto al prodotto dal produttore, cosicch lIRAP sarebbe unIVA; in terzo luogo, lIRAP riscossa in ogni fase del processo di produzione o di distribuzione; in quarto luogo, la somma delle IRAP riscosse nelle varie fasi del ciclo, dalla produzione alla immissione al consumo, pari allaliquota IRAP applicata al prezzo di vendita dibeni e servizi praticato in sede di immissione al consumo. 15.- Tale giudice si domanda per se le differenze esistenti tra lIVA e lIRAP riguardino le caratteristiche essenziali che determinano lappartenenza o meno delluna e dellaltra imposta alla medesima categoria di tributi. 16.- Alla luce di quanto sopra, la Commissione tributaria provinciale di Cremona hadeciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: Se lart. 33 della [sesta direttiva] debba essere interpretato nel senso che esso vieti diassoggettare ad IRAP il valore della produzione netta derivante dallesercizio abituale di unaattivit autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovveroalla prestazione di servizi. SULLA QUESTIONE PREGIUDIZIALE 17.- Con la sua questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se lart. 33 della sestadirettiva osti al mantenimento di un prelievo fiscale avente caratteristiche analoghe a quelle dellimposta di cui si discute nella causa principale. 18.- Per interpretare lart. 33 della sesta direttiva necessario collocare tale disposizione nellambito del suo contesto normativo. A tal fine utile, come gi fatto nella sentenza 8 IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE giugno 1999, cause riunite C-338/97, C-344/97 e C-390/97, Pelzl e a. (Racc. pag. I-3319, punti 13-20) ricordare innanzitutto gli obiettivi perseguiti con la creazione di un sistemacomune dellIVA. 19 Risulta dai considerando della prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967,67/227/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alleimposte sulla cifra daffari (GU 1967, n. 71, pag. 1301; in prosieguo: la prima direttiva), che larmonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sulla cifra daffari deve consentire la creazione di un mercato comune nel quale vi sia una concorrenza non alterata e cheabbia caratteristiche analoghe a quelle di un mercato interno, eliminando le differenze dioneri fiscali che possono alterare la concorrenza e ostacolare gli scambi. 20.- Listituzione di un sistema comune di IVA stata realizzata con la seconda direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/228/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra daffari Struttura e modalit dapplicazione del sistema comune dimposta sul valore aggiunto (GU 1967, n. 71, pag. 1303; in prosieguo: la seconda direttiva) e con la sesta direttiva. 21.- Il principio del sistema comune dellIVA consiste, ai sensi dellart. 2 della primadirettiva, nellapplicare ai beni ed ai servizi, fino allo stadio del commercio al minuto, unimposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero di transazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase dellimposizione. 22.- Tuttavia, a ciascun passaggio, lIVA si pu esigere solo previa detrazione dellIVAche ha gravato direttamente sul costo dei vari fattori che compongono il prezzo; il sistemadelle detrazioni disciplinato dallart. 17, n. 2, della sesta direttiva, in modo che i soggettipassivi siano autorizzati a detrarre dallIVA da essi dovuta gli importi di IVA che hanno gigravato sui beni o sui servizi a monte e che limposta colpisca ogni volta solo il valoreaggiunto e vada, in definitiva, a carico del consumatore finale. 23.- Per conseguire lo scopo delluguaglianza impositiva della stessa operazione, indipendentemente dallo Stato membro nel quale viene effettuata, il sistema comune dellIVAdoveva sostituire, secondo i considerando della seconda direttiva, le imposte sulla cifradaffari in vigore nei vari Stati membri. 24.- In questordine di idee, lart. 33 della sesta direttiva consente il mantenimento olistituzione da parte di uno Stato membro di imposte, diritti e tasse gravanti sulle fornituredi beni, sulle prestazioni di servizi o sulle importazioni solo se non hanno natura di impostesulla cifra daffari. 25.- Per valutare se unimposta, un diritto o una tassa abbiano la natura di imposta sullacifra daffari, ai sensi dellart. 33 della sesta direttiva, occorre in particolare verificare se essiabbiano leffetto di danneggiare il funzionamento del sistema comune dellIVA, gravandosulla circolazione dei beni e dei servizi e colpendo le transazioni commerciali in modo analogo allIVA. 26.- A tale proposito, la Corte ha precisato che in ogni caso devono essere consideratigravanti sulla circolazione dei beni e dei servizi allo stesso modo dellIVA le imposte, i diritti e le tasse che presentano le caratteristiche essenziali dellIVA, anche se non sono in tuttoidentici ad essa (sentenze 31 marzo 1992, causa C-200/90, Dansk Denkavit e PoulsenTrading, Racc. pag. I-2217, punti 11 e 14, nonch 29 aprile 2004, causa C-308/01, GILInsurance e a., Racc. pag. I-4777, punto 32). 27 Per contro, lart. 33 della sesta direttiva non osta al mantenimento o allintroduzione di unimposta che non presenti una delle caratteristiche essenziali dellIVA (sentenze 17 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO settembre 1997, causa C-130/96, Solisnor-Estaleiros Navais, Racc. pag. I-5053, punti 19 e 20, nonch GIL Insurance e a., cit., punto 34). 28.- La Corte ha precisato quali siano le caratteristiche essenziali dellIVA. Nonostantealcune differenze redazionali, risulta dalla sua giurisprudenza che tali caratteristiche sonoquattro: lIVA si applica in modo generale alle operazioni aventi ad oggetto beni o servizi; proporzionale al prezzo percepito dal soggetto passivo quale contropartita dei beni e servizi forniti; viene riscossa in ciascuna fase del procedimento di produzione e di distribuzione, compresa quella della vendita al minuto, a prescindere dal numero di operazioni effettuate in precedenza; gli importi pagati in occasione delle precedenti fasi del processo sonodetratti dallimposta dovuta, cosicch il tributo si applica, in ciascuna fase, solo al valoreaggiunto della fase stessa, e in definitiva il peso dellimposta va a carico del consumatorefinale (v., in particolare, sentenza Pelzl e a., cit., punto 21). 29.- Al fine di evitare risultati discordanti rispetto allobiettivo perseguito dal sistemacomune dellIVA, ricordato ai punti 20-26 della presente sentenza, ogni confronto dellecaratteristiche di unimposta come lIRAP con quelle dellIVA deve essere compiuto allaluce di tale obiettivo. In questo contesto deve essere riservata unattenzione particolare allanecessit che sia sempre garantita la neutralit del sistema comune dellIVA. 30.- In questo caso, relativamente alla seconda caratteristica fondamentale dellIVA, sideve innanzitutto rilevare che, mentre lIVA riscossa in ciascuna fase al momento dellacommercializzazione e il suo importo proporzionale al prezzo dei beni o servizi forniti, lIRAP invece unimposta calcolata sul valore netto della produzione dellimpresa nelcorso di un certo periodo. La sua base imponibile infatti uguale alla differenza che risulta, in base al conto economico, tra il valore della produzione e i costi della produzione, come definiti dalla legislazione italiana. Essa comprende elementi come le variazioni dellerimanenze, gli ammortamenti e le svalutazioni, che non hanno un rapporto diretto con le forniture di beni o servizi in quanto tali. LIRAP non deve pertanto essere considerata proporzionale al prezzo dei beni o dei servizi forniti. 31.- Occorre poi osservare, relativamente alla quarta caratteristica fondamentaledellIVA, che lesistenza di differenze relativamente al metodo per calcolare la detrazionedellimposta gi pagata non pu sottrarre unimposta al divieto contenuto nellart. 33 dellasesta direttiva qualora tali differenze siano pi che altro di natura tecnica, e non impediscanoche tali imposta funzioni sostanzialmente nello stesso modo dellIVA. Per contro, si pu collocare allesterno dellambito applicativo dellart. 33 della sesta direttiva unimposta la qualecolpisca le attivit produttive in modo tale che non sia certo che la stessa vada, in definitiva, a carico del consumatore finale, come avviene per unimposta sul consumo come lIVA. 32.- In questo caso, mentre lIVA, attraverso il sistema della detrazione dellimpostaprevisto dagli artt. 17-20 della sesta direttiva, grava unicamente sul consumatore finale ed perfettamente neutrale nei confronti dei soggetti passivi che intervengono nel processo diproduzione e di distribuzione che precede la fase di imposizione finale, indipendentementedal numero di operazioni avvenute (sentenze 24 ottobre 1996, causa C-317/94, Elida Gibbs, Racc. pag. I-5339, punti 19, 22 e 23, nonch 15 ottobre 2002, causa C-427/98, Commissione/ Germania, Racc. pag. I-8315, punto 29), lo stesso non vale per quanto riguarda lIRAP. 33.- Da un lato, infatti, un soggetto passivo non pu determinare con precisione limporto dellIRAP gi compreso nel prezzo di acquisto dei beni e dei servizi. Dallaltro, se un soggetto passivo potesse includere tale costo nel prezzo di vendita, al fine di ripercuotere limporto dellimposta dovuta per le sue attivit sulla fase successiva del processo di distribuzio IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE ne o di consumo, la base imponibile dellIRAP comprenderebbe di conseguenza non solo ilvalore aggiunto, ma anche limposta stessa, cosicch lIRAP sarebbe calcolata su un importodeterminato a partire da un prezzo di vendita comprendente, in anticipo, limposta da pagare. 34.- In ogni caso, anche se si pu supporre che un soggetto passivo IRAP che effettuala vendita al consumatore finale tenga conto, nel determinare il suo prezzo, dellimporto del- limposta incorporato nelle sue spese generali, non tutti i soggetti passivi si trovano nellacondizione di poter cos ripercuotere il carico dellimposta, o di poterlo ripercuotere nellasua interezza (v., in tal senso, sentenza Pelzl e a., cit., punto 24). 35.- Risulta da tutte queste considerazioni che, in base alla disciplina dellIRAP, tale imposta non stata concepita per ripercuotersi sul consumatore finale nel modo tipico dellIVA. 36.- vero che la Corte ha dichiarato incompatibile con il sistema armonizzato dellIVAunimposta che era riscossa come una percentuale dellimporto totale delle vendite realizzate edei servizi forniti da unimpresa nel corso di un determinato periodo di tempo, detratto limporto degli acquisti di beni e servizi effettuati nel corso dello stesso periodo dalla medesima impresa. La Corte ha osservato che il tributo in questione era accostabile nei suoi elementi fondamentali allIVA e che, nonostante le differenze, esso conservava il suo carattere di imposta sulla cifradaffari (v., in tal senso, sentenza Dansk Denkavit e Poulsen Trading, cit., punto 14). 37.- Qui per lIRAP si distingue dal tributo oggetto di tale sentenza in quanto questultimo era destinato a ripercuotersi sul consumatore finale, come risulta dal punto 3 della dettasentenza. Tale tributo era dunque calcolato a partire da una base imponibile identica a quella utilizzata per lIVA, ed era riscosso parallelamente allIVA. 38.- Risulta dalle considerazioni svolte che unimposta con le caratteristiche dellIRAPsi distingue dallIVA in modo tale da non poter essere considerata unimposta sulla cifradaffari, ai sensi dellart. 33, n. 1, della sesta direttiva. 39.- Alla luce di quanto sopra, la questione pregiudiziale va risolta dichiarando che lart. 33della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che esso non osta al mantenimento di unprelievo fiscale avente le caratteristiche dellimposta di cui si discute nella causa principale. SULLE SPESE 40.- Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono darluogo a rifusione. Per questi motivi la Corte (Grande Sezione) dichiara: Lart. 33 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materiadi armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra diaffari Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, comemodificata dalla direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE, deve essere interpretato nel senso che esso non osta al mantenimento di un prelievo fiscale avente le caratteristiche dellimposta di cui si discute nella causa principale. Avvocatura Generale dello Stato Corte di Giustizia delle Comunit europee Osservazioni del Governo della Repubblica italiana nella causa C-475/03 Banca Popolare di Cremona soc. coop. a.r.l. c/ Agenzia Entrate Ufficio di Cremona (ct. 3524/04, avv. dello Stato G. De Bellis) promossa con ordinanza emessa il 9 ottobre2003 dalla Commissione Tributaria Provinciale di Cremona. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 1. Con ordinanza emessa il 9 ottobre 2003 la Commissione Tributaria Provinciale di Cremona ha formulato alla Corte di Giustizia un quesito ai sensi dellart. 234 CE. 2. La controversia riguardava una richiesta avanzata dalla Banca Popolare di CremonaSoc. coop. a.r.l., di rimborso dellImposta Regionale sulle Attivit Produttive (in seguito: IRAP) versata negli anni 1998 e 1999, respinta dallUfficio delle Entrate di Cremona conatto notificato il 19 settembre 2001. 3. La Banca aveva impugnato il diniego di rimborso davanti alla Commissione TributariaProvinciale di Cremona, sostenendo che lIRAP che aveva versato ed il cui rimborso era statonegato era da ritenersi in contrasto sia con lart. 33 della direttiva 77/388/CEE che con lart. 76della Costituzione. 4. La Commissione ha sospeso il giudizio formulando alla Corte il seguente quesito: se lart. 33 della direttiva 77/388 (cos come modificato dalla direttiva 91/680/CEE) debbaessere interpretato nel senso che esso vieti di assoggettare ad IRAP il valore della produzione di una attivit autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio dibeni ovvero alla prestazione di servizi. 5. Il Governo italiano ritiene che al quesito debba essere data risposta negativa, per imotivi di seguito indicati. 6. LIRAP stata istituita con il decreto legislativo 15 dicembre 1997 n. 446 (1) (inseguito il decreto). 7. Le caratteristiche principali dellimposta sono stabilite negli articoli da 1 a 4, il cuitesto il seguente. TITOLO I Istituzione e disciplina dellimposta regionale sulle attivit produttive Art. 1. Istituzione dellimposta. 1. istituita limposta regionale sulle attivit produttive esercitate nel territorio delle regioni. 2. Limposta ha carattere reale e non deducibile ai fini delle imposte sui redditi. Art. 2. Presupposto dellimposta. 1. Presupposto dellimposta lesercizio abituale di una attivit autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi. Lattivit esercitata dalle societ e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni delloStato, costituisce in ogni caso presupposto di imposta. Art. 3. Soggetti passivi. 1. Soggetti passivi dellimposta sono coloro che esercitano una o pi delle attivit dicui allarticolo 2. Pertanto sono soggetti allimposta: a) le societ e gli enti di cui allarticolo 87, comma 1, lettere a) e b), del testo unicodelle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917; b) le societ in nome collettivo e in accomandita semplice e quelle ad esse equiparatea norma dellarticolo 5, comma 3, del predetto testo unico, nonch le persone fisiche esercenti attivit commerciali di cui allarticolo 51 del medesimo testo unico; c) le persone fisiche, le societ semplici e quelle ad esse equiparate a norma dellarticolo 5, comma 3, del predetto testo unico esercenti arti e professioni di cui allarticolo 49, comma 1, del medesimo testo unico; d) i produttori agricoli titolari di reddito agrario di cui allarticolo 29 del predettotesto unico, esclusi quelli con volume di affari annuo non superiore a cinque o a quindici (1) Pubblicato nella G.U.R.I. 23 dicembre 1997, n. 298, S.O. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE milioni di lire esonerati dagli adempimenti agli effetti dellimposta sul valore aggiunto aisensi dellarticolo 34, comma 6, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, come sostituito dallarticolo 5, comma 1, del decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 313, sempre che non abbiano rinunciato allesonero a norma dellultimo periodo del citato comma 6 dellarticolo 34; e) gli enti privati di cui allarticolo 87, comma 1, lettera c), del citato testo unico n. 917 del 1986, nonch le societ e gli enti di cui alla lettera d) dello stesso comma; e-bis) le Amministrazioni pubbliche di cui allarticolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, nonch le amministrazioni della Camera dei Deputati, delSenato, della Corte costituzionale, della Presidenza della Repubblica e gli organi legislativi delle regioni a statuto speciale. 2. Non sono soggetti passivi dellimposta: a) i fondi comuni di investimento di cui alla legge 23 marzo 1983, n. 77, alla legge 14 agosto 1993, n. 344, e alla legge 25 gennaio 1994, n. 86; b) i fondi pensione di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124; c) i gruppi economici di interesse europeo (GEIE) di cui al decreto legislativo 23 luglio 1991, n. 240, salvo quanto disposto nellarticolo 13. Art. 4. Base imponibile. 1. Limposta si applica sul valore della produzione netta derivante dallattivit esercitata nel territorio della regione. 2. Se lattivit esercitata nel territorio di pi regioni si considera prodotto nel territorio di ciascuna regione il valore della produzione netta proporzionalmente corrispondente allammontare delle retribuzioni spettanti al personale a qualunque titolo utilizzato, compresi i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, i compensi ai collaboratoricoordinati e continuativi e gli utili agli associati in partecipazione di cui allarticolo 11, comma 1, lettera c), n. 5, addetto, con continuit, a stabilimenti, cantieri, uffici o basi fisse, operanti per un periodo di tempo non inferiore a tre mesi nel territorio di ciascuna regione, ovvero per le banche, gli altri enti e societ finanziarie, ad eccezione della BancadItalia e dellUfficio italiano cambi, le imprese di assicurazione e le imprese agricole proporzionalmente corrispondente, rispettivamente, ai depositi in denaro e in titoli verso laclientela, agli impieghi o agli ordini eseguiti, ai premi raccolti presso gli uffici e allestensione dei terreni, ubicati nel territorio di ciascuna regione. Si considera prodotto nellaregione nel cui territorio il soggetto passivo domiciliato il valore della produzione nettaderivante dalle attivit esercitate nel territorio di altre regioni senza limpiego, per almeno tre mesi, di personale. 3. Gli atti generali concernenti lapplicazione delle disposizioni di cui al comma 2sono adottati dal Ministero delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapportitra lo Stato, le regioni e le province autonome, di seguito denominata: Conferenza Stato- regioni. 8. 1. Secondo il Giudice rimettente, lIRAP sarebbe assimilabile allIVA in quanto: a) avrebbe il medesimo presupposto dellimposta; b) colpirebbe il valore netto derivante dallattivit produttiva, ossia il valore netto aggiunto al prodotto dal produttore; c) sarebbe corrisposta in ogni fase del processo di produzione o di distribuzione; d) essa agirebbe come una imposta generale e proporzionale sul prezzo di cessione al consumo di beni e servizi, in quanto la somma delle IRAP riscosse nelle varie fasi del ciclo, dalla produzione alla immissione al consumo, pari allaliquota IRAP applicata alprezzo di vendita di beni e servizi praticato in sede di immissione al consumo. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 9. Il Governo italiano ritiene che le numerose differenze esistenti tra lIRAP e lIVA non consentano di ritenere che la prima possa essere ricompresa nel divieto di cui allart. 33paragrafo 1 della direttiva 77/388/CEE, in base al quale Fatte salve le altre disposizionicomunitarie, in particolare quelle previste dalle vigenti disposizioni comunitarie relative alregime generale per la detenzione, la circolazione e i controlli dei prodotti soggetti ad accise, le disposizioni, della presente direttiva non vietano ad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte sui contratti di assicurazione, imposte sui giochi e sulle scommesse, accise, imposte di registro e, pi in generale, qualsiasi imposta, diritto e tassa che non abbiail carattere di imposta sulla cifra daffari, sempre che tuttavia tale imposta, diritto e tassanon dia luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalit connesse con il passaggio di unafrontiera. 10. Nellinterpretare tale disposizione, la Corte ha affermato (sentenza 8 giugno 1999in cause riunite C-338/97, C-344/97 e C-390/97 punto 21): A tale riguardo, la Corte ha gi precisato che caratteristiche essenziali dellIVA sonole seguenti: lIVA si applica in modo generale alle operazioni aventi ad oggetto beni o servizi; proporzionale al prezzo percepito dal soggetto passivo dimposta quale contropartita dei beni e servizi forniti; viene riscossa in ciascuna fase del procedimento di produzionee di distribuzione, compresa quella della vendita al minuto, a prescindere dal numero dioperazioni effettuate precedentemente; infine, si applica sul valore aggiunto dei beni e deiservizi, in quanto limposta dovuta in occasione di unoperazione viene calcolata previadetrazione di quella che stata versata allatto della precedente operazione, sicch, in definitiva, la tassa va a carico del consumatore finale (v., in tal senso, sentenza 7 maggio 1992, Bozzi, C-347/90, Racc. pag. I-2947). 11. Orbene, facendo applicazione di tali principi si evidenzia come una prima differenza data dalla diversa base imponibile dei due tributi. 12. Per lIVA lart. 11 par. 1 lett. a) della direttiva 77/388/CEE prevede che la base imponibile determinata per le forniture di beni e le prestazioni di servizi (diverse da quelle di cuialle lettere b), c) e d), da tutto ci che costituisce i corrispettivo da versato o da versare alfornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dellacquirente, del destinatario o di unterzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni. 13. Per lIRAP lart. 4 comma 1 del decreto prevede invece che Limposta si applicasul valore della produzione netta derivante dallattivit esercitata nel territorio della regione, mentre in base al successivo articolo 14 Limposta dovuta per periodi di imposta aciascuno dei quali corrisponde una obbligazione tributaria autonoma. Il periodo di imposta determinato secondo i criteri stabiliti ai fini delle imposte sui redditi (in genere a baseannuale). 14. Larticolo 5 precisa che per i soggetti di cui allarticolo 3, comma 1 lettere a) eb), non esercenti le attivit di cui agli articoli 6 e 7 (gli articoli 6 e 7 si riferiscono alle banche ed altri enti e societ finanziarie, nonch alle imprese di assicurazione) la base imponibile determinata dalla differenza tra la somma delle voci classificabili nel valore della produzione di cui al primo comma, lettera A), dellarticolo 2425 del codice civile e lasomma di quelle classificabili nei costi della produzione di cui alla lettera B) del medesimocomma, ad esclusione delle perdite su crediti e delle spese per il personale dipendente. 15. Larticolo 2425 del codice civile recante contenuto del conto economico dispone quanto segue: 2425. Contenuto del conto economico. Il conto economico deve essere redatto in conformit al seguente schema: IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE A) Valore della produzione: 1) ricavi delle vendite e delle prestazioni; 2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti; 3) variazioni dei lavori in corso su ordinazione; 4) incrementi di immobilizzazioni per lavori interni; 5) altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio. Totale. B) Costi della produzione: 6) per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci; 7) per servizi; 8) per godimento di beni di terzi; 9) per il personale: a) salari e stipendi; b) oneri sociali; c) trattamento di fine rapporto; d) trattamento di quiescenza e simili; e) altri costi; 10) ammortamenti e svalutazioni: a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali; b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali; c) altre svalutazioni delle immobilizzazioni; d) svalutazioni dei crediti compresi nellattivo circolante e delle disponibilit liquide; 11) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci; 12) accantonamenti per rischi; 13) altri accantonamenti; 14) oneri diversi di gestione. Totale. Differenza tra valore e costi della produzione (A-B). C) Proventi e oneri finanziari: 15) proventi da partecipazioni, con separata indicazione di quelli relativi ad impresecontrollate e collegate; 16) altri proventi finanziari: a) da crediti iscritti nelle immobilizzazioni, con separata indicazione di quelli daimprese controllate e collegate e di quelli da controllanti; b) da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni; c) da titoli iscritti nellattivo circolante che non costituiscono partecipazioni; d) proventi diversi dai precedenti, con separata indicazione di quelli da imprese controllate e collegate e di quelli da controllanti; 17) interessi e altri oneri finanziari, con separata indicazione di quelli verso impresecontrollate e collegate e verso controllanti; 17-bis) utili e perdite su cambi. Totale (15 + 16 17+ 17 bis). D) Rettifiche di valore di attivit finanziarie: 18) rivalutazioni: a) di partecipazioni; b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni; c) di titoli iscritti allattivo circolante che non costituiscono partecipazioni; 19) svalutazioni: RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO a) di partecipazioni; b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni; c) di titoli iscritti nellattivo circolante che non costituiscono partecipazioni. Totaledelle rettifiche (18-19). E) Proventi e oneri straordinari: 20) proventi, con separata indicazione delle plusvalenze da alienazioni i cui ricavi nonsono iscrivibili al n. 5); 21) oneri, con separata indicazione delle minusvalenze da alienazioni, i cui effetti contabili non sono iscrivibili al n. 14), e delle imposte relative a esercizi precedenti. Totale dellepartite straordinarie (20-21). Risultato prima delle imposte (A B + C + D + E); 22) imposte sul reddito dellesercizio, correnti, differite e anticipate; 23) utile (perdite) dellesercizio 16. E cos, mentre lIVA viene calcolata su ciascuna singola operazione (cessione dibene o prestazione di servizio), lIRAP colpisce il risultato complessivo dellattivit economica (produzione netta), risultante dalla differenza tra valore di produzione e costi di produzione risultanti dal conto economico dellimpresa. 17. Non appare pertanto corretto quanto affermato dalla Commissione TributariaProvinciale di Cremona e cio che lIRAP graverebbe sul valore netto aggiunto al prodotto dal produttore. 18. In primo luogo si tratterebbe di un valore aggiunto globale, neppure coincidente con la somma di tutti i valori aggiunti delle singole operazioni imponibili ai fini IVA. 19. In secondo luogo il valore aggiunto ai fini IVA solo quello risultante dalla differenza tra i ricavi (intesi come corrispettivi delle prestazioni o delle cessioni), depurati dalle componenti di costo rilevanti ai fini IVA (che siano cio il frutto di operazioni imponibili a monte). 20. In conclusione il valore aggiunto su cui graverebbe lIRAP non in alcun modoassimilabile alla somma dei singoli valori aggiunti ai fini IVA, sia in quanto il primo riferito allintera attivit economica del soggetto passivo, sia a causa del diverso meccanismodi determinazione del valore aggiunto medesimo. 21. In sostanza il valore della produzione netta (che costituisce la base imponibiledellIRAP), un elemento di capacit contributiva simile al reddito; essa viene sostanzialmente a coincidere con la base imponibile delle imposte dirette, rappresentando il risultatoeconomico dellattivit di impresa. 22. Altra, e di per s determinante, differenza tra i due tributi sta nel meccanismo delladetrazione, con la quale si consente allIVA di gravare solo sul valore aggiunto in ogni fasedel processo produttivo in modo che la somma dei tributi versati nelle varie fasi corrisponda allimposta sullintero valore. A tale riguardo codesta Corte ha precisato (sentenza 8 giugno 1999 citata, punti 16 e 17): 16. Secondo la costante giurisprudenza della Corte (v., pi di recente, la sentenza 19febbraio 1998, SPAR, C-318/96, Racc. pag. I-785), il principio del sistema comune dellIVAconsiste, ai sensi dellart. 2 della prima direttiva, nellapplicare ai beni e ai servizi, finoalla fase della vendita al minuto, unimposta generale di consumo esattamente proporzionale ai prezzi dei beni e dei servizi, indipendentemente dal numero di passaggi effettuatinelle fasi di produzione e di distribuzione precedenti la fase gravata di imposta. 17. Tuttavia, a ciascun passaggio, lIVA si pu esigere solo previa detrazione dellIVAche ha gravato direttamente sul costo dei vari fattori che compongono il prezzo; il sistema IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE delle detrazioni disciplinato dallart. 17, n. 2, della sesta direttiva, in modo che i soggetti passivi siano autorizzati a detrarre dallIVA da essi dovuta gli importi di IVA che hannogi gravato sui beni o sui servizi a monte e che limposta colpisca ogni volta solo il valoreaggiunto e vada, in definitiva, a carico del consumatore finale. 23. Cos se limpresa ha effettuato notevoli acquisti e poche operazioni a valle, ai finiIVA acquisir il diritto al rimborso tra la maggiore IVA versata e quella (minore) riscossa. 24. Viceversa allIRAP sconosciuto il suddetto sistema di detrazione, per cui si potrsolo verificare che il valore della produzione netta sia negativo e limposta da versare siaperci uguale a zero. 25. In altri termini, mentre lIVA unimposta destinata a gravare sul consumo finale, con un meccanismo di applicazione frazionata nelle varie fasi della produzione, lIRAP untributo che va a colpire la ricchezza prodotta, sotto forma di differenza tra i costi e ricavi, dalle attivit produttive esercitate in un determinato territorio (art. 4 comma 2 del decreto). 26. Sempre nella stessa sentenza 8 giugno 1999 la Corte si pronunciata in ordine aduna tassa a favore del turismo applicata (in Austria) sulla medesima base imponibile relativa alla tassa sulla cifra di affari. 27. Uno dei motivi per i quali la Corte ha ritenuto che limposta austriaca non presentasse le caratteristiche essenziali dellIVA era il fatto che (punto 24) le tasse non vengonoripercosse sul consumatore finale nel modo caratteristico dellIVA. Infatti, sebbene sia lecito supporre che unimpresa che effettua la vendita al consumatore finale terr conto, neldeterminare il suo prezzo, dellimporto della tassa incorporato nelle sue spese generali, nontutte le imprese si trovano nella condizione di poter cos ripercuotere il carico dellimposta, o di poterlo ripercuotere nella sua interezza. 28. Ulteriore elemento preso in considerazione dalla Corte stato il seguente: poichle tasse a favore del turismo vengono calcolate, salvo talune esenzioni, sulla base della cifradaffari complessiva realizzata in un anno, non possibile determinare con precisione limporto della tassa ripercossa sul cliente in occasione di ciascuna vendita o di ciascuna prestazione di servizio, sicch il requisito della proporzionalit di tale importo ai prezzi percepiti dal soggetto dimposta non pi soddisfatto (punto 25). 29. A conclusione stata pertanto che le tasse a favore del turismo non costituiscono unimposta sul consumo il cui onere incomba sul consumatore finale del prodotto, benstasse sullattivit delle imprese interessate dal turismo (punto 26). 30. Orbene, anche per lIRAP valgono le medesime considerazioni, a causa in particolare: a) dellassenza di un meccanismo di detrazione analogo a quello dellIVA; b) della mancata traslazione dellonere sul consumatore finale, alla quale non pu essere assimilata la semplice possibilit che il prezzo finale possa venire in qualche modo influenzatodallIRAP versata dal soggetto passivo, al pari di qualsiasi altro costo o onere di produzione; c) della base imponibile che non costituita dalle singole operazioni (cessioni di beni o prestazioni di servizi), bens dalla ricchezza prodotta su base annuale e calcolata come differenza tra ricavi e costi in modo analogo alle imposizioni sui redditi dimpresa. 31. In conclusione il Governo italiano suggerisce alla Corte di rispondere al quesitoformulato dalla Commissione Tributaria Provinciale di Cremona nel seguente modo lart. 33 della direttiva 77/388 (cos come modificato dalla direttiva 91/680/CEE) non osta ad unatassa avente le caratteristiche dellIRAP e che si applica sul valore della produzione di unaattivit autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovveroalla prestazione di servizi. Roma, 16 marzo 2004 Avvocato dello Stato Gianni De Bellis RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Corte di Giustizia delle Comunit Europee Causa C-475/03 Udienza 16 novembre 2004 Intervento orale del Governo italiano. Signor Presidente, signori Giudici, signor Avvocato Generale. Chiedo scusa se per la prima volta, a nome del Governo italiano, ho chiesto di parlareper 30 minuti. Ci si reso necessario per due ragioni fondamentali. In primo luogo per limportanzaeconomica della vicenda. LIRAP unimposta che d un gettito considerevole (oltre 31miliardi di euro solo nel 2003) che serve a finanziare le spese delle regioni italiane. In secondo luogo per la posizione che ha assunto la Commissione. Non ho difficolt ad ammettere di essere rimasto sconcertato nel leggere le osservazioni della Commissione, secondo cui larticolo 33 della direttiva IVA osta allintroduzione e al mantenimento di unimposta avente le caratteristiche dellIRAP italiana. Sappiamocome purtroppo la procedura del rinvio pregiudiziale sia tale per cui si viene a conoscenzadella posizione espressa dalla Commissione (posizione di innegabile rilievo), soltanto a fasescritta ormai esaurita. Lunica possibilit di replica pertanto rimessa alla discussione orale. Dicevo della meraviglia, oltre che della preoccupazione, che nel Governo italiano haprovocato la posizione della Commissione, e ci per il fatto che la stessa Commissioneaveva affermato esattamente il contrario. Prima di introdurre lIRAP infatti, il governo invi alla Commissione il progetto dellanuova imposta (il cui nome era inizialmente previsto in IREP, poi modificato nella stesuradefinitiva in IRAP), i cui elementi essenziali erano gi contenuti nella legge di delega algoverno n. 662/1996 allarticolo 3 comma 144. Con questa lettera del 10 marzo 1997 il Direttore Generale della 21^ DirezioneGenerale Dogane e Imposte Indirette cos rispondeva al governo italiano: Per quanto concerne pi in particolare lIREP, dopo attento esame della documentazione fornita, possoaffermare che, allo stato, il progetto di questa nuova imposta non appare incompatibile conla legislazione vigente in materia di imposta sul valore aggiunto. Resta inteso che mi riservo la facolt di riesaminarlo alla luce delle eventuali modifiche e/o delle disposizioni dattuazione che saranno emanate. LIRAP divenne legge dello Stato italiano (senza modifiche sostanziali rispetto al progetto) con il decreto 446/1997 e mai pi la Commissione formul alcun rilievo, fino al 9marzo 2004, dove nelle osservazioni depositate in questa causa la Commissione viene perla prima volta a sostenere lesatto contrario di ci che aveva assicurato allItalia, e lo farichiamando soprattutto una sentenza della Corte (Denkavit del 31 marzo 1992) ben conosciuta gi allepoca del parere favorevole reso nel 1997. Ci saremmo aspettati che nelle sue osservazioni la Commissione spiegasse quantomeno il motivo di un cos radicale cambiamento di opinione. Invece non cՏ neanche un accenno al parere del 1997. Ma veniamo al merito della questione, consapevoli che solo alla Corte che spetta distatuire sulla corretta interpretazione della normativa comunitaria, in ci non vincolata inalcun modo alle posizioni della Commissione. Credo che un sereno esame della giurisprudenza consente di affermare che fra tutte leimposte nazionali che sono state portate allesame della Corte per valutarne la compatibilit con larticolo 33 della direttiva, lIRAP sia in assoluto quella che pi si differenziadallIVA, in quanto non possiede nessuna delle caratteristiche essenziali di questa imposta IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE che avete costantemente indicato nelle vostre decisioni, e da ultimo nella sentenza 29 aprile 2004 in causa C-308/01. Al punto 34 di tale pronuncia si ribadisce che larticolo 33 della sesta direttiva non osta al mantenimento o allintroduzione di unimposta che non presenta una caratteristicaessenziale dellIVA . Ci vuol dire che se manca anche una sola delle 4 caratteristiche essenziali, non sussiste incompatibilit. Ed allora andiamo ad analizzare le 4 caratteristiche, che sinteticamente sono: generalit, proporzionalit, applicazione sul valore aggiunto e riscossione in ogni fase della produzione e distribuzione. GENERALIT 1) LIRAP si applica in modo generale alle operazioni aventi ad oggetto beni e servizi? La Commissione al punto 26 delle sue osservazioni sostiene di s, affermando chelIRAP ha vocazione a gravare il complesso di tutte le operazioni commerciali, cio leoperazioni effettuate dietro remunerazione, aventi ad oggetto beni o servizi. Al punto 34 la Commissione afferma ancora che il valore della produzione netta coincide con il complesso dei corrispettivi ricevuti dal soggetto passivo, come per lIVA. Non esatto: lIRAP grava non sulle operazioni (cessioni o prestazioni), bens sulla produzione. Se unimpresa produce 1000 automobili e non le vende, non paga IVA ma paga invecelIRAP, perch sono state prodotte, in quanto limposta, come ha precisato la CorteCostituzionale nella sentenza 156/2001 richiamata dalla Commissione, colpisce la nuova ricchezza creata da ogni singola unit produttiva che viene, mediante lIRAP, assoggettata ad imposizione ancor prima che sia distribuita al fine di remunerare i diversi fattori della produzione, trasformandosi in reddito per lorganizzatore dellattivit, i suoi finanziatori, isuoi dipendenti e collaboratori; lIVA viene invece a colpire le successive singole operazioni di trasferimento. Se non cՏ cessione, non cՏ IVA da pagare. Se cՏ produzione ma non cessione, si pagalIRAP ma non lIVA. Se poi per generalit si intende che il tributo applicato a tutti i soggetti che svolgonoattivit economiche (ed anzi oltre, visto che si applica anche a tutti gli enti pubblici ed anchead altri soggetti che non esercitano attivit commerciali) non abbiamo difficolt ad ammettere che s, unimposta generale (ma non nel senso previsto dallarticolo 33), ma semmaicome le imposte dirette. PROPORZIONALIT AL PREZZO DEI BENI E SERVIZI. 2) Anche tale requisito del tutto mancante. Il solo fatto che vi sia unaliquota unicanon ovviamente rilevante. Anche le imposte sui redditi delle societ hanno in genere ununica aliquota. Ricordiamo che nella sentenza 8 giugno 1999 in causa C-338/97 ed altre riunite, codesta Corte si pronunciata in ordine ad una tassa sul turismo applicata (in Austria) sullamedesima base imponibile relativa alla tassa sulla cifra di affari. Uno dei motivi per i quali si ritenuto che limposta austriaca non presentasse le caratteristiche essenziali dellIVA era il fatto che (leggo il punto 24 della sentenza) le tasse non vengono ripercosse sul consumatore finale nel modo caratteristico dellIVA. Infatti, sebbene sia lecito supporre che unimpresa che effettua la vendita al consumatore finale terr RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO conto, nel determinare il suo prezzo, dellimporto della tassa incorporato nelle sue spesegenerali, non tutte le imprese si trovano nella condizione di poter cos ripercuotere il carico dellimposta, o di poterlo ripercuotere nella sua interezza. Ulteriore elemento preso in considerazione dalla Corte (al punto 25) stato il fatto chela tassa austriaca veniva calcolata sulla base della cifra daffari complessiva realizzata inun anno, per cui non possibile determinare con precisione limporto della tassa ripercossa sul cliente in occasione di ciascuna vendita o di ciascuna prestazione di servizio, sicchil requisito della proporzionalit di tale importo ai prezzi percepiti dal soggetto dimpostanon pi soddisfatto. La conclusione stata pertanto che le tasse a favore del turismo non costituiscono unimposta sul consumo il cui onere incomba sul consumatore finale del prodotto, benstasse sullattivit delle imprese interessate dal turismo . Queste considerazioni non solo si attagliano perfettamente allIRAP, ma limposta italiana ha ancora ulteriori rilevanti differenze. Non vero, come vorrebbe far credere la Commissione, che lIRAP grava sullasomma delle operazioni IVA attive detratte le operazioni IVA passive. Intanto, come riconosce la stessa Commissione, si deve parlare non di base imponibile ma di diverse basi imponibili per diverse categorie di contribuenti. Ma anche volendo restare alla disciplina della categoria pi ampia, nella base imponibile dellIRAP troviamo dal lato attivo oltre ai ricavi delle vendite e delle prestazioni altre 4 voci (le variazioni delle rimanenze, anche se invendute; le variazioni dei lavori in corso suordinazione eccetera); dal lato passivo oltre ai costi per materie prime e servizi altre diverse voci (oneri sociali, ammortamenti e svalutazioni delle immobilizzazioni eccetera), analogamente a quanto accade per le imposte dirette. Se prendiamo due societ con lo stesso volume di acquisti e di vendite e gli stessiutili, lIRAP da versare pu risultare molto diversa, e cio maggiore per chi ha pi forzalavoro (non deducibile), minore per chi ha pi impianti nuovi (i cui ammortamenti sonodeducibili). Come pu allora la Commissione affermare che i costi della produzione deducibili dairicavi sono costituiti essenzialmente dalle spese sostenute dal soggetto passivo per lacquisto di beni e di servizi?. da questa erronea affermazione che la Commissione arriva poi a sostenere chelIRAP avrebbe un meccanismo di detrazione base da base, il che confermerebbe che viene a gravare sul valore aggiunto come lIVA (e siamo al terzo requisito). 3) Anche ci inesatto in quanto il concetto di valore aggiunto ai fini IRAP totalmente diverso; si tratta del valore della produzione netta che coincide con la remunerazione deifattori produttivi. Ed infatti, fermo restando che lIVA si applica su ciascuna operazione mentre lIRAPgrava sul risultato economico dellattivit svolta, la Commissione omette di considerare che mentre lIVA consente la totale detraibilit dellimposta assolta per gli investimenti, lIRAP consente solo la deduzione delle quote dammortamento (come per leimposte dirette); mentre lIVA d rilievo al momento in cui si verifica loperazione, lIRAP consideracosti e ricavi di competenza (con la variazione delle scorte, come le imposte sui redditi); a differenza dellIVA lIRAP non conosce il meccanismo della detrazione dellimposta sugli acquisti che garantisce la neutralit dellimposta per il produttore e consente di IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE mantenere invariato il carico fiscale indipendentemente dal numero di passaggi per poi gravare solo sul consumatore finale. Se la base imponibile, cio il valore della produzione netta ricavabile dal bilancio finale, negativa, non si pagher alcuna imposta ma non si avr diritto a rimborsi. 4) Anche lultimo requisito, riscossione in ogni fase del procedimento di produzione e di distribuzione pu ritenersi non sussistente, in quanto lIRAP si paga ogni anno solo sulvalore di ci che si prodotto, indipendentemente dal fatto che sia venduto o esportato. In conclusione, siamo in presenza di due imposte totalmente diverse, in quanto lIRAP unimposta diretta e non indiretta come lIVA; ed infatti: lIVA unimposta sui consumi che segue il criterio della destinazione, esenta le esportazioni e tassa le importazioni. LIRAP, invece, segue il criterio dellorigine e tassa il valore aggiunto prodotto nelterritorio nazionale, indipendentemente dalla destinazione: quindi include nella base imponibile anche la produzione rivolta allesportazione. La base imponibile dellIRAP costituita dalla differenza tra il valore della produzione e i costi intermedi. calcolata come le imposte dirette sui dati contenuti nel bilancio annuale con le variazioni previste per tali imposte. Si tratta quindi di una valutazione di competenza (e non di cassa) che tiene contodella variazione delle scorte (sia di materie prime che di prodotti finiti) e di eventuali rettifiche del loro valore. LIRAP calcolata e dichiarata una volta allanno, al pari delle imposte dirette sui risultati dellanno precedente. La dichiarazione avviene con la stessa modulistica delleimposte dirette. Il versamento avviene contestualmente alle imposte dirette. Laccertamento e il contenzioso seguono le stesse regole delle imposte dirette. Il presupposto dellIRAP costituito dallo svolgimento di attivit produttive sul territorio regionale, comprese le attivit che non sono dirette allo scambio sul mercato; sonoinfatti soggetti passivi anche gli enti non commerciali e le amministrazioni pubbliche, la cuibase imponibile data dalla remunerazione del lavoro. Ma a questo punto occorre chiedersi come abbia potuto la Commissione pervenire alleconclusioni assunte in questa causa. Leggendo le sue osservazioni, notiamo in primo luogo che la Commissione fonda lasua tesi quasi esclusivamente sulla sentenza Denkavit del 1992. A tale riguardo vogliamo solo ricordare che, come risulta dalla relazione dudienzapubblicata nella raccolta, il tributo danese dichiarato in contrasto con lart. 33 era totalmente diverso dallIRAP ed invece molto simile allIVA; esso infatti aveva le seguenti caratteristiche: a) si applicava su tutte le cessioni di beni e prestazioni di servizi soggette ad IVA nonch ad altre operazioni esenti; b) la base imponibile era identica a quella adottata per lIVA; c) se il valore degli acquisti superava quello delle vendite, spettava il rimborso sulla differenza (come per lIVA); d) il contributo era liquidato con criteri analoghi allIVA e lAmmini-strazione lo liquidava sulla base della dichiarazione IVA; e) il Governo danese istitu il tributo in alternativa ad un aumento del-lIVA e la Commissione ne contest da subito la natura con una peocedura di infrazione. Orbene, nessuna di queste caratteristiche si rinviene nellIRAP. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Cosaltro necessario per dimostrare che lIRAP pi affine ad unimposta sui redditi piuttosto che ad unimposta sui consumi qual lIVA? Nella Convenzione multilaterale 90/436/CEE relativa alla eliminazione delle doppieimposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate (la cui modifica a seguito del- lingresso dei nuovi paesi nellUnione in corso di sottoscrizione, lIRAP venuta a sostituire lILOR (cio lImposta Locale sui redditi). In questa recente pubblicazione della Commissione del 2004 sui sistemi di tassazione nellUnione Europea, alla pagina 116 lIRAP viene indicata come tassa sul reddito societario. In ben 20 convenzioni bilaterali tra lItalia ed altrettanti Stati lIRAP stata considerata come imposta sul reddito. Credo che la Commissione non si sia resa conto delle assurde conseguenze che potrebbero derivare dalle sue ardite tesi. Anche la pi classica delle imposte sul reddito ha il carattere della generalit, si applica su una base imponibile al cui attivo ci sono essenzialmente i ricavi ed al passivo gli oneriper gli acquisti di beni e servizi. Anche le imposte sui redditi si scaricano sui consumatori a valle (nel senso inteso dallaCommissione), ma non come lIVA che invece deve gravare sul consumatore finale. Dobbiamo allora attenderci una raffica di procedure di infrazione? Linterpretazione che la Commissione d dellarticolo 33 praticamente nel sensoche sulle attivit economiche non pu gravare altra imposta allinfuori dellIVA. Ma non questo che risulta dal testo della norma, n era certamente questa lintenzione del legislatore. Nonostante confidi in una pronuncia della Corte che escluda ogni incompatibilitdellIRAP con la direttiva IVA, il Governo italiano non pu fare a meno di formulare una richiesta subordinata di limitazione degli effetti della pronuncia, per lipotesi in cui lIRAP dovesseessere ritenuta vietata dallart. 33. Non vՏ dubbio infatti che sussistono entrambi i requisiti che la Corte ritiene indispensabili per accogliere una simile richiesta. Un danno gravissimo per il bilancio dello Stato La legge italiana sulla ripetizione delle imposte indebitamente versate (articolo 38 del d.P.R. n. 602/73) consente di ottenere il rimborso di quanto pagato negli ultimi 4 anni. Il gettito dal 2000 al 2003 superiore ai 120 miliardi di euro. Questa la somma che lo Stato dovrebbe restituire ai contribuenti. Laffidamento sulla legittimit dellimposta Ricordo che proprio nella causa del contributo danese la Corte neg la limitazionedegli effetti della sentenza, anche perch la Commissione aveva da subito segnalato alGoverno lanomalia dellimposta che aveva approvato. Nel nostro caso non solo non vi stata in sette anni alcuna segnalazione, ma addirittura vi stato un assenso alla introduzione dellIRAP con il parere favorevole dellaCommissione nel 1997 sul progetto della nuova imposta. Inoltre, a quel che mi risulta, la prima volta che la Corte chiamata a pronunciarsisulla compatibilit con larticolo 33 con unimposta diretta. Ma confidiamo che non vi sia la necessit per la Corte di tali valutazioni. Grazie. Lussemburgo, 16 novembre 2004 Avvocato dello Stato Gianni De Bellis IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Conclusioni dellAvvocato Generale Jacobs presentate il 17 marzo 2005 (1). 1. Questa domanda di pronuncia pregiudiziale proveniente dalla CommissioneTributaria Provinciale di Cremona solleva sostanzialmente la questione se unimposta comelIRAP unimposta regionale sulla produzione riscossa in Italia sia compatibile con ildivieto comunitario di imposte sulla cifra daffari diverse dallIVA. Normativa comunitaria rilevante 2. La parte essenziale del sistema armonizzato dellIVA delle Comunit espostoallart. 2 della prima direttiva IVA (2): Il principio del sistema comune di imposta sul valore aggiunto consiste nellapplicare ai beni ed ai servizi unimposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero di transazioni intervenute nel processo diproduzione e di distribuzione antecedente alla fase dellimposizione. A ciascuna transazione, limposta sul valore aggiunto, calcolata sul prezzo del bene odel servizio allaliquota applicabile al suddetto bene o servizio, esigibile, previa deduzione dellammontare dellimposta sul valore aggiunto che ha gravato direttamente sul costodei diversi elementi costitutivi del prezzo. Il sistema comune dimposta sul valore aggiunto applicato fino allo stadio del commercio al minuto incluso. 3. Tale sistema di successive applicazioni e deduzioni dimposta riguarda pertanto unacatena di operazioni in cui limporto netto da pagare in ordine a ciascuna operazione unadeterminata parte proporzionale del valore aggiunto a tale stadio. Quando la catena finisceallo stadio finale del consumo privato, limporto totale riscosso ammonter alla relativaquota proporzionale del prezzo finale. 4. Norme pi dettagliate sono contenute nella sesta direttiva IVA (3). 5. Ai sensi dellart. 2 della sesta direttiva, una cessione di beni o una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo che agisce in quanto tale soggettaallIVA. 6. Il soggetto passivo definito allart. 4, n. 1, come chi esercita unattivit economica, indipendentemente dal suo scopo o dai suoi risultati. Le attivit economiche sono, aisensi dellart. 4, n. 2, tutte le attivit di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi , unitamente allo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilit. Ai sensi dellart. 4, n. 5, tuttavia: Gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attivit od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorit, anchequando, in relazione a tali attivit od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi oretribuzioni. 7. Il capo X della sesta direttiva prevede che un certo numero di operazioni sia esentato dallIVA. Lart. 13 elenca le esenzioni che si applicano allinterno del paese essenzial( 1) Lingua originale: linglese. (2) Prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE. (3) Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazionedelle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra daffari Sistema comune diimposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la sesta direttiva ). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO mente alcune attivit di interesse pubblico, alcune operazioni di assicurazione e finanziarie(compresa la gestione di fondi di investimento speciali) e talune operazioni connesse allapropriet immobiliare mentre gli artt. 14-16 elencano le esenzioni nel commercio internazionale. Lart. 28 quater (4), nel capo XVI bis, relativo al regime transitorio degli scambitra Stati membri, modifica lart. 16 cos da includere il commercio intracomunitario eaggiunge un piccolo numero di altre esenzioni in tale contesto. 8. Gli elementi essenziali del diritto a deduzione sono stabiliti allart. 17. Lart. 17, n. 2, recita: Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggettead imposta, il soggetto passivo autorizzato a dedurre dallimposta di cui debitore: a) limposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo .. Ai sensidellart. 17, n. 3, lett. b), le esportazioni dalla Comunit, che sono esentate ai sensi del- lart. 15, danno luogo ad un diritto di dedurre limposta a monte, a differenza delle operazioni interne esenti. 9. Infine, lart. 33, n. 1, della sesta direttiva (5) dispone: Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, in particolare quelle previste dalle vigenti disposizioni comunitarie relative al regime generale per la detenzione, la circolazione e icontrolli dei prodotti soggetti ad accise, le disposizioni della presente direttiva non vietanoad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte sui contratti di assicurazione, imposte sui giochi e sulle scommesse, accise, imposte di registro e, pi in generale, qualsiasiimposta, diritto e tassa che non abbia il carattere di imposta sulla cifra daffari, semprechtuttavia tale imposta, diritto e tassa non dia luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalit connesse con il passaggio di una frontiera. 10. Secondo la consolidata giurisprudenza della Corte, tale disposizione vieta agli Statimembri di introdurre o mantenere imposte, diritti e tasse che abbiano il carattere di impostesulla cifra daffari (6). Essa cerca di impedire che il funzionamento del sistema comunedellIVA sia messo in pericolo da provvedimenti fiscali di uno Stato membro che gravanosulla circolazione dei beni e dei servizi e colpiscono i negozi commerciali in modo analogoallIVA (7). chiaro che il sistema comune sarebbe messo in pericolo se unimposta sostanzialmente analoga allIVA dovesse essere applicata da uno Stato membro ma dovesse sfuggire allarmonizzazione considerata necessaria per il mercato interno. 11. Imposte, diritti e tasse debbono in ogni caso essere considerati come provvedimentidel genere se presentano le caratteristiche essenziali dellIVA anche se non sono identiciallIVA in tutto e per tutto. Tali caratteristiche sono definite dalla giurisprudenza della Corte neiseguenti termini: lIVA si applica in via generale alle operazioni aventi ad oggetto beni o servizi; essa proporzionale al prezzo di tali beni o servizi, a prescindere dal numero di operazio( 4) Introdotto dalla direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE, che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva 77/388/CEE (GU L 376, pag. 1). (5) Come modificato dallart. 1, punto 23), della direttiva del Consiglio 91/680/CEE, cit. allanota 4. (6) V., pi di recente, sentenza 29 aprile 2004, causa C-308/01, punto 31, e la giurisprudenza ivicitata. (7) V. sentenza 9 marzo 2000, causa C-437/97, EKW (Racc. pag. I-1157, punto 20) e giurisprudenza ivi citata. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE ni effettuate; essa viene riscossa in ciascuna fase del processo di produzione e di distribuzione; infine, essa si applica sul valore aggiunto dei beni e dei servizi, in quanto limposta dovuta inoccasione di unoperazione viene calcolata previa deduzione dellimposta versata allatto dellaprecedente operazione. Lart. 33, n. 1, daltra parte non impedisce il mantenimento o lintroduzione di unimposta che non presenti una delle caratteristiche essenziali dellIVA (8). Normativa nazionale rilevante 12. Con decreto legislativo 15 dicembre 1997 (9), la Repubblica italiana ha introdottounimposta limposta regionale sulle attivit produttive, nota come IRAP fornendo alleautorit regionali una fonte di entrate per basare lesercizio dei poteri loro devoluti. 13. Le norme che disciplinano la riscossione dellIRAP sono complesse, con molti rinvii ad altre normative. Non le esporr in dettaglio in questa sede. Tuttavia risulta pacificoche le caratteristiche essenziali sono le seguenti. 14. Ai sensi degli artt. 2 e 3 del decreto legislativo, lIRAP riscossa presso coloro cheesercitano abitualmente unattivit autonomamente organizzata diretta alla produzione oallo scambio di beni ovvero alla prestazioni di servizi. Moltissime persone fisiche e giuridiche, compresi Stato, enti pubblici e amministrazioni dello Stato, sono soggetti passivi del- limposta, ma taluni fondi comuni dinvestimento, taluni fondi pensione e taluni gruppi economici di interesse europeo sono esenti. 15. Lart. 4, n. 1, definisce la base imponibile come il valore della produzione netta derivante dallattivit esercitata nel territorio della regione. Il preciso metodo per determinare talevalore varia alquanto a seconda della categoria di contribuente, ma come principio base perle imprese commerciali esso corrisponde alla differenza risultante nel conto profitti e perditetra, da un lato, la somma dei proventi dellattivit, non compresi gli introiti da operazionifinanziarie eccezionali, e, dallaltro, i costi di produzione non comprese le spese per il personale o le spese finanziarie. Per le pubbliche autorit e le imprese private a carattere non commerciale, la base dellimposta essenzialmente lammontare delle retribuzioni. 16. In conformit dellart. 16, laliquota base dellimposta del 4,25% del valore dellaproduzione netta cos definito, aliquota che raddoppiata nel caso di talune pubblicheamministrazioni e che pu essere variata dallautorit regionale fino ad un massimo di unpunto percentuale nelluno o nellaltro modo. La domanda di pronuncia pregiudiziale 17. Nel 1999, la Banca Popolare di Cremona (in prosieguo: la Banca Popolare) hachiesto il rimborso di varie somme da essa versate a titolo di IRAP in tale anno e nellanno precedente, sostenendo che limposta era illegittima in quanto, tra laltro, incompatibile conlart. 33 della sesta direttiva. 18. La validit dellIRAP era altres contestata in vari altri giudizi in Italia in base allapretesa incompatibilit con una serie di norme della Costituzione italiana. Il 10 maggio2001, in una sentenza (10) sulla quale sia il giudice del rinvio sia tutti coloro che hanno pre( 8) V. sentenze GIL Insurance, cit. alla nota 6, punti 32-34, EKW, cit. supra, punti 21-23, e lagiurisprudenza citata nelle due sentenze. (9) Pubblicato in GURI n. 298 del 23 dicembre 1997; in prosieguo: il decreto legislativo, da allora modificato. (10) Sentenza 156/2001. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO sentato osservazioni hanno attirato lattenzione della Corte, la Corte costituzionale hadichiarato che tali contestazioni erano infondate. 19. Le autorit fiscali hanno successivamente rifiutato di rimborsare le somme reclamate dalla Banca Popolare, che ha impugnato tale rifiuto dinanzi alla Commissione tributaria provinciale. 20. Il giudice nazionale considera che: come lIVA, lIRAP si applica in modo generalizzato a tutte le operazioni commerciali relative alla produzione o allo scambio di beni, o alla prestazioni di servizi, nel contesto di un commercio o di unattivit professionale. come nel caso dellIVA, la base sulla quale lIRAP riscossa il valore netto aggiunto dal contribuente, anche se il metodo di calcolo diverso: mentre per lIVA limposta amonte viene dedotta dallimposta a valle, per lIRAP i costi sono dedotti dai ricavi; come lIVA, lIRAP riscossa in ciascuna fase del processo di produzione o di distribuzione, dato che ogni operatore che produce valore aggiunto imponibile tenuto al pagamento dellimposta; come nel caso dellIVA, la somma delle IRAP riscosse nelle varie fasi fino al consumo finale pari allaliquota IRAP applicata al prezzo praticato nei confronti del consumatore finale, di modo che essa corrisponde ad unimposta generale e proporzionale sul prezzo al quale i beni o servizi sono ceduti al consumatore. 21. Esaminando queste considerazioni alla luce della giurisprudenza della Corte sul- lart. 33 della sesta direttiva, la Commissione tributaria esprime il punto di vista secondo cuilIRAP presenta le caratteristiche sostanziali dellIVA, di modo che essa appare incompatibile con il diritto comunitario e dovrebbe pertanto essere disapplicata dai giudici nazionali. 22. Tuttavia, alla luce della novit della questione e della mancanza di una specificagiurisprudenza, essa ha deciso innanzi tutto di chiedere una pronuncia della Corte di giustizia sulla seguente questione pregiudiziale: se lart. 33 della direttiva 77/388/CEE (cos come modificato dalla direttiva91/380/CEE) debba essere interpretato nel senso che esso vieti di assoggettare ad IRAP ilvalore della produzione netta derivante dallesercizio abituale di unattivit autonomamenteorganizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi. 23. Hanno presentato osservazioni scritte la Banca Popolare, il governo italiano e laCommissione e hanno poi partecipato tutti alla trattazione orale alludienza. La BancaPopolare e la Commissione asseriscono che lart. 33 vieta unimposta avente le caratteristiche dellIRAP, mentre il governo italiano sostiene che tali caratteristiche sono sufficientemente diverse da quelle dellIVA perch la stessa imposta non rientri in tale divieto. Valutazione 24. pacifico che per essere colpita dal divieto di cui allart. 33 della sesta direttiva, unimposta nazionale deve presentare tutte le caratteristiche essenziali dellIVA che, secondo la giurisprudenza della Corte, sono nel numero di quattro, strettamente corrispondentialla definizione contenuta allart. 2 della prima direttiva: si applica in modo generale alle cessioni di beni o di servizi; proporzionale al prezzo di tali beni o servizi, qualunque sia il numero di operazioni intervenute; applicata ad ogni fase del processo di produzione e di distribuzione; e grava sul valore aggiunto ai beni e/o ai servizi di cui trattasi. 25.La presenza di tutte le quattro caratteristiche essenziali dellIVA pertanto condizione tanto necessaria quanto sufficiente perch unimposta sia vietata ai sensi dellart. 33 IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE della sesta direttiva. Tuttavia parimenti pacifico che unimposta non sfugge al divieto semplicemente perch non identica allIVA sotto tutti i profili (11). 26. perci necessario considerare le quattro caratteristiche una alla volta, e valutarese lIRAP le presenta almeno in forma sostanzialmente identica. Ritengo pi chiaro esaminare tali caratteristiche nellordine seguito dal giudice del rinvio, che leggermente diversoda quello spesso seguito nella giurisprudenza (12). Inizier quindi esaminando la questionese lIRAP si applichi in modo generalizzato, poi se essa sia riscossa sul valore aggiunto allecessioni, quindi se essa si applichi a tutte le fasi ed infine se sia proporzionale al valoreaggiunto, a prescindere dal numero di operazioni. 27. Chiaramente, solo i giudici italiani sono competenti a determinare le precise caratteristiche dellIRAP, il che comporta questioni alquanto dettagliate di diritto nazionale. Tuttavia, sulla base delle descrizioni fornite dal giudice a quo nellordinanza di rinvio e dallaCorte costituzionale nella sua sentenza (13), codesta Corte a mio parere in grado di valutare se unimposta del tipo descritto presenti le caratteristiche essenziali dellIVA. Applicazione in modo generalizzato alle cessioni di beni e di servizi 28. La Commissione tributaria afferma che dallart. 2 del decreto legislativo consegueche lIRAP si applica, in modo generalizzato, a tutte le operazioni commerciali di produzione o di scambio aventi ad oggetto beni e servizi e derivanti dallesercizio in modo abituale di unattivit volta a tale fine, vale a dire nellesercizio di imprese o di arti e professioni . Come sottolineato sia dalla Banca Popolare sia dalla Commissione, ci significa ungrado di applicazione del tutto generale per lIRAP. 29. La Corte ha ritenuto che unimposta non si applichi in modo generalizzato quandoesse si applica solo a limitate categorie di cessioni di beni o di servizi (14) o a specifichecategorie di soggetti passivi (15). Tuttavia, essa presenta ancora tale essenziale caratteristica dellIVA se si applica sia per attivit commerciali soggette allIVA sia ad altri tipi di prestazioni industriali o commerciali non soggette ad IVA (16). 30. Mi sembra che lIRAP presenti la caratteristica di cui trattasi. Infatti le disposizioni degli artt. 2 e 3 del decreto legislativo, che definiscono le attivit che danno luogo adimposizione e i soggetti passivi, sono per la verit sostanzialmente molto simili a quelle del- lart. 4, nn. 1 e 2, della sesta direttiva. 31. Nessuna categoria di beni o di servizi appare esclusa in quanto tale. Alcune categorie di contribuenti sono escluse ma le esclusioni sono limitate quanto al numero ed alla por( 11) V. la giurisprudenza cit. supra, alle note 6 e 7. (12) V. supra, paragrafi 11, 20 e 24. (13) V. supra, paragrafo 18. (14) Sentenze 13 luglio 1989, cause riunite 93/88 e 94/88, Wisselink (Racc. pag. 2671, punto 20), 19 marzo 1991, causa C-109/90, Giant (Racc. pag. I-1385, punto 14), 16 dicembre 1992, causa C208/ 91, Beaulande (Racc. pag. 6709, punto 16), 17 settembre 1997, causa C-347/95, UCAL (Racc. pag. I-4911, punto 36), 17 settembre 1997, causa C-28/96, Fricarnes (Racc. pag. I-4939, punto 40), 17settembre 1997, causa C-130/96, Solisnor-Estaleiros Navais (Racc. pag. I-5053, punto 17), EKW, cit. alla nota 7, punto 24, 19 settembre 2002, causa C-101/00, Tulliasamies (Racc. pag. I-7487, punto 101), GIL Insurance, cit. alla nota 6, punto 33. (15) Sentenza 7 maggio 1992, causa C-347/90, Bozzi (Racc. pag I-2947, punto 14). (16) Sentenza 31 marzo 1992, causa C-200/90, Dansk Denkavit (Racc. pag. 2217, punto 15). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO tata e sembrano coincidere sostanzialmente con talune esenzioni a norma della sesta direttiva o con lesclusione di talune operazioni che ricadono interamente fuori dallambito diapplicazione dellIVA. Sia nelle sue osservazioni scritte sia alludienza la Banca Popolareha affermato, senza essere contraddetta, che tutti gli operatori titolari di partita IVA sonosoggetti allIRAP. 32. Anche alludienza, tuttavia, il governo italiano ha sostenuto che bench lIRAPpossa essere descritta come imposta applicabile in modo generalizzato, essa non applicabile alle cessioni di beni o servizi; essa si applica a ricchezza creata e non a cessioni effettuate, di modo che ad esempio unimpresa che in un determinato periodo dimposta produce 1000 autoveicoli ma non li vende pagher lIRAP ma non lIVA in tale periodo dimposta. Pertanto lIRAP, a differenza dellIVA, in ogni caso unimposta diretta e non indiretta. Il governo italiano fa altres riferimento a talune convenzioni comunitarie e a documenti della Commissione che classificano lIRAP come unimposta diretta. La Banca Popolareha energicamente contestato lasserzione secondo cui lIRAP era riscossa su beni prodottima non ancora venduti. 33. Codesta Corte non competente a determinare lo stadio in cui lIRAP riscossa. Tuttavia, non ritengo che la tesi del governo italiano incida sulla qualificazione dellIRAPcome imposta applicabile in modo generalizzato alle cessioni di beni e di servizi. 34. La classificazione delle imposte in dirette e indirette non sempre agevole oaddirittura, a molti fini, rilevante. Nella fattispecie, la questione non quella di stabilire selIRAP debba essere qualificata come imposta diretta o indiretta, ma se essa abbia le stessecaratteristiche sostanziali dellIVA. 35. Tuttavia, una distinzione comunemente accettata tra imposizione diretta e indiretta che la prima grava su una ricchezza o su un reddito a disposizione di una stessa persona(fisica o giuridica), senza alcuna possibilit di traslazione ad unaltra persona, mentre laseconda riscossa su spese o consumi e il suo onere pu essere e di fatto normalmente trasferito sul consumatore finale e da esso sopportato. Alle luce di ci mi sembra che ilmeccanismo descritto dal governo italiano sia quello di unimposta indiretta, il cui oneresar sostanzialmente sopportato dal consumatore finale. 36. La Corte costituzionale nella sua sentenza afferma che lIRAP non colpisce il reddito personale del contribuente bens il valore aggiunto prodotto dalle attivit autonomamente organizzate. Respingendo taluni argomenti nel senso che limposta era riscossa suuna mera potenzialit di capacit contributiva, essa afferma che la base sulla quale lIRAP calcolata il valore aggiunto prodotto dalle attivit autonomamente organizzate (17). 37. Pertanto, se lIRAP pu essere riscossa in un momento precedente alla cessioneeffettiva dei beni, ci non le impedisce di gravare sulla successiva cessione come se essafosse stata riscossa a quel momento, con un risultato esattamente equivalente a quellodellIVA. 38. Daltra parte, sembra che lIRAP possa essere sotto parecchi profili persino diapplicazione pi generale rispetto allIVA. Chiaramente, lo Stato e le autorit regionali adesempio non sono esenti cos come avviene ai sensi dellart. 4, n. 5, della sesta direttiva, elimposta riscossa su esportazioni senza possibilit di rimborso, diversamente dalle fattispecie di cui agli artt. 15 e 17, n. 3, lett. b), della sesta direttiva. (17) V. supra, paragrafo 18, ai punti 6 e 10.1 della parte in diritto della sentenza. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 39. Tuttavia risulta chiaramente dalla sentenza Dansk Denkavit (18) che qualoraunimposta abbia sostanzialmente lo stesso ambito di applicazione dellIVA, il fatto che essasi estenda anche ad altri settori non rientranti nellIVA nulla taglie alla sua somiglianza conquestultima imposta ai fini della sua valutazione ai sensi dellart. 33 della sesta direttiva. Pertanto, solo se il suo ambito di applicazione fosse considerevolmente pi ristrettoallIRAP mancherebbe la caratteristica essenziale dellapplicazione in modo generalizzato. 40. Per giunta consegue da tale principio, da tenere chiaramente presente nel valutarela natura dellimposta in relazione allIVA, che qualora lIRAP si applichi a fattispecie nonrientranti nellambito di applicazione dellIVA, qualsiasi differenza tra la sua base di calcolo in tali fattispecie e la base di calcolo ai fini dellIVA semplicemente irrilevante. Gravante sul valore aggiunto ai beni o servizi forniti 41. pacifico che il metodo di calcolo dellIRAP differisce da quello applicato per lIVA. 42. Il giudice del rinvio afferma: NellIVA la quantificazione e tassazione della frazione o segmento di valore aggiunto (vap) prodottasi presso il singolo produttore avvengono colmeccanismo della detrazione imposta da imposta (limposta a monte, pagata sugli acquisti, sideduce dallimposta a valle, incassata sulle vendite). NellIRAP la frazione calcolata e tassata deducendo a un di presso dal ricavato delle vendite il costo di acquisto del venduto. 43. Tuttavia, esso continua, nei loro risultati i due meccanismi si assomigliano comedue gocce dacqua. 44. In ogni caso, il punto da stabilire se lIRAP gravi sul valore aggiunto ai beni e aiservizi, non se tale valore sia calcolato allo stesso modo rispetto allIVA. Pu inoltre esserericordato che la Corte costituzionale ha dichiarato che lIRAP unimposta sul valoreaggiunto (19). 45. Il valore aggiunto pu essere definito in diversi ma ugualmente validi modi e, comela Corte ha sottolineato, non necessario che unimposta sia identica allIVA sotto tutti gliaspetti perch essa urti contro il divieto contenuto allart. 33 della sesta direttiva. 46. Secondo le informazioni agli atti sembra che la base di calcolo per lIRAP sia essenzialmente la differenza tra i ricavi e i costi (non compresi i salari o taluni costi finanziari) delleattivit produttive del contribuente per un determinato periodo dimposta normalmente, aquanto risulta, un anno civile. Ci pu chiaramente essere considerato come un modo, anche senon il solo, di definire il valore aggiunto dal contribuente ai beni e servizi da lui ceduti. 47. LIVA, daltro canto, in teoria riscossa sullintero valore di ciascuna cessioneimponibile effettuata, mentre il suo ammontare viene ridotto in misura pari a quello dellimposta gi pagata sui componenti il costo di tale cessione (ad esclusione ancora dei salari edi molti costi finanziari, che sono esenti). In pratica, tuttavia, limposta dovuta su tutte lecessioni effettuate in un determinato periodo dimposta fino ad un anno viene cumulata, in quanto limposta pagata su tutti i componenti il costo acquistati durante tale periodo, e lultima dedotta dalla prima (20). (18) Cit. alla nota 16. (19) V. supra, paragrafo 18. (20) V. art. 28 nonies della sesta direttiva, che sostituisce lart. 22 riguardante gli obblighi deisoggetti debitori dellimposta in base al regime interno, in particolare i nn. 4-6 di tale articolo, chechiaramente prevedono un cumulo di dati e calcoli per ciascun periodo dimposta rilevante. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 48. Pertanto in pratica vi poca differenza tra le due imposte, e forse anche meno neirisultati, anche se lIVA concepita come unimposta calcolata su una base operazione peroperazione. Inoltre lesistenza di ci che il giudice del rinvio descrive come minuzie contabili di risibile importanza non pu a mio parere essere sufficiente a superare tale sostanziale analogia se il divieto di altre imposte o tasse aventi la natura dellIVA deve avere davvero qualche efficacia. 49. Infatti, nella sentenza Dansk Denkavit (21), la Corte ha dichiarato in contrasto conlart. 33 della sesta direttiva un tributo che, essa ha rilevato, era riscosso come una percentuale dellimporto totale delle vendite realizzate da ciascuna impresa e dei servizi da essaprestati in un determinato periodo di tempo, detratto limporto degli acquisti di beni e servizi effettuati nel corso dello stesso periodo dalla stessa impresa, descrizione questa di unmeccanismo chiaramente molto vicino a quello con il quale calcolata lIRAP. 50. Il governo italiano segnala tuttavia una distinzione che potrebbe risultare significativa. Poich in base al regime IVA un soggetto passivo pu dedurre limposta a monte nonappena essa sopportata, indipendentemente dallammontare dellimposta a valle dovutanel corso dello stesso periodo dimposta, possono verificarsi e si verificano casi in cui ilpagamento netto in un particolare periodo avviene dallautorit fiscale al soggetto passivoanzich linverso. Con lIRAP ci impossibile: se in un determinato periodo dimposta lespese eccedono i ricavi, limposta semplicemente pari a zero. 51. vero che il diritto di deduzione espressione del principio chiave secondo cuilIVA devessere completamente neutrale per quanto riguarda lonere nei confronti di tuttele attivit economiche imponibili di unimpresa, e in quanto tale una parte essenziale delregime IVA. 52. Tuttavia, il fatto che unaltra imposta non usi tale meccanismo e possa quindi nonavere lo stesso grado di neutralit fiscale non incide sulla questione di stabilire se essa siariscossa sul valore aggiunto dal contribuente. 53. Sotto tale profilo, possiamo nuovamente tracciare unanalogia con la posizioneassunta dalla Corte nella causa Dansk Denkavit (22) e concludere in via generale che unimposta non perde le caratteristiche essenziali dallIVA solo perch il suo ambito di applicazione pi ampio o perch essa ha altre caratteristiche aggiuntive. Ci che importa piuttosto la misura, semmai, in cui pu mancare qualcuna delle caratteristiche essenziali a cui si fatto riferimento. 54. In sintesi, sia lIVA sia lIRAP sono riscosse sul valore aggiunto a beni e a servizi; su tale situazione non incide il fatto che, a differenza dellIVA, lIRAP non viene rimborsata quando, eccezionalmente, il valore perduto anzich aggiunto. comunque nella stessa natura di unattivit economica che tali casi siano marginali. Applicata ad ogni fase del processo di produzione e di distribuzione 55. Anche se la Corte ha fatto riferimento ad unapplicazione ad ogni fase del processo di produzione e di distribuzione, risulta chiaro dallart. 2 della prima direttiva che ciche si intende unapplicazione alla fase di ciascuna operazione in tale processo. Non rientra nella natura di unimposta sulla cifra di affari il fatto di essere applicata in fasi pura( 21) Cit. alla nota 16. (22) V. supra, punti 29 e 39. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE mente interne allattivit commerciale svolta dal soggetto passivo e lIVA non si applica atali fasi. 56. Lart. 2 del decreto legislativo prevede che il criterio per lassoggettamentoallIRAP lesercizio abituale di unattivit autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi, e lart. 4, n. 1, prevede chelimposta si applica sul valore della produzione netta derivante dallattivit esercitata nel territorio della regione interessata. 57. Sotto questo profilo, la Commissione tributaria afferma che lIRAP riscossa inogni fase del processo di produzione o di distribuzione, poich ogni operatore che si inserisce in una fase del ciclo, producendo valore aggiunto tassabile, viene elevato, dalla legge, asoggetto passivo dimposta. 58. LIRAP appare quindi conforme allo stesso modello dellIVA. Essa riscossa sulleimprese di tutti coloro che esercitano unattivit tassabile, cosicch qualora i beni o servizidi unimpresa siano utilizzati da unaltra impresa al fine di procurarsi i propri beni o servizi, e questi ultimi siano a loro volta utilizzati da una terza impresa che effettua cessioni aiconsumatori finali, limposta sar applicata relativamente a ciascuna fase in tale processo. Ancora, lapplicazione globale anzich su una base operazione per operazione ma non puesservi dubbio che essa si applichi a ciascuna fase, fino alla stadio del commercio al minuto incluso, come specificato nella prima direttiva. Proporzionale al prezzo dei beni o servizi, qualunque sia il numero di operazioni 59. Sotto questo profilo il giudice del rinvio rileva che la somma delle IRAP riscossenelle varie fasi del ciclo, dalla produzione alla immissione al consumo, pari allaliquotaIRAP applicata al prezzo di vendita di beni e servizi praticato in sede di immissione al consumo. Nonostante il frazionamento, quindi, lIRAP finisce per agire come unimposta generale e proporzionale sul prezzo di cessione al consumo di beni e servizi. 60. LIRAP riscossa ad una o due aliquote, espresse come una percentuale della baseimponibile, che sono stabilite nel decreto legislativo ma possono essere variate entro certilimiti dalla competente autorit regionale (23). Dato che la base imponibile sostanzialmente il valore aggiunto dal contribuente ai beni o servizi da lui ceduti, essa pertanto proporzionale a tale valore. 61. Tuttavia, il carattere globale dellIRAP consente indubbiamente agli operatori economici un grado di flessibilit maggiore rispetto al caso dellIVA. Essi possono adeguare ilmodo in cui trasferiscono lonere dellimposta ai loro clienti, o possono addirittura scegliere di non trasferire tale onere per nulla. LIVA per contro devessere applicata allaliquotaappropriata a ciascuna singola cessione. 62. Di conseguenza, mentre il regime IVA richiede che lammontare dellimposta siauna quota proporzionale specificata del prezzo applicato a ciascuna cessione di beni o servizi, di modo che almeno a fini contabili esso rimane rigorosamente proporzionale, qualunque sia il numero di transazioni, ci pu non essere letteralmente vero relativamenteallIRAP, il cui ammontare in proporzione al prezzo di una data cessione pu variare notevolmente o pu addirittura essere impossibile da determinare. 63. Non ritengo per che questo punto sia molto importante ai fini della valutazionecomplessiva. (23) V. supra, paragrafo 16. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 64. In primo luogo, per quanto riguarda la realt economica, lonere di unimpostariscossa in ciascuna fase di una catena commerciale sar in genere trasferito lungo la catena stessa. 65. Eccezionalmente e a breve termine, alcuni operatori economici, per varie ragioni, possono aver optato per assorbire lonere dellIRAP senza trasferirlo ai loro clienti, ma alungo termine probabile che il margine di ciascun operatore si adeguer e che lonere verralla fine sopportato alla fine della catena. 66. In secondo luogo, la stessa identica opzione possibile, in termini economici, relativamente allIVA. Vi scarsa differenza, o non vi nessuna differenza di natura pratica o economica, per luna o laltra parte ad unoperazione, tra la situazione in cui un operatore decidedi assorbire lonere di unimposta e quella in cui egli riduce il suo margine di profitto, ovvero, forse pi verosimilmente, ridistribuisce i suoi margini di profitto tra varie categorie di cessioni in risposta a spinte competitive. Inoltre n luna n laltra situazione incide sulla riscossione dellimposta, che rimane in proporzione costante rispetto al prezzo delle cessioni. 67. In tale contesto, la Corte Costituzionale, nella sua sentenza 10 maggio 2001, haconsiderato che lonere economico dellimposta potr essere infatti trasferito sul prezzo deibeni o servizi prodotti, secondo le leggi del mercato, o essere totalmente o parzialmenterecuperato attraverso opportune scelte organizzative. 68. Nella sentenza Careda (24), la Corte ha specificamente stabilito che per avere ilcarattere dimposta sulla cifra di affari ai sensi dellart. 33 della direttiva, il tributo considerato deve poter essere trasferito al consumatore (25), ma che non necessario che la normativa nazionale pertinente preveda espressamente la possibilit di trasferirlo in tal modo, o che tale trasferimento risulti da una fattura o da un documento equipollente. 69. Se uno Stato membro potesse introdurre quella che essenzialmente unimposta sulvalore aggiunto ma sfuggire al divieto di cui allart. 33 della sesta direttiva garantendo chelammontare dellimposta non debba necessariamente rimanere costante come quota proporzionale del prezzo di ogni singola cessione di beni o servizi, tale divieto sarebbe in realt resoinoperante e larmonizzazione richiesta dal mercato interno potrebbe essere elusa (26). Conclusione per quanto riguarda la compatibilit dellIRAP con il diritto comunitario 70. Pertanto giungo alla conclusione che unimposta quale lIRAP presenta le caratteristiche sostanziali dellIVA ed colpita dal divieto sancito allart. 33 della sesta direttiva. 71. Tuttavia, deve anche considerarsi quali effetti concreti questa conclusione comporti. Possibilit di limitazione degli effetti della sentenza nel tempo 72. Secondo una giurisprudenza costante, i singoli hanno il diritto di ottenere il rimborso di tributi nazionali riscossi in violazione del diritto comunitario (27). Risulta che, selIRAP fosse dichiarata incompatibile con il diritto comunitario, in base alle norme procedurali italiane il diritto retroattivo ad un rimborso si estenderebbe per 48 mesi. (24) Sentenza 26 giugno 1997, cause riunite C-370/95, C-371/95 e C-375/95 (Racc. pag. I-3721), punti 15, 18 e 26. (25) Punto 15, il corsivo mio. (26) V. supra, punto 10. (27) Per un recente esempio riferentesi alla precedente giurisprudenza, v. sentenza 11 luglio2002, causa 62/00, Marxs & Spencer (Racc. pag. I-6325, punto 30). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 73. Alludienza, il governo italiano ha asserito che gli importi riscossi e utilizzati perfinanziare le attivit delle autorit regionali nel corso di tale periodo erano superiori a EUR120 miliardi. Alla luce delle gravi conseguenze, esso ha pertanto chiesto che, se lIRAPdovesse essere dichiarata incompatibile con lart. 33 della sesta direttiva, gli effetti dellasentenza nel tempo debbano essere limitati, come ad esempio nella sentenza EKW (28). 74. La Corte ha costantemente affermato che linterpretazione da essa data ad unadisposizione di diritto comunitario chiarisce e definisce il significato e la portata di taledisposizione quale avrebbe dovuto essere intesa e applicata dal momento della sua entratain vigore. 75. Eccezionalmente, tuttavia, tenendo presente lesigenza della certezza del diritto, laCorte pu limitare la possibilit per le parti di far valere linterpretazione contenuta in talesentenza per mettere in discussione rapporti giuridici instaurati in buona fede nel passato. Prima di decidere di imporre tale limitazione, essa verifica che siano soddisfatti due criteriessenziali, e cio che le persone interessate debbono aver agito in buona fede e che deve sussistere un rischio di gravi difficolt (29). 76. Per quanto riguarda la buona fede, la Corte ha tenuto conto in particolare della posizione assunta dalla Commissione in relazione alla normativa dello Stato membro. La Corte ha riconosciuto, ad esempio, che uno Stato membro pu far valere il mancato avvio, da partedella Commissione, di un procedimento per inadempimento nei suoi confronti. Uno Statomembro deve tanto pi aver diritto a far valere lespressa accettazione da parte dellaCommissione della compatibilit della sua normativa con il diritto comunitario. 77. Nel caso di specie, il governo italiano fa valere il fatto che la normativa era statanotificata alla Commissione in forma di progetto (in quella fase limposta era denominata IREP), e che in una risposta del 10 marzo 1997, prodotta dallItalia con altri documentidelludienza, il Direttore generale responsabile per le dogane e le imposte indirette scriveva: Per quanto riguarda lIREP, dopo un attento esame della documentazione fornita, posso informarLa che, nel suo stato attuale, la proposta di questa nuova imposta non appare incompatibile con la normativa applicabile nel settore dellimposta sul valore aggiunto. Ciononostante, mi riservo il diritto di riesaminarla alla luce di eventuali modifiche e/o dellenorme di attuazione da adottare. 78. Alla luce di tale lettera, e dellassenza di qualsiasi successiva reazione critica daparte della Commissione, il governo italiano ritiene che esso potesse legittimamente concludere che limposta non era incompatibile con il diritto comunitario. Lagente dellaCommissione, tuttavia, ha sostenuto alludienza che la lettera conteneva semplicemente unparere provvisorio emesso dai servizi della Commissione e che nessuna posizione definitiva era stata mai assunta dalla Commissione stessa. La cancelleria ha successivamente inviato alla Commissione i documenti prodotti alludienza, per eventuali commenti, ma laCommissione non ha aggiunto nulla su questo punto. 79. Per quanto riguarda il rischio di gravi difficolt, il governo italiano fa valere leenormi somme potenzialmente implicate nei ricorsi per il rimborso di quella che attualmente la principale se non lunica fonte di entrate per le regioni, nonch i catastrofici effetti che laccoglimento di tali ricorsi avrebbe quindi sul finanziamento delle Regioni. (28) Cit. alla nota 7, punti 55-60. (29) V., recentissimamente, sentenza 15 marzo 2005, causa C-209/03, Bidar, punti 66-69. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 80. A mio parere esiste una seria ragione per limitare gli effetti nel tempo di una declaratoria di incompatibilit dellIRAP con il diritto comunitario. Non mi convince la tesi dellaCommissione dellimportanza da accordare alla lettera del 10 marzo 1997; essa era redattain termini inequivocabili e firmata dal competente direttore generale, n stata seguita daulteriori azioni da parte della Commissione. Il rischio di gravi difficolt appare inoltre reale; parafrasando i termini della sentenza EKW (30), unefficacia temporale illimitata potrebbe perturbare retroattivamente il sistema di finanziamento delle Regioni italiane. 81. Tuttavia sorge il problema della data che possa poi essere opportuno porre comelimite a tale efficacia nel tempo. 82. Nella sentenza EKW, secondo la sua costante prassi in casi del genere, la Corte haescluso che possa essere fatta valere la sua sentenza in domande di rimborso di unimpostapagata o esigibile prima della data della presente sentenza, salvo per i richiedenti i quali, prima di tale data, abbiano agito in giudizio o altrimenti contestato limposizione con unimpugnativa equivalente. 83. Tuttavia, successivamente emerso che tutte le autorit regionali interessate in talecausa avevano modificato la loro legislazione tributaria in modo tale da limitare notevolmente la possibilit di successo di una domanda, anche per chi avesse gi intentato unazione giudiziaria. In tutti i casi tali modifiche erano state effettuate dopo la presentazione delle conclusioni per la sentenza EKW e, in tutti i casi salvo uno, prima della pronuncia della sentenza (31). 84. Nella fattispecie, il problema diverso. Risulta dalla stampa italiana che un grannumero di operatori italiani stanno gi chiedendo o sono spinti a chiedere un rimborso disomme pagate a titolo di IRAP, in previsione della pronuncia della Corte in questa causa. 85. Pertanto, alla luce delleffetto delle varie tattiche che sono state o che possonoancore essere adottate in previsione della sentenza della Corte, e del pericolo di gravissimaperturbazione del finanziamento regionale senza alcun probabile beneficio complessivo alungo termine per i contribuenti dato che ad ogni diminuzione nel finanziamento deve presumibilmente ovviarsi con unaltra imposizione potrebbe essere opportuno prendere inconsiderazione un orientamento diverso da quello seguito nella sentenza EKW e in altri casi. 86. Tale orientamento potrebbe ispirarsi a quello frequentemente seguito dalla Cortecostituzionale tedesca: una declaratoria di incompatibilit subordinata ad una data futuraprima della quale i singoli non possono far valere lincompatibilit in qualunque domandanei confronti dello Stato, data scelta al fine di lasciare tempo sufficiente allemanazione diuna nuova normativa. 87. Per codesta Corte muoversi in tal senso sarebbe una notevole innovazione. Tuttavia innovazioni del genere sono state fatte in passato. Vi fu uninnovazione ad esempio nel 1976quando, nella sentenza Defrenne (32), la Corte limit leffetto retroattivo della sua interpretazione di un articolo del Trattato. Vi furono altre innovazioni nel 1980, quando, nella sentenza Providence Agricole de la Champagne (33), la Corte applic il secondo comma di (30) In particolare, punto 59. (31) V. sentenza 2 ottobre 2003, causa C-147/01, Weber/s Wine World (Racc. pag. I-0000, punti 11 e seg.) (32) Sentenza 8 aprile 1976, causa 43/75 (Racc. pag. 455, punti 69-75). (33) Sentenza 15 ottobre 1980, causa 4/79 (Racc. pag. 2823, punti 42-46) e in altre due sentenze pronunciate lo stesso giorno, la sentenza nella causa 109/79, Maseries de Beauce (Racc. pag. 2883, punti 42-46) e quella nella causa 145/79, Roquette Frres (Racc. pag. 2917, punti 50-52). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE quello che attualmente lart. 231 CE per analogia in una pronuncia pregiudiziale, limitando lefficacia retroattiva di una declaratoria di invalidit di determinati regolamenti dellaCommissione, e nuovamente nel 1988, quando, nella sentenza van Landschoot (34) essafece un passo in pi, mantenendo gli effetti di una disposizione comunitaria invalida sino almomento in cui essa fosse sostituita da una disposizione valida. 88. Tuttavia, nella fattispecie, pu essere difficile per la Corte decidere sulla limitazione nel tempo adeguata, in particolare dato che uno scostamento dallabituale orientamentodella Corte non stato n discusso durante il procedimento n richiesto dal governo italiano. Alla luce delle difficolt insite nella scelta della limitazione adeguata, pu essere consigliabile per la Corte riaprire la trattazione orale per sentire unulteriore discussione su questo punto. Conclusione 89. Ritengo pertanto che la questione sollevata dalla Commissione tributaria debba essere risolta nel senso che: unimposta nazionale come limposta regionale sulle attivit produttive, che riscossa su tutte le persone fisiche e giuridiche che esercitano abitualmente unattivit diretta alla produzione o allo scambio di beni o alla prestazione di servizi, colpisce la differenza tra i ricavi e i costi dellattivit tassabile, applicata in ordine a ciascuna fase del processo di produzione e di distribuzione corrispondente ad una cessione o ad una serie di cessioni di beni o servizi effettuate da un soggetto passivo, e impone, in ciascuna di tali fasi, un onere che globalmente proporzionale al prezzoal quale i beni o servizi sono ceduti devessere qualificata come unimposta sulla cifra daffari vietata dallart. 33, n. 1, della sesta direttiva. 90. Tuttavia, per coloro che cercano di far valere la pronuncia che la Corte emaner, glieffetti di essa dovrebbero essere soggetti ad una limitazione nel tempo, con riferimento aduna data che dovr essere fissata dalla Corte. Ordinanza della Corte (Grande Sezione) 21 ottobre 2005 Riapertura della fase orale nel procedimento C-475/03. 1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sullinterpretazione dellart. 33, n. 1, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari Sistemacomune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (G.U. L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE (G.U. L 376, pag. 1; in prosieguo: la sesta direttiva). 2. Tale domanda stata presentata nellambito di una controversia tra la Banca popolare di Cremona Soc. coop. arl (in prosieguo: la Banca popolare) e lAgenzia EntrateUfficio Cremona in merito al prelievo di unimposta regionale sulle attivit produttive. (34) Sentenza 29 giugno 1988, causa 300/86 (Racc. pag. 3443, punti 22-24). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 3. Con decisione 28 settembre 2004 la Corte ha rinviato il procedimento alla GrandeSezione. La Banca popolare, il governo italiano e la Commissione delle Comunit europeehanno depositato osservazioni scritte ed orali. Nelle conclusioni lavvocato generale ha proposto di considerare unimposta quale quella oggetto della causa principale come impostasulla cifra di affari vietata dallart. 33, n. 1, della sesta direttiva e di limitare nel tempo glieffetti della sentenza con riferimento ad una data che dovr essere fissata dalla Corte, eventualmente in futuro. Le conclusioni sono state presentate alludienza del 17 marzo 2005, dopo la quale il procedimento orale stato chiuso. 4. Con atti depositati presso la cancelleria della Corte, i governi italiano (il 7 aprile2005), tedesco (l11 aprile 2005), del Regno Unito (il 14 aprile 2005), dei Paesi Bassi (il 28aprile 2005), belga (il 4 maggio 2005), svedese (il 5 maggio 2005), ceco (il 10 maggio2005), austriaco (il 17 maggio 2005) e francese (il 27 giugno 2005) hanno suggerito o chiesto alla Corte di disporre la riapertura della fase orale del procedimento. 5. La Corte ritiene che, prima di risolvere la questione posta dal giudice del rinvio, sianecessaria una discussione approfondita dinanzi ad essa sulla nozione di imposta avente ilcarattere di imposta sulla cifra di affari ai sensi dellart. 33, n. 1, della sesta direttiva, nonch sulle possibilit di limitare nel tempo gli effetti delle sentenze da essa pronunciate in viapregiudiziale. 6. A tal fine sar organizzata unudienza e le parti della causa principale, gli Stati membri, il Consiglio dellUnione europea nonch la Commissione sono invitati a prendere posizione per iscritto, entro quattro settimane dalla notifica della presente ordinanza, compresoil termine relativo alla distanza, sulle questioni che figurano infra, nel dispositivo. 7. Conformemente allart. 61 del regolamento di procedura, sentito lavvocato generale, si deve perci disporre la riapertura della fase orale nel procedimento C-475/03. Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) cos provvede: 1) La fase orale nel procedimento C-475/03 riaperta. 2) La trattazione orale fissata al 14 dicembre 2005. 3) Le parti della causa principale, gli Stati membri, il Consiglio dellUnione europeanonch la Commissione delle Comunit europee sono invitati a prendere posizione periscritto, entro quattro settimane dalla notifica della presente ordinanza, compreso il terminerelativo alla distanza, sulle seguenti questioni: a) Quali siano i criteri che consentono di qualificare unimposta come imposta sulla cifradi affari ai sensi dellart. 33, n. 1, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977,77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alleimposte sulla cifra di affari Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE, tenuto conto dellobiettivo di tale disposizione e del funzionamento del mercato. b) In quale misura le operazioni bancarie possano essere assoggettate ad unimpostaavente il carattere dimposta sulla cifra di affari ai sensi del detto art. 33, n. 1. c) Con riferimento ai paragrafi 72-88 delle conclusioni dellavvocato generale Jacobs, in quali circostanze e in che maniera possano essere limitati nel tempo gli effetti delle sentenze pronunciate dalla Corte in via pregiudiziale. Corte di Giustizia delle Comunit europee Udienza 14 dicembre 2005 Intervento orale del Governo italiano. Signor Presidente, signore e signori della Corte. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Il Governo italiano ha accolto con favore la scelta della Corte di riaprire la fase oraleper avviare una discussione approfondita dinanzi ad essa sulla nozione di imposta aventeil carattere di imposta sulla cifra daffari, oltre che per discutere in ordine alla possibilitdi limitare nel tempo gli effetti delle sentenze emesse in via pregiudiziale. Come gi evidenziato nellintroduzione dellavv. Braguglia, le indubbie peculiarit diquesta controversia giustificano ampiamente la scelta di riapertura della fase orale. E di peculiarit questo giudizio ne ha pi di una. La prima lingente valore della controversia. Abbiamo gi indicato nella risposta aiquesiti limporto di circa 150 miliardi di euro che lo Stato italiano potrebbe essere tenuto arimborsare. La seconda lesplicito assenso dato alla istituzione dellIRAP dalla Commissione nel1997, a cui ha fatto seguito (coerentemente) un lungo silenzio fino al 10 marzo 2004, giorno in cui la stessa Commissione ha presentato le sue osservazioni dalle quali abbiamo appreso la repentina inversione di rotta. La terza sta nei precedenti giurisprudenziali in materia. Seppure la Corte solo nella sentenza Denkavit del 1992 pervenuta alla conclusione di dichiarare unimposta nazionale incontrasto con larticolo 33 della sesta direttiva, innegabile che nelle varie pronunce si trovino affermazioni spesso non del tutto coincidenti. Anche per tale motivo lopportuna composizione allargata della Corte consentir diintrodurre maggiori elementi di certezza in una materia di cos notevole rilievo. Non intendiamo ripetere in questa sede quanto abbiamo gi scritto; vogliamo solo limitarci ad alcune osservazioni. Crediamo che la distinzione tra imposte dirette ed indirette abbia una sua importanzasia in generale, sia ai fini della presente causa. Lordinamento comunitario riconosce una tale distinzione. La direttiva 77/799/CEEparla di reciproca assistenza tra gli Stati membri in materia di imposte dirette ed indirette. Nella sentenza 10 marzo 2005 nella causa C-22/03 Optiver a proposito della direttiva69/335/CEE in tema di conferimenti in societ la Corte ha affermato (al punto 33) che talenormativa non si applica ad unimposta diretta. Da ultimo nelle recenti conclusioni presentate il 29 settembre 2005 nella causa C210/ 04 sullimportante problema del rapporto tra le societ straniere e le filiali aventi ilcarattere di centro di attivit stabile, lAvvocato Generale (il medesimo do oggi), al punto61 ha escluso la possibilit di estendere al sistema dellIVA le regole vigenti in materia diimposte dirette (in particolare il modello di convenzione OCSE), riconoscendo la profondadiversit di tale categoria di tributi che, viene ribadito rientrano nella sovranit degli statimembri. La distinzione tra imposte dirette ed indirette quindi di decisiva importanza ancheperch, come abbiamo gi scritto, la sesta direttiva trova il suo fondamento nellarticolo 93del Trattato che imponeva larmonizzazione delle sole imposte indirette. interessante notare che al punto 35 delle conclusioni dellavvocato generale Jacobssi afferma che una distinzione comunemente accettata tra imposizione diretta e indiretta che la prima grava su una ricchezza o su un reddito a disposizione di una stessa persona(fisica o giuridica), senza alcuna possibilit di traslazione ad unaltra persona, mentre laseconda riscossa su spese o consumi e il suo onere pu essere e di fatto normalmente trasferito sul consumatore finale e da esso sopportato. Ebbene, proprio dal criterio posto dallavvocato generale si evince la natura di impostadiretta dellIRAP. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO LIVA infatti riscossa su spese e consumi; lIRAP grava invece su una ricchezza (ilvalore della produzione netta) a disposizione di un soggetto. A tale proposito non possiamo che prendere atto con favore della risposta dellaCommissione. Al punto 14 infatti si afferma espressamente che lIRAP si configura pi come unimposta gravante sulla produzione che come unimposta gravante direttamente sui consumi. Ma allora unimposta che grava su una ricchezza di un soggetto ha la natura di unimposta diretta, il che esclude che possa avere nel contempo le caratteristiche essenziali diunimposta sulla cifra daffari. Altro elemento caratterizzante unimposta sulla cifra daffari la traslazione del tributo sui consumatori. A tale riguardo, non appare corretto affermare che per le imposte dirette non vi sia alcuna possibilit di trasferirne lonere sui consumatori finali. vero invece che la traslazionepu avvenire in un modo diverso dalle imposte indirette, al pari di qualsiasi altro costo del- limpresa. Ma questa diversa modalit assume un valore determinante al fine di configurare untributo come unimposta sulla cifra daffari. LIVA infatti viene trasferita sul consumatore in misura direttamente proporzionale al prezzo di vendita. Anche qualora tale prezzo non sia remunerativo per il venditore, in ognicessione sempre esattamente individuabile limporto dellIVA corrisposta dal consumatore finale, importo che il cedente tenuto a versare allerario (previa eventuale compensazione dellIVA assolta a monte). Un simile meccanismo del tutto sconosciuto allIRAP, cos come a qualsiasi impostadiretta. N appare corretto affermare che in genere lonere del tributo verr trasferito a valle. In primo luogo il prezzo di vendita lo fa il mercato e non il venditore. Ad esempio inquesto momento in Italia a causa dellinfluenza aviaria le vendite di carni di pollo sono crollate e con loro anche il prezzo al consumo. Credo sia difficile dimostrare che i produttori italiani di polli hanno trasferito lIRAP pagata annualmente sui consumatori. In secondo luogo mentre per lIVA la traslazione avviene sempre anche perch gi siconosce la quota parte del prezzo di vendita, per lIRAP di norma le cessioni avvengonoprima che sia possibile in qualche modo determinarne lonere. LIRAP infatti si pagaannualmente ed il suo ammontare si conosce solo a consuntivo, allesito di un complessocalcolo nel quale incidono molte variabili. Si dir che anche lIVA si paga annualmente, ma la situazione totalmente diversa. La dichiarazione annuale IVA non altro che il riepilogo di tutte le posizioni attive e passive inerenti ciascuna operazione, operazioni che conservano la loro autonomia, e ladichiarazione annuale ha solo leffetto di semplificare e compensare le varie partite di debito- credito. Unaltra differenza di fondamentale importanza il meccanismo del rimborso. Comesi afferma nelle suddette conclusioni a differenza dellIVA, lIRAP non viene rimborsata quando, eccezionalmente, il valore perduto anzich aggiunto. Non appare correttosminuire limportanza di un tale meccanismo n considerarlo inoltre limitato a casi sporadici. In primo luogo il meccanismo del rimborso dellIVA a monte eccedente connaturato per lIVA che, in quanto imposta sul consumo finale, deve essere esattamente proporzionale al prezzo finale; tale proporzionalit non si potrebbe realizzare qualora non fosse previsto un meccanismo di rimborso. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE In secondo luogo la perdita di valore dei beni finali al consumo circostanza tuttaltroche infrequente. Basti pensare ai settori della moda, delleditoria o ancora ad uno dei settori pi importanti di questo periodo storico, linformatica, dove il continuo sviluppo tecnologico rende obsolete ed invendibili notevoli quantit di prodotti, non appena sul mercatoviene introdotto un nuovo modello. Ebbene in questi casi lIVA, a differenza dellIRAP, in quanto imposta sul consumo nonviene pagata e di conseguenza viene rimborsata la maggiore imposta a monte. Cos come non si pu non tener conto della diversa base imponibile. Come abbiamo gi sottolineato nelle difese scritte, il rapporto con le esportazioni e le importazioni totalmente opposto tra i due tributi. LIVA infatti tassa le importazioni ed esenta le esportazioni. LIRAP al contrario esclude dalla base imponibile gli acquisti anche se costituiti daimportazioni, mentre tassa lintera produzione, ancorch destinata allesportazione. N si pu affermare, come sostiene la parte privata, che tale rilevante differenza verr menoal termine del periodo transitorio dellIVA ovvero, come afferma la Commissione al punto 22della risposta, che lesenzione non pu costituire una caratteristica essenziale dellIVA. In primo luogo al termine del periodo transitorio la differenza sussisterebbe comunquerispetto alle importazioni ed esportazioni extra comunit. In secondo luogo il diverso regime delle importazioni ed esportazioni va ad incidere in modo rilevante sulla base imponibile dellIRAP, facendo venir meno il requisito della generalit. Nella sua memoria la parte privata sostiene poi che la Corte sarebbe vincolata alla qualificazione dellIRAP che ne ha dato la Corte Costituzionale italiana e che conseguentemente lIRAP non potrebbe essere considerata unimposta diretta. Tale affermazione errata sotto un duplice profilo. In primo luogo la Corte ha sostenuto che la qualificazione di un tributo va effettuataindipendentemente dal nomen juris che pu avere nei singoli stati membri. In secondo luogo proprio la qualificazione operata dalla corte costituzionale dellIRAPdi unimposta gravante sulla ricchezza prodotta da un soggetto idonea a farla ritenereunimposta diretta e non sui consumi. Un ultimo accenno, sempre a proposito della base imponibile, circa lasserita equipollenza tra il meccanismo di detrazione da base a base (che opererebbe per lIRAP) con quello (operante invece per lIVA) da imposta a imposta. Mentre questultimo realizza la perfetta proporzionalit del tributo rispetto al prezzofinale, ci non avviene per laltro. Occorre considerare infatti che la cosiddetta detrazione da base a base, cio lincidenza negativa sulla base imponibile IRAP dei costi e degli acquisti, prescinde del tutto dallacircostanza che il venditore a monte abbia o meno corrisposto lIRAP sulla sua produzione(caratteristica questa comune alle imposte dirette). Tale circostanza consente ulteriormente di escludere un qualsiasi parallelismo tra i duemeccanismi. In conclusione, non appare in alcun modo possibile considerare come imposta sullacifra daffari un tributo come lIRAP che ha natura dimposta diretta (da non confondere con le imposte sul reddito comefa la parte privata); che non si applica su ciascuna operazione; che non viene trasferita in modo automatico e proporzionale sui consumatori; che non d diritto a rimborsi; RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO che opera in modo esattamente opposto allIVA rispetto alle importazioni ed esportazioni. Se i criteri elastici indicati nelle conclusioni proporzionalit cumulativa ed approssimativa, traslazione solo eventuale, irrilevanza dei rimborsi venissero applicati a qualsiasiimposta generale sul reddito, crediamo che anche questi tributi non sfuggirebbero al divieto di cui allarticolo 33. Da ultimo non possiamo fare a meno di porci una domanda. Ci saremmo trovati in questa situazione se la Corte Costituzionale italiana non avesse qualificato lIRAP come unimposta gravante sul valore aggiunto ? O viceversa, ci saremmo trovati in questa situazione se lIVA si fosse chiamata imposta sui consumi anzich (privilegiando il meccanismo di applicazione piuttosto che la suanatura) imposta sul valore aggiunto? Forse no. Confidiamo perci che la Corte, come suo costume, attribuisca il giusto rilievo allecaratteristiche essenziali del tributo al di l dei termini usati per classificarlo, confermandouna interpretazione rigorosa dellarticolo 33 che eviti di estenderne a dismisura il campo diapplicazione. Grazie. Avvocato dello Stato Gianni De Bellis. Conclusioni dellAvvocato Generale Christine Stix-Hackl presentate il 14 marzo 2006 (1) INTRODUZIONE Il procedimento 1. Nel presente procedimento, la Commissione Tributaria Provinciale di Cremonadomanda se lart. 33, n. 1, della sesta direttiva IVA (2) osti allapplicazione di unimpostacome limposta regionale italiana sulle attivit produttive, pi generalmente nota con il suoacronimo IRAP. Nella causa principale, la Banca Popolare di Cremona (in prosieguo: la Banca Popolare) chiede il rimborso di una serie di importi da essa versati a titolo di IRAPnel 1998 e 1999. 2. Dopo la presentazione di osservazioni scritte e orali da parte della Banca Popolare, del governo italiano e della Commissione, il 17 marzo 2005 lavvocato generale Jacobs hapresentato le sue conclusioni (3), concludendo che unimposta nazionale la quale riscossa su tutte le persone fisiche e giuridiche che esercitano abitualmente unattivit diretta alla produzione o allo scambio di beni o alla prestazione di servizi, colpisce la differenza tra i ricavi e i costi dellattivit imponibile, applicata in ordine a ciascuna fase del processo di produzione e di distribuzione corrispondente ad una cessione o ad una serie di cessioni di beni o servizi effettuate da un soggetto passivo, e impone, in ciascuna di tali fasi, un onere che globalmente proporzionale al prezzoal quale i beni o servizi sono ceduti, (1) Lingua originale: linglese. (2) Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazionedelle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari Sistema comune diimposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la sesta direttiva ). (3) Faccio rinvio a tali conclusioni per quanto riguarda il contesto normativo, fattuale e procedurale della causa, che richiamer o integrer solo ove necessario. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE devessere qualificata come unimposta sulla cifra daffari vietata dallart. 33, n. 1, della sesta direttiva. 3. Tuttavia, siccome la necessit di rimborsare ingenti somme corrispondenti allimposta riscossa in contrasto con il diritto comunitario potrebbe seriamente compromettere ilfinanziamento regionale in Italia, e atteso che la Commissione sembrava aver contribuito, con il suo comportamento, al convincimento del governo italiano che lIRAP fosse compatibile con il diritto comunitario, lavvocato generale Jacobs aveva altres raccomandato chela Corte stabilisse una limitazione temporale agli effetti della sua sentenza. 4. Inoltre, in previsione delle varie tattiche che potrebbero essere adottate nelle moredella pronuncia della sentenza, aveva preso in considerazione la possibilit di un nuovoapproccio con riferimento a tale limitazione. Aveva sottolineato come alcuni giudici nazionali potessero dichiarare una misura illegittima, fissando nel contempo, per concederetempo sufficiente allemanazione di una nuova normativa, una data futura prima della qualei singoli non potessero far valere lillegittimit in alcun ricorso contro lo Stato. Tuttavia, peril caso in cui una tale impostazione dovesse essere seguita nel caso di specie, riteneva auspicabile che dinanzi alla Corte si dibattesse ulteriormente la questione. Sette Stati membrihanno conseguentemente chiesto la riapertura della trattazione orale a tale scopo. 5. Il 21 ottobre 2005, la Grande Sezione ha disposto la riapertura della fase orale delprocedimento, fissato una nuova udienza al 14 dicembre 2005, e chiesto alle parti nel procedimento principale, agli Stati membri, al Consiglio e alla Commissione di prendere posizione sulle seguenti questioni (4): (a) Quali siano i criteri che consentono di qualificare unimposta come imposta sullacifra daffari ai sensi dellart. 33, n. 1, della sesta direttiva, tenuto conto dellobiettivo di taledisposizione e del funzionamento del mercato. (b) In quale misura le operazioni bancarie possano essere assoggettate ad unimpostadi questo tipo. (c) Alla luce delle conclusioni dellavvocato generale Jacobs, in quali circostanze e inche maniera possano essere limitati nel tempo gli effetti delle sentenze pronunciate dallaCorte in via pregiudiziale. 6. La Banca Popolare, 13 Stati membri e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte, sebbene solo alcuni degli Stati membri abbiano affrontato la prima o la secondaquestione; la Banca Popolare, 12 Stati membri e la Commissione hanno svolto osservazioni orali nel corso della seconda udienza, durante la quale, ancora una volta, la maggior partedegli Stati membri si concentrata esclusivamente sullaspetto della limitazione temporale. Le caratteristiche dellIRAP 7. Come lavvocato generale Jacobs ha sottolineato nelle sue conclusioni, solo i giudici italiani sono competenti a determinare le precise caratteristiche dellIRAP. Il ruolo di questa Corte quello di interpretare il diritto comunitario in modo che il giudice remittentepossa applicarlo utilmente allimposta in esame (5). Cos facendo, questa Corte deve pertan( 4) Ho semplificato il testo delle questioni come compaiono nellordinanza di riapertura dellafase orale. (5) Paragrafo 27 delle conclusioni. V., anche, ad esempio, sentenza 3 marzo 1988, causa 252/86, Bergandi (Racc. pag. 1343, punto 13); nonch sentenza 26 giugno 1997, cause riunite da C-370/95 aC-372/95, Careda e a. (Racc. pag. I-3721, punti 25 e 26). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO to dare per assodata la natura di tale imposta come descritta nellordinanza di rinvio. 8. Limposta cos descritta: 1) Come si ricava dalla definizione dellart. 2 (6), lIRAP si applica, in modo generalizzato, a tutte le operazioni commerciali di produzione o di scambio aventi ad oggetto benie servizi poste in essere nellesercizio in modo abituale di una attivit volta a tale fine, valea dire nellesercizio di imprese o di arti e professioni. Vi , per ci, una precisa corrispondenza tra il presupposto dellimposta IRAP disegnato dal citato articolo 2 e larea delle operazioni imponibili tracciata dallart. 1 deldecreto istitutivo dellIVA e che costituisce il presupposto di questultima imposta. 2) Ai sensi dellart. 4, primo comma, lIRAP colpisce il valore netto derivante dallattivit produttiva, ossia il valore netto aggiunto al prodotto dal produttore. LIRAP dunque una imposta sul valore aggiunto prodotto e giustamente si parla divap (7) per designare la base di commisurazione della nuova imposta. Anche loggetto imponibile dellIRAP coincide, per ci, in tutto e per tutto, con quello dellIVA. NellIVA la quantificazione e tassazione della frazione o segmento di valoreaggiunto (vap) prodottasi presso il singolo produttore avvengono col meccanismo delladetrazione imposta da imposta (limposta a valle, pagata sugli acquisti, si deduce dallimposta a monte, incassata sulle vendite). NellIRAP la frazione calcolata e tassata deducendoa un di presso dal ricavato delle vendite il costo di acquisto del venduto. Nella tassazione frazionata IVA e IRAP si assomigliano come due gocce dacqua. Non inganni la diversit degli espedienti tecnici usati per la misurazione dellimponibile edellimposta. NellIVA, per stabilire quanto il singolo operatore debba pagare si ricorreallespediente di dedurre dallIVA sul venduto 1IVA sul costo del venduto; la differenza, sepositiva per il fisco, 1IVA dovuta, da cui si pu risalire alla determinazione quantitativadel valore aggiunto tassato presso loperatore. NellIRAP il procedimento rovesciato. Non si parte dallimposta dovuta per risalire al valore aggiunto tassato, bens, si parte dalvalore aggiunto e da questo si risale allimposta. Questa diversit non incide sulla sostanzadelle cose, che questa: entrambe le imposte tassano, in ogni fase del processo d produzionee di distribuzione, la frazione di valore aggiunto che si formata presso il singolo produttoreche ha preso parte al processo produttivo e/o distributivo. Nellun caso (IVA) detraendo imposta da imposta, nellaltro (IRAP) sottraendo base da base, costi da corrispettivi. 3) LIRAP riscossa in ogni fase del processo di produzione o di distribuzione, poich ogni operatore che si inserisce in una fase del ciclo, producendo valore aggiunto tassabile, viene elevato, dalla legge, a soggetto passivo dimposta. Se, in ipotesi, le fasi del ciclosono tre, facenti capo a Tizio, Caio, Sempronio, tutti e tre sono distintamente, autonomamente, soggetti passivi di IRAP, ciascuno con una tassazione su 100. Lo stesso accadenellIVA. 4) Infine da osservare che la somma delle IRAP riscosse nelle varie fasi del ciclo, dalla produzione alla immissione al consumo, pari allaliquota IRAP applicata al prezzodi vendita di beni e servizi praticato in sede di immissione al consumo. Nonostante il frazio (6) Del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, che istituisce lIRAP, pubblicato in GURI n. 298 del 27 dicembre 1997. (7) Per valore aggiunto prodotto. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE namento, quindi, lIRAP finisce per agire come una imposta generale e proporzionale sulprezzo di cessione al consumo di beni e servizi. 9. Lavvocato generale Jacobs ha fondato la sua analisi su tale descrizione, nonch sullasentenza della Corte Costituzionale italiana 10 maggio 2001 nella causa 256/2001, con laquale diverse questioni di illegittimit dellIRAP per incompatibilit con la Costituzione italiana sono state respinte. 10. In particolare, come rileva lavvocato generale, la Corte Costituzionale ha dichiarato che lIRAP non colpisce il reddito personale del contribuente bens il valore aggiunto prodotto dalle attivit autonomamente organizzate e che lonere economico dellimposta potr essere infatti trasferito sul prezzo dei beni o servizi prodotti, secondo le leggidel mercato, o essere totalmente o parzialmente recuperato attraverso opportune scelteorganizzative (8). 11. Quanto al fatto che qualche aspetto della descrizione dellIRAP fornita dal giudicenazionale pu differire dalla descrizione contenuta nelle osservazioni presentate alla Corte e in effetti la Banca Popolare, il governo italiano e la Commissione hanno tutti fornito unapropria descrizione la Corte deve, in linea di principio, attenersi alla narrativa dellordinanza di rinvio. Tuttavia, lesistenza e la natura di queste eventuali differenze pu suggerire che, sotto taluni aspetti, sarebbe utile che la Corte valutasse come la soluzione che essadar potr trovare applicazione in circostanze per ipotesi leggermente diverse. In ogni caso, ove la valutazione svolta dal giudice del rinvio con riferimento alle caratteristiche dellIRAPsia contestata nella causa principale, la sua sentenza sar presumibilmente oggetto di appello per tale motivo allinterno dellordinamento giudiziario nazionale. Valutazione 12. La valutazione della causa cui proceder in questa sede si articoler pertanto in dueparti: in una prima parte mi occuper della compatibilit di unimposta come lIRAP mentre, nella seconda parte, sar affrontata la possibilit di una limitazione degli effetti dellasentenza nel tempo. 13. Allinterno di ciascuna di queste parti, esporr anzitutto una serie di considerazioni generali, ivi inclusa una panoramica della giurisprudenza della Corte, dopodich cercher di applicare tali considerazioni alle circostanze del presente rinvio pregiudiziale. I LA COMPATIBILIT DI UNIMPOSTA COME LIRAP CON LA SESTA DIRETTIVA A Considerazioni generali 1. Imposte vietate dallart. 33, n. 1, della sesta direttiva 14. Vi un corpus giurisprudenziale ben consolidato in merito alle circostanze in cuiunimposta nazionale si scontra con il divieto, sancito dallart. 33, n. 1, della sesta direttiva, di imposte diverse da quelle che non abbia[no] il carattere di imposta sulla cifra daffari (9). In particolare, si rinviene nella giurisprudenza una serie di criteri specifici che il giu( 8) Conclusioni dellavvocato generale Jacobs, paragrafi 36 e 67. (9) Poich tale disposizione redatta in termini permissivi (() le disposizioni della presentedirettiva non vietano ad uno Stato membro di mantenere o introdurre () qualsiasi imposta, diritto etassa che non abbia il carattere di imposta sulla cifra daffari ()) si potrebbe ritenere preferibile considerare il divieto come derivante piuttosto dalla direttiva nel suo complesso, con le sue norme diarmonizzazione piuttosto dettagliate, in combinato disposto con lart. 10 CE che vieta qualsiasi RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO dice nazionale aveva manifestamente in mente allorch ha redatto la sua ordinanza di rinvio, sullo sfondo dei quali lavvocato generale Jacobs ha valutato lIRAP come descritta intale ordinanza (10). 15. Il fatto che, nel riaprire la fase orale del procedimento, la Corte abbia chiesto alleparti, agli Stati membri e alle istituzioni di esporre le loro osservazioni in merito ai criteriper qualificare unimposta come imposta sulla cifra daffari ai sensi dellart. 33, n. 1, allaluce dello scopo di tale disposizione e del funzionamento del mercato, potrebbe suggerireche essa non esclude la possibilit di rivedere, precisare o sviluppare tali criteri. Li esaminer pertanto con una certa cura. 2. Sintesi della giurisprudenza allo stato attuale 16. La giurisprudenza sinora invalsa in questa materia ricomprende in particolare (11) le sentenze Rousseau Wilmot (12), Bergandi (13), Wisselink (14), Giant (15), Dansk Denkavit (16), Bozzi (17), Beaulande (18), Careda (19), UCAL (20), Solisnor (21), SPAR (22), Pelzl (23), EKW (24), Tulliasiamies (25) e GIL Insurance (26). Si rilevi come, tra queste, soltanto le sentenze Bergandi, Wisselink e Dansk Denkavit siano state definite dalla Corte in seduta plenaria, mentre le altre sono state decise dalle sezioni. misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del Trattato laddove lart. 33, n. 1, della direttiva chiarisce il divieto specificando che riguarda solo le imposte che abbiano il caratteredi imposta sulla cifra daffari. Tuttavia, la differenza di impostazione non ha conseguenze pratiche, cosicch dar per presupposto, adeguandomi alla giurisprudenza costante, che il divieto risieda nel- lart. 33, n. 1. (10) V., supra, paragrafi 2 e 8, nonch infra, paragrafo 22. (11) Una serie di altre cause ha importanza minore: la sentenza 8 luglio 1986, causa 73/85, Kerrutt (Racc. pag. 2219), riguardava un tipo di imposta di registro esplicitamente consentita dal- lart. 33 della sesta direttiva; nella sentenza 15 marzo 1989, cause riunite 317/86, 48/87, 49/87, 285/87e 363/87-367/87, Lambert e a. (Racc. pag. 787), la Corte ha ribadito lo stesso principio enunciato nellasentenza Bergandi (cit. alla nota 5), con riferimento alla stessa imposta; limposta oggetto della sentenza 31 marzo 1992, causa C-200/90, Dansk Denkavit (Racc. pag. 12217) stata successivamenteanche oggetto di un ricorso per inadempimento sfociato nella sentenza 1 dicembre 1993, causaC-234/91, Commissione/Danimarca (Racc. pag. I-6273), nella quale la Corte ha seguito lo stessoragionamento; nella sentenza 17 settembre 1997, causa C-28/96, Fricarnes (Racc. pag. I-4939, punti 34 e segg.), la Corte ha seguito il medesimo iter logico della sentenza, pronunciata in pari datanella causa C-347/95, UCAL, avente ad oggetto una tassa analoga. (12) Sentenza 27 novembre 1985, causa 295/84 (Racc. pag. 3759, in particolare punti 14-17). (13) Cit. supra alla nota 5, punti 6-20. (14) Sentenza 13 luglio 1989, cause riunite 93/88 e 94/88 (Racc. pag. 2671, punti 6-21). (15) Sentenza 19 marzo 1991, causa C-109/90 (Racc. pag. I-1385, in particolare punto 14). (16) Cit. alla nota 11. (17) Sentenza 7 maggio 1992, causa C-347/90 (Racc. pag. I-2947). (18) Sentenza 16 dicembre 1992, causa C-208/91 (Racc. pag. I-6709). (19) Cit. supra alla nota 5. (20) Cit. supra alla nota 11, punti 30 e segg. (21) Sentenza 17 settembre 1997, causa C-130/96 (Racc. pag. I-5053). (22) Sentenza 19 febbraio 1998, causa C-318/96 (Racc. pag. I-785). (23) Sentenza 8 giugno 1999, cause riunite C-338/97, C-344/97 e C-390/97 (Racc. pag. I-3319). (24) Sentenza 9 marzo 2000, causa C-437/97 (Racc. pag. I-1157, in particolare punti 19-25). (25) Sentenza 19 settembre 2002, causa C-101/00 (Racc. pag. I-7487, in particolare punti 91-107). (26) Sentenza 29 aprile 2004, causa C-308/01 (Racc. pag. I-4777, in particolare punti 23-37). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 17. In questa giurisprudenza, che si estende su un arco di circa ventanni, possono ravvisarsi una serie di costanti ed alcune linee evolutive. 18. In primo luogo, la Corte ha esaminato le finalit della normativa IVA e la ratio del divieto di altri tipi di imposta sulla cifra daffari. In secondo luogo, ha definito una serie dicaratteristiche dellIVA, in presenza delle quali unaltra imposta nazionale va ricondotta allasfera del divieto. Infine, esaminando le diverse imposte nazionali di volta in volta in questione, ha identificato varie caratteristiche specifiche che sono o non sono ammissibili sotto taleprofilo, nonch unaltra serie di caratteristiche che ha considerato invece come irrilevanti. 19. Tre sono le finalit principali che la Corte ha ravvisato nelladozione del sistemacomune di IVA: abolire e sostituire i sistemi di imposte sulla cifra daffari cumulative a cascata, comeprecedentemente applicate in molti Stati membri (27); instaurare un mercato comune allinterno del quale vi sia una concorrenza non alterata e che abbia caratteristiche analoghe a quelle di un mercato interno, eliminando le differenze di oneri fiscali che possano alterare la concorrenza ed ostacolare gli scambi (28); e garantire parit nelle condizioni di tassazione dello stesso negozio, indipendentemente dallo Stato membro nel quale viene effettuato (29). 20. La finalit del divieto di imposte sulla cifra daffari , come chiarito in numerosesentenze (30), quella di evitare che il sistema comune di IVA sia pregiudicato, il che avverrebbe nel caso in cui fossero applicate imposte, dazi o oneri sulla circolazione dei beni e deiservizi in modo analogo a quello dellIVA. Nella sentenza Wisselink (31), viene fatto un riferimento ancor pi generale al rischio che siano compromesse le finalit sottese al sistemacomune di IVA nella fase attuale del processo di armonizzazione. 21. Le caratteristiche dellIVA vengono descritte inizialmente mediante riferimentoallart. 2 della prima direttiva e allart. 17, n. 2, della sesta direttiva: il principio consiste nel- lapplicare ai beni e ai servizi, fino allo stadio del commercio al minuto compreso, un tributo generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, indipendentemente dal numero di passaggi avvenuti nel processo di produzione e di distribuzioneanteriore alla fase dellimposizione; tuttavia, ad ogni passaggio, lIVA dovuta solo previadetrazione dellammontare dellimposta che ha gravato direttamente sul costo dei vari elementi costitutivi del prezzo, essendo i soggetti passivi autorizzati a detrarre dallimposta dicui sono debitori limposta gi riscossa a monte sui beni (32). (27) Sentenze Rousseau Wilmot, punto 13; Wisselink, punto 8; v. anche lottavo considerandodella prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE, in materia di armonizzazione dellelegislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra daffari (GU 71, pag. 1301; in prosieguo: la prima direttiva). (28) Sentenze Bergandi, punto 7; SPAR, punto 17; Pelzl, punto 14; v. anche primo e secondoconsiderando della prima direttiva. (29) Sentenze Bergandi, punto 9; SPAR, punto 19; Pelzl, punto 18. (30) Sentenze Rousseau Wilmot, punto 16; Bergandi, punto 14; Wisselink, punto 17; DanskDenkavit, punto 11; Bozzi, punto 9; Beaulande, punto 12; Careda, punti 13 e 24; UCAL, punto 33; Solisnor, punto 13; EKW, punto 20. (31) Punto 19. (32) Sentenze Rousseau Wilmot, punto 15; Bergandi, punti 8 e15; Wisselink, punto 18; Giant, punto 12; SPAR, punto 23; Pelzl, punto 16. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 22. A partire, poi, dalla sentenza Dansk Denkavit, stato elaborato un elenco pi formale di caratteristiche essenziali dellIVA, segnatamente: si applica in modo generale alle operazioni aventi ad oggetto beni o servizi; proporzionale al prezzo percepito dal soggetto passivo dimposta quale contropartita dei beni e servizi forniti; viene riscossa in ciascuna fase del processo di produzione e di distribuzione, compresa quella della vendita al minuto, a prescindere dal numero di operazioni effettuate precedentemente; gli importi pagati nelle fasi precedenti del processo sono detratti dallimposta che ilsoggetto passivo deve pagare, cosicch limposta si applica, ad ogni passaggio, solo sulvalore aggiunto in quella fase, e lonere finale dellimposta va in definitiva a carico del consumatore (33). 23. Le caratteristiche di unimposta nazionale rientrante nella sfera del divieto di cuiallart. 33, n. 1, della sesta direttiva sono descritte, anzitutto, in termini generali, come quelle aventi leffetto di danneggiare il funzionamento del sistema comune di IVA, gravandosulla circolazione dei beni e dei servizi e colpendo i negozi commerciali in modo analogo aquello che caratterizza lIVA (34). Nelle sentenze in cui sono elencate le quattro caratteristiche essenziali dellIVA (35), viene altres specificato che tasse, dazi e oneri devono in ognicaso essere considerati imposti sulla circolazione di beni e servizi in modo analogo allIVAove posseggano tali caratteristiche essenziali. Non tuttavia necessario che siano similiallIVA sotto ogni profilo (36). 24. Inoltre, entrando nello specifico, soltanto una volta, e precisamente nella sentenzaDansk Denkavit, la Corte ha dichiarato unimposta effettivamente incompatibile, descrivendone le caratteristiche come segue (37): veniva versata sia per attivit soggette ad IVA sia per altre attivit a carattere industriale o commerciale consistenti nelleffettuazione di prestazioni a titolo oneroso; era riscossa, per quanto concerneva le imprese soggette ad IVA, su una base imponibile identica a quella utilizzata per lIVA, cio sotto forma di una percentuale sullimportodelle vendite realizzate, previa detrazione dellimporto degli acquisiti effettuati; a differenza dellIVA, non veniva percepita allimportazione, ma era riscossa sulprezzo pieno di vendita delle merci importate al momento della loro prima rivendita nelloStato membro considerato; a differenza dellIVA, non occorreva che fosse indicata a parte nella fattura; era riscossa parallelamente allIVA. (33) Questa sintesi tratta dalla sentenza Pelzl, punti 20 e 21. Le caratteristiche cos delineatesono rimaste sostanzialmente invariate, sebbene vi siano lievi differenze nellesatta formulazione: v. sentenze Dansk Denkavit, punto 11; Bozzi, punto 12; Beaulande, punto 14; Careda, punto 14; UCAL, punto 34; Solisnor, punto 14; EKW, punto 22; Tulliasiamies, punto 99; nonch GIL Insurance, punto 33. (34) V. sentenze Bergandi, punto 14; Giant, punto 11; SPAR, punto 22; Pelzl, punto 20. (35) V. supra, paragrafo 22, e la giurisprudenza ivi citata. (36) Sentenze Dansk Denkavit, punto 14; Careda, punto 14; Solisnor, punto 14; SPAR, punto 21; EKW, punto 22; GIL Insurance, punto 32. (37) Punto 15 e dispositivo. Si noti tuttavia che non tutte quelle caratteristiche sono state considerate rilevante nellanalisi svolta dalla Corte; v. infra, paragrafo 28 nonch note 50, 52 e 54. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 25. Nella sentenza Careda (38), la Corte ha ulteriormente specificato che, affinch untributo sia assoggettato al divieto, esso deve poter essere trasferito al consumatore. 26. Nelle altre sentenze, invece, la Corte ha ritenuto che varie imposte nazionali fossero compatibili con la sesta direttiva in quanto le loro caratteristiche erano sufficientementediverse da quelle dellIVA. Nella maggior parte dei casi, la Corte ha fondato il suo accertamento sullesistenza di un fascio di caratteristiche idonee a distinguere limposta in oggettodallIVA, mentre nella sentenza Solisnor (39) e nella sentenza EKW (40) ha ritenuto che lamancanza di applicazione generale fosse sufficiente ad escludere, di per s, limposta dal- lambito di applicazione del divieto; anche una limitazione a determinate categorie di beni o di servizi stata presa in considerazione nella maggior parte delle altre sentenze e sembracomunque essere stata una caratteristica di tutte le imposte contestate, salvo forse quelleoggetto delle sentenze Rousseau Wilmot e SPAR. 27. Altre caratteristiche che la Corte ha ritenuto differire da quelle dellIVA, e che haconsiderato rilevanti nel valutare la compatibilit di unimposta nazionale, sono le seguenti: calcolo dellimposta sulla base del fatturato annuo, di modo che sia impossibile determinare limporto preciso trasferito sui consumatori (41); applicazione dellimposta sulla base della circostanza che un bene sia semplicemente messo a disposizione del pubblico, a prescindere dallimporto o anche dallesistenza diun onere per luso, oppure calcolo sulla base di un prezzo stimato piuttosto che effettivo (42); pi in generale, calcolo su una base imponibile diversa da quella del valore aggiunto (43); assenza di disposizioni in merito alla detraibilit dellimposta versata a monte (44); mancanza di una diretta o stretta proporzionalit rispetto al prezzo delloperazionetassata (45); applicazione dellimposizione soltanto in una fase nellambito di una catena di operazioni (46); tuttavia, nella sentenza Wisselink (47), la Corte ha chiarito che anche unimposta riscossa una sola volta pu essere contraria al diritto comunitario qualora ostacoli lapiena efficacia del sistema comune dellIVA; applicazione dellimposta sulle operazioni effettuate a monte, e non a valle, dal soggetto passivo (48). 28. Infine, la Corte ha altres identificato una serie di caratteristiche che non rilevanoal fine di valutare la compatibilit di unimposta nazionale: (38) Al punto 15. (39) Ai punti 18 e 19. (40) Ai punti 24 e 25. (41) Sentenze Rousseau Wilmot, punto 16; Giant, punto 14; Pelzl, punti 24 e 25. (42) Sentenze Bergandi, punti 16 e segg.; Wisselink, punto 20. (43) Sentenze Beaulande, punto 18; UCAL, punto 36; GIL Insurance, punto 36. (44) Sentenze Wisselink, punto 20; Bozzi, punto 16; Beaulande, punto 17; UCAL, punto 36; Pelzl, punto 23. (45) Sentenze Bozzi, punto 15; UCAL, punto 36; Tulliasiamies, punto 102. (46) Sentenze Bozzi, punto 16; Beaulande, punto 17; UCAL, punto 36; SPAR, punto 27; Tulliasiamies, punto 103; GIL Insurance, punto 36. (47) Ai punti 11 e 12. (48) Sentenza SPAR, punti 25 e 26. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO la denominazione dellimposta in diritto nazionale, il testo letterale della norma o leragioni per la sua adozione (49); il fatto che limposta sia applicata in maniera concorrente allIVA (50); la mancanza di uno specifico obbligo di trasferire limposta al consumatore (51); la mancanza di un obbligo di menzionare limposta in una fattura o di rilasciare odetenere fatture (52); il fatto che limposta non sia pagata allimportazione ma al momento della prima cessione ad essa successiva (53); il fatto che limposta sia calcolata su una base imponibile diversa nel caso di soggetto passivo non soggetto allIVA (54). 3. Commenti generali sulla giurisprudenza 29. Vi sono dunque due aspetti principali nellimpostazione seguita dalla Corte: da unlato, a livello fondamentale, lo scrupolo di tutelare i principi sottesi al sistema dellIVA e dievitare interferenze con lo stesso; dallaltro, la volont di definire, pi formalmente e nel- linteresse della certezza del diritto, i criteri alla luce dei quali unimposta nazionale puchiaramente essere qualificata come incompatibile con il sistema dellIVA. 30. Una panoramica della giurisprudenza rivela come, mentre il primo aspetto non mai stato trascurato, il riferimento ai criteri specifici abbia assunto crescente importanzanelle sentenze pi recenti. Gli Stati membri che hanno risposto al primo quesito posto dallaCorte (55) auspicano tutti una conferma di tale importanza; la Finlandia, in particolare, chiede che ci si attenga fermamente alle quattro caratteristiche essenziali nellinteresse dellachiarezza, coerenza e certezza del diritto. 31. Tale posizione comprensibile. Gli Stati membri debbono sapere quali limiti possono applicarsi alla loro libert di azione allorch introducono nuove forme di tassazioneovvero mantengono o modificano forme esistenti. importante in tale contesto che vi sianocriteri chiari e obiettivi. 32. Tuttavia, vi sempre il rischio che unapplicazione puramente formale di regole ocriteri conduca a risultati contrastanti con lo scopo fondamentale perseguito quando taliregole o criteri sono stati adottati nella fattispecie, quello di garantire che non sia pregiudicato il corretto funzionamento del sistema comune di IVA. 33. Mi pare dunque indispensabile, nel valutare le caratteristiche di qualunque tributonazionale messo in discussione rispetto alle caratteristiche dellIVA, continuare a farlo allaluce di tale scopo, al fine di prevenire qualunque interferenza con gli obiettivi fondamentali consistenti nel sostituire le imposte sulla cifra daffari cumulative a cascata, predisporrele condizioni per una sana concorrenza nel mercato comune, eliminare le differenze nellatassazione idonee a distorcere la concorrenza o a ostacolare gli scambi, e garantire paritnelle condizioni di tassazione di una determinata operazione, a prescindere dallo Stato membro in cui essa viene effettuata. (49) Sentenze Wisselink, punto 10; Careda, punto 17; Tulliasiamies, punto 98. (50) Sentenze Giant, punto 9; Dansk Denkavit, punto 15; SPAR, punto 21. (51) Sentenza Careda, punto 18. (52) Sentenze Dansk Denkavit, punto 15; Careda, punti 23 e 25. (53) Sentenza Dansk Denkavit, punto 15. (54) Ibidem. (55) Finlandia, Francia, Ungheria, Italia e Spagna. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 34. In tale contesto, le caratteristiche di unimposta nazionale possono variare quantoal loro grado di somiglianza con le caratteristiche essenziali dellIVA. Sembra improbabileche, ove unimposta pregiudichi il funzionamento del mercato comune in quanto possiedequelle caratteristiche in forma identica, smetter di pregiudicare il sistema semplicemente inconseguenza di differenze minori. 35. Giustamente la Corte ha dichiarato che, per essere ricompresa nel divieto, non necessario che unimposta sia identica allIVA sotto tutti i profili, dovendo invece essere considerata ricompresa nel divieto qualora possegga le caratteristiche essenziali dellIVA. Allostesso modo, ritengo che ci che necessario, con riferimento a ciascuna di quelle caratteristiche individuali, non sia unidentit stretta e assoluta bens unidentit sostanziale. 36. Per contro si pu ipotizzare che nella pratica, e forse prima facie paradossalmente, unimposta interferisca tanto meno con il sistema di IVA quanto pi gli assomiglia. Unipotetica imposta aggiuntiva rispetto allIVA ma altrimenti identica ad essa sotto tutti iprofili non sarebbe infatti molto diversa da un aumento dellaliquota standard dellIVA, perla quale non vi , attualmente, alcun limite massimo (56). Ci che rischia di interferire inmaggior misura con il sistema comune unimposta che, pur possedendo caratteristicheessenziali dellIVA, ne possieda anche altre con essa contrastanti (57). 37. In tale contesto, lavvocato generale Jacobs ha riconosciuto (58) che la presenza ditutte le quattro caratteristiche essenziali dellIVA condizione necessaria perch unimposta nazionale sia incompatibile con la sesta direttiva, il che implicherebbe che, in mancanzadi una qualunque di tali caratteristiche, limposta sia compatibile. 38. Tuttavia, anche possibile uninterpretazione della giurisprudenza leggermentediversa. 39. In tutte le sentenze, salvo Solisnor e EKW, la Corte ha sottolineato che allimpostanazionale di cui trattavasi mancava pi di una delle quattro caratteristiche essenziali mentre, nelle due sentenze citate, decisiva stata lassenza di applicazione generale. Ci potrebbe suggerire che, delle quattro caratteristiche, quella dellapplicabilit generale debba essere considerata di maggior peso rispetto alle altre tre. Tuttavia, non mi sembra che tale conclusione possa essere tratta con certezza, cosicch non propongo di accogliere questinterpretazione. 40. Che cosa pu dirsi allora, in termini generali e con sicurezza, circa le caratteristiche essenziali dellIVA, alla luce dello scopo del sistema comune e del divieto di impostenazionali idonee a pregiudicarne il funzionamento? 41. Possono anzitutto essere fissati alcuni punti in negativo. Unimposta non idoneaa pregiudicare il funzionamento del sistema comune se non si applica in modo generale; leimposte che si limitino a categorie specifiche di beni o servizi non sono idonee ad interferire con il sistema nel complesso. Unimposta che non sia applicata in ciascuna fase della (56) V. art. 12, n. 3, lett. a), della sesta direttiva. In varie occasioni la Commissione ha propostounaliquota massima, ma tale proposta non stata accettata, sebbene, de facto, si applichi unaliquotamassima del 25%, probabilmente per ragioni pratiche connesse allaumento del rischio di frodi allorch laliquota cresce. (57) V. anche le conclusioni dellavvocato generale Tesauro presentate nella causa DanskDenkavit (paragrafo 8, sesto capoverso, a pag. I-2235). (58) Ai paragrafi 24 e 25 delle sue conclusioni. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO catena produttiva o distributiva meno probabile che possa compromettere il sistema; taliimposte possono incidere su una fase specifica della catena, ma non sullintero sistema (59). Unimposta che non sia proporzionale al valore aggiunto in ciascuna fase, e quindi al prezzo complessivo in ciascuna fase, meno probabile che interferisca con il sistema di IVA; imposte forfettarie possono in generale coesistere con imposte proporzionali (60). E, naturalmente, unimposta non trasferibile sul consumatore non pu compromettere il funzionamento dellIVA come imposta sul consumo. 42. Prima di esaminare lapplicazione della giurisprudenza, e dei criteri da essa elaborati, a unimposta come lIRAP, tuttavia necessario, ancora a livello generale, considerareleventuale rilevanza di due punti specifici: lo status delle operazioni bancarie in riferimento alle imposte sulla cifra daffari e la distinzione tra imposizione fiscale diretta e indirettaalla luce dellart. 93 CE. 4. Assoggettamento delle operazioni bancarie allimposta sulla cifra daffari 43. La Corte ha chiesto alle parti, agli Stati membri e alla Commissione di chiarire inquale misura, a loro parere, le operazioni bancarie possano essere assoggettate ad unimposta avente il carattere di imposta sulla cifra daffari ai sensi dellart. 33, n. 1, della sestadirettiva. 44. La Banca Popolare, i governi francese e ungherese e la Commissione hanno risposto brevemente, concordando sul fatto che le operazioni bancarie possano, in via di principio, essere assoggettate ad unimposta del genere (sebbene possano sorgere difficoltpratiche maggiori rispetto al caso di altre operazioni commerciali) sottolineando comunque anche lesistenza di un ampio numero di esenzioni dallIVA nellambito dei servizifinanziari (61). 45. Il governo ungherese ritiene pertanto che agli Stati membri non sia preclusa, inforza dellart. 33, n. 1, la possibilit di imporre un tributo diverso dallIVA sulle operazionibancarie. La Banca Popolare in disaccordo con questa tesi, sottolineando che la questionesollevata dal giudice del rinvio riguarda la compatibilit dellIRAP tout court, e non quella della sua applicazione alle operazioni bancarie. 46. Non credo che unapprofondita analisi della questione potrebbe rivelarsi proficua (62). I servizi bancari rientrano nellambito dellIVA in forza dellart. 6, n. 1, della sestadirettiva; sono ampiamente esenti in forza dellart. 13, parte B, lett. d); tuttavia, gli Statimembri possono accordare ai loro soggetti passivi il diritto di optare per limposizione anorma dellart. 13, parte C, lett. b). Qualora unimposta di applicazione generale soddisfitutti i criteri per essere ricompresa nel divieto di cui allart. 33, n. 1, non dovrebbe esserneesclusa semplicemente perch si applica anche a una categoria di operazioni che esente e (59) Sebbene risulti dai punti11 e 12 della sentenza Wisselink che tale conclusione non ha valenza assoluta, e che anche unimposta che si applica in una singola fase pu in alcuni casi impedire ilcorretto funzionamento del sistema comune di IVA. (60) La sentenza Bergandi suggerisce tuttavia, al punto 17, che unimposta forfettaria basata suuna valutazione obiettiva dei prevedibili ricavi potrebbe essere ricompresa nel divieto, se trasferita sulconsumatore. (61) In particolare allart. 13, parte B, lett. d). (62) La Commissione ha fatto approntare diverse relazioni sullapplicazione dellIVA ai servizifinanziari, ivi incluse le operazioni bancarie. In particolare, sul sito web della Commissione rinvenibile uno studio effettuato nel 1996 dalla Ernst & Young. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE per la quale, eventualmente, lo Stato membro di cui trattasi non abbia previsto la possibilit di optare per limposizione (63). 47. Non mi sembra dunque rilevante, ai fini della valutazione cui la Corte dovr procedere, il fatto che la maggior parte delle operazioni effettuate dalla Banca Popolare, o dallebanche in generale, possa essere esente da IVA. 5. Lart. 93 CE e la distinzione tra imposte dirette e indirette. 48. Infine, vorrei passare ad esaminare una questione generale sollevata da vari Statimembri nelle loro osservazioni: ci si chiede se leventuale qualificazione di unimpostacome imposta diretta possa essere rilevante ai fini della valutazione della sua compatibilitcon la sesta direttiva. 49. Tutte le direttive IVA si fondano sullart. 93 CE (ex art. 99 del Trattato CE), in forzadel quale il Consiglio adotta le disposizioni che riguardano larmonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sulla cifra daffari, alle imposte di consumo ed altre imposteindirette nella misura necessaria per assicurare linstaurazione e il funzionamento delmercato interno (originariamente nellinteresse del mercato comune). 50. Ne stato desunto che, poich lart. 93 CE riguarda soltanto limposizione fiscaleindiretta, la sesta direttiva non pu vietare tributi che non configurino, di per s, unimpostaindiretta. 51. A mio parere, tuttavia, tale conclusione non giustificata. 52. In primo luogo, si rilevi che, come la Commissione ha sottolineato nel corso dellaseconda udienza, la Corte, nel valutare la compatibilit di unimposta nazionale con la sestadirettiva, non lha mai qualificata come diretta o indiretta (64). Chiaramente, da talecircostanza non pu trarsi alcuna conclusione determinante, tuttavia essa indica che ladistinzione tra imposizione diretta e indiretta non stata considerata, ad oggi, un criterioessenziale, e pu suggerire che dovrebbe essere introdotta come criterio solo ove vi fosserofondate ragioni per farlo, il che resta da verificare. 53. In tale contesto, va ricordato che il Trattato non contiene alcuna definizione in merito alla differenza tra imposizione diretta e indiretta, ed pacifico che non pu formularsialcuna definizione completa, inequivocabile e universalmente valida. 54. Certamente, lessenza della distinzione chiara: unimposta diretta riscossa direttamente presso il soggetto su cui grava lonere economico; unimposta indiretta inclusa inun importo pagato da tale soggetto a un altro, che non sopporta lonere economico ma cherisponde del pagamento dellimposta. 55. Tipiche imposte dirette sono quelle sul patrimonio personale, sulla propriet o sul reddito; si potrebbe dire che solo le imposte riscosse sui singoli come tali abbiano natura veramente diretta. Al contrario, lIVA, come disciplinata dalla sesta direttiva, unimposta indiretta pereccellenza, in quanto del tutto neutrale rispetto agli operatori economici presso i quali riscossa ed in quanto viene in via di principio sempre trasferita sul consumatore finale quale percentuale identificabile del prezzo (e quale importo specificato allorch viene emessa una fattura). (63) V. paragrafi 39, 40 e 53 delle conclusioni dellavvocato generale Jacobs presentate in questa causa. (64) V. la giurisprudenza citata supra , al paragrafo 16. La Corte ha ovviamente tenuto conto dellapossibilit di trasferire lonere dellimposta, che una caratteristica dellimposizione indiretta, ma soloa fini di raffronto con lIVA, e non per qualificare limposta come diretta o indiretta. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 56. Tuttavia, la situazione non sempre nitida. Alcune imposte che sono in primo luogodirette possono condividere in parte la natura dellimposizione fiscale indiretta, e viceversa. E anche qualora potesse rinvenirsi un criterio soddisfacente per distinguere giuridicamentetra imposizione fiscale diretta e indiretta, alcuni degli effetti di unimposta come lIRAPsembrano potersi sovrapporre a quelli dellIVA, cosicch uninterferenza tra le due non puessere esclusa. 57. Inoltre, stato correttamente sottolineato come lart. 93 CE non possa chiaramente fornire un valido fondamento normativo per unarmonizzazione comunitaria dellimposizione fiscale diretta. Tuttavia, altrettanto chiaramente, secondo me, esso pu fornire un tale fondamento per una norma comunitaria che vieti unimposta nazionale idonea a pregiudicare il funzionamento di una forma di imposizione indiretta armonizzata come lIVA. Noncredo sia necessario esigere un fondamento normativo diverso semplicemente perch il tributo nazionale in questione pu presentare alcune caratteristiche dellimposizione diretta. Ci che importa che possegga oppure no caratteristiche idonee a compromettere il funzionamento del sistema dellIVA, a prescindere dal fatto che ne possegga anche altre che nonlo sono e si ricordi che solo le caratteristiche lesive del funzionamento del sistema dellIVA saranno in conflitto con il divieto fondato sullart. 93 CE. 58. In termini pi succinti, si pu dire che lart. 93 CE non consente alla legislazionecomunitaria di ledere la sovranit fiscale degli Stati membri nel settore della fiscalit diretta; reciprocamente, non consente agli Stati membri di adottare, nellesercizio di tale sovranit, misure idonee a compromettere larmonizzazione, come pattuita, della fiscalit indiretta. Di conseguenza, esso pu fungere da valido fondamento normativo per una normativache vieti siffatte misure. 59. Si rilevi infine che, sebbene dal 1989 (65) in poi tutte le direttive IVA risultino essere state adottate soltanto sulla base dellart. 93 CE (o del suo predecessore, lart. 99 delTrattato CE), non cos era avvenuto per le direttive precedenti. Fino al 1986 (66) esse eranofondate nel contempo sullart. 99 e sullart. 100 del Trattato CE, vale a dire sugli attualiartt. 93 CE e 94 CE. Ai sensi di questultima norma, il Consiglio stabilisce direttive volte alravvicinamento delle disposizioni nazionali che abbiano unincidenza diretta sullinstaurazione o sul funzionamento del mercato comune. 60. Pertanto la sesta direttiva, che rientra nel primo gruppo, stata adottata sulla basenon soltanto di una disposizione del Trattato che autorizza larmonizzazione delle imposteindirette, ma anche sulla base di unaltra disposizione che autorizza, pi in generale, qualunque armonizzazione che sia in rapporto indiretto con linstaurazione e il funzionamentodel mercato comune. 61. Di conseguenza, non vi alcuna ragione per cui il divieto di imposte nazionali sullacifra daffari diverse dallIVA non debba potersi estendere a tutte le imposte idonee a pre( 65) Diciottesima direttiva del Consiglio 18 luglio 1989, 89/465/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari Soppressione di talune deroghe previste dallarticolo 28, paragrafo 3, della sesta direttiva 77/388/CEE (GU L 226, pag. 21). (66) Tredicesima direttiva del Consiglio 17 novembre 1986, 86/560/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari Modalit dirimborso dellimposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti nel territorio dellaComunit (GU L 326, pag. 40); sebbene le direttive IVA siano numerate in ordine progressivo, nontutte quelle nellordine sono state di fatto adottate (o adottate nellordine progressivo). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE giudicare il funzionamento del sistema dellIVA. Ci dipender dalle caratteristiche e daglieffetti di ciascuna imposta, e non da una sua classificazione teorica nella categoria delleimposte dirette o di quelle indirette. Non paiono esservi ragioni cogenti per introdurre uncriterio del genere in sede di valutazione della compatibilit con lart. 33, n. 1, della sestadirettiva, e lart. 93 CE, in quanto fondamento normativo della sesta direttiva, non forniscepertanto alcun ausilio diretto sotto tale profilo. 6. Conclusione sulla scorta delle considerazioni generali in merito alla compatibilitcon la sesta direttiva 62. Giungo pertanto alla conclusione che n la peculiarit delle operazioni bancarie nla qualificazione di unimposta come diretta o indiretta possono incidere sulla valutazioneche qui ci occupa, la quale deve basarsi su un esame delle quattro caratteristiche essenziali, le quali tutte debbono ricorrere affinch unimposta nazionale rientri nella sfera del divietosancito dalla sesta direttiva. 63. Tuttavia, ritengo che la Corte, con riferimento a taluni aspetti di questi criteri, sitrovi di fronte ad una scelta tra unapplicazione restrittiva ed una pi estensiva, questultima quantomeno implicitamente insita nellanalisi svolta dallavvocato generale Jacobs. 64. Orbene, si pu desumere dagli orientamenti giurisprudenziali innanzi delineati chetanto lapproccio estensivo quanto quello restrittivo gi sono presenti, in gradi diversi, nellagiurisprudenza della Corte, che pu dunque aver mantenuto un qualche grado di incertezza. Nella fattispecie, la Corte deve dissipare ogni eventuale incertezza indicando se le quattrocaratteristiche essenziali, utilizzate come criteri per accertare se unimposta nazionale siavietata dalla sesta direttiva, debbano essere considerate in maniera puramente formale oppure alla luce delle finalit del divieto, da un lato, e del sistema dellIVA armonizzata visto nelsuo insieme, dallaltro. 65. Considerato inoltre il rango della presente causa lattenzione che ha attirato, ilfatto che, diversamente dalla maggior parte delle cause precedenti, sar giudicata dalla Cortein seduta plenaria e la circostanza che il procedimento sia stato riaperto espressamente pervalutare, inter alia, i criteri per qualificare unimposta come imposta sulla cifra daffari aisensi dellart. 33, n. 1, della sesta direttiva occorre altres tener presente che la scelta chesar operata incider in maniera determinante sulla futura giurisprudenza in materia. B Applicazione ad unimposta come lIRAP 66. Passo ora ad esaminare come i criteri elaborati dalla giurisprudenza della Cortedovrebbero essere applicati allIRAP, tenendo presente che non spetta alla Corte definire lecaratteristiche di tale imposta. questo un compito che tocca ai giudici italiani, ed occorrein linea di principio accettare la descrizione che fa dellimposta lordinanza di rinvio. Tuttavia, ci si potr soffermare sugli aspetti di tale descrizione che appaiono contestati. 67. Lavvocato generale Jacobs ha, ovviamente, gi esaminato gli stessi criteri nelle sueconclusioni e sarebbe di poco profitto riprodurre la sua analisi. 1. Generalit di applicazione 68. Risulta dalla giurisprudenza della Corte che la prima fondamentale caratteristicadellIVA il fatto di essere generalmente applicata ad operazioni concernenti beni e servizi. 69. Come ricordato nellordinanza di rinvio, lIRAP si applica, in modo generalizzato, a tutte le operazioni commerciali di produzione e di scambio aventi ad oggetto beni eservizi poste in essere nellesercizio in modo abituale di unattivit volta a tale fine e nellatassazione frazionata IVA e IRAP si assomigliano come due gocce dacqua [nonostante] la diversit degli espedienti tecnici usati per la misurazione dellimponibile e dellimposta. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 70. Lavvocato generale Jacobs ha affrontato questi aspetti nei paragrafi 28-40 delle sueconclusioni, in cui afferma che lIRAP possiede tali caratteristiche. 71. Tenuto conto di questo, ed alla luce del punto 15 della sentenza Dansk Denkavit, non sembra che lapplicazione generale dellIRAP a beni e servizi costituisca un problema: pacifico che, diversamente da quasi tutte le imposte nazionali esaminate dalla Corte e giudicate compatibili con la Sesta direttiva, lapplicazione dellIRAP non si limita a particolari categorie di beni e di servizi. 72. Mi pare, inoltre, che una divergenza di opinioni tra la Banca Popolare e il governoitaliano, alla quale lavvocato generale Jacobs si riferiva nel paragrafo 32 delle sue conclusioni, sia stata chiarita nella seconda udienza. La Banca Popolare negava che lIRAP fosseriscossa su beni fabbricati ma non ancora venduti, gravando cos sulle scorte e non solo sullecessioni. Se ho ben capito ci che stato detto in udienza, laffermazione del governo sarebbe a rigore esatta, ma il fatto che le scorte siano valutate al prezzo di costo e che il costo difabbricazione sia dedotto dalla base imponibile avrebbe per effetto che in quasi tutti i casilimporto dellimposta riscossa sia praticamente pari a zero. Di conseguenza, inutile chela Corte si soffermi ulteriormente su questo problema. 73. Rimane tuttavia un aspetto in relazione al quale pu risultare necessario vedere seoccorra adottare un approccio pi ampio o pi ristretto: nonostante la formulazione dellordinanza di rinvio, sembra che lIRAP non sia calcolata sulle singole operazioni in quantotali, mentre la giurisprudenza della Corte, rifacendosi allart. 2 della Sesta direttiva, definisce lIVA come unimposta che si applica in generale ad operazioni (e, come sar chiarito in seguito, questa distinzione appare rilevante per pi di una delle caratteristiche fondamentali dellIVA). 74. Lavvocato generale Jacobs ha concluso che vi in pratica poca differenza traunimposta calcolata, come lIRAP, sulla sola base di un cumulo periodico ed unaltra calcolata, come lIVA, sulla base di ogni singola operazione per le fatture individuali e sullabase di un cumulo periodico per i commercianti. 75. Sembra infatti evidente che la differenza fra le entrate totali e le uscite totali durante un periodo dimposta sar identica alla somma delle differenze tra le singole entrate e lesingole uscite durante lo stesso periodo. 76. La Corte potrebbe nondimeno applicare rigorosamente la propria precedente giurisprudenza, considerando che solo le imposte calcolate sulla base di singole operazioni inquanto tali ricadono sotto lart. 33, n. 1, della Sesta direttiva a prescindere dal cumulo periodico. In numerose sentenze (67), il fatto che unimposta sia calcolata sulla base del giro daffari annuo stato considerato come una caratteristica rilevante che distingue tale impostadallIVA, sebbene non sembrino esserci casi in cui non ci fossero anche altre caratteristichedistintive. 77. Un simile approccio farebbe dipendere lincompatibilit da una corrispondenza piprecisa tra le modalit di calcolo dellimposta interna e quelle dellIVA di quanto non abbiasuggerito lavvocato generale Jacobs. 78. Esso implicherebbe altres un cambio dorientamento rispetto alla giurisprudenzarisultante dalla sentenza Dansk Denkavit, che fu pronunciata dalla Corte in seduta plenaria: (67) V. paragrafo 27 e nota 41. Va rilevato che, a differenza di quanto avvenuto nella causa DanskDenkavit, tutte queste sentenze sono state pronunciate da una sezione della Corte. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE limposta che tale sentenza ritenne incompatibile era calcolata secondo un meccanismoapparentemente assai simile a quello dellIRAP giacch veniva riscossa come percentualedel volume delle vendite previa deduzione degli acquisti. 79. A mio parere, linterpretazione pi ampia, fatta propria dalla sentenza DanskDenkavit, la pi appropriata in quanto include nel divieto imposte che, pur non essendocalcolate nello stesso modo, conducono, per i commercianti e per i consumatori, ad un risultato identico a quello delle imposte riscosse sulle singole operazioni. Essa serve meglio loscopo di garantire che il funzionamento del sistema dellIVA non sia perturbato. 80. Se si accoglie questo punto di vista, e se si parte dal presupposto che il metodo dicalcolo dellimposta in questione porta in pratica ad unimposta di ammontare identico aquello che risulterebbe da un metodo basato sul valore delle singole operazioni, mi sembrachiaro che la caratteristica dellapplicazione generale ad operazioni concernenti beni e servizi presente in unimposta come lIRAP. 81. Il governo italiano nega vero che lIRAP, calcolata sui risultati globali diunimpresa, possa essere equiparata allIVA, che invece calcolata su ciascuna delle singole operazioni effettuate dallimpresa stessa. 82. Tuttavia, i suoi argomenti non si fondano direttamente sulla differenza tra i metodidi calcolo. Esso sostiene, piuttosto, in primo luogo, che lIRAP riscossa sullimpresa inquanto tale e non sulle operazioni da questa poste in essere, cosicch unimposta diretta enon gi unimposta indiretta (68); questo un aspetto di cui ho gi trattato ai paragrafi 48 esegg., concludendo che era irrilevante. In secondo luogo, il governo italiano sostiene che ilvalore cumulato su cui viene riscossa lIRAP non equivale alla somma dei valori individuali su cui si basa lIVA; questo argomento concerne per la natura del valore aggiunto usatocome base imponibile piuttosto che il metodo di calcolo dellimporto dovuto e lo prenderperci in considerazione nellambito della quarta caratteristica fondamentale (69), doveappare pi rilevante che nel presente contesto. 83. Le precedenti considerazioni non influenzano perci la mia opinione sullimponibile di unimposta come quella descritta dal giudice remittente in relazione alla prima caratteristica fondamentale dellIVA. 84. Prima di passare alla seconda di tali caratteristiche, vorrei menzionare brevementeun argomento dedotto dal governo ungherese secondo cui unimposta non di applicazionegenerale se riscossa a livello locale o regionale, in particolare se la sua riscossione facoltativa e/o se lautorit locale o regionale pu determinarne laliquota. Non mi pare che questo sia un criterio rilevante; di certo non stato considerato rilevante dalla Corte nella causaPelzl e nella causa EKW, ciascuna delle quali riguardava imposte regionali (70). Si trattapiuttosto di accertare se limposta sia generale nella propria area di applicazione, indipendentemente dal fatto che essa si applichi su scala nazionale o puramente locale. 85. Di conseguenza, ritengo che unimposta nazionale dotata delle caratteristichedescritte dal giudice remittente abbia in comune con lIVA la caratteristica fondamentale di (68) I governi francese ed ungherese hanno formulato osservazioni analoghe. (69) V. i successivi paragrafi 105 e segg. (70) V., in particolare, la sentenza Pelzl, punto 27; v. inoltre, con riferimento alla compatibilitdi un tributo di livello locale con il divieto di imposte aventi effetto equivalente a quello a quello diun dazio sulle esportazioni, sentenza 9 settembre 2004, causa C-72/03, Carbonati (Racc. pag. I-8027, punti 27 e segg.). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO essere generalmente applicata ad operazioni concernenti beni e servizi. Se, nondimeno, laCorte dovesse ritenere scostandosi dalla sua giurisprudenza Dansk Denkavit che la caratteristica fondamentale in questione implica necessariamente lapplicazione a singole operazioni, tale imposta non evidenzierebbe tale caratteristica. 2. Rapporto proporzionale tra limposta e il prezzo 86. La seconda caratteristica fondamentale dellIVA consiste nel fatto che essa proporzionale al prezzo percepito dal soggetto dimposta per i beni o i servizi che egli fornisce. 87. Lordinanza di rinvio indica che la somma delle IRAP riscosse nelle varie fasi del ciclo, dalla produzione alla immissione al consumo pari allaliquota IRAP applicata alprezzo alla vendita di beni e servizi praticato in sede di immissione al consumo. () QuindilIRAP finisce per agire come imposta generale e proporzionale sul prezzo di cessione alconsumo di beni e servizi. 88. Lavvocato generale Jacobs ha trattato questo aspetto nei paragrafi 59 e segg. dellesue conclusioni. Egli ha riconosciuto che il meccanismo dellIRAP era tale da non potersempre rimanere strettamente proporzionale al prezzo di ciascuna operazione, ma ha ritenuto che ci non fosse determinante dal momento che, in sostanza, il carico effettivo dellIVApu, contrariamente allimporto figurante nella fattura, essere ridistribuito da un commerciante fra i vari tipi di cessioni che egli compie, adeguando i propri margini di profitto, nellostesso modo in cui ci pu essere fatto per lIRAP. In altri termini, entrambe le impostesono, per loro natura, proporzionali ed i commercianti finiranno, in situazioni normali, perdistribuire proporzionalmente il carico di ciascuna di esse tra i propri prodotti e servizi; inentrambi i casi, essi possono astenersi da tale distribuzione, ma lo faranno soltanto per raggiungere un preciso obiettivo commerciale. 89. vero che in numerose cause (71) la Corte ha considerato che la mancanza di unostretto rapporto di proporzionalit o un metodo di calcolo che non permettesse di determinare il preciso importo dellimposta ripercossa sul consumatore era una caratteristica distintiva rilevante, almeno se presa in considerazione insieme ad altre, di unimposta non vietata dallart. 33, n. 1, della Sesta direttiva. Se si segue tale giurisprudenza, mi sembra chelIRAP possa essere distinta dallIVA anche per questo motivo. 90. Tuttavia, limposta che venne ritenuta incompatibile nella causa Dansk Denkavitera stata descritta dal giudice del rinvio come un contributo riscosso in ciascuna fase dellacatena commerciale () sotto forma di percentuale delle vendite realizzate dallimpresa, previa detrazione degli acquisti effettuati, sulla base dei quali stato riscosso il contributo amonte e non indicato a parte nella fattura situazione che sembra corrispondere a quelladellIRAP. E, nella sentenza Careda (72), la Corte ha chiaramente statuito che era sufficiente che unimposta potesse essere ripercossa sul consumatore, senza che occorresse alcunobbligo a questo riguardo; in tali circostanze ovviamente impossibile applicare anche lacondizione che limporto dellimposta risulti sempre costantemente proporzionale al prezzodi ciascuna operazione. 91. La Corte sembra quindi aver oscillato fra una nozione pi ampia ed una nozionepi restrittiva del principio di proporzionalit al prezzo e, nel presente caso, dovr deciderequale di questi due approcci maggiormente appropriato. (71) V. il precedente paragrafo 27, note 41 e 45. (72) Punto 18 della motivazione. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 92. A mio parere, occorre optare per lapproccio pi ampio se si intende perseguire lobiettivo di non mettere in pericolo il funzionamento del sistema dellIVA. Non sembra possibile ritenere che unimposta interferisca con il sistema dellIVA se strettamente proporzionale ai prezzi delle operazioni; pu invece interferire se la proporzionalit solo approssimativa. Come lavvocato generale Jacobs ha precisato, sinteticamente, al paragrafo 69delle sue conclusioni, ci consentirebbe ad uno Stato membro di eludere il divieto, magariricorrendo a qualche minuscolo aggiustamento, ma continuando nondimeno a riscuotereunimposta che, nella sua funzione, coincide sostanzialmente con lIVA. 93. Un altro punto di cui si pu nondimeno tener conto nel presente contesto e che stato messo in evidenza dal governo italiano il regime di IRAP applicato alle importazioni. Sebbene ci non sia menzionato nellordinanza di rinvio, pacifico che lIRAP gravaunicamente sul valore che stato aggiunto nella regione italiana (di cui trattasi). Di conseguenza, se una merce importata per essere (trattata e) rivenduta, limporto totale dellIRAPriscossa sar proporzionale solo alla differenza fra il costo di importazione ed il prezzo divendita e non gi allintero prezzo di vendita, come accadrebbe per lIVA. 94. Questo tratto distingue in effetti lIRAP dallIVA, che si applica al valore delleimportazioni in quanto tale, e dallimposta di cui si discuteva nella causa Dansk Denkavit, che si applica a tale valore in quanto incorporato in una successiva cessione del prodotto. Astretto rigore, perci, un tratto idoneo ad escludere lIRAP dal divieto. 95. Non sono tuttavia convinta ripeto che si possa giungere a questa conclusionesulla base di un approccio pi ampio che tenga conto dellobiettivo di evitare che il funzionamento del sistema dellIVA sia messo in pericolo. 96. nella natura delle imposte interne almeno nel caso delle imposte indirette che, qualora vengano riscosse sul valore aggiunto, tali imposte non siano riscosse sul valoreaggiunto realizzato al di fuori del territorio in cui esse si applicano; inoltre, una imposta sulleimportazioni violerebbe gli artt. 25 CE e 26 CE. Si potrebbe dunque ritenere che un criteriodi proporzionalit rispetto al prezzo nel contesto del divieto di imposte nazionali che interferiscano con il funzionamento del sistema comune dellIVA debba essere inteso come un criterio di proporzionalit rispetto al valore aggiunto al prezzo nel territorio fiscale delloStato di cui trattasi. 97. Per quanto riguarda tale criterio, dunque, sono del parere che lIRAP, come ci stata descritta, sia sufficientemente proporzionale al prezzo percepito nelle operazioni su cuiessa grava cos da non essere esclusa dal divieto di cui allart. 33, n. 1, della Sesta direttiva, qualora il suddetto divieto sia inteso nel senso che esso preclude le imposte nazionali che, sovrapponendosi, interferiscono con il funzionamento dellIVA. Diverse sarebbero le conclusioni se il criterio dovesse essere applicato in modo pi formale. 3. Riscossione ad ogni stadio della produzione 98. La terza caratteristica fondamentale dellIVA consiste nel fatto che limposta riscossa ad ogni stadio della produzione e della distribuzione, fino alla fase della vendita aldettaglio, indipendentemente dal numero di operazioni che hanno gi avuto luogo. 99. Lordinanza di rinvio precisa che lIRAP riscossa in ogni fase del processo di produzione o di distribuzione, poich ogni operatore che si inserisce in una fase del ciclo, producendo valore aggiunto tassabile, viene elevato, dalla legge, a soggetto passivo di imposta. 100. Lavvocato generale Jacobs ha trattato questi aspetti nei paragrafi 55-58 delle sueconclusioni, in cui ha affermato che limposta, quale descritta, soddisfa tale criterio. 101. Le principali obiezioni a questo punto di vista sono simili a quelle che ho gi esaminato in precedenza e si basano, in particolare, sul fatto che lIRAP non riscossa allo sta RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO dio delle singole operazioni, bens sulla base di cifre annuali, e sul fatto che essa non gravale importazioni. 102. Per quanto attiene alla prima obiezione, mi sembra che un approccio restrittivonon sia comunque giustificato. LIRAP riscossa, come ha spiegato lavvocato generaleJacobs, in ogni fase del processo di produzione o di distribuzione in corrispondenza di unacessione o di cessioni di beni o di servizi fatte da un soggetto passivo dimposta. Questaterza caratteristica fondamentale dellIVA pu solo essere intesa nel senso che essa significhi che non le sfugge alcuno stadio nella trafila delle cessioni (73), ed forse significativo il fatto che la maggior parte dei tributi che la Corte ha ritenuto compatibili con lart. 33, n. 1, della Sesta direttiva, se non tutti, erano imposte riscosse in un singolo stadio di produzione (74). Lobiettivo essenzialmente quello di proteggere il funzionamento dellIVA dainterferenze dovute ad imposte cumulative riscosse in differenti fasi della produzione, ed in tale prospettiva che occorre vedere il criterio della riscossione ad ogni stadio della trafiladi produzione. 103. Per quanto riguarda la seconda obiezione, vorrei ripetere (75) che il fatto di essere riscossa sulla base del valore aggiunto prodotto nel territorio fiscale dello Stato interessato una caratteristica intrinseca di qualsiasi imposta interna sul valore aggiunto. Poichunimposta da riscuotere nel territorio di uno Stato membro chiaramente idonea a metterein pericolo un sistema di imposizione comune, operante su scala comunitaria, irrilevanteche la suddetta imposta si applichi o meno a fattispecie che si producono al confine delloStato. 104. Di conseguenza, concordo con lavvocato generale Jacobs su questo punto e nonvedo spazio per uninterpretazione pi restrittiva che escluda lIRAP dal divieto sulla basedi questo criterio. 4. Imposizione del valore aggiunto, previa deduzione dellimposta pagata a monte 105. Lultima delle quattro caratteristiche fondamentali dellIVA il fatto che limposta viene riscossa sul valore aggiunto alla cessione ad ogni stadio, con un meccanismo perla detrazione della tassa pagata sul valore aggiunto negli stadi precedenti. 106. Lavvocato generale Jacobs ha trattato di questi aspetti nei paragrafi 41-54 dellesue conclusioni, in cui ha affermato che essi sono sostanzialmente identici tanto per lIVAquanto per lIRAP. Anche qui, egli ha fatto proprio lapproccio pi ampio, che toccher allaCorte decidere se seguire o meno. 107. Tratter anzitutto del primo aspetto di questa caratteristica che, a mio parere, ilpi lineare, precisamente lesistenza di un meccanismo di detrazione per limposta pagataa monte. 108. evidente che lIRAP non possiede un tale meccanismo proprio perch, a differenza dellIVA, non calcolata previa deduzione dellimposta pagata a monte dallimpostafatturata al cliente, bens deducendo il valore dacquisto dal valore di cessione. Ci cheimporta il fatto che esiste una somiglianza sostanziale fra i due tipi di meccanismo o, per (73) Con la forse inopportuna eccezione, di minor rilievo, di operazioni esenti, qualora esse sipongano a monte di successive e collegate operazioni a valle. (74) Fatta forse eccezione per quelle di cui alle sentenze Rousseau Wilmot e SPAR, in nessunadelle quali la Corte ha fatto espresso riferimento alle quattro caratteristiche essenziali. (75) V. il precedente paragrafo 96. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE esprimerci con le parole dellavvocato generale Jacobs, che la differenza tra di essi in pratica limitata. 109. Checch ne sia, mi sembra che lesistenza di un meccanismo di deduzione non siacomunque un criterio indipendente, ma piuttosto un inevitabile corollario del fatto che limposta riscossa sul valore aggiunto ad ogni stadio della produzione e non sul valore cumulato. 110. In effetti, risulta chiaro che non necessario, per vietare unimposta, che questultima possieda un meccanismo per la deduzione dellimposta pagata a monte, dal momentoche uno dei principali ed espliciti obiettivi dellIVA quello di sostituire dei sistemi comportanti la tassazione cumulativa di singole operazioni in pi stadi di produzione (che perdefinizione non contenevano meccanismi di deduzione) con un sistema comune non cumulativo operante in pi stadi di produzione. 111. Potenzialmente pi problematica la questione della natura del valore aggiunto inquanto tale. 112. Il giudice del rinvio osserva che lIRAP colpisce il valore netto derivante dallattivit produttiva, ossia il valore netto aggiunto al prodotto dal produttore. LIRAP dunque unimposta sul valore aggiunto prodotto (). La quantificazione e tassazione dellafrazione o segmento di valore aggiunto () avvengono () deducendo a un di presso dalricavato delle vendite il costo di acquisto del venduto. 113. Se cos fosse, lIRAP sembrerebbe possedere la quarta caratteristica fondamentale dellIVA. 114. Il governo italiano ha tuttavia obiettato che, sebbene lIRAP sia riscossa sul valore aggiunto in senso economico, si tratta di un valore aggiunto diverso da quello preso inconsiderazione ai fini dellIVA. Esso sostiene che il valore aggiunto sul quale riscossalIRAP non si calcola sulla sola base dei costi degli acquisti e dei ricavati delle cessioni maanche sulla base di criteri quali le variazioni delle scorte (siano o meno tali variazioni ilrisultato di cessioni), le variazioni del valore del lavoro corrente realizzato, i contributi previdenziali, lammortizzamento etc. e che lIRAP consente la deduzione delle importazioni, ma grava sulle esportazioni, mentre lIVA riscossa sulle importazioni, ma rimborsata sulleesportazioni. Di conseguenza, due ditte che pagano importi simili per lIVA, potrebberopagare importi assai differenti per lIRAP. 115. Se cos fosse, se ne potrebbe dedurre che, in caso di interpretazione restrittiva ditale criterio, lIRAP non sarebbe vietata. 116. Daltra parte, ci si potrebbe domandare se il grado di differenza non sia di scarsaimportanza. Mi sembra che unimposta non possa sfuggire al divieto di cui allart. 33, n. 1, della Sesta direttiva semplicemente grazie alla circostanza che il valore aggiunto sulla basedel quale riscossa viene definito in modo diverso da come fa la direttiva. Tuttavia, perchessa ricada sotto il divieto, occorre che vi sia una somiglianza sostanziale tra i due tipi divalore aggiunto, tale da poter causare interferenze e mettere cos a rischio il funzionamentodel sistema comune. La somiglianza in questione pu essere esaminata a due livelli. 117. Il primo livello il principio generale che caratterizza la base imponibile, la quale, perch ci possa essere somiglianza sostanziale, deve poter essere chiaramente definita comeil valore aggiunto in ciascuno stadio della produzione. Nel caso dellIRAP, ci pacifico epu essere riconosciuto dalla Corte alla luce della normativa che le stata sottoposta. 118. Il secondo livello il contenuto dettagliato della base imponibile, cio gli elementi inclusi nel valore aggiunto tassato o esclusi da questo. A questo riguardo, pacifico chenon tutti gli elementi rilevanti per lIVA lo sono del pari per lIRAP, e viceversa. Tuttavia, non mi sembra che la mera elencazione di tali elementi possa esserci daiuto; ci che in RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO discussione la somiglianza sostanziale, che pu essere accertata solo guardando agli effetti sostanziali. 119. La Corte non dispone di sufficienti informazioni a proposito di tali effetti n rappresenta la sede opportuna per accertarli; un accertamento definitivo pu essere effettuatosolo dai giudici italiani. La Corte pu nondimeno fornire indicazioni circa i criteri grazie aiquali pu essere accertata la somiglianza sostanziale. Io propongo un criterio basato sulparallelismo tra gli importi riscossi a titolo dIVA e quelli riscossi a titolo dIRAP sul valore aggiunto da ciascuna impresa. 120. Se due imposte sono calcolate in funzione di aliquote diverse sulla stessa baseimponibile, il rapporto tra le due rimarr costante per ciascuna impresa interessata. Sipotrebbe elaborare un grafico rappresentante limporto di ciascuna imposta che un certonumero di imprese, operanti in diversi settori, disposte in ordine progressivo da quelle diminori dimensioni alle pi grandi, hanno dovuto pagare alle autorit fiscali, e le due lineedel grafico risulterebbero parallele. 121. Se un elemento della base imponibile venisse modificato per una delle suddetteimposte, ci potrebbe effettivamente influire sul parallelismo del rapporto, sulla sua costanza. Quanto pi grande fosse il numero di elementi sottratti alla base imponibile di un tributo e/o aggiunti a quella dellaltro, tanto pi risulterebbe probabile una distorsione del parallelismo. 122. Non si tratta per di un risultato obbligato. Se la base imponibile di entrambi i tributi fosse il valore aggiunto, ma taluni elementi di questo valore fossero presenti nel casodi un tributo e assenti nel caso dellaltro, il valore aggiunto nel secondo caso potrebbe sempre rimanere in un rapporto costante, sebbene pi ridotto, con il valore aggiunto nel primo, cosicch continuerebbe ad esserci parallelismo tra i due tracciati del grafico. 123. In tali circostanze, si dovrebbe concludere, a mio parere, che vi somiglianzasostanziale tra le due nozioni di valore aggiunto, poich lo stesso effetto si potrebbe raggiungere adeguando le aliquote dimposta piuttosto che la definizione della base imponibile. Piancora, sarebbe evidente che la natura dellattivit era irrilevante e che le scelte strategicheeffettuate da ciascuna impresa se investire di pi nel personale o nei macchinari, se prendere fondi a prestito o reinvestire i profitti,e cos via non influenzavano il risultato. 124. Se, nondimeno, le differenze fra gli elementi che compongono la base imponibiledei due tributi portassero ad una flagrante mancanza di parallelismo tra i due tracciati delgrafico, con variazioni imprevedibili, sarei del parere che si dovrebbe concludere per lassenza di somiglianza sostanziale tra le due imposte. Lo stesso sarebbe vero se le variazioni non risultassero accidentali, ma potessero essere sistematicamente riportate a scelte strategiche del tipo sopra ricordato, con differentieffetti sullIVA, da una parte, e sullimposta in questione, dallaltra. Ma, in caso di differenze tra settori di attivit, giungerei a questa conclusione soltantose vi fossero anche variazioni allinterno dei singoli settori; tracciati paralleli allinterno diciascun settore costituirebbero un forte indizio di una somiglianza sostanziale delle imposte. 125. Un tale criterio mi sembra essere adeguatamente obiettivo anche se, di necessit, alcuni suoi dettagli devono essere lasciati alla valutazione dei giudici nazionali, i qualipotranno ricorrere, se del caso, al parere di esperti statistici. In particolare, sar necessariostabilire che cosa costituisca un campione rappresentativo di imprese ed in che misura sipossano trascurare variazioni di portata ridotta nel rapporto fra gli importi dei due tributi. Nessuno di questi punti dovrebbe comunque, a mio parere, risultare problematico, se il principio della comparazione chiaro. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 126. Con riserva, pertanto, di una valutazione definitiva della somiglianza sostanzialetra il valore aggiunto su cui si basa lIRAP e quello su cui si basa lIVA da parte dei giudici italiani, ritengo che unimposta interna che presenti le caratteristiche descritte dal giudice remittente abbia in comune con lIVA la caratteristica fondamentale dellessere riscossa sul valore aggiunto alle cessioni in ogni stadio della produzione, con un meccanismo didetrazione dellimposta pagata a monte. 5. Conclusioni sulla valutazione di unimposta come lIRAP alla luce dellart. 33, n. 1, della Sesta direttiva 127. Alla luce delle considerazioni sopra esposte, condivido largamente le conclusionidellavvocato generale Jacobs per quanto riguarda lincompatibilit con lart. 33, n. 1, dellaSesta direttiva di unimposta corrispondente alla descrizione che lordinanza di rinvio fadellIRAP. Dei due approcci che ho cercato di descrivere, egli opta per il pi ampio, e cosifaccio anchio. A questo riguardo, mi sembra di particolare rilievo il fatto che lapprocciopi ampio si concilia con la sentenza Dansk Denkavit, pronunciata dalla Corte in seduta plenaria, mentre altre sentenze, che sembrerebbero favorire un approccio pi restrittivo, sonostate pronunciate da singole sezioni della Corte. 128. Di conseguenza, ritengo che unimposta corrispondente alla descrizione fattadellIRAP nellordinanza di rinvio possieda le quattro caratteristiche essenziali dellIVA ericada pertanto nel campo dapplicazione del divieto di altre imposte nazionali aventi ilcarattere di imposte sul giro daffari, divieto previsto dallart. 33, n. 1, della Sesta direttiva, purch, per un campione rappresentativo di imprese assoggettate ad entrambe le imposte, ilrapporto tra gli importi pagati a titolo dIVA e gli importi pagati a titolo dellimposta in questione risulti sostanzialmente costante. 129. La sussistenza di tale condizione va accertata dal giudice nazionale, tenendo contodelle dettagliate caratteristiche dellimposta in questione. II LIMITAZIONE NEL TEMPO DEGLI EFFETTI DI UNA SENTENZA RESA IN UN PROCEDIMENTO PREGIUDIZIALE A Considerazioni generali 130. Lultimo dei tre quesiti posti dalla Corte prima della seconda udienza stato suggerito dalle conclusioni dellavvocato generale Jacobs ed quello che ha ottenuto il maggior numero di risposte da parte degli Stati membri. Esso riguarda le circostanze e le modalit di un eventuale assoggettamento a limiti degli effetti nel tempo di una sentenza emessadalla Corte in sede di procedimento pregiudiziale. 131. Nel limitare nel tempo gli effetti di una sentenza si deve sempre cercare di raggiungere un contemperamento tra, da un lato, il principio di una corretta e coerente interpretazione del diritto e, dallaltro, il principio di certezza dei rapporti giuridici instaurati inbuona fede, anche se in base ad interpretazioni errate. 1. Validit di atti comunitari ed efficacia nel tempo 132. La prassi della Corte trova fondamento nellart. 231, secondo comma, CE, articolo che, con riferimento ad azioni di annullamento di atti comunitari, cos dispone: Se il ricorso fondato, la Corte di giustizia dichiara nullo e non avvenuto lattoimpugnato. Tuttavia, per quanto concerne i regolamenti, la Corte di giustizia, ove lo reputi necessario, precisa gli effetti del regolamento annullato che devono essere considerati come definitivi . RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 133. Fondandosi direttamente su tale disposizione, la Corte ha adottato sostanzialmente due tipi di condotta, o dichiarando definitivi gli effetti dellatto impugnato (76) oppureconfermando i detti effetti fino alladozione di un nuovo e valido provvedimento specificando talvolta che ci dovesse avvenire in tempi ragionevoli (77). 134. Ma la Corte pu inoltre riesaminare la validit di un atto comunitario in rispostaad una domanda di pronuncia pregiudiziale. Sostanzialmente, per garantire una certacoerenza tra le due situazioni, essa ha pertanto applicato, in via analogica, lart. 231, secondo comma, CE, nelle opportune ipotesi di tale natura. In questambito, essa ha adottatodiversi metodi. In alcune cause, la Corte ha puntualizzato che la dichiarazione di invaliditnon aveva nessun effetto retroattivo (78). In altre, essa ha dichiarato che gli effetti, in generale, non erano retroattivi, eccezion fatta per coloro i quali avessero promosso azioni basate sullinvalidit prima della data della sentenza (79). In un caso, la Corte ha confermatolefficacia di norme invalide sino alladozione di nuove norme (80), e in un tipo di situazione molto specifico, quando una disposizione era stata dichiarata invalida non per il suo contenuto, ma per unomissione in essa rilevata, la Corte ha semplicemente dichiarato che spettava allistituzione interessata adottare i provvedimenti necessari per porre rimedio allincompatibilit (81). Indubbiamente, la scelta del metodo stata determinata ogni volta dallespecifiche circostanze del caso. 2. Interpretazione del diritto comunitario ed efficacia nel tempo 135. Inoltre, la Corte ha imposto, in taluni casi (82), una limitazione nel tempo deglieffetti di una pronuncia pregiudiziale vertente sullinterpretazione di una disposizione deldiritto comunitario. 136. La maggior parte di queste cause rientra in due ampie categorie: mancata concessione, avente natura discriminatoria, di un beneficio finanziario, e imposizione di un tributo nazionale in contrasto con il diritto comunitario. Entrambe le categorie possono concernere importi molto elevati ingiustamente trattenuti o riscossi, il pagamento o il rimborso deiquali pu provocare serie difficolt alle finanze dello Stato membro interessato (83). (76) In numerose sentenze, dalla sentenza 3 luglio 1986, causa 34/86, Consiglio/Parlamento(Racc. pag. 2155, punto 48) alla sentenza 11 settembre 2003, causa C-445/00, Austria/Consiglio(Racc. pag. 8549, punti 103-106). (77) In numerose sentenze, dalla sentenza 5 giugno 1973, causa 81/72, Commissione/Consiglio(Racc. pag. 575) alla pi recente sentenza 10 gennaio 2006, causa C-178/03, Commissione/Parlamentoe Consiglio (non ancora pubblicata nella Raccolta). (78) V., in particolare, le prime tre cause dove la Corte ha fatto uso di questa possibilit: sentenze 15 ottobre 1980, causa 4/79, Providence Agricole de la Champagne (Racc. pag. 2823, punti 42-46), causa 109/79, Maseries de Beauce (Racc. pag. 2883, punti 42-46), e causa 145/79, Roquette Frres (Racc. pag. 2917, punti 50-52). (79) V., per esempio, sentenze 15 gennaio 1986, causa 41/84, Pinna (Racc. pag. 1, punti 26-30); 26 aprile 1994, causa C-228/92, Roquette Frres (Racc. pag. I-1445, punti 17-30). (80) Sentenza 29 giugno 1988, causa 300/86, Van Landschoot (Racc. pag. 3443, punti 22-24). (81) Sentenze 19 ottobre 1977, cause riunite 117/76 e 16/77, Ruckdeschel (Racc. pag. 1753), e cause riunite 124/76 e 20/77, Moulins Pont--Mousson (Racc. pag. 1795). (82) Dalla prima, e pi famosa, sentenza 8 aprile 1976, causa 43/75, Defrenne II (Racc. pag. 455, punti 69-75), alla pi recente, almeno per ora, sentenza EKW (punti 57-60). (83) V., per esempio, sentenza 17 maggio 1990, causa C-262/88, Barber (Racc. pag. I-1889), laquale inoltre mostra come serie difficolt non siano sufficienti a giustificare una limitazione degli IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE a) Efficacia ex tunc 137. In cause del genere, dopo aver formulato uninterpretazione secondo la quale lalinea di condotta nazionale in esame doveva essere considerata illegittima, la Corte ha sistematicamente ricordato che la sua sentenza interpretativa definisce il significato e la portatadella norma comunitaria nel senso secondo il quale essa doveva essere intesa ed applicatasin dalla sua entrata in vigore. b) Efficacia ex nunc 138. Eccezionalmente, quando lo Stato membro aveva buoni motivi per ritenere che lasua condotta fosse compatibile con il diritto comunitario e sussisteva un rischio di serie ripercussioni economiche, la Corte ha proseguito decidendo che la sua interpretazione nonpoteva essere invocata per rimettere in discussione situazioni consolidatesi in buona fede nelpassato: linterpretazione avrebbe prodotto effetti dalla data della sentenza stessa (84). c) Eccezioni alla limitazione dellefficacia nel tempo 139. A tuttoggi, la Corte ha escluso una qualsiasi forma di limitazione degli effetti neltempo per azioni basate sullinterpretazione formulata ma proposte prima della data dellasua pronuncia (85). d) La soluzione ipotizzata nella causa Meilicke 140. Nella causa Meilicke (86), una causa attualmente pendente dinanzi alla Corte, lavvocato generale Tizzano, nelle sue conclusioni presentate il 10 novembre 2005, ha proposto una soluzione diversa da quella fino ad oggi adottata dalla Corte. 141. Egli ha concluso, in primo luogo, che una disposizione tedesca sulla tassazione didividendi era contraria al diritto comunitario come risultava chiaro in base alla precedente sentenza della Corte nella causa Verkooijen (87), riguardante una norma paragonabile del- lordinamento olandese ma che le condizioni per limitare nel tempo gli effetti della futura sentenza erano soddisfatte. effetti nel tempo: dopo aver rilevato (punti 40 e 41) che un numero molto consistente di lavoratoriavrebbe potuto invocare il diritto alla parit di trattamento in base allinterpretazione del Trattato formulata, la Corte poi passata ad accertare (punti 42 e 43) che gli Stati membri avevano potuto legittimamente ritenere che fosse possibile unaltra interpretazione. (84) A livello nazionale, la normale efficacia nel tempo di una sentenza di incompatibilit parimenti o ex tunc (la norma generale, ad esempio, per i giudici di Belgio, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Spagna, Polonia e Portogallo) oppure ex nunc (la norma generale, ad esempio, per alcuni, se nontutti, i giudici di Austria, Repubblica ceca, Grecia, Ungheria e Slovenia; nel caso, quantomeno, diGrecia e Slovenia, le sentenze di alcuni altri giudici producono normalmente effetti ex tunc), conunapparente prevalenza di ex tunc. (85) A livello nazionale, una simile prassi pu essere seguita, a prescindere dal fatto che lefficacia operi normalmente ex tunc o ex nunc. In generale, nellinteresse della certezza del diritto, suunefficacia ex tunc ci si pu basare solo in procedimenti che siano stati o possano ancora essere avviati entro i pertinenti termini processuali di decadenza, sebbene in alcuni ordinamenti giurisdizionalilefficacia possa essere espressamente limitata al caso di specie, poich il giudice non ha competenzaad annullare un provvedimento legislativo, ma solo a disapplicarlo (la norma generale, ad esempio, per i giudici di Danimarca, Finlandia, Lussemburgo, Svezia e Regno Unito). Quando gli effetti operano ex nunc, si fa normalmente eccezione per procedimenti che alla data della sentenza siano stati opossano ancora essere avviati entro i pertinenti termini procedurali di decadenza; per quelli i quali atale data erano gi stati avviati; oppure per quelli che hanno concretamente portato alla pronuncia. (86) Causa C-292/04. (87) Sentenza 6 giugno 2000, causa C-35/98 (Racc. pag. I-4071). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 142. Egli poi passato a considerare (88) quale forma di limitazione si dovesse adottare, esaminando una gamma di possibilit pi ampia di quella di cui la Corte ha finora fattouso. Egli ha concluso nel senso che la sentenza dovrebbe produrre effetti dalla data dellapronuncia Verkooijen, quando divenuta chiara la corretta interpretazione del diritto comunitario (89). Nondimeno, si dovrebbe fare uneccezione a siffatta limitazione per le azioniproposte prima di tale data. Inoltre, sarebbe ingiusto respingere tutte le azioni proposte dopola sentenza Verkooijen, sebbene la notoriet che ha accompagnato il procedimento Meilickeabbia portato a un cos gran numero di azioni che uneccezione per tutte loro potrebbe rendere inevitabile il rischio di serie ripercussioni economiche. 143. Di conseguenza, egli ha suggerito che leccezione debba applicarsi a tutte le azioni proposte prima della data in cui la comunicazione dellordinanza di rinvio relativa al procedimento Meilicke stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dellUnione europea, momento in cui si pu supporre che la possibilit di un rimborso abbia attirato lattenzione persinodei ricorrenti meno diligenti. e) Effetti a partire da una data futura 144. Per completare la gamma di possibilit ipotizzabili, pu essere utile esaminareunaltra opzione ammessa negli ordinamenti costituzionali di alcuni Stati membri (90) insituazioni analoghe a quelle di cui alla presente causa (91), vale a dire quella di stabilire unadata futura a partire dalla quale la sentenza possa essere invocata. 145. In tali ordinamenti, lo scopo sembra soprattutto quello di evitare situazioni in cuiuna lacuna del diritto potrebbe essere peggiore di una cattiva norma (comprese, per esempio, quelle in cui lo Stato non potrebbe essere pi in grado di tassare determinati redditi odisporre determinati pagamenti) e di concedere al legislatore un tempo sufficiente alladozione di un provvedimento che soddisfi le condizioni poste dalla norma di rango superiore. In molte cause, la competenza del giudice a stabilire una data futura limitata per leggeentro precisi limiti di tempo. Allinterno di tale periodo, la scelta pu essere determinatadalla valutazione del giudice relativa al tempo ragionevole ai fini delladozione di una nuovanormativa, oppure dal carattere periodico della legislazione esaminata (nel caso, ad esempio, della normativa tributaria) (92). (88) Paragrafi 43 e segg. (89) Sembrano rare le cause in cui i giudici nazionali dispongano lannullamento di un atto legislativo con effetti a partire da una precisa data del passato. (90) Tra cui Austria, Belgio, Repubblica ceca, Germania, Ungheria, Polonia, Slovenia e Spagna. In altri ordinamenti, sussistono obiezioni di principio a questa soluzione, detta anche della decorrenza futura. Come Lord Nicholls of Birkenhead ha spiegato recentemente nella causa NationalWestminster Bank/Spectrum Plus (2005; UKHL 41): Il nocciolo dellargomento principale contro lesentenze con decorrenza futura che in questo paese ladozione di una sentenza di tal genere eccedei limiti costituzionali imposti alla funzione giurisdizionale. Ci equivarrebbe ad unusurpazione, daparte del giudice, della funzione legislativa. (91) Ossia, in cui una norma di legge esistente, avente portata generale, dichiarata incompatibile con una norma di rango pi elevato; ammesso che ci sia possibile, sar difficile trovare una situazione assolutamente identica, in cui il giudice che accerta lincompatibilit rinvii la causa ad un altrogiudice, affinch questultimo si pronunci sulla validit. (92) Il periodo tra la data della sentenza e la data a partire dalla quale si pu invocare la medesima talvolta denominato transitorio. Va sottolineato comunque che ci fuorviante; il provvedimento nazionale impugnato invalido e deve essere sostituito con effetti da una data precisa. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 3. Natura peculiare delle sentenze pregiudiziali di interpretazione del diritto comunitario che possono condurre allinvalidit di provvedimenti nazionali 146. Prima di procedere oltre, pu essere utile attirare lattenzione sulle caratteristichespecifiche di una sentenza pregiudiziale di questa Corte che interpreti il diritto comunitarioin modo tale da comportare linvalidit di un provvedimento nazionale, le quali possonocondizionare le opzioni a disposizione della Corte al momento di decidere di limitare neltempo lefficacia della sua pronuncia. 147. La Corte non competente a decidere sulla compatibilit di un provvedimentonazionale con il diritto comunitario, ma pu solo interpretare questultimo in modo tale daconsentire al giudice nazionale di decidere in merito a tale compatibilit (93). 148. Ovviamente, nella presente causa la Corte pu interpretare la sesta direttiva inmodo da far s che il giudice remittente dichiari lIRAP incompatibile con il diritto comunitario. Ci comunque molto diverso dal dichiarare che il tributo nazionale in esame essostesso invalido, una dichiarazione che pu essere formulata solo dal competente giudicenazionale qualora lo si ritenga opportuno, con effetti dalla data determinata da detto giudice o in applicazione del diritto nazionale, e diverge dallipotesi di un rinvio pregiudiziale vertente sulla validit di un atto comunitario, che in effetti la Corte pu annullare direttamente. 149. La data a partire dalla quale la pronuncia della Corte produce effetti acquisterrilevanza al momento di decidere se una parte in causa possa o meno invocare dinanzi ad ungiudice lincompatibilit del provvedimento nazionale con il diritto comunitario risultantechiaramente dalla pronuncia, con riferimento al periodo in cui il detto provvedimento statoapplicato. Questo non sar comunque lunico fattore rilevante, dal momento che le normedi procedura nazionali possono limitare in altro modo la portata dellazione. B Limitazione degli effetti nel tempo in relazione al presente procedimento 150. Anche se le considerazioni generali che ho sviluppato in precedenza possono essere di aiuto alla Corte, qualsiasi decisione di limitare gli effetti nel tempo di una sua pronuncia devessere adottata in base ad unanalisi di ogni singolo caso concreto, alla luce voltaper volta del complesso delle circostanze. 151. Sono tre le questioni cui va pertanto data risposta nel presente procedimento: sesussistano ragioni per limitare gli effetti nel tempo della sentenza; in caso di soluzione affermativa, a partire da quale data sia possibile invocare la sentenza; se vada stabilita una qualche eccezione a favore di azioni promosse prima di una certa data. 152. Nel prosieguo, per evitare continue ripetizioni dei necessari presupposti, mi baser sullipotesi che la Corte fornisca uninterpretazione da cui risulti dimostrata lincompatibilit dellIRAP con il diritto comunitario. 1. Motivi per una limitazione degli effetti nel tempo 153. Occorre soddisfare due criteri essenziali, ossia che gli interessati devono averagito in buona fede e che deve sussistere il rischio di serie difficolt in caso di mancata fissazione di un limite (94). Lavvocato generale Jacobs ha ritenuto che entrambi i criteri fossero soddisfatti nel caso di specie. (93) V., ad esempio, sentenza 16 gennaio 2003, causa C-265/01, Pansard (Racc. pag. I-683, punto 18); v., inoltre, la nota informativa della Corte riguardante le domande di pronuncia pregiudiziale da parte delle giurisdizioni nazionali (GU 2005, C 143, pag. 1), punto 6. (94) V. anche, pi di recente, sentenza 10 gennaio 2006, causa C-402/03, Skov (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 51). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 154. Tutti gli Stati membri che si sono espressi su questo aspetto concordano sul fattoche i criteri siano soddisfatti nel caso di specie. Molti di loro hanno anche affermato che laCorte dovrebbe definire tali criteri in modo pi elastico di quanto ha fatto alcune volte inpassato, facendo riferimento, tra laltro, al paragrafo 42 delle conclusioni presentate dallavvocato generale Tizzano nella causa Meilicke. Anche la Commissione concorda sul fatto chei criteri siano soddisfatti, e la Banca Popolare non solleva obiezioni di principio alla determinazione di un limite agli effetti nel tempo. 155. Concordo pienamente con lanalisi dellavvocato generale Jacobs sul punto. Inbase agli elementi di prova prodotti dinanzi alla Corte e non contestati, solo una considerazione della limitazione degli effetti nel tempo pi rigorosa rispetto a quella adottata in passato giustificherebbe la decisione di non fissare limiti nel tempo nella presente fattispecie. Nessun argomento stato dedotto a favore di una modifica di tal natura, n sembra che sussistano ragioni nelle circostanze del caso di specie per intraprendere un riesame della prassi passata. Alla luce di ci, non cՏ alcuna necessit di riflettere sulla possibilit di fareappello, in una qualsiasi causa futura, ad una pi elastica considerazione della questionedella limitazione degli effetti nel tempo. 156. Desidero comunque sottolineare che le circostanze del presente giudizio sono davvero particolari. Nel 1997 il governo italiano ha ricevuto dalla Commissione ci che si puinterpretare solo come unespressa garanzia che lIRAP fosse compatibile con il dirittocomunitario (95). Limporto del tributo di cui pu essere chiesto il rimborso stato valutato dal governo italiano come pari a circa 120 miliardi di euro, e tale dato non stato contestato (96). Il procedimento si protratto a lungo, tanto a livello nazionale che dinanzi allaCorte (97). In questultimo ambito, la Grande Sezione ha assunto la rara iniziativa di riaprire la fase orale del procedimento e di tenere una seconda udienza, una mossa che ha suscitato ancora pi attenzione. 2. Scelta di una data per la limitazione degli effetti nel tempo 157. In passato, quando la Corte ha determinato una limitazione degli effetti nel tempoeccezion fatta per le azioni avviate prima di una certa data, essa ha sempre utilizzato la stessa data come base sia per la limitazione, sia per leccezione: la limitazione non si applicaalle azioni gi proposte prima della data in cui si poteva invocare la sentenza (in pratica, sinoad oggi, sempre a partire dalla sua pronuncia). Comunque, come ha proposto lavvocatogenerale Tizzano nelle conclusioni da lui presentate nella causa Meilicke, due date differenti potrebbero essere pi adeguate in alcune circostanze. Nella presente sezione, mi occuper solo della data principale, che proprio quella della limitazione degli effetti nel tempo. 158. Chiaramente, se gli effetti di una sentenza nel tempo vanno limitati, ci deve avvenire o dalla data di pronuncia della sentenza stessa o da unaltra data specifica, anteriore osuccessiva a tale pronuncia. (95) La circostanza che in questa sede le ragioni dellaffidamento del governo italiano si basinosulla garanzia della Commissione ovviamente non decisiva; la buona fede si pu anche fondare suprogetti normativi fuorvianti o persino su una giurisprudenza poco chiara. (96) Si paragoni ci con il dato, oscillante tra i 5 e i 13 miliardi di euro, in Germania, per la causaMeilicke; v. paragrafo 35 delle conclusioni. (97) La Banca Popolare ha proposto originariamente la sua azione nel 2001 e il rinvio statooperato nellultima parte del 2003. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 159. Non mi sembra possibile individuare nella presente causa nessuna data precisa nelpassato a partire della quale la sentenza dovrebbe produrre effetti. Nelle circostanze dellacausa Meilicke, lavvocato generale Tizzano ha posto in rilievo il fatto che la portata delledisposizioni rilevanti del diritto comunitario era divenuta chiara a partire dalla pronunciadella sentenza Verkooijen. Nel nostro caso, non sembra che sussista nessuna data equivalente. Ovviamente, possibile un parallelo con la sentenza Dansk Denkavit, ma aspetti dellagiurisprudenza successiva a tale sentenza, unitamente alle divergenti opinioni manifestatenella presente causa, che hanno dato origine ad una seconda udienza, rendono ben difficileconsiderare la sentenza Dansk Denkavit come un precedente giurisprudenziale di valoreequivalente alla sentenza Verkooijen. La questione dellincompatibilit con la sesta direttiva di un tributo nazionale del tipo dellIRAP, quale descritto dal giudice remittente, non avruna soluzione autorevole fino a quando la Corte non abbia pronunciato la sua sentenza sulcaso la quale forse potr rappresentare la Verkooijen per i casi futuri. 160. La data di tale pronuncia potrebbe pertanto sembrare una data appropriata e, qualora fosse scelta, seguirebbe le tracce di questo consolidato indirizzo della Corte. 161. Nondimeno, alla luce delle specifiche circostanze di questo giudizio, sarebbe possibile pure adottare un diverso metodo e stabilire una data futura, ispirandosi sia alla prassi diquei giudici nazionali i quali, in circostanze analoghe, concedono al legislatore un periodoragionevole per emanare un nuovo atto compatibile, sia alla prassi della stessa Corte, con riferimento alla validit di atti comunitari, esemplificata dalle sentenze citate nelle note 77 e 80. 162. Secondo me, un metodo del genere sarebbe pi opportuno in questa sede. Non cisi pu realisticamente attendere che le autorit italiane modifichino da un giorno allaltro illoro intero sistema di finanziamento delle spese regionali, n ci si pu attendere che esse loabbiano mutato anticipando la sentenza della Corte. Se tutti i contribuenti potessero invocare immediatamente la sentenza per chiedere il rimborso di importi versati a titolo di IRAP apartire dalla data della sua pronuncia, tanto varrebbe abolire con effetto immediato il tributo, e i mezzi di finanziamento delle regioni italiane. 163. Daltro canto, non si pu stabilire una data troppo lontana nel futuro. Se irragionevole aspettarsi limmediata sostituzione di un tributo con un altro, non irragionevoleipotizzare che le autorit italiane abbiano gi ora approntato piani contingenti ai fini di unatale sostituzione. Esse hanno appreso, nel marzo 2004, lopinione della Commissione chelIRAP fosse incompatibile, quando tale istituzione ha depositato le sue osservazioni dinanzi alla Corte, bench le dette osservazioni fossero di carattere riservato, e, nel marzo 2005, hanno appreso quella dellavvocato generale Jacobs, che essa fosse incompatibile, quandoegli ha presentato ufficialmente le sue conclusioni in pubblica udienza. In effetti, sembra chela graduale eliminazione dellIRAP sia stata programmata a livello normativo sin dallaprile 2003, ed lecito presumere che la situazione da allora abbia fatto passi avanti (98). 164. Per garantire che lIRAP venga sostituita da uno strumento finanziario compatibile con il diritto comunitario nel modo meno traumatico possibile e quanto prima, la dataappropriata mi sembrerebbe quella corrispondente alla scadenza dellesercizio tributario incorso nel giorno della pronuncia della sentenza della Corte (99). Dato che la sentenza sar (98) V. legge delega per la riforma del sistema fiscale statale (legge 7 aprile 2003, n. 80) in GURI 18 aprile 2003, n. 91, in particolare artt. 8 e 10, quarto, quinto e settimo comma, della medesima. (99) Ci sono precedenti (quantomeno) in pronunce del Bundesverfassungsgericht tedesco e dellaCour dArbitrage belga (ossia, della Corte costituzionale, rispettivamente, di Germania e Belgio) a RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO presumibilmente pronunciata questanno e poich sembra che lesercizio tributariodellIRAP corrisponda allanno civile, ci significherebbe che la sentenza non potrebbeessere invocata per promuovere giudizi vertenti sullIRAP riscossa in relazione a qualsiasiesercizio tributario scaduto il, oppure anteriormente al 31 dicembre 2006 ma che, nel casodi ritardi nella riforma del sistema, potrebbe essere chiesto il rimborso di ogni importoriscosso in relazione a qualsiasi esercizio tributario successivo. 3. Eccezioni alla data stabilita per la limitazione degli effetti nel tempo 165. La limitazione che suggerisco cerca di tener conto dellinteresse degli Stati membri nellambito di uno specifico insieme di circostanze. Essa tuttavia si pone in contrasto conil principio che chiunque ha il diritto di ottenere il rimborso di tributi nazionali riscossi inviolazione delle disposizioni comunitarie (100). Pertanto, occorre prestare attenzione al finedi garantire che la restrizione di tale principio non sia eccessiva, anche tenendo conto dellespecifiche circostanze del caso di specie. 166. Di solito, nella prassi sia di questa Corte sia dei giudici di un certo numero di Statimembri, si dispone uneccezione ad una limitazione degli effetti nel tempo di una sentenzaa favore di azioni avviate prima di una certa data. Detta eccezione pu coprire tutte le azioni promosse prima della data della sentenza che ha accertato lincompatibilit (questa statala prassi abituale di questa Corte), oppure solo alcune di esse; inoltre, pu essere lecito scegliere un differente termine ultimo (come suggerito dallavvocato generale Tizzano in occasione della causa Meilicke). 167. La difficolt notevole che si pone nel caso di specie il numero apparentementeenorme di azioni avviate ai fini del rimborso dellIRAP in base alla sua presunta incompatibilit con il diritto comunitario. Dato che il presente procedimento ha suscitato una grande attenzione per un periodo di tempo relativamente lungo, appare possibile che molte diqueste azioni, in particolare le pi recenti tra di esse, abbiano natura speculativa, essendostate promosse senza grande sforzo o spese allo scopo di approfittare della prossima sentenza. Uneccezione a favore di azioni del genere non solo sembra meno giustificata a causadella loro natura ma, a causa del loro numero, potrebbe probabilmente inficiare seriamenteil risultato ricercato mediante la limitazione. 168. Se uneccezione devessere stabilita a favore di azioni avviate prima di una certadata e se tale data va scelta alla luce delle considerazioni sviluppate nel precedente paragrafo, essa deve soddisfare le seguenti condizioni: devessere la pi oggettiva possibile; devedare la possibilit di distinguere il pi possibile tra le azioni avviate tempestivamente, nellaconvinzione che fossero realmente fondate, e nondimeno con un certo rischio vista lincertezza del loro risultato, e quelle avviate in epoca successiva, nella prospettiva di un successo considerato abbastanza probabile; e dovrebbe essere tale da risolvere efficacemente ilproblema posto dal numero estremamente elevato di ricorsi. 169. Seguendo il suggerimento dellavvocato generale Tizzano dato nella causaMeilicke, la Banca Popolare, il governo italiano e la Commissione, insieme a molti altri Statimembri, hanno proposto tutti la data del 21 gennaio 2004, quando la comunicazione del favore della scelta di una data futura corrispondente alla scadenza del pertinente periodo in corso, come un anno civile, un esercizio fiscale o un anno accademico. (100) V., ad esempio, sentenza 2 ottobre 2003, causa C-147/01, Webers Wine World(Racc. pag. I-11365, punto 93 e giurisprudenza ivi citata). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE ricevimento, da parte della Corte, dellordinanza di rinvio pregiudiziale nella presente causa apparsa sulla Gazzetta ufficiale (101). 170. Tuttavia, mi sembra che, applicando al caso di specie un ragionamento analogo aquello alla base del suggerimento dellavvocato generale Tizzano, si dovrebbe giungere aduna data diversa. La ragione che lo ha indotto a proporre la data della pubblicazione sullaGazzetta ufficiale nella causa Meilicke era che si poteva ragionevolmente supporre che, apartire da tale data, sia stata suscitata lattenzione persino del meno diligente dei ricorrentisulla possibilit di un rimborso (102). Linterpretazione del diritto comunitario era divenutachiara a partire dalla sentenza Verkooijen, ma la probabilit di una sua applicazione alla normativa tributaria tedesca non divenuta concreta sino al rinvio operato dinanzi alla Corte. Una volta che i potenziali ricorrenti furono informati di tale rinvio, apparve plausibile poteravviare azioni con ragionevoli probabilit di successo. 171. Non penso che la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale abbia fornito uninformazione equivalente nel presente caso, dato che qui manca lelemento Verkooijen (103). Ladomanda di pronuncia pregiudiziale ha sollevato la questione della compatibilit dellIRAPcon il diritto comunitario, ma il risultato del rinvio non era assolutamente scontato comenella causa Meilicke, dove le disposizioni pertinenti del diritto comunitario erano gi stateinterpretate dalla Corte in circostanze analoghe. Nel caso di specie, come ho dimostrato, lagiurisprudenza non stata del tutto inequivocabile nel suo giudizio sulla compatibilit conla sesta direttiva. 172. Comunque, sembra pacifico che adesso ci sia una diffusa impressione o quantomeno una speranza in Italia sul fatto che la Corte probabilmente pronuncer una sentenza in esito alla quale lIRAP verr dichiarata incompatibile con il diritto comunitario. Lindividuazione di una data a partire dalla quale tale impressione sia divenuta concreta destinata a risultare in qualche misura arbitraria, ma secondo me la presentazione delleconclusioni dellavvocato generale Jacobs il 17 marzo 2005 , sotto tale profilo, la menoarbitraria e la pi oggettiva delle date (104). da tale momento che divenuta concreta laprobabilit che la Corte pronunciasse una sentenza di tal genere; al contrario, se le sue conclusioni fossero giunte ad esiti diversi, le probabilit sarebbero state considerevolmenteminori. 173. Sono pertanto del parere che uneccezione alla limitazione nel tempo degli effettidella sentenza, a favore di coloro i quali abbiano avviato azioni anteriormente al 17 marzo2005, consenta probabilmente di operare una distinzione tra le azioni avviate tempestivamente e quelle promosse solo quando le possibilit di successo sono apparse rafforzate. E sebbene il governo italiano abbia suggerito una data anteriore, tuttavia lecito ritenere che il rischiodi inficiare gli effetti della limitazione non debba essere indebitamente esacerbato. 174. Rimane comunque una perplessit, sollevata in particolare dal governo olandese. (101) GU 2004, C 21, pag. 16. (102) V. paragrafo 62 delle conclusioni. (103) V. le mie osservazioni nel paragrafo 159. (104) La precedente esposizione delle tesi della Commissione, tanto in sede di osservazioni scritte, che non sono rese pubbliche, quanto in udienza, potrebbe anche essere tenuta in considerazione, ma secondo me non pu essere paragonata alla prima dichiarazione pubblica, per iscritto, motivata ein forma accessibile a tutti, dellopinione di un membro della Corte. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 175. Come lavvocato generale Jacobs aveva notato nel paragrafo 85 delle sue conclusioni, una qualsiasi diminuzione delle entrate provocata dal rimborso dellIRAP dovr esserecompensata da altri tributi. Il governo olandese nutre perplessit in merito allingiustizia chepotrebbe realizzarsi qualora tutti i contribuenti (inclusi i pi recenti operatori del mercato, chenon sono stati assoggettati allIRAP) dovessero far fronte a tale diminuzione, mentre solo alcuni di loro beneficerebbero del rimborso. Per di pi, secondo il suo ragionamento, se lonere deltributo stato trasferito sui consumatori (come devessere avvenuto in generale, se lIRAP colpita dal divieto posto dalla sesta direttiva), il beneficio del rimborso risulter moltiplicato. 176. Questo ragionamento parrebbe suggerire che in realt non si dovrebbe fare alcuna eccezione alla limitazione degli effetti della sentenza. Concordo che possono esservi circostanze nelle quali ci sia opportuno (e che in tali circostanze sarebbe ingiustificato fareuneccezione persino per le parti in causa nel giudizio che abbia dato origine al rinvio, dalmomento che il carattere specifico di un procedimento, che dia origine a un rinvio pregiudiziale, non dipende assolutamente dallo zelo con cui il ricorrente ha promosso il giudizio), ma non penso che ci possa valere in questa sede. 177. Il problema della disparit di trattamento, come ad esempio tra contribuenti, nonrisulter significativo se il numero dei ricorrenti avvantaggiati dalleccezione rimarr sufficientemente circoscritto e ci appare probabile qualora venga adottata una data persinoposteriore a quella suggerita dal governo italiano. E il problema dellingiustificato arricchimento realizzato mediante il rimborso di un tributo il cui onere sia stato trasferito stato adeguatamente affrontato dalla giurisprudenza della Corte, pi di recente nella sentenzaWebers Wine World (105), adottata sulla scia della sentenza EKW. C Conseguenze per altri Stati membri 178. Passo infine a riflettere brevemente sulle conseguenze di pi ampio respiro dellasentenza (la quale, ribadisco, ai fini della presente trattazione ipotizzo che implichi lincompatibilit di un tributo che corrisponda alla descrizione dellIRAP data dal giudice remittente) e di una qualsiasi limitazione nel tempo dei suoi effetti. 179. Qualora venga imposta una limitazione nel tempo degli effetti di una siffatta pronuncia, ci avverr a vantaggio dello Stato membro interessato, al fine di evitare disfunzionamenti eccezionali. Qualora si conceda uneccezione alla limitazione ci avverr, viceversa, nellinteresse di coloro i quali, allinterno dello Stato membro, hanno cercato di far valere determinate pretese facendo affidamento sullordinamento comunitario. 180. Una sentenza interpretativa ha per efficacia generale. Qualora la Corte dovessedichiarare che un tributo con le caratteristiche dellIRAP quali descritte dal giudice remittente sia incompatibile con la sesta direttiva, ci varr per lIRAP e parimenti per qualsiasialtro tributo che abbia tali caratteristiche in qualsiasi altro Stato membro. 181. Tuttavia, qualsiasi limitazione nel tempo degli effetti e qualsiasi eccezione a questultima stabilite dalla Corte si baseranno su una valutazione della situazione esistenza di una buona fede da parte dello Stato, rischio di gravi disfunzionamenti per lo Stato e necessit di unefficace tutela giurisdizionale per i ricorrenti diligenti in Italia, e tale valutazione potrebbe risultare ben diversa riguardo ad un altro Stato membro il quale applichianchesso un tributo con le stesse caratteristiche. (105) Cit. alla nota 100 (punti 93-102). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 182. Tale riflessione implica che qualsiasi limitazione debba non solo operare neltempo ma anche, in realt, nello spazio problema di una certa rilevanza nel caso di specie, dato che, in base a diversi tra i numerosi articoli gi apparsi nelle riviste giuridiche e tributarie in merito al presente procedimento, sembra che uno o pi tra gli Stati membri diversidallItalia applichi forse imposte le quali, quantomeno secondo il parere di alcuni autori, condividono alcune caratteristiche dellIRAP. 183. Ovviamente, non possibile per la Corte decidere nella presente causa se una limitazione degli effetti nel tempo sia appropriata in relazione a tali altri tributi oppure, se appropriata, quale data debba essere stabilita e quali eccezioni debbano essere, se del caso, concesse. La Corte ha per costantemente dichiarato che una limitazione nel tempo degli effetti puessere concessa solo nellambito dello specifico giudizio vertente sullinterpretazione richiesta (106), e la decisione peculiare al contesto materiale proprio del rinvio pregiudiziale. 184. Di conseguenza, in osservanza dei principi fondamentali che regolano gli effettidi tutte le sentenze pregiudiziali della Corte di natura interpretativa, la pronuncia si applicher ex tunc con riferimento a qualsiasi altro tributo che presenti le caratteristiche rilevanti in un altro Stato membro. 185. Le difficolt che ci potrebbe comportare sono analoghe a quelle delineate dal- lavvocato generale Tizzano nelle conclusioni da lui presentate nella causa Meilicke, in particolare nei paragrafi 47 e seguenti. Si potrebbe immaginare il seguente scenario. 186. Qualora alcuni contribuenti impugnino un tributo nazionale basandosi sulla sentenza resa nella presente causa, il giudice nazionale avr facolt di formulare una domanda dipronuncia pregiudiziale; indubbiamente, non cՏ nessuna certezza che un altro tributo nazionale possegga le caratteristiche definite in questa causa in modo tanto simile da escluderequalsiasi dubbio sulla sua compatibilit. Nellambito del procedimento cui dar luogo talerinvio, sar facolt dello Stato membro interessato chiedere una limitazione nel tempo deglieffetti della futura pronuncia. Qualora le circostanze appaiano idonee, la Corte potrebbe decidere di concedere una limitazione in base alla data della sentenza nella presente causa inmodo analogo a quanto proposto dallavvocato generale Tizzano in occasione della causaMeilicke, e cio che gli effetti dovrebbero restare limitati alla data della sentenza Verkooijen e fissare qualsiasi eccezione che possa risultare opportuna agli effetti della limitazione. CONCLUSIONE 187. Alla luce delle considerazioni sin qui illustrate, sono del parere che la Corte debbarisolvere nella seguente maniera le questioni sollevate dalla Commissione TributariaProvinciale di Cremona: 1) Unimposta con le caratteristiche dellIRAP quali descritte nellordinanza di rinviopregiudiziale, vale a dire la quale riscossa su tutte le persone fisiche e giuridiche che esercitano abitualmente unattivit diretta alla produzione o allo scambio di beni o alla prestazione di servizi, colpisce la differenza tra i ricavi e i costi dellattivit tassabile, applicata in ordine a ciascuna fase del processo di produzione e di distribuzione corrispondente ad una cessione o ad una serie di cessioni di beni o servizi effettuata da un soggetto passivo, e (106) V. sentenza EKW (punto 57, e giurisprudenza ivi citata). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO impone, in ciascuna di tali fasi, un onere che globalmente proporzionale al prezzoal quale i beni o i servizi sono ceduti, ricade nellambito del divieto di cui allart. 33, n. 1, della sesta direttiva del Consiglio77/388/CEE, riguardante altri tributi nazionali che abbiano le caratteristiche di unimpostasulla cifra daffari purch, per un campione rappresentativo di imprese assoggettate adentrambe le imposte, il rapporto tra gli importi pagati a titolo dIVA e gli importi pagati atitolo dellimposta in questione risulti sostanzialmente costante. La sussistenza di tale condizione va accertata dal giudice nazionale, tenendo contodelle dettagliate caratteristiche dellimposta in questione. 2) Il divieto disposto dal detto articolo non pu essere invocato al fine di far valere ildiritto al rimborso dellIRAP riscossa con riferimento a qualsiasi esercizio tributario anteriore alla sentenza della Corte, oppure con riferimento allesercizio nel corso del quale dettasentenza venga pronunciata, fatta eccezione per chiunque abbia agito in giudizio o abbiapromosso un equivalente ricorso amministrativo anteriormente al 17 marzo 2005, data in cuisono state presentate le conclusioni dellavvocato generale Jacobs nella presente causa. Siffatte parti in causa possono invocare tale divieto purch alle loro azioni non vadano applicate preclusioni di altro tipo in forza delle norme di procedura nazionali, le quali rispettinoi principi di equivalenza ed effettivit. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Dossier La questione degli elicotteri Agusta Appalti pubblici di forniture: la tutela della sicurezza nazionale comecausa legittima di deroga alla normativa comunitaria noto che la normativa comunitaria che regola il settore dei pubbliciappalti un terreno fertile per la nascita di numerosi e delicati contrasti interpretativi, che danno luogo a controversie sia nellambito delle giurisdizioniinterne che nellambito della Corte di giustizia. Recentemente la Commissione delle Comunit europee ha propostouna serie di ricorsi contro la Repubblica italiana, ai sensi e per gli effettidellart. 226, secondo comma, del Trattato che istituisce la Comuniteuropea. Dette procedure dinfrazione, per la precisione tre, hanno ad oggetto lemodalit con cui il Governo italiano ha curato lacquisizione di elicotteridestinati ad alcuni Corpi militari e civili dello Stato (1). La prima delle procedure in questione (n. 2002/4194) aveva ad oggettounordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, la n. 3231 del 24luglio 2002; tramite detta ordinanza la Repubblica italiana autorizzava ilricorso alla trattativa privata in deroga alla normativa comunitaria peracquistare degli elicotteri destinati alla lotta contro gli incendi boschivi daparte del Corpo Forestale dello Stato. La Corte di Giustizia delle Comunit europee ha definitivamente decisoin ordine a tale procedura decretando lirricevibilit del relativo ricorso, indata 27 ottobre 2005. La seconda procedura dinfrazione, avviata nei confronti del Governoitaliano, ha ad oggetto la prassi (per adoperare le parole usate dallaCommissione nel corpo del proprio ricorso (2)) di affidamento diretto alladitta Agusta S.p.A. di appalti per lacquisto di elicotteri destinati a soddisfare le esigenze di alcuni Corpi dello Stato, specificamente: il Corpo Forestaledello Stato, la Guardia di Finanza, i Vigili del Fuoco, la Polizia di Stato, iCarabinieri, la Guardia Costiera, il Dipartimento della Protezione Civiledella Presidenza del Consiglio dei Ministri. Tramite detto ricorso, la Commissione contesta alla Repubblica Italianaun affidamento diretto di appalti al di fuori di qualsiasi procedura di messain concorrenza,e, segnatamente, senza rispettare le procedure previste dalla (1) Il contenzioso nazionale, dopo una fase di grande incertezza e pronunce differenti dello stesso Consiglio di Stato sulla legittimit della trattativa privata, si concluso in via stragiudiziale conlabbandono delle pretese alla gara da parte della ditta (di diritto statunitense) che aveva lamentato lesclusione. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO direttiva 93/36/CEE (3), e prima ancora, delle direttive 77/62/CEE (4), 80/767/CEE (5) e 88/295/CEE (6), ha violato gli obblighi che Le incombono in virt delle citate direttive (...). Tale seconda procedura attualmente oggetto di scrutinio da parte dellaCorte di Giustizia. La Repubblica italiana ha replicato, alle accuse rivolte dalla Commissione, tramite le seguenti motivazioni: 1) in via preliminare, il Governo italiano ha sollevato eccezione diinammissibilit a causa della non corrispondenza tra le contestazioni svoltein sede di procedura dinfrazione e la domanda formulata nelle conclusionidella Commissione, infatti detta domanda sincentrava sullaver posto inessere una prassi (...) di affidamento diretto degli appalti (...) per soddisfarele necessit dei Corpi militari; le contestazioni, invece, hanno riguardatoessenzialmente forniture civili. 2) Nel merito, la Repubblica italiana ritiene, poi, che laddove la procedura dinfrazione riguardasse in realt forniture militari, la materia sarebberegolata, prima ancora che dalle direttive sugli appalti, dallarticolo 296 (exart. 223) del Trattato, a norma del quale: 1. Le disposizioni del presente trattato non ostano alle norme seguenti: a) nessuno Stato membro tenutoa fornire informazioni la cui divulgazione sia dallo Stato stesso considerata contraria agli interessi essenziali della propria sicurezza; b) ogni Statomembro pu adottare le misure che ritenga necessarie alla tutela degli interessi essenziali della propria sicurezza e che si riferiscano alla produzione o al commercio di armi, munizioni e materiale bellico (...). 2. Il Consiglio(...) pu apportare modificazioni allelenco (...) dei prodotti cui si applicano le disposizioni del paragrafo b). A tal proposito il Governo italiano sottolinea che, con la deliberazionedel 15 aprile 1958 il Consiglio della Comunit ha stabilito che Le disposizioni dellart. 223 paragrafo 1) del Trattato si applicano alle armi, allemunizioni, e al materiale bellico (...) comprese le armi concepite per lusodellenergia nucleare: 10 aeronavi e relativi equipaggiamenti (...). (2) La domanda formulata dalla Commissione alla Corte di Giustizia sincentra sullavere postoin essere una prassi, esistente da lungo tempo e tuttora seguita, di affidamento diretto degli appalti(...) per soddisfare le necessit dei Corpi militari (...), Causa C-337/05-1. Commissione CE c. Repubblica italiana. (3) Direttiva del 14 giugno 1993, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, G.U.C.E. n. L 199 del 9 agosto 1993, pp. 1-53. (4) Direttiva del 21 dicembre 1976, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appaltipubblici di forniture, G.U.C.E. n. L 13 del 15 gennaio 1977, pp. 1-14. (5) Direttiva del 22 luglio 1980, che adatta e completa, per quanto riguarda alcune amministrazioni aggiudicatrici, la direttiva 77/62/CEE che coordina le procedure di aggiudicazione degli appaltipubblici di forniture, G.U.C.E. n. L 215 del 18 agosto 1980, pp. 1-28. (6) Direttiva del 22 marzo 1988 che modifica la direttiva 77/62/CEE che coordina le proceduredi aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e che abroga talune disposizioni della direttiva80/767/CEE n. I 127 del 20 maggio 1988, pp. 1-14. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Ma non tutto; la Repubblica italiana aggiunge che: Conseguentementela direttiva in materia di appalti di fornitura 93/23/CEE stabiliva allarticolo 2, comma 1, lettera b), che la presente direttiva non si applica (...) agli appaltidi forniture che sono dichiarati segreti o la cui esecuzione debba essere accompagnata da misure speciali di sicurezza secondo le disposizioni legislative, regolamentari od amministrative vigenti nello Stato membro di cui trattasi nquando lo esiga la tutela di essenziali interessi di sicurezza di tale Stato. In virt di tali considerazioni, e dunque di preminenti esigenze di tutela della sicurezza nazionale (7) in connessione con le misure antiterrorismoadottate da tutti gli Stati membri dellUnione Europea dopo l11 settembre2001, la Repubblica italiana ha ritenuto la legittimit di un affidamento diretto degli appalti per lacquisto di elicotteri. La terza procedura dinfrazione (8) concerne specificatamente il decreto del Ministro dellInterno dell11 luglio 2003, prot. 558/A/04/03/RR; dettoprovvedimento dispone quanto segue: 1. Le forniture di elicotteri della tipologia leggera per le esigenze delleForze di Polizia e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco devono essereaccompagnate da speciali misure di sicurezza, da estendersi agli atti delgruppo Tecnico di Valutazione e della Commissione Interministeriale di cuiin narrativa. 2. Per lespletamento delle forniture stesse si pu derogare al dispostodel Decreto Legislativo 24 luglio 1992, n. 358, novato con Decreto Legislativo 20 ottobre 1998, n. 402, ricorrendo nella fattispecie le condizioni di cuiallart. 4, lettera c), del detto testo normativo. Il Decreto legislativo n. 358/1992 costituisce la normativa di recepimento della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici di forniture. Ilsuo articolo 4, lettera c), riproduce la disposizione di cui allarticolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 93/36/CEE del Consiglio del 14 giugno1993, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici diforniture, e dispone: 1. Sono escluse dallapplicazione del presente Testo Unico: (... ) c) le forniture dichiarate segrete o la cui esecuzione richiede misure speciali di sicurezza, conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti o quando lo esiga la protezione degli interessi essenziali della sicurezza dello Stato. (7) In effetti, lo Stato italiano sembra chiarire i motivi posti alla base della deroga alla normativa comunitaria in tema di appalti pubblici di forniture, basti, poi, considerare che ulteriori esigenzenascono dallormai nota e drammatica situazione sul fronte del terrorismo internazionale . La Commissione, invece, tramite unoltranzistica difesa delle proprie ragioni, sembra, in realt, tradireuninterferenza nelle scelte concernenti la politica di sicurezza nazionale interna ad ogni Stato membro. Tale circostanza si traduce, in effetti, in una eccessiva limitazione della sovranit nazionale. (8)Detta procedura oggi allo scrutinio della Corte di Giustizia, che ha assegnato alla causa ilnumero di ruolo C-157/06-1. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO La Commissione, ritenendo il citato decreto ministeriale non conformeal combinato disposto degli articoli 2, paragrafo 1, lettera b), 6 e 9 delladirettiva 93/36/CEE, avviava la procedura dinfrazione di cui causa. A tal proposito, rileva segnalare quanto il Governo italiano ha articolato nellambito della procedura precontenziosa nella propria memoriadi difesa: (...). In particolare si ritiene che le misure disposte dal decretosiano conformi a quanto previsto dalla normativa comunitaria in materiadi appalti pubblici di forniture nonch necessarie e proporzionate rispettoagli scopi di tutela di interessi essenziali dello Stato che intendono perseguire. Il decreto (...) non implica affatto che lintero comparto degli elicotteri sia sottratto allapplicazione della normativa sugli appalti, ma si riferisce ad una precisa tipologia di mezzi che presentano le caratteristichenecessarie per essere impiegati come sistemi darma o di difesa a protezione della sicurezza nazionale nel nuovo scenario di immanente minacciadi attacchi non convenzionali. Anche in detta procedura attualmente allo scrutinio della Corte diGiustizia e la Repubblica italiana ha articolato il proprio controricorso. Dott.ssa Cristina Mirti Corte di Giustizia delle Comunit europee, seconda sezione, sentenza 27 ottobre 2005 nella causa C-525/03 (Commissione delle Comunit europee c/ Repubblica italiana) Pres. di sez. C.W.A. Timmermans Rel. J. Makarczyk Avv. Gen. F.G. Jacobs Mediante il suo ricorso, la Commissione delle Comunit europee chiede alla Corte didichiarare che la Repubblica italiana, avendo adottato gli artt. 1, secondo comma, e 2, primo, secondo e terzo comma, dellordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 24 luglio2002, n. 3231, recante disposizioni urgenti per la lotta aerea agli incendi boschivi sul territorio nazionale (GURI n. 177 del 30 luglio 2002, pag. 42; in prosieguo: lordinanza controversa ), articoli che consentono di ricorrere alla trattativa privata, in deroga alle disposizioni delle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici di forniture e di servizi, e inparticolare in deroga alle norme comuni di pubblicit e di partecipazione previste dai titoliIII e IV della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/36/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture (G.U. L 199, pag. 1), come modificata dalla direttiva della Commissione 13 settembre 2001, 2001/78/CE (G.U. L 285, pag. 1; inprosieguo: la direttiva 93/36), e dai titoli III e V della direttiva del Consiglio 18 giugno1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (G.U. L 209, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2001/78 (in prosieguo: la direttiva 92/50), per lacquisto di velivoli per la lotta agli incendi boschivi nonch per lacquisizione di servizi di spegnimento degli incendi, disposizioni che consentono, parimenti, di farricorso alla procedura suddetta per lacquisto di attrezzature tecnologiche ed informatichenonch di apparati radio ricetrasmittenti, senza che alcuna delle condizioni legittimanti laderoga alle suddette norme comuni sia soddisfatta e, comunque, senza garantire alcunaforma di pubblicit diretta a consentire un confronto concorrenziale tra i potenziali offerenti, la Repubblica italiana ha violato gli obblighi che le incombono in virt delle dette direttive e degli artt. 43 CE e 49 CE. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE I fatti 2. Lordinanza controversa stata adottata in applicazione del decreto del Presidentedel Consiglio dei Ministri 28 giugno 2002, recante dichiarazione, fino al 31 ottobre 2002, dello stato di emergenza nel territorio nazionale ai fini della lotta aerea agli incendi boschivi (GURI n. 161 dell11 luglio 2002, pag. 4). 3. Tale ordinanza autorizzava il Corpo Forestale dello Stato, da un lato, ad acquistaremezzi aerei per la lotta agli incendi boschivi a trattativa privata, in deroga alla normativa indicata al successivo art. 4 [della stessa ordinanza], cio alla normativa nazionale di recepimento delle direttive 92/50 e 93/36, e, dallaltro, ad acquistare, sempre a trattativa privata, apparati radio ricetrasmittenti per le comunicazioni con i velivoli antincendio. Essa consentiva peraltro al Dipartimento della protezione civile di ricorrere alla trattativa privata per lacquisto delleattrezzature necessarie a potenziare gli allestimenti tecnologici e informatici nonch per lacquisizione e limplementazione di servizi di spegnimento aereo degli incendi boschivi. 4. Sulla base dellordinanza controversa, il 28 ottobre 2002 il Ministero delle Politicheagricole e forestali ha adottato il decreto n. 1619/2002, che approvava e rendeva esecutivoun contratto stipulato con la societ Agusta S.p.A., a trattativa privata ai sensi della suddetta ordinanza, relativo alla fornitura di due elicotteri, completi di installazioni a corredo, assistenza tecnica, parti di ricambio e quantaltro necessario al funzionamento di tali velivoli. Il procedimento precontenzioso 5. La Commissione, ritenendo che le disposizioni dellordinanza controversa con cuisi autorizzava laggiudicazione di appalti di forniture e servizi secondo la procedura negoziata in casi non previsti dalle direttive 92/50 e 93/36 fossero in contrasto con queste e congli artt. 43 CE e 49 CE, con lettera del 19 dicembre 2002 ha ingiunto alla Repubblica italiana di presentare, nel termine di un mese, le sue osservazioni riguardo allinadempimento adessa imputato. 6. Considerando insoddisfacenti le osservazioni presentate dal governo italiano in risposta alla detta lettera, il 3 aprile 2003 la Commissione ha inviato alla Repubblica italiana unparere motivato, invitandola ad adottare i provvedimenti necessari per conformarvisi nel termine di un mese a decorrere dalla notificazione, e in particolare ad abrogare o modificaredeterminate disposizioni dellordinanza controversa nonch ad annullare e privare dognieffetto gli atti e provvedimenti adottati per la conclusione di appalti pubblici sulla base delledisposizioni medesime e, ove questi fossero stati gi conclusi, a sospenderne lesecuzione. 7. Poich le risposte della Repubblica italiana al parere motivato non hanno convintola Commissione, questa ha deciso di proporre il presente ricorso. Sulla ricevibilit del ricorso 8. Occorre sottolineare, in via preliminare, che la Corte pu esaminare dufficio sericorrano i presupposti contemplati dallart. 226 CE perch sia proposto un ricorso per inadempimento (v., tra le altre, sentenze 31 marzo 1992, causa C-362/90, Commissione/Italia, Racc. pag. I-2353, punto 8, e 15 gennaio 2002, causa C-439/99, Commissione /Italia, Racc. pag.I-305, punto 8). 9. irrilevante, sotto questo profilo, che la Repubblica italiana, rispondendo ad unquesito posto in sede di udienza, abbia considerato il ricorso ricevibile, laddove nel contro- ricorso aveva sostenuto la cessazione della materia del contendere, in quanto lordinanzacontroversa aveva smesso di produrre qualsiasi effetto ancor prima che la Commissione necontestasse la legittimit o ne chiedesse la rimozione. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 10. altres irrilevante il fatto che la Repubblica italiana non abbia ammesso linadempimento contestato, elemento parimenti sollevato dalla Commissione in udienza a sostegno della ricevibilit del ricorso, in quanto il procedimento per inadempimento di uno Statosi basa sullaccertamento oggettivo dellinosservanza da parte di uno Stato membro degliobblighi impostigli dal Trattato o da un atto di diritto derivato (v., in particolare, sentenze 1ottobre 1998, causa C-71/97, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-5991, punto 14, e 18 gennaio 2001, causa C-83/99, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-445, punto 23). 11. Si deve innanzitutto constatare, come risulta dalle conclusioni dellatto introduttivo, che il presente ricorso per inadempimento limitato agli artt. 1, n. 2, e 2, nn. 1-3, dellordinanza controversa e non volto a contestare gli atti successivamente adottati inapplicazione della stessa, atti che erano tuttavia esplicitamente contemplati nel pareremotivato. 12. Si deve poi ricordare che la Commissione, nellesercizio delle competenze di cui investita in forza dellart. 226, secondo comma, CE, ha il compito di vigilare dufficio, nel- linteresse generale della Comunit, sullapplicazione, da parte degli Stati membri, delTrattato e delle norme adottate dalle istituzioni in forza di questultimo e di far dichiararelesistenza di eventuali inadempimenti degli obblighi che ne derivano, allo scopo di farlicessare (v., in questo senso, sentenze 11 agosto 1995, causa C-431/92, Commissione/ Germania, Racc. pag. I-2189, punto 21, e 10 aprile 2003, cause riunite C-20/01 e C28/ 01, Commissione/Germania, Racc. pag. I-3609, punto 29). 13. A questo proposito, dal disposto stesso dellart. 226, secondo comma, CE risultache la Commissione pu adire la Corte con un ricorso per inadempimento solo qualora loStato membro interessato non si sia conformato al parere motivato entro il termine da essaimpartitogli a tale scopo (v. sentenza 31 marzo 1992, Commissione/Italia, cit., punto 9). 14. Secondo costante giurisprudenza, peraltro, lesistenza di un inadempimento deveessere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato (v., in particolare, sentenze 31 marzo 1992, Commissione/Italia, cit., punto 10; 4 luglio 2002, causa C-173/01, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-6129, punto 7, e 10 aprile 2003, causa C-114/02, Commissione/Francia, Racc. pag. I-3783, punto 9). 15. Ebbene, si deve necessariamente constatare che lordinanza controversa avevacessato di produrre effetti giuridici alla data di scadenza dello stato di emergenza dichiarato nel territorio nazionale fino al 31 ottobre 2002 con decreto del Presidente del Consigliodei Ministri 28 giugno 2002, giacch la durata di applicazione dellordinanza era limitata aquella fissata dal decreto. 16. Lordinanza controversa, che non era pi in vigore fin dal 1 novembre 2002, avevaconseguentemente esaurito tutti i suoi effetti prima della scadenza del termine fissato nelparere motivato, anzi, persino prima dellinvio della lettera di diffida. Afferendo esclusivamente alla detta ordinanza, linadempimento imputato alla Repubblica italiana nel presentericorso, quandanche sussistente, non sarebbe comunque pi potuto esistere alla data di scadenza del termine citato. 17. Da quanto precede discende che il ricorso della Commissione deve essere dichiarato irricevibile. Sulle spese 18. Ai sensi dellart. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente condannata alle spese se ne stata fatta domanda. Si deve rilevare che la Repubblica italia IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE na non ha chiesto la condanna della Commissione alle spese. Ne consegue che ciascunaparte sopporter le proprie spese. Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce: 1) Il ricorso irricevibile. 2) La Commissione delle Comunit europee e la Repubblica italiana sopporteranno ciascuna le proprie spese. Le conclusioni formulate nel ricorso nella causa C-337/05 (cont. 47461/05, avv. dello Stato G. Fiengo). Con ricorso iscritto nel registro della Corte di Giustizia delle Comunit Europee conil numero di causa C-337/05 e notificato in data 26 settembre 2005, la Commissione formula nei confronti del Governo della Repubblica Italiana le seguenti conclusioni: constatare che avendo il Suo Governo ed in particolare i Ministeri dellInterno, dellaDifesa, dellEconomia e delle Finanze, delle Politiche Agricole e Forestali, delleInfrastrutture e dei Trasporti e del Dipartimento della Protezione Civile della Presidenzadel Consiglio dei Ministri, posto in essere una prassi, esistente da lungo tempo e tuttoraseguita, di affidamento diretto degli appalti per lacquisto di elicotteri di fabbricazioneAgusta e Agusta Bell alla ditta Agusta per soddisfare le necessit dei Corpi militari dei Vigili del Fuoco, dei Carabinieri, del Corpo forestale dello Stato, della GuardiaCostiera, della Guardia di Finanza e della Polizia di Stato, nonch del Dipartimento dellaProtezione civile, al di fuori di qualsiasi procedura di messa in concorrenza e, segnatamente, senza rispettare le procedure previste dalla direttiva 93/36/CEE e, prima ancora, delledirettive 77/62/CEE, 80/767/CEE e 88/295/CEE la Repubblica Italiana ha violato gli obblighi che Le impongono in virt delle citate direttive; condannare la Repubblica Italiana al pagamento delle spese di giudizio. Il controricorso del Governo della Repubblica italiana nella causa C-337/05. Il ricorso inammissibile infondato e se ne chiede il rigetto per i motivi, che qui diseguito si riportano. 1. In via preliminare la Repubblica Italiana segnala la non corrispondenza tra le contestazioni svolte in sede di procedura dinfrazione e la domanda giudiziale formulata nelle conclusioni dalla Commissione. Tale domanda si incentra sullaver posto in essere una prassi, esistente da lungo tempo e tuttora seguita, di affidamento diretto degli appaltiper soddisfare le necessit dei Corpi militari. Le contestazioni invece hanno riguardato invece essenzialmente forniture civili del Dipartimento della Protezione Civile, del Corpo Forestale delloStato e dei Vigili del Fuoco, sicch se anche tale divergenza non dovesse condurre allamanifesta inammissibilit del ricorso (nel pi potrebbe essere compreso il meno) acquistano un diverso valore le risposte formulate dal Governo della Repubblica italiana (e le stesseaperture formulate in tali risposte nei confronti delle tesi della Commissione): stante la genericit delle contestazioni, le risposte ai pareri motivati non consentono infatti alla Corte ditrarre argomenti di prova contro la Repubblica italiana, n giustificano ammissioni di sortasugli inadempimenti contestati come ritenuto dalla Commissione: di forniture militari nellefasi precontenziose non s mai fondamentalmente fatta questione. 2. Se si tratta di forniture militari, la materia oggetto del ricorso resta regolata, primache dalle richiamate direttive sugli appalti, dallArticolo 296 (ex articolo 223) del Trattato, RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO a norma del quale 1. Le disposizioni del presente trattato non ostano alle norme seguenti: a) nessuno Stato membro tenuto a fornire informazioni la cui divulgazione sia dallostesso considerata contraria agli interessi essenziali della propria sicurezza, b) ogni Stato membro pu adottare le misure che ritenga necessarie alla tutela degliinteressi essenziali della propria sicurezza e che si riferiscano alla produzione o al commercio di armi, munizioni e materiale bellico; tali misure non devono alterare le condizioni diconcorrenza nel mercato comune per quanto riguarda i prodotti che non siano destinati afini specificamente militari. 2. Il Consiglio, deliberando allunanimit su proposta della Commissione, pu apportare modificazioni allelenco, stabilito il 15 aprile 1958, dei prodotti cui si applicano ledisposizioni del paragrafo 1, lettera b) 3. Con deliberazione del 15 aprile 1958 il Consiglio della Comunit ha stabilito cheLe disposizioni dellart 223, paragrafo 1) del Trattato si applicano alle armi, alle munizioni e al materiale bellico enumerati in appresso, comprese le armi concepite per lusodellenergia nucleare: 10 aeronavi e relativi equipaggiamenti per impiego militare. La semplice lettura comparativa delle disposizioni emanate dal Consiglio indicano la volont di sottrarre alla disciplina della concorrenza gli acquisti di aerei ed elicotteri, considerati in s armamenti, anche indipendentemente dalla loro esclusiva destinazione a finimilitari. 4. Conseguentemente le direttive in materia di appalti di fornitura 93/36/CEE stabiliva allarticolo 2 comma 1, lettera b), che La presente direttiva non si applica.. agli appalti di forniture che sono dichiarati segreti o la cui esecuzione debba essere accompagnata damisure speciali di sicurezza secondo le disposizioni legislative, regolamentari od amministrative vigenti nello Stato membro di cui trattasi n quando lo esiga la tutela dessenzialiinteressi di sicurezza di tale Stato. LArma dei Carabinieri, la Guardia di Finanza e il Corpo delle Capitanerie di Porto Guardia Costiera sono corpi militari dello Stato Italiano sicch le loro forniture, comunqueimpiegate, si sottraggono ai sensi delle citate disposizione alle regole del Trattato. N risulta contestato, in relazione a tali forniture un comportamento distorsivo dellaconcorrenza in relazione a prodotti che non siano destinati a fini specificamente militari aisensi dellart 296 (ex art 223) del Trattato. 5. Quanto alle forniture di alcune amministrazioni centrali dello Stato Italiano, cՏ darilevare come, a partire dallottobre 2001, gli acquisti di elicotteri, sia civili che dei corpimilitari addetti alla tutela dellordine pubblico, vengano progressivamente attratti in unareaspecifica afferente alla Sicurezza dello Stato ed assoggettate ad un particolare requisitotecnico il dual use, che tende rapportare le forniture civile a quelle militari. La cronologiaessenziale la seguente. 5.1. 5 ottobre 2001. Il Ministro della Difesa in considerazione del fatto che glieventi internazionali accaduti (attentati dell11 settembre 2001) nonch i loro possibili sviluppi, impongono, tra laltro, per le Pubbliche Amministrazioni una riflessione ad ampiospettro per tutto ci che attiene, anche in senso lato, alla sicurezza del Paese e dei cittadini invita le Amministrazioni interessate a sospendere le procedure di acquisto di beni e/ostrumenti che possano avere un impiego, seppure eventuale, anche come sistema darma (adesempio aerei, elicotteri, cingolati o altro)... al fine di poter concordare le opportune caratteristiche tecniche. Le acquisizioni di elicotteri in corso da parte della Polizia di Stato e delCorpo dei Vigili del Fuoco vengono conseguentemente sospese. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 5.2. Marzo 2002. Nel corso di una riunione del Comitato Nazionale dellOrdine e della Sicurezza Pubblica, il Ministro dellinterno, raccomanda di procedere, nel rispettodella indicazione del Ministro della Difesa, a valutazioni ed acquisizioni il pi possibile unitarie, previo individuazione di comuni caratteristiche di base dei mezzi da approvvigionare, secondo un coordinato programma, per conseguire anche sensibili economie di spesa. Taleorientamento viene confermato nel corso della Conferenza dei Servizi per il potenziamentodella flotta elicotteri CFS, tenuta il 20 marzo 2002 presso il Ministero delle PoliticheAgricole e Forestali, che aveva bandito, poi sospeso ed infine revocato le gare per lacquisto di n. 33 elicotteri leggeri e di n. 16 elicotteri medi. Nella Conferenza si stabilisce che ivelivoli da approvvigionare, destinati prioritariamente al contrasto degli incendi boschivi, siano suscettibili di impiego come supporto ad attivit inerenti la difesa e la sicurezza nazionale, mediante la predisposizione di alcuni sistemi di comunicazione, identificazione e navigazione, compatibili con quelli installati sui mezzi della Difesa. 5.3. Il 18 aprile 2002 il Capo della Polizia (Direttore Generale della PoliziaSicurezza) costituisce un Gruppo Tecnico di Valutazione presieduto dal direttoredellUfficio Coordinamento e Pianificazione Forze di Polizia e composto da qualificatirappresentanti dei Comandi Generali dellArma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e delle competenti Articolazioni delDipartimento della Pubblica Sicurezza e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco concompiti di: condurre uno studio in forma coordinata per lindividuazione di comuni caratteristiche di base degli elicotteri in dotazione alle dette Amministrazioni; elaborare un parimenti coordinato programma di acquisizione di mezzi, scandito neltempo sulla base di condivise esigenze prioritarie, anche con lindicazione delle risorsefinanziarie a cui attingere. La scelta sottesa che un ammodernamento del parco elicotteristico delle Forze diPolizia nel loro complesso, cos concepito ed attuato, consentirebbe di realizzare una gestione comune delle scorte di magazzino, un aggiornamento dei vigenti sistemi operativi e lacreazione di nuove sinergie istituzionali, unitamente al raggiungimento di un sensibileabbattimento dei costi. 5.4. A conclusione dei lavori, il 22 maggio 2002, nel significare che la necessit di ammodernamento delle flotte di caratteristiche chiara ed impellente, il Gruppo Tecnico di Valutazione redige ed approva il Requisito di massima relativo allelicottero biturbina leggero per i Corpi della Stato ed il Requisito tecnico di massima relativo allelicottero biturbina medio per i Corpi dello Stato. I due elaborati comprendono, altres, la quantificazione delle esigenze complessive diaeromobili per ciascuna Amministrazione a decorrere dal 2003. I due elaborati sono trasmessi ai competenti Uffici delle Forze di polizia per lo svolgimento delle procedure diacquisto. 5.5. 10 giugno 2002. Stipula contratto in forma pubblica amministrativa, a seguito ditrattativa privata con la ditta Agusta , per la fornitura di n. 4 elicotteri della tipologiamedia, con imputazione ai fondi di cui alla legge n. 217/1992 (potenziamento straordinarioForze di polizia), per le esigenze del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. La fornitura non segretata ma viene eseguita in conformit al disposto dellart. 9comma 4, lettere c) e d) del Testo Unico sugli appalti pubblici di forniture (forniture sottoposte a diritti di esclusiva; forniture complementari effettuate dal fornitore originario) che RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO recepisce analoghe deroghe stabilite nella direttiva 93/36/CEE. Il contratto approvato e resoesecutivo con D.M. 19 luglio 2002, registrato alla Corte dei Conti. (1) 5.6. Il Presidente del Consiglio dei Ministri emana lordinanza n. 3231 del 24 luglio2002, recante Disposizioni urgenti per la lotta aerea agli incendi boschivi sul territorio nazionale. Lordinanza, fondata su una specifica emergenza operativa, autorizza ilDipartimento della Protezione Civile ed il Corpo Forestale dello Stato ad individuare edacquisire i mezzi aerei ritenuti pi idonei allassolvimento dei compiti di istituto, anche inderoga alla normativa in materia di contabilit generale dello Stato e di appalti pubblici diforniture. La vicenda stato oggetto di contenzioso presso la Corte di Giustizia (Causa C525/ 03) concluso con una pronuncia di inammissibilit del ricorso. 5.7. 28 ottobre 2002. Viene stipulato contratto in forma pubblica amministrativa, aseguito di trattativa privata con la ditta Agusta, per la fornitura di n. 2 elicotteri, completi di installazioni ausiliarie a corredo, assistenza tecnica e parti di ricambio, tipologia media, con imputazione ai fondi di cui allart. 23-quinquies della legge n. 61/1998, per le esigenzedel Corpo Forestale dello Stato. La fornitura non segretata, effettuata in conformit allordinanza 24 luglio 2002. Contratto approvato e reso esecutivo con D.M. 28 ottobre 2002 registrato alla Corte dei Conti l11 novembre 2002 (2). 5.8. 31 ottobre 2002. Il Presidente del Consiglio dei Ministri considerato che a seguito dei noti eventi terroristici dell1l settembre 2001 le azioni eversive in ambito internazionale assumono sempre pi le caratteristiche di un conflitto armato con propriadirettiva dispone: a) le acquisizioni di elicotteri destinati allammodernamento ed al potenziamentodelle flotte elicotteristiche adibite a compiti di sicurezza, ordine pubblico o protezione civile devono avere caratteristiche tali da poterne consentire un impiego, anche se eventuale, come sistemi darma e di difesa, avendo cura di assicurare la massima interoperabilit coni mezzi esistenti, minimizzando cos gli impatti logistici, addestrativi ed operativi connessicon il loro eventuale uso per esigenze militari e/o antiterrorismo; b) a tal fine le proposte di acquisto ed i relativi capitolati tecnici dovranno essere preventivamente approvati ad una apposita commissione istituita presso il MinisterodellInterno, della quale sono chiamati a far parte rappresentanti del Ministero della difesa e delle altre amministrazioni interessate. 5.9. In data 23 dicembre 2002 viene stipulato contratto in forma pubblica amministrativa, a seguito di trattativa privata con la ditta Agusta, per la fornitura di n. 4 elicotteri (1) Con sentenza 13 ottobre 2003 il T.A.R. del Lazio ha rigettato il ricorso della Ditta MDHelicopters (USA) per lannullamento degli atti e provvedimenti relativi alla fornitura, ritenendoapplicabile il disposto dellart. comma 4, lettere c) e d), del Testo Unico sugli appalti pubblici di forniture. Con decisione 22 giugno 2004 il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso nei confronti della citata sentenza, annullando gli impugnati provvedimenti che hanno dato vita alla trattativa privata e condannando il Ministero dellinterno al risarcimento del danno nella misura del 2% sul prezzo complessivo della fornitura. Avverso detta decisione pende ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione perdifetto di giurisdizione. (2) Con sentenza 28 gennaio 2004 il T.A.R. del Lazio ha rigettato il ricorso della ditta MDHelicopters (USA) per lannullamento degli atti e provvedimenti relativi alla fornitura, riconoscendola ricorrenza dellesigenze di somma urgenza. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE della tipologia media, con imputazione ai fondi di cui alla legge n. 217/1992 (potenziamento straordinario Forze di polizia), per le esigenze del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. La fornitura non segretata, ma eseguita in conformit al disposto del citato art. 9 comma4, lettere c) e d), del Testo Unico sugli appalti pubblici di forniture. Il contratto approvatoe reso esecutivo con D.M. 23 dicembre 2003, registrato alla Corte dei Conti (3). 5.10. Il Ministro dellInterno, con decreto in data 24 febbraio 2003, costituisce laCommissione interministeriale prevista nella Direttiva presidenziale. La Commissione presieduta dal direttore dellUfficio Coordinamento e Pianificazione Forze di Polizia e comprende qualificati rappresentanti del Ministero della Difesa, del Dipartimento della PubblicaSicurezza, del Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della DifesaCivile, dei Comandi Generali dellArma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, delCorpo Forestale dello Stato e del Corpo delle Capitanerie di Porto. 5.11. La Commissione interministeriale con delibera in data 5 marzo 2003 recepiscele risultanze del Gruppo Tecnico di Valutazione ed i relativi elaborati tecnici, ritenendoli inlinea con il disposto della direttiva presidenziale. 5.12. 19 marzo 2003. Stipula di contratto in forma pubblica amministrativa, a seguitodi trattativa privata con la ditta Agusta, per la fornitura in leasing di n. 4 elicotteri della tipologia leggera, con imputazione delle rate agli stanziamenti ordinari di bilancio, per leesigenze del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. La fornitura non segretata ed eseguita in conformit al disposto del citato art. 9, comma 4, lettere c) e d), del Testo Unico sugliappalti pubblici di forniture. Contratto approvato e reso esecutivo con D.M. 19 marzo 2003registrato alla Corte dei Conti (4). 5.13. La Commissione interministeriale approva in data 14 aprile 203 il Requisitomilitare di massima relativo allelicottero biturbino leggero per i Corpi dello Stato, cherecepisce il corrispondente Requisito tecnico di massima elaborato dal Gruppo Tecnico diValutazione, adeguandolo alle prescrizioni sulla militarizzazione, contenute nella direttivapresidenziale 31 ottobre 2002. Lelaborato reca, in allegato, le schede relative, rispettivamente, alle caratteristiche che i mezzi citati in oggetto dovranno avere per assicurare lamassima interoperabilit con gli analoghi velivoli della Difesa ed agli aspetti legati alprocesso di omologazione ed alla normativa tecnica di riferimento, entrambe predispostedallo Stato Maggiore della Difesa. 5.14. La Commissione interministeriale con delibera in data 6 maggio 2003 ritieneche i Capitolati tecnici adottati dal Corpo Forestale dello Stato per la fornitura di elicotterileggeri e medi siano non rispondenti ai requisiti minimi definiti dallo Stato Maggiore dellaDifesa per i sistemi darma e di difesa e non rispondenti a caratteristiche di interoperobilit con i mezzi delle Forze di polizia. Il Ministro delle Politiche Agricole e Forestali, conpropria direttiva, dispone che il Corpo Forestale dello Stato si conformi al deliberato dellaCommissione interministeriale, sospendendo lespletamento delle procedure di acquisizione in corso. 5.15. Il Ministro dellinterno, con decreto 11 luglio 2003, sulla base di proposta avanzata dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza e su parere favorevole espresso dallOrgano (3) Vedi nota 1. (4) Vedi nota 1. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Centrale di Sicurezza, dispone la segretazione di atti e procedure inerenti la fornitura deglielicotteri della tipologia leggera per finalit di protezione degli interessi essenziali della sicurezza dello Stato, ai sensi dellart. 4, comma 1, lettera c), del Testo Unico delle disposizioni in materia di appalti pubblici di forniture. 5.16. La Commissione interministeriale, a conclusione dellesame, approva in data 22ottobre 2003 le proposte di acquisto di elicotteri/sistemi darma della tipologia leggera perle esigenze della Polizia di Stato (n. 1), dellArma dei Carabinieri (n. 17) e della Guardia diFinanza (n. 7), ritenendole conformi al relativo Requisito militare di massima. 5.17. La Commissione interministeriale con delibera 27 ottobre 2003 approva ilRequisito militare di massima relativo allelicottero biturbino medio per i Corpi delloStato, analogo al corrispondente Requisito militare di massima relativo agli elicotteri leggeri, recante in allegato le citate schede dello Stato Maggiore della Difesa. LaCommissione approva, altres, i nuovi Capitolati tecnici predisposti dal Corpo Forestaledello Stato per le forniture di elicotteri leggeri e medi. 5.18. La Commissione interministeriale con delibera 10 dicembre 2003 esamina ed approva la proposta di acquisto di n. 5 elicotteri/sistemi darma della tipologia leggera, avanzata dal Corpo Forestale dello Stato, ritenendolo conforme al relativo Requisito militare di massima ed al Capitolato tecnico approvato nella seduta del 27 ottobre 2003. 5.19. Il Ministro dellinterno, con decreto 11 dicembre 2003, sulla base di propostaavanzata dai Dipartimento della Pubblica Sicurezza e su parere favorevole espressodallOrgano Centrale di Sicurezza, dispone la segretazione di atti e procedure inerenti la fornitura degli elicotteri dello tipologia media per finalit di protezione degli interessi essenziali della sicurezza dello Stato, ai sensi dellart. 4, lettera c), del Testo Unico delle disposizioni in materia di appalti pubblici di forniture. 5.20. La Commissione interministeriale, a conclusione dellesame, in data 19 dicembre 2003, approva la proposta di acquisto di elicotteri/sistemi darma medi avanzata dalCorpo Forestale dello Stato, ritenendolo conforme al relativo Requisito militare di massima ed al Capitolato tecnico approvato nella seduta del 27 ottobre 2003. 5.21. La Commissione Consultiva prevista dallart. 9 della legge 28 febbraio 1992, n. 217, per dar corso in via amministrativa alla spesa, esprime parere favorevole in meritoallacquisto, da parte dellArma dei Carabinieri (n. 17 elicotteri), della Guardia diFinanza (n. 7 elicotteri) e della Polizia di Stato (n. 1 elicottero), di complessivi n. 25 elicotteri/ sistemi darma completi di supporto tecnico logistico globale ed addestramento per ilpersonale aeronavigante presso la Ditta Agusta S.p.A. , mediante trattativa privata aisensi dellart. 4, lettere c) ed e), del T.U. delle disposizioni in materia di appalti pubblici diforniture e dellart. 41, punti 2), 3) e 6) del Regolamento Generale di Contabilit di Stato con le seguenti motivazioni: lArma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza sono escluse dallambito di applicazione della normativa comunitaria, in quanto nellelenco deliberato dal Consiglio delleComunit Europee, ai sensi dellari. 223 del Trattato di Roma istitutivo della stessa (attualeart. 296 del Trattato CE), al punto 10, sono riportati: velivoli ed attrezzature ad uso militare. Le menzionate Amministrazioni sono parte integrante delle Forze Armate dello Stato ed inserite, in virt dei propri compiti istituzionali, nellambito del sistema di difesa e sicurezza; lArma dei Carabinieri, la Guardia di Finanza e la Polizia di Stato sono escluse dal- lambito di applicazione della normativa comunitaria in quanto, per le acquisizioni in argomento, la protezione degli interessi essenziali della sicurezza dello Stato esige ladozione di IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE speciali misure di sicurezza di cui al Decreto del Ministro dellInterno 558/A/04/03/RR indata 11 luglio 2003; la Societ Agusta, costruttrice e distributrice esclusiva dei mezzi aerei della classedi cui alle forniture in parola, altres lunica sul territorio nazionale che per le capacittecniche e industriali possedute, soddisfa pienamente le esigenze di supporto logistico alleAmministrazioni interessate, giusta art. 9, comma 4, lettere c) ed e), del citato T.U. sulle forniture. 5.22. In data 19 dicembre 2003 si stipula contratto in forma pubblica amministrativa, a seguito di trattativa privata con la ditta Agusta, per la fornitura di n. 7 elicotteri/sistemidarma di difesa, tipologia leggera, comprensivi di installazioni ausiliarie e supporto logistico globale con imputazione ai fondi di cui alla legge n. 217/1992 (potenziamento straordinario Forze di polizia), per le esigenze della Guardia di Finanza. La fornitura segretata edil contratto approvato e reso esecutivo con D.M. 28 dicembre 2003, registrato alla Cortedei Conti il 17 febbraio 2004 (5). 5.23. Stipula in data 23 dicembre 2003 di contratto in forma pubblica amministrativa, a seguito di trattativa privata con la ditta Agusta, per la fornitura di n. 17 elicotteri/sistemi darma di difesa, tipologia leggera, completi di installazioni ausiliarie e di supporto logistico globale, con imputazione ai fondi di cui alla legge n. 217/1992 (potenziamento straordinario Forze di polizia), per le esigenze dellArma dei Carabinieri. La fornitura segretatae il contratto approvato e reso esecutivo con D.M. 24 dicembre 2003, registrato alla Cortedei Conti il 16 marzo 2004 (6). 5.24. Si stipula contratto in forma pubblica amministrativa, a seguito di trattativa privata con la ditta Agusta, per la fornitura di n. 3 elicotteri adeguatamente equipaggiati perle esigenze dual use, (svolgimento del servizio di istituto e del servizio antiterrorismo), tipo (5) Ricorso al T.A.R. del Lazio della Ditta MD Helicopters (USA), per lannullamento previasospensione dellesecutoriet del decreto ministeriale di segretazione 11 luglio 2003, di tutti gli attiprodromici e successivi, nonch di tutti gli eventuali atti e provvedimenti con cui le Amministrazionistessero dando corso alle forniture. Il 18 dicembre 2003 il T.A.R. respinge listanza di sospensiva. Il T.A.R. del Lazio ordina in data 11 marzo 2004 al Ministero dellinterno lesibizione in giudizio di documentati chiarimenti in ordine ad eventuali forniture di elicotteri della tipologia indicata neldecreto 11 luglio 2003, acquisite o in corso di acquisizione successivamente alladozione del medesimo decreto oggetto di gravame, ed assoggettate a regime derogatorio al D.Lvo n.358/92, come modificato dal D.Lvo n. 402/98, con allegazione dei relativi atti procedimentali. lI Ministero dellinterno d adempimento allordinanza in data 28 maggio 2005. Con ordinanza emessa il 28 luglio 2004 il T.A.R. accoglie la domanda incidentale di sospensionedelle forniture fino al 14 ottobre 2004, data della decisione nel merito. In tale data il T.A.R. accoglie ilricorso principale ed annulla i provvedimenti impugnati; rigetta la domanda risarcitoria (sentenza n. 369/2004). Su appello proposto dall Avvocatura Generale dello Stato e dalla Spa Agusta in data 19 aprile2005 il Consiglio di Stato con sentenza n. 3068/2005, accoglie gli appelli principali e, in riforma dellasentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado. LAvvocatura Generale dello Stato, in esito a richiesta del Ministero dellinterno, in data 29 settembre 2005 esprime il parere che allo stato degli atti, vista la sentenza n. 3086/05 del Consiglio diStato, non sussistono ostacoli a che i contratti di fornitura, a suo tempo impugnati do MD HelicoptersInc., siano considerati validi ed efficaci. (6) Vedi nota 5. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO logia leggera, nella configurazione di cui al relativo Capitolato tecnico, con installazioniausiliarie e supporto logistico globale, con imputazione ai fondi di cui allarticolo 23-quinquies della legge n. 61/1998, per le esigenze del Corpo Forestale dello Stato. La forniturasegretata e il contratto approvato e reso esecutivo con D.M. 29 dicembre 2003, registratoalla Code dei Conti il 24 febbraio 2004 (7). 5.25. Stipula in data 24 dicembre 2003 di contratto in forma pubblica amministrativa, a seguito di trattativa privata con la ditta Agusta, per la fornitura di n. 7 elicotteri, tipologia media, completi di installazioni ausiliarie a corredo, assistenza tecnica e parti di ricambio, con imputazione ai fondi di cui allarticolo 23-quinquies della legge n. 61/1998, per leesigenze del Corpo Forestale dello Stato. La fornitura segretata e il contratto approvato ereso esecutivo con decreto del D.M. 29 dicembre 2003, registrato alla Corte dei Conti il 24febbraio 2004 (8). 5.26. Stipula in data 30 dicembre 2003 di contratto in forma pubblica amministrativa, a seguito di trattativa privata con la ditta Agusta, per la fornitura di un elicottero/sistemadarma di difesa, tipologia leggera, comprensivo di installazioni ausiliarie e di supportologistico globale, con imputazione ai fondi di cui alla legge n. 217/1992 (potenziamentostraordinario Forze di polizia), per le esigenze della Polizia di Stato. La fornitura segretata e il contratto approvato e reso esecutivo con D.M. 31 dicembre 2003, registrato allaCorte dei Conti il 13 febbraio 2004 (9). 6. Dalla sequenza degli atti emerge con evidenza che la progressiva assimilazionedelle forniture di cui si tratta a vere e proprie forniture militari non ha riguardato tutte leamministrazioni dello Repubblica italiana ma esclusivamente gli organi statali che erano, per legge, regolamento o per disposizione interna, gi affidatari di compiti relativi alla sicurezza nazionale, in connessione con le misure antiterrorismo adottate da tutti gli Stati membri dellUnione Europea dopo l11 settembre 2001. Non esiste se non per accidente alcuna prassi diretta a riservare alla Agusta S.p.A. le forniture di mezzi e servizi, ma una sceltaconcreta e motivata di attrarre determinate forniture (e solo quelle) nellambito della tuteladi interessi concernenti la sicurezza nazionale. La giustificazione di tale scelta in ipsa re, dal momento che nellordinamento italiano questi particolari organismi amministrativi sonodestinati ad operare in stretta connessione con lArma dei carabinieri, la Guardia di Finanzae il Corpo delle Capitanerie di Porto, che hanno forma e sostanza di corpi armati dello Stato. Una volta scelta la via tecnica dellinteroperabilit (nelle linee di volo, nelle trasmissioni, nelladdestramento e nella logistica) per ragioni di sicurezza nazionale, lassimilazione diquesti servizi e delle relative forniture sia pure con provvedimenti di volta in volta motivati ai servizi ed alle forniture militari diviene fatto consequenziale, fondato su una motivazione ragionevole. (7) Vedi nota 5. (8) Sebbene la Ditta MD Helicopters abbia chiesto al T.A.R. del Lazio lannullamento degli attie provvedimenti relativi alla fornitura degli elicotteri leggeri, nel ricorso di cui alla nota 5) si fa riferimento agli atti e provvedimenti inerenti la fornitura degli elicotteri medi. Il Ministero delle PoliticheAgricole e Forestali, pertanto, a seguito dellordinanza del T.A.R. Lazio 28 luglio 2004, ha sospesocautelativamente entrambe le forniture, che sono state riattivate ad avvenuto deposito della decisionedel Consiglio di Stato 3086/05. (9) Vedi nota 5. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 7. La prova di un uso accorto della facolt di deroga fondata sullesigenza della sicurezza nazionale deriva proprio dallesclusione degli acquisti effettuati dal Dipartimentodella Protezione Civile e dal Corpo dei Vigili del Fuoco da ogni misura di segretazione edalla circostanza che ciascuna fornitura segue specifiche procedure di affidamento ed autonome valutazioni in ordine ai beni da acquistare. 8. Del tutto estranea alla controversia la posizione del Dipartimento della ProtezioneCivile della Presidenza del Consiglio dei ministri. Questa struttura non ha mai utilizzato perlacquisto di elicotteri lordinanza n. 3231 adottata dal Presidente del Consiglio dei Ministriil 24 luglio 2002 per le emergenze derivanti dagli incendi boschivi n ha mai utilizzato perla stessa finalit lart 12 comma 2 dellordinanza n. 3265 del 21 febbraio 2003 adottata peril terremoto e le altre calamit naturali. Il procedimento induttivo che la Commissione spesso utilizza per inferire ammissioni della Repubblica italiana ai fatti contestati molto ampioe spesso acritico: nel caso di specie tuttavia risposta fornita dal Dipartimento dellaProtezione Civile al parere motivato in data 12 maggio 2004 (allegato 16 al ricorso dellaCommissione) non sembra lasciare margini di dubbio dal momento che lufficio si limita atrasmettere copia di un bando di gara. 9. In relazione alla posizione del Corpo Forestale dello Stato si ricorda che la controversia tra la Repubblica Italiana e la Commissione stata definita con la sentenza dellaCorte di Giustizia 27 ottobre 2005 in causa C-525/03 con la declaratoria di irricevibilit delricorso. Da tale decisione risulta testualmente al punto 4: Sulla base dellordinanza controversa, il Ministero delle Politiche Agricole e forestali ha adottato il decreto 1619/02 cheapprovava e rendeva esecutivo un contratto stipulato con la societ Agusta S.p.A. a trattativa privata ai sensi della suddetta ordinanza, relativo alla fornitura di due elicotteri, completi di installazioni a corredo, assistenza tecnica, parti di ricambio e quantaltro necessario al funzionamento di tali veicoli Non si comprende per quale motivo una questione gitrattata e discussa in Corte di Giustizia e definita nel senso dellirricevibilit del ricorso solo in conseguenza delle modalit responsabilmente scelte dalla Commissione di proporre larelativa domanda, debba oggi essere riproposta in termini analoghi a quelli per i quali statatrattenuta in decisione. Il ne bis in idem appare nel caso di specie eccezione sostanziale. Sirammenta al riguardo che in quella occasione la difesa del Governo Italiano aveva insistitoper una pronuncia nel merito della controversia, che, comՏ noto, riguardava, un caso particolare di deroga ai sensi dellart. 6 comma 3, lett. d) della direttiva 93/36/CEE 10. Un particolare approfondimento merita la controversia in relazione alla tesi esposta dalla Commissione secondo cui le esigenze di sicurezza potrebbero essere assicurateattraverso oneri di riservatezza imposti ai partecipanti alla ipotetica gara ed evitando di pubblicizzare sulle home pages dei Corpi di Polizia le relative informazioni (un documentoestratto dal sito www.carabinieri.it conterrebbe, secondo la Commissione, indicazioni sullecaratteristiche principali dei mezzi in questione allegato 7 al ricorso della Commissione). Al riguardo si chiarisce che il documento richiamato reca soltanto informazioni generiche sulla storia della flotta dellArma dei Carabinieri, senza menzionare in alcun modoaltri aspetti inerenti i complessi elettronici di bordo, i sistemi di comunicazione, navigazione, pilotaggio ed armamento degli aeromobili ed altre informazioni sensibili. Al riguardo gliarticoli dei contratti stipulati da corpi militari prevedono che La ditta si impegna di garantire nellespletamento del ... contratto, losservanza degli obblighi ad essa derivanti dalRegio Decreto 11 luglio 1941, n. 1161 ... e delle disposizioni integrative. Ci comprovache lAmministrazione non ha, con riguardo alle forniture in questione, un generico interes RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO se di riservatezza bens lesigenza di salvaguardare il segreto militare. Di conseguenzale deroghe applicate si ritengono rispondenti in pieno al principio di proporzionalit. 11. Per quanto concerne lassimilazione delle forniture dei Corpi di Polizia a vere eproprie forniture militari,con riguardo ai punti n. 77 e 78 del ricorso, si osserva che lomogeneit delle linee di volo allinterno dei reparti favorisce limpiego operativo poich consente, attraverso una razionalizzazione del ciclo logistico, labbattimento dei tempi di riparazione/ manutenzione e risponde a ragioni di sicurezza del volo in quanto in sede di analisie prevenzione degli incidenti sono emersi rischi rilevanti connessi al contestuale addestramento del personale su diversi tipi di vettore. Inoltre, linteroperabilit tra i mezzi in uso alleForze armate e alle Forze di polizia consente di sviluppare attivit integrate di carattere tecnico/ addestrative, tecnico/logistico e tecnico/amministrativo, funzionali al conseguimentodegli obiettivi di assicurare la difesa interna del territorio e limpiego integrato in operazioni internazionali per il mantenimento della pace e/o lespletamento di attivit di polizia, secondo standard procedurali affinati nel tempo come si pu rilevare, tra laltro, dal Decretointerministeriale Interno-Difesa in data 12 dicembre 2001. Tali fattori evidenziano la misura in cui leventuale cambiamento di fornitore esporrebbe lAmministrazione a difficolttecniche sproporzionate (punto n. 81 ricorso). 12. I contratti stipulati dal Dipartimento per i Vigili del Fuoco come si detto nonsono stati oggetto di segretazione; nondimeno lAmministrazione si ragionevolmentedeterminata a favore di un acquisto a trattativa privata con la ditta Agusta S.p.A. sia in relazione agli elicotteri di tipo leggero che per quelli medi, avvalendosi di specifiche deroghepreviste dallordinamento comunitario ed in particolare della possibilit del ricorso alla trattativa privata per i casi previsti dallart 6, comma 3 lettere c) ed e) della direttiva 93/36/CEE. La questione tuttora oggetto di contenzioso in sede nazionale, su ricorso proposto daun operatore extracomunitario, ed ha avuto finora un singolare epilogo, con la condanna del- lamministrazione a rifondere alloperatore straniero una somma pari al 2% della commessa a titolo di perdita di chance. Ma poich anche i giudici che hanno pronunciato la condanna fanno parte dellordinamento della Repubblica Italiana sarebbe interessante comprendere, donde la Commissione ricava da questa vicenda linadempimento della RepubblicaItaliana alle normative comunitarie: il diritto di partecipare alla gara per la fornitura di elicotteri, proprio in forza delle direttive comunitarie recepite dallordinamento nazionale assicurato e garantito nella Repubblica italiana anche ad imprese extracomunitarie ed statooggetto di una sentenza che la difesa erariale ritiene ingiusta ma che comunque sussiste ed tale da escludere linadempimento al Trattato contestato dalla Commissione. 13. Nel merito la scelta effettuata dai Vigili del Fuoco aveva fondate ragioni nellutilizzo della trattativa privata, anche ed indipendentemente dalle motivazioni relative allainteroperabilit della flotta elicotteristica nazionale adibita a compiti di pubblica sicurezza edella progressiva assimilazione di tali acquisti alle forniture militari: a) gli elicotteri sono macchine complesse, nelle quali le case produttrici utilizzanoampiamente privative industriali; nessuna istituzione comunitaria n internazionale si maidata carico di dar corso a processi di normalizzazione. Allorch si tratta di adibire tali macchine in missioni spesso al limite della loro affidabilit sembra plausibile che leAmministrazioni procedano solo attraverso una scelta tecnica e secondo gli affidamenti sperimentati (art. 6, comma3 lett. c della direttiva 93/36/CEE); b) la parte essenziale della flotta elicotteristica dei Vigili del Fuoco era gi compostaallatto della stipula dei contratti per cui causa, di elicotteri di fabbricazione Agusta o IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Agusta Bell, sicch diveniva imprescindibile procedere al completamento del parco a disposizione delle singole unita con macchine interscambiabili (art. 6, comma 3, lett. e) della direttiva 93/36/CEE. 14. La Commissione ritiene che tale ultima deroga non possa essere utilizzata oltre iltriennio (paragrafo 80 del ricorso). La tesi non pu essere condivisa in quanto: a) presuppone erroneamente che lutilizzazione di un elicottero (e delle sue parti di ricambio) si esaurisca in tre anni (dal contratto, dalla consegna, dalla fornitura del pezzo di ricambio?); b) non tiene conto che il limite triennale previsto connotato da specifica elasticit come norma generale, valida indubbiamente per le forniture di stampati, del tutto fuori luogo per lagestione di un parco elicotteristico. 15. Una seconda obiezione della Commissione connota come illegali le forniturecomplementari ad una precedente fornitura illegale (punti da 40 a 51 del ricorso), ribadendo in questa sede la tesi di una prassi, anteriore al 2000, di acquistare elicotteri solo dallasociet Agusta e comunque a trattativa privata. Sul piano formale non sembra alla difesa erariale che lart. 6, comma 3 lett. e) della direttiva 93/36/CEE contenga limiti alloperativit della deroga dalleventuale (e non dimostrata) illiceit del cosiddetto contratto principale. Lobiezione pratica secondo cui le commesse complementari potrebbero essere proseguite a tempo indeterminato, non giustificalintroduzione di limitazioni non previste dalla direttiva: il trascorrere del tempo infatti e lanatura complementare della prestazione sono elementi che incidono direttamente sul giudizio di compatibilit e sulla sproporzione delle difficolt tecniche che lamministrazione deveindicare come giustificazione per procedere alla commessa complementare, sicch linterprete non pu legittimamente introdurre una condizione qualitativamente diversa da quellagi prevista e disciplinata dal legislatore comunitario. 16. Sotto il profilo dellesistenza della prassi, una serie di dati che il Governo dellaRepubblica italiana si accinge a fornire possono dare un quadro pi realistico della realeconsistenza della questione. Una prima serie di dati riguarda la composizione delle flotte di elicotteri a turbina per ilmercato militare e governativo dellUnione Europea. I dati relativi mostrano una situazione italiana non difforme dalla maggioranza degli Stati Membri produttori e comunque una tendenzadi ciascuno stato membro di avvalersi nel settore di sistemi monomarca. Nel settore militare una maggiore differenziazione pu derivare da esigenze di specializzazione dei corpi di difesa. 17. Ulteriore dato che si fornisce alla Corte la consistenza delle flotte elicotteristiche delle Autorit coinvolte nellazione di inadempimento promossa dalla Commissione. Lanno diacquisto delle macchine costituenti il parco attualmente in funzione ad avviso della difesaerariale utile strumento di valutazione. Ulteriore elemento di valutazione lorigine storica, prevalentemente militare, del parco elicotteristico nazionale e le connessioni tuttora ravvisabili del settore civile con aspetti legati alla ricerca e allapprovvigionamento di armamenti. 18. Unultima questione riguarda la posizione di Agusta S.p.A. nel quadro dellordinamento nazionale italiano e le ragioni per le quali alla fine degli anni 90 gran parte del parcoelicotteristico nazionale era (legittimamente) composto da elicotteri prodotti da tale societ. evidente che gli affidamenti diretti da parte di amministrazioni statali ad impreseallepoca appartenenti al sistema delle partecipazioni statali non possono rientrare, se nonin una accezione ampia, nel fluttuante sistema giurisprudenziale degli appalti in house. Nondimeno lautoproduzione di beni e servizi, che venivano utilizzati dallamministrazione pubblica, costituiva una parte fondamentale del portafoglio produttivo delle societ par RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO tecipate dallo Stato e gli effetti indotti dalle partecipazioni statali sul sistema produttivonazionale ed europeo, soprattutto in settori di alta tecnologia e di progressivo affrancamento da dipendenze extracomunitarie, innegabile. In questo contesto, nel momento in cui ilsistema delle partecipazioni statali viene meno per il progressivo espandersi del mercatocomune europeo, non appare ragionevole negare gli effetti di tale realt, pretendendo dicancellare il nome di Agusta dal parco elicotteristico nazionale. La societ aveva allepoca un ruolo di punta nelle scelte di politica industriale del Paese, oggi una realt che operaintegralmente nel mercato, ma che legittimamente utilizza un bagaglio di esperienze e dipossibilit che discendono dalle sue origini e continua ad occupare nel quadro nazionaledella produzione di armamenti quella posizione strategica che alla base del permaneredella partecipazione pubblica nel suo pacchetto azionario. Per utilit della Corte si deposita una scheda ragionata sulle partecipazioni statali, sullEFIM, su Fimmeccanica e su Agusta S.p.A. da intendersi come parte integrante del presente controricorso. Si insiste affinch il ricorso proposto dalla Commissione sia dichiarato inammissibilee comunque rigettato, con consequenziali statuizioni in ordine alle spese di lite. Roma, 5 dicembre 2005 Avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo. Le conclusioni formulate nel ricorso nella causa C-157/06 (Commissione delle Comunit europee c/ Repubblica Italiana) (ct. 15892/06, avv. dello Stato G. Fiengo). Con ricorso depositato il 23 marzo 2006, la Commissione delle Comunit europee hapromosso presso la Corte di giustizia un procedimento per inadempimento contro lItaliavolto a far constatare che: avendo adottato il decreto del Ministro dellInterno dell11 luglio 2003, con il qualeviene autorizzata la deroga alla normativa comunitaria in materia di appalti pubblici di forniture per lacquisizione di elicotteri leggeri per le esigenze delle forze di Polizia e delCorpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, senza che ricorra alcuna delle condizioni suscettibili di giustificare una tale deroga, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi che Leincombono in virt della direttiva 96/36/CEE e segnatamente del suo articolo 2, paragrafo1, lettera b), in combinato disposto con gli articoli 6 e 9 della medesima direttiva. Il controricorso del Governo della Repubblica italiana nella causa C-157/06 (ct. 15892/06, avv. dello Stato G. Fiengo) In via preliminare ed assorbente si osserva che la materia oggetto del contendere totalmente contenuta nel ricorso per inadempimento C-337/05 promosso dalla Commissionecontro la Repubblica italiana. Anche se tale circostanza non porta, come ritiene la difesadella Repubblica italiana, allinammissibilit del ricorso, ragionevolezza processuale impone comunque la trattazione congiunta dei due procedimenti. In ogni caso il ricorso da ultimo presentato infondato e se ne chiede il rigetto per imotivi che saranno illustrati nel prosieguo. Come ricorda la stessa Commissione, la presente procedura dinfrazione ha preso lavvio in data 30 marzo 2004 con linvio di una lettera di messa in mora alle Autorit italiane avente ad oggetto le modalit di acquisizione degli elicotteri leggeri per le esigenze delleForze di Polizia e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco stabilite dal Decreto delMinistro dellInterno dell11 luglio 2003 IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Il dispositivo del decreto oggetto di contestazione recita nel seguente modo: Le forniture di elicotteri della tipologia leggera per le esigenze delle Forze di Poliziae del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco devono essere accompagnate da speciali misuredi sicurezza, da estendersi agli atti del Gruppo Tecnico di Valutazione e della Commissioneinterministeriale di cui in narrativa. Per lespletamento delle forniture stesse si pu derogare al disposto del Decreto legislativo 24 luglio 1992, n. 358, novato con Decreto Legislativo 20 ottobre 1998, n.402, ricorrendo nella fattispecie le condizioni di cui allart. 4, lett. c), del detto testo normativo. Lart. 4 del D.Lgs. n. 358/1992 riproduce lart. 2, par. 1, lett. b), della Direttiva 93/36relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, il quale esclude lapplicazione della Direttiva medesima nel caso di appalti di forniture dichiarati segreti o la cui esecuzione debba essere accompagnata da speciali misure disicurezza secondo le disposizioni legislative, regolamentari od amministrative vigenti nelloStato membro di cui trattasi [e] quando lo esiga la tutela dessenziali interessi di sicurezza di tale Stato. Nella lettera di messa in mora la Commissione ha rilevato che la deroga prevista dalDecreto in contrasto con il suddetto articolo 2, par. 1, lett. b) della Direttiva 93/36, in quanto, nel caso in esame, non risultano soddisfatte le condizioni in esso previste. In particolare, il Decreto: i) non contiene alcuna indicazione circa i presupposti applicativi della norma; ii) motiva lapplicabilit dellart. 2 della Direttiva sulla base dellesigenza di riservatezza, nonfornendo spiegazioni in merito alle misure di sicurezza che dovrebbero accompagnare lesecuzione dellappalto al fine di soddisfare tale esigenza; iii) gli appalti non sono dichiaratisegreti in modo espresso n risultano essere stati dichiarati tali. In ogni caso, secondo la Commissione, la previsione di una deroga generalizzata allapplicazione della normativa comunitaria, per tutte le forniture in esame, sarebbe sproporzionata rispetto allobiettivo di tutela delle esigenze di riservatezza. Il Governo italiano ha replicato alla lettera della Commissione con nota del 30 luglio2004. In tale risposta si illustrato il quadro normativo in cui si colloca ladozione delDecreto e si attirata lattenzione della Commissione sulle premesse dellatto ai fini dellesatta individuazione della portata delle disposizioni e delle motivazioni in esso contenute. Tali premesse chiariscono, in particolare, che il Decreto costituisce una mera specificazionedi una serie di interventi normativi volti ad adeguare il sistema della sicurezza nazionale allenuove esigenze emerse a seguito degli eventi terroristici dell11 settembre 2001. Sulla scorta di tali interventi, infatti, il Governo ha ritenuto che, vista la natura e le particolari caratteristiche degli elicotteri oggetto delle forniture in esame, vi sia la necessit di garantire lamassima riservatezza sulloggetto delle stesse, sulle procedure seguite, sugli aspetti tecnicie progettuali, sugli allestimenti, sui documenti e sulle conoscenze da acquisire nel corsodelle attivit e delle varie procedure, disponendo in relazione alle medesime lapplicazionedi speciali misure di sicurezza ai sensi della Direttiva 93/36. Le autorit italiane hanno precisato che le misure di sicurezza previste dal Decretoriguardano tanto la segretazione delle forniture e degli atti quanto ladozione dellobbligo ditutela del segreto militare nonch il rispetto delle regole previste dalla legislazione in materia di sicurezza militare, tra cui il possesso del Nulla Osta di Segretezza NOS rilasciatodallAutorit Nazionale di Sicurezza. Dal momento che i velivoli oggetto delle forniture non possono considerarsi ad usocivile ma vanno annoverati a pieno titolo tra il materiale bellico impiegato a difesa della salvaguardia e dellintegrit dello Stato, evidente che le misure disposte mirano alla tutela RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO degli interessi essenziali di sicurezza dello Stato e come tali giustificano la piena applicabilit dellintero disposto dellart. 2 della Direttiva 93/36 e non solo della seconda condizionein esso prevista. Nonostante la chiara risposta delle Autorit italiane, la Commissione, non ritenendosisoddisfatta, ha adottato un parere motivato nel quale ha precisato che non considera dimostrata la sussistenza di nessuna delle condizioni previste dallart. 2, par. 1, lett. b) della Direttiva. Indi la Commissione ha introdotto il giudizi, malgrado la dichiarata disponibilit dal Governoitaliano ad adeguare il decreto ad una interpretazione condivisa delle norme comunitarie. Prima di replicare nel merito alle contestazioni sollevate dalla Commissione nellattointroduttivo del giudizio, si ritiene necessario esporre brevemente alla Corte il contesto normativo nellambito del quale stato adottato il Decreto di cui causa. Come pi volte ricordato, ladozione dellatto rappresenta una mera specificazione diuna lunga serie dinterventi che sono stati posti in essere dalle Autorit italiane allo scopodi adeguare il sistema della sicurezza nazionale allo scenario internazionale delineatosi dopogli eventi terroristici dell11 settembre 2001. Ne discende pertanto che la ricostruzione delquadro che ha fatto da sfondo alladozione del Decreto risulta indispensabile ai fini di unacorretta interpretazione del significato e della portata delle sue disposizioni. La suddettaricostruzione, peraltro, consentir di mettere in luce un ulteriore aspetto che la Commissioneha indebitamente sottovalutato nei suoi scritti difensivi ma che risulta di fondamentale importanza ai fini di un corretto esame della presente fattispecie, vale a dire la natura essenzialmente militare degli elicotteri oggetto del Decreto controverso. Come evidenziato dal Governo italiano nella risposta alla lettera di messa in mora, aseguito dei tragici attentati terroristici verificatisi nella seconda met del 2001, le Autorititaliane hanno intrapreso un profondo processo di analisi volto allindividuazione dellemisure maggiormente idonee a prevenire e fronteggiare il pericolo di attacchi non convenzionali. Gi allindomani di quegli eventi, il Ministero della Difesa ha indirizzato alle varieamministrazioni dello Stato una nota con cui queste venivano sollecitate a una particolare attenzione verso quegli acquisti, da parte di strutture pubbliche, di beni o strumenti chepossano avere un impiego, seppure eventuale, anche come sistemi darma (ad esempioaerei, elicotteri, cingolati o altro) e con la quale sono state invitate a sospendere, ove cisia possibile, le procedure gi avviate per lacquisto dei beni precisati, al fine di poter concordare con lo stesso Dicastero le opportune caratteristiche tecniche. Il processo di riflessione stato esteso alle varie amministrazioni dello Stato nonch adun Comitato di esperti dei Ministeri della Difesa e dellInterno, ed ha portato, tra laltro, alladozione della Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 31 ottobre 2002. Tale Direttiva riveste particolare importanza in quanto, a seguito dellevoluzione delloscenario internazionale, dispone una vera e propria militarizzazione degli elicotteri destinati allammodernamento ed al potenziamento delle flotte adibite a compiti di sicurezza, ordine pubblico o protezione civile dello Stato. La Direttiva presidenziale, infatti, constata che le azioni eversive in ambito internazionale vanno assumendo sempre pi le caratteristiche di un conflitto armato e che i recenti avvenimenti sovversivi hanno aggravato lo stato di allerta verso il terrorismo su scala mondiale. Per tale ragione, raccogliendo i suggerimenti provenienti dal Ministero della Difesa, stabilisceche nelle modalit di approvvigionamento dei mezzi dei vari Corpi di sicurezza dello Stato sidebba garantire la riservatezza delle informazioni tecniche riguardanti i mezzi impiegati. Al tempo stesso, dispone che le acquisizioni di elicotteri destinati allammodernamento ed al potenziamento delle flotte elicotteristiche adibite a compiti di sicurezza, ordine pub IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE blico o protezione civile devono avere caratteristiche tali da poterne consentire un impiego, anche se eventuale, come sistemi darma e di difesa, avendo cura di assicurare la massima interoperabilit con i mezzi esistenti . In unottica di efficienza e minimizzazione delle difficolt operative, logistiche, e diaddestramento, connesse alleventuale uso militare e/o antiterrorismo degli elicotteri adibiti a compiti di sicurezza, ordine pubblico o protezione civile, la Direttiva presidenzialedispone che nellambito dellacquisizione dei suddetti elicotteri debbano essere assicuratedue esigenze di importanza vitale: i) lutilizzabilit di tali velivoli come sistemi darma e di difesa; ii) la necessit di assicurarne la massima interoperabilit con i mezzi gi in dotazione dei Corpi dello Stato. La Direttiva prevede altres che le proposte di acquisto ed i relativi capitolati tecnicidegli elicotteri in questione siano preventivamente approvati da unapposita Commissioneistituita presso il Ministero dellInterno, composta dai rappresentanti del Ministero dellaDifesa e delle altre amministrazioni interessate, precisando in ogni caso che le valutazioniin ordine alle misure da adottare per garantire le esigenze di sicurezza nazionale connessealle forniture in esame sono rimesse ai responsabili delle Amministrazioni che intendonoprocedere alle acquisizioni. Facendo seguito alle suddette disposizioni, nel febbraio 2003 stata costituita mediante decreto del Ministero dellInterno la menzionata Commissione interministeriale. Tale Commissione ha recepito le conclusioni dei lavori svolti dal Gruppo Tecnico diValutazione, nominato dal Capo della Polizia Direttore Generale della Pubblica Sicurezzanellaprile 2002 e composto da rappresentanti dei vari dicasteri interessati, allo scopo dindividuare le caratteristiche tecniche di base degli elicotteri in dotazione ai vari Corpi di sicurezza dello Stato. Successivamente, essa ha dato mandato ai rappresentanti del Ministerodella Difesa (Stato Maggiore dellAeronautica ed ARMAREO Direzione GeneraleArmamenti Aeronautici) di procedere alla redazione di un documento che indicasse i requisiti tecnici ed operativi in presenza dei quali un velivolo pu considerarsi utilizzabile comesistema darma o di difesa. Il suddetto documento stato redatto dallo Stato Maggiore della Difesa nellaprile2003 sotto forma di Scheda, nella quale si precisa anzitutto che il sistema darma si configura come linsieme costituito dalla piattaforma elicotteristica, dallarmamento e dagliequipaggiamenti che formano un complesso cooperante nellazione atta a portare offesa oconsentire la difesa dellaeromobile da attacchi ostili. La Scheda puntualizza, altres, chealla luce di quanto disposto dalla Direttiva del Presidente del Consiglio, le piattaforme inparola possono essere utilizzate sul territorio nazionale per esigenze prettamente militari e, in concorso con gli aeromobili delle altre Forze Armate, nelle operazioni aereo-terrestri oaereo-navali (quali, ad esempio, il controllo delle no-fly zone, in cui necessario che tuttigli aeromobili operanti nellarea possiedano caratteristiche tali da consentire un continuomonitoraggio dellintera situazione aerea da parte del Centro di Comando e Controllo Aereoe una gestione integrata degli aeromobili impiegati). Per consentire la massima interoperabilit con i mezzi esistenti, la Scheda disponeinoltre che gli elicotteri, oltre ai requisti di base, debbano possedere requisiti minimi specifici inerenti ai settori dellarmamento, della comunicazione, della navigazione e dellidentificazione per essere eventualmente impiegati come sistema darma. Pi in particolare, essi devono avere la predisposizione completa (installazione di supporti, attacchi, connessioni elettriche ed idrauliche, ecc.) per poter alloggiare, senza provocare alterazioni allaloro configurazione originaria, un armamento leggero idoneo ad assolvere i compiti istitu RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO zionali dei Corpi di Sicurezza dello Stato (che sia altres analogo a quello gi installato sualtri elicotteri delle Forze armate). Per procedere allindividuazione dei suddetti equipaggiamenti ed in generale dellintera piattaforma continua la Scheda si deve far ricorso al concetto di supporto logisticointegrato che, oltre ad utilizzare metodologie, procedure e standards commerciali, tengaconto del sistema di sopportabilit militare di alcuni apparati forniti in GFE (Government Furnished Equipment). Ci al fine di garantire la massima efficienza del mezzo, linterscambio e la standardizzazione dei componenti di bordo. Il supporto logistico richiesto deveconsentire inoltre il massimo uso delle risorse gi esistenti in termini di capacit del personale specializzato, di procedure manutentive/addestrative, di Air Ground Equipment e di infrastrutture esistenti. In tal senso si auspica altres la certificazione IFR (la certificazioneche permette i voli notturni e con condizioni meteorologiche avverse), al fine di consentirela pi ampia utilizzazione del velivolo e liberare cos risorse fondamentali della Difesa. Al fine di contrastare la rapida e continua evoluzione della minaccia terroristica, chepotrebbe concretizzarsi anche nellutilizzazione di armamenti di lancio impiegati per scopimilitari, infine, si ritenuto opportuno che le piattaforme in oggetto fossero munite di predisposizioni complete idonee ad accogliere sistemi di autoprotezione passivi (corazzature) ed attivi (missili e sistema Chaff/Flares Dispencer). Tali predisposizioni sono volte afavorire leventuale impiego dei velivoli nel corso di operazioni al di fuori del territorionazionale, a diretto supporto dei Corpi di Sicurezza dello Stato eventualmente schieratifuori area o per altre esigenze militari. Recependo le indicazioni contenute nella Scheda, la Commissione interministeriale haredatto, approvato e trasmesso alle amministrazioni interessate i capitolati tecnici relativi aiRequisiti militari di massima che deve possedere la flotta elicotteristica al servizio dei variCorpi di sicurezza dello Stato. Pi tardi, la Commissione ha approvato e trasmesso alle competenti amministrazioniuna Scheda relativa alla normativa tecnica ed allomologazione degli aeromobili delleAmministrazioni dello Stato, che stata predisposta dal Ministero della Difesa DirezioneGenerale degli Armamenti aeronautici (ARMAEREO) nel maggio 2003 quale parte integrante dei Requisiti militari di massima test menzionati. La citata Scheda, vista la necessit di rendere gli elicotteri destinati ai vari Corpi delloStato idonei allimpiego come sistemi darma e di difesa, ha precisato che la loro configurazione pu essere omologata dallEnte Nazionale per lAviazione Civile (ENAC) esclusivamente in termini di No Hazard mentre lintera configurazione del mezzo deve essere omologata dallAmministrazione Difesa Direzione Generale Armamenti Aeronautici (ARMAREO). ARMAREO dunque sar lamministrazione responsabile della certificazione nonchdellassegnazione delle matricole militari e della gestione degli aeromobili in parola. Allesito di tutto questo articolato processo di valutazione, nel luglio 2003, ilMinistero dellInterno ha adottato il decreto oggetto di giudizio. Con tale decreto ilMinistro competente si limitato a recepire lindicazione contenuta nel decreto delPresidente del Consiglio dei ministri del 31 ottobre 2002, ai sensi del quale le valutazioniin ordine alle misure da adottare per garantire le esigenze di sicurezza nazionale connessealle forniture di elicotteri in esame sono rimesse ai responsabili delle Amministrazioniinteressate, e a tal fine ha operato un espresso rinvio a tutto il processo di analisi e agli attinormativi che ne sono derivati, cui si fatto cenno nei paragrafi che precedono. Passando ad esaminare nel merito le censure avanzate dalla Commissione nellatto introduttivo del giudizio, risulta anzitutto poco comprensibile il ragionamento svolto a tito IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE lo preliminare al 26 del ricorso, dove si afferma che lart. 4, lett. c), del D.Lgs. n. 358/ 1992, richiamato dal Decreto, riproduce lart. 2, par. 1, lett. b), della Direttiva 93/36/CEE enon prevede alcuna misura di sicurezza n fornisce indicazioni su quali siano quelle applicabili al caso di specie. Di conseguenza sostiene la Commissione il rinvio effettuato nelle premesse del Decreto privo di contenuto. Il suddetto rilievo che peraltro non stato sollevato in questi termini dalla Com-missione nel parere motivato e quindi non pu essere preso in considerazione dalla Corte poco comprensibile perch, come hanno rilevato pi volte le Autorit italiane nel corso dellaprocedura amministrativa, il richiamo allart. 4, lett. c), del D.Lgs. n. 358/1992 operato neldispositivo del decreto deve essere letto alla luce delle premesse dello stesso. Esse consentono di individuare senza difficolt alcuna sia le motivazioni e la natura delle misure di sicurezza disposte dal Decreto sia le circostanze che permettono di ritenere soddisfatte le deroghe previste allart. 2, par. 1, lett. b), della Direttiva 93/36. La Commissione pertanto valuta la fattispecie sulla base di un approccio solo formalistico e si limita ad esaminare solo la parte dispositiva del Decreto omettendo di tenerenella dovuta considerazione le motivazioni che ne hanno ispirato ladozione e che purerisultano esternate nelle premesse dellatto. Nella valutazione della parte dispositiva, inoltre, la Commissione pretende di attenersi al dato meramente letterale, pervenendo cos aduninterpretazione ingiustificatamente restrittiva dei contenuti normativi dellatto. Ebbene, la difesa erariale ritiene che la Corte debba prestare la massima attenzionetanto al contenuto della parte dispositiva del decreto quanto a quello delle premesse e procedere ad una lettura combinata dei medesimi. Lesame del preambolo del decreto che la Commissione ha omesso di svolgere inmaniera adeguata nelle sue memorie di fondamentale importanza ai fini di un correttoinquadramento del thema decidendum. Esso infatti contiene numerosi e rilevanti riferimenti testuali agli atti che hanno preparato ladozione del decreto e di cui questo costituisce unasemplice specificazione, dai quali emerge con chiarezza la natura non civile degli elicottericui si riferisce il decreto oggetto di censura. Il preambolo in questione richiama innazitutto le disposizioni della Direttiva delPresidente del Consiglio del 31 ottobre 2002 i cui contenuti sono stati illustrati nei paragrafi precedenti. Successivamente fa rinvio alle conclusioni a cui prevenuta la Commissione interministeriale composta dai rappresentanti del Ministero della Difesa e delle altre amministrazioni interessate, nonch al Requisito militare di massima relativo allelicottero biturbinaleggero da questa elaborato, con cui stato recepito il Requisito tecnico di massima predisposto dal Gruppo Tecnico di Valutazione nominato dal Capo della Polizia. Svolti questi rinvii di carattere preliminare, le premesse del Decreto rilevano la necessit di potenziare ed adeguare le flotte elicotteristiche dei Corpi di sicurezza dello Stato allenecessit di sicurezza nazionale indicate nella Direttiva presidenziale. Al contempo sottolineano le esigenze da ritenere fondamentali ai fini della tutela di interessi essenziali di sicurezza dello Stato. In particolare, il preambolo evidenzia che la natura e le particolari caratteristiche deglielicotteri della tipologia leggera destinati ad un possibile impiego militare rendono necessario garantire la massima riservatezza sulloggetto delle forniture, sulle procedure seguite, sugli aspetti tecnici e progettuali, sugli allestimenti, sui documenti e sulle conoscenze che inogni caso dovranno essere acquisite nel corso delle attivit e delle varie procedure. Un maggiore dettaglio circa le informazioni in questione sarebbe infatti in contrasto con le precipue RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO esigenze di segretezza che occorre garantire nellacquisizione dei velivoli in esame erischierebbe di vanificare ogni sforzo compiuto in questo senso. sulla scorta di tutte queste necessarie considerazioni che, alla fine, la parte dispositiva del Decreto precisa due cose, e cio che: i) ҏ necessario adottare, in relazione allesigenza di secretazione delle forniture stesse, le speciali misure di sicurezza previste dallart. 4, lett. c), da estendersi agli atti del Gruppo Tecnico di valutazione e della Commissioneinterministeriale; ii) ricorrono nella fattispecie le condizioni di cui allart. 4, lett. c) [delD.Lgs. n. 358/1992]. evidente dunque che uninterpretazione di carattere teleologico e sistematico deldecreto nel suo complesso (parte motiva e dispositivo del decreto unitamente a tutti gli atticui essi fanno rinvio) consente dindividuare con sufficiente chiarezza le finalit perseguitee gli interessi oggetto di tutela. Nonostante la non del tutto ineccepibile tecnica redazionale di cui in effetti si presoatto nella lettera del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri inviata inrisposta al parere motivato, senza che ci costituisca tuttavia unammissione dincompatibilit del decreto come invece asserisce la Commissione altrettanto chiaramente si evince che, nel disporre speciali misure di sicurezza, da estendersi agli atti del Gruppo tecnico divalutazione e della Commissione interministeriale, il decreto non ha inteso operare un rinvio esclusivamente alla seconda condizione prevista dallart. 2 della Direttiva 93/36 (lemisure speciali di sicurezza, per lappunto) bens allintero disposto dellarticolo. In altre parole, si pu dedurre agevolmente che il decreto: i) dispone (implicitamente) la secretazione degli atti e di tutte le informazioni concernenti gli aspetti tecnici e progettuali dei velivoli oggetto di acquisizione, nonch delle relative procedure di acquisizione, integrando cos la prima delle condizioni di cui allart. 2 della Direttiva 96/36 (appalti dichiarati segreti); ii) prevede ladozione di speciali misure di sicurezza; iii) indica manifestamente che le misure adottate sono intese a garantire la protezione degli interessi essenziali della sicurezza dello Stato, con ci integrando la terza condizione di cui al menzionato art. 2, par. 1, lett. b) della Direttiva. La Commissione, sulla base dellevidente approccio formalistico adottato sin dallinizio della procedura contenziosa ritiene che gli elementi di cui sopra, che sono stati sottoposti alla sua attenzione dalle Autorit italiane, non debbano essere presi in considerazione. Essa sostiene invece che nessuna delle deroghe previste dallart. 2, par. 1, lett. b), dellaDirettiva 93/36 applicabile nel caso di specie. La risposta alle obiezioni sollevate dalla Commissione con riguardo a ciascuna dellecondizioni di cui allart. 2, par. 1, lett. b), della Direttiva 93/36 sar svolta qui di seguito. La Commissione sostiene che la dichiarazione di segretezza cui fa riferimento ilDecreto non pu costituire unipotesi compresa nelle speciali misure di sicurezza, poichquesto avrebbe leffetto di svuotare in buona parte di contenuto lart. 2, par. 1, lett. b), dellaDirettiva comunitaria ( 32 del ricorso). Essa pu semmai evocare la prima delle condizioni previste dallarticolo in parola, che riguarda gli appalti dichiarati segreti. Se anche cosfosse, la Commissione ritiene comunque che neanche tale condizione pu considerarsi soddisfatta, in quanto non sufficiente la semplice affermazione che lAmministrazione reputa di dover tenere segrete le forniture di cui trattasi, senza alcuna spiegazione sugli interessi che il segreto mira a tutelare e sulle ragioni per le quali tali interessi non possono essere tutelati se non mantenendo segreti gli appalti ( 38 del ricorso). Nel ricorso la Commissione asserisce del resto che lapplicazione della dichiarazionedi segretezza di cui allart. 2, par. 1, lett. b) della Direttiva 93/36 presuppone la prova degli IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE interessi che essa intende tutelare ( 39) e non pu essere giustificata invocando delle nonmeglio specificate ragioni di sicurezza, poich altrimenti si trasformerebbe in una derogagenerale alla Direttiva ( 40). significativo che la Commissione, nellatto introduttivo del giudizio, tralasci inveceun altro argomento sviluppato nel parere motivato a proposito della segretazione. Ci si riferisce alla tesi secondo cui gli elicotteri di cui si discute sono destinati ad unuso civile e pertanto la necessit di renderli idonei ad un impiego come sistemi darma e didifesa richiederebbe semplicemente lintegrazione della loro configurazione con un minimo di equipaggiamenti peculiari per tale tipo di attivit. Questa circostanza farebbe s, secondo la Commissione, che le informazioni potenzialmente sensibili da mantenere riservate nellinteresse della sicurezza dello Stato potrebbero, se del caso, riguardare solo alcune specifiche caratteristiche tecniche dei suddetti elicotteri. Le censure avanzate dalla Commissione sono manifestamente infondate e destinate alla reiezione. Anzitutto, non corretto affermare che una dichiarazione di segretezza come quellaintervenuta nel caso in esame non possa in nessun caso essere ricondotta nellambito dellespeciali misure di sicurezza di cui allart. 2, par. 1, lett. b), della Direttiva 93/36. Come si visto in precedenza, infatti, il decreto di cui causa, oltre a citare espressamente pi volte lesigenza di procedere alla segretazione delle forniture, dispone che talesegretazione debba essere estesa agli atti del Gruppo Tecnico di Valutazione e a quelli dellaCommissione interministeriale. Lampiezza della dichiarazione di segretezza tale che essa, non estendendosi semplicemente alle forniture in contestazione ma a tutta una serie di atti di carattere amministrativo elaborati nella fase prodromica al processo di acquisizione degli elicotteri, certamenteidonea ad integrare non solo la prima delle condizioni di cui allart. 2, par. 1, lett. b), dellaDirettiva 93/36 (gli appalti dichiarati segreti) bens anche la seconda condizione (appalti lacui esecuzione deve essere accompagnata da speciali misure di sicurezza). A prescindere da questa ovvia considerazione di carattere preliminare, e volendo quiseguire limpostazione formale della Commissione ed esaminare la fattispecie alla luce dellaprima delle due condizioni previste dalla Direttiva, si osserva che non possibile sostenere come fa la Commissione che il Decreto dispone la segretazione delle acquisizioni aventi ad oggetto gli elicotteri biturbina leggeri, senza riportare alcuna indicazione in merito agliinteressi che la dichiarazione di segretezza degli appalti si propone di tutelare n fornire laprova degli interessi in parola. Come illustrato abbondantemente nei paragrafi che precedono, infatti, sia il richiamoalla Direttiva presidenziale e alle [concrete e reali] necessit di sicurezza nazionale da essa evidenziate, sia il rinvio agli altri atti e alle motivazioni ad essi sottese che hanno preceduto ladozione del decreto valgono chiaramente ad esplicitare che lesigenza avuta dimira la tutela degli interessi essenziali di sicurezza dello Stato. Da questo punto di vista, si rammenta che, nel mutato scenario internazionale, i concetti di guerra e materiale bellico, al pari della nozione stessa di tutela degli interessi essenzialidella sicurezza nazionale, hanno indubbiamente subito una modifica sostanziale del lorosignificato originario. Lesigenza primaria di fronteggiare adeguatamente in tutti gli stadi del- lorganizzazione della sicurezza dello Stato la nuova realt di pericolo, per la Comunit, peril territorio nazionale (specie per uno Stato come lItalia i cui confini geografici coincidonocon quelli dellUnione europea), nonch per il territorio di quei Paesi esteri che vedono variStati impegnati in operazioni di peace keeping, impone di approntare una difesa integrata dei RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO vari elementi che costituiscono il complesso della pubblica sicurezza di uno Stato e richiedeche tutti i Corpi di sicurezza di questultimo siano in condizione di garantire la possibilit diimpiego dei mezzi in dotazione a ognuno di essi (interoperabili tra loro) per esigenze di sicurezza dello Stato, militari e/o di antiterrorismo. Ora, a differenza di quanto sostiene la Commissione, non pu essere messo in discussione che gli elicotteri di cui causa non sono destinati solo ad un uso civile bens anche adun impiego militare ed antiterrostico come sistema darma e di difesa. Le amministrazioniinteressate dal decreto (incluso il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco), del resto, sonoappunto le Forze di Polizia, e cio quelle Forze che per statuto condividono la responsabilit della sicurezza nazionale. La volont, ampiamente manifestata nella Direttiva presidenziale dellottobre 2002, diassicurarsi la possibilit di utilizzo dei velivoli in questione per esigenze riferibili alla sicurezza nazionale ha comportato quindi una vera e propria militarizzazione dei velivoli inparola. Tanto vero che, come si gi evidenziato, gli stessi devono possedere una matricola militare e devono essere registrati nellalbo degli aeromobili militari. Listituzione di una Commissione interministeriale con il compito di elaborare, sullabase di precise indicazioni fornite dallo Stato Maggiore della Difesa, veri e propri requisiti militari che devono essere soddisfatti dai velivoli in parola, la natura stessa dei suddettirequisiti ed il fatto che lomologazione degli aeromobili, a copertura dellintera configurazione finale del velivolo, sia di competenza della Direzione Generale ArmamentiAeronautici (ARMAEREO), vale a dire di un organismo prettamente militare, dimostranola fondatezza delle argomentazioni del Governo italiano. Gli elicotteri in questione, seppure formalmente classificabili tra i beni cd. dual use, presentano caratteristiche tali da far prevalere nettamente la loro natura bellica (nella nuovaaccezione del termine impostasi, come detto, negli ultimi tempi) e, come tali, essi fannoparte a pieno titolo del sistema di difesa posto a protezione della sicurezza nazionale delloStato. Ci risulta ampiamente confermato dal contenuto della Scheda tecnica e dei Requisitimilitari dei velivoli cui si ampiamente parlato. Come gi precisato, tali velivoli sono dotati della predisposizione completa necessaria, fra laltro, ad alloggiare larmamento leggero idoneo ad assolvere i compiti di istituto deiCorpi di Sicurezza dello Stato (lo stesso gi installato su altri elicotteri delle Forze armate) ed ad accogliere sistemi di autoprotezione passiva (corazzature) ed attiva (come, ad esempio, missili) di un aeromobile. Ci con il preciso obiettivo di garantire linterscambio e lastandardizzazione delle componenti di bordo di tutti i velivoli in dotazione alle Forze armate ed, in particolare, allo scopo di consentire la pi ampia utilizzazione degli elicotteri inquestione, liberando di conseguenza risorse a disposizione della Difesa. quindi evidente come il fine perseguito non sia lelusione della normativa in materiadi appalti ma, al contrario, la tutela di interessi essenziali di sicurezza dello Stato, che giustifica ladozione di particolari misure ai fini dellacquisizione di tali mezzi. Ci posto, perfettamente valido largomento delle Autorit italiane secondo cui ladichiarazione di segretazione degli appalti di cui si tratta necessaria al fine di evitare che, attraverso la pubblicizzazione delle acquisizioni concernenti tali elicotteri, siano svelateinformazioni altamente sensibili sui mezzi in dotazione alle Forze armate, sui relativi equipaggiamenti ed armamenti nonch sui supporti logistici, con conseguente grave pregiudizioper le esigenze di tutela di interessi essenziali di sicurezza dello Stato. A tale riguardo, risulta errato largomento addotto dalla Commissione nel pareremotivato secondo cui lesigenza di tutela degli interessi in gioco potrebbe essere adegua IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE tamente garantita attraverso la semplice segretazione di certe caratteristiche tecniche degliaeromobili. In primo luogo, non possibile, n dal punto di vista tecnico n dal punto di vista operativo, separare la fornitura degli elicotteri con quella degli strumenti e delle caratteristichetecniche in grado di consentire un impiego militare dei velivoli. Tali strumenti e caratteristiche tecniche, infatti, condizionano sin dallinizio la preparazione degli elicotteri e lallestimento di base degli stessi, in quanto questi ultimi sono gestiti dal c.d. Flight ManagementSystem, un complesso elettronico-informatico di bordo che sinterfaccia a livello meccanico, elettrico ed avionico con tutti i sistemi di comunicazione, navigazione, pilotaggio e diimpiego dellaeromobile necessari a gestire la missione. Ci implica che, sin dalla fase progettuale e di disegno e fino alla fase dindustrializzazione, di produzione e di supporto logistico, necessario tener in conto che la macchina dovr essere dotata di determinati appara- ti/sistemi. In altre parole, necessario che sin dalle prime fasi di costruzione siano inseritiapparati avionici, computers, displays, comandi, attacchi meccanici, cavi elettrici e quantaltro sia idoneo a ricevere, controllare e gestire gli apparati in modo da garantirne limpiegocome sistema darma e di difesa. A titolo di esempio, si cita la capacit NVG, vale a dire lacapacit di poter volare di notte rilevando lambiente esterno. Questa caratteristica, tipicamente militare, non trasponibile ad elicotteri civili, dal momento che presuppone che tuttigli strumenti ed apparati di bordo (cockpit, piantana strumenti, luci di navigazione e di atterraggio, illuminazione interna etc.) siano NVG compatibili e, conseguentemente, disponibiliper linstallazione a bordo fin dalla linea di montaggio (non infatti possibile installarliquando la piattaforma gi predisposta). Ora, quanto mai evidente che, rendendo pubblico e divulgando un capitolato tecnicoche preveda gi queste predisposizioni, questi cablaggi suppletivi, questi computer addizionali necessari per gestire gli equipaggiamenti in modo da rendere utilizzabile lelicotterocome sistema darma e difesa, si divulgherebbe il c.d. Interface Control Document (ICD) degli apparati/equipaggiamenti di cui si chiede la predisposizione. LICD, daltra parte, altronon se non un dettagliato documento tecnico nel quale sono riportate tutte le caratteristiche meccaniche, elettriche, funzionali ed operative dellequipaggiamento cui si riferisce, quali ad esempio il protocollo di comunicazione con il computer di bordo, la frequenza diutilizzo, la forma del segnale elettrico etc. Rendere accessibile tale documento equivalein concreto a comunicare la tipologia degli apparati che si vogliono inserire nella macchinae le sue caratteristiche tecniche ed operative, vale a dire svelare proprio ci che necessario tenere segreto. Da quanto sopra emerge dunque chiaramente che la segretazione non pu riguardaresolo le informazioni relative ad alcune caratteristiche tecniche, come sostiene laCommissione, ma necessariamente tutta la macchina fin dalla sua concezione progettuale. Lesigenza di segretazione, peraltro, si pone anche in relazione al supporto logistico cheriguarda apparati e macchina di base che, come si detto, devono tenuti segreti visto che dallaloro descrizione possibile risalire alla configurazione stessa dellelicottero. Per lo stessomotivo si devono altres tenere segreti laddestramento del personale e le procedure operative, in quanto tanto luno quanto le altre utilizzano un simulatore di volo (previsto nel contratto), che lesatta copia dellelicottero in fase di fabbricazione. proprio in considerazione ditutto ci, daltra parte, che nei contratti di appalto con le relative amministrazioni dello Statodeve essere imposta al fornitore unapposita clausola relativa alla tutela del segreto militare. facile a questo punto convenire che le censure sollevate dalla Commissione sono deltutto prive di fondamento in quanto si basano su presupposti erronei che non tengono in RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO debito conto le peculiarit ed i vincoli di carattere tecnico che condizionano i processi diacquisizione degli elicotteri in esame. La Commissione contesta che le speciali misure di sicurezza che devono accompagnare lesecuzione delle forniture controverse possano comprendere la dichiarazione di segretezza nellampia accezione che stata illustrata dalle Autorit italiane anche della presentememoria. Essa ritiene altres che gli obblighi contrattuali di riservatezza a carico del fornitore imposti in relazione alle forniture in oggetto non possano costituire misure speciali disicurezza perch, essendo correnti nei contratti di appalto pubblici, sarebbero privi delcarattere di specialit ( 43 del ricorso). Ad avviso della Commissione, inoltre, il Nulla Osta di Segretezza NOS cui fa riferimento il Governo italiano consiste in unabilitazione allaccesso a notizie riservate e pertanto riguarda la condizione del fornitore piuttosto che le modalit di esecuzione degli appalti( 45). La Commissione ribadisce, in ogni caso, che i compiti cui sono chiamate le amministrazioni destinatarie degli elicotteri in questione sono essenzialmente di tipo civile e quindi lesigenza di poter intervenire in operazioni di tipo militare richiede al massimo che laloro configurazione sia integrata con un minimo di equipaggiamenti peculiari per tale tipodi attivit atti a garantirne linteroperabilit ( 49 del ricorso). Ne discende di conseguenza che lesigenza di riservatezza legata al pregiudizio dinteressi essenziali dello Statodovrebbe essere circoscritta a queste sole caratteristiche tecniche. Ebbene, come si visto nei paragrafi precedenti, non possono sussistere dubbi sul fattoche le speciali misure di sicurezza disposte mediante decreto comprendono anche la segretazione, posto che questultima non limitata alle sole forniture de quibus ma si estende perespressa previsione agli atti del Gruppo tecnico di valutazione e della Commissione interministeriale, e cio ad una lunga serie di atti di carattere amministrativo elaborati nella faseprodromica al processo di acquisizione degli elicotteri. Accanto alla segretazione, le misure di sicurezza disposte dal decreto prevedono limposizione ipso facto dellobbligo della tutela del segreto militare nelle condizioni contrattuali a carico del fornitore. Tale imposizione avviene mediante il richiamo alle disposizionidi cui al R.D.L. n. 1161 dell11 luglio 1941, recante norme relative al segreto militare, operato dal Decreto in via automatica bench implicita nel momento in cui dispone la dichiarazione di segretazione delle acquisizioni. Contrariamente a quanto asserito dalla Commissione, limposizione del citato obbligodi tutela del segreto militare a carico del fornitore non corrisponde alla mera previsione digenerici obblighi di riservatezza da parte del produttore dei beni oggetto di acquisizione, poich le forniture in questione hanno uno status speciale che deriva dalla loro classificazione e dal relativo assoggettamento alle regole e ai vincoli previsti dalla legge in materiadi sicurezza militare. Ne consegue pertanto che limposizione di un obbligo siffatto non puessere considerata alla stregua di quelle previsioni contrattuali standard che sono rinvenibili nei contratti di appalti pubblici di forniture. Dal suddetto assoggettamento automatico alle norme ed ai vincoli previsti dalla leggein materia di sicurezza militare discende lobbligo ulteriore per tutti i soggetti coinvolti nelleforniture di essere in possesso del c.d. Nulla Osta di Segretezza NOS, vale a dire una speciale abilitazione allaccesso a notizie classificate rilasciato dallAutorit Nazionale di Sicurezza. Il possesso di tale Nulla Osta di Segretezza non pu pertanto essere considerato comeuna circostanza attinente alla semplice condizione del fornitore, come sostiene la IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Commissione, ma costituisce con tutta evidenza una speciale modalit di esecuzione degliappalti ai sensi dellart. 2, par. 1, lett. b), della Direttiva 93/36. Si tenga presente che la procedura per lottenimento del citato Nulla Osta di Sicurezza applicata dallAutorit Nazionale di Sicurezza in maniera particolarmente rigorosa edimplica un controllo completo ed approfondito della societ produttrice e del suo personaledipendente. La societ interessata deve possedere requisiti di sicurezza adeguati al livello diriservatezza delle informazioni classificate a cui avr accesso. evidente dunque che il possesso del Nulla Osta di Segretezza che fornisce labilitazione allaccesso a notizie classificate non costituisce una semplice formalit amministrativa, ma richiede la compresenza dideterminati requisiti di funzionamento della societ detentrice del medesimo. La correttezza dellapproccio seguito dal Governo italiano stata confermata in toto dalla giurisprudenza stessa della Corte (1), la quale ha statuito chiaramente che lottenimento di un certificato di sicurezza militare da parte di unimpresa prestataria di servizi nellambito di un contratto di appalto pubblico costituisce una speciale misura di sicurezza ai sensidella normativa comunitaria sugli appalti e non gi una condizione del prestatario, comeritenuto dalla Commissione. Alla luce di quanto sopra sfugge la ragione per cui la Commisisone si ostini a rimanerferma nelle posizioni assunte allinizio della fase pre-contenziosa della procedura, nonostante la palese infondatezza delle medesime. Come si diceva sopra a proposito della condizione relativa al carattere segreto degliappalti, del resto, la piena applicabilit della deroga di cui allart. 2, par. 1, lett. b), dellaDirettiva nella presente fattispecie risulta soddisfatta per levidente ragione che laCommissione muove da un presupposto sbagliato: la natura civile dei velivoli cui si riferisce il decreto e la possibilit di garantire la tutela degli interessi essenziali dello Stato attraverso la segretazione di talune caratteristiche tecniche degli elicotteri. Sono tre le circostanze specifiche che valgono a smentire la suddetta tesi della Commissione. La prima rinvenibile nel titolo stesso del documento in cui sono state riassunte e compiutamente illustrate le caratteristiche tecnico-operative-logistiche dei mezzi in parola. Ildocumento in parola, denominato Requisito Militare di massima, contiene i requisiti tecnici ed operativi in presenza dei quali un velivolo pu essere utilizzato come sistema darma o di difesa e quindi si riferisce ad aeromobili che devono possedere connotazioni militari ed essere in grado di soddisfare ruoli militari. La seconda smentita si trova nel Capitolato Tecnico dei contratti che disciplina lacquisizione degli elicotteri de quibus. In tale Capitolato Tecnico viene identificata una configurazione degli aeromobili che prevede, oltre a quelli di base, requisiti specifici inerenti aisistemi di armamento, comunicazione, navigazione e identificazione necessari allimpiegocome sistema darma (su tale aspetto si rinvia a quanto gi illustrato supra). La terza smentita, infine, la certificazione e lassegnazione allaeromobile di unamatricola militare a copertura dellintera configurazione da parte dellAmministrazioneDifesa Direzione Generale Armamenti Aeronautici (ARMAREO) (2). (1) Sentenza della Corte 16 ottobre 2003, causa C-252/01, Commissione/Belgio, Racc. 2003 pagina I-11859. (2) Al riguardo utile richiamare la definizione di Aeromobile civile (1)(7)(9) contenuta nelRegolamento (CE) n. 1334/2000 che istituisce un regime comunitario di controllo delle esportazioni RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Il fatto che limpiego militare o paramilitare dei suddetti elicotteri sia eventuale nonvale, contrariamente a quanto vorrebbe far credere la Commissione, a rimettere in dubbio ilcarattere non civile dei menzionati velivoli: la necessit di garantire il loro impiego anchecome sistema darma tale da imporre sin dal momento della progettazione delle macchinequei vincoli di allestimento della configurazione che valgono a condizionare le procedure diaffidamento soprattutto sotto il profilo della segretezza, e a caratterizzare come militari piuttosto che come civili i citati elicotteri. La Commissione argomenta che le esigenze della riservatezza e tutela del segreto militare possono essere perseguiti in fase di esecuzione del contratto e sono compatibili con lesperimento di procedure ad evidenza pubblica. Essi in particolare potrebbero essere limitati ad alcune caratteristiche tecniche specifiche dellelicottero ed essere soddisfatti imponendo al personale delle societ fornitrici un obbligo di segretezza sanzionabile penalmente, come riconosciuto dalla Corte in un altro caso in materia di appalti. Le osservazioni della Commissione confermano la linea scelta di costruire le propriecensure in modo teorico, attraverso un pedissequo richiamo a criteri astratti, senza preoccuparsi di procedere ad unesatta contestualizzazione della vicenda di cui si parla e di valutarne adeguatamente le precise caratteristiche. Innanzitutto, per ci che concerne il primo argomento della Commissione, esso denotauna sorprendente mancanza di conoscenza delle specificit dellindustria aeronautica. Come gi esplicitato in precedenza, infatti, gli aeromobili di oggi vengono progettati ecostruiti in modo molto diverso da come era in uso fare in passato. Oggi lelicottero nasceintegrato sin dalla fase di definizione e di progetto. L integrazione dei vari sistemi dibordo non consiste pi nella semplice connessione di un apparato allaltro, bens nella connessione delle varie funzioni che i singoli apparati (motore, navigazione, comunicazione, armamento, etc.) sono in grado di fornire. Ci al fine di assicurare lottimale svolgimento delle missioni per le quali lelicottero stato costruito. evidente quindi che, passandodal concetto di integrazione di apparati, inteso come connessione di apparati, a quelloben pi ampio e sofisticato di integrazione di funzioni, non pi possibile pervenire allaconclusione per cui, una volta acquisito un elicottero base da un qualunque fornitore, possibile procedere poi ad una successiva installazione di qualsiasi apparato militare di cui siabbia bisogno. Integrare le funzioni significa definire sin dal progetto le modalit di interfaccia dei varisistemi, le modalit di scambio dei dati di volo, di navigazione, di puntamento nonch lemodalit di controllo dei dati scambiati fra i vari apparati. Tanto per fare un esempio, mentreuna volta le radio di bordo erano operate dallequipaggio in modo separato fra loro, cos comegli apparati di navigazione (VOR, ILS etc.), oggi tramite il Flight Management System(FMS) il tutto viene gestito in modo integrato. Per raggiungere questo risultato, tuttavia, necessario curare e lavorare su tale aspetto sin dalle prime fasi della progettazione, non essendo possibile ottenerlo dallintegrazione di semplici apparati cosiddetti Stand Alone. di prodotti e tecnologie a duplice uso, e successive modificazioni, (GUUE n. L 159 del 30/06/2000pag. 1). Stando al suddetto Regolamento, infatti, Il termine aeromobile civile comprende solo queitipi di aeromobili elencati per deliberazione nelle liste pubbliche di certificazione di navigabilitaerea emesse dai servizi dellAviazione civile per linee commerciali civili nazionali ed internazionali o per uso dichiaratamente civile, privato o di affari. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Altro aspetto importante legato ai fattori logistici ed addestrativi. Con la dizionesistema darma, in tutto il mondo aeronautico, non sintende solo lelicottero in se stesso, bens lassieme della piattaforma, dei suoi sistemi di armamento, degli apparati necessari peril supporto logistico, dei sistemi per laddestramento, specificatamente il simulatore di volo. Ci che rende efficace il sistema darma ed in grado lelicottero di svolgere efficacemente le sue missioni linsieme di tutti i fattori sopra elencati, ovvero la piattaforma volanteche deve portare lequipaggio in una certa zona doperazione; i sistemi di bordo (di visione, di ricognizione, di armamento, etc) che devono permettere allequipaggio di svolgere ilcompito assegnatogli; gli equipaggiamenti di supporto al suolo che devono permettere ilmantenimento in efficienza di volo dellelicottero; i sistemi di addestramento che devonomettere lequipaggio nelle migliori condizioni di svolgere il proprio lavoro. Non quindi possibile separare in modo netto alcuni aspetti da altri, rendendone segreti alcuni e pubblici altri. La integrazione, come sopra definita, rende il sistema darma untutto uno e ne discende dunque per fare un esempio che consente di replicare anche alprimo rilievo della Commissione riguardante la tutela della segretezza che non si possonorendere pubbliche le caratteristiche di un sistema come pu essere il simulatore di volo emantenere segrete quelle dellelicottero, poich il primo rappresentativo della piattaformavolante quanto a cabina di pilotaggio, sistemi, leggi di controllo, funzionalit, ecc. Per quanto riguarda, invece, lobiezione si ribadisce non sollevata dalla Commissione nel parere motivato circa la possibilit di prevedere un obbligo di segretezza sanzionabile penalmente a carico del fornitore, agevole rilevare che ci appare insufficiente agarantire la tutela dinteressi del tutto particolari come gli interessi essenziali di sicurezzadello Stato che sono coinvolti nel caso in esame. Nella presente fattispecie, lo si ricorda, nonsi controverte in merito allacquisizione di semplici apparecchiature hardware necessarie alla realizzazione di sistemi informativi, come nel precedente a cui ha fatto rinvio laCommissione, bens allacquisizione di elicotteri destinati ad un impiego militare e le cuicaratteristiche tecniche rendono necessario assoggettare a speciali misure di sicurezza nonsolo le citate caratteristiche tecniche e di interoperabilit dei velivoli ma anche tutto il procedimento di valutazione, selezione, acquisizione, fornitura e supporto logistico dei mezziin parola. Quanto rilevato sopra, pi che sufficiente a dar conto della correttezza della posizione delle Autorit italiane e conferma la piena applicabilit della seconda delle condizioni dicui allart. 2, par. 1, lett. b), della Direttiva 93/36. Con riferimento agli interessi essenziali di sicurezza dello Stato di cui allart. 2, par. 1, lett. b), della Direttiva, la Commissione asserisce che la deroga in questione non invocataspecificamente dalle Autorit italiane, le quali hanno fatto riferimento agli interessi essenziali dello Stato in relazione allesigenza di impedire la divulgazione di informazioni sensibili relative ai mezzi in dotazione delle Forze Armate ( 57 del ricorso). La Commissione sottolinea che, se anche le argomentazioni del Governo italiano sulmutato clima di sicurezza dopo gli attentati dell11 settembre 2001 e le misure adottate inconseguenza dovessero integrare una persistente minaccia grave ed effettiva circostanza che, ad avviso della Commissione, non stata dimostrata , queste non possono costituire una risposta idonea e proporzionata allo scopo che sintende perseguire ( 59). Come per lanalisi delle prime due condizioni di cui allart. 2, par. 1, lett. b), dellaDirettiva 93/36, anche per lesame della sussistenza del presupposto relativo alla tutela dinteressi essenziali di sicurezza dello Stato, la Commissione mostra di prediligere unimpostazione ingiustificatamente formalistica. Essa prescinde sia dalleffettivo contenuto delle RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO risposte fornite delle Autorit italiane nella procedura amministrativa che dal contesto geopolitico e normativo che ha fatto da sfondo alladozione del Decreto. A dimostrare lesistenza di una minaccia persistente, grave ed effettiva alla sicurezza(nazionale e mondiale, interna ed esterna) bastano gli eventi terroristici che hanno fattoseguito agli accadimenti dell11 settembre 2001: i tragici attentati di Madrid nel marzo 2004e quelli di Londra nel luglio 2005. Le numerose iniziative e prese di posizione che si sono registrate un po ovunque inseno alle pi alte istanze e sedi istituzionali dellUnione europea, daltra parte, attestano lachiara e sempre pi crescente consapevolezza dei mutamenti che sono intervenuti negli ultimi anni nel campo della sicurezza e della necessit impellente di procedere ad un adattamento e rafforzamento degli strumenti di difesa esistenti allo scopo di far fronte al rischio concreto ed attuale di minacce ed attacchi alla sicurezza. Tale consapevolezza ha trovato riprova nellevoluzione che il concetto stesso di homeland security ha subito negli ultimi tempi nel mondo occidentale ed in Europa. La sicurezza nazionale (ed internazionale) sia dello Stato e delle sue istituzioni che della societ edei cittadini pu essere assicurata solo attraverso una piena integrazione e sinergia dei varisistemi di difesa. Conferma dellesattezza del punto di vista sopra enunciato pu essere rinvenuta in molteplici iniziative assunte a livelli vari. Volendo limitarsi a citare solo alcuni degli esempi pi recenti, si attira lattenzione sulledichiarazione rese dal Segretario generale del Consiglio dellUnione europea, nonch AltoRappresentate per la Politica Estera e la Sicurezza Comune e Capo dellAgenzia Europeaper la Difesa (AED) (3), Sig. Javier Solana, e dal Vice Presidente della Commis-sione europea, Gnter Verheugen, durante i discorsi da loro pronunciati il 9 febbraio 2006 a Bruxellesin occasione di una conferenza organizzata dallAED sul tema Research and Technology An Imperative for European Defence. Visto che uno degli obiettivi avuti di mira dallUnione europea is to enhance Europes ability to deal with a complex and uncertain security enviroment e che as we move into the 21st century, we face a radically changed strategic environment. New threats and challenges, requiring new roles and new missions of our armed forces, il Sig. Solana ha sottolineato che We are working under tight rules of engagement and 24-hour global scrutiny. In ambiguous circumstances, where the opponent will often be hard to identify and isolate. In everything we do, we must bring together civil and military instruments, and protect ourown people as never before. Tale visione stata altres ribadita dal Sig. Verheugen il quale, parlando proprio dellhomeland security, ha riconosciuto che [t]he boundaries between Internal and External security are blurred e che in real life, operations of the civil security sectorand the military sector resemble each other and increasingly so. (3) Si ricorda che lAED stata costituita dal Consiglio dellUnione europea il 12 luglio 2004(azione comune 2004/551/PESC) con la missione di aiutare il Consiglio e gli Stati membri nello sforzo di migliorare le capacit di difesa dellUE nel settore della gestione delle crisi e di sostenere laPESD (politica europea in materia di sicurezza e di difesa) nel suo assetto attuale e in quello futuro. Si ricorda che tra i principali settori di attivit dellAED vi anche lo sviluppo delle capacit di difesa nel settore della gestione delle crisi nonch il potenziamento dellefficacia della ricerca e della tecnologia (R&T) europea nel settore della difesa. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Nella direzione condivisa dalla Repubblica italiana e dai vertici dellUE e degli altriStati membri istituzionalmente investiti di responsabilit in tema di sicurezza e difesa si colloca altres la Risoluzione sulla ricerca in materia di sicurezza le tappe future(2004/2171(INI)) che stata adottata dal Parlamento europeo nel giugno 2005. In essa si chiaramente ribadito che, in seguito ai recenti mutamenti geopolitici, sociali e tecnologicie ad avvenimenti recenti a livello mondiale quali gli attacchi terroristici dell11 settembre2001 negli USA e dell11 marzo 2004 a Madrid, la sicurezza diventata una questione piurgente e gli Stati membri dellUE devono essere pi preparati a far fronte a nuovi tipi diminacce alla sicurezza grazie a un uso pi efficace delle conoscenze (considerando A della Risoluzione, sottolineato da chi scrive). La citata Risoluzione, i cui contenuti e raccomandazioni riguardano questioni che evidentemente, data la loro natura, si collocano anche al di fuori e al di l del settore della ricerca, conferma inequivocabilmente che le nuove minacce si avvalgono delle nuove tecnologie, vanno al di l dei confini statali, approfittano dellapertura e della trasparenza checaratterizzano la societ moderna, altamente tecnologica e democratica dellEuropa, minacciando la sicurezza degli Stati membri sia dallesterno che allinterno del territoriodellUnione europea e rendendo ancora pi difficile operare una distinzione tra sicurezzainterna ed esterna (considerando C, sottolineatura aggiunta). Date lurgenza, la novit del tipo di minaccia che incombe sullUE e limpossibilit didistinguere tra sicurezza interna ed esterna, oltre alla necessit di adottare soluzioni che evitino duplicazioni dei sistemi e delle infrastrutture, che siano interoperabili a livello nazionale e comunitario e che siano quindi efficaci dal punto di vista dei costi (considerando F), ilParlamento europeo raccomanda che il futuro Programma europeo di ricerca sulla sicurezza (PERS) contempli tra le proprie priorit proprio la lotta al terrorismo, il monitoraggio delterritorio, la protezione civile, la protezione delle infrastrutture critiche nonch il controllodelle frontiere esterne dellUnione (articoli 8 e 9). Tale posizione rispecchiata dalla proposta di Decisione del Parlamento europeo e delConsiglio concernente il Settimo programma quadro di attivit comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013) che stata presentata dalla Commissionestessa nellaprile 2005 e che stata approvata con emendamenti in prima lettura dalla competente Commissione del Parlamento europeo lo scorso maggio. Nel testo approvato dal Parlamento europeo molta enfasi viene posta sullimportanzadi rafforzare un settore vitale come quello della sicurezza e di sviluppare conoscenze, processi e tecnologie interoperabili in grado di assicurare la sicurezza dei cittadini controminacce attuali come quelle del terrorismo e di consentirne una rapida identificazione(anche attraverso il miglioramento degli strumenti di controllo e di sorveglianza dei confinivia terra e via mare) nonch di restaurare lordine e la sicurezza nel caso in cui si dovessero verificare situazioni di crisi. A tal fine si richiede specificatamente che [s]ecurityresearch should emphasise the Unions capabilities regarding surveillance, distribution ofinformation and knowledge of threats and incidents as well as systems for better assessments and situation control through better use of common ICT-systems in the fields of different operations. The research should be organised in such a way that it contributes to acommon defence market in Europe. La Commissione, conscia della debolezza della propria posizione, tenta di respingeregli argomenti del Governo italiano sulla necessit e sulla proporzionalit delle misure disposte dal Decreto in esame affermando che queste devono essere conformi alle norme delTrattato in materia di libera circolazione delle merci (articolo 30 CE), e tenuto conto delladeroga generale di cui allart. 296 CE ( 34 del ricorso). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Ebbene, a differenza di quanto sostiene la Commissione, nel caso di specie vi statauna piena osservanza delle regole contenute nel Trattato. A prescindere dal fatto che, come opportunamente rilevato dallAvvocato GeneraleAlber (4), spetta in larga misura ai governi degli Stati membri valutare e definire quali sianogli interessi di sicurezza dello Stato e le misure da adottare a loro tutela, ci si permette diricordare che la Corte ha precisato che il regime istituito dallart. 296 CE intende preservare la libert di azione degli Stati membri in talune materie concernenti la difesa e la sicurezza nazionale. La giurisprudenza ha specificamente chiarito che, nel prevedere espressamente la possibilit che uno Stato membro adotti le misure che ritenga necessarie alla tutela degliinteressi essenziali della propria sicurezza, lart. 296 CE attribuisce agli Stati membri unpotere discrezionale particolarmente ampio nel valutare le esigenze che rientrano in taletutela (sentenza del Tribunale del 30 settembre 2003, causa T-26/01, Fiocchi MunizioniS.p.a/Commissione, in Racc. 2003 pag. II-03951, punto58). La sussistenza di un siffatto potere discrezionale degli Stati membri per quanto riguarda ladozione di misure ritenute necessarie per garantire la pubblica sicurezza, nellaccezione sia di sicurezza interna che di sicurezza esterna dello Stato membro, stata espressamente riconosciuta dalla Corte anche ai fini dellapplicazione della deroga di cui allart. 30 CE, proprio con riferimento a prodotti appartenenti alla categoria dei beni dual use, nel caso incui gli stessi siano oggettivamente idonei ad un uso per scopi militari (sentenza della Cortedel 17 ottobre 1995, causa C-83/94, Leifer, in Racc. 1995 pag.I-03231, punto 35). Alla luce di quanto sopra e di tutte le considerazioni svolte in precedenza a propositodella natura dei velivoli interessati dal Decreto di cui causa nonch degli interessi che essointende tutelare alla quali peraltro si rinvia in toto evidente dunque che, contrariamente a quanto vorrebbe far credere la Commissione, nella presente fattispecie tanto lart. 2, par. 1, lett. b), della Direttiva 93/36 quanto le pertinenti norme del Trattato sono rispettati. Roma l 19 giugno 2006 Avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo. (4) Conclusioni presentate il 3 aprile 2003 nella causa C-252/01, Commissione/Belgio, cit. supra. LE DECISIONI Ancora sul divieto di circolazione nel Land Tirolo (Corte di Giustizia delle Comunit europee, ordinanze 30 luglio 2003, 2 ottobre 2003, 27 aprile 2004) Si riprende in questa sede in considerazione il caso del divieto settorialedi circolazione dei camion nel Land Tirolo, oggetto della sentenza dellaCorte di Giustizia delle Comunit Europee 15 novembre 2005, in causa C320/ 03 (1) per alcuni approfondimenti in ordine alla tutela cautelare apprestata in ambito comunitario, in quanto in tale giudizio sono stati emessi bentre provvedimenti cautelari. 1. I provvedimenti durgenza innanzi al giudice comunitario: aspetti generaliLart. 242 T.C.E. stabilisce che i ricorsi proposti alla Corte di Giustizianon hanno effetto sospensivo. Tuttavia, la Corte pu, quando reputi che le circostanze lo richiedano, ordinare la sospensione dellesecuzione dellattoimpugnato. dunque conferita alla Corte (nonch al Tribunale di primo grado, le cuidecisioni possono essere impugnate davanti alla Corte di Giustizia) la facolt di adottare misure che consentono di sospendere lesecutoriet dellattoimpugnato. Tale potere deve essere esercitato in presenza di alcune condizioni analoghe a quanto previsto nellordinamento nazionale: il fumus boni juris, ossia laccertamento dellesistenza di fondateragioni nel senso dellaccoglimento della richiesta di tutela avanzata in viaprincipale; il periculum in mora, ovvero il fondato timore che nelle more delladecisione le circostanze che rendono effettiva la tutela richiesta in via principale vengano meno. Si tratta di un procedimento caratterizzato dallurgenza del provvedere: ladozione della misura cautelare prima della pronuncia nella causa principale si rende infatti necessaria al fine di evitare un danno grave ed irreparabile al ricorrente. Con riguardo alla valutazione della presenza dei suddetti presupposti insede di pronuncia sulla richiesta cautelare, la Corte, in pi occasioni, haavuto modo di ribadire che secondo lart. 83, par. 2, del regolamento di procedura, la sospensione dellesecuzione e lordinanza con la quale vengonodisposti provvedimenti provvisori sono subordinate allesistenza di motivi diurgenza e di argomenti che giustifichino, prima facie, ladozione di siffatti (1) In questa Rivista, 2005, n. 4, p. 18. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO provvedimenti. Dalla giurisprudenza costante della Corte risulta che provvedimenti del genere possono essere presi in considerazione soltanto qualora le circostanze di fatto o di diritto invocate per ottenerli giustifichino, prima facie, la loro adozione. inoltre necessario che tali provvedimentisiano urgenti, nel senso che essi devono essere emanati e devono produrre iloro effetti prima che venga emessa la pronunzia nel merito, al fine di evitare che la parte che li richiede subisca un danno grave ed irreparabile; infine, necessario che essi siano provvisori, perch non pregiudichino la decisione nel merito (ord. 13 dicembre 1984, in causa C-269/84 R. (2), Fabbro e al. C. Commissione, punti 2 e 3, nonch in precedenza ord. 7 luglio 1981, cause C-60/81 R. e C-190/81 R., IBM c. Commissione) e che di fronte agliargomenti svolti dalle parti per quanto riguarda la legittimit del provvedimento impugnato, opportuno che il giudice del procedimento sommariolimiti il proprio esame agli aspetti che consentano di stabilire se la sospensione del provvedimento stesso sia urgente e di valutare se la sua immediata applicazione, cio prima che sia emessa una pronunzia nel merito, sia attaa recare al richiedente danni irreversibili, che non potrebbero essere riparati nemmeno se il provvedimento impugnato fosse annullato, ovvero che, malgrado il loro carattere provvisorio, sarebbero sproporzionati rispetto allinteresse della commissione a che, in conformit allart. 185 (ora 242) delTrattato CEE, i suoi provvedimenti siano eseguiti anche qualora costituiscano oggetto di ricorso giurisdizionale (ord. 21 agosto 1980, causa C-174/80R., Reichardt c. Commissione, punto 1; nonch 31 luglio 1989, causa C206/ 89 R., M. S. c. Commissione). Con particolare riguardo alla gravit e irreparabilit del pregiudizio subito dal ricorrente stato precisato che la natura urgente di una domanda disospensione dellesecuzione o di provvedimenti provvisori deve valutarsi conriguardo alla necessit di statuire in via interlocutoria al fine di evitare chesia arrecato un danno grave ed irreparabile alla parte che chiede la sospensione dellesecuzione o i provvedimenti provvisori. Il danno di natura pecuniaria pu essere di norma considerato grave ed irreparabile solo qualoranon possa essere interamente risarcito in caso di accoglimento del ricorsoprincipale. Ci pu in particolare valere quando lasserito danno minacci lastessa esistenza dellimpresa o, anche, una volta verificatosi, non possa essere valutato (ord. 23 maggio 1990, cause C-51/90 e C-59/90 R., Comos Tank e al. C. Commissione, massima) e ancora che nellambito di una domandadi provvedimenti urgenti, un danno meramente pecuniario non pu, in lineadi principio, essere considerato irreparabile, o anche difficilmente riparabile, qualora, in ipotesi, possa essere oggetto di una successiva compensazione. Tuttavia, spetta al giudice del procedimento sommario valutare gli elementi che permettono di stabilire, nelle circostanze proprie di ciascun caso dispecie, se lesecuzione immediata delle decisioni oggetto della domanda di (2) La Corte attribuisce al giudizio cautelare lo stesso numero della causa principale seguito dallalettera R, che sta per refr (procedura durgenza). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni sospensione sia atta ad arrecare al richiedente danni che non potrebberoessere riparati, nemmeno se le decisioni di cui trattasi dovessero essereannullate nellambito di una causa principale. Il giudice del procedimentosommario deve analogamente valutare, mettendo a confronto gli interessirispettivi delle parti, se la concessione di provvedimenti provvisori si rivelinecessaria per evitare al ricorrente un danno grave ed irreparabile (ord. 23novembre 1990, causa T-45/90 R., Speybrouck c. Parlamento, massima). La concessione di misure cautelari richiede inoltre una valutazione degliinteressi contrapposti: infatti qualora debba pronunciarsi su una domanda disospensione dellesecuzione, la Corte deve prendere in considerazione non soltanto linteresse del richiedente alladozione del provvedimento richiesto, maanche le difficolt che tale provvedimento potrebbe causare alle istituzionicomunitarie, nonch gli inconvenienti che potrebbero derivarne per i terzi (ord. 13 gennaio 1979, causa C-4/78 R., Salerno c. Commissione, massima). Quanto al procedimento, la disciplina contenuta negli artt. 83-88 delRegolamento di procedura della Corte. I soli atti per i quali pu essere richiesta la sospensione sono quelli adottati dalle istituzioni. Deve poi trattarsi di atti produttivi di effetti giuridici (una decisione cheabbia esaurito la propria efficacia non pu costituire oggetto di provvedimento di sospensione, cos ord. 22 maggio 1978, causa C-92/78 R., Simmenthal c. Commissione, massima). La richiesta pu essere presentata soltanto se latto di cui si chiede lasospensione sia gi stato impugnato dinanzi alla Corte: non dunque possibile in sede comunitaria proporre una istanza cautelare ante causam. A ben vedere tale circostanza non risulta in sintonia con la giurisprudenza della Corte sulle procedure nazionali a rilevanza comunitaria. In proposito la Corte si infatti espressa nel senso dellincompatibilit con il dirittocomunitario, pi in particolare con la direttiva ricorsi in materia di appalti89/665, di normative nazionali che impongano la previa proposizione di unricorso di merito come condizione per adottare provvedimenti provvisoricontro le decisioni dellamministrazione aggiudicatrice (sent. 15 maggio2003, in causa C-214/00 Commissione c. Spagna) (3). (3) Tale sentenza conclude un procedimento di infrazione relativo al recepimento della direttivache coordina le disposizioni sulle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (Dir. n. 89/665 CE). La disciplina spagnola, infatti, consentiva la richiesta di provvedimenti urgenti prima della proposizione del ricorso principale ma imponeva al ricorrente lonere di impugnare latto illegittimo, pena la cessazione di efficacia della misura interinale. Adavviso della Commissione, invece, la normativa di recepimento avrebbe dovuto prevedere in viagenerale un potere del giudice di adottare provvedimenti provvisori, anche prescindendo dalla previapresentazione del ricorso nel merito. La prospettazione della Commissione, seguita poi dallAvvocatogenerale ed accolta dalla Corte di Giustizia, si fondava sul principio dell c.d. effetto utile, nel sensoche il recepimento delle direttive deve essere tale da garantire il perseguimento dello scopo che si prefiggono (art. 249, 3 comma, T.C.E.). In questottica la Corte, riecheggiando unimportante precedente (sent. 19 settembre 1996, in causa C-236/95, Commissione c. Repubblica Ellenica) sottolinea comela direttiva 89/665 miri a consolidare i meccanismi volti a garantire leffettiva applicazione delle RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO A norma dellart. 36 del protocollo sullo Statuto della Corte, competente a concedere il provvedimento di sospensione il Presidente della Corte, che decide sulla base di una procedura sommaria con ordinanza motivata. Tale ordinanza pu essere sempre modificata o revocata nel corso del giudizio su istanza delle parti ed in seguito a mutamento di circostanze. La sospensione dellatto ha come unico effetto quello di renderlo provvisoriamente inapplicabile: stato infatti precisato che la richiesta tendente ad ottenere un provvedimento provvisorio non pertinente, dal momentoche la sospensione dellesecuzione di un provvedimento dellAlta autoritcon il quale viene rifiutata unautorizzazione non potrebbe essere equiparata alla concessione dellautorizzazione stessa. In ogni caso, infatti, unautorizzazione del genere potrebbe essere concessa solo dallautorit amministrativa, e la Corte non ha il potere di impartire ad essa istruzioni (ord. 12maggio 1959, causa C-19/59 R., Geitling e al. C. Alta autorit CECA, massima) (4). direttive comunitarie sugli appalti pubblici in una fase in cui le violazioni possano ancora essere corrette e che tale risultato sarebbe impedito dalla necessit di far precedere la richiesta di provvedimenti urgenti dal rituale esercizio dellazione di merito: lesigenza del previo ricorso principale potrebbeinfatti rendere difficoltosa la tutela durgenza in relazione alla celerit delle procedure ad evidenzapubblica (cfr. punti 49 e 95). Nellordinamento nazionale italiano il potere del giudice di disporremisure ante causam in sede di impugnazione di atti amministrativi illegittimi non legislativamenteprevisto. Tuttavia lesigenza di una tale tutela stata segnalata dai giudici amministrativi di primogrado, che hanno pi volte sollevato dubbi di contrariet della disciplina di cui allart. 21 della Legge T.A.R. agli artt. 24 e 113 della Costituzione, agli artt. 6 e 13 della CEDU, nonch alla stessa Dir. n. 89/665 CE. In particolare, a fronte della declaratoria di manifesta infondatezza della questione da partedella Corte Costituzionale (ord. 10 maggio 2002, n. 179), il T.A.R. Lombardia si rivolto alla Cortedi Giustizia delle Comunit europee chiedendo una ulteriore valutazione in ordine alla compatibilitdella nuova disciplina sulla tutela cautelare (l. 205/2000) con le prescrizioni della direttiva ricorsi (ord. T.A.R. Lombardia, sez. Brescia, 24 aprile 2003, iscritta nel registro della Corte di Giustizia indata 13 maggio 2003, al numero C-202/03 DAC). Anche con riferimento a questa causa la Corte, conlord. 29 aprile 2004, ha ribadito il principio secondo cui gli Stati membri sono tenuti a conferire ailoro organi competenti a conoscere dei ricorsi in materia di appalti la facolt di adottare, indipendentemente dalla previa proposizione di un ricorso di merito, qualsiasi provvedimento provvisorio. (4) Nellordinamento giuridico nazionale il sistema cautelare si presenta invece in una dupliceveste. Mentre il sistema cautelare tipico si caratterizza per lespressa previsione delle ipotesi di periculum e dei provvedimenti cautelari che il giudice pu adottare, relativamente ai provvedimenti atipici, ex art. 700 c.p.c., il legislatore non definisce i vari pericula ma lascia il sistema aperto, inmodo che qualsiasi situazione giuridicamente protetta minacciata da un pregiudizio imminente eirreparabile possa trovare adeguata protezione. La necessit di una tutela cautelare atipica stataperaltro avvertita anche nellambito del processo amministrativo. Accogliendo i suggerimenti delladottrina e della giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., ord. 30 marzo 2000, n. 1) la legge n. 205/2000 ha sostituito al limitato potere di sospensione dellatto impugnato, previsto in precedenzadallart. 21 della legge n. 1034/1971, un generale potere cautelare: attualmente il giudice amministrativo pu infatti adottare le misure cautelari che appaiono, secondo le circostanze, pi idonee adassicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso (art. 21 L. T.A.R. nel testo attuale). Tali misure possono anche consistere nellimposizione di un facere allamministrazione come ad esempio lammissione con riserva ad una gara o ad un concorso ovvero lingiunzione al pagamentodi una somma. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni Il potere di adottare provvedimenti sospensivi stato dalla Corte riconosciuto anche in capo ai giudici nazionali con riferimento ai provvedimentinazionali di esecuzione di atti comunitari di cui risulta contestata la legittimit. Nella nota sentenza 21 febbraio 1991, cause C-143/88 e C-92/89, Zuckerfabrick si afferma infatti che: lart. 185 (ora 242) del Trattato CEEattribuisce alla parte ricorrente nellambito del ricorso per annullamento lafacolt di instare per la sospensione dellesecuzione dellatto impugnato econferisce alla Corte la competenza per concederla. La coerenza del sistemadi tutela cautelare impone che il giudice nazionale possa, allo stesso modo, ordinare la sospensione dellesecuzione di un provvedimento amministrativonazionale basato su un regolamento comunitario la cui legittimit sia in contestazione. () Poich il potere dei giudici nazionali di concedere tale sospensione trova riscontro nella competenza riservata alla Corte di cui allart. 185(ora 242) nellambito dei ricorsi ai sensi dellart. 173 (ora 230), necessarioche detti giudici concedano la sospensione solo alle condizioni previste per ledomande di provvedimenti urgenti dinanzi alla Corte. () Deve aggiungersi, peraltro, che il giudice nazionale chiamato ad applicare le norme comunitarienellambito della propria competenza ha lobbligo di garantire la piena efficacia del diritto comunitario e quindi, in caso di dubbi sulla validit dei regolamenti comunitari, di tener conto dellinteresse della Comunit affinch glistessi regolamenti non vengano esclusi senza una garanzia rigorosa. Per altroverso, qualora la sospensione dellesecuzione possa comportare per laComunit un rischio finanziario, il giudice nazionale deve imporre al richiedente la prestazione di sufficienti garanzie, quali la costituzione di una cauzione o di un sequestro a scopo conservativo (punto 18 e seguenti). Oltre alla sospensione degli atti delle istituzioni, la Corte pu disporreprovvedimenti provvisori atipici. Infatti, in virt dellart. 243 T.C.E., laCorte di giustizia, negli affari che le sono proposti, pu ordinare i provvedimenti provvisori necessari. Anche per la concessione dei provvedimenti provvisori, che segue lostesso iter procedurale previsto per la sospensiva, occorre la previa instaurazione di un giudizio di merito avente ad oggetto il provvedimento adottato, nonch la sussistenza delle condizioni precedentemente analizzate del fumusboni juris, del periculum in mora e dellurgenza del provvedere. Nella prassi i provvedimenti provvisori si sostanziano in uningiunzione con cui sichiede agli Stati membri di sospendere lapplicazione di determinati atti. La Corte dispone inoltre ex art. 256 T.C.E. della facolt di sospensionedellesecuzione forzata delle decisioni del Consiglio o della Commissionecostituenti titolo esecutivo, che importano, a carico di persone che non sianogli Stati, un obbligo pecuniario, spettando invece il controllo della regolarit dei provvedimenti esecutivi alle giurisdizioni nazionali. 2. Il caso di specie: la sospensione del regolamento del Land Tirolo suldivieto settoriale di circolazione Il ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione contro laRepubblica dAustria ha visto linstaurazione del procedimento cautelare (C320/ 03 R) articolato in pi fasi. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Con atto separato, depositato nella cancelleria della Corte il 25 luglio2003, la Commissione ha presentato, ai sensi degli artt. 242-243 T.C.E., unadomanda di provvedimenti provvisori intesa ad ottenere, nei confronti dellaRepubblica austriaca, uningiunzione ad adottare le misure necessarie persospendere lesecuzione del regolamento controverso. A parere della Commissione il divieto di transito avrebbe ostacolato lalibera prestazione dei servizi nel settore del trasporto e la libera circolazionedelle merci: infatti il provvedimento avrebbe penalizzato se non quasiesclusivamente, quantomeno in via principale, il trasporto in transito internazionale delle merci interessate risultando indirettamente discriminatorio; inoltre, con riguardo allurgenza si constatava la produzione ad operadel regolamento di effetti immediati e rilevanti sullattivit commercialedelle imprese di trasporti che operano sul mercato interessato e, in generale, sul regolare funzionamento del mercato interno. Con ordinanza 30 luglio 2003 il Presidente della Corte ha ingiunto, atitolo conservativo, alla Repubblica dAustria di sospendere lesecuzione deldivieto di circolazione contenuto nel regolamento contestato fino alla pronuncia dellordinanza che avrebbe posto fine al procedimento sommario. Nella stessa veniva fissata unudienza per il 27 agosto 2003. Ha trovato dunque applicazione nel caso di specie lart. 84, n. 2 del regolamento di procedura, che consente al Presidente di accogliere una domanda di provvedimenti provvisori anche prima che laltra parte abbia presentato le sue osservazioni, con la possibilit che tale provvedimento possaessere successivamente modificato o revocato anche dufficio. La lettura dellordinanza consente alcune precisazioni in merito ai presupposti di un provvedimento cautelare inaudita altera parte. Ladozione di un tale provvedimento subordinata ad una valutazionesommaria sulla non infondatezza degli argomenti addotti dalla parte a sostegno del ricorso e sulla sussistenza di circostanze che giustifichino la necessaria urgenza della concessione del provvedimento provvisorio immediato, nonch ad un bilanciamento di interessi, la buona amministrazione della giustizia e gli obiettivi che il regolamento controverso si propone di raggiungereche non devono essere seriamente pregiudicati dalla ritardata applicazione. Allesito delludienza del 27 agosto, in cui sono intervenuti il Governoitaliano e quello tedesco, il Presidente si riservava. Quindi, con lordinanza 2 ottobre 2003, adottata a seguito dei rilievi dientrambe le parti, lingiunzione disposta nei confronti della RepubblicadAustria di sospensione dellesecuzione del divieto di circolazione stataprorogata fino al 30 aprile 2004. Tale provvedimento presenta la singolarit di contenere un invito alleparti a procedere ad una concertazione al fine di individuare le misure piidonee a conciliare, ancorch provvisoriamente, i contrapposti interessi ingioco e a comunicare alla Corte ogni eventuale compromesso(ord. 2 ottobre 2003, C-320/03 R, punto 105). In mancanza di tale accordo, ed a seguito di ulteriori osservazioni presentate dalle parti, il procedimento cautelare si infine concluso con lordi IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni nanza 27 aprile 2004, che ha prorogato lefficacia del provvedimento cautelare fino alla pronuncia sul merito del ricorso (che ha poi accolto il ricorsodella Commissione). Dott.ssa Chiara Di Seri Corte di Giustizia delle Comunit europee, ordinanza 30 luglio 2003 nella causa C320/ 03 R Commissione c/ Repubblica dAustria Pres. R. Iglesias - Sospensionedel divieto settoriale di transito ai sensi del regolamento del Landeshauptmann (governatore regionale) del Tirolo 27 maggio 2003: misure di limitazione del traffico sullautostrada A 12 dellInntal. 1.- Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 24 luglio 2003, la Commissione delle Comunit europee ha proposto, ai sensi dellart. 226 CE, un ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica dAustria, attraverso il divieto di transito pergli autocarri che trasportano determinate merci basato sul regolamento del Landeshauptmann del Tirolo 27 maggio 2003, con il quale si adottano misure di limitazione del traffico sullautostrada A 12 dellInntal (BGBl. II 2003/279; in prosieguo: il regolamentocontroverso), venuta meno agli obblighi che le incombono in forza degli artt. 1 e 3 delregolamento (CEE) del Consiglio 26 marzo 1992, n. 881, relativo allaccesso al mercatodei trasporti di merci su strada nella Comunit effettuati in partenza dal territorio di unoStato membro o a destinazione di questo, o in transito sul territorio di uno o pi Statimembri (G.U. L 95, pag. 1), degli artt. 1 e 6 del regolamento (CEE) del Consiglio 25 ottobre 1993, n. 3118, che fissa le condizioni per lammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali di merci su strada in uno Stato membro (G.U. L 279, pag. 1), e degli artt. 28 CE - 30 CE. 2.- Con atto separato, depositato nella cancelleria della Corte il 25 luglio 2003, laCommissione, ai sensi degli artt. 242 CE e 243 CE, ha presentato una domanda di provvedimenti provvisori intesa ad ottenere che la Corte ingiunga alla Repubblica austriaca di adottare le misure necessarie per sospendere lesecuzione del regolamento controverso finch laCorte non abbia statuito sul ricorso di merito. 3.- La Commissione ha chiesto espressamente, ai sensi dellart. 84, n. 2, del regolamento di procedura, che venisse emanata in via cautelare, ancor prima che la controparte avesse presentato le proprie osservazioni, unordinanza di accoglimento della domanda di provvedimenti provvisori fino alla pronuncia dellordinanza conclusiva del presente procedimento sommario. 4.- Nella domanda di provvedimenti provvisori la Commissione riassume i fatti comesegue. In applicazione dell Immissionsschutzgesetz-Luft (legge sul controllo delle immissioni nellaria) austriaco, mediante il controverso regolamento del 27 maggio 2003 ilLandeshauptmann del Tirolo ha imposto un divieto di transito per gli automezzi pesanti chetrasportino determinate merci su una tratta di circa 46 km dellautostrada A 12 dellInntal. Tale divieto assoluto di transito entra direttamente in vigore a tempo indeterminato per i veicoli interessati a partire dal 1 agosto 2003. 5.- Fondato sull Immissionsschutzgesetz-Luft austriaco, il regolamento controversosarebbe inteso a ridurre le emissioni prodotte dagli interventi delluomo, migliorando in talmodo la qualit dellaria al fine di tutelare cos durevolmente la salute umana nonch ilpatrimonio faunistico e floristico (art. 1 del regolamento controverso). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 6.- Nellart. 2 del regolamento controverso viene individuata una zona di risanamento , cio una tratta di circa 46 km dellautostrada A 12 dellInntal, fra i territori comunali diKundl e Ampass. In base allart. 3 del regolamento controverso, in tale zona di risanamento vietato il transito di autocarri o autoarticolati di peso complessivo ammissibile superiore alle 7,5 tonnellate e di autocarri con rimorchio ove la somma dei pesi complessivi massimi ammissibili di entrambi i veicoli sia superiore a 7,5 tonnellate, per il trasporto delleseguenti merci: tutti i rifiuti inclusi nellelenco di rifiuti europeo [conformemente alla decisione della Commissione 3 maggio 2000, 2000/532/CE, che sostituisce la decisione 94/3/CEche istituisce un elenco di rifiuti conformemente allarticolo 1, lett. a), della direttiva75/442/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti e la decisione 94/904/CE del Consiglio che istituisce un elenco di rifiuti pericolosi ai sensi dellarticolo 1, paragrafo 4, della direttiva91/689/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti pericolosi (G.U. L 226, pag. 3), nella formulazione della decisione del Consiglio 23 luglio 2001, 2001/573/CE, che modifica la decisione2000/532 (G.U. L 203, pag. 18)], cereali, legname in tronchi e sughero, minerali ferrosi enon ferrosi, pietrame, terra e materiale di sterro, autoveicoli e rimorchi, nonch acciaio dacostruzione. Non richiesto alcun provvedimento di autorizzazione delle autorit; il divieto ha efficacia diretta. 7.- Ai sensi dellart. 4, dal divieto di cui allart. 3 del regolamento controverso sonoesclusi gli autoveicoli il cui transito, avente come scopo unattivit di carico o scarico perfini commerciali, abbia il luogo di partenza o di destinazione del viaggio nel territorio delComune di Innsbruck o dei distretti di Kufstein, Schwaz o Innsbruck-provincia. Ulteriorideroghe sono contenute nellImmissionsschutzgesetz-Luft. Sono esenti da detto divieto di transito diverse categorie di veicoli, tra cui i mezzi per la manutenzione stradale, i mezziadibiti alla raccolta dei rifiuti e i veicoli per uso agricolo e forestale. Tali veicoli sono esentati dal divieto direttamente. Per altri tipi di veicoli pu essere richiesta unautorizzazioneper il caso singolo, a condizione che sussista un interesse pubblico o un rilevante interessepersonale. 8.- A parere della Commissione il divieto di transito ostacola in modo evidente la libera prestazione dei servizi nel settore del trasporto delle merci garantita dal Trattato CE e concretizzata, nel diritto derivato, dai regolamenti nn. 881/92 e 3118/93, e la libera circolazione delle merci ai sensi dellart. 28 CE. 9.- Di fatto, il provvedimento penalizzerebbe, se non quasi esclusivamente, quantomeno in via principale, il trasporto in transito internazionale delle merci interessate e sarebbepertanto, quantomeno indirettamente, discriminatorio. Ci sarebbe incompatibile sia con icitati regolamenti relativi al mercato dei trasporti di merci su strada nella Comunit e alcabotaggio, sia con gli artt. 28 CE e seguenti, quando non sia possibile addurre una giustificazione. Tale provvedimento non potrebbe essere giustificato dalla tutela ambientale esarebbe in ogni caso sproporzionato. 10.- Quanto allurgenza, la Commissione sostiene tra laltro che il regolamento controverso produrrebbe effetti immediati e rilevanti sullattivit commerciale delle imprese di trasporti che operano sul mercato interessato e, in generale, sul regolare funzionamento delmercato interno. 11.- Con riferimento allordine pubblico, la causa rivestirebbe importanza esemplare inquanto altri Lnder federali austriaci, interessati da un elevato traffico di transito, avrebbero gi manifestato lintenzione di seguire lesempio tirolese e di prendere in considerazionelistituzione di divieti di transito. Per giunta, non da escludere lipotesi che anche altri Statimembri possano valutare lopportunit di tali misure. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni 12.- Il divieto settoriale di transito inciderebbe inoltre in maniera diretta sulla catena logistica degli operatori economici che trattano le merci interessate, catena perfettamentebasata sulle esigenze del mercato. Il provvedimento adottato unilateralmente, senza indugio, a livello nazionale provocherebbe cambiamenti bruschi e sostanziali delle condizioni attualmente esistenti sul mercato dei trasporti di merci su strada nella Comunit, che non potrebbero poi essere pienamente ristabilite. Ne verrebbero danneggiati innanzi tutto gli anelli pideboli della catena, nel caso concreto le imprese operanti nel settore del trasporto di mercisu strada e in modo particolare le piccole imprese specializzatesi nel trasporto di tipi dimerci specifiche in base alle dimensioni del proprio parco autoveicoli. Pi della met deitrasportatori interessati disporrebbe solamente di uno-tre autocarri, e un ulteriore 31% diquattro-dieci autocarri. Solo circa il 15% delle imprese disporrebbe di oltre dieci veicoli. 13.- Per le imprese specializzatesi nel trasporto di determinate merci e che utilizzano atal fine veicoli speciali (ad esempio trasporto di autovetture nuove o di rifiuti), il divieto settoriale di transito equivarrebbe ad un divieto di transito generale, non potendo esse convertire senzaltro la propria attivit nel trasporto di merci diverse. 14.- Nella maggior parte degli Stati membri, soprattutto in Germania, il settore dei trasporti stradali presenta sovraccapacit che provocherebbero unaspra concorrenza tra leaziende e si tradurrebbero in margini ridotti. In tale mercato, sarebbe concorrenziale solo chifosse in grado di sfruttare costantemente i propri veicoli al massimo. Per i trasportatorisarebbe pertanto di vitale necessit non perdere i contratti in essere, n i rapporti con i clienti. Per le imprese dotate di pochi veicoli, periodi di sosta di un paio di giorni potrebbero gisignificare la rovina economica. 15.- In questa situazione critica, per le imprese di trasporto merci interessate esisterebbero in teoria solo due possibilit per eludere il divieto di transito: scegliere un percorsoalternativo o effettuare il loro trasporto per ferrovia. 16.- Dopo un esame di tali possibilit, la Commissione del parere che per le aziendeinteressate, comunque si comportino per non dover cessare del tutto la propria attivit, conseguirebbero maggiori spese e perdite di tempo. Nellambito della forte concorrenza esistente nel settore dei trasporti di merci su strada, tali maggiori spese non potrebbero tuttaviaessere fatte ricadere direttamente sui committenti o sui clienti, ma dovrebbero essere sostenute, quantomeno a breve termine, dai trasportatori stessi. Solo le grandi aziende sarebberoper in grado di compensare le maggiori spese su una tratta (nel caso concreto lasse delBrennero attraverso lAustria). Le piccole aziende specializzatesi nel trasporto di merci interessate dal divieto di transito non potrebbero sostenere le maggiori spese nemmeno a brevetermine, perdendo i contratti in essere e i propri committenti. In considerazione della gimenzionata specializzazione di gran parte delle piccole imprese, vi sarebbe da temere chemolte di esse non potrebbero ottenere commesse sostitutive a breve termine e dovrebberochiudere il proprio parco autoveicoli. 17.- La Commissione giunta alla conclusione che, alla luce dei margini ridotti delleimprese di trasporto su strada, vi sarebbe da temere che le aziende di piccole e medie dimensioni interessate si troverebbero costrette a cessare la propria attivit. Un simile pregiudiziopeserebbe gravemente sulleconomia europea e sarebbe di natura irreparabile. 18.- Dalle dichiarazioni della Repubblica austriaca nel procedimento precontenzioso e inspecial modo dalla sua risposta al parere motivato della Commissione risulta che essa considera il regolamento controverso compatibile con la normativa comunitaria. Il divieto di transito in questione sarebbe stato adottato in conformit delle disposizioni nazionali e delle direttive della Comunit relative alla tutela della qualit dellaria. Si tratterebbe di un provvedi RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO mento necessario, proporzionato e non discriminatorio. I dubbi della Commissione sarebberoinfondati anche per quanto riguarda le disastrose conseguenze economiche di tale provvedimento, in quanto la ferrovia costituirebbe unalternativa - sul piano sia tecnico sia economico -attuabile per il trasporto delle merci che rientrano nel divieto settoriale di transito. 19.- Ai sensi dellart. 84, n. 2, del regolamento di procedura, il presidente pu accogliere una domanda di provvedimenti provvisori anche prima che laltra parte abbia presentatole sue osservazioni. Tale provvedimento pu essere successivamente modificato o revocatoanche dufficio. 20.- In questa fase del procedimento la Repubblica austriaca non ha ancora avuto mododi pronunciarsi sulla domanda di provvedimenti provvisori presentata dalla Commissione, cosicch ancora impossibile determinare se la Commissione abbia sufficientemente esposto in fatto e in diritto la necessit del provvedimento da essa richiesto. 21.- Gli argomenti della Commissione non appaiono tuttavia, prima facie, del tuttoinfondati e non da escludere che le circostanze addotte dalla Commissione giustifichino lanecessaria urgenza della concessione del provvedimento provvisorio immediato richiesto. 22.- Per contro, non risulta, prima facie, che il ritardo di alcune settimane nellapplicazione del regolamento controverso possa seriamente pregiudicare lobiettivo di cui allart. 1di tale regolamento. 23.- Pertanto appare necessario, in particolare alla luce della prossima entrata in vigore del regolamento controverso, nellinteresse di una buona amministrazione della giustizia, che lo status quo sia mantenuto fino alla decisione sulla domanda di provvedimenti provvisori (v. ugualmente, in questo senso, ordinanza 28 giugno 1990, causa C-195/90 R, Commissione/Germania, Racc. pag. I-2715). 24.- Di conseguenza occorre ordinare, in via cautelare, che la Repubblica austriacasospenda il divieto settoriale di transito ai sensi del regolamento controverso fino alla pronuncia dellordinanza conclusiva del presente procedimento sommario. Per questi motivi, il Presidente della Corte cos provvede: 1) La Repubblica dAustria sospende il divieto settoriale di transito ai sensi del regolamento del Landeshauptmann del Tirolo del 27 maggio 2003, con il quale vengono adottate misure di limitazione del traffico sullautostrada A 12 dellInntal, fino allemanazionedellordinanza conclusiva del presente procedimento sommario. 2) Le spese sono riservate. Lussemburgo, 30 luglio 2003. Corte di Giustizia delle Comunit europee, ordinanza 2 ottobre 2003 nella causa C320/ 03 R - Commissione delle Comunit europee, sostenuta da Repubblica federale di Germania e da Repubblica italiana (avv. dello Stato G. De Bellis) c/ Repubblica dAustria Pres. R. Iglesias - Sospensione dellesecuzione del divietosettoriale di transito contenuto nella Verordnung des Landeshauptmanns von Tirol, mitder auf der A 12 Inntalautobahn verkehrsbeschrnkende Manahmen erlassen werden (sektorales Fahrverbot) [regolamento del governatore regionale del Tirolo recantemisure di limitazione del traffico sullautostrada A 12 della valle dellInn (divieto settoriale di transito)], del 27 maggio 2003 (BGBl. II, 2003/279). 1.- Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 24 luglio 2003la Commissione delle Comunit europee ha proposto, ai sensi dellart. 226 CE, un ricorsodiretto a far dichiarare che la Repubblica dAustria, istituendo il divieto di transito per gli IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni autocarri che trasportano determinate merci per mezzo della Verordnung des Laundeshauptmanns von Tirol, mit der auf der A 12 Inntalautobahn verkehrsbeschrnkende Manahmenerlassen werden (sektorales Fahrverbot) [regolamento del governatore regionale del Tirolorecante misure di limitazione del traffico sullautostrada A 12 della valle dellInn (divieto settoriale di transito)], del 27 maggio 2003 (BGBl. II, 2003/279; in prosieguo: il regolamentocontroverso), venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 1 e 3 delregolamento (CEE) del Consiglio 26 marzo 1992, n. 881, relativo allaccesso al mercato deitrasporti di merci su strada nella Comunit effettuati in partenza dal territorio di uno Statomembro o a destinazione di questo, o in transito sul territorio di uno o pi Stati membri (G.U. L 95, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio1 marzo 2002, n. 484 (G.U. L 76, pag. 1; in prosieguo: il regolamento n. 881/92), degliartt. 1 e 6 del regolamento (CEE) del Consiglio 25 ottobre 1993, n. 3118, che fissa le condizioni per lammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali di merci su strada in unoStato membro (G.U. L 279, pag. 1), come modificato dal regolamento n. 484/2002 (in prosieguo: il regolamento n. 3118/93), nonch degli artt. 28 CE - 30 CE. 2.- Con separato atto, depositato presso la cancelleria della Corte il 25 luglio seguente, la Commissione ha presentato, ai sensi degli artt. 242 CE e 243 CE, una domanda di provvedimenti urgenti intesa ad ottenere che la Corte ingiunga alla Repubblica dAustria di adottare le misure necessarie per sospendere lesecuzione del regolamento controverso finch laCorte non abbia statuito sul ricorso nel merito. 3.- La Commissione ha parimenti chiesto, a termini dellart. 84, n. 2, del regolamentodi procedura, laccoglimento in via cautelare della domanda di provvedimenti urgenti ancorprima che la controparte avesse presentato le proprie osservazioni, sino alla pronuncia del- lordinanza conclusiva del procedimento sommario. 4.- Con ordinanza 30 luglio 2003 veniva ingiunto, a titolo cautelativo, alla RepubblicadAustria di sospendere lesecuzione del divieto di transito contenuto nel regolamento controverso, sino alla pronuncia dellordinanza conclusiva del procedimento sommario. 5.- Con istanze depositate presso la cancelleria della Corte, rispettivamente in data 29luglio e 6 agosto 2003, la Repubblica federale di Germania e la Repubblica italiana hannochiesto di intervenire nel presente procedimento sommario a sostegno della Commissione. 6.- Ai sensi degli artt. 40, primo e quarto comma, dello Statuto della Corte di giustizia, nonch 93, nn. 1 e 2, del regolamento di procedura, tali domande di intervento nel procedimento sommario devono essere accolte. 7.- La Repubblica dAustria ha presentato osservazioni scritte in merito alla domandadi provvedimenti urgenti con telefax del 18 agosto 2003. Con telefax di pari data, laRepubblica federale di Germania e la Repubblica italiana hanno presentato le rispettivememorie di intervento. 8.- Le osservazioni orali delle parti sono state sentite alludienza del 27 agosto 2003. CONTESTO NORMATIVO E DI FATTO La normativa comunitaria relativa al mercato interno dei trasporti su strada 9.- I regolamenti nn. 881/92 e 3118/93, invocati dalla Commissione nel proprio ricorso, costituiscono il contesto normativo del mercato interno dei trasporti su strada e disciplinano la libera prestazione dei servizi in tale settore sul territorio della Comunit. Le direttive comunitarie relative alla tutela della qualit dellaria ambiente 10.- La normativa comunitaria relativa alla tutela della qualit dellaria ambiente costituita, segnatamente, dalla direttiva del Consiglio 27 settembre 1996, 96/62/CE, in mate RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO ria di valutazione e di gestione della qualit dellaria ambiente (G.U. L 296, pag. 55), nonch dalla direttiva del Consiglio 22 aprile 1999, 1999/30/CE, concernente i valori limite diqualit dellaria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, leparticelle e il piombo (G.U. L 163, pag. 41), come modificata dalla decisione dellaCommissione 17 ottobre 2001, 2001/744/CE (G.U. L 278, pag. 35; in prosieguo: la direttiva 1999/30). 11.- Lobiettivo generale della direttiva 96/62 consiste, a termini dellart. 1, nella definizione dei principi di base di una strategia comune volta a: definire e stabilire obiettivi di qualit dellaria ambiente nella Comunit europea alfine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi sulla salute umana e sullambiente nelsuo complesso; valutare la qualit dellaria ambiente negli Stati membri in base a metodi e criteri comuni; disporre di informazioni adeguate sulla qualit dellaria ambiente e far s che sianorese pubbliche, tra laltro mediante soglie dallarme; mantenere la qualit dellaria ambiente, laddove buona, e migliorarla negli altri casi. 12.- Lart. 7 della direttiva 96/62 cos recita: Miglioramento della qualit dellaria ambiente Requisiti generali 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare il rispetto dei valori limite. 2. Qualunque misura presa per raggiungere gli scopi della presente direttiva deve: a) prendere in considerazione una strategia integrata a difesa dellaria, dellacqua e delsuolo; b) non contravvenire alla legislazione comunitaria in materia di salvaguardia della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro; c) non avere effetti nocivi e significanti sullambiente degli altri Stati membri. 3. Gli Stati membri predispongono piani dazione che indicano le misure da adottare abreve termine in casi di rischio di un superamento dei valori limite e/o delle soglie dallarme, al fine di ridurre il rischio e limitarne la durata. Tali piani possono prevedere, a seconda dei casi, misure di controllo e, ove necessario, di sospensione delle attivit, ivi compreso il traffico automobilistico, che contribuiscono al superamento dei valori limite. 13.- Lart. 8, n. 3, della direttiva 96/62 prevede peraltro: Nelle zone e negli agglomerati di cui al paragrafo 1, gli Stati membri adottano misure atte a garantire lelaborazione o lattuazione di un piano o di un programma che consenta di raggiungere il valore limite entro il periodo di tempo stabilito. Tale piano o programma, da rendere pubblico, deve riportare almeno le informazioni di cui allallegato IV. 14.- Valori limite per il biossido di azoto sono fissati nella direttiva 1999/30. 15.- A termini dellart. 4 della direttiva 1999/30: Biossido di azoto e ossidi di azoto 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le concentrazioni dibiossido di azoto e, ove possibile, degli ossidi di azoto nellaria, valutate a norma dellarticolo 7, non superino i valori limite indicati nella sezione I dellallegato II, a decorrere dalledate ivi indicate. I margini di tolleranza indicati nella sezione I dellallegato II si applicano a norma del- larticolo 8 della direttiva 96/62/CE. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni 2. La soglia di allarme per le concentrazioni di biossido di azoto nellaria ambiente indicata nella sezione II dellallegato II. 16.- Dallallegato II della direttiva 1999/30 risulta che, per quanto attiene al biossidodi azoto, il valore limite annuo, compreso il margine di tolleranza previsto, fissato per il2002 in 56 .g/m3. 17.- Ai sensi del quarto considerando della direttiva 1999/30, i valori limite fissati nelladirettiva medesima costituiscono requisiti minimi e, a norma dellart. 130 T del Trattato CE(divenuto art. 176 CE), gli Stati membri possono mantenere ovvero introdurre provvedimenti di protezione ancora maggiore, stabilendo valori limite pi rigorosi. La normativa nazionale e i fatti allorigine della controversia 18.- Le direttive 96/62 e 1999/30 sono state trasposte nellordinamento austriaco permezzo di modificazioni all Immissionsschutzgesetz-Luft (legge austriaca in materia di protezione contro linquinamento dellaria, BGBl. I, 1997/115). 19.- A seguito di un primo superamento del valore limite per il biossido di azoto nel1999, il 1 ottobre 2002 entrava in vigore un divieto di circolazione notturna per gli automezzi pesanti su un troncone dellautostrada A 12 nella valle dellInn (Austria). 20.- Il valore limite annuo fissato per il 2002 in 55 .g/m3 dall Immissionsschutzgesetz- Luft risultava superato su tale troncone autostradale, alla stazione di rilevamento di Vomp, ove la media annuale registrata ammontava a 61 .g/m3. 21.- Il divieto di circolazione notturna, originariamente previsto per una durata limitata, veniva quindi prorogato e successivamente sostituito, a decorrere dal 1 giugno 2003, daun divieto permanente di transito notturno per gli automezzi pesanti di peso superiore a 7,5tonnellate adibiti al trasporto di merci, divieto valido tutto lanno. 22.- Il 27 maggio 2003 il Landeshauptmann von Tirol emanava, sulla base dellImmissionsschutzgesetz-Luft, il regolamento controverso, con cui vietava a tempo indeterminato, a decorrere dal 1 agosto 2003, il transito su un troncone di circa 46 km dellautostrada A 12 nella valle dellInn ad una determinata categoria di automezzi pesanti adibiti altrasporto di talune merci. 23.- Il regolamento controverso inteso, a termini dellart. 1, a ridurre le emissioni prodotte dagli interventi delluomo, migliorando in tal modo la qualit dellaria al fine di tutelare durevolmente la salute umana nonch il patrimonio faunistico e floristico. 24.- Nellart. 2 del regolamento controverso viene individuata una zona di risanamento consistente in un troncone di circa 46 km dellautostrada A 12 della valle dellInn tra i comuni di Kundl e Ampass (Austria). Ai sensi del successivo art. 3, vietato il transito agli autocarri o autoarticolati di peso complessivo autorizzato superiore a 7,5 tonnellate e agli autocarri con rimorchio ove la somma dei pesi complessivi massimi autorizzatidi entrambi i veicoli risulti superiore a 7,5 tonnellate, per il trasporto delle seguenti merci: tutti i rifiuti inclusi nellelenco di rifiuti europeo [di cui alla decisione della Commissione3 maggio 2000, 2000/532/CE, che sostituisce la decisione 94/3/CE, che istituisce un elenco di rifiuti conformemente allart. 1, lett. a), della direttiva del Consiglio 75/442/CEErelativa ai rifiuti e la decisione del Consiglio 94/904/CE che istituisce un elenco di rifiutipericolosi ai sensi dellart. 1, paragrafo 4, della direttiva del Consiglio 91/689/CEE relativa ai rifiuti pericolosi (G.U. L 226, pag. 3), nel testo di cui alla decisione del Consiglio 23luglio 2001, 2001/573/CE, che modifica la decisione 2000/532 (G.U. L 203, pag. 18)], cereali, legname in tronchi e sughero, minerali ferrosi e non ferrosi, pietrame, terra e materiale di sterro, autoveicoli e rimorchi, nonch acciaio da costruzione. Nessun intervento da RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO parte di alcuna autorit necessario ai fini dellesecuzione del detto divieto, possedendoquesti efficacia diretta. 25.- Il successivo art. 4 esclude dal divieto gli autocarri il cui transito, diretto ad attivit di carico o scarico per fini commerciali, abbia il luogo di partenza o di destinazione deltrasporto nel territorio del comune di Innsbruck o dei distretti di Kufstein, di Schwaz o diInnsbruck-Land (Austria). Ulteriori deroghe sono peraltro previste dallo stessoImmissionsschutzgesetz-Luft. La detta legge esenta direttamente dal divieto di transito diverse categorie di veicoli, tra cui i mezzi per la manutenzione stradale, i mezzi adibiti alla raccolta di rifiuti e i veicoli per uso agricolo e forestale. Per altri tipi di veicoli pu essererichiesta unautorizzazione caso per caso, a condizione che sussistano un interesse pubblico o un rilevante interesse personale. FASE PRECONTENZIOSA DEL PROCEDIMENTO 26.- In esito ad un primo scambio di lettere con la Repubblica dAustria, laCommissione inviava al detto Stato membro, in data 25 giugno 2003, una lettera di diffidainvitandolo a rispondere entro il termine di una settimana. La Repubblica dAustria rispondeva con lettera 3 luglio 2003. 27.- Con lettera 9 luglio 2003 la Commissione notificava alla Repubblica dAustria unparere motivato ai sensi dellart. 226 CE, cui il detto Stato membro rispondeva con letteradel 18 luglio seguente. REQUISITI RELATIVI ALLA CONCESSIONE DI PROVVEDIMENTI URGENTI 28.- Conformemente allart. 243 CE la Corte pu ordinare, nei giudizi dinanzi ad essaproposti, i provvedimenti provvisori necessari. 29.- Lart. 83, n. 2, del regolamento di procedura esige che le domande relative a taliprovvedimenti precisino loggetto della causa, i motivi di urgenza, nonch gli argomenti difatto e di diritto che giustifichino prima facie ladozione del provvedimento provvisoriorichiesto. 30.- Secondo costante giurisprudenza, i provvedimenti provvisori possono essereaccordati dal giudice del provvedimento sommario se comprovato che la loro concessione giustificata prima facie da argomenti di fatto e di diritto (fumus boni iuris) e che glistessi sono urgenti in quanto occorre, per evitare un danno grave ed irreparabile agli interessi del ricorrente, che essi siano emanati e producano i loro effetti gi prima della decisionedella causa principale. Il giudice dellurgenza procede parimenti, alloccorrenza, alla ponderazione degli interessi in gioco [v. ordinanza 14 febbraio 2002, causa C-440/01 P(R), Commissione/Artegodan, Racc. pag. I-1489, punti 58 e 59]. SUL FUMUS BONI IURIS Argomenti delle parti 31.- Secondo la Commissione, il divieto di transito ostacolerebbe manifestamente lalibera prestazione dei servizi nel settore del trasporto delle merci, garantito dal Trattato esancito dal diritto derivato nei regolamenti nn. 881/92 e 3118/93, nonch la libera circolazione delle merci ai sensi dellart. 28 CE. 32.- Il provvedimento di cui trattasi inciderebbe di fatto, se non esclusivamente quanto meno in maniera preponderante, sul transito internazionale delle merci, operando quindiuna discriminazione, quanto meno indiretta, che sarebbe incompatibile con i regolamenti nn. 881/92 e 3118/93, nonch con gli artt. 28 CE e seguenti. Una siffatta misura, essendo discri IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni minatoria, non potrebbe essere giustificata da considerazioni relative alla tutela dellambiente e sarebbe, in ogni caso, sproporzionata. 33.- Allineandosi a tali motivi la Repubblica federale di Germania aggiunge che ilregolamento controverso non potrebbe trovare giustificazione nelle direttive 96/62 e1999/30 e che esso costituirebbe violazione del principio di leale cooperazione sancito dal- lart. 10 CE nonch del principio di proporzionalit. 34.- La Repubblica dAustria non potrebbe avvalersi dellart. 7 della direttiva 96/62, atteso che tale disposizione imporrebbe la predisposizione di un piano di azione, consentirebbe unicamente ladozione di provvedimenti provvisori e prevedrebbe che le misure adottate non possano avere effetti nocivi e significativi sullambiente degli altri Stati membri, requisiti nessuno dei quali ricorrerebbe nella specie. 35.- Il regolamento controverso non sarebbe nemmeno conforme allart. 8 della direttiva 96/62. 36.- La Repubblica federale di Germania ritiene parimenti che il superamento del valore limite di biossido di azoto, sul quale si fonda il regolamento controverso, non sia statoaccertato nel rispetto dei requisiti risultanti dagli allegati V e VI della direttiva 1999/30. 37.- Ai sensi dellart. 10 CE, la Repubblica dAustria avrebbe dovuto provvedere aconcertarsi in tempo utile prima di emanare un provvedimento cos radicale quale il divietodi transito settoriale di cui trattasi. 38.- Inoltre, il provvedimento imposto con il regolamento controverso sarebbe sproporzionato, in quanto nulla giustificherebbe il riferimento al trasporto di merci su autocarri o atalune merci specifiche. 39.- Alludienza la Repubblica italiana ha posto laccento, dal canto suo, sulla necessit che provvedimenti di tal genere vengano adottati esclusivamente a livello comunitario. 40.- La Repubblica dAustria ritiene, invece, il regolamento controverso conforme aldiritto comunitario. 41.- Il divieto di transito sarebbe stato disposto nel rispetto della normativa interna nonch delle disposizioni delle direttive comunitarie relative alla protezione della qualit dellaria ambiente, in particolare degli artt. 7 e 8 della direttiva 96/62. 42.- Il regolamento controverso non costituirebbe nemmeno violazione dei regolamenti nn. 881/92 e 3118/93. Infatti, tali regolamenti non concederebbero al titolare di una licenza comunitaria un diritto incondizionato e non lo libererebbero dallobbligo di rispettare lecondizioni generali di trasporto. 43.- Il divieto di transito di cui trattasi costituirebbe peraltro un provvedimento necessario, non discriminatorio e proporzionato. 44.- La necessit del provvedimento risulterebbe comprovata dalla semplice constatazione del superamento dei valori limite fissati, tanto nella normativa austriaca quanto nelladirettiva 1999/30, per il biossido di azoto per lanno 2002. 45.- Quanto allassenza di discriminazione, la Repubblica dAustria deduce che ildivieto di transito riguarderebbe parimenti il traffico interno. Le deroghe previste sarebberolimitate, giustificate da ragioni imperative di interesse pubblico ed opererebbero parimentia favore dei trasportatori stranieri. 46.- In ogni caso, il divieto di transito, anche ove fosse ritenuto indirettamente discriminatorio, potrebbe essere giustificato da motivi attinenti alla tutela della salute umana edellambiente. 47.- Le preoccupazioni della Commissione quanto agli effetti catastrofici di tale provvedimento sarebbero destituiti di fondamento, atteso che la ferrovia costituirebbe una vali RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO da soluzione alternativa tanto sul piano tecnico quanto su quello economico per assicurareil trasporto delle merci oggetto del divieto di transito. Giudizio 48.- A termini dellart. 83, n. 2, del regolamento di procedura, la domanda di provvedimenti provvisori deve specificare, in particolare, gli argomenti di fatto e di diritto che giustifichino prima facie ladozione del provvedimento provvisorio richiesto. 49.- A tale riguardo, da un primo esame degli elementi dedotti dalle parti emerge che ilregolamento controverso introduce restrizioni alle libert di circolazione previste dalTrattato e dal diritto derivato, senza che occorra determinare con precisione in tale fase ledisposizioni comunitarie interessate. 50.- Infatti, il regolamento controverso istituisce un divieto totale di transito nei confronti di unampia categoria di trasportatori su unarteria di transito che si inserisce in unadelle principali vie di comunicazione terrestri per gli scambi tra lEuropa settentrionale e ilsettentrione dellItalia. 51.- Leventuale carattere indirettamente discriminatorio di tale ostacolo non pu essere escluso prima facie. 52.- pur vero che il regolamento controverso si applica nei confronti di tutti i trasportatori, indipendentemente dalla loro nazionalit, e che penalizza quindi parimenti i trasportatori austriaci che effettuino il trasporto delle merci interessate sul troncone autostradale de quo. 53.- Non pu essere tuttavia escluso che il regolamento controverso, in considerazionedel tipo di trasporto cui esso si riferisce nonch della portata delle deroghe ivi previste, focalizzi essenzialmente, di fatto, la restrizione sui trasportatori degli Stati membri diversi dallaRepubblica dAustria, senza che tale squilibrio possa trovare giustificazione. La valutazione di tale questione necessita tuttavia un esame dettagliato dellimpatto del regolamentocontroverso sulle singole categorie di trasportatori, esame che non risulta possibile nella fasedel presente procedimento sommario. Alludienza le varie parti hanno daltronde indicato atal riguardo cifre che appaiono, a prima vista, contraddittorie e la cui pertinenza non ha potuto essere verificata. 54.- Oltre alla questione delleventuale discriminazione, la valutazione della sussistenza di un inadempimento al diritto comunitario da parte della Repubblica dAustria richiedeperaltro un dettagliato esame dellostacolo rappresentato dal divieto di transito. 55.- In tale esame occorre, da un lato, tener conto degli obiettivi di tutela della salutee/o dellambiente invocati dalla Repubblica dAustria e, in particolare, verificando in qualemisura il regolamento controverso si inserisce nel tessuto normativo comunitario in materiadi qualit dellaria ambiente nonch, dallaltro, valutare la proporzionalit dellostacolocreato rispetto a tali obiettivi. 56.- A tale riguardo appare prima facie che, come sostenuto dalla Repubblica dAustria, il regolamento controverso si integra nel contesto normativo nazionale istituito al fine di adempiere gli obblighi derivanti dalle direttive comunitarie in materia di qualit dellaria ambiente. 57.- Inoltre, leffettivit del superamento del valore limite per le emissioni di biossidodi azoto nel 2002, circostanza che si afferma essere allorigine dellemanazione del regolamento controverso, non stata contestata dalle varie parti in causa. 58.- Senza che sia necessario, nella fase attuale, accertare se il regolamento controverso possa fondarsi su considerazioni relative alla tutela dellambiente e/o della salute, evidente che le esigenze connesse a considerazioni di tal genere devono prevalere, in linea diprincipio, rispetto a considerazioni di carattere economico. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni 59.- Laccento posto dalla Commissione, nellambito della propria domanda di provvedimenti urgenti sugli aspetti puramente economici della fattispecie, non pu essere quindisemplicemente condiviso. 60.- Ci premesso, il divieto di transito istituito con il regolamento controverso solleva nondimeno seri interrogativi quanto alla sua compatibilit con il diritto comunitario. 61.- Anzitutto, come rilevato dalla Repubblica italiana, il regolamento controverso stato emanato solamente qualche mese dopo lentrata in vigore del divieto di transito notturno, vale a dire prima che gli effetti di questultimo provvedimento sulla concentrazionedi biossido di azoto potessero essere compiutamente valutati. Infatti, considerato che ildivieto di transito notturno entrato in vigore solamente il 1 ottobre 2002, la media annuale di biossido di azoto per lanno 2002 non consentiva di valutarne limpatto effettivo. 62.- Inoltre, la brevit del termine intercorrente tra lemanazione e lentrata in vigoredel regolamento controverso pu considerevolmente aggravare gli effetti negativi del medesimo sullattivit e sullorganizzazione degli autotrasportatori interessati. Un periodo di duemesi appare infatti molto ridotto in considerazione degli adeguamenti strutturali, in terminidi modalit di trasporto o di percorsi, resi necessari dal divieto di transito. In particolare, ancorch la Repubblica dAustria abbia potuto dedurre taluni elementi comprovanti la fattibilit di un aumento dellofferta di trasporto ferroviario sul percorso interessato, da tutte leinformazioni comunicate dalle parti emerge che tale adeguamento realizzabile solamentea medio termine e in modo progressivo. 63. Infine, come sostenuto dalla Commissione e dalle parti intervenienti, provvedimenti che incidono direttamente sul trasporto delle merci tra gli Stati membri sembrano richiedere un determinato grado di previa concertazione a livello comunitario, il che sembra essere completamente mancato nella specie. 64.- La valutazione definitiva di tutti questi argomenti, il che implica la delicata questione dellindividuazione di un equilibrio tra le esigenze del mercato interno, da un lato, ela tutela della salute e/o dellambiente, dallaltro, esige un esame pi approfondito che nonpu essere effettuato nellambito del presente procedimento sommario. 65.- Ci premesso, e senza che occorra pronunciarsi ulteriormente, in tale fase, sui varimotivi dedotti nellambito della causa principale, si deve rilevare che la fondatezza delricorso principale non pu essere senzaltro esclusa, ancorch gli argomenti dedotti dallaRepubblica dAustria a propria difesa non possano essere negati. 66.- Occorre quindi proseguire lesame della domanda di provvedimenti provvisoriverificando se i provvedimenti richiesti siano urgenti nel senso che, al fine di evitare un pregiudizio grave e irreparabile agli interessi fatti valere dalla Commissione, necessario chetali provvedimenti vengano disposti e producano i loro effetti prima della decisione nelmerito e, in caso affermativo, procedere alla ponderazione degli interessi in gioco. IN ORDINE ALLURGENZA E ALLA PONDERAZIONE DEGLI INTERESSI Argomenti delle parti 67.- Quanto allurgenza, la Commissione, sostenuta dalle parti intervenienti, sostieneche il regolamento controverso, destinato ad entrare in vigore il 1 agosto 2003, produrrebbe effetti diretti e rilevanti sullattivit delle imprese di trasporto operanti sul mercato interessato e, in termini pi generali, sul buon funzionamento del mercato interno. 68.- Secondo la Commissione, la controversia presenta valore di principio con riguardo allordine pubblico, in quanto altri Lnder austriaci oltre al Tirolo, caratterizzati da unrilevante transito di veicoli, avrebbero gi affermato di voler seguire lesempio del regola RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO mento controverso prendendo in considerazione lemanazione di disposizioni analoghe. Non sarebbe inoltre escluso che altri Stati membri oltre alla Repubblica dAustria possanoprevedere provvedimenti di tal genere. 69.- Il divieto di transito inciderebbe inoltre, nella specie, direttamente sulla catenalogistica degli operatori economici che trattano le merci interessate. Tale divieto, dispostounilateralmente e senza preavviso, modificherebbe improvvisamente ed essenzialmente lecondizioni attuali del mercato comunitario del trasporto delle merci, condizioni che nonpotrebbero essere pi pienamente ripristinate in seguito. Ne soffrirebbero anzitutto le magliepi deboli della catena di produzione, vale a dire le imprese di autotrasporto e, in particolare, quelle piccole imprese che, in considerazione delle dimensioni del loro parco di autoveicoli, si sono specializzate nel trasporto di un solo tipo di merci. Oltre la met delle impresedi trasporto interessate disporrebbe solamente di un numero di autocarri compreso tra uno etre ed il 31% di un numero compreso tra quattro e dieci. 70.- Per le imprese che si sono specializzate nel trasporto di determinate merci (adesempio, il trasporto di vetture nuove o di rifiuti) ed utilizzano a tal fine veicoli speciali, ildivieto settoriale di transito equivarrebbe ad un divieto generale, in quanto non potrebberoriconvertire agevolmente a breve termine la loro attivit nel trasporto di altre merci. 71.- Nella maggior parte degli Stati membri, in particolare in Germania, il settore del- lautotrasporto presenterebbe sovraccapacit che spiegherebbero la vivace concorrenza trale imprese e i ridotti margini di utile. Sarebbero concorrenziali solamente le imprese cheriescano a mantenere lutilizzazione delle proprie capacit ad un livello elevato. Sarebbequindi vitale per le imprese di trasporto non perdere n ordinativi in corso n clienti esistenti. Unattesa di qualche giorno potrebbe gi significare la rovina economica per le impreseche dispongano di un numero ridotto di veicoli. 72.- Secondo la Repubblica federale di Germania, il divieto di transito di cui trattasi interesserebbe, su base annuale, circa 53 700 viaggi tra la Germania e lItalia. Ne deriverebberoquindi gravi conseguenze per le imprese interessate, come risulterebbe dalle dichiarazioni ditalune di esse. Tali conseguenze sarebbero ancor pi rilevanti in quanto si ripercuoterebberoparimenti sullorganizzazione dei percorsi effettuati dagli autocarri al fine di effettuare tragitti avuoto. 73.- A parere della Commissione e delle parti intervenienti, non sussisterebbe peraltroalcuna sufficiente soluzione alternativa. 74.- Le imprese di trasporto interessate avrebbero infatti soltanto due possibilit diovviare al divieto di transito, vale a dire scegliere un itinerario alternativo o ricorrere al trasporto ferroviario. 75.- Orbene, gli itinerari alternativi implicherebbero un considerevole aumento dellalunghezza e della durata dei tragitti con rilevante aggravio dei costi, nonch un superioreconsumo di carburanti ed un aggravamento dellinquinamento. 76.- Quanto allo spostamento del trasporto su ferrovia, lunica soluzione possibile perle societ di autotrasporto sarebbe costituita dalla cosiddetta chausse roulante (Rollende Strasse, strada su ferrovia). Infatti, il trasporto su vagoni ferroviari non farebbe parte della loro sfera di attivit e il trasporto combinato non accompagnato sarebbe escluso per la maggior parte delle piccole e medie imprese che non dispongono dei mezzi perrecuperare i container o i semirimorchi nel luogo di destinazione. Orbene, lofferta attualedi treni di chausse roulante sarebbe insufficiente, il che implicherebbe onerose perditedi tempo. La Repubblica federale di Germania insiste in particolare sul fatto che un sufficiente aumento dellofferta di trasporto ferroviario potrebbe essere realizzata solamente a IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni medio termine. Essa rileva parimenti che la chausse roulante difetterebbe spesso dellanecessaria flessibilit, in considerazione dellesistenza, in linea di principio, di un terminedi prenotazione pari a 48 ore, e che tale forma di trasporto non sarebbe economicamenteinteressante per i trasporti regionali su brevi distanze. Oltre a tali aspetti, la Repubblica italiana pone laccento sul costo nettamente pi elevato del trasporto ferroviario. 77.- Le imprese interessate si troverebbero quindi confrontate, indipendentemente dallaloro condotta, con costi supplementari e con perdite di tempo al fine di non essere costrette acessare completamente lattivit. Tenuto conto dello scarso valore delle merci oggetto del divieto di transito e dellaccesa concorrenza nel settore del trasporto su strada delle merci, tali costisupplementari non potrebbero essere direttamente traslati sui committenti o sui clienti, bensdovrebbero essere sopportati dai trasportatori, quanto meno in un primo tempo. Tuttavia, solamente le grandi imprese sarebbero in grado di compensare costi supplementari su un percorsodeterminato, nella specie la rotta del Brennero attraverso lAustria. Le piccole imprese che sisono specializzate nel trasporto delle merci oggetto del divieto di transito non potrebbero farfronte immediatamente a tali costi supplementari e perderebbero in tal modo gli ordinativi ricevuti nonch i relativi committenti. In considerazione della specializzazione della maggior partedi tali imprese, sarebbe legittimo il timore che molte di esse non possano ottenere ordinativisostitutivi nel breve termine e siano quindi costrette a lasciare i propri veicoli fermi. 78.- In conclusione, tenuto conto dei ridotti margini di utile per le imprese di trasportosu strada, le piccole e medie imprese interessate potrebbero trovarsi costrette a cessare laloro attivit. Tale pregiudizio inciderebbe pesantemente sulleconomia europea e non sarebbe riparabile. 79.- Secondo i dati forniti dalla Repubblica federale di Germania, la perdita annuale intermini di fatturato per le imprese interessate si attesterebbe intorno a EUR 54 milioni, senzaconsiderare il trasferimento delle sedi delle imprese, il che comporterebbe la perdita di centinaia di posti di lavoro ed il fallimento di decine di imprese. 80.- La Commissione e la Repubblica italiana fanno inoltre presente che il divieto ditransito inciderebbe non solamente sul settore dei trasporti, bens parimenti su quello del- lindustria produttiva, in particolare sullindustria del legno e sulle cave di pietra nellItaliasettentrionale. A parere della Repubblica federale di Germania, le regolari relazioni economiche tra i vettori risulterebbero compromesse ed il divieto di transito potrebbe determinare, in ultima analisi, una cessazione degli scambi tra lItalia e la Germania per talune mercioggetto del divieto de quo. 81.- La ponderazione degli interessi deporrebbe a favore dellaccoglimento delladomanda, atteso che sarebbero ipotizzabili provvedimenti meno restrittivi, quali un divietodi transito per gli autocarri pi inquinanti. 82.- Per quanto attiene agli interessi connessi alla tutela dellambiente fatti valere dallaRepubblica dAustria, la Commissione sostiene che, contrariamente alle ripercussioni economiche tangibili derivanti dal divieto di transito, il pregiudizio potenziale che la non applicazione del divieto di transito implicherebbe per lambiente nella valle dellInn non sarebbe quantificabile. La Repubblica federale di Germania osserva, dal canto suo, che il regolamento controverso, lungi dal risolvere il problema delle emissioni di biossido di azoto, nonfarebbe altro che spostarlo verso altre zone dellAustria o verso altri Stati membri nonchverso la Svizzera. La Repubblica italiana sostiene, peraltro, che, per poter valutare lampiezza dei problemi ambientali sollevati, occorrerebbe procedere preliminarmente ad una valutazione degli effetti benefici derivanti dal divieto di circolazione notturna istituito nellottobre 2002, il che sarebbe possibile solamente alla fine del 2003. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 83.- Nelle proprie osservazioni la Repubblica dAustria contesta largomento relativo allagravit e allirreparabilit del danno in caso di applicazione del regolamento controverso. 84.- La Repubblica dAustria contesta anzitutto formalmente che altri Lnder austriaci oltre al Tirolo prevedrebbero di seguire lesempio di tale regolamento. Per quanto constaalla Repubblica dAustria, nessun altro Stato membro intenderebbe nemmeno operare in talsenso, ragion per cui leffetto di contagio invocato dalla Commissione sarebbe inesistente. 85.- Inoltre, tenuto conto del lasso di tempo tra la data di emanazione del regolamentocontroverso, nel maggio del 2003, e quella della sua data in vigore, vale a dire il 1 agosto2003, gli interessati avrebbero disposto di un periodo transitorio sufficientemente ampio. 86.- La Repubblica dAustria deduce inoltre che gli svantaggi derivanti ai trasportatori da un divieto di transito farebbero parte dei rischi inerenti a qualsiasi economia di mercato e che, per il resto, il trasferimento su ferrovia sarebbe possibile sia sotto il profilo tecnico che sotto quello economico. Quanto agli aspetti tecnici, la Repubblica dAustria contestaalla Commissione di non aver tenuto conto delle possibilit di riconvertire il trasportomediante il sistema dei container o mediante il trasporto combinato non accompagnato. Quanto al resto, le capacit del sistema ferroviario sarebbero gi ora sufficienti laddove, incaso di impossibilit tecnica, sarebbe possibile il ricorso a deroghe caso per caso, come previsto nella normativa austriaca. Sotto il profilo economico, il costo e la durata del trasportoferroviario sarebbero analoghi a quello del trasporto su strada. 87.- Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, gli autotrasportatoripotrebbero utilizzare parimenti altri percorsi diversi da quello passante sul troncone autostradale di cui trattasi. A tale riguardo la Repubblica dAustria sottolinea il fatto che, attualmente, una percentuale importante del flusso di autocarri in transito su tale troncone sarebbe conseguenza della scelta degli autotrasportatori interessati di non seguire il percorso picorto, vale a dire attraverso la Svizzera. 88.- La Repubblica dAustria sostiene inoltre che lincidenza del divieto di transitosarebbe relativamente limitata per le imprese di trasporto su strada. Tenuto conto delle rilevanti capacit finanziarie di cui esse dovrebbero disporre per effetto della normativa comunitaria, il rischio di cessazione dellattivit sarebbe ridotto. La Commissione non avrebbeparimenti dedotto elementi convincenti atti a comprovare lesistenza di un danno reale perle industrie di produzione, in particolare per lindustria italiana del legno. 89.- Infine, nellambito della ponderazione degli interessi, la Repubblica dAustriainsiste sulla rilevanza del danno per la salute e per lambiente, danno che sarebbe comprovato dal superamento dei valori limite previsti dalla direttiva 96/62 nonch da vari studiinternazionali. Tali interessi fondamentali prevarrebbero sugli interessi economici cheriguarderebbero unicamente la tutela del settore dellautotrasporto. Giudizio 90.- Al fine di determinare tanto la necessit di adozione di provvedimenti urgentiquanto la portata dei medesimi, occorre procedere alla ponderazione degli interessi in gioco, ove la minaccia di un pregiudizio grave ed irreparabile - elemento di urgenza addotto - costituisce uno dei termini del raffronto effettuato in tale contesto. 91.- Gli interessi fatti valere dalla Repubblica dAustria sono connessi a considerazioni fondate sulla tutela dellambiente e della salute. 92.- Un pregiudizio per interessi di tal genere presenta, in linea di principio, carattereirreversibile atteso che, nella maggior parte dei casi, aggressioni allambiente ed alla salutenon possono essere eliminate, per loro stessa natura, retroattivamente. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni 93.- Leffettivit di tale pregiudizio appare peraltro comprovata dagli elementi di fattodedotti nellambito del presente procedimento sommario. 94.- Ci premesso, dalla normativa comunitaria relativa alla tutela della qualit dellaria e, in particolare, dal programma comunitario di politica ed azione a favore dellambiente e di uno sviluppo sostenibile (G.U. 1993, C 138, pag. 5) emerge che la politica in materiadi qualit dellaria ambiente prevista a livello comunitario sulla base di obiettivi a lungotermine. 95.- Nella specie, la situazione attuale in materia di inquinamento dellaria ambiente nellazona interessata costituisce la risultante di unevoluzione graduale e, prima facie, non sembrapoter essere risolta in modo soddisfacente se non a medio termine e progressivamente. 96. - Ci premesso, saranno probabilmente necessarie misure strutturali e tutte le partidel presente procedimento sommario sono tenute, in misura diversa, a concorrere alla ricerca delle soluzioni pi adeguate. Le soluzioni che potranno essere individuate rappresenteranno necessariamente un compromesso tra i contrapposti interessi, senza che possa essereescluso a priori che esse siano fonte di taluni inconvenienti tanto per il funzionamento delmercato interno quanto per gli interessi di talune categorie di operatori economici dellaComunit. 97.- Ci premesso, pur riconoscendo che il regolamento controverso pu contribuire almiglioramento a breve termine della situazione in materia di qualit dellaria ambiente nellazona interessata, si deve necessariamente rilevare che un approccio strutturale a medio termine, che indispensabile, non pu essere pregiudicato dalla non applicazione temporaneadel detto regolamento. 98.- In altri termini, non sembra che, ove la Corte dovesse respingere il ricorso proposto dalla Commissione, la non applicazione del regolamento controverso nel breve periodoprecedente la decisione sul merito possa compromettere a pi lungo termine la salvaguardiadella qualit dellaria ambiente nella zona interessata. 99.- Per contro, non possono essere sottovalutati la gravit ed il carattere difficilmenteriparabile dei danni che potrebbero risultare dallimmediata entrata in vigore del divieto ditransito. Infatti, appare che, in considerazione della sua portata e del suo carattere unilaterale, tale divieto incida sensibilmente sul funzionamento e sulla solidit economica e finanziaria di molte imprese comunitarie. 100.- Gli elementi di fatto dedotti, in particolare, dalle parti intervenienti comprovanoleffettivit e la rilevanza delle ripercussioni economiche del divieto di transito per molteimprese di trasporto, in particolare per le imprese di ridotte dimensioni specializzate nel trasporto delle merci oggetto del divieto de quo. 101.- Tale pregiudizio non si esaurirebbe nella somma delle conseguenze pecuniarienegative per le singole imprese. stata dimostrata in termini convincenti la sussistenza diun rischio rilevante che il divieto di transito possa causare la sparizione definitiva di varieimprese nonch una modificazione strutturale e, in una determinata misura, irreversibiledelle condizioni di trasporto e dei flussi degli scambi di merci nella e attraverso la zona interessata. 102.- Ci premesso, il rischio di un danno grave e irreparabile derivante dallimmediata applicazione del regolamento controverso devessere considerato sufficientemente dimostrato. 103.- Alla luce degli elementi di valutazione dedotti dinanzi al giudice del procedimento sommario, appare quindi necessario adottare i provvedimenti provvisori che consentiranno di preservare nella misura del possibile, a breve termine, gli interessi in gioco. Per tale RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO periodo devessere attribuito peso preminente agli interessi minacciati in modo pi immediato e irreversibile, vale a dire agli interessi fatti valere dalla Commissione. 104.- Appare quindi opportuno prorogare per un periodo limitato lingiunzione gidisposta nei confronti della Repubblica dAustria di sospendere lesecuzione del divieto ditransito settoriale oggetto del regolamento controverso. 105.- Tenuto conto, tuttavia, delleffettivit e della rilevanza dei problemi di qualitdellaria ambiente nella zona interessata, le parti sono invitate a procedere ad una concertazione al fine di individuare le misure pi idonee a conciliare, ancorch provvisoriamente, icontrapposti interessi in gioco e a comunicare alla Corte ogni eventuale compromesso. 106.- In difetto, le parti sono invitate a raccogliere tutte le informazioni pertinenti relative, in particolare, allevoluzione della qualit dellaria ambiente nella zona interessata, allincidenza stimata del divieto di transito notturno durante lanno 2003 nonch alle prospettive in materia di sviluppo del trasporto ferroviario o del trasporto su altri percorsi, e apresentare tali informazioni alla Corte, accompagnate dalle osservazioni ritenute utili, entroe non oltre il 6 febbraio 2004. 107.- Sulla base di tali nuove informazioni e osservazioni, il provvedimento dispostocon la presente ordinanza potr essere prorogato, revocato o modificato. 108.- Alla luce dei suesposti elementi, appare giustificato prorogare sino al 30 aprile2004 il provvedimento provvisorio gi disposto con la menzionata ordinanza 30 luglio 2003. Per questi motivi, il Presidente della Corte cos provvede: 1) La Repubblica dAustria sospende lesecuzione del divieto settoriale di transito dicui alla Verordnung des Landeshauptmanns von Tirol, mit der auf der A 12 Inntalautobahnverkehrsbeschrnkende Manahmen erlassen werden (sektorales Fahrverbot) [regolamentodel governatore regionale del Tirolo recante misure di limitazione del traffico sullautostrada A 12 della valle dellInn (divieto settoriale di transito)], del 27 maggio 2003, sino al 30aprile 2004. 2) Le spese sono riservate. Lussemburgo, 2 ottobre 2003. Corte di Giustizia delle Comunit europee, ordinanza 27 aprile 2004 nella causa C320/ 03 R - Commissione delle Comunit europee, sostenuta da Repubblica federale di Germania e da Repubblica italiana (avv. dello Stato G. De Bellis) c/ Repubblica dAustria Pres. V. Skouris - Sospensione dellesecuzione del divietosettoriale di transito contenuto nella Verordnung des Landeshauptmanns von Tirol, mitder auf der A 12 Inntalautobahn verkehrsbeschrnkende Manahmen erlassen werden (sektorales Fahrverbot) [regolamento del governatore regionale del Tirolo recantemisure di limitazione del traffico sullautostrada A 12 della valle dellInn (divieto settoriale di transito)], del 27 maggio 2003 (BGBl. II, 2003/279). 1.- Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 24 luglio 2003la Commissione delle Comunit europee ha proposto, ai sensi dellart. 226 CE, un ricorsodiretto a far dichiarare che la Repubblica dAustria, istituendo il divieto di transito per gliautocarri che trasportano determinate merci contenuto nella Verordnung des Laundeshauptmanns von Tirol, mit der auf der A12 Inntalautobahn verkehrsbeschrnkendeManahmen erlassen werden (sektorales Fahrverbot) [regolamento del governatore regionale del Tirolo recante misure di limitazione del traffico sullautostrada A12 della valle IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni dellInn (divieto settoriale di transito)], del 27 maggio 2003 (BGBl. II, 2003/279; in prosieguo: il regolamento controverso), venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forzadegli artt. 1 e 3 del regolamento (CEE) del Consiglio 26 marzo 1992, n. 881, relativo allaccesso al mercato dei trasporti di merci su strada nella Comunit effettuati in partenza dal territorio di uno Stato membro o a destinazione di questo, o in transito sul territorio di uno opi Stati membri (G.U. L. 95, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) delParlamento europeo e del Consiglio 1 marzo 2002, n. 484 (G.U. L. 76, pag. 1), degli artt. 1e 6 del regolamento (CEE) del Consiglio 25 ottobre 1993, n. 3118, che fissa le condizioniper lammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali di merci su strada in uno Statomembro (G.U. L. 279, pag. 1), come modificato dal regolamento n. 484/2002, nonch degliartt. 28 CE30 CE. FATTI DELLA CONTROVERSIA 2.- Con atto separato, depositato presso la cancelleria della Corte il 25 luglio 2003, laCommissione ha presentato, ai sensi degli artt. 242 CE e 243 CE, una domanda di provvedimenti urgenti intesa ad ottenere che la Corte ingiunga alla Repubblica dAustria di adottare le misure necessarie per sospendere lesecuzione del divieto di transito istituito dalregolamento controverso finch la Corte non abbia statuito sul ricorso principale. 3.- La Commissione ha chiesto anche, ai sensi dellart. 84, n. 2, del regolamento di procedura, laccoglimento in via cautelare della domanda di provvedimenti urgenti, ancorprima che la controparte presenti le proprie osservazioni, sino alla pronuncia dellordinanzaconclusiva del procedimento sommario. 4.- Con ordinanza 30 luglio 2003, causa C-320/03 R, Commissione/Austria (Racc. pag. I-7929), stato ingiunto alla Repubblica dAustria, a titolo cautelativo, di sospendere lesecuzione del divieto di transito contenuto nel regolamento controverso sino alla pronunciadellordinanza conclusiva del procedimento sommario. 5.- Con ordinanza 2 ottobre 2003, causa C-320/03 R, Commissione/Austria (Racc. pag. I-0000), il provvedimento di sospensione dellesecuzione del detto divieto di transito statoprorogato sino al 30 aprile 2004. 6.- Con questa stessa ordinanza 2 ottobre 2003 stato ammesso lintervento nel presente procedimento sommario della Repubblica federale di Germania e della Repubblica italiana a sostegno delle conclusioni della Commissione. 7.- I punti 105-107 dellordinanza 2 ottobre 2003 sono formulati come segue: 105. Tenuto conto, tuttavia, delleffettivit e della rilevanza dei problemi di qualitdellaria ambiente nella zona interessata, le parti sono invitate a procedere ad una concertazione al fine di individuare le misure pi idonee a conciliare, ancorch provvisoriamente, icontrapposti interessi in gioco e a comunicare alla Corte ogni eventuale compromesso. 106. In difetto, le parti sono invitate a raccogliere tutte le informazioni pertinenti relative, in particolare, allevoluzione della qualit dellaria ambiente nella zona interessata, allincidenza stimata del divieto di transito notturno durante lanno 2003 nonch alle prospettive in materia di sviluppo del trasporto ferroviario o del trasporto su altri percorsi, e apresentare tali informazioni alla Corte, accompagnate dalle osservazioni ritenute utili, entroe non oltre il 6 febbraio 2004. 107. Sulla base di tali nuove informazioni e osservazioni, il provvedimento dispostocon la presente ordinanza potr essere prorogato, revocato o modificato. 8.- Il 4 febbraio 2004 la Repubblica dAustria, daccordo con le altre parti del presente procedimento, ha chiesto che il termine assegnato per presentare alla Corte tali osserva RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO zioni pertinenti fosse prorogato sino al 1 marzo 2004. A sostegno di tale domanda essa rilevava che una proroga del detto termine era auspicabile viste le concrete possibilit di giungere ad una conciliazione degli interessi in gioco. Con decisione del presidente della Corte5 febbraio 2004 tale domanda stata accolta. 9.- Tuttavia, poich una siffatta concertazione non aveva portato ad un accordo entro ilnuovo termine alluopo fissato, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica dAustriae la Commissione, rispettivamente il 25 febbraio e il 1 marzo 2004, hanno sottoposto leloro osservazioni alla Corte. SULLA PROROGA DEL PROVVEDIMENTO DI SOSPENSIONE DELLESECUZIONE DEL REGOLAMENTO CONTROVERSO Osservazioni delle parti 10.- La Commissione rileva che tra le parti si sono tenute due riunioni, la prima il 14gennaio 2004 e la seconda il 17 febbraio successivo, durante le quali sono state esaminatediverse misure alternative al divieto settoriale di transito stabilito dal regolamento controverso ed aventi lo stesso obiettivo di questultimo, senza tuttavia presentare carattere discriminatorio n costituire un ostacolo altrettanto grave alla libera prestazione dei servizi di trasporto e alla libera circolazione delle merci. 11.- Essa rileva che alcune stime scientifiche effettuate dalla koscience AG, con sedein Coire (Svizzera), rappresentata dal sig. J. Thudium, esperto in igiene dellaria, che accompagnava la delegazione austriaca, hanno evidenziato che il divieto settoriale di transitopotrebbe comportare una riduzione degli agenti inquinanti che, per gli ossidi di azoto, oscillerebbe tra il 5% ed il 6% delle emissioni attuali, stime che la stessa non pone in dubbio. 12.- Con riferimento agli effetti di riduzione degli agenti inquinanti determinati damisure alternative al divieto settoriale di transito previsto dal regolamento controverso, daqueste stesse stime risulterebbe che un divieto di transito per gli automezzi pesanti delleclassi EURO 0 e 1 darebbe luogo ad una riduzione del 2% degli ossidi dazoto, un divietodi transito per gli automezzi pesanti della classe EURO 2 comporterebbe una riduzione dal6 al 7% e una limitazione della velocit degli autoveicoli sul tratto interessato dal divieto ditransito, tramite linstallazione di un dispositivo di gestione del traffico, porterebbe ad unariduzione dei detti ossidi dazoto che, in condizioni ideali, sarebbe dell11%. I dati relativiagli effetti di un prolungamento dalle attuali 7 alle 12 ore al giorno del divieto di transitonotturno per gli automezzi pesanti non sarebbero ancora disponibili. 13.- Ne conseguirebbe che due almeno delle misure sopra citate avrebbero, prese separatamente, una maggiore efficacia del divieto settoriale di transito decretato dal regolamento controverso. Dato che tali misure alternative sono conformi al diritto comunitario, laCommissione ritiene che esse avvalorino la propria tesi secondo la quale tale divieto settoriale di transito sproporzionato. 14.- Il governo austriaco sottolinea che misure che introducono un divieto di transito pergli automezzi pesanti hanno unefficacia molto decrescente. Infatti, un divieto di transito per gliautomezzi pesanti delle classi EURO 0, 1 e 2 sullautostrada della valle dellInn (autostrada A12) comporterebbe una riduzione degli ossidi di azoto dell8,5% per il 2003 e del 6% per il 2004, e tale riduzione non supererebbe il 3,5% nel 2005. Nel corso di questultimo anno, al pi tardi, il divieto di transito dovrebbe essere rafforzato, estendendolo agli automezzi pesanti appartenenti alla classe EURO 3, per continuare a garantire un apprezzabile effetto di riduzione, anche seun simile divieto sarebbe difficilmente giustificabile sul piano della certezza del diritto. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni 15.- Riguardo ad una limitazione di velocit per gli autoveicoli circolanti sul tratto interessato dal divieto settoriale di transito decretato dal regolamento controverso, tale governorileva, basandosi su studi scientifici, che limitazioni di velocit rigide, applicabili giorno enotte su lunghe distanze, a prescindere dallo stato del traffico, sono relativamente pocorispettate. Un dispositivo di gestione del traffico in funzione delle emissioni inquinanti consentirebbe di prevedere una maggiore osservanza dei limiti di velocit, ma per la sua realizzazione occorrerebbe un certo periodo di tempo, cosicch, anche se i lavori di costruzionedi un siffatto dispositivo potessero iniziare come previsto durante la prima met del 2004, questo sistema non sarebbe probabilmente operativo prima del 2005. 16.- Il governo austriaco ne conclude che per il rispetto degli obiettivi in materia diqualit dellaria sia necessario istituire, oltre a un divieto di transito notturno, il divieto settoriale di transito previsto dal regolamento controverso. Le misure alternative proposte dallaCommissione non sarebbero attualmente realizzabili o non avrebbero la stessa efficacia risultante dallapplicazione del detto divieto. 17.- Il governo tedesco ricorda che, con il regolamento (CE) del Parlamento europeo edel Consiglio 22 dicembre 2003, n. 2327, che istituisce per il 2004 un sistema provvisoriodi punti per gli automezzi pesanti che transitano attraverso lAustria nellambito di una politica dei trasporti sostenibile (G.U. L 345, pag. 30), la Comunit ha introdotto una nuovadisciplina del sistema di ecopunti a decorrere dal 1 gennaio 2004, la quale prevede condizioni pi restrittive per i percorsi in transito attraverso lAustria. Secondo lo stesso governo, questultimo Stato membro non applica tale regolamento e non esaurisce quindi le misure di cui dispone per migliorare la protezione della popolazione e dellambiente. 18.- Il detto governo sottolinea le ripercussioni economiche negative e il danno spessoirreparabile che il divieto settoriale di transito previsto dal regolamento controverso causer a numerose imprese di trasporto. Esso ritiene che la soluzione raccomandata dallaRepubblica dAustria, che consiste nel trasferire su ferrovia i trasporti soggetti a tale divieto, vada incontro ad ostacoli molto maggiori di quanto tale Stato membro ammetta, a causain particolare di una carente potenzialit del trasporto ferroviario e di difficolt nel trasferire determinati trasporti su ferrovia. Giudizio 19.- Al punto 65 dellordinanza 2 ottobre 2003, Commissione/Austria, citata, statoconstatato che la fondatezza del ricorso principale non pu essere totalmente esclusa, ancorch gli argomenti dedotti dalla Repubblica dAustria a propria difesa non possanoessere negati. Con riferimento al punto 102 della stessa ordinanza, esso enuncia che ilrischio di un danno grave e difficilmente riparabile derivante dallimmediata applicazionedel regolamento controverso devessere considerato sufficientemente dimostrato. Pertantoin detta ordinanza stato deciso di prorogare per un periodo limitato, sino al 30 aprile2004, lingiunzione effettuata al detto Stato membro di sospendere lesecuzione del divieto settoriale di transito stabilito da tale regolamento. Lobiettivo di tale provvedimentosospensivo era quello, in particolare, di consentire alle parti di procedere ad una concertazione al fine di prevedere misure idonee a conciliare, anche se provvisoriamente, i contrapposti interessi in gioco. 20.- Le osservazioni sottoposte alla Corte dalle parti del presente procedimento a seguito del fallimento delle negoziazioni svoltesi a tal fine non rimettono in discussione la fondatezza di detta ordinanza n le conclusioni cui il giudice del procedimento sommario giunto al riguardo. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 21.- Infatti, il regolamento controverso stabilisce un divieto di transito permanente pergli automezzi pesanti con peso massimo autorizzato superiore a 7,5 tonnellate che trasportano merci, specificamente elencate, su un tratto autostradale di 46 km appartenente ad unadelle principali vie di comunicazione terrestri per gli scambi tra lEuropa settentrionale e ilnord Italia, mentre, da un lato, laggiramento della regione interessata va incontro ad altrilimiti di circolazione e, dallaltro, le osservazioni del governo austriaco non hanno potutodissipare i dubbi sulleventuale carattere indirettamente discriminatorio di tale ostacolo allelibert di circolazione previste dal Trattato CE. 22.- Il governo austriaco fa riferimento alla nozione di merci compatibili con il trasporto ferroviario (bahnaffine Gter) per giustificare la scelta delle merci consideratedal regolamento controverso. Tale scelta non stata pertanto effettuata in funzione di un particolare contributo delle merci interessate al superamento dei valori limite delle emissioninocive, ma in base alla presunta attitudine di tali merci ad un trasporto ferroviario. Orbene, poich la decisione di optare per il trasporto ferroviario di una determinata merce dipendespesso non tanto dalla natura di questultima quanto da altri criteri, quali il tragitto da percorrere, la durata del trasporto e i costi che ne derivano, non si pu escludere che tale criterio non possa giustificare la scelta effettuata. Il fatto che lart. 3 del detto regolamento elenchi merci molto diverse, quali rifiuti, cereali, legname in tondelli, scorze e sughero, minerali ferrosi e non ferrosi, pietrame, terra e materiale di sterro, autoveicoli e rimorchi, nonchacciaio da costruzione, ha piuttosto leffetto di rafforzare i dubbi che sussistono al riguardo. 23.- Inoltre, le osservazioni sottoposte alla Corte in conformit al punto 106 dellordinanza 2 ottobre 2003, Commissione/Austria, citata, mostrano che esistono diverse misurealternative che consentono di giungere ad una sostanziale riduzione delle emissioni nocive. certamente vero che alcune di queste diverse misure perderanno parte della loro efficacianel corso degli anni, in particolare il divieto di transito per gli automezzi pesanti delle classiEURO 0,1 e 2 a seguito della sostituzione progressiva di tali veicoli con automezzi pesantipi moderni. Tuttavia il presente procedimento sommario riguarda il futuro immediato, valea dire il periodo che trascorrer sin quando la Corte avr statuito sul ricorso principale. 24.- Le parti esprimono opinioni divergenti sulla questione se queste diverse misurepossano sostituire il divieto settoriale di transito stabilito dal regolamento controverso o sesoltanto la combinazione di tale divieto con le dette misure consentir di pervenire al gradodi riduzione delle emissioni nocive ritenuto indispensabile. Al riguardo sembrerebbe che, anche supponendo che una siffatta combinazione sia necessaria, nondimeno le altre misurepotrebbero produrre un effetto riduttivo di tali emissioni. Pertanto, nelle due fattispecie, risulta rafforzato il peso degli interessi che depongono a favore di una proroga della sospensione dellesecuzione del regolamento controverso disposta con lordinanza 30 luglio 2003, Commissione/Austria, citata. 25.- Con riserva di quanto precede, le informazioni fornite alla Corte in osservanza del- lordinanza 2 ottobre 2003, Commissione/Austria, citata, non hanno rivelato elementi nuovitali da condurre il giudice del procedimento sommario, in questa fase del procedimento, adun risultato del bilanciamento degli interessi in gioco differente da quello sul cui fondamento la detta ordinanza stata emanata. 26.- Alla luce di quanto esposto e in assenza di un accordo tra le parti riguardo le misure idonee a conciliare, ancorch provvisoriamente, i contrapposti interessi in gioco al fine dipervenire ad un compromesso, si deve decidere che il provvedimento di sospensione dellesecuzione disposto con lordinanza 30 luglio 2003, Commissione/Austria, citata, mantenuto in vigore con lordinanza 2 ottobre 2003, Commissione/Austria, citata, sino al 30 aprile IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni 2004, prorogato a partire da questultima data sino a quando la Corte non abbia statuitosul ricorso principale. Per questi motivi, il Presidente della Corte cos provvede: 1) Il provvedimento di sospensione dellesecuzione disposto con lordinanza 30 luglio2003, Commissione/Austria (causa C-320/03 R), e mantenuto in vigore con lordinanza 2ottobre 2003, Commissione/Austria, prorogato sino a quando la Corte non abbia statuitosul ricorso principale. 2) Le spese sono riservate. Lussemburgo, 27 aprile 2004. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA CE Causa C-82/06 (Commissione europea c/ Repubblica italiana) Ricorso notificato il 2 marzo 2006 (ct.10020/06, avv. dello Stato G. Fiengo). IL RICORSO La Commissione ha richiesto alla Corte di: constatare che la Repubblica italiana, non avendo elaborato n comunicatoun piano di gestione dei rifiuti, conformemente allart 7, paragrafo 1della direttiva 75/442/CEE, modificata, per la provincia di Rimini; un piano di gestione dei rifiuti comprendente i luoghi o impianti adattiper lo smaltimento dei rifiuti e dei rifiuti pericolosi, conformemente allarticolo 7, paragrafo 1, quarto trattino, della direttiva 75/442/CEE, modificataper la Regione Lazio, un piano di gestione dei rifiuti, conformemente allarticolo 6 della direttiva 91/689/CEE per le Regioni Friuli Venezia Giulia e Puglia e per laProvincia Autonoma di Bolzano-Alto Adige, nonch per la provincia diRimini; venuta meno agli obblighi imposti dallart. 7, paragrafo 1 della direttiva 75/4442/CEE sui rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE eallarticolo 6 della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi. condannare la Repubblica italiana al pagamento delle spese di giudizio. IL CONTRORICORSO La Repubblica italiana si pregia di esporre alla Corte le seguenti considerazioni a sostegno del proprio controricorso. A giudizio della Commissione, la Repubblica italiana sarebbe venutameno agli obblighi ad essa incombenti in forza del diritto comunitario, giacch non avrebbe provveduto a elaborare e comunicare alcuni piani di gestione dei rifiuti nella specie il piano di gestione dei rifiuti per la Provincia diRimini e per la Regione Lazio, nonch dei rifiuti pericolosi per le RegioniFriuli Venezia-Giulia e Puglia, per la Provincia autonoma di Bolzano Alto- Adige e per la provincia di Rimini in conformit a quanto previsto rispettivamente dagli art. 7 della Direttiva Rifiuti, modificata e dallart. 6 dellaDirettiva Rifiuti pericolosi. In particolare, lart. 7 della Direttiva 75/442/CEE il cui fine garantirela protezione della salute umana e dellambiente contro gli effetti nocividella raccolta, del trasporto, del trattamento, dellammasso e del deposito deirifiuti, come modificata stabilisce: IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 137 1. Per realizzare gli obiettivi previsti negli art. 3, 4 e 5 la o le autoritcompetenti di cui allarticolo 6 devono elaborare quanto prima uno o pipiani di gestione dei rifiuti che contemplino fra laltro: tipo, qualit e origine dei rifiuti da recuperare o da smaltire; requisiti tecnici generali; tutte le disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare; i luoghi od impianti adatti per lo smaltimento. Tali piani potranno riguardare ad esempio: le persone fisiche o giuridiche abilitate a procedere alla gestione deirifiuti; la stima dei costi delle operazioni di recupero o smaltimento; le misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del trattamento dei rifiuti. 2. Eventualmente, gli Stati membri collaborano con gli altri Stati membri interessati e la Commissione per lelaborazione dei piani. Essi li trasmettono alla Commissione. 3. Gli Stati membri hanno la facolt di prendere i provvedimenti necessari per impedire movimenti di rifiuti non conformi con i loro piani di gestione dei rifiuti. Tali provvedimenti devono essere comunicati alla Commissione e agli Stati membri. Lart. 6 della Direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi, il cui scopo digarantire che lo smaltimento dei rifiuti pericolosi sia sottoposto al massimocontrollo possibile, dispone: 1.Conformemente allarticolo 7 della direttiva 75/442/CEE, le autoritcompetenti elaborano, separatamente o nellambito dei propri piani generali di gestione dei rifiuti pericolosi e le rendono pubblici. 2. La Commissione procede ad una valutazione comparativa dei pianisuddetti, in particolare per quanto riguarda i metodi di smaltimento e direcupero. La Commissione tiene queste informazioni a disposizione delleautorit competenti degli Stati membri che ne fanno richiesta. Ad avviso della Commissione, la normativa de qua, tra gli innumerevoli obblighi che impongono agli Stati membri farebbe sorgere accanto al pievidente obbligo di elaborare dei piani di gestione dei rifiuti e dei rifiuti pericolosi, anche un obbligo di comunicazione della documentazione alla medesima autorit. La Corte di Giustizia ha aderito a tale interpretazione sancendo che lamancata comunicazione alla Commissione delle informazioni relative aipiani di gestione e di smaltimento dei rifiuti e dei rifiuti pericolosi implicauna violazione agli obblighi incombenti sullo Stato membro, in forza degliartt. 7 della Direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CE modificata, e6 della Direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 96/689/CEE (C-466/99). Nel caso di specie, la ricorrente lamenta non solo la mancata notificazione dei piani, ma la loro stessa elaborazione da parte delle autorit a ci deputate; occorre, perci, verificare se effettivamente le Amministrazioni sopraindicate non abbiano provveduto ad uniformarsi alla normativa comunitariain materia di gestione di rifiuti e di rifiuti pericolosi. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Per ci che concerne la Regione Friuli Venezia-Giulia, in data 29 marzo2006, la citata Amministrazione ha trasmesso il Piano regionale di gestione dei rifiuti sezione rifiuti speciali non pericolosi, rifiuti speciali pericolosi, nonch rifiuti urbani pericolosi (allegato. 1), approvato con Deliberadella Giunta Regionale della Regione Autonoma Friuli Venezia-Giulia del 28marzo 2006, n. 610. Lamministrazione ha quindi provveduto ad adeguarsi alla normativacomunitaria, se pur dopo la data di scadenza del termine fissato nel pareremotivato (13 settembre 2005). Non vi dubbio che vi sia stato un ritardo nel- ladempimento dellobbligo comunitario, ma tale ritardo pu essere temperato compiendo alcune considerazioni. In primo luogo lelaborazione di un piano di gestione dei rifiuti si presenta come una operazione tecnicamente complessa ed articolata, che non siconclude agevolmente nellarco di un tempo cos breve. Inoltre, dalla lettura del documento allegato, si evince che una volta informatalAmministrazione dellatto formale di costituzione in mora da parte dellaCommissione, la medesima ha immediatamente attivato la procedura di predisposizione del Piano regionale, rendendo cos incontrovertibilmente chiara la sua volont di rispondere in maniera efficiente ed esaustiva al monitoproveniente dalla Comunit Europea. A riguardo della Provincia Autonoma di Bolzano, dalla documentazionefornita dalla citata Amministrazione, risulta che la medesima abbia provveduto a trasmettere la Proposta del piano provinciale per la gestione dei rifiuti pericolosi approvata con Delibera della Giunta Provinciale dellaProvincia Autonoma di Bolzano Alto Adige del 16 gennaio 2006, n. 95(allegato 2). Il documento allegato si configura come Piano Provinciale deirifiuti pericolosi mirante a dare attuazione alle disposizioni comunitarie citate; il piano fornisce sia un quadro aggiornato ed esaustivo della situazioneregionale sotto il profilo della produzione dei rifiuti pericolosi, sia degliimpianti autorizzati alle attivit di smaltimento e recupero sul territorio provinciale. Anche in questo caso ladozione avvenuta dopo la scadenza del termine concesso dalla Commissione, ma ancorch evidente che ad oggi nonpersiste pi linadempimento agli obblighi comunitari e che dunque nonpossa essere accolta la contestazione della Commissione. Per ci che concerne la Provincia di Rimini, la citata Amministrazioneha trasmesso la delibera del Consiglio Provinciale del 14 dicembre 2004, n. 86 con la quale stato adottato il nuovo Piano Provinciale per la gestione dei rifiuti urbani e speciali (allegato 3), che verr approvato entro il corrente anno e sostituir il vigente Piano infraregionale per lo smaltimento deirifiuti urbani e speciali del bacino di Rimini. Tale piano, approvato dallaRegione Emilia-Romagna con Delibera n. 2009 del 30 luglio 1996 e quindiprima delladozione del D.Lgs. 22/1997 attuativo delle Direttiva Rifiuti eRifiuti pericolosi, contiene comunque gli elementi salienti di cui alle direttive 75/442/CEE e 91/689/CEE, ivi comprese disposizioni relative ad alcunetipologie di rifiuti pericolosi ed stato integrato nel corso degli ultimi anni IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 139 attraverso tre Delibere di Consiglio Provinciale, al fine di adeguarsi alledirettive in materia di imballaggio, rifiuti di imballaggio e di apparecchiature contenenti PCB/PCT. Orbene, poich la proposta di piano non stata ancora approvata, laccertamento dellinadempimento nel caso specifico deve essere valutato inrelazione al piano attualmente in vigore. Allora chiaro che, di inadempimento si potr parlare, laddove si accerti o che sia mancata notificazione delpredetto piano e dei suoi successivi aggiornamenti e /o sia da ritenere incompleto alla luce delle prescrizioni sancite dalle Direttive comunitarie, ma incontestabile che lelaborazione del medesimo sia avvenuta e che laCommissione abbia il dovere tenerne conto. Per ci che concerne gli adempimenti messi in atto dalla Regione Lazio, la Direzione Regionale Attivit della Presidenza ha comunicato, con nota n. 43870 del 31 marzo 2006, che la citata regione ha gi ottemperato a tutti gliobblighi scaturenti dalla direttiva attraverso ladozione di tre diversi strumenti pianificatori gi consegnati a suo tempo alla Commissione europea inparticolare: a) piano di gestione dei Rifiuti della regione Lazio, approvato il 10luglio con deliberazione n. 112 del Consiglio regionale; b) piano degli interventi emergenza per lintero territorio del Lazio, approvato il 15 luglio 2003, con decreto n. 65 del Commissario delegato perlemergenza ambientale nel territorio della Regione Lazio; c) piano dindividuazione dei siti ritenuti idonei ad ospitare impianti ditermovalorizzazione, approvato il 20 settembre 2003, con decreto n. 75 delCommissario delegato per lemergenza ambientale nel territorio dellaRegione Lazio. In questa sede, al fine di chiarire eventuali equivoci, dato che la letturaintegrata dellinsieme dei documenti pu presentarsi complessa, lAmministrazione citata ha ritenuto opportuno evidenziare sinteticamente idati che possono interessare la Commissione europea, vale a dire i dati concernenti luoghi o impianti adatti per lo smaltimento come testualmenterecita il quarto trattino, paragrafo 1, dellart. 7 della direttiva 757442/CEE, modificata (allegato 4). Dalla lettura del documento allegato e degli atti sopra indicati adottatidalla Regione Lazio, emerge chiaramente che alcuna contestazione pu essere mossa alla citata Amministrazione, la quale ha provveduto ad individuarelimpiantistica idonea e necessaria a chiudere la corretta gestione del ciclodei rifiuti, secondo le precise indicazioni dettate in sede comunitaria. Infine, a riguardo della Regione Puglia, lAssessorato allEcologiadellAmministrazione Regionale ha comunicato di aver avviato un percorsoper rispondere appieno alle esigenze di pianificazione in materia di rifiutipericolosi. In particolare, la Amministrazione ricorda che una parte della pianificazione in materia di rifiuti pericolosi stata elaborata con la definizionedel piano di gestione del PCP (D.G.R. 804/04); poi ulteriormente implementato con il Decreto del Commissario Delegato n. 187/CD/2005 contenente, tra laltro, i criteri per lutilizzazione degli impianti di trattamento/smalti RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO mento dei rifiuti speciali operanti in Puglia, nonch disposizioni specificheper il corretto smaltimento dei rifiuti di amianto legato in matrice cementizia o resinoide (allegato 5). La Regione, infine, ha dichiarato che stata assicurata la coperturafinanziaria per la redazione del Piano e che il percorso che porter ad unincrocio puntuale dei dati di produzione dei rifiuti speciali e speciali pericolosi con le disponibilit impiantistiche per il recupero ed il trattamento /smaltimento di tali rifiuti e con la conclusiva individuazione degli ulteriori fabbisogni articolati su base provinciale verr concluso entro lanno. Anche in tal caso, quindi, non pare condivisibile la contestazione mossadalla Commissione, giacch non si tratterebbe della mancata elaborazionedello strumento di pianificazione, ma al pi della sua incompletezza ancorch destinata ad essere definitivamente superata in breve tempo. A questo punto, appare chiaro che la situazione italiana in ordine alladeguamento agli obiettivi imposti dallart. 7 della Direttiva 75/442/CEE edallart. 6 della Direttiva 91/689/CEE (attuati in Italia dallart. 22 delDecreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22) non si rispecchia fedelmente nelquadro rappresentato dalla Commissione Europea. Allo stato degli atti, in effetti, sia la Regione Autonoma Friuli Venezia- Giulia che la Provincia Autonoma di Bolzano Alto-Adige, hanno provvedutoa trasmettere i Piani di gestione mancanti, se pur dopo la scadenza del termineimposto dalla Commissione; per ci che concerne la Regione Lazio, alla lucedella documentazione fornita, si ritiene che abbia gi correttamente adempiuto agli obblighi imposti in materia dal diritto comunitario; mentre pi problematica appare la posizione della Provincia di Rimini e della Regione Puglia. In materia di gestione di rifiuti, entrambe le suddette Amministrazionisono in procinto di approvare Piani di gestione destinati a sostituire (nel casodella Provincia di Rimini) o a completare (nel caso della Regione Puglia) quelli attualmente vigenti, che a quanto risulta dai dati trasmessi, contengono comunque gli elementi salienti richiesti dalle Direttive. La censura mossadalla Commissione in relazione alle suddette Amministrazioni, se pur fondata dovrebbe limitarsi per, alla mancata comunicazione degli strumenti pianificatori attualmente in vigore e/o la loro eventuale incompletezza sotto unprofilo contenutistico, nelle more dellapprovazione dei nuovi Piani. Tanto premesso si chiede che la Commissione voglia valutare lopportunit di rinunciare al ricorso, in considerazione delle attivit poste in esserenella Repubblica Italiana per la dare adempimento agli obblighi impostidalle direttive citate e della rilevante probabilit, che prima della definizionedella causa, i relativi processi di adeguamento siano sostanzialmente e formalmente conclusi. Roma, 21 aprile 2006 Avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo. LA CONTROREPLICA PER LA REPUBBLICA ITALIANA Il Governo italiano desidera esporre alla Corte di Giustizia alcune considerazioni in merito alla replica presentata dalla Commissione europea concernente la presente causa. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 141 1. Nel controricorso infatti, dopo aver esposto lo stato degli atti e dimostrato il progressivo sostanziale adeguamento dellordinamento nazionale aquanto disposto dagli articoli 7, paragrafo 1 della direttiva 75/442/CEE e 6della direttiva 91/689/CEE, il Governo italiano richiedeva alla Commissionedi valutare lopportunit di rinunciare al ricorso, sia pure con condanna delloStato italiano alle spese processuali, atteso il ritardo nel dar corso agli obblighi di cui si discute. 2. La replica della Commissione non sembra lasciare alcuno spazio atale ipotesi e, con un metodo ricorrente nel contenzioso con la RepubblicaItaliana, utilizza le ammissioni ragionevolmente contenute nellatto di difesa, come argomenti di accusa. Nulla questio sul metodo, se non che costringe controparte ad adottare tutte le argomentazioni possibili per evitare uninutile condanna. E valgano al riguardo le seguenti considerazioni. 3. Larticolo 7 paragrafo 1 della direttiva 75/442/CEE, richiamata alriguardo anche dallarticolo 6 della direttiva 91/689/CEE testualmentedispone: Per realizzare gli obiettivi previsti negli articoli 3, 4 e 5 la o leautorit competenti di cui allarticolo 6 devono elaborare quanto prima uno o pi piani di gestione dei rifiuti, che contemplino fra laltro: tipo, quantit e origine dei rifiuti da ricuperare o da smaltire; requisiti tecnici generali; tutte le disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare; i luoghi o impianti adatti per lo smaltimento. Tali piani potranno riguardare ad esempio: le persone fisiche o giuridiche abilitate a procedere alla gestione deirifiuti, la stima dei costi delle operazioni di ricupero e di smaltimento, le misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del trattamento dei rifiuti. 4. Il dato testuale della direttiva sembra limitarsi ad imporre la sola elaborazione di un piano, non richiedendo alcuna definitivit allatto di programmazione. evidente daltronde che anche un piano adottato e nonapprovato ( questa la terminologia che usano in Italia i cultori del dirittoamministrativo) ha effetti relativamente vincolanti, dal momento che tutte leiniziative pubbliche e private che concernono lo smaltimento dei rifiutidevono necessariamente rapportarsi, almeno quanto a coerenza e compatibilit, con la pianificazione in itinere. Lapprovazione definitiva condizionasoprattutto lattuazione del piano e la possibilit per i soggetti pubblici di darcorso alla spesa. Sotto questo profilo la situazione descritta nel controricorso, contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione, dimostra linsussistenza di uninadempimento. 5. N appare fondata la tesi, espressa dalla stessa Commissione in ordine alla mancata indicazione dei luoghi di smaltimento. Indicare criteri specifici per lindividuazione dei luoghi tecnica di pianificazione che conducead analogo risultato richiesto dalla direttiva, con il pregio di evitare lappesantimento delliter procedurale di elaborazione del piano con scelte concre RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO te di terreni e siti (quindi di interessi) rimessi alle autorit che gestiscono leprocedure autorizzative. 6. Quanto infine allidea, formulata dalla Commissione in relazione alpiano della provincia di Rimini secondo cui un piano redatto in attuazionedella direttiva 75/442/CEE non sarebbe idoneo a risolvere i problemi cui fafronte la successiva direttiva 91/689/CEE, si tratta di una petizione di principio del tutto indimostrata. 7. In realt nella presente controversia si assiste ad una vicenda processuale molto singolare. La questione dellinadempimento italiano alle direttive sui rifiuti che impongono lelaborazione di piani stata impostata e giustamente condotta avanti dalla Commissione sul piano formale del ritardonellelaborazione e sulla mancata comunicazione dei piani. Sennonch una volta che il Governo Italiano, in sede di controricorso, hadepositato in giudizio gli atti della cui mancanza si lamentava laCommissione, il giudizio dovrebbe terminare ed ogni questione in ordinealla valenza sostanziale degli atti dovrebbe essere semmai oggetto di nuovaed autonoma procedura dinflazione. Solo cos i diritti di difesa dellaRepubblica Italiana si potrebbero considerare pienamente rispettati. Al contrario nella replica la Commissione solleva inammissibilmente questioni (diinadempimento sostanziale) sulle quali non ha avuto corso nessuna necessaria propedeutica procedura di contestazione. Conseguentemente insiste affinch il ricorso ex adverso proposto siadichiarato inammissibile o comunque infondato. Roma 5 settembre 2006 Avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo C-116/06 (domanda di pronuncia pregiudiziale) Direttiva 76/207/CE Parit di trattamento Discriminazione indiretta Direttiva92/85/CEE Protezione delle lavoratrici gestanti Ordinanza dellaTampereen Krjoikeus (Finlandia) del 24 febbraio 2006, notificatal11 maggio 2006 (cs. 20415/06, avv. dello Stato W. Ferrante). I QUESITI 1. Se sussista una discriminazione diretta o indiretta, contraria allart. 2della direttiva 76/207/CE sulla parit di trattamento come modificata dalladirettiva 2002/73, qualora un datore di lavoro rifiuti di cambiare la data delcongedo parentale per leducazione dei figli accordato ad una lavoratrice o disospenderlo a causa di una nuova gravidanza di cui la lavoratrice venuta aconoscenza prima dellinizio del congedo parentale, poggiando sullinterpretazione consolidata di disposizioni nazionali a norma delle quali una nuovagravidanza non in linea generale un motivo imprevedibile e giustificato sullacui base possono essere cambiate la data e la durata del congedo parentale. 2. Se un datore di lavoro possa giustificare la sua condotta, che descritta al punto 1) e costituisce eventualmente una discriminazione indiretta, in modo sufficiente con riferimento alla menzionata direttiva, nel sensoche la modifica dellorganizzazione del lavoro degli insegnanti e la continui IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 143 t dellinsegnamento implicherebbe i problemi abituali, ma non seri impedimenti o che il datore di lavoro dovrebbe a norma delle disposizioni nazionali indennizzare la perdita di salario causata al supplente dellinsegnante chesi trovi in congedo parentale se linsegnante gi in congedo parentale ritornasse al proprio lavoro durante il medesimo. 3. Se sia applicabile la direttiva 92/85/CEE sulla protezione delle lavoratrici gestanti e di altre determinate lavoratrici e, in caso di applicabilitdella suddetta direttiva, se la condotta del datore di lavoro descritta al punto1) contrasti con gli artt. 8 e 11 di codesta direttiva allorch la lavoratrice, proseguendo il suo congedo parentale, perda la possibilit di fruire dei beneficisalariali del congedo di maternit fondati sul rapporto di servizio. LA POSIZIONE ASSUNTA DAL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA Il Governo italiano ritiene che al primo quesito vada data risposta negativa, atteso che, ai sensi della legislazione finlandese di settore, del contrattocollettivo applicabile nel caso di specie e dellinterpretazione giurisprudenziale offerta in materia, una nuova gravidanza della lavoratrice non costituisce motivo imprevedibile e giustificato, tale da modificare le possibilit pratiche di occuparsi della prole, al punto che linteressata ne sia impedita perlungo tempo, condizione richiesta per poter revocare listanza di congedoparentale al fine di ottenere unanticipazione del rientro al lavoro. Occorre osservare che la ricorrente del giudizio a quo ha motivato la suarichiesta di modifica del congedo parentale, gi ottenuto per il periodo 11agosto 2004 4 giugno 2005, in relazione al fatto che aveva scoperto di trovarsi nuovamente in stato di gravidanza e che avrebbe preferito continuarelo svolgimento dellattivit lavorativa fino al momento in cui sarebbe dovuta entrare in congedo di maternit, ai sensi della legislazione finlandesevigente. Inoltre, la ricorrente aveva rappresentato al datore di lavoro lintenzione di sostituire il suo periodo di congedo parentale con un corrispondente periodo che avrebbe potuto essere fruito dal coniuge, al fine di consentirle di ottenere, a tempo debito, il congedo di maternit. Tuttavia, la nuova gravidanza non costituisce un motivo tale da giustificare la revoca del congedo parentale gi concesso alla lavoratrice. Infatti, ai sensidella normativa applicabile al caso in esame, le ragioni che possono consentire una tale modifica attengono tutte ad un cambiamento imprevisto ed essenziale quanto alle possibilit pratiche di occuparsi del figlio gi nato (come unamalattia grave o la morte del figlio o di un genitore ovvero il divorzio). Al contrario, non sono considerate ragioni sufficienti il trasloco in un altro comune, linizio di un nuovo rapporto di lavoro o una nuova gravidanza. Ci considerato, deve ritenersi che non si sia configurata nei confrontidella lavoratrice alcuna forma di discriminazione, n diretta n indiretta, aisensi dellart. 2, n. 2 della direttiva 76/207, come modificata dalla direttiva2002/73, quanto alla possibilit di fruire, a tempo debito, del congedo dimaternit, per il fatto di trovarsi gi in congedo parentale. Infatti, i due tipi di congedo trovano giustificazione in esigenze diverse: quello parentale, nella necessit di prendersi cura della prole gi nata; il con RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO gedo di maternit, nella necessit di non imporre alla gestante lo svolgimento dellattivit lavorativa nellimminenza del parto, a causa delle particolaricondizioni psicofisiche in cui essa si trova. Ci premesso, deve ritenersi che ciascuna misura di favore per la lavoratrice risulta essere indipendente dallaltra e che il congedo parentale giconcesso pu essere modificato solo da circostanze giustificate rispetto allefinalit della misura stessa. Pertanto, nessuna forma di discriminazione, neppure indiretta, pu essere ravvisata nel caso di specie, posto che lo stato di gravidanza, nel momento in cui la lavoratrice aveva richiesto la revoca del congedo parentale, nonmodificava n faceva venire meno le esigenze di cura ed educazione delfiglio gi nato, che costituiscono presupposto del congedo stesso; inoltre, inquello stesso momento, la possibilit di chiedere il congedo di maternit rappresentava unipotesi ancora futura ed eventuale. N giova qui richiamare la giurisprudenza Busch (sentenza 27 febbraio2003, causa C-320/01), dalla quale si pu al pi ricavare che lo stato di gravidanza della lavoratrice risulta irrilevante ai fini della concessione o dellarevoca del congedo parentale. Infatti, in tal caso, codesta Corte di Giustiziaha precisato che il principio di parit di trattamento sul luogo di lavoro esclude che lo stato di gravidanza sia un fatto tale da incidere sulla possibilit perla lavoratrice di essere reintegrata nel posto di lavoro prima della scadenzadel congedo parentale, qualora vi sia stato lassenso del datore di lavoro per tale rientro anticipato, senza che lo stesso fosse consapevole della nuovagravidanza della lavoratrice. Codesta Corte ha in proposito escluso che vifosse un obbligo di questultima di informare il datore di lavoro del suonuovo stato di gravidanza. Da tale principio non pu per discendere la preclusione per il datore dilavoro di negare il predetto consenso al rientro anticipato al lavoro per ragioniorganizzative, del tutto a prescindere dal motivo che ha determinato la richiesta di interruzione del congedo parentale e cio il nuovo stato di gravidanza. In merito al secondo quesito, il Governo italiano ritiene di dover darerisposta positiva, in quanto il datore di lavoro pu giustificare la sua condotta sia in ragione delle difficolt organizzative che comporterebbe il rientroanticipato del lavoratore dal congedo parentale programmato, sia, soprattutto, con riguardo alla necessit per lo stesso datore di lavoro di dover indennizzare la perdita di salario causata al sostituto del lavoratore che si trovi in congedo parentale, qualora questi ritorni al lavoro nel corso dello stesso congedo. Deve osservarsi che, quandanche dovessero permanere dubbi in ordineallesistenza di una discriminazione indiretta, ai sensi dellart. 2, n. 2 delladirettiva 76/207, tuttavia, nel caso di specie, appare ravvisarsi quella finalit legittima ed il ricorso a mezzi appropriati e necessari, tali da escludereche unipotetica situazione di svantaggio per la lavoratrice costituisca indirettamente una forma di discriminazione. Infatti, la tutela della lavoratrice vacomunque contemperata con le esigenze organizzative del datore di lavoro econ i diritti del lavoratore che sostituisce quello in congedo parentale. Sottoil primo profilo, il datore di lavoro ha evidenziato le difficolt organizzative IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 145 che sarebbero derivate dal prematuro rientro della lavoratrice dal congedoparentale atteso che la carenza di qualificazione del supplente aveva comportato una ridistribuzione del lavoro tra gli altri professori che sarebbe statanuovamente messa in discussione dal rientro della lavoratrice, con pregiudizio anche dellinteresse degli studenti alla continuit ed uniformit dellinsegnamento. In secondo luogo, deve rammentarsi che, se si fosse sospeso il congedoparentale della lavoratrice, il supplente gi nominato si sarebbe trovato disoccupato pochi mesi dopo aver assunto lincarico. In tal caso, qualora questultimo avesse impugnato la cessazione delle sue funzioni, ne sarebbero potutiderivare al datore di lavoro danni di entit pari al salario dovuto allo stesso, inquanto, ai sensi della normativa finlandese applicabile, lo stesso datore di lavoro avrebbe potuto porre termine ad una supplenza soltanto nel caso in cui ildipendente titolare avesse il diritto incondizionato di tornare al lavoro. Questultima condizione non appare rispettata nel caso di specie, postoche una nuova gravidanza della lavoratrice non viene considerata qualecausa legittima di sospensione del congedo parentale, in base alla disciplinanazionale applicabile, secondo le considerazioni in precedenza esposte. Con riguardo al terzo quesito, il Governo italiano ritiene di dover rispondere nel senso di ritenere applicabile alla fattispecie de qua la direttiva92/85/CEE sulla protezione delle lavoratrici gestanti, ma di dover escludereche, nel caso in esame, la condotta del datore di lavoro contrasti con gli artt. 8 e 11 della predetta direttiva sia per quanto concerne la tutela della salutedella lavoratrice gestante, sia per quanto riguarda la tutela dei benefici patrimoniali spettanti alla lavoratrice nel periodo in cui essa avrebbe potuto chiedere il congedo di maternit, in quanto la stessa lavoratrice ha fruito deilivelli minimi di tutela garantiti dallart. 11, n. 2 lett. b) e n. 3 della predettadirettiva. Innanzitutto, deve ritenersi applicabile al caso di specie la direttiva92/85, concernente lattuazione delle misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle gestanti, posto che ladirettiva 76/207, come modificata dalla direttiva 2002/73 sulla parit di trattamento sul luogo di lavoro, allart. 2, n. 7, comma 4, lascia impregiudicatele disposizioni della predetta direttiva 92/85. Deve, peraltro, escludersi che, nel caso di specie, la condotta del datoredi lavoro abbia determinato un contrasto con gli artt. 8 e 11 dellultima direttiva citata. In primo luogo, non si determinato un contrasto con lart. 8, il qualeprevede che la lavoratrice possa disporre di un periodo facoltativo di congedo di maternit (di almeno quattordici settimane ininterrotte) e debbacomunque disporre di un periodo obbligatorio (di almeno due settimane). Infatti, la finalit perseguita dalla norma in esame quella di evitare che lalavoratrice sia tenuta a svolgere attivit lavorativa nellimminenza del parto, a causa delle delicate condizioni psicofisiche che la maternit comporta. Tale finalit non stata vanificata nel caso de quo, posto che la lavoratrice gi si trovava in congedo parentale, dunque in una situazione di asten RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO sione dallattivit lavorativa, pertanto, nessun pregiudizio poteva in concreto verificarsi per le sue condizioni di salute a cagione della mancata concessione del congedo di maternit. In secondo luogo, non pu ravvisarsi contrasto alcuno neppure con lart. 11 della citata direttiva, sotto il profilo dei danni patrimoniali lamentati dallaricorrente. In proposito, lart. 11, n. 2 e 3 stabilisce che: nel caso contemplatoallart. 8, devono essere garantiti: a) i diritti connessi con il contratto dilavoro delle lavoratrici di cui allart. 2 (n.d.r. gestanti, puerpere o in periodo di allattamento), diversi da quelli specificati nella lettera b) del presente punto; b) il mantenimento di una retribuzione e/o il versamento di unindennit adeguata alle lavoratrici di cui allart. 2; 3) lindennit di cui al punto2), lettera b) ritenuta adeguata se assicura redditi almeno equivalenti aquelli che la lavoratrice interessata otterrebbe in caso di interruzione dellesue attivit per motivi connessi allo stato di salute, entro il limite di un eventuale massimale stabilito dalle legislazioni nazionali. Ci premesso, deve osservarsi che, sebbene la mancata sospensione delcongedo parentale abbia impedito alla ricorrente di usufruire del congedo dimaternit e di tutti i benefici salariali a questo connessi, fondati sul rapporto diservizio, tuttavia, non si verificata alcuna violazione della direttiva sul punto. Infatti, conformemente a quanto disposto dallart. 11, n. 2, lett. b) e n. 3della citata direttiva, la ricorrente ha percepito, per il periodo 29 dicembre2004 18 maggio 2005, quindi ben prima del tempo prescritto per liniziodel congedo di maternit (fissato per il 19 febbraio 2005), lindennit dimalattia, oltre ad un aiuto per lassistenza a domicilio, nonch, per il periodo in cui avrebbe dovuto fruire del congedo di maternit (19 febbraio 2005 18 maggio 2005), lindennit di maternit e per genitore, questultimaconservata fino al 21 dicembre 2005. Ci considerato, deve ritenersi che il livello minimo di tutela economicaassicurato dalla predetta direttiva sia stato in concreto garantito nel caso dispecie e che, pur in assenza della concessione del congedo di maternit, nonsi sia verificata alcuna violazione della direttiva sotto laspetto delle pretesepatrimoniali di cui la ricorrente potesse dirsi titolare. N pu ritenersi violato il disposto di cui allart. 11, n. 2, lett. a) dellapredetta direttiva, in relazione ai diritti diversi da quelli di cui alla lett. b) riduzione delle ferie annue, sospensione del maturarsi del diritto a pensione, sospensione del maturarsi dellanzianit di servizio atteso che tali pretesenon formavano oggetto della causa principale e per tale motivo non sonoprese in considerazione nellordinanza di rimessione. Il Governo italiano propone quindi alla Corte di risolvere il primo quesito nel senso di ritenere che, ai sensi della legislazione finlandese di settore, del contratto collettivo applicabile nel caso di specie e dellinterpretazione giurisprudenziale offerta in materia, una nuova gravidanza della lavoratrice non costituisca motivo imprevedibile e giustificato, tale da modificare lepossibilit pratiche di occuparsi della prole e sufficiente al fine di modificare la durata del congedo parentale gi concesso. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 147 Il Governo italiano propone di risolvere il secondo quesito nel senso diritenere che il datore di lavoro possa legittimamente giustificare il suo rifiuto di consentire linterruzione del congedo parentale, sia in ragione delle difficolt organizzative che comporterebbe il rientro anticipato del lavoratoredal congedo parentale programmato, sia, soprattutto, con riguardo alla necessit per lo stesso datore di lavoro di dover indennizzare la perdita di salariocausata al sostituto del lavoratore che si trovi in congedo parentale, qualoraquesti ritorni al lavoro anticipatamente. Il Governo italiano propone di risolvere il terzo quesito nel senso di ritenere applicabile alla fattispecie de qua la direttiva 92/85/CEE sulla protezione delle lavoratrici gestanti, ma di dover escludere che, nel caso in esame, lacondotta del datore di lavoro contrasti con gli artt. 8 e 11 della predetta direttiva sia per quanto concerne la tutela della salute della lavoratrice gestante, sia per quanto riguarda la tutela dei benefici patrimoniali spettanti alla lavoratrice nel periodo in cui essa avrebbe potuto chiedere il congedo di maternit, in quanto la stessa lavoratrice ha fruito dei livelli minimi di tutela garantiti dallart. 11, n. 2 lett. b) e n. 3 della predetta direttiva. Roma, 18 luglio 2006 Avvocato dello Stato Wally Ferrante Cause riunite C-147 e 148/06 (domanda di pronuncia pregiudiziale) Disciplina degli appalti di lavori pubblici Ordinanza del Consigliodi Stato (Italia) notificata il 1 giugno 2006 (ct. 24254/06, avv. delloStato D. Del Gaizo). IL FATTO Il rinvio tra origine da due procedimenti nei quali le societ istanti neigiudizi principali (S. e S.C.S.) avevano partecipato a due gare indette (rispettivamente il 18 dicembre 2002 e l8 settembre 2004) dal Comune di Torinoper laffidamento di un appalto di lavori. Le relative procedure erano dimporto inferiore alla soglia comunitaria. In data 28 gennaio 2003 la Giunta comunale di Torino aveva deliberato invia generale che anche per gli appalti sotto soglia laggiudicazione sarebbe avvenuta con lapplicazione del criterio di maggior ribasso o allofferta economicamente pi vantaggiosa, con verifica delle offerte anomale..., criterio previsto dallaDirettiva 93/37/CEE... con disapplicazione dellart. 21, 1-bis, della l. n. 109/94, nella parte in cui prevede lesclusione automatica delle offerte anomale. Pertanto, per la gara gi indetta (alla quale aveva partecipato la S.), lindizione fu rinnovata dal Comune di Torino, con modifica delle modalit di aggiudicazione (per la quale il bando aveva originariamente previsto che si sarebbeproceduto con lesclusione automatica delle offerte sospettate di anomalia), stabilendo di non applicare lat. 21, 1-bis, legge 109/94. Per laltra gara, invece, lemodalit di aggiudicazione si conformarono alla delibera del 28 gennaio 2003, prevedendo, conseguentemente, la verifica delle offerte anomale. Allapertura delle buste, le societ appellanti risultarono essere le primetra le offerte non anomale. Per quelle anomale si comp, quindi, la verifica dicongruit a seguito della quale risultarono adeguate le offerte rispettivamen RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO te dellA.T.I. e di unassociazione temporanea di imprese, ancorch idealmente suscettibili di esclusione automatica, qualora fosse stato applicato ilcoma 1-bis, art. 21, legge 109/94. Le appellanti si tutelarono dinnanzi al T.A.R. Piemonte, il quale respinse sia listanza cautelare che il ricorso nel merito. Le ricorrenti dedussero inquella sede la violazione dellart. 21, 1-bis, legge 109/94, che prevede lobbligo in caso di gara sotto soglia di esclusione automatica. Il T.A.R., invece, ritenne che la norma in questione non implicasse un dovere di disapplicazione, quanto piuttosto conferisse una discrezionalit alla stazione appaltante diprocedere o meno alla verifica di congruit. Nelle ordinanze di rinvio il C.d.S., dopo aver richiamato le norme comunitarie rilevanti, come modificatesi nel tempo (il 30 aprile 2004 entrata invigore la Dir. 2004/18 che contiene norme analoghe in materia di offerteanomale), si sofferma sulla legge nazionale 109/94, con cui si data attuazione alla direttiva 93/37/CEE e nota come il comma 1-bis dellart. 21 abbiaprevisto in tema di offerte anomale una disciplina differenziata in caso dilavori sopra o sotto la soglia comunitaria. Il C.d.S., smentendo sul punto il T.A.R., rileva che la norma predetta stabilirebbe lobbligatoriet della procedura di esclusione automatica di cuiallart. 21 citato. Il Collegio prosegue, quindi, analizzando le pi plausibiliargomentazioni della Giunta comunale con cui questa ha disapplicato ilcomma 1-bis citato, in quanto contrastante con il diritto comunitario. La Giunta comunale, a sua volta, aveva mosso dalla considerazione diun dato di fatto, ovvero dalla inidoneit della procedura di esclusione automatica ad orientare verso unefficiente regolazione del fenomeno delle offerte anomale. La regola, pur nellintento di accelerare i tempi e la trasparenza, favorirebbe invece, secondo il Comune, accordi collusivi rendendo conveniente per le concorrenti raggiungere accordi sul prezzo, cos da influenzare ex ante il successivo esito della procedura. La Giunta aveva infattiosservato in precedenza il fenomeno della omogeneizzazione delle offerte ela crescita del numero di denunce allA.G. per turbativa dasta, apparendopertanto preferibile inserire un elemento dimprevedibilit, non pronosticabile ex ante dalle partecipanti. Per il Comune di Torino la regola dellesclusione automatica prevista dal comma 1-bis contrastava quindi con il dirittosopranazionale. Questultimo aveva pertanto proceduto alla disapplicazionedella norma nazionale. Le argomentazioni del Comune circa il contrasto della norma con la normativa comunitaria si fondavano sullobbligo di rispetto, anche per gli appalti sotto soglia, dei principi fondamentali del diritto comunitario, tra i quali, quelli di parit di trattamento, di trasparenza, di proporzionalit di nondiscriminazione. In aggiunta, il Comune aveva osservato che ogni sistema di medie aritmetiche che preveda lesclusione o laggiudicazione automatica sarebbeincompatibile con il diritto comunitario, ai sensi di un indirizzo della giurisprudenza comunitaria formatosi nel vigore dellart. 29, par. 5, Dir. 71/395/CEE antecedente storico dellart. 30, par. 4, Dir. 93/37/CEE il IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 149 quale vieterebbe agli Stati membri di emanare disposizioni imponenti lesclusione dufficio di determinate offerte, per un criterio puramente matematico (al riguardo cita, sent. 22 giugno 1989, Causa C-103/88, sent. 18 giugno1991, causa C-295/89). Il giudice nazionale osserva, in aggiunta ai rilievi del Comune, come ildiritto ad una buona amministrazione, sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea (art. 42), ove proiettato nella realt amministrativa deisingoli Stati membri, include quello di ogni individuo ad essere ascoltatoprima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale chepossa arrecargli pregiudizio, nonch il corrispondente obbligo per ogni amministrazione nazionale di motivare le sue decisioni. Il Consiglio di Stato ritiene che lart. 30 (4) Dir. 93/37 condivida con lart. 42 della Carta la medesima ratio, finalizzata a consentire ad ogni persona, comunque coinvolta in unprocedimento amministrativo, di esporre compiutamente le proprie ragioni, inun effettivo confronto dialettico con la parte pubblica. Inoltre, il Collegio osserva che la sottoposizione delle discipline internesugli appalti pubblici ai principi del diritto comunitario una circostanza ormairecepita anche dalla Dir. 2004/18/CE, la quale al II considerando recita: laggiudicazione degli appalti negli Stati membri per conto dello Stato, degli enti pubblici territoriali e di altri organismi di diritto pubblico subordinata al rispetto dei principi del trattato ed in particolare ai principi dellalibera circolazione delle merci, della libert di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, nonch ai principi che ne derivano, quali i principi diparit di trattamento, di non discriminazione, di riconoscimento reciproco, diproporzionalit e di trasparenza. Tuttavia, per gli appalti pubblici con valore superiore ad una certa soglia opportuno elaborare disposizioni di coordinamento comunitario delle procedure nazionali di aggiudicazione di taliappalti fondate su tali principi, in modo da garantirne gli effetti ed assicurare lapertura degli appalti pubblici alla concorrenza. Di conseguenza, talidisposizioni di coordinamento dovrebbero essere interpretate conformementealle norme e ai principi citati, nonch alle altre disposizioni del trattato. Ci nonostante, il Collegio, pur condividendo lesposta cornice teorica, dubita che la specifica regola sulla verifica in contraddittorio delle offerteanomale abbia natura di principio fondamentale del diritto comunitario, ovvero di principio derivato da quelli di diritto fondamentale del dirittocomunitario, in grado di prevalere sulle disposizioni nazionali confliggenti. Di qui i rinvii pregiudiziali, non sussistendo n i presupposti per uninterpretazione conforme, n le condizioni per omettere ladempimento del rinvio. Infatti, la questione, oltre ad essere rilevante, non risulta essere identica adaltra sulla quale la Corte abbia gi statuito. Lunico precedente degno di rilievo (sent. 27 novembre 2001, causa C-285/99 e C-286/99), pur investendoprofili giuridici connessi con quelli sopra esposti, concerne in realt procedure di aggiudicazione di appalti direttamente regolati dal diritto comunitario. I QUESITI 1.- Se la regola stabilita dal par. 4 dellart. 30 della Dir. CEE 93/37, o quella analoga recata dai parr. 1 e 2 dellart. 55 della Dir. CE 2004/18 (laddove rite RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO nuto questultimo il parametro normativo rilevante), secondo cui, qualora leofferte appaiono anormalmente basse rispetto alla prestazione, lamministrazione aggiudicatrice, prima di poterle rifiutare, ha lobbligo di richiedere, periscritto, le precisazioni che ritiene utili in merito alla composizione dellofferta e di verificare detta composizione tenendo conto delle giustificazioni fornite, enunci, o no, un principio fondamentale del diritto comunitario. 2.- In caso di risposta negativa al precedente quesito, se la regola stabilita dal par. 4 dellart. 30 della Dir. CEE 93/37, o quella analoga recata daiparr. 1 e 2 dellart. 55 della Dir. CE 2004/18 (laddove ritenuto questultimoil parametro normativo rilevante), secondo cui, qualora le offerte appaionoanormalmente basse rispetto alla prestazione, lamministrazione aggiudicatrice, prima di poterle rifiutare, ha lobbligo di richiedere, per iscritto, le precisazioni che ritiene utili in merito alla composizione dellofferta e di verificare detta composizione tenendo conto delle giustificazioni fornite, pur nonpresentando le caratteristiche di un principio fondamentale del diritto comunitario, sia, o no, un corollario implicito o un principio derivato del principio di concorrenza, considerato in coordinamento con quelli di trasparenzaamministrativa, e non discriminazione in base alla nazionalit, e se, quindi, come tale, esso sia dotato o no, dimmediata vincolativit e di forza prevalente sulle normative interne eventualmente difformi, dettate dagli statimembri per disciplinare gli appalti di lavori pubblici esulanti dal campo didiretta applicabilit del diritto comunitario. LA POSIZIONE ASSUNTA DAL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA Il Governo italiano osserva quanto segue. III A) La giurisprudenza della Corte di Giustizia Lobbligo di procedere ad una verifica in contraddittorio delle offerteanormalmente basse presentate nellambito di una procedura ad evidenzapubblica oggetto di una costante giurisprudenza della Corte, formatasi inizialmente sotto il vigore della Direttiva 71/305/CEE del Consiglio, del 26luglio 1971, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti dilavori pubblici. Questa, allart. 29, n. 5, prevedeva infatti che: Qualora, per un determinato appalto, talune offerte presentino manifestamente un carattere anormalmente basso rispetto alla prestazione, lamministrazione aggiudicatrice ne verifica la composizione prima di decidere inmerito allaggiudicazione dellappalto. Essa tiene conto del risultato di taleverifica. Alluopo, essa chiede allofferente di fornire le giustificazioni necessarie, segnalandogli eventualmente quelle ritenute inaccettabili. (...). Tale norma stata interpretata dalla Corte nel senso che, quando le offerte di un concorrente presentano manifestamente un carattere anormalmentebasso rispetto alle prestazioni da fornire, lart. 29, n. 5, della direttiva 71/305obbliga lamministrazione, prima di decidere sullaggiudicazione dellappalto, ad invitare lofferente a fornire una giustificazione delle sue offerte diprezzo oppure comunicargli quali delle sue offerte presentino un carattere IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 151 anormale, concedendogli un termine congruo per presentare precisazionicomplementari (sentenza 10 febbraio 1982, causa 76/81, Transporoute, Racc. pag. 417, punto 18). Al punto 17 di tale sentenza, la Corte ha infattiritenuto che lamministrazione aggiudicatrice non pu in alcun casorespingere unofferta anormalmente bassa senza neanche chiedere allofferente le giustificazioni necessarie, poich lo scopo dellart. 29, n. 5, delladirettiva 71/305, che consiste nel proteggere lofferente dallarbitrio del- lamministrazione aggiudicatrice, non potrebbe essere raggiunto se silasciasse a questultima il compito di valutare lopportunit di richiedere legiustificazioni. Ancora, la stessa norma stata interpretata come impeditiva di discipline nazionali che prescrivano lesclusione dufficio dagli appalti di lavoripubblici di talune offerte determinate secondo un criterio matematico, invece di obbligare lamministrazione aggiudicatrice ad applicare la procedura diverifica in contraddittorio prevista dalla direttiva (v. sentenze 22 giugno1989, causa 103/88, Fratelli Costanzo, Racc. pag. 1839, punti 19 e 21, e 18giugno 1991, causa C-295/89, Don Alfonso, Racc. pag. I-2967, pubblicazione sommaria, punti 1 e 2 del dispositivo). La Corte ha pertanto dichiarato che lart. 29, n. 5, della direttiva 71/305 prescrive allautorit aggiudicatrice di verificare la composizione delle offerte che presentino un carattereanormalmente basso e, a questo scopo, le impone di chiedere allofferente difornire le giustificazioni necessarie (v. sentenza Fratelli Costanzo, cit., punto16). Secondo la Corte, un criterio matematico, in forza del quale vengonoconsiderate anormali e quindi escluse dalla gara le offerte che presentano unamaggiorazione inferiore del 10% alla maggiorazione media, rispetto allimporto base fissato come prezzo dei lavori, di tutte le offerte ammesse a gareggiare, priva i partecipanti alla gara che abbiano presentato offerte particolarmente basse della possibilit di provare che si tratta di offerte serie . Lapplicazione di un criterio del genere contrasta con lo scopo della direttiva 71/305, che consiste nel favorire lo sviluppo di una concorrenza effettivanel settore degli appalti di lavori pubblici (sentenza Fratelli Costanzo, summenzionata, punto 18). La Corte ha anche rilevato che, per consentire ai partecipanti alla garache hanno presentato offerte particolarmente basse di dimostrare la seriet ditali offerte e per garantire in tal modo laccesso agli appalti di lavori pubblici, il Consiglio ha prescritto, allart. 29, n. 5, della direttiva 71/305, una precisa e dettagliata procedura di verifica delle offerte risultanti anormalmente basse e che tale scopo sarebbe compromesso qualora gli Stati membri, nelrecepire tale disposizione, potessero scostarsene in misura sostanziale (sentenza Fratelli Costanzo, cit., punto 20). Essa ha infine aggiunto che laprocedura di verifica prevista allart. 29, n. 5, della direttiva 71/305 devessere applicata ogniqualvolta lamministrazione aggiudicatrice intenda escludere delle offerte perch le considera anormalmente basse rispetto alla prestazione, di modo che gli offerenti hanno la garanzia di non essere esclusidallappalto oggetto della gara senza aver avuto la possibilit di dimostrare la seriet delle loro offerte (sentenza Fratelli Costanzo, cit., punto 26). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO significativo come tale norma sia stata ripresa e meglio specificata, nella successiva Direttiva 93/37/CEE, la quale, come risulta dal primoconsiderando, costituisce una codificazione della direttiva del Consiglio26 luglio 1971, 71/305/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazionedegli appalti di lavori pubblici (G.U. L 185, pag. 5), e delle sue modifichesuccessive. Come la Corte ha gi rilevato al punto 13 della sentenza 16ottobre 1997, causa C-304/96, Hera (Racc. pag. I-5685), lart. 30, n. 4, delladirettiva corrisponde allart. 29, n. 5, della direttiva 71/305, nella versionerisultante dalla direttiva del Consiglio 18 luglio 1989, 89/440/CEE (G.U. L210, pag. 1). Pertanto, dal momento che i requisiti previsti dallart. 29, n. 5, delladirettiva 71/305 sia nella sua versione iniziale sia nella versione modificata, sono in sostanza identici a quelli imposti dallart. 30, n. 4, della direttiva, leconsiderazioni che precedono valgono anche per quanto riguarda linterpretazione di questultima disposizione. Come la Corte ha avuto modo di affermare, infatti, lart. 30, n. 4, della direttiva presuppone necessariamentelapplicazione di una procedura di verifica in contraddittorio delle offerteche sono state considerate anormalmente basse dallamministrazione aggiudicatrice, imponendo a questultima lobbligo, dopo aver preso conoscenzadi tutte le offerte e prima di decidere di aggiudicare lappalto, di chiedereanzitutto per iscritto precisazioni sugli elementi dellofferta sospettata dianomalia che abbiano concretamente dato luogo a dubbi da parte sua e divalutare successivamente questa offerta in relazione alle giustificazioni fornite dallofferente interessato in risposta a tale richiesta (sentenza dellaCorte del 27 novembre 2001, Impresa Lombardini S.p.A., cause riunite C285/ 99 e C-286/99, p. 51, in Racc., 2001 pag. 9233). Nel caso da ultimo citato, non stato giudicato sufficiente nemmenolobbligo di presentare al momento dellofferta giustificazioni per il 75% dellimporto posto a base dasta. Ci in quanto ҏ rilevante che esse possano fornire la prova della seriet della loro offerta per tutti gli elementi chela compongono, siffatte giustificazioni preliminari non sono in ogni casoconformi allo spirito della procedura di verifica in contraddittorio istituitadallart. 30, n. 4, della direttiva. Infatti, essenziale che ogni offerentesospettato di aver presentato unofferta anormalmente bassa disponga dellafacolt di far valere utilmente il suo punto di vista al riguardo, conferendogli la possibilit di presentare ogni giustificazione sui vari elementi della suaofferta in un momento che si colloca necessariamente dopo lapertura ditutte le buste in cui egli ha conoscenza non solo della soglia di anomaliaapplicabile allappalto di cui trattasi nonch del fatto che la sua offerta apparsa anormalmente bassa, ma anche dei punti precisi che hanno suscitato perplessit da parte dellamministrazione aggiudicatrice (sentenzaImpresa Lombardini, cit., punti 52-53). Tale principio di contraddittorio, giudicato essenziale, strettamenteinerente ai principi di trasparenza e parit di trattamento che la direttiva sipone. Infatti, lesistenza di un dibattito effettivo in contraddittorio, situatoin un momento utile nella procedura di esame delle offerte, tra lamministra IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 153 zione aggiudicatrice e lofferente costituisce un requisito fondamentale delladirettiva, al fine di evitare larbitrio dellamministrazione aggiudicatrice edi garantire una sana concorrenza tra le imprese (sentenza ImpresaLombardini, cit., punto 57). La Corte ha altres affermato, nella citata sentenza, che, nella prospettiva dello sviluppo di una concorrenza effettiva nel settore degli appalti pubblici, essenziale che questa facolt sia la pi ampiae completa possibile, lofferente deve poter presentare a sostegno della suaofferta tutte le giustificazioni, in particolare quelle enunciate allart. 30, n. 4, secondo comma, della direttiva, che, tenuto conto della natura e dellecaratteristiche dellappalto di cui trattasi, ritiene utili, senza alcuna limitazione al riguardo. Per quanto riguarda lamministrazione aggiudicatrice, essa tenuta a prendere in considerazione linsieme delle giustificazionidedotte dallimprenditore prima di adottare la sua decisione circa laccoglimento o il rigetto dellofferta di cui trattasi (sentenza Impresa Lombardini, cit., punto 82). Dunque la giurisprudenza comunitaria univoca nellaffermare lesistenza di un obbligo di verifica in contraddittorio delle offerte anomale inrelazione alle procedure ad evidenza pubblica. Le norme da cui tale principio stato desunto sono contenute in direttive che si pongono quale obiettivo quello di coordinare le procedure di appalto, con lintenzione di raggiungere la realizzazione simultanea della libert di stabilimento e della liberaprestazione dei servizi in materia di appalti di lavori pubblici aggiudicatinegli Stati membri per conto dello Stato, degli enti pubblici territoriali e dialtri enti di diritto pubblico. Ci avviene in misura indissolubilmente legata alla considerazione per cui lo sviluppo di una concorrenza effettiva nelsettore degli appalti di lavori pubblici richiede una pubblicit comunitariadei relativi bandi di gara indetti alla amministrazioni aggiudicatrici degliStati membri; che le informazioni contenute in tali bandi devono permettereagli imprenditori della Comunit di valutare se gli appalti proposti presentino per loro interesse; che pertanto occorre dare loro una sufficiente conoscenza delle prestazioni da fornire e delle relative condizioni; che pi in particolare nelle procedure ristrette, la pubblicit ha per fine di permettere agliimprenditori degli Stati membri di manifestare il loro interesse agli appalti, richiedendo alle amministrazioni aggiudicatrici un invito a presentare lofferta in conformit delle condizioni prescritte, rendendo opportuno, altresprevedere norme comuni sulla partecipazione agli appalti di lavori pubblici nelle quali devono essere inclusi sia criteri di selezione qualitativa checriteri di aggiudicazione degli appalti (secondo, decimo e dodicesimoconsiderando della Direttiva 93/37/CEE). Tali finalit generali, sono state recepite ed evidenziate dalla Corte diGiustizia, la quale ha potuto osservare come lobiettivo fondamentale delladirettiva pertanto quello di aprire alla concorrenza il settore degli appaltipubblici di lavori. Infatti, proprio tale apertura alla concorrenza comunitaria in conformit delle procedure previste dalla direttiva garantisce contro ilrischio di favoritismi da parte dei pubblici poteri (sentenza 12 luglio 2001, causa C-399/98, Ordine degli Architetti e a., Racc. pag. I-5409, punto 75). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Il coordinamento a livello comunitario delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici ha quindi come fine essenziale di proteggere gliinteressi degli operatori economici e, a tal fine, di escludere sia il rischio chegli offerenti nazionali siano preferiti nellattribuzione di appalti sia la possibilit che unamministrazione aggiudicatrice si lasci guidare da considerazioni non economiche (v., in tal senso, sentenze 3 ottobre 2000, causa C380/ 98, University of Cambridge, Racc. pag. I-8035, punti 16 e 17, e 1 febbraio 2001, causa C-237/99, Commissione/Francia, Racc. pag. I-939, punti41 e 42). Lamministrazione aggiudicatrice ҏ pertanto tenuta a rispettare ilprincipio di parit di trattamento degli offerenti, come risulta del resto esplicitamente dagli artt. 22, n. 4, 30, n. 4, quarto comma, e 31, n. 1, della direttiva. Inoltre, il divieto di discriminazione in base alla nazionalit implica, inparticolare, un obbligo di trasparenza al fine di consentire allamministrazione aggiudicatrice di accertarne il rispetto (sentenza ImpresaLombardini, cit., punti 37-38). III B) Gli appalti sotto soglia necessario peraltro considerare che le norme e i principi delle direttive citate si applicano agli appalti di rilevo comunitario. Il Governo italiano conscio del fatto che, anche in relazione agliappalti di valore inferiore alla soglia comunitaria si possano individuare esigenze analoghe a quelle sopra esaminate e le stesse direttive succitate possano costituire un punto di riferimento anche per le discipline nazionali inmateria. Tali conclusioni, tuttavia, devono anche tenere conto della gradualit conla quale ha proceduto il processo di armonizzazione nella materia, nonchdella necessit di evitare che, in determinati casi, la procedura di verificadelle offerte anomale prescritta dalle disposizioni comunitarie possa pregiudicare la snellezza e la celerit del procedimento di aggiudicazione. In particolare, con riguardo alla gradualit del processo di armonizzazione, si osserva che nella originaria Direttiva 71/305/CEE, nel disciplinare gliappalti che implicavano un rilevo comunitario, il legislatore afferm (settimo considerando) che: gli appalti di lavori pubblici il cui ammontare inferiore a 1.000.000di unit di conto possono, per il momento, non essere sottoposti alla concorrenza quale organizzata dalla presente direttiva e che pertanto opportunostabilire che le misure di coordinamento non vanno applicate ai suddetti appalti; che, in base allesperienza acquisita, la Commissione sottoporrsuccessivamente al Consiglio una nuova proposta di direttiva intesa a ridurre limporto a partire dal quale le misure di coordinamento saranno applicabili agli appalti di lavori pubblici. Analogamente, la direttiva 93/37/CEE, applicabile al caso di specieallepoca dei fatti di causa, disponeva, nel quarto considerando, che: gli appalti di lavori il cui ammontare inferiore a 5.000.000 di ECUpossono non essere sottoposti alla concorrenza quale organizzata dallapresente direttiva e che opportuno stabilire che le misure di coordinamento non vanno applicate ai suddetti appalti; IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 155 Sulla base delle direttive citate, pertanto, il legislatore comunitario sembra avere escluso espressamente lapplicabilit delle disposizioni contenutenelle stesse agli appalti sotto soglia comunitaria, pur nella considerazionedella generale valenza di tali disposizioni e dei principi comunitari che necostituiscono la base. In tal senso sembrano doversi interpretare le norme delle direttive inquestione (ed in particolar modo lart. 6 della direttiva 93/37), laddove stabiliscono la soglia di valore al di l della quale operano le disposizioni inquestione. Ci evidentemente in base ad una generale esigenza di semplificazionedel procedimento di aggiudicazione, volta ad escludere aggravi sproporzionati dello stesso in relazione agli appalti di minor valore. In relazione a tale esigenza, infatti, pare doversi ritenere che necessit disnellezza e celerit del procedimento, anche in considerazione del valoreridotto dellappalto, possano, nel caso di appalti sotto soglia, giustificarela procedura di esclusione automatica, determinando, in particolari circostanze di fatto, la compressione delle esigenze anzidette a favore dellinteresse pubblico ad unaggiudicazione spedita. A tal riguardo si pu altresosservare che limposizione della regola di verifica in contraddittorio pertutti gli appalti condurrebbe ad un onere procedurale aggiuntivo il quale, inconsiderazione delleventuale numero elevato delle offerte, sarebbe idoneo adeterminare un ritardo potenzialmente dannoso nello svolgimento della procedura stessa, al limite vanificandone lo stesso scopo. Con lulteriore avanzamento del mercato comune e con il suo successivo completamento sembra, infine, emergere una tendenza ad orientare tuttala disciplina degli appalti ai principi posti a base della normativa comunitaria pertinente. Tanto pare potersi evincere dal testo della direttiva 2004/18/CE del 31marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazionedegli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (in G.U., L 134 del 30 aprile 2004 pag. 0114 0240). In particolare, al secondo considerando di tale direttiva contenuta laseguente considerazione, che pare modificare parzialmente la prospettivadalla quale muovevano le precedenti direttive: Laggiudicazione degli appalti negli Stati membri per conto delloStato, degli enti pubblici territoriali e di altri organismi di diritto pubblico subordinata al rispetto dei principi del trattato ed in particolare ai principidella libera circolazione delle merci, della libert di stabilimento e dellalibera prestazione dei servizi, nonch ai principi che ne derivano, quali iprincipi di parit di trattamento, di non discriminazione, di riconoscimentoreciproco, di proporzionalit e di trasparenza. Tuttavia, per gli appalti pubblici con valore superiore ad una certa soglia opportuno elaborare disposizioni di coordinamento comunitario delle procedure nazionali di aggiudicazione di tali appalti fondate su tali principi, in modo da garantirne glieffetti ed assicurare lapertura degli appalti pubblici alla concorrenza. Diconseguenza, tali disposizioni di coordinamento dovrebbero essere interpre RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO tate conformemente alle norme e ai principi citati, nonch alle altre disposizioni del trattato. Peraltro, pur non riportando, come nelle precedenti direttive, una espressa previsione di inapplicabilit delle disposizioni in essa contenute agliappalti sotto soglia, la nuova direttiva, nel considerando citato, pare indicare soltanto una linea di tendenza verso una maggiore armonizzazione delladisciplina complessiva degli appalti pubblici e non anche escludere il permanere di una certa discrezionalit degli Stati membri nel disciplinare le procedure di aggiudicazione degli appalti sotto soglia. Ci, evidentemente, inossequio alla stessa esigenza di semplificazione sopra esaminata che, nelleprocedure di aggiudicazione di minore rilevanza economica, pare assumeremaggiore rilevanza rispetto agli altri principi che assumono rilevanza inmateria. A tale pi ampia impostazione si , tra laltro, uniformato il legislatoreitaliano, il quale, nelladeguare alla direttiva 2004/18/CE il regime degliappalti pubblici, con il D.Lgs. n. 163/2006 (cd. Codice degli appalti pubblici), di recente emanato, ha parzialmente rivisto la disciplina delle proceduredi aggiudicazione degli appalti sotto soglia, estendendo anche a questi ultimi la possibilit di scelta, rimessa quindi alla stazione appaltante, tra criteriodel prezzo pi basso e criterio dellofferta pi vantaggiosa. Tale previsioneha delle ripercussioni anche in tema di disciplina delle offerte anomale. Infatti, se la stazione opta per il criterio dellofferta economicamente pivantaggiosa, allora potr procedere alla verifica delle offerte anomale aisensi degli artt. 86 e ss.; al contrario, in caso di adozione del criterio del prezzo pi basso, si applicher la disposizione derogatoria di cui al comma 9, del- lart. 122, la quale prevede che: 9. Quando il criterio di aggiudicazione quello del prezzo pi basso, la stazione appaltante procede allesclusione automatica dalla gara delleofferte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore allasoglia di anomalia individuata ai sensi dellarticolo 86. La procedura diesclusione automatica non esercitabile quando il numero delle offerteammesse inferiore a cinque.[...] Tale scelta del legislatore concilia le esigenze di semplificazione e trasparenza nel caso di appalti sotto soglia, sostanzialmente rimettendo allastazione appaltante la scelta del criterio di aggiudicazione e delle modalit diverifica delle offerte anomale. E, inoltre, necessario considerare che la direttiva 2004/18/CE non appare applicabile al caso di specie, nel quale entrambe le procedure di aggiudicazione oggetto delle cause principali erano iniziate sulla base di bandi digara emanati e pubblicati in date antecedenti al 31 gennaio 2006, data entrola quale gli Stati membri, in virt dellart. 80 di tale direttiva, dovevano adottare le misure per conformarsi alle sue disposizioni. III C) Conclusioni Alla luce delle considerazioni che precedono, il Governo italiano ritiene che, pur essendo la normativa comunitaria in materia di aggiudicazione di appalti pubblici improntata alla tutela dei principi del trattato ed in IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 157 particolare ai principi della libera circolazione delle merci, della libert distabilimento e della libera prestazione dei servizi, nonch ai principi chene derivano, quali i principi di parit di trattamento, di non discriminazione, di riconoscimento reciproco, di proporzionalit e di trasparenza, ledisposizioni comunitarie pertinenti in materia di valutazione di offerteanomale non trovino automatica applicazione anche alle procedure diaggiudicazione di appalti di valore inferiore alla soglia comunitaria prevista da dette disposizioni. Inoltre le esigenze di semplificazione del procedimento di aggiudicazione sopra rappresentate appaiono prevalenti, nelle procedure predette, rispetto alla tutela dei principi suddetti e, pertanto, tali da far ritenere chegli stessi principi, interpretati alla luce delle citate esigenze, non ostinocomunque a disposizioni nazionali, come quelle in vigore nella Repubblicaitaliana allepoca dei fatti di causa, le quali consentano lesclusione automatica di offerte che appaiano anormalmente basse, ovvero, come le successive disposizioni nazionali, attualmente in vigore, le quali, nel rimettere alladiscrezionalit delle autorit amministrative la scelta del criterio di aggiudicazione negli appalti di valore inferiore alla soglia comunitaria, consentano lesclusione automatica di tali offerte nel caso in cui venga prescelto ilcriterio di aggiudicazione basato sul prezzo pi basso, sempre che il numero delle offerte ammesse non sia inferiore a cinque. Roma, 11 agosto 2006 Avvocato dello Stato Danilo Del Gaizo Causa C-173/06 (domanda di pronuncia pregiudiziale) Applicazionedellart. 216 del Codice Doganale Comunitario in caso di mercecomunitaria preventivamente esportata in regime di Perfezionamento attivo (artt. 114 e 115 del C.D.C.) Ordinanza dellaCommissione Tributaria Regionale di Genova (Italia), del 13 febbraio 17 marzo 2006, notificata il 24 maggio 2006 (ct. 22833/06, avv. delloStato G. Albenzio). IL FATTO Con ordinanza pronunciata in data 13 febbraio 17 marzo 2006lAutorit Giudiziaria in epigrafe indicata ha sollevato davanti alla Corte unaquestione pregiudiziale ai sensi dellart. 234 CE nellambito di un giudiziotributario dappello avverso la sentenza della Commissione TributariaProvinciale di Genova, sorto per impugnazione da parte della soc. A. controlAgenzia delle Dogane che agisce in recupero di dazi dovuti ai sensi del- lart. 216 del Codice Doganale Comunitario nel corso di operazione che lA. sostiene rientrare nellambito del c.d. regime di perfezionamento attivo. Dal contenuto dellordinanza risulta che lA. S.r.l. con sede in Vercelli, operando nellambito del c.d. regime di perfezionamento attivo, ha preventivamente esportato in Ungheria riso lavorato di origine comunitaria esuccessivamente ha importato dalla Thailandia, in esenzione daziaria, quantit di riso semigreggio, da considerarsi a reintegrazione di quello comunitario precedentemente esportato; che sulla predetta importazione la Dogana di RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Genova porto di sbarco del riso thailandese con Verbali di revisione del- laccertamento, ha in seguito recuperato il dazio, ai sensi dellart 216 delCodice Doganale Comunitario, sullassunto che lintera operazione nonpoteva rientrare nella fattispecie di perfezionamento attivo prevista dagliartt. 114 e 115 del Codice Doganale Comunitario, atteso il fatto che lesenzione daziaria si sarebbe potuta concedere soltanto se le importazioni a reintegro avessero riguardato merce anchessa proveniente da uno dei paesi concui vige laccordo con la CEE, tra i quali non compresa la Thailandia; che sorta controversia fra la A. S.r.l. di Vercelli e lAgenzia delle Dogane Direzione Circoscrizionale di Genova in ordine alla corresponsione o menodi dazi doganali allimportazione nel caso di operazioni di PerfezionamentoAttivo come sopra delineate. I QUESITI 1. Se lart. 216 del Codice Doganale Comunitario (Regolamento CEE n. 2912/92 del 12 ottobre 1992) possa trovare applicazione nel caso in cuiuna merce comunitaria (riso) previamente esportata, in Regime diPerfezionamento Attivo con certificato EUR 1, verso un paese terzo (con ilquale vige un Trattato doganale preferenziale), dia luogo allapplicazione deidiritti doganali di importazione al momento della successiva reimportazionea reintegro della stessa merce (equivalente) da un paese terzo c.d. nonaccordista; 2. Se nel caso di mancato prelievo dei diritti ex art. 216 C.D.C. contestualmente allimportazione a reintegro, la Dogana possa successivamente richiederli e non si integri invece la fattispecie esentiva di cui al successivo art. 220 LA POSIZIONE ASSUNTA DAL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA Il Governo italiano sul primo quesito oggetto di richiesta di pronunciapregiudiziale osserva che lapplicazione dellart. 216 del Regolamento CEE2913/92 nellambito delle operazioni di perfezionamento attivo di riso, stata in passato oggetto di discussione in varie sedi, in ambito nazionale ecomunitario a causa della non chiara formulazione della norma in questionee della contestuale operativit nella stessa disposizione di regole concernenti settori diversi della materia doganale, quali quelle del regime di perfezionamento attivo e quelle in materia di origine. I dubbi interpretativi riguardanti lapplicazione di tale norma, in particolare nelle ipotesi di operazioni di perfezionamento attivo di riso con compensazione per equivalenza ed esportazione anticipata, sono stati per superati dalla lettura della norma fornita dai Servizi della Commissione nel documento TAXUD/724/2003 del 20 marzo 2003 nel quale, pur riconoscendolambiguit della disposizione e la necessit di una riformulazione della stessa, stato statuito che in tutte le ipotesi in cui si effettui una operazione diperfezionamento attivo di riso con esportazione anticipata e che allatto del- lesportazione venga emesso un certificato EUR 1 (che in base ad un accordo preferenziale con il paese di destinazione della merce permette di usufruire di un trattamento preferenziale), allatto del reintegro della merce extracomunitaria dovranno essere riscossi i relativi diritti doganali. Ci in quanto, IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 159 come indicato nel documento comunitario sopra citato larticolo 216, nonostante il suo contesto, non costituisce n una regola di origine n una regola di perfezionamento attivo ma una regola riguardante lobbligazionedoganale. In altre parole, la base giuridica di un possibile recupero di dazidoganali larticolo 216 stesso del Codice, e non la regola del no drawback stabilita nel Protocollo sullorigine. Linterpretazione fornita dai Servizi della Commissione elimina ognidubbio riguardo alla necessit della presenza o meno di un accordo preferenziale dal paese di provenienza della merce di reintegro al fine dellapplicazione dei dazi su tale merce, in quanto in tale ipotesi il debito doganale nascedal fatto che tutta loperazione rientra nellambito del regime di perfezionamento attivo nel quale sono state gi concesse numerose agevolazioni, qualilesportazione anticipata, la compensazione per equivalenza e lemissionedel certificato EUR 1 allatto dellesportazione; la previsione di una esenzione dei dazi doganali anche sulla merce a reintegro determinerebbe un eccessivo cumulo di benefici nellambito di una sola operazione; loperatore, pertanto, nelle operazioni di specie pu alternativamente scegliere di usufruiredellagevolazione allatto dellesportazione con lemissione del certificatoEUR1 oppure avere lesenzione del dazio allatto del reintegro. LAmministrazione doganale italiana gi in passato, sulla base di precedenti indicazioni fornite al riguardo dai Servizi della Commissione, avevadiramato istruzioni interne con note prot. n. 12389/IV del 16 gennaio 1997 eprot. n. 1779/VII/SD del 5 marzo 2001 dellallora Dipartimento delleDogane e delle Imposte Indirette Direzione Centrale Servizi Doganali conlindicazione della suddetta modalit operativa in occasione di operazionidella specie; a seguito dellemissione del documento comunitario sopra citato, lAgenzia delle Dogane con nota prot. 2364 del 18 luglio 2003 ha riconfermato le istruzioni precedentemente fornite. Alla luce di quanto sopra, si ritiene che la societ interessata, specializzata nello specifico settore, avrebbe potuto e dovuto essere al corrente dellemodalit di svolgimento di tali operazioni, e correttamente lufficio doganale coinvolto nella fase di reintegro della merce, si immediatamente attivato per ovviare allinesattezza delloperazione con lemissione degli avvisi direvisione dellaccertamento che devono essere ritenuti legittimi. Sul secondo quesito oggetto della richiesta di pronunzia pregiudiziale, il Governo Italiano osserva che lart. 220, paragrafo 2, lettera b), C.D.C. esclude la contabilizzazione a posteriori dellimporto dei dazi, tra laltro, quando limporto dei dazi legalmente dovuto non stato contabilizzato perun errore dellautorit doganale, che non poteva ragionevolmente esserescoperto dal debitore avendo questi agito in buona fede e rispettato tutte ledisposizioni previste dalla normativa in vigore riguardo alla dichiarazionein dogana. La non contabilizzazione, dunque, secondo tale disposizione, pu essereconcessa solo al contemporaneo verificarsi delle seguenti condizioni: 1) lamancata contabilizzazione risulta da un errore dellAutorit doganale; 2) taleerrore non poteva ragionevolmente essere scoperto dal debitore; 3) il debito RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO re deve aver rispettato tutte le disposizioni previste dalla normativa in vigore riguardo alla dichiarazione in dogana; 4) il debitore ha agito in buona fede. Nel caso di specie, lart. 220, paragrafo 2, lettera b), del C.D.C., nontrova applicazione, per quanto risultante dai fatti di causa, in relazione allesuesposte condizioni . In particolare, con riferimento alla condizione di cui al punto 1), come pivolte chiarito dalla giurisprudenza comunitaria formatasi sulla questione (C499/ 03 P del 3 marzo 2005, tra Biegi Nahrungsmittel e Commonfood; nonchle sentenze 12 luglio 1989, causa 161/88, Binder; 14 maggio 1996, cause riunite C 153/94 e C-204/94, Faroe Seafood e a.; e le ordinanze 9 dicembre 1999, C-299/98 P, CPL Imperial 2 e Unifrigo/Commissione e 11 ottobre 2001, causaC-30/00, William Hinton & Sons, Racc.), lerrore dellAutorit Doganale harilevanza soltanto nellipotesi in cui risulti da un comportamento attivo; nelcaso di specie non vi stato un errore dellAutorit doganale sia al momentodellesportazione che al momento dellimportazione a reintegro; in merito sirappresenta che al momento dellemissione dellEur 1 nessun errore statocommesso, in quanto il riso esportato era effettivamente di origine italiana; lostesso deve affermarsi per la introduzione (avvenuta con bolletta IM5 di temporanea importazione), in quanto laccettazione della bolletta in Dogana nonha un significato giuridicamente rilevante in relazione allapprovazione o autorizzazione delle particolari modalit operative prescelte e non comporta, altres, un preventivo controllo sulla regolarit delloperazione, controllo che vienein genere effettuato a posteriori, nellottica della maggior snellezza e velocizzazione delle operazioni doganali; il controllo a posteriori, previsto dallart. 11del D.Lgs. 374/90, stato effettuato con le revisioni daccertamento, oggettodellimpugnazione in argomento, mediante le quali sono state modificate ledichiarazioni di temporanea importazione ed stato contestualmente richiestoil versamento dei dazi allimportazione. In riferimento alla condizione di cui al punto 2), anche nellipotesi in cuisi riconoscesse lerrore dellAutorit doganale, si rileva che tale erroreavrebbe potuto essere ragionevolmente scoperto dal debitore in base alla suaesperienza professionale in materia di sdoganamento e commercio internazionale ed in quanto titolare di autorizzazione al regime doganale di perfezionamento attivo. In riferimento alle condizioni di cui ai punti 3) e 4), si evidenzia che loperatore ad avere presentato una dichiarazione doganale in contrasto conle regole dettate dalla normativa doganale relativa al regime del perfezionamento attivo. Il quesito formulato dal giudice remittente involge quindi, sia pureimplicitamente, lesimente generale della buona fede delloperatore doganale e la sua operativit al fine della sua liberazione dallobbligo di corrispondere le imposte dovute in riferimento alle operazioni poste in essere o, quanto meno, al fine dellapplicabilit del beneficio della sospensione del pagamento; listituto della buona fede da parte della giurisprudenza comunitaria sempre stato rigidamente interpretato alla luce di alcuni principi generali: da un lato, a tutela della posizione del privato, con il richiamo alla clausola IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 161 generale di equit (ex plurimis, Corte di Giustizia, 15 dicembre 1983, Schoeller & Sohne/Commission, C-283/82), al fine di limitare il pagamento a posteriori dei diritti allimportazione o allesportazione al caso in cuitale pagamento sia giustificato e compatibile con la protezione del principiodel legittimo affidamento (cfr. Corte di Giustizia, 1 aprile 1993, HewlettPackard France, C-250/91) e non esponga loperatore a pregiudizi eccedenti lordinario rischio commerciale (Trib., 10 maggio 2001, Kaufring A.G., nelle cause riunite da T186/97 a 293/97); dallaltro, a tutela dellinteressedella Comunit alla riscossione delle risorse proprie, con la attribuzione acarico delloperatore dei normali rischi dellattivit imprenditoriale, dichiarando che (decisione 17 luglio 1997, Pascoal & Filhos, C-97/95): La buonafede dellimportatore non lo esime dalla sua responsabilit per ladempimento dellobbligazione doganale essendo questi il dichiarante della merceimportata (in senso analogo, sent. 11 dicembre 1980, C-827/79, Acampora; sent. 14 maggio 1996, C-153/94 e C-204/94, Faroe Seafood). Se cos nonfosse, infatti, limportatore sarebbe indotto a non verificare pi lesattezzadellinformazione fornita alle Autorit di Stato di esportazione da parte del- lesportatore, n la buona fede di questultimo, il che darebbe luogo adabusi. () La Comunit non tenuta a sopportare le conseguenze pregiudizievoli di comportamenti scorretti dei fornitori dei suoi cittadini, inoltre, () limportatore pu agire in giudizio per il risarcimento nei confrontidellautore del falso e, infine, nel calcolare i vantaggi realizzabili mediante il commercio di prodotti che possono fruire di preferenze tariffarie, loperatore economico accorto e al corrente della normativa vigente devevalutare i rischi inerenti al mercato che gli interessa ed accettarli comefacenti parte della categoria dei normali inconvenienti dellattivit commerciale; [] Ad ogni modo, pacifico che la Comunit non tenuta asopportare le conseguenze pregiudizievoli dei comportamenti scorretti deifornitori degli importatori (sentenza Pascoal & Filhos, cit., punto 59) (Sentenza del 9 marzo 2006, nella causa C-293/04 tra BeemstrboerColdstore Services & Inspecteur der Belastingdienst DouanedistrictArnhem). In tutte queste situazioni stata, quindi, ritenuta irrilevante la situazionedi buona fede del debitore perch assorbita nel concetto giuridico di rischioeconomico; questultimo concetto viene, in buona sostanza, ad affiancarsi aquello della buona fede, bilanciando i contrapposti interessi della Comunite delloperatore in occasione delle controversie concernenti il pagamento deidazi doganali costituenti risorse proprie della Comunit. Anche la Commissione Europea si allineata sulle posizioni della giurisprudenza comunitaria, come risulta dal Documento informativo sullapplicazione degli articoli 220, paragrafo 2, lettera b, e 239 del codice doganalecomunitario (TAXUD/783/2002-IT-REV.3 del 1 luglio 2003); al punto 1.2.5.3. tale documento prende in esame i certificati di origine inesatti (aggettivo usato nel Regolamento e che esprime un concetto ben pi limitato daquello di falso) e d rilievo alla qualit di errore attivo (nellaccezione precisata al punto 1.1.1.) per escludere la contabilizzazione a posteriori dei dazi, RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO in concomitanza con la buona fede delloperatore, e specificando che spettaa questultimo dimostrare di aver agito con diligenza per assicurarsi chefossero rispettate tutte le condizioni per il trattamento preferenziale; inogni caso tali norme si applicano soltanto se il beneficio del trattamentopreferenziale risulta dal rilascio di un certificato da parte delle autoritcompetenti di un paese terzo. Non si applicano quindi n ai certificati falsi o falsificati, n nei casi in cui lesportatore certifichi in prima persona chele merci soddisfano le condizioni richieste per poter beneficiare del regimepreferenziale (esportatori autorizzati). Ad avviso del Governo italiano, nella controversia pendente dinanziallAutorit Giudiziaria remittente gli operatori imputati tendono ad introdurre, a propria difesa, lesimente della buona fede per liberarsi dalle responsabilit che sono state loro attribuite dalla Commissione Tributaria di primogrado in corretta applicazione dei principi dettati dalle disposizioni comunitarie sopra esaminate. Il Governo italiano si determinato a formulare le presenti osservazioniper lesigenza di ottenere dalla Corte di Giustizia una chiara conferma deiprincipi sanciti dai citati art. 216 e 220 CDC (nel senso sopra specificato) elaffermazione che la loro applicazione integrale non pu essere contrastatadallesimente della buona fede che non pu essere invocata in fattispeciecome quella in esame, ove deve prevalere il principio del rischio economicoa carico delloperatore commerciale, anche in relazione a precedenti operazioni eseguite in regime di beneficio per la ricorrenza di diversi presuppostisoggettivi od oggettivi; se cos non fosse si correrebbe il rischio di vederevanificate le esigenze preminenti della Comunit e di rendere difficile oimpossibile lazione di recupero nei confronti dei debitori. In conclusione il Governo italiano suggerisce alla Corte rispondere aiquesiti sottoposti al suo esame affermando in via generale che: 1) il regimedi perfezionamento attivo di cui agli art. 114, 115 e 216 del codice doganale comunitario riguarda ogni singola operazione doganale per la quale siverifichino le condizioni di legge e loperatore non pu pretendere lestensione dei suoi benefici anche alla successiva operazione di reimportazione areintegro della stessa merce da un paese terzo non accordista; 2) lobbligazione di cui sopra non pu essere contrastata con il richiamo ai principidegli art. 220, comma 2, lett. b), del codice doganale comunitario, salva sololoperativit dellesimente della buona fede qualora ricorrano contemporaneamente le quattro condizioni previste dalla norma, con la conseguenzache nella fattispecie di cui causa, loperatore non pu invocarne lapplicazione per lassenza di quelle condizioni. Roma, 26 luglio 2006 Avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio. Causa C-174/06 (domanda di pronuncia pregiudiziale) Ordinanza n. 7291/06 della Corte Suprema di Cassazione, seconda sez. tributaria(Italia), depositata il 29 marzo 2006 sul ricorso Ministero delle finanze e Ufficio IVA di Milano c/CO.GE.P. s.r.l. (ct. 20419/06, avv. delloStato S. Fiorentino). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 163 IL FATTO Oggetto della controversia limposta sul valore aggiunta dovuta dallaCO.GE.P. s.r.l., resistente nel giudizio principale, per servizi resi dalConsorzio autonomo del porto di Genova, costituiti dalla concessione in usodi aree di propriet pubblica e facenti parte del demanio marittimo. LAmministrazione finanziaria italiana ha contestato alla societ, per ilsuddetto titolo, di non aver emesso autofattura per un imponibile pari a lire 141.003.000 nellanno 1991, a lire 34.107.000 nellanno 1992 e a lire 30.800.000 nellanno 1993 ed ha applicato le conseguenti sanzioni. La CO.GE.P. s.r.l. ha proposto ricorso giurisdizionale ed ha chiesto lannullamento dei provvedimenti di rettifica e di applicazione delle sanzioni, sostenendo che loperazione ritenuta soggetta ad I.V.A. dallAmministrazione finanziaria italiana, consistente nella concessione di un depositocostiero per il magazzinaggio di olii minerali, era invece soggetta ad imposta di registro in misura proporzionale, vale a dire ad imposta alternativaallimposta sul valore aggiunto. Ci in quanto la concessione di beni del demanio marittimo non assimilabile alla locazione, n da luogo alla costituzione di un diritto reale ed inoltre in quanto il Consorzio autonomo del porto di Genova svolge funzioni digestione del demanio marittimo, non qualificabili come attivit dimpresa. Il giudice di prima istanza (la Commissione tributaria di primo grado di Milano), riuniti i tre ricorsi avverso i tre provvedimenti di rettifica, li ha accolti. LUfficio I.V.A. di Milano ha proposto appello, sostenendo che le operazioni compiute erano soggette allimposta sul valore aggiunto, trattandosidi prestazioni di servizi rese nellesercizio di unimpresa. Il giudice di secondo grado (Commissione tributaria regionale dellaLombardia) ha respinto lappello dellAmministrazione finanziaria italiana, osservando che lart. 10, n. 8, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 legge fondamentale in materia di I.V.A. nel prevedere lesenzione per le locazioni edaltre operazioni, non contempla, tra i casi di esclusione dellesenzione, le concessioni di beni pubblici. Queste, secondo il diritto italiano, come interpretato dal giudice di secondo grado, non possono considerarsi n cessioni di beni(imponibili ai sensi dellart. 2 del d.P.R. 633/72), n prestazioni di servizi(imponibili ai sensi dellart. 3 della stessa legge fondamentale I.V.A.), nonpotendo, in particolare, rientrare nella nozione residuale prevista dallart. 3, comma 1, del d.P.R. 633/72, che definisce prestazioni di servizi, tra le altre, le obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte. La Commissione tributaria regionale ha osservato, quindi, che il rapporto di concessione dedotto in giudizio rientra a pieno titolo nel novero delleconcessioni su beni demaniali che, secondo lart. 5, parte prima, n. 2 dellaTariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (legge fondamentale in materia di imposta di registro), sono soggetti ad imposta proporzionale di registro, il che esclude lassoggettabilit ad I.V.A. stante il principio dellalternativit previsto dallart. 40 del medesimo d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131. LAmministrazione finanziaria italiana ha proposto ricorso alla Corte dicassazione, chiedendo lannullamento della sentenza dappello. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO A sostegno del ricorso, ha invocato un precedente della medesima Cortedi cassazione, la sentenza n. 6281 del 26 maggio 1992, nel quale si era affermato che Latto di concessione di beni del demanio marittimo, stipulatodallEnte autonomo del porto di Trieste nellambito delle attribuzioni e deipoteri ad esso conferiti dalla legge istitutiva 9 luglio 1967 n. 589 e dal d.P.R. 2 ottobre 1978, n. 714, soggetto allimposta sul valore aggiunto, in quanto atto compiuto nellesercizio dellimpresa gestita dallente pubblico economico e inteso allimpiego produttivo di un bene di cui lente ha la disponibilit e lamministrazione; ad esso si applica, pertanto, limposta di registro in misura fissa, a norma dellart. 38 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634. Secondo lAmministrazione finanziaria italiana, infatti, il Consorzioautonomo del Porto di Genova, al pari dellEnte autonomo del Porto diTrieste (al quale si riferiva il precedente giurisprudenziale invocato a sostegno), ente pubblico economico che opera in piena autonomia e orienta lasua azione secondo principi imprenditoriali. Quindi latto di concessione deldeposito costiero risulta compiuto nellesercizio dellimpresa gestita dallente, essendo diretto allimpiego produttivo del bene attraverso la percezionedi canoni direttamente imputabili alla gestione del Consorzio. IL QUESITO Se il conferimento ad un soggetto del diritto di usare, in modo ancheesclusivo, un bene pubblico, senza prestazione di servizi di carattere prevalente su quello di consentire luso del bene, per un periodo determinato e dietro corrispettivo dimporto assai inferiore al valore del bene, conferimentoposto in essere, su domanda dellinteressato, da un ente pubblico che esercita unimpresa, attraverso lemanazione di un atto amministrativo, comeavviene nella concessione di beni demaniali disciplinata dal diritto nazionale, anzich con un contratto, costituisca unipotesi di locazione di beniimmobili esente da I.V.A., secondo la previsione dellart. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva 77/388/CEE. LA POSIZIONE ASSUNTA DAL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA LA NORMATIVA COMUNITARIA Vengono in rilievo, ai fini della risoluzione della questione pregiudiziale, lart. 4, nn. 1, 2 e 5, lart. 6, n. 1 e lart. 13, parte B), lettera della direttiva 77/388/CEE (Sesta direttiva del Consiglio in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifradaffari). Larticolo 4 della direttiva (Soggetti passivi), ai nn. 1, 2 e 5, stabilisceche: 1. Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attivit economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attivit. 2. Le attivit economiche di cui al paragrafo 1 sono tutte le attivit diproduttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attivitestrattive, agricole, nonch quelle delle professioni liberali o assimilate. Si IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 165 considera in particolare attivit economica unoperazione che comporti losfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilit. 5. Gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attivit od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorit, anche quando, in relazione atali attivit od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni. Se per tali enti esercitano attivit od operazioni di questo genere, essidevono essere considerati soggetti passivi per dette attivit od operazioniquando il loro non assoggettamento provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza. In ogni caso, gli enti succitati sono sempre considerati come soggettipassivi per quanto riguarda le attivit elencate nellallegato D quando essenon sono trascurabili (1). Gli Stati membri possono considerare come attivit della pubblicaamministrazione le attivit dei suddetti enti le quali siano esenti a normadegli articoli 13 o 28. Larticolo 6 della direttiva (Prestazioni di servizi), al n. 1, stabilisceche: 1. Si considera prestazioni di servizi ogni operazione che non costituisce cessione di un bene ai sensi dellarticolo 5. Tale operazione pu consistere tra laltro: in una cessione di beni immateriali, siano o no rappresentati da untitolo; in un obbligo di non fare o di tollerare un atto od una situazione; nellesecuzione di un servizio in base ad una espropriazione fatta dallapubblica amministrazione o in suo nome o a norma di legge. Larticolo 13 della direttiva (Esenzioni allinterno del Paese), parte B(Altre esenzioni) stabilisce che: Fatte salve altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazioni delle esenzioni sottoelencate e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso: a) .. Omissis . . b) laffitto e la locazione di beni immobili, ad eccezione: 1. delle prestazioni di alloggio, quali sono definite dalla legislazionedegli Stati membri, effettuate nel settore alberghiero o in settori aventi funzioni analoghe, comprese le locazioni di campi di vacanza o di terreni attrezzati per il campeggio; 2. delle locazioni di aree destinate al parcheggio di veicoli; (1) LAllegato D alla Sesta Direttiva IVA contempla, al punto 4, la prestazione di servizi portuali e aeroportuali. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 3. delle locazioni di utensili e macchine fissati stabilmente; 4. delle locazioni di casseforti. Gli Stati membri possono stabilire ulteriori esclusioni dal campo diapplicazione di tale esenzione. LA NORMATIVA NAZIONALE ITALIANA (2). Secondo larticolo 4 (Esercizio di imprese), comma 2, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (legge fondamentale IVA): Si considerano in ogni caso effettuate nellesercizio di imprese: 1).. Omissis .. 2) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte da altri enti pubblici e privati, compresi i consorzi, le associazioni o altre organizzazioni senzapersonalit giuridica e le societ semplici, che abbiano per oggetto esclusivo o principale lesercizio di attivit commerciali o agricole(3). Lart. 3 (Prestazioni di servizi) del d.P.R. 633/72 stabilisce che: Costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivodipendenti da contratti dopera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non faree di permettere quale ne sia la fonte. Costituiscono inoltre prestazioni di servizi, se effettuate verso corrispettivo: 1) le concessioni di beni in locazione, affitto e simili; 2) .. Omissis ... Lart. 10 (Operazioni esenti dallimposta) del d.P.R. 633/72 stabilisce che: Sono esenti dallimposta: 1-7) ... Omissis ... 8) le locazioni non finanziarie e gli affitti, relative cessioni, risoluzioni eproroghe, di terreni e aziende agricole, di aree diverse da quelle destinate aparcheggio di veicoli, per le quali gli strumenti urbanistici non prevedono ladestinazione edificatoria, ed i fabbricati, comprese le pertinenze, le scorte ein genere i beni mobili destinati durevolmente al servizio degli immobililocati e affittati, esclusi quelli strumentali che per le loro caratteristiche nonsono suscettibili di diverse utilizzazione senza radicali trasformazioni equelli destinati ad uso civile abitazione locati dalle imprese che li hannocostruiti per la vendita o acquistati per la rivendita; Lart. 41 (Violazioni dellobbligo di fatturazione) del d.P.R. 633/72, al comma 6, stabilisce che: Il cessionario o committente che nellesercizio di imprese, arti o professioni abbia acquistato beni o servizi senza emissione della fattura o con (2) Si indicheranno le norme nel testo applicabile ai fatti di causa, in applicazione del principiotempus regit actum. (3) Il comma 5 dello stesso art. 4 stabilisce inoltre che agli effetti delle disposizioni di questoarticolo sono considerate in ogni caso commerciali, ancorch esercitate da enti pubblici, le seguentiattivit: a g) .. Omissis ..; h) servizi portuali e aeroportuali;i-l) Omissis ... IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 167 emissione di fattura irregolare da parte del soggetto obbligato ad emetterla, tenuto a regolarizzare loperazione con le seguenti modalit: a) se non ha ricevuto la fattura entro quattro mesi dalla data di effettuazione delloperazione deve presentare allufficio competente nei suoi confronti, entro il trentesimo giorno successivo, un documento in duplice esemplare contenente le indicazioni prescritte dallart. 21 e deve contemporaneamente versare la relativa imposta; b) ... Omissis .... Gli articoli 822, comma 1 e 823, comma 1 del codice civile stabiliscono che: 822. Demanio pubblico. Appartengono allo Stato e fanno parte deldemanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia; leopere destinate alla difesa nazionale; 823. Condizione giuridica del demanio pubblico. I beni che fannoparte del demanio pubblico sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggiche li riguardano; Gli articoli 36, comma 1 e 37 del codice della navigazione stabiliscono che: 36. Concessione di beni demaniali. Lamministrazione marittima, compatibilmente con le esigenze del pubblico uso, pu concedere loccupazione e luso, anche esclusivo, di beni demaniali e zone di mare territorialeper un determinato periodo di tempo; 37. Concorso di pi domande di concessione. Nel caso di pi domande di concessione, preferito il richiedente che offra maggiori garanzie diproficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questaper un uso che, a giudizio dellamministrazione, risponda ad un pi rilevante interesse pubblico. Quando non ricorrano tali ragioni di preferenza, per le concessioni didurata superiore al quadriennio o che importino impianti di difficile sgombero, si procede a pubblica gara o a licitazione privata. Nello stesso caso, per le concessioni di durata non superiore al quadriennio e che non importino impianti di difficile sgombero, la preferenza data alrecedente concessionario e, in mancanza, si procede a licitazione privata. LA POSIZIONE DELLA GIURISDIZIONE DI RINVIO La Corte di cassazione ha rilevato che il diritto del concessionario consiste nelluso, anche non esclusivo, del bene dietro un corrispettivo che puessere anche notevolmente inferiore al valore dellutilit ricevuta e per unadurata limitata, senza che lente concedente sia tenuto alla prestazione di servizi di contenuto preminente rispetto a quello di consentire luso del bene. Ha osservato che la concessione un atto avente ad oggetto la messa a disposizione di superfici immobiliari per un tempo prestabilito, comportante un valoreaggiunto assai limitato, che potrebbe non giustificare il diritto alla detrazione. Ha rilevato che il contenuto del concessionario del tutto simile a quello del conduttore, anche se di minore rilevanza economica, perch luso delbene non pu avvenire in contrasto con linteresse pubblico. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Ha, poi, osservato che il rapporto di concessione, sebbene sorga pereffetto di un atto amministrativo unilaterale, discrezionale e autoritativo, presuppone, per la sua costituzione, una manifestazione di volont dellinteressato diretta ad ottenere la concessione e che, inoltre, gli aspetti ulteriori delrapporto, successivi alla sua costituzione, sono regolati da una convenzionebilaterale, di tal che sussisterebbe il requisito del consenso. Ha, infine, escluso che sulla base dellordinamento nazionale le concessioni di beni del demanio portuale possano considerarsi servizi portuali (v. art. 4, punto 5, comma 3 e Allegato D, n. 4, della Sesta Direttiva e art. 4, comma 5, lettera del d.P.R. 633/72). Sulla base di tali premesse, la Corte di cassazione ha ritenuto che, ai finidella soluzione della questione sottopostale, implicante linterpretazione del- lart. 10, comma 1, n. 8), del d.P.R. 633/72, occorreva definire la nozionecomunitaria di locazione e affitto di immobili, rilevante ai fini dellart. 13, parte B, numero b) della Sesta direttiva IVA, per stabilire se allinterno diessa potesse ricadere il rapporto dedotto in giudizio dalle parti. Nella formulazione del quesito sottoposto a codesta On.le Corte, ilGiudice remittente ha, poi, dato per presupposto che il fornitore del servizio, il Consorzio autonomo del Porto di Genova, fosse un ente pubblico che esercita unimpresa. LE OSSERVAZIONI DEL GOVERNO ITALIANO Secondo la giurisprudenza italiana il Consorzio autonomo del porto diGenova, disciplinato dal R.D. 16 gennaio 1936, n. 801, ente pubblico economico, tenuto conto che esso svolge in via prevalente attribuzioni di carattere imprenditoriale, tra le quali la gestione della stazione marittima e portuale (v. Corte di cassazione, Sezione Unite, sent. n. 13298 del 10 dicembre1991 e sent. n. 4187 del 6 maggio 1996). Il Consorzio opera, rispetto alla gestione dei beni del demanio di cui sirende consegnatario, non in nome e per conto dello Stato (che rimane titolare della propriet), ma in proprio, in quanto amministra tali beni con autonome valutazioni e decisioni, individuando i soggetti ai quali sia opportunodevolverne il godimento, fissando i compensi, riscuotendoli ed impiegandoli in finalit istituzionali (v. Corte di cassazione, sent. n. 10097 del 25 luglio2001, resa in una controversia nella quale si discuteva, come nella presente, dellassoggettabilit ad I.V.A. delle concessioni di beni del demaniomarittimo). Questi principi sono stati accolti dalla giurisdizione di rinvio, per modoche risulta accertato che il fornitore del servizio un ente pubblico che gestisce unimpresa e che la concessione a terzi del diritto di uso esclusivo delbene demaniale esprime un momento tipico delle sue incombenze di naturaimprenditoriale. Dal punto di vista soggettivo loperazione deve, pertanto, ritenersi effettuata da un soggetto passivo IVA, tenuto conto che, secondo la consolidatagiurisprudenza di codesta Corte, ai fini dellesenzione prevista dallart. 4, n. 5, primo comma della sesta direttiva, devono essere congiuntamente soddisfatte due condizioni: lesercizio di unattivit da parte di un ente pubblico e IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 169 lesercizio di tale attivit in veste di pubblica autorit (v. sentenze 14 dicembre 2000, causa C-446/98, Fazenda Publica, punto 15; 25 luglio 1991, causa C-202/90, Ayuntamiento de Sevilla). Nel caso di specie, per contro, latto di concessione atto inerente allesercizio dellimpresa, compiuto dal Consorzio in vista di un interesse economico proprio, per il conseguimento di ricavi direttamente imputabili allagestione dellente. Trascorrendo al profilo oggettivo delloperazione, deve osservarsi che, secondo la giurisprudenza della Corte, le esenzioni previste dallart. 13 delladirettiva 77/388/CEE costituiscono nozioni autonome di diritto comunitarioe devono pertanto ricevere una definizione comunitaria indipendente dallesingole legislazioni nazionali (v. sentenze 12 settembre 2000, causa C358/ 97, Commissione/Irlanda, punto 51; 16 gennaio 2003, causa C-315/00, Maierhofer, punto 25, 12 giugno 2003, causa C-275/01, Sinclair Collis,, punto 22; 18 novembre 2004, causa C-284/03, Belgio Temco Europe SA). Infatti, anche se lart. 13, parte B, della direttiva rinvia alle condizioni diesenzione stabilite dagli Stati membri, la necessit che le esenzioni previsteda tale disposizione corrispondano a nozioni autonome di diritto comunitario risiede nellesigenza che la base imponibile dellIVA sia determinata inmaniera uniforme e secondo le norme comunitarie (v. sentenza 4 ottobre 2001, causa C-326/99, Goed Wonen, punto 47). I termini con i quali sono state designate le esenzioni di cui allarticolo13 devono essere interpretati restrittivamente, dato che costituiscono deroghe al principio generale secondo cui lI.V.A. riscossa per ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo (v. sentenze 8maggio 2003, causa C-269/00, Seeling, punto 44; 20 giugno 2002, Commissione/ Germania, causa C-287/00, punto 43; 15 giugno 1989, causa348/87, Stichtung Uitvoering, punto 13). Ci non esclude, peraltro, che alla nozione di locazioni di beni immobili, per gli effetti di cui allart. 13, parte B), lettera b), della sesta direttiva tenuto conto che questa non reca alcun chiarimento sulla portata dellespressione possa attribuirsi una portata per determinati aspetti pi ampia diquella sancita dai diversi diritti nazionali (v. sentenza 12 settembre 2000, causa C-358/97, Commissione/Irlanda, punti 53 e 54). Tale conclusione pu ricavarsi, sulla base di uninterpretazione sistematica, dal regime delle eccezioni allesenzione previste ai numeri da 1 a 4 delmedesimo articolo 13 parte B), lettera b) che, in pi di un caso, riguardanoipotesi che gi risulterebbero estranee allambito delle locazioni, se a tale termine si attribuisse un significato coincidente con quello che esso riceve nellelegislazioni dei diversi paesi membri. stato, quindi, affermato che la locazione di beni immobili ai sensi del- lart. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva consiste in sostanza nel fattoche il proprietario dellimmobile cede al locatario, in cambio di un canone eper una durata convenuta, il diritto di occupare il suo bene e di escludernealtre persone (v. sentenza Seeling citata, punto 49; sentenza 9 ottobre 2001, causa C-409/98, Mirror Group, punto 31). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Lesame di queste decisioni consente, tuttavia, di ritenere che lindicazione del proprietario, quale fornitore del servizio, sia espressione generica, che si riferisce al soggetto cui spetta generalmente la facolt di disposizione del bene e, quindi, di attribuzione del godimento di esso a terzi, ma nonindividui un elemento essenziale della locazione, cos come avviene neidiversi diritti nazionali, nei quali la titolarit del diritto di propriet in capoal locatore non costituisce presupposto di validit o di efficacia del contratto (appartenendo al tema delladempimento la garanzia del locatore di assicurare al locatario il pacifico godimento del bene). Neanche essenziale sembra essere ritenuto, nella giurisprudenza dellaCorte, ispirata piuttosto dagli aspetti economico fattuali del fenomeno chenon da quelli giuridico formali, che il godimento del bene al allinteressato sia attribuito mediante lassunzione di unobbligazione ovvero mediantela costituzione, verso corrispettivo, di un diritto reale di durata limitata (v., intema di usufrutto, sentenza 4 ottobre 2001 Goed Wonen citata, punti 55 e 59) La Corte ha invece mostrato di ritenere essenziali, nella considerazionedelloperazione, il consenso delle parti e la considerazione, nel consensodelle parti, della durata del godimento, il che certamente avviene nel caso incui, come nella fattispecie che ha dato luogo alla controversia principale, ilcorrispettivo sia fissato in funzione di tale durata (v. sentenza 12 settembre 2000, Commissione c/Irlanda citata, punti 56 e 57). Alla luce delle considerazioni che precedono, ritiene il Governo italianoche la concessione in uso del deposito portuale, in un caso come quello rilevante nella controversia principale, rientri nella definizione di locazione contenuta nellart. 13, parte B, lettera b) della direttiva, perch con essa si attribuisce al beneficiario, verso corrispettivo commisurato alla durata del rapporto, comunque limitata, il godimento del bene ad esclusione di tutti glialtri, ivi compreso il concedente, non ostando a tale conclusione la circostanza che il concedente non sia il proprietario e che il corrispettivo, comunquenon simbolico, possa risentire della considerazione di altre utilit di cuibeneficia il concedente. N di ostacolo a tale conclusione la circostanza che il consenso delconcedente sia espresso nella forma dellatto amministrativo e secondo leprocedure richieste dal codice della navigazione: lutilizzo di tale strumentorisponde a due fondamentali esigenze la necessit che, trattandosi di unbene di propriet pubblica, il suo godimento sia attribuito a terzi secondoregole che assicurino la trasparenza e la libera concorrenza e la necessit chelo sfruttamento di esso risponda costantemente, durante lintero svolgimento della concessione, ad un interesse pubblico (sotto pena di revoca dellattoamministrativo) ma non introduce sostanziali alterazioni alla causa del rapporto, che resta una causa di scambio sovrapponibile a quella tipica del contratto di locazione. Sebbene con ci si trascorra ad una questione di interpretazione del diritto nazionale, che competer alle parti del giudizio principale dinnanzi allagiurisdizione di rinvio, il Governo italiano deve dissentire dallimpostazioneche traspare dallordinanza di rinvio, secondo la quale lequiparazione alla IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 171 locazione renderebbe necessariamente esente da I.V.A. la concessione di unbene strumentale, quale il deposito portuale. Per quanto qui rileva, il Governo italiano intende mettere in evidenza che, come emerge dallo stesso tenore letterale dellart. 13, parte B, lett. b) e parte Cdella sesta direttiva, questultima ha lasciato unampia discrezionalit agli Statimembri per quanto concerne lesenzione o lassoggettamento a imposta delleoperazioni interessate (v. sentenza 4 ottobre 2001 Goed Wonen citata, punto45; sentenza 3 febbraio 2000, causa C-12/98, Amengual Far, punto 13). stato affermato, avuto riguardo alla ratio della norma di esenzione, cheҏ parimenti conforme alla finalit generale della sesta direttiva il fatto che, se un bene immobile messo a disposizione di un soggetto passivo mediante locazione o affitto, in quanto mezzo che concorre alla produzione di benio servizi il cui costo si ripercuote sul prezzo di questi ultimi, esso resta otorna nel circuito economico e deve poter dar luogo a operazioni imponili e che la caratteristica comune delle operazioni che lart. 13, parte B, lett. b), della detta direttiva esclude dal campo di applicazione dellesenzione proprio, infatti, che esse implicano uno sfruttamento pi attivo dei beniimmobili (v. sentenza 4 ottobre 2001 Goed Wonen citata, punto 53); Lart. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva consente, quindi, agli Statimembri, come stato enunciato da codesta Corte, di ottenere il risultato diesentare le sole locazioni di beni immobili destinati ad abitazione (v. sentenza 3 febbraio 2000, Amengual Far, citata, punti 14 e 15). Quindi, il riportato art. 10, n. 8 del d.P.R. 633/72, il quale chiaramenteassoggetta a tassazione le locazioni di immobili strumentali allesercizio del- limpresa (come nella specie), non contrasta con alcuna previsione della sestadirettiva, come interretata dalla giurisprudenza di codesta Corte di giustizia. CONCLUSIONI Alla stregua delle considerazioni che precedono, il Governo italiano suggerisce alla Corte rispondere al quesito sottoposto al suo esame affermando che: Lart. 13, sub B, lett. b), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio1977, n. 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degliStati membri relative alle imposte sulla cifra daffari, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che il conferimento ad un soggetto deldiritto di usare in modo, anche esclusivo, un bene pubblico per un periododeterminato e verso corrispettivo, conferimento posto in essere attraversolemanazione di un atto amministrativo, su domanda dellinteressato, anzich con un contratto, da un ente pubblico che esercita unimpresa, costituisca unipotesi di locazione che uno Stato membro pu esonerare dallapplicazione dellimposta sulla cifra daffari. Roma, 28 luglio 2006 Avvocato dello Stato Sergio Fiorentino Causa C-175/06 (domanda di pronuncia pregiudiziale) Codice dellapropriet industriale e intellettuale Ordinanza del Tribunale civile di Genova (Italia) notificata il 24 maggio 2006 (ct. 23659/06, avv. delloStato W. Ferrante). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO I QUESITI 1.- Se la richiesta di procedere alla descrizione, nei termini di cui agliartt. 128 e 130 del Codice Italiano della Propriet Industriale e Intellettuale, secondo le modalit dettate da questo giudice nel caso di specie, sia, ai sensie nei termini di cui al regolamento CE 1206/2001 del Consiglio del 28 maggio 2001 (relativo alla cooperazione fra le autorit giudiziarie degli Statimembri nel settore dellassunzione delle prove in materia civile o commerciale) da ricomprendersi tra gli atti di assunzione delle prove per le qualilautorit giudiziaria di uno Stato membro pu, in base al Regolamento suddetto, chiedere allautorit giudiziaria competente di un altro Stato membrodi procedere allassunzione della prova stessa; 2.- se, in caso affermativo ed in caso di richiesta di descrizione incompleta o che non soddisfa le condizioni di cui allart. 4 del regolamento, sussista per lautorit giudiziaria richiesta lobbligo: di trasmettere una dichiarazione di ricezione nei termini e nei modi dicui allart. 7 del regolamento; di segnalare leventuale incompletezza della richiesta, onde consentireallautorit giudiziaria richiedente di completare e/o adeguare la propriarichiesta. LA POSIZIONE ASSUNTA DAL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA Il Governo italiano ritiene che al primo quesito vada data risposta positiva atteso che la descrizione degli oggetti costituenti violazione della propriet industriale nonch degli elementi di prova concernenti la denunciataviolazione e la sua entit, ai sensi dellart. 128 del D.Lgs. 10 febbraio 2005 n. 30 (Codice della propriet industriale), quale misura cautelare, ha la funzione di precostituire la prova della violazione del diritto, da utilizzarsi nelcorso del successivo giudizio. Essa pu dunque ricomprendersi tra gli attiistruttori di assunzione delle prove per le quali lautorit giudiziaria di unoStato membro pu, in base al regolamento CE n. 1206/2001, chiedere allautorit giudiziaria competente di un altro Stato membro di procedere allassunzione della prova stessa. La questione stata sollevata dal Tribunale di Genova sezione specializzata per la propriet intellettuale e industriale nellambito di un procedimento di descrizione, ex artt. 128 e 130 del Codice della Propriet Industriale, di un sistema di imbracatura adatta per luso su natanti, realizzato da unasociet con sede in Gran Bretagna e distribuito in Italia dalla (...) s.r.l., che siassume essere del tutto identico a quello il cui brevetto di titolarit delPolitecnico di Milano, di cui inventore il ricorrente in quel procedimento eche forma oggetto di una domanda di brevetto depositata precedentemente aquella depositata dalla societ inglese. Il Giudice italiano investito della domanda ha, in un primo momento, disposto la descrizione della merce asseritamente contraffatta e la descrizione dei documenti di natura contabile, amministrativa e tecnica relativi allaproduzione sul solo territorio provinciale, e, successivamente, ha dispostoche le stesse operazioni venissero eseguite anche in territorio britannico, IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 173 sede della societ tacciata di contraffazione, inoltrando la relativa richiestaallautorit giudiziaria inglese ai sensi del regolamento n. 1206/2001 sullacooperazione fra le autorit giudiziarie degli Stati membri nel settore delleprove in materia civile o commerciale. La richiesta tornava sostanzialmente inevasa dallufficio del SeniorMaster of the Queens Bench Division of the Supreme Court of England andWales, che affermava: la ricerca ed il grippaggio delle merci e dei documenti non rientra nella pratica degli agenti del Senior Master, richiamando unprecedente parere del Treasury Solicitor in base al quale considerata lamateria non si tratta di questione che consideriamo debba rientrare nellacompetenza di questo ufficio in base alla procedura Letter of Request. ComՏnoto, ci occupiamo dellinterrogazione di testimoni mentre questa materiaparticolare richiede la ricerca ed il grippaggio di merci e di documenti, chesembrano non rientrare nella pratica abituale. Sostanzialmente lo Stato richiesto ha rifiutato lesecuzione della richiesta con la motivazione che le attivit oggetto della stessa non rientrerebberonella pratica dellautorit investita dal giudice italiano. Lo Stato italiano, con ladozione del D.Lgs. 30/05, ha inteso dare pienatutela alla propriet industriale, ricomprendendo nella detta espressione marchi ed altri segni distintivi, indicazioni geografiche, denominazioni di origine, disegni e modelli, invenzioni, modelli di utilit, topografie dei prodotti asemiconduttori, informazioni aziendali riservate e nuove variet vegetali. Sitratta di una normativa che, pur se emanata sulla base della legge delega n. 273 del 2002, pienamente conforme ai principi ed ai criteri dettati dallaDirettiva del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2004/48/CE del 29 aprile 2004 sul rispetto dei diritti di propriet intellettuale, inclusi in detta espressione e per stessa precisazione contenuta nellarticolo 1, anche i diritti di propriet industriale. In base allart. 6 della predetta direttiva, gli Stati membri assicurano che, a richiesta della parte che ha presentato elementi di prova ragionevolmenteaccessibili e sufficienti per sostenere le sue affermazioni e ha, nel convalidare le sue richieste, specificato prove che si trovano nella disponibilit dellacontroparte, lautorit giudiziaria competente possa ordinare che tali elementi di prova siano prodotti dalla controparte, a condizione che sia garantita latutela delle informazioni riservate. A tal fine gli Stati membri possono disporre che lautorit giudiziariacompetente consideri come elementi di prova ragionevoli un numero sostanziale di copie di unopera o di qualsiasi altro oggetto protetto o un ragionevole campione. Alle stesse condizioni, in caso di violazione commessa suscala commerciale, gli Stati membri adottano le misure necessarie per consentire alle autorit giudiziarie competenti di ordinare, se del caso, su richiesta di una parte, la comunicazione delle documentazioni bancarie, finanziarie o commerciali che si trovano in possesso della controparte, fatta salva latutela delle informazioni riservate. Dal canto suo, la legislazione italiana (art. 128 del codice della propriet industriale) prevede che il titolare di un diritto industriale possa chiedere RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO che sia disposta la descrizione degli oggetti costituenti violazione di talediritto, nonch dei mezzi adibiti alla produzione dei medesimi e degli elementi di prova concernenti la denunciata violazione e la sua entit. Il Tribunale competente, sentite le parti e assunte, quando occorre, sommarie informazioni, provvede con ordinanza non impugnabile e, se disponela descrizione, indica le misure necessarie da adottare per garantire la tuteladelle informazioni riservate e autorizza leventuale prelevamento di campioni degli oggetti di cui si assume la preventiva invenzione. Quando la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare lattuazione del provvedimento, provvede sullistanza con decreto motivato, anche inaudita altera parte, come accaduto nel caso di specie. A norma dellart. 130 del predetto Codice, la descrizione e il sequestrovengono eseguiti a mezzo di ufficiale giudiziario, con lassistenza, oveoccorra, di uno o pi periti ed anche con limpiego di mezzi tecnici di accertamento, fotografici o di altra natura. Gli interessati possono essere autorizzati ad assistere alle operazioni anche a mezzo di loro rappresentanti e adessere assistiti da tecnici di loro fiducia. La descrizione e il sequestro possono concernere oggetti appartenenti asoggetti anche non identificati nel ricorso, purch si tratti di oggetti prodotti, offerti, importati, esportati o messi in commercio dalla parte nei cui confronti siano stati emessi i suddetti provvedimenti e purch tali oggetti nonsiano adibiti ad uso personale. Il verbale delle operazioni di sequestro e didescrizione, con il ricorso ed il provvedimento, deve essere notificato alterzo cui appartengono gli oggetti sui quali descrizione o sequestro sono statieseguiti, entro quindici giorni dalla data di conclusione delle operazioni stesse a pena di inefficacia. Questo il procedimento previsto dallordinamento italiano per lacquisizione degli elementi utili nel successivo giudizio di merito, teso a rivendicare la paternit dellinvenzione ed eliminare gli effetti delluso non autorizzato della stessa. Orbene, nel giudizio pendente davanti allAutorit giudiziaria italiana, sidiscute dellinteresse dellinventore italiano a non vedere commercializzatinel territorio nazionale prodotti del tutto simili a quelli frutto del suo ingegno e regolarmente brevettati. Quindi, al di l dei problemi legati al riconoscimento allestero del detto brevetto, in mancanza di una normativa comunitaria che ne riconosca lefficacia e la tutelabilit su tutto il territoriodellUnione, ed in mancanza di elementi per poter affermare la piena applicabilit al caso di specie della Convenzione dellUnione di Parigi per la protezione della propriet industriale, sottoscritta, tra gli altri Paesi, anche dalRegno Unito, sussiste un interesse, in caso di illecita commercializzazionesul territorio dello Stato italiano di un prodotto analogo a quello oggetto dibrevetto, ad assicurare a chi rivendica la paternit dellinvenzione tutte legaranzie di difesa del suo diritto, prima fra tutte quella prevista dallordinamento italiano di procedere ad una descrizione dettagliata del prodotto che siassume contraffatto al fine di provarne una sua sostanziale assimilazione aquello oggetto di brevetto. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 175 Poich nella fattispecie emersa la necessit di acquisire questi elementidi prova fuori dal territorio nazionale, ma comunque in territorio comunitario, stante la provenienza del prodotto che si assume contraffatto dal Regno Unito, viene in rilievo il regolamento del Consiglio n. 1206/0l del 28 maggio 2001, relativo alla cooperazione fra le autorit giudiziarie degli Stati membri nel settore dellassunzione delle prove in materia civile o commerciale. Detto regolamento impone ai Paesi membri una precisa cooperazionegiudiziaria. Pi in particolare e per quello che interessa la questione sottoposta al vaglio della Corte di Giustizia, lautorit giudiziaria di uno Stato membro pu richiedere allautorit giudiziaria di un altro Stato membro di procedere allassunzione di una prova allinterno di un procedimento di naturacivile o commerciale pendente presso la prima, descrivendo le modalit diassunzione della stessa. La nozione di assunzione delle prove in materia civile e commercialecui si riferisce il regolamento 1206/2001 ricomprende certamente la procedura indicata dal giudice italiano e richiesta allomologo britannico, trattandosi di uno strumento di acquisizione della prova che nel caso di specienon testimoniale ma documentale volto a garantire in buon esito di ungiudizio pendente o da instaurare in un altro Stato membro. Peraltro, in forza del richiamo contenuto nellarticolo 10, comma 3, delregolamento n. 1206/2001, il procedimento per descrizione rientra a pienotitolo tra le attivit che si pu chiedere di eseguire allautorit di altro Paesemembro. Invero, ai sensi dellarticolo 10, comma 3 cit., lautorit giudiziaria richiedente pu chiedere che la richiesta sia eseguita secondo una procedura particolare prevista dalla legge del proprio Stato membro. La procedura di descrizione pu inoltre essere ricondotta alla nozionedi misura di protezione delle prove di cui allart. 7 della citata Direttiva2004/48/CE relativa al rispetto dei diritti di propriet intellettuale, cheimpone che gli Stati membri, ancor prima dellinstaurazione di un giudiziodi merito, assicurino che la competente autorit giudiziaria, su richiesta diuna parte che abbia assolto il proprio onere probatorio circa la violazionecerta o altamente probabile del suo diritto, disponga celeri ed efficaci misure provvisorie per salvaguardare le prove della violazione lamentata. Aisensi del citato art. 7 siffatte misure possono includere la descrizione dettagliata, con o senza prelievo di campioni, o il sequestro delle merci controverse, alloccorrenza, dei materiali e degli strumenti utilizzati nella produzione e/o distribuzione di tali merci e dei relativi documenti. Questemisure sono adottate, alloccorrenza, inaudita altera parte, in particolarequando eventuali ritardi potrebbero causare un danno irreparabile al titolare dei diritti o se sussiste un rischio comprovabile di distruzione degli elementi di prova. Peraltro, gi lart. 24 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre1968 concernente la competenza giurisdizionale e lesecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale prevedeva che i provvedimenti provvisori o cautelari, previsti dalla legge di uno Stato contraente, potessero essererichiesti allautorit giudiziaria di detto Stato anche se, in forza dellart. 2 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO della medesima Convenzione, la competenza a conoscere la controversia nelmerito era riconosciuta al giudice di un altro Stato contraente. In proposito, la giurisprudenza comunitaria ha chiarito che, per provvedimenti provvisori o cautelari, devono intendersi i provvedimenti volti allaconservazione di una situazione di fatto o di diritto onde preservare diritti deiquali spetter poi al giudice di merito accertare lesistenza (sentenze 28 aprile 2005, causa C-104/03, St. Paul Dairy Industries NV punto 13, sentenza 26marzo 1992, causa C-261/90, Reichert e Kockler, Racc. pag. I-2149, punto34 e sentenza 17 novembre 1998, causa C-391/95, Van Uden, punto 37). Certamente tale pu considerarsi il procedimento di descrizione, improntatoa celerit ed immediatezza, destinato ad acquisire elementi di prova rilevanti ai fini dellaccertamento della violazione della propriet intellettuale equindi strumentale allinstaurazione di una futura controversia. Si vedano inoltre le conclusioni dellAvvocato Generale D. Ruiz-JaraboColomer nella citata causa C-104/03 in base alle quali sempre applicabilelart. 24 della Convenzione di Bruxelles ogni volta che la misura sia volta acostituire uno strumento per conservare un mezzo probatorio, al fine di farloacquisire in un giudizio posteriore. Viene infatti precisato, al punto 32, cheanche nel diritto europeo comparato esistono strumenti che consentono diprocedere allassunzione di prove nella specie si trattava di prova testimoniale prima che venga promossa unazione. Essi solitamente si caratterizzano per il fatto che perseguono specificamente un obiettivo di conservazione processuale ai fini del quale il giudice adito pu verificare il carattereeffettivo dellasserito rischio di sparizione della prova, la rilevanza per lasoluzione di una lite dei fatti che si pretende far valere o un principio diprova per giustificare la necessit del procedimento. Il procedimento di descrizione appare quindi pienamente rientrare tra gliatti di assunzione della prova, che lautorit giudiziaria di uno Stato membropu chiedere a quella di un altro Stato dellUnione, non solo ai sensi delregolamento 1206/2001 ma anche in base ai principi di cooperazione tra Staticontraenti gi affermati dalla Convenzione di Bruxelles e pi specificamente confermati dalla Direttiva 2004/48/CE sul rispetto dei diritti di proprietintellettuale. In merito al secondo quesito, il Governo italiano ritiene di dover darerisposta positiva, in quanto lobbligo di trasmettere una dichiarazione di ricezione prevista in ogni caso dallart. 7 del regolamento a prescindere dallaccoglibilit della richiesta mentre lobbligo di segnalare leventuale incompletezza della richiesta, alla luce del principio di cooperazione tra Stati in materiadi assunzione di prove, sussiste in ogni caso in cui la richiesta possa essereintegrata o chiarita illustrando la particolare procedura dello Stato richiedente. Ai sensi dellart. 7 del regolamento citato, lautorit richiesta trasmetteentro sette giorni dalla ricezione della richiesta una dichiarazione di ricezione allautorit richiedente facendo eventualmente menzione delle mancanzedella richiesta. Allo stesso modo procede se la richiesta non pu essere eseguita per mancanza dei dati necessari alla sua esecuzione o perch necessario un anticipo o un deposito (art. 8 reg. cit.). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 177 Nel caso in cui lesecuzione di una richiesta che soddisfi le condizioni dicompletezza esuli dalla competenza dellautorit giudiziaria alla quale stata trasmessa, questultima inoltra la richiesta allautorit giudiziaria competente del proprio Stato membro e ne informa lautorit giudiziaria richiedente (art. 7, comma 2 reg. cit.). Qualora lautorit giudiziaria richiedente abbia chiesto di eseguire larichiesta secondo una procedura particolare prevista dalla legge del proprioStato membro, lautorit giudiziaria investita accoglie tale richiesta a menoche detta procedura non sia incompatibile con le leggi del suo Stato membro o per notevoli difficolt di ordine pratico. In tal caso, ne informa lautoritgiudiziaria richiedente (art. 10, comma 3 reg. cit.) In linea generale, comunque, la facolt di rifiutare lesecuzione di unarichiesta di esecuzione dellassunzione delle prove dovrebbe essere limitataa ben definite situazioni eccezionali (11 considerando del reg. 1206/2001). Nel caso di specie, il rifiuto stato motivato con la considerazione chele attivit di acquisizione delle prove, come richieste dal giudice italiano, non rientrerebbero tra le competenze dellautorit richiesta. In realt, le motivazioni addotte dallautorit giudiziaria britannica rendono non conforme al regolamento il rifiuto di esecuzione delle richieste delgiudice italiano. Infatti, ai termini di regolamento, lesecuzione di una richiesta pu essere rifiutata solo se la richiesta non rientra nellambito di applicazione del regolamento; se non costituito un deposito o un anticipo, nel casosia necessario, nel termine stabilito dal regolamento stesso; se lautoritrichiedente non ha dato seguito alla domanda di completamento regolarmente avanzata dal giudice richiesto; o, infine, se non rientra nelle attribuzionedel potere giudiziario. Orbene, nonostante i possibili equivoci che pu far sorgere il tenoredella risposta dellautorit britannica, deve escludersi che, nel caso di specie, ricorrano le prime tre condizioni. Quanto allultima eventualit, la rispostadellautorit giudiziaria britannica appare non conforme al regolamento sianel caso in cui nella stessa si debba cogliere una negazione di attribuzioni delpotere giudiziario nel suo complesso, sia nel caso in cui la stessa debba interpretarsi soltanto come un difetto di competenza. Ed invero, nella prima ipotesi, se tra le attribuzioni in materia di acquisizione delle prove del potere giudiziario britannico vi solo quella di assumere testimonianze, vi una sostanziale importante limitazione dellapplicazione del regolamento 1206/2001 per quanto riguarda il Regno Unito. Nellaseconda, vi sarebbe una indubbia violazione del dettato regolamentare laddove questo impone allautorit giudiziaria richiesta, in caso di sua incompetenza, di trasmettere dufficio la richiesta allautorit competente per iltipo di procedura, dandone al contempo comunicazione allautorit richiedente (art. 7, comma 2 reg. cit.). Il Governo italiano propone quindi alla Corte di risolvere il primo quesito nel senso di ritenere che la richiesta di procedere alla descrizione, neitermini di cui agli artt. 128 e 130 del Codice italiano della ProprietIndustriale e Intellettuale, sia da ricomprendersi, ai sensi del regolamentoCE 1206/2001 del Consiglio del 28 maggio 2001 tra gli atti di assunzione RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO delle prove per le quali lautorit giudiziaria di uno Stato membro pu, inbase al regolamento suddetto, chiedere allautorit giudiziaria competentedi un altro Stato membro di procedere allassunzione della prova stessa. Il Governo italiano propone di risolvere il secondo quesito nel sensoche, in caso di richiesta di descrizione incompleta o che non soddisfa le condizioni di cui allart. 4 del regolamento, sussiste lobbligo per lautorit giudiziaria richiesta di trasmettere una dichiarazione di ricezione nei termini enei modi di cui allart. 7 del regolamento nonch di segnalare leventualeincompletezza della richiesta, onde consentire allautorit giudiziariarichiedente di completare o adeguare la propria richiesta. Roma, 31 luglio 2006 Avvocato dello Stato Wally Ferrante. Causa C-179/06 (Commissione c/ Repubblica italiana) Ricorso per inadempimento ex art. 226 CE notificato il 24 maggio 2006 Siti diimportanza comunitaria (SICp) e zone speciali di conservazione(ZPS) IT9120007 Murgia Alta Interventi di edilizia industrialead Altamura (BA) Cattiva applicazione direttive 92/43/CE e79/409/CE (ct. 21257/06, avv. dello Stato G. Fiengo). IL RICORSO Il procedimento promosso dalla Commissione delle Comunit europeecontro la Repubblica italiana volto a far constatare che questultima, avendo il Comune di Altamura e la Regione Puglia approvato, a partire daldicembre 2000, una modifica di piano urbanistico costituita da una serie diinterventi di edilizia industriale suscettibili di aver un impatto significativonella ZPS e SICp IT 9120007 Murgia Alta, senza effettuare una previa valutazione dellincidenza almeno per quanto riguarda gli impatti sulla ZPS, venuta meno agli obblighi derivanti dal combinato disposto degli articoli 6, paragrafo 3, e 7 della direttiva 92/43/CEE. IL CONTRORICORSO Il Governo della Repubblica italiana ritiene che non vi sia specificaviolazione delle citate direttive e che comunque i fatti (vecchi e nuovi) e lecorrette valenze giuridiche ad essi attribuibili possono ragionevolmenteindurre la Commissione ad abbandonare il giudizio. 1. In via preliminare si rammenta che larticolo 6 paragrafo 3 della direttiva Habitat dispone che Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla conservazione del sito, ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dellincidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delleconclusioni della valutazione dellincidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo4, le autorit nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicher lintegrit del sito in causa e, se del caso, previo parere dellopinione pubblica. 2.- La disposizione comunitaria sembra richiamare lattenzione su dueaspetti: a) la possibilit dincidenza significativa di uno o pi progetti (o IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 179 piano) sulla conservazione del sito; b) lobbligo di procedere a valutazionedincidenza prima che lautorit esprima il suo consenso al piano o al progetto, rendendo possibile liniziativa. La legislazione regionale della Puglia, fin dal 1994 ben prima quindidella delimitazione della zona protetta di cui si discute conteneva specialidisposizioni finalizzate ad incentivare loccupazione nei settori industriale, artigianale, agricolo, turistico ed alberghiero. 3.-In sintesi le procedure previste dalla legge regionale n. 34 del 19dicembre 1994, cos come modificata dalla legge regionale n. 8 del 28 gennaio 1998, prevedevano che i sindaci dei Comuni interessati potessero chiedere al Presidente della Giunta regionale la definizione di un accordo di programma, ai sensi dellart. 27 della legge 8 giugno 1990, n 142, per 1autorizzazione alla realizzazione di complessi produttivi che attivassero immediatamente livelli occupazionali non inferiori a 50 addetti per unit produttiva. La sottoscrizione di ciascun accordo di programma veniva di volta involta autorizzata dalla Giunta regionale ed era ammissibile solo se lo strumento urbanistico vigente non prevedeva aree idonee con destinazione specifica operante e giuridicamente efficace per le opere da realizzare o fosseindispensabile 1ampliamento di strutture esistenti in aree contigue nondestinate alle attivit industriali e/ o artigianali. 4.- Le stesse norme precisavano che le aree interessate agli interventiprevisti dallaccordo di programma dovevano essere dotate delle opere diurbanizzazione primaria; in assenza, le stesse opere dovevano essere previste a carico del soggetto destinatario della concessione edilizia. evidente che lintera applicazione delle misure incentivanti si fondava su lindividuazione delle aree e la predisposizione del progetto da parte del soggetto privato. Laccordo di programma, contrariamente a quanto potrebbe ritenersisulla base del lessico, non atto che definisce una situazione giuridica, non un atto amministrativo n un contratto (iure civili), ma semplice moduloprocedimentale, nel quale uno o pi soggetti pubblici e privati predeterminano i loro comportamenti e impegni per giungere ad un risultato finale. Nelcaso di specie i singoli accordi di programma, pur prefigurando unavariante urbanistica nella destinazione duso delle aree destinate agli interventi, non surrogavano i procedimenti pubblici e convenzionali necessari perdar corso alliniziativa, n si sostituivano al rilascio, per ciascuna costruzione, di una specifica licenza edilizia. Questo fa comprendere come a sei annidi distanza dalladozione degli atti, la maggior parte delle iniziative previstein questi accordi non abbiano avuto realizzazione. 5.- In questo contesto larticolo 1 bis, aggiunto dallart. 1 comma 2 dellalegge regionale n. 8 del 1998, stabiliva espressamente che le disposizionidella legge dincentivazione non potessero derogare alle norme in materia divincoli di tutela del territorio e dellambiente e quindi al rilascio delle relative autorizzazioni. Nellordinamento italiano le aree ZPS e SICp godono diun regime molto simile a quello dei parchi ed delle altre aree naturali vincolate ex lege. La giurisprudenza di norma riconosce valore ed efficacia ancheai vincoli che sopravvengano a precedenti difformi destinazioni di piano RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO regolatore o a successive sanatorie, restando acquisiti solo diritti derivanti dacostruzioni gi realizzate in conformit a vigenti strumenti urbanistici. 6.- La particolare disciplina (essenzialmente urbanistica) diretta adincentivare le iniziative industriali e turistiche in Puglia nelle forma sopraindicate, stata peraltro abolita con la legge regionale 5 marzo 2004 n. 3 7.- Nondimeno la prospettiva di superare le difficolt di modificazionedelle destinazioni duso dei terreni e le tradizionali lungaggini nellapprovazione dei piani regolatori avevano condotto una larga parte dellimprenditoria di Altamura a proporre moltissime iniziative di localizzazione industriale fondate sulle richiamate leggi regionali, confidando in un effetto dipuntuale variante al piano regolatore comunale che veniva attribuita adun procedura fondata su un accordo di programma, promosso dal sindaco eautorizzato dalla regione. 8.- Allo stato degli atti pu tuttavia precisarsi: che le istanze pervenute al Comune di Altamura per lapplicazionedella legge regionale n. 34/94 e 8/98 ammontano a 131; che di esse, solo 80 hanno conseguito conforme delibera del ConsiglioComunale; che, a seguito di delibera del consiglio comunale n. 102/2002, sono daconsiderare ancora attuabili solo 58, mentre le restanti 73 sono da considerarsi prive di efficacia. 9.- Gi in sede precontenziosa il Ministero dellAmbiente DirezioneConservazione della Natura (doc. 41 del ricorso) ha precisato che IlComune di Altamura a fronte dei 120 accordi di programma (su 131 richieste originarie) definiti ai sensi delle ll.rr 34/94 e 8/98 ha rilasciato solo 8permessi di costruire per iniziative singole, in parte riferite ad ampliamentidi opifici esistenti ed in parte ricadenti in zone destinate dal P.R.G. ad insediamenti produttivi. Successivamente al giugno 2003 non risultano concessi ulteriori permessi di costruire n risulta essere rilasciato alcun permesso per iniziativeinserite nel Consorzio di Sviluppo Murgiano (per il quale stata comunqueprescritta la Valutazione dincidenza) e nel Consorzio San Marco; ci anchealla luce del provvedimento n. 102 del 18 novembre 2002 del ConsiglioComunale di Altamura, finalizzato a delocalizzare le relative iniziative 10.- In pratica sono state attivate solo quindici iniziative, ognuna dellaquali ha riguardato parti distinte del territorio e distinte modalit di realizzazione (ampliamento, costruzione ex novo, utilizzazione di terreni gi a vocazione industriale, variante alla previgente destinazione duso, etc.), Non esiste alcuna contiguit tra le stesse, n tanto meno un piano generale o territoriale che riguardi tali iniziative. Si tratta in altri termini di singoli progetti, ciascuno dei quali con una sua storia ed una sua peculiare incidenza sul contesto territoriale. Alcuni di essi, attesa la specifica importanza, sono statiassoggettati a preventiva valutazione dincidenza, altri no, altri ancora sonostati assoggettati a diverse autorizzazioni in relazione agli aspetti ambientalie paesaggistici, per tutti il Comune di Altamura (v. oltre) si appresta ad effettuare anche una valutazione globale dincidenza e a promuovere iniziative dimitigazione di eventuali (e allo stato non provati) effetti. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 181 11.- In tale contesto sembra abbastanza evidente la difficolt delGoverno Italiano di difendersi dallaccusa di aver dato corso ad un piano territoriale che non esiste e di non aver preventivamente valutato un incidenza di singoli progetti (che si ripete restano del tutto scollegati tra loro siasul piano funzionale che su quello spaziale) sullarea protetta, di cui laCommissione neppure fornisce un indizio. 12.- Ad ogni buon conto, poich la scrupolosa conservazione del sitoAlta Murgia, secondo le specifiche modalit previste nella direttive92/43/CEE e 79/409/CEE, costituisce primario interesse del Comune diAltamura, della Regione Puglia e del Governo della Repubblica Italiana, sono stati avviati (e conclusi) studi aerofotogrammetrici sul sito da partedella Regione Puglia, stata affidato dal Comune di Altamura lincarico professionale per la valutazione dincidenza ambientale di tutte le iniziative previste negli accordi di programma e da ultimo con correlate deliberedella Giunta Regionale e del Consiglio Comunale di Altamura, sono statesospese tutte le procedure relative alle istanze per insediamenti produttivi dicui alle leggi regionali n. 34/94 e 8/98 in Comune di Altamura nelle moredella definizione del giudizio della procedura Comunitaria n. 2002/5403 edelle risultanze dellincarico per la redazione dello studio dincidenzaambientale prodotta dagli Accordi di Programma sul territorio comunale. Si depositano gli atti indicati nellelenco allegato al presente controricorso e si confida, in via principale, che la Commissione voglia rinunciare alricorso e, in subordine, che lo stesso sia dichiarato inammissibile (per difetto di specifica contestazione) e comunque infondato nel merito. Roma, 29 luglio 2006 Avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo. Causa C-180/06 (domanda di pronuncia pregiudiziale) Legge sullatutela dei consumatori Legge sui contratti conclusi a distanza Regolamento (Ce) del Consiglio 22 dicembre 2000, n. 44/2001 Ordinanza del Oberlandesgericht Wien (Austria), del 29 marzo 2006depositata il 7 aprile 2006 e notificata il 1 giugno 2006 (ct. 23330/06, avv. dello Stato W. Ferrante). I QUESITI 1.- Se il diritto riconosciuto ai consumatori dal 5j delKonsumentenschutzgesetz austriaco (KSchG) (legge sulla tutela dei consumatori), BGBI. 1979/140, nella versione di cui allart. 1, punto 2, delFernabsatzgesetz austriaco (legge sui contratti conclusi a distanza), BGBI. I1999/185, di poter chiedere in via giudiziaria agli imprenditori il premioapparentemente vinto, qualora questi ultimi inviino (abbiano inviato) promesse di vincita o altre analoghe comunicazioni a determinati consumatorie, per il modo in cui tali comunicazioni sono formulate, suscitino (abbianosuscitato) limpressione che il consumatore abbia vinto un determinato premio, senza che la riscossione della vincita sia stata subordinata ad unordinazione di merce od anche ad una semplice ordinazione in prova e senza chesia stata ordinata della merce, e tuttavia il destinatario della comunicazione RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO richieda la vincita, costituisca ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio 22dicembre 2000 n. 44/2001, concernente la competenza giurisdizionale, ilriconoscimento e lesecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (in prosieguo: il regolamento n. 44/2001), un diritto di natura contrattuale oppure un diritto a questo assimilabile a norma dellart. 15, n. 1, lett. c), del detto regolamento. 2.- In caso di soluzione negativa della questione sub 1): se sussista un diritto ai sensi dellart. 15, n. 1, lett. c) del regolamento n. 44/2001 nel caso in cui ildiritto al pagamento della vincita non sia stato subordinato ad unordinazione dimerce, e tuttavia il destinatario della comunicazione abbia ordinato dei prodotti. LA POSIZIONE ASSUNTA DAL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA Il Governo italiano ritiene che al primo quesito vada data risposta positiva atteso che lart. 15 n. 1 lett. c) del regolamento n. 44/2001, quale regoladi competenza speciale rispetto a quella generale del domicilio del convenuto di cui allart. 2 dello stesso regolamento, finalizzata ad assicurare unaprotezione adeguata al consumatore quale parte del rapporto ritenuta pidebole rispetto allimprenditore che vende il prodotto o offre il servizio nel- lambito di unattivit professionale. La questione sollevata dallOberlandesgericht, vertente sulla individuazione del giudice competente in caso di contratti conclusi a distanza ed inparticolare di promessa di un premio, subordinata o meno allordinazione diprodotti, ha gi formato oggetto di tre decisioni di codesta Corte, che hannoesaminato il problema sotto diverse sfaccettature in situazioni simili, anchese non interamente sovrapponibili, tutte concernenti vendite a distanzaincentivate mediante promesse di vincite pecuniarie da parte di societ consede in Germania in favore di cittadini residenti in Austria: la sentenza 11luglio 2002 , causa C-96/00, Gabriel; la sentenza 20 gennaio 2005, causa C27/ 02, Engler e la sentenza 16 marzo 2006, causa C-234/04, Kapferer (laprima e la terza causa sono sorte proprio da controversie promosse nei confronti della Schlank & Schick, parte della causa principale che ha originatoil presente giudizio di rinvio). Nelle tre citate cause era stato sostanzialmente posto il medesimo quesito ovvero se il diritto concesso ai consumatori dallart. 5j della legge austriaca sulla tutela dei consumatori, nella formulazione dellart. 1 n. 2 della leggeaustriaca sui contratti a distanza, di poter chiedere in via giudiziaria agliimprenditori il premio apparentemente vinto allorch questi ultimi abbianoinviato promesse di vincita o altre analoghe comunicazioni a un determinatoconsumatore e, con la formulazione di queste comunicazioni, abbiano suscitato limpressione che il consumatore abbia vinto un determinato premio, costituisca ai sensi della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968: un diritto di natura contrattuale ai sensi dellart. 13, punto 3, che prevede una competenza speciale in materia di contratti conclusi da consumatori, oppure un diritto di natura contrattuale ai sensi dellart. 5, punto 1, oppure un diritto derivante da delitto o quasi-delitto ai sensi dellart. 5, punto 3. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 183 Nella sentenza Gabriel, la vincita del premio era stata subordinata dalvenditore ad un ordinativo di prova senza impegno e il consumatore avevareclamato il premio effettuando effettivamente unordinazione. In ordine a tale controversia, la Corte ha affermato che le norme in materia di competenza enunciate dalla Convenzione di Bruxelles devono essereinterpretate nel senso che lazione giudiziaria con la quale un consumatoremira a far condannare, nello Stato contraente nel cui territorio domiciliatoed ai sensi della normativa di questo Stato, una societ di vendita per corrispondenza avente sede in un altro Stato contraente al pagamento di una vincita, qualora detta societ gli abbia indirizzato personalmente della corrispondenza tale da dare limpressione che gli sar attribuito un premio, a condizione che egli ordini merce per un importo determinato, e qualora dettoconsumatore formuli effettivamente tale ordine senza tuttavia ottenere il versamento di detta vincita, ha natura contrattuale ai sensi dellart. 13, primocomma, punto 3, della citata Convenzione. Nella sentenza Engler, la vincita del premio non era stata subordinata dalvenditore allordinativo di merce e il consumatore aveva reclamato il premiosenza effettuare alcuna ordinazione. In ordine a tale controversia, la Corte ha affermato che lazione giudiziaria con la quale un consumatore mira a far condannare, ai sensi della normativa dello Stato contraente nel cui territorio domiciliato, una societ di vendita per corrispondenza, avente sede in un altro Stato contraente, alla consegna di un premio da esso apparentemente vinto di natura contrattuale, aisensi dellart. 5, punto 1, della detta Convenzione, purch, da un lato, la dettasociet, al fine di indurre il consumatore a stipulare un contratto, gli abbiainviato una missiva, che lo designa per nome, idonea a suscitare limpressione che gli verr attribuito un premio nellipotesi in cui restituisca il buonodi pagamento allegato a tale lettera e purch, dallaltro, il detto consumatore accetti le condizioni stipulate dal venditore e reclami effettivamente il versamento della vincita promessa. Per contro, quandanche tale missiva contenga inoltre un catalogo pubblicitario di prodotti della stessa societ accompagnato da un modulo di domanda di prova senza impegno, la duplice circostanza che lattribuzione del premio non dipenda dallordinativo di mercie che il consumatore non abbia di fatto effettuato il detto ordinativo irrilevante ai fini della predetta interpretazione. La Corte ha invece escluso che la fattispecie integrasse un diritto di cuiallart. 13 punto 3 della Convenzione di Bruxelles, richiedendo tale norma laconclusione del contratto avente per oggetto una fornitura di servizio o dibeni mobili materiali. Nella sentenza Kapferer, la vincita del premio era stata subordinata dalvenditore a unordinazione-prova non vincolante e il consumatore avevareclamato il premio senza effettuare per alcuna ordinazione. In ordine a tale controversia, la Corte non ha affrontato il quesito concernente la competenza, avendo ritenuto assorbente la soluzione in senso negativo della questione pregiudiziale circa la possibilit di riesaminare una decisione coperta da giudicato appunto la statuizione che aveva affermato la compe RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO tenza del giudice austriaco se adottata in contrasto con i principi comunitari. Rilevanti ai fini del presente giudizio appaiono invece, come si vedr, leconclusioni rassegnate in tale causa dallAvvocato Generale Antonio Tizzano che entrato nel merito anche del quesito concernente la competenza. In particolare, il giudice del rinvio aveva chiesto se uningannevole promessa di vincita, destinata ad agevolare la conclusione di un contratto e dunquepreparatoria di questultimo, presenti un collegamento sufficientementestretto con la preventivata conclusione di un contratto con un consumatorecosicch per lazionamento di eventuali pretese su ci fondate sussista lapossibilit di adire il foro competente in materia di contratti conclusi da consumatori ex art. 15, n. 1 lett. c) del regolamento n. 44/2001. LAvvocato Generale ha concluso per linapplicabilit del citato art. 15, n. 1 lett. c) e perlapplicabilit invece dellart. 5, n. 1 lett. a) del medesimo regolamento, precisando che comunque anche tale norma avrebbe condotto a ritenere competente il giudice austriaco. In tutte e tre le citate sentenze, stata esclusa lapplicabilit dellart. 5 punto 3 della Convenzione di Bruxelles sulla responsabilit da illecito inquanto, secondo una giurisprudenza costante, la nozione di delitto o quasi- delitto ai sensi del citato art. 5, punto 3 comprende qualsiasi domanda mirante a coinvolgere la responsabilit del convenuto e che non si ricollega allamateria contrattuale di cui allart. 5 n. 1 della stessa Convenzione (sentenze27 settembre 1988, causa 189/87, Kalfelis; 26 marzo 1992, causa C-261/90, Reichert e Kockler e 27 ottobre 1988, causa C-51/97, Runion europenne) e quindi ha natura residuale. Nella controversia che ha originato il presente giudizio di rinvio, lavicenda caratterizzata da una quarta combinazione degli elementi di fattorispetto alle altre tre controversie: la vincita del premio non era stata subordinata dalla societ Schlank & Schick a unordinazione di merci e ciononostante la Signora I. ha reclamato il premio effettuando contestualmenteunordinazione in prova non vincolante. Innanzitutto, giova premettere che, comՏ noto, il regolamento n. 44/2001, entrato in vigore il 1 marzo 2002 ed applicabile ratione temporisalla causa principale, ha sostituito la Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e lesecuzione delledecisioni in materia civile e commerciale che rimasta in vigore per i rapporti tra la Danimarca e gli Stati membri vincolati dal predetto regolamento riprendendone in sostanza le disposizioni, pur apportandovi alcune modifiche ed adattamenti. Ci posto, va rilevato che il giudice del rinvio ha escluso non solo lapplicabilit dellart. 5, punto 3 del regolamento n. 44/2001 che corrispondeallart. 5, punto 3 della Convenzione di Bruxelles richiamando le motivazioni gi esposte nelle tre richiamate sentenze in ordine alla residualit dellapredetta norma ma ha altres scartato la possibilit di applicare utilmente alcaso di specie lart. 5, punto 1 lett. a) del regolamento n. 44/2001 corrispondente allart. 5, punto 1 della Convenzione di Bruxelles pur ritenendoche detta norma non faccia esclusivo riferimento ai contratti sinallagmatici IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 185 ma sia applicabile ogni volta che sia rinvenibile un obbligo giuridico liberamente assunto da una parte nei confronti di unaltra e quindi anche unobbligazione unilaterale, come nel caso di specie. Lesclusione dellapplicabilit del citato art. 5, punto 1 lett. a) derivadalla considerazione che, anche volendo inquadrare la controversia in unafattispecie di tipo contrattuale con obbligazioni a carico di una sola parte, ilcriterio del giudice del luogo in cui lobbligazione dedotta in giudizio stata o deve essere eseguita non potrebbe comunque comportare la competenza del giudice austriaco. Infatti, tale criterio di collegamento non individua direttamente il luogodelladempimento ma rinvia alla legge che disciplina lobbligazione di cui causa secondo le norme di conflitto del giudice adito (cos le sentenze 28 settembre 1999, causa C-440/97, GIE Groupe Concorde, 6 ottobre 1976, causa12/76, Industrie tessili italiana Como; 15 gennaio 1987, causa 266/85, Schenavai e 28 giugno 1994, causa C-288/92, Custom Made Commercial). Orbene, sia per la legge austriaca, sia per quella tedesca contrariamente a quanto disposto ad esempio nellordinamento italiano dallart. 1182 delcodice civile per le obbligazioni pecuniarie, il luogo delladempimento indicato nel domicilio del debitore e non del creditore e quindi lobbligo dipagare la vincita del premio promesso dalla societ debitrice, con sede inGermania, dovrebbe eseguirsi in Germania e non in Austria. vero che, nelle conclusioni dellAvvocato Generale nella citata causaKapferer, viene dato atto che il Governo austriaco, in identica situazione difatto e di diritto, aveva dedotto che il luogo in cui lobbligazione deve essere eseguita doveva intendersi lAustria, con conseguente competenza delgiudice austriaco ma nel presente giudizio la Corte vincolata allimpostazione fornita del giudice del rinvio, al quale attribuito lonere di verificare, secondo il diritto internazionale privato austriaco, quale sia la legge applicabile, e che ha espressamente escluso la propria competenza in caso di applicazione dellart. 5, punto 1, lett. a). Va soggiunto che nella causa C-234/04, Kapferer, ove la Corte fosseentrata nel merito della questione, sarebbe stato invocabile lart. 24 del regolamento che riconosce la competenza del giudice di uno Stato membro, davanti al quale il convenuto comparso senza eccepire lincompetenza ditale giudice, a condizione che non vi sia un altro giudice esclusivamentecompetente in virt dellart. 22 dello stesso regolamento. Nel caso di specieinvece la societ tedesca convenuta aveva espressamente eccepito lincompetenza del giudice austriaco. Nellordinanza di rinvio, lOberlandesgericht ritiene quindi che, peraffermare la competenza del giudice austriaco, sia necessario dover inquadrare la fattispecie nellambito dellart. 15, punto 1 lett. c) del regolamento corrispondente allart. 13, primo comma punto 3 della Convenzione diBruxelles relativo ai contratti conclusi da consumatori e chiede alla Cortese sia possibile tale interpretazione sia nel caso che la promessa di vincitanon subordinata ad unordinazione di merce non sia stata effettivamenteseguita da unordinazione, sia, in via gradata, nel caso che la promessa di RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO vendita non subordinata ad unordinazione sia stata invece seguita da unordinazione in prova contestuale alla richiesta di corresponsione del premio. Va subito detto che la fattispecie realizzatasi nella causa principale corrisponde a quella indicata nel secondo quesito formulato in via gradata, avendo la signora Ilsinger effettuato unordinazione in prova, pur non essendovi tenuta, e che la risposta positiva al primo quesito non pu che comportare, a maggior ragione, una risposta positiva al secondo quesito. Infatti, la ragione per la quale, nella sentenza Engler, la Corte ha ritenutoche non fosse applicabile lart. 13, primo comma, punto 3 della Convenzionedi Bruxelles ora art. 15, punto 1 lett. c) del regolamento n. 44/2001 chetale norma presuppone la conclusione di un contratto avente per oggettouna fornitura di servizio o di beni mobili materiali mentre una sola promessa di vincita non accompagnata dallordinazione di un prodotto sicuramentenon integra tale presupposto nonch la ricorrenza delle due ulteriori condizioni di cui alle lettere a) e b) ovvero che la conclusione del contratto sia statapreceduta da una proposta specifica o da una pubblicit nello Stato in cui ilconsumatore ha il proprio domicilio e che il consumatore abbia compiuto intale Stato gli atti necessari per la conclusione del contratto. Nella causa C-27/02, Engler stato quindi affermato che il citato art. 13, comma 1, punto 3 della Convenzione di Bruxelles, quale norma derogatoriarispetto alla norma generale di cui allart. 2 della medesima Convenzione, dovesse essere interpretata restrittivamente. Al caso di specie per applicabile lart. 15, n. 1 lett. c) del regolamento n. 44/2001 nel frattempo entrato in vigore che, come correttamente osservatodal giudice remittente, formulato in maniera pi ampia. Infatti, non solo talenorma non prevede pi le due condizioni di cui alle lettere a) e b) dellart. 13, comma 1, punto 3 ma, pur continuando a riferirsi ad un contratto che sia statoconcluso con una persona le cui attivit commerciali o professionali si svolgono nello Stato membro in cui domiciliato il consumatore, non fa pi alcunriferimento al fatto che loggetto del contratto debba essere una fornitura diservizi o di beni mobili materiali, ben potendosi applicare anche ad un contratto che abbia un oggetto diverso e che non sia a prestazioni corrispettive. Ci detto, va rilevato che la promessa di un premio, indirizzata personalmente alla Signora I. e non subordinata ad unordinazione, che sia stataaccettata dalla beneficiaria nel restituire il tagliando identificativo incollatosul suo certificato di richiesta di vincita, integra certamente un contratto concluso da consumatore ai sensi del citato art. 15, comma 1 lett. c) del regolamento, a prescindere dal fatto che detta accettazione sia stata accompagnata, come accaduto nella fattispecie, dallordinazione di un prodotto. evidente infatti che le modifiche apportate dallart. 15, punto 1 lett. c) del regolamento, nel senso di una maggiore genericit della norma rispettoalla formulazione dellart. 13, comma 1, punto 3 della Convenzione diBruxelles, sono evidentemente finalizzate a rafforzare la tutela dei consumatori, che trovano sicuramente pi agevole e meno oneroso adire un giudicedello Stato membro dove risiedono anzich il giudice di altro Stato. Il precedente Engler non pu quindi precludere una diversa interpretazione atteso IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 187 che detta sentenza si fonda sulla Convenzione di Bruxelles, applicabile ratio- ne temporis a quella causa, e non sul regolamento 44/2001. Quanto alle conclusioni dellAvvocato Generale nella causa C-234/04, Kapferer, che ha ritenuto valida linterpretazione della sentenza Engleranche alla luce del Regolamento sopravvenuto, va precisato che presuppostoper lapplicazione dellart. 15, n. 1 lett. c) del regolamento pur sempre laconclusione di un contratto sia pure con oggetto non predeterminato econ obblighi anche unilaterali mentre nella causa C-234/04, diversamenteda quanto occorso nella fattispecie che ha originato il presente giudizio, lavincita era stata espressamente subordinata ad unordinazione e il destinatario della promessa si era limitato e reclamare il premio senza effettuare alcuna ordinazione. Non pu dirsi quindi che lo stesso avesse accettato le condizioni contrattuali con la conseguenza che, in quel caso, un contratto non mai stato validamente concluso. In ordine al secondo quesito, come si gi detto, a maggior ragione daritenersi applicabile lart. 15, comma 1 lett. c) del regolamento, essendo stataeffettuata dal consumatore unordinazione di merce, tanto vero che lo stesso giudice remittente ha chiesto alla Corte di pronunciarsi in proposito soloin via subordinata, in caso di risposta negativa al primo quesito. In proposito, basti soggiungere che, pur non avendo il venditore subordinato la vincita ad un ordinativo di merce, esiste un rapporto inscindibile trala promessa del premio e lordinazione che il consumatore si indotto a farespontaneamente. Questultimo ha infatti ordinato il prodotto essenzialmente, se non addirittura esclusivamente, in ragione della proposta del venditore, che implicava una promessa di vincita ampiamente superiore al costo delprodotto ordinato. Alla luce di quanto sopra, sarebbe irrazionale affermare che per talunepretese derivanti dallordinazione della merce applicabile lart. 15, n. 1 lett. c) mentre per altre, anche derivanti da rapporti precontrattuali, che presentino con tale contratto un nesso talmente stretto da esserne inseparabili, sonoapplicabili altre norme. A tale proposito, codesta Corte ha ricordato la necessit di evitare, nella misura del possibile, il moltiplicarsi dei fori competentirelativamente al medesimo rapporto o a rapporti tra loro strettamente collegati (sentenza 19 febbraio 2002, causa C-256/00, Besix). Il Governo italiano propone quindi alla Corte di risolvere il primo quesito nel senso di ritenere applicabile lart. 15, comma 1 lett. c) del regolamento n. 44/2001, dettato in materia di contratti conclusi da consumatori, alla pretesa volta a reclamare il premio promesso da una societ di venditaper corrispondenza senza che la riscossione della vincita sia stata subordinata ad unordinazione di merce e senza che unordinazione sia stata effettuata dal nel richiedere il pagamento del premio. Il Governo italiano propone inoltre alla Corte di risolvere il secondo quesito nel senso di ritenere, a maggior ragione, applicabile lart. 15, comma 1lett. c) del regolamento n. 44/2001 alla pretesa volta a reclamare il premiopromesso da una societ di vendita per corrispondenza senza che la riscossione della vincita sia stata subordinata ad unordinazione di merce e cionono RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO stante unordinazione di prodotti sia stata effettuata nel richiedere il pagamento del premio. Roma, 4 agosto 2006 Avvocato dello Stato Wally Ferrante Causa C-217/06 (Commissione c/ Repubblica italiana) Ricorso per inadempimento ex art. 226 CE notificato il 24 maggio 2006 Illegittimit dellaffidamento dei lavori pubblici relativi alla progettazione, realizzazione e gestione di primo periodo di opere idriche nel comune di Stintino Artt. 3 e 12 della Direttiva 71/305/CEE (ct. 21258/06, avv. dello Stato S. Fiorentino). IL RICORSO La Commissione chiede alla Corte di constatare che avendo il Comune di Stintino attribuito direttamente a M. S.C.a.r.l., mediante la convenzione n, 7/91 ed i pedissequi atti aggiuntivi, lappalto dilavori avente ad oggetto la realizzazione delle opere menzionate nella deliberazione n. 48 del Consiglio comunale di Stintino del 14 dicembre 1989, esegnatamente la progettazione esecutiva e costruzione delle opere per ladeguamento tecnologico e strutturale, riordino e completamento delle retiidriche e fognanti, delle rete viaria, delle strutture ed attrezzature di servizionellabitato, dei nuclei di insediamento turistico esterni e del territorio delComune di Stintino, compreso il risanamento ed il disinquinamento dellacosta e dei centri turistici dello stesso, senza ricorrere alle procedure diaggiudicazione previste dalla direttiva 71/305/CEE ed, in particolare, senzapubblicare alcun bando di gara nella Gazzetta ufficiale delle Comunit europee, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi imposti dalladirettiva 71/305/CEE del Consiglio, del 26 luglio 1971, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici e, in particolare, dal suo articolo 3 e dal suo articolo 12. La Commissione ha esposto di avere avviato, in seguito ad un reclamopervenuto il 21 marzo 2003, una procedura di infrazione (n. 2003/4372) ilcui oggetto costituito dalla convenzione c.d. di concessione n. 7/91, conclusa tra il Comune di Stintino e la M. (1). La stipula della convenzione, avvenuta il 2 ottobre 1991, faceva seguito ad una deliberazione del Consiglio comunale di Stintino (n. 48 del 14dicembre 1989 Allegato A/2 al ricorso), con la quale era stato deciso diaffidare in concessione alla S.. S.p.A. (...), anche consorziata nelle formedi legge con altre ditte, sempre con partecipazione maggioritaria, il reperimento dei necessari mezzi finanziari, lelaborazione delle progettazione (1) Va qui rilevato che la Commissione enuncia di aver prodotto tale atto in allegato al ricorso, in particolare allAllegato A/1 che, tuttavia, riguarda diverso documento (latto aggiuntivo n. 2, stipulato tra le stesse parti il 16 dicembre 1995): di fatto la convenzione n. 7/91, oggetto della procedura diinfrazione, non figura fra i documenti prodotti dalla ricorrente. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 189 delle opere di cui alla presente delibera, nonch la realizzazione e la gestione delle stesse (...). Oggetto della convenzione, poi stipulata con la M.(della quale la S. S.p.A. era socio maggioritario), era la progettazione esecutiva e costruzione delle opere per ladeguamento tecnologico e strutturale, riordino e completamento delle reti idriche e fognanti, delle rete viaria, delle strutture edattrezzature di servizio dellabitato, dei nuclei di insediamento turisticoesterni e del territorio del Comune di Stintino, compreso il risanamento edil disinquinamento della costa e dei centri turistici dello stesso. Il Comune di Stintino ha concluso con M., nel periodo 1992-2001, undici atti aggiuntivi, con i quali venivano definiti nel dettaglio una serie diinterventi compresi nella convenzione originaria del 2 ottobre 1991, in particolare affidando alla societ, con fissazione del relativo corrispettivo, larealizzazione di opere rientranti fra quelle previste nella convenzione nonchla cura di tutte le attivit tecnico-amministrative necessarie fino al collaudodei lavori (uno di tali aggiuntivi, il numero 11 stipulato il 1 ottobre 2001, costituisce lAllegato A/3 al ricorso). Ricevuto il reclamo, la Commissione, in data 5 maggio 2003, ha inviatoalle autorit italiane una lettera di richiesta di informazioni, che non figuratra gli allegati al ricorso, alla quale le autorit italiane hanno dato rispostatrasmettendo una nota esplicativa in data 24 novembre 2003 del Comune diStintino (Allegato A/4 al ricorso). Nella nota, tra laltro, si evidenziava: che la convenzione era stata stipulata ai sensi dellart. 8 della Legge regionale della Sardegna 22 aprile 1987, n. 24 (2) (v. All. A/4, pag. 49, rigo 8 e ss.); che la durata della convenzione era di dubbia individuazione, perch (2 )Si riporta il testo dellart. 8 della legge regionale della Sardegna n. 24/87 (Norme di semplificazione e snellimento delle procedure e disposizioni varie in materia di lavori pubblici): Art. 8 -Affidamento in concessione. La Regione e gli enti di cui al precedente art. 1 possono affidare in concessione ad altri enti pubblici, a societ a totale o prevalente capitale pubblico, ad imprese o consorzi di imprese pubbliche oprivate, la realizzazione di opere pubbliche di particolare rilevanza tecnico-economica. La concessione pu riguardare lesecuzione di studi e indagini preliminari, lapprontamento diatti istruttori, le espropriazioni occorrenti per la realizzazione delle opere, le elaborazioni progettuali, la esecuzione delle opere e, eventualmente, la gestione anche temporanea delle stesse. Laffidamento in concessione deve essere disposto mediante convenzione da approvarsi dallorgano competente ad approvare lesecuzione dellopera pubblica. Lo schema della convenzione di cui al comma precedente, corredato da una relazione tecnica eda un progetto preliminare ove occorra, redatti dallente concedente, nei quali sono indicati gli elementi tecnici economiche che caratterizzano lintervento, deve essere sottoposto al parere delComitato tecnico-amministrativo regionale dei lavori pubblici. La concessione che disciplina i rapporti tra concedente e concessionario deve prevedere: a) leventuale predisposizione a cura del concessionario dei progetti esecutivi secondo le vigenti norme; b) lacquisizione da parte del concessionario, entro termini stabiliti, di tutte le autorizzazioninecessarie allesecuzione dellopera; c) lapprovazione del progetto esecutivo da parte del concedente; RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO lart. 17 della stessa vincolava lefficacia del contratto al termine di sessanta mesi ma anche al completamento delle opere previste nella relazione programmata di accompagnamento alla convenzione stessa. Di fatto, la clausola di cui allart. 17 era stata, poi, oggetto di una novazione, che aveva differito la scadenza della convenzione di ulteriori sessanta mesi (sino al 2 ottobre 2001) e, comunque fino al completamento delle opere programmate conla relazione di piano per le quali stato reperito il finanziamento, nonchdella gestione di primo periodo ... (v. All. A/4, pag. 49, ultimi dodici righi); che la stipula degli atti aggiuntivi atteneva allaspetto esecutivo dellaconvenzione, perch gli atti aggiuntivi stipulati in seguito dalle parti per lesecuzione di lavori di volta in volta individuati trovano la loro fonte nellatto concessorio originario di cui regolano alcuni aspetti di dettaglio, non configurandosi quindi come nuovi contratti che dovrebbero invece essere sottoposti alla normativa in vigore al momento della loro stipula (v. All. A/4, pag. 50, rigo 22 e ss.); d) lespletamento, qualora il concessionario non sia lesecutore diretto dei lavori, delle gare dappalto tra imprese aventi i requisiti di legge con le modalit previste per laggiudicazione di appalti diopere pubbliche dalle norme vigenti; e) le modalit per la partecipazione del concedente alla vigilanza sui lavori e ai collaudi in corsodopera o definitivi; f) le modalit e i termini per la consegna dellopera al concedente e le relative penalit in casodi ritardo; g) le modalit e i termini per il pagamento del corrispettivo della concessione e la determinazione delle ritenute di garanzia; h) le modalit e i termini per la manutenzione dellopera fino al collaudo; i) le eventuali modalit di gestione delle opere; l) i casi di decadenza della concessione; m) quantaltro occorrente per garantire lesecuzione dellopera a perfetta regola darte. La scelta del concessionario, qualora non sia un ente pubblico o una societ a prevalente capitale pubblico, deve essere preceduta da una gara di qualificazione sulla base di una lettera di invito contenente lo schema di convenzione di cui al presente articolo al fine di accertare laffidabilit delconcessionario e la convenienza tecnico-economica dellaffidamento. La lettera di invito per le gare di qualificazione dovr essere inviata a tutte le imprese ed i consorzi di imprese che, a seguito di apposito avviso pubblico, ne abbiano fatto richiesta. A parit di offerte i lavori sono concessi alle imprese, ai consorzi o ai raggruppamenti costituiticon la partecipazione non inferiore al 50 per cento di imprese che abbiano la sede legale in Sardegnada almeno tre anni. Qualora le opere vengano eseguite in regime di concessione da parte di enti pubblici, le sommeoccorrenti possono essere rese disponibili mediante versamento su appositi conti correnti intestati allaRegione, cui si applica la disciplina dellart. 4 della legge regionale 7 gennaio 1975, n. 1 (sottolineature aggiunte). La norma stata abrogata dalla legge regionale della Sardegna 28 aprile 1992 n. 6, che allart. 24 dispone: 1. Alla legge regionale 22 aprile 1987, n. 24, sono apportate le modifiche di cui ai commi successivi. 2. (...); 3. (...); 4. Larticolo 8 abrogato. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 191 Sia nella nota esplicativa del Comune di Stintino, sia nel corso della precedente riunione pacchetto sugli appalti pubblici tenutasi a Roma il 12 settembre 2003, le autorit italiane hanno sostenuto, per come riferisce laCommissione nel ricorso, che la convenzione del 2 ottobre 1991 non costituiva un appalto di lavori pubblici, ma una concessione sottratta agli obblighi di messa in concorrenza, tenuto anche conto che il contratto non ricadeva, ratione temporis, nellambito di applicazione della direttiva 89/440/CEE. Con lettera di costituzione in mora del 30 marzo 2004, inviata il 1 aprile 2004 (Allegato A/5 al ricorso), la Commissione ha ritenuto non fondate leargomentazioni esibite dalle autorit italiane, perch la convenzione stipulata tra il Comune di Stintino e la M. non costituiva una concessione, ma unappalto di lavori pubblici soggetto alle procedure di scelta del contraente privato previste dalla direttiva 71/305/CEE, sia pure avuto riguardo al testo originario di essa, antecedente alle modifiche apportate dalla direttiva89/440/CEE, atteso che larticolo 3 della direttiva del 1971 definisce la concessione come un contratto analogo allappalto dei lavori pubblici ma in cuila controprestazione dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire lopera, oppure in questo diritto accompagnato da un prezzo. Le autorit italiane hanno risposto alla lettera di costituzione in mora il30 giugno 2004 (Allegato A/6 al ricorso), tornando a contestare che la convenzione in esame costituisse un appalto di lavori pubblici, o anche una concessione di lavori pubblici rientrante nella definizione dellart. 3 della direttiva del 71, trattandosi di una diversa figura negoziale, riconducibile alla c.d. concessione di committenza conosciuta dal diritto italiano vigenteallepoca dei fatti, comportante il trasferimento di poteri pubblici delleamministrazioni aggiudicatrici in ordine alle operazioni giuridiche e materiali coordinate allesecuzione dellopera pubblica (quali le espropriazioni, lascelta dellappaltatore, la direzione lavori, il collaudo, etc...). In data 13 ottobre 2004, la Commissione, non ritenendo convincenti leeccezioni formulate nella risposta alla lettera di costituzione in mora, hainviato alla Repubblica italiana un parere motivato (Allegato A/7 al ricorso) che si concludeva con la contestazione oggetto del presente ricorso e con ilseguente invito: La Commissione ritiene che, al fine di rimuovere linfrazione al dirittocomunitario di cui al presente parere motivato, la Repubblica italiana debbainterrompere definitivamente ogni esecuzione delle attivit affidate dalComune di Stintino alla societ M. con la convenzione conclusa il 2 ottobre1991, ivi incluse le prestazioni dettagliate negli atti aggiuntivi successivamente firmati tra le suddette parti. Le autorit italiane hanno risposto al parere motivato comunicando unanota del Comune di Stintino, al quale erano allegati in copia una relazionedello stato dellopera del Direttore dei lavori, due atti di aggiudicazione definitiva di lavori a soggetti differenti da M., individuati mediante procedura dievidenza pubblica, un avviso pubblico relativo alla realizzazione di importanti infrastrutture con ricorso alla finanza di progetto, due ricorsi propostida M. avverso le procedure di ricerca del contraente privato indette RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO dellAmministrazione comunale (la nota stata versata in atti dalla ricorrente, in Allegato A/8 al ricorso, priva, per, dei suddetti allegati). La Commissione ha deciso di adire codesta On.le Corte di giustizia, nonritenendo le argomentazioni e le prove comunicate dalle autorit italiane sufficienti a soddisfare linvito contenuto nel parere motivato. LA POSIZIONE ASSUNTA DAL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA II A) Sullistruzione della causa Formano oggetto della contestazione la convenzione n 7/91 stipulata il 2ottobre 1991 dal Comune di Stintino ed i pedissequi undici atti aggiuntivi, conclusi dalle medesime parti sulla base della predetta convenzione. Il Governo italiano rileva, in via preliminare, che, come gi accennato nel- lesposizione in fatto, la Commissione la quale non ha contestato che leautorit italiane abbiano omesso, durante la procedura contenziosa, di comunicare gli atti suddetti non ha allegato al ricorso introduttivo la convenzionedel 2 ottobre 1991 e si limitata a produrre due degli undici atti aggiuntivi. Sebbene, infatti, nella lista degli allegati, con la classifica A/1, figuri laconvenzione, il documento concretamente prodotto, individuato con le pagine da 21 a 28, costituisce uno degli atti aggiuntivi (il n. 2 del 16.12.1995). Laricorrente ha, poi, depositato, allallegato A/3, un solo ulteriore atto aggiuntivo (il n. 11 del 1 ottobre 2001), quantunque nella lista degli allegati abbiaenunciato che lallegato A/3 contenga tutti e undici gli atti aggiuntivi. Considerato lart. 37 par. 1, seconda parte del regolamento di proceduradella Corte di giustizia, secondo il quale ogni atto processuale deve esseredepositato corredato di tutti gli allegati in esso menzionati e, pi in generale, il principio per il quale spetta alle parti dare offerta nei propri atti diprima difesa delle prove che si intendono invocare, desumibile dagli artt. 38, par. 1, 40, par. 1, 41, par. 1 e 42 del regolamento di procedura della Corte, il Governo italiano rileva che la convenzione n. 7/91 e i nove atti aggiuntivinon depositati dalla ricorrente non appartengono al processo quali mezzi diprova e che la possibilit di un deposito successivo dei documenti in questione subordinata alla condizione prevista dallart. 42, par. 1, del regolamento di procedura, secondo il quale Le parti possono, anche nella replica enella controreplica, proporre nuovi mezzi di prova a sostegno delle loro argomentazioni, motivando il ritardo nella presentazione dei mezzi suddetti. In secondo luogo il Governo italiano rileva che, come accennato nellesposizione in fatto, la risposta al parere motivato fornita dalle autorit italiane stata depositata dalla Commissione priva dei suoi allegati. Poich, ai fini della eccezione di irricevibilit del ricorso che si svolger nel prosieguo del presente controricorso, occorrer valutare lesistenza diun inadempimento in relazione alla situazione dello Stato membro quale sipresentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato ed occorrer anche valutare come lo Stato membro avesse dato prova di tale situazione di fatto alla detta data di scadenza, si fa istanza affinch codesta Corte digiustizia voglia disporre, con ordinanza ai sensi dellart. 45, par. 1 e par. 2, lett. b, del regolamento di procedura, che la Commissione depositi copia IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 193 degli allegati, individuati con i numeri da 1 a 6, alla nota del Comune diStintino prot. n. 11869 del 24 dicembre 2004 Allegato A/8 al ricorso. II.B) Nel merito Ritiene il Governo italiano che la procedura di infrazione vada circoscritta alla stipula della convenzione n. 7/91 del 2 ottobre 1991, perch gliundici atti aggiuntivi, conclusi sulla base di detta convenzione, non costituiscono nuovi affidamenti di lavori suscettibili di ricadere nellambito di applicazione della direttiva 71/305/CEE. Oggetto della direttiva, secondo il suo articolo 1, sono i contratti a titolo oneroso. Gli atti aggiuntivi in questione non rientrano nella definizione di contrattorilevante ai fini della direttiva, in quanto non costituiscono manifestazione diautonomia negoziale, ma atti dovuti in forza delle preesistente convenzione. Con la convenzione del 2 ottobre 1991 era, infatti, stato regolamentato invia generale il rapporto tra le parti, stabilendosi che ogni intervento ricadentenellambito di tale regolamentazione, una volta finanziato, sarebbe statodescritto in un apposito atto aggiuntivo, nel quale le parti avrebbero dato attodelle attivit da svolgersi, fissato le modalit ed i tempi di attuazione dellintervento, le modalit di pagamento e le modalit di consegna delle opere Come evidenziato nella risposta alla lettera di richiesta di informazioni(Allegato A/4 al ricorso), la stipula degli atti aggiuntivi costituiva, quindi, unmomento esecutivo della convenzione generale, un atto dovuto in forza delprincipio pacta sunt servanda che non richiedeva unulteriore manifestazione di volont di obbligarsi. Lautonomia delle parti, nella fase di conclusione degli atti aggiuntivi, siesercitava su aspetti non essenziali del rapporto, come avviene nel caso di uncontratto definitivo stipulato in esecuzione di un contratto preliminare e, soprattutto, non riguardava la fase di scelta del contraente, vale a dire la fasesuscettibile di ricadere nelle previsioni della direttiva 71/305/CEE. Lintero inadempimento contestato alla Stato italiano deve, pertanto, farsi risalire al momento della stipula della convenzione n. 7/91. Cos circoscritto loggetto della vertenza, ritiene il Governo italiano cheil ricorso sia irricevibile perch privo di oggetto, tenuto conto che non sussisteva pi, alla scadenza del parere, alcuna trasgressione che fosse possibilefar cessare. Secondo costante giurisprudenza della Corte, lesistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membroquale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato (v. sentenze 4 luglio 2002, causa C-173/01, Commissione/Grecia, punto 7, 10aprile 2003, causa C-114/02, Commissione/Francia, punto 9; 27 ottobre2005, causa C-525/03, Commissione/Italia, punto 14). Applicazione di tale principio alla materia degli appalti pubblici statafatta, ad esempio, nella sentenza 31 marzo 1992, causa C-362/90, Commissione/ Italia, con la quale stato dichiarato irricevibile un ricorso indirizzatocontro un bando di gara perch, alla scadenza del parare motivato, questoaveva esaurito tutti i propri effetti. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO In altre circostanze il ricorso stato ritenuto ricevibile con largomentoche latto di aggiudicazione, alla predetta data di scadenza, continuava a produrre effetti, perch lesecuzione del contratto che ne era scaturito si proiettava ben oltre il termine di scadenza fissato nel parere motivato. Cos, nella sentenza 28 ottobre 1999, causa C-328/96, Commissione/ Austria, nella quale, in sostanza, non stata ritenuta sufficiente, ai fini del- lirricevibilit, la modifica da parte delle autorit austriache delle condizionigenerali in materia offerte e capitolati doneri, sulle base delle quali era statoaggiudicato lappalto, che non si era automaticamente tradotta, per ragioniderivanti dal principio tempus regit actum, nellannullamento di un contratto stipulato nel vigore della previgente disciplina procedurale. Analogamente, nella sentenza 10 aprile 2003, cause riunite C-20/01 e C28/ 01, Commissione/Germania, la ricevibilit del ricorso stata affermata, sul presupposto che la lesione cagionata dallinosservanza delle disposizionicomunitarie in materia di affidamento degli appalti si protrae per linteradurata dellesecuzione dei contratti stipulati in violazione di esse, in base allaconsiderazione che i contratti in quel caso esaminati avrebbero continuato aprodurre effetti per decenni (v., in particolare, il punto 36 sentenza). Ora, nella risposta al parere motivato le autorit italiane hanno evidenziato che il Comune di Stintino si era gi da tempo uniformato allorientamento della Commissione, ritenendo concluso ogni rapporto con la concessionaria Maresar per quanto concerneva le infrastrutture comprese nella convenzione oggetto di contestazione. Di fatto, gli effetti obbligatori della convenzione si sono esauriti con lastipula dellatto aggiuntivo n. 11 (Allegato A/3 al ricorso) del 1 ottobre2001: il Comune di Stintino ha provato, comunicando alla Commissione duesuccessivi atti di aggiudicazione di lavori a soggetti terzi, individuati a seguito di procedure di messa in concorrenza nonch un avviso pubblico inerentela realizzazione di altre infrastrutture tramite project financing, che considerava estinto lobbligo di affidare tali opere alla M., la quale, per parte sua, hareagito con ricorsi giurisdizionali alle determinazioni dellAmministrazione. Queste affermazioni di fatto sono rimaste del tutto prive di replica da partedella Commissione nel parere motivato. Ritiene il Governo italiano che queste circostanze costituiscano seriargomenti di prova contraria rispetto a quanto affermato al punto 57 delricorso, nel quale la Commissione, sul presupposto che loggetto della convenzione comprendeva lavori di ben pi ampia portata di quelli affidato congli undici atti aggiuntivi, paventa una perdurante vigenza del rapporto diconcessione e, conseguentemente, lulteriore affidamento di opere alla M. La Commissione pone, per, il problema della perdurante esecuzione dialcuni rapporti oggetto di singoli atti aggiuntivi. Rileva il Governo italiano, a tale riguardo, che la condotta delle autorititaliane, che hanno sostanzialmente riconosciuto linfrazione commessa (suci concorda la ricorrente), stata ispirata dallintento di adeguarsi alle contestazioni della Commissione, nei limiti in cui ci fosse giuridicamente possibile. Giova, a tal proposito, rimarcare che, secondo giurisprudenza costan IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 195 te della Corte, il procedimento precontenzioso ha tra i suoi scopi quello dioffrire allo Stato membro interessato lopportunit di conformarsi al pareremotivato (v. sentenze 10 maggio 2001, causa C-152/98, Commissione/PaesiBassi punto 23; 15 gennaio 2002, causa C-439/99, Commissione Italia, punto 10). Le autorit italiane hanno comunicato alla Commissione una relazionedella Direzione dei lavori dalla quale si evince che lo stato di avanzamentodei lavori e delle forniture oggetto degli undici atti aggiuntivi si attestavaintorno alla percentuale dell82%. La ricorrente sembra convenire (v. punto54 del ricorso) che, nella sostanza, salvo alcune lavorazioni accessorie discarsa importanza, lunica opera effettivamente in corso di esecuzione alladata di scadenza fissata dal parere motivato fosse il bacino di regolazioneidraulica, il cui stato di avanzamento era al 30% a causa di ritardi insortinelle espropriazioni. Non ignora questa difesa che, nella sentenza 2 giugno 2005, C-394/02, Commissione/Grecia, codesta Corte ha ritenuto ininfluente, ai fini della irricevibilit del ricorso, che lesecuzione del contratto contestato fosse statacompletata nella misura dell85%. Ritiene, tuttavia, il Governo italiano che la vicenda che ha dato origineal presente procedimento presenti aspetti di fatto peculiari, che consentiranno di pervenire ad una decisione diversa. La possibilit, per le autorit italiane, di risolvere il rapporto con M. relativo alla realizzazione del bacino di regolazione (risoluzione cheavrebbe avuto necessariamente effetto retroattivo, stante lindivisibilitdella prestazione dedotta nel contratto), incontrava, nel nostro caso, illimite del legittimo affidamento ingeneratosi nella controparte, a causadella durata che aveva avuto il rapporto, svoltosi pacificamente dal 1991al 21 marzo 2003 (data di avvio del procedimento precontenzioso: occorre, al riguardo, ricordare che la stipula dellultimo atto aggiuntivo data al2 ottobre 2001). Costituisce orientamento pacifico nella giurisprudenza della Corte cheanche le amministrazioni nazionali sono tenute ad osservare il principio ditutela del legittimo affidamento degli operatori economici. Il principio costituisce parte dellordinamento giuridico comunitario e la sua inosservanzacostituirebbe una violazione del Trattato e di qualsiasi regola di diritto relativa alla sua applicazione (v. sentenza 3 maggio 1978, causa C-112/77, Toepfer, punto 19; v. anche sentenze 8 giugno 2000, causa C-396/98, Sclosstrasse, punto 44; 11 luglio 2002, causa C-62/00, Marks & Spencer, punto 43 e ss.). In conclusione, ritiene il Governo italiano che lobbligo di conformarsial parere motivato da parte delle autorit italiane sia stato adempiuto sino allimite in cui ci non si scontrasse con posizioni intangibili, a causa del legittimo affidamento ingeneratosi nel titolari di tali posizioni. III. Conclusioni Sulla base delle considerazioni che precedono, il Governo italiano confida che la Corte vorr accogliere le seguenti conclusioni: RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO in via istruttoria, ordinare alla Commissione ricorrente il deposito deidocumenti annessi allAllegato A/8; nel merito, respingere il ricorso ovvero dichiararlo irricevibile perchprivo di oggetto. Roma, 4 agosto 2006 Avvocato dello Stato Sergio Fiorentino. Causa C-230/06 (domanda di pronunzia pregiudiziale) Ordinanza n. 11133/06 della Corte di Cassazione, sezione tributaria, emessa il 12gennaio 15 maggio 2006 e notificata il 7 luglio 2006 Corretta interpretazione degli art. 11-bis, comma 1 e 2, Reg. 87/1062/CEE, introdottodal Reg. 90/1429/CEE, e 215, comma 1, Reg. 92/2913/CEE (ct. 26736/06, avv. dello Stato G. Albenzio). IL FATTO 1.- La questione oggetto del giudizio dinanzi alla Corte di Cassazioneitaliana concerne da un lato loperativit dei termini posti dallart. 11-bis, commi 1 e 2, Reg. 87/1062/CEE allazione di accertamento della Dogana inseguito allappuramento del transito della merce in regime di sospensionedei dazi presso la dogana di destinazione, nel caso sia successivamente scoperta la falsit dei documenti che attestavano quellappuramento, con il conseguente problema della responsabilit dello spedizioniere, e dallaltro lato la individuazione, ai sensi dellart. 215, comma 1, Reg. 92/2913/CEE, della dogana competente ad emettere lingiunzione per il pagamento dei dazievasi nel caso prospettato. 2.- Nella specie era accaduto che lappuramento della merce in transitocomunitario (con certificati T1 risalenti al periodo fra il 23/4/1993 e il16/7/1993) era stato eseguito dallo spedizioniere M. & M. presso la doganatedesca di partenza di Weiden con certificati recanti timbri della dogana italiana di destinazione falsi e che tale falsit era stata scoperta solo qualchetempo dopo, in seguito ad indagini compiute dalla Guardia di Finanza italiana servizio antifrode SVAD di Fortezza (delle quali una prima notizia erastata inviata alla Dogana di Bolzano/Fortezza in data 17 novembre 1993, come da documento C allegato alla memoria difensiva 16 maggio 1997dellAmministrazione doganale italiana prodotta dinanzi al Tribunale diTrento) e dettagliatamente descritte nella Relazione finale prot. 29/SVADdell8 gennaio 1996 (all. 7 alla presente memoria) inoltrata alla Procura dellaRepubblica di Bolzano nellambito del procedimento penale n. R.G. 569/94168/ 95 aperto per quei fatti presso il Tribunale Penale di Bolzano (come darichiesta di rinvio a giudizio 1 aprile 1996, all. 8). 3.- Una volta acquisita notizia della falsit, la Dogana italiana diFortezza, competente in relazione al luogo dove era stato scoperto il reatoperch la merce era stata irregolarmente introdotta in Italia attraverso il valico del Brennero, informava la dogana tedesca di partenza del mancato appuramento dei documenti T1 con nota 26 novembre 1993 (all. 1), ricevendorisposta in data 3 dicembre 1993 con indicazione del soggetto indicato comedomiciliatario dalla casa di spedizione M. & M. GmbH (all. 2); la stessa IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 197 Dogana di Fortezza indirizzava, poi, alla ditta M. & M. linvito a pagamento dei dazi evasi in data 6-14 agosto 1995 (all. 4-5), cui seguiva lingiunzione del 17 novembre 1995 (all. 6); il tutto era effettuato nel rispetto del termine triennale di cui allart. 221 n. 3 Reg. 92/2913/CEE ed allart. 378 n. 3 Reg. 93/2454/CEE, nel testo allepoca vigente (circostanza non contestata in giudizio e non oggetto di eccezione). 4.- La ditta M. & M. opponeva lingiunzione della Dogana di Fortezzadinanzi al Tribunale di Trento eccependo sia lincompetenza della Dogana diFortezza, competente territorialmente essendo la Dogana di Aosta, sia ladecadenza della Dogana da ogni diritto per mancato rispetto del termine diundici mesi imposto dallart. 11-bis, comma 1, Reg. 87/1062/CEE per lasegnalazione del mancato appuramento, con conseguente liberazione dellospedizioniere da ogni obbligo; lAmministrazione finanziaria italiana contestava tali eccezioni, ritenendo competente allemissione dellingiunzione peril pagamento dei dazi evasi la Dogana del luogo ove era scoperta la irregolare introduzione nello Stato della merce e ritenendo non operante il terminedi decadenza di cui allart. 11-bis Reg. 1062/87 nel caso lappuramento fossestato eseguito in base a certificazioni risultate false in seguito a successiveindagini; sia il Tribunale che la Corte dAppello di Trento respingevano lopposizione e la ditta M. & M. ricorreva in Cassazione; la Corte Suprema diCassazione rimetteva, quindi, alla Corte di Giustizia, ai sensi dellart. 234Trattato Ce, le questioni pregiudiziali formulate nellordinanza 11133/09. I QUESITI 1.- Se lart. 11 bis, par. 1, del reg. 87/1062/CEE, modificato dal regolamento 93/2454/CEE, debba essere interpretato nel senso di rendere operante il termine di undici mesi, posto allamministrazione doganale di partenzaper comunicare il mancato appuramento delle merci in regime di transitocomunitario, nel caso in cui lappuramento da parte della dogana di destinazione risulti attestato in documenti contraffatti, la cui falsit non sia facilmente riconoscibile; se, ai fini dellinterpretazione della predetta norma, siano utilizzabili i principi affermati nelle sentenze della Corte di giustizia incause C-325/00 e 222/01; se lattribuzione allo spedizioniere doganale delleintere conseguenze di una irregolare operazione di transito comunitario, nel- lipotesi considerata, sia in contrasto col principio di proporzionalit. 2.- Se in ipotesi descritte nel precedente numero sia applicabile il par. 2dellart. 11 bis. 3.- Se lart. 215, par. 1, del regolamento 92/2913/CEE debba essereinterpretato nel senso che , in ipotesi quali quella descritta al n. 1, la competenza dellufficio doganale debba essere determinata secondo il criterio stabilito dalla seconda parte o dalla terza parte di detto paragrafo. LA POSIZIONE ASSUNTA DAL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA Il Governo della Repubblica italiana, anche nellinteresse dellAmministrazione delle Finanze, interviene nel giudizio per formulare le osservazioni che seguono, al fine di sostenere la correttezza della interpretazionedata alle norme comunitarie in discussione dai giudici del Tribunale e della RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Corte dAppello di Trento e la conseguente legittimit e tempestivit deiprovvedimenti adottati dai competenti uffici doganali italiani per il recuperodei dazi evasi nei confronti dello spedizioniere M. & M. con linvito a pagamento 6-14 agosto 1995 e lingiunzione 17 novembre 1995. Sulla prima parte del primo quesito, concernente lart. 11-bis, comma1, Reg. 87/1062, come introdotto dal Reg. 90/1429: preliminarmente occorre rilevare che il Reg. 87/1062, ivi compreso lart. 11-bis introdotto dal Reg. 90/1429, stato abrogato dallart. 127.1 Reg. 92/1214/CEE dellaCommissione del 21/4/1992, in G.U.C.E. n. L-132 del 16 maggio 1992(entrato in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione), a sua voltaabrogato dallart. 913 Reg. 93/2454, applicabile dal 1 gennaio 1994 ai sensidel suo art. 915, comma 2; la circostanza acquista evidenza con la rimessione disposta dalla Cassazione perch nei precedenti gradi del giudizio lanorma era stata ritenuta inapplicabile alla fattispecie di causa; quindi la questione irricevibile dalla Corte di Giustizia perch: a) proposta in relazionead una norma abrogata e non applicabile, ratione temporis, alla causa, senzaalcun riferimento a quella di cui allart. 49 Reg. 92/1214, unica applicabile; b) concernente una disposizione che stata riprodotta nel nuovo Reg. 92/1214 (e, poi, nel Reg. 93/2454) con modifiche rilevanti (come diremo inprosieguo) e, quindi, nel testo preso in esame dalla Cassazione ininfluente aifini del giudizio; c) irritualmente proposta nel giudizio a quo ove il motivodi ricorso in Cassazione che eccepisce la presunta violazione del Reg. 87/1062 (come modificato dal Reg. 93/2454, anzich dal Reg. 92/1214) inammissibile per violazione dellart. 366, comma 1, n. 4, del codice di procedura civile italiano (che impone la esatta indicazione delle norme di leggeche si assumono violate); da tutte queste ragioni consegue, come gi detto, la irricevibilit del quesito n. 1 poich lo scopo della rimessione ex art. 234Trattato quella di risolvere una questione pregiudiziale per la decisione diuna causa dinanzi alla Autorit Giudiziaria di uno Stato membro, qualoraquella questione non sia pregiudiziale perch non ammissibile nel giudizio a quo, o comunque inutile ai fini del giudizio, la sua rimessione alla Corte diGiustizia non ammissibile. La Corte, a tale proposito, ha costantemente affermato quanto segue (daultimo nella sentenza 30 giugno 2005 in causa C-165/03 Mathias Lngst): 30. Al riguardo, occorre rammentare come, secondo costante giurisprudenza, il procedimento ex art. 234 CE costituisca uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi dinterpretazione del diritto comunitario necessari per risolvere le controversie dinanzi ad essi pendenti (v., segnatamente, sentenze 16 luglio 1992, causa C-83/91, Meilicke, Racc. pag. I-4871, punto22, e 5 febbraio 2004, causa C-380/01, Schneider, Racc. pag. I-1389, punto20). 31. Nellambito di tale cooperazione, spetta esclusivamente al giudicenazionale cui stata sottoposta la controversia e che deve assumersi laresponsabilit dellemananda decisione giurisdizionale valutare, alla lucedelle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessit di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 199 sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, sele questioni sollevate dal giudice nazionale vertono sullinterpretazione deldiritto comunitario, la Corte, in via di principio, tenuta a statuire (sentenza Schneider, cit., punto 21 e giurisprudenza cit.). 32. Tuttavia, la Corte haparimenti affermato che, in ipotesi eccezionali, le spetta esaminare le condizioni in cui adita dal giudice nazionale al fine di verificare la propria competenza. Il rifiuto di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da ungiudice nazionale possibile solo qualora risulti manifestamente che linterpretazione del diritto comunitario richiesta non ha alcuna relazione con leffettivit o con loggetto della causa principale, qualora il problema sia dinatura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi difatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni chele vengono sottoposte (sentenza Schneider, cit., punto 22). 33. Infatti, lo spirito di collaborazione che deve presiedere allo svolgimento del procedimento pregiudiziale implica che il giudice nazionale, dal canto suo, tenga presente la funzione di cui la Corte investita, che quella di contribuireallamministrazione della giustizia negli Stati membri e non di esprimerepareri a carattere consultivo su questioni generali o ipotetiche (sentenzaSchneider, cit., punto 23). Ad ogni buon conto, qualora la Corte di Giustizia ritenga ricevibile laquestione e la voglia esaminarla nel merito, sia pure con riferimento al Reg. 92/1214, applicabile alla operazione di transito comunitario della quale sidiscute (posta in essere con certificati T1 nel periodo fra il 23 aprile 1993 e il16 luglio 1993), dovr farsi riferimento allart. 49, che riproduce, con alcuneimportanti integrazioni, labrogato art. 11-bis del vecchio Reg. 87/1062 (percompletezza si precisa che anche lart. 379 par. 1 Reg. 93/2454, nel testo originario, poi ulteriormente modificato con Reg. Cee 15 dicembre 2000 n. 2787a partire dal 1 luglio 2001, contiene disposizioni identiche a quelle dellart. 49); il termine di undici mesi indicato nellart. 49.1 (come gi nellart. 11-bisabrogato) per la comunicazione da parte della dogana di provenienza dellamerce del mancato appuramento del transito non pu trovare applicazione neiconfronti ed a danno dellamministrazione doganale competente in relazioneal luogo in cui lirregolarit stata scoperta diversa da quella di provenienza che agisce per il recupero dei dazi evasi, quando lappuramento sia statoeffettuato in base a documenti risultati falsi, per varie ragioni. In primo luogo, gli uffici doganali non sono in grado di avere cognizione della falsit a base dellappuramento e, quindi, di agire prima di averavuto notizia dei fatti delittuosi da parte degli organi di indagine (cosa chenella specie, come riferito nel precedente par. 2, avvenuta la prima volta indata 17 novembre 1993); ci in applicazione del principio generale sancitodallart. 221 Reg. 92/2913/CEE C.D.C., il cui ultimo paragrafo (nel testovigente, sostanzialmente identico a quello anteriore alla modifica apportatacon Reg. 2700 del 2000) dispone che qualora lobbligazione doganalesorga a seguito di un atto che era nel momento in cui stato commesso perseguibile penalmente, la comunicazione al debitore pu essere effettuata allacondizioni previste dalle disposizioni vigenti, dopo la scadenza del termine RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO di cui al paragrafo 3 [prima cinque, poi tre anni dalla data in cui sortalobbligazione doganale]; detta disposizione [costituente esplicazione delprincipio generale actio nondum nata non prescribitur ] deve trovare applicazione anche nel nostro caso, stante lidentit della ratio legis e la necessit di salvaguardare i diritti dellAmministrazione che agisce per il recuperodei dazi evasi e che sarebbe, altrimenti, nellimpossibilit di perseguire i propri fini istituzionali; in proposito, riteniamo utile ricordare che la Corte diGiustizia Ce, in sede di interpretazione dellart. 3 del Reg. CEE n. 1697/1979, poi trasfuso nellart. 221, ultimo paragrafo, del Cod. Dog. Com., con la sentenza C-273-90 (causa Meico-Fell), ha statuito che lespressione atto passibile di unazione giudiziaria repressiva riguarda esclusivamente gli atti che nellordinamento giuridico dello Stato membro, le cui competenti autorit procedono al recupero, sono qualificati infrazioni ai sensi deldiritto penale nazionale; tale interpretazione prescinde da ogni riferimentoallesito del procedimento penale derivante dallaccertamento del fatto-reatoimpeditivo dellesatta riscossione. In secondo luogo, il termine di cui allart. 49.1 Reg. 92/1214 non putrovare applicazione in tutti i casi in cui lappuramento oggettivamenteavvenuto, anche se con documenti falsi, come hanno correttamente deciso igiudici italiani di primo e secondo grado (sia pure in riferimento allart. 11bis abrogato); ci il frutto dellapplicazione del principio generale sopraesaminato nel par. 9 e di una corretta interpretazione della norma secondoquanto chiaramente traspare dalla sua lettera: il Capitolo IV del Regolamento92/1214 parla di Spedizioni non presentate allufficio di destinazione elart. 49.1 ripete Quando una spedizione non sia stata presentata allufficiodi destinazione (identica frase si legge nellart. 379.1 Reg. 93/2454, mentre lart. 11-bis Reg. 87/1062 parlava di mancato appuramento) e questafattispecie non ricorre allorch lappuramento cՏ stato, indipendentementedal suo esito e dalla sua genuinit; se il Legislatore avesse voluto collegarela decorrenza del termine ad un appuramento regolare lo avrebbe detto! daltronde, solo levento omissivo (la spedizione non presentata o il mancato appuramento) chiaramente percepibile dallufficio doganale, mentre un appuramento irregolare potrebbe non essere percepito immediatamente, come avvenuto nella specie, a causa di una falsit non chiaramente identificabile; quanto test osservato trova conferma nel nuovo art. 366.2 Reg. 93/2454 (come modificato dal Reg. 2787 del 2000) che, con funzione chiarificatrice e non innovatrice della precedente normativa, quindi applicabileanche al caso del quale si discute, dispone: 2. La procedura di ricerca [aisensi del n. 1: al fine di raccogliere le informazioni necessarie allappuramento del regime o, in mancanza, stabilire le condizioni dinsorgenza del- lobbligazione doganale, individuare il debitore e determinare le autoritdoganali competenti] parimenti avviata qualora emerga a posteriori chela prova della conclusione del regime stata falsificata e che il ricorso a taleprocedura necessario per giungere agli obiettivi di cui al paragrafo 1; inquesto caso, come logico e corretto, nessun termine e nessuna prescrizioneformale sono posti allazione dellamministrazione doganale. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 201 In terzo luogo, lart. 49 non applicabile nella specie perch non si verificata laltra condizione posta dal primo comma (e ribadita nellart. 379.1 Reg. 93/2454) per la operativit dellobbligo di notificazione entro iltermine di undici mesi: e non possa accertarsi il luogo dellinfrazione o dellirregolarit (condizione che non era esplicitata nellart. 11-bis abrogato ma che costituisce un chiarimento pi che una innovazione); poich nellaspecie il luogo dellinfrazione stato accertato dalla Guardia di Finanza- SVAD nella frontiera al valico del Brennero, ove la merce stata clandestinamente introdotta in Italia (si veda la relazione allegata al n. 7, oltre aglialtri documenti depositati nel giudizio a quo), la disposizione in esame risulta inapplicabile. In quarto luogo, lart. 49 non applicabile nella specie perch rivolto allasola dogana di provenienza (lufficio di partenza ne d notificazione) nelcaso sia rimasta competente al recupero dei dazi evasi, cio nel caso in cuinon possa accertarsi il luogo dellinfrazione o dellirregolarit (v. par. 10), mentre qualora questo luogo sia accertato (come nella fattispecie) e siacompetente la Dogana del detto luogo (ai sensi degli art. 34 n. 1-2 e 37 n. 3del Reg. 90/2726/CEE del Consiglio del 17/9/1990, oltre che dellart. 378.3Reg. 93/2454, su cui pi diffusamente in prosieguo quando parleremo delterzo quesito) non scatta la prescrizione della notificazione entro undici mesi. Infine, si osserva che il termine di decadenza in esame non pu, comunque, trovare applicazione in danno dellamministrazione doganale che procede per il recupero dei dazi evasi nei confronti del debitore o dei suoi rappresentanti che quelle operazioni irregolari hanno effettuato; ci stato affermato chiaramente dalla Corte di Giustizia Ce nella sentenza 14-11-2002, C112/ 01: Lart. 379, n. 1, del regolamento n. 2454/93 [che, ripetesi, ribadiscela formulazione dellart. 49.1 Reg. 92/1214], che fissa talune disposizioni diapplicazione del regolamento n. 2913/92, che istituisce il codice doganalecomunitario, in combinato disposto con questultimo regolamento, devessere interpretato nel senso che limporto di unobbligazione doganale sorta aseguito di uninfrazione o di unirregolarit commessa in occasione di unaspedizione effettuata in regime di transito comunitario esterno pu essereriscosso dallufficio di partenza presso lobbligato principale, anche ove ildetto ufficio non abbia notificato a questultimo, entro la fine dellundicesimo mese successivo alla data di registrazione della dichiarazione di transitocomunitario, che tale spedizione non stata presentata allufficio di destinazione e che il luogo dellinfrazione o dellirregolarit non pu essere accertato; infatti, un regolamento di attuazione deve costituire oggetto, se possibile, di uninterpretazione conforme alle disposizioni del regolamento base; ora, nessuna disposizione del codice doganale consente di concludere che linosservanza del termine di undici mesi comporti lestinzione dellobbligazione doganale sorta a carico dellobbligato principale; questo termine costituisce una prescrizione procedurale che si rivolge soltanto alle autorit amministrative ed il cui scopo quello di garantire unapplicazione diligente e uniforme delle disposizioni in materia di riscossione dellimporto dellobbligazione doganale nellinteresse di una rapida messa a disposizione delle risor RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO se proprie della comunit; dato che linosservanza del termine di undici mesinon ha, in se stessa, alcuna incidenza sullesigibilit e sulle modalit diriscossione dellimporto dellobbligazione doganale, la circostanza che lufficio di partenza non abbia applicato una disciplina amministrativa relativaalla trasmissione di informazioni, come il sistema dinformazione previa, oche il ritardo nella notifica sia dovuto ad un errore o ad una negligenza daparte di tale ufficio irrilevante.; questa pronunzia decisiva per la soluzione del quesito posto dalla Cassazione ma non stata presa in considerazionenonostante fosse stata citata dallAmministrazione finanziaria nei suoi attidifensivi dinanzi alla Suprema Corte! Sulla seconda parte del primo quesito, concernente la responsabilitdello spedizioniere doganale per le irregolarit delle operazioni di transitocomunitario: la Corte di Cassazione chiede anche se, ad avviso della Cortedi Giustizia, possa essere considerata contrastante con il principio di proporzionalit lattribuzione allo spedizioniere doganale delle intere conseguenze di una irregolare operazione di transito comunitario; al quesito deveessere data risposta negativa, con la conferma della piena operativit dellaresponsabilit dello spedizioniere doganale per tutte le obbligazioni nascenti da una irregolare operazione di transito comunitario, atteso che la invocazione del principio di proporzionalit del tutto fuori luogo nella fattispecie in esame ove, come in tutte le ipotesi di responsabilit dello spedizioniere per fatti connessi alle operazioni allo stesso affidate, trattasi di responsabilit solidale con loperatore che vale solo a rafforzare le garanzie di soddisfacimento della Comunit per il recupero di risorse proprie e consente sempre allo spedizioniere di recuperare nei confronti del debitore quanto pagatoin virt di quella solidariet; peraltro, trattasi di responsabilit a titolo principale (nel senso che manca la sussidiariet che imporrebbe al preventivaescussione delloperatore) proprio per la sua funzione di garanzia dei dirittidella Comunit, radicata nel chiaro disposto dellart. 96.2 Reg. 92/2913Codice Doganale Comunitario (applicabile nella specie perch entrato invigore prima dei fatti): anche uno spedizioniere o un destinatario cheaccetti le merci sapendo che sono soggette al regime del transito comunitario sono tenuti a presentarle intatte allufficio doganale di destinazione neltermine fissato e a rispettare le misure di identificazione prese dalle autorit doganali, con la conseguente assunzione di tutte le relative responsabilit per il pagamento dei dazi e delle altre imposte. La piena responsabilit dello spedizioniere, non suscettibile di riduzionea causa dellentit del suo compenso, trova giustificazione anche nelle normedel Codice Doganale Comunitario che individuano il presupposto dellobbligazione doganale ed i responsabili: lobbligazione doganale sorge, ai sensidellart. 204.1, lett. b), in seguito allinosservanza di una delle condizionistabilite per il vincolo di una merce ad un determinato regime doganale(nella fattispecie il transito per la dogana di destinazione e luscita dal territorio doganale comunitario); il debitore individuato dallart. 204.3 nellapersona tenuta, secondo il caso, ad adempiere gli obblighi che, per unamerce soggetta a dazi allimportazione, derivano dallutilizzazione del IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 203 regime doganale cui la merce stata vincolata, cio nella figura dellobbligato principale e del suo spedizioniere (tenuto, ai sensi dellart. 96.2 citato, al rispetto di tutti gli obblighi connessi al transito comunitario); lesistenzadi eventuali coobbligati (persone che hanno sottratto o collaborato alla sottrazione della merce al controllo doganale, art. 203.3) non comporta alcunbeneficio di sussidiariet o di preventiva escussione a favore degli obbligatiprincipali individuati dallart. 96 (si veda quanto deciso dalla Corte diGiustizia Ce nella sentenza 5 ottobre 1983 nelle cause riunite C-186-187/82: secondo le norme comunitarie vigenti in materia doganale, la sottrazione, ad opera di terzi, anche senza colpa del debitore, di merce soggetta a daziodoganale non estingue la relativa obbligazione). La piena responsabilit dello spedizioniere trova ulteriore conferma neiprincipi pi volte affermati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia inmateria di responsabilit degli operatori commerciali: vedasi la nota sentenza della Corte di Giustizia CE 17/7/97-C 97/95, confermata, da ultimo, dallasentenza del 9 marzo 2006, nella causa C-293/04 tra Beemstrboer ColdstoreServices & Inspecteur der Belastingdienst Douanedistrict Arnhem, secondo cui: ҏ pacifico che la Comunit non tenuta a sopportare le conseguenze pregiudizievoli dei comportamenti scorretti dei fornitori degli importatori (sentenza Pascoal & Filhos, cit., punto 59); ancora, le sentenze delTribunale di I grado CEE sez. III 9 giugno 1998 in cause riunite T-10/97e T-11/97 Unifrigo Gadus s.r.l., ai punti 62-63, e della Corte di Giustizia sez. II 26 novembre 1998 in causa C-379/96 Covita AVE: tocca aglioperatori economici adottare, nellambito dei loro rapporti contrattuali, iprovvedimenti necessari per premunirsi contro i rischi di unazione di recupero (sent. Corte 14 maggio 1996 in cause riunite C153/94 e C-904194Faroe Seafood e a., Racc. pag. I-2465, punto 114; e 17 luglio 1997 causa C97/ 95, Pascoal & Filhos, Racc. pag. I-4209, punto 60). Sul secondo quesito, concernente lart. 11-bis, comma 2, Reg. 87/1062: ad avviso del Governo italiano la questione irricevibile, per imotivi gi esposti in relazione alla prima parte del primo quesito, nei par. 67; la questione , altres, irricevibile per linammissibilit del motivo diricorso in Cassazione (come gi eccepito nel corso del giudizio, v. controricorso e memoria, all. 9-10), perch trattasi di eccezione non ritualmente proposta dalla ditta opponente (proposta, cio, solo in sede di comparsa conclusionale di secondo grado e non con loriginario atto di opposizione, in violazione del principio del contraddittorio) e che non pu essere presa in considerazione dal Giudice italiano: poich lo scopo della rimessione ex art. 234Trattato come dianzi rilevato quella di risolvere una questione pregiudiziale per la decisione di una causa dinanzi alla Autorit Giudiziaria di unoStato membro, qualora quella questione non sia pregiudiziale perch nonammissibile nel giudizio a quo la sua rimessione alla Corte di Giustizia non ammissibile (rileviamo che leccezione stata gi accolta dalla CortedAppello e non ancora esaminata dalla Cassazione che ha ritenuto di poterpreliminarmente ricorrere allart. 234 Tr., laddove avrebbe dovuto primadecidere sulla sua ammissibilit). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO La questione, tuttavia, mal posta, atteso che, nella versione dellart. 49.2 Reg. 92/1214 in vigore al momento dei fatti di causa, concerne una prescrizione prevista dal Legislatore comunitario a carico della sola dogana diprovenienza (atteso che concerne la notificazione di cui al paragrafo 1, cio da parte dellufficio di partenza come dedotto nel precedente par. 12) ed a condizione che non possa accertarsi il luogo dellinfrazione o dellirregolarit (condizione che nella specie non ricorre, come precisato nel precedente par. 11), con tutte le conseguenze dedotte dianzi in merito al primoquesito e che qui si richiamano integralmente, ivi compresi il riferimentoallart. 366.2 Reg. 93/2454 ed alla sentenza 14 novembre 2002, C-112/01. Peraltro, la questione irrilevante nel giudizio a quo, come eccepitodallAmministrazione Finanziaria nelle sue difese, e quindi irricevibile aisensi e per i fini dellart. 234 Trattato, perch nellinvito di pagamento rivolto alla M. & M. (in data 8 agosto 1995, all. 4) era fatta espressamente salvala facolt di cui allart. 11-bis paragrafo 2: si invita a pagare entro tremesi dalla data di ricezione del presente invito, a meno che, entro il medesimo termine, codesta ditta possa dimostrare la regolare presentazione allaDogana di destinazione dei documenti T1 in questione. Sul terzo quesito, concernente la competenza dellufficio doganale aisensi dellart. 215, par. 1, Reg. 92/2913/CEE: la Cassazione chiede se lacompetenza dellUfficio doganale ad emettere linvito a pagamento dei dazievasi ed a curare la successiva procedura di riscossione debba essere determinata ai sensi della seconda parte o della terza parte di detto paragrafo; innanzitutto, si deve precisare che il testo dellart. 215 a cui fa riferimento laCassazione quello modificato dallart. 1 Reg. CE 13/4/1999 n. 955, mentre quello vigente allepoca dei fatti era strutturato in termini formali diversi(con la distribuzione sui primi tre paragrafi di quanto raggruppato nel primoparagrafo della nuova versione), anche se con laffermazione di principisostanzialmente coincidenti. Ad ogni buon conto inutile ricercare eventuali differenze fra le due versioni della norma, atteso che la competenza dellufficio doganale per il recupero dei diritti evasi in occasione di operazioni di transito comunitario dettagliatamente regolata dallart. 34, par. 1-2, Reg. n. 90/2776 del Consigliodel 17 settembre 1990, relativo al transito comunitario, e che costituisce lanormativa speciale regolante la materia, restato in vigore fino al 31 dicembre 1993 (essendo stato sostituito dallart. 378.3 Reg. 93/2454, entrato invigore il 1 gennaio 1994) e quindi applicabile ai fatti di causa; ai sensi delcitato art. 34, par. 1-2, lazione per il recupero dei dazi e degli altri dirittied imposteɏ posta in essere dallo Stato membro ove stata commessa o accertata linfrazione, quindi nella specie dallo Stato italiano ove stataaccertata linfrazione (si vedano le indagini della Guardia di Finanza-SVADpi volte citate); solo nel caso in cui non possibile stabilire il luogo del- linfrazione o dellirregolarit il par. 3 attribuisce la competenza allufficiodi partenza o di passaggio; significativa , poi, la disposizione contenuta nelcomma 3 del par. 3 del cit. art. 34, ove si dispone che Se, prima della scadenza del termine di tre anni a decorrere dalla data di registrazione della IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 205 dichiarazione T1, possibile determinare lo Stato membro in cui la suddetta infrazione o irregolarit stata effettivamente commessa [caso che ricorre nella specie], tale Stato membro procede, conformemente alle disposizioni comunitarie o nazionali, al recupero dei dazi ed altri diritti e imposte (tale disposizione confermata nellart. 378.3 Reg. 93/2454, entrato in vigore successivamente ai fatti); ai sensi delle disposizioni richiamate, quindi, lacompetenza nella specie deve essere attribuita alla Dogana italiana, in relazione al luogo in cui stata commessa e, comunque, accertata linfrazionealla disciplina del transito comunitario; il riferimento allart. 215 Reg. 92/2913, sia pure formalmente errato, non scalfisce queste conclusioni, atteso che detta principi sostanzialmente identici. Per tutti i motivi esposti, si conclude perch codesta Corte di Giustizia, nel caso ritenga ricevibili i quesiti, voglia cos rispondere: 1. al primo quesito, prima parte, ed al secondo quesito: a) i termini di cuiallart. 49.1-2 Reg. 92/1214 non possono trovare applicazione in tutti i casi incui lappuramento oggettivamente avvenuto, anche se con documenti falsi, ecomunque non possono trovare applicazione nei confronti ed a danno dellamministrazione doganale competente in relazione al luogo in cui lirregolarit stata scoperta diversa da quella di provenienza che agisce per il recuperodei dazi evasi; b) limporto di unobbligazione doganale sorta a seguito diuninfrazione o di unirregolarit commessa in occasione di una spedizioneeffettuata in regime di transito comunitario esterno pu essere riscosso dallufficio di partenza o da quello in cui linfrazione stata commessa o accertata, nei confronti di tutti gli obbligati, compreso lo spedizioniere, anche ove il dettoufficio non abbia notificato allobbligato principale, entro la fine dellundicesimo mese successivo alla data di registrazione della dichiarazione di transitocomunitario, che tale spedizione non stata presentata allufficio di destinazione e che il luogo dellinfrazione o dellirregolarit non pu essere accertato, enon gli abbia consesso il termine di tre mesi per fornire eventuali elementi diprova (ai sensi dellart. 49.1-2 Reg. 92/1214 e dellart. 379.1-2 Reg. 93/2454nel testo vigente prima della modifica di cui al Reg. 2787 del 2000). 2. Al primo quesito, seconda parte: ai sensi dellart. 96.2 Reg. 92/2913Codice Doganale Comunitario lo spedizioniere che accetti le merci sapendoche sono soggette al regime del transito comunitario tenuto a tutti gliobblighi relativi e risponde del pagamento dei dazi e delle altre imposte derivanti dalle irregolarit delle operazioni, senza che possa invocare limitazioni in virt del principio di proporzionalit. 3. Al terzo quesito: ai sensi dellart. 34, par. 1-2, Reg. n. 90/2776 delConsiglio del 17 settembre 1990 e dellart. 378.3 Reg. 93/2454, entrato invigore il 1 gennaio 1994, lazione per il recupero dei dazi e degli altri diritti ed imposte evasi in occasione di operazioni di transito comunitario postain essere dallo Stato membro ove stata commessa o accertata linfrazione(nella specie, correttamente, dallo Stato italiano ove quella infrazione stata accertata). (). Roma, 10 agosto 2006 Avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Cause riunite C-231/06, C-232/06 e C-233/06 (domande di pronunciapregiudiziale) Direttiva 19 dicembre 1978, 79/7/CEE Regimi pensionistici Contributi di regolarizzazione Ordinanze del 10 maggio2006, depositate il 22 maggio 2006, promosse dalla Cour du travail diBruxelles (Belgio) (cs.28210/06, avv. dello Stato W. Ferrante). I QUESITI 1.- Quanto ai contributi di regolarizzazione (art. 4 del regio decreto 25giugno 1997 che introduce lart. 16 ter, 2), se la direttiva 19 dicembre1978, 79/7/CEE debba essere intesa come diretta ad autorizzare ladozione, da parte di uno Stato membro, di una normativa che consente a una categoria di persone di un determinato sesso, in origine discriminata, di beneficiare del regime di pensione applicabile alla categoria di persone dellaltrosesso, dietro il pagamento retroattivo di contributi (pagamento in unica soluzione di un capitale elevato) prescritti, ai sensi della legislazione applicabilein detto Stato, a favore di questultima categoria di persone. In caso di risposta affermativa, se la direttiva 19 dicembre 1978,79/77CEE non debba essere intesa come diretta ad esigere che uno Statomembro adatti la normativa contraria alle disposizioni della menzionatadirettiva qualora con una sentenza della Corte di giustizia delle Comuniteuropee si sia constatato tale conflitto di norme e, quanto meno, entro il termine di prescrizione applicabile al credito contributivo scaturito dalladozione di tale normativa. 2.- Quanto agli interessi di mora (art. 4 del regio decreto 25 giugno1997 che introduce lart. 16 ter, 4, terzo comma), se la direttiva79/7/CEE debba essere intesa come diretta ad autorizzare ladozione, daparte di uno Stato membro, di una normativa che consente a una categoriadi persone di un determinato sesso, in origine discriminata, di beneficiaredel regime di pensione applicabile alla categoria di persone dellaltrosesso, dietro il pagamento di considerevoli interessi di mora prescritti, inforza della legislazione applicabile in detto Stato, a favore di questultimacategoria di persone. In caso di risposta affermativa, se la direttiva 19 dicembre 1978,79/77CEE non debba essere intesa come diretta ad esigere che uno Statomembro modifichi la normativa contraria a tale disposizione qualora con unasentenza della Corte di giustizia delle Comunit europee si sia constatato taleconflitto di norme e, quanto meno, entro il termine di prescrizione applicabile agli interessi di mora scaturiti dalladozione di tale normativa. LA POSIZIONE ASSUNTA DAL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA Il Governo italiano ritiene che al primo quesito vada data risposta positiva, in quanto deve ritenersi che leccezionale retroattivit di un atto comunitario, qualora lo esiga lo scopo da raggiungere, debba essere contemperata, daun lato, con i principi del legittimo affidamento e della certezza del diritto, dal- laltro, con le norme interne in materia di prescrizione, come esposto nella sentenza della Corte di giustizia del 26 aprile 2005, causa C-376/02, Goed Wonen. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 207 La direttiva 79/7/CEE del Consiglio, relativa alla graduale attuazione delprincipio di parit di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale, trova il proprio fondamento nellart. 119 del Trattato che sancisce il principio della parit di retribuzione, a parit di lavoro, senza alcunadiscriminazione fondata sul sesso. Con la sentenza del 13 maggio 1986, causa 170/84, Bilka, la Corte digiustizia ha chiarito che il divieto di discriminazione tra lavoratori di sessomaschile e lavoratori di sesso femminile previsto dal citato art. 119 delTrattato, stante il riferimento a tutti gli altri vantaggi pagati direttamente oindirettamente, deve estendersi anche al regime pensionistico applicabile. Ci premesso, va ricordato che, a norma dellart. 4 n. 1 della direttiva79/7/CEE, il principio di parit di trattamento implica lassenza di qualsiasidiscriminazione, direttamente o indirettamente fondata sul sesso, in relazione a) allapplicazione del regime previdenziale, b) allobbligo di versare icontributi e al calcolo degli stessi, c) al calcolo e alla durata delle prestazioni previdenziali. Dal canto suo, lart. 5 della direttiva citata prevede che gli stati membriadottino le misure necessarie affinch siano soppresse le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative contrarie al principio di parit di trattamento. Il termine per tale adempimento fissato in sei anni dallarticolo 8della direttiva ed andato a scadere il 23 dicembre 1984. In attuazione della predetta direttiva, il Belgio ha adottato il regio decreto 27 giugno 1980 che ha modificato il regime preesistente, in vigore dal 1gennaio 1964, in base al quale il personale di bordo dellaviazione civile, adeccezione delle hostess di volo, usufruiva di un regime previdenziale pifavorevole, quanto alle pensioni di anzianit e di reversibilit, rispetto alregime di diritto comune degli altri dipendenti. Con il citato regio decreto 27 giugno 1980, anche alle hostess statoesteso, per il futuro, il regime previdenziale derogatorio di maggior favoreprevisto per gli assistenti di volo di sesso maschile mentre per il periodo dal1 gennaio 1964 al 31 dicembre 1980 le predette hostess sono rimaste assoggettate, con riferimento allimporto dei contributi e a quello della pensione, al regime di diritto comune. Successivamente, a seguito di alcune sentenze della Cour du travail diBruxelles, che avevano ritenuto non correttamente recepita la direttiva79/7/CEE non essendo stata prevista una disciplina transitoria, stato adottato il regio decreto 25 giugno 1997 che ha compiutamente garantito la parit di trattamento tra i sessi, consentendo anche alle hostess che avevano prestato servizio prima dellentrata in vigore del regio decreto 27 giugno 1980la fruizione di una pensione analoga a quella prevista per il personalemaschile di bordo, prevedendo la possibilit di una regolarizzazione retroattiva della posizione contributiva, per il periodo compreso tra il 1 gennaio1964 e il 31 dicembre 1980, mediante il versamento, da parte delle hostess, in unica soluzione, dei contributi che avrebbero dovuto essere corrispostiqualora il regime previdenziale alle stesse applicabile fosse stato identico aquello degli stuarts, oltre gli interessi calcolati al tasso annuale del 10%. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO La nuova normativa stata adottata anche alla luce della sentenza dellaCorte di giustizia del 4 dicembre 1986, causa C-71/85, FederatieNederlandse Vakbeweging che ha ritenuto non attuata nel suo complesso ladirettiva 79/7/CEE da parte dellOlanda, che si era limitata ad abrogare lanorma incompatibile senza adottare una disciplina transitoria, non potendolo stato membro richiamarsi al potere discrezionale di cui dispone nella scelta dei mezzi e della forma per raggiungere il risultato voluto dalla direttivaper negare sostanzialmente qualsiasi efficacia alle disposizioni volte ad assicurare la parit di trattamento in materia di previdenza sociale. Ci posto, appare pacifico che qualora un lavoratore richieda, come nelcaso di specie, lapplicazione retroattiva di un regime pensionistico pi favorevole, lo stesso non possa esimersi dal versamento dei contributi che avrebbero dovuto essere corrisposti ove fosse stato applicato quel regime previdenziale nel periodo considerato. Tale principio stato chiaramente affermato dalle sentenze della Corte di giustizia del 28 settembre 1994, causa C128/ 93, Fisscher e del 24 ottobre 1996, causa C-435/93, Dietz, ove statoprecisato che il lavoratore non pu pretendere, in particolare sul piano finanziario, un trattamento pi favorevole di quello di cui avrebbe goduto se glifosse stato applicato il regime previdenziale previsto per laltro sesso. Daltro canto, lo stesso giudice remittente osserva che si produrrebbeallinverso una discriminazione ai danni del personale di sesso maschile qualora le hostess potessero beneficiare del loro stesso trattamento pensionistico omettendo il pagamento dei contributi da questi versati. I dubbi sollevati dalla Cour du travail si appuntano invece sulle modalit di versamento dei contributi arretrati previste dalla legge belga, che richiede la corresponsione in unica soluzione di un capitale di ingente entit peruna persona pensionata. In proposito, va rilevato che il regio decreto del 25 giugno 1997, perassicurare la piena attuazione della direttiva 79/7/CEE, ha eccezionalmenteconferito efficacia retroattiva alla stessa nonostante, in linea di massima, ilprincipio della certezza del diritto osti a che lefficacia nel tempo di un attocomunitario decorra da una data anteriore alla sua pubblicazione, comeaffermato dalle sentenze della Corte di giustizia del 11 luglio 1991, causa C368/ 89, Crispoltoni e del 29 aprile 2004, cause riunite C-487/01 e C-7/02, Gemeente Leusden e Holin Groep. Va ricordato infatti che sia la sentenza della Corte del 17 maggio 1990, causa C-262/88, Barber in materia di regimi pensionistici di deroga convenzionale, sia la sentenza della Corte del 8 aprile 1976, causa C-43/75, Defrenne, che ha riconosciuto per la prima volta lefficacia diretta dellart. 119 del Trattato, hanno limitato nel tempo gli effetti dalle stesse derivantionde evitare il rischio di gravi inconvenienti che sarebbero potuti conseguire dalla loro applicazione retroattiva a rapporti giuridici pregressi costituiti secondo buona fede, limitando la possibilit degli interessati di avvalersi della disposizione, cos come interpretata, allo scopo di rimettere indiscussione rapporti giuridici sorti nel passato. Nella sentenza Barber, inparticolare, la Corte ha precisato che altrimenti lequilibrio finanziario di IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 209 numerosi regimi pensionistici avrebbe rischiato di essere retroattivamentesconvolto. Alla luce di quanto sopra, appare conforme al diritto comunitario lalegge belga che, pur consentendo lapplicazione retroattiva della direttiva79/7/CEE a decorrere da unepoca addirittura anteriore all8 aprile 1976(data di deposito della citata sentenza Defrenne che ha affermato la direttaapplicabilit dellart. 119 del Trattato), avendo le hostess invocato la ricostruzione della loro posizione contributiva a decorrere, rispettivamente, dal1966, dal 1963 e dal 1966 subordini la regolarizzazione della posizionecontributiva al pagamento di un capitale in unica soluzione. Va infatti considerato che mentre il personale di volo di sesso maschileha versato mensilmente i contributi durante la vita lavorativa attiva e quindisenza che sussistesse un contemporaneo obbligo dellente previdenziale dicorrispondergli la pensione, le hostess delle tre cause principali, ormai gicollocate in quiescenza, pretenderebbero di rateizzare i contributi, che avrebbero dovuto pagare nel passato, percependo invece immediatamente la pensione maggiorata della relativa integrazione. Appare evidente che in tal casolequilibrio finanziario dellente previdenziale rischierebbe di essere seriamente compromesso. Si osserva inoltre che la normativa interna in tema di prescrizione pucostituire un limite, in virt del principio di certezza del diritto, allapplicazione retroattiva di una norma comunitaria. La giurisprudenza formatasi in materia nellordinamento italiano haaffermato limpossibilit di regolarizzare lomesso versamento dei contributi in riferimento ai periodi per i quali la possibilit di effettuare e richiedere tale versamento prescritta in quanto, nella materia previdenziale, ilregime della prescrizione sottratto alla disponibilit delle parti sicch deveescludersi lesistenza di un diritto soggettivo degli assicurati a versare i contributi previdenziali prescritti e, una volta decorso il termine, la prescrizione opera di diritto, con la conseguenza che, rispondendo essa ad interessigenerali, rilevabile anche dufficio e non ne consentita la rinuncia daparte dellinteressato (Corte di cassazione, sezione lavoro, del 4 giugno2003 n. 8888). Lordinamento italiano prevede per, con lart. 13 della legge del 18agosto 1962 n. 1338, la facolt per il lavoratore di costituire una rendita vitalizia in caso di omissioni contributive non pi sanabili per intervenuta prescrizione, mediante il versamento di un importo calcolato in relazione allet, alla retribuzione, alla durata del periodo da regolarizzare e allanzianitcontributiva, a prescindere dalle circostanze di carattere oggettivo e soggettivo che hanno dato causa al verificarsi dellevento estintivo (Corte di cassazione, sezione lavoro, del 15 giugno 2001 n. 8089). Listituto della rendita vitalizia proprio dellordinamento italiano, che lagiurisprudenza interna ha ritenuto pienamente legittimo, appare simile alsistema di regolarizzazione in unica soluzione previsto dalla legge belga chesembra contemperare linteresse della lavoratrice ad ottenere una pensione intutto assimilabile a quella del lavoratore di sesso maschile, che abbia presta RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO to la medesima attivit lavorativa, con linteresse generale dellequilibriofinanziario degli enti previdenziali. Sempre in relazione allordinamento italiano, va inoltre ricordato uncaso particolare di regolarizzazione contributiva, disciplinato dal regimetransitorio della normativa sulla previdenza ed assistenza in favore degliavvocati (leggi 20 settembre 1980 n. 576 e 2 maggio 1983 n. 175) al fine diottenere la retrodatazione delliscrizione alla cassa forense, che prevedeespressamente il versamento dei contributi in unica soluzione, a pena didecadenza, entro sei mesi dalla comunicazione della delibera di accoglimento della domanda del professionista. La Corte di cassazione, con sentenza del9 luglio 2004 n. 12777, ha ritenuto che in mancanza del tempestivo pagamento dei contributi, con la predetta modalit, il professionista deve considerarsi decaduto irrimediabilmente dal diritto di vedersi riconosciuta liscrizione alla cassa anche per il periodo anteriore. Deve quindi concludersi per la piena conformit ai principi comunitari diparit di trattamento di cui allart. 119 del Trattato, da contemperarsi con il principio di pari rango di certezza del diritto, la legge belga che preveda la regolarizzazione di contributi prescritti mediante versamento in unica soluzione. In merito al secondo quesito, il Governo italiano ritiene che allo stessodebba darsi risposta negativa, atteso che il tasso degli interessi previsto dallalegge belga per la regolarizzazione contributiva, pari al 10%, superiore altasso di interesse legale applicabile agli interessi di mora ed ampiamentesuperiore al tasso bancario, rendendo cos ingiustificatamente oneroso per lalavoratrice lesercizio del diritto volto a regolarizzare la propria posizionecontributiva al fine di ottenere il medesimo trattamento previdenziale goduto dal lavoratore che abbia svolto la medesima attivit. Il Governo italiano propone quindi alla Corte di risolvere il primo quesitonel senso di ritenere che la direttiva 19 dicembre 1978, 79/7/CEE autorizzi ladozione, da parte di uno Stato membro, di una normativa che consenta a unacategoria di persone di un determinato sesso, in origine discriminata, di beneficiare del regime di pensione applicabile alla categoria di persone dellaltrosesso, dietro il pagamento retroattivo di contributi prescritti in unica soluzione. Il Governo italiano propone quindi alla Corte di risolvere il secondoquesito nel senso di ritenere che la direttiva 19 dicembre 1978, 79/7/CEEnon autorizzi ladozione, da parte di uno Stato membro, di una normativache consenta a una categoria di persone di un determinato sesso, in originediscriminata, di beneficiare del regime di pensione applicabile alla categoria di persone dellaltro sesso, dietro il pagamento di interessi prescritti altasso del 10%, superiore al tasso legale previsto in tale Stato per gli interessi di mora ed ampiamente superiore al tasso bancario. Roma, 21 settembre 2006 Avvocato dello Stato Wally Ferrante. Causa C-242/06 (domanda di pronuncia pregiudiziale) Accordo di associazione CEE/Turchia (12 settembre 1963) e Protocollo addizionale(Trib. 1973/30) Libera circolazione dei lavoratori tra gli Stati membri della Comunit e la Turchia Decisioni del Consiglio di associazio IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 211 ne n. 2/76 e n. 1/80 Legislazione olandese su ammissione e soggiornodegli stranieri Ordinanza del Raad van State (Consiglio di Stato olandese) notificata il 27 luglio 2006 (cs. 30968/06, avv. dello Stato W. Ferrante). IL FATTO Il ricorrente, cittadino turco, entrato in Olanda il 12 settembre 2000 e hachiesto il rilascio di un permesso di soggiorno per abitare presso il coniuge olandese, permesso che gli stato concesso in data 14 dicembre 2000, con validitfino al 2 ottobre 2001, successivamente prorogata fino al 2 ottobre 2002. Il ricorrente ha svolto attivit di lavoro subordinato presso diversi datori di lavoro dal 25 marzo 2001 al 21 aprile 2001; dal 2 maggio 2001 al 17giugno 2001; dal 18 settembre 2002 al 30 ottobre 2002; dal 20 gennaio 2003al 2 marzo 2003 e dal 17 marzo 2003 al 19 dicembre 2003. Il 10 febbraio 2003, una volta che la validit del permesso di soggiornoera gi scaduta, lo straniero ha chiesto una nuova proroga ma tale richiestanon stata presa in esame dal Ministro per gli affari degli stranieri e lintegrazione olandese in quanto il ricorrente non aveva provveduto al pagamento dei diritti per la trattazione della domanda, pari a 169. Ai sensi della legge olandese del 23 novembre 2000, entrata in vigore il1 aprile 2001, la domanda di proroga della durata di un permesso di soggiorno presentata oltre il termine di validit equiparata ad una domanda di rilascio del permesso; comunque, se presentata entro sei mesi dalla scadenza, come nel caso di specie, la domanda esaminata alla luce dei requisiti richiesti per la prosecuzione del soggiorno. In attesa della decisione sulla domanda, lo straniero ha diritto di rimanere in Olanda. Nella fattispecie, per, a decorrere dalla scadenza del permesso di soggiorno in data 2 ottobre 2002 fino al momento della presentazione delladomanda di proroga in data 10 gennaio 2003, il soggiorno dello straniero stato irregolare. Sia in tale periodo, che in quello successivo alla presentazione delladomanda, fino alla decisione sulla stessa, la legge olandese fa inoltre divieto allo straniero di svolgere attivit lavorativa, invece svolta dal ricorrente. In base alla legge olandese, qualora venga omesso il pagamento dei diritti per la trattazione della domanda, questa non viene presa in esame. In proposito, il ricorrente lamenta che lobbligo di corrispondere tali diritti sarebbe incontrasto con lart. 13 della decisione n. 1/80 del Consiglio di AssociazioneCEE-Turchia, istituito con lAccordo di Associazione sottoscritto il 12 settembre 1963 tra gli Stati membri della CEE e la Turchia, che vieta nuove restrizioni alle condizioni daccesso alloccupazione dei lavoratori. Inoltre, si duole del fatto che, per i cittadini comunitari, previsto ilpagamento di un importo inferiore, pari a 30, a titolo di diritti per il rilascio di un documento di soggiorno. I QUESITI 1.a. Se lart. 13 della decisione n. 1/80, relativa allo sviluppo dellassociazione, alla luce dei punti 81 e 84 della sentenza 21 ottobre 2003, causeriunite C-317/01 e C-369/01, Abatay e Sahin (Racc. pag. I-12301), debba RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO essere interpretato nel senso che pu far valere tale disposizione uno straniero, cittadino turco, che si sia attenuto alle regole per il primo ingresso e ilsoggiorno nel paese e che nel periodo dal 14 dicembre 2000 al 2 ottobre 2002abbia regolarmente svolto attivit di lavoro subordinato presso diversi datori di lavoro, ma che tuttavia non abbia richiesto entro i termini la proroga delperiodo di validit del permesso di soggiorno rilasciatogli, cosicch dopo lascadenza di tale permesso e allepoca della domanda di proroga dello stesso, secondo il diritto nazionale, non si trovava in una situazione di soggiornoregolare e non era neppure autorizzato a svolgere attivit lavorative nelpaese. 1.b. Se per la soluzione della questione 1.a. abbia rilevanza la circostanza che una domanda di proroga, presentata dallo straniero oltre i termini, chesia stata ricevuta entro sei mesi dalla scadenza del periodo di validit di talepermesso di soggiorno, pur essendo equiparata, secondo il diritto nazionale, ad una domanda di concessione del primo permesso di soggiorno, viene esaminata alla luce dei requisiti posti per consentire la prosecuzione del soggiorno e che lo straniero pu attendere nel paese la decisione su tale domanda. 2.a. Se il termine restrizione di cui allart. 13 della decisione n. 1/80debba essere interpretato nel senso che in esso rientra lobbligo di pagamento di diritti relativi alla trattazione di una domanda di proroga della validit di un permesso di soggiorno dovuti da un cittadino turco rientrante nel- lambito di applicazione della decisione n. 1/80, diritti il cui mancato pagamento comporta che la sua domanda non presa in esame, a norma dellart. 24, n. 2, della Vw 2000. 2.b. Se sia diversa la soluzione della questione 2a. nel caso in cui limporto dei diritti non superi i costi della trattazione della domanda. 3. Se lart. 13 della decisione n. 1/80, che mira a dare attuazione alProtocollo aggiuntivo allAccordo che crea unassociazione tra la Comuniteconomica europea e la Turchia, in combinato disposto con lart. 59 del dettoProtocollo, debba essere interpretato nel senso che limporto dei diritti dovuti per la trattazione di una domanda di rilascio di un permesso di soggiornoovvero per la proroga dello stesso (che allepoca dei fatti ammontavano aEUR 169 per lo straniero) non possa superare per i cittadini turchi rientrantinellambito di applicazione della decisione n. 1/80 limporto dei diritti (EUR30) esigibili nei confronti dei cittadini della Comunit europea per la trattazione di una domanda di verifica alla luce del diritto comunitario e di rilascio dei documenti di soggiorno a questo collegati (vedi art. 9, n. 1, delladirettiva 68/360/CEE, rispettivamente art. 25, n. 2, della direttiva2004/38/CE). LA POSIZIONE ASSUNTA DAL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA Il Governo italiano ritiene che al primo quesito vada data risposta negativa, presupponendo lapplicazione dellart. 13 della decisione n. 1/80 lesistenza di una situazione regolare quanto al soggiorno e alloccupazione. Innanzi tutto, occorre premettere che ai sensi dellart. 2, n. 1 del- lAccordo di associazione concluso il 12 settembre 1963 tra la CEE e laTurchia, lAccordo medesimo ha lo scopo di promuove un rafforzamento IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 213 continuo ed equilibrato delle relazioni commerciali ed economiche tra leparti contraenti, tenendo conto della necessit di assicurare un pi rapido sviluppo delleconomia turca ed il miglioramento del livello delloccupazione edel tenore di vita del popolo turco. Tale obiettivo viene perseguito mediante la realizzazione graduale dellalibera circolazione dei lavoratori (art. 12), nonch mediante leliminazionedelle restrizioni alla libert di stabilimento (art. 13) e alla libera prestazionedei servizi (art. 14) al fine di facilitare successivamente ladesione dellaTurchia alla Comunit (art. 28). Il 23 novembre 1970 stato inoltre sottoscritto un Protocollo addizionale, che costituisce parte integrante dellAccordo di associazione, che, per quanto rileva nella presente causa, stabilisce allart. 41 n. 1 che Le parti contraenti si astengono dallintrodurre tra loro nuove restrizioni alla libert di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi e allart. 59 il principio secondo ilquale nei settori coperti dal presente protocollo, la Turchia non pu beneficiare di un trattamento pi favorevole di quello che gli Stati membri si accordano reciprocamente in virt del trattato che istituisce la Comunit. Alla luce di tale principio, il cittadino turco non pu fruire, in baseallAccordo tra la CEE e la Turchia, di maggiori garanzie rispetto a quelleche assistono i cittadini comunitari nei loro reciproci rapporti in ordine aldiritto di soggiorno in un altro Stato membro, che deriva dal diritto di accedere al mercato del lavoro. Non viene invece affermato il contrario e cio che gli Stati membri dellaComunit non possano accordare ai cittadini comunitari un trattamento pifavorevole rispetto a quello riservato ai cittadini turchi. Il 19 settembre 1980, il Consiglio di associazione, istituito dallAccordodi associazione CEE-Turchia, emanava la decisione n. 1/80. Ai sensi dellart. 6 di tale decisione : 1. Fatte salve le disposizioni dellarticolo 7, relativo allibero accesso dei familiari alloccupazione, il lavoratore turco inserito nelregolare mercato del lavoro di uno Stato membro ha i seguenti diritti: rinnovo, in tale Stato membro, dopo un anno di regolare impiego, delpermesso di lavoro presso lo stesso datore di lavoro, se dispone di unimpiego; candidatura, in tale Stato membro, ad un altro posto di lavoro, la cuiregolare offerta sia registrata presso gli uffici di collocamento dello Statomembro, nella stessa professione, presso un datore di lavoro di suo gradimento, dopo tre anni di regolare impiego, fatta salva la precedenza daaccordare ai lavoratori degli Stati membri della Comunit; libero accesso, in tale Stato membro, a qualsiasi attivit salariata disuo gradimento, dopo quattro anni di regolare impiego. 2. Le ferie annuali e le assenze per maternit, infortunio sul lavoro omalattia di breve durata sono assimilate ai periodi di regolare impiego. Iperiodi di involontaria disoccupazione, debitamente constatati dalle autorit competenti e le assenze provocate da malattie di lunga durata, pur senzaessere assimilate a periodi di regolare impiego, non pregiudicano i dirittiacquisiti in virt del periodo di impiego anteriore. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Ci premesso, quanto al quesito sub 1a, pacifico che il ricorrente nonha mai acquisito lo status di lavoratore dipendente ai sensi dellart. 6 delladecisione n. 1/80, avendo sempre lavorato per brevi periodi, con soluzionedi continuit e presso diversi datori di lavoro. Il giudice del rinvio ha quindi ipotizzato linquadramento della posizione del ricorrente nellambito applicativo dellart. 13 della predetta decisione, in base al quale Gli Stati membri della Comunit e la Turchia non possonointrodurre nuove restrizioni sulle condizioni daccesso alloccupazione deilavoratori e dei loro familiari che si trovino sui loro rispettivi territori insituazione regolare quanto al soggiorno e alloccupazione. In proposito, va sottolineato che la sentenza della Corte 11 maggio 2000, causa C-37/98, Savas ha chiarito la portata delle due clausole di standstill di cui allart. 41 n. 1 del Protocollo addizionale e allart. 13 della decisione n. 1/80, affermando, per quanto attiene al citato art. 41 n. 1, che tale disposizione non di per se tale da far sorgere, in favore di un cittadino turco, ildiritto di stabilimento, n il diritto di soggiorno direttamente derivanti dallanormativa comunitaria. La Corte ha infatti precisato che le disposizioni relative allAssociazioneCEE-Turchia non incidono sul potere degli Stati membri di disciplinare tantolingresso nel proprio territorio dei cittadini turchi quanto le condizioni dellaloro prima occupazione bens si limitano a disciplinare la posizione dei lavoratori turchi gi regolarmene integrati nello Stato membro ospitante in ragione dellesercizio legale di unattivit lavorativa per un determinato periodo, conformemente alle condizioni previste dallart. 6 della decisione n. 1/80, che, si detto, non ricorrono nel caso del Sig. S.. Al punto 59 della stessa sentenza Savas, la Corte ha affermato inoltre chei lavoratori turchi, contrariamente ai cittadini degli Stati membri, non hannoil diritto di circolare liberamente allinterno della Comunit ma fruisconosolo di taluni diritti nello Stato membro ospitante nel cui territorio sonoentrati legalmente e hanno svolto una regolare attivit lavorativa durante undeterminato periodo. In proposito, va ricordato che lattivit lavorativa svolta dal ricorrentedopo la scadenza del permesso di soggiorno (2 ottobre 2002) stata espletata illegalmente posto che la legge olandese, pur consentendo allo straniero dirimanere sul territorio nazionale nelle more del rilascio di una proroga delpermesso di soggiorno da intendersi come rilascio di un permesso ex novo fa divieto allo stesso di svolgere in tale periodo unattivit lavorativa, dovendosi comunque considerare il suo soggiorno irregolare. Pertanto, quanto affermato dalla sentenza Savas in ordine allefficaciadiretta della clausola di standstill di cui allart. 41 n. 1 del Protocollo addizionale, che imporrebbe allo Stato membro di astenersi dalladozione dimisure restrittive a decorrere dallentrata in vigore di detto Protocollo addizionale (23 novembre 1970) interpretazione estesa anche alla portata dellaclausola di standstill di cui allart. 13 della decisione n. 1/80, con effettodalla sua entrata in vigore il 1 dicembre 1980 non sembra potersi applicare alla fattispecie in esame, atteso che il ricorrente ha interrotto il suo rego IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 215 lare soggiorno, omettendo di chiedere la proroga di validit del relativo permesso prima della sua scadenza e non pu al contempo vantare una situazione di regolare occupazione, considerato che ha prestato la propria attivitlavorativa, nel periodo successivo al 2 ottobre 2002, nonostante la leggeolandese glielo vietasse espressamente. Non ricorre quindi alcuno dei due presupposti per invocare lapplicazione dellart. 13 della decisione n. 1/80, che preclude agli Stati membri dellaComunit e alla Turchia di adottare nuove restrizioni alle condizioni diaccesso alloccupazione dei lavoratori, quali potrebbero essere, in linea dimera ipotesi, i diritti da corrispondere per la trattazione della domanda diproroga del permesso di soggiorno, previsti dalla legge olandese del 23novembre 2000, successiva sia allentrata in vigore del Protocollo addizionale, sia a quella della decisione n. 1/80. Il predetto art. 13 richiede infatti che i lavoratori si trovino sui lororispettivi territori in situazione regolare quanto al soggiorno e alloccupazione ; in proposito, secondo la sentenza della Corte del 21 ottobre 2003, cause riunite C-317/01 e C-369/01, Abatay e Sahin, da tale formulazioneemerge che un cittadino turco pu beneficiare della clausola di standstill solo se abbia rispettato la normativa dello Stato membro ospitante in materia di ingresso, di soggiorno e, eventualmente, lavoro, e se pertanto si trovilegittimamente nel territorio dello Stato (punto 84), ipotesi, come si dettoinsussistente nel caso di specie. Le competenti autorit nazionali possono dunque legittimamente adottare, anche successivamente allentrata in vigore della decisione n. 1/80, provvedimenti pi incisivi nei confronti dei cittadini turchi che versino in una situazione irregolare (cfr. in tal senso la citata sentenza Abatay e Sahin, punto 85). La predetta sentenza della Corte Abatay e Sahin stata pronunciata inordine ad un caso di autotrasportatori turchi, i quali, muniti di un regolare visto per ogni loro soggiorno in Germania, effettuavano trasporti internazionali di merci e si trovavano a transitare nel territorio tedesco per periodiestremamente limitati, al solo scopo di trasportare e scaricare merci provenienti dalla Turchia e senza alcuna finalit di progressiva integrazione nelmercato del lavoro tedesco. Il giudice del rinvio chiede quindi alla Corte di stabilire se, alla luce del- linterpretazione fornita dalla predetta sentenza (punto 117), lart. 13 delladecisione n. 1/80 sia applicabile alla fattispecie, atteso che le diverse attivitlavorative svolte dal ricorrente sono senzaltro finalizzate ad una progressiva integrazione nel mercato del lavoro olandese. A tale quesito non pu che rispondersi negativamente in quanto ancheammettendo che una progressiva integrazione vi sia stata, va escluso, comesi gi detto, che il ricorrente si trovi in una situazione regolare quanto alsoggiorno e alloccupazione, requisito che potevano invece vantare gliautotrasportatori della sentenza Abatay e Sahin e che espressamente richiesto dallart. 13 della decisione n. 1/80. Quanto al quesito sub 1b, non pu assumere alcun rilievo, per giungereallopposta conclusione dellapplicabilit dellart. 13 della decisione n. 1/80, il RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO fatto che lo straniero abbia chiesto la proroga del suo permesso di soggiornoentro sei mesi dalla sua scadenza, il che gli consente semplicemente di rimanere nel territorio dello Stato in attesa dellesito della domanda, che verr esaminata alla luce dei requisiti richiesti per consentire la prosecuzione del soggiorno. Ci non toglie che, in tale periodo, vi il divieto di svolgere unattivitlavorativa subordinata, divieto che non stato rispettato dal ricorrente, e chevi comunque stata uninterruzione del regolare soggiorno, con conseguente violazione, sotto un duplice profilo, della normativa nazionale inmateria di soggiorno e di accesso al lavoro. Dalla risposta negativa al primo quesito, deriva la non necessit dirispondere al secondo e al terzo quesito, subordinati alla ritenuta applicabilit dellart. 13 della decisione n. 1/80 (p. 11 dellordinanza di rinvio). Il Governo Italiano propone quindi alla Corte di risolvere il primo quesito nel senso che lapplicazione dellart. 13 della decisione n. 1/80 presuppone lesistenza di una situazione regolare quanto al soggiorno e alloccupazione, che non sussiste nellipotesi di un cittadino turco che non abbiachiesto entro i termini la proroga del periodo di validit del permesso di soggiorno, cosicch, secondo il diritto nazionale, allepoca della domanda diproroga, egli non si trovava in una situazione di soggiorno regolare e nonera autorizzato a svolgere attivit lavorativa nel paese. Quanto al secondo e al terzo quesito, il Governo Italiano ritiene che larisposta agli stessi sia assorbita dalla risposta negativa al primo quesito. Roma, 7 ottobre 2006 Avvocato dello Stato Wally Ferrante. Causa C-257/06 (domanda di pronuncia pregiudiziale) Art. 28 delTrattato Ce Direttive 76/768/CEE e 93/35/CEE Legge n. 713/86 Libera circolazione delle merci Restrizioni quantitative alle importazioni e misure di effetto equivalente Denominazione di prodotticosmetici da immettere sul mercato intracomunitario Ordinanza n. 10712/06 della Corte di Cassazione, Sezione Seconda Civile (Italia), emessa in data 10 maggio 2006 e notificata in data 27 luglio 2006 (ct. 30225/06, avv. dello Stato G. Albenzio). IL FATTO La questione oggetto del giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione italiana concerne la conformit ai principi desumibili dallart. 28 Trattato e dal- lart. 7 Direttiva 76/768/CEE dellobbligo imposto dallart. 10, comma 8, della legge 713/1986, come modificato dallart. 9, comma 4, del decretolegislativo 126/1997, che come gi detto pone a carico degli importatoridi prodotti cosmetici lonere di comunicare alle Autorit nazionali e regionali competenti in materia di sanit i dati necessari per individuare le ditte produttrici e la composizione delle merci. La Corte di Cassazione stata chiamata a decidere sulla impugnazioneproposta da una ditta importatrice avverso la sentenza del Tribunale di Parmache aveva rigettato la sua opposizione avverso lordinanza-ingiunzioneemessa dal Sindaco del Comune di Parma per violazione dallobbligo sud IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 217 detto e conseguente irrogazione della sanzione pecuniaria prevista; la Corteha, pertanto, sollevato la questione pregiudiziale, attesa la rilevanza dellainterpretazione della legge nazionale in senso conforme alla normativacomunitaria per la risoluzione della controversia. LA POSIZIONE ASSUNTA DAL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA Lart. 28 del trattato CE come noto vieta fra gli Stati membri lerestrizioni quantitative allimportazione nonch qualsiasi misura di effettoequivalente e, in materia di prodotti cosmetici, la direttiva 76/768/CEEprevede che gli stati membri non possano, per motivi inerenti alle esigenze contenute nella stessa direttiva, rifiutare, vietare o limitare limmissione sul mercato dei prodotti cosmetici conformi alle disposizioni delladirettiva. Lart. 10, comma 8, della legge 713/1986, come modificata dal D.Lgs. 127/1997, prevede che gli importatori intracomunitari di prodotti cosmeticiin confezioni pronte, debbano comunicare, ai fini dellimmissione in commercio degli stessi prodotti, oltre ai dati identificativi della ditta, anche lelenco completo delle sostanze impiegate e di quelle contenute nel prodottocosmetico. Tale previsione appare rispettosa dei principi dettati dalla normativacomunitaria; la tutela della libera circolazione delle merci, sancita in generale dal Trattato CE, infatti, non pu prevalere rispetto alla necessit di salvaguardare il supremo valore della salute, e questo in linea con la stessadisposizione contenuta nel comma 3 dello stesso articolo della direttivacomunitaria citata, ove si prevede che: per rendere possibile, nei casi dialterazione della salute, un trattamento medico pronto ed adeguato, ogniStato membro pu esigere che informazioni appropriate e sufficienti sullesostanze utilizzate nei prodotti cosmetici, siano rese note allautorit competente, la quale garantisce che dette informazioni vengano usate unicamentea scopo di trattamento medico. Inoltre, la semplice comunicazione alle autorit competenti delle sostanze impiegate nel prodotto cosmetico, ai soli fini di eventuali trattamentimedici che si dovessero rendere necessari, non pu essere considerata unalimitazione allimmissione sul mercato di tali prodotti per due ordini di motivi che si espongono di seguito. In primo luogo, opportuno precisare che lart. 10 della Legge 713/1986prevede il solo onere, da parte degli importatori intracomunitari, di comunicare dati che rientrano nellimmediata disponibilit degli operatori e che nonnecessitano di alcuna elaborazione o ricerca ed inoltre prevede che dettacomunicazione debba avvenire almeno 30 giorni prima dellinizio dellattivit di importazione dei prodotti, senza, quindi, che linizio dellattivit divendita venga subordinata al rilascio di un nulla osta da parte delle stesseautorit. In secondo luogo, si sottolinea che i dati cos ottenuti risultano indispensabili per consentire alle Autorit competenti, nella specie al Ministero dellaSalute ed alla Regione, di risalire, in caso di segnalazione di reazione avversa (per cause legate ad allergie o ad altre patologie), ai detentori delle infor RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO mazioni del dossier tecnico che, ove necessario, deve essere messo a disposizione dei sanitari per consentire un trattamento medico pronto ed adeguato e per consentire altres di individuare i prodotti che, pur non essendooggetto di specifica segnalazione di reazione avversa, presentino caratteristiche analoghe, nella composizione e nel modo di impiego, tali da rendere pertanto necessaria una valutazione particolare sul piano della prevenzione dieventuali rischi per i soggetti che utilizzano il prodotto. Si osserva, inoltre, che lart. 28 del Trattato CE non osta ad una normativa nazionale che imponga alcuni oneri per lingresso delle merci sul territorio del Paese qualora tale disposizione trovi applicazione anche nei confrontidei produttori interni e si evidenzia, a tal proposito, che il comma 6 dello stesso articolo 10 della Legge di cui si tratta, prevede che i produttori nazionali, per la produzione di prodotti cosmetici, debbano presentare ulteriori dati inaggiunta alle informazioni richieste agli operatori intracomunitari. Per tutti i motivi esposti, si conclude perch codesta Corte di Giustiziavoglia cos rispondere al quesito posto: lobbligo imposto agli importatoriintracomunitari di prodotti cosmetici dallart. 10, comma 8, della legge713/1986, come modificato dallart. 9, comma 4, del decreto legislativo126/1997 (di comunicare al Ministero della Sanit ed alla Regione la denominazione delle ditte produttrici e lelenco delle sostanze impiegate e contenute nei prodotti da immettere sul mercato), conforme al principio di libera circolazione dei prodotti cosmetici provenienti da Paesi membridellUnione Europea, come desumibili dallart. 28 Trattato e dallart. 7Direttiva 76/768/CEE. Roma, 26 settembre 2006 Avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio. Causa C-263/06 (domanda di pronunzia pregiudiziale) Corretta individuazione della operazione cui fare riferimento al fine della applicazione del dazio antidumping istituito con decisione dellaCommissione n. 67/94/CECA Ordinanza n. 13313/06 della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, emessa in data 30 marzo 7 giugno2006 e notificata in data 27 luglio 2006 (ct. 28821/06, avv. dello Stato G. Albenzio). IL FATTO La questione oggetto del giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione italiana concerne la individuazione del presupposto negoziale cui fare riferimento per laccertamento del prezzo della merce sul quale applicare il dazio antidumping, nel caso loperatore che presenta la merce in dogana abbia in precedenza acquistato la stessa merce da altra ditta (nella specie di nazionalitcipriota), con una operazione di rivendita allo Stato estero che aveva la funzione di alzare il prezzo esposto ed eludere la normativa antidumping; laDogana italiana ha preso in considerazione il prezzo del primo contratto diacquisto e non di quello intermedio. Prima di passare alla esposizione delle considerazioni in diritto, opportuno riassumere i fatti di causa, succintamente esposti nellordinanza della IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 219 Cassazione: lo spedizioniere doganale A. C. (S. S.r.l.), in nome e per contodella C. e D. S.r.l., presentava alla Dogana di Molfetta la dichiarazioneper limportazione di una partita di kg. 2.676.800 di ghisa per fonderia diorigine russa e provenienza ucraina; la dichiarazione e lo sdoganamentoavvenivano successivamente allacquisto, da parte di detta societ, dellapartita di ghisa dalla societ CMP S.p.a. di Genova; poich sulle importazioni di ghisa ematite originarie dal Brasile, Polonia, Russia ed Ucraina condecisione n. 67/94/CECA della Commissione del 12 gennaio 1994 era statoistituito un dazio antidumping provvisorio pari alla differenza tra 149 ECUper tonnellata ed il prezzo franco frontiera comunitaria dazio da non corrispondersi, in tutti i casi in cui questultimo fosse stato inferiore , le mercivenivano rilasciate con la procedura del daziato sospeso (la dichiarazioneera infatti corredata di un certificato di origine ritenuto dalla Dogana nonvalido e di una fattura pro-forma n. 38 del 6 giugno 1994, emessa dallaCMP S.p.a., con la indicazione di un prezzo di vendita CIF Molfetta nonsdoganato di 151 ECU per tonnellata, ritenuto non attendibile al fine distabilire se ricorressero o meno le condizioni di applicazione del dazio antidumping). La societ importatrice, su richiesta della Dogana, produceva la fattura originale proveniente dalla Russia, emessa dalla ditta O. E. (CY) in favore dellaCMP; da tale documento contabile emergeva che la CMP, prima di vendere ilcarbone alla soc. C. e D., lo aveva acquistato dalla ditta cipriota per il prezzo di 130,983 ECU per tonnellata; questa ultima fattura della ditta O. E. erapresa in considerazione dalla Dogana al fine del confronto fra il prezzo minimo di importazione (pari a 149 ECU per tonnellata) e quello del franco confine comunitario (130,983 ECU per tonnellata): appariva fin troppo evidente che la rivendita della merce allo stato estero, prima dello sdoganamentoeffettuato dalla CMP alla soc. C. e D. aveva proprio il fine di rendere inoperanti le previste misure antidumping. Il provvedimento con il quale la Dogana richiedeva il totale dei dirittidovuti e non corrisposti, in conseguenza dellapplicazione del dazio antidumping, per limporto di . 77.269.470, era impugnato dalla societ C. e D. dinanzi al Tribunale, che respingeva lopposizione, e dinanzi alla CortedAppello, che confermava la sentenza di primo grado; questultima sentenza era impugnata con ricorso in Cassazione in data 12 giugno 2003 e la CorteSuprema di Cassazione rimetteva, quindi, alla Corte di Giustizia, ai sensidellart. 234 Trattato Ce, la questione pregiudiziale formulata nellordinanza13313/06. IL QUESITO Se, secondo i principi del diritto doganale comunitario, ai fini dellapplicazione di un dazio antidumping, quale quello istituito con la decisione dellaCommissione n. 67794/CECA, lautorit doganale possa far riferimento al prezzo di una vendita delle stesse merci, precedente a quella sulla cui base stata resala dichiarazione in dogana, allorch il compratore sia un soggetto comunitario o, comunque, la vendita sia avvenuta per limportazione nella Comunit. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO LA POSIZIONE ASSUNTA DAL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA Il Governo della Repubblica italiana, anche nellinteresse dellAmministrazione delle Finanze, interviene nel giudizio per formulare le osservazioni che seguono, al fine di sostenere la correttezza della interpretazionedata alle norme comunitarie in discussione dai giudici del Tribunale e dellaCorte dAppello di Bari e la conseguente legittimit dei provvedimenti adottati dai competenti uffici doganali italiani per il recupero dei dazi antidumping evasi nei confronti della soc. C. e D. s.r.l. e richiesti con il verbale diaccertamento 16 luglio 1994. Per determinare il momento di insorgenza dellobbligo di versare ildazio di cui causa occorre prendere a riferimento: a) lart. 1 della decisione n. 67/94/CECA che prevede listituzione di un dazio antidumpingprovvisorio: 2 Limporto del dazio pari alla differenza di prezzo di149 ECU/t (CIF non sdoganato) e il valore doganale dichiarato, ogniqualvolta questultimo sia inferiore al prezzo minimo di importazione. 3 Siapplicano le disposizioni in vigore in materia di dazi doganali. 4 Limmissione in libera pratica del prodotto di cui al paragrafo 1 subordinata alla costituzione di una garanzia equivalente allimporto del dazioprovvisorio; b) lart. 1 della decisione n. 1751/94/CECA che prevede listituzione del dazio antidumping definitivo: 2 Limporto del dazio parialla differenza tra il prezzo di 149 ECU/t e il valore riconosciuto in dogana (franco frontiera comunitaria), ogniqualvolta tale valore sia inferioreal prezzo suindicato. 3 (). 4 Si applicano le disposizioni vigenti inmateria di dazi doganali. Nel caso di specie si verificata lelusione di detta normativa in quantola soc. CPM non ha acquistato direttamente il carbone dalla Russia ma da unintermediario cipriota e lo ha poi rivenduto alla soc. C. e D.; tale fase prodromica alloperazione di sdoganamento non pu essere ignorata perch ciche rileva non il prezzo corrisposto dallimportatore per lacquisto dellamerce, bens il prezzo che la merce aveva al momento del suo ingressooggettivo nel circuito comunitario (che coincide con il momento in cui lamerce viene acquistata presso il proprietario estero), a prescindere dallidentit dei soggetti che quellingresso hanno determinato, atteso che il presupposto dellobbligazione tributaria la destinazione al consumo entro il territorio doganale che, per quanto qui interessa, non pu non coincidere conlacquisto della ghisa da parte della CMP dalla ditta cipriota. Ci coerente proprio con la ratio della normativa antidumping, poichil pregiudizio che si vuole evitare al mercato comunitario non si realizza soltanto con la concreta immissione nel territorio nazionale di merci sottocostoma anche favorendo ingiustificatamente un operatore economico nazionaleche acquista dette merci ad un prezzo inferiore rispetto agli altri operatorinazionali che risulterebbero comunque danneggiati; argomentare diversamente significherebbe dare uninterpretazione eccessivamente formalisticadella normativa in questione che si presterebbe ad una serie indiscriminata diabusi ed elusioni, come si per fortuna, infruttuosamente tentato di farenel caso in esame, allorch la soc. CMP ha acquistato al prezzo di 130 ECU IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 221 dallintermediario cipriota la merce che poi ha rivenduto ad un prezzo maggiorato ad altro operatore comunitario. In ogni caso, proprio la normativa specifica ad essere chiara in talsenso, poich nella formulazione definitiva contenuta nella decisione n. 1751/94/CECA viene abbandonato il riferimento al valore doganale dichiarato e si preferisce utilizzare lespressione valore riconosciuto in dogana (franco frontiera comunitaria): ci significa che il dazio antidumping si applica al prezzo netto franco frontiera comunitaria, cio al prezzoCIF Molfetta; tale CIF esclude eventuali dazi, spese di trasporto, franco fabbrica, rivendite interne, spese accessorie e risulta, perci, dalla fattura n. 64/67 emessa dalla ditta O. E. di Cipro. Si osserva, ancora, che lart. 29 del Codice Doganale Comunitario stabilisce che il valore in dogana il valore di transazione, cio il prezzo effettivamente pagato: la soc. C. e D. pretenderebbe di forzare il chiaro dettato normativo sopra richiamato alla luce di tale disposizione, con leffetto di sostituire ilvalore riconosciuto in dogana con il prezzo effettivamente pagato dallo stesso e dimostrare cos linfondatezza della pretesa amministrativa. Sulla base di questa corretta lettura dellart. 29 C.D.C. si pu dare risposta al quesito posto dalla Corte di Cassazione italiana circa la interpretazione dellart. 147 del Regolamento (CEE) n. 2454/93 in merito alla possibilitdi dichiarare come valore doganale un prezzo relativo ad una vendita anteriore allultima (sulla cui base le merci sono state introdotte nel territoriodoganale comunitario) anche da parte della Dogana in virt dellart. 29 delCodice doganale comunitario. La risposta non pu che essere positiva, alla luce delle considerazionisopra esposte sul diritto-dovere della Amministrazione doganale di accertare leffettivo valore di transazione ai fini del calcolo dei dazi, individuato nelprezzo effettivamente pagato o da pagare quando le merci siano vendute perlesportazione a destinazione del territorio doganale della Comunit, senzarilevanza per le rivendite anteriori allimmissione in libera pratica che abbiano concorso ad influenzare il prezzo finale, come confermato anche dallacitata Decisione n. 1751/94/CECA della Commissione del 15 luglio 1994(che commisura il dazio antidumping in misura pari alla differenza tra ilprezzo di 149 ECU/t ed il valore riconosciuto in dogana (franco frontieracomunitaria), ogniqualvolta tale valore sia inferiore al prezzo suindicato). Per tutti i motivi esposti, si conclude perch codesta Corte di Giustiziavoglia cos rispondere al quesito posto: a) ai sensi dellart. 29 del CodiceDoganale Comunitario, il valore da prendere in considerazione per lapplicazione dei dazi doganali il valore di transazione, cio il prezzo effettivamentepagato franco frontiera comunitaria; b) ai fini dellapplicazione di un dazioantidumping quale quello istituito con la decisione della Commissione n. 67/94/CECA lAutorit Doganale pu far riferimento al prezzo di una vendita delle stesse merci precedente a quella sulla cui base stata resa la dichiarazione in dogana, allorch il compratore sia un soggetto comunitario o, comunque, la vendita sia avvenuta per limportazione nella Comunit. Roma, 20 settembre 2006 Avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio . I L CONTENZIOSO NAZIONALE Competenza territoriale e inapplicabilit del- lart. 11 c.p.p. ai giudizi di cassazione sullirragionevole durata del processo (Corte di Cassazione, sezione prima civile, ordinanza 22 luglio 2005 n. 15482) Con lordinanza annotata n. 15482/05, la Suprema Corte, ha ritenuto chela non distrettualit della collocazione della Corte di cassazione nellambito dellordinamento dei giudici ordinari rende inapplicabile la regola speciale di cui allart. 3 della legge 89/01 ed il relativo richiamo al criterio di cuiallart. 11 c.p.p. La Corte dappello di Perugia era stata adita ai sensi della legge 89/01per ottenere la corresponsione dellequa riparazione per effetto del superamento del termine ragionevole di un giudizio promosso innanzi al Tribunaledel Lavoro di Siena, in relazione alla fase svoltasi innanzi alla Corte di cassazione. Avverso il decreto della Corte dappello di Perugia che aveva declinato la propria competenza, affermando la competenza della Corte dappello diGenova ai sensi dellart. 11 c.p.p., richiamato dallart. 3 legge 89/01 ilricorrente aveva proposto ricorso per regolamento di competenza, assumendo che, proprio ai sensi dellart. 3 legge 89/01, in ragione della collocazioneromana della Corte di cassazione, la competenza territoriale doveva rinvenirsi nella Corte dappello di Perugia. La Suprema Corte non ha condiviso tali conclusioni. Linapplicabilit del criterio di collegamento di cui al citato art. 11 c.p.p. era stata gi affermata dalla Suprema Corte con riferimento ai casi di irragionevole durata di processi incardinati innanzi ai giudici amministrativi, chenon sono ripartiti in distretti, ripartizione territoriale cui fa riferimento lapredetta norma propria dei soli giudici ordinari ad eccezione appunto deigiudici della Corte di cassazione con conseguente applicazione dellordinario criterio di cui allart. 25 c.p.c., che disciplina il foro della pubblicaamministrazione (Cass. n. 11300/04; id. n. 2565/04; id. n. 7721/03; id. n. 1653/03). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Nel precedente da ultimo citato (sez. I, ord. 4 febbraio 2003 n. 1653) laCorte di cassazione si era soffermata su un caso di irragionevole durata di unprocesso svoltosi innanzi al Consiglio di Stato, ritenendo non estensibili icriteri di individuazione della competenza territoriale stabiliti dallarticolo 3, comma 1 della legge n. 89/2001, con riferimento allarticolo 11 c.p.p., adorgani giurisdizionali che, sotto il profilo organizzativo e delle funzioni concretamente esercitate, operino in un ambito che eccede quello distrettualeproprio delle Corti dappello, con la conseguenza che i magistrati amministrativi e i magistrati delle Corti Supreme non possono essere consideraticome appartenenti al distretto, dovendosi concludere che, con tale espressione il legislatore abbia inteso riferirsi unicamente ai giudici ordinari cheesercitano le funzioni nellambito del distretto di Corte dappello. Tali principi sono stati successivamente ribaditi con altre pronunce della SupremaCorte (cfr. Cass. ord. 17 settembre 2003 n. 13727; id. ord. 10902/03). Anche prima dellentrata in vigore della c.d. legge Pinto, peraltro, laCorte di cassazione aveva avuto modo di affermare linapplicabilit dellart. 11 c.p.p. ai magistrati della Corte di cassazione in relazione a giudizi promossi ai sensi dellart. 4 legge 117 del 13 aprile 1988 sulla responsabilitcivile dei magistrati, in quanto la deroga ai criteri ordinari di radicamentodella competenza non autorizzata dalla lettera della norma, la quale, conle parole ufficio compreso, adotta unespressione tecnica dellordinamento giudiziario, rivolta ad identificare lorgano che si inserisca per funzioniallinterno di una determinata corte dappello e, del resto, non trova supporto nella ratio legis, posto che lesigenza di evitare anche semplici sospettisullautonomia e sulla serenit di valutazione del giudice chiamato a decidere non pu essere compromessa dalla semplice vicinanza di sede con ilgiudice della cui responsabilit si discuta, quando le attribuzioni del primonon presentino con le attribuzioni del secondo un collegamento particolare o pi intenso rispetto a quello che si verificherebbe per ogni altro giudice (Cass. sez. I, 6 aprile 1996 n. 3243). Ad ulteriore conferma di tale tesi pare militare la modifica apportata dal- lart. 3 legge 2 dicembre 1998 n. 420 al citato art. 4 legge 117/1988, che nonfa pi riferimento allufficio compreso nel distretto pi vicino a quello cuiapparteneva il magistrato al momento del fatto bens allufficio compresonella sede della corte dappello, espressione che elimina ogni residuo dubbio in ordine allinapplicabilit del criterio di collegamento a magistratidiversi dai giudici ordinari di merito. Tale orientamento stato successivamente ribadito dalla Suprema Cortein relazione ad altra disciplina speciale anchessa eccezionale rispetto alleregole che individuano la competenza territoriale in via ordinaria contemplata dallart. 30 bis c.p.c., introdotto dalla citata legge 420/1998, che prevede un foro derogatorio per le cause civili concernenti le restituzioni e il risarcimento del danno da reato (ambito cos ridotto a seguito della sentenza dellaCorte Costituzionale n. 147 del 25 maggio 2004) in cui sono parti i magistrati, soltanto per la fase del giudizio di merito, senza estendere il proprio ambito di operativit al caso del magistrato parte del giudizio che eserciti le pro IL CONTENZIOSO NAZIONALE prie funzioni come consigliere di cassazione, allorch di fronte al giudice dilegittimit sia proposta impugnazione, atteso che la previsione di un forospecifico derogatorio nella fase di merito per le cause in cui sia parte unmagistrato che esercita le proprie funzioni nel distretto di corte dappelloin cui si trova lufficio giudiziario che sarebbe competente secondo le regole ordinarie, si fonda sul presupposto della esistenza nel nostro ordinamento di una pluralit di giudici di merito con eguale competenza per valore oper materia mentre tale presupposto della concorrente competenza non sussiste per la fase di legittimit, essendo unica la Corte di cassazione e dovendo daltra parte essere assicurata al magistrato, come ad ogni altro cittadino, la possibilit di adire il giudice di legittimit (Cass., sez. III, 6 aprile 2001 n. 5146). Peraltro, argomentando a contrario, la norma derogatoria introdotta conlart. 11 bis c.p.p. (dalla medesima legge 420/98) che rinvia, per i magistrati appartenenti alla Direzione Nazionale Antimafia, alla disciplina di cuiallart. 11 c.p.p., sta a dimostrare che, poich poteva dubitarsi dellautomatica estensibilit ai predetti magistrati della disciplina derogatoria, esercitandola D.N.A. le proprie funzioni su base territoriale nazionale, il legislatore haritenuto di prevedere espressamente per gli stessi lapplicabilit della predetta disciplina speciale. Non essendo prevista una simile disposizione per i magistrati della Cortedi cassazione o del Consiglio di Stato, non potranno quindi che applicarsiagli stessi le regole ordinarie del foro della pubblica amministrazione. Un problema interpretativo, nellindividuazione del giudice competente, pu porsi per i casi di domanda di equa riparazione relativa sia alle fasi dimerito, che alla fase di legittimit. Si potrebbe in proposito sostenere che, laddove la durata irragionevole del processo sia addebitabile soprattutto allefasi di merito dovrebbe trovare applicazione lart. 11 c.p.p. mentre laddoveleccessiva durata si sia verificata nella fase di legittimit sopperirebbe il criterio generale di cui allart. 25 c.p.c. Una tale soluzione sembra per difficilmente compatibile con lesigenza che il criterio di individuazione del giudice competente prescinda e preesista allesame del merito della controversia, esame che sarebbe inevitabile, sia pure a livello di semplice delibazione, se si dovesse preventivamenteaccertare a quale grado di giudizio sia maggiormente addebitabile il superamento del termine di durata ragionevole del processo. Sul punto, un intervento chiarificatore del Legislatore sarebbe tuttaltro che superfluo. Quanto allinapplicabilit dellart. 11 c.p.p. ai giudizi ex lege 81/2001relativi a processi innanzi ai tribunali amministrativi regionali e correlativamente a quelli trattati dalle sezioni giurisdizionali regionali della Corte deiConti stato rilevato che lambito di cognizione dei tribunali amministrativi regionali pu non coincidere con quello dei singoli distretti di Cortedappello, essendo esteso a tutto il territorio regionale mentre nella medesima regione possono esservi pi Corti dappello, come ad esempio per laregione Sicilia, in cui ve ne sono quattro (cfr. decreto della Corte dappellodi Caltanissetta del 21 dicembre 2001 che ha declinato la propria competen RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO za in relazione ad un giudizio di equa riparazione afferente ad un processoinstaurato innanzi al T.A.R. Sicilia sede di Palermo). Secondo la citata pronuncia, il fatto che lart. 3 legge 89/2001 non abbiaespressamente disciplinato il riparto territoriale della competenza in riferimento ai giudizi trattati in primo grado dai giudici amministrativi e dai giudici contabili appare frutto di una probabile dimenticanza del Legislatore, ilquale non ha considerato la specialit della disciplina prevista dallart. 11c.p.p., che fa riferimento ad unarticolazione organizzativa territoriale assolutamente peculiare agli uffici giudiziari ordinari. Peraltro, pur ritenendo che i giudici della Corte dappello potrebberoessere esposti ad un possibile condizionamento psicologico anche in relazione a procedimenti nei quali loggetto della decisione verta sullaccertamento della tempestivit dellesercizio della funzione giurisdizionale daparte dei magistrati addetti al T.A.R. o alla Corte dei Conti istituiti nella stessa regione, il citato decreto della Corte dappello di Caltanissetta ritiene nonconfigurabile uninterpretazione estensiva dellart. 3, comma 1 della leggePinto, in quanto derogatoria al principio, di rilevanza costituzionale, del giudice naturale precostituito per legge e, come tale, non applicabile al di fuoridei casi ivi tassativamente previsti, conformemente alla regola di cui allart. 14 delle preleggi. La Suprema Corte, peraltro, aveva gi avuto modo di affermare linapplicabilit dellart. 11 c.p.p. ai processi penali in cui un magistrato amministrativo fosse imputato, persona offesa o danneggiata dal reato (Cass., sezione VI penale, 21 marzo 2000 n. 4027; id., 2 dicembre 1999, Stara). Sotto tale profilo, dunque, la pronuncia in commento sembra in linea conla giurisprudenza di legittimit intervenuta nella medesima materia ed in fattispecie analoghe, rispondenti alla medesima necessit di conciliare lesigenza di indipendenza e di imparzialit della funzione giurisdizionale con ilprincipio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge, principio che peraltro dovrebbe essere strumentale alla salvaguardia della predetta indipendenza. Avv. Wally Ferrante Corte di cassazione, sezione prima civile, ordinanza 22 luglio 2005 n. 15482 Pres. A. Saggio Rel. L. Macioce F.D. (avv.ti G. Rispoli e E. Colombo) c/ Ministero della Giustizia (cont. 10718/04, avv. dello Stato W. Ferrante). (omissis) Rilevato che con ricorso in data 17 aprile 2002 D. F. propose innanzi allaCorte di Appello di Perugia, e nel contraddittorio dellAmministrazione della Giustizia, domanda di equa riparazione con riguardo alla irragionevole durata (circa un triennio) di unprocesso in cassazione instaurato per lannullamento di unordinanza a suo tempo adottatadal Giudice del lavoro di Siena; che ladita Corte, con decreto 17 dicembre 2003, sul rilievo della proposizione drichiesta afferente lirragionevole durata di un processo instaurato innanzi a Giudice deidistretto di Firenze e quindi della competenza ex art. 3 c. 1 legge. 89/01 in capo alla Cortedi Genova, in tal senso pronunzi, declinando la propria competenza; IL CONTENZIOSO NAZIONALE che con ricorso 18 febbraio 2004 il F. ha impugnato la declinatoria di cui al decretonotificatogli il 27 gennaio 2004 denunziando lerrore commesso con la mancata percezionedella portata della doglianza ex lege 89/01, essa essendo incentrata sul solo giudizio di cassazione, con la conseguenza di dover collocare in Perugia (proprio ai sensi dellart. 3 c. 1legge 89/01 ed in ragione della collocazione romana della Cassazione) la competenza territoriale de qua; che con memoria ex art. 47 c.p,c, lAvvocatura generale dello Stato, sul rilievo dellainapplicabilit a giudice extradistrettuale quale la Cassazione della regola di cui allart. 3 c. 1 citato, ha affermato la competenza a conoscere della domanda in capo alla Corte romana secondo i criteri ordinari; che il requirente P.G. presso questa Corte regolatrice, nelle richieste 25 marzo 2005, ha condiviso tal ultima prospettazione affermando la pari competenza delle Corti di Firenzee di Roma; considerato che la statuizione declinatoria qui impugnata dal F. certamente viziatadalla mancata individuazione del reale presupposto della pretesa indennitaria azionata insede di merito, la irragionevole durata dei giudizio di legittimit instaurato per la cassazione di provvedimento del tribunale del lavoro di Siena; che di converso non condivisibile la prospettazione di competenza contenuta in ricorso, ben diverso dovendo essere il decisum di questa Corte regolatrice nel caso sottoposto; che appare al Collegio necessario richiamare in limine i principi dettati con riguardo alla applicazione delle regole ordinarie di competenza per le azioni ex lege 89/01 svoltea carico dellAmministrazione per lirragionevole durata di processi incardinati innanzi aiGiudici Amministrativi e contabili (Cass. 11300/04 - 2565/04 -7721/03 -1653/03), in talicasi, in assenza della collocazione distrettuale di tali Giudici, difettando il presuppostostesso per la applicazione della disciplina speciale di cui allart. 3 c. 1 della legge del 2001(disciplina eccezionale e quindi insuscettibile di applicazione analogica); che tali principi devono trovare applicazione anche nel caso -quale quello sottoposto -in cui lirragionevole durata sia prospettata a parte actoris come avverata esclusivamente nel corso di processo in sede di legittimit; che la evidente non distrettualit della collocazione della Corte di Cassazione nel- lambito dellordinamento dei giudici ordinari, rende totalmente inapplicabile la regola speciale di cui allart. 3 c. 1 della legge 89/01 (ed il relativo richiamo al criterio di cui allart. 11 C.P.P.) ed invocabile lordinario criterio codicistico; che del resto il carattere non dstrettuale dellUfficio della Corte di legittimit stato a suo tempo sottolineato al fine di negare ingresso al criterio speciale di competenzadi cui allart. 4 c. 1 della legge 117/88 sulla responsabilit per dolo o colpa grave dei componenti della Cassazione (Cass. 3243/96); che infatti, sotto entrambi i distinti profili (la responsabilit civile dei magistrato pererrori commessi o la responsabilit ex lege dellAmministrazione per lirragionevole duratadei processo) la peculiarit del ruolo istituzionale e la unicit della collocazione ordinamentale della Cassazione rende ininvocabile la norma di garanzia della terziet del Giudice di cui alle citate disposizioni di legge e consente la tranquilla applicazione dei criteri ordinaridi competenza; che, pertanto, avendo riguardo alla concorrenza di fori alternativi, sui quali spetterallattore in riassunzione effettuare la scelta irrevocabile dei giudice competente, dovrannoindicarsi come giudici competenti (ex artt. 20 e 25 c.p.c.) tanto la Corte di Roma (ivi essendosi realizzata, con la pronunzia della Cassazione del cui segmento processuale stata dal RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO F. affermata la irragionevole durata, la fattispecie legale costitutiva dellindennizzo ex lege) quanto la Corte di Firenze (citt nella quale si individua il luogo di adempimento ex art. 1182 c. 4 c.c., in ragione della presenza della Sezione di Tesoreria Provinciale competentealla liquidazione in favore dellattore F. ex artt. 54 R.D. 2440/23 -278 lett. D) -287 R.D. 827/24); che in tal senso, condividendo le richieste dei P.G., si dichiara, compensandosi lespese tra le parti in considerazione della assoluta novit della questione di competenza sottoposta; P.Q.M. la Corte di Cassazione, dichiara la competenza delle Corti di Appello di Roma e di Firenze e compensa tra le parti le spese dei giudizio. Cos deciso nella c.d.c. del 1 giugno 2005, in Roma. IL CONTENZIOSO NAZIONALE La responsabilit della pubblica amministrazione per sinistro su strada statale. (Corte di Cassazione, sezione terza civile, sentenza 20 febbraio 2006 n. 3651) Con la sentenza che qui si segnala la Suprema Corte ritorna sulla vexata quaestio del tipo e dellambito della disciplina applicabile in caso di incidente avvenuto su strada pubblica, e della possibilit di configurarsi, alriguardo, una responsabilit, concorrente od esclusiva, dellente che dellastessa e delle relative pertinenze proprietario o custode. Ormai definitivamente acquisita lapplicazione delle regole del dirittoprivato alla pubblica amministrazione, allorquando essa agisca iure privato- rum, il Giudice di Legittimit qui si sofferma, in particolare, sullapplicabilit degli artt. 2043 e 2051 c.c. alla medesima, ripercorrendo levoluzionedegli orientamenti della giurisprudenza in argomento. In un primo tempo (1) la Corte di Cassazione ha negato che potesseapplicarsi la presunzione di responsabilit ex art. 2051 c.c. alla P.A. che non agisca discrezionalmente ma operi iure privatorum, indicando, tuttal pi, ilreferente normativo per linquadramento della relativa responsabilit nellaregola generale di cui allart. 2043 c.c. Il secondo passaggio delliter giurisprudenziale (2) costituito dallelaborazione del concetto di insidia o trabocchetto, che si caratterizza, da unpunto di vista oggettivo, per la non visibilit, e, da un punto di vista soggettivo, per la non prevenibilit. La Corte di Cassazione perviene a considerare il trabocchetto elemento sintomatico dellattivit colposa dellamministrazione, ricorrente allorchla strada nasconde uninsidia non evitabile dallutente con lordinaria diligenza, fino a definirlo indice tassativo ed ineludibile della responsabilitdellamministrazione (3). Tale concetto stato quindi ricondotto ad elemento costitutivo dellillecito aquiliano della P.A. ed stato conseguentemente accollato al danneggiato sul piano probatorio, ai sensi dellart. 2697 c.c. Successivamente (4) la giurisprudenza di legittimit ha cominciato adaffermare, sia pure timidamente, lassoggettamento della P.A. alla regola dicui allart. 2051 c.c., circoscrivendone lapplicabilit ai beni demaniali opatrimoniali di non notevole estensione e non suscettibili di generalizzata ediretta utilizzazione da parte della collettivit: si , in questo modo, ritenuto (1) Cass., 29 novembre 1966, n. 2806; Cass., 5 febbraio 1969, n. 385; Cass., 23 gennaio 1975, n. 260; Cass., 13 febbraio 1978, n. 671. (2) Cass., 12 gennaio 1996, n. 191; Cass., 20 giugno 1997, n. 5539; Cass., 17 marzo 1998, n. 2850; Cass., 21 dicembre 2001, n. 16179; Cass., 8 novembre 2002, n. 15710. (3) Cass., 1 dicembre 2004, n. 22592. (4) Cass., 3 giugno 1982, n. 3392; Cass., 30 ottobre 1984, n. 5567; Cass., 27 gennaio 1988, n. 723; Cass., 21 maggio 1996, n. 4673; Cass., 22 aprile 1998, n. 4070. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO che fosse impossibile richiedere alla P.A. un continuo ed efficace controlloidoneo ad impedire linsorgere di cause di pericolo per i terzi in relazione astrade appartenenti allo Stato, in considerazione delluso generale e direttoconsentito a chiunque e dellestensione della rete (5). Anche la Corte Costituzionale (6) ha avallato tale quadro interpretativo, affermando che la P.A. responsabile nei confronti dei privati per difetto dimanutenzione delle strade allorquando non abbia osservato le specifichenorme e le comuni regole di prudenza e diligenza poste a tutela dei terzi, inviolazione del principio fondamentale del neminem laedere, superando conci il limite esterno della propria discrezionalit, con conseguente sua sotto- posizione al regime generale di responsabilit dettato dallart. 2043 c.c. Nella stessa occasione il Giudice delle Leggi ha aggiunto che non violail dettato costituzionale linterpretazione dellart. 2051 c.c. che ne escludelapplicabilit alla P.A., allorch su bene di sua propriet non sia possibile per la notevole estensione di esso e le modalit duso, diretto e generale, daparte dei terzi un continuo ed efficace controllo, idoneo ad impedire linsorgere di cause di pericolo per gli utenti. Successivamente a tale pronuncia del Giudice delle Leggi, le diversitinterpretative in precedenza maturate sono tornate a riemergere. Da un lato, infatti, si ribadita (7) linapplicabilit della presunzione diresponsabilit ex art. 2051 c.c. nei confronti della P.A. per quelle categoriedi beni demaniali (come le strade pubbliche) oggetto di utilizzazione generale e diretta da parte dei terzi e si ritenuto piuttosto preferibile applicare laregola generale di cui allart. 2043 c.c. Dallaltro lato, altra parte della giurisprudenza di legittimit, sollecitatadalla citata pronuncia del Giudice costituzionale, ha escluso (8) quellautomatismo per cui la ricorrenza delle caratteristiche a) della demanialit opatrimonialit del bene, b) delluso diretto della cosa, c) dellestensione dellamedesima, esclude comunque lapplicabilit dellart. 2051 c.c. La Corte di Cassazione ha inaugurato, nella sentenza che qui si segnala, un indirizzo giurisprudenziale di mediazione tra i due indirizzi prevalenti, alseguito del quale la responsabilit ex art. 2051 c.c. per i danni conseguentiad omessa od insufficiente manutenzione delle strade pubbliche, dalla qualela P.A. pu liberarsi soltanto fornendo la prova del fortuito, si configura sianelle ipotesi in cui la P.A. svolge una determinata attivit sulla strada incustodia, sia ogni qualvolta non possa ravvisarsi loggettiva impossibilitdellesercizio del suo potere di controllo sulla stessa a causa della notevoleestensione del bene e del relativo uso generale da parte dei terzi. (5) Cass., 28 ottobre 1998, n. 10759; Cass., 31 luglio 2002, n. 11366; Cass., 25 novembre 2003, n. 17907; Cass., 27 gennaio 2005, n. 1655; Cass., 7 febbraio 2005, n. 2410. (6) Corte Cost., 1999, n. 156. (7) Cass., 7 febbraio 2005, n. 2410. (8) Cass., 13 gennaio 2003, n. 298; Cass., 15 gennaio 2003, n. 488; Cass., 1 ottobre 2004, n. 19653. IL CONTENZIOSO NAZIONALE Tale oggettiva impossibilit non nasce da una presunzione ancorata allaqualit del bene, ma costituisce loggetto di un accertamento riservato algiudice. Alla sentenza in esame va, per, il merito di fornire una compiuta elaborazione del tema dellonere probatorio che grava sul danneggiato e dellaprova del fortuito che la P.A. deve dare al fine di liberarsi dalla presunzionesu di essa gravante. Le questioni esaminate dalla Corte possono cos essere sintetizzate: 1. Presupposti applicativi del regime di responsabilit previsto dallart. 2051 c.c. La Corte di Cassazione individua, innanzitutto, i due presupposti applicativi dellart. 2051 c.c. : la custodia e la derivazione del danno alla cosa. La premessa di base che, quale proprietaria delle strade pubbliche(art. 16, legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F), la P.A. soggetta allobbligo di manutenzione e di custodia delle medesime, con conseguente operativit, nei suoi confronti, della presunzione di responsabilit ex art. 2051 c.c. in caso di omessa prevenzione e mancato impedimento del danno aterzi. Per il Giudice di Legittimit, poi, il danneggiato che invochi la responsabilit di cui allart. 2051 c.c. contro la P.A. ha lonere di provare, secondola regola generale in tema di responsabilit civile extracontrattuale, leventodannoso e lesistenza del rapporto eziologico tra la cosa e levento, e taleprova del nesso causale va ritenuta assolta con la dimostrazione che levento si prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta o assunta dalla cosa. Incombe, allora, al presunto responsabile, ossia alla P.A., la prova dellasua mancanza di colpa, in quanto la prova del danno da parte del danneggiato di per s indice della deviazione dal modello di condotta improntato adadeguata diligenza, che avrebbe normalmente evitato il danno. 2. Natura giuridica della responsabilit del custode ex art. 2051 c.c. Il Giudice di Legittimit, in questo quadro, affronta anche il tema dellaconfigurabilit della responsabilit del custode come responsabilit aggravata od oggettiva, accogliendo la prima soluzione sulla base della considerazione della sussistenza, nel caso di cui allart. 2051 c.c., della prova liberatoria, ossia della prova che il danno si verificato in modo non prevedibile, n superabile con ladeguata diligenza. Trattandosi di unipotesi di responsabilit aggravata e non oggettiva, laP.A., per liberarsi dalla presunzione gravante su di essa, deve dare la provadel fortuito, che si sostanzia nella prova di aver adottato, in relazione allecondizioni della cosa e alla sua funzione, tutte le misure idonee ad evitare ildanno; nella prova che, pur essendosi mantenuto il comportamento diligente nel caso dovuto, il danno si , ciononostante, verificato per un evento non prevedibile, n superabile con la diligenza adeguata in relazione alla naturadella cosa e alle circostanze del caso concreto. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 3. Prova liberatoria del fortuito ex art. 2051 c.c. La prova del fortuito attiene, allora, al profilo della mancanza di colpa, e non a quello della mancanza del nesso causale, e si risolve sul piano delraffronto tra lo sforzo diligente nel caso concreto dovuto e la condotta mantenuta, cio nella dimostrazione di aver mantenuto una condotta caratterizzata da assenza di colpa. 4. Configurabilit in capo alla P.A. del regime di responsabilit previsto dal- lart. 2051 c.c. e rapporti tra art. 2051 c.c. e art. 2043 c.c. Infine la Corte di Cassazione conclude con osservazioni generali sullaresponsabilit speciale per custodia ex art. 2051 c.c. che risulta, a suo dire, non solo configurabile in capo alla P.A., ma senzaltro preferibile alla regola generale posta dallart. 2043 c.c., in quanto si presta ad una migliore salvaguardia e ad un migliore bilanciamento degli interessi in gioco, in conformit ai principi dellordinamento giuridico e al sentire sociale. Dott. Francesco Spada Corte Suprema di Cassazione, sezione terza civile, sentenza 20 febbraio 2006, n. 3651 Pres. G. Fiduccia Rel. L. Scarano P.M. F. Sorrentino F. C. ed altri (Avv. D. Mangiola) c/ ANAS (Avv. dello Stato T. Varrone) (Omissis) Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato in data 13 settembre 1997, i sigg.ri C. F. e A. S. convenivano avanti al Tribunale d Reggio CalabrialA.N.A.S., per ivi sentirlo condannare al risarcimento dei danni patiti in conseguenza del- lincidente stradale verificatosi il 23 gennaio 1995 (...). Esponevano al riguardo che quel giorno il F., mentre percorreva la SS 183 alla guidadellautovettura Fiat 127 di propriet dello S., giunto allimbocco del ponte T. andava acollidere contro il muretto di sostegno delimitante la carreggiata, e per effetto dellimpattoinvadeva laltra corsia di marcia per finire quindi contro la spalletta in muratura del suindicato ponte delimitante lopposto lato della carreggiata, spalletta che non resisteva allurto dellautovettura, la quale pertanto precipitava nella sottostante scarpata andando completamente distrutta, mentre il F. riportava gravi lesioni. Nella resistenza dellANAS ladito Tribunale rigettava la domanda, con integrale compensazione delle spese di lite, escludendo in particolare lapplicabilit della responsabilit ex art. 2051 c.c. alle cose prive di un proprio dinamismo, e ravvisando nella condotta del F. la causa produttiva del danno, alla suddetta spalletta in muratura viceversa assegnando nel determinismo dellevento un ruolo meramente passivo di fronte ad una serie causale di per s sola sufficiente a produrre levento dannoso innescata dallazione colposa del- lattore, questultima in ogni caso di tale preponderanza sul piano causale da interrompereil rapporto di causalit tra il danno ed eventuali altri antecedenti causali, tra cui lomessamanutenzione del muro. La domanda veniva rigettata anche sotto il profilo dellart. 2043 c.c., nel ritenuto difetto della prova in ordine alla circostanza che il muro avrebbe retto allurto laddove oggettodi diligente manutenzione. Il gravame interposto dal F. e dallo S. (i quali si dolevano che il giudice di prime cure, nellattribuire un ruolo meramente passivo alla spalletta in muratura del ponte in questione, avesse escluso lapplicabilit nel caso della presunzione di colpa sussistente ex art. 2051 IL CONTENZIOSO NAZIONALE c.c. in capo al custode; e contestavano che la detta opera muraria potesse considerarsi meraoccasione e non gi causa di produzione del danno, attese le condizioni di fatiscenza in cuiesso era ridotto in ordine alle quali non era stata fornita la prova liberatoria nella sua vestedi proprietaria e custode da parte dellANAS, ente in ogni caso responsabile ex art. 2043 c.c. in presenza di non integra ed idonea recinzione), nella resistenza di questultima veniva dalla Corte dAppello di Reggio Calabria rigettato con sentenza del 5 novembre 2001. Avverso tale decisione i predetti ricorrono ora per cassazione sulla base di 2 motivi, illustrati da memoria. Resiste lANAS con controricorso. Motivi della decisione (Omissis) Va anzitutto sottolineato che la norma dellart. 2051c.c., come del resto gi da tempo posto in rilievo anche dalla migliore dottrina, contemplaquali unici presupposti applicativi la custodia e la derivazione del danno dalla cosa. La custodia consiste nel potere di effettiva disponibilit e controllo della cosa. Custodi sono anzitutto i proprietari. Quale proprietaria delle strade pubbliche (art. 16 L. 20 marzo 1865, n. 2248 All. F), lobbligo di relativa manutenzione in capo alla P.A. discende non solo da specifiche norme[art. 14 cod. str.; per le strade ferrate: art. 8 d.P.R. 11 luglio 1980, n. 753 (v. Cass., 3 giugno1991, n. 6231; v. anche Cass., 16 novembre 1998, n. 11532; Cass., 22 marzo 1996, n. 2487), e gi lart. 2 del regolamento di polizia ferroviaria emanato con R.D. 31 ottobre 1873, n. 1687: al riguardo v. Cass., 23 luglio 1991, n. 8244; Cass., 19 febbraio 1981, n. 1018; Cass., 23 giugno 1964, n. 1640); per le strade comunali e provinciali, art. 28 L. 20 marzo 1865, n. 2248 All. F; per i Comuni, art. 5 R.D. 15 novembre 1923, n. 2506] ma anche dal generaleobbligo di custodia (v. Cass., 27 gennaio 1988, n. 723), con conseguente operativit nei confronti dellente della presunzione di responsabilit ex art. 2051 c.c. in caso di omessa prevenzione (v. Cass., 27 gennaio 2005, n. 1655; Cass., 26 febbraio 1994, n. 1947) e mancatoimpedimento del danno a terzi (v. Cass., 20 novembre 1998, n. 11749; Cass., 21 maggio1996, n. 4673; Cass., 27 gennaio 1988, n. 723; Cass., 3 giugno 1982, n. 3392) . La situazione giuridica qualificante da ravvisarsi pertanto nella particolare relazionedel soggetto con la cosa, sia essa di fonte negoziale o legale. Al riguardo il danneggiato, secondo la regola generale in tema di responsabilit civileextracontrattuale, tenuto a dare la prova che il danno deriva dalla cosa (v. Cass., 18 luglio 1977, n. 3211). Tale prova del nesso causale va peraltro ritenuta assolta con la dimostrazione che levento si prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta o assunta dalla cosa (v. Cass., 13 febbraio 2002, n. 2075; Cass., 16 febbraio 2001, n. 2331; Cass., 22 luglio 1987, n. 6407. V. anche Cass., 15 gennaio 2003, n. 488-in motivazione-), in ragione di un processo in atto o una situazione determinatasi, ancorchprovocati da elementi esterni (v. Cass., 20 luglio 2002, n. 10641; Cass., 28 marzo 2001, n. 4480; Cass., 22 aprile 1998, n. 4070; Cass., 8 aprile 1997, n. 3041; Cass., 1 marzo 1995, n. 2301; Cass., 26 febbraio 1994, n. 1947; Cass., 14 gennaio 1992, n. 347), che conferiscanocio alla cosa quella che in giurisprudenza si a volte indicata come idoneit al nocumento : v. Cass., 23 ottobre 1990, n. 10277). Non richiedendosi viceversa anche la prova del- lintrinseca dannosit o pericolosit (qualit viceversa rilevante per la diversa fattispecieprevista dallart. 2050 c.c.) della cosa medesima. La derivazione del danno dalla cosa pu essere peraltro dal danneggiato offerta ancheper presunzioni, giacch la prova del danno di per s indice della sussistenza di un risul RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO tato anomalo, e cio dellobiettiva deviazione dal modello di condotta improntato ad adeguata diligenza che avrebbe normalmente evitato il danno. Orbene, come posto in rilievo in dottrina, il danno normalmente evitato da una condotta diligente comporta la presunzione di colpa. In tal caso allora il presunto responsabile a dover dare la prova della sua mancanzadi colpa. Ma se ha violato una specifica norma giuridica di condotta, la prova di tale violazione prova sufficiente della colpa. La norma di cui allart. 2051 c.c. non richiede, invero, altri e diversi presupposti applicativi. Nel porre una responsabilit presunta a carico del soggetto che si trova in una data relazione con la cosa (v. Cass., 7 febbraio 2005, n. 2410; Cass., 1 ottobre 2004, n. 19653; Cass., 30 luglio 2004, n. 14606; Cass., 20 novembre 1998, n. 11749), la norma determina infattiuninversione probatoria rispetto alla regola generale in tema di illecito extracontrattualeposta dallart. 2043 c.c. (per la quale v., da ultimo, Cass., 28 luglio 2005, n. 15808; Cass., 4giugno 2004, n. 10654). Lonere della prova incombe cio, diversamente che nella detta ipotesi generale, incapo non gi al danneggiato bens a chi si trova nella particolare situazione che gli attribuisce i poteri di disponibilit e controllo sulla cosa (v. Cass., 19 agosto 1997, n. 7702) . A tale stregua, correttamente si in dottrina qualificata la fattispecie in questione comeipotesi di responsabilit aggravata. infatti indubbio che tale inversione dellonere probatorio incide sulla posizionesostanziale delle parti, agevolando la posizione del danneggiato con il far gravare sul danneggiante, il rischio del fatto ignoto, inidoneo ad eliminare lincertezza in ordine allo svolgimento eziologico dellaccadimento (v. Cass., 14 marzo 1983, n. 1897). Tale inversione dellonere probatorio non fa peraltro venire meno la rilevanza delrequisito della colpa, che concorre seppure in via presuntiva a costituire lillecito, comereso palese dalla stessa possibilit di provarne la mancanza. La norma contempla infatti in favore del presunto responsabile la c.d. prova liberatoria. Come nelle altre ipotesi di speciale responsabilit che derogano alla regola generale intema di responsabilit civile extracontrattuale posta dallart. 2043 c.c. (artt. 2047, 2048,2050, 2052, nonch seppure con alcuni particolari profili distintivi 2053 c.c.), anchelart. 2051 c.c. attribuisce al responsabile la possibilit di liberarsi dalla responsabilit presuntivamente posta a suo carico. La prova liberatoria consiste, nel caso, come espressamente indicato nella norma di cuiallart. 2051 c.c., nella prova del fortuito (v. Cass., 1 ottobre 2004, n. 19653), che trovapiena giustificazione in ragione dei poteri che la particolare relazione con la cosa attribuisceal custode, cui fanno peraltro riscontro corrispondenti obblighi di vigilanza, controllo e diligenza, i quali impongono al medesimo di adottare tutte le misure idonee a prevenire edimpedire la produzione di danni a terzi, con lo sforzo diligente adeguato alla natura dellacosa e alle circostanze del caso concreto. In ragione del potere fisico sulla cosa, che gli impone di vigilare al fine di evitare chela cosa produca danni a terzi (v. Cass., 14 giugno 1999, n. 5885; Cass., 11 marzo 1995, n. 2861; Cass., 14 gennaio 1992, n. 347; Cass., 1 aprile 1987, n. 3129; Cass., 23 luglio 1973, n. 2147; Cass., 12 giugno 1973, n. 1698), fondamento della responsabilit infatti la violazione del dovere di sorveglianza gravante sul custode (contra, per lirrilevanza della condotta del custode e losservanza o meno degli obblighi di vigilanza, v. Cass., 21 ottobre 2005, n. 20359; Cass., 20 ottobre 2005, n. 20317). IL CONTENZIOSO NAZIONALE Attesa la sussistenza della detta prova liberatoria, non pu essere allora accolto, bench affermato prevalentemente in dottrina e recepito in alcune pronunzie d questa Corte, lorientamento che, argomentando dallestraneit del comportamento del responsabilerispetto alla struttura del rapporto preso in considerazione dalle norme (v. in particolareCass., 9 novembre 2005, n. 21684; Cass., 20 ottobre 2005, n. 20317; Cass., 26 luglio 2005, n. 15613; Cass., 20 luglio 2002, n. 10641, che fa in proposito espressamente richiamo aquanto affermato da Cass., Sez. Un., 11 novembre 1991, n. 12019), nelle suindicate fattispecie di responsabilit speciale ed in quella di responsabilit per custodia ex art. 2051 c.c. in particolare -, ravvisa ipotesi di responsabilit oggettiva (v. Cass., 20 ottobre 2005, n. 20317; Cass., 11 gennaio 2005, n. 376; Cass., 6 aprile 2004, n. 5236; Cass., 20 luglio 2002, n. 10641). La prova liberatoria del fortuito attiene infatti alla prova che il danno si verificato inmodo non prevedibile n superabile con ladeguata diligenza, e cio con lo sforzo diligentedovuto in relazione alle circostanze concrete del caso. Essa si sostanzia pertanto nella prova di aver adottato, in relazione alle condizioni dellacosa e alla sua funzione, tutte le misure idonee ad evitare il danno. Nella prova che, puressendosi mantenuto il comportamento diligente nel caso dovuto, il danno si ciononostante verificato per un evento non prevedibile n superabile con la diligenza normalmente adeguata in relazione alla natura della cosa, alla sua funzione e alle circostanze del caso concreto (v. Cass., 24 maggio 1997, n. 4632). A tale stregua, la prova del fortuito attiene allora piuttosto al profilo della mancanza dicolpa (cfr. Cass., 24 maggio 1997, n. 4632), la quale emerge invero anche argomentandodallimprevedibilit ed inevitabilit dellevento che proprio tale mancanza valgono sostanzialmente ad attestare, anzich, come pure prevalentemente si sostiene, alla mancanza delnesso causale (v., da ultimo, Cass., 20 ottobre 2005, n. 20317; Cass., 15 marzo 2004, n. 5236; Cass., 20 luglio 2002, n. 10641; nonch la stessa Cass., 1 ottobre 2004, n. 19653). E, come in dottrina si anche autorevolmente sottolineato, non chi non veda che il criterio dicausalit altro e diverso dal giudizio di diligenza (avere preso tutte le misure idonee). A tale stregua, la prova del fortuito si risolve allora sul piano del raffronto tra lo sforzo diligente nel caso concreto dovuto e la condotta mantenuta. Nella dimostrazione, insostanza, di avere mantenuto una condotta caratterizzata da assenza di colpa. E se tale provanon viene dal presunto responsabile fornita, ne consegue la mancata liberazione dalladdebito di responsabilit posto presuntivamente a suo carico, che a tale stregua sul piano dellacoerenza sistematica non pu dunque considerarsi altrimenti fondata su un giudizio di colpa(obiettiva). In conclusione, il caso fortuito esclude, come posto in rilievo in dottrina, la colpa delsoggetto per un danno che causalmente riconducibile al fatto del soggetto o alla sua omissione. Esso pertanto propriamente una concausa del danno, che rileva quale esibente diresponsabilit. Dalla suesposta ricostruzione della disciplina, che appare invero consentanea con quanto affermato da Corte Cost. n. 196 del 1999, in particolare l dove si afferma che la notevole estensione del bene e luso generale e diretto della cosa da parte di terzi costituiscono