ANNO LXI - N. 3 LUGLIO-SETTEMBRE 2009 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO COMITATO SCIENTIFICO: Presidente: Glauco Nori. Componenti: Franco Coppi - Giuseppe Guarino - Natalino Irti - Eugenio Picozza - Franco Getano Scoca. DIRETTORE RESPONSABILE: Giuseppe Fiengo - CONDIRETTORI: Giacomo Arena e Maurizio Borgo. COMITATO DI REDAZIONE: Lorenzo DAscia - Gianni De Bellis - Sergio Fiorentino - Maurizio Fiorilli - Paolo Gentili - Maria Vittoria Lumetti - Antonio Palatiello - Massimo Santoro - Carlo Sica - Stefano Varone. CORRISPONDENTI DELLE AVVOCATURE DISTRETTUALI: Andrea Michele Caridi - Stefano Maria Cerillo - Luigi Gabriele Correnti - Giuseppe Di Gesu - Paolo Grasso - Pierfrancesco La Spina - Maria Vittoria Lumetti - Marco Meloni - Maria Assunta Mercati - Alfonso Mezzotero - Riccardo Montagnoli - Domenico Mutino - Nicola Parri - Adele Quattrone - Pietro Vitullo. SEGRETERIA DI REDAZIONE: Antonella Quirini e Carla Censi HANNO COLLABORATO INOLTRE AL PRESENTE FASCICOLO: Giuseppe Albenzio, Antonella Anselmo, Roberto Antillo, Massimo Bachetti, Sara Caiazza, Vittorio Cesaroni, Guido Corso, Chiara Di Seri, Fabrizio Doddi, Gianluca Fatato, Pasquale Fava, Flavio Ferdani, Wally Ferrante, Sabino Fortunato, Flaminia Giovagnoli, Emanuela Pazzano, Morena Pirollo, Vincenzo Rago, Giampaolo Rossi, Marina Russo, Andrea Scalzo, Federica Varrone, Luca Ventrella, Giuseppe Zuccaro. E-mail: giuseppe.fiengo@avvocaturastato.it - tel. 066829313 maurizio.borgo@avvocaturastato.it - tel. 066829597 antonella.quirini@avvocaturastato.it - tel. 066829205 carla.censi@avvocaturastato.it - tel. 066829561 ABBONAMENTO ANNUO .............................................................................. 40,00 UN NUMERO .............................................................................................. 12,00 Per abbonamenti ed acquisti inviare copia della quietanza di versamento di bonifico bancario o postale a favore della Tesoreria dello Stato specificando codice IBAN: IT 42Q 01000 03245 348 0 10 2368 05, causale di versamento, indirizzo ove effettuare la spedizione, codice fiscale del versante. I destinatari della rivista sono pregati di comunicare eventuali variazioni di indirizzo AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO RASSEGNA - Via dei Portoghesi, 12, 00186 Roma E-mail: rassegna@avvocaturastato.it - Sito www.avvocaturastato.it Stampato in Italia - Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 INDICE - SOMMARIO TEMI ISTITUZIONALI Vittorio Cesaroni, Le ragioni (anche) dellinteresse pubblico per un diritto sempre ragionevole. Relazione tenuta nella sala dellAdunanza Generale del Consiglio di Stato al Convegno del 15 maggio 2009 su Azione risarcitoria e giudice amministrativo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Relazione Associazione Avvocati e Procuratori dellAvvocatura dello Stato tenuta a Palazzo dei Congressi, Roma, il 5 maggio 2009 in occasione dellevento Giornata per la giustizia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Tavola rotonda sugli aiuti di Stato. Interventi di Guido Corso, Gianni De Bellis, Sergio Fiorentino, Sabino Fortunato, Paolo Gentili e Giampaolo Rossi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Chiara Di Seri, La responsabilit dello Stato per gli atti amministrativi anticomunitari in materia di I.v.a. Unipotesi di violazione del principio di equivalenza procedurale (Corte di Giustizia CE, conclusioni dellAvvocato Generale del 9 luglio 2009 nella causa C-118/08). . . . . . . . . Flaminia Giovagnoli, Titolarit e gestione delle farmacie nella normativa comunitaria ed italiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Giuseppe Albenzio, Il caso Guiso-Gallisay c.Italia. Intervento alludienza del 17 giugno 2009 dinanzi alla Grande Camera della Corte dei diritti delluomo di Strasburgo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.- Le decisioni Wally Ferrante, Prescrizione del diritto al risarcimento del danno nei confronti dello Stato per violazioni del diritto comunitario (Corte di Giustizia CE, sent. 24 marzo 2009 nella causa C-445/06). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Giuseppe Fiengo, Un utile riassunto sul tema degli appalti in house (Corte di Giustizia CE, sent. 10 settembre 2009 nella causa C-573/07) 2. - I giudizi in corso Wally Ferrante, Politica sociale, causa C-229/08 . . . . . . . . . . . . . . . . . . Wally Ferrante, Giustizia e affari interni, causa C-292/08 . . . . . . . . . . . Sergio Fiorentino, Ravvicinamento delle legislazioni, causa C-324/08. . pag. 1 9 15 51 74 125 135 151 170 174 178 Wally Ferrante, Politica sociale, causa C-336/08 . . . . . . . . . . . . . . . . . . Wally Ferrante, Spazio di libert, sicurezza e giustizia, causa C-347/08 Wally Ferrante, Propriet intellettuale, causa C-518/08 . . . . . . . . . . . . . Wally Ferrante, Libert di stabilimento, causa C-565/08 . . . . . . . . . . . . CONTENZIOSO NAZIONALE Gianluca Fatato, Contratto a termine: illegittimit costituzionale della disciplina sanzionatoria differenziata (Corte Cost., sent. 8-14 luglio 2009 n. 214). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Morena Pirollo, La funzione dellistanza di prelievo nei ricorsi per equa riparazione dellirragionevole durata del processo. Nella giurisprudenza della Corte di Cassazione ed alla luce dei nuovi interventi normativi (Cass., Sez. I civ., sent. 6 marzo 2003 n. 3347; Cass., Sez. I civ., 17 aprile 2003 n. 6180; Cass. civ., SS.UU., sent. 23 dicembre 2005 n. 28507; Cass., Sez. I civ., sent. 28 novembre 2008 n. 28482) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Giuseppe Zuccaro, Sugli effetti della cancellazione delle societ dal registro delle imprese. La parola alle Sezioni Unite (Cass., Sez. I civile, sent. 15 settembre 2009 n. 19804) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Emanuela Pazzano, Il rispristino degli esami di riparazione. Incertezze giurisprudenziale e questioni applicative in merito allordinanza ministeriale n. 92 del 5 novembre 2007 del Ministero dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca (TAR Piemonte, Sez. II, sent. 12 settembre 2008 n. 1891). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Roberto Antillo, La revoca delle misure di prevenzione di natura patrimoniale. Questioni insolute e nuove problematiche (TAR Calabria, Sez. Reggio Calabria, sent. 28 gennaio 2009 n. 81). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Fabrizio Doddi, Il carattere assoluto dellinsindacabilit degli atti politici (TAR Puglia, Bari, Sez. III, sent. 18 maggio 2009 n. 1183). . . . . . . . . . . Riccardo Montagnoli, Sul rifiuto dellufficiale di stato civile di effettuare le pubblicazioni per un matrimonio tra omosessuali (CdA Brescia, Sez. I civ., decreto 2 luglio 2009 n. 69; Trib. Venezia, Sez. III civ., ord. 4 aprile 2009). Vincenzo Rago, Note critiche sul relativismo giuridico . . . . . . . . I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Massimo Bachetti, Richiesta interessi per tardivo rimborso spese legali - AL 19546/05 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Federica Varrone, Ricorso avverso cartella esattoriale, Nuova Tirrena S.p.A. c. Ministero Sviluppo Economico - AL 39982/08. . . . . . . . . . . . . . pag. 184 192 197 203 215 231 261 267 279 299 311 339 341 Luca Ventrella, Obbligo da parte dei pubblici ufficiali di segnalare alla Procura della Repubblica gli obiettori di coscienza che, seppure precettati, non hanno svolto il servizio di leva - AL 26186/08. . . . . . . . . . . . . . RECENSIONI Federico Basilica e Fiorenza Barazzoni, Diritto amministrativo e politiche di semplificazione, Maggioli Editore, 2009. Prefazione di Franco Gaetano Scoca. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Renato Federici, Guerra o diritto? Il diritto umanitario e i conflitti armati tra ordinamenti giuridici, Editoriale Scientifica, 2009. Recensione di Antonella Anselmo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . CONTRIBUTI DI DOTTRINA Sara Caiazza, Rilevanza giuridica del deposito dellistanza di prelievo nella applicazione della legge n. 89/2001 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pasquale Fava, Lingiustizia costituzionalmente qualificata a tipicit elastica e lopzione qualitativa della gravit del danno e della seriet della lesione. Il danno non patrimoniale nel seguito di SS.UU. 11 novembre 2008 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Flavio Ferdani, Linformazione, la formazione e le buone prassi: cardini per la sicurezza sui luoghi di lavoro. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Andrea Scalzo, Labuso del diritto spazia dalla propriet al voto assembleare attraverso la violazione del principio di buona fede. . . . . . . . . . . pag. 344 347 350 355 359 375 390 T E M I I S T I T U Z I O N A L I Azione risarcitoria e giudice amministrativo Le ragioni (anche) dellinteresse pubblico per un diritto sempre ragionevole di Vittorio Cesaroni* Il tema del convegno quanto mai interessante e soprattutto di massima attualit, ed investe diversi profili che non possono essere trattati tutti compiutamente nel ristretto ambito della odierna relazione. Affrontarlo - almeno secondo langolo visuale di un difensore istituzionale della parte pubblica, ma caratteristico del resto di tutte le problematiche di diritto processuale amministrativo (secondo i precetti, tra gli altri, del grande Maestro Mario Nigro) - impone di considerare in fondo il sistema di tutela giurisdizionale del cittadino nei confronti della P.A. nella assoluta peculiarit del giudizio amministrativo, contrassegnato da una parte pubblica necessaria e nel nostro ordinamento in via primaria dalla tutela di una situazione giuridica soggettiva speciale quale quella dellinteresse legittimo al corretto esplicarsi dellazione amministrativa. Ma, aggiungo subito, del legittimo interesse del privato a che questa tutela sia il pi possibile effettiva, piena e satisfattiva ed ottenuta in tempi ragionevoli, pur a fronte della esigenza di sottoporre a sindacato le imprescindibili, spesso complesse, ragioni dellinteresse pubblico che, non inutile ribadire, costituiscono il quid pluris peculiare del processo amministrativo. Considerazione dellinteresse pubblico, anche dellinteresse pubblico, e ricerca costante della pi effettiva e soddisfacente tutela degli amministrati, la cui domanda di giustizia nei confronti della P.A., per molteplici ragioni ( (*) Avvocato dello Stato. Relazione al Convegno del 15 maggio 2009 in occasione del Premio Antonio Sorrentino, convengo tenutosi nella Sala dellAdunanza Generale del Consiglio di Stato. 2 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 inutile tacerlo) cresciuta in questi ultimi anni in maniera esponenziale, generalizzata e sempre pi sofisticata (oserei dire aggressiva), merito anche della capacit di risposta attenta, a dispetto di ogni difficolt, da parte del giudice amministrativo. E qui so di far felice, credo, il Presidente de Lise che, tra gli altri, non ha mai mancato, nelle relazioni istituzionali (gi come Presidente del TAR del Lazio) e nei qualificati interventi, di ribadire con fermezza che, gi hic et nunc utilizzando tutte le tecniche di tutela consentite (fino a quelle persino atipiche) e magari con lintervento illuminato del legislatore, occorre ormai, in linea del resto con la Convenzione europea dei diritti delluomo, abbracciare un modello processuale che consenta al giudice amministrativo di emanare pronunce che, pi che dare torto allamministrazione, diano ragione al privato definendo au fond la res controversa (Palazzo Spada, 6 aprile 2009, convegno su Giusto processo e processualprocedimento) Senza mai dimenticare che il compito, o meglio il fine, della giustizia nei riguardi della pubblica amministrazione costituito dalla tutela del singolo cittadino, ma, al contempo, dalla garanzia del corretto funzionamento dellamministrazione, nel suo stesso interesse; perch la rimozione di un atto illegittimo deve aiutare a rendere legittimi gli analoghi atti successivi; e perch linteresse della p.a. , in realt, linteresse di tutti i cittadini. E questa musica sinfonica per un avvocato dello Stato. E in questa ottica, e soprattutto in questa ottica, che vengo al tema centrale. Ribaltando lordine espositivo di una nota trasmissione televisiva di inchiesta (che tra laltro tende a bacchettare non poco lamministrazione italiana), vorrei iniziare subito con una buona notizia, ovvero con una felice constatazione, sul quale cՏ ormai unanime consenso. La buona notizia per il sistema di tutela, rectius delle tutele, di giustizia amministrativa sono i passi avanti invero ciclopici fatti nella giusta direzione suesposta nellarco dellultimo decennio. Solo dieci anni fa si era in una situazione che appare oggi ai nostri occhi, ammettiamolo, quasi arcaica. Si aveva infatti un sistema di riparto di giurisdizione fondato come sempre sulla natura della situazione giuridica soggettiva, ma caratterizzato da una tutela ripartita e dimidiata tra giudice ordinario e giudice amministrativo nei confronti della P.A., a tutto scapito del cittadino, che strideva con la ragionevolezza, con la concentrazione dei giudizi e quindi con la pienezza ed effettivit della tutela. Il giudice amministrativo poteva annullare con privilegio esclusivo latto amministrativo illegittimo, ma - stante il principio quasi dogmatico della irrisarcibilit dellinteresse legittimo - non poteva accordare la eventuale tutela risarcitoria di completamento, aggiuntiva e consequenziale al detto annullamento. Il Giudice ordinario, pur non potendo incidere in via diretta e principale TEMI ISTITUZIONALI 3 sul provvedimento amministrativo, aveva sostanzialmente il monopolio della tutela di tipo risarcitorio, successiva e conseguente allannullamento, ma ci a dispetto quanto meno della celerit e della concentrazione dei giudizi. Oggi - a soli dieci anni dalla svolta epocale della celebre sentenza delle Sezioni Unite n. 500 del 1999, invero anticipata sul piano normativo e settoriale dallart. 13, D.lgs. n. 142 del 1992 in tema di appalti pubblici comunitari, che faceva cadere il tab soprattutto culturale (ne va dato atto alla Suprema Corte) della non risarcibilit della lesione di interessi legittimi, sia pure allora attraverso la configurazione di un diritto soggettivo di stampo prettamente civilistico - abbiamo ottenuto altri due risultati rilevanti, ritengo, nella giusta direzione. E ci merito del legislatore (con lart. 7, introdotto ex legge n. 205/2000), della Corte Costituzionale (sentenza n. 204/2004 ribadita dalla 191/2006, e dalla n. 351 del 24 ottobre 2008) e del dialogo ragionevole, come si dice, tra i supremi plessi giurisdizionali, di giustizia amministrativa e ordinaria. E ora attribuita, per via normativa, in via generalizzata al giudice amministrativo (non solo nellambito della giurisdizione esclusiva, ma nellambito della sua giurisdizione di legittimit) la cognizione della risarcibilit dei danni derivanti da lesione di interessi legittimi. Come stato significativamente rilevato (Aldo Linguiti, Le nuove frontiere del giudice amministrativo), ci non fine a s stesso, n dovuto solo alla esigenza di concentrazione presso un unico giudice di tutte le conseguenze derivanti dalladozione di un provvedimento illegittimo (ovvero mancata adozione di atti dovuti o legittimamente attesi). E frutto a ben vedere di una tardiva, ma inarrestabile mutata concezione ed evoluzione dello stesso interesse legittimo. Emerge una posizione giuridica di valore sostanziale convergente alla realizzazione insieme dellinteresse pubblico (allorigine unico obiettivo dellesercizio del potere) e, al contempo, dellinteresse del privato destinatario dellesercizio del potere stesso via via meglio riconosciuto e protetto. In altri termini anche linteresse legittimo, come tutte le posizioni giuridiche volte ad ottenere un risultato patrimonialmente apprezzabile, giunge a meritare quella forma di tutela che espressa dalla risarcibilit dei danni derivanti dalla loro illegittima lesione, quale misura sostitutiva ed equivalente alla violazione dellordinamento. Grazie anche alle precisazioni della Corte Costituzionale nella nota sentenza n. 204/2004, la riconosciuta risarcibilit dellinteresse legittimo, non costituisce materia nuova, ma solo un ulteriore forma di tutela dello stesso interesse legittimo nascente dal cattivo esercizio del potere autoritativo. Il riconoscimento formale intervenuto a livello positivo (ex legge n. 205/2000) della risarcibilit dei danni da lesioni di interesse legittimo, con contestuale attribuzione anche di tali ipotesi di tutela, aggiuntiva e consequenziale allannullamento, per quanto eventuale, al giudice amministrativo stato accettato del resto (in parte qua) dalla Suprema Corte regolatrice che, rime- 4 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 ditando il proprio iniziale indirizzo, ha affermato che, afferendo anche la tutela risarcitoria (come quella demolitoria primaria) ai rimedi giustiziali contro il cattivo esercizio della pubblica funzione, la relativa competenza giurisdizionale non pu che assegnarsi al giudice amministrativo quale giudice naturale della legittimit dellesercizio della funzione pubblica (Cass. SS.UU. ord.za n. 13659/06 del giugno 2006). Il cittadino ha dunque ottenuto una nuova tutela, ulteriore ed eventuale, strettamente riconnessa alla tutela dellinteresse legittimo dinanzi ad unico giudice, il giudice amministrativo, lo stesso giudice signore del sindacato sulla funzione pubblica, che quindi pu dare, entro i limiti e i caratteri della propria giurisdizione sullinteresse pubblico, tutela piena e maggiormente satisfattiva allinteressato. Confortati dalle pronunce costituzionali che pongono con chiarezza laccento sulle forme di tutela, traendone le dovute conseguenze sul piano del riparto delle giurisdizioni, non cՏ pi lesigenza primordiale di andare a trasfigurare linteresse legittimo e a configurare il diritto al risarcimento come un diritto soggettivo, autonomo e parallelo, di impronta marcatamente civilistica. La tesi per cos dire pancivilistica diritto soggettivo al risarcimento ex art. 2043 c.c. di competenza del giudice ordinario pu, e deve, a nostro avviso cedere il passo alla impostazione coerentemente amministrativistica del tema, una volta che per ammissione condivisa la tutela risarcitoria riconnessa allinteresse legittimo (ovvero al controllo anche consequenziale sullesercizio della funzione pubblica) avviene ad opera del giudice amministrativo nellambito del giudizio amministrativo, che ha come carattere tipico ed esclusivo quel sindacato, in prima battuta di tipo demolitorio. Del resto tale ultimo potere annullatorio non viene escluso alla luce del risarcimento dei danni, ma anzi la reintegrazione in forma specifica viene espressamente riconosciuta come una forma per realizzare il risarcimento: il giudice amministrativo, nellambito della sua giurisdizione, conosce anche di tutte le questioni relative alleventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, e agli altri diritti patrimoniali consequenziali (art. 7, legge n. 1034/1971, come modificato dalla legge n. 205/2000). E qui come noto nasce, o meglio residua, il problema, tutto interno alla struttura e alla logica della giurisdizione amministrativa, della cd. pregiudiziale amministrativa, ovvero della necessit o meno della previa domanda di impugnazione dellatto amministrativo, e conseguente dichiarazione di annullamento, ai fini della conseguente domanda di risarcimento danni. Posizione ripetutamente e fermamente sostenuta dallAdunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sin dal 2003 e poi con la n. 12/2007), ed affermata recentemente anche dalla Sezione IV, con sentenze n. 1917/09 del 31 marzo 2009 e n. 2435/09 del 21 aprile 2009. La decisione di marzo 2009, pur ritenendo ammissibile la domanda senza preclusioni dordine processuale, e TEMI ISTITUZIONALI 5 quindi affermando la propria giurisdizione, statuisce che la domanda risarcitoria da provvedimento non impugnato (o tardivamente impugnato) infondata nel merito, in quanto la mancata impugnazione dellatto fonte del danno consente a tale atto di operare in modo precettivo dettando la regola del caso concreto, ed impedisce cos che il danno possa essere considerato ingiusto od illecita la condotta tenuta dallAmministrazione in esecuzione dellatto inoppugnato. LAdunanza Plenaria n. 12/2007 stata addirittura sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite in punto di giurisdizione, che con la nota sentenza n. 30254/08 del 23 dicembre 2008, con ampia motivazione, ha ribadito che deve ritenersi ammissibile dinanzi al giudice amministrativo una domanda risarcitoria autonoma (ovvero senza previo annullamento dellatto illegittimo), intesa alla condanna al risarcimento del danno prodotto dallesercizio illegittimo della funzione amministrativa, spingendosi a statuire che la decisione del giudice amministrativo, che neghi tale tutela risarcitoria degli interessi legittimi sul presupposto che lillegittimit dellatto debba essere stata precedentemente richiesta e dichiarata in sede di annullamento, viziata da violazione di norme sulla giurisdizione ed soggetta a cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione. Su questo punto dunque il contrasto tra Consiglio di Stato e Corte di Cassazione appare ancora netto, anche se al riguardo ci permettiamo di essere moderatamente ottimisti, nonostante tutto, anche alla luce della dimostrata capacit di dialogo ragionato tra i supremi plessi, entrambi ugualmente motivati comunque dallattenzione per la pi piena ed effettiva tutela che lordinamento, considerato in modo sistematico, deve riconoscere. In tale ottica dobbiamo solo augurarci tutti che dopo essere arrivati, per i passi significativi illustrati, assai vicini alla meta, non si ripiombi invece a met del guado. Certo che la querelle a distanza si recentissimamente rinvigorita. La Sezione VI del Consiglio di Stato, con la pronuncia n. 2436/09 del 21 aprile 2009, esplicitando consapevolmente la problematica e il contrasto esistente, ha rimesso allAdunanza Plenaria la questione della pregiudizialit amministrativa, ipotizzando tra laltro anche violazioni di diversi precetti costituzionali. Va dato atto, oltre che della argomentatissima motivazione sotto tutti i profili, della chiarezza, sicuramente inusuale, in cui si afferma di dover pronunciare una sentenza, ove costretti in adesione non condivisa alla Cassazione, una sentenza suicida (letteralmente). Si rimette pertanto alla Plenaria la questione della pregiudizale nella lettura dellart. 7 datane dalla Cassazione e con il principio di ragionevolezza anche sistematica, con i principi costituzionali considerati, e con le seguenti norme costituzionali. (artt. 81, u.c.; art. 97; art. 113, co.3; artt. 103 e 113). E facile ipotizzare una possibile rimessione della Plenaria al Giudice del 6 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 vaglio costituzionale. Sarebbe auspicabile magari un consapevole intervento del legislatore. A prescindere dal merito, lasciatemi dire - con il massimo rispetto dovuto alla Suprema Corte, alla rispettabilit di tutte le posizioni ermeneutiche, ma nella ricerca comunque delle concezioni culturali sottese in dati periodi anche alle decisioni dei giudici - che francamente, quale cultore ed operatore del diritto amministrativo, trovo paradossale, e quantomeno ingeneroso, che il giudice amministrativo tutto, Consiglio di Stato e Tribunali Amministrativi Regionali, che ha sempre affinato negli anni la sua capacit di dare sempre pi penetrante tutela sul versante della tutela tipica dellinteresse legittimo, sia in sede di giurisdizione di legittimit, che esclusiva (basti pensare che tutte le leggi sul procedimento e sul processo amministrativo di regola hanno fotografato quanto gi sapientemente acquisito nelle aule di giustizia), possa essere ora tacciato di giudice conservatore, timidamente sulla difensiva proprio nel momento dellacquisizione di una nuova forma di tutela (risarcitoria da interesse legittimo) al suo armamentario giuridico. Comprendo la facile obiezione, che forse in parte pu essere comprensibile: non sar proprio forse perch il giudice amministrativo sta abdicando ingiustificatamente al suo ruolo anche innovativo, non riuscendo ad andare oltre alla secolare tutela pur sempre principale di tipo demolitorio? Sommessamente non riteniamo, peraltro, che il reale nodo cruciale sia questo. Invero la sensazione che alla concezione pancivilistica ricordata, che ora non pu trovare pi ingresso, forse si vuole sostituire, con esiti inprevedibili nel campo amministrativistico, una concezione panrisarcitoria, che finisce per mettere giocoforza in secondo piano la tutela primaria dellinteresse legittimo attraverso lannullamento dellatto o comunque laccertamento, necessario e preventivo, dellillegittimit dellazione amministrativa, sia pure con il massimo riguardo agli effetti consequenziali; mettendo altres in discussione - di qui forse non infondato il riferimento ad opzioni di tipo suicida - lessenza stessa del giudizio amministrativo, per come costituzionalmente concepito e consolidato. Non si potr negare che, in nome di una apparente battaglia a favore di una pi ampia tutela del privato nei confronti della P.A., si finisce per incidere e snaturare tutta la struttura, e lintima logica, del processo amministrativo, come processo - per questo si evidenziato in apertura, anche con lausilio delle efficaci parole presidenziali - tra parte pubblica e privato, in cui devono necessariamente essere considerate e attentamente valutate anche le ragioni di interesse pubblico sottese allesercizio della funzione amministrativa, sia pure al fine di soddisfare, per quanto possibile, la domanda di giustizia del privato. Il tempo tiranno e non posso dar conto di tutte le, a mio avviso, efficaci TEMI ISTITUZIONALI 7 considerazioni contenute nellordinanza ultima di rimessione alla Plenaria della VI Sezione. La mia tesi di fondo, come forse si compreso, che a legislazione invariata ragioni di coerente ordinamento giuridico, costituzionalmente fondato, di struttura del giudizio amministrativo, di principi profondi dellattivit amministrativa (dalla presunzione di legittimit dellatto alla certezza e allesigenza di consolidamento delle situazioni di diritto pubblico), di logica e ragionevolezza, anche nellinteresse di una tutela effettiva e globale da riconoscere al privato destinatario dellazione della P.A. e di rispetto delle ragioni dellinteresse pubblico pi generale, portano a propendere affinch tale problematica, a partire dalla pregiudiziale, venga comunque governata e regolata nellambito della giurisdizione amministrativa, alla quale ormai pacificamente attribuita. Non dunque - o non pu essere pi - un problema di giurisdizione, perch come visto il giudice amministrativo non nega affatto la propria giurisdizione, ma decide sui propri poteri di tutela riconosciuti dallordinamento, costituzionalmente affermati. Non ho dubbi che il giudice amministrativo, pressato non solo dalla Cassazione ma dalla sempre pi incessante e originale domanda di giustizia, sapr affinare nel tempo le forme di tutela possibili ma, quando cՏ in campo (anche) linteresse pubblico, lidea di un diritto soggettivo pieno, autonomo e parallelo, al risarcimento del danno deve comunque fare i conti con lassetto e la coerenza del sistema ordinamentale, che allo stato attuale non consentono addirittura che la tutela principale di tipo impugnatorio o di riconoscimento della legittima pretesa sostanziale (quanto agli interessi di tipo pretensivo) assuma connotazioni di carattere recessivo e residuale rispetto alla tutela risarcitoria. Ben venga, per ora, la giurisdizione piena del giudice amministrativo con la tutela risarcitoria, ulteriore aggiuntiva ed eventuale, ma non certo svincolata dal preventivo necessario accertamento dellillegittimit dellazione amministrativa. Accertamento che non pu avvenire nel nostro vigente ordinamento sotto forma di disapplicazione in via principale da parte del giudice amministrativo dellatto amministrativo, non impugnato o non tempestivamente impugnato, ai fini di dare autonomo ingresso allazione risarcitoria. Appare altres francamente inaccettabile una concezione di illiceit-ingiustizia del danno che prescinda dal presupposto necessario, anche se non sufficiente oltretutto, della dichiarata illegittimit delloperato amministrativo. Tra i vari argomenti contrari viene citato anche lart. 21 octies della legge n. 241/90, come modificato dalla legge n. 15/2005, laddove consente al giudice di non annullare latto pur in presenza di vizi formali procedimentali, laddove il contenuto dispositivo non avrebbe potuto nella sostanza essere diverso. Qui lillegittimit (formale) consentirebbe - se prospetta - di dare ingresso al- 8 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 lazione risarcitoria, pur in assenza dellannullamento; ma ci permettiamo di dissentire perch innanzitutto vi comunque una domanda in via principale sullatto e poi la riprova che, a fronte delle documentate ragioni di interesse pubblico allegate in giudizio, latto da ritenersi sostanzialmente legittimo, e infatti non annullabile, senza possibile pretesa ulteriore. Anche sul piano pragmatico, poi, per ragionare al di l delle disquisizioni giuridiche formali, si pensi alle conseguenze poco congrue, per usare un eufemismo, che potrebbero derivare ove si lasciasse la scelta allinteressato (anzi agli interessati) - gi ex se inammissibile nel campo del diritto amministrativo, per i motivi ricordati - tra impugnazione dellatto in via principale al fine della sua rimozione e domanda autonoma al fine del risarcimento del danno comunque patito, svincolata dallaccertamento della illegittimit dellattivit amministrativa. Avremmo da un lato un incentivo al disinteresse della P.A. verso una reale legalit della propria azione, potendo confidare sullintangibilit del proprio operato in ipotesi di atti illegittimi, laddove si rischia (come male minore, al di l dei profili di responsabilit) solo leventuale risarcimento. Ma quel che pi grave - quale mero esempio, senza voler dare suggerimenti criminosi (per i quali purtroppo la realt sovente supera la fantasia) - si potrebbe giungere ad accordi collusivi tra interessati e controinteressati (penso alle gare dappalto) in cui la ditta in ipotesi illegittimamente aggiudicataria si accordi con la ditta illegittimamente esclusa (e potenziale vincitrice), affinch questultima non presenti o non coltivi il ricorso giurisdizionale di annullamento, accontentandosi del successivo probabile risarcimento danni: qui avremmo s la piena tutela di due privati, ma con doppio esborso e doppio danno erariale! Al di l di ogni temporanea pessimistica considerazione, lecito pronosticare che si giunger, o per via giurisprudenziale o per via normativa, alfine ad un soddisfacente concordato sul punto che assicuri, come evidenziato in apertura, che il giudizio amministrativo, anche con riferimento alla nuova tutela risarcitoria, non venga snaturato nella sua struttura e nelle sue funzioni primarie, come unico giudizio capace, ontologicamente e storicamente, di coniugare un penetrante sindacato di controllo sulla funzione pubblica, nel rispetto delle ragioni dellinteresse pubblico, con le esigenze di effettivit della tutela richiesta dal privato. Il Presidente Caianiello affermava che le sentenze devono essere soprattutto ragionevoli, in modo da essere facilmente comprese ed accettate. Lasciatemi concludere affermando, non senza orgoglio e convinzione, che lAvvocatura dello Stato cercher in ogni caso di rappresentare le ragioni dellAmministrazione nel giudizio, confidando in un diritto sempre ragionevole per linteresse pubblico in uno con le legittime aspettative dei privati. TEMI ISTITUZIONALI 9 Giornata per la giustizia Relazione Associazione Avvocati e Procuratori dellAvvocatura dello Stato (Palazzo dei Congressi, Roma, 5 maggio 2009) Liniziativa Giornata per la Giustizia finalizzata a sensibilizzare opinione pubblica, mondo dellinformazione politico ed istituzionale, economico e del lavoro sul problema dellinadeguatezza delle risorse, di cui attualmente dispone il cd. sistema giustizia, per rendere un servizio soddisfacente al cittadino. Levento ha carattere eccezionale perch per la prima volta nella storia di questo Paese vede coinvolte in un unico consesso tutte le componenti del mondo Giustizia. Personale togato e non togato concentrano i loro sforzi verso un comune obiettivo: richiamare lattenzione su dati concreti in modo di restituire al dibattito quella obiettivit che manca nei grandi midia. In questo contesto lAvvocatura dello Stato, ignorata dal grande pubblico, ritiene di avere un ruolo di primo piano perch la gestione del contenzioso e la consulenza a favore delle amministrazioni dello Stato ed altri enti patrocinati offre un osservatorio assolutamente privilegiato delle patologie dellazione amministrativa. Questo osservatorio fornisce lopportunit di suggerire alle amministrazioni interventi correttivi per fare in modo che esse, nella loro attivit, si conformino sempre pi al rispetto delle norme ed intendano le loro funzioni come strumento per il perseguimento di un interesse pubblico che soprattutto al servizio del cittadino. Il conseguimento dellobiettivo richiede ovviamente unadeguata dotazione di mezzi in termini di avvocati, personale amministrativo, risorse finanziarie. Affari e dotazione personale La dotazione organica stabilita ex art. 6 comma 1 d.lgs. 165 del 2001 sulla base del fabbisogno che per lAvvocatura dello Stato da individuarsi nel numero complessivo degli affari contenzioni e consultivi. Nel 2008 il totale ammontava a 169.371. Nel 2001 gli affari corrispondevano a 208.580 unit. Il calo che si registrato nel 2006 di circa trentamila unit da attribuirsi alla perdita del contenzioso degli invalidi civili, passato alla competenza dellINPS. Per il resto il trend complessivo abbastanza costante. Anzi rispetto al 2007 vi stato un incremento di circa 10.000 unit (da attribuirsi in gran parte allaumento del contenzioso della legge Pinto). Sotto il profilo della tipologia di contenzioso, si registra una crescita imponente della percentuale di affari riguardanti indennizzo per irragionevole 10 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 durata del processo (17%), ed una mole rilevante di affari in materia tributaria (21%), di cui solo circa il 60% costituisce contenzioso avanti alla Suprema Corte di Cassazione. Per quanto attiene alla ripartizione sulla base delle autorit giudiziarie prevalente il contenzioso avanti ai giudici amministrativi, cassazione e giudici civili. Infatti su di un totale di 35.942, gli affari avanti al giudice amministrativo corrispondono a 10.760 unit, alla cassazione 9.582, ai giudici di merito 13.870. Relativamente infine alle amministrazioni assistite il contenzioso incentrato prevalentemente su Economia e Finanze (27,31%), Agenzia delle entrate (23%), Interno (19,81%), Istruzione e Ricerca 10,23%. A fronte quindi di un contenzioso, che si mantenuto abbastanza stabile, si invece registrata una riduzione del personale amministrativo in servizio mentre lorganico degli avvocati fermo al 1991 a 370 unit. Dopo circa due decenni di vacanze solo nel 2008 si arrivati ad una situazione di pieno organico. La pianta organica degli impiegati ferma al 1995. Allepoca la dotazione era di 951 unit. Da quella data in atto il blocco delle assunzioni che non ha consentito di bandire concorsi per lassunzione di personale amministrativo. La legge 311 del 2004 art. 1 comma 93 ha disposto la rideterminazione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni apportando una riduzione non inferiore al 5% della spesa complessiva relativa al numero dei posti in organico. In ottemperanza a tale norma con DPCM del 14 novembre 2005 sono state determinate le dotazioni organiche delle aree funzionali, delle posizioni economiche e dei profili professionali del personale amministrativo dellAvvocatura dello Stato. Nel gennaio 2007 lorganico da 951 passato a 878 unit che corrisponde allattuale dotazione. Nel 2007 le vacanze rispetto alla pianta organica ammontavano a 55 unit, nel 2008 a 70 unit, nel 2009 a 77 unit. Con la procedura di riqualificazione sono stati disposti in deroga al blocco delle assunzioni 12 passaggi dallarea b allarea c e 23 dallarea b allarea a. Anche questanno stata chiesta ulteriore deroga per 10 passaggi da b a c e 1 da a a b. Si fa presente altres che nella finanziaria del 2006 art. 1 commi da 404 a 408 stato disposto il taglio del 15 % degli addetti alle funzioni non istituzionali. Quindi il rapporto avvocati e impiegati amministrativi in questi anni si considerevolmente ridotto, con conseguente sempre minore disponibilit di personale di supporto degli avvocati soprattutto per le funzioni di segreteria. TEMI ISTITUZIONALI 11 Particolare criticit situazione personale amministrativo Di recente stata attuata una procedura di riqualificazione del personale. Non stato per ancora possibile dare un assetto di funzioni allinterno dellAvvocatura corrispondenti alle nuove posizioni funzionali. Le piante organiche sono state rideterminate, come in tutte le pubbliche amministrazioni sulla base del dato storico senza procedere ad una ricognizione degli effettivi carichi di lavoro e dei cicli produttivi (tempi standard attivit, individuazione atti ed operazioni di ogni sequenza procedimentale, domanda reale e potenziale di servizio ecc.). Il personale negli ultimi quindici anni stato assunto in Avvocatura tramite procedure di mobilit da altre amministrazioni. Non sono stati banditi concorsi. La media di et conseguentemente abbastanza elevata. Occorrerebbe un ricambio generazionale. Invece le amministrazioni affini della giustizia amministrativa (TAR, Consiglio di Stato, Corte dei Conti) hanno potuto bandire concorsi. Inoltre lAvvocatura non ha, a differenza della giustizia amministrativa, lo strumento dellautonomia finanziaria che le consentirebbe certamente una pi efficace gestione delle risorse tramite un proprio badget senza dover attendere ogni volta lepletamento delle defatiganti procedure burocratiche dellamministrazione delle finanze. Ci consentirebbe anche una maggiore elasticit per lassunzione di nuovo personale senza gravare con nuove spese sul bilancio dello Stato. Di importanza fondamentale anche listituzione di un ruolo dirigenziale di II livello che solleverebbe la segreteria generale dallo svolgimento di incombenze amministrative non proprio conformi alla natura professionale del ruolo degli avvocati dello Stato. Inoltre la dirigenza costituirebbe una stimolante prospettiva di sviluppo di carriera per il personale amministrativo dellAvvocatura. Vi infine carenza di incentivi retributivi legati alla produttivit. In questi anni la retribuzione fissa cresciuta pi di quella di II livello, invece, per stimolare il personale ad una maggiore produttivit, sarebbe necessario, ad avviso della Scrivente uno stanziamento per compensi premiali correlati al conseguimento di obiettivi su specifici progetti. Si richiama altres lattenzione su di una esigenza di istituire la nuova figura professionale di collaboratore amministrativo di supporto allavvocato dello Stato per uno svolgimento pi qualificato dell funzioni di segreteria ed istruttorie. Sono infine in atto importanti progetti di informatizzazione dellAvvocatura che consentiranno sicuramente una riduzione del personale addetto soprattutto a certe funzioni elementari come la protocollazione, le verifiche del servizio esterno ecc., cos destinando le risorse ad attivit pi qualificate. 12 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 Interventi sul contenzioso - Legge Pinto Il contenzioso in questi ultimi anni non aumentato, vi una tendenza ad un trend costante. Particolare criticit si registra per la situazione legge Pinto. In Avvocatura generale negli ultimi due anni si passati da 6000 ad 8000 affari per una percentuale giunta al 17% degli affari complessivi dellAvvocatura dello Stato. Come dato nazionale dal 2002 al 2006 vi stato un incremento del 800% dei ricorsi ex lege Pinto con un aumento della spesa che da 1,8 milioni di euro passata attualmente a circa 90 milioni di euro a seguito anche dellaccumulo di crediti pregressi. Si stima che la spesa nel giro di qualche anno potr arrivare a 500 milioni di euro. LAvvocatura quasi sempre soccombente in questi giudizi, le amministrazioni non dispongono di sufficienti dotazioni di bilancio per pagare gli indennizzi. Perci vengono instaurate procedure esecutive con ulteriore aggravio per lerario. Inoltre le Corti dAppello per ogni lite condannano lamministrazione anche alle rifusione delle spese. Nel 2002 fu varato un decreto legge che prevedeva una procedura transattiva preventiva affidata allAvvocatura dello Stato. Il decreto poi decaduto. I governi che sono succeduti non hanno ritenuto di dover intervenire sulla materia. E opportuno a nostro giudizio che venga riesaminata leventualit di introdurre una procedura amministrativa sulle richieste di indennizzo ex lege Pinto che eviterebbe gli oneri aggiuntivi delle spese di giudizio e delle procedure esecutive, consentendo anche una migliore programmazione delle risorse da destinare al pagamento degli indennizzi. - ADR Lunione europea, proprio allo scopo di deflazionare il contenzioso, raccomanda ai governi, ove possibile, di introdurre forme di risoluzione non contenziosa delle controversie. Lesperienza della conciliazione in Italia non ha avuto un grande successo, in quanto ancora lontana dalla cultura del mondo forense che tende a privilegiare la soluzione pi remunerativa del ricorso alla lite. Occorre introdurre, anche nelle controversie con lamministrazione statale, forme di risoluzione alternativa delle controversie, con disincentivi alla lite come condanna alle spese, acquisizione di elementi di prova dal comportamento delle parti nella procedura conciliativa, previsioni di compensi adeguati per gli avvocati che favoriscano la conclusione dellaccordo, una massiccia attivit di formazione degli avvocati verso una cultura della conciliazione. Per quanto riguarda in particolare lamministrazione statale vanno superate certe rigidit di difesa incondizionata e pregiudiziale di atti per non incorrere in responsabilit. Gli atti chiaramente illegittimi possono essere annullati senza dover necessariamente attendere il giudicato. La discrezionalit TEMI ISTITUZIONALI 13 va utilizzata anche nellottica di cercare soluzioni compositive. - Class action ed udienze tematiche Recentemente stata introdotta con legge delega la class action nei confronti della pubblica amministrazione. La norma sar operativa con i decreti attuativi. Lutilizzo di tal istituto va incrementata nellottica di una migliore gestione del contenzioso seriale. Al medesimo fine andrebbe anche potenziato il ricorso alle udienze tematiche nelle quali vengono concentrate cause avente medesimo oggetto. In tal prospettiva va ottimizzato luso del mezzo informatico. - Politica del contenzioso E in atto un progetto con lAgenzia delle Entrate che consentir una protocollazione automatica degli affari, acquisita direttamente dal sistema. I dati inseriti non saranno solo quelli tradizionali del singolo affare come numero contenzioso o consultivo, nome delle parti, autorit giudiziaria adita, attribuzione codice materia. Si inseriranno dati anche sul referente normativo e questione giuridica di ogni singolo affare. I suddetti dati consentiranno di classificare contenziosi e consultivi sulla base del referente normativo o questione giuridica. Per cui ogni avvocato potr digitando un determinato comando individuare tutti gli affari collegati. Questo supporto informatico costituisce un formidabile strumento di politica del contenzioso, gestito secondo un disegno globale che sar un prezioso ausilio per lattivit legislativa e per la regolamentazione delle attivit delle singole amministrazioni. Associazione Avvocati e Procuratori dello Stato I L C O N T E N Z I O S O C O M U N I TA R I O E D I N T E R N A Z I O N A L E Tavola rotonda sugli aiuti di Stato Relatori: Guido Corso, Gianni De Bellis, Sergio Fiorentino, Sabino Fortunato, Paolo Gentili e Giampaolo Rossi Il 9 giugno 2009 a Roma, presso lo studio legale amministrativo-commerciale dei professori Corso, Fortunato e Rossi si tenuto un incontro di studio sul tema degli aiuti di Stato nel quadro della crisi economica globale. Lattualit dellargomento di chiara evidenza politico-istituzionale, a seguito della pluralit degli interventi attuati dagli Stati membri dellUE per fronteggiare la crisi, ma la questione offre spunti di particolare interesse anche per riflessioni di carattere scientifico e sistematico, in quanto lattuale situazione impone una riconsiderazione degli orientamenti sugli aiuti di Stato che erano maturati negli ultimi anni nella giurisprudenza e nella prassi comunitaria. Si rivelato utile, per tale analisi, il confronto tra gli studiosi (gli amministrativisti Guido Corso e Giampaolo Rossi e il privatista Sabino Fortunato) e gli avvocati dello Stato, Gianni De Bellis, Sergio Fiorentino e Paolo Gentili, che, a vario titolo, si occupano delle questioni in sede comunitaria e di Corte di Giustizia. Ne risultato un panorama complesso, ma foriero di molte prospettive e temi. Il materiale pubblicato il resoconto registrato dellincontro, che la dott.ssa Enrica Blasi, dottoranda di ricerca presso lUniversit Roma 3, si presa la briga di riordinare Intervento del Prof. Avv. Sabino Fortunato* Oggi io ho il compito di dare da un lato un inquadramento sistematico della materia, e dallaltro di soffermarmi sugli aiuti di Stato nel settore finan- (*) Professore ordinario di diritto commerciale - Facolt di giurisprudenza - Universit Roma 3. 16 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 ziario, nel settore bancario. Diciamo che nelle comunicazioni della Commissione, in particolare quella del 25 ottobre 2008 e del 22 gennaio 2009 cՏ un riferimento al carattere sistemico o settoriale delle crisi. Per quanto concerne la crisi finanziaria, in particolare, si riconosce senza dubbio il suo carattere sistemico, mentre per quel che riguarda la crisi degli altri settori si sottolinea che essa non necessariamente ha carattere sistemico, perch in un primo momento (lo si legge soprattutto nella comunicazione dellottobre del 2008), subito dopo lo scoppio della bolla speculativa americana, sembrava che il problema fosse solo ed esclusivamente relativo al settore finanziario. Poi, con il progredire della crisi, il carattere sistemico di essa ha cominciato a dilatarsi e ad investire altri settori, per cui nella comunicazione del gennaio 2009 si fa un piccolo passo indietro, nel senso che si riconosce che anche per i settori delleconomia reale possono porsi problemi di carattere sistemico. Questa sottolineatura vale soprattutto ad evidenziare qual la base giuridica dellintervento che consente gli aiuti di Stato in questa fase: lart. 87 par. 3 lettera b) del Trattato Comunitario. Ci perch gli aiuti di Stato trovano la loro disciplina nel Trattato Comunitario e si fondano su un divieto generale; perch nella logica dellUnione Europea e del Trattato sono tendenzialmente incompatibili col principio del mercato comune e della libera concorrenza. Quindi lammissibilit degli aiuti di Stato legata o a previsioni espresse del Trattato (il paragrafo 2 dellart. 87 del Trattato prevede le ipotesi di aiuti de iure, cio quelli consentiti per espressa previsione del Trattato, ma sono casi estremamente limitati, ipotesi collegate a politiche sociali), e poi cՏ soprattutto il paragrafo 3 dellart. 87, che riguarda gli aiuti ammissibili previa valutazione discrezionale della Commissione, e qui, come sapete, la Commissione ha elaborato nel tempo una serie di indirizzi la cui portata giuridica una sorta di autolimitazione nella valutazione degli aiuti che i singoli Stati membri definiranno. Quindi crisi sistemica e crisi di settore: in questa ottica delle comunicazioni della Commissione, vale a ricondurre alla base giuridica dellart. 87 paragrafo 3, gli aiuti che vengono messi in atto dalle legislazioni degli Stati membri in questo momento di crisi. Si tratta degli aiuti destinati a porre rimedio a un grave turbamento alleconomia di uno stato membro. Quindi lidea che questa crisi possa coinvolgere lintera economia di uno Stato membro il presupposto per cui possibile attrezzare degli aiuti specifici in questa fase. Proprio perch legati al grave turbamento delleconomia degli Stati membri, gli aiuti hanno carattere eccezionale e temporaneo (soprattutto il carattere della temporaneit sottolineato a pi riprese nelle varie comunicazioni della Commissione europea). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 17 Sotto questo profilo, per andare a quelle che sono le fonti normative degli aiuti di Stato che si sono messi in atto in questo periodo, importante ricordare da un lato la comunicazione del 22 gennaio 2009 (che stata poi modificata da una successiva comunicazione del 25 febbraio 2009) che individua il cd. quadro di riferimento temporaneo per gli aiuti in questa fase di crisi. Si tratta di aiuti la cui temporaneit legata alla durata della crisi e comunque viene fissato un termine entro cui questi aiuti possono essere attivati (31.12.2010), soggetto ad una prima verifica nel 31.12.2009, in cui gli Stati membri, unitamente alla Commissione, valuteranno se la situazione abbia avuto una evoluzione in senso positivo grazie agli aiuti disposti e, quindi, se essi debbano essere bloccati o no. Per il settore finanziario poi, al di l delle comunicazioni che riguardano leconomia reale, vanno ricordate due comunicazioni: una del 25 ottobre 2008 e quella che chiarisce la precedente riguardo gli interventi di ricapitalizzazione del sistema bancario. Tutto ci relativamente alle fonti di carattere comunitario. Sul piano delle fonti di carattere nazionale, degli interventi che riguardano il settore creditizio, come tutti sapete ci sono stati gli interventi del D.L. 155/2008 convertito nella L. 190/2008, con la garanzia dello Stato sui depositi bancari al dettaglio e la previsione di una sottoscrizione di aumenti di capitale per le imprese (bancarie) in difficolt, che hanno problemi di adeguatezza patrimoniale, con lemissione di azioni senza diritto di voto e privilegiate nella distribuzione dei dividendi. Vi poi il D.L. 157/2008, convertito in L. 2/2009, che contempla tre tipologie di interventi che hanno la finalit di favorire laccesso del sistema bancario alla liquidit, e si tratta: 1) della garanzia dello Stato sulla emissione di nuove passivit bancarie, con durata residua fra 3 mesi e 5 anni; 2) della garanzia dello Stato a favore di soggetti che offrono alle banche titoli utilizzabili per operazioni di rifinanziamento presso lEurosistema; 3) di operazioni temporanee di scambio fra titoli di Stato e passivit bancarie di nuova emissione. Questi interventi sono stati seguiti dal D.M. 27.11.2008, di attuazione, e sono stati autorizzati mediante una decisione preventiva positiva da parte della Commissione: decisione 520a/2008. CՏ un altro tipo di intervento, sempre previsto dal D.L. 155/2008, che corrisponde ai famosi Tremonti Bonds: si tratta della possibilit da parte del Tesoro di sottoscrivere obbligazioni, strumenti finanziari speciali, a tasso di rendimento vicino ai prezzi di mercato, anzi in realt tendenzialmente maggiorato, con lo scopo di rafforzare il patrimonio di vigilanza delle banche fondamentalmente sane, non quelle in difficolt, intendendo per sane quelle che 18 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 lo erano nella situazione precedente allo scoppio della crisi. Il criterio che a questo aiuto di Stato accedano banche e gruppi quotati, che comunque siano da ritenere fondamentalmente sani e che devono avere un incentivo alluscita (dalla misura): cio la fissazione del tasso di rendimento a certi livelli concepita nella prospettiva della temporaneit dellintervento, e questo riguarda sia gli interventi di ricapitalizzazione per le imprese in difficolt, sia gli interventi di patrimonializzazione delle imprese fondamentalmente sane. Il concetto che si tratti di un intervento temporaneo, che non deve riproporre logiche conosciute in altri momenti storici. Voglio ricordare un bellintervento di Giulio Napolitano, che, nella ricostruzione di questo sistema degli aiuti, soprattutto nel settore finanziario, ha richiamato le teorie di Giannini e Nigro sulla pubblicizzazione del credito. Non cՏ dubbio che questi interventi tendono a ridisegnare lassetto dei rapporti tra mercato e settore pubblico, ma in che limite stiamo assistendo al riassetto dei rapporti fra Stato e mercato nel settore del credito? Giannini aveva inquadrato il credito inizialmente nel settore del servizio pubblico, tesi poi superata anche dal TUB del 1993, e seguita dalla tesi dellordinamento sezionario, da molti contrastata, soprattutto dai giuscommercialisti (per primo Renzo Costi); mentre ricorderete le posizioni pi pragmatiche di Mario Nigro, tendenti a evidenziare pi i profili pubblicistici del credito sotto vari moduli di intervento. In qualche modo, in maniera pi pragmatica, questi interventi prospettati sulla base del quadro comunitario, sono interventi che si caratterizzano per il loro carattere di temporaneit. Lidea quindi quella per cui passata la bufera della crisi, il rapporto fra Stato e mercato ritorni ai criteri seguiti fino a poco prima dello scoppio della crisi. Sar possibile o no? Pensate al problema della ricapitalizzazione delle banche o alla patrimonializzazione del patrimonio di vigilanza delle banche ad opera dello Stato: sono interventi che dovrebbero avere il carattere di temporaneit, ma sappiamo bene che anche lIRI, quando fu istituita, aveva carattere temporaneo. Prof. Avv. G. Rossi Io dico sempre che il carattere temporaneo si vede dopo. Prof. Avv. S. Fortunato Vorrei sottolineare un dato: che questo carattere di temporaneit dovrebbe passare anche attraverso alcune misure che si introducono nellambito degli interventi statali. Ripeto, gli incentivi alluscita dalla misura sono legati ai costi per il privato, per la banca che voglia accedere a queste misure, che sono tendenzialmente commisurati ai prezzi di mercato o addirittura sono leggermente maggiori. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 19 anche vero che a volte cՏ la tendenza a diminuire il costo di alcune misure: ad esempio, - siamo pi nellambito degli interventi a tutela delleconomia reale - garanzie su prestiti a medie e piccole imprese, dove si prevede in via temporanea labbattimento delle commissioni per garanzie prestate dallo Stato su prestiti per linnovazione, la ricerca, su prestiti alleconomia reale. Per il sistema bancario la tendenza a favorire questi interventi, ma non a condizioni di eccessivo favore, perch peraltro il quadro comunitario di riferimento individua alcuni criteri di base per questi interventi straordinari. La comunicazione del 25.10.2008 indica i criteri che la Commissione, nella sua valutazione di ammissibilit degli interventi, dovr seguire per lammissione di regimi generali di aiuto. Gli aiuti devono essere: i) mirati allobiettivo, che quello di porre rimedio al grave turbamento delleconomia di uno Stato membro, ii) proporzionati allo scopo, e quindi limitati al minimo indispensabile, iii) fondati su criteri oggettivi non discriminatori di ammissibilit, iv) avere carattere temporaneo, e quindi corredati da adeguati incentivi alluscita, v) essere sorretti da misure di salvaguardia per evitare abusi e indebite interferenze nella concorrenza; ecco perch agli aiuti si accompagna lobbligo dei beneficiari di non avere politiche commerciali aggressive o non utilizzare gli aiuti per politiche espansive al di l di certi limiti (quindi alla concessione dellaiuto si accompagna la sottoscrizione di un protocollo di intenti con riguardo a comportamento non aggressivo che dovr tenere limpresa sovvenzionata). Gli aiuti sono sottoposti a verifiche periodiche e sono seguiti, a crisi ultimata, da misure di adeguamento del settore e/o da misure di ristrutturazione o liquidazione del beneficiario. In sostanza, a seconda che si tratti di una impresa in difficolt o di una impresa fondamentalmente sana, la fine del momento critico dovrebbe portare poi, ad aiuto gi erogato, un piano di ristrutturazione. Un piano di ristrutturazione si pu tradurre in un vero e proprio piano di liquidazione. Laiuto adeguato anche alla condizione soggettiva del beneficiario, e qui vale quel principio che dicevo, volto a distinguere tra imprese in difficolt e imprese fondamentalmente sane prima della crisi. Questa distinzione collegata alla valutazione del profilo di rischio dellimpresa che accede allaiuto. Perci laiuto deve avere carattere per cos dire differenziato, cio deve potersi commisurare alle dimensioni, al profilo di rischio dellimpresa che accede alla concessione dellaiuto. Le tipologie degli aiuti sono quelli che vi ho indicato in precedenza. Potremmo parlare di interventi di pubblicizzazione finanziaria (come dice Napolitano): si tratta di tutte le operazioni di garanzie sui depositi bancari 20 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 e al dettaglio, oltre che delle garanzie statali e delle operazioni di scambio temporaneo per consentire alle banche di accedere ad una adeguata provvista di liquidit (quelle tre operazioni di cui vi parlavo prima); si pu trattare di interventi di pubblicizzazione proprietaria, e qui abbiamo lintervento di sottoscrizione delle azioni senza diritto di voto ma privilegiate nella distribuzione dei dividendi, si pu trattare di interventi di pubblicizzazione funzionale, e qui veniamo al profilo pi delicato, cio i famosi Tremonti Bonds: il rafforzamento di patrimoni di vigilanza di banche fondamentalmente sane mira non solo a perseguire la stabilit de sistema bancario, ma anche la riattivazione dei flussi creditizi a favore delleconomia reale. Qui cՏ un problema di raccolta, perch si deve avere liquidit sufficiente per fare lerogazione e bisogna avere soprattutto la domanda, cio ci vogliono domande da parte delle imprese, del sistema delle imprese delleconomia reale. Quindi un meccanismo da solo non risolutivo della problematica. In questo senso parliamo di interventi di pubblicizzazione funzionale, cio funzionale alla riattivazione di questi flussi creditizi. Poi ci sono interventi di pubblicizzazione regolamentare, ad esempio negli Usa le banche di investimento sono state riportate sotto la vigilanza della Fed e quindi un ritorno alla minore liberalizzazione della operativit del settore creditizio. Questi interventi regolamentari (pensate alla teoria del legal standard a livello internazionale) sono il punto in cui le polemiche sono pi alte, le problematiche maggiori e quindi pi difficile ridisegnare le regole. Volevo sottolineare un ultimo aspetto: la concessione di questi aiuti legata al rispetto di un procedimento amministrativo. Laiuto per il settore finanziario, bancario, concesso su istanza della banca, cio della parte interessata, quindi il procedimento si attiva su iniziativa di parte. La domanda va presentata al Ministero, al Dipartimento del Tesoro, e contemporaneamente allAutorit di vigilanza, e qui lo schema nazionale ripete un modulo raccomandato a livello comunitario: cio listruttoria sulla situazione soggettiva del potenziale beneficiario e sulle condizioni per cui si chiede di accedere allaiuto, deve essere svolta da un organo tecnico, dallautorit di vigilanza. Quindi le fasi sono: domanda di parte, istruttoria svolta dallautorit di vigilanza, giudizio favorevole o negativo dellautorit, che viene espresso senza portarlo a conoscenza della parte interessata ma trasmesso al Tesoro, e infine il Ministero adotta la decisione finale senza essere vincolato dal parere dellautorit, perch nellammettere laiuto il Ministero valuta anche le condizioni generali complessive delleconomia (cio se, considerati i flussi e la situazione complessiva, si possa ritenere opportuna e utile la misura predisposta). Quindi il provvedimento finale dellamministrazione ha in qualche modo il carattere della decisione politica. Al provvedimento finale dellamministrazione si aggiungono una serie di atti negoziali. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 21 LAbi ha stipulato un accordo quadro col Ministero per la regolamentazione dei rapporti e la sottoscrizione dei famosi protocolli dintenti che devono essere sottoscritti tra la banca beneficiaria e il Ministero, sia ai fini delladempimento degli impegni organizzativi interni alla struttura che accede allaiuto (per esempio sottoscrizione di un codice etico che riguardi la remunerazione del management), sia ai fini del rispetto degli impegni nella erogazione allesterno (famiglie e imprese) del credito. Quali sono i meccanismi sanzionatori di fronte a inadempienze di questo tipo? Tutto larmamentario proprio dellistituto della concessione? La revoca? Questo profilo ancora da capire. Ultimo aspetto un sistema di monitoraggio, che presuppone la raccolta dei dati e si sviluppa mediante la sollecitazione di un sistema bancario al rispetto dellerogazione del credito, attraverso meccanismi di denuncia; sono i famosi osservatori istituiti presso le Prefetture (sistema molto criticato per il rischio di una ingerenza da parte dellautorit politico-amministrativa nel sistema di erogazione del credito e quindi nella valutazione del merito creditizio dellimprenditore che ricorre a questa erogazione). CՏ un impegno per chi ricorre allo strumento obbligazionario a mantenere inalterati i flussi di erogazione del credito per un triennio rispetto al biennio precedente, ma questo un discorso che riguarda una verifica di dati anonimi, aggregati, che non ha nulla a che fare col meccanismo della denuncia presso la Prefettura della mancata erogazione o diniego. Sono giustiziabili i provvedimenti dellautorit amministrativa (Ministero Economia e Finanze) in materia di concessione dellaiuto? Il diniego certamente s, il contraddittorio rinviato proprio al momento della giustiziabilit; prima pu essere attivato dinanzi al Ministero (non dinanzi allautorit di vigilanza), ma in sede giudiziaria sicuramente cՏ la possibilit di far valere le proprie ragioni. E il provvedimento positivo? Probabilmente no, ma con levoluzione della tematica degli interessi legittimi (soprattutto nel contrasto tra giurisprudenza della Cassazione e del Consiglio di Stato in materia di pregiudiziale) forse forme di tutela risarcitoria sono pensabili anche di fronte al provvedimento positivo che produce effetti distorsivi della concorrenza. Intervento dellAvv. Sergio Fiorentino* Vorrei dare una prima informazione su uno strumento predisposto dal Governo, che proprio oggi dovrebbe essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale: si (*) Capo dellufficio legislativo del Ministero delle politiche europee e Avvocato dello Stato. 22 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 tratta di una direttiva della Presidenza del Consiglio, adottata previa intesa con le Regioni, che ha lo scopo di consentire di implementare uno degli atti comunitari a cui si riferiva prima il Professor Fortunato, cio la comunicazione del 22 gennaio 2009, poi modificata il 25 febbraio 2009, che appunto reca il quadro di riferimento temporaneo comunitario per le misure di aiuto di Stato a sostegno dellaccesso al finanziamento (quelle misure che il Professor Fortunato definiva di sostegno alleconomia reale). Infatti nel contesto del pacchetto delle misure adottate dalla Commissione per far fronte alla crisi economica e finanziaria (che era stato poi prefigurato nel piano europeo di ripresa economica adottato con la comunicazione del 26 novembre 2008 e anticipato dagli orientamenti dellottobre a cui si riferiva il Professore), si inserisce questa misura col duplice obiettivo, enunciato dalla Commissione, di sbloccare la situazione di stallo nella concessione dei prestiti bancari alle imprese, garantendo la continuit del loro accesso ai finanziamenti, e di incoraggiare le imprese a continuare a investire nel futuro (cos dice la Commissione testualmente, riferendosi alla crescita sostenibile, agli obiettivi ambientali raggiunti dalle industrie europee, rispetto ai quali la Commissione intravede il pericolo di un arretramento a causa della crisi; obiettivi ambientali che vuole favorire). La Commissione si preoccupa di ricordare che questi obiettivi e in generale quelli gi enunciati nel piano europeo di ripresa economica (cio stimolare la crescita della domanda e far rinascere la fiducia dei consumatori, ridurre il costo umano del rallentamento della crescita e determinare la condizioni affinch ci possa essere una ripresa economica), possono essere raggiunti usando le misure gi esistenti. La Commissione anzi invita a usare le misure gi esistenti per far fronte a questa crisi e siccome il diritto comunitario prevede il divieto di aiuti di Stato alle imprese ma non esclude lintervento pubblico nelleconomia, ricorda che gli Stati membri hanno a disposizione misure di politica economica generale, che in quanto destinate a tutte le imprese stabilite in un certo territorio, non possono essere considerate aiuti, perch prive del carattere della selettivit, che uno dei caratteri fondamentali per individuare gli aiuti di Stato. Inoltre la Commissione ricorda che gli Stati membri possono concedere sostegno finanziario direttamente ai consumatori, attraverso misure (come quella della rottamazione o quella destinata allacquisto dei prodotti verdi) che a loro volta non costituiscono aiuti di Stato, a condizione che siano concesse senza discriminazioni connesse allorigine del prodotto (perch in presenza delle stesse avremmo distorsioni al mercato e alla concorrenza, e quindi si tratterebbe di aiuti di Stato). Per esempio, per chi ha seguito il dibattito politico negli ultimi mesi, avr visto che la misura individuata dal Governo della rottamazione dei veicoli e degli elettrodomestici in una prima stesura incontrava questo rischio di discri- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 23 minazione, perch prevedeva la stipula di protocolli di intesa tesi al mantenimento delloccupazione, che necessariamente potevano essere sottoscritti solo dalle imprese nazionali e si finiva per discriminare le altre imprese comunitarie; tanto che poi stato eliminato il vincolo tra concessione dellaiuto ai consumatori e stipula del protocollo di intesa. Unaltra misura che si era affacciata nel dibattito comunitario era quella del divieto di delocalizzazione: cio si attribuiva vantaggio ai consumatori nellacquisto di quei soli prodotti di imprese che si impegnavano a non delocalizzare. Qui non cera tanto un vulnus al divieto di discriminazione allorigine del prodotto, ma un vulnus alla libert di stabilimento; la misura stata poi contenuta nei confini dello spazio economico europeo, quindi cՏ un vincolo a non delocalizzare al di fuori dello spazio economico europeo. Quindi la Commissione dopo aver ricordato le misure di carattere generale che gli Stati membri hanno gi a disposizione, ha ricordato il quadro esistente in materia di aiuti di Stato cio i regolamenti di esenzione e gli orientamenti, che gi consentono un ampio margine di manovra agli Stati membri. Si tratta: i) del regolamento generale di esenzione per categoria, ii) del regolamento sugli aiuti di importanza minore (cd. regolamento de minimis). Tuttavia dopo questa descrizione di carattere generale la Commissione prende atto che lo stato di crisi economica giustifica ladozione di una nuova misura, come questa comunicazione, caratterizzata dalla eccezionalit, dimostrata anche alla temporaneit dellintervento, per consentire uno spazio di manovra maggiore agli Stati membri e quindi interventi pi mirati e magari selettivi. La base giuridica di questa comunicazione lart. 87 paragrafo 3 lettera b) del Trattato, relativo agli aiuti destinati a porre rimedio a un grave turbamento delleconomia di uno Stato membro. CՏ qui uninterpretazione estensiva di questa deroga (il contrasto col principio per cui nel caso delle deroghe linterpretazione deve essere restrittiva giustificato dal fatto che il grave turbamento di uno Stato membro pu essere grave turbamento di tutti gli Stati membri). Dal punto di vista delle fonti del diritto comunitario derivato, la comunicazione non un regolamento di esenzione, come ad esempio il de minimis. Il regolamento di esenzione esclude le misure in esso contemplate dalla categoria di aiuto di Stato. Ad esempio nel caso del de minimis, cՏ una presunzione legale di non incidenza di quella misura sugli scambi negli Stati membri, il che comporta che lautorit pubblica che concede un aiuto de minimis non ha lobbligo di notificare e poi attendere lautorizzazione della Commissione. Questa invece una comunicazione che ha un fondamento nel Trattato, nella 24 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 norma che prevede gli aiuti che possono essere considerati compatibili dalla Commissione. Quindi la Commissione si autovincola con questa comunicazione nella sua discrezionalit, cio detta una serie di condizioni al ricorrere delle quali considerer compatibili le misure di aiuto. Questo per non esclude lobbligo che discende dallart. 88. Ecco quindi che si poneva il problema che si pensato di risolvere con la direttiva di cui fra poco parleremo. Prima vorrei descrivere quali sono le cinque tipologie di aiuto ammesse: 1) aiuti di importo limitato e compatibile, gi ribattezzato super de minimis perch sono aiuti di ogni tipologia (come nel de minimis) e con le stesse esclusioni del de minimis (cio gli aiuti allesportazione, alla pesca e alla produzione agricola primaria) ma con un limite di 2 volte e mezzo di quello del de minimis. Tuttavia non un super de minimis perch il de minimis non richiede la notifica, questo s, perch la base normativa di riferimento diversa. 2) aiuti concessi sotto forma di garanzie: si consente agli Stati membri di intervenire nella concessione di garanzie alle imprese sino al 25% del premio annuale per le piccole e medie imprese e al 15% per le grandi imprese, 3) aiuti sotto forma di tasso ad interesse agevolato, secondo un tasso che definito nella comunicazione ed inferiore a quello di mercato, 4) aiuti per la produzione di prodotti verdi, che anticipano standard europei ambientali destinati a operare solo in futuro o superano questi standard 5) aiuti relativi al capitale di rischio, che per si deve innestare su regimi gi esistenti. Tutte queste misure non sono riservate alle piccole e medie imprese (tranne lultima). La parte interessante della comunicazione quella che riguarda la semplificazione delle procedure amministrative, perch proprio sul presupposto che la base giuridica della comunicazione era il perturbamento delleconomia di uno stato membro la Commissione ha sollecitato da parte di tutti gli Stati membri la notifica di un unico regime. Ecco perch si posto il problema che abbiamo ritenuto di poter risolvere con la direttiva della Presidenza del Consiglio, cio la necessit anche pratica, sollecitata dalla Commissione, di avere un unico regime da notificare alla Commissione e da autorizzare. Sul modello di quello che avvenuto anche in altri paesi avevamo pensato a un decreto legge, poi si ragionato sul fatto che dal punto di vista normativo non cerano innovazioni da introdurre se non per una parte che riguarda il monitoraggio, perch la fonte tutta comunitaria, e allora si pensato allo strumento della direttiva del Presidente del Consiglio. Naturalmente poich si andava a incidere sulle funzioni e sui poteri delle Regioni e degli Enti locali, cՏ stata la previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni (raggiunta l8 aprile 2009). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 25 Questo testo traduce in un articolato tutte queste condizioni contenute nella comunicazione e ha un taglio discorsivo. La misura stata notificata alla Commissione, che ad oggi ha gi autorizzato quattro dei cinque regimi previsti (sono decisioni del 20 maggio non ancora pubblicate in GUCE ma gi efficaci perch lefficacia delle decisioni della Commissione deriva dalla notifica allo Stato membro). Nellart. 2 della direttiva del Presidente del Consiglio cՏ una condizione generale: le imprese, per poter beneficiare di questi aiuti, non dovevano trovarsi in condizioni di difficolt alla data del 30 giugno 2008; condizione che si inserisce sulla scia di quella che sempre stata la volont della Commissione, cio evitare che gli aiuti concessi fossero usati per rimediare a situazioni di crisi che prescindono dalla congiuntura internazionale. Possono avere accesso a queste misure anche le imprese che siano entrate in crisi dopo il 30 giugno 2008, che una data convenzionale di avvio della crisi economica mondiale. Quindi sostanzialmente si dice che si possono aiutare anche le imprese in crisi che sono entrate in crisi a causa della crisi mondiale ma non quelle che erano in crisi per conto loro. E poi al comma 4 cՏ una norma interessante, che sarebbe stata pi interessante mantenendo la forma del decreto legge, che generalizza la clausola per cui nessuna impresa pu beneficiare di aiuti se non ha restituito eventuali aiuti incompatibili di cui risultava essere beneficiaria nel momento in cui ha ricevuto la misura concessa. Queste condizioni riguardano tutte e cinque le misure, poi ci sono condizioni particolari per le singole misure. Ad esempio per i de minimis le due condizioni sono che gli aiuti siano concessi in forma di regime, cio deve essere previsto per una categoria di soggetti non particolareggiate, e devono essere trasparenti (riguardo la metodologia di calcolo dellaiuto); con questi vincoli e quelli generalizzati, cio che non si tratti di aiuti alla pesca, allesportazione e allagricoltura, gli aiuti de minimis sono una misura di carattere generale. Qual il grado di vincolativit di questa direttiva rispetto a tutte le autorit pubbliche che possono concedere aiuti? Da un lato rispetto alle Regioni cՏ un vincolo che deriva dalla leale collaborazione, essendoci stata lintesa, ma a parte questo il problema potrebbe porsi per tutte le misure di aiuto che devono essere concesse con norma primaria di legge. Quindi che senso ha con una direttiva vincolare il legislatore al rispetto di certe misure? In realt si tratta piuttosto di un onere: siccome gli aiuti che rispettano questa cornice devono essere solo comunicati alla Commissione e non notificati, col rispetto di queste condizioni ci si inserisce nellambito di applicazione di questa autorizzazione gi concessa dalla Commissione, e 26 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 quindi non necessaria altra procedura di notifica. Se non si rispettano queste condizioni si tratta di misure diverse che andranno a loro volta notificate e autorizzate. Intervento dellAvv. Paolo Gentili* Ho cercato di analizzare le evoluzioni che sono state elaborate dalla giurisprudenza comunitaria su certi aspetti che si potevano trattare in maniera abbastanza serena prima della crisi e che ora, in questo quadro di grande mutamento della materia degli aiuti di Stato, potrebbero risultare critici e potrebbero indurre la giurisprudenza a rivedere alcune sue posizioni o vedere se nella giurisprudenza ante crisi ci siano gi degli spunti utilizzabili anche in tempo di crisi. CՏ anche il problema della giustiziabilit, che si pone soprattutto a livello comunitario. Ci sono vari aspetti da cui si potrebbe affrontare il discorso, mi baser sulla traccia classica dei quattro elementi costitutivi degli aiuti di Stato. Primo elemento fondamentale quello della natura pubblica del beneficio che va allimpresa toccata dallaiuto di Stato. Latteggiamento della giurisprudenza ante crisi molto estensivo: il concetto di pubblicit della risorsa molto ampio e si ricostruisce spesso in maniera indiretta. Ma proprio perch si ricostruisce in maniera flessibile e quindi cՏ incertezza sulla nozione, troviamo qui degli spazi in cui la giurisprudenza potrebbe fare retromarcia, perch sono spazi connessi allalveo dellart. 87 per via di interpretazione giurisprudenziale. Il concetto materiale della pubblicit trattato dalla sentenza del 17 giugno 1999 Rinaldo-Piaggio. Si trattava della Legge Prodi e dellammissione di questa industria aereonautica al regime della Legge Prodi, di una revocatoria di un pagamento fatto da questa impresa poco prima di essere ammessa allamministrazione straordinaria e dellazione con decreto ingiuntivo fatta dal creditore di questo credito. Nasce la questione pregiudiziale che il regime della Legge Prodi possa essere considerato foriero di aiuti di Stato. Su un punto poteva effettivamente esserci questa evenienza, per il fatto che quando limpresa va in amministrazione straordinaria ottiene la garanzia dello Stato per la sua esposizione debitoria, almeno da un certo livello in s e la garanzia dello Stato incide ovviamente sul bilancio pubblico; quindi il concetto originario di pubblicit era evidente e noi lo ammettevamo tanto che avevamo fatto la notifica della legge alla Commissione. Ma non avevamo fatto altre notifiche riguardo altri articoli della legge Prodi diversi dal quello sulla garanzia, perche non ri- (*) Avvocato dello Stato. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 27 tenevamo esistere altri aspetti di pubblicit, si trattava di una deroga al regime fallimentare ma non ritenevamo esserci niente di pubblico. Invece la Corte di Giustizia ha risposto al quesito dicendo che cՏ tutto un substrato di pubblicit intrinseco allintero sistema della legge Prodi, perch essa permette la sospensione di una serie di pagamenti di crediti (che nel caso di specie era il pagamento di un credito a un privato), che indistintamente possono riguardare anche i crediti pubblici, i crediti fiscali e previdenziali. Siccome potenzialmente coinvolto anche un credito pubblico, cՏ un potenziale effetto sul bilancio pubblico e questo rende la semplice norma della legge Prodi che dice che sono sospesi i pagamenti delle imprese in amministrazione straordinaria, una norma portatrice di aiuti di Stato, perch potenzialmente pu coinvolgere risorse pubbliche. Addirittura laltra disposizione considerata dalla Corte quella che consente la prosecuzione dellimpresa in crisi al di l dei casi in cui in base alla legge fallimentare sarebbe consentito (normalmente sta al giudice delegato disporre la continuazione dellimpresa; ai sensi di questa norma invece il Ministro che con un suo decreto dispone la prosecuzione dellimpresa): anche questo sarebbe aiuto di Stato perch se limpresa continua a funzionare pur quando unimpresa concorrente sarebbe esclusa dal mercato perch il giudice fallimentare non autorizzerebbe la sua prosecuzione, pu ottenere comunque un flusso di cassa che la mette in grado di far fronte alla sue obbligazioni; ma in questo caso allora perch non deve anche far fronte ai suoi debiti, compresi quelli di carattere pubblicistico? La Corte qui si rende conto che poteva essere andata oltre il segno e precisa che se ci sono queste ricadute sul bilancio pubblico, questi effetti potenziali e questa pubblicit dellaiuto determinata da norme giuridiche che non costano nulla al bilancio (perch la legge non costa), verr accertato dal giudice nazionale caso per caso, nel singolo contenzioso che nasce nellambito della procedura di amministrazione straordinaria. Anche qui cՏ lo spazio per un ripensamento della giurisprudenza: si potrebbe dire che quando cՏ un intervento organico, strutturale, basato su un regime complessivo e non a favore di una singola impresa, mirante a superare situazioni di grave crisi industriale, non cՏ unincidenza sul bilancio, anche quando ci siano delle misure sospensive di crediti di diritto pubblico, perch questo funzionale al riequilibrio delleconomia complessiva. La Corte in sede di pronuncia pregiudiziale dice solo cosa pu definirsi aiuto di Stato e cosa no, se si recupera questo spazio si pu addirittura dire che non cՏ laiuto a monte. Ricostruendo questa giustificazione organica della misura e a fronte di una complessa manovra di politica economica, il tema dellesistenza o meno dellaiuto si collega col tema del secondo elemento della nozione di aiuto di Stato, cio quello della selettivit: se favorisce alcune imprese o categorie di 28 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 imprese o se invece una misura di tipo generale. La Corte ha affermato che la selettivit viene meno se la misura lespressione di una concezione complessiva dellordinamento di politica economica del diritto pubblico delleconomia, se si riferisce organicamente in questo sistema, pur favorendo certo soggetti e non altri non selettiva e non da luogo ad aiuto, salvo negarlo nel caso concreto. Questo uno spazio molto oscillante, quindi anche qui ci potrebbe essere possibilit per la Corte di modificare la propria giurisprudenza e ricondurre molte misure di questo tipo ad un nesso organico con la normazione economica complessiva e con le manovre complessive di politica economica che finora la Corte ha negato. Mi viene in mente la sentenza sulle Azzorre, del 6 settembre 2006, C- 88/03, che riguardava il regime fiscale di favore per le isole Azzorre. Queste isole hanno un ambito amplissimo di autonomia previsto nella Costituzione del Portogallo, quasi un ambito di sovranit, hanno un loro Parlamento. Questo Parlamento ha fatto una legge basandosi su una autorizzazione contenuta in un articolo della Costituzione portoghese (che corrisponde al nostro articolo 119), che riduce del 30% limposta sul reddito delle persone giuridiche e del 15% sulle persone fisiche, a pioggia, su tutto il territorio delle Azzorre. Nasce la questione se questo sia un aiuto di Stato, nel senso soprattutto se ci sia il carattere selettivo. Il Portogallo dice di no perch la situazione delle isole Azzorre non paragonabile a quella di chi abita sul continente, addirittura il Trattato estende la sua applicazione alle Azzorre espressamente allart. 299, e questo dimostra la loro considerazione come territorio a s stante rispetto al Portogallo, quindi non ci pu essere la selettivit. La Corte di Giustizia invece, nel respingere il ricorso del Portogallo, aveva detto che le Azzorre non sono paragonabili al resto dellEuropa, quindi non cՏ selettivit se tutti gli abitanti e le imprese delle Azzorre ricevono questo beneficio fiscale, salvo una categoria di operatori, cio le banche, che non possono mai essere considerati soggetti sperduti nellAtlantico, perch per quella che la loro natura intrinseca sono soggetti che si pongono sempre in concorrenza con tutti gli operatori comunitari. Quindi la misura del Portogallo era autorizzata salvo nella parte in cui si riferiva alle banche. Il Portogallo ribatte su questo, ma prima di contestare nel merito la distinzione fatta dalla Commissione tra soggetti che non sono banche e banche, il Portogallo contesta proprio in s la qualificazione di quella misura come aiuto, che non selettivo perch si collega a una politica organica dello Stato portoghese, di sostegno alleconomia di queste sue ex colonie che hanno una situazione strutturale, e non episodica, di arretramento economico; quindi essendo normale per il Portogallo dover disporre a sostegno di questi soggetti una misura di questo tipo, per giunta non deliberata dal Governo centrale portoghese ma dal Parlamento locale, deve IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 29 essere considerata coerente e quindi certamente non selettiva. Questo argomento respinto dalla Corte, che afferma che non cՏ una misura organica perch di questo beneficio che ottengono le Azzorre qualcun altro fa le spese; perch se le Azzorre hanno un minor gettito fiscale qualcuno deve colmare la differenza, e infatti l interveniva una specie di fondo nazionale perequativo, per cui dal Portogallo continentale partivano dei finanziamenti che arrivavano nelle Azzorre a compensare il minor gettito fiscale. La Corte dice che vero che il Governo interviene a favore delle regioni strutturalmente arretrate, ma anche vero che qualcuno deve pagare per questo, il che d alla misura un carattere specifico, facendo venire meno la coerenza e lorganicit della misura. Il ragionamento della Corte potrebbe essere tranquillamente capovolto, dicendo che se cՏ una situazione di federalismo generale e in particolare fiscale, che ci sia da una parte un regime fiscale agevolato per le regioni svantaggiate e dallaltra un regime fiscale di solidariet tra regioni in condizioni economiche normali e quelle in condizioni economiche svantaggiate attraverso i fondi perequativi, di per s organico, fa parte del meccanismo, altrimenti esso non potrebbe mettersi in moto, nel caso in cui una regione per concedere agevolazioni fiscali ai propri operatori, ai propri cittadini, ai propri residenti, dovesse subire un tale deperimento del gettito da compromettere il livello dei servizi pubblici. Allora un circolo vizioso, ed chiaro che un altro soggetto a dover garantire con il fondo perequativo che il livello del servizio pubblico sia assicurato. La Corte ebbe paura in fondo di fare unapertura eccessiva su questa nozione di organicit che esclude laiuto, nozione che essa stessa aveva introdotto e che poi ha applicato con questa grande prudenza. Forse se si verificasse oggi il caso delle Azzorre la Corte direbbe che esiste il requisito dellorganicit. La fiscalit di vantaggio la pu fare solo chi non attinge a fondi perequativi, quindi chi ha dei fondi sufficienti, quindi le regioni gi ricche. Un altro campo interessante quello degli aiuti in materia di servizi pubblici. Qui di nuovo il tema quello dellesistenza dellaiuto e della selettivit. Il problema di capire quando laiuto che va ad una impresa pubblica si considera compensativo dei costi di pubblico servizio che su quella impresa gravano e quando ci non avviene, sia sovracompensativo e quindi per la parte che non compensa diventa un aiuto. Nella sentenza Altmark furono dettate le quattro condizioni per cui si pu escludere che una sovvenzione di una impresa pubblica costituisca un aiuto: sono condizioni estremamente late e discrezionali che aprono la strada al cambiamento di orientamento. Le quattro condizioni sono: 1) che ci sia una chiara definizione degli obblighi di servizio pubblico, il cd. principio di missione: limpresa beneficiaria deve essere effettivamente 30 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 incaricata delladempimento di obblighi di servizio pubblico definiti in modo chiaro (anche sulla chiarezza si pu lavorare, finora prevalso un criterio molto restrittivo di chiarezza, perch ci sono stati casi in cui aiuti alle imprese pubbliche sono stati bocciati perch si detto non cՏ chiarezza nellaffidamento della missione pubblica, che va invece tenuta presente), 2) parametri di calcolo della compensazione che devono essere definiti preventivamente in modo obiettivo e trasparente: qui si pu lavorare molto sui parametri temporali (nelle convenzioni di servizio pubblico si prendono alla base i periodi di tempo), 3) la compensazione non pu eccedere quanto necessario per coprire interamente o in parte i costi originati dalladempimento degli obblighi di servizio, 4) quando la scelta dellimpresa da incaricare delladempimento di obbligo di servizio pubblico non venga effettuata nellambito di una procedura di appalto pubblico (che consenta di selezionare chi in grado di fornire i servizi al costo minore), il livello della necessaria compensazione deve essere determinato sulla base di unanalisi dei costi che una impresa media gestita in modo efficiente e adeguatamente dotata di mezzi di trasporto al fine di soddisfare le esigenze di servizio pubblico, avrebbe dovuto sopportare per adempiere a tali obblighi. Bisogna fare lipotesi delloperatore corretto in normale gestione e su quella base calcolare limporto della compensazione; quindi non di un operatore deficitario, inefficiente quali sono normalmente (sembra ipotizzare la sentenza) gli operatori pubblici. Questo quarto pilastro della nozione di aiuto di Stato riferito alla compensazione dei servizi pubblici quello che traballa di pi in una condizione di crisi, perch in quel caso come si fa a stabilire la posizione di un operatore in normale esercizio, assumerlo a parametro e fare riferimento solo a quello? Oggi probabilmente questo va ampiamente rivisto perch situazioni di gestione deficitaria possono diventare normali anche al di fuori del settore dei servizi pubblici, per operatori di tipo puramente privato, perch oggi per gli operatori il problema non guadagnare, ma rimanere sul mercato. Quindi cՏ una situazione di crisi globale, in cui loperatore continua a operare anche in perdita pur di non uscire di scena e aspettare di potersi risollevare, quindi se normale per loperatore operare in perdita, a maggior ragione lo per il soggetto incaricato di un pubblico servizio e questo pu incidere sulla misura degli interventi pubblici a favore di quei soggetti. Oggi forse cՏ uno spazio per largheggiare nellidentificazione di un pubblico servizio, perch la crisi che rende normale lerogazione pubblica di tanti servizi che in tempi normali non considereremmo pubblici servizi. CՏ spazio per una ripubblicizzazione a livello di nozione di molti servizi che avevamo negli anni privatizzato. Se si ripubblicizza tutta unarea di servizi (primo requisito) e si largheggia IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 31 molto nellidentificare il parametro delloperatore normale, dei costi delloperatore normale (quarto requisito), perch loperatore normale in un periodo di crisi non esiste, si apre tutta unarea di possibile intervento pubblico a sostegno di servizi essenziali per leconomia, che possono essere interessanti anche al di l di quelle che sono le codificazioni che fa la Commissione nelle sue comunicazioni. Quindi nella giurisprudenza Altmark, che una giurisprudenza restrittiva, forse, riletta alla luce della crisi, si possono individuare degli spiragli in cui inserirsi o comunque degli strumenti operativi su cui i governi nazionali potrebbero pensare di lavorare. Intervento dellavv. Gianni De Bellis* Il mio intervento riguarda le modalit di recupero degli aiuti fiscali una volta che siano stati dichiarati tali. Sul fatto che un aiuto fiscale possa costituire un aiuto di Stato si veda la sentenza 2 luglio 1974, Italia c. Commissione, C-173/73, avente ad oggetto una causa in cui la Corte stabil che il criterio per individuare un aiuto di Stato non tanto il tipo di misura adottato, ma gli effetti che tale misura pu comportare. Quindi afferm espressamente che anche una misura fiscale pu costituire un aiuto di Stato. Le modalit con cui un aiuto fiscale pu essere concesso sono varie: esenzioni temporanee o definitive da un tributo, crediti di imposta, aliquote ridotte, modifiche della base imponibile, riporto di perdite, condono fiscale non generalizzato ecc. Uno dei problemi principali che si pone nel caso di aiuti di Stato dichiarati tali e concessi mediante agevolazioni fiscali, la natura giuridica dellaiuto che si va a recuperare: si tratta di un credito tributario oppure ha natura civilistica? noto che le Sezioni Unite della Cassazione (1), chiamate a pronunciarsi sullazione di ripetizione dellindebito, si sono spesso interrogate sulla natura tributaria o meno del credito in restituzione; si sono chieste, cio, se esso conservi loriginaria natura ovvero se sia qualificabile alla stregua di un indebito oggettivo ex art. 2033 cod. civ. La questione non di poco conto, perch se si tratta di ripetizione dellindebito si applica la prescrizione decennale, mentre se si tratta di un credito tributario operano le pi brevi decadenze previste dalle singole leggi di imposta. Per fare un esempio, si possono prendere in considerazione le tasse di concessioni governative, che la Corte di giustizia (2) ha (*) Avvocato dello Stato. (1) Fra le pi recenti, cfr. Cass. civ., Sez. Un., Ord., 5 marzo 2008, n. 5902; Cass. civ., Sez. Un., Ord., 19 novembre 2007, n. 23835; Cass. civ., Sez. Un., 24 aprile 2002, n. 6036. (2) V. sentenza 20 aprile 1993, nelle cause riunite C-71/91 e C-178/91. 32 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 dichiarato incompatibili con la Direttiva n. 69/335 (3). Ebbene, quando si trattato di agire per i rimborsi, lAmministrazione ha eccepito lintervenuta decadenza del termine triennale per chiedere il rimborso e questa linea passata anche a livello comunitario sul presupposto della natura tributaria dei crediti. Ora, la domanda che ci si deve porre : questa regola vale anche quando una determinata misura fiscale sia qualificata come aiuto di Stato? Oltre a quello della natura giuridica, un altro problema che si pone quello della normativa nazionale o comunitaria applicabile. Questi problemi sono attualissimi, come dimostra il contenzioso sugli aiuti alle ex aziende speciali e municipalizzate, trasformate in societ di capitali negli anni 90. Una decisione della Commissione del 5 giugno 2002 (4) ha qualificato come aiuti di Stato, imponendone il recupero, varie misure (5) adottate con riferimento alle societ a prevalente partecipazione pubblica, risultanti dalla privatizzazione delle aziende speciali. Tale decisione stata fatta oggetto di pi ricorsi davanti alla Corte di Giustizia e al Tribunale di Primo Grado, rispettivamente da parte del Governo italiano e di numerose societ di gestione dei servizi pubblici locali, che non hanno per richiesto la sospensione della decisione impugnata. Di conseguenza lItalia aveva comunque lobbligo di recuperare medio tempore gli aiuti concessi, in attesa della definizione nel merito dei ricorsi proposti. Poich ci non avvenuto, lItalia stata condannata per inadempimento dalla Corte di Giustizia con la sentenza 1 giugno 2006 (in causa C-207/05), mentre si aspetta a giorni la sentenza che si pronunci sui ricorsi diretti a contestare nel merito la correttezza della decisione della Commissione. In realt lo Stato italiano non era rimasto del tutto inerte in ordine al recupero degli aiuti in questione. Il Parlamento aveva infatti adottato una legge con la quale veniva attribuita la competenza per il recupero al Ministero degli Interni (la n. 62 del 2005), che si era rivelata per inefficace. Una disciplina pi incisiva, che non a caso intervenuta dopo la condanna della Corte di Giustizia, stata introdotta con il D.L. n. 10 del 2007 (6), il (3) Si tratta della direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, n. 69/335/CEE, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali. (4) Decisione n. 2003/193/CE, relativa all'aiuto di Stato relativo alle esenzioni fiscali e prestiti agevolati concessi dall'Italia in favore di imprese di servizi pubblici a prevalente capitale pubblico. (5) L'articolo 3, commi 69 e 70, della legge n. 549/95 riservava un particolare regime fiscale alle societ per azioni a prevalente capitale pubblico istituite ai sensi della legge n. 142/90, prevedendone: a) l'esenzione da tutte le imposte sui conferimenti relative alla trasformazione di aziende speciali e di aziende municipalizzate in societ per azioni; b) l'esenzione triennale dall'imposta sul reddito d'impresa, non oltre l'anno fiscale 1999, per le societ per azioni a prevalente capitale pubblico. (6) Convertito, con modificazioni, dallart. 1 della legge n. 46 del 2007. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 33 quale (art. 1) ha spostato la competenza sullAgenzia delle Entrate e ha previsto che venga emesso un apposito provvedimento (comunicazione-ingiunzione) impugnabile davanti alle Commissioni Tributarie. A questo punto si comprende come il problema della natura del credito avente ad oggetto le somme da recuperare assuma rilievo anche ai fini della giurisdizione. Orbene, se in base alla legge n. 62/2005 questo credito poteva in qualche modo essere qualificato come civilistico (in quanto si richiedeva la restituzione di una somma corrispondente allaiuto fiscale che era stato concesso), in seguito alla disciplina del 2007, la quale attribuisce allAgenzia delle Entrate il compito della riscossione e alle Commissioni Tributarie la competenza sui relativi ricorsi, viene da pensare che tale credito sia stato riqualificato come tributario. Soprattutto, poi, si pone il problema dellapplicabilit del codice civile nazionale che prevede, come noto, la prescrizione decennale allobbligo dellItalia di recuperare laiuto. A tal proposito abbiamo avuto delle sentenze che hanno ritenuto illegittimo il recupero, motivando nel senso dellintervenuta prescrizione del relativo credito. Proponendo ricorso in Cassazione contro una di esse (7), la tesi sostenuta dallAvvocatura nel senso che il credito connesso al recupero di un aiuto di Stato, essendo disciplinato a livello comunitario dal Regolamento n. 659/1999, non sottoposto allart. 2946 cod. civ., bens alla disciplina speciale contenuta nellart. 15 del suddetto regolamento. Pur contemplando anchessa un termine di prescrizione decennale, infatti, questultima disposizione detta condizioni particolari con riferimento allinterruzione e alla sospensione del termine, la quali, nel caso di specie, impongono di non considerare prescritto il credito vantato. A ben vedere, in questo caso neanche si pone, a stretto rigore, un problema di disapplicazione della normativa interna per contrasto. Si tratta piuttosto di una materia che sfugge del tutto alla normativa interna, essendo rimessa esclusivamente nelle mani del legislatore comunitario. La questione degli aiuti alle ex municipalizzate approdata anche davanti alla Corte Costituzionale cui stata sottoposta la questione di legittimit della normativa di recupero sotto il profilo della violazione dellart. 53 della Costituzione. Si sosteneva nello specifico che il recupero equivalesse ad una sorta di tassazione retroattiva di unattivit economica posta in essere ormai da oltre dieci anni, il che sarebbe in contrasto con la Costituzione. La questione rischiava di far emergere il problema dei cc.dd. controli- (7) La sentenza impugnata la n. 322/14/08 emessa il 2.12/11.12.2008 dalla Commissione Tributaria Regionale di Roma, Sezione 14^. 34 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 miti. Come noto, i controlimiti si pongono al confine tra lordinamento comunitario e i principi costituzionali, e risolvono il problema della prevalenza in caso di conflitto. Essi coincidono infatti con i principi fondamentali della Costituzione, che secondo la Corte Costituzionale (8) costituiscono lunica deroga al principio della prevalenza generalizzata del diritto comunitario. Difendendo la normativa di recupero adottata in adempimento di un obbligo comunitario davanti alla Corte costituzionale, lAvvocatura dello Stato ha sostenuto in proposito che, anche a voler ipotizzare un problema di compatibilit con lart. 53 della Costituzione, non si era comunque in presenza di quei principi fondamentali della prima parte della Costituzione, in relazione ai quali soltanto si potrebbe ammettere la prevalenza del diritto nazionale sul diritto comunitario. La Corte Costituzionale con lordinanza n. 36 del 2009, non si tuttavia pronunciata su tale questione, ma si limitata ad affermare la non illegittimit della normativa italiana, in quanto emanata in esecuzione di un obbligo sancito in una sentenza della Corte di Giustizia europea. N vi era spazio, secondo la Corte, per un affidamento tutelabile, perch loperatore commerciale che riceve aiuti non notificati non pu invocare il principio dellaffidamento a tutela della sua ignoranza colpevole (egli ha infatti lonere di diligenza di accertare il rispetto della procedura comunitaria prevista per la concessione di aiuti di Stato). Nelle stesse difese in Corte Costituzionale, lAvvocatura aveva anche adombrato lipotesi che un problema di contrasto con lart. 53 della Costituzione neanche si ponesse, perch, essendosi modificata da tributaria a civilistica la natura del credito, questultimo non poteva essere assimilato ad una forma di tassazione. Ma la Corte, pur senza pronunciarsi espressamente, non ha condiviso su questo punto lipotesi dellAvvocatura. Non lha condivisa perch, affermando che nel merito lart. 53 non era stato violato, implicitamente ha riconosciuto la natura tributaria del credito in questione. Deve aver pesato, in tal senso, lopinione del relatore dellordinanza, il giudice prof. Franco Gallo, il quale, intervenendo prima di assumere lincarico di giudice costituzionale ad un convegno sul tema degli aiuti di Stato (9), aveva gi sostenuto la tesi della natura tributaria del credito oggetto di recupero. Ci con la motivazione per cui, essendo il beneficio consistito nellevitare la tassazione, nel momento in cui la norma istitutiva del beneficio fiscale viene espunta dallordinamento giuridico per effetto di una decisione della Com- (8) V. la sentenza 8 giugno 1984, n. 170 (c.d. sentenza Granital), che riprende sul punto quanto gi affermato nella sentenza 27 dicembre 1973, n. 183 (c.d. sentenza Frontini). (9) Si tratta del convegno svoltosi a Roma il 17 settembre 2003 presso lAula Magna della Corte di Cassazione, sul tema Aiuti di Stato nel Diritto Comunitario e misure fiscali, i cui atti sono rinvenibili in Rass. trib., n. 6-bis, 2003. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 35 missione (che dichiara laiuto incompatibile con lart. 87 del Trattato), si ripristina la situazione originaria di debenza del tributo a suo tempo non corrisposto. Il problema diventa a questo punto quello della fonte del debito/credito restitutorio. nella illegittimit ab origine dellaiuto? Oppure nella declaratoria di illegittimit che ne fa la Commissione o la Corte in sede giurisdizionale? Quando si origina il debito? Se la prescrizione decorre (ex art. 2935 c.c.) dal momento in cui si pu far valere il diritto, stabilire quando esso sorga di certo rilevante. Si potrebbe in realt discutere anche sulla stessa natura di diritto di credito del recupero, giacch non si in presenza di un interesse creditorio dello Stato, ma piuttosto di un obbligo dello Stato di recuperare; la ratio quindi non quella di rientrare in possesso delle somme, ma quella di privare un soggetto del vantaggio indebitamente concessogli. Vi sono cause di risarcimento danni davanti al tribunale di Roma dove societ che sono state costrette a restituire gli aiuti di Stato hanno chiamato in causa il Governo italiano sostenendo la responsabilit di questultimo per non aver notificato le misure qualificate come aiuto. La difesa del Governo ha fatto notare che se questo venisse condannato a risarcire i danni, paradossalmente incorrerebbe di nuovo in una infrazione. Cos facendo, infatti, verrebbe vanificato leffetto utile della stessa azione recuperatoria intrapresa. Sempre a proposito della tutela dellaffidamento, non va trascurato che lordinanza n. 36 del 2009 della Corte costituzionale contiene, tra laltro, la significativa affermazione per cui il recupero degli aiuti rispettoso dellart. 3 della Costituzione, in quanto ripristina il principio di parit di trattamento fra gli operatori economici. In altri termini, lalterazione delle regole della concorrenza viene equiparata ad una violazione del principio duguaglianza, il che a maggior ragione fa s che gli operatori non possano invocare, di regola, alcun legittimo affidamento nel godere di aiuti di Stato non compatibili con lordinamento comunitario. Il principio della tutela dellaffidamento in materia di aiuti di Stato ha ricevuto poche applicazioni concrete. Questo perch, se vero che a livello teorico la Corte di Giustizia ha ammesso che vi possano essere dei casi eccezionali in cui si giustifica la non ripetizione (10) e che lart. 14, paragrafo 1, del citato regolamento 659/1999 prevede espressamente che la Commissione non impone il recupero dellaiuto qualora ci sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario, sul piano concreto situazioni di (10) Cfr., ad esempio, le sentenze: 24 novembre 1987, in C-223/85, Rijn-Schelde-Verolme Maschinenfabriken en Scheepswerven NV c. Commissione; 20 settembre 1990, in C-5/89, Commissione c. Repubblica federale di Germania. 36 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 questo tipo si sono verificate assai raramente. Se si permette la breve digressione, interessate notare come il principio dellaffidamento, pur essendo uno dei principi fondamentali non solo del nostro ordinamento (lha detto anche la Corte costituzionale, che infatti lo evoca spesso congiuntamente ai principi di ragionevolezza e di certezza delle situazioni giuridiche (11) ), ma anche dellordinamento comunitario, sia nondimeno costantemente violato addirittura a livello giurisdizionale. Mi riferisco al solito problema dellinterpretazione sostanzialmente retroattiva del diritto, che si produce in conseguenza di mutamenti improvvisi negli orientamenti giurisprudenziali fino a quel momento consolidati. Cos, ad esempio, se si propone un ricorso in Cassazione formulando un solo motivo comprensivo del quesito di diritto e del difetto di motivazione, e dopo tre anni la Corte di Cassazione (cambiando giurisprudenza) afferma che il motivo plurimo non si pu fare (con la conseguenza che il ricorso a suo tempo proposto inammissibile), si assiste ad violazione plateale del principio di affidamento, che poi un principio di civilt giuridica. interessante anche vedere come trovi applicazione a livello comunitario il principio dellaffidamento al di fuori della materia degli aiuti di Stato. La Corte ha applicato il principio di affidamento in materia di IVA. In una causa greca in cui il Governo italiano intervenuto, era accaduto che ad un armatore che effettuava il trasporto di persone era stato detto, con tanto di comunicazione dellufficio delle imposte, che certe operazioni a bordo non erano imponibili. Sennonch tre anni dopo lufficio delle imposte ha cambiato idea, per cui ha chiesto allarmatore il pagamento di tutta lIVA non versata e, come se non bastasse, gli ha perfino applicato le sanzioni. LItalia intervenuta sostenendo che dovesse valere in casi del genere il principio codificato allart. 10 del nostro statuto del contribuente, per cui andrebbe pagato solo il tributo, ma non gli interessi moratori e le sanzioni. Invece la Corte ha ritenuto che non sia esigibile neppure il tributo, perch vale in tal caso il principio dellaffidamento (12). Unultima questione che volevo segnalare riguarda la c.d. sentenza Lucchini (13), che stata considerata per certi versi rivoluzionaria, in quanto veniva a scalfire il dogma dellautorit della cosa giudicata, prevedendone la disapplicazione quando osti al recupero di aiuti di Stato. Essa in realt, lungi dal poter essere considerata rivoluzionaria, si limita ad affermare il principio (11) V., ex multis, la recente sentenza 30 gennaio 2009, n. 34. (12) Si tratta della sentenza 14 settembre 2006, nei procedimenti riuniti da C-181/04 a C-183/04. (13) CGCE, sentenza 18 luglio 2007, C-119/05, dove si legge che Il diritto comunitario osta allapplicazione di una disposizione del diritto nazionale, come lart. 2909 del codice civile italiano, volta a sancire il principio dellautorit di cosa giudicata, nei limiti in cui lapplicazione di tale disposizione impedisce il recupero di un aiuto di Stato erogato in contrasto con il diritto comunitario e la cui incompatibilit con il mercato comune stata dichiarata con decisione della Commissione delle Comunit europee divenuta definitiva. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 37 per cui non si pu creare un giudicato su una materia che non di competenza del giudice che ha pronunciato la sentenza. Cos, poich in materia di aiuti di Stato la competenza della Commissione e poi, eventualmente, della Corte di giustizia adita in sede di ricorso, non si pu riconnettere ad una sentenza pronunciata dal giudice nazionale la valenza di decisum non pi contestabile. A ben vedere, troviamo gi sancito un analogo principio nella legislazione nazionale, poich il comma 2, n. 1, dellart. 362 c.p.c. stabilisce che Possono essere denunciati in ogni tempo con ricorso per cassazione: 1) i conflitti positivi o negativi di giurisdizione tra giudici speciali, o tra questi e i giudici ordinari. Questa norma dimostra pertanto che, anche a livello interno, il dogma del giudicato non cos assoluto come sembra. Avv. P. Gentili Un caso che sto trattando ora riguarda gli aiuti alla cantieristica per difendersi dal Dumping coreano: in base ad un Regolamento comunitario si danno gli aiuti a imprese che abbiano stipulato contratti di costruzione navale soggetti a dumping coreano entro un certo periodo di tempo e stanziamo nella legge finanziaria tot milioni di euro. Arrivano una serie di domande riferite a quei contratti in quellarco di tempo, che esauriscono lo stanziamento, per cui molti che avevano fatto richiesta in quel periodo di tempo autorizzato dal regolamento comunitario, restano senza soldi perch mancava la copertura. Con la legge finanziaria di 3 anni dopo facciamo una integrazione dello stanziamento ma con riferimento a quel periodo l per pagare quelli che non ne avevano usufruito. La Commissiona ha censurato questa misura dicendo che aiuto di stato, perch a termine scaduto avevamo stanziato i soldi e noi ci stiamo difendendo dicendo che ci stiamo riferendo a quel periodo autorizzato dal regolamento e che ci sono state pi domande del previsto per cui si dovuto interrompere lo stanziamento. Limporto non era considerato dal regolamento tanto che la comunit nel suo complesso stata citata dal WTO, dicendo che loro stanno facendo una serie di aiuti a pioggia alla cantieristica col pretesto che io vi faccio il dumping. Ma questo laspetto interno. Noi diciamo che cՏ un affidamento, perch il regolamento comunitario diceva chi stipula contratti in quel periodo ha diritto, limpresa in buona fede si aspetta di averli quei soldi, non cՏ neanche un aiuto nuovo. Quando nella parte precontenziosa abbiamo invocato il principio di affidamento la Corte ha detto di no, che in materia di aiuti di stato assolutamente non cՏ affidamento. E di recente la Commissione proprio sul punto ha respinto. Prof. Avv. G. Rossi Linteresse dellUE che non si creino delle intese tra Stato e imprese private, quindi considerano lo Stato e le imprese nazionali come un unicum, e 38 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 vogliono evitare che rapporti equivoci tra loro creino allo Stato nazionale un vantaggio competitivo. Avv. S. Fiorentino stata sollevata una pregiudiziale in materia di aiuti di Stato: era una misura di aiuti di Stato autorizzata dalla Commissione con decisione di autorizzazione, poi annullata dal Tribunale con ricorso dei controinteressati, ma in questo caso essendoci lautorizzazione della Commissione forse rientra in quei casi eccezionali in cui pu esserci laffidamento. Avv. G. De Bellis Esiste ora un contenzioso che si sviluppa davanti alle Commissioni tributarie riguardo il recupero degli aiuti alle ex municipalizzate e sta arrivando in Cassazione. Se cՏ una sentenza irrevocabile che nega il diritto alla restituzione, in base alla sentenza Lucchini disapplichiamo anche questa? Si pongono una serie di problemi: la sentenza Lucchini era un caso particolare in cui laiuto era stato ottenuto sulla base di un giudicato di una corte dappello, nel cui giudizio per non era mai stata eccepita la natura di aiuto di Stato delle provvidenze in contestazione. Ma se loggetto del contendere proprio la valutazione della natura di aiuto di Stato o meno e quindi la sua recuperabilit, e la giurisdizione del giudice nazionale che deve fare questa verifica, il consentire la disapplicazione del giudicato formatosi proprio su quella causa, porrebbe dei seri problemi di tutela. In realt la sentenza Lucchini specifica che la competenza comunitaria che esclude la competenza nazionale quella che riguarda lautorizzazione dellaiuto e non il recupero. Quindi se passa in giudicato una sentenza nazionale che esclude il diritto alla ripetizione la decisione vincolante per tutti e non dovrebbe esservi spazio per alcuna disapplicazione. Avv. P. Gentili Sempre a proposito delle ex municipalizzate abbiamo un contenzioso che poi era proprio per coincidenza la sentenza della Cass. a SS.UU. sul giudicato esterno. Si discuteva se le agevolazioni alle ex municipalizzate che lagenzia delle entrate aveva sempre interpretato come limitate allirpeg si estendessero anche alliva. La Corte ha detto di no, ma alcune sentenza come quella a SS.UU. del 2006 (dove per la prima volta ha applicato il meccanismo del giudicato esterno tra diverse annualit di imposta) si formato un giudicato sulla debenza di quelle somme. Noi abbiamo dato un parere per cui (in applicazione della sentenza Lucchini quel rimborso non andava fatto) sta nascendo un contenzioso in cui le imprese dicono di avere la sentenza della Cassazione e loro IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 39 dicono che quel giudicato non vale nulla. Intervento del Prof. Avv. Guido Corso* La filosofia politica ed economica del Trattato europeo, fondato sul principio di concorrenza ha due nemici: - le imprese che tendono ad abusare della loro posizione dominante, a concludere tra loro accordi tesi alla fusione e allincorporazione, che hanno lo stesso effetto e via dicendo, - gli Stati, che limitano le libert di circolazione delle merci, servizi, persone, libert di stabilimento delle imprese e dei lavoratori autonomi. Gli aiuti di Stato sono collocati nella parte dedicata alla limitazione della concorrenza ad opera delle imprese, una collocazione singolare, ma G.Rossi ci ha dato la soluzione: si tende ad evitare la collusione degli Stati con le imprese, sicch le norme sugli aiuti di Stato sono collocate l. Si tratta di norme che hanno unascendenza nellart. 1 GATT (1947), che proprio sul presupposto degli effetti distorsivi delle sovvenzioni pubbliche, obbliga gli alti contraenti a notificare alle altre parti tutti i provvedimenti di concessione o di mantenimento dei sussidi capaci di produrre effetti sulle esportazioni e importazioni. CՏ un articolo apposito, lart. 4 lettera c) nel trattato istitutivo della CECA, che tra laltro ha una formulazione molto rigorosa rispetto agli artt. 87 ss. del Trattato di Roma, perch contiene un divieto assoluto agli aiuti di Stato, mentre lart. 87 ne prevede unincompatibilit con i principi del Trattato subordinata al ricorrere di certe condizioni: si deve trattare di interventi dello Stato o fatti con risorse pubbliche (che significa che anche se a intervenire non lo Stato ma un ente territoriale la soluzione non cambia), devono avere carattere selettivo, cio essere misure di politica economica a carattere generale (per esempio un riduzione generalizzata di una aliquota fiscale o una riduzione generalizzata degli oneri sociali non sono aiuti di Stato) che non vengono definite proprio perch possano ricomprendere una quantit indeterminata di misure. La giurisprudenza comunitaria comprende una cronologia copiosissima: abbiamo le prestazioni positive, le sovvenzioni in senso stretto, i contributi sugli interessi, i conferimenti di capitale alle imprese (soprattutto pubbliche), ma anche attraverso misure di tipo negativo, come lesonero di certe imprese o certe produzioni da oneri che dovrebbero gravare sulle imprese stesse. Le risorse pubbliche sono intese in senso lato, non solo riferite allo stato-persona in senso stretto (comprendente tutti gli enti pubblici che operano su un certo territorio), ma anche una nozione che va intesa in unaccezione indiretta: lattribuzione di una risorsa mediante lesonero o lesenzione da una obbligazione nei con- (*) Prof. ordinario di diritto amministrativo - Facolt di giurisprudenza - Universit Roma 3. 40 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 fronti di determinati soggetti. Lulteriore condizione che si tratti di aiuti che distorcono la concorrenza: la valutazione delleffetto distorsivo della concorrenza ulteriore e presuppone la preventiva qualificazione della misura come aiuto di Stato, non una conseguenza implicita nella nozione di aiuto di Stato ma una qualificazione ulteriore dellefficacia dellaiuto. Laltra condizione della incidenza sugli scambi fra gli Stati membri: la giurisprudenza comunitaria usa un significato molto ampio di questo concetto, arrivando ad affermare che una misura a favore di una impresa o un gruppo di imprese che non sono esportatrici, e quindi per definizione svolgono attivit che non dovrebbe incidere sul mercato, svolgono una attivit che incide sugli scambi nel momento in cui aumentano la produzione nazionale, in questo modo riducendo le possibilit di ingresso in quello Stato delle imprese di altri Stati membri; oppure sono aiuti di Stato che incidono sugli scambi fra le imprese anche le misure volte a favorire linvestimento delle imprese nazionali in paesi terzi, perch anche sotto questo profilo ci pu essere una incidenza negativa sugli scambi. Questa la regola. Le eccezioni sono di 2 tipi: 1) gli aiuti che per definizione, e quindi ex s, non sono incompatibili (paragrafo 2 art. 87 sono compatibili dice): si tratta di misure di carattere sociale spesso al di fuori della nozione di aiuto (aiuto rivolto ai consumatori). Gli interventi a favore delle imprese operanti in Abruzzo sarebbero esonerati dalla valutazione di compatibilit, che esclude lonere di previa notifica alla Commissione (che esiste per gli aiuti che possono essere dichiarati compatibili). Tale norma ha una caratterizzazione storica, anche se si ritiene che non sia stata abrogata, tanto che in una pronuncia degli anni 90 la Commissione ha precisato che questi aiuti concessi a determinate regioni della repubblica federale sono solo quelli volti a ovviare a deficit che risultano dalla divisione della Germania, quindi non si giustificano gli aiuti ai nuovi Lander coma aveva cercato di fare la Germania. 2) Il paragrafo 3 riguarda gli aiuti che possono essere dichiarati compatibili e cio quelli per i quali la valutazione della compatibilit rimessa ad una valutazione discrezionale ed quello su cui si attivato un grande contenzioso. Quali sono le previsioni: a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico nelle regioni ove il tenore di vita sia normalmente basso oppure si abbia una grave forma di sottooccupazione: lart. 87 par. 3 lettera a) stato ad esempio usato per giustificare tutta la normativa sul Mezzogiorno. Con una serie di precisazioni importanti nel senso che questa valutazione sul tenore di vita normalmente basso va riferita al contesto europeo, non IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 41 nazionale. Sotto questo profilo ci fu un intervento della Commissione volto ad escludere dai benefici derivanti dalla normativa sul Mezzogiorno, quando ancora esisteva, lAbruzzo, perch si riteneva che esso aveva raggiunto un tenore di vita che ne comportava la fuoriuscita da questa previsione. b) gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro: si tratta per grave turbamento delleconomia degli Stati membri di una clausola praticamente mai applicata perch in passato interpretata in maniera molto restrittiva. Invece ora su essa si fonda la nuova politica della Commissione in merito agli aiuti di Stato. Ci troviamo in una grande crisi che investe leconomia di tutti gli Stati membri, quindi la Commissione, con una serie di comunicazioni, ha ridefinito il quadro sugli aiuti di Stato alla luce di questa nuova base giuridica. Perch nuova? Perch gli aiuti di salvataggio, di ristrutturazione, che hanno costituito il grosso degli interventi degli Stati, in particolare dello Stato italiano, ricadevano sotto la clausola art. 87 par. 3 lettera c): gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attivit o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse, sono gli aiuti settoriali e regionali che oggi si rivelano insufficienti di fronte alla crisi mondiale. Qual la svolta che a partire dalla comunicazione della Commissione dellottobre 2008 fino a quella dellaprile 2009 si esprime in una duplice direzione: valorizzare tutte le normative che in anni precedenti erano state volte ad assicurare un certo grado di automatismo alla definizione di aiuti. Faccio un esempio: quando con regolamento de minimis si stabilisce che gli aiuti fatti alle piccole o medie imprese entro limporto di 200.000 euro annui o nel triennio, sono ammissibili ex s, si esclude che la misura eventualmente adottata dallo Stato debba essere sottoposta al vaglio della Commissione, sicch cambia lo status della misura, che non pi una misura ai sensi dellart. 87 par. 3, ma finisce con lessere ricondotta agli aiuti automaticamente compatibili ex art. 87 par. 2. Soprattutto nella comunicazione della Commissione dellaprile 2009 queste determinazioni, comunicazioni, decisioni, dead lines, adottate immediatamente prima della crisi economica sono recuperate per dire che gli Stati, oltre a tali misure, possono usare tutto larsenale gi a loro disposizione. Larsenale parte dalle misure a favore delle banche e delle istituzioni finanziarie, che costituiscono il sistema che alimenta leconomia (liquidazioni guidate, forme di ricapitalizzazione, garanzie) per arrivare alleconomia reale che forma oggetto dellultima comunicazione del 2009, in cui le stesse misure vengono estese dallambito delle istituzioni finanziarie allambito delle imprese operanti nel settore delleconomia reale. Sicch oggi pi generosamente che in passato sono possibili forme di garanzie pubbliche a favore delle imprese, il recupero del vecchio istituto del contributo in conto interesse e forme 42 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 di agevolazione pubblica, il che attesta la preoccupazione da parte degli organi comunitari che ognuno degli Stati vada per conto suo pregiudicando i principi comunitari, e quindi la Commissione vuole assicurare il coordinamento tra le politiche, sicch gli aiuti cambiano il loro status se la loro disciplina va dal livello statale a livello europeo, fermo restando che le singole misure vengono adottate dai singoli Stati. Si tratta di impedire che il singolo Stato si spari sui piedi o spari sulle spalle degli altri Stati. Intervento del Prof. Avv. Giampaolo Rossi* Io ho sempre sostenuto che il problema degli aiuti di Stato non deriva da una impostazione liberista dellUnione Europea. Gli aiuti, lespansione della sfera pubblica, si avuta in modo massiccio dopo il Trattato di Roma. Spesso la dottrina ha confuso negli ultimi tempi lobiettivo di realizzare il mercato comune, elidendo la parola comune. chiaro che gli aiuti di Stato sono visti con sospetto perch se uno Stato fosse libero di sostenere le proprie imprese nei modi e nelle quantit che vuole non ci sarebbero i presupposti per il mercato unico, sarebbe falsata la concorrenza. Ma vale anche il contrario e su questo cՏ stata finora poca attenzione: i presupposti verrebbero a mancare anche se lordinamento complessivo di uno Stato quale risulta dalla norme, dai testi finanziari, dalla giurisprudenza, sfavorisse le imprese nazionali rispetto a quelle degli altri paesi. Quindi per capire bisogna ampliare la tematica degli aiuti per inquadrarla nellinsieme delle condizioni che gli ordinamenti determinano per la vita delle imprese che sono in concorrenza con quelle degli altri paesi. Mi limito a fare una comparazione: il sistema nazionale pu determinare condizioni di favore o sfavore per le proprie imprese attraverso una serie di misure. Soprattutto nellutility quando si ha il massimo favore? Quando limpresa in condizioni di monopolio o ha una riserva amplissima, non ha alcuna limitazione alla propria attivit e quindi agisce completamente nel diritto privato, non ha vincoli nel reclutamento del personale, la retribuzione dei dirigenti. Al contrario vi sono le condizioni di sfavore: quella dei tetti allo sviluppo nel territorio nazionale, quella dellimpossibilit di gestire produzione e rete contemporaneamente e quindi ci pu essere separazione contabile o societaria o addirittura proprietaria, ci sono vincoli nel reclutamento del personale ed esiste responsabilit amministrativa. Quanto alle gare, la gradazione favore-sfavore si articola secondo 3 parametri: (*) Prof. ordinario di diritto amministrativo - Facolt di giurisprudenza - Universit di Roma 3. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 43 1) che limpresa possa o no ricevere senza gara laffidamento, 2) che limpresa debba o no ricorrere alle gare per i propri approvvigionamenti, 3) che possa o no partecipare a gare per laffidamento di attivit in altri settori o altri territori. A seconda di come si determina questa griglia si determinano le condizioni di favore o sfavore. Le condizioni si accentuano quando in un paese ci sono condizioni marcate di favore mentre nel secondo ci sono condizioni di sfavore e le imprese del primo possono non solo godere di questo favore nel loro territorio, ma partecipare alle gare nellaltro paese nel quale invece preclusa questa possibilit alle imprese nazionali. Qui in Italia si ha una visione ancora provinciale e si sottovaluta che la competizione soprattutto fra sistemi: sistemi nazionali, sistemi normativi. evidente confrontando il sistema italiano con quello francese: in Francia hanno mantenuto la formula dellente pubblico economico, che non da problemi di affidamento diretto, vive nel diritto privato, non ha vincoli di reclutamento del personale, non ha vincoli di responsabilit amministrativa, non deve fare le gare, perch uno stabilimento industriale e commerciale. In Italia si data la preferenza alla S.p.A., formula equivoca anche perch non stata pensata organicamente, perch stata vista in un primo momento come momento di passaggio alla privatizzazione, poi in alcuni settori la privatizzazione arrivata in altri no e vista con sfavore dalla giurisprudenza comunitaria per alcuni aspetti di equivocit (golden share) ma soprattutto dalla giurisprudenza nazionale, che le ha applicato tutta una serie di profili pubblicistici che non ci sono in imprese analoghe che operano in altri paesi, e quindi la giurisprudenza ha interpretato sempre estensivamente la natura di organismo di diritto pubblico e le conseguenze che ne derivano salvo adottare un atteggiamento restrittivo ai fini dellaffidamento diretto; stato introdotto anche il principio della responsabilit amministrativa. Questi orientamenti sono stati consolidati dalla normativa che ha creato un sistema per cui questi che erano enti di privilegio oggi sono nellordinamento enti di sfavore. Questo accentuato dagli orientamenti dellautorit antitrust, che non ha sufficiente consapevolezza delle dimensioni del mercato, per cui adotta degli orientamenti sicuramente condivisibili per profili dove il profilo concorrenziale nazionale, ma che sono errati dal punto di vista giuridico e logico quando sono applicati alle imprese nazionali in un contesto di mercato che non nazionale e creando una condizione di sfavore unilaterale. del primo giugno 2009 la definizione di servizio universale nel trasporto ferroviario e affidamento dei conseguenti oneri di servizio, lAntitrust dice: 44 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 prendo atto che la legge non prevede la necessit della gara, prendo atto che ci corrisponde al regolamento comunitario per per una serie di motivi necessario fare le gare. Quello che colpisce che il profilo della comparazione non affatto preso in considerazione, non vi si accenna neanche. CՏ solo un punto in cui si dice che in Francia e Germania i finanziamenti al settore ferroviario sono molto maggiori di quelli italiani. chiaro che unautorit competente solo in materia di mercato nazionale dovrebbe o ritrarsi quando il mercato ha una dimensione diversa o comunque tenere conto delle implicazioni che la concorrenza ha anche nel nostro paese. Lultima riforma dei servizi pubblici italiani limita la possibilit dellaffidamento in house in misura maggiore di quanto avvenga negli altri paesi. Nellart. 23 bis punto f) affermato il principio di reciprocit ai fini dellammissione alle gare di imprese estere, e quindi si accetta lidea che limpresa nazionale possa avere delle condizioni pi sfavorevoli rispetto alle imprese straniere. Nel settore energetico questo molto evidente. In materia alimentare intervenuta la Corte Costituzionale (sentenza 443/1993): la normativa nazionale impediva alle imprese nazionali di usare per la pasta, materie prime meno nobili del grano duro, ma le imprese straniere non avevano questo limite e potevano tranquillamente competere con quelle nazionali nel territorio nazionale. La Corte ha dichiarato incostituzionale questa norma. Nel sistema francese (ma anche tedesco e spagnolo) le imprese che gestiscono il sistema postale sono enti pubblici economici e non fanno le gare. Lultima direttiva comunitaria ha inserito il settore postale nei settori ex esclusi ma contiene una norma che prevede che gli stati nazionali possano scegliere tra il nuovo assetto disciplinato in direttiva e quello precedente, cosi la Francia potr continuare a non fare gare e nel progetto di direttiva il meccanismo era tale per cui la societ francese e tedesca potevano avere affidamento diretto, la societ italiana no e fare anche la concorrenza da noi anche se in Italia non era possibile laffidamento diretto, perch era affermato il principio per cui laffidamento diretto era possibile solo quando non vi fossero problemi di compensazione di oneri di servizio, ma questo problema non nasce dalla migliore efficienza, ma perch vi sono tantissimi uffici postali e si ritiene che ogni paese debba avere la sua disciplina. Ora succede che loperatore olandese fa la concorrenza negli alti paesi pagando il personale il 30 % in meno di quello che vengono pagati negli Stati in cui sono collocati. Oggi abbiamo un sistema che sfavorisce inconsapevolmente gli operatori nazionali rispetto a quelli dei paesi concorrenti, rafforzato dai fenomeni di nazionalizzazione che sono in atto in altri paesi. Fonde Strategique di Investiment, una specie di nuova IRI che ha assorbito Renault e air France. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 45 Qual la risposta? Non pu essere il protezionismo, laumento del pubblico, perch il mercato si sviluppato per motivi di evoluzione tecnologica. Ma abbiamo un sistema per cui gli Stati sub continentali (Cina e America) sono favoriti rispetto allUE, perch hanno pi capacit di manovra, perch lUnione troppo attenta ad evitare squilibri tra paesi membri. Allinterno dellUe sicuramente lItalia sfavorita rispetto agli Stati europei. Evitare le spinte ultraliberiste ma anche forme di protezionismo e acquisire questa consapevolezza culturale e evitare inconsapevole cedevolezza a partire dagli ordinamenti normativi e giurisdizionali e cercare ulteriori informazioni che consentono di rendere trasparente lequilibrio esistente fra i vari paesi nellaiuto e disaiuto di Stato.* ** *** ** Ad integrazione del resoconto dellincontro di studio sugli aiuti di Stato, si allega la relazione a cura dei dottori G.M. Caruso e F. Dinelli concernente altre modalit di intervento pubblico, con soluzioni differenti per i singoli Stati, nei diversi settori delleconomia. Casi di trattamento differenziato tra Stati nella disciplina delleconomia a cura di G.M. Caruso e F. Dinelli Gli aiuti di cui allart. 87 TCE costituiscono solo una delle modalit di intervento pubblico nelleconomia. Attraverso le altre discipline settoriali, i singoli Stati riescono e sono riusciti, infatti, ad intervenire con ulteriori misure che sono comunque in grado di assicurare dei vantaggi competitivi alle imprese nazionali. Fra i settori che si sono storicamente caratterizzati dalla presenza delle pi significative asimmetrie normative, possono citarsi le seguenti esperienze: 1) liberalizzazioni; 2) determinazione di standard; 3) evidenza pubblica. (*) Sullin house providing e sulle societ miste per la gestione dei pubblici servizi vedi da ultimo sentenza Corte di Giustizia C-573/07 Sea S.r.l. depositata il 10 settembre 2009, pubblicata in questa Rassegna, 101 e ss. 46 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 1. Liberalizzazioni - Servizi pubblici locali Con la riforma dei servizi pubblici locali realizzata attraverso lart. 23- bis del D.L. n. 112 del 2008, il legislatore italiano va oltre quanto affermato dalla costante giurisprudenza della Corte di Giustizia CE in ordine alla piena equivalenza ed alternativit tra i modelli gestori rappresentati dallesternalizzazione a terzi con gara e dallin house providing. Mentre la Corte di Giustizia, infatti, non si mai espressa nel senso che il ricorso allin house legittimo soltanto se non possibile ricorrere al mercato, il legislatore interno ha stabilito esattamente il contrario, e cio che si pu derogare alla regola generale dellaffidamento con gara del servizio solo per situazioni che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato. Questa disposizione espone lordinamento interno alla penetrazione delle imprese straniere molto di pi di quanto non avverrebbe nellipotesi in cui il mercato e lin house venissero posti sullo stesso piano (1). ovvio, infatti, che ad un maggior numero di gare corrispondono maggiori chances di aggiudicazione delle stesse da parte di imprese di altri Stati membri, mentre ricorrere con maggiore disinvoltura allin house significa adottare una politica pi protezionistica. La soluzione del legislatore italiano persino pi radicale di quella adottata da ordinamenti tradizionalmente pi inclini alla valorizzazione delle istanze liberalizzatrici: basti pensare che in Inghilterra la scelta delle amministrazioni tra ricorso allin house ed esternalizzazione retta essenzialmente da motivazioni di ordine economico, afferenti la maggior convenienza nel caso concreto delluna soluzione rispetto allaltra. In altri termini, il servizio interno viene posto a confronto con quello esterno, e si privilegia quello pi conveniente. Inoltre, va considerato che in Francia, lesistenza di aziende municipalizzate sotto forma di enti pubblici, ha agevolato il ricorso allin house providing, assai pi di quanto non sia avvenuto nel nostro ordinamento con lutilizzo di societ di capitali. - Settore energetico (2) Ladozione di direttive a maglie larghe ha consentito per lungo tempo (1) V. pi ampiamente, sul punto, F. DINELLI, La riforma dei servizi pubblici locali, in www.amministrativamente. com, p. 15 s. (2) Per un approfondimento, v. G. ROSSI, Il settore dellenergia nel contesto europeo Problemi giuridici ed istituzionali in La cooperazione rafforzata e lUnione economica. La politica europea dellenergia, a cura di D. Velo, pp. 138-243, Giuffr, 2007. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 47 una trasposizione della normativa comunitaria volta alla liberalizzazione del settore fortemente differenziata. Le divergenze pi significative si sono registrate nei seguenti contesti: - Apertura del mercato dal lato della domanda: lapertura del mercato elettrico stata realizzata facendo leva sulla nozione di clienti idonei. Tale categoria di soggetti, determinata prevalentemente sulla base di coefficienti di consumo stabiliti a livello comunitario, dispone della possibilit di scegliere un qualsiasi operatore per la fornitura del servizio. La disciplina comunitaria prevedeva la possibilit di estendere la qualifica di clienti idonei abbassando i coefficienti di consumo, in modo che il grado di liberalizzazione del settore potesse essere commisurato al numero dei clienti idonei. Quasi tutti i paesi hanno elevato il grado di apertura del mercato. Cos la Germania ha previsto sin dal 1998 che, indipendentemente dalla soglia di consumo, qualsiasi soggetto pu essere definito come cliente idoneo (3). La Spagna ha adottato un sistema progressivo che ha comportato che gi al 2003 tutti gli utenti potessero essere considerati come clienti idonei (4). Anche lItalia ha adottato un sistema progressivo. Differente la soluzione adottata da Francia, Grecia e Lussemburgo, i quali hanno aperto il mercato solo entro i limiti minimi previsti dalla normativa comunitaria. La disomogenea apertura dei mercati nazionali si tradotta in uno svantaggio competitivo ai danni degli operatori di quegli Stati ove stata realizzata una significativa liberalizzazione. Inoltre, in Francia le norme inerenti alla durata minima legale dei contratti di fornitura dei clienti idonei, sembrano celare lintento di tutelare loperatore dominante. - Imposizione dei c.d. tetti antitrust. Alcuni Paesi hanno adottato misure volte a ridurre il potere di mercato degli ex monopolisti, imponendo complesse operazioni di disarticolazione dellintera filiera produttiva. Fra gli interventi pi significativi, va menzionato lart. 8 della legge 79/1999, che ha previsto che nessun soggetto possa produrre o importare pi del 50% del totale di energia elettrica prodotta e importata in Italia. Ancora pi rigorosa la normativa britannica, ove il legislatore ha imposto il divieto di produrre pi del 15% dellenergia complessivamente distribuita. - Separazione fra gestore della rete e imprese produttrici. La Francia ha optato per un regime di recepimento minimale, in quanto la RTE - Reseau de transport de lՎlctricit, che sebbene indipendente sotto il profilo gestio- (3) Lattuazione della prima direttiva elettricit avvenuta con la Legge di riforma del sellindustria energetica (Gesez zur Neuregelung des Energieirtschaftrechts) entrata in vigore il 29 aprile 1998. (4) In Spagna, la trasposizione della normativa comunitaria in materia di apertura del mercato elettrico si realizzata con lemanazione della Ley del Sector Electrico, 27 novembre 1997, n. 54. 48 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 nale si configura come una semplice divisione di EdF (5). In Italia si scelto un sistema di separazione proprietaria che stato interpretato dalla giurisprudenza in termini rigorosi, fino ad impedire la concentrazione in capo al medesimo soggetto di partecipazioni nel gestore della rete e in imprese che operano nel settore (6). In Gran Bretagna la rete gestita da National Grid company, societ privata indipendente dagli altri operatori di mercato. - Golden share e concentrazioni societarie. Emblematico il diverso esito delle vicende italiana e francese relative al tentativo di mantenimento del controllo pubblico sulle imprese operanti nel settore. Il caso italiano si manifestato relativamente a AEM EDISON e EdF, quando questultima ha tentato di acquisire una rilevante partecipazione in EDISON attraverso un articolato intreccio di operazioni societarie e unofferta pubblica di acquisto. Al fine di mantenere un significativo controllo sulle imprese interessate dal travagliato processo di privatizzazione in atto, lItalia ha adottato misure legislative volte ad una rilevante diminuzione dei diritti di voto esprimibili in seno allassemblea dei soci nei confronti di particolari soggetti. Segnatamente, con il D.L. 25 maggio 2001, n. 192 il Governo intervenuto limitando al 2%, indipendentemente dalleffettiva entit della partecipazione, i diritti di voto relativi alle partecipazioni di imprese operanti nel settore dellelettricit e del gas se pubbliche, non quotate e titolari di una posizione dominante. Seppur EdF non fosse menzionata, indubbio che la normativa anzidetta aveva come riferimento situazioni analoghe a quella dove si trovava coinvolta la societ francese, che vedeva cos drasticamente sterilizzata la propria partecipazione in EDISON. Sennonch la misura richiamata non sopravvissuta alla sentenza 2 giugno 2005, C-174/04, con cui la Corte di Giustizia ha condannato lItalia per violazione dellart. 56 del TCE (libera circolazione dei capitali) (7). I successivi tentativi del legislatore italiano volti a mantenere il controllo sulle imprese pubbliche hanno avuto un epilogo analogo (8). (5) Sul punto v. la Loi 2000-108 relative la modernisation e tau dveloppement du service public de lՎlectricit, che, tra laltro, stata adottata con circa un anno di ritardo rispetto alle previsioni comunitarie. (6) Sul punto v. Consiglio di Stato, 12 febbraio 2007, n. 550, ove si confermata la legittimit del provvedimento dellAutorit garante della concorrenza e del mercato che, nellautorizzare lacquisizione da parte di Cassa Depositi e prestiti del 29,99 % del capitale sociale di Terna S.p.A., allora detenuto da Enel S.p.A., ha, al contempo, imposto lobbligo di dismissione da parte di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. della partecipazione del 10,2 % al capitale di Enel. (7) V. L. R. PERFETTI, Dal rilievo della soggettivit pubblica (o lenfasi delle privatizzazioni) alla tutela della concorrenza (o della rilevanza dei privilegi del monopolista e dei diritti dellutente). Brevi riflessioni a partire dal caso Edison, EdF, AEM, in Serv. pubbl. app., III, 2006, p. 131 ss. Suppl. a cura di G. ROSSI, Limpresa europea di interesse generale. (8) Sul punto, da ultimo, v. la sentenza della Corte di giustizia 26 marzo 2009, causa C-326/07, che sempre relativamente ad una vicenda sorta con riferimento a AEM EDISON, ha comportato la dichiarazione di illegittimit comunitaria dellart. 2449 c.c. relativo al potere di nomina di cui dispone lo Stato, indipendentemente dallentit della partecipazione azionaria, con riferimento agli amministratori delle societ per azioni. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 49 Rappresentativo al riguardo il raffronto con lesperienza francese laddove, non appena conosciuta lintenzione dellENEL di realizzare unOPA destinata a controllare SUEZ e ad acquisire attraverso questa la societ ELECTRABEL, si optato per la fusione di SUEZ on GAZ DE FRANCE attraverso uno scambio di azioni alla pari. Loperazione, che fu giustificata dal fine di conformare loperatore francese alla politica dei c.d. campioni nazionali , nascondeva un palese intento di contenimento della scalata delloperatore italiano (9). - Monopolio sulla produzione nucleare. Le norme francesi affidano a EdF il monopolio legale della produzione nucleare. 2. Condizioni di sfavore derivanti dallimposizione di standard differenziati - In materia ambientale Il caso emblematico quello afferente ai limiti di tollerabilit nel campo delle emissioni di onde elettromagnetiche. I limiti stabiliti sulla base del principio di precauzione da parte dellOMS sono stati, nella maggior parte dei Paesi, oggetto di un mero recepimento. In Inghilterra, negli Stati Uniti e in Olanda, i limiti sono stati significativamente innalzati, mentre altri Stati ancora si sono premurati di introdurre una disciplina pi rigorosa. Fra questi, lItalia ha addirittura ridotto di oltre dieci volte i limiti di emissione di onde elettromagnetiche stabiliti dallOMS (10). - In materia alimentare Anche nel settore alimentare, la differenza tra le normative tecniche nazionali pu comportare significative sperequazioni tra le imprese concorrenti. Un caso divenuto celebre a seguito di una importante sentenza della Corte costituzionale quello della pasta. Il legislatore italiano prevedeva limpiego necessario ed esclusivo di alcuni ingredienti, mentre negli altri Paesi era consentito utilizzarne molti altri. Non essendo consentito, sulla base del diritto comunitario, un divieto di importazione e di commercializzazione allinterno dello Stato italiano della pasta prodotta in altri Paesi dellU.E., si era venuta a creare la situazione per cui i produttori interni erano sfavoriti rispetto ai loro concorrenti stranieri. Si trattava di un tipico esempio di discriminazione alla rovescia, che la Corte costituzionale ha censurato per contrasto con lart. 3 Cost. attraverso la sentenza n. 443 del 1997. (9) Sul punto, v. P. DEVOLV, Lenterprise uropenne dintret general, p. 32, in G. ROSSI (a cura di), Limpresa europea di interesse generale, cit. (10) La questione ampiamente affrontata da F. DE LEONARDIS, Il principio di precauzione nellamministrazione di rischio, Milano, 2005. 50 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 3. Evidenza pubblica In Francia, lart. 25, della legge 2 luglio 1990, n. 568, come modificato dalla l. 31 dicembre 2003, n. 1365, a proposito dellattivit contrattuale di La Poste afferma che: les relations de La Poste avec ses usagers, ses fournisseurs et les tiers sont rgies par le droit commun. Les litiges auxquels elles donnent lieu sont ports devant les juridictions judiciaires, l'exception de ceux qui relvent, par leur nature, de la juridiction administrative. Lart. 25 peraltro indicato dal successivo art. 27 (modificato a sua volta dalla legge 20 maggio 2005, n. 516) come il parametro cui il Consiglio dAmministrazione dovr ispirarsi nel definire le procedure di conclusione e di controllo dei contratti da stipulare. Non sembra affatto agevole comprendere quale peso conferire a siffatte disposizioni nel contesto regolamentato in cui La Poste chiamata ad operare alla luce delle direttive comunitarie sugli appalti. Tuttavia, la disposizione in questione significativa della volont del legislatore francese di non gravare loperatore postale nazionale del vincolo pubblicistico rappresentato dalla necessit di rispettare la normativa in materia di evidenza pubblica nellambito dello svolgimento della propria attivit contrattuale. Si deve considerare, inoltre, il ritardo con cui si data attuazione nel Paese transalpino alle direttive sugli appalti pubblici: la prima compiuta revisione dei testi normativi nazionali si infatti avuta solo nel dicembre 2001, ossia a quasi dieci anni di distanza dallintervento della Direttiva 92/50/CE relativa agli appalti di servizi. Anche tale circostanza appare decisamente significativa del maggior grado di resistenza che lordinamento francese tenta di opporre alla penetrazione di principi concorrenziali suscettibili di scalfire consolidati equilibri interni (11). (11) Per un approfondimento v. F. GUALTIERI, Limiti allintervento pubblico in economia: squilibri e disallineamenti tra gli ordinamenti italiano e francese, in Servizi pubblici e appalti, 4, 2006, pp. 611- 655. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 51 La responsabilit dello Stato per gli atti amministrativi anticomunitari in materia di I.v.a. Unipotesi di violazione del principio di equivalenza procedurale (Corte di Giustizia CE, conclusioni dellAvvocato generale presentate il 9 luglio 2009 nella causa C-118/08) di Chiara Di Seri* 1. La questione pregiudiziale Con una decisione del 1 febbraio del 2008, il Tribunal Supremo del Regno di Spagna (Sala de lo contencioso administrativo) ha rimesso alla Corte di Giustizia delle Comunit Europee la questione pregiudiziale, oggetto della causa in epigrafe, sul problema del rapporto tra il principio dellautonomia procedurale degli Stati membri nella disciplina sullazione di responsabilit per violazione del diritto comunitario ed i principi di equivalenza ed effettivit. La Corte di Giustizia stata chiamata a chiarire se la previsione legislativa di un differente regime per lazione di risarcimento a carico dello Stato, in funzione del fatto che tale azione si fondi su atti amministrativi adottati in applicazione di una legge incostituzionale ovvero di una disposizione interna contraria al diritto comunitario, sia conforme ai principi comunitari di equivalenza e di effettivit. Tale quesito sorto nellambito di una controversia tra lamministrazione spagnola ed una societ di trasporti (Transportes Urbanos y Servicios Generales SAL), promotrice di un ricorso in sede giurisdizionale avverso una decisione del Consiglio dei Ministri che aveva respinto la domanda diretta a far valere la responsabilit patrimoniale del legislatore spagnolo per aver adottato una legge in materia di I.v.a. che, limitando il diritto alla detrazione, era stata dichiarata incompatibile con il diritto comunitario (1) . Il Consiglio dei Ministri aveva motivato il rigetto della richiesta di risarcimento (pari allimporto dellI.v.a., oltre agli interessi legali), affermando come la mancata contestazione, da parte della societ, delle proprie autoliquidazioni (*) Dottore di ricerca in Diritto amministrativo - Universit degli Studi di Roma Tre. (1) Corte di Giustizia delle Comunit Europee, 6 ottobre 2005, in causa C-204/03 Commissione/Spagna e la precedente Id., 8 novembre 2001, in causa C-338/98 Commissione/Paesi Bassi. 52 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 nel termine quadriennale di prescrizione avesse interrotto il nesso di causalit tra la contestata violazione del diritto comunitario e il danno subito. A sostegno della decisione erano state richiamate due sentenze del Tribunal Supremo (29 gennaio 2004 e 24 maggio 2005), secondo cui lazione di risarcimento a carico dello Stato per violazione del diritto comunitario soggiace alla regola del previo esaurimento degli altri mezzi di ricorso, amministrativi e giurisdizionali, avverso latto amministrativo lesivo adottato in applicazione di una legge nazionale in contrasto con il diritto comunitario. Proprio sulla richiamata condizione di ammissibilit della domanda risarcitoria - il previo esaurimento dei mezzi di ricorso - si incentra il dubbio del giudice a quo, poich analoga modalit procedurale non contemplata nellordinamento spagnolo per lazione di risarcimento promossa nei confronti dello Stato per i danni derivanti da atti amministrativi adottati in applicazione di una legge incostituzionale. Lesercizio di tale azione, infatti, nella giurisprudenza del Tribunal Supremo non risulta subordinato alla circostanza che il soggetto leso abbia previamente impugnato latto amministrativo pregiudizievole fondato sulla legge incostituzionale, muovendo dallargomentazione secondo cui la legge comunque gode di una presunzione di costituzionalit e, di conseguenza, vige una presunzione di legittimit degli atti amministrativi adottati in conformit delle sue disposizioni. Daltra parte, i singoli non sono titolari dellazione diretta a far valere lincostituzionalit delle leggi, ma possono unicamente chiedere al giudice che sollevi uneccezione di incostituzionalit nellambito, tra le altre ipotesi, dellimpugnazione di un atto amministrativo. () Uninterpretazione contraria avrebbe leffetto di imporre ai singoli che possano essere pregiudicati da una legge che reputano incostituzionale, lonere di impugnare tutti gli atti emanati in applicazione di detta legge - prima in sede amministrativa (in cui non prevista la possibilit di sollevare uneccezione di incostituzionalit), e poi dinanzi alla giurisdizione per il contenzioso amministrativo, esaurendo, ove necessario, tutte le istanze e i gradi di ricorso - al fine di esperire tutte le possibilit che il giudice sollevi la questione di incostituzionalit. Una tale ricostruzione non , invece, accolta nelle citate pronunce del Tribunal Supremo nel caso in cui una legge sia in contrasto con il diritto comunitario giacch tale contraddizione pu essere invocata direttamente dinanzi ai giudici spagnoli. Pertanto, la ricorrente ha avuto la possibilit di impugnare latto di liquidazione prima per via amministrativa e poi in un procedimento contenzioso, e tanto lautorit amministrativa quanto il giudice successivamente avrebbero dovuto applicare direttamente il diritto comunitario. La ricorrente () era pienamente legittimata a far valere la contraddizione tra il diritto nazionale ed il diritto comunitario, che doveva essere direttamente applicato dal giudice nazionale, anche qualora non fosse stato invocato espressamente; di conseguenza, la dottrina dellatto definitivo e inoppugnabile, unitamente al IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 53 principio della certezza del diritto, giustificano una soluzione del presente caso in senso contrario (...) e portano quindi a disapplicare, nella fattispecie, la dottrina enunciata () e a respingere la domanda di risarcimento della ricorrente, giacch questultima, non avendo impugnato latto redatto dallamministrazione tributaria, tenuta a sopportare il pregiudizio arrecatole, salva la possibilit di esercitare, qualora non sia ancora prescritta, lazione di ripetizione o di effettuare la detrazione di cui ha diritto, nel caso in cui non siano scaduti i termini a tal fine previsti dalla normativa in materia di I.v.a. In conclusione, secondo la giurisprudenza richiamata, ai fini dellaccertamento della responsabilit patrimoniale dello Stato legislatore, lipotesi dellantinomia tra diritto interno e diritto comunitario viene trattata in maniera diversa rispetto alle situazioni in cui una norma nazionale sia dichiarata incostituzionale, imponendosi al ricorrente lobbligo di impugnare nei termini latto di liquidazione in via amministrativa e, successivamente, in sede giurisdizionale, con la conseguenza che, qualora la liquidazione non sia stata impugnata invocando lapplicazione diretta del diritto comunitario, il ricorrente obbligato a sopportare il danno che gli stato arrecato in virt della dottrina dellatto definitivo ed inoppugnabile. 2. Il regime della responsabilit dello Stato legislatore nellordinamento spagnolo Il regime della responsabilit per il fatto del legislatore previsto nellordinamento spagnolo mutuato dalla disciplina della responsabilit amministrativa per gli atti legittimi (2) . Tale disciplina propone un modello di responsabilit dello Stato di tipo oggettivo, incentrata sul concetto di lesione giuridica. In particolare, lart. 121 (3) della Ley de Expropriacin Forzosa (LEF) (2) Per una compiuta analisi della tematica si vedano LAZARI, Modelli e paradigmi della responsabilit dello Stato, Torino, 2005, 173 e ss. ed il precedente ID., Lotta contro le immunit o contro i mulini a vento? Profili comparatistica della responsabilit oggettiva dello Stato, in Riv. It. Dir. Pubbl. Com., 1998, 359 e ss. nonch alcuni fondamentali studi della dottrina spagnola, ed, in particolare, GARCA DE ENTERRA, La responsabilidad patrimonial del Estado Legislador en el Derecho Espaol, Navarra, 2005, ID., El principio de proteccin de la confianza legtima como suesposto ttulo justificativo de la responsabilidad del Estado legislador, in Revista de Administracin Pblica, 2002, ID., El principio de la responsabilidad de los poderes pblicos, in Revista espaola de derecho Costitucional, 2003, GALN VIOQUE, La responsabilidad del Estado legislador, Barcelona, 2001, GARRIDO FALLA , Sobre la responsabilidad del Estrado Legislador, in Revista de Administracin Pblica, 1989. Si cfr.no infine i dibattiti dei Convegni La responsabilidad civil de la Administracin Pblica, Valladolid, 16,17 e 18 ottobre 1997 e La responsabilidad patrimonial de los Poderes Pblicos en el marco de la estructura territorial del Estado, Siviglia, 20 e 21 novembre 1997. (3) Larticolo stabilisce cos che dar tambin lugar a indemnizacin con arreglo al mismo procedimento toda lesin que los particulares sufran en los bienes y derechos a que esta Ley se refiere, sempre que aqulla sea consecuencia del funcionamiento normal o anormal se los servicios pblicos. 54 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 del 1954 ha codificato il principio della responsabilit patrimoniale diretta con riferimento ad ogni attivit amministrativa, sia di carattere provvedimentale che materiale, prescindendo dallaccertamento dellelemento soggettivo della colpa e richiedendo esclusivamente la dimostrazione della sussistenza di una lesione, imputabile causalmente allattivit o inattivit dellamministrazione. Successivamente, lart. 40 della Ley de Rgimen Jurdico de la Administracin del Estado (LRJA) del 1957 ha esteso, al di l della materia espropriativa, il principio secondo cui i cittadini hanno diritto di essere risarciti dei danni arrecati alla loro sfera giuridica. Laccoglimento del sistema oggettivo ha tuttavia tardato ad affermarsi in campo giurisprudenziale. Per lungo tempo, infatti, la giurisprudenza ha continuato a riferirsi alle previsioni della responsabilit per colpa del Cdigo Civil (4) e, solo a partire dagli anni Settanta, il Tribunal Supremo ha iniziato ad accogliere le richieste risarcitorie fondate sulla legge in materia espropriativa, riconoscendo, peraltro, nellottica di una riparazione integrale dei pregiudizi sofferti dal cittadino, la risarcibilit dei danni da caso fortuito ed il danno morale (5) . Anche la Carta costituzionale del 1978, muovendo da una concezione solidaristica dello Stato, ha ribadito quanto stabilito dal legislatore negli anni precedenti, sancendo il divieto di arbitrariet ed il principio di responsabilit dei pubblici poteri (art. 9.3) (6) e, correlativamente, il diritto dei privati di essere indennizzati, nei termini stabiliti dalla legge, per qualunque lesione ai loro beni o diritti in conseguenza del funzionamento dei servizi pubblici, salva la forza maggiore. Un ulteriore elemento di novit nella disciplina della responsabilit patrimoniale dellamministrazione stato, infine, introdotto dalla Ley de Rgimen Jurdico de la Administracines Pblicas y del Procedimiento Administrativo Comn (LRJPA) del 1992 che, al fine di limitare gli squilibri, messi in luce dalla dottrina, di overcompensation, ha fornito una definizione puntuale del danno sofferto indennizzabile (effettivo, valutabile economicamente, concreto e riferibile alla sfera patrimoniale del richiedente, tale da eccedere la soglia di tollerabilit dei comuni oneri sociali) (7) . (4) Le disposizioni del Cdigo Civil del 1889 contemplano infatti la possibilit di riconoscere sia una responsabilit dello Stato per fatti propri (art. 1902) che per fatti di terzi, laddove commessi da agenti speciali (artt. 1902 e 1903). (5) Si cfr.no in proposito TS, 19 maggio 1970 e Id., 12 marzo 1975. (6) Anche nel nostro ordinamento, nonostante il principio della generale insindacabilit nel merito della legge previsto dallart. 28 della L. n. 87 del 1953, stato progressivamente riconosciuto alla Corte costituzionale un certo margine di apprezzamento sulle valutazioni discrezionali del legislatore attraverso il richiamo al principio di ragionevolezza e non arbitrariet della legge. (7) Si tratta dellart. 139 LRJPA, secondo cui en todo caso el dao alegado habr de ser efectivo, evaluable econmicamente e individualizado con relacin a una persona o grupo de personas e dellart. 141 LRJPA, secondo cui slo sern indemnizables las lesiones producidas al particolar provenientes de daos que ste no tenga el deber jurdico de soportar de acuerdo con la Ley. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 55 Contestualmente, la giurisprudenza del Tribunal Supremo ha valorizzato laccertamento del nesso causale, richiedendo che il danno lamentato dallattore costituisca una conseguenza diretta, immediata ed esclusiva del funzionamento normale o anormale del servizio pubblico (8). In ossequio a tale orientamento giurisprudenziale, volto a circoscrivere i limiti massimi della responsabilit oggettiva, una successiva legge del 1999 ha codificato linvocabilit della forza maggiore, quale causa di esclusione della responsabilit (9). Il sistema della responsabilit dello Stato legislatore, a differenza di quello della responsabilit amministrativa sin qui esaminato, invece lontano da una chiara ed unitaria regolamentazione ed anche la ricostruzione fornita dalla giurisprudenza non unanime. Nelle sue prime sentenze, la Corte costituzionale spagnola, con riferimento agli interessi dei cittadini lesi per il fatto del legislatore in occasione di provvedimenti statali in materia economica, ha riconosciuto che le innovazioni legislative possono originare una frustacin de las expectativas existentes, y en determinados casos, perjuicio econmico que puede merecer algn grado de compensacin (10). La Corte ha inoltre incidentalmente affermato la responsabilit del legislatore per ladozione di leggi incostituzionali (11) . Anche il Tribunal Supremo, sviluppando le argomentazioni della Corte constitucional, ha mostrato in alcune decisioni di aderire allimpostazione favorevole alla responsabilit dello Stato legislatore: tra le riconosciute ipotesi di risarcimento del danno connesso alladozione di atti legislativi, le leggi dichiarate incostituzionali, quelle aventi contenuto espropriativo ed, infine, quelle la cui applicazione concreta necessiti di un certo grado di compensazione (12). Nonostante le richiamate aperture giurisprudenziali, nellordinamento spagnolo, analogamente a quanto avviene in quello italiano (13), il dogma (8) In tal senso, T, 4 giugno 1994, Id., 20 dicembre 1994, Id., 20 maggio 1995 e 20 giugno 1995. (9) Si tratta del riformato art. 141 LRJPA secondo cui no sern indemnizables los daos que se deriven de hechos o circunstancias que no se tubiere podido prever o evitar segn el estado de los conocimientos de la ciencia o de la tcnica existentes en el momento de la produccin de aqullos, todo ello sin perjuicio de las prestaciones asistenciales o econmicas que las leys puedan establecer para esos casos. (10) TC, 26 luglio 1986, n. 108. (11) TC, 13 febbraio 1997, n. 28 e Id., 19 ottobre 2000, n. 248. In argomento, si rinvia altres agli scritti di GARCA DE ENTERRA, Sobre la responsabilidad patrimonial del estado como autor de una ley declarada incostitucional, in www.juridicas.unam.mx e DOMENECH PASCUAL, Responsabilidad patrimonial de la administracin por daos derivados de una ley incostitucional, in Revista espaola de derecho Costitucional, 2001. (12) Per tali ipotesi, si cfr. TS, 11 ottobre 1991. (13) In Italia, il problema della sussistenza della responsabilit del legislatore nellesercizio della sua funzione di produzione delle leggi affrontato dalla dottrina muovendo dal contemperamento operato dalla Costituzione del principio della sovranit statale come potere illimitato, proprio dello Stato democratico, e quello di imputabilit dei soggetti pubblici per lo svolgimento delle proprie funzioni, 56 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 dellirresponsabilit dello Stato lontano dallessere messo in discussione nella sua essenza. Unulteriore conferma in questo senso stata rintracciata nella citata legge del 1992 (LRJPA), che limita la responsabilit del legislatore alle ipotesi in cui sia la stessa legge ad individuarne il fondamento e la misura: la controversa disposizione dellart. 139.3 dispone infatti che las administraciones pblica indemnizarn a los particulares por la aplicacin de actos legislativos de naturaleza no expropriatoria de derechos y que stos no tenga nel deber jurdico de soportar, cuando as se establezca en los propios actos legislativos y en los trminos que especifiquen dichos actos. Il fondamento della responsabilit del legislatore si radica dunque nella teoria dellautolimitazione, non essendovi alcuna disposizione di carattere generale, a parte la volont eccezionale di un potere una tantum costituito, in grado di delimitare il campo dellazione del legislatore (14). Tale ricostruzione teorica risulta superata solo per ladozione di atti legislativi a rilevanza comunitaria, con riferimento ai quali la nota giurisprudenza comunitaria in materia di responsabilit extracontrattuale degli Stati membri per mancata attuazione delle direttive ha rappresentato una spinta determinante nel senso del riconoscimento della responsabilit del legislatore (15) . corollario dello Stato di diritto. Con lavvento dello Stato costituzionale, infatti, la sovranit della legge trova un vincolo nella sovranit della Costituzione: stato pertanto autorevolmente sostenuto come che lassoggettamento a controlli di legalit dell'attivit dello Stato e a controlli di legittimit, e di legittimit costituzionale in particolare degli atti legislativi e degli atti politici costituisca il presupposto per il riconoscimento di una responsabilit del Legislatore per lesercizio delle proprie funzioni (si vedano, al riguardo, BIFULCO, La responsabilit dello Stato per gli atti legislativi, Padova, 1999 e PIZZORUSSO, La responsabilit dello Stato per atti legislativi in Italia, in Foro It.., 2003, 178). (14) Per questo rilievo si veda LAZARI, Modelli e paradigmi della responsabilit dello Stato, cit., 235. (15) Si tratta della giurisprudenza inaugurata dalla sentenza della Corte di Giustizia delle Comunit Europee, 19 novembre 1991, in cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich. Al riguardo parte della dottrina spagnola ha ritenuto che il modello comunitario di responsabilit dello Stato possa risultare in contrasto con quanto previsto nellordinamento interno, trattandosi di un sistema che d una certa rilevanza alla colpa, risultando maggiormente affine alla categoria francese della responsabilit pour faute, e che sanziona la condotta del legislatore, non solo per ladozione di un atti non conformi al diritto comunitario, ma anche per lomessa attuazione dello stesso (per tali dubbi si veda, in particolare, MUNOZ MACHADO, La formacin de un derecho comn de la responsabilidad extracontractual del Estrado en el sistema comunitario europeo, in Estudios de jurisprudencias, 1992). Per unanalisi dellimpatto dellaffermata responsabilit dello Stato per violazione del diritto comunitario nellordinamento italiano si vedano: DI MAJO, Responsabilit e danni nelle violazioni comunitarie ad opera dello Stato, in Europa e Diritto Privato, 1998, 774 e ss. e TIZZANO, La tutela dei privati nei confronti degli Stati membri dellUnione europea, in Foro It., 1995, IV, 13 e ss.; nonch, pi recentemente, CALZOLAIO, Lillecito dello Stato tra diritto comunitario e diritto interno. Una prospettiva compararistica, Milano, 2004; FERRARO, La responsabilit risarcitoria degli Stati membri per violazione del diritto comunitario, Milano, 2008; FUMAGALLI, La responsabilit degli Stati membri per la violazione del diritto comunitario, Milano, 2000 e SCODITTI, La responsabilit dello Stato per violazione del diritto comunitario, in Danno e Resp., 2005, 5 e ss. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 57 3. Le conclusioni dellAvvocato generale LAvvocato generale, prima di entrare nel merito della valutazione sulla compatibilit dei principi enunciati dal Tribunal Supremo con quelli comunitari di equivalenza e di effettivit, ha affrontato leccezione formulata dal governo spagnolo in ordine alla ricevibilit della questione pregiudiziale. Secondo il governo spagnolo, infatti, la questione dovrebbe essere dichiarata irricevibile in quanto, in sede di un rinvio ex art. 234 T.C.E., la Corte autorizzata a pronunciarsi esclusivamente sulla compatibilit con il diritto comunitario di atti normativi interni e non anche sulla giurisprudenza emessa da un organo giurisdizionale, quale il Tribunal Supremo, dato che esso stesso potrebbe modificare la propria giurisprudenza in ossequio allobbligo di interpretazione conforme al diritto comunitario (16) . Tale ricostruzione dellambito di esercizio della funzione nomofilattica del giudice comunitario non condivisa dallAvvocato generale: se, come noto, il potere di interpretare in via pregiudiziale le norme comunitarie non comprende anche quello di pronunziarsi direttamente sulla compatibilit tra norme interne e norme comunitarie (17), la Corte pu indirettamente fornire (16) Lobbligo di interpretazione conforme al diritto comunitario stato esplicitamente affermato dal giudice comunitario a partire dalla sentenza, 10 aprile 1984, in causa C-14/83, Von Colson, e poi diffusamente nella sentenza 13 novembre 1990, in causa C-106/89, Marleasing SA, secondo cui lobbligo degli Stati membri, derivante da una direttiva, di conseguire il risultato da questa contemplato, come pure lobbligo, loro imposto dallart. 5 (ora 10) del Trattato, di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire ladempimento di tale obbligo, valgono per tutti gli organi degli Stati membri, ivi compresi, nellambito della loro competenza, quelli giurisdizionali. Ne consegue che, nellapplicare il diritto nazionale, a prescindere dal fatto che si tratti di norme precedenti o successive alla direttiva, il giudice nazionale deve interpretare il proprio diritto nazionale alla luce della lettera e dello scopo della direttiva, onde conseguire il risultato perseguito da questultima e conformarsi pertanto allart. 189 (ora 249), comma 3, del Trattato. Si cfr.no, in argomento, CAFARI PANICO, Per uninterpretazione conforme, in Dir. pubbl. Comp. Eu., 1999, 383 e ss.; PALLOTTA, Interpretazione conforme e inadempimento dello Stato, in Riv. It. Dir. pubbl. Com., 2005, 253 e ss.; PINELLI, Interpretazione conforme (rispettivamente, a Costituzione e al diritto comunitario) e giudizio di equivalenza, in Giur. Cost., 2008, 1364 e ss.; RUVOLO, Interpretazione conforme e situazioni giuridiche soggettive, in Europa e Dir. Priv., 2006, 1407 e ss. Limportanza del rispetto dellobbligo di interpretazione conforme da parte dei giudici nazionali stata inoltre recentemente ribadita nella sentenza 5 ottobre 2004, in cause riunite da C-397/01 a C-403/01, Pfeiffer (su cui si vedano, da ultimo, LENAERTS, CORTHAUT, Of birds and hedges: the role of primacy in invoking norms of EU law, in European Law Review, 2006, 287 e ss.). (17) In proposito, Corte di giustizia delle Comunit Europee, 27 marzo 1963, in cause C-28, 29 e 30/62, Da Costa en Schaake, afferma che quando, nellambito concreto di una controversia vertente avanti un giudice nazionale, la Corte d uninterpretazione del trattato, essa si limita a trarre dalla lettera e dallo spirito di questo il significato delle norme comunitarie, mentre lapplicazione alla fattispecie delle norme cos interpretate rimane riservata al giudice nazionale: tale concezione corrisponde alla funzione assegnata alla Corte dallart. 177, che mira a garantire lunit dellinterpretazione del diritto comunitario nei sei Stati membri. Bisogna per rilevare che, nella pratica delle pronunce pregiudiziali, linterpretazione del diritto comunitario fornita dalla Corte spesso resa in modo tale che il giudice na- 58 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 al giudice a quo tutti gli elementi di interpretazione del diritto comunitario utili a valutarne gli effetti in termini di disapplicazione del diritto interno incompatibile (18). LAvvocato generale esclude, quindi, la sussistenza di limiti riferibili alla natura delle disposizioni nazionali che possono, in questo modo, essere messe indirettamente in discussione in occasione di un rinvio pregiudiziale relativo allinterpretazione del diritto comunitario. Contrariamente a quanto sostiene il governo spagnolo, queste possono ben essere di origine giurisprudenziale. Del resto, la Corte stata gi invitata indirettamente a pronunciarsi in via pregiudiziale sulla conformit della giurisprudenza al diritto comunitario (19) , sottolineando come la domanda proposta miri a verificare la compatibilit, con i principi comunitari di effettivit ed equivalenza, delle norme nazionali relative alle azioni di risarcimento a carico dello Stato nellinterpretazione resa dal Tribunal Supremo. Venendo al merito della questione - da ritenersi, pertanto, ricevibile - lAvvocato generale evidenzia preliminarmente come i principi di effettivit ed equivalenza rappresentino un contrappeso al principio di autonomia proceduzionale possa evincere a quali condizioni la Corte ritenga sussista lincompatibilit, con conseguente effetto conformativo del giudice alla decisione. (18) Al riguardo si cfr.no le storiche decisioni Corte di giustizia delle Comunit Europee, 15 giugno 1964, in causa C-6/64, Costa e Id., 9 marzo 1978, in causa C-106/77, Simmenthal, su cui, tra i tanti, MARCH HUNNINGS, Rival Constitutional Courts: A Comment on Case 106/77, in Common Market Law Review, 1978, 483 e ss.; MENGONI, Note sul rapporto tra fonti di diritto comunitario e fonti di diritto interno degli Stati membri, in AA.VV., Diritto privato europeo e categorie civilistiche, a cura di Lipari, Napoli, 1998, 26 ss. Per una completa ricostruzione della problematica della disapplicazione, quale criterio per la risoluzione delle antinomie tra diritto interno e diritto comunitario, si vedano, tra i tanti: CELOTTO, La prevalenza del diritto comunitario sul diritto interno: orientamenti della Corte costituzionale e spunti di teoria generale, in Giur. Cost., 1992, 4481 e ss.; ID., Le modalit di prevalenza delle norme comunitarie sulle norme interne: spunti ricostruttivi, in Riv. It., dir. pubbl. com., 1999, 1463 e ss. e ID., Concorrenza e conflitti tra criteri di risoluzione, in MODUGNO, Appunti per una teoria generale del diritto, La teoria del diritto oggettivo, Torino, 2000, 225 e ss.; ID., Legittimit costituzionale e legittimit comunitaria (prime considerazioni sul controllo di costituzionalit in Italia come sistema misto), in Riv. Dir. Pubbl. Eu., 2002, 47 e ss.; PAGOTTO, La disapplicazione della legge, Milano, 2008; PIZZORUSSO, Sullapplicazione del diritto comunitario da parte del giudice italiano, in Quad. Reg., 1989, 48 e ss. e ID., Interrogativi in tema di rapporti tra fonti comunitarie e fonti nazionali, in AA. VV., Le riforme istituzionali e la partecipazione dellItalia allUnione europea, Milano, 2002, 21 e ss.; RUGGERI, Fonti, norme criteri, ordinatori, Torino, 2005, 215 e ss. ed, in precedenza, ID., Continuo e discontinuo nella giurisprudenza costituzionale, a partire dalla sent. n. 170 del 1984, in tema di rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento interno: dalla teoria della separazione alla prassi dellintegrazione intersistemica?, in Giur. Cost., 1991, 1598 e ss.; SILVESTRI, La diretta applicabilit delle norme comunitarie, in Associazione Italiana dei costituzionalisti, Annuario 1999, La Costituzione Europea, Atti del XIV Convegno annuale, Padova, 2000; SORRENTINO, Brevi osservazioni sulle leggi contrastanti con norme comunitarie: incostituzionalit e/o disapplicazione?, in Giur. Cost., 1975, II, 3237 e ss., ID., Ai limiti dellintegrazione europea: primato delle fonti o delle istituzioni comunitarie?, in Pol. Dir., 1994, 189 e ss. e ID., La rilevanza delle fonti comunitarie nellordinamento italiano, in Dir. commercio internaz., 1989, 452 e ss. (19) Conclusioni, punto 13. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 59 rale degli Stati membri (20), preposto alla tutela dei diritti conferiti ai singoli dallordinamento comunitario. Mentre il principio di effettivit impone che le modalit procedurali nazionali assicurino una protezione effettiva dei diritti conferiti dal diritto comunitario, il principio di equivalenza esige che lordinamento nazionale garantisca a tutte le azioni che hanno il loro fondamento nel diritto comunitario un trattamento procedurale che sia favorevole almeno quanto quello applicabile a domande analoghe fondate sul diritto interno. Con riferimento al principio di equivalenza, la previsione, quale condizione di ammissibilit dellazione di responsabilit a carico dello Stato, dellavvenuto esaurimento degli altri mezzi di ricorso avverso latto amministrativo lesivo, oltre a costituire un principio generale comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, appare in linea con la giurisprudenza della Corte in tema di ricevibilit del ricorso diretto a far valere la responsabilit extracontrattuale della Comunit, secondo cui, in particolare, lazione va ritenuta irricevibile, quando diretta contro la stessa illegittimit e tende ad ottenere lo stesso risultato patrimoniale del ricorso di annullamento dellatto dellistituzione che arreca il pregiudizio e che la persona lesa ha omesso di esperire tempestivamente (21), ossia quando il ricorso per il risarcimento dei danni dissimula, in realt, unazione di ripetizione dellindebito. Una simile circostanza viene ravvisata nella controversia promossa dalla societ spagnola che, contestando tempestivamente - nel termine, del tutto ragionevole, di 4 anni - la validit dellatto amministrativo di liquidazione, avrebbe potuto ottenere la riparazione integrale del danno allegato (limporto dellI.v.a. non detratta, oltre agli interessi legali). La valutazione sulla compatibilit della citata condizione di ammissibilit con il principio di equivalenza risulta pi articolata in quanto, al fine di dimostrare lesistenza di un obbligo di parit di trattamento procedurale, occorre (20) Sullautonomia procedurale degli Stati membri si vedano le pronunce: Corte di giustizia delle Comunit europee, 16 dicembre 1976, in causa C-33/76, Rewe; Id., 16 dicembre 1976, in causa C-45/76, Comet; Id., 9 novembre 1983, in causa C-199/82, San Giorgio; Id., 25 febbraio 1988, in cause riunite C-331/85, 376/85 e 378/85, Bianco e Girare; Id., 24 marzo 1988, in causa C-104/86, Commissione/Italia; Id., 14 luglio 1988, in cause riunite C-123/87 e 330/87, Jeunehomme e a.; Id., 9 giugno 1992, in causa C-96/91, Commissione/Spagna; Id., 14 dicembre 1995, in causa C-312/93, Peterbroek e a. Si tratta di una giurisprudenza secondo cui, in assenza di misure di armonizzazione diretta delle procedure, spetta agli Stati membri indicare organi e le modalit procedurali di tutela delle posizioni protette dal diritto comunitario, sebbene tale autonomia sia appunto condizionata dal rispetto di due requisiti: tali regole e procedure non devono essere meno favorevoli di quelle previste per le analoghe situazioni giuridiche soggettive protette dal diritto interno (principio di equivalenza); secondariamente tali procedure non devono essere tali da renderne impossibile o eccessivamente difficile la tutela (principio di effettivit). Per una ricostruzione dei confini del principio, si veda RODRIGUEZ IGLESIAS, Sui limiti dellautonomia procedimentale e processuale degli Stati membri, in Riv. It. Dir. Pubbl. Com., 2001, 5 e ss. (21) Conclusioni, punto 20. 60 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 verificare la comparabilit tra lazione di risarcimento a carico dello Stato fondata su una legge incostituzionale e quella promossa a seguito della violazione del diritto comunitario. Tale raffronto viene cos svolto in relazione ai parametri delloggetto, delle finalit e degli elementi essenziali delle due azioni. Mentre appare non contestata la circostanza che loggetto (il risarcimento del danno) e la finalit (accertamento dellilliceit del comportamento lesivo) delle due azioni di responsabilit siano coincidenti, lAvvocato generale si espresso in senso critico nei confronti delle argomentazioni sulla diversit degli elementi essenziali, addotte dal giudice a quo al fine di giustificare la differenza di trattamento procedurale. Secondo il giudice nazionale, infatti, il trattamento pi favorevole riservato allazione di responsabilit per i danni derivanti da un atto amministrativo adottato in conformit ad una legge incostituzionale si fonderebbe sulleccessiva compressione della tutela giurisdizionale del privato, laddove la previsione della previa contestazione dellatto amministrativo lesivo condannerebbe il ricorso allinefficacia. Pi particolare, tali difficolt sarebbero legate, a monte, agli effetti incisivi delle pronunce di illegittimit costituzionale ed alle stringenti condizioni di proponibilit dellincidente di costituzionalit rispetto alle questioni di comunitariet. Quanto al primo profilo, il giudice di rinvio ha evidenziato il differente effetto delle pronunce pregiudiziali interpretative della Corte di giustizia e quello delle sentenze del Tribunal Constitucional che dichiarano lincostituzionalit di una legge spagnola, posto che solo queste ultime risultano dotate di effetti retroattivi, determinando linvalidit della legge censurata. Quanto al secondo profilo, il Tribunal Supremo ha messo in luce il decisivo rilievo della presunzione di costituzionalit riconosciuta alla legge nellordinamento interno: presunzione che si riflette sulla titolarit dellazione diretta a far valere lillegittimit costituzionale, rimessa integralmente alle valutazioni del giudice a quo, e che comporta unanaloga presunzione di legittimit degli atti amministrativi applicativi. Ad avviso dellAvvocato generale, lanalisi degli elementi essenziali richiamati deve viceversa condurre a ritenere le due azioni sovrapponibili, con conseguente violazione del principio di equivalenza. Innanzitutto, lAvvocato generale ricorda come alle pronunce pregiudiziali sia riconosciuta lefficacia retroattiva implicita al genus delle sentenze interpretative, dal momento che linterpretazione della norma resa dalla Corte di giustizia ne chiarisce e precisa il significato dalla sua entrata in vigore. Inoltre, a prescindere dalla qualificazione delleffetto della pronuncia sulla legge, viene evidenziata lanalogia delle conseguenze sullatto amministrativo applicativo: al riguardo lo stesso governo spagnolo ha precisato come IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 61 linvalidit della legge incostituzionale non determini automaticamente quella degli atti amministrativi adottati sulla base di questultima, spettando comunque al giudice cui sottoposta la controversia determinare nel caso specifico lincidenza dellincostituzionalit sui suddetti atti, anche in relazione al regime prescrizionale di impugnabilit degli stessi (22). In secondo luogo, con riferimento al problema della discrezionalit del giudice nel rimettere il dubbio di costituzionalit o la questione di comunitariet , lAvvocato generale sottolinea come, da una parte, lobbligo di rinvio pregiudiziale gravante sui giudici di ultima istanza non prescinda da una valutazione sulla pertinenza e sulla necessit del rinvio in ragione della teoria dellacte clair (23), dallaltra, la libert del giudice spagnolo di rinviare una questione di costituzionalit della legge non cos ampia, anche alla luce del rimedio del recurso de amparo (24) . (22) Analogamente, nellordinamento italiano, neppure nellipotesi estrema di sopravvenuta carenza assoluta di potere, ossia di atto amministrativo adottato sulla base di una norma attributiva di un potere poi dichiarata incostituzionale, la sentenza di accoglimento in grado di travolgere lefficacia di un atto divenuto inoppugnabile. La circostanza che una legge incostituzionale non possa essere disapplicata da alcun organo dello Stato - essendo riservato solo ai giudici il potere di sospenderne lapplicazione, sollevando appunto la questione di costituzionalit - comporta che latto posto in essere nellesercizio di poteri fondati sulla legge incostituzionale non sia inesistente ma annullabile solo ove latto venga impugnato nei termini, sia pure per altri motivi, e sia stata sollevata, anche dufficio, la questione. In generale, con riguardo agli effetti temporali delle pronunce della Corte costituzionale si veda RUOTOLO, La dimensione temporale dell'invalidit della legge, Padova, 2000; POLITI, Gli effetti nel tempo delle sentenze di accoglimento della Corte costituzionale: contributo ad una teoria dell'invalidit costituzionale della legge, Padova, 1997; DAMICO, Giudizio sulle leggi ed efficacia temporale delle decisioni di incostituzionalit, Milano, 1993; AA.VV., Effetti temporali delle sentenze della Corte costituzionale anche con riferimento alle esperienze straniere: atti del seminario di studi tenuto al Palazzo della Consulta il 23 e 24 novembre 1988, Milano, 1989. (23) Per un approfondimento sulla teoria dellatto chiaro si vedano BLANCHET, Lusage de la thorie de lacte clair en droit communautaire: une hypothse de mise en jeu de la responsabilit de lՃtat franais du fait de la fonction juridictionelle?, in Rev. Trim. Droit Europen, 2001, 397 e ss.; DALESSANDRO Intorno alla Thorie de lacte clair, in Giust. Civ., 1997, 1113 e ss.; RASMUSSEN The EC-Courts Acte Claire Strategy in CILFIT, in European Law Review, 1984, 242 e ss.; BEBR, The Rambling Ghost of Cohn-Bendit: Acte Clair and the Court of Justice, in Common Market Law Review, 1983, 439 e ss. (24) Ai sensi degli artt. 161 e 162 della Costituzione spagnola, infatti, il Tribunal Constitucional ha giurisdizione su tutto il territorio spagnolo ed competente a giudicare: A) del ricorso d'incostituzionalit contro leggi e disposizioni normative aventi forza di legge (); B) del ricorso di tutela (amparo) per la violazione dei diritti e delle libert di cui allart. 53.2 di questa Costituzione, nei casi e nelle forme stabiliti dalla legge; C) dei conflitti di competenza fra lo Stato e le Comunit autonome, e dei conflitti fra queste ultime; D) delle altre materie che gli attribuiranno la Costituzione o le leggi organiche e sono legittimati: A) a presentare il ricorso d'incostituzionalit: il Presidente del Governo, il Difensore del popolo, cinquanta deputati, cinquanta senatori, gli organi collegiali ed esecutivi delle Comunit autonome e, nel caso, le Assemblee delle stesse; B) a presentare il ricorso di tutela: qualsiasi persona fisica o giuridica che invochi un interesse legittimo, nonch il Difensore del popolo e il Pubblico ministero. Negli altri casi, una legge organica stabilir le persone e gli organi legittimati. Sul recurso de amparo si vedano AA. VV., La giustizia costituzionale in Europa, a cura di Groppi e Olivetti, Milano, 2004, e pi specificatamente, PREZ-TREMPS, El Recurso de amparo, Tirant lo Blanch, Valencia, 2004. 62 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 Quanto alla presunzione di legittimit costituzionale della legge, lAvvocato generale ritiene che non si tratti di un idoneo elemento di comparazione, posto che la stessa costituisce un principio radicato nella separazione dei poteri interna allordinamento costituzionale, mentre quando lamministrazione deve risolvere unantinomia norme nazionali e comunitarie, essa non agisce pi esclusivamente nellambito dellordinamento interno, dovendo confrontarsi con due volont legislative opposte, provenienti da due ordinamenti giuridici differenti sebbene integrati, e che si vedono riconoscere delle presunzioni di validit differenti: pertanto, quando lamministrazione disapplica una legge nazionale contraria al diritto comunitario, essa non fa venir meno la presunzione di validit delle leggi nazionali n pregiudica il principio costituzionale interno di separazione dei poteri. Al contrario, essa di fronte ad unequivalente presunzione di validit della norma comunitaria e risolve tale conflitto sulla base del principio del primato del diritto comunitario (25). LAvvocato generale giunge quindi a rilevare come lunica differenza tra le due azioni emerga nel rapporto tra lamministrazione ed il soggetto leso, che - stante lobbligo di disapplicazione gravante anche sullamministrazione - gode di una protezione a livello diffuso contro la legge contraria al diritto comunitario della quale, invece, non gode contro la legge incostituzionale, in considerazione della presunzione di legittimit della legge e dei suoi atti attuativi e della natura accentrata del controllo di costituzionalit. Tale differenza non tuttavia ritenuta idonea a giustificare la subordinazione dellazione di risarcimento a carico dello Stato per violazione del diritto comunitario al previo esaurimento di tutti i mezzi di ricorso, non soltanto amministrativi ma anche giurisdizionali, avverso latto amministrativo adottato sulla base della legge anticomunitaria. LAvvocato generale conclude, quindi, nel senso dellincompatibilit con il principio di equivalenza della denunciata norma di elaborazione giurisprudenziale sulle condizioni di ammissibilit dellazione di responsabilit per violazione del diritto comunitario, trattandosi di una disciplina differenziata, pur in presenza di situazioni sovrapponibili, e pi restrittiva. Corte di Giustiza delle Comunit europee, conclusioni dellAvvocato generale M. Poiares Maduro presente il 9 luglio 2009 (1) nella causa C-118/08 - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo (Spagna) il 18 marzo 2008 - Transporte Urbanos y Servicios Generales S.A.L./Stato spagnolo. Responsabilit di uno Stato membro Violazione del diritto comunitario Principi di equivalenza e di effettivit (25) Conclusioni, punto 38. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 63 1. Il rinvio allautonomia procedurale degli Stati membri, preposta alla tutela dei diritti conferiti ai singoli dallordinamento giuridico comunitario, tradizionalmente mitigato dallobbligo per gli ordinamenti nazionali di rispettare i principi comunitari di equivalenza e di effettivit. Il principio di effettivit impone che le modalit procedurali nazionali assicurino una protezione effettiva dei diritti conferiti dal diritto comunitario. Il principio di equivalenza, invece, esige che lordinamento nazionale garantisca a tutte le azioni che hanno il loro fondamento nel diritto comunitario un trattamento procedurale che sia favorevole almeno quanto quello applicabile a domande analoghe fondate sul diritto interno. Al fine di poter concludere nel senso dellesistenza di un obbligo di parit di trattamento procedurale, opportuno dunque stabilire se le due azioni sono comparabili. Le difficolt eventualmente connesse a una tale valutazione vengono illustrate dal presente caso di specie. I Causa principale e questione pregiudiziale 2. La questione pregiudiziale mira a stabilire se il fatto di applicare modalit procedurali differenti a unazione di risarcimento a carico dello Stato, in funzione del fatto che tale azione si fondi su una legge incostituzionale ovvero contraria al diritto comunitario, sia conforme ai principi comunitari di equivalenza e di effettivit. 3. Essa stata rinviata dalla sezione per il contenzioso amministrativo del Tribunal Supremo (Spagna) nellambito di una controversia insorta tra la societ Transportes Urbanos y Servicios Generales SAL e lAdministracin del Estado, avendo questultima respinto lazione diretta a far valere la responsabilit dello Stato spagnolo per una legge contraria al diritto comunitario. 4. Allorigine della controversia vi la legge spagnola 28 dicembre 1992, come modificata dalla legge 30 dicembre 1997, che limitava il diritto di un soggetto passivo alla detraibilit dellimposta sul valore aggiunto (in prosieguo: lIVA) relativa allacquisto di beni o servizi finanziati mediante sovvenzioni e lo obbligava alla presentazione di dichiarazioni periodiche, le quali dovevano contenere il calcolo degli importi dellIVA ripercossi e sopportati, pur procedendo alleffettuazione del saldo (autoliquidazioni). Tuttavia, occorre precisare che la normativa spagnola (2) riconosce al soggetto passivo il diritto di chiedere la rettifica delle proprie autoliquidazioni ed, eventualmente, di pretendere il rimborso delle somme indebitamente versate, purch la richiesta venga avanzata entro quattro anni. 5. Poich la limitazione del diritto di detrarre lIVA prevista dalla legge 28 dicembre 1992 stata dichiarata incompatibile con gli artt. 17, n. 2, e 19 della sesta direttiva 77/388/CEE (3), la ricorrente nella causa principale, che aveva compiuto le autoliquidazioni per gli esercizi 1999 e 2000 e il cui diritto alla richiesta di una rettifica e allesercizio di unazione di ripetizione era prescritto al momento della pronuncia della sentenza Commissione/ Spagna, gi citata, ha presentato una domanda al fine di ottenere il risarcimento dei danni sofferti, calcolati in EUR 1 228 366, 39, corrispondenti ai versamenti di IVA indebitamente riscossi dallo Stato spagnolo oltre ai rimborsi che avrebbe potuto vantare relativamente agli stessi esercizi. 6. In data 12 gennaio 2007 il Consiglio dei ministri ha respinto la domanda, ritenendo che 1 Lingua originale: il francese. 2 Legge fiscale generale 17 dicembre 2003, n. 58/2003. 3 Direttiva del Consiglio 17 maggio 1977 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1, in prosieguo: la sesta direttiva IVA). V. sentenza 6 ottobre 2005, causa C-204/03, Commissione/Spagna (Racc. pag. I 8389). 64 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 la mancata contestazione delle proprie autoliquidazioni da parte della ricorrente, nel termine quadriennale prescritto, aveva interrotto il nesso di causalit diretta tra la contestata violazione del diritto comunitario e il danno che si asserisce subito. Detto in altri termini, la causa esclusiva del danno sarebbe la mancanza di tale contestazione. Per giustificare la sua decisione, il Consiglio dei ministri si basato su due sentenze del Tribunal Supremo 29 gennaio 2004 e 24 maggio 2005, secondo le quali le azioni di risarcimento a carico dello Stato per violazione del diritto comunitario soggiacciono a una regola di previo esaurimento degli altri mezzi di ricorso, amministrativi e giurisdizionali, avverso latto amministrativo lesivo, adottato in applicazione di una legge nazionale asseritamente in contrasto con il diritto comunitario. 7. In data 6 giugno 2007 la ricorrente ha presentato un ricorso dinanzi al Tribunal Supremo avverso la decisione del Consiglio dei ministri di rigetto della sua domanda di risarcimento. Nellordinanza di rinvio il giudice a quo sinterroga sulla conformit di tale condizione di previo esaurimento dei mezzi di ricorso, cui subordinata lazione di risarcimento a carico dello Stato per violazione del diritto comunitario, con i principi comunitari di equivalenza e di effettivit. Rileva, infatti, che lazione di risarcimento a carico dello Stato, fondata sulla incostituzionalit di una legge, non subordinata alla condizione che il soggetto leso abbia previamente impugnato latto che gli arreca pregiudizio fondato su tale legge. 8. Il giudice a quo ha sottoposto inoltre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: Se risulti contraria ai principi di equivalenza e di effettivit lapplicazione di una diversa disciplina, elaborata dal Tribunal Supremo nelle sentenze 29 gennaio 2004 e 24 maggio 2005, ai casi riguardanti ricorsi diretti a far valere la responsabilit patrimoniale dello Stato legislatore, in funzione del fatto che i detti ricorsi si fondino su atti amministrativi adottati in applicazione di una legge dichiarata incostituzionale ovvero di una norma dichiarata contraria al diritto comunitario. II Analisi giuridica 9. Prima di fornire al giudice nazionale gli elementi di soluzione necessari ai fini della valutazione della compatibilit della giurisprudenza controversa del Tribunal Supremo con i principi comunitari di equivalenza e di effettivit, devono essere risolte le obiezioni addotte dal governo spagnolo in merito alla ricevibilit della presente questione pregiudiziale. A La ricevibilit della questione pregiudiziale 10. Il governo spagnolo ritiene che la questione pregiudiziale presentata dal giudice a quo sia irricevibile in quanto, nellambito di un rinvio pregiudiziale, la Corte autorizzata a pronunciarsi esclusivamente sulla compatibilit con il diritto comunitario degli atti amministrativi e normativi interni e non anche sulla giurisprudenza emessa da un organo giurisdizionale supremo, quale il Tribunal Supremo, dato che esso stesso potrebbe modificare la propria giurisprudenza per renderla conforme alle esigenze comunitarie e che, pertanto, la presente questione pregiudiziale non sarebbe necessaria ai fini di una decisione nella controversia principale e sarebbe piuttosto assimilabile a un parere giuridico. 11. Losservazione del governo spagnolo relativa alla irricevibilit del ricorso pregiudiziale non pu evidentemente essere accolta. 12. Da un lato, occorre anzitutto rammentare che, se la Corte non competente a valutare, nellambito di un rinvio pregiudiziale, la compatibilit delle disposizioni nazionali con le norme comunitarie, dopo aver eventualmente riformulato la questione rinviatale, essa pu fornire al giudice a quo tutti gli elementi di interpretazione del diritto comunitario che po- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 65 trebbero essergli utili a valutare gli effetti delle disposizioni di questultimo (4). Nel caso di specie, la questione del Tribunal Supremo invita la Corte a interpretare i principi comunitari di equivalenza e di effettivit, al fine di consentirgli di valutare il rispetto del diritto comunitario da parte della propria giurisprudenza. 13. Dallaltro lato, non esiste evidentemente alcun limite riferibile alla natura delle disposizioni nazionali che possono, in questo modo, essere messe indirettamente in discussione in occasione di un rinvio pregiudiziale relativo allinterpretazione del diritto comunitario. Contrariamente a quanto sostiene il governo spagnolo, queste possono ben essere di origine giurisprudenziale. Del resto, la Corte stata gi invitata indirettamente a pronunciarsi in via pregiudiziale sulla conformit della giurisprudenza al diritto comunitario (5). Infine, si deve aggiungere che, in ogni caso, una questione avente ad oggetto la giurisprudenza pu sempre essere formulata come riferentesi alle disposizioni nazionali prese in considerazione dal giudice nazionale per enunciare le sue regole giurisprudenziali. In altre parole, la questione presentata nel caso di specie pu essere intesa come diretta a conoscere se linterpretazione delle norme nazionali relative alle azioni di risarcimento a carico dello Stato fornita dal Tribunal Supremo sia compatibile con i principi comunitari di equivalenza e di effettivit. 14. Infine, in linea di principio, spetta al solo giudice nazionale, cui stata sottoposta la controversia, e che deve assumersi la responsabilit dellemananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessit di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte e, se le questioni vertono sullinterpretazione del diritto comunitario, la Corte tenuta a statuire (6). Solo in via eccezionale la Corte potrebbe rifiutarsi di statuire e dichiarare la questione pregiudiziale irricevibile, segnatamente, laddove appaia in modo manifesto che questultima non risponde a una necessit oggettiva ai fini della soluzione della causa principale (7). Ci non si verifica nella presente fattispecie. Se vero che il Tribunal Supremo pu modificare liberamente da s la propria giurisprudenza per adeguarla, eventualmente, alle esigenze comunitarie, tuttavia esso ha ritenuto necessario interrogare la Corte in merito allinterpretazione dei principi di equivalenza e di effettivit al fine di poter valutare la propria giurisprudenza. Ebbene, non appare in modo manifesto che si verifichi, nel caso di specie, una delle situazioni che porterebbero la Corte a mettere in discussione la presunzione di rilevanza di cui godono le questioni relative allinterpretazione del diritto comunitario sollevate dal giudice nazionale (8). 15. Pertanto, la presente questione pregiudiziale ricevibile. B Sul principio di effettivit 4 V. sentenze 3 ottobre 2000, causa C-58/98, Corsten (Racc. pag. I 7919, punto 24) e 9 luglio 2002, causa C-181/00, Flightline, Racc. pag. I 6139, punto 20). 5 V. sentenza 30 settembre 2003, causa C-224/01, Kbler (Racc. pag. I 10239). 6 V. sentenze 13 marzo 2001, causa C-379/98, PreussenElektra (Racc. pag. I 2099, punto 38); 15 maggio 2003, causa C-300/01, Salzmann (Racc. pag. I 4899, punti 29 e 30); Flightline, gi citata (punto 21), nonch sentenza 23 aprile 2009, causa C-261/07, VTB VAB (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 32). 7 V., ad esempio, sentenza 17 maggio 1994, causa C-18/93, Corsica Ferries (Racc. pag. I 1783, punto 14). 8 Per linventario di tali situazioni, v., da ultimo, sentenza 16 dicembre 2008, causa C-210/06, Cartesio (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 67); v., ad esempio, in precedenza, sentenza 7 giugno 2007, cause riunite da C-222/05 a C-225/05, van der Weerd e a. (Racc. pag. I 4233, punto 22). 66 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 16. Condizionare lazione di responsabilit a carico dello Stato per violazione del diritto comunitario di carattere legislativo al previo esaurimento degli altri mezzi di ricorso, amministrativi e giurisdizionali, avverso latto amministrativo allorigine del danno, adottato sulla base di una legge contraria al diritto comunitario, non sembra di per s contravvenire al principio di effettivit della tutela giurisdizionale. 17. Peraltro, in virt di una giurisprudenza consolidata, la nascita di un diritto al risarcimento, che deriva dal principio della responsabilit dello Stato per danni causati ai soggetti da violazioni del diritto comunitario ad esso imputabili, subordinata unicamente al soddisfacimento di tre condizioni: la norma giuridica violata deve essere preordinata a conferire diritti ai soggetti dellordinamento, la violazione di tale norma deve essere sufficientemente qualificata ed necessario che vi sia un nesso causale diretto tra la violazione in parola e il danno subito dal soggetto leso (9). Tali condizioni sono necessarie e sufficienti per attribuire ai singoli un diritto al risarcimento (10). Pertanto, si potrebbe dedurre a priori che uno Stato membro non pu subordinare il diritto al risarcimento alla condizione che lavente diritto abbia previamente contestato la legittimit dellatto che allorigine del danno del quale chiede il risarcimento, a pena di violare il principio di effettivit della tutela giurisdizionale che alla base del principio della responsabilit degli Stati membri per violazione del diritto comunitario (11). 18. Tuttavia, la giurisprudenza controversa del Tribunal Supremo si basa sul fatto che il soggetto leso avrebbe potuto ottenere il risarcimento dellintero importo del danno allegato se avesse contestato nei termini la validit dellatto allorigine del danno. 19. Ebbene, risulta da un principio generale comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri (12) che la determinazione del danno risarcibile da parte del giudice nazionale pu dipendere dalla ragionevole diligenza manifestata dalla persona lesa nel limitare la portata del danno, ovverosia dal fatto che essa abbia tempestivamente esperito tutti i rimedi giuridici dei quali poteva ragionevolmente disporre per evitare il danno o limitarne lentit (13). 20. Daltronde, la Corte ha dichiarato, da un lato, che la ricevibilit del ricorso per responsabilit extracontrattuale della Comunit pu essere subordinata allesaurimento dei rimedi giurisdizionali nazionali di cui possibile avvalersi per ottenere lannullamento del provvedimento nazionale allorigine del danno, qualora tali rimedi giurisdizionali nazionali possano condurre al risarcimento dellasserito danno (14), e, dallaltro lato, che lazione per risarci- 9 V., per un riferimento recente, sentenza 24 marzo 2009, causa C-445/06, Danske Slagterier (non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 19 e 20). 10 V. sentenze Kbler, gi citata, (punto 57), e 5 marzo 1996, cause riunite C-46/93 e C-48/93, Brasserie du pcheur e Factortame (Racc. pag. I 1029, punto 66). 11 V. sentenza 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C 9/90, Francovich e a. (Racc. pag. I 5357). 12 V. sentenza 19 maggio 1992, cause riunite C-104/89 e C-37/90, Mulder e a./Consiglio e Commissione (Racc. pag. I 3061, punto 33). 13 V. sentenze Brasserie du pcheur e Factortame, gi citata (punti 84 e 85); 8 marzo 2001, cause riunite C-397/98 e C-410/98, Metallgesellschaft e a., (Racc. pag. I 1727, punto 101); 13 marzo 2007, causa C-524/04, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (Racc. pag. I 2107, punto 124), nonch sentenza Danske Slagterier, gi citata (punti 60-62). 14 V. sentenze 26 febbraio 1986, causa 175/84, Krohn Import Export/Commissione (Racc. pag. 753, punto 27); 29 settembre 1987, causa 81/86, De Boer Buizen/Consiglio e Commissione (Racc. pag. 3677, punto 9), nonch sentenza 30 maggio 1989, causa 20/88, Roquette frres/Commissione (Racc. p. 1553, punto 15). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 67 mento danni nei confronti della Comunit irricevibile, quando diretta contro la stessa illegittimit e tende ad ottenere lo stesso risultato patrimoniale del ricorso di annullamento dellatto dellistituzione che arreca il pregiudizio e che la persona lesa ha omesso di esperire tempestivamente (15). Ci vale, in tali due casi, se limporto delle pretese risarcitorie corrisponde allimporto che le autorit nazionali o comunitarie hanno riscosso in violazione del diritto comunitario. In qualche modo dunque, la Corte oppone al ricorso per risarcimento dei danni uneccezione di ricorso parallelo, nella misura in cui lazione di ripetizione dellindebito ovverosia, se lo si preferisce, il ricorso di annullamento del provvedimento nazionale o comunitario di tassazione dinanzi alle autorit nazionali o comunitarie avrebbe consentito la riparazione del danno in modo adeguato (16) e quando il ricorso per risarcimento danni dissimula in realt unazione di ripetizione dellindebito. 21. Ebbene, la Corte ha parimenti statuito che i presupposti in presenza dei quali sorge la responsabilit dello Stato per i danni cagionati ai singoli in conseguenza della violazione del diritto comunitario non devono essere diversi, in mancanza di specifica giustificazione, da quelli che disciplinano la responsabilit della Comunit in circostanze analoghe. Infatti, la tutela dei diritti attribuiti ai singoli dal diritto comunitario non pu variare in funzione della natura, nazionale o comunitaria, dellorgano che ha cagionato il danno (17). 22. Se si considera ora la causa principale, occorre rilevare che il danno di cui richiesto il risarcimento consiste unicamente nellimporto dellIVA, oltre agli interessi legali, che la ricorrente nella causa principale ha dovuto versare in violazione del diritto comunitario. In una simile ipotesi, per porre rimedio al danno subito sarebbe stato sufficiente che questultima agisse per la ripetizione dei tributi indebitamente versati sulla base delleffetto diretto delle disposizioni della sesta direttiva IVA violate(18). Infatti, si evince da costante giurisprudenza che il diritto di ottenere il rimborso dei tributi riscossi da uno Stato membro in contrasto con le norme di diritto comunitario la conseguenza e il complemento dei diritti riconosciuti ai singoli dalla disposizione ad effetto diretto violata (19). Dunque, la ricorrente nella causa principale avrebbe potuto chiedere, come consentito dalla normativa spagnola, entro il termine impartito di quattro anni, la rettifica delle proprie autoliquidazioni per gli esercizi 1999 e 2000 e il rimborso delle somme dellIVA indebitamente versate relativamente a tali esercizi, ma essa ha omesso di farlo. In tali circostanze, subordinando la recevibilit dellazione di risarcimento a carico dello Stato legislatore per violazione del diritto comunitario a una previa contestazione dellatto amministrativo allorigine del danno, adottato sulla base di una legge contraria al diritto comunitario, il Tribunal Supremo si limita dunque a subordinare lazione 15 V. sentenze 12 novembre 1981, causa 543/79, Birke/Commissione e Consiglio (Racc. pag. 2669, punto 28) e causa 799/79, Bruckner/Commissione e Consiglio (Racc. pag. 2697, punto 19); ordinanza 26 ottobre 1995, cause riunite C-199/94 P e C-200/94 P, Pevasa e Inpesca/Commissione (Racc. pag. I 3709, punti 26-28), nonch sentenza 14 settembre 1999, causa C-310/97 P, Commissione/AssiDomn Kraft Products e a. (Racc. p. I 5363, punto 59). 16 V. sentenza 18 gennaio 2001, causa C 150/99, Stockholm Lindpark (Racc. pag. I 493, punto 35). 17 Sentenza Brasserie du pcheur e Factortame, gi citata, punto 42; nonch sentenza 4 luglio 2000, causa C-352/98 P, Bergaderm e Goupil/Commissione (Racc. pag. I 5291, punto 41). 18 Infatti, lart. 17, n. 2 di tale direttiva si visto riconoscere un effetto diretto (v. sentenza 6 luglio 1995, causa C-62/93, BP Soupergaz, (Racc. pag. I 1883, punti 32 36). 19 V., ad esempio, sentenze 9 novembre 1983, causa 199/82, San Giorgio (Racc. pag. 3595, punto 12) e Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation, gi citata. 68 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 di responsabilit allesperimento dellazione di ripetizione dellindebito della quale la ricorrente nella causa principale avrebbe potuto avvalersi. 23. Ne segue che il fatto di subordinare la ricevibilit dellazione di risarcimento a carico dello Stato per legge contraria al diritto comunitario alla condizione che la persona lesa abbia previamente impugnato latto amministrativo fondato su tale legge non , in via di principio, contraria al principio di effettivit, poich contestando tempestivamente la validit dellatto lesivo, la vittima avrebbe potuto ottenere la riparazione dellintero danno allegato. 24. Affinch il principio di effettivit sia rispettato, altres necessario che il diritto nazionale non assoggetti il ricorso per responsabilit extracontrattuale dello Stato per violazione di carattere legislativo del diritto comunitario a modalit procedurali che rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento. Inoltre, necessario che il diritto nazionale non assoggetti lazione di ripetizione dellindebito, al cui previo esperimento subordinata la ricevibilit del suddetto ricorso per responsabilit, a modalit procedurali che rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile lesercizio di tale azione (20). 25. Si tratta quindi di accertare se il termine quadriennale decorrente dalla presentazione da parte del soggetto passivo delle proprie autoliquidazioni, nellambito del quale il diritto spagnolo circoscrive la domanda di rettifica, renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile lesercizio dellazione di ripetizione delle imposte versate in violazione del diritto comunitario. 26. Su tale punto, il diritto comunitario ammette la fissazione di termini ragionevoli a pena di decadenza per lesercizio dellazione di ripetizione dellindebito nellinteresse della certezza del diritto, che tutela nello stesso tempo il contribuente e lamministrazione interessata (21). Tali termini ragionevoli non possono essere considerati come contrari al principio di effettivit, anche se, per definizione, lo spirare di detti termini comporta il rigetto dellazione esperita (22). stato pertanto dichiarato ragionevole, in materia di ripetizione dellindebito, un termine nazionale di decadenza di tre anni che decorre dalla data del pagamento dei tributi di cui trattasi (23). 27. A maggior ragione, un termine di quattro anni, quale previsto dalla normativa spagnola, era dunque conforme al principio di effettivit, nonostante fosse gi decorso e non consentisse pi di domandare la rettifica delle autoliquidazioni relative agli esercizi 1999 e 2000 nel momento in cui la Corte ha reso la propria sentenza in cui dichiara lincompatibilit della legge spagnola con le disposizioni della sesta direttiva IVA. Infatti, lazione di ripetizione dellindebito non dipende dal previo riscontro, da parte della Corte, del contrasto dellimposizione con il diritto comunitario, dal momento che il principio del primato del diritto obbliga lam- 20 Come ricordato iterativamente dalla giurisprudenza. V., ad esempio, relativamente al ricorso per responsabilit a carico dello Stato per legge contraria al diritto comunitario, sentenze 10 luglio 1997, causa C-261/95, Palmisani (Racc. pag. I 4025, punto 27); 12 dicembre 2006, causa C-446/04, Test Claimants in the FII Group Litigation (Racc. pag. I 11753, punto 219); relativamente allazione di ripetizione dellindebito, sentenze Metallgesellschaft e a., gi citata (punto 85), nonch Test Claimants in the FII Group Litigation, gia citata (punto 203). 21 V. sentenze 16 dicembre 1976, causa 33/76, Rewe Zentralfinanz e Rewe Zentral (Racc. pag. 1989, punto 5); 17 luglio 1997, causa C-90/94, Haahr Petroleum (Racc. pag. I 4085, punto 48); 17 novembre 1998, causa C-228/96, Aprile (Racc. pag. I 7141, punto 19), nonch sentenza 28 novembre 2000, causa C-88/99, Roquette Frres (Racc. pag. I 10465, punto 22). 22 V. sentenze 2 dicembre 1997, causa C-188/95, Fantask e a. (Racc. pag. I 6783, punto 48), e 28 novembre 2000, Roquette Frres, gi citata (punto 23). 23 V. sentenza 15 settembre 1998, causa C-231/96, Edis (Racc. pag. I 4951, punti 39 e 49). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 69 ministrazione e il giudice nazionale a scartare, di propria iniziativa, senza attendere una siffatta constatazione da parte della Corte, la legge fiscale che essi ritengono contraria al diritto comunitario (24). C Il principio di equivalenza 28. Si tratta, in questa sede, di stabilire se le differenti modalit procedurali alle quali il diritto spagnolo assoggetta lazione di risarcimento a carico dello Stato legislatore, in funzione del fatto che questa si fondi sulla violazione del diritto comunitario ovvero sullinosservanza della Costituzione, non siano contrarie al principio di equivalenza. Infatti, la condizione di previo esaurimento dei mezzi di ricorso avverso latto amministrativo lesivo adottato in applicazione della legge vale solo per le azioni di risarcimento a carico dello Stato per legge contraria al diritto comunitario e non anche per quelle fondate su una legge incostituzionale. Le modalit procedurali delle prime azioni sono quindi, a priori, pi restrittive rispetto a quelle previste per le seconde. 29. Ebbene, il rispetto del principio di equivalenza impone che le condizioni fissate dal diritto nazionale in materia di risarcimento del danno non siano meno favorevoli nel caso di responsabilit fondata sul diritto comunitario rispetto a quando essa sia fondata sul diritto interno (25) o, ancora, che la modalit procedurale controversa si applichi indifferentemente ai ricorsi fondati sulla violazione del diritto comunitario e a quelli fondati sullinosservanza del diritto interno, fermo restando che uno Stato membro non tenuto ad estendere a tutte le azioni di risarcimento fondate sulla violazione del diritto comunitario la sua disciplina interna pi favorevole in materia di responsabilit (26). 30. Tuttavia, affinch il principio di equivalenza trovi applicazione, ancora necessario che i due ricorsi siano simili (27). Per poterlo stabilire, necessario procedere ad una comparazione con riguardo al loro oggetto, alla loro finalit e ai loro elementi essenziali (28). Poich chiaro che esse hanno in comune lo stesso oggetto (risarcimento del danno) e la stessa finalit (illiceit del comportamento lesivo), resta allora da stabilire se lazione per responsabilit dello Stato, fondata sulla violazione di carattere legislativo del diritto comunitario, differisca, nei suoi elementi essenziali (29), dallazione per responsabilit dello Stato per inosservanza della Costituzione da parte della legge, sicch troverebbe giustificazione il diverso trattamento procedurale applicato dal diritto spagnolo. 31. Per giustificare la differenza di trattamento procedurale tra le due azioni di responsabilit, il giudice del rinvio avanza diverse considerazioni che, in sostanza, si risolvono nel- 24 V. sentenze 9 marzo 1978, causa 106/77, Simmenthal (Racc. pag. 629) e 22 giugno 1989, causa 103/88, Costanzo (Racc. pag. 1839, punto 31). Pur nella consapevolezza dellattuale presenza in Spagna di un dibattito sulla portata e le modalit concrete di applicazione di tale obbligo comunitario (v. sentenza del Tribunal Constitucional 19 aprile 2004, n. 58/2004); note Alonso Garcia, R., CMLR 2005, pag. 535; Martn Rodrguez, P. J., Revista Espanola de Derecho Constitucional, 2004, pag. 315. 25 V. sentenze gi citate, Brasserie du pcheur e Factortame (punto 67), Palmisani (punto 27), nonch la sentenza Danske Slagterier (punto 31). 26 V., in tal senso, in merito allazione di ripetizione dellindebito, sentenza Edis, gi citata (punto 36). Va rilevato che la Corte utilizza indifferentemente le due procedure, mentre esse potrebbero non essere del tutto equivalenti (v., ad esempio, sentenza 1 dicembre 1998, causa C-326/96, Levez, Racc. pag. I 7835, punti 37 e 41). 27 Ovverosia comparabili (v. mie conclusioni nella causa van der Weerd e a., gi citata, punto 15). 28 V. sentenza 16 maggio 2000, causa C-78/98, Preston e a. (Racc. pag. I 3201, punto 57). 29 V. nello stesso senso, sentenza Palmisani, gi citata, punto 38. 70 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 lassunto che la previa contestazione dellatto amministrativo lesivo , a differenza del caso in cui il suddetto atto si fondi su una legge contraria al diritto comunitario, praticamente impossibile o eccessivamente difficile nel caso in cui tale atto sia stato adottato sulla base di una legge incostituzionale, sicch imporla quale condizione preliminare allazione di risarcimento a carico dello Stato legislatore per violazione della Costituzione condannerebbe tale ricorso allinefficacia. In definitiva, il soggetto potrebbe pi difficilmente contestare la costituzionalit di una legge che la sua compatibilit con il diritto comunitario. 32. Ci varrebbe anzitutto per via della differenza tra leffetto delle sentenze del Tribunal Constitucional che dichiarano lincostituzionalit di una legge spagnola e quello delle pronunce pregiudiziali della Corte dalle quali emergerebbe lincompatibilit di una legge nazionale con il diritto comunitario. La dichiarazione di incostituzionalit della legge determina la nullit della stessa, cio la sua scomparsa ex tunc, mentre, al contrario, una sentenza della Corte, da cui risulta lincompatibilit di una legge nazionale con il diritto comunitario non comporta di per s la nullit della suddetta legge. Ci incontestabile. 33. Tuttavia, tale argomento relativo alleffetto retroattivo della dichiarazione di nullit di una legge incostituzionale in contrasto con la logica dellargomentazione avanzata dal Tribunal Supremo a giustificazione del trattamento pi favorevole concesso alle azioni di responsabilit per leggi incostituzionali rispetto a quello applicato alle azioni di responsabilit per leggi contrarie al diritto comunitario. Tale argomento deporrebbe piuttosto a favore della (maggiore) efficacia dei mezzi di ricorso avverso latto lesivo adottato in applicazione della legge incostituzionale e imporrebbe, di conseguenza, in nome del rispetto del principio di equivalenza, il previo esaurimento quale condizione anche dellazione di responsabilit dello Stato per violazione di carattere legislativo della Costituzione. 34. Del resto, tale argomento errato in fatto. In forza di una giurisprudenza ben consolidata (30), in linea di principio, gli effetti di una pronuncia pregiudiziale di interpretazione, se si guarda al loro valore dichiarativo, sono parimenti retroattivi: linterpretazione di una norma comunitaria data dalla Corte chiarisce e precisa il significato e la portata di detta norma, quale avrebbe dovuto essere intesa e applicata dal momento della sua entrata in vigore, sicch tale interpretazione retroagisce alla data di entrata in vigore della norma interpretata e la norma di diritto cos interpretata devessere applicata anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della pronuncia della sentenza della Corte. Inoltre, come affermato dal giudice a quo e precisato in udienza dal governo spagnolo, la nullit della legge incostituzionale spagnola non determina automaticamente la nullit degli atti amministrativi adottati sulla base di questultima; spetta al giudice cui sottoposta la controversia determinare nel caso specifico la portata della nullit della legge incostituzionale. Ne deriva che il soggetto, avvalendosi della dichiarazione di nullit della legge incostituzionale, deve chiedere lannullamento degli atti amministrativi adottati sulla base della legge e, se non agisce nei termini prescritti, potrebbe eventualmente scontrarsi, per ragioni di certezza del diritto, con lautorit di cosa definitivamente giudicata. In altri termini, decorso il termine di prescrizione, un contribuente non pu pi contestare lavviso di accertamento, neanche avvalendosi di una dichiarazione di incostituzionalit della legge fiscale. Anche qualora lo stesso diritto nazionale non preveda tale possibilit, il diritto comunitario non obbliga lorgano amministrativo a rivedere una decisione perfino divenuta 30 V., da ultimo, sentenza 12 febbraio 2008, causa C-2/06, Kempter (Racc. pag. I 411, punti 35 e 36, e la giurisprudenza ivi citata). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 71 definitiva in seguito alla scadenza dei termini ragionevoli di ricorso, al fine di garantire la piena efficacia del diritto comunitario come interpretato nella pronuncia pregiudiziale posteriore, nonostante leffetto ex tunc di questultima (31). Non si ravvisa quindi una differenza significativa tra gli effetti delle dichiarazioni di incostituzionalit di una legge nazionale ad opera del Tribunal Constitucional spagnolo e quelli delle pronunce pregiudiziali di interpretazione della Corte. 35. La seconda differenza avanzata dal Tribunal Supremo, secondo la quale la previa contestazione dellatto lesivo sarebbe pi semplice quando esso adottato in applicazione di una legge contraria al diritto comunitario rispetto al caso in cui si fondi su una legge incostituzionale, legata alla presunzione di costituzionalit della quale gode la legge spagnola. Da ci derivano, infatti, due conseguenze. 36. La prima che il soggetto non titolare dellazione diretta a far valere lincostituzionalit della legge, egli pu soltanto chiedere, ma non costringere, il giudice adito a rinviare tale questione al Tribunal Constitucional. Per contro, la Corte ha dichiarato che il principio del primato del diritto obbliga il giudice nazionale investito della causa, su richiesta di una delle parti, a disapplicare una legge contraria al diritto comunitario (32). Tuttavia, la dichiarazione dellincompatibilit di una legge con una norma comunitaria dipende molto spesso dallinterpretazione che si d a questultima e il rinvio pregiudiziale alla Corte effettuato, eventualmente, allo scopo di precisare la suddetta interpretazione , anchesso, estraneo a ogni iniziativa delle parti e dipende completamente dalla valutazione sulla pertinenza e la necessit di detto rinvio compiuta dal giudice nazionale (33). Certamente, ai sensi dellart. 234 CE, i giudici nazionali le cui decisioni non sono suscettibili di ricorso, qualora si presenti una questione di interpretazione del diritto comunitario, devono rinviarne lesame alla Corte. Come noto, per, la teoria dellacte clair (34), in determinati casi e a determinate condizioni, libera il giudice nazionale supremo da tale obbligo di rimessione. Da un altro lato, la libert del giudice spagnolo di rinviare una questione di costituzionalit della legge non cos ampia. Infatti, si desume dagli artt. 163 della Costituzione spagnola e 35 della legge organica relativa al Tribunal Constitucional (35), come interpretati dallo stesso Tribunal Constitucional (36), che i soggetti, mettendo in discussione la costituzionalit di una legge dinanzi al giudice investito della causa principale, possano costringere questultimo a un previo esame e, qualora anchegli ritenga la legge incostituzionale, a rimettere la detta questione di costituzionalit della legge al Tribunal Constitucional. Le possibilit di mettere in discussione, dinanzi al giudice nazionale della causa principale, la costituzionalit della legge o la sua compatibilit con il diritto comunitario non sono molto differenti (37). Daltra parte, occorre aggiungere che il soggetto, che non abbia ottenuto dal giudice nazionale il rinvio della questione di costituzionalit della legge al Tribunal Constitucional, pu avvalersi ancora della possibilit di investire diretta- 31 V. sentenza 13 gennaio 2004, causa C-453/00, Khne & Heitz (Racc. pag. I 837). 32 V. sentenza Simmenthal, gi citata. 33 Per un riferimento recente, v. sentenze Cartesio, gi citata, punti 90 e 91, nonch Kempter, gi citata, punti 41 e 42, e giurisprudenza ivi citata. 34 Sancita dalla Corte: v. sentenza 6 ottobre 1982, causa 283/81, Cilfit e a. (Racc. pag. 3415). 35 Ley Orgnica 3 ottobre 1979, n. 2/1979 (BOE del 5 ottobre 1979, pag. 23180). 36 V. sentenza 18 aprile 1988, n. 67/1988. 37 In tal senso v. anche Alonso Garcia, R., La responsabilidad patrimonial del Estado-legislador, en especial en los casos de infraccin del Derecho Comunitario, QDL n. 19, 2009. 72 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 mente di tale questione il Tribunal Constitucional avvalendosi dello strumento del recurso de amparo (ricorso per la tutela dei diritti fondamentali), mentre non dispone evidentemente di un simile mezzo per mettere direttamente in discussione la legge riguardo al diritto comunitario n dinanzi al giudice nazionale n dinanzi alla Corte. 37. La seconda conseguenza che deriva dalla presunzione di costituzionalit di cui gode la legge spagnola che lamministrazione obbligata ad applicarla. Da ci scaturisce una presunzione di legittimit degli atti amministrativi che ne derivano. Detto in altri termini, ogni ricorso amministrativo inteso a mettere in discussione un atto amministrativo, a motivo dellincostituzionalit della legge che esso applica, deve essere respinto. Per contro, il principio del primato del diritto obbliga non soltanto il giudice nazionale ma altres lamministrazione nazionale a disapplicare una legge contraria al diritto comunitario (38) e, di conseguenza, ad accogliere un ricorso amministrativo presentato avverso il provvedimento amministrativo da essa derivato. 38. Tuttavia, le due situazioni non sono realmente comparabili. La presunzione di costituzionalit della legge nazionale deriva dallautorit superiore allamministrazione riconosciuta al legislatore per interpretare la Costituzione. Soltanto il giudice costituzionale pu vincere tale presunzione in un sistema centralizzato di controllo di costituzionalit. Si tratta della conseguenza della separazione dei poteri interna allordinamento costituzionale di tale Stato. Ma, quando lamministrazione deve dirimere un conflitto tra norme nazionali e comunitarie, essa non agisce pi esclusivamente nellambito del proprio ordinamento costituzionale interno. Al contrario, essa deve confrontarsi con due volont legislative opposte, provenienti da due ordinamenti giuridici differenti sebbene integrati, e che si vedono riconoscere delle presunzioni di validit differenti. questa la ragione per la quale il rispetto della legge nazionale che lamministrazione deve osservare nellambito dellordinamento costituzionale interno non pu essere puramente e semplicemente trasposto nellambito delle relazioni tra tale ordinamento giuridico e lordinamento giuridico comunitario. Considerato in s, lobbligo per lamministrazione nazionale di non applicare norme nazionali incompatibili con il diritto comunitario, di qualunque tipo esse siano, non deriva da unipotetica presunzione inversa di incompatibilit del diritto nazionale con il diritto comunitario. Piuttosto, a causa del fatto che, nellordinamento giuridico comunitario, gli atti comunitari godono di una presunzione di validit pari a quella di cui godono le leggi nazionali nellordinamento giuridico interno, che lamministrazione deve disporre di un criterio per dirimere il conflitto tra il diritto comunitario e une legge nazionale allorquando essa si confronta con esso. Tale criterio fornito dal principio del primato del diritto. Pertanto, quando lamministrazione disapplica una legge nazionale contraria al diritto comunitario, essa non fa venir meno la presunzione di validit delle leggi nazionali n pregiudica il principio costituzionale interno di separazione dei poteri. Al contrario, essa di fronte ad unequivalente presunzione di validit della norma comunitaria e risolve tale conflitto sulla base del principio del primato del diritto comunitario. In ogni caso, anche se i presupposti sono diversi e che, dunque, le due situazioni possono essere difficilmente comparate dal punto di vista dei principi, si ha che, sul piano pratico, il soggetto gode nei confronti dellamministrazione di una protezione contro la legge contraria al diritto comunitario della quale non gode contro la legge incostituzionale. 38 V. sentenze Costanzo, gi citata (punto 31), e 9 settembre 2003, causa C-198/01, CIF (Racc. pag. I 8055, punto 49). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 73 39. Tuttavia non chiaro se le possibilit pi limitate delle quali dispongono i soggetti per contestare la costituzionalit di una legge in funzione della presunzione di costituzionalit della quale gode questultima, confrontate a quelle per contestare la compatibilit di una legge con il diritto comunitario, siano tali da giustificare che lazione per responsabilit dello Stato legislatore per violazione del diritto comunitario sia subordinata al previo esaurimento di tutti i mezzi di ricorso, amministrativi e giurisdizionali, avverso latto amministrativo lesivo, adottato in applicazione della legge, contrariamente a quanto accade per la responsabilit dello Stato legislatore per la violazione della Costituzione. 40. Come si visto, in realt, solo dinanzi allamministrazione che la tutela contro la legge incompatibile con il diritto comunitario incontestabilmente pi forte rispetto alla tutela contro la legge incostituzionale. A pena di violare il principio comunitario di equivalenza, una simile differenza non tuttavia tale da giustificare la subordinazione dellazione di risarcimento a carico dello Stato per violazione di carattere legislativo del diritto comunitario al previo esaurimento di tutti i mezzi di ricorso non soltanto amministrativi ma anche giurisdizionali avverso latto amministrativo adottato sulla base della legge, mentre tale condizione non imposta nel caso di azione di risarcimento per una legge che violi la Costituzione. III Conclusione 41. Alla luce delle suesposte considerazioni, ritengo che la questione sollevata dal Tribunal Supremo vada risolta nel modo seguente: 1) Subordinare lazione di risarcimento a carico dello Stato per violazione di carattere legislativo del diritto comunitario alla previa contestazione della validit dellatto amministrativo, adottato in applicazione della legge, non contrario al principio di effettivit, in quanto attraverso la tempestiva contestazione della validit di detto atto amministrativo, il soggetto avrebbe potuto ottenere la riparazione dellintero danno allegato. 2) Subordinare lazione di risarcimento a carico dello Stato per violazione di carattere legislativo del diritto comunitario alla previa contestazione della validit dellatto amministrativo adottato in applicazione della legge contrario al principio di equivalenza, in quanto lazione per responsabilit dello Stato per violazione di carattere legislativo della Costituzione non subordinata a una tale condizione e le possibilit di contestare latto amministrativo adottato in applicazione della legge non sono significativamente diverse a seconda che si contesti la sua costituzionalit o la sua conformit al diritto comunitario. 74 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 Dossier Titolarit e gestione delle farmacie nella normativa comunitaria ed italiana di Flaminia Giovagnoli* SOMMARIO: 1. Premessa; -2. Le farmacie private; -3. Le farmacie comunali; -4. Lintervento della Corte Costituzionale, 8-24 luglio 2003, n. 275; -5. Le principali novit del decreto Bersani e la Circolare del Ministero della salute del 3 ottobre 2006, n. 3; -6. Il Consiglio di Stato Sez. V, 8 maggio 2007, n. 2118; -7. Il parere della Corte dei Conti, Sez. Reg. di Controllo per la Puglia del 27 febbraio 2008, n. 3; -8. La direttiva 2005/36/CE sul riconoscimento delle qualifiche professionali e il decreto legge di recepimento del 6 novembre 2007, n. 206; -9. La sentenza della Corte di Giustizia delle Comunit europee nella causa C-531/06 del 19 maggio 2009; -10. Le conclusioni dellAvvocato generale nelle cause riunite C-570/07 e C-571/07. 1. Premessa Il presente lavoro si propone di offrire un quadro quanto pi esaustivo e chiaro della disciplina relativa alla titolarit e gestione delle farmacie in Italia. Ad una breve disamina delle due possibili forme di esercizio, luna relativa alle farmacie private e laltra alle farmacie comunali, seguir un necessario rinvio alla giurisprudenza nazionale pertinente e la trattazione della recente e fondamentale sentenza C-531/06 della Corte di Giustizia (1) secondo cui la normativa nazionale vigente in Italia compatibile con il Trattato delle Comunit Europee e con le finalit ivi contenute, non essendo ravvisabile alcuna vioalzione degli articoli 43 e 56 TCE. 2. Le farmacie private La gestione delle farmacie private attualmente disciplinata in numerosi provvedimenti legislativi ed in particolare nella legge 8 novembre 1991 n. 362 contenente le norme di riordino del settore farmaceutico (2) e nella legge 2 aprile 1968 n. 475 relativa alle disposizioni concernenti il servizio farmaceutico (3). La normativa prevede che la titolarit di una farmacia possa essere conse- (*) Dottore in Giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. (1) Pubblicata integralmente in Rassegna n. 2/09, 141 e ss., e riproposta per comodit del lettore in appendice al presente articolo per le parti pi rilevanti. (2) GU n. 269 del 16 novembre 1991. (3) GU n. 107 del 27 aprile 1968. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 75 guita con procedure concorsuali, organizzate dalle Regioni e dalle Province Autonome di Trento e Bolzano, riservate ai cittadini degli Stati membri in possesso di diritti civili e politici ed iscritti allalbo professionale dei farmacisti o a societ di persone e a societ cooperative a responsabilit limitata (4). Requisiti indispensabili per la titolarit della farmacia, sono la laurea in farmacia e liscrizione al relativo albo (5). Nel caso in cui il titolare della farmacia sia una societ, la direzione della stessa affidata ad uno dei soci che ne responsabile e di preminente importanza il principio per cui la partecipazione alla societ incompatibile con qualsiasi altra attivit esplicata nel settore della produzione (6), intermediazione e informazione scientifica del farmaco. Alle societ titolari fatto divieto di essere titolari dellesercizio di pi di quattro (7) farmacie ubicate nella provincia ove ha sede legale la societ. Per quanto concerne le vicende successorie nella titolarit dellesercizio basti ricordare che, in caso di acquisto a titolo di successione (8) di una partecipazione in una societ, qualora vengano meno i requisiti prescritti, lavente causa cede la quota di partecipazione nel termine di due anni dallacquisto. Tale termine si applica anche per la vendita della farmacia privata da parte degli aventi causa ai sensi del dodicesimo comma dellarticolo 12 della legge 2 aprile 1968, n. 475. 3. Le farmacie comunali Per quanto riguarda la gestione delle farmacie comunali, cos denominata perch il titolare il Comune mentre laffidatario del servizio un socio privato (9), occorre far riferimento al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, testo (4 ) La legge 4 agosto 2006 n. 248 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonch interventi in materia di entrate e di contrasto allevasione fiscale, allarticolo 5 ha eliminato il periodo che gestiscano farmacie anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge cos come previsto nellarticolo 7, comma 1 della legge 8 novembre 1991, n. 362. (5) La legge 4 agosto 2006 n. 248, articolo 5 ha riformato larticolo 7, comma 2 della legge 8 novembre 1991, n. 362 ove era previsto che la gestione delle farmacie private fosse riservata ai farmacisti iscritti allalbo della Provincia in cui ha sede la farmacia. (6) La legge 4 agosto 2006 n. 248, articolo 5, ha soppresso, dopo la parola produzione, il termine distribuzione dellarticolo 8, comma 1 a) della legge 8 novembre 1991, n. 362. (7) La legge 4 agosto 2006 n. 248, articolo 6 ter, ha elevato il numero massimo di farmacie di cui la societ pu essere titolare, da uno - come previsto nellarticolo 7, comma 5 della legge 8 novembre 1991, n. 362 - a quattro. (8) La legge 4 agosto 2006 n. 248, articoli 9 e 10 ha modificato i commi 9 e 10 dellarticolo 7 della legge 8 novembre 1991, n. 362. Cfr. infra paragrafo 5. (9) Allente locale spetta la titolarit della farmacia, con gli ampi poteri di cui sopra, mentre la gestione di competenza del socio privato. Anche qualora la partecipazione al capitale societario sia prevalentemente privata, il comune assicura la prevalenza dellinteresse pubblico. Su tali profili la Repubblica italiana stata invitata dalla Commissione a rispondere al quesito entro il 30 giugno 2008 in merito alla causa C-531/06, causa che verr approfondita nel paragrafo 9. 76 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL) (10) e specificatamente allarticolo 116, comma 1, ivi contenuto (11). Ai sensi e per leffetto di tale disposizione Gli enti locali possono, per lesercizio di servizi pubblici (12) costituire apposite societ per azioni senza il vincolo della propriet pubblica maggioritaria, anche in deroga a disposizioni di legge specifiche. In ragione di ci dunque i comuni possono costituire societ per azioni i cui soci non debbono essere necessariamente farmacisti nel rispetto dei seguenti limiti. La scelta del socio privato di maggioranza deve avvenire con procedure ad evidenza pubblica, latto costitutivo delle societ deve prevedere lobbligo dellente locale di nominare uno o pi amministratori e sindaci (13) ed inoltre, nel caso di servizi pubblici locali, una quota delle azioni pu essere destinata allazionariato diffuso e resta comunque sul mercato. Lente pubblico quindi chiamato a svolgere una serie di controlli e ad assicurare il rispetto delle prescrizioni imposte per una gestione del servizio a tutela della collettivit in ossequio ai principi di efficienza ed economicit. Il rapporto tra il Comune e il socio privato prescelto viene puntualmente regolato di volta in volta e diviene oggetto di controlli, decadenze e sanzioni rimesse alla volont dellente locale (14). Questultimo quindi, dotato di forti poteri pubblicistici e nel rispetto degli obblighi imposti dal codice civile, dal TUEL e dalla pertinente normativa, si assume una importante responsabilit, a tutela dellinteresse pubblico della salute nei confronti della collettivit, destinataria e fruitrice del servizio. 4. Lintervento della Corte Costituzionale, 24 luglio 2003, n. 275 Un intelligente ed approfondito esame della citata disciplina delle farmacie comunali non pu prescindere da un rinvio al fondamentale intervento (10) GU n. 227 del 28 settembre 2000. (11) La normativa relativa alle modalit di gestione delle farmacie comunali stata oggetto nel corso del tempo di una serie di modifiche. In origine si fatto ricorso allo strumento delle aziende speciali e delle gestioni in economia (come prevedeva il r.d. n. 2578 del 1925) ed in un secondo momento, con legge n. 142 del 1990 stato introdotto lo strumento delle societ di capitali a prevalente capitale pubblico. Al riguardo, il legislatore dapprima ha previsto la possibilit di costituire societ per azioni tra il Comune ed i farmacisti in servizio presso la farmacia di cui il Comune abbia acquisito la titolarit, come previsto nellarticolo 9 della legge n. 475 del 1968, in seguito modificato dallarticolo 10 della legge n. 362 del 1991 e successivamente, come sottolineato dal remittente, ha previsto la costituzione di societ per azioni anche con prevalente capitale privato e senza predeterminazione legale dei soci ai sensi dellarticolo 116 del decreto legislativo n. 267 del 2000. (12) Il servizio farmaceutico un servizio pubblico. LAdunanza Plenaria del Consiglio di Stato con ordinanza n. 1 del 30 marzo 2000 ha statuito che Il titolare di una farmacia va considerato gestore di pubblico servizio in senso tecnico, ovverosia quello sanitario. (13) Il Comune concorre alla formazione della volont della societ, rappresentato nel consiglio di amministrazione e fa parte dellorgano di controllo interno. (14) Resta affidato alla volont e alla disponibilit del Comune il potere di modificare ed estinguere il rapporto con la societ cui il servizio affidato. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 77 della Corte Costituzionale nella sentenza del 7 agosto 2003 n. 275. In questa occasione (15) la Consulta ha dichiarato lillegittimit costituzionale dellarticolo 8, comma 1, lett. a) della legge 8 novembre 1991, n. 362, nella parte in cui non prevede che la partecipazione a societ di gestione di farmacie comunali sia incompatibile con qualsiasi altra attivit nel settore della produzione, distribuzione, intermediazione e informazione scientifica del farmaco. La ratio dellillegittimit costituzionale della norma citata evidente. Il Giudice ha voluto evitare ex ante il possibile conflitto di interessi derivante dalla sovrapposizione dell'attivit di produzione e distribuzione del farmaco all'ingrosso con l'attivit di gestione della farmacia. Prima di tale pronuncia la situazione di incompatibilit e pericolo era vietata dalla specifica normativa solo nei confronti della persona fisica titolare della farmacia, mentre nessun analogo divieto vigeva invece per le farmacie comunali, alla cui gestione potevano partecipare anche societ operanti nel settore della produzione e commercializzazione del farmaco. Tale diverso trattamento apparso del tutto ingiustificato e irragionevole al giudice costituzionale che, premesso il comune interesse pubblico di tutela del bene salute in entrambe le gestioni del servizio, ha sostanzialmente uniformato la disciplina. Per tali ragioni, la norma censurata stata dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui non prevede che la partecipazione a societ di gestione di farmacie comunali incompatibile con qualsiasi altra attivit nel settore della produzione, distribuzione (16), intermediazione ed informazione scientifica del farmaco. 5. Le principali novit del decreto Bersani e la Circolare del Ministero della salute del 3 ottobre 2006, n. 3 Come si avuto modo di comprendere sinora, la normativa nazionale nel settore del servizio pubblico farmacie in continua evoluzione. I principali riferimenti legislativi sono per tre: la legge 8 novembre 1991 n. 362 (norme di riordino del settore farmaceutico), la legge 2 aprile 1968 n. 475 (norme concernenti il servizio farmaceutico), nonch il decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267 (testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali - TUEL). Ai fini che ci interessano in questa sede, assume profili di notevole ri- (15) Il TAR della Lombardia, con ordinanza depositata il 26 luglio 2002, ha sollevato con riferimento agli articoli 3 e 32 della Costituzione, questione di legittimit costituzionale dellarticolo 8, comma 1, lett. a) della legge 8 novembre 1991, n. 362, in relazione allarticolo 9 della medesima legge [recte: della legge 2 aprile 1968, n. 475], nella parte in cui non estende alle societ che prendono parte alla gestione delle farmacie comunali il divieto, previsto per i farmacisti privati, di partecipare all'attivit di produzione, distribuzione, intermediazione e informazione scientifica del farmaco. (16) Cfr. supra nota 6. 78 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 lievo la legge n. 248 del 4 agosto 2006 (17) che ha convertito in legge il decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 Decreto Bersani (18), predisponendo allarticolo 5 le misure urgenti nel campo della distribuzione dei farmaci (19). Prima dellentrata in vigore della nuova disciplina, ai sensi dellarticolo 7, commi 5, 6 e 7 della legge 362 del 1991, la gestione delle farmacie private era riservata ai farmacisti iscritti allalbo della provincia in cui aveva sede lesercizio. Per quanto riguardava le societ titolari di farmacia, era previsto che ciascuna societ potesse essere titolare di una sola farmacia ed ottenere la relativa autorizzazione purch la farmacia fosse ubicata nella provincia ove aveva sede la societ ed infine che il farmacista potesse essere socio di una sola farmacia. La nuova disciplina ha eliminato tali commi e le prescrizioni ivi contenute, con la previsione allarticolo 6 ter circa la possibilit per le societ di essere titolari dellesercizio di non pi di quattro farmacie ubicate ove la stessa ha la sede legale. Anche il regime di acquisto a titolo successorio profondamente mutato: prima larticolo 9 della citata legge stabiliva che in caso venissero meno i requisiti richiesti per la titolarit lavente causa dovesse cedere la partecipazione nel termine di tre anni dallacquisizione. Mentre nel caso in cui lavente causa era il coniuge, ovvero lerede in linea retta entro il secondo grado, il suddetto termine veniva differito al compimento del trentesimo anno di et dellavente causa, ovvero, se successivo, al termine di dieci anni (20) dalla data di acquisizione della partecipazione, ci valendo anche in caso di esercizio della farmacia privata da parte degli aventi causa (21). La nuova formulazione prevede allarticolo 9 che, qualora vengano meno i requisiti prescritti, lavente causa cede la quota di partecipazione nel termine di due anni dallacquisto, ci valendo anche per la vendita della farmacia privata da parte degli aventi causa del farmacista. Premesso ci, per completezza di informazione occorre rilevare che la nuova disciplina, integrata e specificata nella Circolare del Ministero della Salute del 3 ottobre 2006 n. 3, ha previsto la possibilit di vendita di alcuni tipi di medicinali al di fuori delle farmacie, ponendo sempre e comunque lac- (17) GU n. 153 del 4 luglio 2006. (18) GU n. 186 dell11 agosto 2006. Tale decreto, noto anche come decreto sulle liberalizzazioni, contiene varie misure finalizzate alla tutela del consumatore, alla promozione di assetti concorrenziali, al rilancio delleconomia e delloccupazione attraverso la liberalizzazione di attivit imprenditoriali e la creazione di nuovi posti di lavoro. (19) Si veda anche la Circolare del Ministero della Salute n. 3 del 30 ottobre 2006 relativa alla vendita di alcune tipologie di medicinali al di fuori della farmacia: applicazione dellarticolo 5, commi 1, 2, 3, 3 bis e 4 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, GU n. 232 del 5 ottobre 2006 (da ora in poi abbreviato in Circolare). (20) Il predetto termine di dieci anni applicabile esclusivamente nel caso in cui lavente causa, entro un anno dalla data di acquisizione della partecipazione, si iscriva ad una facolt di farmacia in qualit di studente presso ununiversit statale o abilitata a rilasciare titoli aventi valore legale. (21) Articolo 12, comma 12 della legge dell8 novembre 1991 n. 362. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 79 cento sulla necessaria presenza e competenza del farmacista nel rapporto con il pubblico. La vendita al pubblico negli esercizi commerciali di cui allarticolo 4, comma 1, d) ed e) del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 114 (22) pu essere effettuata, per quanto concerne i farmaci da banco o da automedicazione e tutti i farmaci e prodotti non soggetti a prescrizione medica (23), previa comunicazione al Ministero della Salute e alla Regione della sede dellesercizio dellattivit (24). Tale vendita consentita durante lorario di apertura dellesercizio, in un apposito reparto (25), alla presenza (26) e assistenza necessaria di uno o pi farmacisti abilitati e iscritti allordine di appartenenza (27). Infine sono vietati concorsi e operazioni a premio, nonch vendite sottocosto aventi ad oggetto i farmaci. Relativamente alla distribuzione, fatta salva la possibilit per ciascun distributore di determinare lo sconto sul prezzo indicato dal produttore o dal distributore sulla confezione del farmaco, purch questo sia esposto in modo chiaro e leggibile al consumatore e sia praticato a tutti gli acquirenti. (22) La Circolare prevede tre tipologie di esercizi commerciali allarticolo 1. Gli esercizi di vicinato: aventi superficie di vendita non superiore a 150 mq. nei Comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e a 250 mq. nei Comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti; le medie strutture di vendita: gli esercizi aventi superficie superiore ai limiti di cui al punto precedente e fino a 1.500 mq. nei Comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e a 2.500 mq. nei Comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti ed infine le grandi strutture di vendita: gli esercizi aventi superficie superiore ai limiti di cui al punto precedente. (23) Si veda larticolo 2 della Circolare. (24) Larticolo 7 della Circolare chiarisce che ҏ opportuno che la comunicazione inviata al Ministero della Salute, priva degli allegati, sia trasmessa anche a tale agenzia. Poich inoltre la vigilanza sulla vendita al pubblico negli esercizi commerciali, ai sensi della normativa sul commercio, di competenza dei comuni, appare necessario, al fine di consentire lespletamento delle relative funzioni amministrative in materia di commercio, che la comunicazione di avvio dellattivit di vendita dei farmaci sia inviata per conoscenza anche al Comune dove ha sede lesercizio. Cfr. articolo 1 del decreto Bersani. (25) Ai sensi dellarticolo 5 della Circolare per apposito reparto deve intendersi uno spazio dedicato esclusivamente alla vendita e conservazione dei medicinali da banco o da automedicazione e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a prescrizione medica. Tale spazio dedicato pu assumere forme diverse in base al tipo di esercizio commerciale in cui ha luogo la vendita. Pu trattarsi di un apposito corner oppure di un singolo scaffale o anche di una parte di uno scaffale, purch gli spazi siano chiaramente separati in modo da escludere la commistione con altri tipi di prodotti (26) Nellarticolo 3 della Circolare disposto che La presenza del farmacista deve essere garantita per tutto lorario di apertura dell'esercizio commerciale. Anche se non tenuto a consegnare personalmente a tutti i clienti ogni singola confezione di medicinale, il farmacista obbligato ad una assistenza attiva del cliente, mediante consigli, ove richiesti, ma anche ove riscontri un'incertezza nel comportamento del cliente. E opportuno che il farmacista indossi il distintivo professionale adottato dalla Federazione nazionale degli ordini dei farmacisti che riporta il caduceo. In ogni caso il farmacista deve distinguersi chiaramente da eventuale altro personale che lavori nellapposito spazio. E opportuno che il titolare dellesercizio commerciale comunichi allordine dei farmacisti territorialmente competente le generalit del farmacista o dei farmacisti che svolgono le attivit di cui allarticolo 5, comma 2 del decreto legge n. 223 del 4 luglio 2006, provvedendo in seguito agli eventuali, necessari aggiornamenti della comunicazione. (27) Articolo 2 del decreto Bersani. 80 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 6. Il Consiglio di Stato Sez. V, 8 maggio 2007, n. 2118 Il rilievo e il merito dellintervento in materia del Consiglio di Stato consiste nellapplicazione chiara e puntuale della normativa sulla titolarit della farmacia in caso di gestione provvisoria ereditaria, offrendo al giudice amministrativo loccasione per sottolineare che gli eredi del de cuius possono solo continuarne lesercizio provvisorio, non essendo n titolari n responsabili di esso. Tale situazione rappresenta nella normativa nazionale una forma di gestione di farmacie da parte di soggetti non farmacisti. E previsto che la farmacia ereditata deve essere gestita, per tutto il periodo transitorio, sotto la responsabilit di un farmacista laureato. Pertanto gli eredi non possono, in tale contesto, essere assimilati ad altri gestori che non possiedono la qualit di farmacisti. Si deve inoltre rilevare che detta eccezione ha soltanto effetti temporanei. Infatti gli eredi devono effettuare di regola il trasferimento dei diritti di gestione della farmacia ad un farmacista nel termine di un solo anno. Soltanto nel caso di una partecipazione ad una societ di gestione di una farmacia costituita da farmacisti, gli aventi diritto dispongono di un termine pi lungo per la sua cessione ossia tre anni a decorrere dallacquisto della partecipazione. Tali eccezioni sono quindi volte a consentire agli aventi diritto di cedere la farmacia ad un farmacista entro un termine che non risulta irragionevole. Nel caso deciso dal Consiglio di Stato lappellante era subentrata nella titolarit della farmacia a seguito del decesso del marito. In tale qualit, la ricorrente rivendicava il diritto a percepire lindennit di residenza per sedi disagiate, negatole dallASL de lAquila, che aveva ritenuto che detta indennit spettasse al direttore responsabile della farmacia. La ricorrente sosteneva invece che lemolumento in questione le competesse in quanto titolare della farmacia (28). Il TAR Abruzzo, sede de LAquila, con sentenza n. 435 del 31 luglio 2002 respingeva il ricorso. La ricorrente quindi proponeva appello avverso la sentenza di primo grado, deducendone lerroneit e lingiustizia e chiedendone lannullamento e/o la riforma, per erronea interpretazione degli articoli 2 e 3 della legge 8 marzo 1968, n. 221 (29). Senza voler indugiare sulla disciplina in materia di farmacie rurali, il Consiglio di Stato ha respinto (28) Oggetto della doglianza era la spettanza dellemolumento al direttore della farmacia. Secondo la ricorrente tale beneficio economico spetta solo quando tale figura sostituisca il titolare nei casi consentiti (infermit, ferie, servizio militare, ecc.) dai quali esula il caso in cui il direttore sostituisca stabilmente il titolare, comՏ nella specie. (29) Larticolo 1 della legge 8 marzo 1968, n. 221 stabilisce che le farmacie sono classificate in due categorie. Accanto alle farmacie urbane, situate in Comuni o centri abitati con popolazione superiore a 5.000 abitanti, sono previste le farmacie rurali ubicate in comuni, frazioni o centri abitati con popoazione non superiore a 5.000 abitanti. Non vengono classificate farmacie rurali quelle che si trovano nei quartieri periferici delle citt, congiunti a queste senza discontinuit di abitanti. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 81 e, per leffetto, confermato la sentenza impugnata sulla scorta delle seguenti considerazioni quando la normativa discorre di titolare di farmacia, cui spetti lindennit, intende riferirsi al farmacista iscritto allalbo relativo e che conduce in concreto lesercizio farmaceutico (30) la gestione di una farmacia non pu che essere curata da un soggetto in possesso del relativo diploma di laurea e della iscrizione al relativo albo secondo larticolo 12 della legge del 2 aprile 1968, n. 475, il quale stabilisce che nel caso di morte del titolare gli eredi possono entro un anno effettuare il trapasso della titolarit della farmacia a favore di farmacista iscritto nellalbo professionale, che abbia conseguito la titolarit o che sia risultato idoneo in un precedente concorso. Durante tale periodo gli eredi hanno diritto di continuare lesercizio in via provvisoria sotto la responsabilit di un direttore. 7. Il parere della Corte dei Conti, Sez. Reg. di Controllo per la Puglia del 27 febbraio 2008, n. 3. In materia di gestione delle farmacie comunali e nello specifico di societ partecipate da amministrazioni pubbliche, appare interessante anche il contributo della Corte dei Conti a cui si rivolto il Sindaco del Comune di Bitonto. Il sindaco, incerto sullinterpretazione ed applicazione dellarticolo 3, comma 27 della legge del 24 dicembre 2007 n. 244 (31), chiedeva al giudice (32) se, dallinterpretazione del citato articolo, derivasse per il Comune limpossibilit (30) Nella specie lappellante, essendo subentrata insieme ai figli nella titolarit della farmacia jure successionis dal proprio marito deceduto, ha dovuto conferire incarico lavorativo ad un farmacista sostituto che ha assunto la responsabilit della gestione dellesercizio e al quale compete lindennit di residenza, in quanto in concreto gestisce la farmacia. (31) Si tratta della legge 24 dicembre 2007, n. 244 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008). GU n. 300 del 28 dicembre 2007. Larticolo 3, comma 27, della legge finanziaria per il 2008 cos dispone: al fine di tutelare la concorrenza e il mercato, le amministrazioni di cui allarticolo 1, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, non possono costituire societ aventi per oggetto attivit di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalit istituzionali, n assumere o mantenere direttamente o indirettamente partecipazioni, anche di minoranza in tali societ. E sempre ammessa la costituzione di societ che producono servizi di interesse generale e lassunzione di partecipazioni in tali societ da parte delle amministrazioni di cui allarticolo 1, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, nellambito dei rispettivi livelli di competenza. (32) La Corte dei Conti pu rendere pareri in materia di contabilit pubblica, ai sensi dellarticolo 7, comma 8 della legge 5 giugno 2003 n. 131 Disposizioni per ladeguamento dellordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3. GU n. 132 del 10 Giugno 2003. Larticolo dispone infatti che Le Regioni possono richiedere ulteriori forme di collaborazione alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti ai fini della regolare gestione finanziaria e dellefficienza ed efficacia dellazione amministrativa, nonch pareri in materia di contabilit pubblica. Analoghe richieste possono essere formulate, di norma tramite il Consiglio delle autonomie locali, se istituito, anche da Comuni, Province e Citt metropolitane. 82 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 di assumere la gestione di farmacie mediante la costituzione di societ di capitali e se tale attivit fosse qualificabile come strettamente necessaria al perseguimento delle finalit istituzionali dellente oppure come servizio di interesse generale. Oggetto della richiesta di parere dunque la concreta qualificazione dellattivit di gestione delle farmacie comunali mediante lutilizzo del modello societario previsto dallarticolo 9 della legge n. 475 del 1968 che consente ai comuni di ottenere, per met, la titolarit delle farmacie che si rendono vacanti e di quelle di nuova istituzione a seguito di revisione della pianta organica (33). Il giudice osserva preliminarmente che in materia di societ partecipate la novella legislativa - tesa ad operare una riduzione del fenomeno della proliferazione di societ pubbliche o miste, considerato una delle cause dellincremento della spesa pubblica degli enti locali - prevede due tipologie di societ partecipate espressamente consentite: le societ che svolgono attivit strettamente necessarie alle finalit istituzionali degli enti e le societ che producono servizi di interesse generale. Orbene la Sezione di controllo ha deciso che lattivit di gestione delle farmacie comunali esercizio di un pubblico servizio trattandosi, in particolare, di unattivit rivolta a fini sociali, secondo il disposto dellarticolo 112 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267 che consente agli enti locali, nellambito delle rispettive competenze, di provvedere alla gestione dei servizi pubblici che abbiano ad oggetto la produzione di beni ed attivit rivolte a realizzare fini sociali ed a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunit locali. Logico corollario di quanto finora esposto che rimane affidata alla valutazione dellorgano consiliare linquadramento della farmacia comunale tra le societ che perseguono finalit istituzionali dellEnte o tra le societ rivolte alla produzione di servizi di interesse generale. Detto ci, la Sezione esclude che tale partecipazione possa ritenersi vietata in ragione del fatto che le farmacie comunali sono destinate a fornire un pubblico servizio in favore della collettivit generale. 8. La direttiva 2005/36/CE sul riconoscimento delle qualifiche professionali e il decreto legge di recepimento del 6 novembre 2007, n. 206 La direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 settembre 2005 (34), relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali assume un ruolo di primaria importanza nel favorire la mobilit del prestatore (33) La gestione di tali farmacie pu avvenire in economia, a mezzo di aziende speciali o di consorzi tra comuni e mediante societ di capitali. (34) GU L. 255 del 30 settembre 2005. Il decreto legislativo 6 novembre 2007 n. 206 il decreto di attuazione di tale direttiva, GU n. 261 del 9 novembre 2007. La direttiva disciplina il riconoscimento IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 83 di servizi negli Stati membri, con la predisposizione di una serie di strumenti che assicurano il riconoscimento automatico dei titoli di formazione (35). A tale fine anche lesercizio dellattivit professionale di farmacista disciplinato nella sezione II, allarticolo 45 (36) della direttiva citata nonch del decreto legislativo di recepimento del 6 novembre 2007 n. 206, sezione VII, articoli 50 e 51. La normativa nazionale per quanto concerne la formazione del farmacista prevede che l'ammissione alla formazione di farmacista subordinata al possesso di un diploma di scuola secondaria superiore che dia accesso, per tali studi, alle universit. Il titolo di formazione di farmacista sancisce una formazione della durata di almeno cinque anni, di cui almeno quattro anni d'insegnamento teorico e pratico a tempo pieno in una universit, un istituto superiore di livello riconosciuto equivalente o sotto la sorveglianza di una universit e sei mesi di tirocinio in una farmacia aperta al pubblico o in un ospedale sotto la sorveglianza del servizio farmaceutico di questultimo, di modo che acquisisca le necessarie conoscenze e competenze (37) . delle qualifiche professionali per laccesso alle professioni regolamentate coperte dalle direttive Sistemi generali 89/48/CEE, 92/51/CEE, 99/42/CE e dalle direttive settoriali 77/452/CEE, 77/453/CEE, 78/686/CEE, 78/1026/CEE, 78/1027/CEE, 80/154/CEE, 85/155/CEE, 85/384/CEE, 85/432//CEE, 85/433/CEE e 93/16/CEE riguardanti le professioni di infermiere professionale, odontoiatra, veterinario, ostetrica, architetto, farmacista e medico. (35) Un breve rinvio alla Direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno direttiva Bolkestein, dal nome del Commissario europeo per il mercato interno Frits Bolkestein che ne ha curato la redazione, appare opportuno. La direttiva basata sugli articoli 47 n. 2 e 55 del TCE. Il principio della libera circolazione dei servizi, uno dei quattro pilastri del mercato comune sancito per la prima volta 50 anni fa con il Trattato di Roma, sembra oggi un obiettivo possibile in virt della Direttiva 2006/123 del 12 dicembre 2006. Per creare un vero mercato dei servizi entro il 2010, termine stabilito dallAgenda di Lisbona, la direttiva Bolkestein si propone di fissare un quadro giuridico che consenta la liberalizzazione dei servizi al fine di fare dellUnione Europea leconomia basata sulla conoscenza pi competitiva e pi dinamica del mondo. Il campo di applicazione della disciplina riguarda la libert di stabilimento e la libert di circolazione dei servizi, dato che gli ostacoli alla libera circolazione sono riscontrati per il prestatore di servizi, ossia qualsiasi persona fisica o giuridica che esplica unattivit economica non salariata e dietro retribuzione, a prescindere dal fatto che intenda stabilirsi in uno Stato membro diverso da quello di provenienza. (36) Larticolo 45 della direttiva sostanzialmente riprodotto nellarticolo 51 del decreto di attuazione e stabilisce che Gli Stati membri fanno s che i possessori di un titolo di formazione in farmacia, a livello universitario o equivalente, siano autorizzati ad accedere e a esercitare almeno le seguenti attivit, con leventuale riserva di una esperienza professionale complementare: preparazione della forma farmaceutica di medicinali, fabbricazione e controllo di medicinali, controllo di medicinali in un laboratorio di medicinali, immagazzinamento, conservazione e distribuzione di medicinali nella fase di commercio allingrosso e nelle farmacie aperte al pubblico e negli ospedali, nonch diffusione di informazioni e consigli nel settore medicinali. (37) Tale formazione non pu prescindere da adeguate conoscenze dei medicinali e delle sostanze utilizzate per la loro fabbricazione, della tecnologia farmaceutica e del controllo fisico, chimico, biologico e microbiologico dei medicinali, del metabolismo e degli effetti dei medicinali, nonch dellazione delle sostanze tossiche e dellutilizzazione dei medicinali stessi, che consentano di valutare i dati scientifici concernenti i medicinali in modo da potere su tale base fornire le informazioni appropriate nonch da una familiarit con le norme e le condizioni che disciplinano lesercizio delle attivit 84 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 9. La sentenza della Corte di Giustizia delle Comunit europee nella causa C-531/06 del 19 maggio 2009 Tutela la sanit pubblica e garantisce alla popolazione un rifornimento di medicinali sicuro e di qualit, la disciplina italiana che riserva la titolarit e la gestione delle farmacie ai farmacisti, persone fisiche laureate in farmacia e societ di gestione composte esclusivamente da soci farmacisti, non essendo ravvisabile alcuna violazione degli articoli 43 (38) e 56 (39) del Trattato comunitario. La Corte di Giustizia nella sentenza C-531/06, in conformit alle conclusioni dellAvvocato generale Yves Bot (40), ha respinto interamente il ricorso promosso dalla Commissione nei confronti dellItalia e della Germania (41). La Commissione, considerando il regime italiano di gestione delle farmacie incompatibile con il Trattato, aveva avviato il procedimento per inadempimento ex articolo 226, primo comma TCE (42). Il ricorso era diretto a dichiarare che lItalia - avendo mantenuto in vigore una legislazione che consente la titolarit dellesercizio delle farmacie private alle sole persone fisiche laureate in farmacia e a societ composte esclusivamente da soci farmacisti, nonch disposizioni legislative che comportano limpossibilit per le imprese esercenti lattivit di distribuzione (43) di prodotti farmaceutici di acquisire farmaceutiche. A ci si aggiunga che il ventiseiesimo considerando della direttiva 2005/36 afferma che La presente direttiva non coordina tutte le condizioni per accedere alle attivit nel campo della farmacia e allesercizio di tale attivit. In particolare, la ripartizione geografica delle farmacie e il monopolio della dispensa dei medicinali dovrebbe continuare ad essere di competenza degli Stati membri. La presente direttiva non modifica le norme legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che vietano alle societ l'esercizio di talune attivit di farmacista o sottopongono tale esercizio a talune condizioni. (38) Larticolo 43 TCE disciplina il diritto di stabilimento. (39) Larticolo 56 TCE relativa alla circolazione dei capitali. . (40) Le conclusioni sono state depositate il 16 dicembre 2008. Importante sottolineare che, sebbene sia estremamente significativo lapporto dellAvvocato generale che, nella causa per la quale designato propone una soluzione giuridica, la Corte a decidere in ultima istanza. (41) La trattazione della causa C-531/06 si svolta congiuntamente alle cause riunite C-171/07 e C-172/07 poich relative al regime di propriet delle farmacie, rispettivamente nella disciplina italiana e tedesca. Le cause riunite C-171/07 e C-172/07 (Apothekerkammer des Saarlandes e a.) traggono origine dallautorizzazione accordata dal competente ministero del Land della Saar alla DocMorris, societ per azioni olandese, di gestire dal 1 luglio 2006 una farmacia a Saarbrcken come succursale. La decisione del ministero stata impugnata dinanzi al tribunale amministrativo del Land della Saar da vari farmacisti e dalle loro associazioni di categoria per difformit dalla normativa tedesca la quale riserva ai soli farmacisti il diritto di possedere e gestire una farmacia. (42) Secondo larticolo 226 TCE La Commissione, quando reputi che uno Stato membro abbia mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virt del presente trattato, emette un parere motivato al riguardo, dopo aver posto lo Stato in condizioni di presentare le sue osservazioni. Qualora lo Stato in causa non si conformi a tale parere nel termine fissato dalla Commissione, questa pu adire la Corte di giustizia. (43) La Repubblica italiana ha fatto presente che il riferimento normativo al divieto per le imprese di distribuzione di acquisire partecipazioni nelle societ di gestione di farmacie risultava improprio, stante la riforma del decreto Bersani. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 85 partecipazioni nelle societ di gestione di farmacie comunali - era venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dagli articoli 43 e 56 del TCE (44) . In particolare la Commissione ha sostenuto che le misure in essa contenute sono eccessivamente restrittive e basate sulla presunzione che un farmacista che gestisce una farmacia sarebbe meno incline a privilegiare il proprio interesse personale a spese dellinteresse pubblico, oltre ad avere una portata decisamente esorbitante rispetto al raggiungimento dellobiettivo di tutela della sanit pubblica (45). La Repubblica italiana ha rammentato lesistenza della riserva di competenza in capo agli Stati membri nel disciplinare il settore delle farmacie (ad esclusione delle questioni relative al mutuo riconoscimento dei diplomi) (46), affermando che le restrizioni sono comunque giustificate dallinteresse generale di tutela della sanit pubblica. Secondo la tesi difensiva solo la presenza del farmacista titolare dellesercizio della farmacia, dotato di conoscenze e di una necessaria esperienza specifica e completa, garanzia del preminente interesse pubblico al rifornimento regolare di medicinali, rispetto alle considerazioni di carattere economico. Un secondo motivo di ricorso riguardava la gestione delle farmacie comunali ed in particolare le disposizioni nazionali che sanciscono limpossibilit per le imprese di distribuzione di prodotti farmaceutici di acquisire partecipazioni nelle societ di gestione delle farmacie comunali. La Repubblica italiana - dopo aver esplicitato alla Corte che le disposizioni di riferimento e la disciplina ivi contenuta era stata riformata dal decreto Bersani (47) - ha affermato che la normativa vigente viene legittimata dallinteresse pubblico di tutela della sanit. Il divieto infatti si applica indiscriminatamente ed diretto ad impedire alle imprese di distribuzione di promuovere, tramite le farmacie comunali, i medicinali dalle stesse commercializzati. Per (44) Si rileva che a sostegno della posizione della Repubblica italiana sono intervenuti: la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica di Lettonia, e la Repubblica austriaca. (45) La Commissione riteneva infatti che altre misure meno restrittive delle libert sancite dagli articoli 43 TCE e 56 TCE, quali lobbligo di presenza di un farmacista, lobbligo di stipulare unassicurazione o un sistema di controlli adeguati e di sanzioni efficaci avrebbe ben potuto assicurare la tutela della sanit pubblica. (46) Cfr. paragrafo 7. (47) Cfr. paragrafo 5. La Corte, in sede di decisione, ha rilevato che la giurisprudenza ormai costante nellaffermare che lesistenza dellinadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato e che i mutamenti intervenuti in seguito non possono essere presi in considerazione dalla Corte. Su tale punto si rinvia a sentenza 30 gennaio 2002, causa C-103/00, Commissione/Grecia; sentenza 17 gennaio 2008, causa C-152/05, Commissione/Germania. E pacifico che, alla data di scadenza del termine stabilito nel parere motivato, la normativa nazionale non consentiva alle imprese di distribuzione di acquisire una partecipazione nelle societ di gestione delle farmacie comunali, in quanto il decreto Bersani stato adottato solo dopo tale data. 86 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 quanto riguarda le misure alternative ipotizzate dalla Commissione, la Repubblica italiana ha sostenuto che queste, essendo meno vincolanti, non risultano idonee a conseguire lobiettivo di interesse pubblico con la stessa efficacia. La Corte di Giustizia ha interamente respinto il ricorso della Commissione nei confronti della Repubblica italiana sulla scorta delle seguenti considerazioni. Sebbene dallarticolo 152 n. 5 TCE (48) emerga che il diritto comunitario attribuisce agli Stati membri la competenza in materia di previdenza sociale e quindi anche i servizi sanitari quali le farmacie (49), si comprende che, nellesercizio di tale competenza, non possono essere disattese le disposizioni del Trattato relative alle libert di circolazione, compresa le libert di stabilimento e di circolazione dei capitali. In ragione di ci agli Stati membri posto il divieto di introdurre o mantenere ingiustificate restrizioni allesercizio di queste libert nellambito delle cure sanitarie (50) . Se vero che la Corte ha ravvisato nella normativa italiana sui farmacisti restrizioni ai sensi degli articoli 43 TCE (51) e 56 TCE (52), corre lobbligo constatare che la normativa nazionale si applica senza discriminazioni basate sulla nazionalit e che la tutela della sanit pubblica figura tra i motivi imperativi di interesse pubblico che possono giustificare restrizioni alle libert di circolazione garantite dal Trattato, quali la libert di stabilimento e la libera circolazione dei capitali. La giustificazione alla base delle restrizioni a dette libert consiste nel garantire un rifornimento di medicinali alla popolazione sicuro e di qualit e la disposizione di esclusione dei non farmacisti appare congrua e adeguata a ci. Quindi compete allo Stato membro adottare misure che riducano, per quanto possibile, il rischio per la sanit pubblica (53), sia in termini di nocu- (48) Si fa riferimento anche al ventiseiesimo considerando della direttiva 2005/36 e alla giurisprudenza della Corte. Larticolo 152, n. 5 TCE afferma che L'azione comunitaria nel settore della sanit pubblica rispetta appieno le competenze degli Stati membri in materia di organizzazione e fornitura di servizi sanitari e assistenza medica. In particolare le misure di cui al paragrafo 4, lettera a) non pregiudicano le disposizioni nazionali sulla donazione e l'impiego medico di organi e sangue. (49) E riservata alla discrezionalit degli Stati membri decidere il livello di garanzia di tutela della sanit pubblica e il modo in cui questo livello deve essere raggiunto. Sentenze 11 dicembre 2003, causa C-322/01, Deutscher Apothekerverband e 11 settembre 2008, causa C-141/07, Commissione/Germania. (50) Cfr. sentenze 16 maggio 2006, causa C-372/04, Watts, nonch 10 marzo 2009, causa C 169/07, Hartlauer. (51) La disciplina nazionale riserva la gestione delle farmacie ai soli farmacisti, impedendo agli altri operatori economici di accedere a questa attivit autonoma. (52) Riguardo allarticolo 56 TCE, la normativa nazionale impedisce agli investitori non farmacisti di altri Stati membri di acquisire partecipazioni in questo tipo di societ. Detto ci possono sussistere per il diritto comunitario restrizioni alla libert di stabilimento e alla libera circolazione dei capitali che, se applicate senza discriminazioni basate sulla nazionalit e giustificate da motivi imperativi di interesse pubblico, sono atte a garantire la realizzazione dello scopo perseguito e non vanno oltre quanto necessario al raggiungimento di tale scopo. Si vedano sentenze 23 ottobre 2007, causa C-112/05, Commissione/Germania, 6 dicembre 2007, cause riunite C-463/04 e C-464/04, Federconsumatori, 25 gennaio 2007, causa C-370/05. (53) Si veda sentenza 5 giugno 2007, causa C-170/04, Rosengren . IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 87 menti alla salute che di sprechi finanziari. Sul primo aspetto pacifico che i medicinali, che si distinguono sostanzialmente dalle altre merci per i loro effetti terapeutici, se assunti senza necessit o in modo sbagliato o in assenza di consapevolezza dal paziente possono recare danni alla persona senza tralasciare la circostanza che un consumo eccessivo o un uso sbagliato di medicinali comporta uno spreco di risorse finanziarie, tanto pi grave se si considera che il settore farmaceutico genera costi considerevoli e deve rispondere a bisogni crescenti, a fronte di risorse finanziarie non illimitate (54). La Corte ha statuito che Con riguardo a tali rischi per la sanit pubblica e per lequilibrio finanziario dei sistemi di sicurezza sociale, gli Stati membri possono sottoporre le persone che si occupano della distribuzione dei medicinali al dettaglio a condizioni severe, con riferimento in particolare alle modalit di commercializzazione di questi ultimi e alla finalit di lucro. In particolare, essi possono riservare la vendita di medicinali al dettaglio, in linea di principio, ai soli farmacisti, in considerazione delle garanzie che questi ultimi devono offrire e delle informazioni che essi devono essere in grado di dare al consumatore. Al riguardo, e tenuto conto della facolt riconosciuta agli Stati membri di decidere il grado di tutela della sanit pubblica, si deve ammettere che questi ultimi possano esigere che i medicinali vengano distribuiti da farmacisti che godano di uneffettiva indipendenza professionale. Essi possono altres adottare misure idonee ad eliminare o ridurre il rischio che tale indipendenza sia compromessa, dal momento che ci potrebbe pregiudicare il livello di sicurezza e la qualit del rifornimento di medicinali alla popolazione. Senza voler ribadire quanto esposto nei paragrafi precedenti, appare sufficiente ricordare che la Corte - dopo aver brevemente analizzato le forme di gestione del servizio farmaceutico, farmacia privata, gestione jure successionis e farmacia comunale - ha statuito che la normativa italiana ha lo scopo di garantire un rifornimento di medicinali alla popolazione sicuro e di qualit e, pertanto, la tutela della sanit pubblica. La finalit di lucro del farmacista quindi temperata dalla sua formazione, esperienza professionale e dalla responsabilit ad esso incombente, considerato che uneventuale violazione delle disposizioni normative o deontologiche comprometterebbe non soltanto il valore del suo investimento, ma altres la propria vita professionale a differenza dei non farmacisti (55). Allo stesso modo anche le disposizioni nazionali sulla gestione delle farmacie comunali, in cui lente locale titolare e beneficia (54) Sulle cure ospedaliere si rinvia alla sentenza 13 maggio 2003, causa C-385/99, Mller-Faur e van Riet. Al riguardo si rileva lesistenza di un nesso diretto tra tali risorse finanziarie e gli utili di operatori economici attivi nel settore farmaceutico poich la prescrizione di medicinali presa in carico, nella maggior parte degli Stati membri, dagli organismi di assicurazione malattia interessati. (55) Lo Stato membro pu ritenere discrezionalmente che la gestione di una farmacia da parte di un non farmacista costituisca un rischio per la sanit pubblica, in particolare per la sicurezza e la qualit della distribuzione dei medicinali al dettaglio. 88 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 dello statuts di detentore di prerogative di potere pubblico, sono predisposte e finalizzate ad evitare che la gestione persegua solo scopi commerciali, a scapito delle esigenze della sanit pubblica. Un ultimo cenno merita infine la risposta negativa della Corte sulla congruit ed efficacia delle alternative misure ex post proposte dalla Commissione, in quanto, come si avuto modo di spiegare, i rischi per lindipendenza della professione di farmacista non possono essere esclusi, con la stessa efficacia, attraverso limposizione dellobbligo di stipulare unassicurazione per la responsabilit civile derivante da fatto altrui (56). Alla luce di ci si deve constatare che la normativa oggetto dellinadempimento contestato atta a assicurare la realizzazione dellobiettivo volto a garantire un rifornimento di medicinali alla popolazione sicuro e di qualit e, pertanto, la tutela della sanit pubblica (57). 10. Conclusioni Un ulteriore capitolo della vicenda europea delle farmacie pubbliche e private maturato proprio in questi giorni, quando gi era stato predisposto il presente articolo: lAvvocato Generale M. Poiares Maduro ha rassegnato le proprie conclusioni sulle cause pregiudiziali spagnole riunite C-570/07 e C- 571/07, sostenendo a) lillegittimit della normativa del Principato delle Asturie che privilegia il servizio svolto in una determinata localit ai fini dellassegnazione di una farmacia; b) lillegittimit relativa in mancanza di idonea giustificazione di pubblico generale interesse della normativa nazionale che fissa le cosidette piante organiche, nei minimi e nei massimi, delle farmacie; c) la rimessione al giudice nazionale e alla valutazione sul caso concreto della ragionevolezza e coerenza dei limiti di distanza tra un esercizio farmaceutico e laltro. (56) Tale misura potrebbe permettere al paziente di ottenere un risarcimento finanziario per il danno da esso eventualmente subito, ma intervenendo a posteriori sarebbe meno efficace rispetto alla disposizione in oggetto, in quanto non impedirebbe in alcun modo al gestore interessato di esercitare uninfluenza sui farmacisti stipendiati. (57) Tale conclusione non rimessa in discussione dalla sentenza 21 aprile 2005, causa C-140/03, Commissione/Grecia, richiamata dalla Commissione, nella quale la Corte ha dichiarato che la Repubblica ellenica non ha adempiuto agli obblighi ad essa incombenti, ai sensi degli articoli 43 TCE e 48 TCE, adottando e mantenendo in vigore disposizioni nazionali che subordinano la possibilit per una persona giuridica di aprire un negozio di ottica, in particolare, alla condizione che lautorizzazione ad intraprendere e gestire lattivit di ottica sia rilasciata a nome di un ottico autorizzato, allo stesso tempo che la persona titolare dellautorizzazione a gestire il negozio partecipi per almeno il 50% al capitale sociale, nonch ai profitti e alle perdite. Tenuto conto del carattere particolare dei medicinali nonch del loro mercato, e allo stato attuale del diritto comunitario, le considerazioni della Corte nella citata sentenza Commissione/Grecia non possono valere per il settore della distribuzione di medicinali al dettaglio. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 89 Come si vede, dopo laccettazione del principio che le liberalizzazioni possono trovare legittimi ostacoli nelle legislazioni nazionali a tutela della salute pubblica, la giurisprudenza comunitaria si muove nellottica di fissare regole, limiti e principi anche nel settore dei servizi pubblici riservati e/o gestiti, secondo le legislazioni nazionali, in unottica di non mercato. La materia quindi nella sua complessit si avvia solo ora a trovare un assetto definitivo. (All. 1) Corte costituzionale, sentenza 8-24 luglio 2003 n. 275 - Pres. Chieppa, Red. Maddalena - Giudizio di legittimit costituzionale in via incidentale dell'art. 8, comma 1, lett. a), della legge 8 novembre 1991, n. 362 (Norme di riordino del settore farmaceutico), in relazione all'art. 9 della stessa legge [recte: della legge 2 aprile 1968, n. 475 (Norme concernenti il servizio farmaceutico)], promosso con ordinanza del 26 luglio 2002 dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia sul ricorso proposto da Federfarma (Avv.ti Lorenzo Acquarone, Agostino Gambino e Massimo Luciani) ed altri contro il Comune di Milano (Avv.ti Luca Radicati di Brozolo ed Elisabetta D'Auria). (L'Avvocato dello Stato Ignazio F. Caramazza per il Presidente del Consiglio dei ministri- AL 133399/02). Considerato in diritto 1. - Il TAR della Lombardia ha sollevato, con riferimento agli artt. 3 e 32 della Costituzione, questione di legittimit costituzionale dell'art. 8, comma 1, lett. a), della legge 8 novembre 1991, n. 362 (Norme di riordino del settore farmaceutico), in relazione all'art. 9 della medesima legge [recte: della legge 2 aprile 1968, n. 475 (Norme concernenti il servizio farmaceutico)]. 2. - Ad avviso del remittente, la norma denunciata, al fine di evitare un conflitto di interessi, vieta a chi ha la gestione di una farmacia privata qualsiasi attivit nel settore della produzione, distribuzione, intermediazione e informazione scientifica del farmaco, mentre non prevede analogo divieto per le farmacie comunali, alla cui gestione possono partecipare anche societ operanti nel settore della produzione e commercializzazione del farmaco. Il giudice a quo assume il contrasto della disposizione censurata con i parametri invocati, in quanto del tutto irragionevole sarebbe la mancata estensione del suddetto divieto, posto a tutela dell'interesse generale alla salute, alla gestione delle farmacie comunali. 3. - In via preliminare, vanno esaminate le eccezioni di inammissibilit sollevate da alcune delle parti in causa. 3.1 - Va in primo luogo disattesa l'eccezione, sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato, circa l'oscurit del dispositivo dell'ordinanza di remissione, che, nel censurare l'art. 8, comma 1, lett. a), della legge n. 362 del 1991, a sproposito fa riferimento all'art. 9 della legge n. 362 del 1991. A ben vedere, infatti, proprio la palese inconferenza della disposizione da ultimo citata a rendere evidente che il remittente caduto in un mero errore materiale, in quanto dal contesto complessivo dell'ordinanza si evince chiaramente che il giudice a quo intendeva fare riferimento all'art. 9 della legge n. 475 del 1968. D'altra parte, da sottolineare che l'indicazione di quest'ultimo articolo non appare affatto ne- 90 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 cessaria ai fini della prospettazione della questione di legittimit costituzionale, che, nella sostanza, si incentra esclusivamente sull'art. 8 della legge 362 del 1991. 3.2 - Da respingere altres l'eccezione, anch'essa sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato, oltre che dalla GEHE Italia s.p.a., secondo la quale il remittente avrebbe prospettato la questione in termini ambigui e perplessi. Infatti, il giudice a quo, mira ad ottenere, attraverso la dichiarazione di incostituzionalit della norma censurata, l'estensione alle societ che prendono parte alla gestione delle farmacie comunali del divieto previsto per i farmacisti privati di partecipare all'attivit di produzione, distribuzione, intermediazione e informazione scientifica del farmaco. 3.3 - Sono da disattendere anche le ulteriori eccezioni sollevate dall'Avvocatura generale dello Stato e dalla GEHE Italia s.p.a., circa la insussistenza dei presupposti per una pronuncia della Corte di tipo additivo. La Corte, infatti, ben pu estendere l'ambito di applicazione di una norma quando, in relazione al valore costituzionale tutelato, lo esiga, secondo il criterio della ragionevolezza, la ratio della norma stessa. 3.4 - Del pari sono infondate le eccezioni, anch'esse formulate dall'Avvocatura generale dello Stato e dalla GEHE Italia s.p.a., secondo cui il remittente si sarebbe immotivatamente discostato nell'interpretazione della disposizione denunciata dai discordanti precedenti del TAR della Lombardia e del Consiglio di Stato. evidente, infatti, che il remittente non necessariamente tenuto ad esplicitare le ragioni per le quali abbia ritenuto di discostarsi da isolati precedenti giurisprudenziali riguardanti fattispecie analoghe. 3.5 - Va infine disattesa la eccezione sollevata dal Comune di Milano secondo la quale la questione sarebbe inammissibile per irrilevanza. Infatti fuor di dubbio che l'eventuale dichiarazione di incostituzionalit della norma in questione determinerebbe riflessi diretti sui requisiti soggettivi dei partecipanti alla gara indetta dal Comune di Milano, influendo, per questa via, sull'esito della stessa. 4. - Nel merito la questione fondata. Al riguardo appare opportuno accennare preliminarmente al quadro normativo di riferimento ed al correlato regime delle incompatibilit. Nell'attuale sistema normativo, il servizio farmaceutico risulta fondamentalmente assicurato mediante la gestione delle farmacie private e comunali. La legge prevede che ogni Comune debba avere una pianta organica delle farmacie, nella quale deve essere indicato il numero, le singole sedi farmaceutiche e la zona di ciascuna di esse (art. 2 della legge n. 475 del 1968). Sulla base della pianta organica si realizza l'affidamento delle farmacie ai privati cittadini iscritti all'albo professionale dei farmacisti (art. 4 della legge n. 362 del 1991) o ai Comuni (art. 9, primo comma, della legge n. 475 del 1968). In particolare, l'art. 9 della legge n. 475 del 1968 prevede che la titolarit delle farmacie che si rendano vacanti e di quelle di nuova istituzione a seguito della revisione della pianta organica pu essere assunta per met dal Comune. 5. - Per quanto riguarda le modalit di gestione delle farmacie private, l'art. 7 della legge n. 362 del 1991 prevede che la titolarit dell'esercizio della farmacia privata sia riservata a persone fisiche o a societ di persone, nonch alle societ cooperative a responsabilit limitata che gestivano farmacie anteriormente alla data di entrata in vigore della legge. Nel caso di gestione societaria, il medesimo art. 7 stabilisce che la direzione della farmacia sia affidata IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 91 ad uno dei soci che ne responsabile. 6. - Quanto alle modalit di gestione delle farmacie comunali, la normativa ha avuto nel corso del tempo una serie di modificazioni. In origine si fatto ricorso allo strumento delle aziende speciali e delle gestioni in economia (come prevedeva il r.d. n. 2578 del 1925) ed in un secondo momento stato introdotto lo strumento delle societ di capitali a prevalente capitale pubblico (legge n. 142 del 1990). Al riguardo, il legislatore, dapprima ha previsto la possibilit di costituire societ per azioni tra il Comune ed i farmacisti che prestassero servizio presso la farmacia di cui il Comune avesse acquisito la titolarit (art. 9 della legge n. 475 del 1968, come modificato dall'art. 10 della legge n. 362 del 1991) e successivamente, come sottolineato dal remittente, ha previsto la costituzione di societ per azioni anche con prevalente capitale privato e senza predeterminazione legale dei soci (art. 116 del decreto legislativo n. 267 del 2000). 7. - Quanto al regime delle incompatibilit per l'attivit del singolo farmacista privato, deve anzitutto rilevarsi che queste sono state poste dal legislatore al fine di salvaguardare l'interesse pubblico al corretto svolgimento del servizio farmaceutico ed in ultima analisi alla salvaguardia del bene salute. Si tratta di norme che riguardano i settori della produzione, distribuzione ed intermediazione dei farmaci. Carattere di divieto generale ha l'art. 102 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie), secondo il quale L'esercizio della farmacia non pu essere cumulato con quello di altre professioni o arti sanitarie. Si riferisce invece pi propriamente al settore della produzione l'art. 144 del medesimo testo unico, nel quale si legge che ҏ vietato il cumulo della direzione di una farmacia con la direzione di una officina, a meno che non si tratti di una officina gi autorizzata di propriet del farmacista e in diretta comunicazione con la farmacia. Riguarda poi il settore della distribuzione un'altra norma dello stesso testo unico, quella di cui all'art. 171, secondo il quale il farmacista che riceva per s o per altri danaro o altra utilit ovvero ne accetti la promessa allo scopo di agevolare in qualsiasi modo la diffusione di specialit medicinalia danno di altri prodotti dei quali abbia pure accettato la vendita punito con l'arresto fino ad un anno e con l'ammenda da 206,58 a 516,46. Ed occorre in proposito ricordare che per il singolo farmacista dipendente delle farmacie comunali, l'art. 372 del citato r.d. n. 1265 del 1934 prevede che ai farmacisti addetti a tali farmacie si applica quanto previsto per i sanitari condotti dal predetto testo unico delle leggi sanitarie, il quale, all'art. 78, stabilisce l'incompatibilit dell'ufficio di sanitario condotto con la professione di commerciante. Concerne infine il settore dell'intermediazione l'art. 13 della legge n. 475 del 1968, secondo il quale il titolare di una farmacia ed il direttore responsabilenon possonoesercitare la professione di propagandista di prodotti medicinali. 8. - Illuminante, nel descritto quadro normativo, appare il divieto di cui al citato art. 8 della legge n. 362 del 1991, secondo il quale la partecipazione a societ di persone ed a societ cooperative a responsabilit limitata, che siano titolari dell'esercizio di una farmacia privata, incompatibile con qualsiasi altra attivit esplicata nel settore della produzione, distribuzione, intermediazione e informazione scientifica del farmaco. La formulazione usata, come agevole osservare, risulta indicativa e comprensiva delle varie incompatibilit che sopra si sono enumerate e che riguardano i singoli farmacisti. Di qui scaturisce chiara la ratio della norma: quella di rendere applicabile anche nei confronti 92 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 dei partecipanti alle societ di persone o alle societ cooperative a responsabilit limitata le incompatibilit previste per i farmacisti persone fisiche titolari o gestori di farmacie, incompatibilit che, come si visto, sono disseminate in numerose disposizioni di legge. In questa prospettiva, come si nota, l'utilizzo di una formula onnicomprensiva per le incompatibilit in questione, conferisce alla norma il valore di un principio generale applicabile a tutti i soggetti che, in forma singola o associata, siano titolari o gestori di farmacie. 9. - E deve pertanto riconoscersi che la mancata previsione per le farmacie comunali di un tale tipo di incompatibilit appare del tutto irragionevole, specie ove si consideri che il divieto in questione stato posto dal legislatore proprio al fine di evitare eventuali conflitti di interesse, che possano ripercuotersi negativamente sullo svolgimento del servizio farmaceutico e, quindi, sul diritto alla salute. Per tali ragioni, la norma censurata va dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui non prevede che la partecipazione a societ di gestione di farmacie comunali incompatibile con qualsiasi altra attivit nel settore della produzione, distribuzione, intermediazione ed informazione scientifica del farmaco. PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara l'illegittimit costituzionale dell'art. 8, comma 1, lett. a), della legge 8 novembre 1991, n. 362 (Norme di riordino del settore farmaceutico), nella parte in cui non prevede che la partecipazione a societ di gestione di farmacie comunali incompatibile con qualsiasi altra attivit nel settore della produzione, distribuzione, intermediazione e informazione scientifica del farmaco. Cos deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 2003. (All.2) Circolare del Ministero della salute del 3 ottobre 2006, n. 3 Vendita di alcune tipologie di medicinali ad di fuori della farmacia: applicazione dellarticolo 5, commi 1, 2, 3, 3 bis e 4 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248. 1. Introduzione Lart. 5 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, recante Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche interventi in materia di entrate e di contrasto allevasione fiscale, entrato in vigore lo stesso 4 luglio, ha previsto la possibilita di vendita di alcuni tipi di medicinali al di fuori delle farmacie. Nel testo modificato dalla legge di conversione (4 agosto 2006, n. 248, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 11 agosto 2006, n. 186, S.O., entrata in vigore il giorno dopo la sua pubblicazione), il predetto articolo cos stabilisce, al comma 1: Gli esercizi commerciali di cui allart. 4, comma 1, lettere d), e) e f), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, possono effettuare attivita di vendita al pubblico dei farmaci da banco IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 93 o di automedicazione, di cui allart. 9-bis del decreto legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a prescrizione medica, previa comunicazione al Ministero della salute e alla regione in cui ha sede lesercizio e secondo le modalita previste dal presente articolo. E abrogata ogni norma incompatibile.. Gli esercizi commerciali di cui allart. 4, comma 1, lettere d), e) e f), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, sono i seguenti: i. esercizi di vicinato: aventi superficie di vendita non superiore a 150 mq. nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e a 250 mq. nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti; ii. medie strutture di vendita: gli esercizi aventi superficie superiore ai limiti di cui al punto precedente e fino a 1.500 mq. nei comun con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e a 2.500 mq. nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti; iii. grandi strutture di vendita: gli esercizi aventi superficie superiore ai limiti di cui al punto precedente. Il corna 2 dellart. 5 del decreto legge n. 223/2006 (sempre nel testo finale, risultante dalla legge di conversione) stabilisce che: La vendita di cui al corna 1 e consentita durante lorario di apertura dellesercizio commerciale e deve essere effettuata nellambito di un apposito reparto, alla presenza e con lassistenza personale e diretta al cliente di uno o piu farmacisti abilitati allesercizio della professione ed iscritti al relativo ordine. Sono, comunque, vietati i concorsi, le operazioni a premio e le vendite sotto costo aventi ad oggetto farmaci. Il comma 3 del medesimo articolo prevede che: Ciascun distributore al dettaglio puo determinare liberamente lo sconto sul prezzo indicato dal produttore o dal distributore sulla confezione del farmaco rientrante nelle categorie di cui al corna 1, purche lo sconto sia esposto in modo leggibile e chiaro al consumatore e sia praticato a tutti gli acquirenti.. 2. Prodotti che possono essere venduti negli esercizi diversi dalle farmacie Possono essere venduti i medicinali industriali, non soggetti a prescrizione medica, comprendenti: medicinali da banco o di automedicazione e i restanti medicinali non soggetti a prescrizione medica menzionati agli articoli 87, comma 1, lettera e) e allart. 96 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, recante attuazione della direttiva 2001/83/CE (e successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonche della direttiva 2003/94/CE. Al momento alcuni farmaci industriali vendibili senza obbligo di ricetta medica, sono inseriti per tutte le loro indicazioni terapeutiche (Narcan, Sodio cloruro 0,9%, Glicerina fenica, Argento proteinato 0,5%, Acqua PPI), o per alcune patologia (Tautux, Siccaflud, Salvituss, Levotuss, Danka) in fascia A e quindi dispensati in farmacia a carico del Servizio sanitario nazionale. In attesa di una eventuale riclassificazione, si fa presente che anche tali farmaci possono essere venduti negli esercizi commerciali diversi dalle farmacie, ma non a carico del Servizio sanitario nazionale. Si ricorda, infatti, che le ricette del Servizio sanitario nazionale possono essere accettate esclusivamente dalle farmacie. Poiche lart. 5 del decreto legge n. 223/2006, come modificato dalla legge di conversione n. 94 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 248/2006, non fa esplicito riferimento ai soli medicinali per uso umano, e da ritenere che anche i medicinali per uso veterinario che possono essere acquistati senza ricetta medica rientrino nellambito di tale previsione normativa. Anche i prodotti omeopatici (che la normativa comunitaria ricomprende nella nozione di medicinale, come chiaramente precisato anche dal decreto legislativo n. 219/2006) possono essere venduti negli esercizi commerciali previsti dal predetto art. 5, quando sono classificati come medicinali vendibili senza presentazione di ricetta medica. Si fa presente, tuttavia, che al momento, in base ad una disciplina transitoria richiamata dallart. 20 del predetto n. 219/2006, i medicinali omeopatici (per uso umano) vengono venduti in confezioni conformi a quelle esistenti sul mercato alla data del 6 giugno 1995 (si veda al riguardo lart. 5 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 185, come modificato dallart. 2 della legge 8 ottobre 1997, n. 347, dallart. 5 della legge 14 ottobre 1999, n. 362, dal corna 32 dellart. 85 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 e dal corna 12 dellart. 52 della legge 27 dicembre 2002, n. 289). Per questi prodotti in disciplina transitoria non si rinvengono elementi normativi sul regime di fornitura. Anche tali prodotti, peraltro, se venduti finora nelle farmacie senza ricetta (eventualmente in base a una dicitura sulla confezione apposta dal produttore sotto la propria responsabilita), possono essere venduti negli esercizi commerciali previsti dal predetto art. 5, essendo evidente che il decreto legge n. 223/2006 ha inteso consentire la vendita in esercizi diversi dalla farmacia, alle condizioni indicate nello stesso decreto, di tutti i medicinali finora acquistabili esclusivamente in farmacia senza prescrizione medica. Si ricorda che per la provincia di Bolzano, e fatta salva la vigente normativa in materia di bilinguismo e di uso della lingua italiana e tedesca per le etichette e gli stampati illustrativi delle specialita medicinali (corna 3-bis del medesimo art. 5) La possibilita di vendita in esercizi diversi dalle farmacie non riguarda, invece, le preparazioni medicinali non industriali. Infatti il decreto-legge, non prevedendo specifiche deroghe alle norme vigenti, non consente ne alcuna preparazione farmaceutica, ne la vendita di formule officinali anche qualora siano preparate in una farmacia aperta al pubblico e, per composizione, risultino vendibili senza ricetta medica. Si ricorda a tal riguardo che, come stabilito dallart. 3, corna 1, lettera b) del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, per formule officinali si intendono medicinali preparati in farmacia in base alle indicazioni della Farmacopea europea o delle Farmacopee nazionali e destinati ad essere forniti direttamente ai pazienti della medesima farmacia. 3. Presenza del farmacista La presenza del farmacista deve essere garantita per tutto lorario di apertura dellesercizio commerciale. Anche se non e tenuto a consegnare personalmente a tutti i clienti ogni singola confezione di medicinale, il farmacista e obbligato ad una assistenza attiva al cliente, mediante consigli, ove richiesti, ma anche ove riscontri unincertezza nel comportamento del cliente. E opportuno che il farmacista indossi il distintivo professionale adottato dalla Federazione nazionale degli ordini dei farmacisti che riporta il caduceo. In ogni caso il farmacista deve distinguersi chiaramente da eventuale altro personale che lavori nellapposito spazio. E opportuno che il titolare dellesercizio commerciale comunichi allordine dei farmacisti territorialmente competente le generalita del farmacista o dei farmacisti che svolgono le attivita di cui allart. 5, comma 2, del decreto-legge n. 223/2006, provvedendo in seguito agli eventuali, IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 95 necessari aggiornamenti della comunicazione inviata. 4. Self service La norma contenuta nellart. 9-bis del decreto legge 18 settembre 2001, n. 347, per la parte in cui stabilisce che E ammesso il libero e diretto accesso da parte dei cittadini ai medicinali di automedicazione in farmacia, deve intendersi operante anche negli esercizi commerciali previsti nellart. 5. Pertanto, nellapposito reparto, il farmaco puo essere prelevato direttamente dal paziente, fermo restando lobbligo per il farmacista di rispondere ad eventuali richieste da parte dei pazienti e di attivarsi nel caso risultasse opportuno il proprio intervento professionale. 5. Apposito reparto Per apposito reparto deve intendersi uno spazio dedicato esclusivamente alla vendita e conservazione dei medicinali da banco o di automedicazione e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a prescrizione medica. Tale spazio dedicato puo assumere forme diverse in base al tipo di esercizio commerciale in cui ha luogo la vendita. Puo trattarsi di un apposito corner oppure di un singolo scaffale o anche di una parte di uno scaffale, purche gli spazi siano chiaramente separati in modo da escludere la commistione con altri tipi di prodotti. 6. Conservazione Devono essere rispettate tutte le norme in vigore in materia di conservazione dei farmaci, sianel locale di vendita che nelleventuale magazzino annesso, ivi compresa la necessita di stoccaggio separato da altri prodotti (anche nel caso in cui i medicinali debbano essere conservati in frigorifero) . Nella conservazione dei medicinali, sia nel punto vendita che nelleventuale magazzino annesso, e obbligatorio attenersi alle condizioni di conservazione (indicazione di temperatura e condizioni ambientali) riportate in etichetta per ciascun farmaco. Ove necessario, in base alle condizioni ambientali, puo essere opportuno prevedere la climatizzazione dellintero esercizio commerciale. Se sono richieste specifiche condizioni di temperatura, larea di conservazione dei medicinali va equipaggiata, se necessario, con apparecchi idonei. Controlli adeguati assicurano che tutta larea di conservazione pertinente e mantenuta entro limiti di temperatura specificati. Si ritiene opportuno evidenziare che, per leventuale allestimento di un magazzino-deposito posto allesterno dellesercizio commerciale, destinato alla conservazione dei medicinali prima dellavvio alla struttura o alle strutture di vendita, e necessaria lautorizzazione alla distribuzione allingrosso prevista dallart. 100 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219 (come modificato dal decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223). 7. Comunicazione di inizio attivita Come gia ricordato, il decreto legge subordina linizio dellattivita di vendita dei farmaci non soggetti a prescrizione medica in esercizi commerciali diversi dalle farmacie a una preventiva comunicazione al Ministero della salute a alla Regione in cui ha sede lesercizio. Peraltro, tenuto conto che, a livello centrale, le attivita di vendita dei medicinali interessano direttamente anche lAgenzia italiana del farmaco, e opportuno che la comunicazione inviata 96 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 al Ministero della salute, priva degli allegati, sia trasmessa anche a tale agenzia. Poiche, inoltre, la vigilanza sulla vendita al pubblico negli esercizi commerciali, ai sensi della normativa sul commercio, e di competenza dei comuni, appare necessario, al fine di consentire lespletamento delle relative funzioni amministrative in materia di commercio, che la comunicazione di avvio dellattivita di vendita dei farmaci sia inviata per conoscenza anche al Comune dove ha sede lesercizio. Per evitare duplicazioni di attivita, e necessario che le modalita di invio della comunicazione prevista dallart. 5 siano inquadrate nelle disposizioni sulla tracciabilita del farmaco. 8. Progetto tracciabilita del farmaco Il decreto del Ministro della salute 15 luglio 2004 (Gazzetta Ufficiale n. 2, del 4 gennaio 2005) ha istituito presso lAgenzia italiana del farmaco (AIFA) una banca dati centrale finalizzata a monitorare le confezioni dei medicinali allinterno del sistema distributivo (Progetto tracciabilita del farmaco). Tale sistema di monitoraggio dei prodotti medicinali permettera di localizzare in tempo reale la presenza di ogni singola confezione sul territorio nazionale e di tracciare i suoi percorsi nel sistema produttivo, distributivo e di smaltimento. Lutilizzo di questo sistema rafforza ed amplifica le misure di contrasto delle possibili frodi in danno della salute pubblica, del Servizio sanitario nazionale e dellerario. Il corna 1 dellart. 3 del medesimo decreto prevede che a ciascuno dei soggetti di cui allart. 5-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 540, e successive modificazioni ed integrazioni, sia assegnato dal Ministero della salute un identificativo univoco da pubblicare sul sito internet del Ministero stesso. Pertanto, i soggetti giuridici titolari di siti logistici in Italia, che effettuano la distribuzione finale di farmaci ai sensi dellart. 5 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, devono includere nella comunicazione di inizio attivita i dati necessari allassegnazione di detto identificativo univoco. Tale comunicazione, da effettuarsi utilizzando il facsimile disponibile sul sito internet del Ministero della salute (http://www.ministerosalute.it), nella sezione Tracciabilita del farmaco , va inviata con raccomandata a/r al seguente indirizzo: Ministero della salute Progetto Tracciabilita del farmaco Piazzale dellIndustria, 20 00144 Roma. Si evidenzia la necessita di compilare tutti e tre gli allegati avendo cura di datare e firmare lallegato 1 che costituisce la designazione della persona responsabile della comunicazione informatica. Tutti coloro che hanno gia inviato la comunicazione di inizio attivita al Ministero della salute sono tenuti ad inviare una nuova comunicazione, secondo le modalita previste nella presente circolare, entro il 31 ottobre 2006. Il responsabile della comunicazione designato, a seguito della registrazione nellarea riservata del Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS) con le modalita disponibili sullapposita sezione del sito internet del Ministero della salute, potra provvedere, attraverso apposite funzioni web, allinseriento dei dati riferiti ai siti logistici in modo da ottenere automaticamente lidentificativo univoco di ciascun sito logistico. Sul sito internet del Ministero della salute saranno pubblicati quotidianaMente gli identificativi univoci assegnati ai diversi siti logistici, al fine di renderli disponibili a tutti i soggetti interessati. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 97 Tenuto conto che, come gia detto, le attivita di vendita dei medicinali interessano anche lAgenzia italiana del farmaco, la comunicazione inviata al Ministero della salute, priva degli allegati, deve essere trasmessa anche al seguente indirizzo: Agenzia italiana del farmaco via della Sierra Nevada, 60 00144 Roma. Con le stesse modalita, fatte salve eventuali istruzioni e richieste integrative diramate dalle regioni e dai comuni nellambito delle proprie competenze, tale comunicazione deve essere inviata anche alla regione e al comune in cui ha sede lesercizio commerciale. Ai fini del corretto funzionamento dellintero sistema, e indispensabile comunicare tempestivamente, alle Autorita sopra indicate, ogni variazione intervenuta nei dati inviati, nonche la cessazione dellattivita di vendita. Anche il facsimile del modello di comunicazione della cessazione dellattivita e disponibile sul sito internet del Ministero della salute (http://www.ministerosalute.it), nella sezione Tracciabilita del farmaco. 9. Insegna Il legislatore non ha dato indicazioni sulle denominazioni che possono essere usate per individuare gli esercizi commerciali diversi dalle farmacie che vendono medicinali o il reparto dedicato allinterno dellesercizio. In ogni caso non dovranno essere utilizzate denominazioni e simboli che possano indurre il cliente a ritenere che si tratti di una farmacia. Puo essere consentito luso della denominazione Parafarmacia, considerato che il termine e entrato nelluso comune con riferimento ad esercizi diversi dalle farmacie in cui si vendono prodotti di interesse sanitario. Non si ravvisano ostacoli allutilizzazione nel punto di vendita del simbolo riportato nel bollino di riconoscimento per i medicinali non soggetti a prescrizione medica (decreto ministeriale 1 febbraio 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 33, dell8 febbraio 2002). 10. Pubblicita Si ricorda che, ai sensi dellart. 118 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, nessuna pubblicita di medicinali presso il pubblico puo essere effettuata senza autorizzazione del Ministero della salute. Lautorizzazione alla pubblicita di un medicinale di autornedicazione puo essere richiesta solo dal titolare dellautorizzazione allimmissione in commercio; peraltro anche il titolare dellesercizio commerciale e responsabile della pubblicita irregolare effettuata nel punto vendita (si ricorda che in base al corna 15 dellart. 148 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, chiunque effettua pubblicita presso il pubblico in violazione delle disposizioni del medesimo decreto legislativo e soggetto alla sanzione amministrativa da duemilaseicento euro a quindicimilaseicento euro) 11. Altri riferimenti normativi di interesse La vendita di medicinali in esercizi commerciali diversi dalla farmacia comporta lobbligo, per i titolari dei punti vendita e per i farmacisti che prestano la loro attivita professionale nei medesimi, di rispettare la normativa vigente in materia di vendita al pubblico di medicinali. A questo riguardo si ritiene opportuno richiamare, innanzi tutto, lattenzione sulle norme concernenti la farmacovigilanza, in particolare quanto previsto dallart. 132 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219. Si ritiene importante ricordare che lart. 443 del codice penale stabilisce che chiunque detiene 98 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 per il commercio, pone in commercio o somministra medicinali guasti o imperfetti e punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a lire duecentomila (valore oggi, ovviamente, da calcolare in euro). Sanzioni penali sono previste dal decreto legislativo n. 219/2006 per altri comportamenti di particolare gravita, quale ad esempio la vendita di medicinali privi di autorizzazione allimmissione in commercio. Si ritiene opportuno sottolineare che il titolare dellesercizio commerciale puo acquistare i medicinali solo da soggetti autorizzati che siano regolarmente registrati nel sistema della tracciabilita del farmaco e quindi in possesso dello specifico identificativo univoco. Questi ultimi, a loro volta, sono tenuti a rifornire gli esercizi commerciali che hanno regolarmente comunicato linizio dellattivita a questo Ministero ai sensi dellart. 5 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, essendo evidente lintento del decreto legislativo n. 219/2006 (vedasi art. 105) di evitare che la non disponibilita per il pubblico di un medicinale dipenda dalla mancata fornitura ai venditori al dettaglio. 12. Regime transitorio Con riferimento al paragrafo della presente circolare concernente la Comunicazione di inizio attivita - Progetto di tracciabilita del farmaco, si fa presente quanto segue. In sede di prima applicazione del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, i distributori autorizzati si sono trovati nella condizione di fornire i medicinali previsti dallart. 5 del decreto legge citato, anche a titolari di esercizi commerciali diversi dalle farmacie sprovvisti dellidentificativo univoco che immette nel circuito della tracciabilita del farmaco. A partire dal 1 gennaio 2007, i distributori potranno vendere i medicinali menzionati dal predetto art. 5 solo agli esercizi commerciali che, avendo regolarizzato la loro posizione con il Ministero della salute, saranno provvisti dellidentificativo univoco. Roma, 3 ottobre 2006 Il Ministro della salute: Turco (All. 3) Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza 8 maggio 2007 n. 2118 - Pres. Iannotta, Rel. Russo - R. D.B. (Avv.ti Duchi, Paoletti, Cavallaro) c. A.S.L. LAquila e Gestione liquidatoria A.S.L. LAquila Legge 549/95 (n. c.) e nei confronti Regione Abruzzo, Farmacia F. (n.c.) - Riforma sentenza TAR Abruzzo - LAquila n. 435/02. (...Omissis) D I R I T T O Lappello infondato e va, pertanto, respinto. Lappellante rivendica il riconoscimento del diritto allindennit di residenza, prevista dallart.115 del T.U.LL.SS. di cui al R.D. 27.7.1934, n.1265, nella sua pretesa qualit di titolare di farmacia rurale e si oppone, pertanto, agli atti impugnati con cui lAzienda Unit locale sanitaria n.4 dellAquila ha negato tale diritto, chiedendo, altres, la restituzione delle somme a tale titolo erogate (. 4.860.000) per i periodi 1 e 2 semestre 1993 e 1 semestre 1994. In proposito il TAR, dopo aver giustamente rilevato che lindennit in argomento com- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 99 pete ai titolari delle farmacie rurali ubicate in localit con popolazione inferiore ai 3.000 abitanti, ovvero al farmacista direttore responsabile che sostituisca il titolare nei casi consentiti, nonch al farmacista che abbia la gestione provvisoria dellesercizio (artt. 2 e 3 L. 8.3.1968, n.221 e art.1 L.R. 14.8.1981, n.28), ha correttamente chiarito che, quando la normativa discorre di titolare di farmacia, cui spetti lindennit, intende riferirsi al farmacista iscritto allalbo relativo e che conduce in concreto lesercizio farmaceutico (cfr. art.7, comma 7, L.8.11.1991, n.362). Nella specie, in tale condizione non versa la ricorrente, odierna appellante, la quale subentrata, insieme ai di lei figli, nella titolarit della farmacia jure successionis dal proprio marito, deceduto nel 1992, e ha dovuto conferire incarico lavorativo ad un farmacista sostituto che ha assunto la responsabilit della gestione dellesercizio e al quale, in tale veste, compete lindennit di residenza, in quanto in concreto gestisce la farmacia, in cui tenuto a garantire la sua presenza. Contrariamente allassunto dellappellante, la gestione di una farmacia non pu che essere curata da un soggetto in possesso del relativo diploma di laurea e della iscrizione al relativo albo. Ci trova conferma proprio nella norma invocata dallappellante, vale a dire lart. 12 della L. 2.4.1968, n. 475, il quale stabilisce che nel caso di morte del titolare gli eredi possono entro un anno effettuare il trapasso della titolarit della farmacia a favore di farmacista iscritto nellalbo professionale, che abbia conseguito la titolarit o che sia risultato idoneo in un precedente concorso. Durante tale periodo gli eredi hanno diritto di continuare lesercizio in via provvisoria sotto la responsabilit di un direttore. N pu sostenersi, come pure fa lappellante, che lindennit in questione spetti al direttore responsabile che sostituisce il titolare nei casi consentiti (ex art.3 L. n. 221/1968), che sarebbero solo e tassativamente quelli di cui allart. 11 L. n. 475/1968 (che contempla la possibilit della sostituzione temporanea del titolare con altro farmacista iscritto allOrdine nei casi dinfermit, gravi motivi di famiglia, gravidanza, parto e allattamento, adozione di minori e affidamento familiare, servizio militare, chiamata a pubbliche funzioni elettive, ferie), in quanto, come correttamente rilevato dal Tribunale, in base ad una lettura logico-sistematica delle varie disposizioni in materia, non pu che concludersi nel senso che tra i casi consentiti di sostituzione rientra anche quello del farmacista che assume la direzione di una farmacia acquisita da altri jure haereditatis. Per le ragioni che precedono lappello va respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata. Si ravvisano, tuttavia, giusti motivi per disporre la compensazione integrale tra le parti delle spese, competenze ed onorari del presente grado di giudizio. P. Q. M. il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge e, per leffetto, conferma la sentenza impugnata. 100 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 (All. 4) Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo per la Regione Puglia, deliberazione 27 febbraio 2008 n. 3 - Pres. Grasso, Rel. Petrucci. Richiesta di parere formulata dal Sindaco del Comune di Bitonto. (Omissis...) La Sezione rileva che la richiesta di parere avente ad oggetto linterpretazione e la concreta applicazione della recente normativa introdotta dallart. 3 comma 27 e seguenti della L. 24/12/2007 n. 244 in materia di societ partecipate da amministrazioni pubbliche possa inquadrarsi nella materia di contabilit pubblica rilevato che, come gi evidenziato da questa Sezione nelle deliberazioni n. 99/2006 e n. 65/2007, sugli equilibri di bilancio degli Enti locali finiscono per incidere direttamente i risultati degli organismi partecipati spesso destinatari di cospicui trasferimenti dagli Enti e che possono anche produrre eventuali utili o dividendi in favore dellEnte partecipante. Inoltre, il risultato economico finale della gestione degli enti locali deve comprendere anche il risultato della gestione operativa che comprende i costi sostenuti ed i ricavi conseguiti dallesercizio di attivit esterne svolte attraverso aziende speciali o societ partecipate. Il quesito attiene, pertanto, alla materia della contabilit pubblica e presenta, inoltre, carattere generale ed astratto essendo rivolto allinterpretazione di specifica normativa. Passando allesame del quesito, il Sindaco richiede se la nuova disciplina introdotta dallart. 3, commi 27-32, della 24/12/2007 n. 244, recante la legge finanziaria per lesercizio 2008, debba essere interpretata nel senso che impedisca al Comune di assumere, ai sensi dellart. 9, comma 1, lett. d) della L. 02/04/1968 n. 475 come sostituito dallart. 10 della L. 08/11/1991 n. 362, la gestione delle farmacie di cui lEnte abbia la titolarit mediante la costituzione di societ di capitali. Lart. 3, comma 27, della legge finanziaria per il 2008 cos dispone: al fine di tutelare la concorrenza e il mercato, le amministrazioni di cui allarticolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non possono costituire societ aventi per oggetto attivit di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalit istituzionali, n assumere o mantenere direttamente o indirettamente partecipazioni, anche di minoranza in tali societ. E sempre ammessa la costituzione di societ che producono servizi di interesse generale e lassunzione di partecipazioni in tali societ da parte delle amministrazioni di cui allarticolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nellambito dei rispettivi livelli di competenza. Lassunzione di nuove partecipazioni e il mantenimento delle attuali deve essere autorizzata, secondo il disposto del comma 28, dall'Organo Consiliare con delibera motivata che accerti la sussistenza dei presupposti di cui al comma 27. La L. 244/2007 fissa, quindi, un termine di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge entro il quale le amministrazioni pubbliche devono cedere a terzi le societ e le partecipazioni vietate ai sensi del comma 27. La novella legislativa in materia di societ partecipate, tesa ad operare una riduzione del fenomeno della proliferazione di societ pubbliche o miste considerato una delle cause dellincremento della spesa pubblica degli enti locali, individua, pertanto, due tipologie di societ partecipate espressamente consentite: societ che svolgono attivit strettamente necessarie alle finalit istituzionali degli Enti e societ che producono servizi di interesse generale. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 101 La richiesta di parere si incentra proprio sulla concreta qualificazione dellattivit di gestione delle farmacie comunali mediante lutilizzo del modello societario previsto dal citato art. 9 della L. n. 475/1968 che consente ai comuni di ottenere, per met, la titolarit delle farmacie che si rendono vacanti e di quelle di nuova istituzione a seguito di revisione della pianta organica. La gestione di tali farmacie pu avvenire in economia, a mezzo di aziende speciali o di consorzi tra comuni e mediante societ di capitali. La Sezione ritiene che lattivit di gestione delle farmacie comunali costituisca esercizio di un pubblico servizio trattandosi, in particolare, di unattivit rivolta a fini sociali, secondo il disposto dellart. 112 del D. Lgs. 18/08/2000 n. 267 che consente agli Enti locali, nellambito delle rispettive competenze, di provvedere alla gestione dei servizi pubblici che abbiano ad oggetto la produzione di beni ed attivit rivolte a realizzare fini sociali ed a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunit locali. Il concreto inquadramento della farmacia comunale tra le societ che perseguono finalit istituzionali dellEnte o tra le societ rivolte alla produzione di servizi di interesse generale rimessa allesclusiva valutazione dellOrgano Consiliare; tuttavia, ad avviso della Sezione, levidente connotazione delle farmacie comunali destinate a fornire un pubblico servizio in favore della collettivit generale esclude che tale partecipazione possa ritenersi vietata. PQM Nelle su esposte considerazioni il parere di questa Sezione Regionale di Controllo per la Puglia. (All. 5) Corte di Giustizia delle Comunit europee, Grande Sezione, sentenza 19 maggio 2009 nella causa C-531/06 - Ricorso per inadempimento della Commissione delle Comunit europee/ Repubblica italiana. (Avvocato dello Stato G. Fiengo - AL 6524/07). Inadempimento di uno Stato Libert di stabilimento Libera circolazione dei capitali Artt. 43 CE e 56 CE Sanit pubblica Farmacie Disposizioni che riservano ai soli farmacisti il diritto di gestire una farmacia Giustificazione Rifornimento di medicinali alla popolazione sicuro e di qualit Indipendenza professionale dei farmacisti Imprese di distribuzione di prodotti farmaceutici Farmacie comunali (Omissis... ) 41 Nel caso in esame si deve rilevare che la Commissione considera, nel suo ricorso, due fattispecie diverse che possono rientrare nellambito di applicazione della normativa nazionale di cui trattasi. Da un lato, la Commissione considera la situazione in cui tale normativa impedisce ai non farmacisti di detenere, in societ di gestione di farmacie, partecipazioni rilevanti che conferiscano loro una sicura influenza sulle decisioni di queste ultime. Dallaltro, gli addebiti della Commissione riguardano la situazione in cui tale normativa impedisce ad investitori di altri Stati membri che non siano farmacisti di acquisire, in tali societ, partecipazioni di minore rilevanza che non attribuiscono una tale influenza. 102 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 42 La normativa nazionale devessere pertanto esaminata alla luce sia dellart. 43 CE sia dellart. 56 CE. Sullesistenza di restrizioni alla libert di stabilimento e alla libera circolazione dei capitali 43 Con riferimento allart. 43 CE, risulta da una costante giurisprudenza che tale disposizione osta a qualsiasi provvedimento nazionale che, anche se si applica senza discriminazioni in base alla cittadinanza, possa ostacolare o scoraggiare lesercizio, da parte dei cittadini comunitari, della libert di stabilimento garantita dal Trattato (v., in particolare, sentenze 31 marzo 1993, causa C.19/92, Kraus, Racc. pag. I.1663, punto 32, e 14 ottobre 2004, causa C.299/02, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I.9761, punto 15). 44 Costituisce in particolare una restrizione ai sensi dellart. 43 CE una normativa che subordina lo stabilimento, nello Stato membro ospitante, di un operatore economico di un altro Stato membro al rilascio di unautorizzazione preventiva e che riserva lesercizio di unattivit autonoma a taluni operatori economici che rispondono a esigenze predeterminate al cui rispetto subordinato il rilascio di questa autorizzazione. Una siffatta normativa scoraggia, se non addirittura ostacola, operatori economici di altri Stati membri nellesercizio, nello Stato membro ospitante, delle loro attivit tramite un istituto di cura stabile (v., in tal senso, sentenza Hartlauer, cit., punti 34, 35 e 38). 45 La norma di esclusione dei non farmacisti costituisce una siffatta restrizione poich riserva la gestione delle farmacie ai soli farmacisti, impedendo agli altri operatori economici di accedere a questa attivit autonoma nello Stato membro interessato. 46 Riguardo allart. 56 CE, si deve ricordare che devono essere qualificate come restrizioni, ai sensi del n. 1 di tale articolo, misure nazionali idonee a impedire o a limitare lacquisizione di partecipazioni nelle imprese interessate o che possano dissuadere gli investitori degli altri Stati membri dallinvestire nel capitale di queste ultime (v. sentenze 23 ottobre 2007, causa C.112/05, Commissione/Germania, Racc. pag. I.8995, punto 19, e 6 dicembre 2007, cause riunite C.463/04 e C.464/04, Federconsumatori e a., Racc. pag. I.10419, punto 21). 47 Nel caso di specie la normativa nazionale prevede che i soci di societ di gestione di farmacie possano essere soltanto farmacisti. Tale normativa impedisce pertanto agli investitori di altri Stati membri che non sono farmacisti di acquisire partecipazioni in questo tipo di societ. 48 Di conseguenza questa normativa introduce restrizioni ai sensi degli artt. 43 CE e 56, n. 1, CE. Sulla giustificazione delle restrizioni alla libert di stabilimento e alla libera circolazione dei capitali 49 Le restrizioni alla libert di stabilimento e alla libera circolazione dei capitali, che siano applicabili senza discriminazioni basate sulla nazionalit, possono essere giustificate da motivi imperativi di interesse pubblico, a condizione che siano atte a garantire la realizzazione dello scopo perseguito e non vadano oltre quanto necessario al raggiungimento di tale scopo (v. sentenze 25 gennaio 2007, causa C.370/05, Festersen, Racc. pag. I.1129, punto 26, e Hartlauer, cit., punto 44). 50 Nella fattispecie si deve constatare, in primo luogo, che la normativa nazionale si applica senza discriminazioni basate sulla nazionalit. 51 In secondo luogo, la tutela della sanit pubblica figura tra i motivi imperativi di interesse pubblico che possono giustificare restrizioni alle libert di circolazione garantite dal Trattato quali la libert di stabilimento (v., in particolare, sentenza Hartlauer, cit., punto 46) e la libera IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 103 circolazione dei capitali. 52 Pi precisamente, restrizioni a dette libert di circolazione possono essere giustificate dallo scopo di garantire un rifornimento di medicinali alla popolazione sicuro e di qualit (v., in tal senso, citate sentenze Deutscher Apothekerverband, punto 106, e 11 settembre 2008, Commissione/Germania, punto 47). 53 Si deve esaminare, in terzo luogo, se la disposizione di esclusione dei non farmacisti sia adeguata ad assicurare tale scopo. 54 Al riguardo occorre che, qualora sussistano incertezze circa lesistenza o lentit dei rischi per la salute delle persone, lo Stato membro possa adottare misure di tutela senza dover aspettare che la concretezza di tali rischi sia pienamente dimostrata. Inoltre lo Stato membro pu adottare misure che riducano, per quanto possibile, il rischio per la sanit pubblica (v., in tal senso, sentenza 5 giugno 2007, causa C.170/04, Rosengren e a., Racc. pag. I.4071, punto 49), compreso, pi precisamente, il rischio per il rifornimento di medicinali alla popolazione sicuro e di qualit. 55 In tale contesto si deve sottolineare il carattere molto particolare dei medicinali, che si distinguono sostanzialmente dalle altre merci per i loro effetti terapeutici (v., in tal senso, sentenza 21 marzo 1991, causa C.369/88, Delattre, Racc. pag. I.1487, punto 54). 56 In ragione di tali effetti terapeutici, i medicinali possono nuocere gravemente alla salute se assunti senza necessit o in modo sbagliato, senza che il paziente possa esserne consapevole al momento della loro somministrazione. 57 Un consumo eccessivo o un uso sbagliato di medicinali comporta inoltre uno spreco di risorse finanziarie, tanto pi grave se si considera che il settore farmaceutico genera costi considerevoli e deve rispondere a bisogni crescenti, mentre le risorse finanziarie che possono essere destinate alla sanit, qualunque sia il modo di finanziamento utilizzato, non sono illimitate (v., per analogia, riguardo alle cure ospedaliere, sentenze 13 maggio 2003, causa C.385/99, Mller-Faur e van Riet, Racc. pag. I.4509, punto 80, nonch Watts, cit., punto 109). Al riguardo si deve rilevare che esiste un nesso diretto tra tali risorse finanziarie e gli utili di operatori economici attivi nel settore farmaceutico poich la prescrizione di medicinali presa in carico, nella maggior parte degli Stati membri, dagli organismi di assicurazione malattia interessati. 58 Con riguardo a tali rischi per la sanit pubblica e per lequilibrio finanziario dei sistemi di sicurezza sociale, gli Stati membri possono sottoporre le persone che si occupano della distribuzione dei medicinali al dettaglio a condizioni severe, con riferimento in particolare alle modalit di commercializzazione di questi ultimi e alla finalit di lucro. In particolare, essi possono riservare la vendita di medicinali al dettaglio, in linea di principio, ai soli farmacisti, in considerazione delle garanzie che questi ultimi devono offrire e delle informazioni che essi devono essere in grado di dare al consumatore (v., in tal senso, sentenza Delattre, cit., punto 56). 59 Al riguardo, e tenuto conto della facolt riconosciuta agli Stati membri di decidere il grado di tutela della sanit pubblica, si deve ammettere che questi ultimi possano esigere che i medicinali vengano distribuiti da farmacisti che godano di uneffettiva indipendenza professionale. Essi possono altres adottare misure idonee ad eliminare o ridurre il rischio che tale indipendenza sia compromessa, dal momento che ci potrebbe pregiudicare il livello di sicurezza e la qualit del rifornimento di medicinali alla popolazione. 60 In tale contesto si devono distinguere tre categorie di potenziali gestori di farmacia, vale a dire la categoria delle persone fisiche che rivestono la qualit di farmacisti, quella delle 104 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 persone operanti nel settore dei prodotti farmaceutici quali produttori o grossisti, e quella delle persone che non hanno la qualit di farmacisti n svolgono unattivit in detto settore. 61 Riguardo al gestore che possiede la qualit di farmacista, non si pu negare che esso persegua, come altre persone, una finalit di lucro. Tuttavia, in quanto farmacista di professione, si ritiene che questultimo gestisca la farmacia in base non ad un obiettivo meramente economico, ma altres in unottica professionale. Il suo interesse privato, connesso alla finalit di lucro, viene quindi temperato dalla sua formazione, dalla sua esperienza professionale e dalla responsabilit ad esso incombente, considerato che uneventuale violazione delle disposizioni normative o deontologiche comprometterebbe non soltanto il valore del suo investimento, ma altres la propria vita professionale. 62 A differenza dei farmacisti, i non farmacisti non hanno, per definizione, una formazione, unesperienza e una responsabilit equivalenti a quelle dei farmacisti. Pertanto si deve constatare che essi non forniscono le stesse garanzie fornite dai farmacisti. 63 Di conseguenza uno Stato membro pu ritenere, nellambito del suo margine di discrezionalit richiamato al punto 36 della presente sentenza, che la gestione di una farmacia da parte di un non farmacista, a differenza della gestione affidata ad un farmacista, possa rappresentare un rischio per la sanit pubblica, in particolare per la sicurezza e la qualit della distribuzione dei medicinali al dettaglio, poich la finalit di lucro, nellambito di una siffatta gestione, non incontra elementi temperanti quali quelli, ricordati al punto 61 della presente sentenza, che caratterizzano lattivit dei farmacisti (v., per analogia, riguardo alla prestazione di servizi di assistenza sociale, sentenza 17 giugno 1997, causa C.70/95, Sodemare e a., Racc. pag. I.3395, punto 32). 64 Uno Stato membro pu pertanto, in particolare, nellambito di detto margine di discrezionalit, valutare se un tale rischio esista con riferimento ai produttori e ai commercianti allingrosso di prodotti farmaceutici, per il motivo che questi ultimi potrebbero pregiudicare lindipendenza dei farmacisti stipendiati incitandoli a promuovere i medicinali da essi stessi prodotti o commercializzati. Del pari, uno Stato membro pu valutare il rischio che i gestori non farmacisti compromettano lindipendenza dei farmacisti stipendiati, incitandoli a smerciare medicinali il cui stoccaggio non sia pi redditizio, o procedano a riduzioni di spese di funzionamento che possono incidere sulle modalit di distribuzione al dettaglio dei medicinali. 65 In subordine, la Commissione sostiene che, nel caso di specie, la disposizione di esclusione dei non farmacisti non pu essere giustificata dallinteresse pubblico, per lincoerenza del modo in cui tale obiettivo perseguito. 66 Al riguardo, risulta dalla giurisprudenza della Corte che una normativa nazionale idonea a garantire la realizzazione dellobiettivo addotto solo se risponde realmente allintento di raggiungerlo in modo coerente e sistematico (v. sentenze 6 marzo 2007, cause riunite C.338/04, C.359/04 e C.360/04, Placanica e a., Racc. pag. I.1891, punti 53 e 58; 17 luglio 2008, causa C.500/06, Corporacin Dermoesttica, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 39 e 40, nonch Hartlauer, cit., punto 55). 67 In questo contesto si deve rilevare che la normativa nazionale non esclude in modo assoluto la gestione di farmacie da parte di soggetti non farmacisti. 68 Infatti lart. 7, nn. 9 e 10, della legge n. 362/1991 prevede, eccezionalmente, che gli eredi di un farmacista che non possiedono essi stessi la qualit di farmacisti possano gestire la farmacia ereditata per un periodo di uno, tre o dieci anni secondo la situazione personale degli eredi. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 105 69 Tuttavia la Commissione non ha dimostrato che tale eccezione renderebbe la normativa nazionale incoerente. 70 Anzitutto, questultima si rivela giustificata riguardo alla tutela dei diritti e degli interessi patrimoniali legittimi dei familiari del farmacista deceduto. Al riguardo si deve constatare che gli Stati membri possono considerare che gli interessi degli eredi di un farmacista non siano tali da rimettere in discussione le esigenze e le garanzie derivanti dai loro rispettivi ordinamenti giuridici, cui i gestori che hanno la qualit di farmacisti devono rispondere. In tale contesto si deve soprattutto prendere in considerazione la circostanza che la farmacia ereditata deve essere gestita, per tutto il periodo transitorio, sotto la responsabilit di un farmacista laureato. Pertanto, gli eredi non possono, in tale concreto contesto, essere assimilati ad altri gestori che non possiedono la qualit di farmacisti. 71 Si deve inoltre rilevare che detta eccezione ha soltanto effetti temporanei. Infatti gli eredi devono effettuare, di regola, il trasferimento dei diritti di gestione della farmacia ad un farmacista nel termine di un solo anno. Soltanto nel caso di una partecipazione ad una societ di gestione di una farmacia costituita da farmacisti gli aventi diritto dispongono di un termine pi lungo per la sua cessione, poich questultimo di tre anni a decorrere dallacquisto di tale partecipazione. 72 Tali eccezioni sono quindi volte a consentire agli aventi diritto di cedere la farmacia ad un farmacista entro un termine che non risulta irragionevole. 73 Infine, anche se lart. 7, nn. 9 e 10, della legge n. 362/1991 consente ad alcuni eredi un termine di dieci anni per la cessione della farmacia, termine che potrebbe rivelarsi irragionevole, si deve rilevare che, tenuto conto del suo campo di applicazione particolarmente ristretto, limitato al caso in cui lavente causa sia il coniuge ovvero lerede in linea retta entro il secondo grado del farmacista deceduto e al fatto che tale avente causa deve iscriversi, entro un anno dalla data di acquisizione della farmacia, ad una facolt di farmacia in qualit di studente, tale disposizione non potrebbe essere sufficiente a concludere che la normativa nazionale in parola incoerente. 74 La Commissione non ha neppure dimostrato che la normativa nazionale incoerente nel consentire a taluni non farmacisti di gestire farmacie comunali, dal momento che prevede la possibilit per i comuni di costituire, per la gestione di queste farmacie, societ per azioni i cui soci non sono necessariamente farmacisti. 75 Anzitutto, non vi sono elementi agli atti che permettano di affermare che i comuni, che beneficiano dello statuts di detentori di prerogative di potere pubblico, rischiano di lasciarsi guidare da uno scopo commerciale particolare e di gestire farmacie comunali a scapito delle esigenze della sanit pubblica. 76 Inoltre la Commissione non ha contestato gli elementi, sottoposti alla Corte dalla Repubblica italiana, volti a dimostrare che i comuni hanno estesi poteri di controllo sulle societ incaricate della gestione delle farmacie comunali e che tali poteri permettono loro di salvaguardare il perseguimento dellinteresse pubblico. 77 Secondo queste indicazioni, il comune interessato resta titolare di tali farmacie, definisce le modalit concrete della gestione in esse del servizio farmaceutico e bandisce una gara di appalto per scegliere il socio della societ incaricata della gestione della farmacia, fermo restando che le disposizioni dirette ad assicurare il rispetto di tali modalit sono inserite sia nel bando di gara di appalto, sia negli strumenti contrattuali che disciplinano i rapporti giuridici tra il comune e la societ interessata. 78 Risulta inoltre dalle indicazioni non contestate della Repubblica italiana che il comune 106 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 conserva la competenza a designare uno o pi amministratori e revisori contabili della societ incaricata della gestione della farmacia comunale e partecipa cos allelaborazione delle decisioni e al controllo interno delle attivit di questultima. Le persone in tal modo designate hanno il potere di controllare che detta farmacia comunale persegua sistematicamente linteresse pubblico e di evitare che lindipendenza professionale dei farmacisti stipendiati venga compromessa. 79 Infine, secondo queste stesse indicazioni, il comune interessato non rimane privato della possibilit di modificare o sciogliere il rapporto giuridico con la societ incaricata della gestione della farmacia comunale al fine di realizzare una politica commerciale che ottimizzi il perseguimento dellinteresse pubblico. 80 Di conseguenza, in assenza di elementi di prova sufficienti da parte della Commissione, la normativa nazionale riguardante le farmacie comunali non pu essere considerata incoerente. 81 Tenuto conto di quanto precede, si deve constatare che la normativa oggetto dellinadempimento contestato atta a garantire la realizzazione dellobiettivo volto ad assicurare un rifornimento di medicinali alla popolazione sicuro e di qualit e, pertanto, la tutela della sanit pubblica. 82 In quarto luogo, si deve esaminare se le restrizioni alla libert di stabilimento e alla libera circolazione dei capitali vadano oltre quanto necessario al fine di raggiungere detto obiettivo, vale a dire se non esistano misure meno restrittive delle libert garantite dagli artt. 43 CE e 56 CE che consentano di raggiungerlo in modo altrettanto efficace. 83 Al riguardo la Commissione sostiene che detto obiettivo potrebbe essere raggiunto da misure meno restrittive, quali lobbligo di presenza di un farmacista nella farmacia, lobbligo di stipulare unassicurazione o un sistema di controlli adeguati e di sanzioni efficaci. 84 Tuttavia, tenuto conto del margine di discrezionalit lasciato agli Stati membri, ricordato al punto 36 della presente sentenza, uno Stato membro pu ritenere sussistente il rischio che le disposizioni normative dirette a garantire lindipendenza professionale dei farmacisti non vengano in realt osservate, tenuto conto che linteresse di un non farmacista alla realizzazione di utili non sarebbe temperato come quello dei farmacisti indipendenti e che la subordinazione dei farmacisti, quali dipendenti stipendiati, ad un gestore potrebbe rendere difficile per essi opporsi alle istruzioni fornite da questultimo. 85 Orbene, la Commissione non ha presentato, al di fuori di considerazioni generali, alcun elemento atto a dimostrare quale sia il sistema concreto idoneo a garantire, con la stessa efficacia della disposizione preventiva di esclusione dei non farmacisti, che dette disposizioni normative vengano effettivamente osservate nonostante le considerazioni enunciate al punto precedente della presente sentenza. 86 Inoltre, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, i rischi per lindipendenza della professione di farmacista non possono neppure essere esclusi, con la stessa efficacia, attraverso limposizione dellobbligo di stipulare unassicurazione, quale lassicurazione della responsabilit civile per fatto altrui. Infatti, anche se tale misura potrebbe permettere al paziente di ottenere un risarcimento finanziario per il danno da esso eventualmente subto, essa interviene a posteriori e sarebbe meno efficace rispetto a detta disposizione nel senso che non impedirebbe in alcun modo al gestore interessato di esercitare uninfluenza sui farmacisti stipendiati. 87 Pertanto, non accertato che una misura meno restrittiva delle libert garantite dagli artt. 43 CE e 56 CE, diversa dalla disposizione di esclusione dei non farmacisti, permetterebbe IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 107 di garantire, in modo altrettanto efficace, il livello di sicurezza e di qualit di rifornimento di medicinali alla popolazione che risulta dallapplicazione di tale disposizione. 88 Di conseguenza, la normativa nazionale risulta idonea a garantire la realizzazione dellobiettivo da essa perseguito e non va oltre quanto necessario per raggiungerlo. Pertanto si deve ammettere che le restrizioni derivanti da tale normativa possono essere giustificate da questo obiettivo. 89 Tale conclusione non rimessa in discussione dalla sentenza 21 aprile 2005, causa C.140/03, Commissione/Grecia (Racc. pag. I.3177), richiamata dalla Commissione, nella quale la Corte ha dichiarato che la Repubblica ellenica non ha adempiuto agli obblighi ad essa incombenti, ai sensi degli artt. 43 CE e 48 CE, adottando e mantenendo in vigore disposizioni nazionali che subordinano la possibilit per una persona giuridica di aprire un negozio di ottica, in particolare, alla condizione che lautorizzazione ad aprire e gestire il negozio di ottica sia rilasciata a nome di un ottico autorizzato, persona fisica, e che la persona titolare dellautorizzazione a gestire il negozio partecipi per almeno il 50% al capitale sociale, nonch ai profitti e alle perdite. 90 Tenuto conto del carattere particolare dei prodotti medicinali nonch del loro mercato, e allo stato attuale del diritto comunitario, le considerazioni della Corte nella citata sentenza Commissione/Grecia non sono trasponibili nel settore della distribuzione di medicinali al dettaglio. Infatti, a differenza dei prodotti ottici, i medicinali prescritti o utilizzati per ragioni terapeutiche possono, malgrado tutto, rivelarsi gravemente nocivi per la salute se assunti senza necessit o in modo sbagliato, senza che il paziente possa esserne consapevole al momento della loro somministrazione. Inoltre, una vendita di medicinali che non sia giustificata dal punto di vista medico comporta uno spreco di risorse pubbliche finanziarie non comparabile a quello risultante da vendite ingiustificate di prodotti ottici. 91 Alla luce di quanto precede, il primo motivo del ricorso deve essere respinto in quanto infondato. Sul secondo motivo Argomenti delle parti 92 Con il secondo motivo la Commissione sostiene che il regime delle farmacie comunali viola gli artt. 43 CE e 56 CE. vero che, da un lato, tale regime consentirebbe a soggetti non farmacisti di gestire, a talune condizioni, farmacie comunali, dal momento che prevede la possibilit di costituire, per la loro gestione, societ per azioni i cui soci non sono necessariamente farmacisti. Tuttavia, dallaltro, la normativa nazionale impedirebbe alle imprese di distribuzione di prodotti farmaceutici di acquisire partecipazioni in queste societ, laddove una siffatta restrizione non pu in alcun modo essere giustificata dagli obiettivi connessi alla tutela della sanit pubblica. 93 Infatti, in primo luogo, una normativa del genere non sarebbe adeguata al raggiungimento di tali obiettivi. Da un lato, essa si fonderebbe su unerrata presunzione secondo la quale unimpresa di distribuzione sarebbe maggiormente indotta, nella gestione di una farmacia comunale, a privilegiare il proprio interesse personale a scapito dellinteresse pubblico rispetto a persone non operanti nel settore della distribuzione farmaceutica. 94 Dallaltro lato, detta normativa sarebbe incoerente, in quanto ammette deroghe di considerevole portata. In particolare, una persona potrebbe associarsi ad unimpresa di distribuzione e, ci nonostante, gestire una farmacia comunale, a condizione che non occupi in questimpresa una posizione cui siano connessi poteri di decisione e controllo. 95 In secondo luogo, il divieto per le imprese di distribuzione di acquisire una partecipa- 108 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 zione nelle farmacie comunali non sarebbe necessario, poich lobiettivo invocato potrebbe essere raggiunto con altre misure meno restrittive, quali lobbligo di presenza di un farmacista nella farmacia, lobbligo di stipulare unassicurazione o la realizzazione di un sistema di controlli adeguati e di sanzioni efficaci. 96 La Repubblica italiana controbatte rilevando che il secondo motivo sarebbe privo di fondamento, in quanto il decreto Bersani avrebbe soppresso il divieto per le imprese di distribuzione di acquisire partecipazioni nelle farmacie comunali. 97 In ogni caso, un siffatto divieto non violerebbe lart. 43 CE, in quanto potrebbe essere giustificato dallinteresse pubblico di tutela della sanit pubblica. Tale divieto si applicherebbe indiscriminatamente e sarebbe diretto, infatti, ad impedire alle imprese di distribuzione di promuovere, tramite le farmacie comunali, i medicinali da esse commercializzati. Orbene, altre misure meno vincolanti non raggiungerebbero questo obiettivo di interesse pubblico con la stessa efficacia. Giudizio della Corte 98 Riguardo, anzitutto, allargomento della Repubblica italiana relativo alladozione del decreto Bersani, si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, lesistenza di un inadempimento devessere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato e che i mutamenti intervenuti in seguito non possono essere presi in considerazione dalla Corte (v., in particolare, sentenze 30 gennaio 2002, causa C.103/00, Commissione/Grecia, Racc. pag. I.1147, punto 23, e 17 gennaio 2008, causa C.152/05, Commissione/Germania, Racc. pag. I.39, punto 15). 99 Nel caso di specie pacifico che, alla data di scadenza del termine stabilito nel parere motivato, la normativa nazionale non consentiva alle imprese di distribuzione di acquisire una partecipazione nelle societ di gestione delle farmacie comunali, in quanto il decreto Bersani stato adottato solo dopo tale data. 100 Si deve inoltre constatare che la normativa nazionale, considerata la giurisprudenza citata ai punti 43 e 46 della presente sentenza, comporta restrizioni ai sensi degli artt. 43 CE e 56 CE. Infatti essa impedisce a taluni operatori economici, ossia quelli che esercitano unattivit di distribuzione di prodotti farmaceutici, di svolgere contemporaneamente unattivit nellambito di farmacie comunali. Del pari, una tale normativa impedisce ad investitori provenienti da Stati membri diversi dalla Repubblica italiana, costituiti da imprese di distribuzione, di acquisire partecipazioni in determinate societ, vale a dire quelle cui stata affidata la gestione di farmacie comunali. 101 Con riferimento alleventuale giustificazione di tali restrizioni, si deve anzitutto rilevare che la normativa nazionale si applica senza discriminazioni relative alla nazionalit e che essa persegue lobiettivo di assicurare un rifornimento di medicinali alla popolazione sicuro e di qualit. 102 Inoltre questa normativa idonea a garantire la realizzazione di tale obiettivo. In primo luogo, come risulta dai punti 62-64 della presente sentenza, uno Stato membro pu considerare che le imprese di distribuzione sono in grado di esercitare una certa pressione sui farmacisti stipendiati allo scopo di privilegiare linteresse consistente nella realizzazione di utili. 103 In secondo luogo, tenuto conto delle considerazioni enunciate in questi stessi punti della presente sentenza, lo Stato membro interessato pu ritenere, nellambito del suo margine di discrezionalit, che i poteri di controllo dei comuni sulle societ cui affidata la gestione delle farmacie comunali non siano adeguati ad evitare linfluenza delle imprese di distribuzione sui farmacisti stipendiati. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 109 104 In terzo luogo, si deve rilevare che la Commissione non ha fornito elementi concreti e precisi in base ai quali la Corte potrebbe concludere che la normativa indicata nel secondo motivo incoerente rispetto ad altre disposizioni nazionali, come quella che consente ad una persona di associarsi ad unimpresa di distribuzione nonch ad una societ cui affidata la gestione di una farmacia comunale, a condizione che essa non occupi nella prima impresa una posizione cui siano connessi poteri di decisione e di controllo. 105 Infine, riguardo al carattere necessario della normativa nazionale, si deve constatare che, come enunciato ai punti 84-86 della presente sentenza, uno Stato membro pu considerare esistente il rischio che disposizioni normative dirette a garantire lindipendenza professionale dei farmacisti possano, nella pratica, essere violate o eluse. Del pari, i rischi per la sicurezza e la qualit del rifornimento di medicinali alla popolazione non possono essere esclusi, con la stessa efficacia, attraverso limposizione dellobbligo di stipulare unassicurazione, in quanto un siffatto strumento non impedirebbe necessariamente al gestore interessato di esercitare uninfluenza sui farmacisti stipendiati. (...Omissis) (All. 6) Corte di Giustizia delle Comunit europee, conclusioni dellAvvocato Generale M. Poiares Maduro presentate il 30 settembre 2009 (1) nelle cause riunite C-570/07 e C-571/07 - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Superior de Justicia de Asturias (Spagna) - Ricorrenti Jos Manuel Blanco Prez e Mara del Pilar Chao Gmez - (Avvocato dello Stato G. Fiengo - AL 16694/08). 1. Non nuovo il timore che i farmacisti in cerca di guadagni possano compromettere i loro obblighi professionali. un problema che risale almeno ai tempi di Romeo e Giulietta di Shakespeare, quando Romeo convinceva un povero diavolo di speziale a vendergli il veleno con questi versi: Sulle tue guance si legge la fame, negli occhi tagonizza la miseria ed il bisogno; porti appesi al collo visibilmente il disprezzo del prossimo e la pi misera pezzenteria; il mondo non tՏ amico, n ti fu mai amica la sua legge; il mondo non ha legge che faccia ricco uno come te. Allora, perch vuoi restare povero? Infrangila, la legge, e prendi questo! (2). 1 Lingua originale: linglese. 2 William Shakespeare, Romeo e Giulietta, atto V, scena prima. 110 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 2. Per riprendere i versi di Shakespeare, potremmo dire che il nodo della presente controversia in che misura per garantire la qualit dei servizi farmaceutici si debba prevedere larricchimento di alcuni farmacisti. Le autorit asturiane, nonch quelle di altri Stati membri con normative analoghe, giustificano infatti le proprie regole che limitano lapertura di nuove farmacie essenzialmente con la necessit di salvaguardare i giusti incentivi economici affinch la fornitura di servizi farmaceutici avvenga nella maniera pi ampia e migliore possibile. A loro avviso, ci richiede, da un lato, una protezione delle farmacie esistenti dai pericoli della concorrenza e, dallaltro, uno stimolo per i farmacisti a orientarsi verso zone meno redditizie, ottenuto limitando laccesso a quelle pi redditizie. Non dubito che le condizioni economiche in cui viene fornito un servizio possano influire sulla fornitura del servizio stesso. Gli Stati possono legittimamente fondare le proprie normative su tali preoccupazioni laddove esse siano strumentali al perseguimento di un fine pubblico come quello della tutela della salute pubblica. Per contro, gli Stati non possono limitarsi semplicemente a invocare tale nesso eventuale per giustificare qualsiasi regime. Le leggi che concedono vantaggi economici speciali ad alcuni operatori economici rispetto ad altri devono essere sottoposte a unaccurata verifica. La questione di cui si discute nel caso di specie non si presta ad una soluzione semplice. Da un lato, la tutela della salute umana di primaria importanza e la Corte tenuta a rispettare le decisioni degli Stati membri in questo complesso settore. Dallaltro, compito di codesto giudice porre rimedio a situazioni in cui le attivit politiche locali siano state indotte a fornire vantaggi economici a determinati cittadini a discapito, tra laltro, di cittadini di altri Stati membri. A tale compito non possibile rinunciare solo perch una controversia solleva questioni di salute pubblica. Invero, la necessit dellintervento di un arbitro imparziale maggiore laddove gli interessi in gioco riguardano non solo un vantaggio economico, ma anche la salute umana. Conseguentemente, in risposta alle questioni sottoposte nella fattispecie, cercher di ponderare gli interessi contrapposti sia adeguandomi alle valutazioni politiche degli Stati membri, sia esaminandone attentamente le modalit di attuazione, alla ricerca di eventuali segnali di uno sviamento politico alla luce dei requisiti di unit e coerenza sviluppati nella giurisprudenza della Corte relativamente alla normativa nazionale che ostacola la libera circolazione. I Contesto fattuale e giuridico 3. I ricorrenti nelle presenti cause sono entrambi cittadini spagnoli, farmacisti laureati ma non autorizzati ad aprire una farmacia e con unesperienza pluriennale di esercizio della professione presso farmacie veterinarie. Poich intendono gestire una farmacia propria, essi chiedono alla Comunit autonoma delle Asturie, in Spagna, lautorizzazione per aprire una nuova farmacia. Lautorizzazione viene loro negata con decisione del Ministero della salute e dei servizi sanitari del Principato delle Asturie, adottata in data 14 giugno 2002. Detta decisione stata confermata dal Consiglio di governo delle Asturie il 10 ottobre 2002. I ricorrenti hanno impugnato la suddetta decisione dinanzi al Tribunal Superior de Justicia de Asturias. 4. Le decisioni delle autorit asturiane si basano sul decreto 19 luglio 2001, n. 72/01 che disciplina le farmacie e i servizi farmaceutici nel Principato delle Asturie e che istituisce un regime di autorizzazioni che comprende alcune restrizioni allapertura di farmacie nella suddetta Comunit autonoma, nonch un regime che regola la concessione di licenze mediante concorso. I ricorrenti sostengono che questo decreto violi il loro diritto alla libert di stabilimento sancito dallart. 43 CE. Visti i dubbi sulla legittimit del decreto ai sensi del diritto IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 111 comunitario, il giudice nazionale ha sottoposto le due seguenti questioni pregiudiziali alla Corte di giustizia: Se lart. 43 CE osti a quanto stabilito agli artt. 2-4 del decreto del Principato delle Asturie 19 luglio 2001, n. 72, sullapertura e lesercizio di farmacie e dispensari, nonch ai punti 4, 6 e 7 dellallegato a tale decreto (Causa C.570/07) e Se lart. 43 CE osti alle disposizioni normative della Comunit autonoma del Principato delle Asturie in materia di autorizzazione allapertura di farmacie (Causa C.571/07). 5. Come sopra osservato, la normativa impugnata prevede restrizioni allapertura di nuove farmacie e stabilisce criteri per selezionare i candidati a un concorso per lassegnazione di licenze di apertura di nuove farmacie. Le limitazioni pi importanti consistono in una restrizione in termini quantitativi, che definisce il numero di farmacie in una data area facendo riferimento alla relativa popolazione, e nel limite geografico che impedisce lapertura di una farmacia a meno di 250 metri da unaltra. Le disposizioni specifiche sono le seguenti: Articolo 2. Rapporto numero di farmacie/abitanti 1. Per ogni zona farmaceutica il numero delle farmacie stabilito in modo che vi sia una farmacia ogni 2 800 abitanti. Quando tale rapporto superato, una nuova farmacia pu essere aperta per la frazione superiore a 2 000 abitanti. 2. In tutte le zone base del sistema sanitario e in tutte le entit municipali pu essere istituita almeno una farmacia. Articolo 3. Computo della popolazione Ai fini del presente decreto la popolazione computata sulla base dei dati risultanti dallultimo censimento comunale. Articolo 4. Distanze minime 1. La distanza tra le farmacie non pu, di norma, essere inferiore a 250 metri, in qualunque zona farmaceutica esse siano ubicate. 2. La distanza di 250 metri andr osservata anche rispetto ai presidi sanitari delle zone farmaceutiche, sia pubblici sia privati convenzionati per lassistenza extraospedaliera o ospedaliera, dotati di ambulatori o di Pronto soccorso, gi in funzione o in costruzione. Non valgono distanze minime tra i presidi sanitari nelle zone farmaceutiche con ununica farmacia n nelle localit dove esiste attualmente ununica farmacia e nelle quali, considerate le caratteristiche del luogo, non da prevedere lapertura di nuove farmacie. Nelluno come nellaltro caso occorre indicare le ragioni per linosservanza delle distanze minime da un presidio sanitario (3). 6. La normativa stabilisce diversi criteri per selezionare i candidati alle licenze. Allesperienza professionale e scolastica viene assegnato un punteggio in base a una molteplicit di criteri. In caso di esperienza professionale maturata in centri con meno di 2 800 abitanti, viene attribuito un punteggio pi elevato rispetto ad altri tipi di attivit. La legge prevede altres quanto segue: 1. Il possesso dei requisiti e dei titoli stabiliti dalla presente Tabella deve essere formalmente certificato dallAmministrazione o dalla persona competente. 2. Lesperienza professionale e scolastica viene calcolata in mesi interi, anche se i periodi di attivit sono discontinui. Periodi discontinui possono essere cumulati, per gruppi di 21 3 - Decreto 72/01. 112 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 giorni o di 168 ore equivalenti ad un mese, fino al raggiungimento di tale minimo. Nel caso di lavoro a orario ridotto, i meriti per esperienza professionale sono presi in conto come sopra, in proporzione al numero di ore previste per il lavoro a tempo pieno 3. Una sola attivit professionale viene presa in considerazione per uno stesso periodo, salvo trattarsi di due attivit a orario ridotto. 4. Non vengono presi in considerazione lesperienza di farmacista titolare o contitolare di farmacia n altri titoli di merito allorch sono gi valsi ad ottenere unautorizzazione allinstallazione. 5. Sono considerati rispettivamente per il 50%, e poi sommati tra loro, i punteggi assegnati ai titoli dei candidati alla contitolarit di una farmacia, ove i contitolari siano solo due. In caso di pi contitolari, sono considerati per il 50% e poi sommati tra loro solo i punteggi assegnati ai titoli dei due candidati col punteggio, rispettivamente, pi alto e pi basso. 6. Il punteggio per meriti professionali attribuito per lattivit svolta nel territorio del Principato delle Asturie maggiorato del 20%. 7. Nel caso in cui, in applicazione della presente Tabella, si ottenga parit di punteggio, le autorizzazioni sono rilasciate secondo il seguente ordine di priorit: a) i farmacisti che non sono stati titolari di farmacia. b) i farmacisti che sono stati titolari di farmacie in zone farmaceutiche o in comuni con meno di 2 800 abitanti. c) i farmacisti che abbiano svolto attivit professionale nel Principato delle Asturie. d) i farmacisti con pi titoli accademici (4). II Analisi A Ricevibilit 7. Alcune parti sostengono lirricevibilit della presente causa in quanto i ricorrenti sono cittadini spagnoli che impugnano normative spagnole. Tuttavia, la Corte si costantemente pronunciata a favore della ricevibilit di tale tipologia di cause (5). Spetta esclusivamente al giudice nazionale valutare la necessit di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza (6). La Corte fornisce linterpretazione richiesta salvo che non risulti evidente la mancanza di relazione di questultima con la causa a qua (7). Il giudice nazionale pu necessitare dellinterpretazione richiesta del diritto comunitario anche se gli elementi di fatto in questione sono puramente interni, poich una risposta siffatta potrebbe essergli utile nellipotesi in cui il proprio diritto nazionale imporrebbe, in un procedimento come quello del caso di specie, di agire in modo che un produttore nazionale fruisca degli stessi diritti di cui godrebbe in base al diritto comunitario, nella medesima situazione, un produttore di un altro Stato membro (8). Come ho gi avuto modo di chiarire, ritengo che questa 4 Allegato: Tabella dei criteri di selezione per laccesso alla titolarit di una farmacia. 5 Sentenze 5 dicembre 2000, causa C-448/98, Guimont (Racc. pag. I.10663, punto 23); 5 marzo 2002, cause riunite C.515/99, da C.519/99 a C.524/99 e da C.526/99 a C.540/99, Reisch e a. (Racc. pag. I.2157, punto 26); 11 settembre 2003, causa C.6/01, Anomar e a. (Racc. pag. I.8621, punto 41); 30 marzo 2006, causa C.451/03, Servizi Ausiliari Dottori Commercialisti (Racc. pag. I.2941, punto 29); 5 dicembre 2006, cause riunite C.94/04 e C.202/04, Cipolla e a. (Racc. pag. I.11421, punto 30), e 31 gennaio 2008, causa C.380/05, Centro Europa 7 (Racc. pag. I.349, punto 69 6 V., per esempio, Centro Europa 7 (punto 52). 7 Sentenza Centro Europa 7 (punto 53) 8 Sentenza Guimont (punto 23). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 113 tesi sia avallata dallo spirito di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte di giustizia e dallesigenza di evitare situazioni in cui lapplicazione congiunta della legge nazionale e del diritto comunitario determinino un trattamento sfavorevole dei propri cittadini da parte di uno Stato membro (9). Pertanto, la Corte dovrebbe fornire linterpretazione richiesta dellart. 43 CE nel caso di specie. B Sullesistenza di una restrizione alla libert di stabilimento 8. Il diritto comunitario non incide sulla competenza degli Stati membri ad impostare i loro sistemi sanitari e di previdenza sociale (10). Sebbene le farmacie siano imprese commerciali, costituiscono anchesse parte del sistema sanitario. Pertanto, gli Stati membri possono adottare, in particolare, norme destinate allorganizzazione di farmacie cos come fanno per altri servizi sanitari (11) in quanto ci rientra nella loro competenza ad impostare di tali sistemi. 9. Nondimeno, gli Stati membri sono tenuti ad esercitare la propria competenza in questambito nel rispetto delle libert garantite dal Trattato, tra cui figura la libert di stabilimento (12). La giurisprudenza della Corte ha chiarito che ogni provvedimento nazionale che possa ostacolare o scoraggiare lesercizio, da parte dei cittadini comunitari, della libert di stabilimento garantita dal Trattato costituisce uninterferenza con i diritti garantiti dallart. 43, pur se applicabile senza discriminazioni in base alla cittadinanza (13). 10. Linterferenza con le libert fondamentali spesso si manifesta come un freno allaccesso al mercato nazionale, che deriva da provvedimenti posti a tutela delle quote di mercato di operatori gi esistenti sul mercato nazionale (14). Costituisce una restrizione una previa autorizzazione che riserva lesercizio di unattivit a taluni operatori economici che soddisfano requisiti predeterminati (15). Pi in dettaglio, qualora una disciplina nazionale subordini lesercizio di unattivit ad una condizione connessa al fabbisogno economico o sociale di tale attivit, essa costituisce una restrizione in quanto mira a limitare il numero dei prestatori di servizi (16). Ci detto, stato ritenuto che la normativa nazionale che consentiva lapertura di nuovi ambulatori dentistici autonomi solo qualora le autorit locali avessero riscontrato una necessit che giustificava lapertura di nuovi ambulatori limitasse il diritto alla libert di stabilimento (17). Siffatte limitazioni sono analoghe a quelle che sono state ritenute costituire un ostacolo alla libera circolazione delle merci in quanto intese a tutelare le posizioni di operatori economici esistenti, impedendo in tal modo laccesso al mercato nazionale ai prodotti 9 V. mie conclusioni nella causa Centro Europa 7 (paragrafo 30). 10 Sentenze 19 marzo 2009, cause riunite C.171/07 e C.172/07, Apothekerkammer des Saarlandes e a., (Racc. pag. I.0000, punto 18), e 11 settembre 2008, causa C.141/07, Commissione/Germania (Racc. pag. I.6935, punto 22). 11 Sentenze Apothekerkammer des Saarlandes e a. (punto 18) e causa Commissione/Germania( punto 22) 12 Sentenze Apothekerkammer des Saarlandes e a. (punto 18) e causa C.141/07, Commissione/Germania (punti 22 e 23). 13 Sentenze Apothekerkammer des Saarlandes e a. (punto 22), e 10 marzo 2009, causa C.169/07, Hartlauer (Racc. pag. I.0000, punto 33). 14 V. le mie conclusioni in Cipolla e a., paragrafo 59. 15 Sentenze Apothekerkammer des Saarlandes e a. (punto 23); Hartlauer (punto 34) e 6 marzo 2007, cause riunite C.338/04, C.359/04 e C.360/04, Placanica e a. (Racc. pag. I.1891, punto 42). 16 Sentenza Hartlauer (punto 36). 17 Sentenza Hartlauer (punto 39). 114 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 provenienti da altri Stati membri (18). 11. Applicando i suddetti modelli alle norme di cui si discute nel caso di specie, le quali subordinano lapertura di nuove farmacie unicamente alla loro ubicazione e al numero di abitanti della zona di riferimento, risulta chiaramente che dette norme costituiscono una limitazione alla libert di stabilimento. Tali condizioni consentono lapertura di nuove farmacie solo in presenza di previa autorizzazione, che viene concessa unicamente dietro il soddisfacimento dei requisiti relativi allubicazione e al numero di abitanti. In effetti, esse sono del tutto simili alla condizione trattata nella sentenza Hartlauer, che imponeva di dimostrare una necessit che giustificasse lapertura di un nuovo ambulatorio. Qualora le autorit nazionali ritengano che il numero di abitanti non sia sufficiente per giustificare la necessit di una nuova farmacia, questultima non potr essere aperta. Congelando laccesso al mercato, i provvedimenti in questione hanno leffetto di impedire lapertura di una nuova farmacia nelle Asturie a coloro che intendono farlo e, quindi, impediscono lapertura di farmacie da parte di cittadini di altri Stati membri. C Se una tale restrizione possa essere giustificata 12. Dimostrare che la normativa nazionale limita la libert di stabilimento solo la prima fase della nostra indagine. Questi provvedimenti nazionali possono essere giustificati se soddisfano i seguenti quattro requisiti: applicazione non discriminatoria, giustificazione per motivi imperativi di interesse pubblico, idoneit a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e limitazione a quanto necessario per il raggiungimento di questo (19). 1. Applicazione non discriminatoria 13. Le disposizioni principali del decreto, ossia i requisiti riguardanti il numero di abitanti e la distanza minima, non sono discriminatorie e si applicano in egual misura a tutti i farmacisti (20). Ci vale anche per i criteri stabiliti dalle autorit asturiane in merito alla valutazione dei candidati nei concorsi per ottenere lautorizzazione ad aprire una farmacia, i quali attribuiscono pi punti ai farmacisti che hanno svolto lattivit in zone scarsamente servite (21). In linea di principio, tutti i farmacisti, a prescindere dal luogo di provenienza, hanno pari possibilit di beneficiare di questa disposizione. 14. Tuttavia, i criteri che attribuiscono ulteriore priorit ai concorrenti che hanno svolto lattivit di farmacista nelle Asturie (22) costituiscono uninammissibile discriminazione in base alla cittadinanza. Ci vero anche se, come nel caso della disposizione che favorisce i farmacisti che provengono da zone meno servite, essa non richiama apertamente il paese di origine e un farmacista di un altro Stato membro che lavora nelle Asturie potrebbe trarre vantaggio dalla suddetta disposizione; questo perch essa considera lesperienza maturata nelle Asturie di valore maggiore rispetto alla stessa esperienza in altri Stati membri (23). Siffatto 18 V., su questo punto, le mie conclusioni nelle cause riunite C.158/04 e C.159/04, Alfa Vita Vassilopoulos e Carrefour.Marinopoulos (Racc. pag. I.8135, paragrafo 47). 19 Sentenza 30 novembre 1995, causa C.55/94, Gebhard (Racc. pag. I.4165). V. anche sentenza 21 aprile 2005, causa C.140/03, Commissione/Grecia (Ottici) (Racc. pag. I.3177). 20 V., per esempio, sentenza C.141/07, Commissione/Germania (punto 33). 21 V. punto 7, lett. b), dellAllegato al decreto n. 72/01. 22 V. punti 6 e 7, lett. c), dellAllegato al decreto n. 72/01. 23 V. sentenza Gebhard (punto 38). Si noti, altres, che il vantaggio fornito ai farmacisti con esperienza maturata nelle Asturie non connesso allobiettivo di promuovere lo stabilimento in zone meno popolate, giacch esso viene attribuito a tutti i farmacisti stabiliti nelle Asturie, a prescindere dal fatto che essi ab- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 115 criterio non pu essere giustificato in base alla giurisprudenza della Corte, giacch lattribuzione di pari valore alle qualifiche conseguite in altri Stati membri un elemento cruciale per la libera circolazione. 15. Tale conclusione non viene confutata dal fatto che anche i farmacisti spagnoli non provenienti dalle Asturie sono sfavoriti da questa politica. La Corte ha indicato chiaramente che per dimostrare la presenza di discriminazione [n]on infatti necessario che tutte le imprese di uno Stato membro siano avvantaggiate rispetto alle imprese straniere: sufficiente che il regime preferenziale instaurato favorisca un prestatore nazionale (24). Il riconoscimento di una priorit da parte delle autorit asturiane a coloro che hanno esercitato la professione nelle Asturie sfavorisce chiaramente i farmacisti che non provengono dal Principato, compresi quelli di altri Stati membri, nonch i farmacisti asturiani che hanno scelto di esercitare la loro libert di stabilimento in altri Stati membri. (25) Siffatta politica costituisce una restrizione discriminatoria alla libert di stabilimento, che vietata dal Trattato. 16. Conseguentemente, nella valutazione delle altre condizioni che devono essere soddisfatte affinch la normativa nazionale sia giustificata, limiter la mia analisi agli elementi non discriminatori della suddetta normativa. 2. Obiettivo di interesse pubblico 17. Lobiettivo di interesse pubblico perseguito dalle restrizioni geografiche e da quelle sul numero di abitanti quello di tutelare la salute pubblica fornendo servizi farmaceutici di qualit ovunque nel territorio delle Asturie. La tutela della salute pubblica indubbiamente un motivo imperativo di interesse generale (26). Numerosi argomenti delle parti ruotano attorno alla questione su quale sia il migliore approccio per tutelare la salute pubblica e in particolare nel caso di specie per ottenere, a livello territoriale, la pi vasta assistenza farmaceutica di qualit: quello che agevola lapertura di nuove farmacie e promuove al contempo la concorrenza tra loro o quello che limita lapertura di nuove farmacie in zone pi popolate per limitare la concorrenza e favorirne lapertura in zone meno popolate del paese. Le parti adducono elementi di prova in conflitto tra loro, tra cui lesperienza maturata in Stati membri diversi, per dimostrare che lapproccio da esse preferito il migliore per la tutela della salute pubblica. 18. Su tale questione ritengo sia sufficiente osservare che ogni Stato membro gode di discrezionalit nellorganizzare il proprio sistema di protezione della salute pubblica e la Corte tenuta a rispettare la scelta dello Stato membro (27). Ci particolarmente vero quando lassenza di consenso politico corroborata dallesistenza di importanti differenze tra le politiche condotte dagli Stati membri. Il fatto che uno Stato membro imponga norme meno severe di quelle imposte da un altro Stato membro o attribuisca priorit ad un interesse rispetto biano o meno contribuito a tale obiettivo essendosi previamente stabiliti in zone meno popolate di tale regione. 24 Sentenze C.141/07, Commissione/Germania (punto 38), e 25 luglio 1991, causa C.353/89, Commissione/ Paesi Bassi (Mediawet) (Racc. pag. I.4069, punto 25). 25 V. sentenze 6 dicembre 2007, causa C.456/05, Commissione/Germania (Racc. pag. I.10517, punto 58); 7 maggio 1991, causa C.340/89, Vlassopoulou (Racc. pag. I.2357), e 14 settembre 2000, causa C.238/98, Hocsman (Racc. pag. I.6623). 26 Sentenze Apothekerkammer des Saarlandes e a. (punto 27); Hartlauer (punto 46) e C.141/07, Commissione/ Germania (punti 46 e 47). 27 V. sentenza Apothekerkammer des Saarlandes e a. (punto 19). 116 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 ad un altro non significa che luno o laltro insieme di norme sia incompatibile con il diritto comunitario (28). La Corte ha inoltre espressamente riconosciuto che la pianificazione di servizi medici, e in particolare la loro distribuzione nel territorio dello Stato, rientra nellambito della suddetta discrezionalit (29). Quando si occupata di prodotti e servizi farmaceutici, la Corte ha stabilito che la fissazione dei prezzi (30) e la limitazione della concorrenza (31) costituiscono tecniche possibili per raggiungere gli anzidetti obiettivi di salute pubblica. 19. Sebbene obiettivi di natura puramente economica non possano giustificare la restrizione delle libert fondamentali (32), essi possono essere giustificati se necessari al buon funzionamento, dal punto di vista finanziario, del sistema sanitario (33). In particolare, interessi di ordine economico che hanno lo scopo di mantenere un servizio medico ed ospedaliero equilibrato e accessibile a tutti possono rappresentare un giusto interesse pubblico. Ci pu comprendere la pianificazione della ripartizione geografica, [dell]organizzazione e [del]le attrezzature di cui [tali servizi] sono dotat[i], o ancora la natura dei servizi medici che ess[i] sono in grado di fornire devono poter formare oggetto di una pianificazione, la quale, da un lato, risponde in linea di massima allobiettivo di assicurare, nel territorio dello Stato membro interessato, la possibilit di un accesso sufficiente e permanente ad una gamma equilibrata di cure ospedaliere di qualit e, dallaltro, espressione della volont di garantire un controllo dei costi e di evitare, per quanto possibile, ogni spreco di risorse finanziarie, tecniche e umane (34). Pertanto, concludo che assicurare una distribuzione di farmacie in tutto il territorio dovrebbe essere considerato un requisito imperativo di interesse generale e che lo Stato membro non tenuto a utilizzare lo strumento della libera concorrenza per cercare di garantire servizi farmaceutici di qualit. 3. Se il decreto sia idoneo al conseguimento degli obiettivi enunciati e non vada oltre quanto necessario per raggiungerli. 20. Sebbene debba essere tenuta in debita considerazione la valutazione delle autorit legislative e regolamentari nazionali, la cui maggiore prossimit alle situazioni locali e alla conoscenza specialistica le colloca nella posizione ottimale per individuare il modo migliore di soddisfare gli obiettivi delle politiche pubbliche come quello della tutela della salute pubblica, attenersi al giudizio di tali organismi non privo di rischi (35). Questa stessa prossimit potrebbe altres creare situazioni in cui tali organismi costituiscano oggetto di uno sviamento regolamentare da parte degli interessi particolari dominanti in quella zona a discapito degli interessi dei consumatori e di potenziali concorrenti nazionali ed esteri. Esiste un particolare motivo di preoccupazione in un caso quale la presente fattispecie, ove la scelta politica compiuta dal governo locale assicura vantaggi economici a operatori gi stabiliti a discapito di nuovi operatori. 21. proprio a tal riguardo che si pu comprendere laccresciuta importanza che il requisito 28 Sentenza 11 luglio 2002, causa C.294/00, Grbner (Racc. pag. I.6515, punto 46). 29 Sentenza C.141/07, Commissione/Germania (punto 61). 30 Sentenza 11 dicembre 2003, causa C-322/01, Deutscher Apothekerverband (Racc. pag. I.14887, punto 122). 31 Causa C.141/07, Commissione/Germania (punto 59). 32 V. nota 29 supra. 33 Sentenza 13 maggio 2003, causa C.385/99, Mller.Faur e van Riet (Racc. pag. I.4509, punto 73). 34 Causa C.141/07, Commissione/Germania (punti 60 e 61). 35 V. sentenza Apothekerkammer des Saarlandes e a. (punto 19). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 117 di unit e coerenza ha assunto nella giurisprudenza della Corte in sede di riesame delle modalit con cui la normativa nazionale persegue i propri obiettivi dichiarati. Il requisito di unit e coerenza prevede che una normativa nazionale atta a garantire la realizzazione dellobiettivo fatto valere solo qualora risponda effettivamente allintento di realizzarlo in modo coerente e sistematico (36). Esso consente alla Corte di distinguere tra una normativa che persegue realmente un fine pubblico legittimo e una normativa che, in origine, avrebbe anche potuto avere quale scopo quello del perseguimento di tale obiettivo, ma che stata deviata da determinati interessi particolari. Si pu affermare al riguardo che si tratta di un requisito a tutela dellintegrit delliter legislativo e regolamentare e della responsabilit politica vera e propria. A mio avviso, questo requisito svolge un ruolo fondamentale nella valutazione che devessere effettuata nella fattispecie. 22. Nella sentenza Hartlauer, la Corte ha dunque accolto la tesi dello Stato, secondo cui potrebbe essere necessario limitare il numero di studi medici al fine di mantenere un sistema medico efficiente. Tuttavia, essa ha osservato che la normativa non rifletteva realmente la preoccupazione di conseguire tale obiettivo, in quanto ambulatori autonomi e studi associati possono avere un impatto identico e solo i primi rientravano nella previsione normativa. Analogamente, anche se la Corte non ha contestato che i limiti alla pubblicit televisiva per prodotti medico-chirurgici potrebbero essere giustificati da motivi connessi alla salute pubblica, essa ha osservato che la specifica normativa discussa nella causa Corporacin Dermoesttica non era giustificata poich si applicava a emittenti televisive nazionali ma non a quelle locali (37). Per contro, ritenendo giustificata la legge tedesca che prevede che le farmacie debbano essere gestite da farmacisti e che gli ospedali provvedano allapprovvigionamento di medicinali solo presso farmacie locali, la Corte si pronunciata basandosi sostanzialmente sulla presunta unit e coerenza delle disposizioni (38). 23. La Corte ha applicato la stessa tecnica ad altri settori sensibili. Nellambito del gioco dazzardo, per esempio, essa ha ritenuto che taluni limiti rigorosi imposti al numero delle licenze di gioco dazzardo concesse da uno Stato fossero giustificati solo se coerenti rispetto allobiettivo dichiarato di ridurre lattivit criminale e fraudolenta, incanalando i giocatori verso attivit autorizzate (39). La Corte ha dichiarato che la legge non soddisferebbe tale requisito se il numero di licenze fissato fosse cos esiguo che gli operatori autorizzati non costituirebbero unalternativa attraente rispetto a quelli non autorizzati (40). 24. Occorre pertanto valutare la misura in cui la normativa promuove effettivamente, in maniera costante e coerente, gli obiettivi che lo Stato membro ha addotto per giustificarla. Due giustificazioni principali sono fornite a sostegno delle restrizioni. Innanzitutto si sostiene che limitare laccesso al mercato garantisce la presenza di servizi farmaceutici di qualit. In secondo luogo si sostiene che le limitazioni fondate sul numero di abitanti e sulla zona geografica garantiscono a tutti laccesso alle farmacie, costringendone la diffusione sullintero territorio. Mi occuper di ciascuna di esse nellordine. 36 Ibid. (punto 42). 37 Sentenza 17 luglio 2008, causa C.500/06, Corporacin Dermoesttica (Racc. pag. I.5785, punti 37.39). 38 Sentenze C.141/07, Commissione/Germania (punti 51.57), e Apothekerkammer des Saarlandes e a. (punti 41.50). 39 Sentenza Placanica (punto 55) 40 Sentenza Placanica (punto 55). 118 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 a) Qualit dei servizi farmaceutici 25. La prima tesi, che appariva dominante nel corso dei dibattiti nelle recenti sentenze Apothekerkammer des Saarlandes e a. e Commissione/Italia (41), riguardante le disposizioni legislative tedesche e italiane secondo cui le farmacie devono essere gestite da farmacisti, svolge un ruolo meno importante nelle cause in esame. Tuttavia, alcune parti del procedimento indicano e ci sembra connesso al rischio che una maggiore concorrenza tra farmacie pu, per usare unespressione colloquiale, indurre i farmacisti a prendere scorciatoie. 26. In via preliminare, desidero osservare che spetta allo Stato dimostrare che la misura adottata adeguata e necessaria per fornire un servizio di qualit superiore (42). A parte Shakespeare, non sembra esservi alcun fondamento negli atti di causa per affermare che una maggiore concorrenza indurrebbe i farmacisti a diminuire la qualit dei servizi da essi prestati. A tal riguardo, posso solo constatare che esiste un certo numero di contraddizioni nelle ipotesi che sono alla base di ampie sezioni del ragionamento di alcune parti e degli Stati membri. Talvolta, i farmacisti sono descritti come essenzialmente motivati dal guadagno economico, giacch tutti mirerebbero a esercitare la professione solo in zone densamente popolate e, se soggetti al regime di concorrenza, sarebbero pronti a far prevalere il profitto sui loro obblighi professionali. Talaltra, quando in possesso di posizione monopolista in unarea densamente popolata, si ritiene che i farmacisti conducano la propria attivit secondo gli obblighi professionali e si dedichino principalmente a fornire servizi farmaceutici di qualit. Secondo le tesi di diverse parti, pare che la concorrenza trasformi i santi in peccatori. 27. Va altres rammentato che la natura dei servizi farmaceutici ha subito sostanziali modifiche: una volta il farmacista faceva i medicinali; oggi il farmacista si limita a dispensare farmaci fatti altrove nel rispetto di requisiti giuridici molto rigorosi relativi, per esempio, alla possibilit di distribuire farmaci con o senza prescrizione. La Corte ha essa stessa ammesso ci acconsentendo alla vendita su internet di medicinali senza obbligo di prescrizione medica (43). Non ritengo, pertanto, che lo Stato membro abbia dimostrato che una limitazione alla concorrenza sia necessaria o proporzionata allobiettivo di fornire servizi farmaceutici di elevata qualit. 28. Occorre riconoscere che nelle recenti sentenze Apothekerkammer des Saarlandes e a. e Commissione/Italia, che riguardavano normative nazionali che limitano ai farmacisti la propriet delle farmacie, la Corte ha osservato che la necessit di garantire una fornitura di medicinali sicura e di qualit alla popolazione pu giustificare restrizioni allaccesso alla propriet di farmacie (44). Queste controversie, tuttavia, si riferivano alla questione della formazione professionale, dellesperienza e della responsabilit dei farmacisti, che, secondo la Corte, potevano avere per effetto che altri interessi professionali potessero temperare linteresse alla realizzazione di utili (45). La Corte ha altres ammesso tale restrizione sul presupposto specifico che i farmacisti godessero di uneffettiva autonomia professionale (46). Siffatta indipendenza derivava dai loro obblighi professionali e dal fatto che non erano legati alla 41 Sentenza 19 maggio 2009, causa C.531/06 (Racc. pag. I.0000) (Grande Sezione). 42 Sentenza Deutscher Apothekerverband (punto 123). 43 Sentenza Deutscher Apothekerverband. 44 Sentenze Apothekerkammer des Saarlandes e a. (punti 28 e 39), e causa C.531/06, Commissione/Italia (punto 52). 45 Sentenza Apothekerkammer des Saarlandes e a. (punti 37.39) 46 Ibid. (punti 33.37). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 119 produzione e alla distribuzione dei beni venduti nelle loro farmacie (47), il che avrebbe consentito loro di resistere maggiormente, rispetto ai non farmacisti, alle pressioni miranti ad un consumo eccessivo di medicinali e assicurava che la restrizione in questione sarebbe stata realmente strumentale allobiettivo della sanit pubblica. 29. Tale argomentazione corrobora invero la tesi della incompatibilit della legge asturiana con il diritto comunitario. Poich ai farmacisti nelle Asturie richiesto di fornire un servizio di un certo livello, non solo in forza della legge ma anche secondo i loro obblighi professionali, non dovrebbe esservi motivo di temere che la concorrenza li induca a ridurre il livello del loro servizio, violando cos i loro obblighi giuridici ed etici. Se fossero state necessarie ulteriori tutele per ladempimento degli obblighi professionali da parte dei farmacisti, nelle sentenze Apothekerkammer des Saarlandes e Commissione/Italia la Corte non avrebbe potuto concludere che il requisito della propriet del farmacista fosse appropriato rispetto allobiettivo di fornire unassistenza di qualit. b) Assicurare unampia ed equilibrata distribuzione geografica delle farmacie 30. Lelemento pi significativo invocato dalle parti a sostegno del decreto riguarda la necessit di assicurare unampia ed equilibrata distribuzione geografica delle farmacie. In altre parole, garantire il pi possibile alla popolazione la totale disponibilit di servizi farmaceutici. Occorre distinguere tra i due criteri usati per raggiungere questo obiettivo: il requisito del numero di abitanti e quello della distanza minima tra farmacie. Entrambi devono essere valutati con riferimento alla relativa idoneit a conseguire lobiettivo della distribuzione geografica e al fatto che non superino quanto necessario a raggiungere tale obiettivo. 31. I requisiti relativi al numero di abitanti possono, in linea di principio, essere idonei al conseguimento dellobiettivo dellampia distribuzione di farmacie. Limitando la possibilit, per i farmacisti, di aprire farmacie in aree urbane maggiormente redditizie, la norma li induce a considerare altre opportunit. Tuttavia, questa non una conseguenza automatica. Invero, se lapertura di nuove farmacie in zone meno popolate fosse di per s redditizia, ci si verificherebbe, con ogni probabilit, a prescindere da qualsiasi limitazione geografica. Lincremento di nuove aperture sarebbe, infatti, direttamente proporzionale alla facilit con cui una farmacia pu essere aperta e alla rilevanza della concorrenza per quote di mercato in zone pi popolate. Al contrario, se, come alcune parti hanno sostenuto, il problema sta nel fatto che esiste una bassa probabilit di profitto nelle zone meno popolate, il rischio che nessuno sarebbe in ogni caso interessato ad aprire una farmacia nelle suddette zone. Dopo tutto, mi chiedo per quale motivo una persona dovrebbe dedicarsi a unattivit che genera perdite semplicemente perch non ha accesso a unattivit che genera profitto. La mera limitazione delle aperture di nuove farmacie in zone pi popolate non soddisferebbe il requisito di unit e coerenza nel perseguimento dellobiettivo pubblico dichiarato. Nel complesso, il sistema ha senso solo se la politica della limitazione delle nuove aperture in zone pi popolate legata a quella di favorire le far- 47 La separazione dalla produzione e dalla vendita allingrosso di prodotti farmaceutici costituisce, a mio avviso e alla luce della precedente giurisprudenza della Corte, il motivo fondamentale per cui detto giudice comunitario ha ammesso le norme dirette a limitare ai farmacisti laccesso alla propriet delle farmacie. Al punto 40 della suddetta sentenza, la Corte ha osservato che i farmacisti dipendenti di produttori o grossisti di prodotti farmaceutici potrebbero trovarsi in difetto del requisito di autonomia. Conseguentemente, si pu ritenere che tali norme soddisfino il requisito di coerenza imposto dal diritto comunitario solo se garantita lautonomia dei farmacisti rispetto alla produzione o alla vendita allingrosso di prodotti farmaceutici. 120 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 macie gi presenti in zone meno popolate. Attribuendo la priorit ai farmacisti che hanno aperto una farmacia in zone con meno di 2 800 abitanti, il decreto incentiva i farmacisti a stabilirsi in zone poco abitate che, diversamente, potrebbero non avere una farmacia, fornendo in contropartita maggiori probabilit di vedersi concedere, in futuro, lautorizzazione alla gestione di una farmacia in una zona pi popolata (resa pi redditizia dalle restrizioni). plausibile che la prospettiva di poter gestire una farmacia in una zona a elevata densit di popolazione in circostanze in cui ad altri sarebbe impedita lapertura di una farmacia concorrente potrebbe effettivamente spingere i farmacisti a fornire i propri servizi, per un certo periodo di tempo, in zone poco abitate. Come ammesso in sede di udienza da alcune parti che sostengono lattuale regime, la prospettiva di un profitto monopolistico in una zona densamente abitata che induce i farmacisti a volersi stabilire inizialmente in zone meno popolate. Tuttavia, ci si verificher solo se il servizio in tali zone poco abitate attribuir effettivamente a chi lo esercita la priorit nellassegnazione delle autorizzazioni in zone fortemente abitate. 32. Come precedentemente esposto, necessaria unanalisi pi attenta dellunit e della coerenza del decreto per essere certi che esso persegua effettivamente tale obiettivo e non sia il risultato di uno sviamento da parte degli interessi particolari dei farmacisti gi stabiliti (48). Due elementi del decreto pongono problemi. In primo luogo, questo regime dovrebbe favorire coloro che aprono farmacie in zone scarsamente servite rispetto a quelli che aspettano semplicemente loccasione di aprirne una in una zona redditizia. Il punto n. 7 dellAllegato attribuisce, in ogni caso, priorit ai farmacisti non autorizzati rispetto a quelli autorizzati nella gestione di una farmacia in zone con meno di 2 800 abitanti. Inoltre, secondo il punto n. 4 dellAllegato, quando un farmacista apre una farmacia in unarea insufficientemente coperta, egli perde il vantaggio della precedente esperienza professionale maturata se cerca di aprire unaltra farmacia. Le conseguenze di tali disposizioni sono in qualche maniera mitigate dalla disposizione di cui al n. 1, lett. a), dellAllegato, la quale attribuisce pi punti allesperienza in unarea scarsamente servita. Tuttavia, tali disposizioni fanno sorgere dubbi sullunit e coerenza della normativa. 33. In secondo luogo, per poter ritenere che le normative perseguano realmente lobiettivo della copertura universale, necessario che le autorizzazioni nelle zone densamente abitate siano disponibili per coloro che hanno maturato esperienza in zone con pochi abitanti nel momento in cui i titolari delle autorizzazioni pi redditizie intendono cessare la gestione della propria farmacia. Un regime che attribuisca ai titolari di autorizzazioni per la gestione di farmacie in aree densamente abitate un diritto di propriet su tali autorizzazioni e consenta loro di vendere o cedere tali autorizzazioni a chi desiderano avrebbe leffetto di limitare il numero di autorizzazioni disponibili nei riguardi di coloro che hanno scontato il periodo necessario in zone insufficientemente coperte. A chi intendesse spostarsi da una farmacia posta in una zona poco abitata verso unaltra farmacia sita in una zona con maggiore densit di popolazione verrebbe richiesto il pagamento di un prezzo per la relativa autorizzazione, aumentato in funzione degli ulteriori utili che la farmacia sarebbe in grado di produrre grazie alle restrizioni 48 Sentenze 7 dicembre 2000, causa C.324/98, Telaustria e Telefonadress (Racc. pag. I.10745); 21 luglio 2005, causa C.231/03, Coname (Racc. pag. I.7287); 13 ottobre 2005, causa C.458/03, Parking Brixen (Racc. pag. I.8585); 6 aprile 2006, causa C.410/04, ANAV (Racc. pag. I.3303); 13 settembre 2007, causa C.260/04, Commissione/Italia (Racc. pag. I.7083), e 17 luglio 2008, causa C.347/06, ASM Brescia (Racc. pag. I.5641). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 121 sullapertura di farmacie concorrenti (49). Tale regime indebolirebbe la struttura di incentivi che si ritiene sia a sostegno dellapproccio che limita lapertura di nuove farmacie per incentivare la presenza di farmacie in aree poco abitate. Siffatto regime costituirebbe altres un arricchimento per i singoli farmacisti in virt della restrizione della concorrenza nel settore che li riguarda; questo esattamente il tipo di sviamento regolamentare che le libert garantite dal Trattato mirano a combattere. Le restrizioni al diritto di stabilimento devono essere giustificate da necessit di interesse generale e non devono essere uno strumento di arricchimento privato. 34. Passando alla questione se il requisito relativo al numero di abitanti oltrepasserebbe quanto necessario se fosse stato effettivamente strutturato in modo da rendere disponibili agli operatori in zone rurali i redditizi monopoli urbani, rilevo che le parti non hanno proposto nessun altro regime che sarebbe manifestamente preferibile. La Commissione sostiene che, invece di stabilire un numero massimo di farmacie, le Asturie dovrebbero imporre un numero minimo di farmacie pro capite e di opporsi allapertura di nuove farmacie fino al raggiungimento di tale minimo. Tuttavia, il sistema anzidetto crea un problema di azione collettiva. Nessun singolo farmacista sarebbe incentivato ad aprire una farmacia rurale meno redditizia. Cos comՏ, questo sistema non sembra ben congegnato per generare un ampio incremento del numero di farmacie in zone poco abitate. La Commissione fa riferimento alla Navarra, ove tale progetto stato temporaneamente attuato. Tuttavia, considerando che il progetto della Navarra stato modificato nel senso che prevede un numero massimo di farmacie e che molte delle comunit pi piccole in Navarra hanno perso le loro farmacie in base a detto progetto, non posso concludere che le Asturie abbiano ecceduto il loro potere discrezionale non adottando un siffatto modello. 35. stato altres fatto valere che un modello completamente liberalizzato ha funzionato bene in altri Stati membri (50). Tuttavia, quel modello ha costituito oggetto di unaccesa discussione tra le parti e, come sopra osservato, vi erano prove in conflitto al riguardo. In tale contesto avrei sostenuto che un regime che limita lapertura di nuove farmacie in zone pi 49 In sede di udienza stato fatto osservare che alcuni soggetti hanno pagato prezzi estremamente elevati per autorizzazioni a gestire farmacie in zone ad elevata densit di popolazione. Il fatto che tali autorizzazioni vengano negoziate a prezzi elevati indica che un regime che era forse allinizio un mezzo per fornire un sistema di servizi farmaceutici equilibrato dal punto di vista geografico stato trasformato in un mercato puramente economico, alquanto lontano dagli intendimenti originali. ovvio che la liberalizzazione di tale sistema possa influire negativamente su coloro che hanno versato somme considerevoli per autorizzazioni il cui valore stato gonfiato da misure restrittive imposte dalle autorit asturiane. Tuttavia, sempre capitato che quando il diritto comunitario viene applicato in maniera da eliminare restrizioni alle libert fondamentali, la conseguente liberalizzazione abbia fatto scaturire esiti negativi sui beneficiari di tali restrizioni. Nella sentenza Centro Europa 7 (causa C.380/05), per esempio, la Corte ha ritenuto che il diritto comunitario imponesse che a unemittente fosse consentito trasmettere sulle frequenze ad essa attribuite da una normativa nazionale sulle licenze nonostante limpatto che ci aveva sugli interessi di utenti de facto delle stesse frequenze (v. punti 40 e 108.116 della sentenza). Se, in questa tipologia di cause, esista una possibile rivendicazione giuridica nei confronti dello Stato da parte di coloro che hanno investito in quel mercato in base a determinate aspettative sulla modalit di regolamentazione del mercato stesso un tipico problema di diritto nazionale, che, tuttavia, non di competenza della Corte. 50 V. le osservazioni presentate da Blanco Prez, Chao Gmez e Plataforma para la libre apertura de farmacias, pag. 38 (versione in lingua spagnola); v. anche le osservazioni scritte della Commissione, pagg. 27.28 (versione in lingua spagnola). 122 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 popolate per promuoverne lapertura in zone meno popolate sarebbe stato giustificato se organizzato in maniera pi coerente e sistematica. In ogni caso, per gli anzidetti motivi, ci non vale per il regime in vigore nelle Asturie. 36. Riguardo al requisito geografico secondo cui non pu essere aperta nessuna farmacia a meno di 250 metri di distanza da unaltra o da una clinica pubblica, occorre innanzi tutto esaminare se tale requisito sia idoneo al perseguimento dellobiettivo di distribuzione delle farmacie sullintero territorio. In primo luogo, va rilevato che tale politica incoraggerebbe detta distribuzione garantendo che le farmacie non si raggruppino in piccole aree commerciali centrali o nei pressi di centri sanitari, lasciando, cos, sguarnite altre zone. Il provvedimento non del tutto coerente, giacch non contiene requisiti di distanza minimi con riferimento a zone farmaceutiche in cui presente una sola farmacia (51). Tuttavia, questa eccezione non pregiudica ladeguatezza della disposizione, in quanto la concentrazione non costituirebbe un problema laddove vi fosse una sola farmacia. Per giunta, pare ragionevole riconoscere che in zone di dimensioni cos esigue larea commerciale sia troppo piccola per consentire alle farmacie di disseminarsi. 37. La seconda giustificazione consiste nel fatto che lanzidetto requisito aumenta i profitti ricavabili da una farmacia che opera in unarea urbana, il che incentiva i farmacisti ad avviare attivit in zone insufficientemente coperte allo scopo di ottenere, eventualmente, lautorizzazione a operare in unarea densamente abitata. Riguardo a questo obiettivo, risulta che tale requisito sia stato applicato in maniera sistematica e coerente. Le parti non hanno apportato elementi di prova relativamente a deroghe recenti che avrebbero pregiudicato lo scopo dichiarato della norma. 38. Se la cifra di 250 metri superi o meno ci che necessario per raggiungere questo scopo una questione pi difficile. Alcune parti sostengono che tale cifra sia obsoleta e non si addica alla maggiore densit di popolazione oggigiorno riscontrata in molte zone. anche possibile che il suddetto requisito avvantaggi alcune farmacie ben posizionate e presenti da lungo tempo a discapito di altre farmacie urbane, diminuendo in tal modo il potenziale utile futuro per la maggior parte dei singoli farmacisti che decidessero di esercitare la loro professione per un certo periodo in zone poco popolate. La valutazione del presente requisito dipende da diversi fattori, quali la densit di popolazione e la distribuzione della popolazione allinterno di una comunit e non sono stati portati sufficienti elementi di prova dinanzi alla Corte per consentirle di pronunciarsi su tale questione. Spetta al giudice nazionale valutare tale questione, alla luce della conoscenza pi approfondita che egli possiede delle circostanze esistenti nelle Asturie, tenendo conto del livello di interferenza con il diritto di stabilimento, della natura dellinteresse pubblico invocato nonch considerata la quantit e la distribuzione delle farmacie nelle Asturie e la distribuzione della popolazione del livello di copertura universale che potrebbe essere raggiunto con sistemi meno restrittivi. III Conclusione 39. Alla luce di quanto sopra esposto, sono del parere che le questioni sottoposte alla Corte debbano essere risolte come segue: lart. 43 CE osta a una normativa nazionale del tipo di quella oggetto della causa principale secondo cui necessaria unautorizzazione per lapertura di una nuova farmacia e viene 51 Art. 4, n. 2. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 123 attribuita la priorit a coloro che hanno maturato esperienza in una zona del territorio di tale Stato membro. Lart. 43 CE osta ad una normativa nazionale del tipo di quella oggetto della causa principale secondo cui lautorizzazione per lapertura di una nuova farmacia soggetta al soddisfacimento di un requisito connesso al numero di abitanti allo scopo di promuovere lapertura di farmacie in zone meno popolate se tale scopo non perseguito in maniera coerente e sistematica, in particolare se la medesima normativa non avvantaggia chiaramente coloro che aprono farmacie in zone insufficientemente servite rispetto a coloro che si limitano ad attendere di poter aprire una farmacia in una zona redditizia e conferisce un diritto di propriet sulla licenza di apertura della farmacia in maniera da pregiudicare lefficacia del regime di incentivi. Riguardo al requisito che impone una distanza minima tra le farmacie, spetta al giudice nazionale determinare se la distanza specifica imposta sia giustificata, tenendo conto del livello di interferenza con il diritto di stabilimento, della natura dellinteresse pubblico invocato nonch considerata la quantit e la distribuzione delle farmacie nelle Asturie e la distribuzione e la densit della popolazione del livello di copertura universale che potrebbe essere raggiunto con sistemi meno restrittivi. (All. 7) Cause pendenti avanti alla Corte di Giustiza in tema di farmacie C-570/07 e C-571/07 Blanco Prez et Chao Gmez/Consejeria de salud y servicios sanitarios e.a. (Contingentamento delle farmacie in funzione del numero di abitanti, obbligo di distanze minime e criterio preferenziale dell'esperienza maturata nel Principato delle Asturie) *** C-315/08 Angelo Grisoli/Regione Lombardia e Comune di Roccafranca (Contingentamento delle farmacie in funzione del numero di abitanti) Il rinvio pregiudiziale del Consiglio di Stato mira ad un'interpretazione della Corte di giustizia sulla compatibilit della disciplina italiana (il Testo Unico delle leggi sanitarie Regio decreto n. 1265/1934), con i principi del Trattato CE circa la protezione della salute pubblica e dei consumatori (artt. 152 e 153). Le questioni riguardano le regole sulla presenza di un'unica sede farmaceutica nei comuni con popolazione inferiore a quattromila abitanti, e l'assoggettamento dell'istituzione della seconda sede farmaceutica nei comuni con popolazione inferiore a quattromila abitanti, a condizioni specifiche (l'eccedenza di popolazione di almeno il cinquanta per cento dei parametri, la distanza di almeno tremila metri dall'esercizio esistente, e la presenza delle particolari esigenze dell'assistenza farmaceutica in rapporto alle condizioni topografiche e di viabilit). L'esistenza delle condizioni valutata a cura sia delle aziende sanitarie locali sia nell'ordine professionale locale o comunque delle amministrazioni competenti in tema di organizzazione e controllo del servizio di assistenza farmaceutica. 124 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 (La causa sospesa sino alla pronuncia delle cause riunite C-570/07 e C-571/07 Blanco Perez) *** C-60/09 Lucio Rubano/ Regione Campania, Comune di Cusano Mutri Il TAR Campania ha chiesto alla Corte di giustizia se siano compatibili con gli artt. 152 e 153 del Trattato dell.unione Europea - la presenza di un.unica sede farmaceutica nei comuni con popolazione inferiore a quattromila abitanti. - l.assoggettamento dell.istituzione della seconda sede farmaceutica, nei comuni con popolazione superiori ai quattromila abitanti, a condizioni quali l.eccedenza di popolazione di almeno il cinquanta per cento dei parametri, la distanza di almeno tremila metri dall.esercizio esistente, e la presenza delle particolari esigenze dell.assistenza farmaceutica in rapporto alle condizioni topografiche e di viabilit, da valutare a cura sia delle unit sanitarie (aziende sanitarie locali) sia dell.ordine professionale locale o comunque delle amministrazioni competenti in tema di organizzazione e controllo del servizio di assistenza farmaceutica. *** C-217/09 Maurizio Polisseni contre A.S.L. N. 14 V.C.O. Omega Domanda pregiudiziale del TAR Piemonte *** C- 393/08 Sbarigia Emanuela/Azienda USL RM/A La ricorrente, dott.ssa Sbarigia, in ragione dell'ubicazione nel centro storico della farmacia di cui titolare, ha chiesto all'ASL RM/A l'esonero dal periodo di chiusura estiva per ferie 2006. Tale istanza stata respinta. Avverso il provvedimento la dott.ssa Sbarigia ha presentato ricorso, in pendenza del quale ha ulteriormente chiesto di essere autorizzata a non effettuare la chiusura annuale per ferie, ad effettuare un orario di apertura al pubblico pi esteso e a non osservare il turno di chiusura estivo. Anche tale istanza stata respinta. Il TAR del Lazio, al quale la dott.ssa Sbarigia ha richiesto l'annullamento della deliberazione dell'AUSL ROMA A, propone alla Corte di giustizia una questione pregiudiziale vertente sui divieti imposti dalla legge regionale Lazio n. 26/2002 sull'assoggettamento alla previa discrezionale valutazione dell'amministrazione, per poter ottenere nel Comune di Roma la deroga ai suddetti divieti. Si pone il dubbio della compatibilit dei vincoli normativi in questione da un lato con i principi comunitari di tutela della libera concorrenza e della libera prestazione dei servizi, dall'altro con gli artt. 152 e 153 CE, nei quali si prevede un'azione della CE volta alla tutela della salute. (Procedura scritta in corso) IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 125 Il caso Guiso-Gallisay c.Italia. Intervento all udienza del 17 giugno 2009 dinanzi alla Grande Camera della Corte dei diritti delluomo di Strasburgo* COURT EUROPENNE DES DROITS DE LHOMME Requte n. 58858/00 Guiso Gallisay c. lItalie pour article 1 du Protocole n. 1 de la Convention AUDIENCE DE GRANDE CHAMBRE DU 17 JUIN 2009 1. Il faut tout dabord dissiper certains malentendus que la partie requrante a sem exprs, dans le but de dtourner la Cour sur ce qui est rellement loccupazione acquisitiva (ou expropriation indirecte, comme la Cour lappelle). Cette forme dexpropriation se caractrise comme suit: a) une occupation durgence du terrain a lieu sur la base dune dclaration dutilit publique tout fait lgitime et dun acompte de lindemnit; b) cette occupation se prolonge au-del de la priode autorise (qui est en gnral de 5 ans), mais, entre-temps, aucun dcret formel dexpropriation nest rendu, ou ce dcret est mis en retard, savoir au del du dlai prvu; c) entre temps la construction de louvrage publique est acheve; d) cette situation entrane que les juridictions doivent ncessairement trouver une solution pour rtablir lordre juridique viol et reconduire la situation dans la sphre du droit: le terrain ne peut pas tre rendu au particulier parce que sur le terrain litigieux un ouvrage dutilit publique a t dsormais ralis par ladministration avec les ressources issues de la contribution fiscale et, par ailleurs, la procdure administrative a t entame lgitimement, ainsi quun acompte de lindemnit a t dj octroy au particulier dans la plus grande partie des cas. Quelle est donc la solution trouve par les juridictions nationales? Reconnatre lillgalit de ladministration (sous langle de larticle 2043 du code civil), dclarer quun transfert de proprit doit se considrer comme ayant eu lieu ( cause de lexistence, sur le terrain litigieux, de louvrage dutilit publique), ainsi quoctroyer au particulier une somme titre de ddommagement ; e) auparavant cette somme natteignait pas la valeur vnale du bien ex- (*) Innovando nella tradizione che vuole presente alludienza solo lAgente , in questa causa - su richiesta della Presidenza del Consiglio - ha partecipato anche lAvvocato dello Stato. 126 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 propri mais, en vertu dune loi de 1996, seulement 55% de cette dernire; par la suite le Gouvernement a entirement rsolu, sous langle des mesures gnrales, ce problme par lintervention de la Cour Constitutionnelle (arrt n 349/2007) et du Lgislateur (article 2 89-90 loi de budget 2007), comme dailleurs reconnu par la Cour elle-mme (voir, ex pluribus, 31 de larrt qui nous occupe). 2. Dans son opinion dissidente la juge Tulkens affirme textuellement que il nest pas contest que la situation en lespce est celle de la privation arbitraire de biens ; au contraire, le Gouvernement conteste cette conclusion, tant donne lexistence dun arrt dclarant quun transfert de proprit doit se considrer comme ayant eu lieu ainsi que dun ddommagement. Or, pourriez vous rellement considrer quune telle situation, o les consquences de lingrence litigieuse ont t toutes effaces au niveau national, sauf en ce qui concerne le montant de lindemnit qui sՎlve seulement au 55% de la valeur vnale, soit donc comparable une mainmise illicite ? Une rponse positive quivaudrait un attachement excessif la forme, et par consquent il faudrait aussi estimer que, par exemple, le non-respect dune date butoir ou loubli dun tampon sur une feuille serait plus grave quune expropriation dcrte dans le respect scrupuleux de toutes les formalits et de tous les dlais, mais sans indemnit, laquelle chose reprsenterait le contraire dun jugement bas sur lՎquit ! En effet, ce quil est important de souligner, propos de lexpropriation indirecte, est que le particulier ne subit pas un dommage matriel plus lev du simple fait que lexpropriation sest acheve avec un jugement plutt quavec un acte administratif. Bien entendu, il y a les frais de la procdure, mais ces derniers sont la charge de ladministration perdante; il pourrait y avoir un dommage rsultant du retard dans le paiement de lindemnit, mais celui-ci est couvert par les intrts et la rvaluation; enfin il pourrait y avoir un dommage rsultant de la dure excessive de la procdure, mais il sagit dun dommage moral qui peut tre indemnis par un moyen appropri, prvu par la loi nationale. 3. En effet, crer, comme le voudrait la partie requrante, une catgorie unique de dpossession illicite , dans laquelle seraient insrs des cas tout fait diffrents et non homognes entre eux, et appliquer, de faon gnralise et automatique, les critres Papamichalopoulos, prns par les requrants, nimporte quelle affaire qui, daprs la Cour, entre dans cette catgorie de la dpossession illicite , conduit, sans aucun doute, des rsultats draisonnables, injustes et incompatibles avec lesprit et le but de la Convention, alors que la procdure devant la Cour porte sur un jugement avec quit (et lՎquit reprsente le contraire de lautomaticit et de lattachement la forme). Dans laffaire italienne, en effet, nous avons a) un arrt dclarant qu'un transfert de proprit, du particulier ladministration, doit se considrer comme ayant eu lieu, arrt qui a donc donn la scurit juridique concernant la privation IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 127 du terrain ( 88 arrt au principal). Mme au cas o larrt serait appel, lappel concernerait exclusivement le montant de lindemnit, alors que le point concernant le passage de proprit du bien acquiert lautorit de la chose juge tout de suite, sur la base du principe tantum devolutum quantum appellatum, tir de larticle 342 c.p.c.; ainsi que b) un ddommagement; bref, une situation telle liminer la violation pour la plupart, la lumire de la mme jurisprudence de la Cour. Au contraire, la situation dans laffaire Papamichalopoulos tait tout fait diffrente: il sagissait dun terrain de vastes dimensions qui avait t occup par une dictature militaire, sans aucune base lgale, sans indemnit, et en dehors dun but dutilit publique, et o la proprit tait reste au particulier et celui-ci navait eu aucune possibilit juridique de redresser la situation incrimine, comme dailleurs larrt sur le fond le montre (1). 4. Il est important de souligner aussi que, dans laffaire Papamichalopoulos, les requrants grecs avaient un terrain qui possdait un potentiel de dveloppement touristique considrable et, donc, pour cette raison, ils avaient conu la construction dun complexe htelier qui avait reu lassentiment de lautorit administrative (cet lment avait jou un rle dans la dcision de la Cour sur la satisfaction quitable (Papamichalopoulos, art. 50, 37). Dans les affaires italiennes, au contraire, et notamment dans notre affaire qui concerne un terrain dnu de tout intrt, la partie requrante voudrait appliquer les mmes critres sans nullement exiger la preuve de lexistence dune situation comparable et voudrait donc transformer ainsi, en une prsomption irrfragable, ce qui, dans laffaire grecque, tait un fait concrtement dmontr. En dfinitive, il faut accepter lide de restituer laffaire Papamichalopoulos son caractre daffaire singulire, non susceptible de poser un principe dapplication gnrale. 5. Ceci dit, le Gouvernement Italien a, depuis toujours, pens que la matire qui nous occupe mrite une rflexion mre et profonde et que cette opinion soit bien fonde est dmontr: a) par des nombreuses contradictions dans lesquelles la Cour, elle-mme, est parfois tombe dans ses prcdents en la matire, ainsi que b) par la circonstance trs significative que les conclusions, dans la prsente affaire, de la partie requrante et de la partie intervenue ad adjuvandum sont diffrentes. 6. Quant au premier aspect, que lon songe certaines affaires turques (1) 41. Loccupation des terrains litigieux par le Fonds de la marine nationale a reprsent une ingrence manifeste dans la jouissance du droit des requrants au respect de leurs biens. Elle ne relevait pas de la rglementation de lusage de biens, au sens du second alina de larticle 1 du Protocole no 1 (P1-1). Dautre part, les intresss nont pas subi dexpropriation formelle: la loi no 109/1967 na pas transfr la proprit desdits terrains au Fonds de la marine nationale. 45. La Cour estime que la perte de toute disponibilit des terrains en cause, combine avec lՎchec des tentatives menes jusquici pour remdier la situation incrimine, a engendr des consquences assez graves pour que les intresss aient subi une expropriation de fait incompatible avec leur droit au respect de leurs biens . 128 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 (I.R.S. et autres, 20 juillet 2004, Kadriye Yldz et autres, 10 octobre 2006, Brekio.ullar (kmez) et autres, 19 octobre 2006, Ari et autres, 3 avril 2007) dont les circonstances de fait sont bien plus graves que celles des affaires italiennes. Larrt I.R.S. est significatif: lEtat sՎtait empar dun terrain des requrants en dehors de toute lgalit et sans aucune garantie procdurale et les propritaires navaient eu aucune possibilit de raction efficace; or, le simple fait que cette situation dillgalit continue se ft prolonge pendant 20 ans ou plus avait permis aux juridictions internes dappliquer une sorte dusucapion (sui generis, en raison de limpossibilit effective pour les propritaires de faire valoir leurs droits en temps utile) et de dclarer aprs coup que la proprit des biens tait passe lEtat en leur refusant en mme temps toute indemnisation en application dune loi rtroactive; cependant la Cour a cru voir une diffrence avec les affaires italiennes dexpropriation et a donc calcul autrement le dommage matriel. 7. Cest l un exemple qui montre le degr dincertitude juridique qui dcoule de ladoption du critre de la mainmise . 8. Quant au deuxime aspect (concernant les incohrences de nos contreparties), la partie requrante demande, seulement maintenant, la restitution du bien, y compris les ouvrages publiques y construits, outre un ddommagement titre de perte de jouissance, ou, faute de cette restitution, un dommage matriel correspondant une somme couvrant la valeur actuelle du terrain ( la lumire dune estimation ad hoc faite par un expert mandat par la Cour), augmente du cot de construction des btiments publiques construits sur le terrain, outre la perte de jouissance, dduction faite de la somme dj perue au niveau national: celui-ci est le paramtre de ddommagement utilis dans laffaire Papamichalopoulos. Il faut enfin ajouter, daprs les requrants, les dommages moraux, aussi. Il faut ajouter que, pour ce qui est du dommage matriel, la partie requrante a, au cours de toute la procdure, chang bien trois fois ses prtentions: dans la requte introductive elle a prn la mme mthode de calcul recommande par le Gouvernement et accepte par la Chambre, dans les observations sur la satisfaction quitable devant la Chambre elle a demand plus de 15 millions deuro titre de dommage matriel, devant la Grande Chambre ses prtentions en matire de dommage matriel descendent presque 6 millions deuro. Voil un exemple qui dmontre, lui seul, les incohrences de la mthode de calcul prne par les requrants. 9. La tierce partie, intervenue en soutien de la partie requrante, demande, au contraire, la valeur vnale du terrain, tablie par les juridictions nationales, plus index du cot de la vie et intrts-moratoires, plus le 10% titre de perte de chance dune possible cession volontaire, plus frais et dpens du litige national, plus le montant d titre dimpts. Daprs la tierce partie, il faut enfin ajouter les dommages moraux en mesure adquate par rapport la gravit de la violation et en tenant compte de lincidence que celle-ci a eu sur la vie IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 129 de la victime . 10. Les thses des deux contreparties ne sont pas simplement en contradiction entre elles: elles sont mal fondes aussi, comme le Gouvernement est en mesure de le dmontrer. 11. Quant la partie requrante, il faut dire que: a) elle na jamais demand la restitution du terrain, ni au niveau national ni dans sa requte dpose la Cour: mme dans cette dernire, la partie requrante sest borne demander un ddommagement la hauteur de la diffrence entre la valeur vnale du bien et le montant peru, savoir le 45% de ladite valeur vnale; b) en tout cas, il serait difficile de restituer le bien, car la partie requrante tait propritaire seulement dune petite partie indivisible du terrain (chacun des trois requrants tait copropritaire dans un pourcentage de 29/360); c) sur le terrain litigieux un ouvrage dutilit publique a t dsormais ralis par ladministration avec les ressources issues de la contribution fiscale et donc, sur la base dun principe fondamentale de droit, la restitution nest pas praticable; d) lexistence dun arrt dclarant officiellement quun transfert de proprit doit se considrer comme ayant eu lieu est de nature estimer hors de question toute hypothse de restitution; e) enfin, comme la Cour la soulign maintes reprises, elle na aucune comptence en matire de dcision sur la restitution dun bien litigieux (voir, ex pluribus, laffaire Jensen et Rasmussen c. Danemark, dec. du 20 mars 2003). Il se pose, donc, un problme uniquement de qualit du redressement, attendu que le paramtre du ddommagement, prvu par la loi 662/96, nՎtait pas la hauteur de la valeur pleine, tablie par la jurisprudence europenne, et cest donc exclusivement sur ce type de redressement quil faut se pencher au niveau europen. 12. Et du reste, que les prtentions de la partie requrante soient tout fait absurdes est dmontr par un calcul trs simple: pour que le ddommagement soit raisonnable, les requrants doivent recevoir encore le restant 45% de la valeur vnale du bien, montant actualiser par intrts moratoires et index du cot de la vie: la somme qui en rsulte sՎlve presque 900.000 euro (la somme de 1.800.000 euro, liquide dans larrt du 21 octobre 2008, est le rsultat dune erreur, savoir de linclusion de lindemnit doccupation dans les calculs de la valeur marchande du bien, comme dailleurs la mme partie requrante le relve, de faon indirecte, la page 27 de son mmoire). Daprs les observations de la partie requrante sur la satisfaction quitable, au contraire, la somme au titre du seul dommage matriel sՎlverait 15.360.641 euro, donc plus de 15 millions deuro pour un terrain de 18.000 mtres carrs (en tenant compte quil sagissait de coproprit et que la quote part des trois requrants tait de 87/360 pour les trois): presque 1.000.000 par mtre carr, donc, pour un terrain, de surcrot, dnu de tout intrt, situ dans une zone priphrique dune petite ville peu connue. Une prtention, donc, qui elle seule dmontre son caractre absurde. 130 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 13. Quant la partie intervenante, elle soutient quՈ la valeur vnale du terrain, tablie par les juridictions nationales, augmente de lindex du cot de la vie et des intrts-moratoires, il faut ajouter: a) 10% titre de perte de chance dune possible cession volontaire, mais, ce propos, le Gouvernement fait remarquer que la cession volontaire du bien fait abstraction de la forme de lexpropriation, tant donn que ladite cession peut tre conclue aprs la dclaration dutilit publique et jusquՈ ce que le dcret dexpropriation nest pas mis (2), ainsi que laugmentation de 10% de lindemnit est accorde mme si la cession na pas eu lieu cause dun fait non imputable au particulier (3). Par consquent, il est faux de dire que lexpropriation indirecte empche le particulier de conclure la cession volontaire du bien, tant donn quune des conditions de ladite cession est justement le manque du dcret dexpropriation, condition qui savre en cas dexpropriation indirecte; b) les frais et dpens du litige national, mais ces derniers sont imposs, par les juridictions nationales, ladministration, en tant que partie perdante de la procdure; il ny a pas donc lieu de les faire payer deux fois lEtat; c) le montant d titre dimpts, mais il faut souligner que les dispositifs des jugements de la Cour, en matire dexpropriation, se lisent toujours comme suit: lEtat dfendeur doit verser aux requrants la somme suivant , plus tout montant pouvant tre d titre dimpt ; la Cour tenant dj en compte, donc, la possibilit dimpts sur la somme, la partie intervenante voudrait encore une fois doubler les sommes payer de la part de lEtat. 14. Les prtentions de la tierce partie sont donc manifestement mal fondes, sauf en ce qui concerne les dommages moraux quelle demande soient liquids en mesure adquate par rapport la gravit de la violation et en tenant compte de lincidence que celle-ci a eu sur la vie de la victime . A ce sujet, le Gouvernement est daccord avec la tierce partie: la majeure ou mineure gravit de la violation se rpercute sur le dommage moral, mais non pas sur le dommage matriel; la nature ou la gravit juridique de la violation, que lon peut appeler le critre de la mainmise illgale ou de la dpossession illicite , nest pas un critre appropri pour lՎvaluation du dommage matriel, tant donn que la somme alloue au titre du dommage matriel a une fonction purement compensatoire pour le requrant. Du reste, aucun principe conventionnel, dautant moins celui dcoulant de lart. 1 du Prot. 1 nՎta- (2) Art. 45 1 Rpertoire de lexpropriation: Fin da quando dichiarata la pubblica utilit dell'opera e fino alla data in cui eseguito il decreto di esproprio, il proprietario ha il diritto di stipulare col soggetto beneficiario dell'espropriazione l'atto di cessione del bene o della sua quota di propriet. (3) Art. 37 2 Rpertoire de lexpropriation: Nei casi in cui stato concluso l'accordo di cessione, o quando esso non stato concluso per fatto non imputabile all'espropriato ovvero perch a questi stata offerta un'indennit provvisoria che, attualizzata, risulta inferiore agli otto decimi in quella determinata in via definitiva, l'indennit aumentata del 10 per cento. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 131 blit une hirarchie entre les divers, possibles manquements, mme parce que, sil en ft ainsi, on aurait une incohrence vidente, savoir: prjudice conomique gal, compensation diffrente en fonction dun lment qui na aucune incidence sur lampleur du dommage. Que lon songe, par exemple, au dfaut de base lgale ; tout dabord, mme dans cette notion de base lgale , compte tenu de son ampleur, il pourrait y avoir manquement et manquement; en deuxime lieu, ce dfaut nautorise nullement loctroi dune satisfaction quitable, au titre du dommage matriel, suprieure celle qui serait alloue en prsence dun autre manquement, par exemple le manque de proportionnalit. Eventuellement, le dommage moral pourrait jouer un rle dans ce sens, mais jamais le dommage matriel. Le dommage moral pourrait y jouer un rle et en effet il le joue: que lon songe, en matire de dommage moral, la diffrence trs importante entre laffaire dexpropriation directe Scordino I (euro 4.000, titre de dommage moral, aux quatre requrants) et laffaire dexpropriation indirecte Carbonara et Ventura (euro 200.000, titre de dommage moral, aux quatre requrants). En effet, la mthode de calcul prvue en cas de mainmise illicite entrane une multiplication de facteurs faisant double emploi et, par consquent, une augmentation spectaculaire et immotive du ddommagement. 15. Ce quil faut mettre en vidence est que la Cour risque de tomber dans une contradiction manifeste si elle affirme, dune part, que lindemnisation fixer en lespce devra reflter lide dun effacement total des consquences de lingrence litigieuse et soutient, dautre part, que le caractre illicite de pareille dpossession se rpercute par la force des choses sur les critres employer pour dterminer la rparation due par lEtat dfendeur, les consquences financires dune mainmise licite ne pouvant tre assimiles celles dune dpossession illicite ( 36 arrt Pasculli c. Italie); contradiction manifeste, tant donn que, pour rparer intgralement le prjudice subi, il faut tenir compte de lampleur du prjudice et non pas de ce qui la caus. En outre, on pourrait interprter la deuxime phrase dans le sens que la Cour a tendance attribuer lindemnisation pour dommage matriel un but punitif ou dissuasif lՎgard de lՃtat dfendeur. Or, le Gouvernement est davis que la Convention, qui, linstar de tout trait, nՎchappe pas lobligation dinterprtation littrale, nassigne la Cour aucun pouvoir de sanctionner lEtat concern par le biais dune sur-valuation du dommage matriel. Il y avait, certes, dans le pass, une jurisprudence de la Cour, par exemple en matire de dure de procdure, daprs laquelle laccumulation de violations systmatiques est constitutive dune pratique incompatible avec la Convention et constitue une circonstance aggravante, mais pour parvenir cela il faut non seulement une accumulation de violations identiques ou analogues, suffisamment nombreuses, mais une tolrance officielle, aussi, alors quen lespce, le Gouvernement a entirement rsolu ce problme, comme dailleurs reconnu 132 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 par la Cour elle-mme (voir, ex pluribus, 31 de larrt qui nous occupe). 16. En outre, lappui de leurs thses, aussi bien la Cour, dans larrt Papamichalopoulos, que la partie requrante et la tierce partie mentionnent un vieil arrt de 1928 de la Cour permanente de justice internationale dans laffaire de lUsine de Chorzw; or, nous sommes en mesure de dmontrer que linterprtation, qui est donne aux principes fondamentaux de droit international dcoulant de cet arrt de la Cour de justice internationale, est une interprtation clairement incorrecte. En effet, daprs la CJI, la restitution en nature est valablement remplace par le paiement d'une somme correspondant la valeur qu'aurait la restitution en nature , auquel pourrait sajouter, sil y a lieu (cest--dire, condition quun prjudice ultrieur soit tabli dans son existence et son ampleur), un ddommagement pour les pertes subies et qui ne seraient pas couvertes par la restitution en nature ou le paiement qui en prend la place . La Cour Europenne, au contraire, prsume lexistence, outre le dommage li la perte de la proprit, dun prjudice ultrieur de telle ampleur quil nest pas compens par lactualisation et, donc, chiffre automatiquement ce prjudice ultrieur, lui-mme hypothtique, la hauteur de la valeur brute des oeuvres ralises par lEtat ou de leur cot de construction, en lajoutant la valeur actualise du terrain. En bref, le dommage ultrieur, que la CJI exige soit spcifiquement prouv par lintress, est par la Cour Europenne automatiquement calcul en fonction de lexistence des constructions. Cette faon dindemnisation est non seulement contraire aux principes de la CJI (de surcrot mentionns par la mme Cour Europenne), mais elle se heurte un simple raisonnement dordre logique: daprs un principe gnral largement accept dans les systmes juridiques europens, la restitution en nature doit se faire aprs rtablissement des conditions dans lesquelles lobjet restituer se trouvait au moment de la dpossession; il nest donc pas correct, en droit, de dire que les btiments forment une composante de la restitutio in integrum ( 40 de larrt Papamichalopoulos sur la satisfaction quitable); bien au contraire, daprs un principe gnral et une logique banale, les btiments constituent un lment tranger par nature la restitutio in integrum. Cette jurisprudence Papamichalopoulos, donc, nest nullement cohrente avec le principe affirm par la CJI, dont elle dclare sinspirer. 17. Daprs le Gouvernement, les critres Papamichalopoulos ne sont pas critiquables seulement par rapport leur application aux affaires italiennes dexpropriation, ils sont critiquables aussi en soi: et en effet, dans son mmoire, le Gouvernement a numr bien 13 raisons pour lesquelles ces critres doivent tre considrs critiquables en soi, 13 raisons quil serait impossible, pour des raisons de temps, de rpter de nouveau oralement. Il suffit de dire que lier la mthode de calcul du prjudice matriel la gravit de la violation mconnat le principe de subsidiarit, est mal fond sous un angle logique, produit des ingalits injustifies (par exemple, deux propritaires expropris IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 133 dun bien parfaitement quivalent et dans des conditions identiques seront indemniss de manire diffrente selon lusage public qui est fait de leur bien: construction dun difice coteux et de grande valeur ou, linverse, ralisation dune oeuvre simple, peu coteuse et dnue dintrt commercial, donc prjudice conomique gal, compensation diffrente en fonction dun lment alatoire, comme alatoire est dailleurs la date laquelle la Cour rend son arrt, date qui certes influence la valeur du terrain). Enfin ladite mthode ne correspond nullement aux principes juridiques en vigueur dans les Etats europens. En effet, daprs une rgle gnrale dՎconomie et de droit largement partage dans les Etats europens, la mthode normale de rvaluation dun bien est lactualisation de la valeur initiale, partir du fait illicite ou de larrt tranchant le diffrend, en proportion de la dprciation de la monnaie: dautre part celle-ci nest que la mthode que la Cour, elle-mme, utilise dj lorsque il faut dduire, de la somme que lEtat doit verser aux requrants, lindemnit, actualiser, obtenue par ces derniers au plan national en son temps (4). Lestimation ex novo de la valeur actuelle dun bien une date donne, au contraire, ne se justifie quen prsence dun commencement de preuve indiquant de manire prcise et concluante que des circonstances particulires ont influenc la hausse du march de manire non proportionnelle linflation. 18. Toujours ce propos, les articles 934 et 936 du code civil italien, linstar de tous les codes europens, tablissent que, dans les diffrends entre particuliers, le propritaire de bonne foi dun terrain peut retenir la construction sur son terrain, faite par un tiers, pourvu quil lui donne le cot de construction; la ratio sous-jacente de cette norme est dՎviter aussi bien un enrichissement illgitime du propritaire du terrain (qui navait pas support les frais de linvestissement) quune perte injuste de la part du constructeur, alors que, daprs les critres Papamichalopoulos, lEtat devrait dpenser deux fois la somme correspondant au cot de construction. Et dautre part il ne saurait nullement se justifier sur le plan logique et de lՎquit quun particulier obtienne gratuitement la valeur positive dun investissement que dautres ont ralis (et pay) sa place. 19. En conclusion, par le biais dune multiplication de plusieurs facteurs faisant double emploi, la partie requrante voudrait obtenir un ddommagement spectaculaire qui, de faon immotive, transforme une violation de la proprit, en grande partie dj rgle au plan interne, dans une vritable au- (4) Voir, ce sujet, ex pluribus, arrt Pasculli c. Italie, 39. Elle dcide que lEtat devra verser lintress une somme correspondant la valeur actuelle du terrain, augmente de la plus-value apporte par la prsence du btiment qui en lespce a t estime au mme niveau que le cot de construction et qui est susceptible de compenser le requrant galement pour toute autre perte subie. De cette somme il convient ensuite de dduire lindemnit se rapportant la valeur du terrain obtenue par le requrants au plan national ( savoir 216 707 170 ITL de 1986, soit 111 919, 91 EUR, voir 19 de larrt au principal) et actualise (soit environ 236 000 EUR). 134 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 baine injustifie pour le requrant: ce qui se heurte aux principes de la logique, du droit et de lՎquit et qui, en plus, tourne au dtriment de la grande masse des particuliers, savoir des contribuables, tant donn que ce sont les contribuables qui supporteront la charge des sommes, dont nous discutons. 20. Le Gouvernement est donc davis que la nouvelle mthode de ddommagement choisie par la Chambre est en soi conforme aux exigences de la Convention et, donc, quil ne faut pas la remettre en cause. Par consquent, on demande la Cour daccepter les conclusions de la Chambre, en corrigeant lerreur de calcul du dommage matriel faite dans larrt de la Chambre et en fixant 900.000 euro le montant du dommage matriel, et enfin de rejeter les prtentions de la partie requrante comme tant mal fondes. Nicola Lettieri Giuseppe Albenzio co-Agent du Gouvernement Avocat dEtat IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 135 LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA CE Prescrizione del diritto al risarcimento del danno nei confronti dello Stato per violazioni del diritto comunitario (Corte di Giustizia delle Comunit europee, Grande Sezione, sentenza del 24 marzo 2009 nella causa C-445/06) Con la sentenza resa dalla Grande Sezione il 24 marzo 2009, causa C- 445/06, Danske, la Corte di giustizia delle Comunit europee ha affermato importanti principi in materia di prescrizione del diritto al risarcimento del danno nei confronti dello Stato per violazione del diritto comunitario ed in particolare per effetto dellomessa, tardiva o errata trasposizione di una direttiva comunitaria. ComՏ noto, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia (sentenza 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich e Bonifaci; sentenza 5 marzo 1996, cause riunite C-46/93 e C-48/93 Brasserie du Pcheur e Factortame; sentenza 10 luglio 1997, causa C-261/95, Palmisani; sentenza 25 febbraio 1999, causa C-131/97, Carbonari; sentenza 30 settembre 2003, causa C-224/01, Kbler; sentenza 13 giugno 2006, causa C-173/03, Traghetti del mediterraneo; ordinanza 23 aprile 2008, causa C-201/05, The Test Claimants in the CFC and Dividend Group Litigation) il principio della responsabilit degli Stati per violazione del diritto comunitario, pur non essendo espressamente previsto, trova il suo fondamento in due norme del Trattato: lart. 10 che sancisce il principio di leale collaborazione degli Stati e lart. 288 che prevede la responsabilit extracontrattuale della Comunit, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri. Classico esempio di violazione, da parte degli Stati, del diritto comunitario la mancata, tardiva o non corretta trasposizione di una direttiva, obbligo imposto dallart. 249 del Trattato. Ci premesso, la citata sentenza del 24 marzo 2009 ha confermato innanzitutto che, in mancanza di una normativa comunitaria che regoli in modo diretto e puntuale la responsabilit degli Stati membri per violazione del diritto comunitario, spetta ai singoli ordinamenti nazionali disciplinare le modalit procedurali dei ricorsi diretti a garantire la piena tutela dei diritti conferiti alle persone dal diritto comunitario, fermo restando che le condizioni e i termini stabiliti dalle legislazioni nazionali in materia di risarcimento del danno non LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA CE 136 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano azioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza) e non possono essere congegnate in modo da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento (principio di effettivit). A tale proposito, stato ritenuto ragionevole il termine di decadenza triennale previsto dalla legislazione tedesca nella causa principale (punti 31 e 32). Al riguardo, va ricordato che la Corte di giustizia (sentenza del 10 luglio 1997, causa C-261/95, Palmisani, punto 29) aveva gi ritenuto congruo il termine di decadenza annuale fissato dallart. 2, comma 7 del d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 80 per il danno derivante dalla mancata attuazione della direttiva 80/987/CEE concernente la tutela dei lavoratori in caso di insolvenza del datore di lavoro. Quanto allinterruzione o alla sospensione dei termini di prescrizione per effetto della presentazione di un ricorso per inadempimento, la Corte di giustizia ha inoltre affermato che spetta agli Stati membri disciplinare tali aspetti purch siano osservati i principi di equivalenza e di effettivit, ribadendo che non si pu subordinare il risarcimento del danno al presupposto di una previa constatazione, da parte della Corte, dellinadempimento imputabile allo Stato membro per violazione del diritto comunitario, elemento significativo ma non indispensabile (punti 36 38). Sotto tale profilo, la Corte ha quindi concluso che la circostanza che un ricorso per inadempimento non abbia leffetto di interrompere o di sospendere il termine di prescrizione non rende impossibile o eccessivamente difficile, per il soggetto, esercitare i diritti conferitigli dal diritto comunitario, n lede il principio dellequivalenza, tenuto conto delle peculiarit della procedura ex art. 226 CE che non tesa a tutelare diritti propri della Commissione e non quindi assimilabile, sotto tale aspetto, al rimedio nazionale previsto per la responsabilit amministrativa, azionato dal soggetto leso (punti 39 e 45). Quanto alla decorrenza della prescrizione, la Corte ha affermato che il diritto comunitario non osta a che il termine di prescrizione di unazione di risarcimento nei confronti dello Stato, basata sulla carente trasposizione di una direttiva, inizi a decorrere dalla data in cui i primi effetti lesivi di detto scorretto recepimento si siano verificati, anche qualora tale data sia antecedente alla corretta e completa trasposizione della direttiva in questione nellordinamento nazionale, dovendosi ritenere che il principio contrario affermato nella sentenza del 25 luglio 1991, causa C-208/90, Emmott, fosse determinato dalle circostanze particolari di detta causa (punto 56). La Corte ha infine chiarito che spetta al giudice nazionale stabilire la conformit al diritto comunitario di una legislazione, come quella tedesca, che esclude il risarcimento del danno ove il soggetto leso non abbia dato prova di una ragionevole diligenza, omettendo, dolosamente o colposamente, di evitare la realizzazione del danno mediante la proposizione delle azioni previste dal IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 137 diritto nazionale. Al riguardo, la Corte ha comunque escluso che la probabilit che in tale sede il giudice adito sollevi una questione pregiudiziale ex art. 234 CE renda non esigibile dai soggetti lesi lesperimento dei mezzi di ricorso a loro disposizione in quanto lutilizzo di tale strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali non contribuisce assolutamente a rendere eccessivamente difficile lesercizio dei diritti attribuiti al singolo dal diritto comunitario (punti 64 e 65). Al riguardo, si ricorda che la recente sentenza delle SS.UU. della Corte di cassazione del 17 aprile 2009, n. 9147 ha stabilito che la domanda risarcitoria per tardiva trasposizione di direttiva comunitaria non rientra nello schema della responsabilit extracontrattuale ma in quello della responsabilit ex lege dello Stato inadempiente, di natura indennitaria per attivit non antigiuridica e sussistente a prescindere dalla sussistenza del dolo o della colpa e dal carattere non self executing della direttiva, con conseguente applicabilit della prescrizione decennale. La natura risarcitoria del diritto vantato nei confronti dello Stato per violazione del diritto comunitario era stata invece in precedenza affermata non solo dalla stessa Corte di cassazione (Cass. 9 novembre 1994, n. 9339) ma anche dalla Corte costituzionale (sentenza 16 giugno 1993, n. 285). Avv. Wally Ferrante* Corte di Giustizia delle Comunit europee, Grande Sezione, sentenza 24 marzo 2009 nella causa C-445/06 - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof (Germania) - Danske Slagterier/Bundesrepublik Deutschland. (Avvocato dello Stato W. Ferrante - AL 8375/07). Misure di effetto equivalente Polizia sanitaria Scambi intracomunitari Carni fresche Controlli veterinari Responsabilit extracontrattuale di uno Stato membro Termine di prescrizione Determinazione del danno. (... Omissis) 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sullinterpretazione degli artt. 5, n. 1, lett. o), e 6, n. 1, lett. b), sub iii), della direttiva del Consiglio 26 giugno 1964, 64/433/CEE, relativa alle condizioni sanitarie per la produzione e limmissione sul mercato di carni fresche (GU 1964, n. 121, pag. 2012), come modificata dalla direttiva del Consiglio 29 luglio 1991, 91/497/CEE (GU L 268, pag. 69; in prosieguo: la direttiva 64/433), degli artt. 5, n. 1, 7 e 8 della direttiva del Consiglio 11 dicembre 1989, 89/662/CEE, relativa ai controlli veterinari applicabili negli scambi intracomunitari, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno (GU L 395, pag. 13), nonch dellart. 28 CE. (*) Avvocato dello Stato. 138 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 2 Tale domanda stata sottoposta nellambito di una controversia fra la Danske Slagterier e la Repubblica federale di Germania, vertente su una richiesta di risarcimento danni. Contesto normativo La normativa comunitaria 3 Lart. 5, n. 1, della direttiva 64/433 cos prevede: Gli Stati membri provvedono affinch siano dichiarati non idonei al consumo umano dal veterinario ufficiale: (...) o) le carni che presentino intenso odore sessuale. 4 Lart. 6, n. 1, della medesima direttiva dispone quanto segue: Gli Stati membri provvedono affinch: (...) b) le carni: (...) iii) fatti salvi i casi di cui allarticolo 5, paragrafo 1, lettera o), di suini maschi non castrati di peso, espresso in carcassa, superiore a 80 chilogrammi, tranne qualora lo stabilimento sia in grado di garantire, in base a un metodo riconosciuto secondo la procedura di cui allarticolo 16 oppure, in mancanza di tale metodo, secondo un metodo riconosciuto dallautorit competente interessata, che possibile individuare le carcasse che presentano un intenso odore sessuale, siano munite del bollo speciale stabilito dalla decisione 84/371/CEE [della Commissione 3 luglio 1984, che stabilisce le caratteristiche del bollo speciale per le carni fresche di cui allarticolo 5, lettera a), della direttiva 64/433/CEE del Consiglio (GU L 196, pag. 46)] e sottoposte al trattamento previsto dalla direttiva 77/99/CEE [del Consiglio 21 dicembre 1976, relativa a problemi sanitari in materia di scambi intracomunitari di prodotti a base di carne (GU 1977, L 26, pag. 85)]; (...) g) i trattamenti previsti alle lettere precedenti siano effettuati nello stabilimento dorigine o in qualsiasi altro stabilimento designato dal veterinario ufficiale; (...). 5 Le disposizioni della direttiva 64/433 dovevano essere trasposte nel diritto nazionale entro il 1 gennaio 1993. 6 Lart. 5, n. 1, della direttiva 89/662 stabilisce che: Gli Stati membri destinatari adottano le seguenti misure di controllo: a) la competente autorit pu, nei luoghi di destinazione della merce, verificare tramite controlli veterinari per sondaggio non discriminatori il rispetto delle condizioni poste dallarticolo 3; in tale occasione essa pu procedere a prelievi di campioni. Inoltre, se la competente autorit dello Stato membro di transito o dello Stato membro destinatario dispone di elementi di informazione che consentano di ipotizzare uninfrazione, possono essere effettuati altres controlli durante il trasporto della merce sul suo territorio, incluso il controllo di conformit dei mezzi di trasporto; (...). 7 Ai sensi dellart. 7, n. 1, della direttiva in parola: Se, in occasione di un controllo effettuato nel luogo di destinazione della spedizione o durante il trasporto, la competente autorit di uno Stato membro constata: (...) IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 139 b) che la merce non soddisfa le condizioni previste dalle direttive comunitarie o, in mancanza di decisioni sulle norme comunitarie previste dalle direttive, dalle norme nazionali, essa pu lasciare allo speditore o al suo mandatario, se le condizioni di salubrit o di polizia sanitaria lo consentono, la scelta tra: la distruzione della merce, oppure la sua utilizzazione ad altri fini, compresa la rispedizione su autorizzazione della competente autorit del paese dello stabilimento dorigine. (...). 8 Infine, lart. 8 della direttiva in questione cos dispone: 1. Nei casi previsti dallarticolo 7, la competente autorit di uno Stato membro destinatario si mette immediatamente in contatto con la competente autorit dello Stato membro speditore. Questultima prende tutte le misure necessarie e comunica alla competente autorit del primo Stato membro la natura dei controlli effettuati, le decisioni prese e le relative motivazioni. (...) 2. () Le decisioni adottate dalla competente autorit dello Stato destinatario devono essere comunicate, con lindicazione delle relative motivazioni, allo speditore o al suo mandatario, nonch alla competente autorit dello Stato membro speditore. A richiesta dello speditore o del suo mandatario, le decisioni motivate devono essergli comunicate per iscritto con lindicazione delle vie di ricorso offerte dalla legislazione vigente nello Stato membro di destinazione, nonch della forma e dei termini prescritti per il ricorso stesso. (...). La normativa nazionale 9 Ai sensi dellart. 839 del codice civile tedesco (Brgerliches Gesetzbuch), nella versione in vigore fino al 31 dicembre 2001 (in prosieguo: il BGB): (1) Il pubblico ufficiale che, con un comportamento doloso o colposo, violi gli obblighi impostigli dal proprio ufficio nei confronti di un terzo tenuto a risarcire al terzo il danno che ne deriva. Se il pubblico ufficiale ha agito solo colposamente, egli tenuto al risarcimento solo se il soggetto leso non riesce ad ottenerlo in altro modo. (2) Il pubblico ufficiale che violi gli obblighi imposti dal proprio ufficio nel giudizio in una causa responsabile del danno derivante solo ove la violazione dellobbligo costituisca un reato. La presente norma non applicabile ad un rifiuto o ad un ritardo contrario al proprio dovere nellesercizio dellufficio. (3) Lobbligo di risarcimento non sussiste se il soggetto leso abbia omesso, dolosamente o colposamente, di evitare il danno avvalendosi di un mezzo dimpugnazione. 10 Lart. 852 del BGB prevedeva: (1) Il diritto al risarcimento del danno derivante da un atto illecito si prescrive in tre anni dal momento in cui il soggetto leso viene a conoscenza del danno e dellidentit della persona obbligata al risarcimento; in trentanni dalla commissione dellatto, indipendentemente dalla suddetta conoscenza. (2) Ove siano in corso trattative circa il risarcimento del danno da corrispondere fra lobbligato al risarcimento e lavente diritto allo stesso, la prescrizione sospesa fino a quando una delle due parti non si rifiuti di continuare le trattative. (3) Qualora lobbligato al risarcimento abbia ottenuto un beneficio mediante latto illecito a spese del soggetto leso, egli tenuto alla restituzione anche dopo il decorso della prescrizione in base alle disposizioni sulla restituzione dellindebito. 140 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 Causa principale e questioni pregiudiziali 11 La Danske Slagterier, unassociazione di categoria di imprese danesi di macelli, organizzate in cooperative, e di allevatori di suini, che agisce sulla base del diritto ad essa delegato dai propri membri, chiede alla Repubblica federale di Germania il risarcimento dei danni dovuti per una violazione del diritto comunitario. Detta associazione addebita allo Stato in parola di avere, in violazione del diritto comunitario, imposto dal 1993 al 1999 un divieto allimportazione di carni di suini maschi non castrati. A suo parere siffatto divieto avrebbe causato agli allevatori di suini e ai macelli, nel corso del periodo menzionato, un danno pari ad almeno DEM 280 milioni. 12 Allinizio degli anni 90 stato lanciato in Danimarca un progetto chiamato Male- Pig-Projekt, diretto allallevamento di suini maschi non castrati. Orbene, detto tipo di allevamento, interessante da un punto di vista economico, presenta il rischio che la carne, dopo essere stata riscaldata, emani un intenso odore sessuale. Secondo alcuni ricercatori danesi si pu constatare detta intensit olfattiva gi nel corso delloperazione di macellazione, misurando il tenore di scatolo. Per tale ragione, in Danimarca, tutte le linee di macellazione sono state equipaggiate di strumenti di misurazione dello scatolo, al fine di consentire di individuare e scartare la carne che presentasse lodore in questione. Allepoca la Repubblica federale di Germania ha ci nondimeno ritenuto che detta intensit olfattiva fosse dovuta allormone androstenone, la cui formazione pu essere evitata tramite la castrazione in una fase precedente, e che il tenore di scatolo, considerato isolatamente, non potesse costituire di per s un metodo affidabile per identificare lodore sessuale. 13 Nel gennaio 1993 la Repubblica federale di Germania ha informato le massime autorit veterinarie degli Stati membri che la norma di cui allart. 6, n. 1, lett. b), della direttiva 64/433 era stata trasposta nel diritto nazionale in modo da fissare un valore di .g/g 0,5 di androstenone, indipendentemente dal limite di peso. Qualora, infatti, detto valore fosse superato, la carne presenterebbe un intenso odore sessuale e pertanto sarebbe inidonea al consumo umano. Con ci essa sottolineava che solo il test immuno-enzimatico modificato del prof. Claus era riconosciuto come metodo specifico che permette di evidenziare landrostenone, e che le carni di suini maschi non castrati, che superassero tale valore limite, non potevano essere importate in Germania quali carni fresche. 14 Numerosi lotti di carni suine provenienti dalla Danimarca sono quindi stati esaminati dalle autorit tedesche e respinti a causa del superamento del valore limite di androstenone. Peraltro, gli allevatori di suini e le imprese di macelli che avevano praticamente interrotto la produzione di suini maschi castrati hanno dovuto riavviarla per non compromettere le esportazioni verso la Germania. La Danske Slagterier fa valere che, se le carni di suini esportate fossero provenute, come previsto dal Male-Pig-Projekt, da suini non castrati, sarebbe stato possibile realizzare un risparmio in termini di costi di almeno DEM 280 milioni. 15 Il Landgericht Bonn (Tribunale di Bonn), investito dalla Danske Slagterier, il 6 dicembre 1999, di unazione di responsabilit civile nei confronti della Repubblica federale di Germania, ha ritenuto tale azione fondata per il periodo a partire dal 7 dicembre 1996, respingendola in quanto prescritta nella parte relativa alle richieste di risarcimento dei danni sorte anteriormente a detta data. LOberlandesgericht Kln (Corte dappello di Colonia), adito in appello, ha dichiarato complessivamente giustificata nel merito la domanda. Con un ricorso per cassazione (Revision) dinanzi al Bundesgerichtshof (Corte federale di cassazione tedesca), la Repubblica federale di Germania vuole ottenere il rigetto integrale della domanda. 16 La Corte, peraltro, con la sentenza 12 novembre 1998, causa C-102/96, IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 141 Commissione/Germania (Racc. pag. I 6871), ha dichiarato che la Repubblica federale di Germania venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi degli artt. 5, n. 1, lett. o), e 6, n. 1, lett. b), della direttiva 64/433, nonch ai sensi degli artt. 5, n. 1, 7 e 8 della direttiva 89/662, da un lato, avendo imposto lobbligo di marchiare e sottoporre a trattamento termico le carcasse di suini maschi non castrati quando le carni, indipendentemente dal peso degli animali, presentino una concentrazione di androstenone superiore a .g/g 0,5, individuata mediante il test immuno-enzimatico modificato del prof. Claus, e, dallaltro, avendo considerato che, in caso di superamento del limite di .g/g 0,5 di androstenone, le carni presentino un intenso odore sessuale, il che ha come conseguenza di renderle inidonee al consumo umano. 17 In tale contesto il Bundesgerichtshof ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 1) Se il combinato disposto degli artt. 5, n. 1, lett. o), e 6, n. 1, lett. b), (...) sub iii), della direttiva [64/433] e degli artt. 5, n. 1, 7 e 8 della direttiva 89/662 (...) conferiscano ai produttori e ai commercianti di carni suine una posizione giuridica che, in caso di errori di trasposizione o di applicazione, possa far sorgere un diritto, fondato sullordinamento comunitario, ad un risarcimento da parte dello Stato. 2) Se i produttori e commercianti di carni suine possano, a prescindere dalla risposta alla prima questione, lamentare la violazione dellart. 30 del Trattato CE [divenuto art. 28 CE] per motivare un diritto, fondato sullordinamento comunitario, ad un risarcimento da parte dello Stato in caso di trasposizione e applicazione della suddetta direttiva contrarie al diritto comunitario. 3) Se il diritto comunitario imponga che la prescrizione del diritto, fondato sullordinamento comunitario, ad un risarcimento da parte dello Stato venga interrotta in seguito a un procedimento per inadempimento ai sensi dellart. 226 CE o se, comunque, venga sospesa fino alla conclusione di tale procedimento, quando manchi un rimedio giuridico interno efficace per costringere lo Stato membro a trasporre una direttiva. 4) Se il termine di prescrizione per un diritto, fondato sullordinamento comunitario, ad un risarcimento da parte dello Stato che si basi sulla carente trasposizione di una direttiva e su un conseguente divieto (di fatto) di importazione, cominci a decorrere, a prescindere dal diritto nazionale applicabile, solo a partire dalla completa trasposizione della direttiva, oppure se il termine di prescrizione possa cominciare a decorrere, conformemente al diritto nazionale, gi dal momento in cui si sono prodotti i primi effetti lesivi e ne siano prevedibili altri. Qualora la completa trasposizione di una direttiva dovesse incidere sullinizio del termine di prescrizione, se ci valga in generale o soltanto nei limiti in cui la direttiva conferisca un diritto ai soggetti dellordinamento. 5) Se, considerato che gli Stati membri non devono stabilire condizioni per fare valere il diritto, fondato sullordinamento comunitario, ad un risarcimento del danno da parte dello Stato pi sfavorevoli rispetto ad altre azioni del medesimo genere che coinvolgono solo il diritto interno e che lattribuzione di un risarcimento non deve essere resa di fatto impossibile o oltremodo difficile, sussistano obiezioni di principio nei confronti di una normativa nazionale ai sensi della quale lobbligo di risarcimento non sorge quando la persona lesa ha dolosamente o colposamente omesso di far ricorso alle vie giudiziarie per evitare il danno. Se parimenti sussistano obiezioni nei confronti di questa priorit di tutela del diritto primario, qualora essa sia sottoposta alla condizione di dovere essere ragionevolmente esigibile dallinteressato. Se sia irragionevole esigerla gi ai sensi del diritto comunitario, qualora il giudice adito non possa presumibilmente risolvere le questioni controverse di diritto comunitario 142 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 senza un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia (...), o qualora sia gi pendente un procedimento per inadempimento ai sensi dellart. 226 CE. Sulle questioni pregiudiziali Sulla prima e seconda questione 18 Con le prime due questioni, che vanno trattate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il combinato disposto degli artt. 5, n. 1, lett. o), e 6, n. 1, lett. b), sub iii), della direttiva 64/433 e degli artt. 5, n. 1, 7 e 8 della direttiva 89/662 conferiscano ai produttori e ai commercianti di carni suine, qualora dette direttive non siano correttamente trasposte o applicate, una posizione giuridica tale da far sorgere un diritto, fondato sullordinamento comunitario, ad un risarcimento da parte dello Stato per violazione del diritto comunitario e se, in siffatte circostanze, possano far valere una violazione dellart. 28 CE per motivare il diritto a un risarcimento, stante la menzionata responsabilit dello Stato. 19 In proposito occorre preliminarmente ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, il principio della responsabilit dello Stato per danni causati ai soggetti dellordinamento da violazioni del diritto comunitario ad esso imputabili inerente al sistema del Trattato CE (sentenze 19 novembre 1991, cause riunite C 6/90 e C 9/90, Francovich e a., Racc. pag. I 5357, punto 35; 5 marzo 1996, cause riunite C 46/93 e C 48/93, Brasserie du pcheur e Factortame, Racc. pag. I 1029, punto 31; 23 maggio 1996, causa C 5/94, Hedley Lomas, Racc. pag. I 2553, punto 24, nonch 8 ottobre 1996, cause riunite C 178/94, C 179/94 e da C 188/94 a C 190/94, Dillenkofer e a., Racc. pag. I 4845, punto 20). 20 La Corte ha dichiarato che ai soggetti lesi riconosciuto un diritto al risarcimento purch siano soddisfatte tre condizioni, vale a dire che la norma giuridica comunitaria violata sia preordinata a conferire loro diritti, che la violazione di tale norma sia sufficientemente qualificata e, infine, che esista un nesso causale diretto tra la violazione in parola e il danno subito dai soggetti lesi (v. citate sentenze Brasserie du pcheur e Factortame, punto 51; Hedley Lomas, punto 25, nonch Dillenkofer e a., punto 21). 21 Per quanto riguarda la prima condizione, la Corte ha avuto occasione di esaminare la responsabilit degli Stati membri per violazioni del diritto comunitario nei casi di mancata trasposizione di direttive tendenti a realizzare il mercato interno (v., in particolare, citate sentenze Francovich e a. nonch Dillenkofer e a.). Tuttavia, a differenza delle controversie allorigine delle due menzionate sentenze, ove solamente il diritto derivato aveva creato un contesto giuridico che conferiva diritti ai soggetti, la causa principale tratta di una situazione in cui una delle parti della causa principale, ossia la Danske Slagterier, afferma che lart. 28 CE le attribuirebbe gi i diritti che essa invoca. 22 A tal proposito occorre ricordare che pacifico che lart. 28 CE ha efficacia diretta, nel senso che conferisce ai soggetti diritti che gli stessi possono direttamente far valere davanti ai giudici nazionali e che la violazione di dette norme pu dar luogo a risarcimento (sentenza Brasserie du pcheur e Factortame, cit., punto 23). 23 La Danske Slagterier si avvale altres delle disposizioni delle direttive 64/433 e 89/662. Come risulta dal tenore del titolo e dal primo considerando della direttiva 89/662, questultima stata adottata nella prospettiva della realizzazione del mercato interno, proprio come la direttiva 91/497, che modifica la direttiva 64/433, cos come precisa il terzo considerando della stessa. La libera circolazione delle merci quindi uno degli obiettivi delle direttive in parola che, attraverso leliminazione delle disparit esistenti fra gli Stati membri in materia di prescrizioni sanitarie per le carni fresche, sono dirette a favorire gli scambi intracomunitari. Il diritto conferito dallart. 28 CE viene dunque precisato e concretizzato dalle direttive di cui IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 143 trattasi. 24 Relativamente al contenuto delle direttive 64/433 e 89/662, si deve rilevare che esse disciplinano, in particolare, i controlli sanitari e la certificazione delle carni fresche prodotte in uno Stato membro e consegnate in un altro. Come risulta, segnatamente, dallart. 7, n. 1, lett. b), della direttiva 89/662, gli Stati membri possono opporsi alle importazioni di carni fresche solamente quando la merce non soddisfa le condizioni previste dalle direttive comunitarie o in talune circostanze molto particolari, come in caso di epidemie. Il divieto per gli Stati membri dimpedire limportazione conferisce ai soggetti il diritto di commercializzare la carne fresca conforme alle prescrizioni comunitarie in un altro Stato membro. 25 Peraltro, dal combinato disposto delle direttive 64/433 e 89/662 emerge che le misure dirette ad individuare un intenso odore sessuale di suino maschio non castrato sono state oggetto di armonizzazione comunitaria (sentenza Commissione/Germania, cit., punto 29). Detta armonizzazione vieta pertanto agli Stati membri, nellambito tassativamente armonizzato, di giustificare lostacolo alla libera circolazione delle merci per ragioni diverse da quelle previste dalle direttive 64/433 e 89/662. 26 Di conseguenza, si devono risolvere le prime due questioni dichiarando che i soggetti lesi dalla trasposizione e dallapplicazione carenti delle direttive 64/433 e 89/662 possono avvalersi del diritto alla libera circolazione delle merci per chiamare in causa la responsabilit dello Stato per violazione del diritto comunitario. Sulla terza questione 27 Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto comunitario imponga che, quando la Commissione delle Comunit europee avvia un procedimento per inadempimento ex art. 226 CE, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento nei confronti dello Stato che si sia reso responsabile di una violazione del diritto comunitario, previsto dalla normativa nazionale, sia interrotto o sospeso durante tale procedimento, quando nello Stato interessato non esistono rimedi giuridici efficaci che consentano di esigere da questultimo la trasposizione di una direttiva. 28 Una cronologia dei fatti della causa principale consente di chiarire detta questione. Dalla decisione di rinvio risulta infatti che il procedimento per inadempimento nei confronti della Repubblica federale di Germania, allorigine della citata sentenza Commissione/Germania, stato avviato il 27 marzo 1996. I primi effetti dannosi sono stati subiti dai soggetti lesi a partire dal 1993, ma solamente nel dicembre 1999 che questi ultimi hanno proposto ricorso per far valere la responsabilit dello Stato. Se, come prospettato dal giudice del rinvio, si applicasse il termine di prescrizione di tre anni di cui allart. 852, n. 1, del BGB, il decorso di detto termine inizierebbe dalla met del 1996, data in cui, secondo tale giudice, i soggetti lesi hanno avuto conoscenza del danno e dellidentit della persona su cui gravava la responsabilit. Pertanto, nella causa principale, il diritto al risarcimento nei confronti dello Stato sarebbe prescritto. Alla luce di ci, rilevante per la soluzione della controversia accertare se il deposito di un ricorso per inadempimento da parte della Commissione abbia avuto effetti sul termine di prescrizione in parola. 29 Tuttavia, per poter fornire una risposta utile al giudice a quo occorre verificare, in via preliminare, la questione implicitamente sollevata da questultimo, ossia se il diritto comunitario osti allapplicazione per analogia del termine di prescrizione di tre anni di cui allart. 852, n. 1, del BGB nella causa principale. 30 Relativamente allapplicazione dellart. 852, n. 1, del BGB, la Danske Slagterier ha, infatti, lamentato una mancanza di chiarezza dellordinamento giuridico tedesco quanto alla 144 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 norma nazionale sulla prescrizione applicabile al diritto al risarcimento nei confronti dello Stato che si sia reso responsabile di una violazione del diritto comunitario, dato che detta questione non ancora stata oggetto di misure legislative n di decisioni delle corti supreme e che la dottrina parimenti divisa su tale argomento, essendo ipotizzabili vari fondamenti giuridici. Lapplicazione, per la prima volta e per analogia, del termine ex art. 852 del BGB ai ricorsi per far valere la responsabilit dello Stato per violazione del diritto comunitario costituirebbe una violazione dei principi di certezza e chiarezza del diritto, cos come dei principi di effettivit e di equivalenza. 31 In proposito si deve rilevare che, secondo costante giurisprudenza, in mancanza di una normativa comunitaria, spetta allordinamento giuridico nazionale di ogni Stato membro designare i giudici competenti e disciplinare le modalit procedurali dei ricorsi diretti a garantire la piena tutela dei diritti conferiti alle persone dal diritto comunitario. quindi nellambito del diritto nazionale in tema di responsabilit che allo Stato incombe porre rimedio alle conseguenze del danno provocato, fermo restando che le condizioni, segnatamente quanto ai termini, stabilite dalle legislazioni nazionali in materia di risarcimento dei danni non possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano azioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza) e non possono essere congegnate in modo da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento (principio di effettivit) (v., in particolare, sentenze Francovich e a., cit., punti 42 e 43, nonch 10 luglio 1997, causa C 261/95, Palmisani, Racc. pag. I 4025, punto 27). 32 Per quanto concerne questultimo principio, la Corte ha riconosciuto compatibile con il diritto comunitario la fissazione di termini di ricorso ragionevoli a pena di decadenza, nellinteresse della certezza del diritto, a tutela sia del contribuente sia dellamministrazione interessata (v. sentenza 17 novembre 1998, causa C 228/96, Aprile, Racc. pag. I 7141, punto 19 e giurisprudenza ivi citata). Infatti, termini del genere non sono tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile lesercizio dei diritti attribuiti dallordinamento giuridico comunitario. A tal proposito appare ragionevole un termine nazionale di decadenza triennale (v., in particolare, sentenze Aprile, cit., punto 19, nonch 11 luglio 2002, causa C 62/00, Marks & Spencer, Racc. pag. I 6325, punto 35). 33 Ci posto, dal punto 39 della menzionata sentenza Marks & Spencer risulta parimenti che un termine di prescrizione, per adempiere la sua funzione di garantire la certezza del diritto, devessere stabilito previamente. Orbene, una situazione caratterizzata da unincertezza normativa significativa pu costituire una violazione del principio di effettivit, poich il risarcimento dei danni causati alle persone da violazioni del diritto comunitario imputabili ad un Stato membro potrebbe essere reso eccessivamente gravoso nella pratica, se detti soggetti non potessero determinare il termine di prescrizione applicabile con un ragionevole grado di certezza. 34 Spetta al giudice nazionale, tenuto conto del complesso degli elementi che caratterizzano la situazione di fatto e di diritto allepoca dei fatti di cui alla causa principale, verificare, alla luce del principio deffettivit, se lapplicazione per analogia del termine ex art. 852, n. 1, del BGB alle domande di risarcimento dei danni provocati a seguito della violazione del diritto comunitario da parte dello Stato membro interessato fosse sufficientemente prevedibile dai soggetti. 35 Peraltro, relativamente alla compatibilit dellapplicazione per analogia del termine in parola con il principio di equivalenza, spetta parimenti al giudice nazionale accertare se, considerata siffatta applicazione, le condizioni per il risarcimento dei danni causati ai soggetti IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 145 dalla violazione del diritto comunitario da parte di detto Stato membro non siano state meno favorevoli rispetto a quelle applicabili al risarcimento di danni analoghi di natura interna. 36 Quanto allinterruzione o sospensione del termine di prescrizione in occasione della presentazione di un ricorso per inadempimento, dalle considerazioni che precedono risulta che spetta agli Stati membri disciplinare detto tipo di modalit procedurali, purch siano osservati i principi di equivalenza e di effettivit. 37 Al riguardo va rilevato che non si pu subordinare il risarcimento del danno al presupposto di una previa constatazione, da parte della Corte, di un inadempimento del diritto comunitario imputabile allo Stato (v. citate sentenze Brasserie du pcheur e Factortame, punti 94-96, e Dillenkofer e a., punto 28). 38 Infatti, la constatazione dellinadempimento certo un elemento significativo, ma non indispensabile per verificare che sia soddisfatta la condizione secondo cui la violazione del diritto comunitario devessere sufficientemente qualificata. Inoltre, i diritti conferiti ai soggetti non possono dipendere dalla valutazione della Commissione in ordine allopportunit di avviare un procedimento ex art. 226 CE nei confronti di uno Stato membro, n dalle eventuali sanzioni della Corte che dichiari linadempimento (v. sentenza Brasserie du pcheur e Factortame, cit., punti 93 e 95). 39 Un soggetto pu quindi presentare una domanda di risarcimento osservando le modalit previste a tal fine dal diritto nazionale senza dover attendere la pronuncia di una sentenza che dichiari la violazione del diritto comunitario da parte dello Stato membro. Di conseguenza, la circostanza che un ricorso per inadempimento non abbia leffetto di interrompere o sospendere il termine di prescrizione non rende impossibile o eccessivamente difficile, per il soggetto, esercitare i diritti conferitigli dal diritto comunitario. 40 La Danske Slagterier, peraltro, fa valere una violazione del principio di equivalenza, in quanto il diritto tedesco prevede linterruzione del termine di prescrizione qualora venga azionato in parallelo un rimedio giuridico nazionale conformemente allart. 839 del BGB; ebbene, un ricorso ex art. 226 CE devessere assimilato a siffatto genere di rimedio giuridico. 41 In proposito occorre rilevare che, al fine di una pronuncia sullequivalenza delle norme procedurali, si deve accertare in modo oggettivo ed astratto lanalogia delle norme di cui trattasi in considerazione della loro rilevanza nel procedimento complessivamente inteso, dello svolgimento del procedimento medesimo e delle specificit di tali norme (v., in tal senso, sentenza 16 maggio 2000, causa C 78/98, Preston e a., Racc. pag. I 3201, punto 63). 42 Nella valutazione dellanalogia delle norme in parola occorre tenere conto delle particolarit della procedura ex art. 226 CE. 43 A tale riguardo va ricordato che, nellesercizio delle competenze di cui investita in forza dellart. 226 CE, la Commissione non tenuta a dimostrare il proprio interesse ad agire (v. sentenze 4 aprile 1974, causa 167/73, Commissione/Francia, Racc. pag. 359, punto 15, e 10 aprile 2003, cause riunite C 20/01 e C 28/01, Commissione/Germania, Racc. pag. I 3609, punto 29). La Commissione, infatti, ha il compito di vigilare dufficio e nellinteresse generale sullapplicazione, da parte degli Stati membri, del diritto comunitario e di far dichiarare lesistenza di eventuali inadempimenti degli obblighi che ne derivano, allo scopo di farli cessare (v. citate sentenze Commissione/Francia, punto 15, e 10 aprile 2003, Commissione/Germania, punto 29). 44 Lart. 226 CE non dunque inteso a tutelare i diritti propri della detta istituzione. Spetta soltanto ad essa decidere se sia opportuno iniziare un procedimento per la dichiarazione di un inadempimento e, se del caso, per quale comportamento od omissione tale procedimento 146 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 debba essere intrapreso (sentenza 2 giugno 2005, causa C 394/02, Commissione/Grecia, Racc. pag. I 4713, punto 16 e giurisprudenza ivi citata). In proposito la Commissione dispone quindi di un potere discrezionale, che esclude il diritto dei soggetti di esigere dalla stessa istituzione di decidere in un senso determinato (v. sentenza 14 febbraio 1989, causa 247/87, Star Fruit/Commissione, Racc. pag. 291, punto 11). 45 Occorre, pertanto, constatare che il principio di equivalenza rispettato da una normativa nazionale che non prevede linterruzione o la sospensione del termine di prescrizione del diritto al risarcimento nei confronti dello Stato che si sia reso responsabile di una violazione del diritto comunitario quando la Commissione abbia avviato un procedimento ex art. 226 CE. 46 Alla luce di tutte le considerazioni precedenti si deve pertanto risolvere la terza questione dichiarando che il diritto comunitario non richiede che, quando la Commissione avvia un procedimento per inadempimento ex art. 226 CE, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento nei confronti dello Stato che si sia reso responsabile di una violazione del diritto comunitario, previsto dalla normativa nazionale, sia interrotto o sospeso durante tale procedimento. Sulla quarta questione 47 Con la quarta questione il giudice del rinvio chiede se il termine di prescrizione di unazione di risarcimento nei confronti dello Stato, basata sulla carente trasposizione di una direttiva, inizi a decorrere, a prescindere dal diritto nazionale applicabile, unicamente a partire dalla completa trasposizione di tale direttiva, o se il termine in parola cominci a decorrere, conformemente al diritto nazionale, dalla data in cui i primi effetti lesivi di detta scorretta trasposizione si siano verificati e ne siano prevedibili altri. Qualora la completa trasposizione incida sul decorso del termine di prescrizione di cui trattasi, il giudice a quo chiede se ci valga in generale o soltanto quando la direttiva attribuisca un diritto ai soggetti dellordinamento. 48 In proposito giova ricordare che, come menzionato ai punti 31 e 32 della presente sentenza, in mancanza di una normativa comunitaria, spetta agli Stati membri disciplinare le modalit procedurali dei ricorsi diretti a garantire la piena tutela dei diritti conferiti ai soggetti dal diritto comunitario, norme sulla prescrizione incluse, purch tali modalit rispettino i principi di equivalenza e di effettivit. Occorre inoltre ricordare che la fissazione di termini di ricorso ragionevoli, a pena di decadenza, rispetta siffatti principi e, in particolare, non si pu ritenere che renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile lesercizio dei diritti attribuiti dallordinamento giuridico comunitario. 49 Nemmeno la circostanza che il termine di prescrizione previsto dal diritto nazionale inizi a decorrere dal momento in cui si sono verificati i primi effetti lesivi, e che siano prevedibili ulteriori effetti analoghi, tale da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile lesercizio dei diritti attribuiti dallordinamento giuridico comunitario. 50 La sentenza 13 luglio 2006, cause riunite da C 295/04 a C 298/04, Manfredi e a. (Racc. pag. I 6619), cui fa riferimento la Danske Slagterier, non tale da inficiare detta conclusione. 51 Ai punti 78 e 79 della citata sentenza, la Corte ha considerato che non da escludersi che un termine di prescrizione breve per la proposizione di un ricorso per risarcimento danni, decorrente dal giorno in cui unintesa o una pratica concordata stata posta in essere, possa rendere praticamente impossibile lesercizio del diritto di chiedere il risarcimento del danno causato da tale intesa o pratica vietata. In caso di infrazioni continuate o ripetute, non quindi impossibile che il termine di prescrizione si estingua addirittura prima che sia cessata linfra- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 147 zione e, in tal caso, chiunque abbia subto danni dopo la scadenza del termine di prescrizione si troverebbe nellimpossibilit di presentare un ricorso. 52 Orbene, ci non si verifica nella fattispecie della causa principale. Dalla decisione di rinvio, infatti, risulta che il termine di prescrizione di cui trattasi nella presente controversia non pu cominciare a decorrere prima che il soggetto leso abbia avuto conoscenza del danno e dellidentit della persona tenuta al risarcimento. In siffatte circostanze quindi impossibile che un soggetto che ha subto un danno si trovi in una situazione nella quale il termine di prescrizione inizi a decorrere, e addirittura si estingua, senza che detto soggetto nemmeno sappia di essere stato leso, caso che invece si sarebbe potuto verificare nel contesto della controversia allorigine della citata sentenza Manfredi e a., ove il termine di prescrizione cominciava a decorrere dal momento in cui veniva posta in essere lintesa o la pratica concordata, e di cui taluni interessati potevano avere conoscenza unicamente in un momento decisamente successivo. 53 Quanto alla possibilit di stabilire il momento iniziale del termine di prescrizione prima della completa trasposizione della direttiva in parola, vero che, al punto 23 della sentenza 25 luglio 1991, causa C 208/90, Emmott (Racc. pag. I 4269), la Corte ha dichiarato che, al momento della trasposizione corretta della direttiva, lo Stato membro inadempiente non pu eccepire la tardivit di unazione giudiziaria avviata nei suoi confronti da un soggetto al fine di tutelare i diritti che ad esso riconoscono le disposizioni della direttiva, e che un termine di ricorso di diritto nazionale pu cominciare a decorrere solo da tale momento. 54 Tuttavia, come confermato dalla sentenza 6 dicembre 1994, causa C 410/92, Johnson (Racc. pag. I 5483, punto 26), dalla sentenza 27 ottobre 1993, causa C 338/91, Steenhorst- Neerings (Racc. pag. I 5475), deriva che la soluzione elaborata nella menzionata sentenza Emmott era giustificata dalle circostanze proprie di detta causa, dove la decadenza dai termini arrivava a privare totalmente la ricorrente nella causa principale della possibilit di far valere il suo diritto alla parit di trattamento in virt di una direttiva comunitaria (v., altres, sentenze 17 luglio 1997, causa C 90/94, Haahr Petroleum, Racc. pag. I 4085, punto 52, e cause riunite C 114/95 e C 115/95, Texaco e Olieselskabet Danmark, Racc. pag. I 4263, punto 48, nonch 15 settembre 1998, cause riunite da C 279/96 a C 281/96, Ansaldo Energia e a., Racc. pag. I 5025, punto 20). 55 Orbene, nella causa principale, n dal fascicolo n dai dibattimenti nel corso della fase orale risulta che lesistenza del termine controverso abbia condotto, come nella causa allorigine della citata sentenza Emmott, a privare totalmente i soggetti lesi della possibilit di far valere i loro diritti dinanzi ai giudici nazionali. 56 La quarta questione va pertanto risolta dichiarando che il diritto comunitario non osta a che il termine di prescrizione di unazione di risarcimento nei confronti dello Stato, basata sulla carente trasposizione di una direttiva, inizi a decorrere dalla data in cui i primi effetti lesivi di detta scorretta trasposizione si siano verificati e ne siano prevedibili altri, anche qualora tale data sia antecedente alla corretta trasposizione della direttiva in parola. 57 Alla luce della risposta data alla prima parte della quarta questione, non necessario risolvere la seconda parte della stessa. Sulla quinta questione 58 Con la quinta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto comunitario osti ad una disposizione come quella di cui allart. 839, n. 3, del BGB, la quale prevede che un soggetto non possa ottenere il risarcimento del danno di cui abbia omesso, dolosamente o colposamente, di evitare la realizzazione mediante le azioni in giudizio a sua disposizione. Il 148 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 giudice a quo precisa la sua questione, chiedendo se siffatta disciplina nazionale sia contraria al diritto comunitario nella misura in cui sia applicata a condizione che il ricorso a tale mezzo di tutela giuridica possa ritenersi ragionevolmente a disposizione dellinteressato. Il giudice del rinvio vorrebbe infine sapere se agire in giudizio possa considerarsi ragionevole qualora sia probabile che il giudice adito sollevi una questione pregiudiziale ex art. 234 CE, o qualora sia stato avviato un procedimento per inadempimento ex art. 226 CE. 59 Come ricordato nellambito delle soluzioni alle due questioni precedenti, in mancanza di una normativa comunitaria in materia, spetta agli Stati membri disciplinare le modalit procedurali delle azioni in giudizio dirette a garantire la tutela dei diritti conferiti ai soggetti dal diritto comunitario, purch tali modalit rispettino i principi di equivalenza e di effettivit. 60 Relativamente allimpiego delle vie giudiziarie disponibili, la Corte ha dichiarato, al punto 84 della citata sentenza Brasserie du pcheur e Factortame, per quanto riguarda la responsabilit di uno Stato membro per violazione del diritto comunitario, che il giudice nazionale poteva verificare se il soggetto leso avesse dato prova di una ragionevole diligenza per evitare il danno o limitarne lentit e, in particolare, se esso avesse tempestivamente esperito tutti i rimedi giuridici a sua disposizione. 61 Invero, in forza di un principio generale comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, la persona lesa, per evitare di doversi accollare il danno, deve dimostrare di avere agito con ragionevole diligenza per limitarne lentit (sentenze 19 maggio 1992, cause riunite C 104/89 e C 37/90, Mulder e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. I 3061, punto 33, e Brasserie du pcheur e Factortame, cit., punto 85). 62 Sarebbe tuttavia contrario al principio di effettivit imporre ai soggetti lesi di esperire sistematicamente tutti i mezzi di tutela giudiziaria a loro disposizione, tenendo conto che ci causerebbe difficolt eccessive o non si potrebbe ragionevolmente esigerlo da loro. 63 Nella sua sentenza 8 marzo 2001, cause riunite C 397/98 e C 410/98, Metallgesellschaft e a. (Racc. pag. I 1727, punto 106), la Corte ha infatti dichiarato che lesercizio dei diritti che le norme del diritto comunitario direttamente applicabili conferiscono ai privati sarebbe reso impossibile o eccessivamente difficoltoso se le loro domande di risarcimento, fondate sulla violazione del diritto comunitario, dovessero essere respinte o ridotte per il solo motivo che i privati non abbiano richiesto di beneficiare del diritto ad essi conferito dalle norme comunitarie, e negato loro dalla legge nazionale, impugnando il rifiuto dello Stato membro con i mezzi di ricorso previsti a tale scopo, richiamandosi al primato e allapplicabilit diretta delle disposizioni del diritto comunitario. In tal caso non sarebbe stato ragionevole esigere dai soggetti lesi che azionassero i mezzi di ricorso a loro disposizione, dal momento che dette persone avrebbero dovuto effettuare in ogni caso anticipatamente il pagamento controverso e che, anche qualora il giudice nazionale avesse dichiarato il carattere anticipato di tale pagamento incompatibile con il diritto comunitario, i soggetti di cui trattasi non avrebbero potuto ottenere gli interessi dovuti su detto importo e si sarebbero esposti ad uneventuale sanzione (v., in tal senso, sentenza Metallgesellschaft e a., cit., punto 104). 64 Di conseguenza si deve concludere che il diritto comunitario non osta allapplicazione di una disciplina nazionale quale quella ex art. 839, n. 3, del BGB, a condizione che si possa ragionevolmente esigere dal soggetto leso lutilizzo dellazione in giudizio in parola. Spetta al giudice del rinvio valutare, alla luce del complesso delle circostanze della causa principale, se tale caso si verifichi nella fattispecie. 65 Quanto alla possibilit che la via giudiziaria cos intrapresa sia lo spunto per la proposizione di una domanda di pronuncia pregiudiziale e allincidenza che ci possa avere sulla IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 149 ragionevolezza di detta via giudiziaria, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, il procedimento ex art. 234 CE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi dinterpretazione del diritto comunitario necessari per risolvere le controversie dinanzi ad essi pendenti (v. sentenze 16 luglio 1992, causa C 83/91, Meilicke, Racc. pag. I 4871, punto 22, e 5 febbraio 2004, causa C 380/01, Schneider, Racc. pag. I 1389, punto 20). I chiarimenti cos ottenuti dal giudice nazionale consentono quindi di agevolare ad esso lapplicazione del diritto comunitario, cosicch lutilizzo di tale strumento di cooperazione non contribuisce assolutamente a rendere eccessivamente difficile per il soggetto lesercizio dei diritti attribuitigli dal diritto comunitario. Non sarebbe pertanto ragionevole non utilizzare unazione in giudizio per il solo motivo che in seguito ad essa venga probabilmente proposta una domanda di pronuncia pregiudiziale. 66 Ne risulta che la forte probabilit che in seguito a unazione in giudizio venga proposta una domanda di pronuncia pregiudiziale non costituisce di per s un motivo per concludere che lutilizzo di detto mezzo non sia ragionevole. 67 Quanto alla ragionevolezza dellobbligo di utilizzare i mezzi di ricorso disponibili quando un ricorso per inadempimento sia pendente dinanzi alla Corte, basti constatare che il procedimento ex art. 226 CE assolutamente indipendente dai procedimenti nazionali e non li sostituisce. Come esposto relativamente alla soluzione della terza questione, un ricorso per inadempimento costituisce, infatti, un sindacato obiettivo di legittimit nellinteresse comune. Anche se il risultato di un ricorso del genere pu essere funzionale agli interessi del soggetto, resta ci nondimeno ragionevole che questultimo cerchi di evitare la realizzazione del danno azionando tutti i mezzi a sua disposizione, ossia utilizzando le vie giudiziarie disponibili. 68 Da ci deriva che lesistenza di un ricorso per inadempimento pendente dinanzi alla Corte o la probabilit che la Corte sia investita di una domanda di pronuncia pregiudiziale non possono costituire, di per s, un motivo sufficiente per concludere nel senso dellirragionevolezza del ricorso ad un mezzo di tutela per via giudiziaria. 69 Si deve pertanto risolvere la quinta questione dichiarando che il diritto comunitario non osta allapplicazione di una disciplina nazionale, la quale prevede che un soggetto non possa ottenere il risarcimento del danno di cui abbia omesso, dolosamente o colposamente, di evitare la realizzazione mediante le azioni in giudizio a sua disposizione, a condizione che si possa ragionevolmente esigere dal soggetto leso lutilizzo dellazione in parola, il che spetta al giudice del rinvio valutare, alla luce del complesso delle circostanze della causa principale. La probabilit che il giudice nazionale proponga una domanda di pronuncia pregiudiziale ex art. 234 CE o lesistenza di un ricorso per inadempimento pendente dinanzi alla Corte non possono costituire, di per s, un motivo sufficiente per concludere che non sia ragionevole far ricorso a unazione in giudizio. Sulle spese 70 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara: 1) I soggetti lesi dalla trasposizione e dallapplicazione carenti delle direttive del Consiglio 26 giugno 1964, 64/433/CEE, relativa alle condizioni sanitarie per la produzione e limmissione sul mercato di carni fresche, come modificata dalla direttiva del Consiglio 150 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 29 luglio 1991, 91/497/CEE, e del Consiglio 11 dicembre 1989, 89/662/CEE, relativa ai controlli veterinari applicabili negli scambi intracomunitari, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno, possono avvalersi del diritto alla libera circolazione delle merci per chiamare in causa la responsabilit dello Stato per violazione del diritto comunitario. 2) Il diritto comunitario non richiede che, quando la Commissione delle Comunit europee avvia un procedimento per inadempimento ex art. 226 CE, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento nei confronti dello Stato che si sia reso responsabile di una violazione del diritto comunitario, previsto dalla normativa nazionale, sia interrotto o sospeso durante tale procedimento. 3) Il diritto comunitario non osta a che il termine di prescrizione di unazione di risarcimento nei confronti dello Stato, basata sulla carente trasposizione di una direttiva, inizi a decorrere dalla data in cui i primi effetti lesivi di detta scorretta trasposizione si siano verificati e ne siano prevedibili altri, anche qualora tale data sia antecedente alla corretta trasposizione della direttiva in parola. 4) Il diritto comunitario non osta allapplicazione di una disciplina nazionale, la quale prevede che un soggetto non possa ottenere il risarcimento del danno di cui abbia omesso, dolosamente o colposamente, di evitare la realizzazione mediante le azioni in giudizio a sua disposizione, a condizione che si possa ragionevolmente esigere dal soggetto leso lutilizzo dellazione in parola, il che spetta al giudice del rinvio valutare, alla luce del complesso delle circostanze della causa principale. La probabilit che il giudice nazionale proponga una domanda di pronuncia pregiudiziale ex art. 234 CE o lesistenza di un ricorso per inadempimento pendente dinanzi alla Corte non possono costituire, di per s, un motivo sufficiente per concludere che non sia ragionevole far ricorso a unazione in giudizio. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 151 Un utile riassunto sul tema degli appalti in house (Corte di Giustizia delle Comunit europee, Terza Sezione, sentenza 10 settembre 2009 nella causa C-573/07) Il dibattito pubblicato in apertura della presente sezione della Rassegna ed, in ispecie, lintervento del prof. Giampaolo Rossi, mostrano un particolare legame tra la problematica degli aiuti di Stato, soprattutto in relazione alle imprese che gestiscono servizi pubblici locali, ed il tema dellin house providing e del partenariato pubblico/privato. Le aperture da ultimo fatte dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia ad un pi sereno rapporto con questi temi, non sembrano trovare tuttavia facile accoglienza nella legislazione nazionale e nella giurisprudenza del Consiglio di Stato. Questo orientamento in Italia potrebbe provocare quelleffetto di disaiuto di Stato che proprio il prof. Rossi mette in evidenza nel suo intervento: le imprese nazionali che gestiscono appalti in house e/o di partenariato restano penalizzate rispetto ad omologhe imprese che operano negli altri Stati membri (soprattutto in Francia e Spagna). Si pubblica di seguito la decisione depositata dalla Corte di Giustizia il 10 settembre ultimo scorso su una questione pregiudiziale proposta dal TAR della Lombardia su un affidamento senza gara del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti solidi urbani in comuni in certa misura consorziati. Limportanza della decisione, che risolve la questione pregiudiziale, ritenendo gli affidamenti non ostativi con le norme comunitarie, consiste nellaver raccolto in un unico documento, in relazione alle questioni poste dal giudice italiano, due anni di progressivo chiarimento/superamento delle tesi pi radicali adombrate nelle celebri decisioni Stadt Halle e Parking Brixen. Il quadro che ne risulta conferisce agli appalti in house e alle societ miste una dignit non residuale e notevoli spazi di intervento nel settore dei pubblici servizi, in relazione alle specifiche missioni che gli enti amministrativi intendono affidare a tali strutture. E una rivincita dei servizi pubblici nel nuovo contesto dellEuropa che riscopre lintervento pubblico nei settori in crisi. Quasi da contrappunto a questa importante evoluzione della giurisprudenza europea, il nuovo testo dellarticolo 23 bis del D.L. 25 giugno 2008 n.112, introdotto dallart. 15 del D.L. 25 settembre 2009 n. 135, Disposizioni urgenti per lattuazione di obblighi comunitari e per lesecuzione di sentenze della Corte di Giustizia delle Comunit europee, in G.U. n. 223 del 25 settembre 2009, sembra muoversi in direzione diversa dalla sentenza C-573/07, Sea s.r.l., e dagli orientamenti europei che emergono in tema di impresa pubblica. G.F. 152 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 Corte di Giustizia delle Comunit europee, Terza Sezione, sentenza 10 settembre 2009 nel procedimento C-573/07 - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale Amminsitrativo Regionale per la Lombardia (Italia) il 28 dicembre 2007 - Sea s.r.l./Comune di Ponte Nossa - (Avv. dello Stato G. Fiengo - AL 9414/08). Appalti pubblici Procedure di aggiudicazione Appalto relativo al servizio di raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti urbani Assegnazione senza gara dappalto Assegnazione ad una societ per azioni il cui capitale sociale interamente detenuto da enti pubblici, ma il cui statuto prevede la possibilit di una partecipazione di capitale privato (...Omissis) 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sullinterpretazione degli artt. 12 CE, 43 CE, 45 CE, 46 CE, 49 CE e 86 CE. 2 Tale domanda stata presentata nellambito di una controversia tra la Sea Srl (in prosieguo: la Sea) e il Comune di Ponte Nossa, in merito allassegnazione da parte di questultimo di un appalto relativo al servizio di raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti urbani alla Servizi Tecnologici Comuni Se.T.Co. SpA (in prosieguo: la Setco). Contesto normativo La normativa comunitaria 3 Lart. 1 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134, pag. 114), prevede quanto segue: () 2. a) Gli appalti pubblici sono contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o pi operatori economici e una o pi amministrazioni aggiudicatrici aventi per oggetto lesecuzione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi ai sensi della presente direttiva. () d) Gli appalti pubblici di servizi sono appalti pubblici diversi dagli appalti pubblici di lavori o di forniture aventi per oggetto la prestazione dei servizi di cui allallegato II. () 4. La concessione di servizi un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo. 4 Ai sensi dellart. 20 di tale direttiva: Gli appalti aventi per oggetto i servizi elencati nellallegato II A sono aggiudicati secondo gli articoli da 23 a 55. 5 Lart. 28 di detta direttiva dispone che gli appalti sono aggiudicati, salvo eccezioni, mediante procedura aperta o mediante procedura ristretta. 6 Secondo lart. 80 della direttiva 2004/18, gli Stati membri dovevano mettere in vigore entro il 31 gennaio 2006 le disposizioni necessarie per conformarsi a questultima. 7 Lallegato II A di tale direttiva comprende una categoria 16 che contempla lEliminazione di scarichi di fogna e di rifiuti; disinfestazione e servizi analoghi. La normativa nazionale e lambito statutario 8 Lart. 2341 bis del codice civile italiano cos dispone: I patti, in qualunque forma stipulati, che al fine di stabilizzare gli assetti proprietari o il go- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 153 verno della societ: a) hanno per oggetto lesercizio del diritto di voto nelle societ per azioni o nelle societ che le controllano; b) pongono limiti al trasferimento delle relative azioni o delle partecipazioni in societ che le controllano; c) hanno per oggetto o per effetto lesercizio anche congiunto di uninfluenza dominante su tali societ, non possono avere durata superiore a cinque anni e si intendono stipulati per questa durata anche se le parti hanno previsto un termine maggiore; i patti sono rinnovabili alla scadenza. Qualora il patto non preveda un termine di durata, ciascun contraente ha diritto di recedere con un preavviso di centottanta giorni. Le disposizioni di questo articolo non si applicano ai patti strumentali ad accordi di collaborazione nella produzione o nello scambio di beni o servizi e relativi a societ interamente possedute dai partecipanti allaccordo. 9 Lart. 2355 bis del codice civile prevede quanto segue: Nel caso di azioni nominative ed in quello di mancata emissione dei titoli azionari, lo statuto pu sottoporre a particolari condizioni il loro trasferimento e pu, per un periodo non superiore a cinque anni dalla costituzione della societ o dal momento in cui il divieto viene introdotto, vietarne il trasferimento. Le clausole dello statuto che subordinano il trasferimento delle azioni al mero gradimento di organi sociali o di altri soci sono inefficaci se non prevedono, a carico della societ o degli altri soci, un obbligo di acquisto oppure il diritto di recesso dellalienante; resta ferma lapplicazione dellarticolo 2357. Il corrispettivo dellacquisto o rispettivamente la quota di liquidazione sono determinati secondo le modalit e nella misura previste dallarticolo 2437 ter. La disposizione del precedente comma si applica in ogni ipotesi di clausole che sottopongono a particolari condizioni il trasferimento a causa di morte delle azioni, salvo che sia previsto il gradimento e questo sia concesso. Le limitazioni al trasferimento delle azioni devono risultare dal titolo. 10 Il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante testo unico delle leggi sullordinamento degli enti locali (Supplemento ordinario alla GURI n. 227 del 28 settembre 2000), come modificato dal decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dellandamento dei conti pubblici (Supplemento ordinario alla GURI n. 229 del 2 ottobre 2003), convertito in legge, a seguito di modifica, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 (Supplemento ordinario alla GURI n. 274 del 25 novembre 2003; in prosieguo: il decreto legislativo n. 267/2000), stabilisce allart. 113, quinto comma: Lerogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dellUnione europea, con conferimento della titolarit del servizio: a) a societ di capitali individuate attraverso lespletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica; b) a societ a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso lespletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorit competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche; c) a societ a capitale interamente pubblico a condizione che lente o gli enti pubblici 154 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 titolari del capitale sociale esercitino sulla societ un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la societ realizzi la parte pi importante della propria attivit con lente o gli enti pubblici che la controllano. 11 Lart. 1, terzo comma, dello statuto della Setco, cos formulato: Stante la natura della societ, possono essere soci enti pubblici locali cos come individuati dallarticolo 2, comma 1, d.lgs. n. 267/2000, nonch altre pubbliche amministrazioni e imprese pubbliche dotate di personalit giuridica la cui attivit e la cui esperienza possano offrire opportunit favorevoli al pieno raggiungimento degli scopi sociali. 12 Secondo lart. 1, quarto comma, di detto statuto: Non ammessa la partecipazione di privati o di enti diversi ed in ogni caso di soggetti la cui partecipazione, qualitativamente e/o quantitativamente anche minoritaria, possa determinare una alterazione dei meccanismi di controllo analogo (come definiti dalle successive disposizioni e dalla disciplina comunitaria e nazionale) ovvero una incompatibilit gestionale rispetto alla vigente normativa. 13 Lart. 3 dello statuto della Setco precisa quanto segue: 1. La Societ ha per oggetto la gestione dei servizi pubblici locali e dei servizi pubblici locali sovracomunali riguardanti esclusivamente gli enti pubblici locali affidanti i relativi servizi ai sensi degli articoli 113 e seguenti del d.lgs. n. 267/2000 () anche tramite convenzione tra Enti Locali. () 3. I servizi e le attivit sopra indicate: potranno essere svolti anche a favore di soggetti privati quando ci non contrasti con gli obiettivi sociali ovvero sia funzionale al miglior conseguimento degli stessi; (). 14 Lart. 6, quarto comma, di tale statuto cos stabilisce: La societ, per eventualmente favorire lazionariato diffuso a livello locale (dei cittadini e/o degli operatori economici) o [lazionariato] dei dipendenti, potr emettere anche azioni privilegiate (). 15 Lart. 8 bis di detto statuto enuncia quanto segue: 1. Laffidamento diretto di servizi pubblici locali alla societ potr essere disposto, nel rispetto della vigente normativa nazionale e comunitaria, da parte di soci rappresentanti enti locali (soci affidanti) relativamente a tutti o alcuni dei settori specificati nellart. 3 corrispondenti alle seguenti Divisioni: Divisione n. l: Rifiuti; Divisione n. 2: Acqua; Divisione n. 3: Gas; Divisione n. 4: Turismo; Divisione n. 5: Energia; Divisione n. 6: Servizi di utilit generale. 2. La societ gestisce i servizi in via esclusiva a favore dei soci affidanti ed in ogni caso nellambito dei territori di competenza di dette Amministrazioni. 3. I soci esercitano, congiuntamente e/o disgiuntamente, i pi ampi poteri di direzione, coordinamento e supervisione sugli organi ed organismi societari ed in particolare: possono convocare gli organi societari per chiarimenti sulle modalit di svolgimento dei servizi pubblici locali; richiedono periodicamente e comunque almeno due volte lanno relazioni sulla gestione dei servizi e sullandamento economico finanziario; esercitano forme di controllo di gestione con le modalit stabilite dai regolamenti interni delle Amministrazioni affidanti; esprimono il proprio preventivo consenso, da intendersi quale condizione di legittimit, per ogni modifica statutaria inerente la gestione dei servizi pubblici locali. 4. Le divisioni determinano lapplicazione di meccanismi di controllo analogo, congiunto IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 155 e differenziato secondo le modalit previste dal presente atto e dai relativi contratti di servizio. 5. I soci affidanti esercitano i poteri relativamente alle divisioni per le quali hanno deliberato laffidamento diretto dei servizi. Ai fini della efficace gestione dei citati servizi gli organi e dipendenti della societ rispondono dellattivit svolta anche agli organismi individuati dal presente atto. 6. Il controllo da parte dei soci affidanti, oltre che mediante le prerogative di azionista della societ cos come definite dal diritto societario, viene svolto attraverso: un Comitato unitario di indirizzo e controllo politico-amministrativo (di seguito Comitato unitario); un Comitato tecnico di controllo per ogni divisione (di seguito Comitato tecnico). 7. I soci non affidanti possono partecipare, senza diritto di voto, alle riunioni del Comitato unitario () e del Comitato tecnico () per ogni divisione. La maggioranza assoluta dei membri dei citati Comitati pu disporre lesclusione dalla partecipazione a singole riunioni ovvero a fasi di una riunione dei soci non affidanti dandone motivata giustificazione in sede di verbale di ogni riunione. 16 Lart. 8 ter dello statuto della Setco cos formulato: 1. Il Comitato unitario (...) formato: da un rappresentante per ogni socio affidante individuato fra il legale rappresentante dellEnte, lAssessore delegato o un Consigliere delegato pro-tempore in carica; da un funzionario, con compiti di supporto e verbalizzazione e senza diritto di voto, nominato congiuntamente dai soci affidanti nel corso della prima riunione ed individuato fra i segretari, direttori generali ovvero i dirigenti (o responsabili dei servizi negli enti privi di personale con qualifica dirigenziale) in servizio presso almeno uno degli enti affidanti. 2. Il Comitato unitario esercita funzioni consultive, di indirizzo e decisionali ai fini dellesercizio del controllo analogo ed in particolare: a) esercita nei confronti degli organi e degli organismi della societ le competenze e le prerogative riconosciute al Consiglio, alla Giunta ed al Sindaco/Presidente relativamente al controllo sui propri uffici e servizi. Il controllo si esplica su tutti gli aspetti di organizzazione e funzionamento dei servizi oggetto di affidamento; b) detta gli indirizzi ai Comitati di divisione ai fini della gestione coordinata ed unitaria dei servizi nonch nelle materie e per gli aspetti coinvolgenti pi divisioni; c) designa i rappresentanti degli Enti locali in seno al Consiglio di Amministrazione della societ; d) designa il Presidente del Consiglio di Amministrazione e del collegio sindacale e ne dispone la revoca nei casi indicati dal presente statuto; e) detta gli indirizzi per la nomina degli amministratori delegati e del Direttore generale della societ; f) adotta la proposta del piano programma, del bilancio economico di previsione pluriennale, del bilancio economico di previsione annuale nonch del rendiconto consuntivo annuale; g) effettua audizioni degli organi di vertice della societ sentendo, almeno una volta lanno, il Presidente e/o il Direttore Generale; h) riceve periodiche relazioni sullo svolgimento dei servizi pubblici locali da parte degli organi di vertice della societ con cadenza almeno semestrale; i) pu delegare alcune delle proprie funzioni ad uno o pi Comitati tecnici anche in modo differenziato in relazione alla specificit delle relative competenze; l) esprime il preventivo parere sugli atti degli amministratori oggetto di approvazione assembleare nei casi previsti dal presente statuto. 3. Il Comitato unitario si riunisce in via ordinaria almeno una volta lanno e in via straordinaria su richiesta: a) di uno dei soci affidanti; b) del legale rappresentante della societ. 17 Ai sensi dellart. 8 quater di detto statuto: 1. istituito un Comitato tecnico () per ciascuna delle seguenti divisioni: Divisione n. 156 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 1: Rifiuti; Divisione n. 2: Acqua; Divisione n. 3: Gas; Divisione n. 4: Turismo; Divisione n. 5: Energia; Divisione n. 6: Servizi di utilit generale. 2. Il Comitato tecnico () formato: da un rappresentante di ogni socio affidante individuato fra i segretari, direttori generali ovvero i dirigenti (o responsabili dei servizi negli enti privi di personale con qualifica dirigenziale), in servizio presso almeno uno degli enti affidanti. () 3. Uno stesso soggetto pu far parte di Comitati tecnici di pi divisioni. 4. Il Comitato tecnico, in particolare: a) esercita nei confronti degli organi e degli organismi della societ le competenze e le prerogative riconosciute agli organi tecnici dellAmministrazione sui propri uffici. Il controllo si esplica su tutti gli aspetti di organizzazione e funzionamento dei servizi oggetto di affidamento limitatamente alle materie di competenza della divisione e nel rispetto delle direttive del Comitato unitario; b) supporta il Comitato unitario nelle decisioni inerenti lorganizzazione ed il funzionamento dei servizi di competenza della divisione; c) esercita le funzioni delegate dal Comitato unitario; d) coordina i sistemi di controllo di gestione della societ; e) propone al Comitato unitario o agli organi della societ ladozione degli atti necessari al coordinamento dellazione societaria con gli obiettivi delle Amministrazioni affidanti come risultano dal Piano Esecutivo di Gestione e dal Piano degli Obiettivi; f) fornisce un supporto tecnico-amministrativo allattivit della societ con le modalit stabilite dai regolamenti delle Amministrazioni affidanti e/o dalla convenzione di disciplina dei rapporti fra queste; g) segnala eventuali disfuzioni nella gestione dei servizi e propone i correttivi da apportare alla regolamentazione comunale ed agli atti di regolamentazione dei servizi pubblici locali. 18 Lart. 14 dello stesso statuto precisa quanto segue: 1. LAssemblea ordinaria, salve le prerogative degli organismi di controllo analogo, congiunto e differenziato di cui ai precedenti articoli 8 bis, 8 ter e 8 quater, delibera sulle materie previste dalla legge e dal presente statuto tenuto conto delle direttive, degli indirizzi e delle eventuali prescrizioni impartite dai citati organismi relativamente alla organizzazione e gestione dei servizi pubblici locali affidati direttamente alla societ. () 3. Sono sottoposti alla preventiva autorizzazione dellAssemblea ordinaria, su conforme parere favorevole del Comitato unitario di cui al precedente art. 8 ter relativamente alle parti inerenti lorganizzazione ed il funzionamento dei servizi pubblici locali, i seguenti atti degli amministratori: a) piano programmatico, bilanci economici di previsione pluriennale ed annuale, nonch il bilancio infrannuale di assestamento del bilancio di previsione; b) costituzione di societ di capitale aventi scopi strumentali o complementari a quello della societ; acquisto di partecipazioni anche minoritarie in dette societ, nonch loro dismissione; c) attivazione di nuovi servizi previsti dallo Statuto o dismissione di quelli gi esercitati; d) acquisti ed alienazioni di immobili e di impianti, mutui ed altre operazioni similari, di qualsiasi tipo e natura, che comportino un impegno finanziario di valore superiore al 20% del patrimonio netto risultante dallultimo bilancio approvato; e) linee guida per la formulazione delle tariffe e dei prezzi dei servizi IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 157 erogati, qualora non soggetti a vincoli di legge o fissati da organi o autorit ad essi preposti. () 5. LAssemblea ed il Comitato unitario possono fornire il proprio assenso al compimento degli atti di cui ai precedenti punti anche condizionando lo stesso a determinate prescrizioni, vincoli o adempimenti a carico degli amministratori. In tal caso gli amministratori relazionano in merito al rispetto delle prescrizioni entro il termine stabilito nellatto di autorizzazione o, in assenza, entro 30 giorni dal compimento dellatto stesso. 6. Gli enti locali soci, che rappresentino almeno un ventesimo del capitale sociale, e ciascun socio affidante per il tramite del Comitato unitario, ove ritengano che la societ non abbia eseguito o non stia eseguendo latto in conformit allautorizzazione concessa, possono richiedere, ai sensi dellart. 2367, comma 1, [del codice civile], limmediata convocazione dellAssemblea affinch adotti i provvedimenti che riterr pi opportuni nellinteresse della societ. 7. Lesecuzione degli atti soggetti a preventiva autorizzazione senza che sia stato richiesto ed ottenuto il preventivo assenso assembleare ovvero il conforme parere del Comitato unitario nei casi previsti dallo statuto ovvero la mancata esecuzione dellatto in conformit allautorizzazione concessa potr configurare giusta causa per la revoca degli amministratori. 8. Il consiglio di amministrazione che non intenda eseguire latto autorizzato dallAssemblea, adotta, entro il termine di quindici giorni decorrenti dal giorno in cui stata assunta la deliberazione assembleare, apposita motivata deliberazione, che deve essere immediatamente trasmessa agli Enti locali soci e, per le materie relative alla gestione dei servizi pubblici locali, al Comitato unitario. Il Comitato unitario, relativamente alle decisioni inerenti la organizzazione e/o la gestione dei servizi pubblici locali, entro 30 giorni dalla ricezione della comunicazione del consiglio di amministrazione pu adottare una decisione di conferma del proprio parere e/o delle proprie prescrizioni. Latto adottato sar vincolante per lorgano di amministrazione. (). 19 Lart. 16 di detto statuto enuncia quanto segue: 1. La societ amministrata da un Consiglio di Amministrazione, con poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione, fatti salvi quelli, che per legge o per statuto: a) sono riservati allAssemblea, b) sono soggetti a preventiva autorizzazione assembleare, c) sono riservati agli organismi di controllo analogo di cui agli articoli 8 bis e seguenti dello statuto. 2. Il Consiglio di Amministrazione formato da n. 3 (tre) a 7 (sette) membri, nominati dallAssemblea su designazione del Comitato unitario di cui allart. 8 ter. In ogni caso ai soci affidanti spetta la nomina diretta, la revoca e la sostituzione di un numero di amministratori (ivi compreso il Presidente del consiglio di amministrazione) proporzionale allentit della propria partecipazione e comunque superiore alla met degli stessi. (...) 6. Il Consiglio di Amministrazione adotta le decisioni inerenti lorganizzazione e/o la gestione dei servizi pubblici locali oggetto di affidamento diretto nel rispetto degli indirizzi adottati dagli organismi di controllo di cui agli articoli 8 bis e seguenti del presente atto. (). 158 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 Causa principale e questione pregiudiziale 20 La Sea, aggiudicataria a seguito di pubblica gara dellappalto del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani ed assimilati nel territorio del Comune di Ponte Nossa, ha fornito detto servizio per un periodo di tre anni, dal 1 gennaio 2004 al 31 dicembre 2006. 21 La Setco una societ per azioni partecipata da alcuni comuni della Val Seriana, il cui azionista di maggioranza il Comune di Clusone. 22 Con decisione 16 dicembre 2006, il Comune di Ponte Nossa ha deciso di diventare socio minoritario della Setco in vista dellaffidamento diretto a questultima del servizio di cui trattasi a decorrere dal 1 gennaio 2007. 23 Il 23 dicembre 2006 i comuni azionisti della Setco, tra cui il Comune di Ponte Nossa, hanno conformato lo statuto di tale societ per sottoporla ad un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, conformemente allart. 113, quinto comma, lett. c), del decreto legislativo n. 267/2000. 24 Con decisione 30 dicembre 2006, il Comune di Ponte Nossa ha assegnato direttamente alla Setco, dal 1 gennaio 2007, il servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani ed assimilati nel suo territorio, senza previa gara pubblica. 25 Il 2 gennaio 2007 la Sea ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia avverso le decisioni 16 e 30 dicembre 2006 del Comune di Ponte Nossa. 26 La Sea, in particolare, ha fatto valere che il Comune di Ponte Nossa, assegnando direttamente alla Setco il servizio di cui trattasi, ha violato lart. 113, quinto comma, del decreto legislativo n. 267/2000, nonch gli artt. 43 CE, 49 CE e 86 CE, in quanto esso non esercita sulla Setco un controllo analogo a quello che effettua sui propri servizi, cos come richiesto per lassegnazione diretta di un servizio ad unimpresa partecipata dallamministrazione aggiudicatrice. 27 Il giudice del rinvio ritiene che taluni elementi potrebbero suscitare dubbi riguardo allesercizio sulla Setco da parte del Comune di Ponte Nossa di un controllo analogo a quello effettuato sui propri servizi. 28 Da un lato, la partecipazione di privati al capitale della Setco, sebbene attualmente inesistente, sarebbe potenzialmente possibile. A tale riguardo, il giudice del rinvio precisa che tale partecipazione, nonostante lespressa esclusione di soci privati dal capitale della Setco prevista allart. 1, quarto comma, del suo statuto, sembrerebbe possibile in base allart. 6, quarto comma, dello stesso statuto nonch in forza dellart. 2355 bis del codice civile italiano. 29 Dallaltro, riguardo ai poteri di controllo effettivamente attribuiti al Comune di Ponte Nossa nei confronti della Setco, il giudice a quo si chiede se possa esistere un controllo analogo a quello che esso esercita sui propri servizi dal momento che possiede solo una partecipazione minoritaria in detta societ. 30 Ci considerato, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: Se sia compatibile con il diritto comunitario ed in particolare con la libert di stabilimento ovvero di prestazione di servizi, con il divieto di discriminazione e con gli obblighi di parit di trattamento, di trasparenza e di libera concorrenza di cui agli artt. 12 CE, 43 CE, 45 CE, 46 CE, 49 CE e 86 CE, laffidamento diretto di un servizio di raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti solidi urbani ed assimilati ad una societ per azioni a capitale interamente pubblico e statuto conformato ai fini dellart. 113 del decreto legislativo n. 267/2000 cos come esposto in motivazione. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 159 Sulla questione pregiudiziale 31 In via preliminare si deve rilevare che laffidamento di un servizio di raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti urbani, come quello di cui trattasi nella causa principale, pu rientrare, secondo le specificit della contropartita di tale servizio, nella definizione di appalto pubblico di servizi o in quella di concessione di servizi pubblici ai sensi, rispettivamente, dellart. 1, n. 2, lett. d), o n. 4, della direttiva 2004/18. 32 In base agli elementi contenuti nella decisione di rinvio e nel fascicolo trasmesso alla Corte dal giudice del rinvio, il contratto in esame nella causa principale potrebbe costituire un appalto pubblico di servizi, in particolare per il fatto che il contratto intervenuto tra la Setco e il Comune di Ponte Nossa per la prestazione dei servizi in oggetto prevede che questultimo versi alla Setco il corrispettivo per i servizi da essa forniti. 33 Un appalto siffatto potrebbe rientrare nella direttiva 2004/18, in quanto appalto di servizi di eliminazione di rifiuti appartenenti alla categoria 16 dellallegato II A di tale direttiva. 34 La decisione di rinvio, tuttavia, non contiene le informazioni necessarie per determinare se si tratti di una concessione di servizi o di un appalto pubblico di servizi e, in questultimo caso, se siano soddisfatte tutte le condizioni di applicazione di detta direttiva. In particolare, essa non precisa se limporto dellappalto di cui trattasi nella causa principale superi la soglia di applicazione di questultima. 35 In ogni caso, la questione se la causa principale tratti di una concessione di servizi o di un appalto pubblico di servizi nonch la questione se, in questultimo caso, un siffatto appalto di servizi rientri o meno nellambito di applicazione della direttiva 2004/18 non influiscono sulla risposta che la Corte deve dare alla questione pregiudiziale sottoposta. 36 Infatti, secondo la giurisprudenza della Corte, una gara non obbligatoria in caso di contratto a titolo oneroso concluso con un ente giuridicamente distinto dallautorit locale che costituisce lamministrazione aggiudicatrice, qualora tale autorit eserciti su detto ente un controllo, analogo a quello che essa esercita sui propri servizi e, nel contempo, tale ente realizzi la parte pi importante della propria attivit con lente o con gli enti locali che lo controllano (v., in tal senso, sentenza 18 novembre 1999, causa C 107/98, Teckal, Racc. pag. I 8121, punto 50). 37 Orbene, detta giurisprudenza rileva sia per linterpretazione della direttiva 2004/18 sia per quella degli artt. 12 CE, 43 CE e 49 CE nonch dei principi generali di cui essi costituiscono la specifica espressione (v., in tal senso, sentenze 11 gennaio 2005, causa C 26/03, Stadt Halle e RPL Lochau, Racc. pag. I 1, punto 49, nonch 13 ottobre 2005, causa C 458/03, Parking Brixen, Racc. pag. I 8585, punto 62). 38 Occorre ricordare che, nonostante il fatto che taluni contratti non rientrino nellambito di applicazione delle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, le amministrazioni aggiudicatrici che li stipulano sono tenute a rispettare i principi fondamentali del Trattato CE (v., in tal senso, sentenza 7 dicembre 2000, causa C 324/98, Telaustria e Telefonadress, Racc. pag. I 10745, punto 60, nonch ordinanza 3 dicembre 2001, causa C 59/00, Vestergaard, Racc. pag. I 9505, punto 20). 39 Per quanto concerne laggiudicazione di appalti pubblici di servizi, le amministrazioni aggiudicatrici devono rispettare, in particolare, gli artt. 43 CE e 49 CE nonch i principi di parit di trattamento e di non discriminazione in base alla cittadinanza cos come lobbligo di trasparenza che ne discende (v., in tal senso, sentenze Parking Brixen, cit., punti 47-49, e 6 aprile 2006, causa C 410/04, ANAV, Racc. pag. I 3303, punti 19-21). 40 Lapplicazione delle regole enunciate agli artt. 12 CE, 43 CE e 49 CE, nonch dei prin- 160 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 cipi generali di cui esse costituiscono la specifica espressione, tuttavia esclusa qualora, al contempo, lente locale che costituisce lamministrazione aggiudicatrice eserciti sullente aggiudicatario un controllo analogo a quello che esso esercita sui propri servizi e detto ente realizzi la parte pi importante della sua attivit con lautorit o le autorit che lo controllano (v., in tal senso, sentenze Teckal, cit., punto 50; Parking Brixen, cit., punto 62, nonch 9 giugno 2009, causa C 480/06, Commissione/Germania, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 34). 41 La circostanza che lente aggiudicatario si costituisca sotto forma di societ di capitali non esclude in alcun modo lapplicazione delleccezione ammessa dalla giurisprudenza richiamata al punto precedente. Nella citata sentenza ANAV, la Corte ha riconosciuto lapplicabilit di tale giurisprudenza nel caso di una societ per azioni. 42 Il giudice del rinvio rileva che, nonostante il fatto che lart. 1, terzo e quarto comma, dello statuto della Setco riservi ad enti pubblici laccesso al capitale di questultima, lart. 6, quarto comma, di tale statuto prevede che la Setco possa emettere azioni privilegiate per favorire eventualmente lazionariato, a livello locale, dei cittadini e degli operatori economici o lazionariato dei dipendenti. 43 Nel corso delludienza, il Comune di Ponte Nossa ha fatto valere che detto art. 6, quarto comma, avrebbe dovuto essere abrogato in sede di modifica dello statuto della Setco avvenuta il 23 dicembre 2006, ma vi rimasto per errore. Sempre secondo il Comune di Ponte Nossa, tale art. 6, quarto comma, stato abrogato successivamente. Spetta al giudice nazionale verificare la realt di questi elementi, i quali potrebbero portare ad escludere la possibilit che il capitale della Setco sia aperto ad investitori privati. 44 La decisione di rinvio solleva la questione se unamministrazione aggiudicatrice possa esercitare su una societ di cui azionista, con la quale intende concludere un contratto, un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi nel caso in cui esista la possibilit, sebbene non concretizzata, che investitori privati entrino nel capitale della societ di cui trattasi. 45 Per risolvere tale questione va ricordato che la circostanza che lamministrazione aggiudicatrice detenga, da sola o insieme ad altri enti pubblici, lintero capitale di una societ concessionaria potrebbe indicare, pur non essendo decisiva, che tale amministrazione aggiudicatrice esercita su detta societ un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi (v., in tal senso, sentenze 11 maggio 2006, causa C 340/04, Carbotermo e Consorzio Alisei, Racc. pag. I 4137, punto 37, nonch 13 novembre 2008, causa C 324/07, Coditel Brabant, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 31). 46 Per contro, la partecipazione, anche minoritaria, di unimpresa privata al capitale di una societ alla quale partecipi anche lamministrazione aggiudicatrice in questione esclude in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare su detta societ un controllo analogo a quello che essa esercita sui propri servizi (v., in tal senso, citate sentenze Stadt Halle e RPL Lochau, punto 49, nonch Coditel Brabant, punto 30). 47 Di regola, lesistenza effettiva di una partecipazione privata al capitale della societ aggiudicataria deve essere verificata nel momento dellaffidamento dellappalto pubblico di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza Stadt Halle e RPL Lochau, cit., punti 15 e 52). Pu anche assumere rilevanza tenere conto della circostanza che, nel momento in cui unamministrazione aggiudicatrice affida un appalto ad una societ di cui detiene lintero capitale, la legislazione nazionale applicabile prevede lapertura obbligatoria della societ, a breve termine, ad altri capitali (v., in tal senso, citata sentenza Parking Brixen, punti 67 e 72). 48 In via eccezionale, circostanze particolari possono richiedere che siano presi in consi- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 161 derazione avvenimenti intervenuti successivamente alla data di aggiudicazione dellappalto in esame. quanto avviene, in particolare, nel caso in cui le quote della societ aggiudicataria, precedentemente detenute interamente dallamministrazione aggiudicatrice, vengano cedute ad unimpresa privata appena dopo laggiudicazione a tale societ dellappalto di cui trattasi nellambito di una costruzione artificiale diretta ad eludere le norme comunitarie in materia (v., in tal senso, sentenza 10 novembre 2005, causa C 29/04, Commissione/Austria, Racc. pag. I 9705, punti 38-41). 49 Certamente, non pu escludersi che le quote di una societ vengano vendute a terzi in qualunque momento. Tuttavia, il fatto di ammettere che questa mera possibilit possa sospendere indefinitamente la valutazione sul carattere pubblico o meno del capitale di una societ aggiudicataria di un appalto pubblico non sarebbe conforme al principio di certezza del diritto. 50 Se il capitale di una societ interamente detenuto dallamministrazione aggiudicatrice, da sola o con altre autorit pubbliche, al momento in cui lappalto in oggetto assegnato a tale societ, lapertura del capitale di questultima ad investitori privati pu essere presa in considerazione solo se in quel momento esiste una prospettiva concreta e a breve termine di una siffatta apertura. 51 Ne risulta che in una situazione come quella di cui trattasi nella causa principale, in cui il capitale della societ aggiudicataria interamente pubblico e in cui non vi alcun indizio concreto di una futura apertura del capitale di tale societ ad investitori privati, la mera possibilit per i privati di partecipare al capitale di detta societ non sufficiente per concludere che la condizione relativa al controllo dellautorit pubblica non soddisfatta. 52 Tale conclusione non inficiata dalle considerazioni contenute nel punto 26 della sentenza 21 luglio 2005, causa C 231/03, Coname (Racc. pag. I 7287), in base alle quali il fatto che una societ come quella in esame nella causa allorigine della citata sentenza sia aperta ai capitali privati impedisce di considerarla come una struttura di gestione interna di un servizio pubblico nellambito dei comuni che ne fanno parte. Infatti, in questa causa, il servizio pubblico era stato attribuito ad una societ a prevalente capitale pubblico, e dunque misto, al momento di tale assegnazione (v. citata sentenza Coname, punti 5 e 28). 53 Va tuttavia precisato che, nellipotesi in cui un appalto fosse stato attribuito senza indizione di una gara ad una societ a capitale pubblico alle condizioni stabilite nel punto 51 della presente sentenza, il fatto che, successivamente, ma sempre durante il periodo di validit di tale appalto, gli azionisti privati siano ammessi a partecipare al capitale di detta societ costituirebbe un cambiamento di una condizione fondamentale dellappalto che necessiterebbe di unindizione di gara. 54 Bisogna capire poi se, nel caso in cui unautorit pubblica diventi socia di minoranza di una societ per azioni a capitale interamente pubblico al fine di attribuire a questultima la gestione di un servizio pubblico, il controllo che le autorit pubbliche socie di detta societ esercitano su questultima, per essere qualificato come analogo al controllo che esse esercitano sui propri servizi, debba essere esercitato individualmente da ognuna di queste autorit o possa essere esercitato congiuntamente dalle stesse. 55 La giurisprudenza non impone che il controllo esercitato in un siffatto caso sulla societ aggiudicataria sia individuale (v., in tal senso, citata sentenza Coditel Brabant, punto 46). 56 Infatti, allorch varie autorit pubbliche scelgono di svolgere alcune delle loro missioni di servizio pubblico facendo ricorso ad una societ che esse detengono in comune, di norma escluso che una di tali autorit che possiede soltanto una partecipazione minoritaria in tale 162 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 societ eserciti da sola un controllo determinante sulle decisioni di questultima. Richiedere che il controllo esercitato da unautorit pubblica in un caso del genere sia individuale avrebbe la conseguenza dimporre una gara di appalto nella maggior parte dei casi in cui unautorit siffatta intendesse associarsi ad una societ detenuta da altre autorit pubbliche al fine di attribuirle la gestione di un servizio pubblico (v., in tal senso, citata sentenza Coditel Brabant, punto 47). 57 Un risultato simile non sarebbe conforme al sistema delle norme comunitarie in materia di appalti pubblici e di concessioni. Si riconosce, infatti, che unautorit pubblica ha la possibilit di adempiere ai compiti di interesse pubblico ad essa incombenti mediante propri strumenti, amministrativi, tecnici e di altro tipo, senza essere obbligata a far ricorso ad entit esterne non appartenenti ai propri servizi (citate sentenze Stadt Halle e RPL Lochau, punto 48; Coditel Brabant, punto 48, e Commissione/Germania, punto 45). 58 Detta possibilit per le autorit pubbliche di ricorrere ai propri strumenti per adempiere alle loro missioni di servizio pubblico pu essere utilizzata in collaborazione con altre autorit pubbliche (v., in tal senso, sentenze 19 aprile 2007, causa C 295/05, Asemfo, Racc. pag. I 2999, punto 57, e Coditel Brabant, cit., punto 49). 59 Occorre quindi riconoscere che, nel caso in cui varie autorit pubbliche detengano una societ cui affidano ladempimento di una delle loro missioni di servizio pubblico, il controllo che dette autorit pubbliche esercitano sullente in parola pu venire da loro esercitato congiuntamente (v., in tal senso, citata sentenza Coditel Brabant, punto 50). 60 Nel caso di un organo collegiale, la procedura utilizzata per adottare la decisione, segnatamente il ricorso alla maggioranza, non incide (v. citata sentenza Coditel Brabant, punto 51). 61 Neanche tale conclusione inficiata dalla citata sentenza Coname. Di sicuro la Corte, al punto 24 di questultima, ha considerato che una partecipazione dello 0,97% talmente esigua da non consentire ad un comune di esercitare un controllo sul concessionario che gestisce un servizio pubblico. Tuttavia, in questo stralcio di detta sentenza, la Corte non affrontava la questione se un siffatto controllo potesse essere esercitato in maniera congiunta (v. citata sentenza Coditel Brabant, punto 52). 62 Del resto, la Corte ha dichiarato successivamente, nella citata sentenza Asemfo (punti 56 61), che, in talune circostanze, la condizione relativa al controllo esercitato dallautorit pubblica aggiudicatrice poteva essere soddisfatta nel caso in cui questultima detenesse solamente lo 0,25% del capitale di unimpresa pubblica (v. citata sentenza Coditel Brabant, punto 53). 63 Ne discende che se unautorit pubblica diventa socia di minoranza di una societ per azioni a capitale interamente pubblico al fine di attribuirle la gestione di un servizio pubblico, il controllo che le autorit pubbliche associate a detta societ esercitano su questultima pu essere qualificato come analogo al controllo che esse esercitano sui propri servizi, qualora esso sia esercitato congiuntamente dalle stesse. 64 La questione pregiudiziale sottoposta dal giudice del rinvio volta inoltre a determinare se strutture decisionali come quelle previste dallo statuto della Setco siano atte a consentire ai comuni azionisti di esercitare effettivamente sulla societ che detengono un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi. 65 Per valutare se lamministrazione aggiudicatrice eserciti sulla societ aggiudicataria un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi necessario tener conto di tutte le disposizioni normative e delle circostanze pertinenti. Da questo esame deve risultare che la so- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 163 ciet aggiudicataria soggetta a un controllo che consente allamministrazione aggiudicatrice di influenzarne le decisioni. Deve trattarsi di una possibilit di influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti di detta societ (v., in tal senso, citate sentenze Carbotermo e Consorzio Alisei, punto 36, nonch Coditel Brabant, punto 28). 66 Fra le circostanze pertinenti delineate dalla decisione di rinvio va considerata anzitutto la legislazione applicabile, in secondo luogo la questione se la societ di cui trattasi abbia una vocazione commerciale e, infine, i meccanismi di controllo previsti dallo statuto della Setco. 67 Per quanto riguarda la legislazione applicabile, lart. 113, quinto comma, lett. c), del decreto legislativo n. 267/2000 prevede che lerogazione del servizio possa essere attribuito, nel rispetto della normativa dellUnione europea, a societ a capitale interamente pubblico a condizione che lente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla societ un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la societ realizzi la parte pi importante della propria attivit con lente o gli enti pubblici che la controllano. 68 Adottando tali disposizioni, il legislatore italiano ha ripreso testualmente la formulazione delle condizioni enunciate al punto 50 della citata sentenza Teckal, e confermate in varie sentenze successive della Corte. Una siffatta legislazione nazionale in linea di principio conforme al diritto comunitario, fermo restando che linterpretazione di tale disciplina deve a sua volta essere conforme alle esigenze del diritto comunitario (v., in tal senso, citata sentenza ANAV, punto 25). 69 Peraltro, dalla decisione di rinvio emerge che i comuni azionisti della Setco hanno modificato lo statuto di tale societ il 23 dicembre 2006, al fine di sottoporre questultima ad un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, conformemente allart. 113, quinto comma, lett. c), del decreto legislativo n. 267/2000. 70 Il fatto che detta modifica dello statuto della Setco miri a garantire il rispetto della normativa comunitaria in materia risulta altres dallart. 8 bis, primo comma, di tale statuto. 71 Del resto, nessun elemento del fascicolo indica che detto statuto sia stato modificato allo scopo di eludere le norme comunitarie in materia di appalti pubblici. 72 Infine, come risulta dalla decisione di rinvio, sia il contesto legislativo sia quello statutario pertinenti consentono agli enti locali minori di affidare direttamente la gestione di servizi pubblici locali di rilevanza economica a societ a capitale interamente pubblico solo se tali enti esercitano sulla societ un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi ai sensi del diritto comunitario. Secondo il giudice nazionale, lespressione controllo analogo, tuttavia, non ivi definita. 73 Per quanto concerne la questione se la societ di cui trattasi abbia una vocazione commerciale che rende precario il controllo di enti che ne sono gli azionisti, occorre esaminare la portata geografica e materiale delle attivit di tale societ nonch la possibilit per questultima dinstaurare relazioni con imprese private. 74 Lart. 3 dello statuto della Setco, intitolato Oggetto sociale, prevede che questultima gestisca i servizi pubblici locali riguardanti esclusivamente gli enti pubblici locali che affidano detti servizi. 75 Inoltre lart. 8 bis, secondo comma, di tale statuto enuncia che la Setco gestisce i servizi in via esclusiva a favore dei soci affidanti e nellambito dei territori di competenza di questi ultimi. 76 Disposizioni siffatte, da un lato, indicano che lambito geografico delle attivit della societ aggiudicataria di cui trattasi nella causa principale non si estende oltre il territorio dei comuni che ne sono gli azionisti e, dallaltro, che questa societ mira a gestire i servizi pubblici 164 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 soltanto riguardo a tali comuni. 77 Tuttavia, lart. 3, terzo comma, di detto statuto prevede che la Setco possa svolgere servizi anche a favore di soggetti privati quando ci non contrasti con gli obiettivi sociali ovvero sia funzionale al miglior conseguimento degli stessi. 78 Nel corso delludienza la Setco ha affermato che il potere di cui essa dispone di trattare con imprese private costituisce un accessorio indispensabile allesecuzione delle proprie missioni di servizio pubblico. A titolo esemplificativo essa ha menzionato la raccolta differenziata dei rifiuti, la quale potrebbe rendere necessaria la rivendita ad enti specializzati di talune categorie di materiale recuperato a scopo di riciclaggio. Secondo la Setco, si tratterebbe di attivit accessorie alla raccolta di rifiuti e non di attivit che esulano dallattivit principale. 79 Si deve considerare che, anche se il potere riconosciuto alla societ aggiudicataria di cui trattasi nella causa principale di fornire servizi ad operatori economici privati meramente accessorio alla sua attivit principale, il che deve essere verificato dal giudice del rinvio, lesistenza di tale potere non impedisce che lobiettivo principale di detta societ rimanga la gestione di servizi pubblici. Pertanto, lesistenza di un potere siffatto non sufficiente per ritenere che detta societ abbia una vocazione commerciale che rende precario il controllo di enti che la detengono. 80 Tale conclusione confermata dal fatto che la seconda condizione posta al punto 50 della citata sentenza Teckal, in base alla quale la societ aggiudicataria deve svolgere la parte pi importante della sua attivit con gli enti locali che la controllano, consente che questa societ eserciti unattivit avente un carattere marginale con altri operatori diversi da questi enti (v., in tal senso, citata sentenza Carbotermo e Consorzio Alisei, punto 63). Tale condizione sarebbe priva di oggetto se la prima condizione di cui al punto 50 della citata sentenza Teckal fosse interpretata nel senso di vietare ogni attivit accessoria, anche con il settore privato. 81 Per quanto concerne i meccanismi di controllo stabiliti dallo statuto della Setco, dal fascicolo risulta che i soci, con le modifiche apportate allo statuto il 23 dicembre 2006, hanno inteso sovrapporre allassemblea generale e al consiglio di amministrazione, quali previsti dal diritto societario italiano, strutture decisionali non esplicitamente prescritte da tale diritto, dirette a garantire sulla Setco un controllo analogo a quello che essi esercitano sui propri servizi. Si tratta, in particolare, di assicurare un controllo rafforzato, da un lato, tramite il Comitato unitario e, dallaltro, tramite un Comitato tecnico per ogni divisione responsabile delle diverse attivit della Setco. 82 Come emerge dagli artt. 8 ter e 8 quater di detto statuto, il Comitato unitario e i Comitati tecnici sono formati da rappresentanti degli enti azionisti. Ognuno di questi enti possiede un voto in seno a detti Comitati, indipendentemente dalle dimensioni dellente di cui trattasi o dal numero di azioni che esso detiene. 83 Peraltro, gli artt. 8 bis-8 quater dello statuto della Setco attribuiscono al Comitato unitario e ai Comitati tecnici ampi poteri di controllo e di decisione. 84 Parallelamente, lart. 14 di tale statuto limita i poteri dellassemblea generale imponendo a questultima di tener conto degli indirizzi e delle prescrizioni impartite dai Comitati summenzionati e richiedendo un parere favorevole del Comitato unitario prima che lassemblea generale possa autorizzare ladempimento di taluni atti da parte degli amministratori della societ. 85 Parimenti, lart. 16 di detto statuto restringe lautonomia decisionale del consiglio di amministrazione imponendogli di rispettare i poteri riservati a detti Comitati e subordinando le sue decisioni allosservanza delle prescrizioni emanate da questi ultimi. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 165 86 Tenuto conto della portata dei poteri di controllo e di decisione che esse attribuiscono ai Comitati istituiti nonch della circostanza che questi ultimi sono composti da rappresentanti degli enti azionisti, le disposizioni statutarie come quelle della societ aggiudicataria di cui trattasi nella causa principale devono essere intese nel senso di mettere gli enti azionisti in grado di esercitare, tramite detti Comitati, uninfluenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti di tale societ. 87 Tuttavia, il giudice del rinvio ritiene che gli artt. 8 bis 8 quater dello statuto della Setco, laddove riguardano il Comitato unitario e i Comitati tecnici, siano assimilabili ai patti parasociali di cui allart. 2341 bis del codice civile italiano. Esso ne deduce che il controllo analogo a quello che gli enti azionisti esercitano sui propri servizi, su cui verte il meccanismo di detti Comitati, potrebbe essere ininfluente. 88 Si tratta di una questione interpretativa delle norme nazionali la cui soluzione incombe al giudice del rinvio. 89 Fatta salva la verifica da parte di questultimo delloperativit delle disposizioni statutarie in oggetto, ne risulta che in circostanze come quelle di cui alla causa principale il controllo esercitato attraverso organi statutari dagli enti azionisti sulla societ aggiudicataria pu essere considerato tale da consentire a tali enti di esercitare su detta societ un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi. 90 Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre risolvere la questione pregiudiziale sottoposta nel seguente modo: Gli artt. 43 CE e 49 CE, i principi di parit di trattamento e di non discriminazione in base alla cittadinanza cos come lobbligo di trasparenza che ne discende non ostano allaffidamento diretto di un appalto pubblico di servizi ad una societ per azioni a capitale interamente pubblico qualora lente pubblico che costituisce lamministrazione aggiudicatrice eserciti su tale societ un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi e tale societ realizzi la parte pi importante della propria attivit con lente o con gli enti locali che la controllano. Fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio delloperativit delle disposizioni statutarie di cui trattasi, il controllo esercitato dagli enti azionisti sulla detta societ pu essere considerato analogo a quello esercitato sui propri servizi in circostanze come quelle di cui alla causa principale, in cui: lattivit di tale societ limitata al territorio di detti enti ed esercitata fondamentalmente a beneficio di questi ultimi, e tramite organi statutari composti da rappresentanti di detti enti, questi ultimi esercitano uninfluenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti di detta societ. Sulle spese 91 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara: Gli artt. 43 CE e 49 CE, i principi di parit di trattamento e di non discriminazione in base alla cittadinanza cos come lobbligo di trasparenza che ne discende non ostano allaffidamento diretto di un appalto pubblico di servizi ad una societ per azioni a capitale interamente pubblico qualora lente pubblico che costituisce lamministrazione aggiudicatrice eserciti su tale societ un controllo analogo a quello che esercita sui propri ser- 166 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 vizi e questa societ realizzi la parte pi importante della propria attivit con lente o con gli enti locali che la controllano. Fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio delloperativit delle disposizioni statutarie di cui trattasi, il controllo esercitato dagli enti azionisti sulla detta societ pu essere considerato analogo a quello esercitato sui propri servizi in circostanze come quelle di cui alla causa principale, in cui: lattivit di tale societ limitata al territorio di detti enti ed esercitata fondamentalmente a beneficio di questi ultimi, e tramite organi statutari composti da rappresentanti di detti enti, questi ultimi esercitano uninfluenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti di detta societ. ** *** ** Il nuovo Art. 23-bis del Decreto Legge 25 giugno 2008 n. 112. Adeguamento alla disciplina comunitaria in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica. 1. Le disposizioni del presente articolo disciplinano l'affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, in applicazione della disciplina comunitaria e al fine di favorire la pi ampia diffusione dei principi di concorrenza, di libert di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di servizi di interesse generale in ambito locale, nonche' di garantire il diritto di tutti gli utenti alla universalit ed accessibilit dei servizi pubblici locali ed al livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere e) e m), della Costituzione, assicurando un adeguato livello di tutela degli utenti, secondo i principi di sussidiariet, proporzionalit e leale cooperazione. Le disposizioni contenute nel presente articolo si applicano a tutti i servizi pubblici locali e prevalgono sulle relative discipline di settore con esse incompatibili, salve le disposizioni in materia di distribuzione del gas naturale, le disposizioni del d.lgs. 16 marzo 1999 n. 79 e della L. 23 agosto 2004 n. 239 in materia di distribuzione di energia elettrica, nonch quelle del d.lgs. 19 novembre 1997 n. 422, relativamente alla disciplina del trasporto ferroviario regionale.* 2. Il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria: a) a favore di imprenditori o di societ in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato che istituisce la Comunit europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicit, efficacia, imparzialit, trasparenza, adeguata pubblicit, non discriminazione, parit di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalit; b) a societ a partecipazione mista pubblica e privata, a condizione che la selezione del socio avvenga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a), le quali abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualit di socio e lattribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio e che al socio sia attribuita una partecipazione non inferiore al 40 per cento. (*) Il testo in corsivo stato ricostruito, non risultando univoco in G.U. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 167 3. In deroga alle modalit di affidamento ordinario di cui al comma 2, per situazioni eccezionali che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, laffidamento pu avvenire a favore di societ a capitale interamente pubblico, partecipata dallente locale, che abbia i requisiti richiesti dallordinamento comunitario per la gestione cosiddetta in house e, comunque, nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria in materia di controllo analogo sulla societ e di prevalenza dellattivit svolta dalla stessa con lente o gli enti pubblici che la controllano. 4. Nei casi di cui al comma 3, lente affidante deve dare adeguata pubblicit alla scelta, motivandola in base ad unanalisi del mercato e contestualmente trasmettere una relazione contenente gli esiti della predetta verifica allAutorit garante della concorrenza e del mercato per lespressione di un parere preventivo, da rendere entro sessanta giorni dalla ricezione della predetta relazione. Decorso il termine, il parere, se non reso, si intende espresso in senso favorevole. 4-bis. LAutorit garante della concorrenza e del mercato, in forza dellautonomia organizzativa e funzionale attribuita dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287, e successive modificazioni, individua, con propria delibera, le soglie oltre le quali gli affidamenti di servizi pubblici locali assumono rilevanza ai fini dellespressione del parere di cui al comma 4. 5. Ferma restando la propriet pubblica delle reti, la loro gestione pu essere affidata a soggetti privati. 6. E' consentito l'affidamento simultaneo con gara di una pluralit di servizi pubblici locali nei casi in cui possa essere dimostrato che tale scelta sia economicamente vantaggiosa. In questo caso la durata dell'affidamento, unica per tutti i servizi, non pu essere superiore alla media calcolata sulla base della durata degli affidamenti indicata dalle discipline di settore. 7. Le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze e d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, possono definire, nel rispetto delle normative settoriali, i bacini di gara per i diversi servizi, in maniera da consentire lo sfruttamento delle economie di scala e di scopo e favorire una maggiore efficienza ed efficacia nell'espletamento dei servizi, nonche' l'integrazione di servizi a domanda debole nel quadro di servizi pi redditizi, garantendo il raggiungimento della dimensione minima efficiente a livello di impianto per pi soggetti gestori e la copertura degli obblighi di servizio universale. 8. Il regime transitorio degli affidamenti non conformi a quanto stabilito ai commi 2 e 3 il seguente: a) le gestioni in essere alla data del 22 agosto 2008 affidate conformemente ai principi comunitari in materia di cosiddetta in house cessano, improrogabilmente e senza necessit di deliberazione da parte dellente affidante, alla data del 31 dicembre 2011; b) le gestioni affidate direttamente a societ a partecipazione mista pubblica e privata, qualora la selezione del socio sia avvenuta mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a) del comma 2, le quali non abbiano avuto ad oggetto, al tempo stesso, la qualit di socio e lattribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio, cessano, improrogabilmente e senza necessit di apposita deliberazione dellente affidante, alla data del 31 dicembre 2011; c) le gestioni affidate direttamente a societ a partecipazione mista pubblica e privata, qualora la selezione del socio sia avvenuta mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a) del comma 2, le quali abbiano avuto ad oggetto, al 168 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 tempo stesso, la qualit di socio e lattribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio; d) gli affidamenti diretti assentiti alla data del 1 ottobre 2003 a societ a partecipazione pubblica gi quotate in borsa a tale data e a quelle da esse controllate ai sensi dellarticolo 2359 del codice civile, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio, a condizione che la partecipazione pubblica, si riduca anche progressivamente, attraverso procedure ad evidenza pubblica ovvero forme di collocamento privato presso investitori qualificati e operatori industriali, ad una quota non superiore al 30 per cento entro il 31 dicembre 2012; ove siffatta condizione non si verifichi, gli affidamenti cessano, improrogabilmente e senza necessit di apposita deliberazione dellente affidante, alla data del 31 dicembre 2012; e) le gestioni affidate che non rientrano nei casi di cui alle lettere da a) a d) cessano comunque entro e non oltre la data del 31 dicembre 2010, senza necessit di apposita deliberazione dellente affidante. 9. Le societ, le loro controllate, controllanti e controllate da una medesima controllante, anche non appartenenti a Stati membri dellUnione europea, che, in Italia o allestero, gestiscono di fatto o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per contratto servizi pubblici locali in virt di affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica ovvero ai sensi del comma 2, lettera b), nonch i soggetti cui affidata la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali degli enti locali, qualora separata dallattivit di erogazione dei servizi, non possono acquisire la gestione di servizi ulteriori ovvero in ambiti territoriali diversi, n svolgere servizi o attivit per altri enti pubblici o privati, n direttamente, n tramite loro controllanti o altre societ che siano da essi controllate o partecipate, n partecipando a gare. Il divieto di cui al primo periodo opera per tutta la durata della gestione e non si applica alle societ quotate in mercati regolamentati. I soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere alla prima gara svolta per laffidamento, mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, dello specifico servizio gi a loro affidato. 10. Il Governo, su proposta del Ministro per i rapporti con le regioni ed entro il 31 dicembre 2009, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, nonche' le competenti Commissioni parlamentari, emana uno o pi regolamenti, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, al fine di: a) prevedere l'assoggettamento dei soggetti affidatari cosidetti in house di servizi pubblici locali al patto di stabilit interno, tenendo conto delle scadenze fissate al comma 8, e l'osservanza da parte delle societ in house e delle societ a partecipazione mista pubblica e privata di procedure ad evidenza pubblica per l'acquisto di beni e servizi e l'assunzione di personale; b) prevedere, in attuazione dei principi di proporzionalit e di adeguatezza di cui all'articolo 118 della Costituzione, che i comuni con un limitato numero di residenti possano svolgere le funzioni relative alla gestione dei servizi pubblici locali in forma associata; c) prevedere una netta distinzione tra le funzioni di regolazione e le funzioni di gestione dei servizi pubblici locali, anche attraverso la revisione della disciplina sulle incompatibilit; d) armonizzare la nuova disciplina e quella di settore applicabile ai diversi servizi pubblici locali, individuando le norme applicabili in via generale per l'affidamento di tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica in materia di rifiuti, trasporti, energia elettrica e gas, nonche' in materia di acqua; e) la lettera e) soppressa; IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 169 f) prevedere l'applicazione del principio di reciprocit ai fini dell'ammissione alle gare di imprese estere; g) limitare, secondo criteri di proporzionalit, sussidiariet orizzontale e razionalit economica, i casi di gestione in regime d'esclusiva dei servizi pubblici locali, liberalizzando le altre attivit economiche di prestazione di servizi di interesse generale in ambito locale compatibili con le garanzie di universalit ed accessibilit del servizio pubblico locale; h) prevedere nella disciplina degli affidamenti idonee forme di ammortamento degli investimenti e una durata degli affidamenti strettamente proporzionale e mai superiore ai tempi di recupero degli investimenti; i) disciplinare, in ogni caso di subentro, la cessione dei beni, di propriet del precedente gestore, necessari per la prosecuzione del servizio; l) prevedere adeguati strumenti di tutela non giurisdizionale anche con riguardo agli utenti dei servizi; m) individuare espressamente le norme abrogate ai sensi del presente articolo. 11. L'articolo 113 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, e' abrogato nelle parti incompatibili con le disposizioni di cui al presente articolo. 12. Restano salve le procedure di affidamento gi avviate alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. 170 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA CE Causa C-229/08 - Materia trattata: politica sociale - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgericht Frankfurt am Main (Germania) il 28 maggio 2008 - Colin Wolf/Stadt Frankfurt am Main). (Avvocato dello Stato W. Ferrante - AL 31235/08 - Disparit di trattamento in base allet per lassunzione nei pubblici impieghi). LINTERVENTO ORALE DEL GOVERNO ITALIANO* Signor Presidente, signori Giudici, signor Avvocato Generale, 1. Le questioni pregiudiziali sono state sollevate nel corso di una controversia nella quale, stata respinta la domanda del ricorrente di assunzione con contratto di formazione per tecnico di medio livello nei vigili del fuoco per superamento dellet massima di trentanni. 2. Il ricorrente chiede alla convenuta il risarcimento del danno ritenendo che il rifiuto costituisca una discriminazione diretta fondata sullet mentre la convenuta considera legittimo detto rifiuto in quanto oggettivamente e ragionevolmente giustificato da una finalit legittima. 3. Come evidenziato anche nelle osservazioni scritte della Commissione, con le prime nove questione pregiudiziali, il Giudice del rinvio chiede nella sostanza alla Corte di precisare se larticolo 6, n. 1, della direttiva 2000/78/CE permetta agli Stati membri di mantenere una legislazione che, pur prevedendo astrattamente delle disparit di trattamento, fissando un limite massimo di et per lassunzione, non costituisca discriminazione in ragione dellet perch mezzo proporzionato al conseguimento di finalit legittime. 4. Il riferimento alle finalit di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, a giustificazione della disparit di trattamento in ragione dellet, rinvenibile non solo nellart. 6 n. 1 della direttiva ma anche nel considerando 25, che riconosce espressamente che, in talune circostanze, delle disparit di trattamento in funzione dellet possano essere giustificate. 5. Nella recente sentenza del 5 marzo 2009, causa C-388/07, Age Concern England, la Corte di giustizia ha affermato che lart. 6, paragrafo 1 della direttiva 2000/78/CE deve essere interpretato nel senso che non osta ad un provvedimento nazionale che non contenga un elenco puntuale delle finalit (*) V. Osservazioni del Governo italiano, Rassegna n. 2/09, 159-169. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 171 che giustificano uneventuale deroga al principio del divieto delle discriminazioni fondate sullet e che spetta al giudice nazionale verificare se la normativa nazionale risponda ad una finalit legittima di politica sociale. 6. Per quanto riguarda in particolare lattivit lavorativa oggetto della causa principale e cio quella di vigile del fuoco, il diciottesimo e il diciannovesimo considerando della direttiva fanno espresso riferimento ai requisiti necessari per svolgere efficientemente le funzioni cui sono chiamate, nellinteresse generale, le forze armate e di polizia, precisando che, per salvaguardare loperativit del relativo servizio, gli Stati membri possono escludere lapplicabilit delle disposizioni della direttiva relative allhandicap o allet. 7. Molto opportunamente quindi la Corte ha posto alcuni quesiti al Governo tedesco per accertare se la fissazione di un limite massimo di et per lassunzione nel corpo dei vigili del fuoco risponda ad esigenze ulteriori rispetto alle due segnalate dal giudice del rinvio e cio quella di assicurare una struttura dellet equilibrata e quella di garantire un periodo di lavoro minimo prima del diritto al pensionamento. 8. Specificamente, la Corte ha chiesto al Governo tedesco di chiarire se una delle ragioni giustificative di tale limite di et siano collegate ad una particolare attitudine fisica alla funzione da svolgere. 9. Il Governo tedesco, con approfondita e motivata risposta ai quesiti, ha confermato che la fissazione di un limite massimo di et per lassunzione direttamente correlata a motivi di interesse generale per garantire loperativit ed il buon funzionamento del corpo dei pompieri professionali. 10. Per quanto concerne il tecnico di medio livello dei vigili del fuoco, le mansioni espletate richiedono prestazioni fisiche eccezionalmente impegnative, con particolare riferimento agli interventi per sedare gli incendi e per portare soccorso alle persone. 11. Tali interventi, che richiedono lutilizzo di unattrezzatura protettiva del peso di almeno 30 kg e il dispiego di sforzi fisici molto rilevanti, richiedono capacit respiratorie, muscolari e di resistenza che possono essere assicurate solo da soggetti giovani. 12. Il Governo tedesco ha infatti precisato che, per tali tipi di intervento, non vengono mai utilizzati pompieri di et superiore ai 50 anni per il contrasto degli incendi e a 45 anni per il soccorso alle persone che spesso devono essere materialmente trasportate per essere tratte in salvo. 13. E evidente quindi che se si assumessero vigili del fuoco anche di 40 anni, tenuto conto del periodo di formazione di due anni, alcuni di loro potrebbero essere utilizzati per tali delicate e fondamentali funzioni per la sicurezza dei cittadini per un periodo limitatissimo. 14. Non si pu quindi concordare con quanto affermato dalla Commissione ai punti 53 e 54 delle osservazioni in ordine al fatto che lesigenza di assicurare un equilibrata distribuzione dellet non costituirebbe un obiettivo 172 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 legittimo ai sensi dellart. 6, paragrafo 1 della direttiva. 15. I pompieri pi anziani hanno infatti il diritto di continuare a lavorare fino a sessantanni ma dopo i quarantacinque o i cinquantanni, a causa del fisiologico decadimento fisico, debbono necessariamente essere adibiti a mansioni meno faticose, come quelle della tutela dellambiente o del soccorso agli animali, che richiedono minore sforzo fisico. 16. Ove non vi fosse un ricambio generazionale che assicuri, per un periodo di tempo ragionevolmente lungo, la sostituzione dei pompieri pi anziani nelle mansioni sul campo con lassunzione di giovani di et non superiore ai trentanni, il Governo tedesco ha convincentemente dimostrato che sarebbe gravemente compromessa la funzionalit del servizio di pubblico interesse svolto dai vigili del fuoco. 17. E stato infatti posto in rilievo che lattivit di questi ultimi particolarmente usurante e che lesposizione al caldo, allumidit, al rumore nonch il sollevamento di carichi pesanti e lo svolgimento di turni notturni possono anche comportare un invecchiamento precoce e laccelerazione del processo di indebolimento fisico. 18. E quindi tanto pi necessario assicurare il reclutamento di forze giovani che possano svolgere le funzioni pi delicate e pesanti per il maggior numero di anni possibile, compatibilmente con lesigenza di garantire ai pi anziani di poter continuare a lavorare con mansioni meno pesanti anche dopo il compimento dei quarantacinque o cinquantanni. 19. Come ricordato dalla Corte di Giustizia nella sentenza Palacios de la Villa, causa C-411/05, punto 71, spetta dunque alle autorit competenti degli Stati membri trovare un giusto equilibrio tra i differenti interessi in gioco. 20. N si pu condividere quanto affermato dalla Commissione al punto 56 delle proprie osservazioni. 21. Questa, pur riconoscendo che la necessit di assicurare un periodo di lavoro minimo prima del pensionamento costituisce una finalit legittima per giustificare una disparit di trattamento in ragione dellet, alla luce di quanto previsto dallart. 6, paragrafo 2, lettera c) della direttiva, ritiene che il mezzo utilizzato non sia proporzionato al fine perseguito in quanto potrebbero essere assunte anche persone di 35 o di 40 anni senza compromettere lequilibrio finanziario del datore di lavoro. 22. Con tale assunto, la Commissione non solo si sostituisce al giudice nazionale nella valutazione delladeguatezza e proporzionalit dei mezzi per il raggiungimento di una finalit riconosciuta come legittima ma contravviene a quanto chiaramente affermato da codesta Corte nella citata sentenza Age Concern England, ove si dice appunto che spetta al giudice nazionale apprezzare se i mezzi prescelti siano appropriati e necessari, alla luce dellampio margine discrezionale di cui gli Stati membri dispongono in materia di politica sociale. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 173 23. La posizione della Commissione appare tanto pi contraddittoria considerando che essa stessa ha bandito dei concorsi per lassunzione di funzionari, fissando dei limiti massimi di et. 24. Si veda in proposito la sentenza del Tribunale di primo grado del 8 ottobre 2004, cause riunite T-219/02 e T-337/02 che ha rigettato i ricorsi dei candidati esclusi dalla partecipazione al concorso per superamento del limite di et. 25. In particolare, ai punti da 95 a 100, il Tribunale di primo grado ha affermato che le ragioni addotte dalla Commissione per giustificare la fissazione di un limite massimo di et per il reclutamento e cio la necessit di offrire prospettive di carriera adeguate e lesigenza di un periodo minimo di attivit prima accedere alla pensione sono conformi alla direttiva 2000/78/CE. 26. Tale secondo obiettivo in particolare consente di mantenere lequilibrio finanziario del sistema previdenziale comunitario. 27. Il Tribunale soggiunge poi che la nomina dei funzionari deve tener conto dellinteresse del servizio pubblico e non di quello individuale del candidato. 28. Conclude quindi il Tribunale che la fissazione di limiti di et nelle procedure selettive bandite dalla Commissione giustificata da obiettivi ragionevoli e non viola il principio generale di non discriminazione. 29. Come correttamente ricordato dallIrlanda nelle proprie osservazioni scritte, la stessa Commissione, nella Comunicazione dell8 luglio 2008 al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sullapplicazione della direttiva 2000/78/CE riconosce che molti Stati membri prevedono nelle loro legislazioni nazionali deroghe generali al principio di non discriminazione fondate sullet ed in particolare limiti di et per accedere allimpiego, soprattutto nel settore pubblico. 30. In tale Comunicazione, la Commissione ammette che i limiti di et possono rivelarsi necessari, in taluni settori, per assicurare il rinnovamento generazionale dei lavoratori e per incoraggiare lassunzione in determinate professioni. 31. Alla luce di ci, lIrlanda ritiene correttamente che i limiti di et allassunzione debbano essere accettati, in particolare per i servizi pubblici di soccorso e di sicurezza, al fine di garantire una prestazione efficace ed adeguata, tenuto conto della natura fisica di numerosi aspetti di tale attivit lavorativa. 32. Per quanto riguarda infine la decima questione pregiudiziale e il sesto quesito posto dalla Corte con riferimento allindicazione dei casi concreti in cui in Germania il datore di lavoro non responsabile per la violazione del divieto di discriminazione e non quindi tenuto ad alcun risarcimento, la Germania ha chiarito che lart. 15, paragrafo 1 dellAGG (legge generale sulla 174 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 parit di trattamento), relativo ai danni materiali, presuppone limputabilit del danno al datore di lavoro. 33. Secondo il Governo tedesco, tale norma prevede uninversione dellonere della prova e una presunzione di responsabilit in capo al datore di lavoro che, per esonerarsi da tale responsabilit, deve provare di non aver causato colpevolmente il danno allistante. 34. Il Governo tedesco soggiunge inoltre di non avere conoscenza di casi in cui stata esclusa la responsabilit del datore di lavoro, potendosi ipotizzare casi puramente teorici come quello del datore di lavoro affetto da una patologia mentale non diagnosticata o del datore di lavoro minore di et. 35. Il Governo tedesco precisa inoltre che la richiesta risarcitoria avanzata nella causa principale attiene ad un pregiudizio morale con conseguente applicazione dellart. 15, paragrafo 2 dellAGG che non prevede alcun esonero di responsabilit del datore di lavoro, contemplando al contrario tale norma unipotesi di responsabilit oggettiva. 36. Alla luce di tali chiarimenti, il predetto art. 15 non pu che ritenersi pienamente conforme allart. 17 della direttiva che, tra laltro, come correttamente sottolineato dallIrlanda, non prevede un obbligo, ma solo una facolt, degli Stati membri di prevedere un risarcimento per le violazioni delle norme nazionali attuative della direttiva. 37. Si richiamano le conclusioni gi rassegnate. Lussemburgo, 7 luglio 2009 Avv.Wally Ferrante Causa C-292/08 - Materia trattata: giustizia e affari interni - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Hoge Raad der Nederlanden (Paesi Bassi) il 2 luglio 2008 - German Graphics Graphische Maschinen GmbH/Alice van der Scheer, in qualit di curatore del fallimento della Holland Binding BV. (Avvocato dello Stato W. Ferrante - AL 35668/08). LE QUESTIONI PREGIUDIZIALI 1) Se lart. 25, n. 2 del regolamento sullinsolvenza debba essere interpretato nel senso che i termini ove questo (nella fattispecie la Convenzione di Bruxelles) si applichi comportano che, prima di dichiarare lapplicabilit delle disposizioni sul riconoscimento e sullesecuzione di detta Convenzione a decisioni diverse da quelle di cui allart. 25, n. 1 del regolamento sullinsolvenza, occorre esaminare se queste esulano dallambito di applicazione sostanziale di detta Convenzione, in forza dellart. 1, n. 2, parte iniziale e lett. b) della Convenzione stessa. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 175 2) Se lart. 1, n. 2, parte iniziale e lett. b) della Convenzione di Bruxelles, in combinato disposto con lart. 7, n. 1 del regolamento sullinsolvenza, debba essere interpretato nel senso che la circostanza che un bene su cui grava la riserva di propriet nel momento in cui aperta la procedura avverso lacquirente si trova nel territorio dello Stato membro dove la procedura stata aperta comporta che unazione del venditore basata sulla riserva di propriet, come quella della German Graphics, deve essere considerata come unazione che riguarda il fallimento, ai sensi dellart. 1, n. 2, parte iniziale e lett. b) della convenzione di Bruxelles, e che pertanto esula dallambito di applicazione sostanziale di tale regolamento. 3) Se ai fini della soluzione della seconda questione sia rilevante che, ai sensi dellart. 4, n. 2, parte iniziale e lett. b) del regolamento sullinsolvenza, il diritto dello Stato membro di apertura della procedura a determinare quali beni siano oggetto di spossessamento. IL FATTO La Corte di Cassazione olandese ha sollevato le suddette questioni pregiudiziali nellambito di una controversia avente ad oggetto una vendita con riserva di propriet alla quale seguito il fallimento dellimpresa acquirente. In particolare, il 1 novembre 2006 il Tribunale di Utrecht dichiarava il fallimento di unimpresa dei Paesi Bassi, e, un mese dopo, il Tribunale di Braunschweig, in Germania, accoglieva la domanda di una impresa tedesca che chiedeva fosse emanato, contro limpresa fallita, un ordine di restituzione di alcuni beni mobili venduti alla controparte con riserva di propriet. Il giudice olandese dei provvedimenti di urgenza dichiarava esecutivo lordine emesso in Germania, ai sensi del regolamento n. 44 del 2001 (Bruxelles I), ma, successivamente, il Collegio revocava la dichiarazione di esecutivit, rilevando un difetto di contraddittorio con la curatela e linapplicabilit del regolamento insolvenza (n. 1346 del 2000) rispetto alla domanda fondata sulla vendita con riserva di propriet. La Corte di legittimit olandese ha, per un verso, accolto il ricorso principale proposto dallimpresa tedesca, osservando che il curatore fallimentare aveva avuto notifica del provvedimento che ingiungeva esecutivamente la restituzione dei beni, e, per altro verso, ha esaminato il conseguente ricorso incidentale sollevando la questione pregiudiziale. I dubbi interpretativi del Collegio si incentrano sullarticolo 25, comma 2, del regolamento insolvenza, ove previsto che le decisioni diverse da quelle di cui al paragrafo 1, e quindi, in particolare, quelle non relative alla procedura fallimentare (dallapertura alla chiusura), quelle che non derivano da essa e quelle che non le sono strettamente connesse, circolano, al livello transfrontaliero, attraverso il regolamento Bruxelles I (in cui stata trasfusa la corri- 176 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 spondente Convenzione di Bruxelles del 1968, cui la norma letteralmente si riferisce), in quanto applicabile. Il regolamento in parola, esclude dal suo campo di applicazione la disciplina dei fallimenti (art. 1, comma 2, lettera b). Di qui la questione, sulla sua applicabilit o meno, e contestualmente, il dubbio se lazione del venditore con riserva di propriet, contro lacquirente fallito, sia o meno connessa al fallimento e ricada o meno nellambito di applicabilit del regolamento insolvenza. Peraltro, questultimo, prevede, in linea generale, che sia la legge dello Stato di apertura della procedura a regolare il regime di spossessamento dei beni (art. 4, comma 2, lettera b), disponendo per che, in caso di vendita con riserva di propriet e fallimento dellacquirente, lapertura della procedura di insolvenza nei confronti dellacquirente di un bene non pregiudica i diritti del venditore fondati sulla riserva di propriet allorch il bene, nel momento in cui aperta la procedura, si trova nel territorio di uno Stato diverso dallo Stato di apertura (art. 7, comma 1). LA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO Secondo il Governo italiano, il dubbio sembra risolvibile nel senso che la domanda del venditore non deriva dal fallimento, potendo essere proposta indipendentemente dallapertura della procedura concorsuale, n, per lo stesso motivo, risulta strettamente connessa al procedimento fallimentare, non esistendo alcun collegamento con iniziative della curatela o con lo stato non pi in bonis del fallito (altrimenti ogni causa coinvolgente il curatore sarebbe strettamente connessa alla procedura fallimentare, e la norma non avrebbe pi senso alcuno). Lart. 7, comma 1, costituisce una deroga al principio per cui la legge dello Stato di apertura regola lo spossessamento dei beni, in quanto si vuole impedire che vi sia una legge nazionale che regoli tale aspetto in pregiudizio dei diritti del venditore, anche quando il bene si trovi in un altro Stato. Peraltro, lart. 4 del regolamento insolvenza fa espressamente salve le disposizioni contrarie del regolamento medesimo, restringendo lapplicabilit della legge dello Stato di apertura della procedura nei casi espressamente disciplinati dallo stesso Legislatore comunitario, come quello della vendita con riserva di propriet. Il citato art. 7, dunque, evidenzia che il profilo relativo ai diritti del venditore nella vendita con riserva di propriet estraneo allambito strettamente fallimentare, almeno a quello transnazionale, nella logica del diritto processuale comunitario. Analoga logica emerge dal comma 2 dellart. 7 che regola il caso opposto del fallimento del venditore. Anche nella disciplina fallimentare italiana, larticolo 73 del r.d. n. 267 IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 177 del 1942, come modificato da ultimo con d.lgs. n. 169 del 2007, dispone che nella vendita con riserva di propriet, in caso di fallimento del compratore, se il prezzo deve essere pagato a termine o a rate, il curatore pu subentrare nel contratto con lautorizzazione del comitato dei creditori; il venditore pu chiedere cauzione a meno che il curatore paghi immediatamente il prezzo con lo sconto dellinteresse legale, e qualora il curatore si sciolga dal contratto, il venditore deve restituire le rate di prezzo gi riscosse, salvo il diritto ad un equo compenso per luso della cosa, mostrando di far salvi i diritti del venditore e non di assoggettarlo genericamente al concorso con gli altri creditori. Pertanto, la fattispecie sottesa alla pregiudiziale sembra sia da considerare soggetta allarticolo 25, n. 2 del regolamento insolvenza - che disciplina i casi in cui la decisione non sia di natura endofallimentare, n derivante dal fallimento, n strettamente connessa allo stesso - con conseguente applicazione del regolamento Bruxelles I, cui la norma, per questi casi, rimanda. Il regolamento Bruxelles I esclude dal suo campo di applicazione solo i fallimenti (art. 1, comma 2, lettera b) e quindi non la domanda in questione. ** ** ** Il Governo italiano propone quindi alla Corte di risolvere il primo quesito nel senso che lart. 25, n. 2 del regolamento sullinsolvenza debba essere interpretato nel senso che i termini ove la Convenzione di Bruxelles si applichi comportano che, prima di dichiarare lapplicabilit delle disposizioni sul riconoscimento e sullesecuzione di detta Convenzione a decisioni diverse da quelle di cui allart. 25, n. 1 del regolamento sullinsolvenza, occorre esaminare se queste esulano dallambito di applicazione sostanziale di detta Convenzione, in forza dellart. 1, n. 2, parte iniziale e lett. b) della Convenzione stessa. Il Governo italiano propone inoltre alla Corte di risolvere il secondo quesito nel senso che lart. 1, n. 2, parte iniziale e lett. b) della Convenzione di Bruxelles, in combinato disposto con lart. 7, n. 1 del regolamento sullinsolvenza, debba essere interpretato nel senso che la circostanza che un bene su cui grava la riserva di propriet nel momento in cui aperta la procedura avverso lacquirente si trova nel territorio dello Stato membro dove la procedura stata aperta comporta che unazione del venditore basata sulla riserva di propriet, come quella della German Graphics, non deve essere considerata come unazione che riguarda il fallimento, ai sensi dellart. 1, n. 2, parte iniziale e lett. b) della convenzione di Bruxelles e che pertanto rientra dallambito di applicazione sostanziale di tale regolamento. Il Governo italiano propone infine alla Corte di risolvere il terzo quesito nel senso che, ai fini della soluzione della seconda questione non sia rilevante che, ai sensi dellart. 4, n. 2, parte iniziale e lett. b) del regolamento sullinsolvenza, il diritto dello Stato membro di apertura della procedura a deter- 178 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 minare quali beni siano oggetto di spossessamento in quanto lart. 7 deve considerarsi uneccezione alla regola generale di cui al citato art. 4. Roma, 30 ottobre 2008 Avv.Wally Ferrante Causa C-324/08 - Materia trattata: ravvicinamento delle legislazioni - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden (Paesi Bassi) l11 luglio 2008 - Makro Zelfbedieningsgroothandel CV, Metro Cash & Carry BV e Remo Zaandam BV/Diesel SpA. (Avvocato dello Stato S. Fiorentino - AL 36101/08). LE QUESTIONI PREGIUDIZIALI 1) Se, nel caso in cui prodotti recanti un marchio, siano stati precedentemente immessi nel mercato allinterno del SEE, ma non dal titolare del marchio n con il suo esplicito consenso, per valutare se ci sia avvenuto con il consenso (implicito) del titolare del marchio, ai sensi dellart. 7, n.1, della Prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988 sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa (89/104/CE), occorra applicare gli stessi criteri stabiliti per il caso in cui tali prodotti siano stati precedentemente immessi in commercio al di fuori del SEE da parte del titolare del marchio o con il suo consenso. 2) In caso di soluzione negativa della prima questione, quali criteri - desumibili o meno dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, citata al precedente punto 3.6.4.2, nella sentenza 22 giugno 1994, causa C-9/93, IHT Danzinger/Ideal Standard, Racc. 1994, pag. I-2757 - debbano essere applicati alla prima ipotesi formulata in tale questione per stabilire se sussista un consenso (implicito) del titolare del marchio, ai sensi della direttiva menzionata. LA NORMATIVA COMUNITARIA RILEVANTE I quesiti posti nellordinanza di rinvio portano sullinterpretazione di alcune disposizioni della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi di impresa (in prosieguo la direttiva). Larticolo 5 della direttiva, rubricato diritti conferiti dal marchio dimpresa , stabilisce quanto segue: 1. Il marchio di impresa registrato conferisce al titolare un diritto esclusivo. II titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio: IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 179 a) un segno identico al marchio di impresa per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso stato registrato; b) un segno che, a motivo dellidentit o della somiglianza di detto segno col marchio di impresa e dell'identit o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio di impresa e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico, comportante anche un rischio di associazione tra il segno e il marchio di impresa. 2. (...) 3. Si pu in particolare vietare, se le condizioni menzionate al paragrafo 1 e 2 sono soddisfatte: a) di apporre il segno sui prodotti o sul loro condizionamento; b) di offrire i prodotti, di immetterli in commercio o di detenerli a tali fini, oppure di offrire o fornire servizi contraddistinti dal segno; c) di importare o esportare prodotti contraddistinti dal segno; d) di utilizzare il segno nella corrispondenza commerciale e nella pubblicit 4. 5.) (...) . Larticolo 7 della direttiva, intitolato esaurimento del diritto conferito dal marchio dimpresa, al paragrafo 1 dispone: 1. Il diritto conferito dal marchio di impresa non permette al titolare dello stesso di vietare luso del marchio di impresa per prodotti immessi in commercio [in una parte contraente dellAccordo sullo Spazio economico europeo]( 1) con detto marchio dal titolare stesso o con il suo consenso. Gli articoli 5 e 7 della direttiva esprimono la regola dellesaurimento comunitario, secondo la quale il diritto attribuito dal marchio non consente al suo titolare di vietare luso del medesimo per prodotti messi in commercio nel SEE con questo marchio da esso stesso o con il suo consenso. Leffetto di tali disposizioni limitato ai soli casi in cui i prodotti siano immessi in commercio nel SEE. Riferendosi allimmissione sul mercato allinterno del SEE, il legislatore comunitario ha infatti, implicitamente negato che limmissione sul mercato al di fuori del SEE esaurisca il diritto del titolare del marchio, cos permettendo a questultimo di controllare la prima immissione sul mercato nel SEE dei prodotti contrassegnati dal marchio. Ne consegue che il titolare del marchio legittimato a vendere i propri prodotti al di fuori di questa zona, senza che questa messa in commercio esaurisca i suoi diritti allinterno del SEE (v. sentenze 1 luglio 1999, causa C-173/98, Sebago e Maison Dubois, punto 21; 8 aprile 2003, causa C-244/00, Van Doren + Q, punto 26; 18 ottobre 2005, causa C-405/03, Class International, punto 33). (1) Ai sensi dellart. 65, n. 2, e del punto 4 dellAllegato XVII allAccordo sullo Spazio economico europeo del 2 maggio 1992 (GU 1994 L 1, pag. 3), lart. 7, n. 1 della direttiva, ai fini del suddetto accordo, devessere interpretato sostituendo le parole originali nella Comunit con in una parte contraente . 180 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 La Corte ha, al riguardo, precisato che - dovendosi interpretare gli articoli da 5 a 7 della direttiva nel senso che essi contengono unarmonizzazione completa delle norme relative ai diritti conferiti dal marchio dimpresa - la direttiva medesima non pu essere interpretata nel senso che essa lasci agli Stati membri la possibilit di stabilire nel loro diritto nazionale lesaurimento dei diritti conferiti dal marchio per prodotti posti in commercio in paesi terzi (v. sentenza 16 luglio 1998, causa C-355/96, Silhouette International Schmied, punti 25 e 26). Il consenso, cio la rinuncia del titolare al suo diritto esclusivo di vietare ai terzi dimportare prodotti contrassegnati con il suo marchio, costituisce lelemento determinante per lestinzione di tale diritto. La nozione di consenso utilizzata nellart. 7, n. 1, della direttiva deve, pertanto, essere interpretata uniformemente nellordinamento giuridico comunitario: diversamente potrebbe derivarne, per i titolari di marchi, una tutela variabile in funzione della legge nazionale volta a volta applicabile, con inevitabile pregiudizio dellobiettivo di stabilire una medesima tutela negli ordinamenti giuridici di tutti gli Stati membri, fissato e giudicato fondamentale nel nono considerando della direttiva (sentenza 20 novembre 2001, cause riunite C-414 - 416/99, Davidoff e a., punti da 41 a 43). Nella sentenza Davidoff da ultimo citata, la Corte ha altres individuato i requisiti di efficacia del consenso allimmissione in commercio allinterno dello spazio economico europeo di prodotti messi in commercio al di fuori di questultimo, stabilendo che esso deve essere manifestato in forma inequivoca (con certezza), anche se non necessariamente in forma espressa. Tuttavia in nessun caso pu ritenersi che il consenso tacito sia integrato dal mero silenzio del titolare del marchio. Fatto salvo tale limite, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice nazionale, stabilire se una condotta del titolare del marchio costituisca, nel caso concreto, manifestazione tacita di una volont di consentire unimmissione in commercio allinterno dello Spazio economico europeo. I FATTI E LA CONTROVERSIA NELLA CAUSA PRINCIPALE La resistente in cassazione, titolare del marchio denominativo Diesel, ha convenuto dinnanzi al Tribunale di Amsterdam la Makro, unitamente al suo socio accomandatario, chiedendo una pronuncia che inibisse ai convenuti lulteriore uso nel commercio del proprio marchio, oltre al risarcimento dei danni. Le convenute hanno chiesto il rigetto delle domande invocando il principio dellesaurimento di cui allarticolo 7, par. 1, della direttiva, recepito dallarticolo 13, lett. a), n. 9 del Benelux Merkenwet (Legge del Benelux sui marchi). Nel corso dei diversi gradi del giudizio sono stati accertati i seguenti fatti: IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 181 i) una societ, denominata Distribution Italian Fashion Sociedad Anonima (in prosieguo: la Difsa) era distributrice dei prodotti della Diesel in Spagna, Portogallo e Andorra; ii) questa societ ha stipulato il 29 settembre 1994 un contratto di distribuzione esclusiva con la societ di diritto spagnolo Flexi Casual Sociedad Limitada (in prosieguo: la Flexi Casual), avente ad oggetto la vendita nei suddetti Paesi di alcuni prodotti recanti, tra laltro, il marchio denominativo Diesel (tra cui calzature). Una clausola di tale contratto autorizzava la Flexi Casual ad eseguire prove casuali, mediante offerta e vendita ai propri clienti, con calzature del marchio Diesel e con altre da essa disegnate, che reputasse adatte al mercato nel quale operava, al fine di determinare con certezza le esigenze del mercato; iii) poco tempo dopo (l11 novembre 1994) la Difsa ha altres rilasciato alla Flexi Casual una concessione di produzione e distribuzione di calzature da essa disegnate, a guisa di campioni di prova e sondaggi di mercato, affinch queste potessero essere offerte alla Diesel per la distribuzione o per la cessione della licenza di produzione; iv) il 21 ottobre 1997 un amministratore della Flexi Casual ha rilasciato alla societ Cosmos World S.L. (in prosieguo la Cosmos) una concessione per la produzione e la vendita di calzature, borse e cinture del marchio Diesel. Nel contratto si dichiara che il diritto di Flexi Casual di rilasciare la concessione avrebbe fonte nel contratto intercorso con la Difsa; v) la Cosmos ha prodotto e immesso calzature recanti i marchi Diesel. Le calzature prodotte dalla Cosmos non sono mai state presentate alla Difsa e/o alla Diesel per il loro consenso; vi) Nellestate 1999 la Makro ha posto in vendita calzature recanti il marchio denominativo Diesel. Tali calzature erano state acquistate, attraverso una controllata della Makro, da due ditte spagnole che a loro volta le avevano acquistate dalla Cosmos. La Corte di cassazione dei Paesi Bassi ha, inoltre, riferito che, anche in forza di preclusioni determinatesi nel processo, devono considerarsi accertate anche le seguenti ulteriori situazioni di fatto e di diritto: a) n la Diesel, n la sua distributrice Difsa hanno voluto conferire alla Flexi Casual o alla Cosmos un diritto generale di immettere (su larga scala) calzature recanti il marchio Diesel attraverso il contratto del 29 settembre 1994 (e in particolare attraverso la clausola 1.4); b) da escludere che la Makro abbia potuto intendere che la Flexi Casual o la Cosmos potessero derivare un simile diritto da quel contratto; c) anche ammesso che la Flexi Causal potesse derivare dalla concessione dell11 novembre 1994 stipulata con Difsa maggiori diritti di quelli derivanti dal precedente contratto del 29 settembre 1994, stipulato dalle stesse parti, da ci non discende che essa o la Cosmos avessero un diritto generale di produrre 182 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 calzature con il marchio denominativo Diesel; d) le calzature in questione, pertanto, non sono state immesse nel mercato del SEE dalla Diesel e neppure con il consenso esplicito della stessa. LE MOTIVAZIONI DEL GIUDICE DEL RINVIO Lo Hoge Raad, richiamati i criteri enunciati dalla sentenza Davidoff a proposito della regola dellesaurimento, ha ritenuto che non si possa escludere che tali criteri, reputati di carattere alquanto rigido, risentano del fondamento di tale sentenza, costituito dalla necessit di tutelare la libert del titolare del marchio di immettere nel mercato i propri prodotti al di fuori del SEE senza che ci pregiudichi lesercizio allinterno del SEE dei diritti derivanti dal marchio. E quindi sorto nel Giudice remittente il dubbio che, allorquando si debba verificare loperativit della regola dellesaurimento con riguardo a prodotti immessi precedentemente nel mercato del SEE situazione, questa, della quale non si sarebbe occupata la sentenza Davidoff possa individuarsi un criterio diverso e pi ampio di quelli orientati sul controllo da parte del titolare del marchio sulla prima immissione nel mercato del SEE. Questo criterio dovrebbe avrebbe riguardo alla realizzazione della funzione del marchio come garanzia di provenienza e qualit. LA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO Analisi primo quesito La questione che si pone consiste nello stabilire se limmissione in commercio, allinterno di SEE da parte della Cosmos, di calzature recanti il marchio Diesel, costituisca esaurimento del diritto conferito dal marchio di impresa. Poich pacifico che questa commercializzazione avvenuta senza il consenso espresso del titolare del marchio, diviene necessario stabilire quale sia il diritto applicabile alla fattispecie e, nel caso in cui si propenda per lapplicazione di regole uniformi di diritto comunitario, individuare i criteri alla stregua dei quali deve accertarsi se sia stato manifestato un consenso tacito. Alla prima questione la Corte ha gi dato risposta affermativa, allorquando ha affermato che gli articoli da 5 a 7 della direttiva realizzano una armonizzazione completa delle norme relative ai diritti conferiti dal marchio e che essi, pertanto, definiscono i diritti di cui godono i titolari dei marchi allinterno della Comunit (v., inter alia, sentenze Silhouette International Schmied, cit., punti 25 e 29, Van Doren + Q, cit., punto 32, Davidoff, punto 39). Ne consegue che la regola dellesaurimento poggia su disposizioni armo- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 183 nizzate e che, in tale contesto, anche la nozione di consenso deve ricevere uninterpretazione uniforme. Il consenso costituisce, infatti, lelemento determinante per lapplicazione della regola dellesaurimento: qualora la sua nozione dipendesse dallordinamento nazionale degli Stati membri, potrebbe derivarne, per i titolari dei marchi, una tutela variabile in funzione della legge di volta in volta applicabile. Questi principi sono stati affermati dalla giurisprudenza Davidoff (v., in particolare, punti 41 43), nel conteso di argomentazioni che non risentono della peculiarit del caso concreto, nel quale si trattava di verificare se il consenso allimmissione dei prodotti fosse stato implicitamente prestato in connessione con il consenso manifestato allimmissione nel mercato al di fuori del SEE. E, pertanto, sicuramente da rifiutare la soluzione prospettata da una delle parti del giudizio a quo, secondo la quale la questione se il titolare del marchio abbia prestato il suo consenso deve essere risolta alla luce del diritto nazionale spagnolo. Passando al profilo sostanziale del quesito, ritiene il Governo italiano che la questione vada risolta tenendo conto dei criteri stabiliti nella giurisprudenza Davidoff e Van Doren + Q. Lapplicazione di questi criteri si impone, nel presente caso, a maggior ragione, perch diversamente rischierebbe di risultarne pregiudicata anche la funzione del marchio (rischio che, nelle precedenti occasioni, era escluso, trattandosi, in buona sostanza, esclusivamente di garantire il titolare del marchio contro il rischio della c.d. importazione parallela, senza che fosse messa in causa la funzione del marchio quale garanzia dellorigine e della qualit del prodotto). Si visto, infatti, nella Sezione II del presente scritto che gli effetti previsti dallarticolo 7 della direttiva sono limitati ai soli casi in cui i prodotti siano immessi in commercio nel SEE. Ci vuol dire che limmissione di prodotti recanti il marchio al di fuori del mercato del SEE, sia pure con il consenso del titolare, un fatto irrilevante ai fini dellapplicazione della regola dellesaurimento: ci che occorre accertare se vi sia stata commercializzazione dei prodotti nel SEE da parte del titolare del marchio o con il suo consenso. I principi enunciati nella sentenza Davidoff sono finalizzati allaccertamento di tale ultima circostanza, che la medesima circostanza che occorre accertare nel giudizio di rinvio. La circostanza che in quelloccasione si trattasse di verificare se il consenso fosse stato tacitamente manifestato in connessione (in circostanze anteriori, concomitanti o posteriori) con il consenso, sicuramente prestato, allimmissione in commercio al di fuori del SEE, costituisce unevenienza di mero fatto, che non modifica i termini della questione se non nel senso di circoscrivere loggetto della prova al momento della autorizzazione allimportazione (essendo invece pacifico che il marchio era stato apposto sui prodotti con il consenso del titolare). 184 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 Non vi ragione pertanto per elaborare, ai fini della prova dellesistenza del consenso tacito, criteri diversi e pi elastici di quelli individuati nella sentenza Davidoff, la cui applicazione si impone a maggior ragione nel caso di specie. Analisi secondo quesito In considerazione della risposta che stata suggerita per il primo quesito, il Governo italiano non suggerir risposte rispetto al secondo quesito. Conclusioni Alla stregua delle considerazioni che precedono, il Governo italiano suggerisce alla Corte di rispondere ai quesiti sottoposti al suo esame affermando che: Nel caso in cui prodotti recanti un marchio, siano stati precedentemente immessi nel mercato allinterno del SEE, ma non dal titolare del marchio n con il suo esplicito consenso, per valutare se ci sia avvenuto con il consenso (implicito) del titolare del marchio, ai sensi dellart. 7, n.1, della Prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988 sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa (89/104/CE) 1, occorre applicare i criteri stabiliti nella sentenza 20 novembre 2001, cause riunite C-414 - 416/99, Davidoff e a., secondo i quali il consenso pu essere tacito quando desumibile da circostanze le quali, valutate dal giudice nazionale, esprimano con certezza una rinuncia del titolare del diritto ad opporsi a unimmissione in commercio dei prodotti recanti il marchio. Roma, 14 novembre 2008 Avv. Sergio Fiorentino Causa C-336/08 - Materia trattata: politica sociale - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Landessozialgericht Berlin-Brandenburg (Germania) il 18 luglio 2008 - Christel Reinke/AOK Berlin. (Avvocato dello Stato W. Ferrante - AL 36103). LE QUESTIONI PREGIUDIZIALI 1) Se il diritto al rimborso delle spese di cui allart. 34, nn. 4 e 5 del regolamento n. 574/72 comprenda anche le spese sostenute per le cure mediche urgenti prestate alla titolare di una pensione avente diritto allerogazione delle prestazioni ai sensi dellart. 31 del regolamento n. 1408/71 in una clinica privata del luogo di dimora, qualora lospedale competente abbia rifiutato tali cure, sotto forma di prestazione in natura, a causa di sovraffollamento; IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 185 2) Se il rimborso delle spese possa limitarsi alle tariffe di rimborso di cui allart. 34, n. 4 del regolamento n. 574/72, qualora listituzione competente effettui il pagamento della prestazione in natura degli ospedali non sulla base di tariffe astratte e generali, bens sulla base di singoli contratti individuali e il diritto nazionale non preveda alcuna limitazione della prestazione in natura alle cure mediche in determinati ospedali; 3) Se una disposizione nazionale secondo la quale il rimborso delle spese per cure mediche in una clinica privata situata in un altro Stato membro dellUnione europea escluso anche nel caso di cure mediche urgenti sia compatibile con gli artt. 49 CE, 50 CE nonch con lart. 18 CE. LESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA Il giudice remittente stato investito di una controversia nella quale la ricorrente, una cittadina tedesca residente in Germania iscritta al regime obbligatorio di assicurazione malattia in quanto titolare di una pensione, ha chiesto al proprio servizio sanitario, la convenuta AOK di Berlino, il rimborso delle spese mediche sostenute, mentre si trovava in Spagna in vacanza, per prestazioni mediche di carattere vitale ricevute in via durgenza in una clinica privata dopo che lospedale pubblico ne aveva rifiutato laccettazione per mancanza di posti. In particolare, nellagosto del 2003, la ricorrente, per la quale si era sospettato un colpo apoplettico, stata ricoverata nel reparto di terapia intensiva di una clinica privata di Marbella per 12 giorni ed stata poi trasferita nel reparto di terapia respiratoria artificiale di un ospedale pubblico di Marbella non appena vi stata disponibilit di posti letto. A fronte della spesa di 21.954,18 addebitata alla ricorrente dalla clinica privata, la convenuta le ha rimborsato limporto di 12.883,84, basandosi sulla tariffa media applicata nellagosto 2003 dai reparti di terapia intensiva di cinque ospedali di Berlino in quanto la legislazione spagnola non prevede in tali casi tariffe di rimborso. La controversia verte sulla spettanza della differenza tra quanto pagato dalla ricorrente e quanto rimborsatole dalla convenuta. In base alla legislazione tedesca, le prestazioni ospedaliere ricevute in altri Stati dellUnione europea possono essere rimborsate solo se previamente approvate dal regime di assicurazione malattia, il che nella fattispecie non accaduto in quanto si trattato di prestazione medica urgente, la cui necessit si manifestata mentre la ricorrente si trovava gi allestero in vacanza. Dallordinanza di rimessione, risulta inoltre che la ricorrente non ha scelto di propria iniziativa di ricevere la prestazione presso la struttura privata ma che tale determinazione stata presa dallospedale pubblico sulla base di una valutazione medica legata alla gravit della malattia ed in ragione dellinsuf- 186 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 ficienza di posti letto nel reparto per i ricoveri durgenza. LA NORMATIVA COMUNITARIA Lart. 31 n. 1 lettera a) del regolamento CEE n. 1408/71 relativo allapplicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati ed ai loro familiari che si spostano allinterno della Comunit - come modificato dallart. 1 del regolamento CE n. 631/2004 a decorrere dal 1 giugno 2004 e da ultimo abrogato dallart. 90 del regolamento CE n. 883/2004 che ha interamente ridisciplinato la materia - dispone che il titolare di una pensione che abbia diritto alle prestazioni mediche secondo la legislazione di uno Stato membro beneficia delle prestazioni in natura erogate dallistituzione del luogo di dimora (nella specie, la Spagna) a carico dellistituzione del luogo di residenza del titolare (nella specie, la Germania). Lart. 34 del regolamento 574/72, che stabilisce le modalit di applicazione del regolamento 1408/71, prevede che quando non possibile espletare durante la dimora in un Paese membro diverso da quello di residenza le formalit per la verifica della sussistenza dei requisiti soggettivi per ricevere le prestazioni sanitarie, listituzione competente pu effettuare il rimborso delle spese sostenute, in base alle tariffe applicate dallistituzione del luogo di dimora (paragrafo 1). Ai sensi del paragrafo 4 della stessa norma, il rimborso pu essere effettuato dallistituzione competente in base alle proprie tariffe, sempre che il rimborso sia permesso, che le spese da rimborsare non superino un determinato importo fissato dalla commissione amministrativa e che il lavoratore subordinato o autonomo o il titolare di pensione o di rendita abbia dato il proprio consenso per farsi applicare detta disposizione. In nessun caso l'importo del rimborso pu essere superiore a quello delle spese realmente sostenute. Ai sensi dellart. 1 della decisione della commissione amministrativa delle Comunit europee per la sicurezza sociale dei lavoratori migranti del 24 giugno 1999, n. 176, relativa al rimborso da parte dellistituzione competente di uno Stato membro delle spese sostenute durante il soggiorno in un altro Stato membro secondo la procedura di cui allart. 34, paragrafo 4, del regolamento n. 574/72, limporto massimo delle spese sostenute cui si riferisce questultima disposizione fissato in 1000. LA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO Primo quesito Con il primo quesito, il Landessozialgericht di Berlino chiede alla Corte di Giustizia di pronunciarsi sullinterpretazione dellart. 34, nn. 4 e 5, del regolamento 574/72 al fine di stabilire se la titolare di una pensione possa avere IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 187 il rimborso delle spese mediche sostenute per le cure che le sono state prestate in via durgenza in una clinica privata del luogo di dimora temporaneo in altro Stato rispetto a quello di residenza, non potendole essere assicurate dalla struttura pubblica per sovraffollamento. Dalla lettura combinata dei paragrafi 1 e 4 dellarticolo 34 del regolamento 574/72, si evince che la regola in materia di rimborsi delle spese sostenute durante la dimora in un altro Stato membro quella che il concorso alle spese avvenga sulla base delle tariffe dellistituzione di quel luogo. In deroga a questa regola, il rimborso pu avvenire anche sulla base delle tariffe dellistituzione del luogo di iscrizione al servizio sanitario nazionale solo se il rimborso sia permesso, le spese da rimborsare non superino un predeterminato importo e il titolare del diritto alla prestazione abbia dato il proprio consenso alla diversa disposizione. I diritti conferiti da tali disposizioni sono diretti ad agevolare la libera circolazione degli assicurati sociali, come affermato dalla Corte di giustizia con le sentenze 12 luglio 2001, causa C-368/98, Vanbraekel, punto 32; 25 febbraio 2003, causa C-326/00, IKA, punti 38 e 51; 23 ottobre 2003, causa C-56/01, Inizan, punto 21. La finalit di tali disposizioni infatti quella di garantire la libera circolazione delle persone allinterno del territorio comunitario di modo che i diritti di cui i cittadini godono nel proprio Paese non possano essere compressi in conseguenza dello spostamento in un altro Paese membro. In entrambi i casi, per, il presupposto del diritto al concorso pubblico alle spese sembrerebbe essere quello che le cure siano state prestate comunque ed in ogni caso in una struttura pubblica o accreditata. Lart. 13, n. 3 del SGB V (Codice della previdenza sociale tedesco) peraltro non sembra prevedere espressamente il rimborso di spese mediche erogate da strutture private in altro Stato membro, limitandosi a disporre che la cassa malattia, ove non possa fornire in tempo una prestazione urgente o rifiuti ingiustamente una prestazione, occasionando in tal modo spese agli assicurati che pagano essi stessi tale prestazione, tenuta a rimborsarne limporto agli assicurati nei limiti in cui la detta prestazione necessaria. Ci premesso, si osserva che la Corte di giustizia sembra gi aver affrontato un problema analogo nella sentenza del 19 aprile 2007, causa C-444/05, Stamatelaki, che ha affermato la non conformit al diritto comunitario ed in particolare allart. 49 CE di una normativa (nella specie la legislazione ellenica) che esclude qualsiasi rimborso, da parte di un ente previdenziale nazionale, delle spese sostenute in occasione del ricovero di un suo assicurato presso cliniche private situate in altri Stati membri (nella specie Regno Unito), fatta eccezione per quelle relative alle cure prestate ai bambini di et inferiore ai 14 anni. In detta sentenza, si precisa che, per quanto sia pacifico che il diritto co- 188 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 munitario non restringe la competenza degli Stati membri in materia di organizzazione dei loro sistemi previdenziali e che, in mancanza di unarmonizzazione a livello comunitario, spetta alla legislazione di ciascuno Stato membro determinare le condizioni per la concessione delle prestazioni in materia previdenziale, ci nondimeno, nellesercizio di tale competenza, gli Stati membri devono rispettare il diritto comunitario, in particolare le disposizioni relative alla libera prestazione dei servizi (punto 23). La Corte di giustizia ha inoltre sottolineato che dette disposizioni comportano il divieto per gli Stati membri di introdurre o mantenere ingiustificate restrizioni dellesercizio di questa libert anche nellambito delle cure sanitarie (sentenze 12 luglio 2001, causa C-157/99, Smits e Peerbooms, punti 44 - 46; 16 maggio 2006, causa C-372/04, Watts, punto 92). Se tale principio applicabile nel caso in cui un cittadino abbia scelto di avvalersi di prestazioni mediche specialistiche in strutture private allestero (come nel caso della sentenza Stamatelaki citata), a maggior ragione deve essere applicato nel caso in cui il bisogno urgente della cura medica insorga quando il cittadino si trovi gi in uno altro Stato membro e non sia possibile avvalersi della struttura pubblica per sovraffollamento. Altrimenti, una normativa che escluda in modo assoluto il rimborso di tali spese confliggerebbe non solo con il divieto di restrizioni alla libera prestazione dei servizi (artt. 49 e 50 CE) ma anche con il diritto di libera circolazione dei cittadini (art. 18 CE). Nel caso di specie, infatti, il rimborso non stato escluso in modo assoluto ma stato limitato nel suo ammontare. Al primo quesito, il Governo italiano ritiene quindi di dare risposta positiva. Secondo quesito Con il secondo quesito, il giudice remittente chiede alla Corte in che misura debba essere riconosciuto il rimborso delle spese nel caso in cui listituzione competente effettui il pagamento della prestazione non sulla base delle tariffe astratte ma sulla base di contratti individuali ed il diritto nazionale non preveda alcun limite nel richiedere le prestazioni stesse. A norma dellart. 31, n. 1, lett. a) del regolamento n. 1408/71, lassistenza sanitaria al cittadino che si reca per turismo e/o studio in un Paese nello spazio economico europeo garantita per prestazioni necessarie secondo modalit e regole che il Paese straniero ospitante eroga ai propri assistiti. Il principio sotteso alla norma sembrerebbe, pertanto, essere quello che il cittadino di un Paese membro di residenza diverso da quello di dimora debba ricevere in questo le stesse prestazioni che vengono garantite ai residenti, mentre non sembra che lo stesso principio possa ampliarsi fino a ricomprendervi il diritto del cittadino comunitario a ricevere prestazioni non garantite in IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 189 questultimo Paese, non essendo uguali i sistemi sanitari dei vari Paesi membri, ovvero, a maggior ragione, a prestazioni quantitativamente e qualitativamente diverse rispetto a quanto lo stesso Paese di residenza gli riconosca. In proposito, il giudice remittente, nel prendere in esame la legislazione spagnola, ha rilevato che una persona residente in Spagna non avrebbe diritto di farsi rimborsare dal sistema sanitario spagnolo le spese per la degenza in una clinica privata. Certamente, va per tenuto conto del fatto che la ricorrente non ha scelto liberamente di farsi curare da una struttura privata ma stata ivi ricoverata solo in ragione dellurgenza e dellassenza di posti letto nella struttura pubblica. Ci detto, va ricordato che lart. 34 del regolamento n. 574/72 - nel caso in cui le formalit previste agli art. 20, 21, 23 e 31 non abbiano potuto essere espletate e cio se linteressato non abbia presentato allistituzione del luogo di dimora un attestato che certifichi che ha diritto alle prestazioni mediche - stabilisce un limite alla rimborsabilit in caso di prestazioni erogate allestero in forma indiretta (e quindi anche da strutture private) pari ad un importo di 1.000 e, comunque, non superiore alla spesa effettivamente sostenuta dallinteressato; ci allo scopo di proteggere i sistemi sanitari da oneri finanziari sproporzionati. Pertanto deve ritenersi che la condotta tenuta dalla AOK, che ha rimborsato alla ricorrente 12.883,84 su complessivi 21.954,18, sia del tutto coerente con il combinato disposto dellart. 31 del Reg. (CEE) 1408/71 e dellart. 34, nn. 4 e 5, del Reg. (CEE) 574/72. Infatti, in base al suddetto quadro normativo, allassicurata tedesca temporaneamente soggiornante in Spagna, sono applicabili una serie di diritti e limiti: in primo luogo, il diritto a ricevere prestazioni medicalmente necessarie; in secondo luogo il diritto al rimborso, anche se la prestazione stata fornita da una struttura privata. Quanto ai limiti, il rimborso soggetto a due condizioni: la prima riguarda il tetto stabilito dalla commissione amministrativa per la sicurezza sociale dei lavoratori migranti ( 1.000); la seconda stabilisce che non consentito rimborsare pi delle spese realmente sostenute (nel caso della ricorrente: 21.954,18). Alla luce di quanto sopra, occorre sottolineare che lAOK non ha messo in dubbio di dover rimborsare tali spese, ma solo di dover effettuare un rimborso integrale. Pertanto, la condotta della AOK, che ha rimborsato circa la met della spesa effettiva ( 12.883,84), appare non solo conforme alla richiamata normativa ma anche di maggior favore. La Corte di Giustizia ha peraltro gi avuto modo di affermare la conformit al diritto comunitario di una prassi seguita da una cassa malattia, nel- 190 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 lambito dellattuazione di una normativa nazionale (anche il quel caso si trattava della legislazione tedesca) che consiste nel rimborsare integralmente le spese mediche sostenute dai suoi iscritti in occasione di una permanenza in un altro Stato membro se tali spese non superano un importo di DEM 200 (sentenza del 14 ottobre 2004, causa C-193/03, Bosch). Infatti, la giurisprudenza comunitaria ha ripetutamente dichiarato che non si pu escludere che il rischio di grave pregiudizio per lequilibrio economico del sistema previdenziale possa costituire, di per s, una ragione imperativa di pubblico interesse in grado di giustificare un ostacolo al principio della libera prestazione dei servizi (Corte di giustizia, sentenze 28 aprile 1998, causa C-158/96, Kohll, punto 41; 13 maggio 2003, causa C-385/99, Mller-Faur e van Riet, punto 73). La Corte ha parimenti ritenuto che lart. 46 del Trattato consente agli Stati membri di limitare la libera prestazione dei servizi medici e ospedalieri, applicando la deroga giustificata da motivi di sanit pubblica, qualora ci sia necessario per la conservazione di un sistema sanitario equilibrato ed accessibile a tutti. Infatti lequilibrio del regime previdenziale nazionale potrebbe essere compromesso qualora gli assicurati avessero la facolt di fare ricorso a cliniche private situate in altri Stati membri, senza alcun limite al rimborso, tenuto conto del costo elevato delle prestazioni dalle stesse erogate che supera largamente quelle fornite in un ospedale pubblico. Come correttamente osservato dal giudice remittente, se non fosse possibile limitare il rimborso in base a tariffe nazionali oggettive, non discriminatorie e trasparenti, lo Stato di residenza sarebbe costretto a colmare le lacune del sistema sanitario di un altro Stato membro tramite la totale assunzione delle spese per le cure mediche prestate in una struttura privata a causa dellinsufficienza della struttura pubblica. Del resto, nella sentenza Stamatelaki citata, la Corte ha ritenuto che sarebbe stata proporzionata allo scopo perseguito di garantire lequilibrio del sistema previdenziale la definizione di limiti massimi rimborsabili (punto 35), ritenendo non proporzionato solo il carattere assoluto della non rimborsabilit prevista, in quel caso, della legislazione ellenica. Anche nella sentenza Mller-Faur e van Riet citata stato chiarito che spetta ai soli Stati membri determinare la portata dellassicurazione malattia di cui beneficiano gli assicurati, cosicch quando questi ultimi si recano senza previa autorizzazione in uno Stato membro diverso da quello in cui ha sede la cassa malattia cui appartengono per farsi ivi curare, possono esigere la presa a carico delle cure loro fornite solo nei limiti della copertura garantita dal regime di assicurazione malattia dello Stato membro di iscrizione (punto 98). Al secondo quesito quindi il Governo italiano ritiene di dare risposta positiva. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 191 Terzo quesito Con il terzo quesito, il giudice remittente ha chiesto, infine, di sapere se la normativa nazionale tedesca, che escluderebbe qualsiasi rimborso delle spese per cure mediche in una clinica privata situata in un altro Stato membro, sia compatibile con gli articoli 18, 49 e 50 del Trattato. In proposito, occorre rilevare che gli articoli 49 e 50 del Trattato CE sembrano orientati ad impedire che uno Stato tenga comportamenti protezionistici nei confronti di prestatori di servizi di altro Stato per avvantaggiare i prestatori residenti. Dette norme sono quindi finalizzate ad assicurare la libera concorrenza tra operatori di due Stati diversi. Tuttavia, allevidenza, nel caso di specie, la situazione stata di altro genere, giacch non si trattato di proteggere operatori tedeschi rispetto ad operatori spagnoli, ma di curare nellimmediatezza linteressata, naturalmente in Spagna, dove, in assenza di posti letto nella struttura pubblica spagnola, dovuta necessariamente intervenire una struttura privata, sempre spagnola. Infatti, la ricorrente dovendo ricevere cure urgenti, che non stato possibile apprestare nella struttura pubblica per carenza di recettivit della stessa, su autonoma decisione dellospedale pubblico, stata ricoverata presso una struttura privata, cosa che ha fatto sorgere unobbligazione contrattuale in capo alla ricorrente, senza che la stessa abbia operato una libera scelta in tal senso. Ci detto, va sottolineato che, dallordinanza di rimessione emerge che, nel caso di specie, il rimborso delle spese mediche non stato affatto escluso bens stato effettuato parzialmente e in misura comunque ben superiore al massimale di 1000 fissato dallart. 1 della decisione della commissione amministrativa per la sicurezza sociale dei lavoratori migranti e pertanto il quesito, che presuppone una legislazione che escluda in toto il rimborso, sembrerebbe essere privo di oggetto. Alla luce di quanto sopra, al terzo quesito il Governo italiano ritiene di dare risposta positiva. ** ** ** Il Governo italiano propone quindi alla Corte di risolvere il primo quesito nel senso che il diritto al rimborso delle spese di cui allart. 34, nn. 4 e 5 del regolamento n. 574/72 comprenda anche le spese sostenute per le cure mediche urgenti prestate alla titolare di una prestazione avente diritto allerogazione delle prestazioni ai sensi dellart. 31 del regolamento n. 1408/71 in una clinica privata del luogo di dimora, qualora lospedale competente abbia rifiutato tali cure, sotto forma di prestazione in natura, a causa di sovraffollamento. Il Governo italiano propone inoltre alla Corte di risolvere il secondo quesito nel senso che il rimborso delle spese possa essere parziale e limitarsi alle tariffe di rimborso di cui allart. 34, n. 4 del regolamento n. 574/72, qualora 192 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 listituzione competente effettui il pagamento della prestazione in natura degli ospedali non sulla base di tariffe astratte e generali, bens sulla base di singoli contratti individuali e il diritto nazionale non preveda alcuna limitazione della prestazione in natura alle cure mediche in determinati ospedali. Il Governo italiano propone infine alla Corte di affermare che il terzo quesito privo di oggetto in quanto nella fattispecie vi stato un rimborso parziale delle spese per cure mediche urgenti in una clinica privata situata in un altro Stato membro dellUnione europea e non unesclusione totale del rimborso, della quale si chiesta la compatibilit con gli artt. 18, 49 CE, 50 CE. Roma, 13 novembre 2008 Avv. Wally Ferrante Causa C-347/08 - Materia trattata: spazio di libert, sicurezza e giustizia - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Landesgerichts FeldKirch (Austria) il 28 luglio 2008 - Vorarlberger Gebietskrankenkasse gegen WGV/Schwbische Allgemeine Versicherungs AG. (Avvocato dello Stato W. Ferrante - AL 36135/08). LE QUESTIONI PREGIUDIZIALI 1) Se il rinvio di cui allarticolo 11, n. 2, del regolamento CEE del Consiglio 22 dicembre 2000, n. 44/2001, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e lesecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale allarticolo 9, n.1, lett. b), del medesimo regolamento debba essere interpretato nel senso che un organismo di assicurazione sociale, cessionario ex lege dei diritti della persona direttamente lesa (art. 332 della ASVG Allgemeine Sozialversicherungs-gesetz-legge generale sullassicurazione sociale) possa promuovere dinanzi al giudice del luogo di uno Stato membro dove il detto organismo ha la sua sede unazione nei confronti dellassicuratore, in quanto siffatta azione diretta sia ammissibile e lassicuratore abbia la sua sede nel territorio di uno Stato membro. 2) In caso di soluzione affermativa della questione sub 1: se tale competenza sussista anche nel caso in cui la persona direttamente lesa al momento di proporre lazione dinanzi al giudice, non abbia alcun domicilio o dimora abituale nello Stato membro dove lorganismo di assicurazione sociale ha la sua sede. LESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA La fattispecie allesame del giudice rimettente austriaco trae origine da IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 193 un sinistro stradale occorso in Germania tra la sig.ra Daniela Kerti, una cittadina domiciliata in Austria allepoca dei fatti (e successivamente trasferitasi in Germania) che ha riportato lesioni personali e la sig.ra Christine Gaukel, una cittadina domiciliata in Germania. La Vorarlberger Gebietskrankenkasse, organismo di assicurazione sociale con sede in Austria, ha rimborsato alla propria assicurata Sig.ra Kerti le spese mediche da questa sostenute e si surrogata nei suoi diritti nei confronti della WGV Schwbische Allgemeine Versicherungs AG, compagnia assicurativa della Sig.ra Gaukel, ritenuta responsabile del sinistro, con sede in Germania. Lorganismo di assicurazione sociale austriaco ha citato in giudizio la compagnia di assicurazione tedesca dinanzi al proprio foro nazionale in Austria. Il giudice di primo grado austriaco ha dichiarato la propria incompetenza, ritenendo che lazione andava proposta in Germania, non potendosi considerare lattore come persona direttamente lesa ai sensi del combinato disposto degli articoli 11, n. 2 e 9 n. 1, lett. b) del regolamento n. 44/2001. Il giudice dappello (e di ultimo grado in ragione del valore della controversia) chiede alla Corte di giustizia se lorganismo di assicurazione sociale, essendo subentrato nei diritti della propria assicurata, possa invocare, come avrebbe potuto fare questultima, il foro speciale dellattore, in base alle richiamate norme, in luogo del foro generale del convenuto, in base allart. 2 del regolamento. LA NORMATIVA COMUNITARIA Oggetto dellordinanza di remissione linterpretazione degli artt. 11, n. 2, e 9, n. 1 lett. b) del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e lesecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. La disciplina regolamentare in materia assicurativa, quasi identica a quella contenuta nella Convenzione di Bruxelles, stabilisce, nei casi in cui sia lassicurato ovvero il contraente o il beneficiario della polizza a promuovere lazione nei confronti dellassicuratore, la possibilit di convenire in giudizio lassicuratore oltre che dinanzi ai giudici dello Stato in cui questultimo domiciliato (articolo 9, n. 1 lett. a)), anche davanti al giudice del luogo in cui domiciliato lattore, per i casi in cui lassicuratore abbia il domicilio in uno Stato membro (articolo 9, n. 1, lett. b) del regolamento). A fronte di tali previsioni, che coprono tutti i settori assicurativi, il regolamento contempla alcuni fori supplementari, per quanto di interesse, con riferimento allipotesi di assicurazione della responsabilit civile, prevedendo che sia competente anche il giudice del luogo in cui si verificato levento dannoso (articolo 10) nonch il giudice presso il quale stata proposta lazione 194 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 esercitata dalla persona lesa contro lassicurato (articolo 11, n. 1). Larticolo 11, n. 2 dispone che sono applicabili allazione diretta proposta dalla persona lesa contro lassicuratore gli articoli 8, 9 e 10. Ai sensi del considerando n. 13 del regolamento n. 44/2001 espressamente indicato che nei contratti di assicurazione, come in quelli di consumo e di lavoro, opportuno tutelare la parte pi debole con norme in materia di competenza pi favorevoli ai suoi interessi rispetto alle regole generali. Tale principio trova conferma nel considerando 16 bis della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 11 maggio 2005, 2005/14/CE, che integra la direttiva 16 maggio 2000, n. 2000/26/CE in materia di assicurazione della responsabilit civile risultante dalla circolazione di autoveicoli, che cos dispone: Ai sensi del combinato disposto dellarticolo 11, paragrafo 2, e dellarticolo 9, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e lesecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale ... la parte lesa pu citare in giudizio lassicuratore della responsabilit civile nello Stato membro in cui essa domiciliata. LA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO Primo quesito Ci premesso, il Governo italiano ritiene che al primo quesito posto alla Corte debba darsi risposta negativa e che le norme in questione debbano essere interpretate nel senso che un organismo di assicurazione sociale, cessionario ex lege dei diritti della persona direttamente lesa non possa promuovere unazione nei confronti dellassicuratore dellaltra parte coinvolta nel sinistro dinanzi al giudice del luogo ove detto organismo ha la sua sede. Nel regolamento n. 44/2001, le norme sulla competenza sono ispirate allesigenza di proteggere la parte socialmente pi debole e pertanto lapplicazione di queste disposizioni, come pi volte ribadito dalla Corte di Giustizia, deve essere compiuta ispirandosi a tale canone ermeneutico (cfr. sentenza 14 luglio 1983, in causa 201/82, Gerling, nella quale la Corte di giustizia, con riferimento alle norme sulla competenza in materia di assicurazione della Convenzione di Bruxelles, ha affermato la necessit di interpretarle nellottica di tutelare il soggetto pi debole). Il regolamento n. 44/2001 ha peraltro rafforzato tale tutela rispetto a quella che risultava dallapplicazione della Convenzione di Bruxelles (cfr. Corte di giustizia, sentenza del 13 dicembre 2007, causa C-463/06, Odenbreit, punto 28). Nel caso di specie, per appare difficile considerare parte debole un organismo di assicurazione sociale che ha presumibilmente pari forza rispetto alla societ di assicurazione della controparte. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 195 Per effetto della cessione dei diritti del danneggiato, la controversia diviene tra due imprese assicuratrici e viene meno la giustificazione di derogare alla disciplina generale sul foro competente, non essendovi lesigenza di tutelare, con norme di favore, una parte debole rispetto ad una parte forte. In presenza di tali circostanze, quindi, non necessario apprestare una tutela speciale per quanto attiene ai rapporti tra professionisti del settore assicurativo, fra i quali nessuno pu verosimilmente trovarsi in una posizione di debolezza rispetto allaltro. N gli artt. 11, n. 2 e 9, n. 1 lett. b) del regolamento n. 44/2001 menzionano, oltre alla persona lesa, al contraente dellassicurazione, allassicurato e al beneficiario anche il cessionario dei diritti della parte lesa, come avrebbero potuto agevolmente prevedere qualora avessero inteso estendere anche a tale ipotesi il regime di competenza speciale in questione. In proposito, in relazione ad una controversia sorta nellambito di un contratto di riassicurazione, la Corte di giustizia ha gi sottolineato linapplicabilit delle norme sulla competenza speciale in materia di assicurazioni, di cui agli articoli 7-12 bis della Convenzione di Bruxelles, nei rapporti tra riassicurato e riassicuratore, in considerazione del fatto che le due parti del contratto, essendo entrambi professionisti, posti in posizione paritetica, non necessitano di quella particolare tutela individuata nelle norme della sezione 3 (sentenza del 13 luglio 2000, causa C-412/98, Group Josi). Secondo una giurisprudenza costante della Corte di giustizia (sentenza 12 maggio 2005, causa C-112/03, Socit financire et industrielle du Peloux) risulta poi che le disposizioni di favore del foro speciale in questione muovono da una preoccupazione di tutela dellassicurato, il quale, nella maggior parte dei casi, la persona economicamente pi debole e giuridicamente meno esperta, che si trova di fronte ad un contratto predeterminato le cui clausole non possono essere oggetto di trattative. Da ci deriva che le norme sulla competenza in materia di assicurazione alluopo previste non possono essere estese a favore di soggetti giuridici per i quali tale protezione non appaia giustificata. Nel caso in esame non sembra potersi dubitare del fatto che lappellante e lappellato sono in posizione paritaria, sia dal punto di vista economico che giuridico, e non vi quindi alcuna valida ragione per applicare allappellante una norma di favore che sarebbe spettata esclusivamente alla persona lesa che gli ha ceduto il proprio credito nei confronti dellassicurazione del danneggiante. Inoltre, trattandosi di competenza derogatoria rispetto alla regola generale del domicilio del convenuto, in linea di principio, la norma deve considerarsi di stretta interpretazione. Lestensione analogica della disposizione in questione si giustificherebbe solo in ragione della posizione debole del danneggiato rispetto a quella del- 196 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 lassicuratore e quindi sulla base del principio affermato dalla richiamata giurisprudenza comunitaria, in base al quale la funzione di tutela del contraente ritenuto economicamente pi debole e giuridicamente meno esperto implica che le norme sulla competenza speciale possano essere estese a favore di quelle persone per le quali tale protezione appare giustificata (argomentando a contrario rispetto a quanto affermato dalla Corte di giustizia nella sentenza del 26 maggio 2005, causa C-77/04, Groupement dintert conomique GIE Runion europenne e a. che ha invece escluso lestensione analogica di un criterio di competenza eccezionale nei rapporti tra due imprese di assicurazione). Quanto al pericolo che sullo stesso fatto giudichino giurisdizioni di Stati membri diversi, si ritiene che tale eventualit insita in ogni ipotesi di previsione di fori alternativi, come nel caso di specie sarebbe comunque possibile anche a prescindere dalla soluzione data al quesito. Il regolamento n. 44/2001 prevede, infatti, in materia di assicurazione della responsabilit civile, la competenza generale del foro del convenuto (art. 2), la competenza speciale del foro dellattore qualora questo sia il contraente dellassicurazione, lassicurato, un beneficiario o la parte lesa in caso di azione diretta contro lassicuratore (art. 9, n. 1, lett. b) e art. 11, n. 2), la competenza del locus commissi delicti (art. 10) che, in ipotesi, potrebbe essere un terzo Stato membro, diverso da quelli in cui sono rispettivamente domiciliate le parti in causa o hanno sede le rispettive compagnie di assicurazione. In tali casi, la pendenza di pi cause vertenti sullo stesso fatto andr risolta alla luce dei principi generali in materia di litispendenza e connessione (art. 27 e seguenti del regolamento), ove le parti siano le stesse ovvero le cause siano connesse, pur essendo tra parti parzialmente diverse, come nel caso prospettato dal giudice a quo di azione per i danni materiali proposta dallorganismo cessionario del credito e di azione per i danni morali proposta dalla persona lesa. Secondo quesito Il Governo italiano osserva che la soluzione negativa fornita al primo quesito rende superflua la risposta al secondo quesito, rilevando comunque che, a maggior ragione, va esclusa la competenza derogatoria nel caso in cui la persona direttamente lesa non risieda pi, al momento della proposizione dellazione, nello Stato membro in cui ha sede lorganismo di assicurazione sociale cessionario ex lege del credito. Se infatti gi contestabile, come argomentato in relazione al primo quesito, che la surrogazione nei diritti sostanziali dellassicurato comporti automaticamente anche la surrogazione nei suoi diritti processuali, ci va senzaltro escluso quando, al momento della proposizione dellazione, lo stesso assicurato non avrebbe potuto giovarsi del foro di favore (lAustria) per IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 197 aver mutato il proprio domicilio che andato a coincidere con quello del convenuto (la Germania). Conclusioni Il Governo italiano propone quindi alla Corte di risolvere il quesito nel senso che il rinvio di cui allarticolo 11, n. 2, del regolamento n. 44/2001, allarticolo 9, n.1, lett. b), del medesimo regolamento debba essere interpretato nel senso che un organismo di assicurazione sociale, cessionario ex lege dei diritti della persona direttamente lesa non possa promuovere dinanzi al giudice del luogo di uno Stato membro dove il detto organismo ha la sua sede unazione nei confronti dellassicuratore. La soluzione negativa fornita al primo quesito rende superflua la risposta al secondo quesito. Roma, 21 novembre 2008 Avv. Wally Ferrante Causa C-518/08 - Materia trattata: propriet intellettuale - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal de grande instance de Paris (Francia) il 27 novembre 2008 - Fundaci Gala-Salvador Dal, Visual Entidad de Gestin de Artistas Plsticos/Socit des Auteurs dans les arts graphiques et plastiques, Juan-Leonardo Bonet Domenech, Eulalia-Mara Bas Dal, Mara Del Carmen Domenech Biosca, Antonio Domenech Biosca, Ana- Mara Busquets Bonet, Mnica Busquets Bonet. (Avvocato dello Stato W. Ferrante - AL 4007/09 - Diritti sulle vendite successive di opere darte). LE QUESTIONI PREGIUDIZIALI 1) Se, successivamente all'entrata in vigore della direttiva 27 settembre 2001 [2001/84/CE], la Francia possa mantenere un diritto sulle successive vendite di opere d'arte riservato agli eredi ad esclusione dei legatari o aventi causa. 2) Se le disposizioni transitorie di cui all'art. 8, nn. 2 e 3, della direttiva 27 settembre 2001 consentano alla Francia di applicare un regime derogatorio. I FATTI DI CAUSA La domanda pregiudiziale trae origine da una controversia che vede contrapposti, da un lato, gli eredi del pittore Salvador Dal, deceduto il 23 gennaio 1989, successori ab intestato, i quali hanno aderito alla Societ des Auteurs 198 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 dans les Arts Graphiques et Plastiques (ADAGP), il cui statuto, allart. 2d, afferma che i titolari della totalit o di parte dei diritti patrimoniali sullopera di un autore possono affidare alla societ la gestione del diritto sulle successive vendite quale definito per la Francia dagli artt. L122-8 e L123-7, secondo comma del Code de la Proprit Intellectuelle e, dallaltra, la Fondazione Dal a cui lo Stato spagnolo, nominato da Salvador Dal, con testamento del 20 settembre 1982, legatario universale dei suoi diritti di propriet intellettuale, aveva affidato lesercizio dei poteri di amministrazione e di sfruttamento dei diritti di propriet intellettuale derivanti dallopera dellartista nonch la societ Visual Entidad de Gestion de Artistas Plasticos (VEGAP), societ di gestione collettiva di diritto spagnolo, cui la Fondazione Dal ha conferito un mandato esclusivo di gestione collettiva ed esercizio dei suoi diritti per il mondo intero sullopera di Dal. Dunque la Fondazione Dal e la VEGAP sostengono di essere, secondo la legge spagnola, uniche beneficiarie di tutti i diritti dellopera del pittore, ivi compresi i diritti sulle successive vendite delle sue opere mentre lADAGP ha applicato le disposizioni del diritto francese che escludono i legatari e aventi causa dal beneficio del diritto sulle vendite successive. LA NORMATIVA COMUNITARIA RILEVANTE Innanzitutto, va precisato che, ai sensi dellart. 1 della direttiva 2001/84/CE relativa al diritto dellautore di unopera darte sulle successive vendite delloriginale, per vendita successiva, si intende ogni vendita successiva alla prima cessione da parte dellautore che comporti lintervento, in qualit di venditori, acquirenti o intermediari, di professionisti del mercato dellarte come le case dasta, le gallerie darte e, in generale, qualsiasi commerciante di opere darte. La direttiva non riguarda quindi solo i diritti sulle vendite post mortem ma anche quelli sulle vendite, appunto, successive alla prima ad opera di intermediari professionisti. Tali diritti possono essere esclusi dagli Stati membri in relazione al prezzo della vendita nonch alla prossimit temporale della vendita stessa rispetto allacquisto dellopera direttamente dallautore. Ai sensi dellart. 6 della direttiva 2001/84/CE, i diritti sulle vendite successive spettano allautore e, fatto salvo lart. 8 paragrafo 2, dopo la sua morte, agli aventi causa. A norma dellart. 8 citato la durata della protezione del diritto corrisponde a quella stabilita dallarticolo 1 della direttiva 93/98/CEE concernente larmonizzazione della durata di protezione del diritto dautore, in base al quale i diritti dautore di opere letterarie ed artistiche, ai sensi dellarticolo 2 della Convenzione di Berna, durano tutta la vita dellautore e sino al termine del IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 199 settantesimo anno dopo la sua morte indipendentemente dal momento in cui lopera stata resa lecitamente accessibile al pubblico. Secondo il paragrafo 2 del citato art. 8, in deroga al paragrafo 1, gli Stati membri che non applicano il diritto sulle successive vendite di opere darte alla data di entrata in vigore della direttiva non sono tenuti, per un periodo che termina non oltre il 1 gennaio 2010, ad applicare il diritto a favore degli aventi causa dellartista dopo la sua morte. Il successivo paragrafo 3 precisa che uno Stato membro al quale sia applicabile il paragrafo 2 pu disporre di altri due anni al massimo, se necessario, per permettere agli operatori economici in detto Stato membro di adeguarsi gradualmente al sistema del diritto sulle successive vendite di opere darte mantenendo nel contempo la loro validit economica prima che sia tenuto ad applicare il diritto a favore degli aventi causa dellartista dopo la sua morte. LA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO Sul primo quesito posto alla Corte Il giudice del rinvio chiede alla Corte se sia conforme alla direttiva 2001/84/CE lart. L123-7 del Code de la Proprit Intellectuelle francese in base al quale dopo il decesso dellautore, il diritto sulle successive vendite di opere darte menzionato allart. L122-8 spetta agli eredi e, per quanto riguarda lusufrutto di cui allart. L123-6 al coniuge, ad esclusione di tutti i legatari e aventi causa per lanno in corso e i successivi settantanni. La normativa francese include quindi tra i beneficiari dei diritti sulle successive vendite i successori a titolo universale - gli eredi - ed esclude i successori a titolo particolare mortis causa o inter vivos - i legatari e gli aventi causa. Secondo il Governo italiano, tale scelta appare legittima alla luce del considerando 27 della citata direttiva in base al quale necessario determinare i beneficiari del diritto sulle successive vendite di opere darte nel rispetto del principio di sussidiariet e non opportuno intervenire sul diritto di successione degli Stati membri. La direttiva non riguarda quindi larmonizzazione del diritto successorio, lasciando impregiudicato, in ossequio al principio di sussidiariet, il diritto di ogni Stato membro di individuare i beneficiari dei compensi sulle vendite successive di opere darte nel rispetto della normativa nazionale in materia di successioni. La direttiva parte dal presupposto che non tutti i Paesi membri riconoscono il diritto sulle vendite successive di opere darte e che i regimi nazionali che lo riconoscono non sono uniformi (considerando 7 e 8). Alla luce di ci, nei considerando 9 e 14 della direttiva, il legislatore comunitario osserva che limportanza delle divergenze esistenti tra le disposi- 200 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 zioni nazionali in materia d luogo a distorsioni della concorrenza ed a fenomeni di delocalizzazione delle vendite allinterno della Comunit, comportando disparit di trattamento tra gli artisti a seconda di dove sono vendute le loro opere. Di qui la necessit di adottare delle misure di armonizzazione per ovviare alle disparit esistenti, che potrebbero creare o mantenere condizioni di concorrenza falsate, senza che sia tuttavia necessario armonizzare ogni disposizione delle legislazioni degli Stati membri in materia di diritto sulle successive vendite di opere darte, essendo sufficiente, nellintento di lasciare il pi ampio margine possibile alle decisioni nazionali, limitare larmonizzazione alle disposizioni nazionali che pi direttamente si ripercuotono sul funzionamento del mercato interno (considerando 15). In proposito la Corte di giustizia, nella sentenza 20 ottobre 1993, cause riunite C-92/92 e C-326/92, Phil Collins, ha chiarito che loggetto del diritto dautore e dei diritti connessi, quali disciplinati dalle legislazioni nazionali, quello di assicurare la tutela dei diritti morali ed economici dei loro titolari. La tutela dei diritti morali consente agli autori e agli artisti di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione o altra modifica dellopera che possa recare pregiudizio al loro onore o alla loro reputazione mentre la tutela dei diritti economici prevede la facolt di sfruttare commercialmente la messa in circolazione dellopera (punto 20). La Corte ha inoltre rilevato, nella predetta sentenza, che i diritti esclusivi conferiti dalla propriet letteraria ed artistica sono tali da incidere sia sugli scambi di beni e di servizi, sia sui rapporti di concorrenza nella Comunit e, per tale motivo, tali diritti, bench disciplinati dalle leggi nazionali, sono soggetti alle prescrizioni del Trattato. Ci detto, va rilevato che il diritto successorio - con le divergenze che possono esistere da Stato a Stato, che la direttiva non intende mettere in discussione - mira in genere ad assicurare la continuit nei rapporti attivi e passivi facenti capo al de cuius. Solitamente, gli ordinamenti giuridici degli Stati membri ritengono meritevole di tutela linteresse dei parenti a mantenere nellambito della cerchia familiare il patrimonio del defunto. E per questo che le legislazioni nazionali riservano spesso ai parenti pi prossimi (cosiddetti eredi legittimari) una quota delleredit sia in assenza di un testamento, sia in presenza di un testamento che destini ad altri una parte del patrimonio eccedente quella disponibile dal testatore (cosiddetta successione necessaria). Tale sembra essere il caso della legislazione francese che, pur in presenza di un testamento di Salvador Dal, che conferisce allo Stato spagnolo la qualit di legatario dei suoi diritti di propriet intellettuale, riconosce la qualit di eredi ai suoi parenti pi prossimi pur in assenza di un testamento a loro favore. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 201 Nellambito della successione mortis causa, le legislazioni nazionali distinguono di norma tra successione a titolo universale, con lacquisto della qualit di erede e successione a titolo particolare, in caso di disposizione testamentaria a titolo di legato. Mentre listituzione di erede non pu mai mancare perch la stessa legge che sopperisce nellindividuare i successori legittimi ove non vi abbia provveduto il defunto, il legato pu essere disposto solo per testamento. Inoltre, mentre lerede in grado di assicurare quella continuit globale e pressoch assoluta nei rapporti gi facenti capo al de cuius, succedendo in universum ius e rispondendo degli eventuali debiti anche ultra vires, quasi continuandone la persona, il che particolarmente significativo nel caso del diritto di autore, il legatario succede esclusivamente in quel singolo, individuato rapporto espressamente indicato dal defunto nel testamento. In assenza di unarmonizzazione a livello comunitario dei concetti di erede e di legatario, frutto di una precisa scelta in tal senso del legislatore comunitario in ossequio al principio di sussidiariet, appare opportuno che la definizione del termine aventi causa dopo la morte dellautore di cui allart. 6 della direttiva resti abbastanza elastico da consentire il rispetto dei diritti successori dei vari Stati membri. Appare quindi pienamente legittima e conforme allo spirito della direttiva - che intende lasciare un certo margine alle normative nazionali nellindividuare i beneficiari del diritto sulle successive vendite nel rispetto delle diversit delle legislazioni in materia di successione - la disposizione del Code de la Proprit Intellectuelle che riserva agli eredi detto diritto in quanto evidentemente ritenuti pi idonei a continuare la personalit del defunto, che si esprime in modo particolarmente pregnante in tema di diritto di autore. Sul secondo quesito posto alla Corte Con il secondo quesito, formulato, anche se non espressamente, solo in subordine, in caso di risposta negativa al primo quesito, il giudice del rinvio chiede alla Corte se le disposizioni transitorie di cui allart. 8 della direttiva consentano alla Francia di applicare un regime derogatorio. Avendo risposto al primo quesito nel senso che la Francia pu mantenere un diritto sulle successive vendite di opere darte riservato agli eredi, in quanto lasciato agli Stati membri un certo margine per definire il concetto di aventi causa dopo la morte dellautore, non sarebbe necessario rispondere al secondo quesito, in esito al quale sarebbe consentito alla Francia di mantenere tale normativa solo in via transitoria fino al 1 gennaio 2010, termine prorogabile di due anni. In realt, comunque, il regime transitorio di cui allart. 8, paragrafi 2 e 3 della direttiva non appare applicabile alla Francia. A norma del citato paragrafo 2, gli Stati membri che non applicano il 202 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 diritto sulle successive vendite di opere darte alla data di entrata in vigore della direttiva non sono tenuti, per un periodo che termina non oltre il 1 gennaio 2010, ad applicare il diritto a favore degli aventi causa dellartista dopo la sua morte. In base a tale disposizione, gli Stati membri che non prevedono una disciplina dei diritti sulle successive vendite alla data di entrata in vigore della direttiva possono non applicarla per un certo periodo a favore degli aventi causa dellartista dopo la sua morte ma debbono applicarla a favore dellautore. La legislazione francese invece gi disciplinava alla data di entrata in vigore della direttiva, nel Code de la Proprit Intellectuelle, il diritto sulle successive vendite di opere darte non solo a favore dellautore ma anche a favore degli eredi. Non sembra quindi che la norma transitoria sia applicabile alla legislazione francese, che appare sin dallinizio conforme alla direttiva che, come si detto nella risposta al primo quesito, lascia liberi gli Stati, nel rispetto del principio di sussidiariet, di individuare il novero dei beneficiari del diritto di cui allart. 6 nel rispetto del diritto di successione dei vari ordinamenti. ** ** ** Il Governo italiano propone quindi alla Corte di risolvere il primo quesito affermando che, successivamente allentrata in vigore della direttiva 2001/84/CE, la Francia possa mantenere un diritto sulle successive vendite di opere darte riservato agli eredi ad esclusione dei legatari o aventi causa in quanto gli Stati membri sono liberi di individuare i beneficiari di cui allart. 6 della direttiva, nel rispetto del principio di sussidiariet, sulla base dei rispettivi diritti di successione, sui quali la direttiva non interviene a fini di armonizzazione, come emerge dal considerando 27. Il Governo italiano propone inoltre alla Corte di ritenere non necessario rispondere al secondo quesito alla luce della risposta fornita al primo quesito e comunque di affermare che la norma transitoria di cui allart. 8, n. 2 e 3 della direttiva 2001/84/CE non applicabile alla legislazione francese che gi disciplinava il diritto sulle successive vendite alla data di entrata in vigore della direttiva. Roma, 26 marzo 2009 Avv. Wally Ferrante IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 203 Causa C-565/08 - Materia trattata: libet di stabilimento - Ricorso presentato il 19 dicembre 2008 - Commissione delle Comunit europee/Repubblica italiana. (Avvocato dello Stato W. Ferrante - AL 3557/069 - Procedura di infrazione massimi tariffe forensi). LA MEMORIA DI CONTROREPLICA DEL GOVERNO ITALIANO* 1. Con ricorso proposto ai sensi dellart. 226 CE, notificato il 12 gennaio 2009, la Commissione delle Comunit Europee ha adito la Corte di Giustizia delle Comunit Europee allo scopo di far constatare che, prevedendo delle disposizioni che impongono agli avvocati lobbligo di rispettare le tariffe massime, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi imposti dagli articoli 43 e 49 del trattato CE. 2. Il Governo italiano, con controricorso del 23 febbraio 2009, ha concluso ribadendo che nellordinamento italiano i massimi tariffari non possono considerarsi inderogabili e che pertanto le disposizioni controverse non integrano misure restrittive della libert di stabilimento e della libert di prestazione dei servizi. 3. Con la presente memoria, il Governo italiano intende controdedurre alle argomentazioni esposte dalla Commissione con la memoria di replica del 29 aprile 2009 e, in subordine, preso atto che la Commissione non ha desistito dalla propria posizione di ritenere la normativa in questione restrittiva ai sensi degli articoli 43 e 49 CE, contestare la pretesa impossibilit di giustificare la misura alla luce degli obiettivi di garantire laccesso alla giustizia in Italia, la tutela dei destinatari e la buona amministrazione della giustizia. 4. Innanzitutto, va sottolineato che il Governo italiano non ha affatto inteso comprimere il diritto di difesa della Commissione, come lamentato da questultima ai punti 50-57 della memoria di replica, bens ha ritenuto talmente assorbente lassenza del carattere restrittivo del diritto di stabilimento e del diritto di libera prestazione dei servizi della normativa italiana, come radicalmente modificata nel corso della procedura di infrazione prima dellemissione del parere motivato, da ritenere che la Commissione ne avrebbe tratto le dovute conseguenze in ordine alla piena conformit della nuova normativa ai principi comunitari di riferimento, tanto da ritenere del tutto superfluo lesame delle eventuali giustificazioni che presuppongono invece laccertata natura restrittiva della misura. 5. Si ricorder che la procedura di infrazione, iniziata ormai quasi quattro anni fa, ha avuto un andamento altalenante, estendendo e poi riducendo pi volte il proprio ambito. (*) V. Controricorso del Governo italiano, Rassegna n.2/09, 192-206. 204 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 6. Inizialmente, con la lettera di costituzione in mora del 13 luglio 2005, erano infatti sotto accusa le sole tariffe minime e massime per le attivit stragiudiziali e solo con riferimento allart. 49 CE. 7. Con la costituzione in mora complementare del 23 dicembre 2005, la procedura si estesa anche alle tariffe per lattivit giudiziale ed altres in relazione alla presunta violazione dellart. 43 CE; inoltre stata contestata lincompatibilit della normativa italiana con lart. 49 CE per la mancata considerazione degli effetti indotti dalla presenza di un avvocato locale. 8. Con la seconda lettera di costituzione in mora complementare del 23 marzo 2007, la procedura si ridotta alla contestazione delle sole tariffe massime, essendo stati nelle more abrogati i minimi tariffari inderogabili. 9. Con il parere motivato del 3 aprile 2008, la Commissione ha altres abbandonato, restringendo ulteriormente lambito della procedura, la contestazione attinente allasserita violazione dellart. 49 CE sotto il profilo della mancata considerazione degli effetti indotti dalla presenza di un avvocato locale. 10. Per tale motivo, il Governo italiano si era augurato che, alla luce delle circostanziate deduzioni del controricorso, la Commissione avrebbe preso atto del venir meno delloggetto principale del ricorso per inadempimento inizialmente incentrato, per la stragrande maggioranza degli argomenti, sulla illegittimit dei minimi di tariffa inderogabili ed ormai sostanzialmente svuotato, a seguito della modifica normativa, delle ragioni addotte a sostegno della non conformit ai principi comunitari, come gi evidenziato al punto 24 del controricorso. Sulla derogabilit dei massimi tariffari 11. Come si gi ricordato nel controricorso linderogabilit a pena di nullit era prevista dallordinamento italiano esclusivamente per le tariffe minime: art. 24 della legge n. 794 del 1942 (punti 7 e 47); art. 4, comma 1 del Capitolo I e art. 9 del Capitolo III del D.M. 8 aprile 2004, n. 127 (punti 50 e 53). 12. Per le tariffe massime, mai dichiarate da alcuna norma di legge come inderogabili, obbligatorie o vincolanti, invece da sempre consentita, sia da prima che dopo il decreto Bersani (D.L. n. 223 del 2006 convertito in legge n. 248 del 2006), che sul punto non ha apportato alcuna modifica, ampia possibilit di superarle, sia per volont delle parti, che rimane il primo criterio di determinazione del compenso professionale ai sensi dellart. 2233 del codice civile (riportato al punto 17 del controricorso), sia da parte del giudice. 13. Lo stesso decreto Bersani, nellabrogare la fissazione di tariffe obbligatorie fisse o massime fa salve le eventuali tariffe massime prefissate in via generale a tutela degli utenti. 14. Detta legge non stabilisce quindi expressis verbis lobbligo di rispet- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 205 tare le tariffe massime, come sostenuto al punto 11 della replica, in quanto il termine obbligatorie utilizzato solo per le (abrogate) tariffe minime e non anche per le (tuttora vigenti) tariffe massime. 15. La tariffa professionale resta quindi in vigore ma lapplicazione della stessa integra un criterio sussidiario che entra in gioco solo in mancanza di pattuizione tra le parti e che serve comunque ad orientare il giudice nella liquidazione del compenso. 16. Lart. 61, comma 2 del R.D. n. 1578 del 1933 (riportato al punto 6 del controricorso) prevede inoltre che lonorario dellavvocato che, salvo patto speciale, determinato sulla base delle tariffe, pu essere anche maggiore di quello liquidato a carico della parte condannata alle spese in relazione alla specialit della controversia o al pregio o al risultato dellopera prestata, fermo restando il potere (preventivo o successivo) del Consiglio dellordine di verificare la congruit del compenso richiesto. 17. La liquidazione del giudice non quindi vincolante nei rapporti cliente-avvocato, potendo le parti concordemente superare limporto liquidato sulla base delle tariffe forensi. 18. Ci confermato anche dalla documentazione prodotta dalla Commissione con la memoria di replica ed in particolare dalla nota del Consiglio dellordine degli Avvocati di Torino del 1 settembre 2008 (all. 2, p. 1) in base alla quale Criterio principale la pattuizione tra le parti (art. 2233 c.c.). Criterio sussidiario, in mancanza di pattuizione, lapplicazione della tariffa. Qualora non possa essere determinato in applicazione della tariffa, il compenso liquidato dal giudice e dalla Circolare n. 22-C/2006 del 4 settembre 2006 del Consiglio Nazionale Forense (all. 1, p. 4) ove si legge, a proposito del patto di quota lite, che lavvocato pu chiedere al giudice di liquidare il proprio compenso secondo quanto stabilito nel patto (che civilisticamente parlando, valido) ma come sopra si detto il suo comportamento pu essere segnalato allOrdine di riferimento perch ne controlli la correttezza deontologica con riguardo alla proporzionalit del compenso rispetto allattivit prestata. 19. Ci dissolve ogni dubbio della Commissione (punto 30 della replica) in ordine alla possibilit del patto di quota lite di superare i massimi tariffari. Ci possibile non solo perch, come si detto pi volte, tali limiti non sono inderogabili ma anche perch il compenso parametrato in percentuale sul risultato della lite determinato sulla base di un metodo di calcolo forfettario che prescinde del tutto dalle diverse voci della tariffa, sempre fermo restando il potere del Consiglio dellOrdine di verificare la congruit del compenso. 20. Non si comprende poi perch la Commissione qualifichi tale accordo tra cliente e professionista, idoneo a derogare ai limiti massimi di tariffa, come un caso limitato e specifico (punto 32 della replica). Al contrario, labrogazione del divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli 206 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 obiettivi perseguiti (art. 2, comma 1 lett. a) del decreto Bersani) costituisce una norma - questa si innovativa di portata generale. 21. A parte tale innovazione, anche i casi gi previsti dalle tariffe forensi in base ai quali possibile superare i massimi di tariffa non costituivano e non costituiscono affatto ipotesi limitate e ben determinate o addirittura limitatissime eccezioni, come sostenuto dalla Commissione ai punti 20 e 22 della replica 22. In tutte le cause di particolare importanza, complessit o difficolt per le questioni giuridiche trattate, il che non appare affatto costituire unipotesi limitata o eccezionale, le parti possono stabilire, senza alcun necessario parere del Consiglio dellordine, laumento fino al doppio dei massimi di tariffa e, dimentica la Commissione (al punto 21, lettera b della replica), anche fino al quadruplo per la materia penale (art. 1, comma 2 del Capitolo II del D.M. 8 aprile 2004 n. 127). 23. Il previo parere del Consiglio dellordine invece richiesto, in caso di straordinaria importanza della controversia per la materia civile e stragiudiziale, per aumentare il compenso fino al quadruplo nonch, in caso di manifesta sproporzione tra la prestazione professionale e lonorario previsto dalla tariffa, per aumentare il compenso anche oltre tale limite. 24. Non corrisponde al vero quindi che il massimo tariffario possa comunque essere aumentato solo sino al doppio o sino a quadruplo (punto 22 della replica), potendo lo stesso essere aumentato, ricorrendo le citate circostanze, senza alcun limite. 25. Quanto alla necessit, in taluni casi, del parere del Consiglio dellordine degli avvocati, si ritiene che detta previsione sia del tutto conforme alle esigenze di evitare quegli eccessi e quegli abusi in relazione ai quali la stessa Commissione ritiene opportuno un controllo del Consiglio dellordine competente (punto 93 del ricorso). 26. Peraltro, entrambi i documenti citati, prodotti dalla Commissione con la memoria di replica (all.ti 1 e 2), affermano che gli importi massimi continuano ad essere derogabili alle condizioni gi previste. 27. Infatti, il Governo italiano non ha sostenuto che il decreto Bersani ha eliminato linderogabilit delle tariffe massime (punto 19 della replica) ma semplicemente che tale inderogabilit non vi mai stata, avendo riguardato in passato solo le tariffe minime. 28. Peraltro, va sottolineato che gli ordini professionali hanno tentato di fornire una lettura restrittiva della portata del decreto Bersani, come risulta dallo stesso provvedimento dellAutorit Garante della Concorrenza e del Mercato del 15 gennaio 2009, prodotto dalla Commissione con la memoria di replica (all. 3). 29. In tale documento, a p. 8 si legge che nel corso degli incontri svolti con i rappresentanti degli ordini e dallesame delle modifiche apportate ai IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 207 codici deontologici in seguito allentrata in vigore della legge Bersani emerge un generale tentativo, pi accentuato per alcune categorie professionali, di riproporre la vincolativit di livelli tariffari convenzionali tramite il riferimento deontologico diretto ai concetti di decoro e dignit della professione (evidenza nostra). 30. Emblematica , secondo tale provvedimento, la prima presa di posizione del Consiglio Nazionale Forense che, proprio in considerazione dellentrata in vigore della legge Bersani, nel settembre 2006, ha diramato una circolare, successivamente ritirata, nellambito della quale, oltre a dare uninterpretazione restrittiva della riforma complessivamente considerata, ha precisato che, anche se le tariffe minime non sono pi obbligatorie per legge, il comportamento dellavvocato che richieda un compenso inferiore al minimo tariffario pu essere sindacato ai sensi degli articoli 5 e 43, punto II del codice deontologico in quanto il compenso irrisorio, non adeguato, al di sotto della soglia minima, lede la dignit dellavvocato e si discosta dallart. 36 Cost. (evidenza nostra). 31. La Commissione ha quindi citato a sostegno delle proprie tesi una Circolare del C.N.F. (all. 1) dallo stesso successivamente ritirata, evidentemente in quanto avvedutosi che la portata liberalizzatrice della legge Bersani non poteva essere messa in discussione da norme deontologiche non solo precedenti ma anche subordinate nella gerarchia delle fonti, come ammesso dallo stesso C.N.F. al punto 2 della citata Circolare del 4 settembre 2006. 32. Peraltro, lart. 2, comma 3 del decreto Bersani dispone che le disposizioni deontologiche e pattizie e i codici di autodisciplina, che contengono le prescrizioni di cui al comma 1 [riportato al punto 16 del controricorso] sono adeguate, anche con ladozione di misure a garanzia della qualit delle prestazioni professionali, entro il 1 gennaio 2007. In caso di mancato adeguamento, a decorrere dalla medesima data le norme in contrasto con quanto previsto dal comma 1 sono in ogni caso nulle (evidenza nostra). 33. Anche larticolo di dottrina prodotto dalla Commissione con la memoria di replica (all. 4) pur affermando, con il valore che pu assumere una tesi dottrinale, che la modifica normativa ha mantenuto lobbligatoriet del limite massimo di tariffa, precisa altres che lo stesso decreto Bersani detta la regola per cui il giudice provvede alla liquidazione delle spese di giudizio e dei compensi professionali, in caso di liquidazione giudiziale e di gratuito patrocinio, sulla base della tariffa professionale. Si noti che lespressione sulla base della tariffa non significa applicando le tariffe minime o massime. Il giudice deve applicare il criterio delladeguatezza allimportanza dellopera e al decoro della professione ma senza alcun parametro cogente. Il riferimento alla tariffa professionale costituisce solo una base, su cui poter operare dei calcoli per la determinazione in concreto. E evidente che il professionista potr sottrarsi alla discrezionalit del giudice con lo strumento del contratto 208 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 con il cliente. (evidenza nostra). 34. Le tariffe forensi (minime o massime) non sono quindi cogenti ma costituiscono un importante ed indicativo parametro per il giudice e per le parti. 35. Per rispondere allinterrogativo posto dalla Commissione al punto 33 della replica, si osserva che il Legislatore italiano ha abrogato lobbligatoriet delle sole tariffe minime e non anche di quelle massime perch solo le prime erano espressamente inderogabili a pena di nullit. 36. Lobbligatoriet delle tariffe massime non stata abolita, (punto 35 della replica) perch, come si gi esposto e dimostrato, tale obbligatoriet non vi mai stata. 37. Peraltro, se nella fase precontenziosa le autorit italiane non hanno mai negato che le tariffe massime fossero obbligatorie, va detto che le stesse non hanno nemmeno espressamente affermato che lo fossero. 38. La lettera del 21 maggio 2007 del Ministero della Giustizia, citata al punto 39 della replica, nellaffermare che resta fermo il limite degli onorari massimi, non indica che tali onorari debbono considerarsi inderogabili e anzi precisa che anche il giudice pu superare questa soglia in caso di sproporzione manifesta tra lopera ed il compenso (e non solo il giudice, come erroneamente riportato dalla Commissione al punto 20 del ricorso); il che vuol dire che sia il giudice, sia le parti possono superare detta soglia. 39. Peraltro, ammesso e non concesso che le autorit italiane abbiano, nella fase precontenziosa, qualificato come vincolanti le tariffe massime, pacifico che lo Stato membro pu, nella successiva fase contenziosa, sostenere una tesi anche non prospettata in precedenza. 40. Basti pensare che, in caso contrario, ove le autorit nazionali non rispondano alla costituzione in mora e al parere motivato, come spesso accade, lo Stato membro rimarrebbe privo di ogni difesa innanzi alla Corte di giustizia, il che non ragionevolmente sostenibile. 41. In merito a quanto osservato dalla Commissione ai punti 4 e 5 nonch ai punti da 42 a 48 della replica, si sottolinea che il Governo italiano non ha mai sostenuto, ne avrebbe mai potuto, che le direttive 98/5/CE e 77/249/CEE deroghino agli articoli 43 e 49 del Trattato e che debbano prevalere sugli stessi. 42. Si invece sostenuto che la normativa italiana, che non prevede pi alcuna inderogabilit delle tariffe, pienamente conforme ai principi generali di cui agli articoli 43 e 49 CE (riferibili ad ogni tipo di attivit non salariata, di impresa o di prestazione di servizi), di cui le richiamate direttive sono una specificazione per quanto riguarda, rispettivamente, lesercizio permanente della professione di avvocato e lesercizio effettivo della libera prestazione di servizi da parte degli avvocati nel territorio dellUnione europea. Il riferimento alle stesse, che disciplinano in dettaglio i relativi principi delle due citate norme del Trattato, appare quindi tuttaltro che inutile. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 209 43. Quanto alla giurisprudenza comunitaria, che renderebbe le considerazioni della resistente del tutto superate (punto 47 della replica), va ricordato innanzi tutto che, con la sentenza del 19 febbraio 2002, causa C-35/99, Arduino, la Corte di giustizia ha ritenuto che gli articoli 10 e 81 del Trattato ovvero le regole della concorrenza non ostino alladozione da parte di uno Stato membro di una misura legislativa o regolamentare che approvi, sulla base di un progetto stabilito da un ordine professionale forense, una tariffa che fissi dei minimi e dei massimi per gli onorari dei membri dellordine, qualora tale misura statale sia adottata nellambito di un procedimento come quello previsto dalla normativa italiana (punto 44). 44. Successivamente, la Corte di giustizia ha confermato la correttezza della normativa italiana che regola laccesso alla professione forense, possibile anche per i prestatori transfrontalieri (ordinanza del 17 febbraio 2005, causa C-250/03, Mauri). 45. Per quanto riguarda in particolare la sentenza del 5 dicembre 2006, cause riunite C-94/04 e C-202/04, Cipolla, invocata dalla Commissione, va ricordato che detta sentenza, pur essendo stata depositata dopo lentrata in vigore del decreto Bersani, si occupata della legislazione italiana previgente (le conclusioni dellAvvocato generale M. Poiares Maduro sono state depositate il 1 febbraio 2006, anteriormente alla predetta modifica normativa) ed esclusivamente con riferimento agli onorari minimi (punto 44). 46. Si ritiene quindi che le considerazioni contenute nella predetta sentenza possano solo in parte applicarsi al caso di specie, attesa la modifica del quadro normativo e considerato loggetto (superstite) del ricorso per inadempimento: i massimi tariffari. 47. Ci nonostante, va sottolineato che la predetta decisione non solo ha ritenuto la normativa italiana che stabiliva un limite tariffario minimo inderogabile conforme alle regole della concorrenza (punto 54) ma con riferimento allart. 49, pur ritenendo che tale previsione integri una restrizione alla libera prestazione dei servizi, ha ritenuto che la tutela dei consumatori, da un lato, e della buona amministrazione della giustizia, dallaltro, sono obiettivi che rientrano tra quelli che possono essere ritenuti motivi imperativi di interesse pubblico in grado di giustificare una restrizione della libera prestazione dei servizi (punto 64). 48. La Corte ha altres affermato che spetta al giudice nazionale determinare se, nella causa principale, la restrizione della libera prestazione dei servizi creata dalla normativa nazionale rispetti tali condizioni, tenendo conto di alcuni elementi indicati dalla stessa Corte (punto 65). 49. In particolare, la Corte ha rilevato che se vero che una tariffa che fissi onorari minimi non pu impedire ai membri della professione di fornire servizi di qualit mediocre, non si pu escludere a priori che tale tariffa consenta di evitare che gli avvocati siano indotti, in un contesto come quello del 210 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 mercato italiano, il quale, come risulta dal provvedimento di rinvio, caratterizzato dalla presenza di un numero estremamente elevato di avvocati iscritti e in attivit, a svolgere una concorrenza che possa tradursi nellofferta di prestazioni al ribasso, con il rischio di un peggioramento della qualit dei servizi forniti (punto 67). 50. La Corte ha quindi ammesso che, in linea di principio, il mantenimento di minimi tariffari inderogabili possa essere strumentale a garantire la qualit delle prestazioni, demandando al giudice nazionale di verificare, anche alla luce della concreta situazione della professione in Italia, se la disapplicazione generalizzata dei minimi tariffari possa comportare il rischio di incidere negativamente sul livello dei servizi prestati dagli avvocati, stimolando la concorrenza sui prezzi a discapito di quella sugli aspetti qualitativi dellattivit professionale. 51. In questa sede, invece, la Commissione sembra voler chiedere alla Corte di accertare essa stessa, in astratto, con riferimento ai massimi tariffari, ci che nella predetta sentenza stato invece ritenuto di pertinenza del giudice nazionale, che deve e pu operare un accertamento in concreto. 52. Come si detto, inoltre, la citata sentenza intervenuta su un quadro normativo ormai radicalmente mutato, che ha espunto linderogabilit delle tariffe minime o fisse, che ha eliminato il divieto di parametrare il compenso al raggiungimento di un esito positivo della lite e che ha abrogato il divieto di svolgere pubblicit informativa, con lintento di ridurre quella asimmetria informativa riconosciuta dalla Corte al punto 68 della sentenza in esame. In subordine, sulla possibilit di giustificare la misura restrittiva 53. Come si ampiamente avuto modo di dimostrare nel controricorso e nei precedenti punti della controreplica, il Governo italiano ritiene che la previsione di limiti tariffari massimi non costituisca una misura restrittiva della libert di stabilimento e della libert di prestazione dei servizi. 54. Tuttavia, in via meramente subordinata, il Governo italiano deduce che anche laddove si volesse sostenere che detta previsione costituisca una misura restrittiva ai sensi degli articoli 43 e 49 CE, la stessa sarebbe pienamente giustificabile da obiettivi che la stessa Commissione, al punto 74 del ricorso, riconosce che potrebbero in linea teorica costituire motivi imperativi di interesse pubblico ai sensi della giurisprudenza comunitaria. 55. La Corte di giustizia ha infatti da tempo affermato che il pubblico interesse connesso alla tutela dei destinatari dei servizi giustifica una restrizione alla libera prestazione dei servizi, se idonea allo scopo e non esorbitante da quanto necessario per raggiungere lobiettivo (sentenza del 25 luglio 1991, causa C-76/90, Saeger, punti 16 e 17) 56. Per quanto riguarda in primo luogo lobiettivo di garantire laccesso alla giustizia in Italia, la Commissione ritiene che lesigenza di assi- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 211 curare laccesso alla giustizia a tutti i cittadini sarebbe gi garantita dalle disposizioni sul patrocinio a spese dello Stato di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. 57. In tal modo, la Commissione non considera per lesigenza di tutelare la stragrande maggioranza dei cittadini che non hanno comunque accesso al gratuito patrocinio che prevede dei limiti di reddito bassissimi (art. 76 del D.P.R. citato): 9.723,84 elevati a 10.628,16 con D.M. 20 gennaio 2009 in G.U. 27 marzo 2009, n. 72. Peraltro, se linteressato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito costituito dalla somma dei redditi conseguiti da ogni componente della famiglia, compreso listante, salva lelevazione di 1032,91 per ognuno dei familiari conviventi (art. 92 del D.P.R. citato). 58. Inoltre, al di fuori del processo penale, per i giudizi civili, amministrativi, contabili, tributari e negli affari di volontaria giurisdizione, il cittadino non abbiente ammesso al gratuito patrocinio quando le sue ragioni non risultino manifestamente infondate (art. 74 del D.P.R. citato) mentre anche chi ha presumibilmente torto pu liberamente decidere di resistere in giudizio e ha diritto di accedere alla giustizia a costi ragionevoli e proporzionati allattivit richiesta. 59. Sono quindi meritevoli di tutela tutti coloro che, pur non potendo usufruire del gratuito patrocinio, non abbiano un livello reddituale che consenta loro di accedere a servizi giuridici a condizioni economiche eccessivamente onerose. 60. N pu ritenersi di riservare tale possibilit, come prospettato dalla Commissione al punto 98 del ricorso, alle sole cause concernenti i diritti fondamentali della persona quali quelle in materia penale e di diritto di famiglia, dovendo lo Stato assicurare luguaglianza nellaccesso alla giustizia non solo a tutti i cittadini ma anche in tutte le materie. 61. Il diritto di difesa, in generale e in ogni processo, costituisce peraltro esso stesso un diritto fondamentale sia per lordinamento nazionale che per quello sopranazionale, come dimostra lart. 6 della Convenzione europea dei diritti delluomo. 62. N sembra che la possibilit per i clienti di negoziare, di volta in volta, il compenso con i propri avvocati, adattandolo ai servizi da rendere nel caso di specie, anzich applicare le tariffe forensi, garantirebbe una migliore tutela al cliente medio, che solitamente non possiede gli strumenti per valutare i costi dellattivit professionale ed anzi garantito dallesistenza di tariffe che fungano da parametro di riferimento. 63. Per quanto riguarda i rapporti business to business, nulla vieta ai clienti che possano permettersi tariffe pi elevate, per ottenere un servizio pi complesso e qualificato, di concludere un accordo in tal senso, espressamente consentito dallart. 2233 c.c., nel pieno rispetto della loro autonomia contrattuale. 212 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 64. Peraltro, come gi ricordato al punto 41 del controricorso, non corrisponde al vero che gli avvocati che svolgono la professione in Italia sarebbero tenuti a fatturare i propri servizi sulla base di un elenco tassativo di prestazioni legali contenute nel tariffario e non potrebbero determinare il proprio onorario con altri metodi, ad esempio in base al tempo dedicato allo studio della pratica. Ci invece esplicitamente ammesso dal punto 10 del Capitolo III del D.M. 127 del 2004. 65. Per quanto riguarda, in secondo luogo, lobiettivo di garantire la tutela dei destinatari dei servizi, ancor pi debole appare la posizione della Commissione, secondo la quale le tariffe massime non escluderebbero fatturazioni abusive o illecite. 66. In realt, la pretesa di compensi illeciti o abusivi esorbita, in quanto tale, dalla fissazione di limiti massimi: questi sono infatti riferiti ad una fatturazione lecita. 67. Peraltro, le altre misure gi esistenti nellordinamento italiano finalizzate ad evitare tale fenomeno non sono di per s sufficienti o sono comunque pi gravose per il consumatore rispetto alla fissazione preventiva ed in linea generale di tariffe massime. 68. Ci si riferisce in particolare alla tesi della Commissione secondo la quale lesame di abilitazione alla professione forense dovrebbe essere finalizzato anche ad infondere il rispetto di regole deontologiche e ad evitare cos futuri episodi di fatturazione abusiva o comunque eccessiva da parte del professionista (punto 91 del ricorso). 69. In proposito, va da s che un esame di abilitazione, anche se vertente sullapprendimento di norme deontologiche, non pu evitare fenomeni di fatturazione illecita su base generale. 70. Una rigida selezione certamente una condizione necessaria per un buon livello qualitativo e deontologico dellavvocato ma altrettanto certamente non una condizione sufficiente. 71. Quanto alla possibilit di contestare gli onorari ritenuti eccessivi o abusivi innanzi al Consiglio dellordine, titolare di un potere disciplinare nei confronti dei suoi membri, o di chiedere il risarcimento dei danni nei confronti del proprio avvocato in sede giurisdizionale, si tratta di strumenti di tutela esistenti nellordinamento italiano ma sicuramente pi gravosi e dispendiosi rispetto alla tutela offerta dalla preventiva fissazione per legge di tetti massimi, anche tenuto conto del fatto che il cliente non sempre sarebbe in grado di valutare, in assenza di parametri di riferimento, leccessivit della pretesa. 72. Le sanzioni disciplinari e il risarcimento del danno costituiscono infatti rimedi repressivi adottabili a posteriori e cio dopo che il danno allinteresse del cliente e alla buona amministrazione della giustizia si prodotto. La previsione dei limiti massimi di tariffa consente invece di prevenire il verificarsi di tali danni. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 213 73. Anche alla notevole asimmetria informativa tra cliente e prestatore del servizio, insita nella professione di avvocato in quanto connotata da particolare tecnicismo, il decreto Bersani ha tentato di porre rimedio, eliminando il divieto, anche parziale, di svolgere pubblicit informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto nonch il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni, secondo criteri di trasparenza e veridicit del messaggio il cui rispetto verificato dallordine (art. 2, comma 1, lettera b). 74. Anche tale misura non appare per sufficiente in quanto limitata a garantire conoscibilit e trasparenza dei prezzi solo nei rapporti tra cliente ed avvocato e non anche in caso di liquidazione delle spese a favore della controparte vittoriosa. 75. A tale proposito, per quanto riguarda, in terzo luogo, lesigenza di garantire la buona amministrazione della giustizia, si osserva che la prevedibilit del costo della prestazione, ed in particolare delle spese legali che si pu essere condannati a rifondere allavversario in caso di soccombenza - a prescindere dal compenso dovuto al proprio avvocato che rimane autonomamente concordabile - pu essere assicurata solo mediante la predisposizione di tariffe massime che garantiscono, con una certa approssimazione, una previsione del costo da sostenere. 76. Non corrisponde al vero, poi, che le tariffe sarebbero obbligatorie per gli avvocati ma non vincolerebbero il giudice nella liquidazione delle spese (punto 106 del ricorso). 77. Infatti la tariffa costituisce un utile parametro per il giudice per liquidare limporto dei rimborsi dovuti dalla parte soccombente alla parte vittoriosa, tra le quali, per definizione, non esiste un accordo sul punto, come invece pu esistere tra la parte ed il proprio avvocato. 78. Ci detto, i limiti massimi possono essere superati dalle parti esattamente nelle stesse ipotesi in cui possono essere superati dal giudice ed in particolare con riferimento alla natura e allimportanza della controversia, al numero delle questioni trattate, allattivit svolta dallavvocato, ai risultati ed ai vantaggi anche non patrimoniali del giudizio, al pregio dellopera prestata, al particolare impegno, alla complessit dei fatti e alla difficolt delle questioni giuridiche trattate, alla manifesta sproporzione tra la prestazione dellavvocato e lonorario previsto (artt. 4 e 5 del Capitolo I; art. 1 del Capitolo II; artt. 1 e 9 del Capitolo III della tariffa forense). 79. Alla luce delle richiamate norme, va quindi decisamente contestata laffermazione, contenuta al punto 87 del ricorso, secondo la quale le tariffe non sarebbero in alcun modo correlate alla qualit dei servizi resi. 80. Quanto al rilievo della Commissione secondo la quale, ove le autorit italiane avessero voluto regolare la liquidazione delle spese da parte del giudice, sarebbero dovute intervenire su tali norme e non in materia di tariffe 214 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 degli avvocati (punto 105 del ricorso), si osserva che i due aspetti sono strettamente correlati. 81. Se vero infatti che a norma dellart. 61, comma 2 del R.D. n. 1578 del 1933 (riportato al punto 6 del controricorso) lonorario dellavvocato nei confronti del cliente in relazione alla specialit della controversia o al pregio o al risultato dellopera prestata pu essere anche maggiore di quello liquidato a carico della parte condannata alle spese anche vero che i due profili non possono essere totalmente avulsi luno dallaltro in quanto ci creerebbe una divaricazione irragionevole tra la liquidazione delle spese giudiziali e leffettivo costo delle attivit svolte. 82. La tariffa forense costituisce quindi una obiettiva base di riferimento sia per il giudice, sia per le parti nei rapporti con i loro avvocati. 83. Da tutto quanto sopra, emerge che la fissazione di limiti massimi nelle tariffe forensi costituisce una misura necessaria ed idonea allo scopo di garantire imperativi motivi di interesse pubblico quali laccesso alla giustizia da parte di tutti i cittadini, la tutela dei destinatari dei servizi e la buona amministrazione della giustizia. Conclusioni 84. Il Governo italiano conclude quindi nel senso che, nellordinamento italiano i massimi tariffari non possono considerarsi inderogabili e che pertanto le disposizioni controverse non integrano misure restrittive della libert di stabilimento e della libert di prestazione dei servizi. 85. In subordine, il Governo italiano ritiene che dette misure siano comunque giustificate in quanto necessarie ed idonee allo scopo di garantire imperativi motivi di interesse pubblico quali laccesso alla giustizia da parte di tutti i cittadini, la tutela dei destinatari dei servizi e la buona amministrazione della giustizia. Roma, 15 giugno 2009 Avv. Wally Ferrante I L C O N T E N Z I O S O N A Z I O N A L E Contratto a termine: illegittimit costituzionale della disciplina sanzionatoria differenziata (Corte Costituzionale, sentenza 8-14 luglio 2009 n. 214) SOMMARIO: 1.- La norma illegittima. 2.- La decisione. 3.- Le ulteriori implicazioni. 4.- Le questioni infondate. 1. La disciplina del contratto a termine, nellattuale assetto definito, dopo innumerevoli rimaneggiamenti, dal decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, torna a costituire oggetto di valutazione del Giudice delle Leggi (1). Svariate ordinanze di rimessione, infatti, hanno sottoposto al vaglio della Corte Costituzionale, la conformit alla Carta Fondamentale di alcune delle disposizioni del citato decreto. Si tratta, in particolare, degli articoli 1, comma 1 e 11, dellarticolo 2, comma 1-bis e dellarticolo 4-bis. Lappartenenza di tutte le norme censurate allo stesso testo normativo ha indotto la Corte alla riunione dei giudizi al fine della loro decisione con ununica pronuncia. Delle diverse disposizioni, tuttavia, solo larticolo 4-bis stato dichiarato, con la sentenza del 14 luglio 2009, n. 214 in esame, costituzionalmente illegittimo, mentre le altre disposizioni sono state ritenute conformi alla costituzione. La norma dichiarata illegittima stata introdotta con decretazione durgenza nel corpus normativo preesistente (2). Essa, in caso di violazione della (1) La Corte Costituzionale, infatti, con sentenza 4 marzo 2008, n. 44 ha dichiarato la illegittimit dellarticolo 10, commi 9 e 10 nonch dellarticolo 11, comma 1, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n.368, nella parte in cui abroga larticolo 23, comma 2, della legge 28 febbraio 1987, n. 56 (Norme sullorganizzazione del mercato del lavoro), relativo al lavoro stagionale. (2) Larticolo 4-bis del D. lgs. 368/2001 stato aggiunto dal comma 1-bis dellarticolo 21 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione 6 agosto 2008, n. 133. 216 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 normativa inderogabile in materia di contratto a termine (ed in particolare nei casi di assenza di ragioni giustificatrici del termine, assenza di forma scritta o proroga del termine oltre i limiti consentiti), prevede una disciplina sanzionatoria differenziata, e attenuata, rispetto a quella valevole per la generalit dei casi come individuata dalla prevalente giurisprudenza. Per questi, invero, nelle ipotesi di insussistenza delle ragioni giustificative del termine apposto al contratto di lavoro subordinato, in assenza di espressa normativa soccorre lorientamento prevalente della Corte di Cassazione, secondo cui la clausola corrispondente deve ritenersi nulla. A tale nullit consegue, in applicazione dei principi generali in materia di nullit parziale del contratto, linvalidit parziale della clausola medesima e quindi linstaurarsi di un rapporto di lavoro a tempo determinato (3). Per la Suprema Corte, infatti, lapposizione del termine ai contratti di lavoro, sebbene legittimata dalla clausola generale prevista dallarticolo 1, comma 1, del d.lgs 368/2001 (che richiede ragioni tecniche, produttive, organizzative o sostitutive), deve ritenersi pur sempre una ipotesi derogatoria (e quindi applicabile solo nel rispetto della disciplina dettata al riguardo), stante il principio generale confermato dal comma 1 del medesimo articolo (in base al quale il contratto di lavoro subordinato stipulato di regola a tempo determinato). La norma in esame, invece, la cui rubrica reca Disposizione transitoria concernente lindennizzo per la violazione delle norme in materia di apposizione del termine, stabilisce che, in caso di violazione di quanto previsto dagli articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 368/2001, il datore di lavoro sia tenuto unicamente ad indennizzare il prestatore di lavoro con una indennit di importo tra 2,5 e 6 mensilit dellultima retribuzione globale di fatto. Si tratta, peraltro, di una disciplina applicabile ai soli giudizi in corso alla data di entrata in vigore della norma e fatte salve le sentenze passate in giudicato. In base a tale differenziazione, pertanto, quanti abbiano gi promosso ricorso avverso lapposizione di un termine ingiustificato (ovvero non risultante da atto scritto o, ancora, prorogato oltre i limiti), per ottenere, avvalendosi dellorientamento sopra richiamato - ove il giudice accerti la nullit della clausola di apposizione del termine - la conversione del rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato, potranno ottenere esclusivamente un indennizzo economico, a differenza di quanti, invece promuovano liniziativa giudiziaria in un momento successivo. La formulazione della norma nella versione entrata in vigore stata oggetto di un travagliato iter parlamentare. Lintroduzione di un articolo 4-bis al decreto legislativo 368/2001, infatti, compare la prima volta in sede di con- (3) Cass., Sez. lav., 21 maggio 2008, n.12985 in Riv. It. Dir. Lav., 2008, 4, 891, con nota di A. OLIVIERI. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 217 versione del decreto legge 112/2008. Nelloriginaria redazione (4), tuttavia, il testo reca una disciplina dagli effetti ben pi dirompenti rispetto alla formulazione definitiva. La versione iniziale, infatti, prevede lindennizzo in luogo della conversione dei contratti a tempo determinato come regola, tanto che un successivo comma estende tale espressa regolamentazione, a scanso di interpretazioni restrittive, anche ai giudizi in corso (5). Con una brusca inversione di tendenza, la formulazione definitiva attribuisce, invece, carattere transitorio alla norma e ne confina lapplicazione ai soli giudizi in corso. Si tratta, dunque, di una norma che rispetto al sistema vigente quale individuato dalla giurisprudenza, appare porsi come eccezione, caratteristica questultima confermata dalla limitata efficacia temporale della disposizione. In tal senso, peraltro, si sono pronunciati i giudici di legittimit (6) che hanno precisato trattarsi di una norma non suscettibile di interpretazione estensiva n di applicazione al di fuori dei casi ivi contemplati (cio delle controversie che abbiano ad oggetto il sistema sanzionatorio del contratto a termine per violazione delle disposizioni indicate dalla norma medesima con esclusione, per esempio, della continuazione del rapporto oltre la scadenza fino al ventesimo giorno prevista dallarticolo 5, comma 1, del d.lgs 368/2001). Lintervento della Cassazione, pur delimitando la portata ed il carattere della norma, non ne ha fugato i dubbi di compatibilit con la Costituzione, sollevati da pi parti soprattutto sotto il profilo del trattamento differenziato di situazioni identiche. stata, in particolare, evidenziata la disparit di trattamento legislativo ben potendosi dubitare della ragionevolezza di una differenziazione di situazioni eguali fondata solo sulla data di introduzione del giudizio (7). (4) A.C. 1386-A (testo approvato il 25 giugno 2008 dalle Commissioni permanenti della Camera dei Deputati). (5) LA.C. 1386-A cit., infatti, prevedeva linserimento, nel decreto legge da convertire, delle seguenti disposizioni: 1-ter. Dopo larticolo 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001,n. 368, aggiunto il seguente:ART. 4- bis. (Indennizzo per la violazione delle norme in materia di apposizione e di proroga del termine). 1. In caso di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 1, 2 e 4, il datore di lavoro tenuto ad indennizzare il prestatore di lavoro con unindennit di importo compreso tra un minimo di 2,5 e un massimo di sei mensilit dellultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nellarticolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni. 1-quater. Fatte salve salve le sentenze passate in giudicato, le disposizioni dellarticolo 4-bis del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, introdotto dal comma 1-ter del presente articolo, si applicano anche ai giudizi in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. (6) C. Cass., sez. lav., 10 novembre 2008, n.26935, in Mass. giur. lav., 2008, 48, 16 con nota di G.FALASCA. (7) A. VALLEBONA, in Mass. Giur. lav., 2008,10,775. LAutore ritiene, inoltre, che nessun problema di costituzionalit si porrebbe se, invece, fosse emanata una norma a regime, anche retroattiva, di eliminazione delleffetto legale di conservazione necessaria di un contratto a tempo indeterminato per determinati vizi del contratto a termine, poich tale effetto non costituzionalmente obbligato(Mass. Giur.Lav., 2008,11,859). 218 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 2. Ed infatti con ben diciannove distinte ordinanze, altrettanti giudici hanno sollevato dinanzi alla Corte Costituzionale questioni di legittimit della norma in argomento (8). I giudici a quibus, premettendo che in caso di violazione delle prescrizioni contenute nellart. 1 del d.lgs. n. 368 del 2001, pu essere disposta, secondo il diritto vivente - sopra richiamato - la conversione del contratto in rapporto di lavoro a tempo indeterminato e riconosciuta al lavoratore una tutela risarcitoria piena, hanno lamentato, in primis (9), la violazione dellarticolo 3 della costituzione. A parere dei giudici rimettenti la norma non solo fonte di disparit di trattamento - collegata comՏ al solo dato temporale del momento di proposizione del ricorso giudiziale - tra lavoratori che si trovano nella identica situazione di fatto - ma anche irragionevole per tre distinti profili: a) perch interviene nei rapporti di diritto privato sacrificando arbitrariamente il diritto del lavoratore assunto illegittimamente a tempo determinato a godere della tutela garantita dalla legge vigente allepoca dellinstaurazione del rapporto e favorendo contemporaneamente il datore di lavoro che ha dato luogo allillegittimit; b) perch non ravvisabile alcuna giustificazione razionale nel fatto che la disposizione modifichi la regola sostanziale rispetto ad una categoria di soggetti, riducendo la tutela mentre pendono i giu- (8) Si tratta delle Corti di appello di Torino (r.o. n. 427 del 2008), Genova (r.o. n. 441 del 2008), Bari (r.o. n. 12 del 2009), Caltanissetta (r.o. n. 43 del 2009), Venezia (r.o. n. 93 del 2009), LAquila (r.o. n. 95 del 2009) e Roma (r.o. n. 102 del 2009), e dei Tribunali di Roma (r.o. n. 413 del 2008), Ascoli Piceno (r.o. nn. 442 e 443 del 2008), Trieste (r.o. n. 4 del 2009), Viterbo (r.o. n. 22 del 2009), Milano (r.o. nn. 25, 26, 27, 28, 86 e 87 del 2009) e Teramo (r.o. n. 70 del 2009). (9) Le altre norme costituzionali di cui si lamenta la violazione sono: gli artt. 3, primo comma, e 24 Cost., perch la norma vola il generale principio dell'affidamento legittimamente posto dal cittadino sulla certezza dell'ordinamento giuridico lart. 10 Cost., poich la norma lede il principio di parit di trattamento che principio generale del diritto internazionale e comunitario che lItalia si impegnata a rispettare; gli artt. 11, secondo periodo, e 117, primo comma, Cost., perch la norma, riducendo la tutela accordata in precedenza dall'ordinamento ai lavoratori assunti con contratto a tempo determinato, viola la clausola 8, punto 3, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato recepito dalla direttiva 1999/70/CE e, conseguentemente, lobbligo del legislatore interno di rispettare i vincoli derivanti dallordinamento comunitario ed internazionale; lart. 24 Cost., perch la norma compromette il diritto di difesa dei lavoratori ricorrenti, sottraendo loro la possibilit di ottenere il vantaggio della conversione del contratto in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, la cui prospettiva aveva direttamente condizionato lesercizio del loro diritto di azione; lart. 111 Cost., con riferimento al principio del giusto processo, perch la norma censurata modifica, nel corso dei procedimenti giudiziali, la tutela sostanziale accordabile al diritto azionato, senza che ricorrano idonee ragioni oggettive o generali; gli artt. 101, 102, secondo comma, e 104, primo comma, Cost., poich un intervento legislativo che riguardi solamente alcuni giudizi in corso ad una certa data privo del requisito di astrattezza proprio delle norme giuridiche ed assume un carattere provvedimentale generale invasivo dellambito riservato alla giurisdizione; lart. 117, primo comma, Cost., in connessione con lart. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 (ratificata dalla legge 4 agosto 1955, n. 848), il quale impedisce al legislatore di intervenire con norme ad hoc per la risoluzione di controversie in corso; lart. 117, primo comma, Cost., poich la norma censurata costituisce un completamento o una modifica del d.lgs. n. 368 del 2001 e dunque un'applicazione della direttiva 1999/70/CE e avrebbe pertanto dovuto rispettare la clausola di non regresso enunciata nella clausola 8, punto 3, dellaccordo quadro recepito dalla medesima direttiva. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 219 dizi, proprio e solo per il fatto di avere una causa in corso; c) perch la delimitazione temporale del trattamento discriminatorio si riferisce alla mera pendenza del processo, e quindi ad una circostanza assolutamente accidentale. A sostegno, invece, della legittimit della norma, la difesa erariale ha richiamato il presupposto di fatto della disposizione, rappresentato dalla enorme dilatazione del contenzioso diretto a contestare la validit dellapposizione del termine ai contratti di lavoro, con possibile vanificazione, a causa dellincertezza delle conseguenze economiche delle dichiarazioni di invalidit delle clausole oppositive del termine, delle finalit della riforma della disciplina del contratto a tempo determinato operata dal d.lgs. n. 368 del 2001 (aumento delle possibilit di accesso al lavoro subordinato per lavoratori destinati altrimenti a forme ancora pi precarie di lavoro). Sarebbe, inoltre, esclusa qualsivoglia discriminazione dei lavoratori interessati dai contenziosi in corso anche perch la soluzione offerta dalla giurisprudenza circa le conseguenze della dichiarazione di invalidit del termine apposto al contratto di lavoro non sarebbe mai pervenuta, invece, a costituire un diritto vivente. La Corte ha ritenuto fondata la questione di legittimit sollevata con riferimento allarticolo 3 - con assorbimento delle questioni relative agli altri parametri costituzionali - in quanto situazioni di fatto identiche (contratti di lavoro a tempo determinato stipulati nello stesso periodo, per la stessa durata, per le medesime ragioni ed affetti dai medesimi vizi), risultano destinatarie di discipline sostanziali diverse per la mera e del tutto casuale circostanza della pendenza di un giudizio alla data (sganciata da qualsiasi ragione giustificatrice) del 22 agosto 2008 (giorno di entrata in vigore dellart. 4-bis del d.lgs. n. 368 del 2001). Si tratta, prosegue la Corte, di una discriminazione priva di ragionevolezza, n collegata alla necessit di accompagnare il passaggio da un certo regime normativo ad un altro; lintervento del legislatore, infatti, non ha toccato la disciplina relativa alle condizioni per lapposizione del termine o per la proroga dei contratti a tempo determinato, ma ha semplicemente mutato le conseguenze della violazione delle previgenti regole limitatamente ad un gruppo di fattispecie selezionate in base alla circostanza, del tutto accidentale, della pendenza di una lite giudiziaria tra le parti del rapporto di lavoro. 3. La decisone della Corte se ha come effetto principale quello di eliminare dallordinamento una norma che appariva, fin dallorigine, di dubbia legittimit, pone ulteriori spunti di riflessione su una questione pi ampia e dibattuta relativa al contratto a termine. Il Giudice delle Leggi, infatti, attribuisce natura di diritto vivente allorientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione, sopra richiamato, che riconosce la conversione del rapporto a tempo determinato in rapporto a tempo pieno, quale naturale effetto della violazione delle norme sulla appo- 220 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 sizione del termine. Tale autorevole riconoscimento consacra, quindi, loperativit delleffetto legale di conservazione del contratto a tempo indeterminato - espressamente previsto dal legislatore per le sole ipotesi di cui allarticolo 5 del d.lgs 368/2001 (continuazione del rapporto e successione di contratti oltre i limiti stabiliti) - anche nelle ipotesi di apposizione di un termine privo di giustificazione (articolo 1, comma 1 del medesimo decreto) (10). In realt tale riconoscimento appare insito nella stessa norma dellarticolo 4-bis che ponendosi quale eccezione al sistema, avrebbe attribuito, in tutte le ipotesi di violazione della normativa, rango di regola implicita alleffetto legale di conservazione del contratto a tempo indeterminato (11). 4. Le ulteriori disposizioni sottoposte al giudizio di legittimit della Corte, ma ritenute costituzionalmente legittime, sono le seguenti. a) articolo 1, comma 1 e articolo 11 del d.lgs 368/2001: termine apposto per ragioni sostitutive - onere di indicazione del nominativo del lavoratore sostituito. Larticolo 1, comma 1, del decreto legislativo 368/2001 prevede la possibilit di apporre un termine al contratto di lavoro subordinato purch ricorrano ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo anche se riferibili alla ordinaria attivit del datore di lavoro. Larticolo 11 del medesimo decreto ha, inoltre, disposto labrogazione dellintera legge 18 aprile 1962, n. 230 che, nella ipotesi di assunzione a termine per la sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto, richiedeva obbligatoriamente la indicazione scritta del nominativo del lavoratore sostituito (12). (10) Lorientamento giurisprudenziale che riconosce la conversione del contratto anche al di fuori delle ipotesi espressamente previste fortemente criticato in dottrina. stato infatti rilevato che leffetto conservativo non pu essere ricavato dalla Costituzione (e si citano al riguardo le sentenze della Corte Costituzionale 41/2000 e 89/2003), n pu essere ricavato interpretivamente dal principio generale di inderogabilit con efficacia sostitutiva ex art. 1419, comma 2, c.c., delle norme di protezione minimale del lavoratore, poich le disposizioni sulla giustificazione sui divieti del termine non hanno questa funzione di tutela del singolo lavoratore al contrario di quelle sugli abusi da successione non a caso tutte munite di espressa comminatoria di conversione in contratto a tempo determinato (A. VALLEBONA, in Mass. Giur. Lav., 2008, 10, 775). (11) stato, infatti, rilevato che la norma sembra implicitamente avallare la tesi secondo la quale al di fuori della disciplina transitoria, la trasgressione degli articoli 1, 2, e 4 determina una trasformazione del contratto di lavoro in quello a tempo indeterminato. Non sarebbe infatti giustificato ammettere un trattamento indennitario, peraltro alquanto blando, per i giudizi in corso, e ritenere invece che, in termini generali, le ipotesi di trasgressione di cui agli articolo 1, 2 e 4 diano luogo alla mera nullit del contratto nei termini prescritti nellarticolo 1419, comma 1, c.c. il legislatore sembra accreditare la lettura pi rigorista del d.lgs.368/2001, anche se poi interviene per attenuarne la precettivit per svuotare il pesante contenzioso che ne derivato (G.FERRARO, Il contratto a termine tormentato, in Mass. Giur. lav., 2008, 10, 738). (12) Si tratta, in particolare, dellarticolo 1, secondo comma, lettera b), che ammette la apposizione del termine quando lassunzione abbia luogo per sostituire lavoratori assenti e per i quali sussiste il diritto alla conservazione del posto, semprech nel contratto di lavoro a termine sia indicato il nome del lavoratore sostituito e la causa della sua sostituzione. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 221 Secondo i giudici rimettenti, labolizione dellonere di indicazione del nominativo del lavoratore sostituito si porrebbe in contrasto con gli articoli 76 e 77 della Costituzione, per eccesso di delega (13). La questione stata, invece, ritenuta priva di fondamento dalla Corte Costituzionale con una sentenza interpretativa di rigetto (14), che si richiama al comma 2 dellarticolo 1 del d.lgs. 368/2001. Tale disposizione, infatti, richiede, per lefficacia del termine, che lo stesso risulti direttamente o indirettamente da atto scritto nel quale siano specificate le ragioni dellapposizione. Nel caso di sostituzione a termine di un lavoratore, pertanto, tale disposizione, a parere della Corte, impone che il nome del lavoratore sostituito e la causa della sua sostituzione, risultino per iscritto. In conclusione non sussiste eccesso di delega in quanto le norme impugnate non hanno innovato alcunch, sotto il profilo esaminato, rispetto alla disciplina gi contenuta nella abrogata legge 230/1962 (15). b) articolo 2, comma 1-bis, del d.lgs. 368/2001: apposizione del termine (13) Le ordinanze di rimessione del Tribunali di Roma (r.o. m.413 del 2008), e di Trani (r.o. n.434 del 2008), denunciano la violazione dellarticolo 77 della Costituzione poich la legge di delega 29 dicembre 2000, n. 422 (Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dellItalia alle Comunit Europee - Legge comunitaria 2000), in esecuzione della quale stato emanato il d.lgs. n. 368 del 2001, attribuiva al Governo esclusivamente il potere di attuare la direttiva 1999/70/CE, la quale non conteneva alcuna disposizione in tema di presupposti per lapposizione delle clausole del termine. Denunciano inoltre la violazione dellarticolo 76 poich la menzionata legge n. 422 del 2000 non prevedeva princpi direttivi ulteriori rispetto all'attuazione della direttiva 1999/70/CE la quale, alla clausola 8, punto 3, dell'accordo quadro da essa recepito, dispone che lapplicazione dell'accordo non pu costituire un motivo per ridurre il livello generale di tutela offerto ai lavoratori nellambito coperto dallaccordo stesso, mentre le disposizioni censurate, eliminando la necessit dell'indicazione del nominativo del lavoratore sostituito, determinerebbero un arretramento della tutela garantita ai lavoratori dal precedente regime. Il Tribunale di Roma lamenta anche la violazione dellarticolo 117, primo comma, della Costituzione per violazione dei vincoli derivanti dallordinamento comunitario. (14) Cos A. VALLEBONA, in Mass. Giur. Lav., 2009, 8/9, 2). (15) La Corte precisa: Invero, lart. 2, comma 1, lettera b), della legge di delega n. 422 del 2000 consentiva al Governo di apportare modifiche o integrazioni alle discipline vigenti nei singoli settori interessati dalla normativa da attuare e ci al fine di evitare disarmonie tra le norme introdotte in sede di attuazione delle direttive comunitarie e, appunto, quelle gi vigenti. In base a tale principio direttivo generale, il Governo era autorizzato a riprodurre, nel decreto legislativo di attuazione della direttiva 1999/70/CE, precetti gi contenuti nella previgente disciplina del settore interessato dalla direttiva medesima (contratto di lavoro a tempo determinato). Infatti, inserendo in un unico testo normativo sia le innovazioni introdotte al fine di attuare la direttiva comunitaria, sia le disposizioni previgenti che, attenendo alla medesima fattispecie contrattuale, erano alle prime intimamente connesse, si sarebbe garantita la piena coerenza della nuova disciplina anche sotto il profilo sistematico, in conformit con quanto richiesto dal citato art. 2, comma 1, lettera b), della legge di delega. Non sussiste neppure la denunciata lesione dellart. 76 Cost., poich le norme censurate, limitandosi a riprodurre la disciplina previgente, non determinano alcuna diminuzione della tutela gi garantita ai lavoratori dal precedente regime e, pertanto, non si pongono in contrasto con la clausola n. 8.3 dellaccordo-quadro recepito dalla direttiva 1999/70/CE, secondo la quale lapplicazione dell'accordo non avrebbe potuto costituire un motivo per ridurre il livello generale di tutela gi goduto dai lavoratori. Per la stessa ragione (insussistenza, sotto il profilo in esame, di un contrasto con la normativa comunitaria) infondata la censura formulata in riferimento allart. 117, primo comma, Cost., il quale impone al legislatore di rispettare i vincoli derivanti dallordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. 222 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 ai contratti di lavoro subordinato nel settore delle poste. Larticolo 2, comma 1-bis, del d.lgs 368/2001, prevede lapposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato quando lassunzione sia effettuata da imprese concessionarie di servizi nel settore delle poste, per un periodo complessivo massimo di sei mesi compresi tra aprile e ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale non superiore al 15 per cento dellorganico aziendale, riferito al 1 gennaio dellanno cui le assunzioni si riferiscono. Il giudice rimettente ritiene che tale disposizine violi larticolo 3, primo comma, della Costituzione poich la norma introdurrebbe, ai danni dei lavoratori operanti nel settore postale, una disciplina del lavoro differenziata e priva di ragionevolezza (16). La Corte, tuttavia, ha ritenuto non fondata la questione specificando, proprio con riferimento allarticolo 3 Cost., che la norma impugnata costituisce la tipizzazione legislativa di una ipotesi di valida apposizione del termine effettuata in base ad una valutazione preventiva ed astratta nientaffatto irragionevole. Alle imprese che svolgono attivit di preminente interesse generale, proprio perch tenute alladempimento di gravosi oneri connessi con lattivit medesima, pu infatti essere ragionevolmente riconosciuta una certa flessibilit nel ricorso (entro limiti quantitativi comunque fissati inderogabilmente dal legislatore), allo strumento del contratto a tempo determinato (17). Dott. Gianluca Fatato* Corte costituzionale, sentenza 8-14 luglio 2009 n. 214 - Pres. Amirante, Red. Mazzella - Giudizi di legittimit costituzionale dellart. 2, comma 1-bis, del decreto legislativo 6 settembre 2001 n. 368 (Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES), degli artt. 1, comma 1, e 11 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 e dellart. 4-bis, del medesimo decreto legislativo, introdotto dallart. 21, comma 1-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Di- (16) Il Tribunale di Roma (r.o. n. 217 del 2008), lamenta, altres, la violazione degli articoli 101, 102 e 104 Cost., perch lintroduzione di una acasualit per le assunzioni a termine nel settore postale sottrarrebbe ingiustificatamente al giudice ordinario il potere di verifica delle effettive ragioni oggettive e temporanee poste alla base di dette assunzioni. (17) La Corte ha dichiarato non fondata la questione anche sotto il profilo della pretesa violazione degli articoli 101, 102 e 104 Cost. in quanto la norma censurata si limita a richiedere, per la stipula di contratti a termine da parte delle imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste, requisiti diversi rispetto a quelli valevoli in generale (non gi l'indicazione di specifiche ragioni temporali, bens il rispetto di una durata massima e di una quota percentuale dell'organico complessivo). Pertanto il giudice ben pu esercitare il proprio potere giurisdizionale al fine di verificare la ricorrenza in concreto di tutti gli elementi di tale dettagliata fattispecie legale. (*) Funzionario presso l Ufficio legislativo del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 223 sposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivit, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 - Presidente del Consiglio dei Ministri (Avv.ti F.Tortora. P.Gentili, S. Fiorentino). (...Omissis...) Considerato in diritto 1. Con separate ordinanze, le Corti di appello di Torino, Genova, Bari, Caltanissetta, Venezia, LAquila e Roma ed i Tribunali di Roma, Trani, Ascoli Piceno, Trieste, Viterbo, Milano e Teramo hanno sollevato, in riferimento agli artt. 3, 10, 11, 24, 76, 77, 101, 102, 104, 111 e 117, primo comma, della Costituzione, questioni di legittimit costituzionale degli artt. 1, comma 1, 2, comma 1-bis, 4-bis ed 11 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 (Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa allaccordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dallUNICE, dal CEEP e dal CES). 2. La parziale identit di molte delle questioni proposte e lappartenenza di tutte le norme censurate allo stesso testo normativo rendono opportuna la riunione dei giudizi al fine della loro decisione con ununica sentenza. 3. I Tribunali di Roma (r.o. n. 413 del 2008) e di Trani (r.o. n. 434 del 2008) dubitano, in particolare, della legittimit degli artt. 1, comma 1, e 11 del d.lgs. n. 368 del 2001. La prima delle predette norme stabilisce che consentita lapposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attivit del datore di lavoro [le parole anche se riferibili alla ordinaria attivit del datore di lavoro, sono state aggiunte dallart. 21, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivit, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133]. Lart. 11 del d.lgs. n. 368 del 2001, invece, dispone, al comma 1, labrogazione, tra laltro, dellintera legge 18 aprile 1962, n. 230 (Disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato), la quale, allart. 1, secondo comma, lettera b), consentiva lapposizione del termine al contratto di lavoro subordinato quando lassunzione abbia luogo per sostituire lavoratori assenti e per i quali sussiste il diritto alla conservazione del posto, semprech nel contratto di lavoro a termine sia indicato il nome del lavoratore sostituito e la causa della sua sostituzione . Ad avviso dei rimettenti, le norme censurate, nel sopprimere lart. 1, secondo comma, lettera b), della legge n. 230 del 1962 e, quindi, nellabolire lonere dellindicazione del nominativo del lavoratore sostituito quale condizione di liceit dellassunzione a tempo determinato di altro dipendente, violerebbero lart. 77 Cost., poich la legge di delega 29 dicembre 2000, n. 422 (Disposizioni per ladempimento di obblighi derivanti dallappartenenza dellItalia alle Comunit Europee - Legge comunitaria 2000), in esecuzione della quale stato emanato il d.lgs. n. 368 del 2001, attribuiva al Governo esclusivamente il potere di attuare la direttiva 1999/70/CE, la quale non conteneva alcuna disposizione in tema di presupposti per lapposizione delle clausole del termine. Sussisterebbe contrasto, poi, con lart. 76 Cost., poich la menzionata legge n. 422 del 2000 non prevedeva princpi direttivi ulteriori rispetto all'attuazione della direttiva 1999/70/CE la quale, alla clausola 8, punto 3, dellaccordo quadro da essa recepito, dispone che lapplicazione dellaccordo non pu costituire un motivo per ridurre 224 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 il livello generale di tutela offerto ai lavoratori nellambito coperto dallaccordo stesso, mentre le disposizioni censurate, eliminando la necessit dellindicazione del nominativo del lavoratore sostituito, determinerebbero un arretramento della tutela garantita ai lavoratori dal precedente regime. Infine, ad avviso del solo Tribunale di Roma, sarebbe leso anche lart. 117, primo comma, Cost., per violazione dei vincoli derivanti dallordinamento comunitario. 3.1. La questione non fondata nei termini di seguito precisati. Entrambi i rimettenti omettono di considerare adeguatamente che lart. 1 del d.lgs. n. 368 del 2001, dopo aver stabilito, al comma 1, che lapposizione del termine al contratto di lavoro consentita a fronte di ragioni di carattere (oltre che tecnico, produttivo e organizzativo, anche) sostitutivo, aggiunge, al comma 2, che Lapposizione del termine priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma 1. Lonere di specificazione previsto da questultima disposizione impone che, tutte le volte in cui lassunzione a tempo determinato avvenga per soddisfare ragioni di carattere sostitutivo, risulti per iscritto anche il nome del lavoratore sostituito e la causa della sua sostituzione. Infatti, considerato che per ragioni sostitutive si debbono intendere motivi connessi con lesigenza di sostituire uno o pi lavoratori, la specificazione di tali motivi implica necessariamente anche lindicazione del lavoratore o dei lavoratori da sostituire e delle cause della loro sostituzione; solamente in questa maniera, infatti, lonere che lart. 1, comma 2, del d.lgs. n. 368 del 2001 impone alle parti che intendano stipulare un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato pu realizzare la propria finalit, che quella di assicurare la trasparenza e la veridicit della causa dellapposizione del termine e limmodificabilit della stessa nel corso del rapporto. Non avendo gli impugnati artt. 1, comma 1, ed 11 del d.lgs. n. 368 del 2001 innovato, sotto questo profilo, rispetto alla disciplina contenuta nella legge n. 230 del 1962, non sussiste la denunciata violazione dellart. 77 della Costituzione. Invero, lart. 2, comma 1, lettera b), della legge di delega n. 422 del 2000 consentiva al Governo di apportare modifiche o integrazioni alle discipline vigenti nei singoli settori interessati dalla normativa da attuare e ci al fine di evitare disarmonie tra le norme introdotte in sede di attuazione delle direttive comunitarie e, appunto, quelle gi vigenti. In base a tale principio direttivo generale, il Governo era autorizzato a riprodurre, nel decreto legislativo di attuazione della direttiva 1999/70/CE, precetti gi contenuti nella previgente disciplina del settore interessato dalla direttiva medesima (contratto di lavoro a tempo determinato). Infatti, inserendo in un unico testo normativo sia le innovazioni introdotte al fine di attuare la direttiva comunitaria, sia le disposizioni previgenti che, attenendo alla medesima fattispecie contrattuale, erano alle prime intimamente connesse, si sarebbe garantita la piena coerenza della nuova disciplina anche sotto il profilo sistematico, in conformit con quanto richiesto dal citato art. 2, comma 1, lettera b), della legge di delega. Non sussiste neppure la denunciata lesione dellart. 76 Cost., poich le norme censurate, limitandosi a riprodurre la disciplina previgente, non determinano alcuna diminuzione della tutela gi garantita ai lavoratori dal precedente regime e, pertanto, non si pongono in contrasto con la clausola n. 8.3 dellaccordo-quadro recepito dalla direttiva 1999/70/CE, secondo la quale lapplicazione dellaccordo non avrebbe potuto costituire un motivo per ridurre il livello generale di tutela gi goduto dai lavoratori. Per la stessa ragione (insussistenza, sotto il profilo in esame, di un contrasto con la normativa comunitaria) infondata la censura formulata in riferimento allart. 117, primo comma, Cost., IL CONTENZIOSO NAZIONALE 225 il quale impone al legislatore di rispettare i vincoli derivanti dallordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. 4. Il Tribunale di Roma (r.o. n. 217 del 2008) dubita della legittimit costituzionale dellart. 2, comma 1-bis, del d.lgs. n. 368 del 2001, aggiunto dallart. 1, comma 558, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2006). In virt di tale disposizione consentita lapposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato quando lassunzione sia effettuata da imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste per un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale non superiore al 15 per cento dellorganico aziendale, riferito al 1 gennaio dellanno cui le assunzioni si riferiscono. Ad avviso del rimettente, la norma, consentendo alle aziende concessionarie di servizi nei settori delle poste di stipulare contratti di lavoro a tempo determinato (oltre che per le causali e nelle forme previste dallart. 1 dello stesso d.lgs. n. 368 del 2001) anche liberamente entro i limiti temporali e quantitativi in essa indicati, violerebbe, da un lato, lart. 3, primo comma, Cost., poich introdurrebbe, ai danni dei lavoratori operanti nel settore delle poste, una disciplina differenziata del lavoro a termine priva di ragionevolezza e di valide ragioni giustificatrici e, dallaltro, gli artt. 101, 102 e 104 Cost., perch lintroduzione di una acasualit per le assunzioni a termine nel settore postale sottrarrebbe ingiustificatamente al giudice ordinario il potere di verifica delle effettive ragioni oggettive e temporanee poste alla base di dette assunzioni. 4.1. La questione non fondata. Innanzitutto non ravvisabile alcuna lesione dellart. 3 della Costituzione. La norma censurata costituisce la tipizzazione legislativa di unipotesi di valida apposizione del termine. Il legislatore, in base ad una valutazione operata una volta per tutte in via generale e astratta delle esigenze delle imprese concessionarie di servizi postali di disporre di una quota (15 per cento) di organico flessibile, ha previsto che tali imprese possano appunto stipulare contratti di lavoro a tempo determinato senza necessit della puntuale indicazione, volta per volta, delle ragioni giustificatrici del termine. Tale valutazione preventiva ed astratta operata dal legislatore non manifestamente irragionevole. Infatti, la garanzia alle imprese in questione, nei limiti indicati, di una sicura flessibilit dellorganico, direttamente funzionale allonere gravante su tali imprese di assicurare lo svolgimento dei servizi relativi alla raccolta, allo smistamento, al trasporto ed alla distribuzione degli invii postali, nonch la realizzazione e lesercizio della rete postale pubblica i quali costituiscono attivit di preminente interesse generale, ai sensi dellart. 1, comma 1, del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261 (Attuazione della direttiva 1997/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualit del servizio). In particolare, poi, in esecuzione degli obblighi di fonte comunitaria derivanti dalla direttiva 1997/67/CE, lItalia deve assicurare lo svolgimento del c.d. servizio universale (cio la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione degli invii postali fino a 2 chilogrammi; la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione dei pacchi postali fino a 20 chilogrammi; i servizi relativi agli invii raccomandati ed agli invii assicurati: art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 261 del 1999); tale servizio universale assicura le prestazioni in esso ricomprese, di qualit determinata, da fornire permanentemente in tutti i punti del territorio nazionale, incluse 226 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 le situazioni particolari delle isole minori e delle zone rurali e montane, a prezzi accessibili a tutti gli utenti (art. 3, comma 1); limpresa fornitrice del servizio deve garantire tutti i giorni lavorativi, e come minimo cinque giorni a settimana, salvo circostanze eccezionali valutate dall'autorit di regolamentazione, una raccolta ed una distribuzione al domicilio di ogni persona fisica o giuridica (art. 3, comma 4); il servizio deve esser prestato in via continuativa per tutta la durata dellanno (art. 3, comma 3). Non , dunque, manifestamente irragionevole che ad imprese tenute per legge alladempimento di simili oneri sia riconosciuta una certa flessibilit nel ricorso (entro limiti quantitativi comunque fissati inderogabilmente dal legislatore) allo strumento del contratto a tempo determinato. Si aggiunga che lart. 2, comma 1-bis, del d.lgs. n. 368 del 2001 impone alle aziende di comunicare ai sindacati le richieste di assunzioni a termine, prevedendo cos un meccanismo di trasparenza che agevola il controllo circa leffettiva osservanza, da parte datoriale, dei limiti posti dalla norma. La questione non fondata neppure sotto il profilo della pretesa violazione degli artt. 101, 102 e 104 della Costituzione. La norma censurata si limita a richiedere, per la stipula di contratti a termine da parte delle imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste, requisiti diversi rispetto a quelli valevoli in generale (non gi lindicazione di specifiche ragioni temporali, bens il rispetto di una durata massima e di una quota percentuale dellorganico complessivo). Pertanto il giudice ben pu esercitare il proprio potere giurisdizionale al fine di verificare la ricorrenza in concreto di tutti gli elementi di tale dettagliata fattispecie legale. 5. Con diciannove distinte ordinanze, le Corti di appello di Torino (r.o. n. 427 del 2008), Genova (r.o. n. 441 del 2008), Bari (r.o. n. 12 del 2009), Caltanissetta (r.o. n. 43 del 2009), Venezia (r.o. n. 93 del 2009), LAquila (r.o. n. 95 del 2009) e Roma (r.o. n. 102 del 2009), ed i Tribunali di Roma (r.o. n. 413 del 2008), Ascoli Piceno (r.o. nn. 442 e 443 del 2008), Trieste (r.o. n. 4 del 2009), Viterbo (r.o. n. 22 del 2009), Milano (r.o. nn. 25, 26, 27, 28, 86 e 87 del 2009) e Teramo (r.o. n. 70 del 2009), hanno sollevato questioni di legittimit costituzionale dellart. 4- bis del d.lgs. n. 368 del 2001, introdotto dallart. 21, comma 1-bis, del d.l. n. 112 del 2008. La norma censurata dispone che Con riferimento ai soli giudizi in corso alla data di entrata in vigore della presente disposizione, e fatte salve le sentenze passate in giudicato, in caso di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 1, 2 e 4, il datore di lavoro tenuto unicamente ad indennizzare il prestatore di lavoro con unindennit di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di sei mensilit dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nellarticolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali), e successive modificazioni. I giudici rimettenti, premettendo che, secondo il diritto vivente, in caso di violazione delle prescrizioni contenute nellart. 1 del d.lgs. n. 368 del 2001, pu essere disposta la conversione del contratto in rapporto di lavoro a tempo indeterminato e riconosciuta al lavoratore una tutela risarcitoria piena, affermano che lart. 4-bis del d.lgs. n. 368 del 2001 violerebbe: lart. 3 Cost., poich fonte di irragionevole disparit di trattamento, collegata al solo dato temporale del momento di proposizione del ricorso giudiziale, tra lavoratori che si trovano nella identica situazione di fatto (r.o. nn. 413, 427, 441, 442 e 443 del 2008; 4, 12, 25, 26, 27, 28, 43, 86, 87 e 93 del 2009); lart. 3 Cost., in quanto introduce una disciplina priva di ragionevolezza, perch: a) interviene nei rapporti di diritto privato sacrificando arbitrariamente il diritto del lavoratore assunto illegittimamente a tempo determinato a godere della tutela ga- IL CONTENZIOSO NAZIONALE 227 rantita dalla legge vigente allepoca dellinstaurazione del rapporto e favorendo contemporaneamente il datore di lavoro che ha dato luogo allillegittimit (r.o. nn. 442 e 443 del 2008); b) non ravvisabile alcuna giustificazione razionale nel fatto che la disposizione modifichi la regola sostanziale rispetto ad una categoria di soggetti, riducendo la tutela mentre pendono i giudizi, proprio e solo per il fatto di avere una causa in corso (r.o n. 102 del 2009); c) la delimitazione temporale del trattamento discriminatorio si riferisce alla mera pendenza del processo, e quindi ad una circostanza assolutamente accidentale (r.o. nn. 22, 70 e 95 del 2009); gli artt. 3, primo comma, e 24 Cost., perch vola il generale principio dellaffidamento legittimamente posto dal cittadino sulla certezza dellordinamento giuridico (r.o. nn. 413 del 2008; 12, 22 e 70 del 2009); lart. 10 Cost., poich lede il principio di parit di trattamento che principio generale del diritto internazionale e comunitario che lItalia si impegnata a rispettare (r.o. nn. 25, 26, 27, 28, 86 e 87 del 2009); gli artt. 11, secondo periodo, e 117, primo comma, Cost., perch, riducendo la tutela accordata in precedenza dallordinamento ai lavoratori assunti con contratto a tempo determinato, vola la clausola 8, punto 3, dellaccordo quadro sul lavoro a tempo determinato recepito dalla direttiva 1999/70/CE e, conseguentemente, lobbligo del legislatore interno di rispettare i vincoli derivanti dallordinamento comunitario ed internazionale (r.o. nn. 442 e 443 del 2008); lart. 24 Cost., perch compromette il diritto di difesa dei lavoratori ricorrenti, sottraendo loro la possibilit di ottenere il vantaggio della conversione del contratto in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, la cui prospettiva aveva direttamente condizionato lesercizio del loro diritto di azione (r.o. nn. 427 del 2008; 24, 25, 26, 27, 28, 43, 86, 87, 93 e 102 del 2009); lart. 111 Cost., con riferimento al principio del giusto processo, perch la norma censurata modifica, nel corso dei procedimenti giudiziali, la tutela sostanziale accordabile al diritto azionato, senza che ricorrano idonee ragioni oggettive o generali (r.o. nn. 93 e 102 del 2009); gli artt. 101, 102, secondo comma, e 104, primo comma, Cost., poich un intervento legislativo che riguardi solamente alcuni giudizi in corso ad una certa data privo del requisito di astrattezza proprio delle norme giuridiche ed assume un carattere provvedimentale generale invasivo dellՈmbito riservato alla giurisdizione (r.o. nn. 413 del 2008 e 22 del 2009); lart. 117, primo comma, Cost., in connessione con lart. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 (ratificata dalla legge 4 agosto 1955, n. 848), il quale impedisce al legislatore di intervenire con norme ad hoc per la risoluzione di controversie in corso (r.o. nn. 413 e 441 del 2008; 4, 12, 22, 43, 25, 26, 27, 28, 70, 86, 87, 93, 95 e 102 del 2009); lart. 117, primo comma, Cost., poich la norma censurata costituisce un completamento o una modifica del d.lgs. n. 368 del 2001 e dunque unapplicazione della direttiva 1999/70/CE e avrebbe pertanto dovuto rispettare la clausola di non regresso enunciata nella clausola 8, punto 3, dellaccordo quadro recepito dalla medesima direttiva (r.o. nn. 25, 26, 27, 28, 86 e 87 del 2009). 5.1. Nel giudizio introdotto dallordinanza n. 4 del 2009 intervenuta lassociazione Articolo 21 Liberi di, che non era parte nel relativo giudizio a quo. Per costante giurisprudenza di questa Corte, possono partecipare al giudizio incidentale di legittimit costituzionale le sole parti del giudizio principale e i terzi portatori di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio (da ultimo, sentenza n. 47 del 2008). Lassociazione Articolo 21 Liberi di motiva il proprio intervento con la necessit di rappresentare alla Corte che il lavoro precario largamente diffuso anche nel settore delleditoria e della radiotelevisione. Linteresse dellassociazione , quindi, privo di correlazione con le specifiche e peculiari posizioni soggettive dedotte nel giudizio principale ed il suo intervento deve essere dichiarato inammissibile. 228 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 5.2. Le questioni sollevate dalle Corti di appello di Torino, Caltanissetta, Venezia e LAquila e dal Tribunale di Teramo sono inammissibili per insufficiente motivazione sulla rilevanza. Infatti gli atti di rimessione nulla dicono circa la legittimit o meno del termine apposto ai contratti di lavoro oggetto dei relativi giudizi a quibus. Pertanto questa Corte non posta in condizione di verificare la sussistenza, nelle singole fattispecie, del requisito della rilevanza, perch ben potrebbe darsi che, in quelle ipotesi, non sussista violazione n dellart. 1, n dellart. 2, n dellart. 4 del d.lgs. n. 368 del 2001, con conseguente inapplicabilit dellart. 4-bis del d.lgs. n. 368 del 2001 nei giudizi principali. 5.3. La questione sollevata dalla Corte dappello di Bari inammissibile per unanaloga ragione. Infatti, il giudice a quo si esprime in termini meramente possibilistici circa la fondatezza della tesi sostenuta dal lavoratore della nullit del termine apposto al contratto per cui causa e, quindi, neppure in tal caso questa Corte pu essere certa della rilevanza della questione. 5.4. Le questioni sollevate dal Tribunale di Milano sono inammissibili per difetto di rilevanza, perch nella motivazione di ciascun atto di rimessione si legge che il relativo giudizio a quo stato promosso dopo lentrata in vigore della norma censurata, mentre lart. 4-bis del d.lgs. n. 368 del 2001 si applica solamente alle controversie in corso alla data della sua entrata in vigore. 5.5. Residuano, pertanto, le questioni sollevate dalle Corti dappello di Genova e di Roma e dai Tribunali di Roma, Ascoli Piceno, Trieste e Viterbo. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha eccepito linammissibilit di tali questioni (ad eccezione di quella sollevata dal Tribunale di Roma), perch i rimettenti non hanno spiegato per quale ragione, nella fattispecie concreta oggetto del loro giudizio, pur ammettendo che il termine sia stato illegittimamente apposto, non si dovrebbe dichiarare lestinzione del rapporto per mutuo consenso. Leccezione non fondata. In effetti, lordinanza del Tribunale di Ascoli Piceno n. 442 del 2008 espressamente d atto dellinfondatezza delleccezione di estinzione del rapporto per mutuo consenso sollevata dal datore di lavoro nel giudizio principale. Nelle ordinanze delle Corti di appello di Genova e di Roma sono indicate le eccezioni sollevate in secondo grado dalle parti datoriali e tra esse non figura quella di estinzione del rapporto per mutuo consenso; ci sufficiente al fine di ritenere rilevante la questione di legittimit dellart. 4-bis del d.lgs. n. 368 del 2001 nei relativi giudizi principali, poich questi ultimi sono giudizi di secondo grado nei quali, in difetto di una specifica eccezione sollevata dalla parte interessata, il giudice non pu affermare lestinzione del rapporto di lavoro per mutuo consenso. Analogamente, nellordinanza del Tribunale di Ascoli Piceno n. 443 del 2008 sono riportate tutte le difese del datore di lavoro e, tra queste, non vՏ leccezione di estinzione per mutuo consenso, non rilevabile dufficio. Nella propria ordinanza di rimessione il Tribunale di Trieste lascia impregiudicata leccezione di estinzione per mutuo consenso formalmente eccepita dal datore di lavoro e tuttavia aggiunge che, in ogni caso, nella fattispecie oggetto del giudizio a quo, vi sarebbero gli estremi per la dichiarazione della costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dalla data di sottoscrizione del primo contratto di lavoro a tempo determinato tra le parti alla scadenza dellultimo; conseguentemente, lart. 4-bis impedirebbe anche tale, sia pure ridotta, declaratoria di conversione del rapporto. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 229 Lordinanza del Tribunale di Viterbo stata pronunciata nel corso di un giudizio cautelare promosso poco dopo la scadenza del contratto a termine, onde avendo il lavoratore immediatamente reagito in sede giudiziale non sussiste la circostanza del consistente lasso di tempo intercorso tra la scadenza del termine e la proposizione del ricorso giudiziale richiesta dalla giurisprudenza di legittimit per poter affermare che si sia formato un mutuo consenso per lestinzione del rapporto. 5.6. Con riferimento alle questioni sollevate proprio dal Tribunale di Viterbo, il Presidente del Consiglio dei Ministri eccepisce, inoltre, la loro inammissibilit perch, dalla motivazione dellordinanza di rimessione, apparirebbe che la fattispecie dedotta nel giudizio principale sia da ricondurre allambito di operativit dellart. 5 del d.lgs. n. 368 del 2001 (che disciplina lipotesi della successione dei contratti a termine), fattispecie cui non si applica lart. 4-bis dello stesso d.lgs. n. 368. Leccezione non fondata. Infatti il Tribunale di Viterbo afferma espressamente che lordine di riammissione in servizio della lavoratrice contenuto nellordinanza pronunciata ai sensi dellart. 700 cod. proc. civ. contro la quale stato proposto il reclamo che il rimettente deve decidere stato pronunciato perch il giudice di prime cure aveva ritenuto la violazione dellart. del d.lgs. n. 368 del 2001 per omessa indicazione delle causali dellassunzione a tempo determinato, fattispecie che rientra pacificamente nell'mbito di operativit dellart. 4-bis del d.lgs. n. 368. 5.7. Nel merito le questioni sollevate in riferimento allart. 3 Cost. dalle Corti dappello di Genova e di Roma e dai Tribunali di Roma, Ascoli Piceno, Trieste e Viterbo sono fondate. In effetti, situazioni di fatto identiche (contratti di lavoro a tempo determinato stipulati nello stesso periodo, per la stessa durata, per le medesime ragioni ed affetti dai medesimi vizi) risultano destinatarie di discipline sostanziali diverse (da un lato, secondo il diritto vivente, conversione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato e risarcimento del danno; dallaltro, erogazione di una modesta indennit economica), per la mera e del tutto casuale circostanza della pendenza di un giudizio alla data (anchessa sganciata da qualsiasi ragione giustificatrice) del 22 agosto 2008 (giorno di entrata in vigore dell'art. 4-bis del d.lgs. n. 368 del 2001, introdotto dall'art. 21, comma 1-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112). Siffatta discriminazione priva di ragionevolezza, n collegata alla necessit di accompagnare il passaggio da un certo regime normativo ad un altro. Infatti lintervento del legislatore non ha toccato la disciplina relativa alle condizioni per lapposizione del termine o per la proroga dei contratti a tempo determinato, ma ha semplicemente mutato le conseguenze della violazione delle previgenti regole limitatamente ad un gruppo di fattispecie selezionate in base alla circostanza, del tutto accidentale, della pendenza di una lite giudiziaria tra le parti del rapporto di lavoro. Deve pertanto essere dichiarata lillegittimit costituzionale dellart. 4-bis del d.lgs. n. 368 del 2001, con assorbimento delle questioni sollevate in riferimento ad altri parametri costituzionali dalle Corti dappello di Genova e di Roma e dai Tribunali di Roma, Ascoli Piceno, Trieste e Viterbo. P.Q.M. LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi, 1) dichiara lillegittimit costituzionale dellart. 4-bis del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 (Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa allaccordo quadro sul lavoro a 230 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 tempo determinato concluso dallUNICE, dal CEEP e dal CES), introdotto dallart. 21, comma 1-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivit, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133; 2) dichiara inammissibili le questioni di legittimit costituzionale del medesimo art. 4-bis del d.lgs. n. 368 del 2001, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 10, 11, 24, 111, 117, primo comma, della Costituzione, dalle Corti di appello di Torino, Bari, Caltanissetta, Venezia e LAquila e dai Tribunali di Milano e Teramo con le ordinanze indicate in epigrafe; 3) dichiara non fondate le questioni di legittimit costituzionale degli artt. 1, comma 1, e 11 del d.lgs. n. 368 del 2001, sollevate, in riferimento agli artt. 76, 77 e 117, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Roma con lordinanza n. 413 del 2008 e dal Tribunale di Trani con lordinanza indicata in epigrafe; 4) dichiara non fondata la questione di legittimit costituzionale dellart. 2, comma 1-bis, del d.lgs. n. 368 del 2001, sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 101, 102 e 104 della Costituzione, dal Tribunale di Roma con lordinanza n. 217 del 2008. Cos deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l8 luglio 2009. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 231 Dossier La funzione dellistanza di prelievo nei ricorsi per equa riparazione dellirragionevole durata del processo Nella giurisprudenza della Corte di Cassazione ed alla luce dei nuovi interventi normativi IN ALLEGATO: 1.- Corte Suprema di Cassazione, Sezione I Civile, sentenza 6 marzo 2003 n. 3347. 2.- Corte Suprema di Cassazione, Sezione I Civile, sentenza 17 aprile 2003 n. 6180. 3.- Corte Suprema di Cassazione Civile, Sezioni Unite, sentenza 23 dicembre 2005 n. 28507. 4.- Corte Suprema di Cassazione, Sezione I Civile, sentenza 28 novembre 2008 n. 28428. E noto che nel comparto della giustizia amministrativa esiste un notevole arretrato di giudizi tuttora pendenti imputabile soprattutto allatteggiamento sventato che i vari Governi, succedutisi nel corso degli ultimi trenta anni, hanno mostrato rispetto alla giurisdizione amministrativa nel momento culminante della formazione della legge di bilancio, destinandole risorse finanziarie a dir poco esigue. Cos il modesto organico del personale di magistratura (meno di cinquecento giudici) e laltrettanto striminzito organico del personale di segreteria (meno di mille dipendenti) non sono stati in grado di assicurare uno svolgimento celere delle cause, nonostante uno sforzo encomiabile, ma purtroppo vano davanti alle centinaia di migliaia di ricorsi ammassati in archivi cartacei straripanti. Certamente, lincapacit della giurisdizione amministrativa di far fronte tempestivamente alla domanda di giustizia si traduce in un malessere che non va sottovalutato: questi ritardi rappresentano, a volte, quasi un diniego di giustizia per i ricorrenti ma sono dannosi anche per le stesse amministrazioni, che restano esposte al possibile annullamento dei propri atti dopo molti anni, quando diventa pi difficile ripristinare le situazioni giuridiche lese nel quadro di una composizione legittima ed efficace degli interessi, mediante il corretto esercizio dellattivit amministrativa. Le innumerevoli problematiche legate allarretrato della giustizia amministrativa italiana hanno sollecitato lintroduzione, nella prassi e nella stessa giurisprudenza (Consiglio di Stato, sentenza 15 settembre 1986, n. 676), di quella che ha assunto la comune denominazione di istanza di prelievo, riconoscendosi cio ad una delle parti la possibilit di produrre al presidente medesimo una (ulteriore) richiesta, intesa a far pervenire il giudizio ad una sollecita definizione, attraverso la quale il giudice, dietro illustrazione dei 232 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 concreti motivi di urgenza, stimolato ad anticipare ludienza di discussione del ricorso (1), con la consequenziale deroga del rigido criterio cronologico di trattazione delle cause fondato sulla data della domanda di fissazione. Tale istanza, della quale si pu rinvenire una qualche traccia nelle norme procedurali (2) (art. 51, comma 2, del Regio Decreto n. 642 del 1907: Nello stesso decreto di fissazione di udienza il Presidente pu, ad istanza di parte o dufficio, dichiarare il ricorso urgente), svolge la funzione primaria di impedire lestinzione del ricorso giurisdizionale per perenzione ordinaria, una volta che sia stata presentata dal difensore del ricorrente con apposito atto distinto dal ricorso introduttivo. (1) A questo proposito giova ricordare che la giurisprudenza della CEDU, se per un verso ha ritenuto che, nei casi in cui possibile, grava sulla parte lonere di promuovere laccelerazione delliter processuale, chiedendo, ad esempio, di anticipare ludienza (CEDU 15 novembre 1996, Ceteroni c. Italia), sul presupposto che le parti stesse debbono partecipare con diligenza agli adempimenti, astenersi dal ricorrere ad espedienti dilatorie e servirsi delle possibilit offerte dallordinamento interno per abbreviare il giudizio, senza peraltro porre in essere manovre al di fuori della norma (CEDU 7 luglio 1989, Union Alimentaria Sanders c. Spagna), dallaltro ha tuttavia affermato che compito degli Stati membri organizzare il rispettivo sistema giudiziario in modo tale da assicurare una durata ragionevole dei procedimenti (CEDU 13 luglio 1983, Zimmermann c. Svizzera; CEDU 25 giugno 1987, Baggetta c. Italia; CEDU 24 maggio 1991, Caleffi c. Italia; Pugliese c. Italia; Vocaturo c. Italia), onde il principio del termine ragionevole enunciato dallart. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea non esonera i tribunali dall'obbligo di procedere senza dilazioni (CEDU 7 luglio 1989, cit.) ed il fatto, in specie, che il ricorrente non abbia inoltrato alcuna istanza per far fissare con urgenza la discussione della causa costituisce una ragione che non giustifica... i gravi ritardi in cui (siano) incorse le autorit nazionali (CEDU 24 maggio 1991, Vocaturo c. Italia, cit.). Se pure, quindi, nella sfera della giurisdizione amministrativa, al pari di quanto accade in quella civile (l dove figura la possibilit di ricorrere all'abbreviazione di termini, allanticipazione di udienze e ad istanze sollecitatorie di vario genere), ammissibile che la parte ricorrente abbia lonere di attivarsi al fine di promuovere, con il suo comportamento, una speciale celerit del processo o, comunque, la pi rapida conclusione di esso, sollecitando appunto luso, da parte del giudice, dei suoi poteri officiosi e riducendo cos la durata che si stia palesando irragionevole, occorre tuttavia riconoscere che lAmministrazione deve comunque provvedere ad organizzare gli uffici giudiziari in modo tale che questi ultimi - pure nel caso in cui gli utenti non risultino diligenti nella cura dei propri interessi - siano in grado di provvedere in tempi sufficientemente celeri, ovvero in modo tale che venga assicurata la ragionevole durata dei processi, in condizioni non soltanto normali ma anche di emergenza. (2) La norma di procedura regolante listanza in discorso, nel trentennio di vita dei TAR ha ricevuto costante e diffusa applicazione nella fissazione delle udienze innanzi ai Tribunali Amministrativi Regionali, essendo altres prevista lannotazione delle istanze di urgenza nel registro delle domande di fissazione di udienza dal comma 1 dellart. 24 del Regolamento di esecuzione della L. n. 1034 del 1971 approvato con D.P.R. n. 214 del 1973. Ne deriva che la diffusione dello strumento acceleratorio costituito dalla proposizione della menzionata istanza di prelievo al fine di pervenire alla (pi) sollecita discussione del ricorso innanzi al T.A.R. frutto, anche ad avviso della Corte di Cassazione, pi che di una prassi di applicazione estensiva ai relativi giudizi di norma posta in altra sedes materiae, di una applicazione diffusa e sistematica dei principi impliciti nella norma regolamentare dellannotazione delle istanze durgenza (art. 24 c. 1 D.P.R. n. 214 del 1973 cit.), applicazione che ben si pu definire come integrante il diritto vivente della procedura innanzi ai T.A.R. (che oggi vede il ricorso alla previsione di un invito alla riproposizione di istanza di sollecito per i ricorsi ultradecennali, la cui inosservanza sanzionata con ladozione del decreto di perenzione ex art. 9 L. n. 205 del 2000). IL CONTENZIOSO NAZIONALE 233 Listanza di prelievo, tuttavia, nata quale strumento atto a consentire laccesso ad una corsia preferenziale nella lunga corsa per la definizione del giudizio, ha assunto notevole centralit ai fini dellaccoglimento dei ricorsi per il ristoro della irragionevole durata del processo, secondo il disposto dellart. 2, comma 1, L. 24 marzo 2001, n. 89 (c.d. Legge Pinto). La citata norma introduce nellordinamento giuridico interno un rimedio specifico per tutelare il diritto ad unequa riparazione del danno patrimoniale e non patrimoniale cagionato dallirragionevole prolungarsi dei tempi del giudizio, come gi previsto dallart. 6, 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dellUomo e delle libert fondamentali del 1950, ratificata dalla L. 4 agosto 1955, n. 848 (3). In buona sostanza, viene offerta tutela ai tutti quei cittadini che si sono trovati costretti, loro malgrado e per cause indipendenti dalla loro volont, ad attendere anni per vedere definito un processo. Le sofferenze psicologiche, le ansie ed i patemi danimo, che inevitabilmente colpiscono chi si trova a dover sopportare le lungaggini processuali, trovano ristoro nel riconoscimento di un diritto allindennit da ritardo da richiedere allo Stato. Naturalmente tale riconoscimento dovr passare attraverso laccertamento di determinati criteri, quali la complessit della causa, il comportamento delle parti, del giudice e di ogni altra autorit chiamata a concorrere o comunque a contribuire alla definizione del processo. Ebbene, proprio in virt della sua straordinaria funzione accelerativa, nello scenario prospettato dal Legislatore con la legge n. 89/2001, il deposito della domanda di prelievo viene a configurarsi come una particolare forma di collaborazione tra gli avvocati delle parti e gli uffici di segreteria del giudice amministrativo per una pi agevole definizione del giudizio, lomessa presentazione della stessa manifestando al contrario un marcato disinteresse della parte ricorrente alla durata del giudizio e, per questa via, lassenza di una presunta sofferenza morale causata da tale durata. Su questo punto nei primi indirizzi giurisprudenziali delle Corti di appello, competenti a pronunciarsi sul risarcimento del danno per violazione del termine ragionevole del giudizio, si sono evidenziate due tesi diametralmente contrapposte: un primo indirizzo considerava la mancata presentazione dellistanza di prelievo da parte dellavvocato difensore, durante la pendenza del processo amministrativo, come una (3) Lo strumento di tutela introdotto dalla predetta L. n. 89/2001 ha decisamente contribuito a sgravare la Corte di giustizia dei diritti dellUomo di Strasburgo dallingente numero di ricorsi presentati dai cittadini italiani, e tutela in maniera pi efficace gli interessi dei singoli, considerando anche la sussidiariet della tutela offerta dalla Convenzione dei diritti dellUomo rispetto ai pi incisivi rimedi offerti da ciascun ordinamento nazionale. Inoltre, la L. 24 marzo 2001, n. 89 trova un valido e solido sostegno di rango costituzionale nellart. 111 Cost., cos come modificato dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, che ha codificato per la prima volta nella nostra carta costituzionale il principio del giusto processo. 234 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 responsabilit diretta e personale della parte per le lungaggini giudiziali, con la conseguente negazione del diritto allequa riparazione per leccessiva durata del processo (4); diversamente, un secondo e pi ortodosso indirizzo giurisprudenziale valutava irrilevante la citata omessa presentazione, condannando lo Stato a risarcire il danno. In verit il fatto che per prassi laccoglimento o il rigetto dellistanza di prelievo venga affidato alla valutazione ampiamente discrezionale del presidente (art. 51, cit. Il presidente pu dichiarare il ricorso urgente) induce a dubitare sulla sua efficacia reale di affrettare la conclusione del giudizio attraverso una decisione sul merito. La questione concernente la rilevanza in sede di accertamento della pretesa violazione allobbligo di rispetto del termine ragionevole di cui allart. 6 par. 1 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti delluomo (art. 2 comma 2 L. n. 89 del 2001) della mancata tempestiva proposizione della istanza di prelievo al Presidente del T.A.R. ha destato sin da subito linteresse anche della giurisprudenza di legittimit. Tuttavia, la soluzione data al quesito in esame non stata, nelle pronunzie della Corte di Cassazione, del tutto omogenea. Mentre, infatti, con alcune pronunzie pubblicate nel 2002 (5) i giudici di legittimit hanno affermato la rilevanza assorbente che assume il rinvio al comportamento delle parti nellaccertamento della violazione della durata ragionevole (art. 2, comma 2, L. n. 89 del 2001), s da escludere laddebitabilit allAmministrazione dei tempi imputabili alla negligente condotta delle parti (4) Cos, ex exemplis, Corte dAppello di Genova, Decreto 18 giugno 2002; Corte dAppello, Napoli, Decreto 5 marzo 2002 e Corte dAppello di Roma, Decreto 27 dicembre 2001/15 gennaio 2002, la quale ha ritenuto che il mancato tempestivo deposito (solo supposto ma non provato) dellistanza di prelievo costituisse un comportamento dilatorio della ricorrente, addebitandole lintero ritardo nella decisione del ricorso e lasciando cos intendere che, senza istanza di prelievo, non potesse essere discusso e deciso un ricorso, con evidente confusione tra istanza di fissazione delludienza di discussione ed istanza di prelievo. Lo stesso giudice, qualificando erroneamente listanza di prelievo come un obbligo processuale il cui inadempimento bloccherebbe o ritarderebbe il processo, ha fatto derivare dalla sua tardiva presentazione addirittura linsussistenza giuridica della lamentata violazione del diritto allequa riparazione ex legge n. 89/2001, pur materialmente presente, laddove una simile tardiva presentazione, configurandosi esattamente in termini di mancato esercizio di una facolt ai fini delleventuale accelerazione del processo, al pi poteva essere tenuta presente, come fattore riduttivo, nella quantificazione del danno da liquidare. (5) Confronta Cass. 5 novembre 2002, n. 15445 e Cass. 14 novembre 2002, n. 15992, ove si stabilisce che, nel valutare il comportamento delle parti, il giudice debba escludere la liquidazione del previsto indennizzo allorch la parte, col suo comportamento, abbia concorso a determinare la durata che si assume eccessiva; in tale prospettiva, legittimo considerare, oltre che il ritardo nella presentazione, da parte del ricorrente nel giudizio amministrativo, della richiesta di fissazione di udienza ai sensi dell'art. 23 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, il mancato tempestivo inoltro dellstanza di prelievo, a nulla rilevando che detta istanza costituisca una facolt, e non un obbligo, per il ricorrente, atteso che colui il quale non ha fatto ricorso ai mezzi acceleratori posti a sua disposizione dallordinamento non pu poi allegare, a fondamento del diritto allequa riparazione del danno da ritardo, la maggiore durata che il mancato avvalimento di essi, valutabile alla stregua di un comportamento inerte, ha introdotto nella procedura. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 235 stesse nel non avvalersi dello strumento acceleratorio disponibile (6), la sentenza del 6 marzo 2003, n. 3347 ha puntato con ampia e diffusa applicazione diretta dei principi della giurisprudenza della CEDU sulla permanente inadempienza dellAmministrazione nel non aver organizzato il servizio in modo da assicurare celerit ...anche a favore degli utenti che non risultino diligenti nella cura dei propri interessi.... Dallultimo citato arresto derivava un orientamento minoritario secondo cui la mancata presentazione dellistanza di prelievo non poteva influire sul calcolo dei termini del processo (7), bens incidere unicamente sulla determinazione dellentit dellequa riparazione spettante con riferimento allart. 1227, comma 2, c.c. (richiamato nella L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3), il quale esclude il risarcimento dei danni che il danneggiato avrebbe potuto evitare usando lordinaria diligenza, col risultato che la durata irragionevole del processo, ancorch accertata, non potrebbe porsi esclusivamente a carico dello Stato. Cinonostante, il prevalente orientamento giurisprudenziale, consolidatosi in seno alla Corte di Cassazione fino allaffermarsi della ormai famosa decisione a Sezioni Unite n. 28507/2005, ha ritenuto che in tema di equa riparazione ai sensi della Legge 24 marzo 2001 n. 89, la negligenza della parte ricorrente dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale nella presentazione dellistanza di prelievo strumento offerto dallordinamento processuale per pervenire alla pi sollecita definizione del ricorso trova la sua collocazione non gi nella sedes materiae della liquidazione del danno (art. 1227, comma 2, c.c.), ma nello scrutinio di adeguatezza del comportamento della parte ex art. 2, comma 2, della legge citata, tra gli elementi costituitivi del fatto generatore di indennizzo, rilevando cio come comportamento oggettivo, determinante (6) Nello stesso senso, le corti di merito, (vedi, ex multis, Corte dAppello, Napoli, Decreti 26 marzo 2004, 16 luglio-2 ottobre 2004, 25 ottobre 2004 e 10 giugno 2005 e Corte dAppello, Venezia, decreto 8 luglio 2004), hanno negato laddebitabilit della durata del giudizio innanzi al TAR alla responsabilit dello Stato, non avendo il ricorrente inoltrato listanza di prelievo, ritenuto impulso di parte indispensabile alla sollecita definizione del giudizio amministrativo, e statuendo che solo con la proposizione della detta istanza (ed a partire da quella data) il decorrere del tempo avrebbe potuto costituire comportamento omissivo, generante stato di tensione-danno morale, e conseguentemente determinante il momento di partenza ai fini della valutazione dell'arco di durata del processo. (7) Ai fini dellapprezzamento della fondatezza della domanda, proposta a norma degli articoli 2 e 3 della legge 24 marzo 2001, n. 89, di equa riparazione del danno, patrimoniale e non patrimoniale, che possa essere derivato al ricorrente per effetto del ritardo eccedente il termine ragionevole di cui al primo comma del citato art. 2, la mancanza di opportuni impulsi sollecitatori, provenienti dalla parte interessata, tesi ad ottenere una pi spedita trattazione della causa, del genere della cosiddetta istanza di prelievo nel processo amministrativo, non incide sul calcolo dei tempi del processo stesso, nel senso che il difetto di un tale comportamento rileva ai soli fini della liquidazione dellequa riparazione anzidetta, onde la possibilit di addivenire alla richiesta di simili anticipazioni (come, in senso pi largo, ad altre istanze di natura analoga) integra lordinaria diligenza processuale ed il relativo, mancato esercizio, a differenza dell'ipotesi in cui mezzi siffatti non risultino previsti dall'ordinamento, esclude che la durata irragionevole del giudizio venga imputata esclusivamente allo Stato (Cass. Civ., Sez. I, sentenza 6 marzo 2003, n. 3347). 236 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 la mancata attivazione dellorgano di giustizia amministrativa, valutabile come causa, o come concausa, della non ragionevolezza del tempo trascorso; ne deriva che soltanto con la proposizione di detta istanza (ed a partire da quella data) il decorrere del tempo diventa esclusivo parametro di valutazione del comportamento dellorgano di giustizia ai fini dello scrutinio della ragionevolezza della durata del processo. Pi precisamente, il Giudice di legittimit ha affermato che: a) la scelta legislativa - di collocare il comportamento delle parti, al pari di quello del giudice e di ogni altra pubblica autorit, tra gli oggetti dello scrutinio di merito sulla irragionevolezza della durata del processo (art. 2 c. 2 L. n. 89 del 2001 cit.) - appare eloquente dellobiettivo politico perseguito, in coerenza con il rifiuto di fissare astratti parametri cronologici di durata ragionevole: la valutazione di irragionevolezza non deve discendere dalla pervasiva presunzione di addebitabilit allAmministrazione di ogni durata rapportabile a carenza nellorganizzazione del servizio ma dalla equilibrata ponderazione del ruolo avuto, nel concreto del processo in disamina, dai suoi attori pubblici e privati rispetto alla domanda di giustizia che quella controversia, con la sua complessit o semplicit, proponeva allo Stato-apparato; b) in tal senso, la negligenza della parte istante nel non essersi avvalsa dello strumento di attivazione od acceleratorio che il diritto vivente ha messo a sua disposizione nel processo innanzi ai T.A.R. rileva come comportamento oggettivo che ha dato causa - altrettanto oggettivamente - alla mancata attivazione dell'organo di giustizia e che lart. 2 comma 2 L. n. 89 del 2001 pi volte citato impone di valutare come causa, o concausa, della non ragionevolezza del tempo trascorso: di talch, se a nulla rileva sottolineare la non obbligatoriet della proposizione dellistanza e se altrettanto non rileva notare che, alla sua presentazione, non si rinviene lespressa previsione di un obbligo per il Presidente del TAR di procedere alla immediata fissazione, assolutamente rilevante il tempo in cui listanza viene proposta nel senso che con la sua proposizione, e solo da quella data, il decorrere del tempo diventa esclusivo parametro di valutazione del comportamento dellorgano di giustizia ai fini dello scrutinio della ragionevolezza della durata (a carico del quale la proposizione stessa, in forza del richiamato diritto vivente, determina una palese traslatio degli oneri di attivazione e del correlato disvalore per linosservanza); c) se, dunque, lefficienza causale della tempestiva o tardiva proposizione dellistanza di prelievo trova la sua collocazione propria nello scrutinio di adeguatezza del comportamento della parte (art. 2 c. 2 della L. n. 89 del 2001), ne discende limpropriet della sua considerazione nella sedes materiae della liquidazione del danno (lart. 1227 c.c. cpv. richiamato dallart. 2056 c.c. al quale fa rinvio il comma 3 dellart. 2 della legge n. 89 del 2001). Ed invero, luso che la parte faccia, od ometta, di una opportunit processuale offertale dallordinamento naturalmente quanto esclusivamente compreso tra gli oggetti dello scrutinio sulla irragionevolezza della durata del IL CONTENZIOSO NAZIONALE 237 processo e cio tra gli elementi costitutivi del fatto generatore dellobbligo di indennizzo, e non pu rifluire, in seconda battuta, anche nella sede dello scrutinio della diligenza del creditore nellelidere al possibile i danni arrecati (a ci ostando i formulati rilievi di ordine sistematico sul carattere assorbente del ruolo avuto dagli attori del processo nella sua durata) (Corte di Cassazione, Sez. I, sentenza 17 aprile 2003, n. 6180). Tale orientamento giurisprudenziale, come gi anticipato, ha subito un violento contraccolpo con la sentenza resa a Sezioni Unite n. 28507 del 23 dicembre 2005 (8), allorquando il Supremo Giudice di legittimit ha statuito, in adesione allindirizzo espresso dalla Corte di Strasburgo ma ancora fortemente minoritario nel panorama giurisprudenziale nazionale, che: in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, la lesione del diritto alla definizione del processo in un termine ragionevole, di cui allart. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali, va riscontrata, anche per le cause davanti al giudice amministrativo, con riferimento al periodo intercorso dallinstaurazione del relativo procedimento, senza che una tale decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire ostacoli o slittamenti in relazione alla mancanza dellistanza di prelievo od alla ritardata presentazione di essa. La previsione di strumenti sollecitatori, infatti, non sospende n differisce il dovere dello Stato di pronunciare sulla domanda, in caso di omesso esercizio degli stessi, n implica il trasferimento sul ricorrente della responsabilit per il superamento del termine ragionevole per la definizione del giudizio, salva restando la valutazione del comportamento della parte al solo fine dellapprezzamento della entit del lamentato pregiudizio nel senso, peraltro, che il mancato ricorso agli anzidetti strumenti pu, semmai, essere valutato agli effetti di una diminuzione di tale entit, non anche nel senso che lesperimento, al contrario, di simili rimedi pu consentire al giudice di aumentare lentit stessa. Tale indirizzo stato, negli anni seguenti, riconfermato dalla stessa Cassazione (9). Pertanto, secondo la posizione che la Suprema Corte ancora oggi sguita (8) Preme qui segnalare, per scrupolo, che gi nellanno precedente era intervenuta una nuova pronuncia (Cass. 13 dicembre 2004, n. 23187) con la quale, in adesione all'orientamento ripetutamente espresso dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, la Suprema Corte aveva proceduto alla revisione dell'interpretazione sinora prevalente, affermando che la lesione del diritto ad una ragionevole durata del processo andasse riscontrata, anche per le cause proposte davanti al giudice amministrativo, con riferimento al periodo di tempo decorso dall'instaurazione del procedimento, senza che su di esso potesse incidere la mancata o ritardata presentazione dell'istanza di prelievo. Tale interpretazione aveva altres trovato conferma nelle decisioni che si erano succedute sulla questione nei mesi successivi (Cass. 21 settembre 2005, n. 18759; 12 ottobre 2005, n. 19801). (9) Confronta, ex multis, Cass. civ. Sez. I, 06.02.2009, n. 3049; Cass. civ. Sez. I, 21.01.2009, n. 1561; Cass. civ. Sez. I, 20.01.2009, n. 1410; Cass. civ. Sez. I, 17.12.2008, n. 29495; Cass. civ. Sez. I, 12 gennaio 2007, n. 575; Cass. civ. Sez. Unite, 23 dicembre 2005, n. 28507; Cass. civ. Sez. I, 21 febbraio 2006, n. 3782; Cass. 24438/06. 238 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 nel mantenere (bench - come si avr modo di rilevare pi avanti - solo con riferimento ai giudizi pendenti prima del 25 giugno 2008), lomessa o la tardiva presentazione dellistanza di prelievo assumono rilevanza esclusivamente ai fini della quantificazione dellindennizzo sotto il profilo della valutazione del comportamento osservato dalla parte, ma non possono viceversa valere ad escludere il riconoscimento del denunciato pregiudizio (10), ci per lovvia ragione che la negligenza della parte nel non avvalersi del predetto strumento acceleratorio mal si concilia con lo stato di tensione, di preoccupazione e con il conseguente danno morale che leccessiva durata del processo sarebbe presuntivamente in grado di provocare, assurgendo, al contrario, a sintomo di scarso patimento psicologico e carenza di interesse alla sollecita definizione del giudizio. A tal proposito il supremo giudice di legittimit ha riconosciuto che laccertata mancata presentazione di tale atto pu costituire valido motivo per scendere al di sotto dei parametri di liquidazione stabiliti dalla Corte Europea in Euro 1.000/1.500 per anno di ritardo (Cass. n. 16707 del 2008; n. 14955 del 2008), purch tale scostamento non avvenga in modo eccessivo e irragionevole, rendendo simbolica o esageratamente inferiore lentit della liquidazione (11). Tale nuovo orientamento appare coerente con la funzione attribuita nella dimensione processuale amministrativa allistanza di prelievo, la quale non indispensabile condizione per ottenere la sollecita decisione dinanzi al T.A.R., ma, al contrario, strumento daccelerazione della fissazione dell'udienza di discussione in ragione della dichiarata o ravvisata urgenza del ricorso, la quale deve ritenersi sussistente allorquando le istanze in esso formulate debbono trovare una rapida pronuncia per suffragare linteresse ad agire ex art. 100 c.p.c., nel senso che una pronuncia tardiva non potrebbe pi essere emessa o sarebbe comunque svuotata di significato (12). (10) Questa interpretazione si consolidata nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 24438 del 2006) anche in riferimento al giudizio in materia pensionistica innanzi alla Corte dei Conti, nel quale lassenza dellistanza di prelievo non serve a qualificare il comportamento della parte sotto il profilo dellan debeatur, bens va collocata sul terreno della valutazione del patema danimo inferto dalla durata del processo (Cass. n. 8156 del 2006). (11) Cfr., ex multiis, Cass. Civ. Sez. I, Ord., 14 gennaio 2009, n. 781; Cass. Civ. Sez. I, 12 gennaio 2009, n. 406; Cass. Civ., Sez. I, Ord. 16 aprile 2009, n. 9058; Cass. Civ. Sez. I, 08 ottobre 2008, n. 24845; Cass. Civ. Sez. I, 22 maggio 2007, n. 11936. (12) Daltra parte, si tratta di un indirizzo certamente mantenuto dalla Suprema Corte in continuit con la pi volte proclamata responsabilit dello Stato per leccessiva durata di un procedimento giudiziario, a prescindere dallaccertata colpa nella gestione del procedimento stesso da parte del giudice cui esso era stato affidato: lo Stato risponde non solo per il comportamento negligente degli organi giudiziari, ma pi in generale per il fatto di non avere provveduto ad organizzare il proprio sistema giudiziario in modo da consentirgli di soddisfare con ragionevole velocit la domanda di giustizia (v. sentenza 12 ottobre 1992, Boddeart c/Belgio; id. 25 giugno 1987, Baggetta c/ Italia). () pertanto, non necessario andare alla ricerca della negligenza del giudice che ha seguito il singolo caso portato allattenzione IL CONTENZIOSO NAZIONALE 239 In proposito, preme precisare che lormai consolidato principio per cui la tardiva presentazione dellistanza di prelievo pu rilevare solo ai fini della valutazione del comportamento della parte in ordine allapprezzamento della entit del lamentato pregiudizio, non postula altres che dalla tempestiva presentazione dellistanza in questione derivi necessariamente ed automaticamente un incremento dellindennizzo rispetto a quello determinabile sulla base dei criteri normalmente seguiti: sul punto in esame, daltronde, numerosi ricorrenti non hanno omesso censure tese a far valutare la presentazione dellistanza di prelievo quale elemento di incremento del plafond di indennizzo. La Corte di Cassazione ha, per, fermamente giudicato infondato lorientamento de quo, per la ragione che la manifestazione di diligenza del privato non pu tradursi in una sorta di sanzione aggiuntiva per lo Stato apparato che ritardi il giudizio. Dunque, per il Supremo Giudice, la presentazione di istanze di prelievo non pu comportare in nessun caso una maggiore responsabilit del Governo italiano ai fini della liquidazione del danno determinato dallirragionevole durata del processo, e ci non solo perch nessun aggravamento di responsabilit previsto dalla norma per lAmministrazione in tal caso, ma anche perch, in forza delle novit legislative intervenute di recente, la suddetta istanza ora condizione imprescindibile per la proponibilit del ricorso ex art. 2, legge n. 89/2001 (13). Limportante arresto della Corte di legittimit a sezioni unite n. 28507/05 non pu, tuttavia, essere ritenuto definitivamente dirimente lannosa questione della rilevanza dellistanza di prelievo nei giudizi in materia di equa riparazione in quanto, con il D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, convertito nella L. 6 agosto 2008, n. 133, il Legislatore ha profondamente innovato il giudizio ex legge Pinto, trasformando listanza di cui allart. 51 del Regio Decreto 17 agosto 1907, n. 642 in una vera e propria condizione di proponibilit dellazione indennitaria ex art. 2 della citata legge n. 89/2001. Il citato art. 54, comma 2, statuisce infatti: la domanda di equa riparazione non proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione di cui alla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, non stata presentata un'istanza ai sensi del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51, comma 2. della Corte o dei suoi collaboratori interni o esterni allorganizzazione giudiziaria () poich anche nei casi un cui, per la situazione logistica in cui costretto a lavorare, da questi non sarebbe stato possibile esigere di pi di quanto ha fatto in termini di velocit di definizione del procedimento, il fatto stesso che lo stato delle strutture e dellorganizzazione abbia reso inevitabili rinvii molto lunghi tra unudienza e laltra e tempi dattesa anche di anni tra il completamento dellistruttoria e la decisione della causa gi sufficiente ad affermare la responsabilit dello Stato per la difettosa concezione ed organizzazione del sistema giudiziario (vedi anche Corte dAppello, Napoli, decreti 17 luglio 2008, 4 agosto 2008, 20 ottobre 2008). (13) Confronta Cass. civ. Sez. I, Ordinanza 28 gennaio 2009, n. 2139; Cass. civ. Sez. I, Ordinanza 26 gennaio 2009, n. 1820; Cass. civ. Sez. I, Ordinanza 19 gennaio 2009, n. 1154. 240 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 Questo significa che, a far data dal 25 giugno 2008 (entrata in vigore della normativa de qua), lomessa presentazione dellistanza di prelievo nel processo presupposto potr costituire argomento fondante uneventuale eccezione di proponibilit della domanda di equa riparazione, avendo cos il Legislatore chiaramente inteso ascrivere anche alla responsabilit del privato ricorrente leccessiva durata di un procedimento amministrativo. Diversamente, la tardiva presentazione della stessa rispetto al termine indicato dallart. 51, R.D. n. 642/1907, potr essere assunta a sintomo dello scarso patema danimo sopportato dalla parte istante. In buona sostanza, se ne desume che se da un lato lobbligo di definire il giudizio principale per il Giudice Amministrativo sorge soltanto per effetto del deposito notificato e non, invece, dalla data di presentazione dellistanza di prelievo (che in tale sede costituisce soltanto un atto dimpulso processuale), dallaltro lato parimenti incontestabile che il Legislatore del 2008, prevedendo per il processo amministrativo e soltanto per il processo amministrativo una specifica condizione di proponibilit della domanda indennitaria per irragionevole durata del giudizio, ha inteso delimitare lambito di applicazione della stessa legge Pinto, responsabilizzando coloro i quali intendano proporre un ricorso dinanzi al Giudice amministrativo. Obiettivo del legislatore stato, infatti, quello di porre un argine normativo allemorragia di denaro pubblico connessa ai pagamenti per lequa riparazione di cui alla legge n. 89/2001 con riferimento ai processi amministrativi, valorizzando proprio quella disposizione del regolamento di procedura dinanzi al Consiglio di Stato (art. 51 del R.D. n. 642/1907) che prevedeva la possibilit di distinguere i ricorsi che necessitavano di una trattazione urgente da quelli che invece non avevano bisogno di una decisione immediata, rimettendo proprio alla parte istante il potere di discernere, tramite la presentazione di unistanza definita volgarmente di prelievo, ci che rivestiva carattere di urgenza da ci che non rivestiva tale carattere. Ovviamente, in mancanza della presentazione di detta istanza, non poteva non presumersi che proprio la parte istante non avesse un interesse particolare alla trattazione urgente del ricorso e comunque che non subisse alcun pregiudizio dal ritardo nella decisione del ricorso nel merito. Altrettanto ovviamente si deve oggi arguire che, dopo lentrata in vigore dellart. 54 del D.L. n. 112/2008, un pregiudizio per il ritardo nella definizione del processo amministrativo sia assolutamente inconfigurabile fino a quando non venga depositata dal ricorrente unistanza di trattazione urgente del ricorso, in mancanza della quale lorgano giudicante certamente autorizzato a decidere prima quei ricorsi in relazione ai quali sia stata presentata, appunto, unistanza di prelievo. Si osservi, poi, che nel rispetto dei principi dettati agli artt. 11 e 15 delle disposizioni sulla legge in generale, concernenti la successione delle leggi nel tempo, e coerentemente al consolidato orientamento della Cassazione, deve ri- IL CONTENZIOSO NAZIONALE 241 tenersi che il citato art. 54 costituisca ius superveniens e non sia, pertanto, ratione temporis applicabile ai processi principali pendenti prima del 25 giugno 2008: in difetto di una disciplina transitoria o di esplicite previsioni contrarie, infatti, gli atti processuali gi compiuti restano regolati, secondo il fondamentale principio del tempus regit actum, dalla norma sotto il cui imperio siano stati posti in essere e sfuggono al regime dei nuovi interventi legislativi (14). Ne deriva che, essendo la retroattivit della legge processuale un effetto prevedibile dal legislatore con norme transitorie ma non liberamente attuabile dallinterprete, lapplicazione dellart. 54, comma 2, decreto legge n. 112/2008 ad azioni indennitarie ex legge n. 89/2001 proposte anteriormente alla data della sua entrata in vigore determinerebbe unindebita applicazione retroattiva della legge processuale, quindi un error in procedendo ricorribile in Cassazione ex art. 360, comma 2, n. 3. Non appare tuttora chiaro, per di pi, se il citato intervento normativo vada applicato unicamente quando anche il processo principale sia stato istaurato successivamente al 25 giugno 2008 ovvero (secondo uninterpretazione meno rigorosa) possa giudicarsi sufficiente a tal fine la sola instaurazione del processo per equa riparazione. In proposito preme dare atto delloriginale posizione manifestata pi volte dalla difesa erariale in relazione ad istanze indennitarie proposte successivamente alla data di entrata in vigore del Decreto Legge n. 112 del 2008, quando il presupposto processo principale fosse per precedente alla data in questione. Sostiene lAvvocatura dello Stato, infatti, che linnovata disciplina introdotta dallart. 54, comma 2, Decreto Legge n. 112 del 2008 e individuante nellistanza di prelievo una indispensabile condizione di proponibilit del ricorso ex legge Pinto, debba ritenersi applicabile tutte le volte che, pur essendo il giudizio presupposto precedente alla data del 25 giugno 2008, non cos possa dirsi per il corrispondente giudizio indennitario, essendo stato lo stesso istaurato dopo lentrata in vigore del D.L. n. 112/2008 e andando, conseguentemente, soggetto al nuovo regime normativo. La pi gravosa disciplina (14) Cfr. Corte di Cassazione, sentenza 28 novembre 2008, n. 28428, ove si afferma che: premesso, infatti, come il D.l. n. 112 del 2008 sia entrato in vigore il 25 giugno 2008, ovvero (ai sensi dellart. 85 di esso) il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, deve, nella specie, osservarsi che, in difetto di esplicite previsioni contrarie (tale essendo esattamente il caso in esame) il principio di immediata applicazione della legge processuale sopravvenuta ha riguardo soltanto agli atti processuali successivi allentrata in vigore della legge stessa, alla quale non dato incidere, pertanto, sugli atti anteriormente compiuti, i cui effetti restano regolati, secondo il fondamentale principio del tempus regit actum, dalla norma sotto il cui imperio sono stati posti in essere (), un generale criterio di affidamento legislativo (desumibile dallart. 1 delle disposizioni sulla legge in generale) precludendo la possibilit di ritenere che gli effetti dellatto processuale gi formato al momento dellentrata in vigore della nuova disposizione (domanda appunto di equa riparazione) siano da questultima regolati, quanto meno nei casi (come quello in esame) in cui la retroattivit della disciplina varrebbe a comprimere la tutela della parte, senza limitarsi a modificare la mera tecnica del processo. 242 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 andrebbe, quindi, applicata a tutti i giudizi in materia di equa riparazione sorti dopo il 25 giugno 2008, irrilevante essendo il momento in cui si originata la principale vicenda processuale. Lintransigente orientamento in questione , indubbiamente, originato dallesasperata ed ormai irrefrenabile corsa degli avvocati di parte a presentare istanze di prelievo nellimminente proposizione di unazione indennitaria per lirragionevole durata del processo amministrativo presupposto, onde scongiurare il timore di una pronuncia di improcedibilit della Corte dappello capace di paralizzare irrimediabilmente lazione de qua. Sulla questione, ormai sempre pi incandescente, lecito attendere una risolutiva pronuncia della Corte Suprema. Certamente, un generale principio di affidamento impone al Giudice di legittimit lincrescioso dovere di applicare con rigore le regole, anche processuali, riguardanti la successione delle leggi nel tempo; e tuttavia, non pu non sottolinearsi lopportunit che la Corte abbia in debita considerazione gli obiettivi perseguiti dal Legislatore con la succitata novella, per un verso diretta a responsabilizzare i privati che si trovino a dover affrontare un processo (i quali, pertanto, non sono pi considerati vittime inconsapevoli di un sistema di giustizia farraginoso e lento), per laltro verso tesa a contenere lenorme sperpero di denaro pubblico derivante dal proliferare di ricorsi ex legge n. 89 del 2001. Rimane impregiudicata la questione se listanza di prelievo, alla luce del predetto recente intervento legislativo, non costituisca soltanto una condizione di proponibilit della domanda di equa riparazione (condizione che, si ricordi, vale soltanto per i procedimenti pendenti dopo la data del 25 giugno 2008), ma rappresenti altres un incombente processuale idoneo a rendere eventualmente irrilevante il tempo decorso anteriormente al deposito della stessa istanza di prelievo, al fine del computo del termine di ragionevole durata del giudizio. La Corte di Cassazione ha, finora, eluso la problematica, affermando che linapplicabilit della norma ratione temporis rende inutile qui approfondire se essa stabilisca soltanto una condizione di proponibilit della domanda, ovvero renda anche irrilevante il tempo decorso anteriormente al deposito dellistanza di prelievo, al fine del computo del termine di ragionevole durata del giudizio (Corte di Cassazione, Sez. I, sentenza n. 24901/2008). Uninterpretazione sintonica con gli obiettivi perseguiti dal Legislatore nel predisporre la novit legislativa induce, comunque, a ritenere che listanza in questione vada oggi intesa non solo quale condizione di proponibilit dellazione per il ristoro della irragionevole durata del processo amministrativo, ma altres come vero strumento giuridico idoneo a sterilizzare il tempo decorso anteriormente al deposito dellistanza stessa, con la conseguente irrilevanza dello stesso al fine del computo del termine di irragionevole durata soggetto a riparazione monetaria. Ci per la ragione che se nessuna disposi- IL CONTENZIOSO NAZIONALE 243 zione della legge TAR o del regolamento di procedura dinanzi al Consiglio di Stato esclude oggi la possibilit di presentare unistanza di prelievo contestuale al deposito del ricorso dinanzi al Giudice Amministrativo, risulta evidente come, da un lato, la mancata presentazione di unistanza per la trattazione urgente del ricorso andrebbe interpretata quale sicura manifestazione di disinteresse alla immediata trattazione della causa e, dallaltro, che la parte ricorrente non subirebbe pregiudizio alcuno per il ritardo nella pronuncia della sentenza da parte del Giudice amministrativo. A conclusione dellintricata disamina operata pare opportuno riepilogare brevemente quale debba essere oggi alla luce di una lettura conciliante le nuove disposizioni normative con lorientamento osservato dalla Corte di Cassazione il rilievo da accordare allistanza di prelievo, quale incidenza essa abbia nei giudizi riguardanti la materia della cd. legge Pinto e quali impedimenti, casomai ce ne fossero, derivino dalla sua omessa presentazione. Certamente, in relazione ai procedimenti istaurati precedentemente alla data del 25 giugno 2008, lomessa presentazione dellistanza di prelievo non causa impediente il riconoscimento della denunciata violazione del diritto alla ragionevole durata del processo assumendo, a rigore, rilievo esclusivamente ai fini dellapprezzamento dellentit dellindennizzo sotto il profilo della valutazione del comportamento negligente della parte ricorrente e potendo, conseguentemente, indurre il giudice ad uno scostamento rispetto ai parametri di liquidazione indicati dalla Corte di Strasburgo. Ne deriva che il mancato ricorso a tale strumento non potr fungere da argomento fondante uneccezione di improcedibilit del ricorso ex art. 2, legge n. 89 del 2001, non avendo il Legislatore individuato in capo al privato alcuna responsabilit connessa allirragionevole durata del processo. Per quanto attiene, invece, ai procedimenti istaurati a far data dal 25 giungo 2005 (quindi successivi al momento di entrata in vigore del Decreto Legge n. 112/2008) lottemperanza dellobbligo di presentazione dellistanza di prelievo da considerarsi condizione imprescindibile per leventuale domanda di equa riparazione, solo la tardiva presentazione della stessa potendo, semmai, essere utilizzata quale prova dello scarso interesse per il giudizio e dellinconsistente patema danimo collegato alla sua non celere definizione. Dott.ssa Morena Pirollo* (*) Dottore in giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso lAvvocatua dello Stato. 244 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 Cassazione civile, Sezione Prima, sentenza 6 giugno 2003 n. 3347 Svolgimento del processo Con ricorso alla Corte di Appello di Roma, R. D. S., premesso di avere instaurato davanti al Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, mediante ricorso in data 26/29 luglio 1986, un giudizio nei riguardi del Comune di Benevento per l'annullamento di alcuni atti amministrativi relativi allapprovazione di una variante al Piano Regolatore Generale del Comune medesimo e premesso altres che la controversia era stata quindi definita in primo grado con la sentenza depositata il 10 novembre 1999 a seguito della presentazione di istanza di prelievo, chiedeva che, previo accertamento della violazione dellart. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo, venisse disposta la condanna della Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento di quanto dovutole a titolo di equa riparazione del danno, patrimoniale e non, subito in conseguenza di siffatta durata. Si costituiva in giudizio lAmministrazione convenuta, resistendo alla pretesa avversaria. Il giudice adito, con decreto emesso in data 27 dicembre 2001/15 gennaio 2002, rigettava il ricorso, assumendo: a) che il procedimento instaurato davanti ai giudici amministrativi fosse complesso, atteso che oggetto dellimpugnativa era una variante al P.R.G. sopra indicato e che la parte ricorrente aveva proposto ben ventuno motivi di gravame; b) che l'intero periodo di pendenza del giudizio in questione non fosse imputabile al comportamento dellAmministrazione, posto che il momento decisivo per accertare l'esistenza di un simile comportamento era costituito dalla presentazione dell'istanza di prelievo, laddove, nella specie, la ricorrente non ne aveva indicato la data ed era perci da presumere, semmai, che la medesima istanza fosse stata avanzata poco tempo prima della decisione. Avverso siffatto decreto, propone ricorso per cassazione la De Stasio, deducendo due motivi di impugnazione, ai quali resiste la Presidenza del Consiglio dei Ministri con controricorso. Motivi della decisione Deve innanzi tutto essere disatteso il preliminare rilievo di improponibilit e/o inammissibilit della domanda, avanzato dall'Amministrazione controricorrente sull'assunto che, trattandosi di un caso nel quale si verte sulla ragionevolezza o meno della durata di un processo amministrativo, erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto infondata la relativa eccezione (di inammissibilit appunto) sollevata in sede di merito dalla stessa Amministrazione in riferimento alla pretesa inapplicabilit della legge n. 89 del 2001 alla fattispecie. In realt, dalla lettura dellimpugnato decreto si evince come detta Corte non abbia minimamente statuito in ordine alla riferita questione (della cui prospettazione neppure, del resto, traccia nel medesimo provvedimento), senza che, daltra parte, lodierna censura della controricorrente involga in alcun modo la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ovvero del solo astrattamente suscettibile di essere denunziato in un simile contesto. Tanto premesso, con il primo motivo di gravame, lamenta la ricorrente violazione e falsa applicazione dellart. 2 della legge n. 89 del 2001, degli artt. 6 e 53 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali, dellart. 111 della Costituzione, dellart. 23 della legge n. 1034 del 1971 e degli artt. 51 e 53 del regio decreto n. 642 del 1907, in relazione allart. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, nonch omessa, insufficiente e contraddit- IL CONTENZIOSO NAZIONALE 245 toria motivazione, in relazione allart. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., assumendo: 1a) che la Corte capitolina cade nelle censure rubricate quando ritiene che il mancato tempestivo deposito (solo supposto ma non provato) dellistanza di prelievo costituisca un comportamento dilatorio dellodierna ricorrente, addebitandole lintero ritardo nella decisione del ricorso e lasciando cos intendere che, senza istanza di prelievo, non possa essere discusso e deciso un ricorso, con evidente confusione tra istanza di fissazione delludienza di discussione ed istanza di prelievo, laddove, nella specie, essendo stata la prima di queste ultime due istanze inoltrata, a mezzo il deposito stesso del ricorso, il 4 ottobre 1986, da tale data che ogni impulso processuale stato trasferito allAutorit Giurisdizionale Amministrativa, onde linerzia dellUfficio nel fissare ludienza, indipendentemente dallonere facoltativo per la parte impugnante di depositare listanza di prelievo, imponeva alla Corte territoriale di giudicare pi rigorosamente le responsabilit dellAmministrazione convenuta; 1b) che il giudice del merito erra quando ritiene che la particolare complessit della materia trattata nello specifico giudizio sia implicita nella natura degli atti impugnati e nel numero dei motivi di ricorso, atteso che, trattandosi di una variante al PRG comunale, in seguito alla quale veniva modificata la destinazione urbanistica del terreno di propriet della ricorrente (da edilizia residenziale privata a servizi pubblici essenziali, con chiaro preordino allesproprio), il tema affrontato era, in definitiva, di pura legittimit e meramente documentale, onde non presentava alcun grado di difficolt, non richiedendo alcuna attivit istruttoria. Con il secondo motivo di impugnazione, del cui esame congiunto con il precedente si palesa lopportunit involgendo esso, almeno in parte (nei termini appresso specificati), questioni simili se non addirittura identiche, lamenta la ricorrente violazione dellart. 2, comma terzo, della legge n. 89 del 2001, degli artt. 13 e 19 della Convenzione europea gi sopra richiamata, dellart. 2697 c.c. e degli artt. 8, 115 e 116 c.p.c., degli artt. 1223, 1226, 1227, 2043, 2056 e 2059 c.c., nonch degli artt. 2, 24 e 111 della Costituzione, in relazione allart. 360 c.p.c., primo comma, nn. 3 e 5, deducendo: 2a) che la Corte territoriale incorsa in errore l dove, in primo luogo, ha posto a carico della parte ricorrente lonere della prova del suo comportamento processuale, anche per quello che riguarda la data di presentazione della cosiddetta istanza di prelievo, ha secondariamente apprezzato la prova fornita dalla ricorrente in modo illogico e contra legem (avendo dimostrato la medesima ricorrente di avere richiesto copia o certificazione sull'istanza in parola ed avendone detta Corte richiesto lacquisizione, senza che n luna n laltra iniziativa abbiano sortito esito alcuno), ha infine elevato un supposto effetto processuale (la celere trattazione, cio, a seguito della presentazione dell'istanza di prelievo) a nozione di fatto rientrante nella comune esperienza; 2b) che lo stesso giudice, qualificando erroneamente listanza di prelievo come un obbligo processuale il cui inadempimento bloccherebbe o ritarderebbe il processo, ha fatto derivare dalla sua tardiva presentazione addirittura linsussistenza giuridica della violazione lamentata, pur materialmente presente, laddove una simile tardiva presentazione, configurandosi esattamente in termini di mancato esercizio di una facolt ai fini dell'eventuale accelerazione del processo, al pi poteva essere tenuta presente, come fattore riduttivo, nella quantificazione del danno da liquidare; 2c) che, assodata leccedenza della durata ragionevole, indubbio che la ricorrente abbia subito un disagio nel non vedere decisa la propria questione in tempi corrispondenti, mentre, del resto, la possibilit di indennizzare tale disagio prescinde da qualsiasi onere probatorio, essendo il relativo danno morale in re ipsa. 246 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 I due motivi, nei limiti di cui appresso, sono fondati. Per quanto attiene, innanzi tutto, alla censura meglio illustrata sotto il capo 1b), si osserva che questa inammissibile. La Corte territoriale, infatti, ha ritenuto la complessit del procedimento instaurato avanti i giudici amministrativi in quanto: a) oggetto dellimpugnativa era una variante al Piano Regolatore Generale del Comune di Benevento; b) la parte impugnante aveva proposto ben ventuno motivi di impugnazione. Per contro, lodierna ricorrente ha specificatamente censurato soltanto la prima delle due rationes decidendi sopra riportate, nulla avendo dedotto in ordine alla seconda, relativa appunto alla proposizione di ben ventuno motivi di impugnazione. Deve, pertanto, trovare applicazione il consolidato principio secondo cui, qualora la decisione del giudice di merito si fondi su pi ragioni autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente idonea a sorreggerla, come nella specie, lomessa impugnazione, con il ricorso per cassazione, pure di una soltanto di tali ragioni determina linammissibilit, per difetto di interesse, anche del gravame proposto avverso le altre, in quanto leventuale accoglimento di questultimo non inciderebbe sulla ratio decidendi non censurata, con la conseguenza che la pronuncia impugnata resterebbe pur sempre fondata, del tutto legittimamente, su di essa (Cass. 18 aprile 1998, n. 3951; Cass. 28 agosto 1999, n. 9057; Cass. 23 aprile 2002, n. 5902). Circa, poi, le censure riportate sotto i capi 1a) e 2b) che precedono, si osserva che la Corte territoriale non ha ritenuto che lintero periodo di pendenza di un giudizio amministrativo sia ascrivibile al comportamento della Pubblica Amministrazione, in violazione del disposto dellart. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali, avendo assunto in particolare: a) che, nella specie, la sentenza la quale ha definito il procedimento stata emanata dopo il deposito della cosiddetta istanza di prelievo, come affermato dalla stessa ricorrente; b) che tale istanza pu essere considerata come il momento decisivo per accertare lesistenza o meno di un comportamento imputabile alla medesima Amministrazione; c) che fin quando, cio, la parte impugnante non decida, secondo i propri interessi, di presentare la suddetta istanza, non pu essere addossata allAmministrazione la completa quiescenza del procedimento, rimesso, in ogni caso, all'iniziativa delle parti, laddove, invece, allorquando lattivit processuale, nonostante la richiesta di una di queste, si sia protratta per un periodo da considerare eccessivo, non pu dubitarsi della riferibilit di tale circostanza alla stessa Amministrazione. Ci posto, giova premettere che, alla stregua della normativa anteriore allentrata in vigore della legge 21 luglio 2000, n. 205 (inapplicabile al caso di specie ratione temporis), segnatamente costituita dagli artt. 23 e 25 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei Tribunali Amministrativi Regionali), dallart. 40 del regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054 (Testo Unico delle leggi sul Consiglio di Stato) e dallart. 35 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642 (Regolamento per la procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato), la fase finale del processo davanti al giudice amministrativo si concretizza nelludienza di discussione del ricorso, la cui fissazione, nella generalit dei casi, postula la presentazione, ad opera del ricorrente o di qualunque altra parte costituita, di unapposita istanza diretta al presidente dellorgano giurisdizionale adito, la quale deve essere avanzata nel termine massimo di due anni dal deposito del ricorso medesimo (o dallultimo atto di procedura, quante volte occorra riproporla, ex art. 23, primo comma, legge n. 1034 del 1971, come nel caso in cui IL CONTENZIOSO NAZIONALE 247 venga ordinata unistruttoria ovvero la causa venga cancellata dal ruolo), a pena di estinzione del giudizio per perenzione (rilevabile dufficio e tale da travolgere ogni atto processuale precedentemente compiuto), cos determinando lassoggettamento del rapporto processuale allimpulso dufficio, nel senso esattamente che, dopo la presentazione della domanda di fissazione delludienza, lulteriore svolgimento del processo dominato dal potere di iniziativa del giudice amministrativo, secondo quanto traspare dal fatto che la normativa fissa solo i termini relativi alla produzione di documenti ed alla presentazione di memorie (art. 23, quarto comma, legge n. 1034 del 1971) e che la stessa partecipazione delle parti alludienza meramente eventuale, potendosi procedere all'assegnazione del ricorso ed alla decisione anche in assenza del loro intervento (art. 55 regio decreto n. 642 del 1907). Per quanto riguarda, poi, i giudizi davanti al Consiglio di Stato, il legislatore, con la disposizione contenuta nellart. 53, primo comma, del regio decreto n. 642 del 1907 da ultimo citato, che la prevalente dottrina reputa applicabile anche ai giudizi di primo grado davanti ai Tribunali Amministrativi Regionali, ha previsto che la determinazione del giorno delludienza per la discussione del ricorso (da parte del presidente mediante il provvedimento ex art. 51, primo comma, dello stesso regio decreto n. 642 del 1907) abbia luogo nel rispetto dellordine cronologico di presentazione delle relative domande di fissazione delludienza anzidetta, ovvero di iscrizione di queste ultime nellapposito registro alluopo tenuto presso la segreteria (si vedano anche gli art. 23 della legge n. 1034 del 1971 e art. 24 del D.P.R. 21 aprile 1973, n. 214). Peraltro, tale ordine pu essere sovvertito, determinandosi in questo modo una diversa precedenza, in esito allesercizio, ancora ad opera del presidente, dei propri poteri di accelerazione nella chiamata dei ricorsi, consentendogli esattamente lart. 51, secondo comma, del regolamento del Consiglio di Stato (regio decreto n. 642 del 1907) di dichiararne alcuni urgenti, vuoi ad istanza di parte vuoi dufficio, onde lintroduzione, nella prassi e nella stessa giurisprudenza (Cons. Stato 15 settembre 1986, n. 676), di quella che ha assunto la comune denominazione di istanza di prelievo, riconoscendosi cio ad una delle parti la possibilit di produrre al presidente medesimo una (ulteriore) richiesta, intesa a far pervenire il giudizio ad una sollecita definizione, attraverso la quale il giudice, dietro illustrazione dei concreti motivi di urgenza, stimolato ad anticipare ludienza di discussione del ricorso. Tanto premesso, si osserva come la giurisprudenza della CEDU, se per un verso ha ritenuto che, nei casi in cui possibile, grava sulla parte lonere di promuovere laccelerazione delliter processuale, chiedendo, ad esempio, di anticipare ludienza (CEDU 15 novembre 1996, Ceteroni c. Italia), sul presupposto che le parti stesse debbono partecipare con diligenza agli adempimenti, astenersi dal ricorrere ad espedienti dilatorie e servirsi delle possibilit offerte dall'ordinamento interno per abbreviare il giudizio, senza peraltro porre in essere manovre al di fuori della norma (CEDU 7 luglio 1989, Union Alimentaria Sanders c. Spagna), abbia tuttavia affermato che compito degli Stati membri organizzare il rispettivo sistema giudiziario in modo tale da assicurare una durata ragionevole dei procedimenti (CEDU 13 luglio 1983, Zimmermann c. Svizzera; CEDU 25 giugno 1987, Baggetta c. Italia; CEDU 24 maggio 1991, Caleffi c. Italia; Pugliese c. Italia; Vocaturo c. Italia), onde il principio del termine ragionevole enunciato dall'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea non esonera i tribunali dallobbligo di procedere senza dilazioni (CEDU 7 luglio 1989, cit.) ed il fatto, in specie, che il ricorrente non abbia inoltrato alcuna istanza per far fissare con urgenza la discussione della causa costituisce una ragione che non giustifica... i gravi ritardi in cui (siano) incorse le autorit nazionali (CEDU 24 maggio 1991, Vocaturo c. Italia, cit.). Se pure, quindi, nella sfera della giurisdizione amministrativa, al pari di quanto accade in 248 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 quella civile (l dove figura la possibilit di ricorrere allabbreviazione di termini, allanticipazione di udienze e ad istanze sollecitatorie di vario genere) e a differenza di quanto affermato dalla stessa CEDU riguardo al processo penale (l dove, pur negandosi che siano computabili i ritardi dovuti alla fuga o alla latitanza dellimputato - CEDU 19 ottobre 1999, Gelli c. Italia - e, pi in generale, i ritardi dovuti a condotte dilatorie o ostruzionistiche, non si escluso dal calcolo della durata processuale il tempo trascorso per la semplice non collaborazione di chi sia sottoposto a procedimento penale: CEDU 15 luglio 1982, Eekle c. Repubblica Federale Tedesca; CEDU 25 febbraio 1993, Dobbertin c. Francia; CEDU 7 agosto 1996, Ferrantelli e Santangelo c. Italia), ammissibile che la parte ricorrente abbia lonere di attivarsi al fine di promuovere, con il suo comportamento, una speciale celerit del processo o, comunque, la pi rapida conclusione di esso, sollecitando appunto luso, da parte del giudice, dei suoi poteri officiosi e riducendo cos la durata che si stia palesando irragionevole, occorre tuttavia riconoscere che lAmministrazione deve comunque provvedere ad organizzare gli uffici giudiziari in modo tale che questi ultimi, pure nel caso in cui gli utenti non risultino diligenti nella cura dei propri interessi, siano in grado di provvedere in tempi sufficientemente celeri, ovvero in modo tale che venga assicurata la ragionevole durata dei processi, in condizioni non soltanto normali ma anche di emergenza (CEDU 13 luglio 1983, cit.; CEDU 25 giugno 1987, cit.). Ove, poi, a ci si aggiunga il rilievo secondo il quale lart. 2056 c.c., richiamato dallart. 2 della legge n. 89 del 2001, costituisce un limite insuperabile alla liquidazione equitativa, cos postulando che il giudice, da un lato, non possa comunque indennizzare (ad esempio) i pregiudizi prevedibili di cui allart. 1225 c.c., non contemplato dal predetto art. 2056 c.c., nonch, dallaltro lato, che il medesimo giudice debba considerare, ex art. 1227, secondo comma, c.c., i pregiudizi suscettibili di essere evitati dal postulante con luso dellordinaria diligenza, deve concludersi che il difetto di opportuni impulsi sollecitatori tesi ad ottenere una pi spedita trattazione della causa (del genere appunto dellistanza di prelievo sopra considerata) non incida sul calcolo dei tempi del processo, nel senso che il difetto di un comportamento, ad opera della parte interessata, attivamente rivolto al conseguimento ed allattuazione del diritto ad una ragionevole durata del processo stesso, la cui lesione si vuole compensata attraverso un ristoro economico, rileva ai soli fini della liquidazione dellequa riparazione, operando la normativa in esame sul piano della quantificazione del danno e non dellan debeatur, onde la possibilit di addivenire alla richiesta di anticipazioni di udienza (come, pi in generale, ad istanze sollecitatorie di altra natura) integra lordinaria diligenza processuale ed il relativo, mancato esercizio, a differenza dell'ipotesi in cui mezzi siffatti non siano previsti dallordinamento, esclude che la durata irragionevole del processo venga imputata esclusivamente allo Stato. Pertanto, restando assorbite le ulteriori censure illustrate sotto le lettere 2a) e 2c) che precedono, atteso che i vizi rispettivamente denunciati con siffatte censure dipendono evidentemente dallo stesso assunto, erroneo, dal quale la Corte territoriale ha preso le mosse (potere cio listanza di prelievo essere considerata il momento decisivo per accertare lesistenza o meno di un comportamento imputabile alla P.A.) di cui alle censure sin qui esaminate, il ricorso merita accoglimento per quanto di ragione, onde il provvedimento impugnato va cassato in relazione alle censure accolte, con rinvio, anche ai fini delle spese, alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione, affinch detto giudice provveda a statuire sulla controversia demandata alla sua cognizione facendo applicazione del seguente principio di diritto: Ai fini dellapprezzamento della fondatezza della domanda, proposta a norma degli articoli 2 e 3 della legge 24 marzo 2001, n. 89, di equa riparazione del danno, patrimoniale e non patrimo- IL CONTENZIOSO NAZIONALE 249 niale, che possa essere derivato al ricorrente per effetto del ritardo eccedente il termine ragionevole di cui al primo comma del citato art. 2, la mancanza di opportuni impulsi sollecitatori, provenienti dalla parte interessata, tesi ad ottenere una pi spedita trattazione della causa, del genere della cosiddetta istanza di prelievo nel processo amministrativo, non incide sul calcolo dei tempi del processo stesso, nel senso che il difetto di un tale comportamento rileva ai soli fini della liquidazione dell'equa riparazione anzidetta, onde la possibilit di addivenire alla richiesta di simili anticipazioni (come, in senso pi largo, ad altre istanze di natura analoga) integra lordinaria diligenza processuale ed il relativo, mancato esercizio, a differenza dellipotesi in cui mezzi siffatti non risultino previsti dallordinamento, esclude che la durata irragionevole del giudizio venga imputata esclusivamente allo Stato. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa il provvedimento impugnato in relazione alle censure accolte e rinvia, anche ai fini delle spese, alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione. Cos deciso in Roma, il 30 settembre 2002. ** *** ** Cassazione civile, Sezione Prima, sentenza 17 aprile 2003 n. 6180 Svolgimento del processo Con ricorso - in riassunzione ex art. 6 L. n. 89 del 2001 dal procedimento instaurato innanzi alla Corte Europea dei Diritti dellUomo - depositato innanzi alla Corte dAppello di Roma, Russo Ennio lamentava, in contraddittorio con il Presidente del Consiglio dei Ministri, lirragionevole durata di un procedimento svoltosi innanzi al TAR Campania ed avente ad oggetto lannullamento di un atto della DPT di Benevento. Precisava all'uopo: di aver notificato il ricorso il 13 novembre 1996 depositandolo in data 12 dicembre 1996, contestualmente istando per la fissazione dell'udienza ai sensi dellart. 23 L. n. 1034 del 1971, di aver depositato in data 17 febbraio 1999 la cd. istanza di prelievo, di non aver ancora visto decidere la causa; gli aver quindi diritto allequa riparazione, essendo irragionevole la durata di un sol grado di giudizio di oltre cinque anni. Costituitosi il PdCdM, la adta Corte di Roma con decreto 23 gennaio 2002 rigettava la domanda affermando: che il ricorso doveva ritenersi infondato per due concorrenti, ma autonome, rationes decidendi; che, in primo luogo, nella specie non poteva ravvisarsi durata irragionevole del processo dato che l'istanza di prelievo era del 17 febbraio 1999 e che una durata inferiore ai tre anni (computata dalla data dell'istanza) non poteva ritenersi irragionevole n alla stregua della giurisprudenza della CEDU n sulla base delle pronunzie italiane; che in secondo luogo il preteso danno non era neanche configurabile essendo stati innanzi al TAR chiesti accessori di un credito per limporto di L. 5.544.924 senza che, allo stato, in difetto di una decisione, potesse intravedersene la fondatezza e posto che il danno patrimoniale sarebbe stato interamente eliminato dalla pronunzia e l'esiguit del petitum induceva ad escludere alcun danno morale. Per la cassazione di tale decreto il Russo ha proposto ricorso notificandolo il 5 aprile 2002. Il PdCdM ha notificato controricorso il 30 aprile 2002. Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c. 250 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 Motivi della decisione Con il primo motivo del ricorso si denunzia violazione degli artt. 2 L. n. 89 del 2001, 23 L. n. 1034 del 1971, 51 e 53 R.D. n. 642 del 1907 e vizio di motivazione, per avere la Corte di merito ritenuto comportamento imputabile alla parte istante, ed escludente la durata irragionevole del processo, la formulazione di una istanza di prelievo solo nel febbraio 1999, cosi equivocando sulla natura, di semplice facolt processuale, di tale sollecitazione e cosi trascurando di indagare sulla complessit o semplicit della causa e pertanto mancando di addebitare allAutorit Giudiziaria Amministrativa i cinque anni di totale sua inerzia nella (pur necessaria) trattazione del procedimento. Con il secondo motivo, al primo subordinato, si denunzia violazione dellart. 2 co. 3 L. n. 89 del 2001, art. 2697 c.c., artt. 115-116 c.p.c., artt. 1223-1226-1227 c.c., artt. 2056-2059-2043 c.c., per avere la Corte di Roma escluso la sussistenza del danno risarcibile formulando alluopo una prognosi sullesito possibile del processo ed un giudizio sulla inesistenza del danno morale per lesiguit del petitum e, quindi, erroneamente collegando al diritto vantato linteresse alla ragionevole durata del processo. Ritiene il Collegio, dissentendo dalle censure esposte nell'ampio primo motivo del ricorso, che la assai sintetica - ma chiara - statuizione della Corte territoriale, adottata come prima delle due alternative rationes decidendi, sia conforme al diritto (e pro parte non impugnata in modo pertinente) e vada pertanto, con le opportune integrazioni, pienamente confermata. Giova premettere che questa Corte ha gi avuto modo di pronunziare sulla questione della rilevanza - in sede di accertamento della protesa violazione allobbligo di rispetto del termine ragionevole di cui allart. 6 par. 1 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti delluomo (art. 2 comma 2 L. n. 89 del 2001) - della mancata tempestiva proposizione della cd. istanza di prelievo al Presidente del T.A.R. da parte del ricorrente che, pure, abbia adempiuto allobbligo di avanzare la tempestiva istanza di fissazione di udienza (statuita a pena di perenzione del giudizio dallart. 23 della L. n. 1034 del 1971, sul punto non novellato dallart. 1 comma 3 della L. n. 205 del 2000). Ed in tutte e tre le pronunzie allo stato emesse (Cass. 15445/02, 15992/02, 3347/03) si avuto modo di formulare alcune osservazioni - sulla premessa, comune alla vicenda processuale qui in esame, della inapplicabilit ratione temporis delle nuove norme di cui alla legge n. 205 del 2000 - che appare opportuno rammentare ed integrare con ulteriori rilievi, utili alla soluzione della questione sottoposta. E dunque da precisare che: - accanto allobbligo (art. 23 L. n. 1034 del 1971) di presentazione dellistanza di fissazione di udienza nel biennio dal deposito del ricorso e di sua rinnovazione allesito dell'espletamento delleventuale istruttoria (la cui inosservanza dallart. 25 sanzionata dallestinzione, per perenzione, del procedimento), sussiste l'onere della istanza di prelievo in discorso; - tale istanza prevista dagli artt. 51 c. 2 e 53 c. 2 R.D. n. 642 del 1907 (Regolamento per la procedura innanzi al Consiglio di Stato) come strumento per pervenire - in ragione della dichiarata o ravvisata urgenza del ricorso - alla pi sollecita trattazione della causa, determinando il Presidente dellorgano ad una fissazione con precedenza rispetto all'ordine di trattazione risultante dalle date di iscrizione dei ricorsi; - la test cennata norma di procedura regolante listanza in discorso, nel trentennio di vita dei TAR ha ricevuto costante e diffusa applicazione nella fissazione delle udienze innanzi ai Tribunali Amministrativi Regionali, essendo pervero prevista lannotazione delle istanze di ur- IL CONTENZIOSO NAZIONALE 251 genza nel registro delle domande di fissazione di udienza dal comma 1) dellart. 24 del Regolamento di esecuzione della L. n. 1034 del 1971 approvato con D.P.R. n. 214 del 1973; - la diffusione dello strumento acceleratorio costituito dalla proposizione della menzionata istanza di prelievo al fine di pervenire alla (pi) sollecita discussione del ricorso innanzi al T.A.R. frutto, ad avviso del Collegio, ben pi che di una prassi di applicazione estensiva ai relativi giudizi di norma posta in altra sedes materiae, di una applicazione diffusa e sistematica dei principi impliciti nella norma regolamentare dellannotazione delle istanze durgenza (art. 24 c. 1 D.P.R. n. 214 del 1973 cit.), applicazione che ben si pu definire come integrante il diritto vivente della procedura innanzi ai T.A.R. (che oggi vede il ricorso alla previsione di un invito alla riproposizione di istanza di sollecito per i ricorsi ultradecennali, la cui inosservanza sanzionata con ladozione del decreto di perenzione: art. 9 L. n. 205 del 2000); - test rammentata istituzionalizzazione dello strumento acceleratorio costituito dalla istanza di prelievo per la fissazione dei ricorsi innanzi ai T.A.R. rende dunque sterile - ai fini che occupano - decidere se il ricorrente abbia facolt od obbligo di proporla, quel che rileva essendo lonere dal diritto assegnato alla parte ricorrente di avvalersi di tale istanza per trarre il suo ricorso da una condizione di inerte quiescenza a quella della sua (tempestiva e sollecita, od ingiustificatamente differita) effettiva trattazione. Fatte queste premesse per dobbligo osservare che la soluzione data al quesito che su tali premesse deve trovare risposta non stata - nelle pronunzie di questa Corte dianzi citate - del tutto omogenea, avendo le pronunzie pubblicate nel 2002 attestato la propria statuizione sulla rilevanza assorbente che assume il rinvio al comportamento delle parti nell'accertamento della violazione della durata ragionevole (art. 2 c. 2 L. n. 89 del 2001), s da escludere addebitabilit allAmministrazione dei tempi imputabili alla negligente condotta delle parti stesse nel non avvalersi dello strumento acceleratorio disponibile, ed invece puntando la sent. 3347/03 - e con ampia e diffusa applicazione diretta dei principi della giurisprudenza della CEDU - sulla permanente inadempienza dellAmministrazione nel non aver organizzato il servizio in guisa da assicurare celerit ...anche a favore degli utenti che non risultino diligenti nella cura dei propri interessi... e semmai potendo la negligenza delle parti private rilevare ai sensi dellart. 1227 c.c. comma 2 nella sede della liquidazione di cui al comma 3 dell'art. 2 della L. n. 89 del 2001. Ritiene il Collegio, dissentendo dallindirizzo seguito dal pi recente pronunziato di questa Corte, che debbasi privilegiare la prima opzione ermeneutica, posto che: - la scelta legislativa - di collocare il comportamento delle parti, al pari di quello del giudice e di ogni altra pubblica autorit, tra gli oggetti dello scrutinio di merito sulla irragionevolezza della durata del processo (art. 2 c. 2 L. n. 89 del 2001 cit.) - appare eloquente dellobiettivo politico perseguito, in coerenza con il rifiuto di fissare astratti parametri cronologici di durata ragionevole: la valutazione di irragionevolezza non deve discendere dalla pervasiva presunzione di addebitabilit allAmministrazione di ogni durata rapportabile a carenza nellorganizzazione del servizio ma dalla equilibrata ponderazione del ruolo avuto, nel concreto del processo in disamina, dai suoi attori pubblici e privati rispetto alla domanda di giustizia che quella controversia, con la sua complessit o semplicit, proponeva allo Stato-apparato; - in tal senso, la negligenza della parte istante nel non essersi avvalsa dello strumento di attivazione od acceleratorio che il diritto vivente ha messo a sua disposizione nel processo innanzi ai T.A.R. rileva come comportamento oggettivo che ha dato causa - altrettanto oggettivamente - alla mancata attivazione dell'organo di giustizia e che lart. 2 comma 2 L. n. 89 del 2001 pi volte citato impone di valutare come causa, o concausa, della non ragionevo- 252 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 lezza del tempo trascorso: ditalch, se a nulla rileva sottolineare la non obbligatoriet della proposizione dell'istanza e se altrettanto non rileva notare che, alla sua presentazione, non si rinviene lespressa previsione di un obbligo per il Presidente del TAR di procedere alla immediata fissazione, assolutamente rilevante il tempo in cui listanza viene proposta nel senso che con la sua proposizione, e solo da quella data, il decorrere del tempo diventa esclusivo parametro di valutazione del comportamento dell'organo di giustizia ai fini dello scrutinio della ragionevolezza della durata (a carico del quale la proposizione stessa, in forza del richiamato diritto vivente, determina una palese traslatio degli oneri di attivazione e del correlato disvalore per linosservanza); - se, dunque, lefficienza causale della tempestiva o tardiva proposizione dellistanza di prelievo trova la sua collocazione propria nello scrutinio di adeguatezza del comportamento. della parte (art. 2 c. 2 della L. n. 89 del 2001), ne discende l'impropriet della sua considerazione nella sedes materiae della liquidazione del danno (lart. 1227 c.c. cpv. richiamato dallart. 2056 c.c. al quale fa rinvio il comma 3 dell'art. 2 della legge n. 89 del 2001). Ed invero, luso che la parte faccia, od ometta, di una opportunit processuale offertale dallordinamento naturalmente quanto esclusivamente compreso tra gli oggetti dello scrutinio sulla irragionevolezza della durata del processo e cio tra gli elementi costitutivi del fatto generatore dellobbligo di indennizzo, e non pu rifluire, in seconda battuta, anche nella sede dello scrutinio della diligenza del creditore nellelidere al possibile i danni arrecati (a ci ostando i formulati rilievi di ordine sistematico sul carattere assorbente del ruolo avuto dagli attori del processo nella sua durata). Alla luce delle esposte considerazioni appare immune da censure in diritto fa valutazione operata dalla Corte di merito la cui decisione, integrata e corretta la relativa motivazione nei sensi sopra indicati, ed immune da vizi logici restando la residua parte della statuizione, deve essere ritenuta conforme a diritto. Limpugnato decreto, infatti, ha preso atto della proposizione della istanza di prelievo ad oltre due anni dal deposito del ricorso e si mosso sullassunto della ragionevolezza del passaggio di meno di tre anni dopo la proposizione stessa. Orbene, pu conclusivamente e sinteticamente affermarsi che: 1) da un canto, il decreto ha ravvisato nel negligente comportamento del ricorrente la ragione della imputabilit a suo carico della durata del processo anteriore alla sua iniziativa; 2) dallaltro canto, il provvedimento ha considerato come ragionevole il tempo intercorso tra l'istanza stessa e la proposizione della domanda riparatoria; 3) il decreto poi passato a formulare discutibili quanto pleonastiche considerazioni sulla assenza di danno in concreto; 4) la prima statuizione - con le integrazioni della motivazione in diritto dianzi precisate - pu essere ritenuta conforme a diritto; 5) la seconda statuizione (afferente la durata del processo per la frazione temporale certamente imputabile all'Amministrazione) frutto di una valutazione avverso la quale nel motivo non sono indicati vizi logici di sorta ma sono addotte solo generiche ragioni di dissenso nel merito (e con richiamo ad alcuni pronunziati della CEDU); 6) la terza statuizione - di sostegno di una alternativa ratio decidendi - non viene pi in rilievo; 7) pertanto, deve essere rigettato il primo motivo, e dalla correlata conferma della statuizione di rispetto del termine ragionevole di durata del processo, va dichiarato discendere l'assorbimento del secondo mezzo, afferente le riportate considerazioni sulla esistenza e consistenza del danno risarcibile. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 253 Ritiene il Collegio che sussistano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimit. P.Q.M. La Corte di Cassazione, rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio. Cos deciso in Roma, il 13 Marzo 2003. ** *** ** Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza 23 dicembre 2005 n. 28507 Svolgimento del processo Con ricorso depositato il 17 aprile 2002 C.C.S. conveniva in giudizio dinanzi alla Corte dappello di Genova la Presidenza del Consiglio dei Ministri per sentirla condannare al pagamento di una somma a titolo di equo indennizzo dei danni patrimoniali e non patrimoniali per la non ragionevole durata di cinque giudizi da lui promossi dinanzi al TAR per la Toscana, rispettivamente il 6 giugno 1990, il 9 novembre 1993, il 28 novembre 1997, il 16 febbraio 1998 e il 6 marzo 1998, tuttora in attesa di fissazione dell'udienza di discussione. Con decreto del 18 giugno-17 luglio 2002 la corte adita rigettava la domanda osservando preliminarmente che il ricorrente non aveva titolo per far valere eventuali danni riferibili a ritardi maturati prima del 18 aprile 2001, data di entrata in vigore della l. n. 89 del 2001. Quindi, passando a esaminare i vari processi pendenti, affermava che per il primo di essi, promosso dalla sig.ra M.T.S., madre del ricorrente che in qualit di erede aveva provveduto alla riassunzione, la domanda non poteva trovare accoglimento poich la riassunzione era avvenuta solo il 4 settembre 2001, e non era trascorso neppure un anno dal momento in cui era divenuto parte processuale; che per il secondo e il terzo la domanda era priva di fondamento essendo decorsi solo tre anni dalla presentazione dell'istanza di prelievo; che parimenti infondata doveva ritenersi la domanda per il quarto e il quinto processo per i quali l'istanza di prelievo non era stata neppure presentata. Contro la sentenza ricorre per cassazione con due motivi C.C.S. Non ha presentato difese la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Con ordinanza del 9 marzo-26 giugno 2002 stata disposta la rimessione degli atti al Primo Presidente che ha provveduto allassegnazione del ricorso alle Sezioni unite per la risoluzione della questione di particolare importanza relativa all'individuazione del momento in cui sorge il diritto alla durata ragionevole del processo nonch del contrasto di giurisprudenza relativo allaccertamento del momento iniziale ai fini del computo del termine di durata del processo amministrativo. Motivi della decisione Con il primo motivo viene denunciata la violazione e la falsa applicazione dellart. 6, n. 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti delluomo ratificata con la l. 848/1955, in relazione allart. 360, n. 3, c.p.c. e si contesta laffermazione secondo cui solo dalla data di entrata in vigore della l. 89/2001 sarebbe sorto il diritto allequa riparazione, prima non esistente nel vigente sistema positivo, con la conseguente esclusione della legittimazione degli eredi alla proposizione della domanda di equo indennizzo per leccessiva durata di un processo instaurato dal loro dante causa prima di tale data. 254 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 La questione stata sinora decisa in senso negativo dalla giurisprudenza di questa Corte la quale ha considerato che la l. 89/2001 contempla senza limitazioni temporali le violazioni del canone di ragionevole durata del processo verificatesi dopo la ratifica della Convenzione dei diritti dell'uomo, ma che, in assenza di una espressa previsione di retroattivit della norma interna costitutiva del diritto allequo indennizzo, resta esclusa la nascita di tale diritto in capo a un soggetto deceduto prima della sua entrata in vigore e, conseguentemente, la sua trasmissibilit agli eredi (Cassazione 17650/2002; 360/2003); e ci anche se la parte, poi deceduta, avesse gi proposto ricorso alla Corte di Strasburgo in quanto la fattispecie riparatoria prevista dalla normativa comunitaria non costituiva un diritto azionabile dinanzi a un giudice diverso da quello europeo. Tali considerazioni trovavano un ulteriore elemento di conferma nel rilievo che la norma transitoria dellart. 6 della l. 89/2001 aveva natura di norma sostanziale e non processuale e non prevedeva alcun traslatio iudicii ma consentiva unicamente una circoscritta e limitata applicazione retroattiva del nuovo istituto dell'equa riparazione con riferimento ai soli giudizi per i quali si fosse gi avuto il tempestivo deposito del ricorso dinanzi alla Corte di Strasburgo e non fosse ancora intervenuta una dichiarazione di ricevibilit del ricorso stesso (Cassazione 5264/2003). Ci premesso, merita accoglimento linvito a riconsiderare la fondatezza di tale orientamento interpretativo, contenuto nell'ordinanza di rimessione, sulla base dell'evoluzione della giurisprudenza delle Sezioni unite le quali, con le sentenze in data 1339/2004, 1340 e 1341 hanno identificato il fatto costitutivo prefigurato dall'art. 2 della l. 89/2001 proprio nel mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo stabilito dall'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, e hanno negato, conseguentemente, che la fattispecie prevista dalla norma interna assumesse connotati diversi da quelli stabiliti dalla Convenzione, rispetto alla quale essa andrebbe considerata non gi costitutiva del diritto all'equa riparazione per la non ragionevole durata del processo, bens unicamente istitutiva della via di ricorso interno, prima inesistente, diretta ad assicurare una tutela pronta ed efficace alla vittima della violazione del canone di ragionevole durata del processo in attuazione del disposto dellart. 13 della Convenzione il quale stabilisce il diritto a un ricorso effettivo davanti a unistanza nazionale il cui esperimento preventivo opera, a norma dell'art. 35, come condizione di procedibilit del ricorso alla Corte di Strasburgo che, ai sensi dell'art. 34, era proponibile in via immediata e diretta prima dellintroduzione del ricorso negli ordinamenti nazionali. Va ricordato al riguardo che lart. 1 della Convenzione stabilisce che le Parti Contraenti riconoscono ad ogni persona soggetta alla loro giurisdizione i diritti e le libert definiti dal titolo primo della Convenzione, tra i quali compreso il diritto ad un processo equo e di durata ragionevole (art. 6), che devessere tutelato attraverso il ricorso a unistanza nazionale (art. 13), la cui introduzione nellordinamento vigente avvenuta tardivamente, solo a seguito del moltiplicarsi delle condanne nei confronti dello stato in sede comunitaria per il pregiudizio derivante dalla non ragionevole durata dei processi. La l. 848/1955, provvedendo a ratificare e rendere esecutiva la Convenzione, ha introdotto nellordinamento interno i diritti fondamentali, aventi natura di diritti soggettivi pubblici, previsti dal titolo primo della Convenzione e in gran parte coincidenti con quelli gia indicati nellart. 2 Cost., rispetto al quale il dettato della Convenzione assume una portata confermativa ed esemplificativa (Corte costituzionale, 388/1999). La natura immediatamente precettiva delle norme convenzionali a seguito di ratifica dello strumento di diritto internazionale stata gi del resto riconosciuta esplicitamente dalla giurisprudenza di questa Corte che ha affermato lavvenuta abrogazione dellart. 34, comma 2, IL CONTENZIOSO NAZIONALE 255 del r.d.l. 511/1946, nella parte in cui escludeva la pubblicit della discussione della causa nel giudizio disciplinare a carico di magistrati per contrasto con la regola della pubblicit delle udienze sancito dall'art. 6 della Convenzione che pone precisi limiti alla discussione della causa a porte chiuse (Sezioni unite 7662/1991); parimenti ha riconosciuto il carattere di diritto soggettivo fondamentale, insopprimibile anche dal legislatore ordinario, al diritto allimparzialit del giudice nell'amministrazione della giustizia, con richiamo allart. 6 della Convenzione (Cassazione 4297/2002), e, infine, ha espressamente riconosciuto la natura sovraordinata alle norme della Convenzione sancendo lobbligo per il giudice di disapplicare la norma interna in contrasto con la norma pattizia dotata di immediata precettivit nel caso concreto (Cassazione 10542/2002). Deve essere quindi superato lorientamento secondo cui la fonte del riconoscimento del diritto allequa riparazione dev'essere ravvisata nella sola normativa nazionale (Cassazione 11046/2002; 11987/2002; 16502/2002; 5664/2003; 13211/2003) e ribadito il principio che il fatto costitutivo del diritto all'indennizzo attribuito dalla legge nazionale coincide con la violazione della norma contenuta nellart. 6 della convenzione, di immediata rilevanza nel diritto interno. N appare meritevole di consenso la distinzione adombrata in sede di discussine orale, tra diritto ad un processo di ragionevole durata, introdotto dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti delluomo (o addirittura ad essa preesistente come valore costituzionalmente protetto), e diritto all'equa riparazione, che sarebbe stato introdotto solo con la l. 89/2001, in quanto la tutela assicurata dal giudice nazionale non si discosta da quella precedentemente offerta dalla Corte di Strasburgo, alla cui giurisprudenza tenuto a conformarsi il giudice nazionale (Sezioni unite 1340/2004). Da ci consegue che il diritto allequa riparazione del pregiudizio derivato dalla non ragionevole durata del processo verificatosi prima dellentrata in vigore della l. 99/2001 va riconosciuto dal giudice nazionale anche in favore degli eredi della parte che abbia introdotto prima di tale data il giudizio del quale si lamenta la non ragionevole durata, col solo limite che la domanda di equa riparazione non sia stata gi proposta alla Corte di Strasburgo e che questa si sia pronunciata sulla sua ricevibilit. Laccoglimento del primo motivo di ricorso non preclude lesame del secondo motivo, avente natura autonoma, con il quale si lamenta il vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia con riferimento allaffermazione, posta a fondamento della statuizione di rigetto della domanda di equa riparazione per leccessiva durata dei processi pendenti dinanzi al giudice amministrativo, secondo cui la mancata o tardiva presentazione dell'istanza di prelievo escluderebbe la permanenza di un interesse alla decisione in capo al ricorrente, non essendo dato riscontare lesistenza di una presunzione generale in tal senso. Va premesso al riguardo che nel sistema vigente prima dellentrata in vigore della l. 205/2000 - al quale deve farsi riferimento per i giudizi dei quali si lamenta nella specie la non ragionevole durata - il processo amministrativo richiede, dopo il deposito del ricorso, un solo necessario, infungibile impulso di parte costituito dalla presentazione nei due anni dal deposito del ricorso (o dall'ultimo atto della procedura quando venga ordinata unattivit istruttoria o la causa sia stata cancellata dal ruolo) di unapposita istanza di fissazione, in mancanza della quale la causa si estingue per perenzione; una volta presentata tale istanza, infatti, il processo dominato dal potere di iniziativa del giudice e non costituisce, perci, adempimento necessario listanza di prelievo del ricorso dal ruolo, prevista dallart. 51, comma 2, r.d. 642/1907, che ha il solo fine di fare dichiarare il ricorso urgente onde ottenerne la trattazione anticipata sovvertendo lordine cronologico di iscrizione delle domande di fissazione delludienza di 256 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 discussione. Orbene, con riferimento al problema dellindividuazione del momento iniziale dal quale decorre la durata del procedimento amministrativo instaurato prima dellentrata in vigore della l. 205/2000 la giurisprudenza prevalente afferma che esso coincide con quello della presentazione dell'istanza di prelievo, ritenendo sufficiente a tal fine lonere posto a carico del ricorrente di avvalersene per trarre il ricorso da una condizione di quiescenza e ottenerne leffettiva trattazione, in considerazione del fatto che lart. 2, comma 2, della l. 89/2001 esclude laddebitabilit allAmministrazione dei tempi imputabili alla negligente condotta della parte che non si sia avvalsa dello strumento acceleratorio posto a sua disposizione, sicch solo dal momento della presentazione di tale istanza il decorso del tempo potrebbe considerarsi parametro esclusivo di valutazione del comportamento del giudice adito al fine di valutare la ragionevolezza della durata del processo (Cassazione 15445/2002; 15992/2002; 6180/2003; 22503/2004). A tale interpretazione si contrappone un orientamento minoritario secondo cui la mancata presentazione dellistanza di prelievo non pu influire sul calcolo dei termini del processo, ma potrebbe incidere unicamente sulla determinazione dellentit dell'equa riparazione spettante con riferimento al dettato dell'art. 2056 c.c. richiamato nellart. 2 della l. 89/2001, che a sua volta richiama lart. 1227, il quale al secondo comma esclude il risarcimento dei danni che il danneggiato avrebbe potuto evitate usando lordinaria diligenza, col risultato che la durata irragionevole del processo, ancorch accertata, non potrebbe porsi esclusivamente a carico dello Stato (Cassazione 3347/2003). Va segnalato che successivamente alla ordinanza di rimessione degli atti al Primo Presidente, intervenuta una nuova pronuncia (Cassazione 23187/2004) con la quale, in adesione allorientamento ripetutamente espresso dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, ha gi proceduto alla revisione dellinterpretazione sinora prevalente affermando che la lesione del diritto ad una ragionevole durata del processo va riscontrata, anche per le cause proposte davanti al giudice amministrativo, con riferimento al periodo di tempo decorso dallinstaurazione del procedimento, senza che su di esso possa incidere la mancata o ritardata presentazione dellistanza di prelievo. Tale interpretazione, che ha incontrato il consenso delle decisioni che si sono succedute sulla questione in esame (Cassazione 18759/2005; 19801/2005), merita ulteriore conferma in considerazione del fatto - evidenziato nella motivazione della citata pronuncia - che la presenza di strumenti sollecitatori non sospende n differisce il dovere dello Stato di pronunciare sulla domanda, n implica il trasferimento sul ricorrente della responsabilit per il superamento del termine ragionevole per la definizione del giudizio, salva restando la valutazione del comportamento della parte al solo fine dellapprezzamento dell'entit del lamentato pregiudizio. In conclusione il ricorso merita accoglimento e conseguentemente il decreto impugnato devessere cassato con rinvio della causa ad altro giudice il quale si conformer ai principi di diritto innanzi enunciati. Al giudice di rinvio viene rimessa altres la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione P.Q.M. La Corte, pronunciando a Sezioni unite, accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di appello di Genova, cui rimette altres la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione. Cos deciso in Roma, il 15 dicembre 2005. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 257 ** *** ** Cassazione civile, Sezione Prima, sentenza 28 novembre 2008 n. 28428 Svolgimento del processo Con ricorso depositato il 16.4.2004, G.B. chiedeva alla Corte di Appello di Roma che, previo accertamento della violazione dellart.6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti delluomo (dora in avanti, per brevit, denominata semplicemente Convenzione europea), sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo, venisse disposta la condanna della Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento di quanto dovutogli a titolo di equa riparazione del danno non patrimoniale subito in conseguenza del fatto: a) che, in data 28.10.1974, aveva proposto ricorso alla Corte dei Conti avverso il decreto n. 1056/l973 del Ministero della Difesa, mediante il quale gli era stato negato il trattamento di pensione privilegiata ordinaria; b) che, in data 30.6.1998, aveva presentato istanza di sollecito; c) che, in data 23.2.2001, detto Giudice aveva pronunciato sentenza di rigetto; d) che tale decisione, con ricorso notificato il 22.2.2002, era stata impugnata davanti alla Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale Centrale, la quale aveva pronunciato sullappello mediante sentenza in data 11.6.2003. Si costituiva in giudizio lAmministrazione convenuta, resistendo alla pretesa avversaria. La Corte territoriale adita, con decreto emesso in data 25.10.2004/4.10.2005, rigettava il ricorso, assumendo che la durata del giudizio presupposto dovesse considerarsi ragionevole, atteso che il giudizio di primo grado era stato definito nel termine di anni tre circa dal deposito dellistanza di prelievo, laddove il giudizio di secondo grado era stato definito nel termine di sedici mesi circa dalla proposizione dellappello, onde non risultavano superati i termini solitamente indicati dalla Corte di Strasburgo per giudizi similari. Avverso tale decreto, ricorre per cassazione il B., deducendo due motivi di gravame, ai quali non resiste la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ai sensi dellart.375 c.p.c., stata fissata ladunanza in camera di consiglio. Motivi della decisione Con il primo motivo di impugnazione, lamenta il ricorrente violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e art. 6 della Convenzione europea, nonch della L. n. 585 del 1971, art. 20 e della L. n. 19 del 1994, art. 6, concernenti le norme processuali del Giudice contabile, assumendo: a) che le Sezioni Unite della Suprema Corte, con la sentenza n. 28507 del 2005, in adesione allorientamento ripetutamente espresso dalla giurisprudenza europea, hanno affermato che la lesione del diritto ad una ragionevole durata del processo va riscontrata, anche per le cause proposte davanti al giudice amministrativo, con riferimento al periodo di tempo decorso dallinstaurazione del procedimento, senza che su di esso possa incidere la mancata o ritardata presentazione dellistanza di prelievo o di sollecito; b) che la Corte territoriale ha ignorato la speciale normativa processualistica del Giudice contabile, alla quale completamente sconosciuto luso dellistanza di prelievo; c) che, solo con la riforma del 1994 (L. n. 19) ed in riferimento ai processi pendenti, il legi- 258 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 slatore ha espressamente prescritto all'art. 6 che la parte, la quale ne aveva interesse, doveva proporre, nel termine perentorio di sei mesi dalla comunicazione della segreteria della sezione, istanza per la prosecuzione del giudizio, sanzionando linottemperanza con lestinzione dello stesso, dichiarata dufficio; d) che, pertanto, fino alla novella del 1994, lodierno ricorrente non aveva alcun potere di impulso processuale, governando il principio dellofficialit, laddove, successivamente, egli ha utilizzato tutti gli strumenti messi a disposizione dall'ordinamento per il regolare svolgimento del processo. Il motivo manifestamente fondato. La Corte territoriale, con apprezzamento di per s incensurato, ha dato conto del fatto: a) che, in data 28.10.1974, stato proposto dal B. ricorso alla Corte dei Conti avverso il Decreto n. 1056 del 1973, del Ministero della Difesa, mediante il quale gli era stato negato il trattamento di pensione privilegiata ordinaria; b) che, in data 30.6.1998, il medesimo B. ha presentato istanza di sollecito; c) che, in data 23.2.2001, il Giudice contabile ha pronunciato sentenza di rigetto; d) che tale decisione, con ricorso notificato il 22.2.2002, stata impugnata davanti alla Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale Centrale, la quale ha pronunciato sullappello mediante sentenza in data 11.6.2003. La stessa Corte territoriale, peraltro, ha ritenuto che il termine del giudizio presupposto deve considerarsi ragionevole, atteso che il giudizio di primo grado stato definito nel termine di anni tre circa dal deposito dell'istanza di prelievo, mentre il giudizio di secondo grado stato definito nel termine di sedici mesi circa dalla proposizione dell'appello, sicch non risultano superati i termini solitamente indicati dalla Corte di Strasburgo per giudizi similari. Argomentando in tal modo, il Giudice di merito non ha fatto corretta applicazione del principio, uniformemente enunciato da questa Corte allesito della pronuncia delle Sezioni Unite n. 28507 del 23 dicembre 2005 (cos, in termini, Cass. 29 marzo 2006, n. 7118; Cass. 21 aprile 2006, n. 9411; Cass. 28 aprile 2006, n. 9853; Cass. 11 maggio 2006, n. 10894; Cass. 7 luglio 2006, n. 15603; Cass. 14 novembre 2006, n. 24258; Cass. 16 novembre 2006, n. 24438, onde, in questo senso, appunto, la manifesta fondatezza del motivo in esame), secondo cui, in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, la lesione del diritto alla definizione del processo in un termine ragionevole, di cui allart. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea, va riscontrata, anche per le cause davanti al giudice amministrativo, con riferimento al periodo intercorso dallinstaurazione del relativo procedimento, senza che una tale decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire ostacoli o slittamenti in relazione alla mancanza dellistanza di prelievo od alla ritardata presentazione di essa, l dove, cio, la previsione di strumenti sollecitatori non sospende n differisce il dovere dello Stato di pronunciare sulla domanda, in caso di omesso esercizio degli stessi, n implica il trasferimento sul ricorrente della responsabilit per il superamento del termine ragionevole di definizione del giudizio, salva restando la valutazione del comportamento della parte al solo fine dell'apprezzamento dell'entit del lamentato pregiudizio. N, in contrario, pu essere tratto argomento dalla recente disposizione contenuta nel D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, convertito nella L. 6 agosto 2008, n. 133, l dove tale disposizione recita La domanda di equa riparazione non proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione di cui alla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, non stata presentata un'istanza ai sensi del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51, comma 2. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 259 Premesso, infatti, come il D.L. n. 112 del 2008 sia entrato in vigore il 25 giugno 2008, ovvero (ai sensi dell'art. 85 di esso) il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, deve, nella specie, osservarsi che, in difetto di esplicite previsioni contrarie (tale essendo esattamente il caso in esame), il principio dellimmediata applicazione della legge processuale sopravvenuta ha riguardo soltanto agli atti processuali successivi allentrata in vigore della legge stessa, alla quale non dato di incidere, pertanto, sugli atti anteriormente compiuti, i cui effetti restano regolati, secondo il fondamentale principio del tempus regit actum, dalla norma sotto il cui imperio siano stati posti in essere (come, di nuovo nella specie, la domanda di equa riparazione avanzata il 16.4.2004), un generale criterio di affidamento legislativo (desumibile dallart. 1 delle disposizioni sulla legge in generale) precludendo la possibilit di ritenere che gli effetti dellatto processuale gi formato al momento dellentrata in vigore della nuova disposizione (domanda appunto di equa riparazione) siano da quest'ultima regolati, quanto meno nei casi (come quello in esame) in cui la retroattivit della disciplina verrebbe a comprimere la tutela della parte, senza limitarsi a modificare la mera tecnica del processo (Cass. 12 maggio 2000, n. 6099). Del resto, appena il caso di osservare come lorientamento giurisprudenziale sopra riportato sia stato ribadito da questa Corte anche in relazione alle cause davanti al Giudice contabile e, segnatamente, a quelle pensionistiche, rispetto alle quali, cio, trovasi parimenti affermato che la lesione del diritto alla definizione del processo nel termine ragionevole va riscontrata con riguardo al periodo intercorso dallinstaurazione del procedimento, ovvero tenendo conto del tempo complessivo dell'attesa della risposta sulla domanda di giustizia, senza che una simile decorrenza del predetto termine di durata della causa possa subire ostacoli o slittamenti in seguito alla mancanza (o al ritardo nella presentazione) dellistanza di prelievo o di sollecitazione o di trattazione anticipata, ove pure prevista dalla prassi degli uffici giudiziari quale strumento acceleratorio (Cass. 21 febbraio 2006, n. 3782; Cass. 7 aprile 2006, n. 8156). Pertanto, risultando inammissibile il secondo motivo di gravame (attraverso il quale stato lamentato che, una volta accertata la violazione del termine ragionevole, non bisogna tener conto del solo tempo eccedente, ma lindennizzo va riconosciuto e applicato per ogni anno di durata del processo e non per ogni anno di ritardo, laddove, per, la Corte territoriale ha rigettato il ricorso per equa riparazione sulla base dellassorbente rilievo di cui al motivo che precede, senza minimamente statuire in ordine al profilo dedotto con tale secondo motivo), il ricorso odierno merita accoglimento nei sensi di cui in motivazione, onde limpugnato decreto deve essere cassato in relazione alle censure accolte e, ravvisata la sussistenza delle condizioni indicate dallart. 384 c.p.c., comma 1, ultima parte, (nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche introdotte dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), nel senso esattamente che il periodo eccedente la ragionevole durata del giudizio presupposto risulta determinato in 24anni (dovendosi detrarre dalla durata complessiva di questultimo, da apprezzare in circa 29 anni, ovvero dall'inizio, in data 28.10.1974, sino alla pronuncia, in data 11.6.2003, della sentenza della Corte dei Conti in sede di appello, la durata normale di due gradi di giudizio, stimata pari a complessivi anni 5) e che pu, del resto, ripercorrendo gli arresti della Corte europea dei diritti delluomo, individuarsi nell'importo di Euro 1.000,00, la base di calcolo dell'equa riparazione per ciascun anno in relazione al danno non patrimoniale (Cass. 23 aprile 2005, n. 8568; Cass. 26 gennaio 2006, n. 1630; Cass. 13 aprile 2006, n. 8714; Cass. 7 dicembre 2006, n. 26200; Cass. 22 dicembre 2006, n. 27503; Cass. 24 gennaio 2007, n. 1605; Cass. 1 marzo 2007, n. 4845), suscettibile di venire innalzata fino ad euro 1.500,00 (ed anche al di sopra) per le (sole) ipotesi che presentino specifiche e peculiari connotazioni di intensit dello 260 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 stress e dellansia da attesa di una decisione liberatoria, la Presidenza del Consiglio dei Ministri deve essere condannata al pagamento, in favore del ricorrente, della somma di Euro 24.000,00, oltre agli interessi legali dalla domanda (16.4.2004) sino al saldo. La sorte delle spese del giudizio di merito e di quello di legittimit segue il criterio della soccombenza, liquidandosi dette spese, rispettivamente, in complessivi Euro 1.075,00, di cui Euro 475,00 per diritti ed Euro 500,00 per onorari, nonch in complessivi Euro 700,00, di cui Euro 600,00 per onorari, oltre, in ambedue i casi, le spese generali (nella misura percentuale del 12,50% sullimporto degli onorari medesimi) e gli accessori (I.V.A. e Cassa Previdenza Avvocati) dovuti per legge. Le (sole) spese riguardanti il giudizio di legittimit vanno, infine, distratte a vantaggio del difensore Avv. A. Marchetti, il quale se ne dichiarato antistatario proponendo la relativa istanza ex art. 93 c.p.c., laddove analogo provvedimento non pu essere adottato in ordine alle spese riguardanti il giudizio di merito, risultando dalla stessa intestazione dell'impugnato decreto come lanzidetto difensore non fosse munito di procura (secondo quanto richiesto dal gi citato art. 93 c.p.c.) in questultimo giudizio. P.Q.M. La Corte: Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato in relazione alle censure accolte e, decidendo la causa nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento, in favore di B.G., della somma di Euro 24.000,00, oltre agli interessi legali dalla domanda sino al saldo, nonch al rimborso, in favore del ricorrente, delle spese dei giudizi di merito e di legittimit, liquidate, rispettivamente, in complessivi Euro 1.075,00, di cui Euro 475,00, per diritti ed Euro 500,00, per onorari ed in complessivi Euro 700,00, di cui Euro 600,00, per onorari, oltre, in ambedue i casi, le spese generali e gli accessori dovuti per legge, disponendo la distrazione delle spese del giudizio di legittimit a vantaggio del difensore antistatario Avv. A. Marchetti. Cos deciso in Roma, il 4 luglio 2008. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 261 Sugli effetti della cancellazione delle societ dal registro delle imprese La parola alle Sezioni Unite (Corte di Cassazione, Sezione Prima, sentenza 15 settembre 2009 n. 19804) Con la sentenza interlocutoria del 15 settembre 2009 n. 19804, la I sez. civile della Corte di Cassazione, dopo aver preso atto dell'esistenza di un contrasto in seno alle sezioni semplici, ha rimesso la causa al Primo Presidente per leventuale assegnazione alle Sezioni Unite, al fine di stabilire se la cancellazione dal registro delle imprese comporta o meno lestinzione della societ. Secondo una prima interpretazione - che ripropone lorientamento giurisprudenziale tradizionale consolidatosi, antecedentemente alla riforma del diritto societario, con riguardo al previgente art. 2456, comma 2, c.c - anche a seguito della modifica apportata allart. 2495 c.c., dallart. 4, d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, la formale cancellazione della societ dal registro delle imprese non comporta la sua estinzione, che determinata, invece, soltanto dalla effettiva liquidazione dei rapporti giuridici pendenti, che alla stessa societ fanno capo, nonch dalla definizione di tutte le controversie giudiziarie in corso con i terzi (cfr. Cass., sez. III civ., 15 gennaio 2007, n. 646; Id., sez. civ. III, 23 maggio 2006, n. 12114; prima della riforma delle societ, cfr. Cass. 18 agosto 2003, n. 12078; Id. 26 aprile 2001, n. 6078; Id. 12 giugno 2000, n. 7972; Id. 4 ottobre 1999, n. 11021; Id. 14 maggio 1999, n. 4774; Id. 20 ottobre 1998, n. 10380 e Id. 5 settembre 1996, n. 8099). Secondo un altro indirizzo - che invece divenuto maggioritario a seguito della riforma del diritto delle societ - ai sensi del novellato art. 2495, comma 2, c.c., la cancellazione dal registro delle imprese produce leffetto costitutivo dellestinzione irreversibile della societ, anche in presenza di crediti insoddisfatti e di rapporti ancora non definiti (cfr. Cass., sez. I civ., 12 dicembre 2008, n. 29242; Id., sez. II civ., 15 ottobre 2008, n. 25192; Id. sez. lav., 18 settembre 2007, n. 19347; Id. sez. I civ., 28 agosto 2006, n. 18618). Lorientamento giurisprudenziale favorevole allestinzione delle societ cancellate dal registro delle imprese si fonda sul rilievo secondo il quale il nuovo testo dell'art. 2495 c.c., comma 2, anteponendo al vecchio testo dellart. 2456, comma 2, c.c. (che prevede le azioni dei creditori insoddisfatti nei confronti di soci e liquidatori), la proposizione "Ferma restando l'estinzione della societ", manifesterebbe la volont del legislatore di stabilire che la cancellazione produce l'effetto costitutivo dell'estinzione irreversibile della societ anche in presenza di crediti insoddisfatti e di rapporti di altro tipo non definiti. Esso pu essere cos riassunto: 262 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 a) a seguito della modifica apportata allart. 2495 c.c., dallart. 4, d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, oggi vige nel nostro ordinamento il principio generale secondo il quale alla cancellazione dal registro delle imprese consegue lirreversibile estinzione della societ; b) tale principio trova applicazione non solo alle societ di capitali ed alle societ cooperative (alle quali espressamente fa riferimento il vigente art. 2495 c.c.), ma anche alle societ di persone (e ci costituisce una novit assoluta nel panorama giurisprudenziale, atteso che la stessa Corte di Cassazione aveva continuato a sostenere, anche dopo la riforma del diritto delle societ, che lart. 2495 c.c., non poteva trovare applicazione alle societ di persone - cfr., per tutte, Cass., sez. civ. III, 23 maggio 2006, n. 12114). c) la natura meramente ricognitiva della nuova disposizione comporta che lart. 2495 c.c. si applica retroattivamente, anche ai rapporti giuridici pendenti alla data del 1 gennaio 2004, con la sola esclusione dei rapporti giuridici gi esauriti e degli effetti gi in precedenza irreversibilmente verificatisi; d) con riguardo ai processi in corso, si afferma che questi non possano pi proseguire nei confronti o su iniziativa della persona giuridica cancellata, con conseguente inammissibilit delle azioni proposte nei confronti o su iniziativa della societ estinta. Che lincipit del comma 2 dellart. 2495 c.c. abbia posto fine allannosa querelle in ordine allefficacia, costitutiva o dichiarativa, della cancellazione della societ dal registro delle imprese, risolvendola in favore della prima soluzione (in tal senso si espressa anche la prevalente dottrina commentando la riforma delle societ, cfr. ASSOCIAZIONE PREITE, Il nuovo diritto delle societ. Societ di capitali e cooperative, a cura di G. Olivieri, G. Presti, F. Vella, Bologna, 2003, pagg. 356-366, V. BUONOCORE, in AA. VV., Istituzioni di diritto commerciale, a cura di V. Buonocore, Torino, 2003, pag. 272; G. F. CAMPOBASSO, Manuale di diritto commerciale, Torino, 2003, pag. 320; F. CORSI, Le nuove societ di capitali, Milano, 2003, pag. 279; F. GALGANO, Il nuovo diritto delle societ, nel Trattato Galgano, 2003, pag. 410; V. SALAFIA, Scioglimento e liquidazione delle societ di capitali, in Societ, 2003, pag. 382), messo in discussione dalla sentenza in commento, n. 19804 del 15 settembre 2009, secondo la quale l'interpretazione proposta dell'art. 2495 c.c. troverebbe nella lettera della legge soltanto un modesto supporto, e nessuno nella legge delega, che dava, invece, mandato al legislatore delegato di disciplinare "gli effetti della cancellazione della societ dal registro delle imprese" (L. 3 ottobre 2001, n. 366, art. 8, comma 1, lett. a). A ci si aggiunga che dalla lettura della relazione illustrativa (ove si legge, al 12, che: Per la residua disciplina (artt. 2491 - 2496) si ritenuto di poter riprodurre sostanzialmente la disciplina esistente ) emerge che il legislatore del 2003 non sembra essersi mosso, inequivocabilmente, nella direzione di assegnare efficacia costitutiva alla cancellazione della societ. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 263 Ne deriva lesigenza - evidenziata dalla sentenza in commento, e a cui dovranno dare risposta le Sezioni Unite della Corte di Cassazione - di ricercare una soluzione interpretativa che contemperi lanzidetto orientamento giurisprudenziale favorevole allestinzione della societ cancellata, con linteresse ad una effettiva tutela dei creditori sociali (specie, fra questi ultimi, quelli che come il fisco e gli enti previdenziali intervengono dopo un lungo periodo di tempo), e che potrebbe passare attraverso la distinzione, nellambito delle cc.dd. sopravvenienze, tra le sopravvenienze vere e proprie e le passivit note, con la conseguenza di escludere leffetto estintivo della cancellazione soltanto nel caso in cui i liquidatori abbiano omesso dolosamente o colposamente di soddisfare i creditori sociali, conosciuti o conoscibili usando lordinaria diligenza, al momento della cancellazione della societ (cfr., in tal senso, G. MINERVINI, La fattispecie estintiva delle societ per azioni e il problema delle cc.dd. sopravvenienze, in Riv. trim. dir, proc. civ., 1952, pag. 1009). Giuseppe Zuccaro* Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 15 settembre 2009 n. 19804 - Pres. Luccioli, Rel. Panzani - R. A. (Avv.ti S. Cersosimo e M. P.G. Guerra ) c. R.A.S., Riunione Adriatica di Sicurt S.p.A. (Avv.ti R. Michele e C. F. Galantini). (... Omissis ...) MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo il R. deduce difetto e contraddittoriet della motivazione in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e violazione dell'art. 2456 c.c.. Argomentando anche dalla giurisprudenza formatasi dopo la riforma societaria con riferimento all'art. 2495 c.c. novellato, oltre che dall'insegnamento di Corte costituzionale 319/2000, il ricorrente sostiene che la cancellazione della societ dal registro delle imprese ne determina l'estinzione, anche quando sopravvivano rapporti di debito e credito. La Corte d'appello nell'affermare che la cancellazione, secondo la disciplina pregressa dettata dall'art. 2456 vecchio testo c.c. avrebbe un valore dichiarativo e nel concludere, tuttavia, che si avrebbe non un'estinzione automatica, ma una semplice presunzione di estinzione, avrebbe reso un'affermazione contraddittoria. Ne deriverebbe che la notifica della sentenza 9786/93 alla societ nella sua sede non potrebbe essere valida e non potrebbe pertanto aver avuto effetti interruttivi della prescrizione. Non si comprenderebbe inoltre in base a quali elementi la Corte di merito avrebbe potuto ritenere superata la presunzione di estinzione della societ da essa stessa affermata. (... Omissis) 2. E' preliminare l'esame del primo motivo di ricorso. (*) Procuratore dello Stato. 264 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 Questa Corte con recenti decisioni ha affermato che in tema d'interpretazione del nuovo diritto societario, la modifica dell'art. 2495 cod. civ., D.Lgs. n. 6 del 2003, ex art. 4, secondo la quale la cancellazione dal registro delle imprese determina, contrariamente a quanto previsto per la disciplina previgente dall'art. 2456 c.c., l'estinzione della societ, si applica anche alle societ di persone, nonostante la prescrizione normativa indichi esclusivamente quelle di capitali e quelle cooperative ed, inoltre la norma, per la sua funzione ricognitiva, retroattiva e trova applicazione anche in ordine alle cancellazioni intervenute anteriormente al 1 gennaio 2004, data di entrata in vigore delle modifiche introdotte dal citato D.Lgs. n. 6 del 2003, con la sola esclusione dei rapporti esauriti e degli effetti gi irreversibilmente verificatisi (Cass. 28.8.2006, n. 18618; Cass, 18.9.2007, n. 19347; Cass. 15.10.2008, n. 25192; Cass. 12.12.2008, n. 29242). Nella fattispecie esaminata Cass. 18618/06 in sede di giudizio di opposizione a dichiarazione di fallimento ha ritenuto che, nel caso in cui la dichiarazione di fallimento sia stata chiesta da una societ successivamente cancellata dal registro delle imprese, non occorre procedere all'integrazione del contraddittorio nei confronti della stessa, non avendo il giudizio ad oggetto l'accertamento del diritto di quest'ultima, e non vertendosi dunque in un'ipotesi di litisconsorzio sostanziale, giustificato dalla qualit di parte del rapporto sostanziale controverso, ma in un'ipotesi di litisconsorzio processuale, in relazione alla quale la cancellazione della societ istante esclude la possibilit di una integrazione del contraddittorio nei confronti della stessa, in quanto estinta, ben potendo il giudizio proseguire tra le altre parti. Cass. 29242/08 ha ritenuto inammissibile la proposizione del ricorso per cassazione per inesistenza del soggetto proponente e conseguente difetto di rappresentanza processuale, trattandosi di societ in nome collettivo cancellata dal registro delle imprese dopo la notifica dell'atto di appello, senza che l'evento fosse stato dichiarato in quel giudizio. Cass. 19347/07 ha, analogamente, dichiarato inammissibile il ricorso proposto nei confronti di un consorzio cancellato dal registro delle imprese, in quanto soggetto inesistente e Cass. 25192/08 ha pronunciato negli stessi termini con riferimento a societ in nome collettivo cancellata dal registro sin dall'8.1.2003. In senso contrario con numerose pronunce, anche recenti, la Corte, facendo seguito ad un orientamento giurisprudenziale consolidatosi nel tempo tanto da essere considerato dalla Corte costituzionale come "diritto vivente" (Corte Cost. 319/2000), e facendo riferimento alla disciplina vigente anteriormente alla riforma societaria, ha ritenuto con riguardo sia alle societ di persone che alle societ di capitali che l'atto formale di cancellazione di una societ dal registro delle imprese, cos come il suo scioglimento, con instaurazione della fase di liquidazione, non determina l'estinzione della societ ove non siano esauriti tutti i rapporti giuridici ad essa facenti capo a seguito della procedura di liquidazione, ovvero non siano definite tutte le controversie giudiziarie in corso con i terzi, e non causa, conseguentemente, in relazione a detti rapporti rimasti in sospeso e non definiti, la perdita della legittimazione processuale della societ e un mutamento nella rappresentanza sostanziale e processuale della stessa, che permane in capo ai medesimi organi che la rappresentavano prima della cancellazione (ex multis Cass. 15.1.2007, n. 646; in Cass. 23.5.2006, n. 12114; Cass. 2.3.2006, n. 4652; Cass. 28.5.2004, n. 10314; Cass. 12.6.2000, n. 7972; Cass. 17.3.1998, n. 2869; Cass. 2.4.1999, n. 3221; Cass. 11.6.1968, n. 1849). Il primo orientamento si fonda sul rilievo, compiutamente sviluppato da Cass. 18618/06 cui hanno aderito senza ulteriori argomenti le successive pronunce, che il nuovo testo dell'art. 2495 c.c., comma 2, antepone al vecchio testo, che prevede le azioni dei creditori insoddisfatti nei confronti di soci e liquidatori, la proposizione "ferma restando l'estinzione della societ". IL CONTENZIOSO NAZIONALE 265 In tal modo, si afferma, il legislatore della riforma avrebbe chiaramente manifestato la volont di stabilire che la cancellazione produce l'effetto costitutivo dell'estinzione irreversibile della societ anche in presenza di crediti insoddisfatti e di rapporti di altro tipo non definiti. Tale volont sarebbe implicitamente confermata dalla previsione che i creditori insoddisfatti possono, entro un anno dalla cancellazione, notificare presso l'ultima sede della societ la domanda proposta nel confronti di soci e liquidatori; si tratterebbe di una agevolazione che riproduce esattamente quella prevista dall'art. 303 c.p.c., comma 2, per la notifica della riassunzione agli eredi della parte defunta. La disposizione in questione, entrata in vigore il 1 gennaio 2004, troverebbe applicazione anche alle cancellazioni gi iscritte nel registro delle imprese. Essa, infatti, disciplinerebbe diversamente, rispetto al diritto vivente nella sino ad oggi incontroversa interpretazione giurisprudenziale (la dottrina prevalente gi riteneva, invece, che la cancellazione determinasse l'irreversibile estinzione della societ), non la cancellazione (ma i suoi effetti, id est la situazione giuridica della societ cancellata. Si osserva in proposito che il principio della irretroattivit della legge comporta che la legge nuova non possa essere applicata, oltre che ai rapporti giuridici esauriti prima della sua entrata in vigore, a quelli sorti anteriormente ed ancora in vita, se in tal modo si disconoscano gli effetti gi verificatisi del fatto passato o si venga a togliere efficacia, in tutto o in parte, alle conseguenze attuali e future dello stesso. Lo stesso principio comporta, invece, che la legge nuova possa essere applicata ai fatti, agli status e alle situazioni esistenti o sopravvenute alla data della sua entrata in vigore, ancorch conseguenti ad un fatto passato, quando essi, ai fini della disciplina disposta dalla nuova legge, debbano essere presi in considerazione in se stessi, prescindendosi totalmente dal collegamento con il fatto che li ha generati, in modo che resti escluso che, attraverso tale applicazione, sia modificata la disciplina giuridica del fatto generatore. In questa prospettiva l'art. 2495 c.c. nuovo testo non avrebbe disciplinato le condizioni per la cancellazione della societ, che presuppone sempre la liquidazione e l'approvazione del relativo bilancio finale, ma i soli effetti della cancellazione. La nuova disciplina, pertanto, troverebbe applicazione "retroattivamente con l'attribuzione ex nunc di effetti nuovi a fatti pregressi". Va sottolineato che non incide sull'esegesi della norma dettata dall'art. 2495 c.c. nuovo testo la sentenza n. 319 del 21 luglio 2000 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimit della L. Fall., art. 10, nella parte in cui prevedeva, secondo le conclusioni dell'orientamento giurisprudenziale all'epoca consolidato, "che il termine di un anno dalla cessazione dell'impresa, entro il quale pu intervenire la dichiarazione di fallimento, decorra, per l'impresa collettiva, dalla liquidazione effettiva dei rapporti facenti capo alla societ, invece che dalla cancellazione della societ stessa dal registro delle imprese". L'individuazione per l'imprenditore collettivo di un dies a quo formale, perch legato alla cancellazione, e non sostanziale, quale quello fondato sulla cessazione della attivit d'impresa, legata, infatti, nella pronuncia del giudice delle leggi( all'esigenza di una disciplina se non uniforme, quantomeno coordinata con quella stabilita per la dichiarazione di fallimento dell'imprenditore individuale cessato, ove sia intervenuta la cancellazione dal registro delle imprese, rispettosa del principio di ragionevolezza in forza del quale l'imprenditore collettivo non pu essere esposto sine die alla dichiarazione di fallimento e cio fino all'estinzione di tutti i rapporti giuridici facenti capo alla societ cancellata. Tale interpretazione non contrasta, ma anzi presuppone, l'orientamento giurisprudenziale disatteso da Cass. 18618/06 e dalle altre pronunce che a quest'ultima si sono conformate. Va poi aggiunto che l'interpretazione proposta dell'art. 2495 c.c. trova soltanto un modesto supporto nella lettera della legge ( stato infatti sostenuto che l'inciso "Ferma restando l'estin- 266 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 zione della societ", con cui si apre l'art. 2495 c.c., comma 2, sarebbe indizio della natura d'interpretazione autentica della norma) e nessuno nella legge delega, che dava mandato al legislatore delegato di disciplinare "gli effetti della cancellazione della societ dal registro delle imprese" (L. 3 ottobre 2001, n. 366, art. 8, comma 1, lett. a), e che il legislatore della riforma societaria, modificando le disposizioni di attuazione del codice civile (cfr. in particolare gli artt. 223 bis e ss. disp. att. c.c.), intervenuto in numerosi casi, ma non in quello in esame, a regolare il passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina. N il nuovo orientamento fa propria l'interpretazione del vecchio art. 2456 c.c. sostenuta dalla dottrina, in contrasto con l'orientamento giurisprudenziale all'epoca consolidato, n sostiene che la nuova norma detti una disposizione d'interpretazione autentica della vecchia disciplina, come pur stato sostenuto, ma afferma, come s' detto, che la nuova disposizione contenuta nell'art. 2495 c.c. si applica anche alle cancellazioni poste in essere anteriormente all'entrata in vigore della nuova normativa. Cass. 18618/06 e le altre pronunce ad essa conformi si sono inoltre occupate di questioni di carattere processuale (necessit d'integrazione del contraddittorio o di prosecuzione del giudizio nei confronti della societ estinta), mentre nel caso di specie questione dell'effetto interruttivo della prescrizione connesso alla notificazione effettuata nei confronti della societ cancellata, interruzione che secondo la sentenza impugnata gioverebbe al creditore anche nei confronti del socio condebitore solidale nei limiti della quota di liquidazione percepita. Tuttavia, ove si aderisca all'orientamento inaugurato da Cass. 18618/06, e si ritenga che l'effetto estintivo della societ si determini con efficacia ex tunc sin dal momento della cancellazione, quale effetto sopravvenuto in ragione della nuova disposizione di legge, non sarebbe possibile considerare il rapporto esaurito, sussistendo controversia pendente tra le parti, n si potrebbe arbitrariamente far decorrere l'effetto estintivo da una data diversa da quella della cancellazione della societ dal registro delle imprese (rectius, all'epoca dal registro presso la cancelleria commerciale), ancorch assai risalente nel tempo. Atteso il contrasto tra i due orientamenti, gi denunciato dalla 3^ Sezione civile di questa Corte con l'ordinanza 9 aprile 2009, n. 8665, con rilievi in parte differenti da quelli qui svolti, e la complessit delle questioni di cui le pronunce che hanno dato vita al nuovo orientamento non si sono potute occupare, appare opportuno che la questione sia rimessa alle Sezioni Unite di questa Corte. P.Q.M. la Corte rimette la causa al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite. Cos deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 8 luglio 2009. Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2009 IL CONTENZIOSO NAZIONALE 267 Il ripristino degli esami di riparazione Incertezze giurisprudenziali e questioni applicative in merito allordinanza ministeriale n. 92 del 5 novembre 2007 del Ministero dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca (Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione Seconda, sentenza 12 settembre 2008 n. 1891) SOMMARIO: Premessa. 1.- I termini della questione. 2.- La decisione del T.A.R. e la ricostruzione del relativo panorama normativo e giurisprudenziale. 3.- Quale incidenza ha la mancata attivazione o la non ammissione ai corsi di recupero nel giudizio di non ammissione alla classe successiva, ammesso che vi sia un obbligo delle istituzioni scolastiche ad attivare le relative attivit? Premessa I genitori di un alunno, frequentante il terzo anno di un liceo scientifico statale, ricorrevano al TAR Piemonte avverso il provvedimento di non ammissione alla classe successiva assunto allesito dello scrutinio di classe di fine anno. I ricorrenti, nello specifico, denunciavano lillegittimit del giudizio espresso dal Consiglio di classe sotto diversi profili, evidenziando, in particolare, che le cinque insufficienze, causa della bocciatura, sarebbero state determinate dalla mancata ammissione dello studente alla frequenza dei corsi di recupero attivati dallistituto scolastico. Il giudice adto riteneva la doglianza fondata e meritevole di accoglimento, annullando di conseguenza il provvedimento impugnato (1). Sul piano normativo la pronuncia risultava fondata sulla estrema valoriz- (1) Sentenza n. 1776/2008, di cui si trascrive parte della motivazione: in relazione al primo dei motivi in valutazione, va rilevato che nel corso dellanno scolastico 2007 2008 il Consiglio di Classe ha disposto interventi di recupero nei confronti dello studente Andrea Marconi solo in relazione alle insufficienze riscontrate in scienze e disegno, consistiti esclusivamente in attivit di studio individuale. Tuttavia, dalla pagella del primo quadrimestre risulta uninsufficienza anche in lingua e letterature latine, mantenuta anche in sede di scrutinio finale, mentre dai verbali di riunione del Consiglio di Classe del 28.3.2008 e del 30.4.2008 sono emerse insufficienze anche in matematica, fisica ed educazione fisica, inoltre dalla scheda allegata al verbale di scrutinio di giugno 2008 risulta uninsufficienza pure in filosofia. A fronte di ulteriori insufficienze, espressive di un peggioramento progressivo della situazione nel corso dellanno, di cui si d atto nel verbale di scrutinio finale, il Consiglio di classe non ha predisposto interventi di recupero delle ulteriori carenze rilevate, pure attivati verso altri studenti gravati da plurime insufficienze, con conseguente violazione degli artt. 4 e 6 dellordinanza ministeriale n. 92 del 05.11.2007. Ne deriva la fondatezza del motivo in esame, in quanto lamministrazione non ha predisposto interventi di recupero in relazione ad alcune delle insufficienze che pure erano state rilevate nel corso dellanno scolastico a carico dello studente A. M.. 268 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 zazione dellobbligo di attivare gli interventi di recupero che lart. 2 comma IV della Ordinanza Ministeriale n. 92/2007 pone a carico degli istituti scolastici, postulando in sostanza il principio che la stessa insufficienza del profitto, rilevata allesito dello scrutinio, fosse indice e dimostrazione della denunciata insufficienza degli interventi attivati. A fronte di un cos pericoloso precedente, lAmministrazione proponeva appello al Consiglio di Stato, il quale sospendeva in sede cautelare lefficacia della sentenza impugnata (2). Nelle more della decisione listituto scolastico, ottemperando alla decisione assunta dal giudice di prime cure, aveva tuttavia provveduto a rinnovare lo scrutinio annullato dal TAR, riconvocando il consiglio di classe e adottando un nuovo provvedimento di non ammissione diversamente motivato, nuovamente impugnato dagli interessati dinanzi al medesimo TAR. Tale secondo giudizio veniva definito con la sentenza n. 1891/2008, qui pubblicata, con la quale il Tribunale, mutando il proprio precedente orientamento, respingeva il ricorso, in ragione della rilevata inutilit di eventuali corsi di recupero, a cagione della presenza di insufficienze diffuse, tali da non permettere di pronosticare un esito positivo alle attivit di recupero, prognosi suffragata inoltre anche dalla constatazione che detti corsi si sono rivelati improduttivi. 1. I termini della questione La decisione con cui il TAR piemontese si pronunciato sul secondo ricorso proposto dai genitori dello studente non ammesso alla classe successiva si segnala in particolare per lagile e puntuale ricostruzione dei principi normativi in materia di giudizio di valutazione scolastica, in conformit con consolidati indirizzi giurisprudenziali. Per meglio apprezzare il relativo iter logico, opportuno prendere le mosse dalle censure mosse dai ricorrenti, articolate in sei motivi di ricorso. Con il primo motivo di gravame si deduceva sotto diversi profili la violazione del giudicato derivante dalla sentenza emessa dal collegio piemontese sul precedente ricorso, mentre le dedotte illegittimit della valutazione adottata dal consiglio di classe con riferimento allattivit di recupero ed allattribuzione dei voti costituivano oggetto di ulteriori motivi di doglianza. (2) Cons. Stato, ord. n. 5033/2008: Ritenuto che, allo stato, ad una prima e sommaria delibazione, tipica di questa fase, il complessivo andamento dellanno scolastico impedisce di prevedere agevolmente un esito della vertenza favorevole alla parte interessata (tenuto conto delle numerose insufficienze riscontrate in varie materie caratterizzanti o meno lindirizzo distituto), il che impone laccoglimento dellistanza cautelare, con riforma dellimpugnata sentenza breve. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 269 2. La decisione del Tar e la ricostruzione del relativo panorama normativo e giurisprudenziale sotteso La sentenza presenta rilevanti profili di interesse in relazione alla corretta applicazione dellordinanza ministeriale n. 92/2007, oltre che alla rilevanza della discrezionalit tecnica insita nelle valutazioni espresse dal consiglio di classe in sede di scrutinio scolastico, insindacabili dal giudice amministrativo se non per profili di evidente illogicit e contraddittoriet. Traendo spunto dal primo motivo di ricorso (violazione di precedente giudicato), il collegio dipana liter argomentativo lungo il quale articola lintera decisione. Segnatamente il giudice, richiamandosi ad una risalente giurisprudenza, ha ritenuto legittimo loperato dellistituto scolastico, il quale, ottemperando alla sentenza di annullamento, ha provveduto al riesame della posizione dello studente, riconvocando appositamente il consiglio di classe. Una diversa soluzione si sarebbe tradotta in una violazione della disposizione di cui allart. 6, commi 5 e 3 dellO.M. n. 92/2007 (3), in quanto listituto scolastico, in ipotesi di accoglimento della tesi dei ricorrenti, avrebbe dovuto ammettere lo studente ai corsi di recupero estivi, nonostante le cinque insufficienze ostative in tal senso. In parallelo il collegio coglie loccasione per ribadire, in linea con la giurisprudenza maggioritaria (4), che la valutazione adottata dal consiglio di classe in sede di scrutinio finale costituisce espressione di attivit valutativa discrezionale non sindacabile dal giudice amministrativo se non esclusivamente sotto (3) Lart. 6 dellO.M. n. 92/2007 rubricato Scrutinio Finale ai commi 3 e 5 espressamente prevede: Per gli studenti che in sede di scrutinio finale, presentino uno o pi discipline valutazioni insufficienti, il consiglio di classe, sulla base dei criteri predeterminati stabiliti, procede ad una valutazione della possibilit dellalunno di raggiungere gli obbiettivi formativi e di contenuto propri delle discipline interessate entro il termine dellanno scolastico, mediante lo studio personale svolto autonomamente o attraverso la frequenza di appositi interventi di recupero. Si procede invece al giudizio finale nei confronti degli studenti per i quali il consiglio di classe abbia espresso una valutazione positiva, anche a seguito degli interventi di recupero seguiti, nonch nei confronti degli studenti che presentino insufficienze tali da comportare un immediato giudizio di non promozione. (4) Non superfluo richiamare la decisione del Consiglio di Stato del 14/1/2004 n. 68 a tenore della quale la valutazione degli studenti da parte del consiglio di classe costituisce lespressione di un giudizio sulla loro preparazione, frutto di un apprezzamento discrezionale di carattere tecnico didattico non sindacabile se non sotto il profilo della illogicit o contraddittoriet, nonch la giurisprudenza di alcuni tribunali amministrativi concordi nel ritenere che lesito dello scrutinio finale relativo alla promozione di un alunno e la valutazione del grado di insufficienza della preparazione raggiunta nelle materie oggetto del corso, nonch la compatibilit di questa con le possibilit di recupero dellalunno, costituiscono espressione di un giudizio di merito quale esercizio di discrezionalit tecnica che spetta unicamente al consiglio di classe, non censurabile in sede di legittimit innanzi al giudice amministrativo se non in presenza di evidenti illogicit. 270 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 i profili della illogicit manifesta e della palese contraddittoriet (5). Entrando poi, nel vivo della questione, il giudice richiama la normativa vigente per effetto della quale, conformemente a quanto previsto dal citato art. 6 comma 3 dellO.M. del 5/11/2007 n. 92, i Consigli di classe hanno il potere dovere di valutare lavvenuto raggiungimento da parte degli alunni degli obiettivi formativi entro la fine dellanno scolastico, mediante lo studio personale svolto autonomamente o attraverso la frequenza di appositi interventi di recupero, dovendosi in caso contrario rinviare il giudizio finale, a norma del comma successivo; ci che non toglie, peraltro, che, per gli studenti che abbiano riportato insufficienze tali da escludere la possibilit di recupero, ci si traduca, ai sensi del 5 comma, in un immediato giudizio di non promozione. A tal proposito il collegio ha cura di sottolineare che il numero e la tipologia delle insufficienze che determinano la non ammissione alla classe successiva sono definite ed adottate dal collegio docenti allinizio dellanno scolastico. Nel caso di specie listituto scolastico ha stabilito che non sarebbero stati ammessi alla classe successiva gli studenti che avessero riportato quattro insufficienze, ovvero tre insufficienze gravi. Lo studente interessato, oltre ad un pessimo curriculum scolastico connotato da due pregresse bocciature, allesito dellanno scolastico riportava ben sette insufficienze, ridotte poi benevolmente a cinque dal medesimo consiglio di classe, di cui tre conseguite nelle materie di indirizzo. A ci si aggiunga il giudizio negativo espresso dagli insegnanti in sede di scrutinio finale, tradottosi in una previsione sfavorevole in ordine alle concrete possibilit che lalunno potesse colmare le proprie lacune e frequentare utilmente il successivo anno scolastico. In queste condizioni il collegio ha ritenuto loperato del Consiglio di classe corretto non solo in sede di scrutinio finale perch conseguente alla cogente normativa di settore (6), ma anche in sede di riesame, in ottempe- (5) Segnatamente il giudice adito osserva che: la valutazione delle prove desame costituisce attivit che tipica manifestazione di discrezionalit tecnica (T.A.R. Campania-Napoli, sez. VI, 16 aprile 2007, n. 3680) che non sindacabile se non sotto il profilo di macroscopici errori e vizi estrinseci (T.A.R. Molise, 19 luglio2006, n. 610) o in presenza di evidenti illogicit (T.A.R. Lombardia -Milano, sez. VI, 18 gennaio 2006, n. 102) o contraddittoriet (Consiglio di Stato, sez. VI, 14.1.2004, n. 68) e rispetto alla quale, quindi, non essendo consentito al Giudice amministrativo di sostituirsi allorgano amministrativo valutatore, il suindacato giudiziale ammesso solo nei ristretti limiti dellillogicit e della contraddittoriet manifeste in quanto, diversamente opinando, il tribunale indebitamente finirebbe per invadere larea dellinsindacabile merito valutativo riservata al succitato organo tecnico. ( T.A.R. Toscana, sez. I, 16 novembre 2005, n. 6223; in terminis T.A.R. Toscana, sez. I, 24.5.2007, n. 797). (6) Osserva il collegio: Reputato, pertanto, corretto loperato del Consiglio di classe l dove ha formulato il giudizio di non ammissione del giovane Marconi alla classe successiva in applicazione dei criteri di non promozione prestabiliti nella citata riunione del Collegio dei docenti, in forza dei commi 3 e 5 dellart. 6 dellO.M. n. 92/2007 e considerato altres che il provvedimento oltre ad enunciare i giudizi e i voti - con apprezzamento espressivo di discrezionalit tecnica insindacabile se non per i pro- IL CONTENZIOSO NAZIONALE 271 ranza alla precedente pronuncia dello stesso giudice. In merito, infatti, il TAR adito non ha rilevato alcuna violazione del precedente giudicato in contrasto con la decisione assunta dal medesimo qualche settimana prima: nella precedente occasione, infatti, non era dato rinvenire alcun riferimento in merito alle modalit che il Consiglio di classe avrebbe dovuto seguire nel rinnovare lo scrutinio, e ci in quanto come riportato in sentenza ci che rileva, ai fini dellautotutela, promossa in sede cautelare, che il nuovo giudizio si appalesi congruo, motivato e logico e mostri di fondarsi su tutti gli elementi di valutazione previsti (7). Ed ecco farsi strada un nuovo principio giurisprudenziale riassumibile in questi termini: deve ritenersi pienamente legittimo loperato del consiglio di classe che, in ottemperanza ad una pronuncia di annullamento del giudizio di non ammissione di uno studente alla classe successiva, abbia riesaminato il provvedimento assunto attraverso il riesame dei giudizi formulati nelle singole materie, posto che un nuovo scrutinio equivarrebbe ad un rinvio del giudizio non consentito per effetto dellart. 6, commi 3 e 5 dellO.M. n. 92/2007 (8). 3. Quale incidenza ha la mancata attivazione o la non ammissione ai corsi di recupero nel giudizio di non ammissione alla classe successiva, ammesso che vi sia un obbligo delle istituzioni scolastiche ad attivare le relative attivit? Altro aspetto degno di nota e di non secondaria importanza, ad avviso di chi scrive, attiene allincidenza o meno dellattivazione e frequenza dei corsi fili, nella specie insussistenti, dellevidente illogicit e contraddittoriet ha anche illustrato, con un giudizio ugualmente di puro merito del pari insindacabile, che le insufficienze del Marconi sono diffuse e tali da non permettere di pronosticare un esito positivo alle attivit di recupero, convincimento fondato anche sulla considerazione dellimproduttivit in cui esitata lattivit di recupero parzialmente effettuata dal ricorrente: visti gli esiti di quelli svolti in itinere a gennaio. (7) La difesa erariale aveva rilevato che il giudice nel disporre lannullamento del provvedimento impugnato aveva omesso di definire gli obblighi di comportamento a cui lAmministrazione avrebbe dovuto conformarsi nelladozione del nuovo provvedimento. Dallomessa indicazione se pu realmente ritenersi tale la controparte ha tratto spunto per sostenere lillegittimit del nuovo provvedimento assunto dal consiglio di classe perch elusivo del precedente giudicato. Ci che doveroso rammentare in questa sede, passato sotto banco, ma evidenziato dallAvvocatura dello Stato, che lefficacia del precedente giudicato deve limitarsi alla verifica della correttezza formale dello scrutinio, non potendo estendersi alla valutazione di merito riservata, in quanto tale e per pacifica giurisprudenza, al consiglio di classe, il quale, nel rinnovare le operazioni, pienamente libero di confermare il precedente orientamento, ancorch sulla base di valutazioni in parte riformulate, purch debitamente ed adeguatamente motivate. (8) (omissis) ... non potendosi quindi sostenere che lAmministrazione avrebbe dovuto sottoporre a nuovo scrutinio lo studente, in quanto ci sarebbe equivalso ad un rinvio del giudizio non consentito - a causa delle ben cinque insufficienze riportate dallo studente - dal combinato disposto dei commi 3 e 5 dellart. 6 dellO.M. n. 92/2007 in relazione ai criteri preventivamente stabiliti (art. 6, comma 3, O.M. n. 92/2007 cit.) assunti dallIstituto in via generale nella deliberazione del Collegio dei docenti per lA.S. 2007/2008 del 27/11/2007. 272 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 di recupero da parte dello studente sul giudizio finale di non ammissione alla classe successiva. In merito si rendono opportune alcune considerazioni, quanto mai necessarie a fronte dellapparente inconciliabilit fra quanto sostenuto dal TAR Piemonte nella sentenza n. 1766/2008 e quanto successivamente statuito dal medesimo Tribunale nella decisione in commento. Nella prima, infatti, il giudice aveva ritenuto fondato il ricorso dello studente bocciato sulla base della mancata predisposizione degli interventi di recupero in relazione ad alcune materie, nonch in ragione della mancata ammissione del ricorrente alle attivit di recupero attivate nei confronti di altri studenti. In realt, entrambe le sentenze, nonostante la loro inconciliabilit di fondo, costituiscono valida occasione per mettere in luce alcuni aspetti della normativa del settore. Nellottica di assicurare il diritto allo studio, lart. 2, 6 comma, della pi volte citata O.M. n. 92/2007 prevede espressamente a carico delle istituzioni scolastiche lo specifico obbligo di attivare gli interventi di recupero volti a sostenere gli studenti in difficolt onde prevenire leventuale insuccesso scolastico. Tuttavia il diritto allo studio, al pari di altri diritti, condizionato dallattuazione che il legislatore stesso ne d mediante il bilanciamento dellinteresse tutelato con altri interessi parimenti rilevanti, fra i quali si annovera la disponibilit delle risorse organizzative e finanziarie. A conferma di ci, la stessa disposizione ha cura di precisare che alla competenza dei singoli istituti scolastici spetta il compito di provvedere alla determinazione del numero degli interventi e della consistenza oraria da assegnare a ciascuno di essi avendo peraltro cura di commisurare i suddetti interventi in modo coerente rispetto al numero degli studenti ed alla diversa natura dei relativi fabbisogni, nonch allarticolazione dei moduli prescelti ed alla disponibilit delle risorse. Alla luce del suesposto dettato normativo si evince, pertanto, che la scuola, se vincolata alla predisposizione degli interventi di recupero, resta pienamente libera di determinarne contenuti e modalit tali da assicurare allutenza lo svolgimento di un adeguato programma. Ma la citata O.M. non lascia nulla al caso avendo cura di individuare specificamente i fruitori delle suddette attivit di recupero: gli studenti che riportano voti di insufficienza negli scrutini intermedi e coloro per i quali i consigli di classe deliberino di sospendere il giudizio di ammissione alla classe successiva negli scrutini finali (9). La ricorrenza dei presupposti normativamente tipizzati comunque ri- (9) 5 comma dellart. 2 dellO.M. n. 92/2007. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 273 messa allapprezzamento discrezionale del consiglio di classe che, in considerazione dei giudizi insufficienti riportati nelle singole materie unitamente ad un giudizio prognostico di esito positivo sulle capacit di recupero, riterr opportuno inserire i singoli studenti fra i destinatari dei corsi, proprio in ragione delle loro concrete possibilit di colmare le carenze accumulate, posto che il diritto allo studio tutelato dallordinamento come possibilit concreta per i discenti di acquisire cognizioni ed abilit, e non gi come un mero passaggio da una classe scolastica a quella successiva a prescindere dalleffettivo incremento della preparazione, e ci nellinteresse sia del discente stesso, sia nellevidente interesse pubblico alla formazione culturale e professionale dei cittadini (10). Coerentemente altro Tribunale amministrativo (11) osserva che sul giudizio finale di non ammissione dello studente alla classe superiore non possono in alcun modo incidere lincompleta, carente o addirittura omessa attivazione dei corsi di recupero da parte della scuola, tenuto conto che il giudizio di non ammissione si fonda sullinsufficiente rendimento scolastico e quindi sullinsufficiente preparazione e maturazione per accedere alla successiva e pi impegnativa fase degli studi. Dott.ssa Emanuela Pazzano* Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione Seconda, sentenza 12 settembre 2008 n. 1891 - Pres. Bianchi - Est. Graziano - Ministero dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca (Avv. dello Stato M. Prinzivalli - AL 4742/08) c/ R.M. e C.S. n.q. di legali rappresentanti esercenti la patria potest del minore A.M. (Avv. S. Guerrizio). (...Omissis) Ravvisato il carattere manifesto di uno dei requisiti e presupposti che a norma dellart. 26, comma 4 della legge n. 1034/71, introdotto dalla legge n. 205/2000, consentono dufficio al Collegio, in sede di decisione dellincidente cautelare, di definire il giudizio nel merito, con sentenza succintamente motivata, sulla sola base dellaccertata completezza e integrit del contraddittorio, anche senza che sia dato avviso alle parti di siffatta possibilit, come invece necessario per la definizione in via immediata del giudizio a norma dellart. 21, comma 9 della citata legge T.A.R. (T.A.R. Piemonte, Sez. I, 5.7.2008, n. 1487; Sez. I, 9.9.2008, n. 1888); Constatato che a seguito della Sentenza della Sezione n. 1766 del 26.7.2008 lIstituto scolastico intimato ha proceduto al riesame in via di autotutela del provvedimento di non ammissione dello studente alla classe successiva, in linea con quanto il Consiglio di Stato ha gi ritenuto legittimo, addirittura in una fattispecie di riconvocazione della commissione degli (10) T.A.R. Sicilia - Catania ordinanza n. 1871/2001. (11) T.A.R. Puglia - Bari decisione n. 6504/2004. (*) Dottore in giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. 274 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 esami di maturit a seguito di un giudicato cautelare, statuendo che ci che rileva, ai fini dellautotutela, promossa in sede cautelare, che il nuovo giudizio si appalesi congruo, motivato e logico e mostri di fondarsi su tutti gli elementi di valutazione previsti (Consiglio Stato, Sez. VI, 23 febbraio 1999, n. 195) non potendosi quindi sostenere che lAmministrazione avrebbe dovuto sottoporre a nuovo scrutinio lo studente, in quanto ci sarebbe equivalso ad un rinvio del giudizio non consentito a causa delle ben cinque insufficienze riportate dallo studente - dal combinato disposto dei commi 5 e 3 dellart. 6 dellO.M. 5.11.2007, n. 92 in relazione ai criteri preventivamente stabiliti (art. 6, comma 3, O.M. 5.11.2007 cit.) assunti dallIstituto in via generale nella deliberazione del Collegio dei docenti per lA.S. 2007/2008 del 27.11.2007 (doc. 9 produz. Avv. Stato); rammentato, in punto di diritto, che la valutazione delle prove d'esame costituisce attivit che tipi-ca manifestazione di discrezionalit tecnica (T.A.R. Campania - Napoli, sez. VI, 16 aprile 2007, n. 3680) che non sindacabile se non sotto il profilo di macroscopici errori e vizi estrinseci (T.A.R. Molise, 19 luglio 2006, n. 610) o in presenza di evidenti illogicit (T.A.R. Lombardia - Milano, Sez. III, 18 gennaio 2006, n. 102) o contraddittoriet (Consiglio di Stato, Sez. VI, 14.1.2004, n. 68) e rispetto alla quale quindi, non essendo consentito al Giudice amministrativo di sostituirsi allorgano amministrativo valutatore, il sindacato giudiziale ammesso solo nei ristretti limiti dellillogicit e della contraddittoriet manifeste in quanto, diversamente opinando, il tribunale indebitamente finirebbe per invadere larea dellinsindacabile merito valutativo riservata al succitato organo tecnico. (T.A.R. Toscana, Sez. I, 16 novembre 2005, n. 6223; in terminis, T.A.R. Toscana, I, 24.5.2007, n. 797); considerato, conseguentemente, che il riesame del provvedimento compiuto dal Consiglio di Classe del Liceo Scientifico Statale intimato nella riunione del 12.8.2008, riesame che - ripetesi - lunico obbligo che poteva predicarsi gravare sullIstituto in adempimento della Sentenza n. 1766/2008 della Sezione, appare immune dai profili di evidente illogicit o contraddittoriet nei cui ristretti limiti, come sopra ricordato, la giurisprudenza unanime, condivisa dalla Sezione, consente il sindacato del Giudice amministrativo, essendo, al contrario, il provvedimento impugnato, congruamente motivato atteso che dato ricostruire con precisione liter logico seguito, in quanto dal verbale censurato emerge che: 1) i singoli docenti relazionano sui risultati conseguiti dallalunno e formulano la proposta di voto secondo i criteri di valutazione deliberati dal Collegio dei Docenti del 25.10.2005, proposta di voto che, tra laltro, viene debitamente motivata con apposita schedacostituente parte integrante del presente verbale (verbale del 12.8.2008, pag. 1 doc. 1 Avvocatura di Stato) dovendosi pertanto escludere in modo assoluto profili di carenza di motivazione nei giudizi e nello stesso voto alfanumerico,dal momento che la predetta scheda riporta giudizi analitici, per ciascuna materia, riferiti ai parametri dellimpegno, dell attenzione e partecipazione, del progresso nel corso dellanno e del profitto, espressi in termini di adeguato/inadeguato (impegno), situazione peggiorata, situazione invariata, situazione migliorata (progresso nel corso dellanno), scarsa/discontinua/costante(attenzione e partecipazione),insufficiente/ insufficiente/sufficiente/discreto/buono/ottimo (profitto). Traspare, dunque, dal giudizio per ciascuna materia espresso in riferimento ai singoli predetti parametri, un quadro motivatorio completo ed adeguato, dal quale poi scaturisce, sempre per ciascuna materia, lespressione alfanumerica di un voto, che a parere del Collegio si profila coerente con il relativo giudizio (ad es., relativamente alla materia filosofia, il voto di cinque la risultante dei giudizi di inadeguato impegno, scarsa attenzione e partecipazione, situazione peggiorata quanto al parametro del progresso nel corso dellanno, insufficiente quanto al parametro del IL CONTENZIOSO NAZIONALE 275 profitto; relativamente alla materia fisica assolutamente caratterizzante un Liceo Scientifico, il voto di cinque la risultante di insufficiente impegno, discontinua partecipazione e attenzione, situazione peggiorata quanto al parametro del progresso nel corso dellanno, insufficiente profitto); 2) in base ai criteri di promozione prestabiliti in via generale e astratta, in ossequio allart. 6, comma 3 dellO.M. n. 92/2007, il Collegio dei docenti, in persona del Presidente, ha ricordato che sarebbero stati dichiarati non promossi gli alunni che avessero riportato quattro insufficienze o tre di cui due gravi e che solo in casi eccezionali e motivati gli studenti in questione potranno essere ammessi se avranno evidenziato sforzi per colmare le lacune della preparazione e se, malgrado la mediocrit del profitto posseggano sufficienti capacit critiche ed espressive; indicazioni che appaiono al Collegio assolvere gli obblighi di motivazione, di trasparenza e di buon andamento dellazione amministrativa; 3) a pag. 2 del verbale in analisi vengono poi riportati i voti alfanumerici risultanti dalla tabella prima analizzata, dalla quale risultano cinque insufficienze, ancorch lievi, tra lalto in materie importanti (latino, fisica, filosofia, scienze e disegno) delle quali una addirittura caratterizzante il percorso di studi scientifici (fisica). Non solo, ma in matematica e storia il Consiglio di classe ha elevato il relativo voto, portandolo da un voto medio di 5,5 e 5,8 alla sufficienza piena; 4) indi nel verbale gravato vengono anche riportati i giudizi sinotticamente enunciati nella tabella allegata e prima scandagliata, i quali condensano la motivazione di non ammissione (Impegno inadeguato in quasi tutte le discipline; attenzione e partecipazione scarse e discontinue in quasi tutte le discipline; insufficienze di disegno e scienze relative al I quadrimestre, non recuperate; peggioramento significativo nellultimo periodo dellanno; carenza di risultati positivi in una situazione di ripetenza; assenza di risultati positivi anche in occasione della frequenza di corsi di recupero in latino: risulta, cio, che lalunno stato ammesso ad attivit i recupero in latino, svolte mediante corsi attivati il 10,15,16 3 e 17 gennaio 2008 e riuscite improduttive), il tutto evidenziando, a parere della Sezione, un quadro motivazionale assolutamente adeguato, congruo e dettagliato; ricordato che la determinazione di non ammissione di cui al censurato verbale del Consiglio di classe consegue necessariamente alla cogenza della normativa di settore, ove si consideri che lO.M. 5.11.2007 n. 92, la quale, al pari di tutte le ordinanze ministeriali in materia scolastica ha, per giurisprudenza pacifica, natura regolamentare, cio fonte di diritto, allart. 6, comma 3 attribuisce al Consiglio di classe il potere dovere di prestabilire in via generale ed astratta, dei criteri in base ai quali, per gli studenti riportanti in sede di scrutinio finale valutazioni insufficienti in una o pi discipline, valutare la possibilit dellalunno di raggiungere gli obiettivi formativi () entro il termine dellanno scolastico, mediante lo studio personale svolto autonomamente o attraverso la frequenza di appositi interventi di recupero, alluopo rinviandosi, in siffatte, ipotesi, il giudizio finale (art. 6, comma 4, O.M. cit.), statuendo, peraltro, il comma 5 dellart. 6 in analisi, che si procede, invece, al giudizio finale () nei confronti degli studenti che presentino insufficienze tali da comportare un immediato giudizio di non promozione. Orbene, in forza della delineata potest di autoregolamentazione che muove nel segno dellautonomia didattica che il nuovo quadro ordinamentale ha vieppi riconosciuto alle Istituzioni scolastiche - attribuita alle scuole dal combinato disposto dei commi 3 e 5 dellart. 6 dellO.M. n. 92/57 il Liceo Scientifico Cavalieri, nella riunione del Collegio dei Docenti del 27.11.2007 ha stabilito che lalunno che avesse riportato quattro insufficienze, o tre di cui due gravi anche in assenza di debiti non colmati, non potesse essere promosso (v. Criteri di non promozione, pagg. 3-4 verbale Collegio Docenti del 27.11.2007 di cui a Doc. 276 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 9, produz. Avvocatura Stato); reputato, pertanto, corretto loperato del Consiglio di Classe l dove ha formulato il giudizio di non ammissione del giovane M. alla classe successiva in applicazione dei Criteri di non promozione prestabiliti nella citata riunione del Collegio dei docenti, in forza dei commi 3 e 5 dellart. 6 dellO.M. n. 92/2007, e considerato altres che il provvedimento (punto 7), oltre ad enunciare i giudizi e i voti - con un apprezzamento espressivo di discrezionalit tecnica insindacabile se non per i profili, nella specie insussistenti, dellevidente illogicit e contraddittoriet ha anche illustrato, con un giudizio ugualmente di puro merito del pari insindacabile, che le insufficienze del M. sono diffuse e tali da non permettere di pronosticare un esito positivo alle attivit di recupero, convincimento fondato anche sulla considerazione dellimproduttivit in cui esitata lattivit di recupero parzialmente effettuata per il ricorrente: visti gli esiti di quelli svolti in itinere a gennaio (va sottolineato che dal rapporto del Dirigente scolastico del 29.8.2008, versato in atti, emerge che i corsi di scienze e disegno non sono stati attivati per la Classe 3A per nessuno degli allievi a causa di problemi di ordine finanziario); ribadito che lIstituto non aveva lobbligo di rinviare il giudizio sul ricorrente ai sensi del comma 4 dellart. 6 ,O.M. n. 92/2007, atteso che lo studente aveva riportato ben cinque insufficienze e che in applicazione dei ricordati Criteri di non promozione di cui alla deliberazione del Collegio Docenti del 27.11.2007 assunta in forza della potest sopra delineata riconosciuta dallart. 6, comma 3 dellO.M. n. 92/2007, il conseguimento di sole 4 insufficienze o tre di cui due gravi comporta la non ammissione dello studente alla classe successiva; evidenziato ancora che alla riedizione, rectius, rinvio dello scrutinio del Marconi ai sensi dellart. 6, comma 4 O.M. cit. richiesto dalla difesa nellatto introduttivo, oltre che nella diffida allIstituto, o-stava il disposto di cui al successivo comma 5 del medesimo art. 6 pi volte citato, l dove dispone che si procede INVECE (cio, invece che al rinvio del giudizio, n.d.s.) al GIUDIZIO FINALE () nei confronti degli studenti che presentino insufficienze tali da comportare un immediato giudizio di non promozione, conseguendone che avendo il Marconi riportato ben 5 insufficienze, anche in esi-to al riesame approfondito del giudizio effettuato dal Consiglio di classe col provvedimento gravato in ottemperanza alla sentenza precedente della Sezione, lalunno de quo andava sottoposto al giudizio finale in forza del riportato comma 5, poich in applicazione dei pi volte ricordati Criteri di non promozione, rivenienti fonte e legittimazione della potest commessa ai Consigli di classe dallart. 6, comma 3 O.M. cit., non poteva essere promosso alla successiva classe; reputato pertanto insussistenze e non predicabile il lamentato vizio di violazione del giudicato di cui alla precedente sentenza della Sezione, alla quale lIstituto ha a parere del Collegio correttamente prestato esecuzione riesaminando approfonditamente e compiutamente il suo precedente giudizio; rammentato che questo Tribunale, tra laltro, ha gi giudicato legittimo il giudizio di non promozione - basato su di un apprezzamento discrezionale di carattere tecnico-didattico, sindacabile solo per illogicit o contraddittoriet - di un allievo di liceo scientifico che abbia riportato insufficienze in numerose materie (T.A.R. Piemonte, Sez. I, 1 settembre 2006, n. 3185) e segnalato che anche altra giurisprudenza, nellesprimere il medesimo avviso ha sancito, con riguardo a caso similare a quello allesame, la legittimit del giudizio di non promozione di uno studente in presenza di cinque insufficienze, affermando che la mancata ammissione di uno studente alla classe superiore trova ragionevole ed esaustiva giustificazione nelle cinque insufficienze da lui riportate () e nella obiettiva impossibilit di un recupero IL CONTENZIOSO NAZIONALE 277 nellanno successivo a quello di scrutinio, in ragione delle carenze nella preparazione complessiva riscontrate dal Consiglio di classe. (T.A.R. Puglia - Bari, Sez. I, 16.9.2004, n. 3998); ritenuto che si appalesa infondato anche il III, esteso motivo di ricorso, con il quale parte ricorrente ripropone in questo giudizio le censure gi svolte in occasione del ricorso n. 973/2008, di violazione di vari articoli dellO.M. n. 92/2007 e dellO.M. n. 90/2001, nonch di norme di legge, in relazione alla mancata effettuazione nei confronti dellalunno M., di iniziative e corsi di recupero scolastico, carenza che gli avrebbe impedito di porre rimedio alla sua lacunosa formazione. La cennata ritenuta infondatezza origina in primis dallosservazione, pi sopra riportata, contenuta al punto 7 del verbale del 12.8.2008, l dove il Consiglio di classe d conto, secondo un apprezzamento prettamente discrezionale scevro di illogicit e contraddittoriet e come tale sottratto al sindacato di questo Giudice, dellinutilit di eventuali ulteriori corsi di recupero, a cagione della presenza di insufficienze diffuse, tali da non permettere di pronosticare un esito positivo alle attivit di recupero, prognosi suffragata inoltre anche dalla constatazione che detti corsi (cui in parte il M. stato ammesso) si sono rivelati improduttivi: visti gli esiti di quelli svolti in itinere a gennaio(relativamente al latino, nei giorni 10,15,16,17 gennaio). Infondatezza poi dichiarabile, in punto di diritto, sulle orme di pacifica giurisprudenza, che, vigente gi lO.M. 21.5.2001, n. 90 che allart. 13 contemplava gi ladozione di iniziative di recupero, ha autorevolmente statuito anche di recente che sulla legittimit del giudizio finale espresso in sede di valutazione per lammissione alla classe successiva non possono in alcun modo incidere - per giurisprudenza consolidata - la mancata attivazione nel corso dellanno scolastico delle iniziative di sostegno concretantesi in appositi corsi di recupero () che non sono di per s sufficienti a giustificare o a modificare lesito negativo delle prove di esame ed atteso che il giudizio di non ammissione di un alunno alla classe superiore si basa esclusivamente sulla constatazione sia dellinsufficiente preparazione dello studente, sia dellincompleta maturazione professionale, ritenute necessarie per accedere alla successiva fase di studi. (Consiglio di Stato, Sez. VI, 20.10.2005, n. 5914; in termini, T.A.R. Lombardia - Milano, Sez. III, 18.1.2006, n. 102; T.A.R. Toscana, Sez. I, 15.10.2001, n. 1479); ritenuta del pari destituita di fondamento la censura di eccesso di potere per disparit di trattamento dedotta con il VI motivo di ricorso, posto che tale doglianza non pu trovare ingresso in materia di non ammissione di alunni alla classe successiva, secondo pacifica giurisprudenza condivisa dal Collegio: in quanto si verte in materia di valutazione della complessiva personalit del soggetto e, quindi, qualunque raffronto - avvenendo fra situazioni non omogenee, anche se i voti fossero uguali - non pu assumere alcun valore dimostrativo della eventuale disparit, potendo essere diversa la risposta di due soggetti allimpegno scolastico (T.A.R. Sardegna, 15 luglio 2002, n. 882), affermandosi anche che al giudice amministrativo non consentito, se non in caso di manifesta e palese illogicit, valutare la disparit di trattamento nel giudizio attribuito ad uno studente rispetto ad altri compagni di classe, poich ci implicherebbe la sostituzione del giudice all'amministrazione scolastica nella valutazione del rendimento e del profitto degli alunni (T.A.R. Lombardia - Milano, Sez. IV, 3 febbraio 2006, n. 178); reputati pertanto insussistenti i vizi di violazione di legge, elusione del giudicato, violazione degli art. 2 e 5 della O.M. n. 92/2007, eccesso di potere per ingiustizia manifesta, irragionevolezza, contraddittoriet, assoluta carenza di motivazione, erroneit istruttoria e difetto dei presupposti e gli altri di cui a tutti i motivi di ricorso da intendersi, come sopra avvertito, richiamati in toto in questa sede; opinato, pertanto, che i provvedimenti in questa sede impugnati si appalesano legittimi poich 278 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 immuni dai lamentati vizi di violazione di legge - in riferimento alle varie norme invocate nei diversi motivi di gravame - eccesso di potere nelle figure sintomatiche tutte sviluppate nellatto introduttivo e, in specie, relativamente alla lamentata insufficienza e assoluta carenza di motivazione, contraddittoriet, disparit di trattamento, difetto di istruttoria, sviamento, illogicit; ritenuto, per tutte le ragioni sinora illustrate, che il ricorso si profila manifestamente infondato e che va pertanto respinto, ravvisando, peraltro, il Collegio eque ragioni per disporre la compensazione delle spese di lite tra le costituite parti; P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte, Seconda Sezione, definitivamente pronunciandosi sul ricorso in epigrafe, lo Respinge. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 279 La revoca delle misure di prevenzione di natura patrimoniale Questioni insolute e nuove problematiche (Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, sentenza 28 gennaio 2009 n. 81) Il procedimento inerente la revoca delle misure di prevenzione di natura patrimoniale continua a prestarsi per lapprofondimento di taluni aspetti di ordine processuale e di diritto sostanziale. Ed infatti, un nodo non ancora sciolto attiene alla esatta individuazione dellAmministrazione tenuta a partecipare al relativo giudizio; mentre nuove problematiche si affacciano dalla riconosciuta possibilit di revoca della confisca definitiva, giusto sentenza della S.C. n. 57/2007. Si spiega, pertanto, come le due diverse controversie giudiziali intentate, di recente, rispettivamente, dinanzi al Tribunale civile ed al Tar di Reggio Calabria, con rituale notifica presso gli Uffici dellAvvocatura Distrettuale dello Stato di Reggio Calabria, siano motivo per soffermarsi ulteriormente. ** *** ** Il giudizio pendente dinanzi al Tribunale Ordinario di Reggio Calabria. La legittimazione passiva dello Stato nei giudizi di approvazione del conto di gestione a seguito della revoca delle misure di prevenzione di natura patrimoniale. Con atto di citazione notificato in data 10.06.2008 il Ministero dellEconomia e delle Finanze stato convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Reggio Calabria perch fosse pronunciata nei cuoi confronti la condanna al pagamento degli interessi legali che sarebbero maturati sulla complessiva somma di euro 555.746,20, anticipata per il pagamento delle spettanze dei custodi-amministratori e dei loro coadiutori e poi restituita in virt della sentenza del 02.05.2003, interessi che vanno calcolati dalla data del distacco delle singole somme (componenti la maggior somma pari ad euro 555.746,20) dalla disponibilit di essi attori, avvenuto a partire dal 3 marzo 1997, fino alla emissione della sentenza del 02.05.2003, con a quale ne fu disposta la restituzione e fino allintegrale e concreto pagamento; per leffetto condannarla, a favore dei signori M. e B. al pagamento di euro 59.968,70 quali interessi che vanno calcolati dalla data del distacco delle singole somme (componenti la somma pari euro 555.746,20) rispettivamente separate per la gestione del patrimonio sottoposto a vincolo ablativo, a partire dal 3 marzo 280 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 1997, sino alla sentenza del 02.05.2003, per come si evince dal prospetto analitico allegato (doc. 10) e sino allintegrale pagamento. Al riguardo, chiariscono gli attori che Con sentenza del 02.05.2003, depositata il 09.10.2003, divenuta definitiva in data 25.2.2004 8, il Tribunale di Reggio Calabria, sezione Misure di Prevenzione, dispose la restituzione delle somme anticipate dal signor M. R. che vennero, pertanto, poste a carico dello Stato Tuttavia, nel procedimento di prevenzione a carico degli odierni attori non fu mai sancito alcunch in senso alla corresponsione degli interessi legali maturati dalle suddette somme dalla data del rispettivo loro distacco dalla disponibilit dei coniugi, fino alla emissione della sentenza del 2.9.2003, con la quale ne fu disposta la restituzione. A corredo della esposizione dei fatti del giudizio gli attori spiegano che, prima di intraprendere il giudizio in oggetto, il Tribunale di Reggio Calabria, Sezione Misure di Prevenzione, adito dagli istanti, con decreto n.02/05 del 25.03.2005, ha dichiarato inammissibile listanza tesa a conseguire il pagamento degli interessi legali in oggetto, giacch detta richiesta si sarebbe dovuto formulare in concomitanza alla richiesta di rendimento del conto. Provvedimento questultimo confermato dalla Corte dappello, giusto decreto n. 07/07 del 17.01.2007, e dalla Suprema Corte che, con sentenza n. 2558/07 del 21.06.2007, nel rigettare il ricorso in cassazione, ha affermato che rilevato che il procedimento relativo al giudizio di rendiconto disciplinato dal regolamento adottato con decreto interministeriale 1.2.1991, n. 293, in attuazione dellart. 7 d.l. n. 230/1989, convertito in l. n. 282/1989, e devoluto alla cognizione del collegio del giudice delegato alla procedura ed, in caso di contestazioni, del collegio competente per le misure di prevenzione, si esaurisce con lapprovazione del conto o con la pronuncia della sentenza conseguente alla istruzione della causa di cui al comma 6 del citato art. 5 e delleventuale fase dellimpugnazione, per cui, una volta come nella specie definito tale procedimento, viene a cessare la competenza del giudice della prevenzione ed ogni pretesa ulteriore creditoria non pu che essere azionata secondo le ordinarie procedure del giudizio civile. La controversia in oggetto che, evidentemente, si rivela interessante anche per quanto attiene la possibilit che si possano esperire ulteriori azioni successivamente al procedimento di approvazione del rendiconto, consente di porre in discussione la consueta prassi giudiziaria per la quale il Ministero dellEconomia e delle Finanze considerato contraddittore naturale in ordine ai procedimenti di revoca delle misure di prevenzione di natura patrimoniale, ovvero in ordine ai procedimenti di revoca del sequestro patrimoniale, di revoca della confisca non definiva e di revoca della confisca definitiva. Si ritiene cio che il soggetto legittimato a partecipare allapprovazione del conto della gestione ed alla conseguente definitiva imputazione delle spese al patrimonio del proposto o allerario, sia il predetto Ministero finan- IL CONTENZIOSO NAZIONALE 281 ziario, il quale in tal modo garantirebbe con il suo intervento lintegrit del contraddittorio necessaria affinch si possa procedere ai siffatti incombenti. Del resto, in tal senso, si registrata una presa di posizione dellAvvocatura dello Stato che ha avuto modo di sostenere che lAmministrazione a cui imputare le spese della procedura di prevenzione fosse quella finanziaria. Si fa riferimento ad un precedente del Tribunale di Reggio Calabria del 2002, nel quale procedimento la locale Avvocatura Distrettuale dello Stato si costituita in giudizio spiegando le opportune difese per il Ministero dellEconomia e delle Finanze e sollevando, nel contempo, il difetto di legittimazione passiva dellAgenzia del Demanio e dellAgenzia delle Entrate. E anche vero, tuttavia, che si conta un altro precedente con riferimento al quale lAvvocatura erariale ha formulato ricorso per cassazione incidentale e condizionato, avverso una decisione del Tribunale di Milano, riproponendo, dinanzi ai giudici di legittimit, il difetto di legittimazione passiva, gi eccepito nella precedente fase di merito, sul rilievo che il Ministero della Giustizia non risponderebbe degli atti del Tribunale imputabili allo Stato persona e che il Ministero delle Finanze non avrebbe titolo ad essere evocato in giudizio in relazione a beni non acquisiti allo Stato per effetto della confisca. In mancanza della indicazione dellAmministrazione che doveva considerarsi legittimata in luogo dei predetti dicasteri, ai sensi dellart. 4 della legge 25.3.1958 n. 260, il relativo ricorso sul punto stato rigettato (Cass. Civile, sezione I, 26 giugno 2001, n. 8697). La S.C. ha, al riguardo, precisato che il limite introdotto dalla disposizione di cui allart. 4 della legge n. 260/1958, in virt del quale lerrore di identificazione della persona alla quale latto introduttivo del giudizio e ogni altro atto si doveva notificare (e che deve essere eccepito dallAvvocatura dello Stato nella prima udienza, con la contemporanea indicazione della persona a cui notificare latto), opera non solo con riguardo alla ipotesi di erronea vocatio in ius in luogo del Ministero titolare, di altra persona preposta ad un ufficio della stessa, ma anche con riferimento allipotesi di vocatio in ius di un Ministero diverso da quello effettivamente competente in relazione alla materia dedotto in giudizio. Ci posto, considerato che correttamente si proceduto a rilevare, nel primo dei casi citati, il difetto di legittimazione passiva delle Agenzie fiscali, secondo il modesto avviso di chi scrive, da una pi attenta disamina della normativa in materia, soggetto legittimato passivamente in sede giudiziale nei giudizi di cui trattasi lAmministrazione della Giustizia. Al riguardo, lart. 2-octies della legge 31.5.1965 n. 575 al primo comma stabilisce che le spese necessarie o utili per la conservazione e lamministrazione dei beni sono sostenute dallamministratore mediante prelevamento delle somme da lui riscosse a qualunque titolo; mentre al secondo comma la citata norma prevede che, nellipotesi in cui dalla gestione dei beni seque- 282 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 strati non siano ricavabili somme sufficienti per il pagamento delle spese di cui al primo comma, le somme occorrenti sono anticipate dallo Stato, con diritto al recupero nei confronti del titolare del bene in caso di revoca del sequestro; il terzo comma, infine, statuisce che le somme per il pagamento del compenso allamministratore, per il rimborso delle spese da lui sostenute per i suoi coadiutori e quelle di cui al comma 4 dellarticolo 2-septies sono inserite nel conto della gestione; qualora le disponibilit del predetto conto non siano sufficienti per provvedere al pagamento delle anzidette spese, le somme correnti sono anticipate, in tutto o in parte, dallo Stato, senza diritto a recupero. Se il sequestro revocato, le somme suddette sono poste a carico dello Stato. Dal che discende che le spese necessarie o utili per la conservazione dei beni rimangono sempre imputabili al patrimonio dei prevenuti, ed, al contrario, quelle relative al compenso dellamministratore e dei suoi coadiutori sono inserite nel conto di gestione e che qualora il predetto conto non abbia sufficiente disponibilit provvede lo Stato senza diritto di recupero o, altrimenti, sono poste definitivamente a carico dello Stato se il sequestro revocato. In merito, proprio la Suprema Corte di Cassazione, con la gi citata sentenza n. 8697/2001, a chiarire che coerentemente alla operata individuazione di una doppia categoria di spese (a) necessarie per la conservazione e lamministrazione dei beni; (b) per il pagamento del compenso allamministratore il legislatore ha approntato una doppia disciplina, rispettivamente, nei commi primo e secondo (per le spese sub a) e nel comma terzo dellart. 2 octies l. 575-1965 (per quelle sub b). Disciplina cos diversificata, dunque, in funzione della finalit degli esborsi (e non della pretesa consecuzione o meno delle eventuale revoca del sequestro ad una precedente confisca del bene!, in applicazione, per le spese sub a), del principio che i costi di gestione e conservazione del bene sequestrato seguono il bene stesso e, con esso, il suo titolare (trattandosi di costi che sarebbero comunque su di lui gravanti anche se il bene non fosse uscito dalla sua sfera di disponibilit); ed in applicazione, per le somme sub b), del parallelo principio, di pari portata generale, che le spese giudiziali (e tali sono quelle per compenso allausiliario giudiziario, in quanto inserite allinterno del procedimento giurisdizionale di applicazione della misura di sicurezza) debbono essere imputate secondo i criteri della soccombenza e della causalit. Con la conseguenza che dette ultime spese (per compenso allamministratore, in caso di revoca del sequestro, non possono far carico al titolare del bene, che andato esente da ogni responsabilit anche in ordine alla causazione della procedura, e debbono essere allora poste a carico dello Stato, come appunto dispone il riferito comma terzo (2 alinea) della norma in esame. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 283 Ne deriva, alla stregua di quanto appena detto, che il diverso orientamento, in precedenza affermato, per il quale soggetto legittimato a sostenere le spese della procedura sia il Ministero finanziario, non sembra rivelarsi pertinente, considerato che lAmministrazione in questione non parte nella procedura di applicazione delle misure di prevenzione (n lo diviene allorch la confisca passi ingiudicato, subentrando in tal caso la competenza dellAgenzia del Demanio). Parimenti, non sembra possibile sostenere nemmeno lopposta interpretazione per la quale tanto il Ministero dellEconomia e delle Finanze che quello della Giustizia siano carenti di legittimazione in sede processuale, cos come affermato nel precedente richiamato. Ed infatti, fermo quanto gi argomentato per il primo dei due Ministeri, la individuazione dellAmministrazione della Giustizia, quale organo competente ai fini della liquidazione dei compensi che ci occupano, si giustifica nella considerazione che gli amministratori giudiziari ed i loro coadiutori assumo, nella circostanza, la veste di ausiliari del Giudice competente (delegato) alla procedura; pertanto, il pagamento dei compensi agli amministratori ed ai coadiutori non pu non essere ricollegato alla pi generale previsione del rimborso dei compensi spettanti agli ausiliari dei giudici. Il che consente anche di poter dare il giusto rilievo alla circolare del 29.11.1995 n. 307 con la quale il Ministero delle Finanze ha chiarito, alla luce del nuovo impianto normativo dettato dal decreto legge 14.06.1989 n. 230 convertito, con modificazioni, nella legge 04.08.1989 n. 282, che la competenza a liquidare i compensi citati va differenziata a secondo se si tratti di sequestro, di confisca non definitiva o di confisca definitiva. Tale decreto contempla, tra laltro, per quanto qui di interesse, quanto segue: - i beni confiscati ai sensi della citata legge n. 575/1965 sono devoluti allo Stato e la competenza dellAmministrazione delle Finanze a gestire i beni in parola inizia dalla comunicazione alla Intendenza di Finanza competente, da parte delle Cancellerie dei Tribunali, delle Corti dAppello e della Corte di Cassazione, della definitivit del provvedimento di confisca; - la gestione dei beni confiscati viene continuata dallamministratore, nominato a suo tempo dal Tribunale, sotto la direzione dellIntendente di Finanza o di altro funzionario dal medesimo delegato sino allesaurimento delle operazioni di liquidazione ovvero sino a quando non sia stata data attuazione al decreto del Ministero delle Finanze con il quale viene disposta la destinazione dei beni immobili e dei beni costituititi in azienda; - al rimborso ed allanticipazione delle spese sostenute dallamministratore per la gestione dei beni, nonch alla liquidazione dei compensi spettanti allamministratore ed ai suoi coadiutori, che non trovino copertura nelle risorse della gestione, provvede lIntendente di finanza, a tal fine avvalendosi 284 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 di apposite aperture di credito disposte a suo favore sui fondi dello specifico capitolo istituito nello stato di previsione della spesa del Ministero delle Finanze. Secondo la predetta circolare tutta la fase del sequestro, poich non determina alcuna devoluzione dei beni allo Stato, si svolge presso lAutorit giudiziaria e, pertanto, sar questultima a liquidare i compensi dovuti agli amministratori. Per quanto concerne la fase della confisca non definitiva deve distinguersi tra la confisca intervenuta prima dellentrata i vigore del D.L. 14-6- 1989 n. 230 convertito in legge 4.8.1982 n. 282, e la confisca non definitiva adottata dopo lentrata in vigore di detta normativa. Nel primo caso, poich la confisca considerata immediatamente esecutiva e gli amministratori operano - ai sensi dellart. 7, comma 5, della stessa normativa - sotto la direzione dellIntendente di finanza (ora il Responsabile o il Titolare degli Uffici delle locali Agenzie fiscali), il provvedimento di liquidazione dei compensi rimesso alla diretta competenza dellex Intendenza di Finanza. Viceversa, nella rimanente ipotesi di confisca non definitiva, adottata dopo lentrata in vigore della su menzionata legge, giacch la misura patrimoniale non pi considerata immediatamente esecutiva, la liquidazione dei compensi in parola, contrariamente alle prime ipotesi, attribuita allAutorit giudiziaria. Riguardo, infine, agli atti di confisca definitiva, che risultano consolidati sotto legida della normativa del 1989, la liquidazione dei compensi spetta, dal momento della sua istituzione, allAgenzia del Demanio, che alluopo attinge da appositi capitoli dello stato di previsione della spesa. Coerentemente alla ratio del quadro normativo su riportato e del contenuto della circolare test citata, parere dello scrivente, che anche per le fattispecie che derivino dallaccoglimento delle istanze di revoca della confisca definitiva, nei limiti in cui si discuta sulla imputazione delle spese per i compensi pagati agli amministratori ed alle ulteriori spese della medesima natura, deve ritenersi competente lAmministrazione della Giustizia. E ci per quelle stesse ragioni opportunamente messe in evidenza dalla Corte di cassazione secondo le quali . dette ultime spese (per compenso allamministratore, in caso di revoca del sequestro, non possono far carico al titolare del bene, che andato esente da ogni responsabilit anche in ordine alla causazione della procedura, e debbono essere allora poste a carico dello Stato, come appunto dispone il riferito comma terzo (2 linea) della norma in esame. In altri termini, dallasserito principio affermato dalla S.C., possibile evincere che: (a) nei casi di revoca delle misure di prevenzione patrimoniale, le spese per i compensi dovuti allamministratore non debbono gravare sugli IL CONTENZIOSO NAZIONALE 285 interessati, non avendo questi dato causa alle misure di prevenzione di cui si tratta; e (b) che, poich lapplicazione di siffatte misure interviene nellambito del procedimento giurisdizionale con riferimento al quale lAmministrazione statale non risulta evocata (gli interessi pubblici sono rappresentati dagli Uffici della Procura della Repubblica presso i Tribunali o dalle Procure Generali presso le Corte dAppello), le spese in oggetto non possono che configurasi come spese di giustizia. Per altro, il T.U. delle Spese di Giustizia di cui al D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, prevede allart. 1 che Le norme del presente testo unico disciplinano le voci e le procedure di spesa dei processi: il pagamento da parte dellerario, il pagamento da parte dei privati, lannotazione e la riscossione. Disciplinano, inoltre, il patrocinio a spese dello Stato, la riscossione delle spese di mantenimento, delle pene pecuniarie; delle sanzioni amministrative pecuniarie e delle sanzioni pecuniarie processuali. Il successivo articolo 2 specifica, poi, il campo di applicazione, prevedendo che Le norme del presente testo unico si applicano al processo penale, civile, amministrativo, contabile e tributario, con leccezione di quelle espressamente riferite dal presente testo unico ad uno o pi processi... Il quadro normativo regolato dal citato T.U. , quindi, compatibile con linterpretazione per la quale le spese inerenti i compensi degli amministratori del patrimonio oggetto delle misure di prevenzione di natura patrimoniale, poi revocate, siano da imputarsi allAmministrazione della giustizia. ** *** ** Il giudizio pendente dinanzi al Tar di Reggio Calabria. Le conseguenze relative alla revoca della confisca definitiva: disamina e commento alla sentenza del Tar Reggio Calabria n. 81 del 11 febbraio 2009. SOMMARIO: 1. La sentenza della S.C. a Sezione unite n. 57/2007 (c.d. sentenza Auddino) sulla applicabilit della revoca alla misura di prevenzione di natura patrimoniale della confisca; 2. La sentenza n. 81/2009 del Tar di Reggio Calabria sullobbligo riparatore della perdita patrimoniale; 3. La determinazione dellAmministrazione ai fini della restituzione del bene ed il giudice al quale appartiene la cognizione in merito; 4. Analogie con lart. 43 del T.U. dpr 8 giugno 201 n. 327; 5. Lincidenza della sussistenza di condizioni oggettive che non consentono la restituzione del bene nella sua originaria consistenza; I limiti dei poteri conferiti al G.A. quale giudice dellottemperanza del giudicato civile; 6. La proponibilit della ulteriore domanda risarcitoria dinanzi al giudice amministrativo in sede di ottemperanza. 286 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 1. La sentenza della S.C. a Sezione unite n. 57/2007 (c.d. sentenza Auddino) sulla applicabilit della revoca alla misura di prevenzione di natura patrimoniale della confisca La S.C., a Sezioni unite, con sentenza n. 57 dell8.1.2007, chiamata a risolvere il perdurante contrasto in merito alla questione se la misura della confisca di cui allart. 2 ter, terzo comma, della legge 31 maggio 1965, n. 575, fosse revocabile alla stregua del procedimento previsto dallart. 7, secondo comma, della legge 27.12.1956 n. 1423 (ed al pari delle misure personali di prevenzione), ne ha definitivamente sancito lapplicabilit, connotando listituto, al pari del rimedio della revisione, con finalit riparatoria rispetto ad un errore giudiziario. In particolare, con la citata sentenza la S.C. ha chiarito che listituto della revoca di cui allart. 7, secondo comma, della legge 27.12.1956 n. 1423, si rivela strutturalmente incompatibile con la confisca, quale revoca ex nunc (essendo la revoca ex nunc ipotizzabile soltanto per le misure di prevenzione di cui costante lesecuzione al momento in cui viene avanzata la relativa richiesta), e, viceversa, pienamente compatibile con la predetta misura, quale rimedio da adottarsi in termini di revisione e, quindi, con effetti ex tunc, in contemplazione di una invalidit genetica del provvedimento. Con la pronuncia in esame, quindi, la Corte di legittimit, nel naturale bilanciamento tra le esigenze di certezza giuridica derivante dalla pretesa irreversibilit della ablazione e la funzione di revisione del provvedimento sanzionatorio viziato fin dallinizio, ha salvaguardato il preminente principio dellobbligo riparatore prefigurato dallart. 24 della Costituzione e circoscritto lefficacia delle norme previste in materia di revidibilit di giudicato ex artt. 630 e s.s. del codice di procedura penale al campo delle prove, condizionando la possibilit di promuovere listanza di revoca della confisca ai casi di: a) prove nuove sopravvenute (e tali sono anche quelle non valutate nemmeno implicitamente); b) inconciliabilit di provvedimenti giudiziari; c) di procedimento di prevenzione fondato su atti falsi o su un altro reato. Lavversa tesi, pur sostenuta in giurisprudenza (ed in dottrina), secondo la quale la revoca della confisca definitiva si poneva in contrasto con il principio della irreversibilit degli esiti conseguenti alla disposta misura, in considerazione degli effetti istantanei e non permanenti (uno acto perficitur) della decisione che la conteneva, al pari di una sorta di espropriazione per pubblico interesse, dove il pubblico interesse identificato nella generale finalit di prevenzione penale (1), viene superata dal Supremo Collegio con lobbiezione (1) E appena il caso di ricordare che, ai sensi dellart. 2 novies della legge 31-5-1965 n. 575, una volta intervenuta la confisca definitiva, limmobile confiscato viene acquisto definitivamente al patri- IL CONTENZIOSO NAZIONALE 287 che lirreversibilit dellablazione non esclude la possibilit di una restituzione, per determinazione discrezionale della Pubblica amministrazione, e, quanto meno, provoca linsorgenza di un obbligo riparatore della perdita patrimoniale. 2. La sentenza n. 81/2009 del TAR di Reggio Calabria sullobbligo riparatore della perdita patrimoniale Per ci che riguarda gli effetti restitutori, il punto nodale della recente sentenza n. 57/07 sembra proprio essere la previsione della restituzione del bene, per determinazione discrezionale dellAmministrazione, ovvero linsorgenza, in alternativa, dellobbligo riparatore. Con la sentenza n. 81 dell11.02.2009 il TAR di Reggio Calabria, in veste di Giudice dellottemperanza, ha accolto il ricorso con il quale il ricorrente ha chiesto, stante linefficacia delle rituali diffide, lesecuzione del decreto penale di revoca della confisca definitiva passato in giudicato, oltre al risarcimento del danno. Il predetto Tribunale, in relazione alle domande proposte dallinteressato, e previo rigetto delle eccezioni sollevate dalla Difesa erariale, cos statuiva: ... P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, pronunciando sul ricorso n. limitatamente alla domanda di esecuzione del giudicato, lo accoglie e per leffetto dichiara lobbligo del Ministero delle Finanze e dellAgenzia del Demanio di Reggio Calabria, per quanto di ciascuna competenza, di adottare le determinazioni amministrative e contabili necessarie per corrispondere alla sig.ra . la somma di Euro . salva la facolt di procedere a restituzione in natura del bene indicato nel decreto n. 16/01 del 13.1 - 18.5.2001 della Corte di Appello di Reggio Calabria - Sezione Misure di Prevenzione. Alluopo assegna alle predette Amministrazioni il termine di giorni sessanta (60) dalla comunicazione o notificazione, anche a cura di parte, della presente sentenza, per ottemperare al giudicato. Per il caso di inadempienza ulteriore, nomina Commissario ad acta . perch provveda, entro ulteriori novanta (90) giorni dal termine predetto, al pagamento della somma sopra indicata, a spese delle Amministrazioni intimate. Liquida al verificatore Euro 2000,00. Riserva alla trattazione in pubblica udienza la decisione in ordine alla domanda risarcitoria, previa regolarizzazione, ove necessario del ricorso ai monio dello Stato e la successiva destinazione dei beni confiscati effettuata con provvedimento del direttore centrale del demanio del Ministro delle finanze. Dopo la confisca anche lamministratore di cui allart. 2 sexies della legge citata svolge le proprie funzioni sotto il controllo del competente ufficio del Ministero delle finanze (le competenze prima affidate al Ministero sono ora dellAgenzia del Demanio). 288 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 fini del versamento del contributo unificato, mandando alla segreteria per la verifica di tale adempimento da parte dei ricorrenti . Il Tribunale giunto a siffatta decisione dopo aver proceduto alla preliminare disamina sullammissibilit del rimedio giurisdizionale azionato. La difesa erariale, invero, in sede di discussione e nel proprio atto di costituzione in giudizio, aveva eccepito il difetto di giurisdizione delladito TAR, quale giudice dellottemperanza, in relazione alla domanda con la quale il ricorrente ha chiesto, per lappunto, la restituzione del bene in forza del predetto decreto penale di revoca di confisca. Il Collegio ha ritenuto che tale azione potesse essere esperita nulla incidendo il fatto che oggetto dellottemperanza fosse il decreto del Giudice penale, definitorio di giudizio di opposizione di terzo alla confisca preventiva. Scrive al riguardo il Collegio, Oltre allargomento testuale desumibile dallart. 37 l. tar - che ammette il rimedio dellottemperanza per ladempimento dellobbligo di conformarsi al giudicato dellautorit giudiziaria ordinaria, senza limitare il rimedio alle sole sentenze -, depone in tal senso la qualificazione del decreto (di cui incontestato il passaggio in giudicato) come provvedimento definitorio della controversia al pari della sentenza, sicch nessun dubbio pu porsi sulla proponibilit del ricorso per ottemperanza davanti al giudice amministrativo per la sua esecuzione, al pari di quanto si ammette, ormai pacificamente, per i decreti ingiuntivi. Neppure pu accedersi alla tesi, sostenuta dalla difesa erariale, secondo cui, venendo in rilievo posizioni di diritto soggettivo (in particolar modo la titolarit della propriet del bene in questione), la controversia apparterrebbe alla giurisdizione del giudice ordinario. Trattandosi, infatti, di giudizio per lesecuzione del giudicato, la consistenza della posizione soggettiva del tutto irrilevante, essendo la materia attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (v. art. 21 septies l. 241/90), dovendosi ammettere la g.e per le azioni di esecuzione del giudicato originate non solo da provvedimenti violativi o elusivi di questo (gli unici per cui la norma appena citata espressamente la prevede), ma anche da comportamenti inerti rispetto alle prescrizioni dellautorit giudiziaria. In altri termini, la considerazione dirimente che si agisce per lesecuzione di una decisione passata in giudicato (poco importa se emessa nella forma di sentenza o decreto), vale ad escludere ogni rilievo della consistenza della posizione soggettiva fatta valere, ferma restando la eventuale giurisdizione concorrente del G.O. (come avviene in ipotesi di procedure esecutive proposte dinanzi a questo, ritenuti pacificamente ammissibili unitamente al giudizio di ottemperanza). Ad avviso, quindi, del Giudicante, il Giudice amministrativo, in sede di ottemperanza, pienamente legittimato a statuire in merito alla domanda di restituzione del bene oggetto di revoca di confisca definitiva. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 289 3. La determinazione dellAmministrazione ai fini della restituzione del bene ed il giudice al quale appartiene la cognizione in merito Lassunto, in verit lascia perplessi, nonostante si sia a conoscenza che, secondo la giurisprudenza amministrativa, le sentenze di condanna dellAmministrazione siano eseguibili tanto in sede ordinaria che amministrativa (vedi, ex plurimis, Consiglio Stato , sez. IV, 25 maggio 2005, n. 2670: Anche per le sentenze di condanna dell'amministrazione al pagamento di somme di danaro da parte del g.o., il soggetto pu scegliere tra lesecuzione forzata secondo le norme del codice di rito e lesecuzione in sede amministrativa ex art. 27 n. 4 r.d. 26 giugno 1924 n. 1054). A parere di chi scrive, infatti, il TAR con la decisione in commento non ha statuito sul punto nodale della recente sentenza n. 57/07, poich non ha statuito in ordine alla facolt rimessa allAmministrazione di decidere se restituire il bene o meno. Sembrerebbe cio che il Giudice adito, nel porre a carico dellAmministrazione lonere di adottare, nel termine di giorni 60, le determinazioni amministrative e contabili necessarie per corrispondere la somma alluopo quantificata dal nominato verificatore, facendo salva la facolt della P.A. di procedere a restituzione in natura del bene indicato, abbia sottovalutato la questione che pi di ogni altro aspetto poteva giustificare il radicamento della sua giurisdizione: ossia lobbligo dellAmministrazione a determinarsi circa la restituzione del bene. Del resto, lequivoca assegnazione a cura del TAR del termine entro il quale lAmministrazione tenuta a provvedere al pagamento del controvalore, salva la restituzione del bene, maschera chiaramente il tentativo di ordinare in via principale alla P.A. di determinarsi sul punto, e contraddice lassunto iniziale dello stesso Giudicante secondo il quale lAmministrazione non ha lobbligo della restituzione in natura. Si ritiene, conseguentemente, che la giurisdizione del Giudice amministrativo possa sussistere - quale giudice dellottemperanza - nei limiti in cui occorra pregiudizialmente investire lAmministrazione affinch comunichi le sue determinazioni in merito e ci anche se si del parere che sia onere dellAmministrazione manifestare la volont di non voler restituire il bene che risulti vincolato ad una specifica destinazione o debitamente modificato ed utilizzato. 4. Analogie con lart. 43 del T.U. dpr 8 giugno 201 n. 327 La problematica, in realt, risulta gi disciplinata in materia di espropriazione, e precisamente dallart. 43 del testo unico di cui al DPR 8 giugno 2001 n. 327. Norma questa che, per evidente ragioni di identit di ratio, pu essere 290 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 presa a riferimento anche nella fattispecie in esame, non fosse altro per il fatto che la stessa S.C. che, nel motivare la sentenza n. 57/07, assimila la confisca, come su detto, ad un espropriazione per pubblico interesse. E risaputo che in virt della citata disposizione, con la quale si sono recepiti i principi provenienti della giurisprudenza comunitaria, ha cessato di avere efficacia nel nostro ordinamento listituto delloccupazione acquisitiva (approvativa) e si subordinata la possibilit di acquisire gli immobili utilizzati e modificati, in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo di pubblica utilit, per scopi di interesse pubblico, alladozione di un espresso provvedimento discrezionale dellente espropriante. Prevede la disposizione in argomento che lAutorit che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilit, pu disporre che esso vada acquisito al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario vadano risarciti i danni. Prevede, ancora, la norma test citata che latto di acquisizione pu essere emanato anche quando sia stata esercitata una azione volta alla restituzione del bene utilizzato per scopi di interesse pubblico, ed in questo caso, lAmministrazione che ne ha interesse o chi utilizza il bene pu chiedere che il giudice amministrativo disponga la condanna al risarcimento del danno con esclusione della restituzione del bene senza limiti di tempo. Sembra allora sostenibile ritenere che anche nella situazione venutasi a creare a seguito della revoca della confisca definitiva lAmministrazione debba attivarsi per emettere una sorta di atto di acquisizione qualora non volesse restituire limmobile. Ora, mentre indubbia la giurisdizione (esclusiva) del Giudice amministrativo per le controversie di cui allart. 43 del su nominato T.U., almeno nei casi in cui lazione risarcitoria riconducibile allesercizio del potere attribuito alla P.A. (2), non altrettanto pu affermarsi, contrariamente alla decisone del Tar, con riferimento allazione di restituzione derivante dalla revoca della confisca definitiva. Lazione di restituzione del bene oggetto di revoca di confisca dovrebbe (2) Rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo di cui allart. 53 del T.U. n. 327 del 2001 un'azione di risarcimento dei danni proposta dai proprietari di unarea occupata dalla P.A. nel periodo di vigenza della dichiarazione di pubblica utilit, allorch la procedura ablatoria non abbia avuto la sua naturale conclusione mediante adozione di un tempestivo e valido decreto di esproprio; in tal caso, infatti, lillecito costituito dalla radicale trasformazione del suolo occupato ai fini della realizzazione dellopera pubblica appare comunque direttamente riconducibile allesercizio da parte della P.A. dei poteri ad essa attribuiti dalla legge per la cura del pubblico interesse, risultando la vicenda sostanziale contrassegnata dal collegamento con lesercizio, sia pure viziato, del potere amministrativo secondo le forme tipiche disegnate dallordinamento (Consiglio di Stato, Sez. IV - sentenza 26 febbraio 2009 n. 1136). IL CONTENZIOSO NAZIONALE 291 trovare la sua naturale sede di trattazione giudiziale dinanzi al Giudice civile e dovrebbe essere questo Giudice a dover provvedere tanto in ordine alla presa in possesso del bene, quanto in merito alla domanda che attiene allobbligo riparatore, accertando e quantificando lequivalente monetario. I motivi addotti dal TAR, per i quali, a suo avviso, possibile riconoscere la giurisdizione del G.A., si rivelano opinabili poich non vi sono provvedimenti amministrativi da assumere nella dedotta circostanza, occorrendo piuttosto che linteressato proceda in via esecutiva, immettendosi nel possesso dellimmobile con lapposito istituto della esecuzione forzata. Le determinazioni amministrative e contabili necessarie per corrispondere la somma di Euro complessivi quale controvalore dovuto a titolo riparatore, costituiscono incombenze solo eventuali, che non possono essere anteposte alla facolt della P.A. di decidere sulla restituzione del bene e, comunque, seguono il relativo giudizio teso allaccertamento del valore da corrispondere per la causale. Si ritiene, cio, che per laccertamento dellobbligo riparatore, la sede naturale sia quella del processo civile ordinario, che gi conosce degli aspetti indennitari che derivino dal perpetrato pregiudizio che subiscono talune situazioni giuridiche perfette in forza di attivit legittimamente intraprese (non vi pu essere dubbio alcuno che lattivit giurisdizionale posta in essere nellambito della procedura di applicazione della misura della patrimoniale abbia carattere legittimo). Non di meno, risultava agli atti del procedimento dinanzi al Tar che lAgenzia del Demanio, per motivi di opportunit, aveva intrapreso bonarie trattative nei confronti di controparte per giungere ad una soluzione transattiva, visto che la restante parte delledificio (a sei piani f.t.), dopo lintervenuta confisca, era stato adibito a finalit di ordine pubblico (era stato adibito ad alloggio di servizio dei militari dellArma dei Carabinieri). Rilevava, poi, lAgenzia del Demanio che la restituzione dei due appartamenti che occupavano lintero secondo piano f.t., di cui linteressato chiedeva la restituzione, sebbene astrattamente praticabile, (gli immobili non erano stati volutamente - utilizzati per tutto il tempo della pendenza della lite) non poteva, per, essere effettuata nella originaria consistenza, essendo stati eseguiti dei lavori per i quali erano state ricavate tre diverse unit. 5. Lincidenza della sussistenza di condizioni oggettive che non consentono la restituzione del bene nella sua originaria consistenza. I limiti dei poteri conferiti al G.A. in sede di ottemperanza di un giudicato civile. Sebbene il TAR abbia dato atto della intervenuta modificazione della conformazione del bene, la pronuncia in commento lascia senza soluzione quanto rappresentato dallAmministrazione in ordine alla possibilit di restituire lim- 292 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 mobile nella sua originaria consistenza. Non di meno, ci si chiede se sia possibile che, nellambito dei poteri conferiti al G.A. nel giudizio di ottemperanza, il giudicante possa statuire obblighi (come leventuale obbligo di riduzione in pristino stato), che non emergono dal contenuto del giudicato formatosi sul decreto penale con cui la competente Corte dappello ha disposto la revoca della confisca definitiva (e niente di pi). E stato gi ben evidenziato, in un articolo a commento alla sentenza n. 997/03 del TAR Marche, come il Giudice dellottemperanza, nello svolgimento della attivit esecutiva ad esso demandata, non possa integrare la sentenza civile, entrando nel merito e ampliando il dictum del G.O., altrimenti sconfinerebbe in un campo di giurisdizione che non gli compete (3). Ed ancora stato evidenziato che il G.A. pu adottare statuizioni analoghe a quelle che potrebbero emettersi in un nuovo giudizio di cognizione solo in relazione a questioni devolute alla sua giurisdizione, mentre non pu esercitare analoghi poteri di integrazione allorch la sentenza della cui ottemperanza si tratta sia stata resa da un giudice appartenente ad un diverso ordine giurisdizionale e la questione rientri nella giurisdizione di questultimo (Cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 7 ottobre 1999, n. 1099). E che Se il Giudice dellottemperanza, con la sua decisione e con la nomina del commissario ad acta, si attribuisse un potere dispositivo che non trova la sua causa nella precedente decisione di merito, oltre che incidere in concreto su rapporti affidati alla giurisdizione dellAGO, avrebbe anche quale ulteriore conseguenza quella di attribuire efficacia di giudicato ad un provvedimento amministrativo del tutto nuovo, adottato con la pi ampia discrezionalit, ed il cui esame sarebbe sottratto alla stessa giurisdizione amministrativa, non potendo di certo equipararsi il ricorso avverso i provvedimenti del commissario ad acta al normale controllo di legittimit spettante agli organi della giurisdizione amministrativa (Cass. Civ., Sez. Un., 15 luglio 1986, n. 4568) (4). Per altro, nel momento in cui lAmministrazione ha mostrato interesse per una soluzione negoziale (viste le trattative di bonario componimento) e tenuto, comunque, conto che il bene non era utilizzato dallAmministrazione, la fase giudiziale relativa al preventivo accertamento della determinazione (3 ) Il G.A. dellottemperanza, a fronte di statuizioni giudiziali precise e determinate ed alla natura di diritto soggettivo delle posizioni azionate, deve svolgere una attivit esecutiva (alla quale non sono del tutto estranei e preclusi i poteri di sostituzione nel merito delle determinazioni, anche negoziali), senza possibilit dintegrare la sentenza civile e senza la facolt di incidere sulla sfera di discrezionalit della Amministrazione pubblica (Tar Marche 19-09-2003 n.997). (4 ) Lesecuzione del giudicato del giudice del lavoro innanzi al giudice amministrativo (Commento alla sentenza TAR Marche 19 settembre 2003 n. 997) di FRANCESCA ZARLETTI- In Diritto & Diritti - Rivista giuridica elettronica, pubblicata su Internet allindirizzo http://www.diritto.it, ISSN 1127-8579, inserito in Diritto & diritti nel marzo 2004. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 293 della P.A. che, come su riferito, poteva giustificare il radicamento della giurisdizione del TAR, non era da considerati dovuta, sicch, in ossequio ai generali criteri di riparto della giurisdizione, si rivela erronea, per carenza dei presupposti processuali, la pronuncia con la quale il Tribunale ha condannato, lAmministrazione al pagamento del controvalore del bene. Qualora, infine, si accrediti la plausibile interpretazione per la quale leffetto restitutorio discenda direttamente dal decreto di revoca della confisca passato in giudicato, lassunto motivazionale, con il quale il TAR riconosce in favore della P.A. solo la facolt di restituire il bene in natura, non pare cogliere nel segno. In altri termini, lambito giudiziale pertinente alle pretese del ricorrente sempre pi corrispondente a quello processuale civile, potendo linteressato, in questa sede, chiedere limmissione in possesso nel bene nello stato di fatto e di diritto in cui si trova (5), ovvero ottenere, ai sensi dellart. 2058 c.c. (6), il risarcimento del danno in forma specifica (la riduzione in pristino), facendo cos sorgere in testa allAmministrazione lobbligo di ricostituire la situazione di fatto antecedente alla procurata lesione: sarebbe poi il giudicato formatosi su questa domanda a poter essere posto in esecuzione tramite il giudizio di ottemperanza. Salva lazione diretta ad ottenere, in forza dellart. 2931 c.c. (7), che lobbligo della riduzione in pristino sia eseguito a spese dellobbligato nelle forme stabilite dal codice di procedura civile. 6. La proponibilit della ulteriore domanda risarcitoria dinanzi al giudice amministrativo in sede di ottemperanza Strutturalmente, si ribadisce, al giudice dellottemperanza fatto divieto di adottare misure che in qualche modo integrano (o che addirittura innovano) il contenuto del giudicato con comandi in esso non rinvenibili (Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza dell11.11.2006 n. 6819) (8). (5) Si ricorda che ai sensi Art. 612, c.p.c.: [I] Chi intende ottenere l'esecuzione forzata di una sentenza di condanna per violazione di un obbligo di fare o di non fare, dopo la notificazione del precetto, deve chiedere con ricorso al giudice dell'esecuzione. [II] Il giudice dell'esecuzione provvede sentita la parte obbligata. Nella sua ordinanza designa l'ufficiale giudiziario che deve procedere all'esecuzione e le persone che debbono provvedere al compimento dell'opera non eseguita o alla distruzione di quella compiuta). (6) Recita lart. 2058, c.c., che disciplina il Risarcimento in forma specifica: [I] Il danneggiato pu chiedere la reintegrazione in forma specifica, qualora sia in tutto o in parte possibile. [II] Tuttavia il giudice pu disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore. (7) Secondo larticolo 2931 c.c., rubricato Esecuzione forzata degli obblighi di dare: Se non adempiuto un obbligo di fare, lavente diritto pu ottenere che esso sia eseguito a spese dellobbligato nelle forme stabilite dal codice di procedura civile. (8) Il ricorso, per il capo in cui rivolto a chiedere lesecuzione, da parte del Ministero per i beni e le attivit culturali, dellobbligo di compiere tutti gli atti necessari alla reintegrazione della dott.ssa D. nelle mansioni corrispondenti alle sue professionalit e alla attribuzione di incarichi conformi alla sua 294 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 Coerentemente ai dettami giurisprudenziali su indicati, non dato seguire come il TAR possa conoscere dei profili risarcitori che solo in via mediata si pongono in correlazione con il giudicato di cui si chiede lottemperanza. Listituto dellottemperanza del giudicato civile, si rammenta, venne concepito, dapprima, come obbligo di annullare latto amministrativo che fosse stato disapplicato, in quanto non conforme a legge, dal giudice ordinario e, dopo qualche tempo, fu esteso, in via giurisprudenziale, anche alle decisioni di condanna al pagamento di somme di denaro. Si rimane, pertanto, inevitabilmente perplessi sul contenuto del capo di sentenza con la quale il TAR si riservato di assumere la decisione sulla domanda con la quale il ricorrente ha chiesto il risarcimento dei danni in considerazione alla mancata restituzione del bene. Avv. Roberto Antillo* Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, sentenza 28 gennaio 2009 n. 81 - Pres. G. Caruso - Cons. D. Burzichelli - Ef. Estensore D. Zonno - Ministero Economia e Finanze e Agenzia del Demanio (avv. dello Stato R. Antillo - AL 4887/07) c/ M.C. M. (avv.ti S. Dattola e A. Gangemi). (... Omissis) FATTO e DIRITTO Con ricorso del 18.12.1991 innanzi al Tribunale di Reggio Calabria, Sezione per le misure di Prevenzione, la sig.ra ..... proponeva opposizione di terzo avverso il decreto di confisca di un fabbricato, del 20.12.1984, emesso a carico di L. D., allegando che, in virt del contratto intercorso con la impresa costruttrice (riconducibile al proposto per la misura di prevenzione), ella aveva ceduto il terreno per la realizzazione dellerigendo edificio, in cambio della propriet di uno degli appartamenti da realizzarsi. Ne rivendicava, pertanto la propriet, assumendo la sua totale estraneit alla procedura di prevenzione, non ricorrendo nei suoi confronti i presupposti per la confisca. La Corte di Appello di Reggio Calabria - Sezione Misure di Prevenzione (investita della controversia su appello dellAmministrazione), con decreto n. 16/01 del 13.1 - 18.5.2001, disponeva: la revoca della confisca dellappartamento sito alla seconda elevazione fuori terra, a qualifica, oltre alla dotazione di tutte le basilari risorse umane e strumentali dellufficio, inammissibile. Ed invero, il giudicato del quale si discute, conformemente, del resto, al petitum proposto innanzi al giudice del lavoro (quale si evince dalla motivazione della sentenza di questultimo), si limitato a sanzionare, attraverso la condanna al risarcimento del danno, linadempimento dellAmministrazione all'obbligo contrattualmente assunto di adibire la dipendente a mansioni proprie della qualifica da essa rivestita, senza recare, invece, anche la condanna della medesima Amministrazione a rimuovere gli effetti del demansionamento, affidando al lavoratore loriginario incarico ovvero un altro di contenuto equivalente (per tale possibilit, cfr. Cass. Sez. Lav., n. 425 del 12 gennaio 2006). (*) Avvocato dello Stato IL CONTENZIOSO NAZIONALE 295 destra dellingresso esteso mq. 175 circa e descritto planimetricamente nellallegato 13 alla consulenza di parte redatta il 9.10.95 dal consulente di parte ing. Stefano De Luca, oltre al corrispondente posto macchina ed alla propriet pro-quota delle parti condominiali, disponendo la consegna di tale bene alla legittima proprietaria C. M., vedova M., nata a Reggio Calabria il 4 dicembre 1910. Il decreto della Corte non stato impugnato ed divenuto definitivo in data 28.7.2001. Nonostante il passaggio in giudicato del suddetto provvedimento e nonostante le espresse richieste formulate dallistante a mezzo di diffida e messa in mora del 28.2.2003 (all.6) ed a mezzo atto di diffida ad adempiere entro il termine di 30 giorni, del 28.3.2007 notificato il 13.4.2007, con espresso avvertimento di azione in sede giudiziaria per lesecuzione, l Amministrazione non ha inteso dare esecuzione al giudicato. Nelle more lAgenzia del Demanio, ha acquisito la gestione del bene e ne ha modificato la conformazione. Ricorrono i sig.ri M., in qualit di procuratori della sig.ra C., per ottenere lesecuzione del provvedimento sopra indicato, nonch per ottenere il risarcimento del danno derivante dalla protratta mancata disponibilit del bene in questione, la cui locazione avrebbe consentito un guadagno. Alludienza del 28.1.09 la causa stata trattenuta in decisione. Va preliminarmente vagliata lammissibilit del rimedio giurisdizionale azionato, avendo la difesa erariale contestato, in sede di discussione e nel proprio atto di costituzione in giudizio, la possibilit di agire con giudizio di ottemperanza per ottenere lesecuzione di un decreto della Corte di Appello di restituzione di un bene confiscato a seguito di applicazione di misura di prevenzione. Il Collegio ritiene che possa esperirsi tale azione anche laddove la pronuncia per la cui ottemperanza si agisca sia rappresentata da decreto del Giudice penale, definitorio di giudizio di opposizione di terzo alla confisca preventiva. Oltre allargomento testuale desumibile dallart. 37 l. tar - che ammette il rimedio dellottemperanza per ladempimento dellobbligo di conformarsi al giudicato dellautorit giudiziaria ordinaria, senza limitare il rimedio alle sole sentenze -, depone in tal senso la qualificazione del decreto (di cui incontestato il passaggio in giudicato) come provvedimento definitorio della controversia al pari della sentenza, sicch nessun dubbio pu porsi sulla proponibilit del ricorso per ottemperanza davanti al giudice amministrativo per la sua esecuzione, al pari di quanto si ammette, ormai pacificamente, per i decreti ingiuntivi. Neppure pu accedersi alla tesi, sostenuta dalla difesa erariale, secondo cui, venendo in rilievo posizioni di diritto soggettivo (in particolar modo la titolarit della propriet del bene in questione), la controversia apparterrebbe alla giurisdizione del giudice ordinario. Trattandosi, infatti, di giudizio per lesecuzione del giudicato, la consistenza della posizione soggettiva del tutto irrilevante, essendo la materia attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (v. art. 21 septies l. 241/90), dovendosi ammettere la g.e per le azioni di esecuzione del giudicato originate non solo da provvedimenti violativi o elusivi di questo (gli unici per cui la norma appena citata espressamente la prevede), ma anche da comportamenti inerti rispetto alle prescrizioni dellautorit giudiziaria. In altri termini, la considerazione dirimente che si agisce per lesecuzione di una decisione passata in giudicato (poco importa se emessa nella forma di sentenza o decreto), vale ad escludere ogni rilievo della consistenza della posizione soggettiva fatta valere, ferma restando la eventuale giurisdizione concorrente del G.O. (come avviene in ipotesi di procedure esecutive 296 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 proposte dinanzi a questo, ritenuti pacificamente ammissibili unitamente al giudizio di ottemperanza). Ci posto il ricorso nel merito fondato, sia pure nei limiti di seguito precisati. I ricorrenti, in qualit di procuratori della destinataria del decreto di revoca della confisca del bene, ne hanno chiesto la restituzione, ovvero, ed in via subordinata, il pagamento dellequivalente al valore venale del bene (v. dichiarazione a verbale di udienza dell8.10.08). Non pu essere accolta la domanda di restituzione in natura, mentre nulla pu essere opposto allaccoglimento della domanda subordinata. Ostano allaccoglimento della domanda di restituzione i principi affermati dalla Suprema Corte e compiutamente espressi nella sentenza SU 57/06 (ricorrente Auddino). La Corte, nellesaminare e risolvere in senso positivo la questione relativa allammissibilit della revoca della confisca disposta in sede di misura di prevenzione (ipotesi del tutto identica a quella che ha dato origine alla pronuncia per la cui ottemperanza si agisce con il presente ricorso) ha puntualizzato in modo inequivoco che: Dato dunque tale carattere istantaneo e non permanente (uno actu perficitur), la confisca si connota come irrevocabile, cosa sottolineata da autorevole dottrina anche sulla base della considerazione che la misura in questione rappresenta, in sostanza, una sorta di espropriazione per pubblico interesse, identificato, questultimo, nella generale finalit di prevenzione penale. Infatti, al provvedimento che la ordina consegue un trasferimento a titolo originario del bene sequestrato nel patrimonio dello Stato. Con il che si pone un suggello finale a una situazione che deve ritenersi ormai esaurita. Se simili considerazioni appaiono in s fuori discussione, sembra tuttavia che per una sorta di equivoco esse siano state trasposte senza distinzioni di sorta nella problematica riguardante la revoca della confisca accessoria a una misura personale di prevenzione, prevista dalla L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 7, comma 2. Pi in particolare vero che l'irreversibile risultato ablatorio, conseguente alla definitivit del provvedimento, rende anche la confisca in esame insensibile a successivi mutamenti della situazione che abbiano recato modificazioni alla pericolosit del soggetto inciso o che abbiano addirittura fatto cessare la sua pericolosit. Risultato questo gi derivante dal carattere istantaneo e non permanente di ogni disposizione di confisca in quanto tale, ma nella specie rafforzato dalla natura di sanzione patrimoniale, riconosciuta alla nostra confisca, risposta a una acquisizione illecita di beni, situazione per sua natura insuscettiva di evoluzione (giurisprudenza costante, cfr. ex plurimis Cass. sez. 2^, 28 marzo 1996, n. 1438 Olivieri). Non per egualmente vero che lirreversibilit dellablazione impedisca di accertare, oggi per allora, e nello spazio non precluso dalla definitivit del provvedimento, loriginaria insussistenza dei presupposti che hanno condotto alla sua emanazione. Dunque, in base al principio di diritto affermato con la sentenza citata deve ritenersi che: consentita nellordinamento la revoca della confisca disposta in sede di misure di prevenzione; tuttavia, anche al verificarsi di tale evenienza, lacquisto in capo al patrimonio dello Stato conseguente alla iniziale confisca (sia pure revocata con efficacia ex tunc, in seguito allaccertamento delloriginaria insussistenza dei presupposti che hanno condotto alla sua emanazione) resta immodificabile (si tratta cio di ablazione irreversibile) ; una volta riconosciuta linvalidit del titolo, la ritenuta irreversibilit dell'ablazione non esclude la possibilit di una restituzione, per determinazione discrezionale della Pubblica Amministrazione, e, quanto meno, provoca linsorgenza di un obbligo riparatorio della perdita IL CONTENZIOSO NAZIONALE 297 patrimoniale, priva di giustificazione sin dal momento in cui si verificata. (cos SU cit.). Ne consegue che la restituzione in natura del bene afferisce alla sfera della discrezionalit dellAmministrazione che pu, pertanto, risolversi in tal senso, ma pu legittimamente preferire la restituzione per equivalente, a titolo indennitario. Escluso, pertanto, lobbligo di restituzione in natura (e ferma la possibilit per lamministrazione di optare per tale soluzione), non ammissibile che la p.a. possa, con comportamenti dilatori quali quelli assunti in relazione alla vicenda portata allattenzione del Collegio, sottrarsi a qualsivoglia esecuzione del decreto di revoca della confisca. Stante, pertanto: lesistenza di una decisione passata in giudicato; la regolare diffida ex art, 90 reg. proc.; il perdurante inadempimento nellesecuzione; lamministrazione intimata va condannata al pagamento di somma equivalente al bene da restituire. In proposito il Collegio, per determinare esattamente tale valore, ha disposto apposita verificazione, ordinando di stimare lappartamento oggetto di controversia, senza tener conto delle opere, medio tempore, realizzate dallamministrazione. Il verificatore ha adempiuto con estrema precisione allincarico affidato, eseguendo indagini che si segnalano per puntualit, approfondimento e attendibilit, avendo avuto cura di valutare il prezzo al mq di appartamenti posti in zone analoghe della citt; di escutere operatori immobiliari; di esaminare lepoca di costruzione dellimmobile e la sua collocazione nel territorio urbano, nonch il suo pregio in relazione agli esercizi commerciali - e non - da cui servita la zona, ai mezzi di trasporto ed ad altri indici tutti di rilievo; effettuando in ultimo la valutazione anche con metodo analitico o per capitalizzazione dei redditi e calcolando, cos, il valore medio al mq. Il valore cos ottenuto, pari ad Euro complessivi 237.722,84 esprime compiutamente il valore del bene allattualit. Al pagamento di tale somma va pertanto condannata lamministrazione, salva la possibilit di restituire il bene in natura. Allamministrazione va assegnato, per provvedere, in favore dei ricorrenti, quali procuratori della destinataria del provvedimento di revoca della confisca, il termine di giorni 60 (sessanta) dalla comunicazione, in via amministrativa (o dalla sua notificazione se anteriore), della presente decisione. Al tempo stesso il Collegio nomina, quale Commissario ad acta, il geom. Sorbello, dir. trib. in quiescenza, al quale stato in precedenza affidato lincarico di verificatore e che si distinto per la puntualit nelladempimento e la cui nomina si rende opportuna perch gi a conoscenza degli atti di causa. Ove lindicato termine di 60 (sessanta) giorni decorra infruttuosamente, dovr provvedere a tutti gli adempimenti occorrenti per il pagamento della somma indicata nel successivo termine di 90 (novanta) giorni. In particolare il Commissario legittimato ad eseguire tutti gli atti e gli adempimenti necessari per dare concreto soddisfacimento al diritto di credito, salvo che lamministrazione non si determini nellassegnato termine di 60 giorni per la restituzione in natura del bene. Resta esclusa dalla presente pronuncia ogni decisione in ordine allulteriore domanda risarcitoria determinata dal ritardo nella restituzione del bene. La trattazione di tale specifica richiesta di condanna va riservata alla pubblica udienza da de- 298 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 terminarsi a seguito di decreto presidenziale su presentazione dell istanza di fissazione udienza e previa regolarizzazione, ove necessario, del ricorso sotto il profilo fiscale, ai fini del contributo unificato. Le spese della presente fase seguono la soccombenza. In dispositivo vengono altres liquidate le spese di verificazione. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, pronunciando sul ricorso n. 837/07, limitatamente alla domanda di esecuzione del giudicato, lo accoglie e per leffetto dichiara lobbligo del Ministero delle Finanze e dellAgenzia del Demanio di Reggio Calabria, per quanto di ciascuna competenza, di adottare le determinazioni amministrative e contabili necessarie per corrispondere alla sig.ra C. la somma di Euro complessivi 237.722,84, salva la facolt di procedere a restituzione in natura del bene indicato nel decreto n. 16/01 del 13.1 - 18.5.2001 della Corte di Appello di Reggio Calabria - Sezione Misure di Prevenzione. Alluopo assegna alle predette Amministrazioni il termine di giorni sessanta (60) dalla comunicazione o notificazione, anche a cura di parte, della presente sentenza, per ottemperare al giudicato. Per il caso di inadempienza ulteriore, nomina Commissario ad acta, il geom. Sorbello Paolo, dir. trib. in quiescenza, perch provveda, entro ulteriori novanta (90) giorni dal termine predetto, al pagamento della somma sopra indicata, a spese delle Amministrazioni intimate. Liquida al verificatore Euro 2000,00. Liquida in complessivi Euro 2000,00 il compenso del Commissario ad acta e pone lonere della relativa spesa a carico dellAmministrazione intimata. Riserva alla trattazione in pubblica udienza la decisione in ordine alla domanda risarcitoria, previa regolarizzazione, ove necessario del ricorso ai fini del versamento del contributo unificato, mandando alla segreteria per la verifica di tale adempimento da parte dei ricorrenti. Condanna le amministrazioni resistenti al pagamento in solido, in favore della parte ricorrente, delle spese per la verificazione, nonch di quelle di lite che liquida in euro 2000,00 per diritti ed onorari, oltre al rimborso del contributo unificato, IVA e CPA come per legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit amministrativa. Cos deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 28/01/2009. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 299 Il carattere assoluto dellinsindacabilit degli atti politici (Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Bari, Sezione Terza, sentenza 18 maggio 2009, n. 1183) SOMMARIO: 1.- La vicenda processuale. 2.- Sulla categoria degli atti politici: note distintive 3.- e possibili forme di tutela. 4.- Considerazioni conclusive. 1. La vicenda processuale La pronuncia in rassegna offre lo spunto per riflettere su taluni profili di indubbio rilievo indagando, tramite una motivazione efficace e pregnante, sullubi consistam dellatto politico con argomentazioni difficilmente confutabili in linea di mero principio. In particolare, la sezione terza del tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari, stata chiamata a valutare se un decreto del Presidente della Repubblica, emanato su proposta del Ministro dellInterno, volto a rideterminare i collegi uninominali provinciali di Bari, risponda effettivamente ad una scelta legittima attuata dal ministro e dal Capo dello Stato nellesercizio delle loro prerogative o non leda lasserito interesse del Comune ricorrente a mantenere integro il proprio elettorato. Liter argomentativo che si snoda nellintera pronuncia appare, gi ad una prima lettura, chiaro ed incisivo, quasi non voglia lasciar campo a dubbi di ordine interpretativo. A venire in rilievo , invero, il carattere politico che connota latto impugnato (il Decreto del Presidente della Repubblica del 6 aprile 2009 recante Determinazione dei collegi uninominali provinciali della Provincia di Bari): il tribunale amministrativo subito precisa che esso rappresenta indiscutibilmente un atto politico ai sensi dellart. 31 r.d. n. 1054/1924 (norma da ritenersi tuttora vigente). Quindi, portandosi nel medesimo solco tracciato dalla giurisprudenza (Tar Lazio, Roma, sez. III, 16 novembre 2007, n. 11271; Tar Veneto, Venezia, sez. II, 5 marzo 2004, n. 527; Tar Abruzzo, LAquila, 07 ottobre 2003, n. 839; Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2001, n. 1397; Tar Puglia, Bari, sez. I, 19 dicembre 1998, n. 930), i giudici amministrativi pugliesi affermano che la politicit (e la consequenziale insindacabilit in sede giurisdizionale) di un atto debba desumersi dalla compresenza di tre elementi (cumulativi): 1) elemento soggettivo (dovendo provenire da un organo preposto allindirizzo e alla direzione al massimo livello della cosa pubblica); 2) elemento oggettivo (dovendo inerire la costituzione, la salvaguardia e il funzionamento dei pubblici poteri 300 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 nella loro organica struttura e nella loro coordinata applicazione ed essendo espressione della funzione di direzione e indirizzo politico coinvolgendo i supermi interessi dello Stato e delle sue istituzioni fondamentali); 3) libert nella scelta dei fini, svincolata, cio, da obiettivi prefissati e lasciata alla determinazione sovrana, sottratta a qualsivoglia controllo che non sia del pari politico dellautorit. Ebbene, nella specie, discutendosi di un atto promanante da un organo preposto allindirizzo e alla direzione al massimo livello della cosa pubblica (il Ministro dellInterno quale soggetto proponente e il Presidente della Repubblica quale soggetto emanante) (1), concernente il funzionamento di un pubblico potere nella sua organica struttura (id est, elezione del Consiglio provinciale di Bari), per di pi libero nella scelta dei fini (con lunico limite segnato dallosservanza dei parametri costituzionali), non si pu non riconoscerne la natura squisitamente politica. Affinch un atto possa qualificarsi come politico ex art. 31 t.u.c.d.s. n. 1054/1924 come tale sottratto a controllo giurisdizionale non sufficiente, infatti, che esso contenga una valutazione di ordine politico, essendo necessario altres che costituisca espressione della fondamentale funzione di direzione e di indirizzo politico del Paese e coinvolga i supremi interessi dello Stato e delle sue istituzioni fondamentali. Con riferimento, invece, alla prospettazione offerta dal Comune, il Tar Puglia - Bari esclude la sussistenza dei dedotti vizi di legittimit sub specie di violazione di legge, non avendo le censure sollevate dal medesimo ricorrente alcun fondato riscontro n legislativo (lo stesso cita delle mere circolari amministrative e semplici ordini del giorno parlamentari, privi della bench minima natura normativa vincolante) n costituzionale (2). Parimenti, data la natura politica del d.p.r. impugnato, non ritiene configurabile alcun vizio di legittimit sub specie di eccesso di potere nella decisione (politica, appunto, e come tale libera) di smembrare lelettorato del Comune ricorrente, come peraltro accaduto per altri Comuni di piccole dimensioni nellambito del medesimo d.p.r. (1) Non a caso la sentenza in parola, richiamando la dottrina costituzionalistica, ritiene latto impugnato qualificabile come atto formalmente presidenziale e sostanzialmente governativo poich deliberato su proposta di altro organo governativo (rectius Ministro dellInterno). (2) Sostiene il Tar Puglia - Bari che le norme costituzionali che il Comune ricorrente assume essere state violate dal d.p.r. impugnato (rectius artt. 3, 48 e 51 Cost.) non appaiono a questo Collegio ad una attenta disamina disattese. Invero la previsione di cui agli artt. 3, 48 e 51 Cost. relativamente alleguaglianza del diritto di voto non pu considerarsi violata dalla decisione politica impugnata poich la nuova determinazione dei collegi uninominali provinciali della Provincia di Bari di cui al d.p.r. gravato nella parte in cui vengono ridefinite le circoscrizioni dei collegi uninominali n. 24 (Collegio di Molfetta I) e n. 34 (Collegio di Terlizzi-Giovinazzo) per lelezione del Consiglio provinciale di Bari non rappresenta di certo una limitazione ovvero una discriminazione rispetto allesercizio del diritto fondamentale di elettorato sia attivo che passivo ed anzi neutra rispetto allesercizio di tale diritto. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 301 2. Sulla categoria degli atti politici: note distintive ... Come noto, la categoria degli atti politici stata individuata sin dallorigine con criteri rigorosi e tassativi, sia prima dellentrata in vigore della Costituzione del 1948 - dove veniva ancorata dalla giurisprudenza alla sussistenza della cd. ragion di Stato, prescindendo dagli eventuali motivi specifici che ne potevano aver ispirato in concreto lemanazione (3) -, sia dopo il 1948, allorquando, in ossequio al principio della indefettibilit della tutela giurisdizionale ai sensi degli artt. 24 e 113 della Costituzione, sono stati inclusi in essa gli atti che attengono alla direzione suprema e generale dello Stato considerato nella sua unit e nelle sue istituzioni fondamentali (4), la cui ratio stata individuata dal giudice amministrativo (5) nelle esigenze unitarie, salvaguardate dagli organi decisionali dello Stato, chiamati ad adottare atti liberi nella scelta dei fini. Viceversa, come sottolineato dalle sezioni unite della Corte di cassazione (6), gli atti amministrativi anche se connotati da un alto tasso di discrezionalit, sono comunque legati ai fini posti dalla legge nel perseguimento di obiettivi di funzionalit, economicit ed efficacia dellazione amministrativa concretamente esercitabile. Infatti, per quanto ampia possa presentarsi, la discrezionalit facente capo alla P.A. nellesercizio dellattivit amministrativa risulter sempre connotata da una duplice limitazione concretantesi, per un verso, nellimpossibilit di destinare un atto per fini diversi da quelli per i quali il relativo potere di adozione stato conferito e, per altro verso, nel vincolo fondamentale del perseguimento delle finalit pubbliche, predeterminate in sede politico-legislativa, finalit cui lintera azione amministrativa deve tendere. Sicch, come osservato da autorevole dottrina (7), la differenza che realmente intercorre tra atto politico ed atto amministrativo va ravvisata nella carenza di discrezionalit nel primo. Latto politico totalmente libero da vincoli e nei fini. Latto amministrativo, invece, poich deve sottostare alla legge, discrezionale, nel senso che deve rispettare i vincoli nellapprezzamento della situazione di fatto che la legge pone alla determinazione dellautorit amministrativa. Sempre riguardo alla distinzione tra atti politici e provvedimenti amministrativi, si ritiene (8) latto politico, nel paradigma interpretativo, caratteriz- (3) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 20 dicembre 1946, n. 351. In dottrina, cfr. A. AMORTH, Scritti giuridici, 1931-1939, (a cura di E. FERRARI), Milano, 1999, 185, che sottolineava il carattere politico di quegli atti che da queste supreme considerazioni dellinteresse generale dello Stato nella sua unit sono causati. (4) Cfr. laccenno fatto in Corte Cost., 19 marzo 1993, n. 103, in Giur. Cost., 1993, 841 ss. (5) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 14 aprile 2001, n. 340. (6) Cfr. Cass., sez. un., 13 novembre 2000, n. 1170, in Mass. Foro it., 2000, 1731. (7) Cfr. Cfr. P. VIRGA, Diritto Amministrativo, I principi, Milano, 2001, 15. (8) Cfr. P. VIRGA, op. cit., 16. 302 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 zato dai due profili - richiamati anche nella sentenza in commento: il primo, di tipo soggettivo, dovendo provenire latto da organo di pubblica amministrazione, seppure preposto in modo funzionale e, nella specifica vicenda, allindirizzo e alla direzione al massimo livello della cosa pubblica, e il secondo di tipo oggettivo, dovendo riguardare la costituzione, la salvaguardia e il funzionamento dei pubblici poteri nella loro organica struttura e nella loro coordinata applicazione (9). In altri termini, deve trattarsi di un atto proveniente da un organo il cui dovere istituzionale deve essere inequivocabilmente riconducibile alla cura - sub specie di attivit di indirizzo e direzione - della cosa pubblica e deve essere formato sulla base di motivi ispirati esclusivamente dallopportunit politica, dunque non suscettibili di valutazione in sede giurisdizionale. Con la logica e necessitata conseguenza che, enunciando gli obiettivi fondamentali alla cui attuazione dovr provvedere anche la P.A., deve armonizzarsi soltanto con la Costituzione e con le statuizioni in essa contenute (principio del numerus clausus degli atti politici). 3. e possibili forme di tutela Si detto che linsindacabilit giurisdizionale dellatto politico scaturisce sul piano normativo direttamente dalla previsione di cui allart. 31 t.u.c.d.s. 26 giugno 1924 n. 1054 (10), che riprendendo la disposizione di cui allart. 24 della L. 31 marzo 1889, n. 5992, stabilisce linammissibilit del ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale avverso atti e provvedimenti emanati dal Governo nellesercizio del potere politico. Detta norma, scritta sol perch allepoca alla quale risale e cio nel 1889 si riteneva che gli atti posti in essere dal potere esecutivo nellesercizio della funzione di governo non si distinguessero se non sul piano finalistico dagli atti amministrativi (11) sembrerebbe non avere pi diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento, stante linderogabilit del principio sancito expressis verbis dallart. 113 della Costituzione, secondo cui contro gli atti della Pubblica Amministrazione sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa. (9) Cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2001, n. 1397; Cass., sez. un., 25 giugno 1993, n. 7075, in Foro it., 1994, I, 3175 ss. (10) Lart. 31 del T.U. 26 giugno 1924 n. 1054 configura unipotesi eccezionale (come tale soggetta a stretta interpretazione anche in applicazione del principio costituzionale di cui allart. 113 Cost.) di sottrazione al sindacato giurisdizionale di atti soggettivamente e formalmente amministrativi, sul presupposto che gli stessi costituiscano espressione della fondamentale funzione di direzione ed indirizzo politico del Paese. (11) Cos A.M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1989, 18 ss. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 303 Lodierna superfluit della norma in parola sarebbe confermata, secondo autorevole dottrina, anche dagli artt. 2 e 3 della legge Tar, relativi alloggetto dellimpugnativa dinanzi allorgano di giustizia amministrativa di primo grado (ovvero atti e provvedimenti emessi da organi ed enti pubblici territoriali e non) che, letti in combinato disposto con lart. 26 del r.d. 26 giugno 1924 n. 1054 (che individua gli atti o i provvedimenti di unautorit amministrativa o di un corpo amministrativo deliberante), chiariscono come non possano formare oggetto di impugnativa gli atti che non provengono da unautorit amministrativa o che non abbiano valore di atti amministrativi (12). Il venir meno dellinsindacabilit degli atti politici sarebbe stato necessitato anche dalla mancata riproposizione formale dello sbarramento di cui allart. 31 cit. nel testo della legge istitutiva dei tribunali amministrativi regionali. Tali rilievi, per, possono essere facilmente superati laddove si consideri che la richiamata norma costituzionale (e il principio dalla stessa veicolato) deve essere intesa come riferita esclusivamente agli atti amministrativi, e non anche a quelli politici, per la sottoposizione di questi ultimi ad un regime del tutto particolare, ostativo alla loro inclusione nellart. 113 Cost.. N argomenti di segno contrario possono ricavarsi dal dato meramente letterale che la preclusione di cui allart. 31 del t.u.c.d.s. non sia stata prevista nella legge TAR, posto che detta ultima normativa rinvia, per quanto non espressamente regolato, proprio al testo unico del 1924 (13). Tuttavia, pur nella sua attuale vigenza nel nostro ordinamento - come ricordato, per inciso, anche dalla decisione in commento - la norma di cui allart. 31 cit. deve essere interpretata come avente carattere eccezionale, non suscettibile di applicazione analogica, proprio al fine di non vedere vanificata leffettiva operativit di uno dei principi costituzionali che rappresenta al contempo un baluardo per le garanzie del cittadino contro tutti gli atti della pubblica amministrazione ed un limite insuperabile - pena lillegittimit costituzionale della legge - per il Parlamento (14). (12) Cfr. A. M. SANDULLI, op. cit., 1336 ss. Si soffermato sulla suddetta norma anche L. MAZZAROLLI, Quadro generale della giustizia amministrativa, in Diritto amministrativo, AA.VV., Bologna, 2005, 397, ss., uniformandosi alla tesi di Sandulli in ordine alla sua superfluit e sottolineando che altrimenti, cio se a tale norma si attribuisse, un valore limitativo in ordine allimpugnabilit degli atti, che in sua mancanza, dovrebbero ritenersi impugnabili davanti al giudice amministrativo, la norma in questione ormai dovrebbe reputarsi abrogata per effetto del disposto dellart. 113 della Costituzione; conclusione cui invece non dato pervenire se al citato art. 31 si attribuisce un rilievo meramente ricognitivo di un dato che comunque varrebbe, anche senza quella disposizione, cio il riconoscimento dagli atti politici quali atti di natura diversa rispetto agli atti amministrativi. (13) Sul punto, cfr. R. GALLI-D. GALLI, Corso di diritto amministrativo, Padova, 2001, 145 ss. (14) Cfr. G. BERTI, Commentario della Costituzione, a cura di G. BRANCA, La magistratura, tomo IV, artt. 111-113, Roma, 1987, 85 ss. In senso conforme, si espresso anche G. ABBAMONTE, Completezza ed effettivit della tutela giudiziario secondo gli artt. 3, 24, 103 e 113 della Costituzione, in Studi in onore di FELICIANO BENVENUTI, Modena, 1996, 37 ss. 304 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 Del resto, stata la stessa giurisprudenza sia civile che amministrativa (15) - richiamata nella pronuncia de qua - a difendere la portata generale dellart. 113 Cost., postulando espressamente la necessit che ogni scelta derogatoria rispetto ai principi ivi espressi sia supportata da norme di carattere costituzionale, sicch esclusivamente lo specifico rilievo costituzionale e politico della scelta effettuata potrebbe giustificare una limitazione alla suddetta disposizione. Chiarito come in linea di principio gli atti politici sfuggano tuttora al sindacato di legittimit del giudice amministrativo, in virt dellart. 31 cit., resta parimenti esclusa anche la possibilit di esperire, avverso gli stessi, ricorso innanzi al giudice ordinario (16) per due ordini di ragioni concorrenti. Ora, se vero che la funzione politica si esercita allo stesso livello di quella legislativa, la quale essa stessa funzione politica, che lazione politica viene svolta da organi superiorem non recognoscentes, che per essa opera, in base alla Costituzione, un sistema in s conchiuso di controlli e sanzioni di ordine politico e di ordine giuridico (17), sembra doversene trarre la logica conclusione che lordinamento non ha voluto riconoscere ai singoli una tutela giurisdizionale immediata nei confronti dellesercizio della funzione politica (ferma restando, comunque, per il giudice la facolt di conoscere dellatto politico, non fosse altro per stabilire se debba o meno qualificarsi come tale). Linsindacabilit degli atti politici di cui allart. 31 cit. presenta, infatti, carattere assoluto e vale, quindi, tanto nei confronti del G.A. quanto nei confronti dellA.G.O (18). Inoltre, la fruibilit della tutela invocabile in sede civile , come noto, legislativamente limitata alle sole ipotesi in cui la lesione lamentata dal ricorrente concerna un diritto soggettivo (art. 2 della L. n. 2248 del 1865, all. E, sullabolizione del contenzioso). Orbene, come meglio si dir in seguito, risulta essere estremamente re- (15) Cfr. Cass., sez. un., 18 maggio 2006 n. 11623 e Cons. Stato, sez. V, 23 gennaio 2007, n. 209, in Rivista CdS, 131 ss. (16) Cfr. A. SANDULLI, op. cit., 18. LAutore, muovendo dalla risalente impostazione che vedeva nel discrimen tra gli atti di gestione e atti dimperio il criterio di riparto tra la giurisdizione del giudice ordinario e quella del giudice amministrativo, giunge a formulare considerazioni di ordine critico rispetto alla norma di cui allart. 2 della legge sul contenzioso amministrativo relativamente ai provvedimenti del potere esecutivo o dellautorit amministrativa. Questultima, lungi dal poter giustificare la sindacabilit da parte del giudice ordinario degli atti politici posti in essere dal potere esecutivo non autorizza a ritenere che il legislatore, parlando di provvedimenti del potere esecutivo abbia inteso riferirsi anche agli atti politici. (17) Esclusa, come illustrato, lesperibilit di tutti i rimedi utilizzabili a fronte di atti amministrativi, rispetto agli atti politici opera, tuttavia, un sistema di controlli e di sanzioni di carattere politico, di competenza del corpo elettorale e del Parlamento, i quali possono, ad esempio, non riconfermare gli organi che si siano resi responsabili di unattivit ritenuta meritevole di censura, ovvero (con riferimento alle Camere), esprimersi con un voto di sfiducia. (18) Cfr. G. PALATIELLO, Il concetto di atto politico giustiziabile, in questa Rassegna, 4, 2008, 324 ss. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 305 mota, se non addirittura inesistente, la possibilit di una lesione immediata a seguito dellemanazione di un atto politico, considerato che ogniqualvolta questultimo venisse ad incidere direttamente su di una situazione di diritto soggettivo, linteresse individuale verrebbe assorbito nellinteresse della collettivit (19). In ogni caso, linsindacabilit degli atti politici in sede giurisdizionale risulta ampiamente giustificata dalla valutazione del loro ambito operativo. Considerato, infatti, che essi recano normalmente direttive di carattere generale, non si presentano idonei ad incidere immediatamente sulle posizioni giuridiche dei destinatari, che al pi possono essere pregiudicate dallemanazione di successivi atti volti a dargli attuazione. Nellipotesi, poi, in cui gli atti de quibus contengano delle disposizioni puntuali, capaci di sortire in maniera immediata il pregiudizio di posizioni individuali, il loro contrasto con i principi costituzionali come detto, unico limite allattivit politica potr essere portato allattenzione della magistratura attraverso due diversi strumenti: (i) la possibilit di sollevare conflitto di attribuzione innanzi alla Corte Costituzionale; (ii) quindi, nel caso di atto politico avente carattere legislativo, la proponibilit delleccezione di incostituzionalit, il cui accoglimento impone allo Stato il ripristino della situazione pregressa o il risarcimento dei danni (20). 4. Considerazioni conclusive Con la sentenza in rassegna, il Tar Puglia ha respinto il ricorso presentato dal Comune di Giovinazzo, ritenendo che il provvedimento impugnato rientri nella categoria degli atti politici sottratti al sindacato giurisdizionale ex art. 31 t.u.c.d.s. La decisione simpone allattenzione dellinterprete, oltre che per la sua chiarezza espositiva, anche per la singolare virata impressa in un contesto giurisprudenziale ormai caratterizzato dalla progressiva erosione della categoria degli atti politici, erosione indotta proprio dalla diffusa necessit di limitare il descritto deficit di tutela giurisdizionale attraverso una rigorosa interpretazione restrittiva del concetto di atto politico (21). Infatti, pur non allontanandosi dalle conclusioni restrittive cui sinora giunta la giurisprudenza sia civile che amministrativa sullinsindacabilit degli atti politici, il Tar Puglia - Bari, con la sentenza de qua, nel riconoscere la natura politica dellatto impugnato, ha contribuito a ridare attualit al principio (19) Cfr. A.M. SANDULLI, op. cit., 18. (20) Cfr. R. GALLI-D. GALLI, op. cit, 234. (21) Cfr., fra le pi recenti, Cons. Stato, sez. V, 23 gennaio 2007, n. 209; TAR Sicilia, sez. I, 3 maggio 2007, n. 765; Tar Puglia Lecce, sez. I, 10 ottobre 2007, n. 895 Tar Puglia - Lecce, sez. I, 9 gennaio 2008, n. 12 sulla natura non politica dellatto di revoca dellassessore comunale. 306 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 contenuto nellart. 31 t.u.c.d.s., nonch unautonoma dignit ontologica e giuridica alla categoria stessa degli atti politici, spesso confusa o fatta confluire in quella, pi garantistica, degli atti di cd. alta amministrazione, sindacabili in sede giurisdizionale (22). La decisione in commento perviene ad una lettura in termini di atto politico del decreto presidenziale impugnato attraverso un passaggio motivazionale molto chiaro che dalla rilevata assenza di paramenti normativi alla cui stregua valutarne la legittimit (se non le disposizioni di rango costituzionale) fa scaturire la consequenziale non configurabilit di soggetti lesi interessati allannullamento del medesimolegittimati a contestare in sede giurisdizionale amministrativa la presente decisione politica (23). Cos argomentando (24), il tribunale amministrativo pugliese ha sostanzialmente fatto propria la tesi, sopra richiamata, di chi ravvisa la ratio ultima dellinsindacabilit degli atti politici proprio nella loro intrinseca inidoneit ad incidere in via immediata e diretta sulle posizioni giuridiche dei soggetti destinatari, atteso il loro contenuto fortemente politico, inerente cio allindirizzo generale da imprimere allo Stato in un dato momento storico. Ha cos riguardato il problema dellubi consistam dellatto politico dal punto di vista della posizione legittimante, ribadendo che di fronte agli atti politici non insorge in capo ad eventuali interessati, alcuna situazione giuridica soggettiva tutelabile. Dott. Fabrizio Doddi* (22) Si soffermato sul rapporto tra principio di legalit ed atti di alta amministrazione G. VACIRCA, Il principio di legalit e il giudice amministrativo, relazione al 53 Convegno di studi amministrativi, Varenna, 20-22 settembre 2007, Il principio di legalit nel diritto amministrativo che cambia, evidenziando come il principio di legalit stato sovente richiamato in sede giurisprudenziale per ammettere la sindacabilit di provvedimenti connotati da elevata discrezionalit (di alta amministrazione) di nomina e scelta dei dirigenti. LAutore, inoltre, pone in rilievo come esclusivamente la ragionevole e adeguatamente ponderata valutazione della realt di fatto nel rispetto di un minimum di principi giuridici- nella quale opera lamministrazione possa condurre la medesima ad una scelta di opportunit che risponda al principio di buon andamento. (23) Cfr. Tar Puglia-Bari, sentenza in commento. (24) Si legge nella sentenza de qua che Invero, se il Comune di Giovinazzo ricorrente agisce in giudizio quale ente locale autonomo non si configura nel caso di specie alcuna lesione delle sue prerogative nella scelta ministeriale e presidenziale di smembrare il territorio del Comune medesimo a livello di determinazione dei collegi elettorali uninominali; pertanto vi sarebbe in tal caso difetto di interesse e di legittimazione ad agire del Comune. Se viceversa il Comune ricorrente agisce in giudizio quale ente esponenziale della collettivit locale va tuttavia evidenziato che le azioni popolari sono rigorosamente tassative e non configurabile, n prevista dal legislatore nel caso di specie alcuna azione popolare in capo al singolo cui si possa sostituire il Sindaco del Comune quale rappresentante come detto - della comunit locale; ed anzi a tutto concedere la sostituzione che implicita nelle azioni popolari tassativamente previste dal legislatore (cfr. art. 9 d.lgs. n. 267/2000 [TUEL]) avviene in senso opposto e cio il singolo a sostituirsi rispetto allinerzia dellente locale. (*) Dottore in giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 307 Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Bari, Seziona Terza, sentenza 18 maggio 2009 n. 1183 - Pres. A. Urbano - Ref. Est. F. Cocomile - Comune di Giovinazzo (Avv. N. Calvani) c. Ministero dellInterno + altri (Avv. dello Stato G. C. Matteo). (... Omissis) FATTO e DIRITTO Il presente ricorso deve essere respinto, dovendosi conseguentemente prescindere dalleccezione di integrazione del contraddittorio nei confronti dei candidati e dei cittadini votanti nei collegi nn. 24 e 34 e dalle altre eccezioni preliminari sollevate dallAvvocatura Distrettuale dello Stato di Bari. Invero il Comune di Giovinazzo in persona del Sindaco pro tempore chiede lannullamento, previa sospensiva, del decreto del Presidente della Repubblica del 6 aprile 2009 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 82 del giorno 8 aprile 2009), recante in epigrafe Determinazione dei collegi uninominali provinciali della Provincia di Bari nella parte in cui vengono ridefinite le circoscrizioni dei collegi uninominali n. 24 (Collegio di Molfetta I) e n. 34 (Collegio di Terlizzi-Giovinazzo) per lelezione del Consiglio provinciale di Bari, prevedendosi pertanto lo smembramento del Comune di Giovinazzo, andando cos differenti porzioni di detto Comune a formare parte dei due menzionati collegi uninominali e privando in tal modo i cittadini di Giovinazzo - a dire del Comune ricorrente - della possibilit di avere un proprio rappresentante nel Consiglio provinciale di Bari. Detto d.p.r. stato adottato ai sensi dellart. 9, comma 4 legge n. 122/1951 e successive modifiche recante norme per lelezione dei Consigli provinciali (La tabella delle circoscrizioni dei collegi sar stabilita, su proposta del Ministro dellInterno con decreto del Presidente della Repubblica da pubblicarsi sulla Gazzetta Ufficiale). Latto impugnato rappresenta indiscutibilmente un atto politico ai sensi dellart. 31 r.d. n. 1054/1924 Testo Unico delle leggi sul Consiglio di Stato) in forza del quale Il ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale non ammesso se trattasi di atti o provvedimenti emanati dal Governo nellesercizio del potere politico (norma da ritenersi tuttora vigente). Tale previsione normativa certamente estensibile anche ai giudizi dinanzi ai Tribunali Amministrativi Regionali in forza della disposizione di cui allart. 19, comma 1, legge n. 1034/1971 alla stregua della quale nel corso di detti giudizi si osservano le norme di procedura operanti dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato e quindi anche lart. 31 r.d. n. 1054/1924. La politicit (e la consequenziale insindacabilit in sede giurisdizionale) dellatto secondo giurisprudenza ormai consolidata (cfr. T.A.R. Lazio Roma, Sez. III, 16 novembre 2007, n. 11271; T.A.R. Veneto Venezia, Sez. II, 05 marzo 2004, n. 527; T.A.R. Abruzzo LAquila, 07 ottobre 2003, n. 839; Cons. Stato, Sez. IV, 12 marzo 2001, n. 1397; T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 19 dicembre 1998, n. 930; T.A.R. Campania Napoli, Sez. I, 25 gennaio 1993, n. 22) desumibile da tre elementi che latto in questione deve possedere cumulativamente: 1) elemento soggettivo (dovendo provenire da organo preposto allindirizzo e alla direzione al massimo livello della cosa pubblica); 2) elemento oggettivo (dovendo riguardare la costituzione, la salvaguardia e il funzionamento dei pubblici poteri nella loro organica struttura e nella loro coordinata applicazione ed essendo espressione della funzione di direzione e indirizzo politico coinvolgendo i supremi interessi dello Stato e delle sue istituzioni fondamentali); 3) libert nella scelta dei fini, svincolata cio da obiettivi prefissati e lasciata alla determinazione so- 308 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 vrana, sottratta a qualsiasi controllo che non sia del pari politico dellautorit. Trattasi in altri termini di ... atti che, in apparenza soggettivamente e formalmente amministrativi, costituiscono tuttavia espressione della fondamentale funzione di direzione e di indirizzo politico del Paese e coinvolgono i supremi interessi dello Stato e delle sue istituzioni fondamentali, non essendo sufficiente (a qualificare un atto come atto politico) che vi intervenga una valutazione di ordine politico. In tali casi, ma solo in essi, che configurano ipotesi eccezionali, e di stretta interpretazione, latto considerato pu sottrarsi a controllo giurisdizionale. (cfr. T.A.R. Abruzzo LAquila, 07 ottobre 2003, n. 839). Come evidenziato dal Consiglio di Stato, Sez. V, 23 gennaio 2007, n. 209: fino ad epoca recente la categoria degli atti politici stata individuata con criteri restrittivi, sia prima dellentrata in vigore della Costituzione del 1948, evidenziandosi che essi debbono trovare causa obiettiva nella ragione di Stato indipendentemente dai motivi specifici che ne abbiano in concreto determinato lemanazione (v. la decisione di questo Consiglio, Sez. IV n. 351 del 20.1.21946), sia principalmente dopo il 1948 in ossequio al principio della indefettibilit della tutela giurisdizionale ai sensi degli artt. 24 e 113 della Costituzione, e sono stati inclusi in essa generalmente gli atti che attengono alla direzione suprema e generale dello Stato considerato nella sua unit e nelle sue istituzioni fondamentali (v. laccenno fatto in Corte cost. n. 103 del 19.3.1993). E stato al riguardo precisato che gli atti politici costituiscono espressione della libert (politica) commessa dalla Costituzione ai supremi organi decisionali dello Stato per la soddisfazione di esigenze unitarie ed indivisibili a questo inerenti (v. la decisione di questo Consiglio, sez. IV n. 340 del 14.4.2001) e che essi sono liberi nella scelta dei fini, mentre gli atti amministrativi, anche quando sono espressione di ampia discrezionalit, sono comunque legati ai fini posti dalla legge (v. Cass. S.U. n. 1170 del 13.11.2000). Si sottolineato inoltre che essi sono caratterizzati da due profili: luno soggettivo, dovendo provenire latto da organo di pubblica amministrazione, seppure preposto in modo funzionale e, nella specifica vicenda, allindirizzo e alla direzione al massimo livello della cosa pubblica, e laltro oggettivo, dovendo riguardare la costituzione, la salvaguardia e il funzionamento dei pubblici poteri nella loro organica struttura e nella loro coordinata applicazione (v. le decisioni di questo Consiglio, Sez. IV, n. 1397 del 12.3.2001 e n. 217 del 29.9.1996). Le Sezioni Unite della Suprema Corte (cfr. sentenza n. 7075/1993) ad esempio hanno considerato il decreto presidenziale di nomina dei senatori a vita da parte del Presidente della Repubblica ai sensi dellart. 59, comma 2 Cost. atto tipicamente politico ex art. 31 r.d. n. 1054/1924 insindacabile in sede giurisdizionale poich posto in essere nellesercizio di una funzione diversa da quella amministrativa classica. Non vi dubbio che il d.p.r. impugnato in questa sede volto a rideterminare i collegi uninominali provinciali della Provincia di Bari in vista delle ormai imminenti elezioni amministrative ridefinendo, tra laltro, la circoscrizioni dei collegi uninominali n. 24 (Collegio di Molfetta I) e n. 34 (Collegio di Terlizzi-Giovinazzo) presenti congiuntamente i tre requisiti predetti necessari alla configurazione dellatto politico ex art. 31 r.d. n. 1054/1924. Trattasi infatti di atto promanante da un organo preposto allindirizzo e alla direzione al massimo livello della cosa pubblica (nel caso di specie Ministro dellInterno quale soggetto proponente e Presidente della Repubblica quale soggetto emanatite) il d.p.r. in esame riguarda poi il funzionamento di un pubblico potere nella sua organica struttura (i.e. elezione del Consiglio provinciale di Bari). Infine va evidenziato che atto indubbiamente libero nella scelta dei fini rimessi alla valutazione insindacabile (se non con riferimento allosservanza dei parametri costituzionali che IL CONTENZIOSO NAZIONALE 309 nel caso di specie, come si vedr, non risultano violati) dellorgano lato sensu politico. Dal punto di vista della dottrina costituzionalistica latto in esame qualificabile come atto formalmente presidenziale e sostanzialmente governativo poich deliberato su proposta di altro organo governativo (rectius Ministro dellInterno). La politicit dellatto tale per cui non si configurano a fronte dello stesso soggetti lesi interessati allannullamento del medesimo, data peraltro lassenza di paramenti normativi alla cui stregua valutartie la legittimit (se non le disposizioni di rango costituzionale). Non caso che nella presente fattispecie le disposizioni (volte ad impedire o quantomeno a disincentivare lo smembramento dei comuni nella formazione dei collegi elettorali) asseritamente violate dal d.p.r. impugnato altro non sono che ordini del giorno dei due rami del Parlamento (in particolare ordine del giorno approvato dalla Camera dei deputati nella seduta dellil.01.1951 ed ordine del giorno approvato dal Senato nella seduta del 27.02.1951) che certo non hanno natura normativa vincolante e dettano unicamente un indirizzo, peraltro assai risalente nel tempo, rivolto allattivit del Governo. Pertanto, non avendo le censure sollevate dal ricorrente fondamento e riscontro legislativo (lo stesso cita inoltre la circolare della Direzione centrale dei servizi elettorali n. 93 del 06.11.2002, la circolare del Ministero dellInterno n. 2472 del 26.09.2007 e la circolare della Prefettura di Bari - Ufficio Territoriale del Governo prot. ti. 375/4.2.9/UPE che si muove nella stessa direzione dei menzionati ordini del giorno parlamentari), non configurabile alcun vizio di legittimit sub specie di violazione di legge. Peraltro le norme costituzionali che il Comune ricorrente assume essere state violate dal d.p.r. impugnato (rectius artt. 3, 48 e 51 Cost.) non appaiono a questo Collegio ad una attenta disamina disattese. Invero la previsione di cui agli artt. 3, 48 e 51 Cost. relativamente alleguaglianza del diritto di voto non pu considerarsi violata dalla decisione politica impugnata poich la nuova determinazione dei collegi uninominali provinciali della Provincia di Bari di cui al d.p.r. gravato nella parte in cui vengono ridefinite le circoscrizioni dei collegi uninominali n. 24 (Collegio di Molfetta I) e n. 34 (Collegio di Terlizzi-Giovinazzo) per lelezione del Consiglio provinciale di Bari non rappresenta di certo una limitazione ovvero una discriminazione rispetto allesercizio del diritto fondamentale di elettorato sia attivo che passivo ed anzi neutra rispetto allesercizio di tale diritto. Data la natura politica del d.p.r. impugnato non parimenti configurabile alcun vizio di legittimit sub specie di eccesso di potere nella decisione di smembrare il Comune di Giovinazzo, come peraltro accaduto per altri Comuni di piccole dimensioni nellambito del medesimo d.p.r. Inoltre va evidenziato che largomento della politicit e consequenziale insindacabilit in sede giurisdizionale del d.p.r. de quo si riconnette inscindibilmente allassenza di soggetti qualificati legittimati a contestare in sede giurisdizionale amministrativa la presente decisione politica. Invero, se il Comune di Giovinazzo ricorrente agisce in giudizio quale ente locale autonomo non si configura nel caso di specie alcuna lesione delle sue prerogative nella scelta ministeriale e presidenziale di smembrare il territorio del Comune medesimo a livello di determinazione dei collegi elettorali uninominali; pertanto vi sarebbe in tal caso difetto di interesse e di legittimazione ad agire del Comune. Se viceversa il Comune ricorrente agisce in giudizio quale ente esponenziale della collettivit locale va tuttavia evidenziato che le azioni popolari sono rigorosamente tassative e non configurabile, n prevista dal legislatore nel caso di specie alcuna azione popolare in capo al 310 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 singolo cui si possa sostituire il Sindaco del Comune quale rappresentante - come detto - della comunit locale; ed anzi a tutto concedere la sostituzione che implicita nelle azioni popolari tassativamente previste dal legislatore (cfr. art. 9 d. lgs n. 267/2000 [TUELI]) avviene in senso opposto e cio il singolo a sostituirsi rispetto allinerzia dellente locale. Come evidenziato dal Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, sez. V, 20 novembre 1987, n. 708) Nel vigente ordinamento lazione popolare costituisce rimedio del tutto eccezionale e non pertanto ammissibile al di fuori dei casi tassativamente previsti dal legislatore.. In tal senso si sono espressi anche T.A.R. Lombardia Milano, sez. Il, 14 maggio 2007, n. 3071, T.A.R. Molise, 20 gennaio 1989, n. 3 e Cons. Giust. Amm. Sicilia, 2 giugno 1987, n. 14. Non quindi ammissibile alcuna azione popolare in capo al Sindaco del Comune di Giovinazzo ricorrente. Dalle considerazioni espresse in precedenza consegue il rigetto del ricorso. Considerata la peculiarit della controversia, la natura e la qualit delle parti, sussistono giuste ragioni di equit per compensare le spese di giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. III, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo respinge. Spese compensate. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 311 Sul rifiuto dellufficiale di stato civile di effettuare le pubblicazioni per un matrimonio tra omosessuali (Corte di Appello di Brescia, Sezione I civile, decreto del 2 luglio 2009 n. 69; Tribunale di Venezia, Sezione III civile, ordinanza del 4 aprile 2009) SOMMARIO: 1.- La fattispecie. 2.- La questione dellapplicabilit dellart. 98 c.c. 3.- La nozione di matrimonio secondo lordinamento interno ed il carattere essenziale dellomosessualit biologica dei nubendi. 4.- Profili di costituzionalit. Lordinanza Tribunale Venezia 4 febbraio - 3 aprile 2009. 5.- Il matrimonio negli ordinamenti comunitario ed internazionale. 1. La fattispecie Una coppia di omosessuali presenta allufficiale di stato civile richiesta di eseguire le pubblicazioni prescritte in vista della celebrazione del matrimonio; lufficiale di stato civile oppone formale rifiuto, in considerazione del fatto che entrambi i nubendi sono di sesso maschile mentre il matrimonio presuppone la loro eterosessualit, dovendosi ritenere contrario allordine pubblico il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Contro il rifiuto i due propongono ricorso al Tribunale ai sensi dellart. 98 cod. civ., chiedendo che sia ordinato allufficiale di stato civile di procedere alle pubblicazioni di matrimonio, previa eventuale rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimit costituzionale degli artt. 107, 108, 143, 143 bis, 156 bis cod. civ. (quelli cio che fanno riferimento quanto meno implicito alleterosessualit dei nubendi) con riferimento agli artt. 2, 3, 10 co. 2, 13 e 29 Cost.. Il Tribunale di Bergamo, respinta leccezione preliminare di inammissibilit del ricorso sollevata dalla difesa del Sindaco (passivamente legittimato in quanto ufficiale di stato civile ed in tale veste difeso dallAvvocatura dello Stato quale ufficiale di Governo), rigetta la domanda con lordinanza in esame, attraverso liter motivazionale che cos si pu sintetizzare: - bench nellordinamento manchi una definizione esplicita dellistituto matrimoniale, ci dipende dal fatto che si intende richiamata la nozione di matrimonio frutto della evoluzione secolare del diritto privato, che, seppure implicita, fa parte del sentire comune, mai messo in discussione, secondo cui il matrimonio una unione formale e stabile tra un uomo e una donna, essenzialmente diretta alla procreazione e alleducazione dei figli; tale richiamo confermato dalle disposizioni (artt. 107 e 143 c.c.) che fanno esplicito riferimento alleterosessualit dei coniugi; - la pretesa illegittimit costituzionale delle disposizioni in esame, dedotta dai ricorrenti sul presupposto della definizione implicita fatta propria dal Tri- 312 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 bunale, non sussiste, giacch dagli artt. 2 e 3 Cost. non ricavabile un diritto costituzionalmente garantito a contrarre matrimonio, a prescindere dalle disposizioni positive che regolano listituto; - linsussistenza di impedimenti in senso proprio alla celebrazione del matrimonio (giacch gli artt. 84 e seguenti c.c. non contemplano in tal senso lidentit di sesso tra i nubendi) irrilevante, giacch il legislatore ha evidentemente inteso tale dato come assolutamente pacifico sulla base della nozione consolidata e pacifica del matrimonio tradizionale; - nessuna norma internazionale contempla il diritto di due persone dello stesso sesso di contrarre matrimonio tra loro. In seguito a reclamo degli interessati, la Corte dappello di Brescia conferma il provvedimento del giudice di primo grado, sia quanto alla reiezione delleccezione preliminare, sia quanto al merito; in particolare essa approfondisce la questione di legittimit costituzionale e la dichiara manifestamente infondata osservando che la Costituzione non contempla il matrimonio fra le esplicazioni della personalit umana da garantire (artt. 2 e 3), n rivolge attenzione a tale istituto giuridico se non, in via indiretta, attraverso lart. 29, ove nel prevedere espressamente la tutela della famiglia e del principio di uguaglianza morale e giuridica dei coniugi (questultima affermazione direttamente collegata alla eterosessualit dellunione ed alla tradizionale disparit di fatto e di diritto fra maschio e femmina), fa riferimento allistituto del matrimonio solo quale necessario presupposto per la tutela cos accordata, mentre spetta al legislatore (che finora non ha ritenuto di dover intervenire) leventuale predisposizione di istituti giuridici idonei a tutelare e regolamentare, con strumenti anche assimilabili a quelli previsti in materia matrimoniale, unioni non riconducibili al modello tradizionale del matrimonio e non necessariamente caratterizzate dallidentit di sesso dei loro partecipanti. 2. La questione dellapplicabilit dellart. 98 c.c. La difesa erariale aveva eccepito linammissibilit del ricorso ex art. 98 cod. civ. sostenendo che questo rimedio concerne i casi di rifiuto di eseguire le pubblicazioni per ragioni connesse allesistenza di impedimenti preclusivi, in concreto, di un matrimonio astrattamente celebrabile, laddove nella fattispecie la contestazione non verteva sullesistenza di impedimenti, quanto sullassenza di un requisito essenziale del matrimonio, talch da un lato doveva escludersi che quello prefigurato dai ricorrenti potesse definirsi matrimonio, dallaltro oggetto della loro domanda non era tanto la pretesa di conseguire le pubblicazioni quanto piuttosto quella di veder riconosciuto il loro preteso diritto di celebrare il matrimonio, da cui la necessit di procedere allaccertamento di tale diritto nelle forme processuali ordinarie. Il rimedio processuale apprestato dallart. 98 c.c. integra un controllo in IL CONTENZIOSO NAZIONALE 313 sede di giurisdizione volontaria, diretto non tanto allaccertamento di diritti soggettivi, quanto piuttosto alla verifica della corretta attuazione delle proprie funzioni da parte dellautorit amministrativa, ancorch attribuito alla competenza di un organo giurisdizionale; nella fattispecie, al contrario, non realmente in discussione il fatto che lufficiale di stato civile abbia correttamente adempiuto agli obblighi del suo ufficio, valutando la regolarit della documentazione presentatagli, bens il fatto che tali obblighi sussistessero in presenza di una richiesta finalizzata a quello che egli ha ritenuto (in realt) non essere un matrimonio. Si potrebbe forse chiosare che in realt male ha fatto lufficiale di stato civile a ricevere la domanda di pubblicazione, giacch questa gi presupporrebbe la verifica della sua preordinazione ad un atto qualificabile come matrimonio: sicch, in presenza di una richiesta presentata da una coppia omosessuale, egli avrebbe dovuto opporre il rifiuto (non gi di eseguire le pubblicazioni, quanto) di ricevere la domanda stessa in quanto non preordinata ad un atto qualificabile come matrimonio. Solo dopo aver verificato che le pubblicazioni sono finalizzate ad un matrimonio, in quanto richieste da persone di sesso diverso, lufficiale di stato civile potrebbe procedere a verificare la regolarit della documentazione presentata e leventuale esistenza di impedimenti, opponendo eventualmente un rifiuto impugnabile nella forma dellart. 98 c.c. Tanto il Tribunale quanto la Corte dappello hanno respinto leccezione sulla scorta di uninterpretazione rigorosa della domanda proposta in sede di volontaria giurisdizione: in sostanza, avendo i ricorrenti impugnato il diniego di pubblicazione a questo che deve limitarsi la cognizione del giudice, verificando la legittimit di tale rifiuto nelle forme per ci prescritte dalla disposizione richiamata. Secondo la Corte dappello, in particolare, lammissibilit del matrimonio tra omosessuali dedotta solo come questione incidentale per vagliare la legittimit del rifiuto opposto dallufficiale di stato civile ad eseguire le pubblicazioni, che costituisce loggetto principale del processo. Tuttavia innegabile, ad avviso di chi scrive, che il vero significato del rifiuto opposto alla richiesta dei ricorrenti fosse di negare non tanto la possibilit di eseguire le pubblicazioni relative al matrimonio tra i richiedenti, quanto piuttosto la possibilit di eseguire le pubblicazioni in funzione di un atto che non qualificabile come matrimonio. Daltra parte oggetto della domanda non era tanto la pretesa che lufficiale di stato civile procedesse alle pubblicazioni, quanto piuttosto che successivamente celebrasse il matrimonio: in altri termini e al di l delle formule usate, i ricorrenti chiedevano fosse accertato il loro (preteso) diritto soggettivo di celebrare il matrimonio. A ben vedere il Tribunale (a differenza della Corte dappello) ha in qualche modo riconosciuto la fondatezza di tale osservazione, laddove ha affermato essere vero che gli opponenti non tendono sostanzialmente a censurare la legittimit del diniego opposto dallufficiale dello stato civile, n a dimostrare lesistenza di requisiti formali per contrarre matrimonio, negati dallo stesso, 314 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 bens ad ottenere una statuizione sul loro preteso diritto di contrarre matrimonio come persone dello stesso sesso, per le quali lordinamento esclude listituto del matrimonio; tuttavia non ne ha tratte le logiche conseguenze, affermando di doversi in sostanza attenere al contenuto della domanda, quale emerge dal rimedio attivato dai ricorrenti. Cos facendo, per, esso non ha tenuto conto che il giudice tenuto a qualificare la domanda in considerazione del suo effettivo contenuto, desumibile non solo da aspetti formali (quali il richiamo alla disposizione che si reputa applicabile o una particolare formulazione delle conclusioni), ma anche dalle argomentazioni spese a suo sostegno. Daltra parte, ponendosi nella diversa prospettiva di uneventuale statuizione di accoglimento della domanda, pare indiscutibile che prima di stabilire se si debba ordinare allUfficiale di stato civile di procedere alle pubblicazioni matrimoniali, verificando se sussistano tutti i presupposti che la legge richiede a tale scopo, sia necessario accertare se quello cui le pubblicazioni sono preordinate sia effettivamente un matrimonio; in altri termini, prima di stabilire se esistano o meno i presupposti per eseguire le pubblicazioni relativamente a quella coppia di nubendi, occorre stabilire se in effetti essi si possano definire nubendi. Ad avviso di chi scrive, pertanto, la domanda proposta esulava dallambito del procedimento speciale previsto dallart. 98 c.c. ed avrebbe dovuto essere qualificata come domanda di accertamento del diritto (soggettivo e di natura pubblicistica) preteso dai ricorrenti di contrarre matrimonio tra loro. Non si dimentichi che nel nostro ordinamento il matrimonio non pu essere qualificato come negozio giuridico meramente privatistico, giacch esso assume riflessi pubblicistici sia per quanto concerne le modalit di perfezionamento, essendo necessario che esso sia dichiarato dallUfficiale di stato civile (art. 107 c.c.) o comunque di altro soggetto cui lordinamento riconosca eccezionalmente funzioni equipollenti (il sacerdote cattolico nel matrimonio concordatario o il ministro di altri culti religiosi, cfr. art. 83 c.c.), sia per quanto attiene ai rapporti giuridici che ne derivano, che non coinvolgono solo i coniugi, ma anche i terzi (con particolare riferimento alla prole) e lo Stato (che rispetto alle coppie di coniugi vanta pretese, ad esempio allassolvimento dei doveri di cui allart. 147 c.c., e riconosce diritti, incentrati sul principio di cui allart. 29 Cost.) (1). Resta da chiedersi se sia poi cos rilevante il rito da seguire, posto che si convenga sullinterpretazione delleffettiva portata della domanda e quindi del processo e della statuizione finale. Lopinione di chi scrive che il procedi- (1) Ci consente anche di replicare agevolmente allobiezione del Tribunale di Bergamo circa la difficolt di individuare leventuale legittimato passivo di un ipotetico giudizio di accertamento del diritto di contrarre matrimonio, dovendosi convenire con lindicazione, adombrata dallo stesso Tribunale, del Ministero dellinterno, quale ramo dellamministrazione statale deputato alla cura dei rapporti di cui si detto. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 315 mento previsto per i procedimenti di giurisdizione volontaria non offra sempre adeguate garanzie di rispetto del contraddittorio e di approfondimento probatorio; sotto il primo profilo, pu essere significativo il richiamo a Trib. Roma 28.6.1980 (in Foro It. 1981, I, 869) non tanto per il contenuto della decisione (forse la prima sul tema oggetto di quella che qui si commenta), quanto per il fatto che ad essa il collegio pervenne omettendo di convocare ed ascoltare le parti in camera di consiglio, ritenendo la questione risolvibile de plano. Quanto al profilo probatorio, si potrebbe pensare che le valutazioni commesse al giudice in sede di giurisdizione volontaria non richiedano approfondimenti di fatto che vadano oltre lesame di documenti, ma nella fattispecie, ad esempio, avrebbe assunto rilevanza essenziale laffermazione dei ricorrenti circa la sopravvenuta modificazione dellopinione pubblica a proposito delle unioni omosessuali, circostanza che avrebbe pur richiesto un adeguato sostegno probatorio. 3. La nozione di matrimonio secondo lordinamento interno ed il carattere essenziale delleterosessualit biologica dei nubendi Il Tribunale di Bergamo (i cui rilievi la Corte dappello si limitata a definire assolutamente pertinenti e () condivisi) ha ritenuto che nellordinamento, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, esista una precisa, bench implicita, nozione di matrimonio, e che ci escluda il potere / dovere dellinterprete di ricostruirla di momento in momento storico, anche in funzione dellevoluzione socio culturale del Paese. Sempre dal punto di vista dellordinamento interno, i ricorrenti sostenevano che non esisterebbe un esplicito divieto di contrarre matrimonio tra persone dello stesso sesso (e che pertanto ci sarebbe consentito). Le due questioni debbono essere esaminate congiuntamente, in quanto strettamente connesse: in tanto, infatti, si pu porre la questione di un eventuale divieto di matrimonio tra persone dello stesso sesso in quanto si sia prima dimostrato che possa in astratto definirsi matrimonio, alla stregua dellordinamento italiano, latto con cui due persone dello stesso sesso, in presenza di tutti gli altri requisiti di legge e nelle forme prescritte dallart. 107 c.c., dichiarino di volersi prendere lun laltro quale rispettivo coniuge. Orbene se vero che non esiste nellordinamento una definizione esplicita del matrimonio vero tuttavia che la nozione di esso desumibile implicitamente dal sistema stesso e tra laltro ed in particolare dalle disposizioni che sotto pi aspetti fanno evidente riferimento alla disparit di sesso tra i nubendi. Gli stessi ricorrenti non negavano tale circostanza, adducendo tuttavia che tale innegabile evidenza dipende dal fatto che, allepoca di redazione del codice civile, la concezione del matrimonio secondo i canoni socialmente prevalenti non contemplava la prospettiva di coppie di nubendi dello stesso sesso: in sostanza, il legislatore non avrebbe inteso operare implicitamente una scelta 316 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 esclusiva nel senso delleterosessualit dei coniugi, ma si sarebbe limitato ad adottare il registro linguistico corrispondente al costume del tempo, implicitamente operando una sorta di rinvio formale alle concezioni socio - culturali che si sarebbero sviluppate in epoca successiva. Sicch oggi, dovendosi ritenere superata la concezione di allora, dovrebbe riconoscersi che nellambito dellistituto matrimoniale trovano collocazione anche i rapporti analoghi a quello coniugale ma intrattenuti tra persone dello stesso sesso. Una prima obiezione a tale opinione riguarda il fatto che, se indubbiamente vero che la considerazione sociale dellomosessualit e delle relazioni tra persone omosessuali decisamente mutata nellodierna societ rispetto allepoca di redazione del codice civile, tutto da dimostrare che tale mutamento implichi il riconoscimento della possibilit di estendere listituto matrimoniale a comprendere anche coppie omosessuali (2). Ma siffatta opinione pare priva di fondamento in linea di diritto: la circostanza che la disciplina dettata nel codice civile presupponga, nella sua formulazione, la disparit di sesso dei coniugi non un mero accidente dovuto allepoca di redazione del testo, ma significa in realt che tale disparit assurge a presupposto caratterizzante listituto cos come recepito dal legislatore. In altri termini, il legislatore non ha inteso dettare una disciplina applicabile a qualsiasi fenomeno sociale definibile matrimonio nelle varie epoche successive, bens disciplinare quella specifica fattispecie che nel 1941 si definiva matrimonio; non vi traccia alcuna di una volont del legislatore di individuare loggetto della disciplina mediante rinvio formale alle concezioni di matrimonio vigenti in una data epoca, mentre evidente la sua intenzione di disciplinare listituto definito allepoca come matrimonio e che era e resta caratterizzato dalla disparit di sesso tra i nubendi, indipendentemente dallevoluzione sociale e culturale che possa essere avvenuta in seguito (3). In questo senso la Suprema Corte, in accordo con la dottrina, ha pi volte individuato la disparit di sesso come elemento essenziale del matrimonio, la cui carenza ne comporta non la nullit, ma linesistenza in quanto profonda anormalit che snatura essenzialmente la struttura e la funzione della fattispecie negoziale (cfr. Cass. 14.2.1975, n. 569, nonch pi incidentalmente Cass. 24.11.1983, n. 7020). Sicch la disparit di sesso tra i nubendi costituisce principio essenziale della disciplina del matrimonio, al punto da essere coperto dallinviolabilit propria delle disposizioni di ordine pubblico internazionale (2) Sul punto, come gi si accennato sopra a proposito dei limiti del procedimento di giurisdizione volontaria, sarebbe stato comunque necessario un adeguato approfondimento probatorio. (3) Cfr. Corte dappello di Firenze 27.6.2008: Listituto del matrimonio storicamente delineato dalle legislazioni come una disciplina positiva di origine pubblica () volta a regolamentare gli effetti che lordinamento giuridico dello Stato, in un determinato contesto storico e sociale, riconosce alla convivenza tra persone. Non costituisce una istituzione pregiuridica (come ad esempio la famiglia), n tanto meno un diritto fondamentale dellindividuo. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 317 (4), e solo il legislatore pu estenderne la disciplina a fattispecie cui essa non era originariamente riservata, quali pacificamente quella prospettata nel ricorso di cui si tratta. Non ha senso quindi porsi il problema dellesistenza o meno di norme che vietano il matrimonio tra coppie omosessuali: leterosessualit non un requisito di validit del matrimonio, ma rientra nella definizione stessa dellistituto quale recepito dallordinamento, sicch la questione non se il matrimonio omosessuale sia vietato, ma se esso sia definibile matrimonio. La risposta, come precedentemente dimostrato, negativa. 4. Profili di costituzionalit. Lordinanza Tribunale Venezia 4 febbraio - 3 aprile 2009 Tale impostazione pone in realt il diverso problema se sia costituzionalmente legittimo che il contenuto (diritti e doveri, tra i coniugi e verso terzi) della disciplina del matrimonio sia limitato a questo ambito e non sia esteso a situazioni che, pur non definibili come matrimonio alla stregua della vigente legislazione, presentino caratteri di analogia con tale istituto. In effetti, nellambito del ricorso era stata prospettata la questione di legittimit costituzionale degli artt. 107, 108, 143, 143 bis e 156 bis c.c., per asserito contrasto con gli artt. 2, 3, 10 co. 2, 13, 29 e 117 co. 1 Cost., che il Tribunale ha ritenuto manifestamente infondata; a diversa conclusione tuttavia giunto il Tribunale di Venezia che in analoga fattispecie ha sollevato questione di legittimit costituzionale degli articoli 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143 bis e 156 bis c.c., per contrasto con gli artt. 2, 3, 29 e 117 co. 1 Cost., nella parte in cui, sistematicamente interpretati, non consentono che le persone di orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso (ordinanza 4.2 - 3.4.2009). In realt ad avviso di chi scrive dubbia la stessa rilevanza della questione, cos come prospettata, nei giudizi in cui stata sollevata: oggetto della controversia, infatti, non sono i rapporti giuridici che conseguirebbero al rifiuto di considerare matrimonio latto che i ricorrenti vorrebbero compiere, bens la qualificazione di tale atto come matrimonio o meno; la qualificazione giuridica di un fatto non pu per s essere lesiva di alcun principio costituzionale, laddove saranno eventualmente specifiche disposizioni relative al rapporto matrimoniale a poter essere valutate in termini di costituzionalit ove si dubiti del fatto che sia legittima tale limitazione; ma anche in tale ipotesi, non ne deriverebbe lillegittimit costituzionale della nozione implicita di matrimonio posta a base della relativa disciplina, bens quella delle singole disposizioni che disciplinano il rapporto matrimoniale in quanto non estese ad altre fatti- (4) Ci tra laltro giustifica il diniego di trascrivere nei registri di stato civile i matrimoni tra omosessuali contratti nei Paesi dove ci attualmente consentito. 318 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 specie. Lerrore del giudice remittente, ad avviso di chi scrive, risiede nellaver ritenuto che il presunto divieto di qualificare come matrimonio lunione omosessuale sia il risultato del combinato disposto delle disposizioni che fanno riferimento alleterosessualit degli sposi, laddove al contrario, come si ritiene di aver argomentato in precedenza, ci la conseguenza (e non la causa) dellopzione del legislatore di fare riferimento ad un determinato fenomeno sociale per qualificarlo come matrimonio (5). In realt lesclusione di determinate situazioni dallambito applicativo della disciplina del matrimonio non pare in conflitto con alcuna disposizione costituzionale: per quanto concerne infatti i parametri di cui agli artt. 2 e 3 Cost., agevole osservare da un lato che nessun ostacolo posto ai ricorrenti a che contraggano matrimonio alle medesime condizioni in cui ci consentito a chiunque altro (e cio con una persona dellaltro sesso), sicch non vi alcuna limitazione dei diritti inviolabili della persona n alcuna disparit di trattamento; in realt la questione mal posta, giacch oggetto della denuncia dei ricorrenti non tanto limpossibilit di contrarre matrimonio (per ci che lordinamento qualifica come tale) bens la limitazione della disciplina del matrimonio entro i limiti oggettivi che il legislatore ha stabilito e cio con esclusione dellunione tra persone dello stesso sesso. Posto che ravvisabile tra le due situazioni una innegabile differenza (6), sia per lintrinseca natura dellunione (che nel caso di omosessuali non pu neppure in astratto essere preordinata alla generazione della prole) sia per la differente considerazione sociale che le due forme di vincolo tuttora ricevono, la limitazione stabilita dal legislatore senza dubbio razionale e giustificata e non pu essere sospettata di violazione del principio di uguaglianza. Altra questione sarebbe eventualmente, come gi sottolineato, se sia costituzionalmente legittimo, in relazione agli artt. 2 e 3 Cost., riservare al matrimonio (o ai coniugi o alla famiglia fondata sul matrimonio) determinati effetti che potrebbero in astratto essere ricondotti anche ad altre situazioni che con il matrimonio presentino parziale affinit. Non sfugge tra laltro che proprio questa la prospettiva in cui si muovono gli atti comunitari ed internazionali su cui i ricorrenti avrebbero voluto far leva per sostenere la loro tesi: nessuno di essi indica la necessit di qualificare come matrimonio la comunanza di vita di coppie omosessuali, al contrario essi pongono laccento sulla (5) Tra laltro gli artt. 93, 96 e 98, a differenza degli altri denunciati dal Tribunale di Venezia, non sembrano alludere ad alcuna differenza di sesso tra gli sposi, mentre ci risulta chiaramente dalle altre disposizioni che presuppongono i concetti di marito e moglie. (6) Come ribadito anche di recente dalla Corte costituzionale, 24.3.2009, n. 86: Questa Corte ha ripetutamente posto in evidenza la diversit tra famiglia di fatto e famiglia fondata sul matrimonio, in ragione dei caratteri di stabilit, certezza, reciprocit e corrispettivit dei diritti e doveri che nascono soltanto da tale vincolo, individuando le ragioni costituzionali che giustificano un differente trattamento normativo tra i due casi nella circostanza che il rapporto coniugale trova tutela diretta nellart. 29 Cost. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 319 necessit di garantire a tali coppie una tutela corrispondente a quella che il matrimonio consente (7). Premesso che pare evidentemente estranea al tema la menzione dellart. 13 Cost., che riguarda la libert personale fisica, sembra fuorviante per contro il tentativo di invocare a fondamento della pretesa in questa sede azionata la tutela della famiglia prevista dallart. 29 Cost., giacch questo (a differenza di quanto si finora detto del matrimonio in relazione alla disciplina codicistica) rinvia ad un modello pregiuridico di famiglia definita societ naturale e perci caratterizzata (tra laltro) dallastratta idoneit della coppia alla procreazione (essendo per contro irrilevante che tale idoneit sussista in concreto) e quindi dalla disparit di sesso (8). Sotto tale profilo lordinanza di rimessione del Tribunale di Venezia richiede tuttavia una chiosa, laddove argomenta sulla scorta delle pronunce della Corte costituzionale che, nel tempo, hanno contribuito a ridisegnare quella che il collegio veneziano definisce accezione costituzionale di famiglia, aprendola alle modificazioni imposte dallevoluzione sociale per estendere la tutela apprestata dalla norma a tutte le situazioni di fatto avvicinabili alla famiglia legittima (donde la necessit di disancorare il matrimonio, che della famiglia costituisce il fondamento costituzionale, dalla limitazione alla nozione del codice civile). Se non ch il Tribunale veneziano pare ignorare che la giurisprudenza richiamata ridisegna i rapporti sul presupposto della nozione istituzionale di matrimonio, da un lato eliminando le differenze tra marito e moglie allinterno del matrimonio, dallaltro affermando la tendenziale equiparazione di figli legittimi e naturali. Sicch la giurisprudenza richiamata dal Tribunale di Venezia, anzich ridimensionare, presuppone la nozione codici- (7) Si pu anzi ritenere che nel prescrivere il riconoscimento di una tutela corrispondente a quella delle coppie unite in matrimonio, queste stesse fonti presuppongano la qualificazione delle altre forme di convivenza in termini diversi dal matrimonio. (8) Si veda sul punto DAL CANTO, Matrimonio tra omosessuali e princip della Costituzione italiana, in La legge spagnola sul matrimonio tra persone dello stesso sesso e la tutela delle coppie omosessuali in Italia, Foro It. 2005, V, 256 e segg.: A noi sembra, in particolare, che lart. 29 Cost. faccia riferimento ad un modello di famiglia che, pur suscettibile di sviluppi e cambiamenti, sia caratterizzato da un nucleo duro di cui il legislatore ordinario non pu liberamente disporre. Tale previsione, in questo diversamente dal pi essenziale art. 32 Cost. spagnola, deve interpretarsi nel senso che la tutela in essa prevista vada esclusivamente riferita ad un tipo di organizzazione familiare che, in mancanza di termini migliori, potremmo intendere come tradizionale, definibile nella sua essenza, citando da uno dei pi diffusi dizionari della lingua italiana, quale legame affettivo tra due persone di sesso diverso. () Accogliendo questa impostazione si deve allora respingere, nel senso di considerarla costituzionalmente illegittima, leventualit che in Italia, attraverso una legge ordinaria, venga consentito laccesso al matrimonio alle coppie di persone dello stesso sesso. N pare di grande pregio largomento, talora richiamato a questo proposito, secondo cui impedire tale accesso determinerebbe una discriminazione nei confronti di alcuni soggetti rispetto ad altri: infatti, tale argomento presuppone di avere di fronte due situazioni equiparabili trattate in modo irragionevolmente diverso, mentre si tratta di situazioni dissimili, o meglio di situazioni che la Costituzione vigente impone di tenere distinte, e alle quali perci devono essere dedicate discipline giuridiche, magari per alcuni aspetti analoghe, ma autonome e differenziate. 320 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 stica del matrimonio, salvo eliminare le disparit che ne possono derivare rispetto ad altre situazioni ad esso non riconducibili. A dir poco singolare poi la menzione, sempre da parte del Tribunale di Venezia, della L. 14.4.1982, n. 164 Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso, che fa riferimento ad una situazione, quella del disallineamento tra sesso biologico e identit sessuale, che non ha nulla a che vedere con lomosessualit (in cui sesso biologico ed identit sessuale coincidono come nel caso delle persone eterosessuali, ma lorientamento sessuale si manifesta verso persone dello stesso sesso). Sicch prevedere lo scioglimento del matrimonio contratto precedentemente alla rettificazione del sesso attribuito nellatto di nascita (art. 4) non fa che confermare lessenziale caratterizzazione eterosessuale del matrimonio nel vigente ordinamento. 5. Il matrimonio negli ordinamenti comunitario ed internazionale Neppure le disposizioni sopranazionali, poste dai ricorrenti a fondamento della loro pretesa (sia in quanto ex se applicabili, sia in quanto parametri di legittimit costituzionale attraverso il rinvio contenuto negli artt. 10 co. 2 e 117 co. 1 Cost.), contemplano il diritto delle coppie omosessuali ad accedere allistituto matrimoniale; al contrario, la Corte di giustizia CE da un lato, nella sentenza 31.5.2001 in cause riunite C-122/99 P e C-125/99 P (in Giust. Civ. 2001, I, 2581), ha espressamente fatto ricorso alla nozione di matrimonio come unione di due persone di sesso diverso secondo la definizione comunemente accolta dagli Stati membri, ritenendola sottesa alle disposizioni dellordinamento comunitario che vi fanno riferimento e valendosene per giudicare su una questione in materia di trattamento retributivo del personale dipendente della Comunit europea; dallaltro lato ha ribadito la netta distinzione tra la problematica dellammissibilit del matrimonio tra omosessuali e quella dellequiparazione, a determinati fini, tra matrimonio e convivenze di fatto registrate (sentenze 7 gennaio 2004 in causa C-117/01 e 1 aprile 2008 in causa C-267/06). Va ricordata anche la pi risalente sentenza Corte di giustizia CE 17.2.1998 in causa C-249/96, nella quale il giudice comunitario aveva fornito un panorama delle posizioni espresse in argomento non solo da organi comunitari, ma anche da altri giudici sovranazionali, affermando che 31.() sebbene il Parlamento europeo abbia dichiarato () di deplorare qualsiasi discriminazione motivata dalla tendenza sessuale di un individuo, ci nondimeno la Comunit non ha sino ad ora emanato norme che comportino unequiparazione del genere. 32. Per quanto riguarda lordinamento giuridico degli Stati membri, sebbene per taluni di essi la comunione di vita tra due persone dello stesso sesso venga equiparata al matrimonio, bench in modo incompleto, nella maggior parte degli Stati membri essa non viene considerata equivalente alle relazioni eterosessuali stabili fuori del matrimonio se non per IL CONTENZIOSO NAZIONALE 321 quanto riguarda un numero limitato di diritti oppure non oggetto di nessun riconoscimento particolare. 33. Da parte sua la Commissione europea dei diritti dell'uomo considera che, nonostante i mutamenti odierni delle mentalit nei confronti dellomosessualit, le relazioni omosessuali durevoli non rientrano nell'ambito d'applicazione del diritto al rispetto della vita famigliare tutelato dall'art. 8 della Convenzione (v. in particolare le decisioni 3 maggio 1983, X e Y/Regno Unito, n. 9369/81, D R 32 pag. 220; 14 maggio 1986; S./Regno Unito, n. 11716/85, D R 47 pag. 274, paragrafo 2, e 19 maggio 1992, Kerkhoven e Hinke/Paesi Bassi, n. 15666/89, non pubblicata, paragrafo 1) e che norme nazionali volte a garantire, a scopo di tutela della famiglia, un trattamento pi favorevole alle persone coniugate e alle persone di sesso opposto conviventi more uxorio rispetto alle persone dello stesso sesso che abbiano relazioni durevoli non sono in contrasto con lart. 14 della Convenzione che vieta in particolare le discriminazioni fondate sul sesso (v. decisioni S./Regno Unito, loc. cit., paragrafo 7; 9 ottobre 1989; C e LM/Regno Unito, n. 14753/89, non pubblicata, paragrafo 2, e 10 febbraio 1990, B/Regno Unito, n. 16106/90, D R 64 pag. 278, paragrafo 2). 34. In un diverso contesto la Corte europea dei diritti dell'uomo interpreta del resto lart. 12 della Convenzione nel senso che si applica unicamente al matrimonio tradizionale tra due persone di sesso biologico diverso (v. Corte europea dei diritti dell'uomo, sentenze 17 ottobre 1986, Rees, Serie A n. 106, pag. 19, paragrafo 49, e 27 settembre 1990, Cossey, Serie A n. 184, pag. 17, paragrafo 43). 35. Da quanto precede si desume che allo stato attuale del diritto nella Comunit, le relazioni stabili tra due persone dello stesso sesso non sono equiparate alle relazioni tra persone coniugate o alle relazioni stabili fuori del matrimonio tra persone di sesso opposto. Di conseguenza, un datore di lavoro non tenuto in forza del diritto comunitario ad equiparare la situazione di una persona che abbia una relazione stabile con un compagno dello stesso sesso a quella di una persona che sia coniugata o abbia una relazione stabile fuori del matrimonio con un compagno di sesso opposto. Anche la Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea, nella sua stesura pi recente (Strasburgo, 12.12.2007, in Gazz. Uff. U.E., C 303/1 del 14.12.2007), prevede che Il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l'esercizio (art. 9); nella Spiegazione relativa all'articolo 9 Diritto di sposarsi e di costituire una famiglia, che accompagna la Carta si legge: Questo articolo si basa sull'articolo 12 della CEDU, che recita: A partire dallet minima per contrarre matrimonio, luomo e la donna hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali che regolano lesercizio di tale diritto. La formulazione di questo diritto stata aggiornata al fine di disciplinare i casi in cui le legislazioni nazionali riconoscono modi diversi dal matrimonio per costituire una famiglia. Larticolo non vieta n impone la 322 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 concessione dello status matrimoniale a unioni tra persone dello stesso sesso. Questo diritto pertanto simile a quello previsto dalla CEDU, ma la sua portata pu essere pi estesa qualora la legislazione nazionale lo preveda. Infatti lart. 12 Convenzione europea dei diritti delluomo (CEDU), richiamato come si appena visto dalla Carta dei diritti fondamentali, stabilisce che A partire dallet maritale, luomo e la donna hanno diritto di sposarsi e di formare una famiglia, secondo le leggi nazionali che regolano lesercizio di questo diritto. A questo riguardo la Corte europea dei diritti delluomo ha sottolineato che Il diritto di sposarsi garantito dallart. 12 si riferisce al tradizionale matrimonio tra persone di opposto sesso biologico. Ci risulta anche dalla lettera della disposizione, che rende evidente che lart. 12 finalizzato soprattutto a tutelare il matrimonio come base della famiglia. Inoltre lart. 12 dispone che lesercizio del diritto sia soggetto alle leggi nazionali degli Stati contraenti. Le limitazioni in tal modo introdotte non devono limitare o ridurre il diritto in modo o misura tali da vanificare lessenza fondamentale del diritto. Tuttavia, il divieto legale imposto nel Regno Unito al matrimonio di persone che non siano di opposto sesso biologico non pu dirsi suscettibile di cagionare tale effetto. Avv. Riccardo Montagnoli* Corte dappello di Brescia, Sezione I Civile, decreto 2 luglio 2009 n. 69 - Pres. P. Dess - Cons. Rel. D. Pianta - (Avv. dello Stato R. Montagnoli - AL 2206/08) (... Omissis) In data 1ottobre 2008 lUfficiale di Stato Civile del Comune di Bergamo aveva formalmente risposto negativamente alla richiesta di B. C. e D. S. riguardante le pubblicazioni di matrimonio, motivando con la contrariet allordine pubblico del matrimonio fra persone dello stesso sesso, peraltro non disciplinato n previsto da alcuna. norma vigente. Avverso tale provvedimento i predetti avevano proposto ricorso al Tribunale di Bergamo a sensi degli artt. 98 c.c., 95 d.P.R. n. 396/2000 e 737 cp.c., chiedendo ordinarsi allUfficiale di Stato Civile di procedere alle richieste pubblicazioni, eventualmente previa sospensione del processo al fine di rimettere alla Corte Costituzionale la questione di legittimit degli artt. 107, 108, 143, 143 bis, 156 bis c.c. in relazione agli artt. 2, 3 10 comma 2, 13 e 29 della Costituzione. Si era costituito in giudizio il Sindaco del Comune di Bergamo, in qualit di Ufficiale del Governo, eccependo linammissibilit e comunque linfondatezza del ricorso. Con il provvedimento ora assoggettato a reclamo il Tribunale di Bergamo, dopo aver respinto leccezione preliminare svolta dallAvvocatura dello Stato e reputato manifestamente infondate le questioni di legittimit costituzionale sollevate dai ricorrenti, ha respinto il ricorso. I primi Giudici hanno rilevato come sia infondata laffermazione dei ricorrenti, a stregua della quale non esiste una definizione normativa di matrimonio, in quanto, in realt, pur mancan- (*) Avvocato dello Stato IL CONTENZIOSO NAZIONALE 323 done una definizione generale, sono ripetuti i richiami fatti dal diritto positivo alla nozione di matrimonio quale risulta sia dalla secolare evoluzione del diritto privato che dal comune sentire sin qui mai messo in discussione. Cos che, anche richiamandosi proprio quegli articoli del codice civile della cui conformit al dettato costituzionale i ricorrenti dubitano, si ricava la pacifica configurazione del matrimonio quale unione fra due persone di sesso diverso che vogliono prendersi rispettivamente come marito e come moglie. N, ad avviso del Tribunale, vi spazio per le dedotte questioni di costituzionalit, in quanto lart. 29 della Costituzione, che si occupa espressamente della famiglia, come societ naturale fondata sul matrimonio, fa palese riferimento alla rievocata, nozione derivante dallevoluzione del diritto e del costume. E neppure dagli artt. 2 e 3 Cost., che tutelano i diritti inviolabili della persona e il diritto di uguaglianza, pu ricavarsi lesistenza di un diritto di rango costituzionale a contrarre matrimonio al di l delle condizioni prefigurate dallordinamento giuridico o di un diritto incondizionato a sposarsi. parimenti infondata, secondo il Tribunale, laffermazione per cui il diritto qui propugnato troverebbe riscontro e riconoscimento nelle normative comunitarie e sopranazionali, anche perch proprio lart. 12 della Convenzione Europea dei Diritti dellUomo si riferisce al matrimonio tradizionale fra due persone di sesso diverso. Avverso tale provvedimento B. C. e D. S. hanno proposto reclamo alla Corte dAppello con ricorso depositato in data 5 marzo 2009, con il quale vengono, in sostanza, riproposte le questioni gi devolute alla conoscenza del Tribunale, con riferimento: - alla effettiva nozione di matrimonio (non) ricavabile dal diritto positivo, ancorch vi siano nel corpo del codice civile alcuni articoli che sembrano presupposte la. necessit che i nubendi appartengano a sesso diverso, laddove sarebbe compito del Giudice applicare uninterpretazione evolutiva dellistituto che tenga conto del mutare della societ; - allinesistenza di un divieto riguardante il matrimonio fra persone dello stesso sesso ed al dovere della magistratura, nellinerzia del legislatore, di adeguare, in via interpretativa lordinamento giuridico in guisa da renderlo conforme ai principi costituzionali; - allesistenza, in ogni caso, di un contrasto fra la Costituzione italiana e il divieto del matrimonio fra persone dello stesso sesso, cosi come agevole trarre dal testo degli art. 2 e 29, anche alla luce di recenti pronunce del Giudice delle Leggi: di talch, nel caso della ritenuta incompatibilit fra la vigente normativa, come sopra richiamata, e leventualit di un matrimonio fra persone dello stesso sesso, si sollecita ancora la rimessione della questione alla Corte Costituzionale. Si costituita in giudizio lAvvocatura dello Stato, nellinteresse del Ministero degli Esteri, rinnovando leccezione dinammissibilit del ricorso e chiedendo in ogni caso la reiezione dellimpugnazione. Il Procuratore Generale ha concluso chiedendo la reiezione del reclamo. A scioglimento della riserva assunta allodierna udienza camerale, la Corte osserva quanto segue. Il ricorso ammissibile, in quanto perfettamente corrispondente allo schema normativo dellart. 98 c.c.: le parti hanno impugnato il diniego opposto dallUfficiale di Stato Civile alla richiesta delle pubblicazioni dei prospettato matrimonio richiedendo lintervento del Tribunale al quale hanno sottoposto, in via incidentale, per vagliare la legittimit del rifiuto, la questione riguardante la compatibilit con il diritto vigente del matrimonio fra persone dello stesso sesso e prospettando, per il caso di risposta negativa, il dubbio di incostituzionalit delle norma da cui si potrebbe ricavare il relativo divieto. Esso comunque infondato. 324 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 Non pu dubitarsi, innanzi tutto, che sotto nessun aspetto possa reputarsi la conformit del matrimonio fra persone dello stesso sesso al modello prefigurato tanto dalla tradizione, quanto dal diritto positivo (prima e dopo la riforma del 1975), quanto infine dalla Costituzione della Repubblica. I richiami effettuati dal Tribunale di Bergamo sono assolutamente pertinenti e vanno in questa sede ampiamente condivisi (del resto anche i reclamanti finiscono per ritenerli insuperabili e ne traggono lo spunto per sollecitare la Corte affinch sollevi questione d legittimit costituzionale). Appare opportuno affrontare pi approfonditamente la questione di legittimit costituzionale, su cui C. e S. hanno particolarmente insistito in sede di discussione orale. La questione manifestamente infondata. Va premesso che storicamente allistituto del matrimonio le legislazioni hanno da sempre affidato il ruolo di predisporre una disciplina positiva destinata a regolamentare gli effetti (di natura personale, patrimoniale e successorio) che di volta in volta vengono riconosciuti alla convivenza fra persone che nellambito ditale struttura giuridica vogliono inquadrare la convivenza famigliare. Di qui lattenzione posta dal legislatore ordinario alla regolamentazione dei diritti e doveri reciproci fra i coniugi e fra questi e, se vi sono, i figli. La Costituzione della Repubblica italiana, invece, non contempla il matrimonio fra le esplicazioni della personalit umana da garantire (artt. 2 e 3), n rivolge attenzione a tale istituto giuridico se non, in via indiretta, attraverso lart. 29, ove nel prevedere espressamente la tutela. della famiglia e dei principio di eguaglianza morale e giuridica dei coniugi (questultima affermazione direttamente collegata alla eterosessualit dellunione ed alla tradizionale disparit di fatto e di diritto fra maschio e femmina), fa riferimento allistituto del matrimonio solo quale necessario presupposto per la tutela cosi accordata. La doglianza espressa dai reclamanti, dunque, non pu che rivolgersi al legislatore, che sino ad ora ha ritenuto di non dover apprestare istituti giuridici idonei a tutelare e regolamentare, con strumenti anche assimilabili a quelli previsti in materia matrimoniale, unioni non riconducibili al modello tradizionale dei matrimonio e non necessariamente caratterizzate dallidentit di sesso dei loro partecipanti. Unioni che, tuttavia, non sono affatto vietate, ancorch non siano, per come si detto, allo stato suscettibili di generare al loro interno ed anche verso lesterno specifiche situazioni giuridicamente regolate e protette. N. come ha efficacemente sottolineato il Tribunale di Bergamo, alle ragioni espresse dai reclamanti pu essere di giovamento linvocare pretesi sostegni da parte della normativa comunitaria o sovranazionale, essendo paradigmatico lesempio, portato in quella sede, dellart. 12 della Convenzione Europea dei Diritti delluomo, che non a caso riconosce il diritto delluomo e della donna di sposarsi e di formare una famiglia. La natura della controversia suggerisce lopportunit di compensare le spese della presente procedura. P.Q.M. Respinge il reclamo. Tribunale Ordinario di Venezia, Sezione III civile, ordinanza del 4 aprile 2009 - Pres. Gionfrida - Giud. Rel. Guerra. (... Omissis) I ricorrenti hanno proposto ricorso avverso il provvedimento datato 3.7.2008 con il quale lufficiale dello stato civile del Comune di Venezia ha rifiutato di procedere alla pubblicazione di IL CONTENZIOSO NAZIONALE 325 matrimonio dagli stessi richiesta, ritenendo lassoluta illegittimit della pubblicazione in forza del complesso normativo fondante lordinamento giuridico italiano e la contrariet allordine pubblico costituito da principi fondamentali di rango sia costituzionale che ordinario, cos motivando il diniego: Considerato che la richiesta pubblicazione di matrimonio, intesa ad ottenere la celebrazione del matrimonio civile in questo Comune, stata resa da due nubendi dello stesso sesso; Considerato che il fine della pubblicazione quello di dare pubblicit al matrimonio per consentire eventuali opposizioni e, soprattutto, di verificare preventivamente la sussistenza delle condizioni richieste e la mancanza di impedimenti previsti dal codice civile, al fine di avere garanzia che il matrimonio, una volta celebrato, sar pienamente valido ed efficace; Considerato che listituto del matrimonio, nellordinamento giuridico italiano inequivocabilmente incentrato sulla diversit di sesso dei coniugi, desumibile dallinsieme delle disposizioni che disciplinano listituto del matrimonio, tanto che tale diversit di sesso costituisce presupposto indispensabile, requisito fondamentale per la fattispecie del matrimonio, a tal punto che lipotesi contraria, relativa a persone dello stesso sesso, giuridicamente inesistente e certamente estranea alla definizione del matrimonio, almeno secondo linsieme delle normative tuttora vigenti; Richiamato il decreto 10 giugno 2005 del Tribunale di Latina, relativo ad una richiesta di trascrizione di matrimonio, contratto allestero, tra persone dello stesso sesso, nel quale viene specificato che: ...Alla luce di quanto precede deve allora concludersi che elemento essenziale per poter qualificare nel nostro ordinamento la fattispecie matrimonio la diversit di sesso dei nubendi ed in tal senso si pronunciata la Corte di Cassazione che nel distinguere in subiecta materia la categoria dell'inesistenza da quella della nullit, ha precisato che ricorre lipotesi dellinesistenza quando manchi quella realt fenomenica che costituisce la base naturalistica della fattispecie, individuandone i requisiti minimi essenziali nella manifestazione di volont matrimoniale resa da due persone di sesso diverso davanti ad un ufficiale celebrante (Cass. n. 7877/2000; 1304/1990; 1808/1976). Daltronde non senza ragione che, nel nostro codice civile, tra gli impedimenti al matrimonio (quali et, capacit, libert di stato, parentela, delitto - artt. 84, 86, 87, 88 c.c.-) non prevista la diversit di sesso dei coniugi e ci ovviamente non perch tale condizione sia irrilevante, bens perch essa, a differenza dei semplici impedimenti, incide sulla stessa identificazione della fattispecie civile che, nel nostro ordinamento, possa qualificarsi matrimonio. Visto il parere del Ministero dellInterno espresso con nota del 28.07.2004, prot. 04006451 - 15100/15952, nel quale viene specificato che: ...in merito alla possibilit di trascrivere un atto di matrimonio contratto allestero tra persone dello stesso sesso, si precisa che in Italia tale atto non trascrivibile in quanto nel nostro ordinamento non previsto il matrimonio tra soggetti dello stesso sesso in quanto contrario allordine pubblico, ai sensi dell'art. 18 del DPR 396/2000. Visto la circolare del Ministero dellInterno n. 55 in data 18.10.2007 prot. n. 15100/397/0009861, relativa ai matrimoni contratti all'estero tra persone dello stesso sesso, nella quale viene affermato che ...in mancanza di modifiche legislative in materia, il nostro ordinamento non ammette il matrimonio omosessuale e la richiesta di trascrizione di un simile atto compiuto allestero deve essere rifiutata perch in contrasto con lordine pubblico interno, escludendo categoricamente qualsiasi possibilit di matrimonio tra persone dello stesso sesso; Ritenuto, pertanto, che la sopraindicata richiesta di pubblicazione riguarda ipotesi giuridicamente inesistente e non assimilabile all'istituto del matrimonio secondo la disciplina prevista dal nostro ordinamento (doc. 1 del fascicolo attoreo). A sostegno del ricorso sono state svolte ampie argomentazioni in diritto, con le quali si rilevato che nel nostro ordinamento non esisterebbe una nozione di matrimonio, n un divieto 326 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 espresso di matrimonio tra persone dello stesso sesso - non essendo previsto tra i requisiti per contrarlo la disparit sexus (ex art. 84 c.c.) -, che inoltre gli atti del Ministero degli Interni citati nel provvedimento si riferirebbero allordine pubblico internazionale e non all'ordine pubblico interno (che invece andrebbe richiamato nel caso di specie), che comunque tali atti sarebbero contrari alla Costituzione e alla Carta di Nizza e quindi da disapplicare, che in ogni caso linterpretazione letterale delle norme codicistiche posta a fondamento dellatto di diniego da parte del Comune sarebbe contraria alla Costituzione italiana, ed in particolare agli artt. 2, 3, 10 comma 2, 13, 29. Sulla base di tali argomenti i ricorrenti hanno chiesto al Tribunale, in via principale, di ordinare allufficiale di stato civile del comune di Venezia di procedere alla pubblicazione del matrimonio rifiutata e, in via subordinata, di sollevare la questione di legittimit costituzionale - previa positiva valutazione della rilevanza e non manifesta infondatezza - degli artt. 107, 108, 143, 143 bis e156 bis c.c. rispetto agli artt. 2, 3, 10 comma 2, 13, 29 Cost., rimettendo gli atti alla Corte Costituzionale. Con il ricorso in esame si chiede quindi che il Tribunale si pronunci in ordine al tema - assai dibattuto non solo fra i giuristi e non solo nel nostro Paese - relativo alla riconoscibilit del diritto delle persone omosessuali di contrarre matrimonio con persone del proprio sesso. Nel nostro sistema il matrimonio tra persone dello stesso sesso non n previsto, n vietato espressamente. certo tuttavia che n il legislatore del 1942, n quello riformatore del 1975 si sono posti la questione del matrimonio omosessuale, allepoca ancora non dibattuta, almeno nel nostro Paese. Pur non esistendo una norma definitoria espressa, listituto del matrimonio, cos come previsto nell'attuale ordinamento italiano, si riferisce indiscutibilmente solo al matrimonio tra persone di sesso diverso. Se vero che il codice civile non indica espressamente la differenza di sesso fra i requisiti per contrarre matrimonio, diverse sue norme, fra cui quelle menzionate nel ricorso e sospettate dincostituzionalit, si riferiscono al marito e alla moglie come attori della celebrazione (107 e 108), protagonisti del rapporto coniugale (art. 143 e ss. ) e autori della generazione (artt. 231 e ss.) . Reputa il Tribunale che, proprio per il chiaro tenore delle norme sopra indicate, non sia posibile - allo stato della normativa vigente - operare unestensione dellistituto del matrimonio anche a persone dello stesso sesso. Si tratterebbe di una forzatura non consentita ai giudici (diversi da quello costituzionale), a fronte di una consolidata e ultramillenaria nozione di matrimonio come unione di un uomo e di una donna. Daltra parte, non si pu ignorare il rapido trasformarsi della societ e dei costumi avvenuto negli ultimi decenni, nel corso dei quali si assistito al superamento del monopolio detenuto dal modello di famiglia normale, tradizionale e al contestuale sorgere spontaneo di forme diverse, seppur minoritarie, di convivenza, che chiedono protezione, si ispirano al modello tradizionale e come quello mirano ad essere considerate e disciplinate. Nuovi bisogni, legati anche allevoluzione della cultura e della civilt, chiedono tutela, imponendo un'attenta meditazione sulla persistente compatibilit dellinterpretazione tradizionale con i principi costituzionali. Il primo riferimento costituzionale con il quale confrontarsi, suggerito anche dai ricorrenti, sicuramente quello di cui allart. 2 della Costituzione, nella parte in cui riconosce i diritti inviolabili delluomo (diritti gi proclamati dalla Costituzione ovvero individuati dalla Corte Costituzionale) non solo nella sua sfera individuale ma anche, e forse soprattutto, nella sua sfera sociale, ossia, secondo la formula della norma, nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalit, fra le quali indiscutibilmente la famiglia deve essere considerata la prima IL CONTENZIOSO NAZIONALE 327 e fondamentale espressione. La famiglia infatti la formazione sociale primaria nella quale si esplica la personalit dellindividuo e nella quale vengono quindi tutelati i suoi diritti inviolabili, conferendogli uno status (quello di persona coniugata) che assurge a segno caratteristico all'interno della societ e che conferisce un insieme di diritti e di doveri del tutto peculiari e non sostituibili tramite lesercizio dell'autonomia negoziale. Il diritto di sposarsi configura un diritto fondamentale della persona riconosciuto sia a livello sovranazionale (artt. 12 e 16 della Dichiarazione Universale dei Diritti dellUomo del 1948, artt. 8 e 12 CEDU e ora agli artt. 7 e 9 della Carta dei diritti fondamentali dellUnione Europea proclamata a Nizza il 7.12.2000), sia dallart. 2 della Costituzione. un diritto inteso sia nella sua accezione positiva di libert di contrarre matrimonio con la persona prescelta (cos anche Corte Cost. n. 445/2002 ), sia in quella negativa di libert di non sposarsi e di convivere senza formalizzare l'unione (cos Corte Cost. 13.5.1998 n. 166). La libert di sposarsi (o di non sposarsi) e di scegliere il coniuge autonomamente riguarda la sfera dell'autonomia e dellindividualit ed quindi una scelta sulla quale lo Stato non pu interferire, a meno che non vi siano interessi prevalenti incompatibili; ora, nellipotesi in cui una persona intenda contrarre matrimonio con altra persona dello stesso sesso il Tribunale non individua alcun pericolo di lesione ad interessi pubblici o privati di rilevanza costituzionale, quali potrebbero essere la sicurezza o la salute pubblica . Lunico importante diritto con il quale potrebbe eventualmente ipotizzarsi un contrasto quello dei figli di crescere in un ambiente familiare idoneo, diritto che corrisponde anche ad un indiscutibile interesse sociale. chiaro tuttavia che tale interesse potrebbe incidere esclusivamente sul diritto delle coppie omosessuali coniugate di avere figli adottivi, diritto che distinto, e non necessariamente connesso, rispetto a quello di contrarre matrimonio, tanto che alcuni ordinamenti stranieri, come si specificher pi avanti, pur introducendo il matrimonio tra omosessuali, hanno espressamente escluso il diritto di adozione; in ogni caso, nell'attuale ordinamento italiano ogni adozione di minorenni presuppone la valutazione di idoneit affettiva e di capacit genitoriale della coppia (si veda lart. 6.2 della L. 184/1983), evidentemente funzionale alla valutazione dellinteresse del minore adottando, essendo cos esclusa ogni automaticit tra il matrimonio, la richiesta di adozione e la decisione del Tribunale per i minorenni. Il secondo parametro di riferimento da prendere in esame, strettamente connesso al precedente, quello di cui allart. 3 della Costituzione, che vieta ogni discriminazione irragionevole, conferendo a tutti i cittadini ...pari dignit sociale, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, impegnando lo Stato a ...rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitano di fatto la libert e leguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana... Essendo, per quanto sopra rilevato, il diritto di contrarre matrimonio un momento essenziale di espressione della dignit umana, si ritiene che esso debba essere garantito a tutti, senza discriminazioni derivanti dal sesso o dalle condizioni personali (quali lorientamento sessuale), con conseguente obbligo dello Stato d'intervenire in caso di impedimenti allesercizio. Ne consegue che se lo scopo del principio di cui allart. 3 della Costituzione vietare irragionevoli disparit di trattamento, la norma - implicita nel nostro sistema - che esclude gli omosessuali dal diritto di contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso, cos seguendo il proprio orientamento sessuale (n patologico, n illegale), non abbia alcuna giustificazione razionale, soprattutto se raffrontata con lanaloga situazione delle persone transessuali, che, ottenuta la rettificazione di attribuzione di sesso in applicazione della l. 14.4.1982 n. 164 possono contrarre matrimonio con persone del proprio sesso di nascita. Al riguardo va rammentato 328 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 che la coerenza con la Costituzione della legge n. 164/1982 stata riconosciuta dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 165 del 6.5.1985 e che le valutazioni espresse dalla Corte sulla norma sospettata d'incostituzionalit confortano la tesi qui sostenuta, essendo stata riconosciuta la legittimit costituzionale non tanto sulla base del fatto che i soggetti abbiano compiuto e portato a termine un trattamento medico-chirurgico e che vi sia stato il provvedimento del Tribunale (che tramite una sorta di fictio iuris attribuisce il sesso opposto), ma sulla base di argomenti di ben pi ampio respiro. In particolare, la Corte ha definito lorientamento del transessuale come naturale modo di essere sostenendo che la legge sospettata dincostituzionalit si voluta dare carico di questi diversi ponendo una normativa intesa a consentire laffermazione della loro personalit e in tal modo ad aiutarli a superare lisolamento, lostilit e lumiliazione che troppo spesso li accompagnano nella loro esistenza cos operando il legislatore italiano si allineato agli orientamenti legislativi, amministrativi e giurisprudenziali, gi affermati in numerosi Stati, fatti propri, allunanimit dalla Commissione della Corte Europea dei Diritti dellUomo (decisione 9 maggio 1978, nel caso Daniel OostenWijck contro Governo belga) e la cui adozione in tutti gli Stati membri della Comunit stata caldeggiata con una proposta di risoluzione presentata al Parlamento Europeo nel febbraio 1983 (...) la legge n. 164 del 1982 si colloca, dunque, nellalveo di una civilt giuridica in evoluzione, sempre pi attenta ai valori, di libert e dignit, della persona umana. In tale pronuncia si coglie lattenzione della Corte nellevidenziare le illegittime discriminazioni subite in precedenza dalle persone transessuali, con affermazioni pienamente mutuabili anche per gli omosessuali. La Corte sembrata attenta a rispettare il principio secondo la quale il giudizio di costituzionalit deve essere ancora pi pregnante ove il sospetto riguardi categorie di persone che storicamente abbiano subito illegittime discriminazioni e che si debba presumere siano particolarmente suscettibili di subire ulteriori trattamenti ingiustificatamente sfavorevoli. Invero la legge n. 164 del 1982 ha profondamente mutato i connotati dellistituto del matrimonio civile consentendone la celebrazione tra soggetti dello stesso sesso biologico d incapaci di procreare, valorizzando cos lorientamento psicosessuale della persona. Con riferimento allassetto normativo sistematico delineato lidentit di sesso biologico non pu essere legittimamente invocata per escludere gli omosessuali dal matrimonio. Se vero, infatti, che fattore meritevole di tutela lorientamento psicosessuale della persona, non appare in alcun modo giustificata la discriminazione tra coloro che hanno naturale orientamento psichico che li spinge ad una unione omosessuale, e non vogliono pertanto effettuare alcun interevento chirurgico di adattamento, n ottenere la rettificazione anagrafica per conseguire un'attribuzione di sesso contraria al sesso biologico, - ai quali precluso il matrimonio -, e i transessuali che sono ammessi al matrimonio pur appartenendo allo stesso sesso biologico ed essendo incapaci di procreare. Daltro canto, le opinioni contrarie al riconoscimento alla libert matrimoniale tra persone dello stesso sesso, fatte proprie dallAvvocatura dello Stato resistente, per giustificare la disparit di trattamento invocano ragioni etiche, legate alla tradizione o alla natura. Si deve tuttavia obiettare che tali argomenti non sono idonei a soddisfare il rigore argomentativo richiesto dal giudizio di legittimit, non solo perch, come si gi messo in luce, i costumi familiari si sono radicalmente trasformati, ma soprattutto perch si tratta di tesi alquanto pericolose quando si discute di diritti fondamentali, posto che letica e la natura sono state troppo spesso utilizzate per difendere gravi discriminazioni poi riconosciute illegittime; si pensi alla disuguaglianza tra i coniugi nel diritto matrimoniale italiano preriforma e al divieto delle donne di svolgere alcune professioni, entrambi fondati sulla convinzione che le donne fossero natu- IL CONTENZIOSO NAZIONALE 329 ralmente pi deboli; ancora, nell'esperienza anche attuale di altri Paesi, vanno ricordati il divieto di contrarre matrimoni interrazziali o interreligiosi e la punizione di atti sessuali tra omosessuali anche se privati, giustificati con la contrariet all'etica, alla tradizione o addirittura alla religione. A ci si aggiunga che, come si approfondir pi avanti, per i diritti degli omosessuali, cos come per quelli dei transessuali, vi sono fortissime spinte, provenienti dal contesto europeo e sovranazionale, a superare le discriminazioni di ogni tipo, compresa quella che impedisce di formalizzare le unioni affettive. Tali sollecitazioni sono evidentemente tese a far s che gli Stati introducano specifici supporti giuridici e non si limitino a mere affermazioni di principio; infatti, ogni difesa formale della libert, priva di un reale supporto giuridico strutturale, debole e priva di effettivit, come insegna losservazione del cammino compiuto da altre categorie per raggiungere un livello accettabile di realizzazione dei propri diritti. Basti pensare, nell'esperienza italiana, a quanto avvenuto per le persone detenute e per le persone affette da handicap: ci si riferisce, per i detenuti, alla c.d. riforma penitenziaria introdotta con la legge 26.7.1975 n. 354, con la quale il legislatore ha risposto con una normativa tra le pi avanzate allo stimolo proveniente proprio da una storica sentenza della Corte Costituzionale dellanno precedente (n. 204/1974), e per i disabili alla legge 5.2.1992 n. 104 (Legge quadro per lassistenza, lintegrazione sociale e i diritti delle persone handicappate). Unulteriore giustificazione per negare il matrimonio omosessuale spesso individuata nel disposto dellart. 29, 1 comma della Costituzione, laddove si afferma che la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come societ naturale fondata sul matrimonio, essendosi ritenuto che con tale espressione si sia inteso tutelare il solo nucleo legittimo di carattere tradizionale, ossia lunione di un uomo ed una donna suggellata dal vincolo giuridico del matrimonio. In realt, il significato di tale espressione non quello di riconoscere il fondamento della famiglia in un non meglio definito diritto naturale, quanto piuttosto di affermare la preesistenza e lautonomia della famiglia - come comunit originaria e pregiuridica -, dallo Stato, cos imponendo dei limiti al potere del legislatore statale. Che questa fosse lintenzione del legislatore storico messo ben in luce negli atti relativi al dibattito svolto in seno allAssemblea Costituente in relazione allart. 29 Cost., come emerge dall'intervento dellon. A. M. nel corso della adunanza plenaria del 15 gennaio 1947. In particolare, in relazione alla formula la famiglia una societ naturale, egli sottoline che ... non affatto una definizione, anche se ne ha la forma esterna, in quanto si tratta in questo caso di definire la sfera di competenza dello Stato nei confronti di una delle formazioni sociali alle quali la persona umana d liberamente vita. Ed ancora: Escluso che qui naturale abbia un significato zoologico o animalesco, o accenni ad un legame puramente di fatto, non si vuole dire con questa formula che la famiglia sia una societ creata al di fuori di ogni vincolo razionale ed etico. Non un fatto, la famiglia, ma appunto un ordinamento giuridico e quindi qui naturale sta per razionale. Daltra parte non si vuole escludere che la famiglia abbia un suo processo di formazione storica, n si vuole negare che vi sia sempre un pi perfetto adeguamento della famiglia a questa razionalit nel corso della storia; ma quando si dice societ naturale in questo momento storico si allude a quellordinamento che, perfezionato attraverso il processo della storia, costituisce la linea ideale della vita familiare. Quando si afferma che la famiglia una societ naturale, si intende qualche cosa di pi dei diritti della famiglia. Non si tratta soltanto di riconoscere i diritti naturali alla famiglia, ma di riconoscere la famiglia come societ naturale, la quale abbia le sue leggi ed i suoi diritti di fronte ai quali 330 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 lo Stato, nella sua attivit legislativa, si deve inchinare. Era daltra parte assai forte e recente il ricordo delle leggi razziali: il divieto di matrimonio di cittadini italiani di razza ariana con persone appartenenti ad altra razza, la subordinazione del matrimonio di cittadini italiani con persone di nazionalit straniera al preventivo consenso del Ministero per lInterno, il divieto per gli ebrei di sposarsi in terra italiana, lobbligo dimprontare listruzione e leducazione familiare al sentimento nazionale fascista, tutte norme dirette a salvaguardare uno specifico concetto di famiglia imposto dallo Stato. Proprio ricordando gli abusi compiuti a difesa di una certa tipologia di famiglia, i Costituenti intesero marcare il confine tra autonomia familiare e sovranit statale, circoscrivendo i poteri del futuro legislatore in ordine alla sua regolamentazione. Regolamentazione che tuttavia consentita, rectius imposta, ai sensi del 2 comma dellart. 29 Cost. e di quelli immediatamente seguenti, solo quando si rende necessario un intervento statale atto a garantire i valori, questi s costituzionalizzati, delleguaglianza tra coniugi, dellunit familiare, del mantenimento, istruzione ed educazione dei figli. Il fatto che la tutela della tradizione non rientri nelle finalit dellart. 29 Cost. e che famiglia e matrimonio si presentino come istituti di carattere aperto alle trasformazioni che necessariamente si verificano nella storia, poi indubitabilmente dimostrato dallevoluzione che ha interessato la loro disciplina dal 1948 ad oggi. Il codice civile del 1942 recepiva un modello di famiglia basato su di un matrimonio indissolubile e su di una struttura gerarchica a subordinazione femminile; basti pensare al fatto che lart. 143 parlava solo di obblighi reciproci e non di diritti, alla potest maritale dell'art. 144, al dovere del marito di proteggere la moglie di cui allart. 145, allistituto della dote. Tale caratterizzazione autoritaria e gerarchica si traduceva, sul fronte penale, nella repressione del solo adulterio femminile, nella responsabilit penale del marito solamente per abuso dei mezzi di correzione nei confronti della moglie, nella previsione del delitto donore, nell'estinzione del reato di violenza carnale a mezzo del matrimonio riparatore. Sono ben noti gli interventi della Corte Costituzionale a tutela delleguaglianza morale e giuridica dei coniugi, fra cui la storica sentenza n. 126/1968 che, nel dichiarare lillegittimit costituzionale dellart. 559 comma 1 e 2 c.p. che puniva il solo adulterio della moglie, ha sottolineato proprio il mutamento della societ, superando cos il proprio orientamento precedente solo di pochi anni, con il quale, richiamandosi al tradizionale concetto della famiglia, quale tuttora vive nella coscienza del popolo, aveva dichiarato non fondata la medesima questione (sentenza n. 64/1961). Anche in questo caso stata proprio la Corte Costituzionale ad aprire la strada ad una riforma del diritto di famiglia, attuata con la legge del 1975, effettivamente in linea con i principi di eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, superando la tradizione ultramillenaria secondo la quale la donna nellambito della famiglia doveva rivestire un ruolo subordinato. Ancora, vanno menzionati la mancata costituzionalizzazione dell'indissolubilit del matrimonio e la conseguente introduzione legislativa del divorzio, nonch la progressiva attuazione per via legislativa (da ultimo con la l. 54/2006) del principio costituzionale di eguaglianza tra figli legittimi e figli naturali: tutti esempi che dimostrano come laccezione costituzionale di famiglia, lungi dallessere ancorata ad una conformazione tipica ed inalterabile, si sia al contrario dimostrata permeabile ai mutamenti sociali, con le relative ripercussioni sul regime giuridico familiare. Le considerazioni che precedono sul significato dellespressione societ naturale e sullestraneit della tutela del matrimonio tradizionale alle finalit dellart. 29 Cost. portano a ritenere prive di fondamento quelle tesi che giustificano limplicito divieto di matrimonio tra persone dello stesso sesso ricorrendo ad argomenti correlati alla capacit procreativa della coppia ed alla tutela della procreazione. Al riguardo sarebbe, peraltro, sufficiente sottolineare come n la IL CONTENZIOSO NAZIONALE 331 Costituzione, n il diritto civile prevedano la capacit di avere figli come condizione per contrarre matrimonio, ovvero lassenza di tale capacit come condizione di invalidit o causa di scioglimento del matrimonio, essendo matrimonio e filiazione istituti nettamente distinti. Una volta escluso che sulla disposizione dellart. 29 Cost. possa trovare fondamento il trattamento differenziato delle coppie omosessuali rispetto a quelle eterosessuali, si ritiene che tale norma, proprio nel momento in cui attribuisce tutela costituzionale alla famiglia legittima - contribuendo essa, grazie alla stabilit del quadro delle relazioni sociali, affettive ed economiche che comporta, alla realizzazione della personalit dei coniugi -, lungi dal costituire un ostacolo al riconoscimento giuridico del matrimonio tra persone dello stesso sesso, possa assurgere ad ulteriore parametro, unitamente agli artt. 2 e 3, in base al quale valutare la costituzionalit del divieto. Ulteriore riferimento costituzionale che rileva nella questione in esame , pi che quello di cui allart. 10, 2 comma (suggerito dai ricorrenti) che riguarda la condizione giuridica dello straniero, quello di cui all'art. 117, 1 comma Cost., che vincola il legislatore al rispetto dei vincoli derivanti dallordinamento comunitario e degli obblighi internazionali. Vengono in rilievo al riguardo, quali norme interposte, innanzitutto gli artt. 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare), 12 (diritto al matrimonio) e 14 (divieto di discriminazione) della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dellUomo e delle Libert Fondamentali. Con riferimento in particolare allart. 8, la Corte Europea dei Diritti dellUomo ha accolto una nozione di vita privata e di tutela dell'identit personale in essa insita, non limitata alla sfera individuale, bens estesa alla vita di relazione, arrivando a configurare un dovere di positivo intervento degli Stati di rimediare alle lacune suscettibili di impedire la piena realizzazione personale. Sempre in relazione al medesimo articolo, nel caso Goodwin c. Regno unito, 17/7/2002, la Corte di Strasburgo ha dichiarato contrario alla Convenzione il divieto di matrimonio del transessuale con persona del suo stesso sesso originario, per violazione del principio di rispetto della vita privata, superando il proprio precedente orientamento con il quale aveva ritenuto che il diritto di sposarsi garantito dallart.12 CEDU potesse essere riferito solo a persone di sesso biologico opposto (Rees c. Regno Unito, 17/10/1986). Va evidenziato come, nel cambiare il proprio orientamento, la Corte abbia fatto riferimento a quello che ha definito come the very essence of the right to marry e all'artificiosit dellidea che i soggetti transessuali, dopo loperazione, non sarebbero privati del diritto di sposarsi, potendo comunque sposare una persona del sesso opposto a quello loro originario. In altre parole, la Corte ha riconosciuto che non ha senso essere titolari di un diritto al matrimonio, se poi non si pu scegliere con chi sposarsi. Richiamando e ampliando quanto sopra sostenuto relativamente al valore di quanto affermato nella sentenza n. 161/1985 della Corte Costituzionale, va ribadito che sono evidenti le analogie esistenti tra la fattispecie in merito alla quale la Corte Europea stata chiamata ad esprimersi e quella del matrimonio omosessuale: anche le persone omosessuali non sono, formalmente, private del diritto di sposarsi con una persona del sesso opposto, ma chiaro che non a questo tipo di matrimonio al quale ambiscono al fine di realizzare la propria personalit. Sempre con riguardo allart. 117, 1 comma Cost., e specificamente in relazione allobbligo per il legislatore statale e regionale di rispettare i vincoli posti dallordinamento comunitario, si deve ricordare come anche la Carta di Nizza sancisca i diritti al rispetto della vita privata e familiare (art. 7), a sposarsi ed a costituire una famiglia (art. 9) e a non essere discriminati (art. 21) fra i diritti fondamentali dellUnione Europea. interessante, peraltro, notare come lart. 9 non contenga (deliberatamente secondo quanto affermato nelle spiegazioni della stessa Carta), a dif- 332 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 ferenza dell'art. 12 CEDU, alcun riferimento luomo e la donna. Ora, vero che la Carta di Nizza non assume valore vincolante, non essendo stato ratificato il Trattato di Lisbona nell'ambito del quale era stata inserita, tuttavia, secondo quanto affermato dalla giurisprudenza, anche costituzionale, essa ha carattere espressivo di principi comuni agli ordinamenti europei (Corte Cost., sentenza n. 135/2002) e costituisce nella prassi un importante punto di riferimento sia per le istituzioni europee che per l'attivit interpretativa dei giudici europei. Non si devono dimenticare in quest'ambito nemmeno gli atti delle Istituzioni Europee che da tempo invitano gli Stati a rimuovere gli ostacoli che si frappongono al matrimonio di coppie omosessuali ovvero al riconoscimento di istituti giuridici equivalenti, atti che rappresentano, indipendentemente dal loro valore giuridico, la presa di posizione a favore del riconoscimento del diritto al matrimonio, o comunque, in termini pi generali, alla unificazione legislativa, nellambito degli Stati membri, della disciplina dettata per la famiglia legittima da estendersi alle unioni omosessuali. Fin dal 1981, con la raccomandazione n 924 del 1.10.1981, lAssemblea Parlamentare del Consiglio dEuropa aveva sentito la necessit di garantire la libert di scelta dellorientamento sessuale di ciascun individuo nonch la dignit delle coppie omosessuali allinterno della Comunit. Sono seguite poi la Risoluzione sulla parit dei diritti delle persone omosessuali nella Comunit Europea in data 8.2.1994 con la quale il Parlamento europeo ha apertamente individuato come obiettivo delle azioni comunitarie la rimozione degli ostacoli frapposti al matrimonio di coppie omosessuali ovvero a un istituto giuridico equivalente, garantendo pienamente diritti e vantaggi del matrimonio e consentendo la registrazione delle unioni, la Risoluzione sul rispetto dei diritti umani nellUnione Europea del 16.3.2000 con cui il Parlamento europeo ha chiesto agli Stati membri di garantire alle famiglie monoparentali, alle coppie non sposate e alle coppie dello stesso sesso parit di diritti rispetto alle coppie sposate e alle coppie e alle famiglie tradizionali, in particolare in materia di legislazione fiscale, regime patrimoniale e diritti sociali. Da ultimo, merita menzione anche la recentissima risoluzione del 14 gennaio 2009 sulla situazione dei diritti fondamentali nellUnione Europea 2004-2008 che ha invitato gli Stati membri che si sono dotati di una legislazione relativa alle coppie dello stesso sesso a riconoscere le norme adottate da altri Stati membri e aventi effetti analoghi, ha esortato la Commissione a presentare proposte che garantiscano lapplicazione, da parte degli Stati membri, del principio di riconoscimento reciproco per le coppie omosessuali, sposate o legate da ununione civile registrata, nella fattispecie quando esercitano il loro diritto alla libera circolazione previsto dal diritto dellUnione Europea e ha invitato gli Stati membri che non labbiano ancora fatto, in ottemperanza al principio di parit, ad adottare iniziative legislative per eliminare le discriminazioni cui sono confrontate alcune coppie in ragione del loro orientamento sessuale (par. 75-77). Infine, si deve prendere atto di come, in linea con tali risoluzioni del Parlamento Europeo e a conferma degli ormai consolidati mutamenti dei modelli e dei costumi familiari, nel diritto di molte nazioni di civilt giuridica affine alla nostra, si stia delineando una nozione di relazioni familiari tale da includere le coppie omosessuali. In Olanda (l. 1/4/2001), Belgio (l. 1/6/2003) e Spagna (l. 30/6/2005) stato rimosso tout court il divieto di sposare una persona dello stesso sesso; altri Paesi prevedono un istituto riservato alle unioni omosessuali (ci si riferisce alle Lebenspartnerschaft tedesche e alle registered partnership inglesi) con disciplina analoga a quella del matrimonio, o al quale stata semplicemente estesa la disciplina matrimoniale, con lesclusione, talvolta, delle disposizioni inerenti la potest sui figli e ladozione (Svezia, Norvegia, Danimarca, Finlandia, Islanda). Fra i Paesi che ancora non hanno introdotto il matrimonio o forme di tutela paramatrimoniali, molti comunque prevedono forme di registrazione IL CONTENZIOSO NAZIONALE 333 pubblica delle famiglie di fatto, comprese quelle omosessuali (Francia, Lussemburgo, Repubblica Ceca). sulla base di tutte le considerazioni esposte che il Tribunale giunto al convincimento della non manifesta infondatezza della questione di illegittimit costituzionale, pur parzialmente modificando i parametri di riferimento rispetto a quelli indicati dai ricorrenti, delle norme di cui agli artt. 107, 108, 143, 143 bis, 156 bis e 231 c.c. laddove, sistematicamente interpretate, non consentono che le persone di orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso; valuter la Corte, qualora ritenesse la questione fondata, se vi sia la necessit di estendere la pronuncia anche ad altre disposizioni legislative interessate in via di consequenzialit ai sensi dellart. 27 della L. 87/1953. In punto di rilevanza, si osserva che lapplicazione delle norme indicate evidentemente ineliminabile nelliter logico-giuridico che questo remittente deve percorrere per la decisione: infatti, in caso di dichiarazione di fondatezza della questione cos come sollevata, il rifiuto alle pubblicazioni - la cui richiesta dimostra inequivocabilmente la volont di contrarre matrimonio - dovrebbe ritenersi, in assenza di altra causa di rifiuto, illegittima, mentre, in caso di non accoglimento, lattuale stato della normativa imporrebbe una pronuncia di rigetto del ricorso. Per completezza si osserva che, a fronte del rifiuto alla pubblicazione da parte dellufficiale dello stato civile, essendo la pubblicazione una formalit necessaria per poter procedere alla celebrazione del matrimonio, non individuabile alcun altro procedimento nell'ambito del quale valutare la questione. P.Q.M. Visti gli artt. 134 Costituzione della Repubblica, 1 legge Cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 e ss. della legge 11 marzo 1953 n. 87, Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale degli artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143 bis e 156 bis, nella parte in cui, sistematicamente interpretati, non consentono che le persone di orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso, per contrasto con agli artt. 2, 3, 29 e 117, 1 comma della Costituzione, Dispone limmediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, sospendendo il procedimento in corso. ** *** ** Note critiche sul relativismo giuridico I due provvedimenti in commento ci offrono la possibilit di esaminare i fondamenti della tutela giuridica e sociale del matrimonio. Con il primo, la Corte di Appello di Brescia, confermando una decisione del Tribunale di Bergamo, ha riconosciuto la legittimit di un rifiuto dellufficiale di stato civile di procedere alla pubblicazione di un matrimonio tra omosessuali, tenuto conto che, secondo il sentire comune, il matrimonio una unione formale e stabile tra un uomo e una donna, essenzialmente diretta alla procreazione e alleducazione dei figli (cos il provvedimento del Tri- 334 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 bunale di Bergamo, confermato dalla Corte). La Corte, in particolare, respingendo la relativa questione di costituzionalit, ha precisato che la Costituzione non contempla il matrimonio tra le esplicazioni della personalit umane da garantire (artt. 2 e 3), n rivolge attenzione a tale istituto giuridico se non, in via indiretta, attraverso lart. 29 , ove nel prevedere espressamente la tutela della famiglia e del principio di uguaglianza morale e giuridica dei coniugi (questultima affermazione direttamente collegata alla eterosessualit dellunione ed alla tradizionale disparit di fatto e di diritto tra maschio e femmina) fa riferimento allistituto del matrimonio solo quale necessario presupposto per la tutela cos accordata. La Corte ha anche chiarito che spetterebbe, in ogni caso, al legislatore di predisporre istituti giuridici idonei a tutelare e regolamentare, con strumenti anche assimilabili a quelli previsti in materia matrimoniale, unioni non riconducibili al modello tradizionale del matrimonio e non necessariamente caratterizzate dallidentit di sesso dei loro partecipanti Con il secondo il Tribunale di Venezia, sollevando una specifica questione di legittimit costituzionale delle disposizioni del codice civile italiano che non consentono il matrimonio tra omosessuali, ha ritenuto che non ha alcuna giustificazione razionale, la norma, implicita nel nostro sistema, che esclude gli omosessuali dal diritto di contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso. Il Tribunale ha ritenuto che il diritto di sposarsi configura un diritto fondamentale della persona, riconosciuto sia dalla Costituzione sia a livello sovranazionale. E poich la libert di sposarsi (o di non sposarsi) e di scegliere il coniuge autonomamente riguarda la sfera dellindividualit, quella di sposarsi sarebbe una scelta sulla quale lo Stato non pu interferire, a meno che non vi siano interessi prevalenti incompatibili, non essendo sussistenti alcun pericolo di lesione ad interessi pubblici o privati di rilevanza costituzionale, quali potrebbero essere la sicurezza o la salute pubblica, cos come sarebbe stabilito anche dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dellUomo, dalla Carta dei diritti fondamentali dellUnione Europea e dalla Costituzione (in particolare gli articoli 2 e 3). Alla base delle istanze di coloro che chiedono una radicale riforma del diritto di famiglia, nel senso di provvedere al riconoscimento formale delle coppie omosessuali sembra esserci il desiderio di considerare il matrimonio ed ogni altra unione stabile tra individui, anche dello stesso sesso, non gi un fatto sociale - quale esso -, bens un fatto privato, degno tuttavia di ricevere una piena tutela da parte dellordinamento. Gli omosessuali, cos come hanno il diritto a non subire alcuna discriminazione a causa della loro identit, hanno anche il diritto che i loro legami affettivi abbiano lo stesso riconoscimento dei corrispondenti legami IL CONTENZIOSO NAZIONALE 335 eterosessuali. Questo punto di vista sembra essere del tutto ragionevole, tenuto conto dellevoluzione del pensiero giuridico e sociale e, nel provvedimento di Venezia, stato ricostituito in maniera molto ben articolata e con dotti riferimenti. Come stato, di recente, precisato dal prof. DAgostino, presidente dei giuristi cattolici e gi Presidente del Comitato Nazionale di Bioetica, in un articolo pubblicato su LOsservatore romano, in questa visuale si intrecciano, per la verit, punti di vista differenti tra loro. Alcuni (i c.d. liberazionisti) muovono dalla necessit di considerare ormai obsoleto e repressivo listituto del matrimonio, sicch per ricomprendere in se stesso lunione tra omosessuali, il matrimonio legale dovrebbe essere depubblicizzato, reso cio sempre pi simile a un mero con tratto di diritto privato, che per definizione va affidato nei suoi contenuti concreti alla pi piena disponibilit dei contraenti: questa istanza diretta ad iniziare una vera e propria battaglia libertaria, che teorizza un nuovo modello di convivenza di tipo essenzialmente individualistico, liberata dal peso del diritto. Secondo altri (i c.d. liberali), sarebbe definitivamente tramontato lideale (o lillusione) di unetica (e in particolare di unetica sessuale) universalmente condivisa e meritevole quindi di essere tutelata istituzionalmente(cos ancora DAgostino), cos che diritto non dovrebbe e potrebbe privilegiare alcuna forma privata di vita, ma dovrebbe riconoscerle tutte, senza nessuna discriminazione. Il diritto dovrebbe cos perdere la propria innata caratteristica di formalizzare e garantire in maniera obiettiva gli istituti meritevoli di tutela per la societ, per mettersi al servizio esclusivo dellindividuo e dei suoi privati e insindacabili desideri. Questa visuale - di tipo essenzialmentente relativistico - istintivamente non soddisfa, tenuto conto che non tutte le istanze ed i rapporti tra privati sono giuridizzabili: lamicizia, pur se apprezzabile, pacificamente non meritevole di tutela giuridica perch, appunto, fatto privato. Per il matrimonio non cos: la scelta di un uomo ed una donna di unirsi in matrimonio non risponde ad un criterio individualistico, trattandosi di un istituto che preesiste alla volont dei coniugi e che si fonda, piuttosto, su un riconoscimento pubblico, che tutti gli ordinamenti nazionali ed in tutte le epoche, hanno ritenuto di difendere. Ma, sotto questo profilo, la difesa del matrimonio eterosessuale da parte del diritto non in funzione del semplice legame affettivo che lega i coniugi, ma si spiega per la necessit di difendere il bene superiore della famiglia, cio della cellula fondamentale della societ, istituzione che non soggetta a condizionamenti culturali, economici, sociali. Come viene chiarito in un documento della Congregazione per la dottrina 336 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 della fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, Nessuna ideologia pu cancellare dallo spirito umano la certezza secondo la quale esiste matrimonio soltanto tra due persone di sesso diverso, che per mezzo della reciproca donazione personale, loro propria ed esclusiva, tendono alla comunione delle loro persone. In tal modo si perfezionano a vicenda, per collaborare con Dio alla generazione e alla educazione di nuove vite. Lintuizione di tutti gli ordinamenti giuridici, ed in tutte le epoche, quella che la difesa del matrimonio, per cos dire, tradizionale, si spiega perch il matrimonio, per sua struttura, regolamenta lesercizio della sessualit al fine di garantire lordine delle generazioni. Nella nostra Costituzione, gli artt. 29-31 sono, appunto, dedicati ai Rapporti etico-sociali e riconoscono i diritti della famiglia come societ naturale fondata sul matrimonio, e tale riconoscimento in funzione della tutela delle nuove generazioni. Gli artt. 30 e 31, in particolare, rendono evidente che la tutela della famiglia preordinata alla tutela della c.d. parte debole della famiglia, che per molti anni stata essenzialmente la moglie (matrimonio significa, propriamente, tutela della madre), oggi a seguito della riforma del diritto di famiglia, i figli, anche se nati al di fuori del matrimonio (art. 30), s da garantire ad essi una adeguata difesa anche nei casi di incapacit dei genitori. Le disposizioni del codice civile non si limitano a regolare i rapporti tra i coniugi, ma si dilungano a tutelare i figli, specie nelle situazioni di conflitto (si pensi ai provvedimenti in materia di affidamento dei figli in casi di separazione) o di precariet (adozione). In una parola, il nostro ordinamento tutela il matrimonio in vista della tutela della sopravvivenza della specie. Pi in generale, in tutti gli ordinamenti la famiglia laicamente vista come il luogo privilegiato in cui gli essere umani acquistano una propria identit (di mariti e mogli, padri e madri, figli e figlie). Gli stessi psicologi riconoscono pacificamente la necessit di un bambino di avere una famiglia in cui siano presenti i ruoli sia del padre che della madre, che - in modo complementare - sono in grado di assicurargli una crescita normale, ordinata e completa. Queste caratteristiche, in un legame tra omosessuali, non possono costitutivamente essere presenti, trattandosi di un legame oggettivamente sterile (non sterile di fatto, come nelle coppie eterosessuali). Il diritto, in questo senso, prescindendo da ogni giudizio etico, chiamato a chiarire le ragioni per le quali non possono estendersi al rapporto tra omosessuali gli stessi principi e la medesima tutela del matrimonio eterosessuale, trattandosi di situazioni del tutto diverse tra loro e non equiparabili, anche alla luce di quanto disposto dagli artt. 2 e 3 Cost. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 337 Oltre che essere assente qualsiasi giudizio morale, non vi alcuna discriminazione per i legami omosessuali, essendo - al contrario - pacifico che il diritto comune riconosce alle coppie omosessuali, oltre che a quelle di fatto, alcuni diritti, (e si pu anche pensare di estendere ancora di pi questi diritti), senza che sia necessario introdurre nel codice nuovi istituti (cos si pensi al testamento, alla locazione della casa comune, allacquisto in comune della propriet di un bene, ad alcuni diritti in ambito sanitario, ecc). N questa discriminazione pu essere rinvenuta nella circostanza che alcuni di questi diritti devono essere attivati dalle persone conviventi di fatto, essendo questa caratteristica tipica del principio - questo s moderno e laico - di autonomia della persona. Viene da pensare che il provvedimento di Venezia (cos come gli argomenti utilizzati da alcuni giuristi) siano piuttosto diretti ad un riconoscimento, per cos dire, simbolico delle unioni omosessuali, ma si tratta di una petizione che non pu trovare ingresso in un rigoroso ragionamento giuridico. Il giurista deve, al contrario, interrogarsi sulle conseguenze che un istituto pu portare alla evoluzione dellordinamento e ha il dovere di rigettare la richiesta di tutela, non perch sia insensibile, tutte le volte che intuisce che tale tutela si risolve come sembra nel caso di specie - in un danno e in un indebolimento delle strutture portanti della societ. Avv. Vincenzo Rago* (*) Avvocato dello Stato. P A R E R I D E L C O M I TAT O C O N S U LT I V O A.G.S. - Parere del 2 febbraio 2009 prot. n. 33508 - Richiesta interessi per tardivo rimborso spese legali. (Avv. Massimo Bachetti - AL 19546/05). In riferimento alla nota di cui sopra relativa alla pretesa da parte del funzionario in oggetto del pagamento degli interessi sulla tardiva corresponsione del rimborso delle spese legali, si rappresenta quanto segue. 1- Il Dott. L. F., funzionario di codesta Agenzia, ha chiesto la corresponsione di interessi per il tardivo rimborso delle spese legali dallo stesso sostenute sia per un giudizio penale che per quello da responsabilit amministrativo contabile relative a parcelle liquidate dal Consiglio dellOrdine degli avvocati di Venezia rispettivamente in data 8/9/2003 e 18/10/2004. Il predetto funzionario afferma di aver maturato il credito per interessi essendo intervenuto il relativo pagamento solo nel maggio 2006. LAvvocatura distrettuale di Venezia con nota prot. 32805 del 10.3.2005, diretta per conoscenza anche a questa Avvocatura generale, in risposta alla nota prot. n. 10.01.2005/03/10 dellAgenzia delle Entrate comunicava che listanza di rimborso spese in argomento era di competenza dellAvvocatura Generale. Con nota datata 4 aprile ricevuta da questa avvocatura il 14.04.2005 lAgenzia delle Entrate D.R. Veneto trasmetteva listanza del dott. F. con relativa documentazione facendo peraltro presente che nonostante i ripetuti inviti linteressato non avrebbe prodotto le fonti documentali che comprovino leffettivo svolgimento dellattivit difensiva in quanto la liquidazione operata dal consiglio forense avrebbe reso ultronea ogni ulteriore indagine. Con raccomandata dell1l aprile 2005 pervenuta il 14.04.2005 il legale del dott. F. inviava a questa Avvocatura la documentazione in suo possesso relativa al giudizio avanti alla Corte dei Conti. Alla predetta comunicazione non faceva seguito alcun sollecito da parte del Dott. F. Con successiva nota del 28/11/2005 prot. nn. 159641 e 159635 questa Avvocatura esprimeva il proprio parere di congruit relativamente al giudizio pendente avanti alla Corte dei Conti mentre non si in alcun modo pronunciata 340 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 n stata investita di specifica richiesta relativamente al giudizio penale. 2- Le spese legali de quibus sono state rimborsate ai sensi dellart. 2 bis della legge n. 639 del 1996 che recita In caso di definitivo proscioglimento ai sensi di quanto previsto dal comma 1 dellarticolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come modificato dal comma 1 del presente articolo, le spese legali sostenute dai soggetti sottoposti al giudizio della Corte dei conti sono rimborsate dallamministrazione di appartenenza. La norma ovviamente va coordinata con la disposizione generale dellart. 21 comma 1 del regolamento di amministrazione dellAgenzia delle Entrate, il quale stabilisce, senza prevedere alcun termine per la definizione del procedimento, che 1Agenzia, nella tutela dei propri diritti ed interessi ove si verifichi lapertura di un procedimento di responsabilit civile, penale ed amministrativo - contabile nei confronti del dipendente, per fatti od atti compiuti nelladempimento dei compiti dufficio eroga al dipendente stesso, su sua richiesta e previo parere di congruit dellAvvocatura Generale dello Stato, il rimborso. Il Consiglio di Stato ha affermato che il vaglio di congruit dellorgano o legale dello Stato costituisce esercizio di una discrezionalit tecnica conferita dalla legge il che comporta la sua sindacabilit in sede giurisdizionale limitatamente allattendibilit dei criteri tecnici prescelti e del procedimento applicativo (ex multis, CdS sez. VI n. 5367/2004). Da tale principio deriva, come logico corollario, che il credito per rimborso spese legali sostenuto dai dipendenti diventa liquido a seguito del giudizio di congruit dellAvvocatura dello Stato, prima del quale non possibile una quantificazione dellesatto ammontare con la conseguente operativit del principio di cui allart. 1182 c.c.. (i crediti liquidi ed esigibili di somme di danaro producono interessi di pieno diritto salvo che la legge disponga diversamente). Si pone per il problema di stabilire se il rimborso in esame sia esigibile dal momento in cui viene reso allamministrazione il parere di congruit oppure sia necessario attendere la definizione del procedimento con latto che riconosce il diritto al rimborso da parte dellamministrazione di appartenenza del dipendente. La questione va affrontata alla luce della giurisprudenza sia ordinaria (Cass.Sez.Unite 478 del 2006 ) che amministrativa (Consiglio di Stato sez. IV 1681/07) che ha riconosciuto al beneficio del rimborso delle spese legali in favore dei dipendenti pubblici sottoposti a giudizi di responsabilit civile penale ed amministrativa la natura giuridica di diritto soggettivo. Ci implica che il riconoscimento del rimborso non ha effetto costitutivo dellobbligazione che diviene liquida con il parere dellAvvocatura dello Stato. Per quanto attiene al verificarsi del requisito ultimo della esigibilit, si rileva che, non risultando a questa Avvocatura dello Stato uno specifico regolamento dellAgenzia delle Entrate sul procedimento amministrativo, va applicato PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 341 il termine generale di 90 giorni stabilito dallart. 2 comma 3 legge 241 del 1990, che decorre dalla data in cui lamministrazione riceve il parere dellAvvocatura dello Stato. Si evidenzia, infine, che linsorgenza del credito per interessi subordinata alla effettiva corresponsione del compenso da parte del richiedente al proprio legale per lattivit professionale svolta e la decorrenza del termine di 90 giorni per il pagamento presuppone la previa produzione della quietanza di pagamento della somma di cui si chiede il rimborso. Nel caso di specie, non risulta che linteressato abbia prodotto quietanza di pagamento del proprio legale contestualmente alla presentazione della istanza di rimborso provvedendo a tale incombenza solo al momento del pagamento da parte dellamministrazione. Alla luce dei criteri suesposti, questa Avvocatura ritiene che non siano ravvisabili le condizioni per linsorgenza del credito per interessi sulle spese legali rimborsate. A.G.S. - Parere del 21 aprile 2009 prot. n. 124398 - Ricorso avverso cartella esattoriale, Nuova Tirrena S.p.A. c. Ministero Sviluppo Economico (Avv. Federica Varrone - AL 39982/08). La Nuova Tirrena s.p.a., in data 29.7.1999, ha emesso polizza fideiussoria n. 403.566 a garanzia della restituzione delle anticipazioni provvisorie concesse da codesto Ministero alla Conceria San Salvator di Pierro Pompeo Carlo s.n.c. in forza della L. 488/1992. A seguito della revoca del decreto di concessione provvisoria, ed in assenza di restituzione di quanto indebitamente percepito, codesto Ministero, in esecuzione del provvedimento di revoca delle agevolazioni, ha provveduto ad attivare le procedure di recupero coattivo del credito a mezzo Concessionario per la Riscossione, con conseguente notifica allimpresa garante della cartella di pagamento. Avverso detta cartella la Nuova Tirrena s.p.a. ha proposto opposizione lamentandone lillegittimit per difetto di titolo esecutivo. In particolare, limpresa ha eccepito che, nella specie, codesta Amministrazione non avrebbe potuto procedere alliscrizione a ruolo del credito ai sensi dellart. 21 del D.Lgs. 46/99, in quanto la pretesa creditoria scaturirebbe da un rapporto di diritto privato - consistente nella prestazione della garanzia fideiussoria riguardante lerogazione delle agevolazioni previste dalla L. 488/92 a favore di un impresa destinataria del provvedimento ministeriale di revoca delle stesse - e che, quindi, sarebbe stato necessario ottenere previamente un titolo esecutivo. 342 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 La Nuova Tirrena s.p.a. ha eccepito, inoltre, linapplicabilit nei propri confronti dellart. 24, comma 32, della L. 449/1997, secondo cui il provvedimento di revoca delle agevolazioni disposte dal Ministro dellIndustria, del Commercio e dellArtigianato in materia di incentivi allimpresa costituisce titolo per liscrizione a ruolo, ai sensi dellart. 67, comma 2, del D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, e successive modificazioni, degli importi corrispondenti degli interessi e delle sanzioni, in quanto detta norma si riferirebbe solo al diretto destinatario del provvedimento di revoca e non anche allimpresa garante. Il Tribunale di Roma ha disposto la sospensione della cartella esattoriale condividendo le argomentazioni difensive della ricorrente. Pi precisamente, il Tribunale ha rilevato che per le entrate aventi causa in rapporti di diritto privato, come quelle oggetto di esame, liscrizione a ruolo ammissibile solo in presenza di un titolo avente efficacia esecutiva, carente nella specie, e che lart. 24, comma 32, D.Lgs. 449/1997 applicabile solo nei confronti del soggetto beneficiario del contributo e non anche nei confronti dellassicurazione garante. Ci posto, considerati i recenti approdi giurisprudenziali, non sembra pi sostenibile la tesi, rimarcata da codesta Amministrazione, secondo cui il provvedimento di revoca costituisce, ai sensi dellart. 24, comma, 32, D.Lgs. 449/1997, valido titolo esecutivo anche nei confronti delle imprese garanti alle quali stato indirizzato. Al riguardo si osserva quanto segue. In via preliminare occorre evidenziare che, secondo la giurisprudenza di legittimit, il rapporto intercorrente tra codesta Amministrazione e le imprese garanti ha natura privatistica e, conseguentemente, le entrate aventi causa in detto rapporto, ai sensi dellart. 21 del D.Lgs. 46/1999, possono essere iscritte a ruolo solo quando risultano da titolo avente efficacia esecutiva. La Corte Suprema di Cassazione, ha, al riguardo, avuto modo di precisare che lobbligazione fideiussoria e lobbligazione principale sono autonome sia da un punto di vista soggettivo che oggettivo, in quanto il fideiussore estraneo al rapporto richiamato dalla garanzia e la relativa obbligazione ha ad oggetto non la restituzione del contributo ma il pagamento di una somma equivalente per lipotesi di mancato adempimento del debitore principale, e, pertanto, il recupero dei contributi, avendo causa in un rapporto di diritto privato, pu essere effettuato, ai sensi dellart. 21 del D.Lgs. 46/1999, solo previa formazione di titolo esecutivo (Cass. SS.UU. 2655/2008). Posta, pertanto, la necessit di un titolo esecutivo per procedere alliscrizione a ruolo nei confronti delle imprese garanti, occorre chiarire se detto titolo possa essere costituito, ai sensi dellart. 24, comma 32, della L. 449/1997, dal provvedimento di revoca dei contributi. E noto che la giurisprudenza di merito non condivide lopzione ermeneutica prospettata da codesta Amministrazione, e sostenuta dalla Scrivente nei PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 343 numerosi giudizi pendenti, secondo cui il provvedimento di revoca costituisce titolo esecutivo anche nei confronti dellimpresa garante alla quale stato indirizzato (cfr. ex multis, Corte di Appello di Roma, sentenza n. 4827/07; Tribunale di Roma sentenze nn. 16112/08; n. 6226/08; 14600/08; n. 20946/08; 24868/04; Tribunale di Potenza n. 910/06; Tribunale di Napoli n. 10280/03; Tribunale di Roma ordinanze depositate in data 4.2.2009, G.I. dott. Oddi; 9.1.2008, G.I. dott. Pontecorvo; 10.3.2008 G.I. dott.ssa Battisti; 10.4.2008, G.I. dott. Sacco). I principali argomenti posti a base delle pronunce giurisprudenziali sono i seguenti. In primo luogo si ritiene che lefficacia soggettiva del titolo esecutivo (rectius, del provvedimento di revoca) non pu estendersi a soggetti diversi dal diretto destinatario (o suo erede). In particolare, si afferma che il provvedimento di revoca ha efficacia limitata ai rapporti fra lAmministrazione che eroga il contributo ed il beneficiario dello stesso, e soltanto nei rapporti tra tali soggetti pu assumere valenza di titolo esecutivo per la restituzione delle somme erogate, mentre rispetto allassicuratore ha semplicemente il valore di condizione sospensiva dellattivazione della garanzia fideiussoria. La societ garante , infatti, totalmente estranea rispetto allintero procedimento di attribuzione e successiva revoca del beneficio e la comunicazione della disposta revoca effettuata al solo fine dellattivazione della garanzia. Si osserva, inoltre, che lart. 24, comma 32, della L. 449/1997, proprio in quanto derogante ad un principio generale di segno opposto sancito dallart. 21 del D.Lgs. 467/1999, non pu essere esteso oltre i casi in esso specificamente previsti. Considerato che il provvedimento di revoca ha effettivamente quale unico destinatario il beneficiario e non anche il garante al quale meramente comunicato, tenuto conto del carattere eccezionale dellart. 24, comma 32, della L. 449/1997, non appare pi utilmente sostenibile la tesi che possa procedersi alliscrizione a ruolo dei crediti nei confronti delle imprese obbligate in virt della polizza fideiussoria sulla base del solo provvedimento di revoca. A conforto di quanto esposto si richiama anche lart. 28 del D.L. 185/2008, convertito in Legge, con modificazioni, dallart. 1, L. 28 gennaio 2009, n. 2, che dispone che le pubbliche amministrazioni di cui allarticolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, escutono le fideiussioni e le polizze fideiussorie a prima richiesta acquisite a garanzia di propri crediti di importo superiore a duecentocinquanta milioni di euro entro trenta giorni dal verificarsi dei presupposti dellescussione; a tal fine, esse notificano al garante un invito, contenente lindicazione delle somme dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa, a versare limporto garantito entro trenta giorni o nel diverso termine eventualmente stabilito nellatto di garanzia. In caso di inadempimento del garante, i predetti crediti sono iscritti a ruolo, in solido 344 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 nei confronti del debitore principale e dello stesso garante, entro trenta giorni dallinutile scadenza del termine di pagamento contenuto nellinvito. Dalla lettura della citata previsione normativa si possono, infatti, trarre due ordini di considerazioni. In primo luogo si evince che il legislatore ammette la possibilit per lAmministrazione di procedere, senza titolo esecutivo, alliscrizione a ruolo dei propri crediti nei confronti delle imprese garanti e dei debitori in via del tutto eccezionale, in quanto ci consentito solo per crediti di ingente valore (duecentocinquanta milioni di euro). In secondo luogo la possibilit di procedere alliscrizione a ruolo, senza titolo esecutivo, nei confronti delle imprese garanti stata prevista expressa verbis. Alla luce di quanto esposto, al fine di evitare ogni possibile contestazione da parte del garante, appare opportuno che alla formazione del titolo esecutivo si pervenga tramite procedimento per decreto ingiuntivo di cui agli artt. 633 e ss. cpc, interessando lAvvocatura dello Stato nel cui distretto si trova la sede dellente garante. A.G.S. - Parere del 20 maggio 2009 prot. n. 159414 - Obbligo da parte dei pubblici ufficiali di segnalare alla Procura della Repubblica gli obiettori di coscienza che, seppure precettati, non hanno svolto il servizio di leva. (Avv. Luca Ventrella - AL 26186/08). In ordine al quesito posto con la nota in epigrafe, esaminata la documentazione trasmessa, si osserva quanto segue. Deve ritenersi - conformemente ai pi recenti arresti giurisprudenziali della Suprema Corte di Cassazione (cfr. Cass., sez. I, 9 marzo 2007, n. 12363; 16 novembre 2006, n. 42399) - che le innovazioni legislative di cui alla L. 14 novembre 2000, n. 331 e successive integrazioni non abbiano abolito totalmente il servizio di leva militare obbligatoria, bens ne abbiano soltanto limitato loperativit a specifiche situazioni e a casi eccezionali, di modo che non pu considerarsi intervenuta labolitio criminis del reato relativo al rifiuto di prestare il servizio di leva, essendo invece tuttora vigente lart. 14 della L. 8 luglio 1998 n. 98 che tale reato prevede. La Suprema Corte ha pi volte, di recente, affermato che la nuova normativa non avrebbe comportato la totale e generalizzata eliminazione del servizio militare obbligatorio (che ancora previsto in riferimento a specifiche situazioni e a determinati casi eccezionali), ma avrebbe avuto piuttosto un effetto parzialmente abrogativo, tale da determinare la modificazione del contenuto del precetto penale, il quale non ricomprenderebbe pi la condotta PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 345 penalmente sanzionata dalle disposizioni di leggi precedenti. Le nuove disposizioni produrrebbero riflessi peraltro anche per i giovani nati precedentemente e che non avevano risposto alla chiamata o avevano rifiutato di prestare il servizio di leva prima di averlo assunto, applicandosi anche in tal caso la disposizione pi favorevole al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile (Cass. pen. Sez. I, n. 12363/2007). Se vero dunque che lesito cui si giunge , in ogni caso, quello di unassoluzione perch il fatto non pi previsto dalla legge come reato, in quanto lintervenuta sospensione del servizio militare di leva ridisegna la fattispecie penale del delitto di rifiuto della relativa prestazione eliminando il disvalore sociale della condotta incriminata (Cass. pen. Sez. I, n. 25812/2007), pur vero che - in mancanza, allo stato, di una pronuncia sul punto delle Sezioni Unite ed in attesa di un ulteriore consolidamento della giurisprudenza tale orientamento della Suprema Corte non pu ancora considerarsi alla stregua di diritto vivente. Allo stato, sembra dunque preferibile ritenere che i pubblici ufficiali siano ancora tenuti, ai sensi dellart. 331 c.p.p., a denunciare alla competente Procura della Repubblica tutti gli obiettori che, seppur precettati, non abbiano adempiuto allobbligo di leva, non potendo, peraltro, riconoscersi in capo ai medesimi pubblici ufficiali alcuna competenza in merito alla determinazione dellattuale (ambito di) vigenza delle norme penali poste a tutela dellobbligo di prestare il servizio civile; determinazione che invece spetta - in mancanza di unespressa abrogazione - esclusivamente allautorit giudiziaria nellesercizio della funzione giurisdizionale. Del resto, la stessa circostanza - segnalata da codesto Ufficio Nazionale per il Servizio Civile - secondo cui le Amministrazioni interessate spesso non sono in grado di accertare se il comportamento omissivo sia da attribuire a rifiuto del servizio oppure se sussistano condizioni tali da giustificare la mancata presentazione in servizio, non pu che confermare la necessit (e comunque lopportunit), de jure condito, di rimettere le relative valutazioni alla competente autorit giudiziaria. Sul presente parere stato sentito lavviso del Comitato Consultivo di cui alla legge 103/79, che si espresso in conformit . R E C E N S I O N I FEDERICO BASILICA e FIORENZA BARAZZONI, Diritto amministrativo e politiche di semplicifazione. (Maggioli Editore, 2009) Levoluzione del diritto amministrativo sempre pi influenzata dalle politiche di semplificazione. Nel volume si descrive tale evoluzione, facendo riferimento all'ordinamento comunitario, allinflusso della cooperazione in ambito Ocse e allanalisi comparata tra i principali sistemi giuridici europei. Nella prima parte si esaminano le iniziative assunte delle istituzioni comunitarie con il programma di Better Regulation, che punta non solo sulla riduzione dellacquis communautaire, ma anche sulla consultazione, sullanalisi d'impatto della regolazione e sulla misurazione e riduzione degli oneri amministrativi. La seconda parte dedicata alla semplificazione in ambito nazionale, allAction plan e agli strumenti introdotti dal legislatore per ridurre leccesso di regolamentazione, eliminare gli oneri burocratici e accellerare i tempi dell'azione amministrativa. Gli autori mettono in risalto limportante ruolo del Consiglio di Stato e il dialogo istituzionale tra Stato, Regioni e Autonomie locali, e tra Governo e Parlamento, attraverso la Commissione parlamentare per la semplificazione della legislazione. Nellambito della semplificazione normativa si analizzano lo strumento del taglia-leggi e le altre misure contenute nel decreto-legge n. 112 del 2008 e nelle leggi n. 9 e n. 69 del 2009 volte ad assicurare laccessibilit del sistema e la chiarezza dei testi normativi. La parte conclusiva del volume si occupa della semplificazione ammini- Federico Basilica, Avvocato dello Stato. Fiorenza Barazzoni, Dirigente generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri. 348 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 strativa, illustrando le riforme intervenute in materia di procedimento amministrativo, di digitalizzazione della pubblica amministrazione, nonch gli istituti di semplificazione e liberalizzazione, che a vario titolo hanno trovato collocazione nelle novelle alla legge 241 del 1990. Particolare attenzione dedicata alle novit contenute nel decreto-legge n.112 del 2008 e nella legge n. 69 del 2009, tra le quali spiccano il programma di misurazione e di riduzione degli oneri amministrativi e le iniziative dirette alla riduzione dei tempi dellattivit amministrativa, che fanno leva sulla responsabilizzazione dei dirigenti pubblici. Prefazione di Franco Gaetano Scoca* Il bel libro di Federico Basilica e Fiorenza Barazzoni affronta con grande competenza un tema molto attuale in un sistema giuridico in cui i testi normativi sono sottoposti a continue riforme e il diritto amministrativo alla ricerca di un equilibrato assetto delle regole sul procedimento amministrativo, che consenta il giusto contemperamento tra esigenze di celerit e speditezza ed esigenze di garanzia dei destinatari e di ottimizzazione dellinteresse pubblico. ormai generalmente riconosciuta, sia in ambito internazionale che nazionale, limportanza delle politiche di semplificazione al fine di migliorare lefficienza della pubblica amministrazione, sostenere la competitivit del Paese ed alleggerire gli oneri per cittadini ed imprese. Gli Autori spiegano, con ampi riferimenti, come la semplificazione sia gradualmente divenuta sinonimo di qualit della regolazione o di better regulation, secondo lespressione in voga negli ambienti comunitari, attraverso strumenti che operano sul sistema normativo non solo ex post ma anche ex ante. Lesigenza di una normazione di qualit implica coerenza e chiarezza delle regole da un punto di vista giuridico-formale, sia per gli operatori che per i cittadini, che non possono essere ritenuti responsabili dellapplicazione di regole su cui anche le amministrazioni e i giudici rivelano contraddizioni o incertezze. Si tratta di un aspetto di grande rilevanza che trova nel libro una sua compiuta e articolata ricostruzione, dalla quale emerge limportanza di pervenire a regole di qualit anche sul piano della essenzialit e minore onerosit della normazione da un punto di vista economico-sostanziale, per cui una regola deve essere introdotta solo quando sia considerata indispensabile e se i benefici che si presumono siano superiori ai costi che ne possono derivare. difficile non condividere la tesi esposta nel libro che, forte di solidi agganci dottrinali, ritiene che, pur in mancanza di un espresso riferimento nella Carta fondamentale, alla qualit e alla chiarezza della regolamentazione possa (*) Professore ordinario di Diritto amministrativo presso lUniversit degli Studi di Roma La Sapienza, Membro del Comitato scientifico della Rassegna. RECENSIONI 349 essere attribuito valore costituzionale per la loro connessione con le istanze di certezza del diritto, nonch con il principio di uguaglianza davanti alla legge. Per gli Autori, lintelligibilit e laccessibilit del diritto non sono che un mezzo per garantire lo scopo ultimo della protezione delle libert costituzionalmente garantite. Si tratta di temi che impegnano il costituzionalista e lamministrativista, ma che richiedono lo sforzo congiunto anche di economisti ed esperti di statistica per i connessi profili di analisi di impatto della regolazione e misurazione degli oneri amministrativi. Gli strumenti essenziali della better regulation trovano nel libro di Federico Basilica e Fiorenza Barazzoni una puntuale e chiara illustrazione: il ruolo di ciascuno di essi viene ricostruito sia in ambito comunitario che in ambito nazionale e a tale analisi viene affiancata lesposizione della prospettiva comparata degli strumenti ex ante ed ex post di qualit della normazione in Europa. La parte conclusiva illustra diffusamente le riforme che sono intervenute di recente sul procedimento amministrativo e gli istituti di semplificazione e liberalizzazione, che a vario titolo hanno trovato collocazione nelle novelle del 2005 alla legge 241/1990, con un occhio attento anche alle novit contenute nella manovra finanziaria del quarto Governo Berlusconi, che ha di recente licenziato un disegno di legge (Delega al Governo finalizzata allottimizzazione della produttivit del lavoro pubblico - Atto Senato n. 847) ed un decreto-legge (d.l. 25 giugno 2008, n. 112 - Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivit, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria) che contengono iniziative di grande impatto sul piano della semplificazione amministrativa (si pensi alla discussa previsione di un indennizzo per ritardo dellazione amministrativa) e della riduzione dellinflazione legislativa (che ruota intorno allo strumento del c.d. taglia-leggi). Il libro non trascura la prospettiva comparatistica del fenomeno preso in esame e limportanza della multilevel regulatory policy, ritenendo che le politiche e i meccanismi di coordinamento tra i diversi livelli di governo siano essenziali per lo sviluppo di una regolazione di alta qualit. stata in tal senso preziosa lesperienza maturata sul campo dagli Autori, che in ambito OCSE hanno partecipato ai lavori del Gruppo Regulatory Management and Reform, sulla riforma della regolazione nei Paesi membri e non membri; in ambito comunitario hanno seguito i lavori del Consiglio Competitivit e Crescita, con riferimento allAgenda di Lisbona ed in particolare alle iniziative inerenti la c.d. Better Regulation; nellambito della cooperazione informale tra Ministri e Direttori Generali della Pubblica Amministrazione degli Stati membri dellUnione Europea hanno partecipato alle attivit dei Direttori 350 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 generali della Funzione Pubblica e del gruppo europeo dei Direttori per la Better Regulation. E infine, nellultimo lustro, hanno seguito, con varie responsabilit e in posizione di primo piano, le attivit del Governo italiano in materia di semplificazione, prendendo parte nel 2007 alla stesura del primo Piano dazione italiano per la semplificazione e la qualit della regolazione. Si tratta, in conclusione, di una opera utile, aggiornata e pienamente convincente. ** *** ** RENATO FEDERICI, Guerra o diritto? Il diritto umanitario e i conflitti armati tra ordinamenti giuridici. (Editoriale Scientifica, 2009) La guerra come strumento alternativo al diritto nella composizione dei contrasti politici ed economici nonch come conseguenza di scelte sociali e religiose dei popoli, contrapposta alla regolazione giuridica. Il recente e pregiatissimo studio del Prof. Renato Federici giunge alla dimostrazione dellalternativit assoluta tra guerra e diritto, attraverso la nota teoria di Santi Romano sugli ordinamenti giuridici, e dopo aver affermato che il genere prossimo del diritto la guerra. Attraverso unapprofondita disamina del pensiero filosofico e dellevoluzione della scienza giuridica lAutore perviene ad una definizione di guerra intesa come negazione del diritto, la cui descrizione fenomenica spiegabile quale conflitto tra ordinamenti giuridici. La tesi rifiutando le teorie normativistiche inidonee a spiegare il rapporto antitetico sopra descritto si pone come sviluppo dommatico ed applicazione metodologica della nota teoria di Santi Romano sugli ordinamenti giuridici. Ed infatti solo il relativismo sotteso alla citata teoria - lesistenza di una pluralit di ordinamenti come espressione di societ organizzate e del loro reciproco riconoscimento - riesce a spiegare il rapporto antitetico della guerra rispetto al diritto ma al contempo e non senza paradosso, lidentit di funzioni tra le due categorie concettuali. Diritto e guerra si pongono infatti come strumenti alternativi rispetto alla composizione dei conflitti, in un rapporto di regola ed eccezione nonch di necessaria successione temporale di talch dal fallimento del diritto si origina la guerra i cui esiti tornano ad essere consacrati da regole del diritto (di norma RECENSIONI 351 i Trattati di Pace) per il mantenimento dei nuovi equilibri socio - economici scaturiti dal conflitto armato. La dichiarata matrice filosofica da ricondurre al pensiero di Platone, Kant, Montesquieu, e infine Bobbio che gi prefiguravano nelle federazioni tra gli Stati il mezzo politico per scongiurare la guerra. La fiducia di fondo di tale impostazione che ampliando la sfera di operativit del Diritto anche nelle relazioni internazionali tra gli Stati, si possano limitare i conflitti armati, intesi come autodistruzione del genere umano e assassinio di massa. In questa logica, non vi spazio alcuno per giustificare la violenza: non esiste n la guerra giusta n quella legittima. Considerato inoltre che lo ius ad bellum inteso quale espressione della Sovranit esterna degli Stati - presupponendo dunque il loro mutuo riconoscimento -levoluzione del Diritto internazionale conferma, sia pure con molta difficolt, la volont politica della Comunit internazionale di ripudiare la guerra come strumento di risoluzione dei conflitti. La conseguenza di tale teoria la negazione del Diritto bellico inteso come pretesa di disciplinare giuridicamente luso della forza e il ricorso alla violenza collettiva ed organizzata. Se infatti la guerra negazione assoluta e imprescindibile del diritto nella risoluzione dei conflitti tra ordinamenti giuridici non vi spazio per una qualificazione del diritto bellico inteso come regolazione delluso della forza. Semmai i compiti di Difesa nazionale e di disciplina delle Forze Armate sono espressione di Diritto interno volto ad organizzare gli apparati militari e non gi i rapporti bellici, in s considerati. Parimenti il Diritto umanitario una branca del Diritto internazionale inteso come apposizione di limiti esterni ed eccezionali alluso della forza a tutela dei fondamentali diritti naturali dellUomo e nel rispetto di sentimenti umanitari, universalmente condivisi (trattamento dei prigionieri, principi di proporzionalit, difesa delle popolazioni civili, etc.). Lindagine - di estremo rigore scientifico - si snoda attraverso la chiara descrizione del processo evolutivo del diritto nella civilt Occidentale, in una logica, condivisibile, di stretta connessione con i processi storici di riferimento. In questa prospettiva, levoluzione del pensiero filosofico greco - che rappresenta il fondamento di un primigenio diritto pubblico, in ragione del suo riferimento alla polis - legata alla nascita di forme di governo in senso democratico; di converso le varie manifestazioni del potere politico e la ritenuta necessit del ricorso alla guerra sono analizzate allinterno del pensiero bellicista: dal De Vitoria a Shmitt. Analogamente, secondo lAutore, lo sviluppo della scienza giuridica e la diatriba tra giusnaturalisti (capostipite Grozio) e giuspositivisti (Kelsen) trova fondamento nella necessit di individuare allinterno degli Stati moderni, les- 352 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 senza di diritti umani universalmente riconosciuti. In questa prospettiva lorigine del Diritto internazionale moderno ricondotto allequilibrio politico scaturito allesito dei Trattati di Westfalia che segnano il passaggio epocale verso la nascita degli Stati moderni ed una pi matura laicizzazione del diritto. Al di l degli esiti ai quali approda la ricerca, lo studio ha anche il grande merito di collegare levoluzione del pensiero filosofico e giuridico, nonch levoluzione del diritto occidentale, secondo una chiara ed accessibile lettura della Storia. Profondo conoscitore degli eventi storici e del loro pi remoto significato lAutore individua un percorso di progressiva laicizzazione del diritto e del mutamento graduale degli Stati in senso democratico. Da qui, nello sfondo dellindagine, la descrizione della storia dellUomo, attraverso il pensiero filosofico e giuridico: dalla concezione platonica contrapposta a quella aristotelica, ai lineamenti del diritto feziale dei Romani; segue la descrizione del pensiero bellicista funzionale alle ragioni del potere temporale della Chiesa Cattolica fino alla rottura del protestantesimo quale base ideologica dei nuovi equilibri scaturiti dai Trattati di Westfalia, passaggio fondamentale per la nascita degli Stati moderni e del Diritto Internazionale. Lulteriore stadio di questo processo storico - allesito degli orrori dei conflitti mondiali e della guerra atomica - rappresentato dallo Statuto delle Nazioni Unite sottoscritto a S. Francisco il 26 giugno 1945 e volto a porre limiti indiretti alla sovranit statale. In tale contesto la guerra posta - di norma - al di fuori dei sistemi di risoluzione dei conflitti. In tale nuovo contesto internazionale, gli Stati dovrebbero evitare il ricorso alla guerra per risolvere i contrasti che possono insorgere tra di essi col rivolgersi alla comunit che rappresenta tutti gli Stati per chiedere di risolvere le controversie. Tuttavia la recente storia dimostra che raramente gli Stati rinunciano alla loro sovranit per sottomettersi al giudizio, ad esempio, dellONU. Ci potrebbe far credere che la guerra possa essere considerata come un istituto eccezionale previsto dal diritto rispetto a quelli ordinari, per la risoluzione delle contese. Invero, il fatto che le moderne costituzioni (e quindi anche quella italiana) ripudino la guerra come metodo di risoluzione delle diatribe internazionali non rende per ci stesso giuridico questo metodo. Inoltre, il fatto che uno Stato preveda la possibilit di difendesi dallattacco dellaggressore, non rende giuridica la guerra, ma consente allaggredito di rispondere con gli stessi metodi utilizzati dallassalitore. I quali, si ribadisce, sono diversi da quelli giuridici, ma non per questo inidonei a definire la controversia a favore delluno o dellaltro dei contendenti. Per questo motivo, tanto la guerra quanto la rivoluzione armata sono criteri di autodifesa primordiali con i quali si crede di poter risolvere una disputa con luso della violenza bellica, e cio RECENSIONI 353 con lutilizzo della forza che si contrappone allesercito nemico. A tal proposito, giova ricordare che per vivere in pace occorre laccordo, mentre per scatenare la guerra sufficiente che uno Stato aggredisca un altro. In altre parole, lo studio del Federici completa e chiarisce la nota definizione del Clausewitz (secondo cui la guerra consiste nella prosecuzione della politica con altri mezzi), nel senso che la guerra la continuazione delle scelte politiche con strumenti diversi non solo da quelli politici ma anche da quelli giuridici. Antonella Anselmo* (*) Avvocato del Foro di Roma. D O T T R I N A Rilevanza giuridica del deposito dellistanza di prelievo nella applicazione della legge n.89/2001 di Sara Caiazza* Con la promulgazione dellart. 54 del d.l. n. 112 del 25 giugno 2008, convertito in legge n. 133 del 6 agosto 2008, secondo cui la domanda di equa riparazione non proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione di cui allart. 2, comma 1, legge 24 marzo 2001, n. 89, non stata presentata una istanza ai sensi dellart. 51 del Regio decreto 17 agosto 1907, n. 642 (Regolamento per la procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato), il legislatore affronta la questione giuridica relativa alla rilevanza del mancato deposito dellistanza di prelievo, ai fini della proponibilit della domanda di equa riparazione ex lege n. 89/2001, che abbia ad oggetto leccessiva durata di un giudizio amministrativo. ComՏ noto, la legge 89/2001 (la cd. Legge Pinto) ha introdotto in Italia (anche a seguito delle pressioni esercitate dagli organi del Consiglio dEuropa, oltre che, soprattutto, dalla CEDU, presso cui veniva depositato un numero sempre maggiore di ricorsi italiani) il diritto allequa riparazione per chiunque ritenga di avere subito un danno, patrimoniale o non patrimoniale, per effetto del mancato rispetto del termine di ragionevole durata del processo, previsto dallart. 6 della Convenzione Europea sui Diritti dellUomo e delle libert fondamentali, ratificata in Italia con la legge del 4 agosto 1955, n. 848 (*) Dottore in giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso lAvvocatura distrettuale dello Stato di Napoli. 356 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 (cos come modificata dalla legge 1 agosto 1973, di introduzione del citato art. 6). Altrettanto noto che lart. 51, comma 2, del Regio decreto n. 642/1907, nello stabilire che nello stesso decreto di fissazione di udienza il Presidente pu, ad istanza di parte o dufficio, dichiarare il ricorso urgente, prevede la possibilit, in capo al ricorrente del giudizio amministrativo, di produrre unistanza al fine di far dichiarare il ricorso urgente, onde ottenerne la trattazione anticipata, scavalcando cos il criterio cronologico di iscrizione delle domande di fissazione delludienza di discussione, previsto in via ordinaria. Listanza di prelievo rappresenta, dunque, un indice, non solo, dellurgenza del ricorso amministrativo, ma anche, dellinteresse della parte ad una pi sollecita definizione del giudizio. Allo stato, pertanto, la questione, relativa alla rilevanza del mancato deposito dellistanza di prelievo nel corso di un giudizio amministrativo del quale si lamenti lirragionevole durata a norma della legge 89/2001, viene risolta dal legislatore nel senso della improcedibilit della domanda di equa riparazione, nellipotesi, appunto, di carenza di tale requisito. Lart. 54 citato, prima facie, potrebbe far pensare che il legislatore abbia recepito lorientamento giurisprudenziale (precedente alla sentenza delle SS.UU. n. 28507/2005) secondo cui il mancato deposito dellistanza di prelievo doveva essere interpretato alla luce di quanto previsto dallart. 2, comma 2, della legge 89/2001, che, nel dare rilevanza, ai fini dellaccertamento della violazione, anche al comportamento delle parti, escludeva laddebitabilit allAmministrazione dei tempi di eccessiva durata imputabili alla condotta della parte che non si era avvalsa dello strumento acceleratorio posto a sua disposizione: sosteneva la giurisprudenza, infatti, che solo a decorrere dal deposito dellistanza di prelievo, leventuale ulteriore tempo decorso avrebbe potuto essere valutato dalla Corte di Appello adita al fine di giudicare della ragionevole durata (ex multis: Corte di Cassazione, sentenze nn. 22503/2004; 6180/2003; 15992/2002; 15445/2002). Il predetto orientamento, comՏ noto, cambiava poi radicalmente (anche in adesione a quello ripetutamente espresso dalla Corte di Strasburgo, presso cui nuovamente venivano ad essere depositatati ricorsi italiani), con la sentenza della Corte di Cassazione n. 23187/2004 del 13 dicembre 2004, a cui hanno aderito le SS.UU. della Corte di Cassazione, con la sentenza del 23 dicembre 2005, n. 28507/2005. Innovando la precedente interpretazione, la Corte di Cassazione escludeva che nei procedimenti davanti ai tribunali amministrativi regionali il ritardo riferibile allorgano di giustizia e la connessa insorgenza del diritto allequa riparazione potessero essere configurabili soltanto se ed a partire dalla data in cui veniva depositata listanza di prelievo ed osservava che il processo amministrativo richiede, dopo il deposito del ricorso, un solo necessario infun- DOTTRINA 357 gibile impulso di parte costituito dalla presentazione nei due anni dal deposito del ricorso (...) di una apposita istanza di fissazione, in mancanza della quale la causa si estingue per perenzione; una volta presentata tale istanza, infatti, il processo dominato dal potere di iniziativa del giudice. Tuttavia, veniva nel contempo evidenziato, che il mancato o ritardato deposito dellistanza de quo potesse avere influenza sotto il diverso profilo della quantificazione dellequa riparazione (1). Questo il quadro giurisprudenziale esistente, allorch intervenuta la disposizione normativa di cui allart. 54 del d.l. 112/2008, conv. in l. n. 133/2008, allinizio citata che individua nel mancato deposito una condizione di procedibilit del ricorso. In ordine alla sfera di applicabilit dellart. 54, legge 133/2008, occorre distinguere tra i giudizi introdotti precedentemente alla entrata in vigore della legge, da quelli introdotti successivamente. Per quanto concerne i primi, sia che siano stati gi decisi, ovvero siano solo pendenti, in assenza di deroghe specifiche da parte del legislatore, da ritenersi applicabile lordinario principio del tempus regit actum. Sul punto, del resto, gi intervenuta la Corte di Cassazione, 1 sez., con la recente sentenza n. 25421, del 17 ottobre 2008, che ha cos chiarito: In difetto di una disciplina transitoria e di esplicite previsioni contrarie, va infatti data continuit allorientamento di questa Corte, secondo il quale il principio dellimmediata applicabilit della legge processuale concerne soltanto gli atti processuali (1) In relazione a tale indirizzo, interessante stata la reazione della giurisprudenza della Corte di Appello di Napoli. Infatti, mentre alcuni decreti hanno interpretato il mancato deposito dellistanza di prelievo, come circostanza del tutto irrilevante ai fini sia del riconoscimento del diritto, sia della quantificazione dellindennizzo (cfr., ex multis, Corte di Appello di Napoli, 3 sez. civile, dr. Di Ruggiero, decreto n. 6742/2008 v.g); altri decreti, in conformit con lorientamento espresso dalle SS.UU., hanno interpretato tale mancato deposito esclusivamente come elemento configurabile un concorso di colpa della parte nellavere determinato lirragionevole durata; concorso di colpa sanzionato con una riduzione (in genere del 50%) dellindennizzo annuo (cfr. ex multis Corte di Appello di Napoli, 2 sez. civile, dr. Di Mauro, decreto n. 1089/2007 v.g.). In altri decreti, invece, il mancato deposito dellistanza stato valutato sotto il profilo della carenza di interesse della parte ad una pi sollecita prosecuzione del giudizio e, pertanto, si sono conclusi con il rigetto del ricorso (sul punto, cfr. Corte di Appello di Napoli, 3 sez. civile, dr. Piantadosi decreto n. 8702/2007 v.g.). In particolare, secondo tale ultimo isolato orientamento, la mancata presentazione dellistanza di prelievo se non esclude la sussistenza del diritto allequa riparazione, non soltanto influisce sulla determinazione della relativa misura, ma pu assumere valore sintomatico della mancanza di plausibili attese circa la verosimile fondatezza della pretesa esperita. Tale indirizzo si segnala per avere posto laccento, ai fini della valutazione circa la fondatezza della domanda, sul concetto di inerzia del ricorrente che non abbia assunto tutte le iniziative offerte dal legislatore al fine di ottenere una pi sollecita prosecuzione del giudizio. Con la 1. n. 133/2008, art. 54, invece, il legislatore sposta il thema detidendum per la Corte, dallesame del comportamento inerte - rilevante, con riferimento allart. 2, comma 2, legge 89/2001, ai fini della valutazione circa la fondatezza della domanda - ad un profilo squisitamente processuale, agevolando, cos, il compito del giudice, tenuto ad una pi rapida decisione. 358 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 successivi alla entrata in vigore della legge stessa, come ha affermato anche la Corte Costituzionale (sentenza n. 155/1990), quindi non incide su quelli anteriormente compiuti, i cui effetti, in virt del principio tempus regit actum, restano regolati dalla legge sotto il cui imperio sono stati posti in essere. Per tutti i giudizi introdotti prima della entrata in vigore della 1. 133/08 potr considerarsi ancora valido, pertanto, lorientamento consolidatosi con la sentenza delle SS.UU. n. 28507/05. Per quanto concerne i giudizi introdotti successivamente alla entrata in vigore dellart. 54 della legge 133/08, si pone il problema della sfera di applicazione di questultimo allorch si lamenti leccessiva durata di giudizi amministrativi, ancora pendenti, con istanza di prelievo depositata dopo la entrata in vigore del predetto art. 54. Invero, con la disposizione in parola, il legislatore, ponendo una condizione di procedibilit in ordine alla istanza di prelievo, esclude che tutto il periodo precedente al deposito di questultima possa essere valutato; con la conseguenza che il periodo di fisiologica durata del processo amministrativo comincer a decorrere successivamente al deposito dellistanza e che, pertanto, uneventuale eccessiva durata del processo potr verificarsi solo dopo il decorso dei tre anni dal deposito della predetta istanza. Una differente interpretazione, del resto, renderebbe la norma priva di un campo di applicazione. DOTTRINA 359 "Lingiustizia costituzionalmente qualificata" "a tipicit elastica" e lopzione "qualitativa" della "gravit del danno" e della "seriet della lesione" Il danno non patrimoniale nel seguito di SS.UU. 11 novembre 2008 di Pasquale Fava* SOMMARIO: 1.- La tipicit elastica che fonda lingiustizia costituzionalmente qualificata nella tripartizione categoriale delle previsioni di legge di cui allart. 2059 c.c.: (la configurazione del danno non patrimoniale secondo Cass., sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972/3/4/5). 2.- Le perplessit riconnesse ad uninterpretazione quantitativa della gravit del danno e della seriet della lesione perorante uninedita regola de minimis. 2.1- (Segue) Laccoglimento di una prospettiva qualitativa che impone una valutazione giudiziale pi rigorosa sulle conseguenze lesive di natura esistenziale. 3.- Il seguito giurisprudenziale delle decisioni Carbone-Preden del 2008: la posizione delle Sezioni Unite e della Sezione prima. 3.1- (Segue) Le decisioni della Sezione terza. 3.2.- Lorientamento della Corte dei conti, del Consiglio di Stato e dei giudici civili di merito. 4.- Considerazioni finali: periscono le vesti del danno esistenziale ma la sua ontologia si reincarna in quello biologico (come sua componente personalizzante) e morale (nella sua nuova e pi ampia configurazione). 1. La tipicit elastica che fonda lingiustizia costituzionalmente qualificata nella tripartizione categoriale delle previsioni di legge di cui allart. 2059 c.c.: (la configurazione del danno non patrimoniale secondo Cass., sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972/3/4/5) Lanalisi sistematica della giurisprudenza di legittimit intervenuta dopo le decisioni Carbone-Preden dell11 novembre 2008 (1) attesta la sostanziale condivisione del modello proposto dal Supremo Collegio di nomofilachia se- (*) Giudice della Corte dei Conti (1) Cass., sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972, 26973, 26974 e 26975, in Foro it., 2009, I, 120 ss. con commento di A. PALMIERI, La rifondazione del danno non patrimoniale, allinsegna della tipicit dellinteresse leso (con qualche attenuazione) e dellunitariet, di R. PARDOLESI, R. SIMONE, Danno esistenziale (e sistema fragile): die hard, e G. PONZANELLi, Sezioni unite: il nuovo statuto del danno non patrimoniale, in Giur. it., 2009, 61-72, con commento di G. CASSANO, Danno non patrimoniale ed esistenziale: primissime note critiche a Cassazione civile, Sezioni unite, 11 novembre 2008, n. 26972, 259-261 e di V. TOMARCHIO, Lunitariet del danno non patrimoniale nella prospettiva delle Sezioni Unite, 318-325,in Corr. giur., 2009, 48 ss., con commento di M. FRANZONI, Il danno non patrimoniale 360 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 condo cui le lesioni inferte a situazioni soggettive costituzionalmente protette (antecedentemente etichettate come danni esistenziali) non devono essere risarcite come categoria formalmente autonoma bens a titolo di danno biologico o di danno morale nella sua nuova e pi ampia configurazione. Le decisioni in rassegna hanno pienamente condiviso la tripartizione delle categorie di previsioni di legge (che consentono la liquidazione dei danni non patrimoniali contemplati dallart. 2059 c.c.) e la natura giuridica tipicamente elastica di quella fondata su uningiustizia costituzionalmente qualidel diritto vivente, in Danno resp., 2009, 19 ss., con commento di A. PROCIDAMIRABELLI DI LAURO, Il danno non patrimoniale secondo le Sezioni unite. Un de profundis per il danno esistenziale?, di S. LANDINI, Danno biologico e danno morale soggettivo nelle sentenze della Cass. SS.UU. 26972, 26973, 26974, 26975/2008, di C. SGANGA, Le Sezioni unite e lart. 2059 c.c.: censure, riordini e innovazioni del dopo principio. Per la descrizione e linquadramento sistematico delle decisioni P. FAVA, Lineamenti storici, comparati e costituzionali del sistema di responsabilit civile verso la European Civil Law, e G. DE ANGELIS, Il danno risarcibile (contrattuale, extracontrattuale e precontrattuale) ed il nesso di causalit. La tutela per equivalente pecuniario: funzioni, tipologie e tecniche liquidative del risarcimento danni, in P. FAVA, La responsabilit civile, Milano, Giuffr, 2009. In dottrina, altres, AA.VV., Il danno non patrimoniale. Guida commentata alle decisioni delle S.U., 11 novembre 2008, n. 26972/3/4/5, Milano, Giuffr, 2009; C. CASTRONOVO, Danno esistenziale: il lungo addio, in Danno resp., 2009, 5 ss.; P.G. MONATERI, Il pregiudizio esistenziale come voce del danno non patrimoniale, in Riv. civ. prev., 2009, 56 ss.; E. NAVARRETTA, Il valore della persona nei diritti inviolabili e la complessit dei danni non patrimoniali, , in Riv. civ. prev., 2009, 63 ss.; S. PATTI, Le Sezioni Unite e la parabola del danno esistenziale, in Corr. giur., 2009, 415 ss.; D. POLETTI, La dualit del sistema risarcitorio e lunicit della categoria dei danni non patrimoniali, in Riv. civ. prev., 2009, 76 ss.; C. SCOGNAMIGLIO, Il sistema del danno non patrimoniale dopo le decisioni delle Sezioni Unite, in Resp. civ. prev., 2009, ss.; G. VETTORI, Danno non patrimoniale e diritti inviolabili, in www.personamercato.it; P. ZIVIZ, Il danno non patrimoniale: istruzioni per luso, in Riv. civ. prev., 2009, 94 ss. Con le predette decisioni le Sezioni unite hanno avallato un sistema misto a tipicit stretta ed elastica che ammette il risarcimento del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. in presenza di: 1) un fatto astrattamente sussumibile allinterno di una fattispecie criminale (art. 185 c.p.), 2) una previsione specifica di legge che contempli espressamente la risarcibilit del danno non patrimoniale e 3) uningiustizia costituzionalmente qualificata chiarendo, in conformit con quanto altrove gi rilevato (P. FAVA, La rivitalizzazione costituzionalmente orientata del rapporto obbligatorio: gli orientamenti della giurisprudenza costituzionale, di quella di legittimit e della scienza giuridica italiana, in ID., Le obbligazioni. Diritto sostanziale e processuale, Milano, Giuffr, 2008, 153-213, nonch ID., Personalismo costituzionale, drittwirkung e tutela risarcitoria minima delle situazioni soggettive costituzionalmente garantite: lart. 2059 c.c. norma a tipicit stretta, elastica oppure atipica? (La protezione degli interessi e dei valori della persona umana attraverso il danno esistenziale di nuovo al cospetto delle Sezioni Unite), in Riv. Corte conti, 2007, 316-326, ove si era concluso per il rigetto della tesi della stretta tipicit e laccoglimento di un sistema a tipicit elastica), che il catalogo dei casi [] non costituisce numero chiuso. La tutela non ristretta ai casi di diritti inviolabili della persona espressamente riconosciuti dalla Costituzione nel presente momento storico, ma, in virt dellapertura dellart. 2 Cost. ad un processo evolutivo, deve ritenersi consentito allinterprete rinvenire nel complessivo sistema costituzionale indici che siano idonei a valutare se nuovi interessi emersi nella realt sociale siano, non genericamente rilevanti per lordinamento, ma di rango costituzionale attenendo a posizioni inviolabili della persona umana (le situazioni soggettive previste dalla Convenzione europea dei diritti delluomo non ricevendo una costituzionalizzazione automatica - in tal senso C. cost., 24 ottobre 2007, n. 348 e 349 - non possono beneficiare tout court della tutela risarcitoria minima - punto 2.11. della decisione 26972/08). DOTTRINA 361 ficata (2). Difatti, la tipicit contemplata dallart. 2059 c.c. avrebbe natura stretta in relazione a previsioni di legge contemplanti fattispecie di reato o di risarcibilit espressa dei danni non patrimoniali oltre che elastica per quelle fondate sullingiustizia costituzionalmente qualificata per le quali verrebbe in rilievo un rinvio mobile a tutti i nuovi interessi emersi nella realt sociale perch aventi rango costituzionale. Lingiustizia costituzionalmente rilevante (che d luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali previsti dallart. 2059 c.c.), quindi, costituisce una categoria aperta a tutela della persona umana ed in linea con le decisioni della Corte costituzionale Maccarone (3), DellAndro (4) e Marini (5). 2. Le perplessit riconnesse ad uninterpretazione quantitativa della gravit del danno e della seriet della lesione perorante uninedita regola de minimis Il risarcimento del danno non patrimoniale per lesione di interessi e valori della persona (che diviene fruibile anche in relazione allillecito contrattuale) (6), quindi, diviene possibile solo allesito di un giudizio bifasico teso allaccertamento dellesistenza di una lesione di una situazione soggettiva costituzionalmente inviolabile (c.d. ingiustizia costituzionalmente rilevante) (7) (2) In relazione alla tutela degli interessi e valori della persona umana, quindi, la Suprema Corte non ha accolto la tesi della stretta tipicit alla tedesca (c.d. numerus clausus) aderendo, per converso, alla ricostruzione perorante tipicit elastica. (3) C. cost., 12 luglio 1979, n. 87 e 26 luglio 1979, n. 88. (4) C. cost., 14 luglio 1986, n. 184. (5) C. cost., 11 luglio 2003, n. 233. (6) Punto 4.1. della decisione 26972/08. (7) Secondo le Sezioni unite, difatti, lingiustizia costituzionalmente qualificata verrebbe in rilievo solo in relazione a situazioni soggettive costituzionalmente inviolabili (sembrerebbero esclusi dalle guarentigie della tutela risarcitoria minima quegli interessi che, pur costituzionalmente previsti, non abbiano tale carattere). Non chiaro, tuttavia, se la Cassazione consideri inviolabili tutti gli interessi e i valori della persona umana, non identificando n fornendo un catalogo esemplificativo di quelli che tali non siano. noto che la Consulta, a differenza della Suprema Corte, non si sia mai impegnata (fino ad oggi) ad usare una terminologia simile che , per converso, di conio dottrinale [E. NAVARRETTA, Diritti inviolabili e risarcimento del danno, Torino, Giappichelli, 1996; in seguito ID., I danni non patrimoniali. Lineamenti sistematici e guida alla liquidazione, Milano, Giuffr, 2004, 18-19 e 35 ss. e G. COMAND, Diritto privato europeo e diritti fondamentali. Saggi e ricerche, Torino, 2004, 34; la dottrina ha fatto leva sulla decisione della Consulta del 19 maggio 1971, n. 109. Va in contrario rilevato che, a parte il rilievo che la questione concreta interessava la materia previdenziale (un pensionato affermava di essere stato leso dalla legge di recepimento dellaccordo Italia-Libia sul trasferimento delle posizioni assicurative dellINPS allente previdenziale libico il quale, in applicazione della legge libica, aveva corrisposto una pensione inferiore a quella che il ricorrente avrebbe percepito dallINPS), la Corte non ha voluto espressamente prendere posizione sulla questione dei confini dellinviolabilit: A prescindere da ogni altra considerazione sulla classificabilit di un diritto, solo perch costituzionalmente garantito, fra i diritti inviolabili delluomo, punto 3 del considerato in diritto]. 362 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 e del superamento della soglia della gravit delloffesa e della seriet del danno. Lintroduzione di nuove categorie quali la gravit del danno e la seriet della lesione (8) spinge linterprete a chiedersi quale possa essere la chiave di lettura pi conforme alle istanze del personalismo costituzionale che ha prodotto nella materia della responsabilit civile lemersione del principio della tutela risarcitoria minima delle situazioni soggettive costituzionalmente rilevanti. Tra le possibili ricostruzioni accanto ad una opzione che valuta i predetti requisiti in senso qualitativo (di cui si tratter in seguito) se ne giustappone una quantitativa (c.d. regola de minimis). Linterpretazione quantitativa non appare in linea con il principio costituzionale della tutela risarcitoria minima. Difatti, al riconoscimento giurisdizionale del carattere inviolabile della situazione soggettiva danneggiata dovrebbe ragionevolmente conseguire una tutela piena ed omnicomprensiva. dubbio che, specie in assenza di base giuridica, possa essere applicata allillecito civile uninedita regola de minimis che, per converso, stata positi- Nella trilogia Maccarone-DellAndro-Marini il Giudice delle Leggi, difatti, non ha limitato la fruibilit della tutela risarcitoria minima alle violazioni di situazioni soggettive cui la Carta costituzionale riconosca il carattere dellinviolabilit (sul punto C. conti, 24 aprile 2009, n. 473 secondo cui le previsioni costituzionali integrano pienamente il requisito previsto dallart. 2059 c.c. (che contrariamente a quanto comunemente ritenuto non contempla una riserva di legge ma una mera previsione di legge), anche perch le richiamate sentenze della Consulta (C. cost., 87 e 88/79, Id., 184/86 e Id., 233/03) non hanno subordinato la tutela risarcitoria minima al requisito dellinviolabilit ma esclusivamente alla copertura costituzionale della situazione soggettiva pregiudicata attivata in giudizio attraverso lazione risarcitoria), anzi, in numerose occasioni ha precisato che la predetta tutela risarcitoria deve essere sempre concessa in relazione a tutti i danni che potenzialmente ostacolano le attivit realizzatrici della persona umana (sentt. Corte cost. nn. 184 del 1986 e 307 del 1990) (C. cost., 7 maggio 1991, n. 202)). A questo punto pare che, anche per lespresso accoglimento da parte delle Sezioni unite della tesi della tipicit elastica, i giudici di merito dovranno effettuare una valutazione che sia il pi vicino possibile agli orientamenti della Corte costituzionale e alla coscienza comune attuale. Sotto tale questo profilo, dunque, dovr chiarirsi se esistano e quali siano i valori ed interessi della persona non inviolabili e se sia costituzionalmente ammissibile privare questi ultimi della guarentigia (costituzionale) della tutela risarcitoria minima. (8) Le Sezioni unite, introducendo ai fini dellammissione a risarcimento un requisito ulteriore non contemplato dallart. 2059 c.c., hanno sancito che non tutti i pregiudizi inferti a situazioni soggettive costituzionalmente inviolabili possono dare luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali ma esclusivamente quelli che determinino unoffesa grave e un danno serio (la gravit delloffesa costituisce requisito ulteriore per lammissione a risarcimento dei danni non patrimoniali alla persona conseguenti alla lesione di diritti costituzionalmente inviolabili e che il diritto deve essere inciso oltre una certa soglia minima, cagionando un pregiudizio serio; lintroduzione del requisito viene fondato sul dovere di tolleranza precisando che la lesione deve eccedere una certa soglia di offensivit, rendendo il pregiudizio tanto serio da essere meritevole di tutela in un sistema che impone un grado minimo di tolleranza, di guisa che il filtro della gravit della lesione e della seriet del danno possa attuare un bilanciamento tra il principio di solidariet verso la vittima, e quello di tolleranza, con la conseguenza che il risarcimento del danno non patrimoniale sia dovuto solo nel caso in cui sia superato il livello di tollerabilit ed il pregiudizio non sia futile. Ci perch pregiudizi connotati da futilit ogni persona inserita nel complesso contesto sociale li deve accettare in virt del dovere della tolleranza che la convivenza impone (art. 2 Cost.) - punto 3.11. della decisione 26972/08). DOTTRINA 363 vamente introdotta in altre materie (concorrenza e divieto di aiuti di Stato) per soddisfare esigenze di public policy che difficilmente potrebbero essere estese ai rapporti interprivati. In relazione allillecito civile, infatti, il principio compensativo specie in relazione a lesioni inferte ad interessi e valori della persona umana impone, per converso, lintegrale risarcimento dei danni cagionati come stato del resto chiarito dalle Sezioni unite (il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale, nel senso che deve ristorare interamente il pregiudizio) (9). In altri termini, il riconoscimento del carattere inviolabile di una specifica situazione soggettiva dovrebbe implicare limpossibilit di falcidiare la tutela giurisdizionale per motivi prettamente quantitativi sulla base di una (criticabile) interpretazione dei dicta delle Sezioni unite che sembra confondere il piano delle valutazioni finalizzate allaccertamento dellan debeatur con quello della liquidazione del quantum e, ancora, questultimo con quello afferente la stessa attivabilit giurisdizionale delle pretese fondate sul personalismo costituzionale dal quale germogliato il principio della tutela risarcitoria minima. Pertanto, lazione risarcitoria non pu essere preclusa alle small claims (10). Diversamente opinando, mettendo da parte lirragionevole discriminazione che si profilerebbe tra danni patrimoniali e non (11), si creerebbero vaste aree di immunit giurisdizionale e, per tale ragione, la stessa convivenza sociale richiamata dalle Sezioni unite sarebbe irrimediabilmente pregiudicata nella misura in cui le Corti si sentissero autorizzate a non amministrare giustizia in relazione ad attivit illecite che abbiano prodotto danni di piccolo taglio. Proprio in relazione a questi ultimi, tra laltro, le politiche comunitarie e nazionali vanno in direzione opposta (si pensi al recente Libro Verde del 27 novembre 2008 sui (9) Punto 4.8. della decisione 26972/08. (10) Non chiaro per quale ragione debba escludersi lattivabilit giurisdizionale delle c.d. small claims (liti di piccolo taglio), laddove venga in rilievo una situazione soggettiva costituzionalmente rilevante, per giunta inviolabile (come affermano le Sezioni unite), che deve essere garantita e rispettata anche nei rapporti interprivati. Va chiarito, dunque, che, un conto lanalisi degli aspetti qualitativi (attinente al se la situazione soggettiva sia costituzionalmente rilevante), altro la valutazione di quelli quantitativi che rilevano soltanto ai fini della liquidazione. Laddove linteresse protetto abbia gi superato la prima fase di valutazione (trattandosi di un caso di ingiustizia costituzionalmente qualificata) rinvenendo protezione a livello costituzionale (mantenendo, peraltro, le anzidette riserve al criterio limitante dellinviolabilit), non si comprende quale sia la base giuridica che consenta di introdurre la regola de minimis. Se il livello di protezione cos alto (inviolabilit) ci si aspetterebbe, infatti, una protezione quantitativa di ampio raggio. (11) Affermare che delle offese non gravi n serie non curat Praetor (regola de minimis) significherebbe creare una disparit di trattamento irragionevole tra danno patrimoniale e non senza alcuna base normativa. Nessuno, difatti, ha mai pensato, ad esempio, a falcidiare la tutela di lavoratori, pensionati o consumatori che si dolgano della mancata corresponsione di infinitesime voci stipendiali o pensionistiche oppure facciano valere questioni di natura contrattuale consumeristica sol perch le pretese attivate siano di piccolo taglio (small claims). 364 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 mezzi di ricorso collettivo dei consumatori (12) che ha indirizzato il problema aprendo unampia consultazione paneuropea nonch allintroduzione della class action allitaliana nel codice del consumo). Del resto, parte della dottrina nostrana, proprio per assicurare il rispetto del principio il torto non paga in relazione a quelle condotte illecite ad ampia diffusivit che producano una miriade di danni di piccolo taglio, ha scomodato la figura dei danni punitivi al fine di assicurare un minimo di deterrenza. Ci si potrebbe allora anche accontentare di una mera compensazione purch per sia realmente integrale! 2.1 (Segue) Laccoglimento di una prospettiva qualitativa che impone una valutazione giudiziale pi rigorosa sulle conseguenze lesive di natura esistenziale Rilevata limpossibilit di aderire ad un approccio quantitativo, deve, quindi, indagarsi se un accertamento di tipo qualitativo dei requisiti in esame sia pi in linea con il principio costituzionale della tutela risarcitoria minima (gravit delloffesa e seriet del danno) come sembra sottendere il passaggio del punto 3.9. della decisione 26972/08 (Palesemente non meritevoli della tutela risarcitoria, invocata a titolo di danno esistenziale, sono i pregiudizi consistenti in disagi, disappunti, ansie ed in ogni tipo di insoddisfazione concernente gli aspetti pi disparati della vita quotidiana che ciascuno conduce nel contesto sociale, ai quali ha prestato invece tutela la giustizia di prossimit). Al di l delle mere questioni classificatorie, i giudici di legittimit e di merito stanno certamente manifestando un atteggiamento pi prudente ed accorto nelle liquidazioni dei danni non patrimoniali. Sotto questo profilo la freccia delle Sezioni unite ha colto decisamente nel segno. Lanalisi della giurisprudenza intervenuta dopo le decisioni delle Sezioni unite, difatti, conferma che, pur se la categoria del danno esistenziale viene formalmente abbandonata, lontologia della medesima continui ad essere ancora considerata risarcibile (e non avrebbe potuto essere altrimenti essendo la stessa preordinata ad assicurare la tutela risarcitoria minima alle lesioni dei valori ed interessi della persona), venendo liquidata, a seconda dei casi, attraverso le (sotto)categorie (che restano in vita allargandosi) del danno biologico e morale (13). In presenza di liti battellari pretestuose ed abusive, le Corti, utilizzando (12) COM(2008)794. (13) Le Sezioni unite precisano che laddove vengano in considerazione pregiudizi che, in quanto attengano allesistenza della persona, per comodit di sintesi possono essere descritti e definiti come esistenziali (punto 3.4.2.) non potrebbe comunque configurarsi una autonoma categoria di danno (punto 3.4.2.) dovendosi, per converso, ricorrere al danno biologico (che con riferimento ai pregiudizi alla vita di relazione ha una portata tendenzialmente omnicomprensiva (punto 2.1.)) oppure al danno morale, nella sua rinnovata pi ampia configurazione (punto 4.9.). DOTTRINA 365 le nuove categorie della gravit delloffesa e della seriet del danno in combinazione con il nuovo principio dellinautonomia del danno esistenziale, hanno sovente concluso per la futilit delle pretese attivate, mentre nelle ipotesi in cui sussistano reali conseguenze dannose derivanti da lesione di interessi e valori della persona non hanno esitato ad accogliere le richieste risarcitorie. In altri termini, dallo schema bifasico del danno esistenziale proposto dalle Sezioni unite in tema di demansionamento (14) i giudici sono passati a quello parimenti bipartito prospettato dalle medesime Sezioni nel novembre 2008. A livello strutturale, difatti, il test continua ad essere articolato in due fasi successive potendosi accedere alla seconda solo allesito positivo della prima. Questultima, tesa allaccertamento del requisito ribattezzato ingiustizia costituzionalmente qualificata, era sostanzialmente presente anche nelle sentenze gemelle del 2003 ed in quella in tema di danno esistenziale da demansionamento del 2006. Le categorie formali di riferimento per la seconda fase cambiano formalmente ma non sostanzialmente. Precedentemente, seguendosi la logica del danno-conseguenza, si richiedeva che il danneggiato avesse dato la dimostrazione (consentendosi la prova testimoniale, documentale o presuntiva) delle specifiche conseguenze dannose (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabili) derivanti dalla lesione di un preciso interesse costituzionalmente rilevante (15). Del pari, anche oggi, si afferma che non sufficiente fermarsi allaccertamento di uningiustizia costituzionalmente qualificata, dovendosi, per converso, accertare la gravit del danno e la seriet della lesione che non deve essere futile. In termini sostanziali, quindi, si dovr, sia pure con lestremo rigore peraltro gi richiesto dalle medesime Sezioni unite nel 2006, effettuare una valutazione sulla reale esistenza nella sfera del danneggiato di conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla violazione di interessi e valori della persona umana. evidente e fisiologico, dunque, che la sussunzione delle fattispecie concrete nelle descritte categorie astratte proposte dalle Sezioni unite possa dare luogo ad interpretazioni pi o meno restrittive. Compete, difatti, allalta sensibilit dei giudici, sotto la guida orientativa della Corte costituzionale e delle Sezioni unite della Cassazione, la prudente applicazione del diritto ivi compreso quello emergente dal formate giurisprudenziale. (14) Cass. civ., sez. un., 24 marzo 2006, n. 6572. (15) Cass. civ., sez. un., 24 marzo 2006, n. 6572. 366 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 3. Il seguito giurisprudenziale delle decisioni Carbone-Preden del 2008: la posizione delle Sezioni unite e della Sezione prima Lanalisi delle decisioni di legittimit intervenute dopo le Sezioni unite del novembre 2008 conferma la richiamata prospettiva di tipo qualitativo. Nelle ipotesi di attivazione di situazioni soggettive abusive, pretestuose e macroscopicamente infondate anche in relazione a carenze processuali riscontrate, la Cassazione taglia corto utilizzando motivazioni secche e sintetiche (e, pur richiamando il principio dellinconfigurabilit di unautonoma categoria di danno esistenziale, ha cura di evidenziare le carenze in punto di allegazione dei fatti costitutivi della pretesa e di asseverazione probatoria) (16). Sono numerose le decisioni che vanno in questa direzione specie in relazione alle controversie risarcitorie da irragionevole durata del processo (17). Limportanza del rispetto degli oneri di allegazione ed asseverazione sottolineata anche in quelle decisioni in cui la Sezione prima ha censurato decisioni che abbiano apoditticamente escluso la liquidazione di danni esistenziali, biologici e morali in presenza di specifiche allegazioni probatorie (18). In particolare, criticando il percorso motivazionale della Corte dappello (secondo cui sebbene tale processo avesse superato di un anno e mezzo il termine di ragionevole durata, stimabile in anni 3 nonostante si trattasse di causa di lavoro, la pretesa indennitaria doveva essere disattesa, poich il danno patrimoniale non era stato provato e lesiguit della somma oggetto della domanda, pari a L. 600.000, induceva ad escludere un apprezzabile patema esistenziale), la Corte stata molto chiara nellaffermare il principio che il modesto valore economico della controversia pu solo comportare una riduzione dellindennizzo ma non escluderlo (19). In altre ipotesi, a prescindere dalle categorie utilizzate dai giudici nelle decisioni impugnate, la Suprema Corte entrata, sia pure solo ad abundantiam, nel merito della congruit delle quantificazioni attraverso un giudizio di ragionevolezza della motivazione (20). Una delle pronunce pi significative sicuramente quella delle Se- (16) Cass. sez. un., 16 febbraio 2009, n. 3677 nessuna allegazione in fatto stata effettuata sulla esistenza del pregiudizio, punto 11; Cass., sez. lav., 26 febbraio 2009, n. 4665. (17) Cass., sez. I, 18 marzo 2009, n. 6574 (nessuna specifica allegazione di tale danno stata articolata); Cass., sez. I, 13 gennaio 2009, n. 529 (quanto al danno esistenziale, poich la Corte territoriale ha correttamente individuato il relativo onere probatorio in capo al ricorrente, ha ritenuto lassunto non provato e la statuizione non stata oggetto di censura). (18) Cass., sez. I, 6 marzo 2009, n. 5592, Id., sez. I, 23 marzo 2009, n. 7005. (19) Cass., sez. I, 6 marzo 2009, n. 5592 (punto 2). (20) Cass., sez. un., 14 gennaio 2009, n. 557, ove si afferma che correttamente il giudice di DOTTRINA 367 zioni unite intervenute in materia di azioni risarcitorie da pubblicit ingannevole (caso delle c.d. sigarette lights) (21). Limpugnata decisione del Giudice di pace di Napoli aveva risarcito al consumatore il danno da perdita della chance di scegliere liberamente una soluzione alternativa rispetto al problema fumo e quello esistenziale dovuto al peggioramento della qualit della vita conseguente allo stress ed al turbamento per il rischio del verificarsi di gravi danni allapparato cardiovascolare o respiratorio (22). Le Sezioni unite non hanno fatto ricorso al principio di irrisarcibilit del danno esistenziale come categoria autonoma che avrebbe determinato la cassazione della decisione senza rinvio, ma, precisando i principi di diritto che presiedono allazione risarcitoria per danni da pubblicit ingannevole, hanno rimesso la causa al Giudice di pace di Napoli affinch possa applicarli al caso concreto. Quanto al danno, in particolare, le Sezioni unite, richiamando i principi gi enucleati nelle decisioni del novembre 2008, hanno avuto cura di precisare che risarcibile ex art. 2059 c.c. il danno non patrimoniale [] determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica solo quando si sia in presenza di uningiustizia costituzionalmente qualificata [] Nello svolgere lindagine sopra descritta, il giudice pu anche servirsi delle presunzioni, nei limiti e nei modi in cui le ammette il codice di rito, ed, una volta individuato il danno, potr procedere equitativamente alla liquidazione del relativo risarcimento, purch essa non sia simbolica o affatto svincolata dagli elementi di fatto emersi (23). Nella fattispecie appena descritta appare forte lontologia del danno esistenziale che non stata negata sulla base di affermazioni formali quali quelle utilizzate nei confronti delle pretese bagattellari abusive ove, come si evidenziato, la Cassazione ha fatto ricorso allargomento dellirrisarcibilit autonoma della categoria. Tra laltro le Sezioni unite, in relazione alla specifica azione risarcitoria attivata (danni da pubblicit ingannevole), richiamando correttamente la necessit di rispettare pienamente il principio del riparto dellonere della prova (art. 2697 c.c.), ne hanno, altres, ridefinito lassetto concreto. merito ha riassorbito il danno da lesione del rapporto parentale nel danno morale. Per lanalisi sistematica della decisione F. FEDELI, M. CARNI, La responsabilit per pubblicit ingannevole e da spamming, in P. FAVA, La responsabilit civile, Milano, Giuffr, 2009. (21) Cass., sez. un., 15 gennaio 2009, n. 794. (22) In questi precisi termini Cass., sez. un., 15 gennaio 2009, n. 794. (23) Cass., sez. un., 15 gennaio 2009, n. 794. 368 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 3.1 Le decisioni della Sezione terza Sono, tuttavia, le decisioni della Sezione terza ad essere, ad oggi, le pi interessanti. In relazione ad una richiesta risarcitoria avanzata dai congiunti di un soggetto deceduto a causa di un incidente stradale, in particolare, stata confermata la decisione impugnata rilevandosi che il danno da perdita del rapporto parentale fosse stato gi considerato nella liquidazione del danno morale in quanto la sofferenza patita nel momento in cui la perdita percepita e quella che accompagna lesistenza del soggetto che lha subita altro non sono che componenti del complessivo pregiudizio (24). Anche la mera lesione del rapporto parentale (illecito sanitario determinante la nascita di un figlio macroleso) stata ricondotta allampia rinnovata categoria del danno morale (25). Pertanto, viene da chiedersi se si possa estendere il rapporto familiare sino a ricomprendervi le relazioni affettive con animali specie nelle ipotesi in cui venga ampiamente dimostrata in giudizio lesistenza di un vincolo amorevole profondo (per esempio laddove la persona viva sola e abbia come unico o prevalente punto di riferimento esistenziale lanimale). Superando lorientamento negativo manifestato sotto limpero del danno esistenziale (26), la Sezione terza, di recente (27), sembrerebbe essersi allineata alle posizioni francesi (che riconoscono da tempo la risarcibilit di questa tipologia di pregiudizi) (28). In realt, la motivazione non si fonda sulla nuova e pi ampia conformazione del danno morale bens sullassunto (con evidenza disallineato rispetto al decisum delle Sezioni unite) che i principi informatori della materia del danno non patrimoniale non vincolano il giudice di pace che decida secondo equit nelle cause di valore inferiore a 1100,00. Tale decisione, pertanto, appare non idonea a definire la questione sopra prospettata. Tra le pronunce in rassegna, inoltre, spicca, per la motivazione raffinata ed estesa, quella relativa ad un sinistro stradale (un giovane insegnante a bordo di una moto era stato urtato, riportando lesioni gravissime, da un autobus che aveva invaso la corsia di marcia opposta) laddove la Corte, cassando con rinvio la decisione impugnata, ha chiarito che il risarcimento della qualit delle vita quotidiana e di relazione deve essere risarcito come componente personalizzante del danno biologico e che il danno morale conserva una sua autonomia in relazione alla lesione del bene della sfera morale e della dignit della (24) Cass., sez., III, 11 febbraio 2009, n. 3359. (25) Cass., sez., III, 13 gennaio 2009, n. 469. (26) Cass., sez. III, 27 giugno 2007, n. 14846. (27) Cass., sez. III, 25 febbraio 2009, n. 4493. (28) Secondo la Cassazione francese la morte di un animale (nella specie il cavallo Lunus) pu costituire per il suo proprietario la scaturigine di un pregiudizio dordine soggettivo e affettivo suscettibile di dare luogo a riparazione monetaria (Cass., 1re, 16 gennaio 1962, D. 1962, 199; in termini Cass., 1re, 27 gennaio 1982, JCP 1983, II, 19923). DOTTRINA 369 persona e deve essere valutato in concreto tenendo conto della gravit della lesione e della seriet del danno (29). Di rilievo anche la decisione che ha affermato la risarcibilit a titolo di danno morale (da reato) non solo delle sofferenze transeunti ma anche di quelle stabili e permanenti quali i patemi danimo e turbamenti psico-fisici derivanti dalla continua sottoposizione a controlli medici tesi ad accertare lassenza di patologie tumorali cagionate dalla sottoposizione ad agenti inquinanti cancerogeni che comunque determinino, a prescindere dallinsorgenza del cancro, un peggioramento della qualit della vita (30). Fin qui stata ripercorsa la giurisprudenza della Sezione terza applicativa ad interessi di indiscussa rilevanza costituzionale (salute, integrit fisica e morale, rapporti familiari) delle nuove tecniche liquidative. Quanto alle situazioni soggettive atipiche, la Sezione ha formato il proprio convincimento alla luce delle specificit e caratteristiche proprie delle fattispecie concrete sottoposte al suo giudizio anche in considerazione degli elementi probatori forniti dalle parti attoree. In questo modo stata ammessa la tutela risarcitoria della situazione soggettiva di coloro che avessero dettagliatamente prospettato effetti molesti, fastidiosi e insalubri del fumo passivo derivanti dalle immissioni moleste di fumo di sigarette prodotte dai vicini che li avevano costretti a tenere chiuse le finestre anche in piena estate per tutelare la propria salute rilevandosi, altres, che la sentenza impugnata [aveva] descritto le conseguenze delle lamentate immissioni sul modo di vivere la casa dei danneggiati individuando ci che [avrebbe potuto] essere liquidato come danno non patrimoniale (31). Uninterpretazione pi rigorosa, per converso, stata seguita in relazione alla cassazione senza rinvio di una decisione del Giudice di pace di Catania che aveva condannato lAgenzia delle Entrate a pagare 300,00 in favore di un cittadino a titolo di danni morali e da stress subiti a seguito delle lungaggini delliter burocratico affrontato per ottenere lo sgravio di somme non dovute (lannullamento in autotutela era intervenuto solo a sei mesi di distanza dalla sua richiesta dopo reiterati solleciti e visite allo sportello). Per la Sezione terza un tale pregiudizio al diritto alla tranquillitnon raggiunge la soglia dellingiustizia costituzionalmente qualificata (32). (29) Cass., sez. III, 20 gennaio 2009, n. 1351. (30) Cass., sez. III, 13 maggio 2009, n. 11059. (31) Cass., sez. III, 31 marzo 2009, n. 7875. (32) Cass., sez. III, 9 aprile 2009, n. 8703 (nella specie, non sussiste uningiustizia costituzionalmente qualificata, tantomeno si verte in unipotesi di danno patrimoniale prevista dal legislatore ordinario, risultando, piuttosto, la ritenuta lesione del diritto alla tranquillit insuscettibile di essere monetizzata, siccome inquadrabile in quegli sconvolgimenti quotidiani consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed in ogni altro di insoddisfazione (c.d. bagattellari) ritenuti non meritevoli di tutela risarcitoria). 370 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 La decisione, tuttavia, non deve essere letta come una bocciatura assoluta del c.d. diritto alla tranquillit. Probabilmente, la posizione della Corte sarebbe stata di segno diverso laddove quel cittadino fosse stato colpito da una serie di cartelle pazze emessa a causa di macroscopici errori del sistema informatico dellente impositore. In una fattispecie concreta quale quella esaminata dalla Sezione terza un cittadino dovrebbe tollerare e sopportare le inefficienze altrui, mentre nel secondo e diverso caso ipotizzato, attesa la gravit qualitativa della lesione, sembra opportuno riconoscere una qualche forma di risarcimento. 3.2 Lorientamento della Corte dei conti, del Consiglio di Stato e dei giudici civili di merito. Anche la giurisprudenza contabile (33), amministrativa (34) e di me- (33) C. conti, sez. Campania, 24 aprile 2009, n. 473, secondo la quale il danno al senso di appartenenza alla repubblica (c.d. danno allimmagine), pur non avendo natura inviolabile, riceve sicuramente una copertura costituzionale (Si evince dagli atti, del resto, la rilevante qualifica rivestita da tre dei quattro convenuti con funzione di sindaco, vice-sindaco e/o consigliere comunale mentre laddebito per danno allimmagine pu essere contestato solo entro certi limiti al P. titolare di una funzione non apicale quale quella di esperto amministrativo della commissione di gara. Lattivit posta in essere dai convenuti, integrando astrattamente specifiche previsioni di reato (in concreto patteggiate o estinte per prescrizione o per morte del reo), costituisce, a prescindere da valutazioni penalistiche, un comportamento gravissimo anche in considerazione del fatto che tre dei quattro convenuti figuravano come il vertice ideale della comunit amministrata. La cattiva gestione delle finanze pubbliche genera nei consociati un senso di sconforto e delusione, nonch mina alle radici il senso di appartenenza allo Stato-persona. Tale pregiudizio, costituzionalmente rilevante ai sensi dellart. 1, 5, 97, 114 Cost., deve essere risarcito in favore dellEnte pubblico locale danneggiato (Comune di Forio). La Repubblica, difatti, una ed indivisibile, costituita da enti locali, regioni e dallo Stato, sensibile alla promozione del senso civico dei cittadini e alla pubblicizzazione delle proprie attivit promozionali dei beni e degli interessi della persona, nonch accrescitive della concorrenzialit e potenzialit del sistema economico-sociale. Ingenti risorse pubbliche vengono riversate per migliorare la qualit della comunicazione istituzionale (legge 7 giugno 2000, n. 150, recante disciplina delle attivit di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni), anche con la costituzione di uffici stampa e limplementazione di web sites pi efficienti e chiari, nonch, con particolare riferimento agli enti locali, attraverso la promozione di attivit culturali, ricreative, sociali (per esempio feste di paese, manifestazioni, esposizioni, sagre, etc.). Tutte queste spese per promuovere la cultura dello Stato e il senso di appartenenza dei cittadini e delle imprese alla Repubblica sono vanificate da condotte quali quelle poste in essere dai convenuti che riescono a mandare in fumo gli sforzi di corretta e sana gestione della gran parte degli Amministratori italiani che giustificano, agli occhi della collettivit, il prelievo fiscale pubblico che si dirige verso forme sempre pi articolate di federalismo fiscale. Essendo, quindi, ammissibile in concreto una pretesa risarcitoria da lesione del senso di appartenenza dei cittadini alla Repubblica (c.d. danno allimmagine Cass., sez. un., 25 giugno 1997, n. 5668; Id., 25 ottobre 1999, n. 744; Id., 4 aprile 2000, n. 98; Corte conti, sez. riun., 28 maggio 1999, n. 16/1999/QM, Id., 23 aprile 2003, n. 10/2003/QM), a prescindere dal dibattito sulla controversa natura giudica dello stesso (patrimoniale o non patrimoniale), lesistenza della descritta situazione costituzionalmente rilevante (cos C. cost. 233/03; in precedenza C. cost., 87 e 88/79 e Id., 184/86), lo rende sicuramente possibile oggetto di ristoro patrimoniale per equivalente pecuniario (ex art. DOTTRINA 371 2043-2059 c.c. e 1, 5, 97, 114 Cost.). Difatti le previsioni costituzionali integrano pienamente il requisito previsto dallart. 2059 c.c. (che contrariamente a quanto comunemente ritenuto non contempla una riserva di legge ma una mera previsione di legge), anche perch le richiamate sentenze della Consulta (C. cost., 87 e 88/79, Id., 184/86 e Id., 233/03) non hanno subordinato la tutela risarcitoria minima al requisito dellinviolabilit ma esclusivamente alla copertura costituzionale della situazione soggettiva pregiudicata attivata in giudizio attraverso lazione risarcitoria. Il danno al senso di appartenenza dei cittadini alla Repubblica (c.d. danno allimmagine), peraltro, nel rispetto della sua natura giuridica di danno-conseguenza, risulta ampiamente asseverato nei suoi elementi oggettivi e soggettivi: clamor fori, gravit delle condotte, lesione del senso di appartenenza dei cittadini allo Stato (rectius Repubblica). Al riguardo, come ampiamente condiviso dalle Sezioni Unite della Cassazione, si pu pacificamente far ricorso a presunzioni gravi, precise e concordanti (Cass., sez. un., 13 novembre 2008, n. 26972). Nel rispetto del principio compensativo [in Italia i danni punitivi sono contrari allordine pubblico (Cass. civ., sez. III, 19 gennaio 2007, 1183) e, secondo una certa ricostruzione, anche al principio di ragionevolezza posto dallart. 3 Cost. (App. Trento, sez. Bolzano, 16 agosto 2008, n. 151)] il danno al senso di appartenenza dei cittadini alla Repubblica pu ben essere liquidato equitativamente ex art. 1226-2056 c.c. Nel concreto i fatti dannosi tangentizi sono gravissimi e posti in essere da soggetti posti al vertice della comunit amministrata in dispregio di ogni principio di morale politica). (34) Sul punto Cons. stato, sez. IV, 31 marzo 2009, n. 1899, secondo cui va accolta la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale subito da un magistrato per lattribuzione dellincarico al quale aveva diritto ad altro soggetto, ove si possano ragionevolmente ritenere effettivamente verificati e provati gli stress e i patemi danimo conseguenti allo scavalcamento (nella specie disposto con un atto discostatosi dal giudicato), e allo svolgimento dellincarico da parte del collega allinterno del medesimo ufficio (13.1. Va premesso che il sereno svolgimento delle funzioni da parte dei magistrati ha un sicuro rilievo costituzionale, cos come la loro aspirazione a conseguire gli incarichi direttivi, previsti dalla legge. Lart. 104 Cost., sulla indipendenza della magistratura, e lart. 105 Cost., sulle funzioni del C.S.M., mirano a salvaguardare la magistratura nel suo complesso ed ogni suo singolo componente. Analoghi principi sono desumibili dalla Convenzione Europea dei diritti delluomo (rilevanti nellordinamento interno per lart. 117 Cost. e lart. 6 del Trattato di Maastricht), da cui emerge che le Amministrazioni devono dare pronta e integrale esecuzione alle decisioni irrevocabili di giustizia, emesse a tutela del magistrato (CEDU, Sez. V, 26-4-2006, Zubko c. Ucraina, 68; CEDU, Sez. V, 20-12-2007, Ptashko c. Ucraina, 19; Sez. V, 15-5-2008, Petrova, 19). Pertanto, lillecito commesso in violazione della posizione soggettiva del magistrato, inerente alle sue funzioni, comporta una ingiustizia costituzionalmente qualificata. Rilevano, conseguentemente, i principi individuati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 11 novembre 2008, n. 26972, per i quali lart. 2059 del codice civile anche nellambito dei rapporti di lavoro - consente la risarcibilit dei pregiudizi di tipo esistenziale non solo quando lillecito costituisca reato o comporti la violazione di un diritto inviolabile della persona, ma in ogni caso in cui sia ravvisabile la lesione di un bene costituzionalmente protetto. Di tali pregiudizi conosce il giudice amministrativo, nelle materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva (Sez. Un., 13 ottobre 2006, n. 22101), sicch per la liquidazione del danno si pu tenere conto della incidenza dellillecito sul sereno svolgimento delle funzioni da parte del magistrato e delle conseguenze di tipo esistenziale derivanti dal mancato conferimento di un incarico previsto dalla legge. 13.2. Ci posto, risultano infondate le deduzioni delle Amministrazioni appellanti incidentali, secondo cui la mancata qualificazione dellillecito come reato renderebbe irrilevante il danno non patrimoniale e precluderebbe la sua risarcibilit. Infatti, anche con riferimento ai rapporti di lavoro, il danno non patrimoniale risarcibile quando lillecito e la lesione riguardino beni costituzionalmente protetti, tra cui rientrano le prerogative dei magistrati e del loro status nellesercizio delle loro funzioni. Inoltre, nella specie si possono ragionevolmente ritenere effettivamente verificati e provati gli stress e i patemi danimo (dedotti in primo grado e ritenuti sussistenti dal TAR) conseguenti allo scavalcamento disposto con latto discostatosi dal giudicato, e allo svolgimento dellincarico da parte del collega allinterno del medesimo ufficio. 13.3. Quanto alle censure dellinteressato, volte a una liquidazione del danno non patrimoniale in misura supe- 372 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 rito (35), sia pure continuando talvolta ad utilizzare le vecchie categorie formali, si allineata agli orientamenti della giurisprudenza di legittimit attraverso un sindacato pi cauto e ragionevole sui danni non patrimoniali conseguenti ad uningiustizia costituzionalmente qualificata. Del resto, al di l dei profili di etichetta (taluni giudici di merito hanno continuato a discorrere di danno esistenziale pur adeguandosi al nuovo rigore), le Sezioni unite saranno ben liete di riscontrare che conformemente alle loro indicazioni, il sindacato giurisdizionale si stia rivelando pi severo nei risarcimenti dei danni non patrimoniali da lesioni di valori ed interessi della persona evitando sconfinamenti nellarea del patologico utilizzo abusivo del principio costituzionale della tutela risarcitoria minima. 4. Considerazioni finali: restano in terra le vesti del danno esistenziale ma la sua ontologia rivive nel danno biologico (come sua componente personalizzante) e in quello morale (nella sua nuova e pi ampia configurazione). Terminata la rassegna della giurisprudenza in materia si possono firiore a quella statuita nella sentenza gravata, a pp. 4-17 lappello principale si soffermato sulla gravit dellillecito, ha riproposto le deduzioni originarie sul danno allimmagine, sulla umiliazione ricevuta e sul disagio e sullo stress derivante dalla incidenza sulla fiducia nella legge e nelle istituzioni ed ha chiesto che siano considerati il danno morale soggettivo, il danno biologico e quello esistenziale (p. 16). Osserva al riguardo la Sezione che vanno respinte le deduzioni riguardanti il danno biologico, poich non stato n dedotto n provato che si sia verificata una lesione temporanea o permanente all'integrit psicofisica della persona suscettibile di accertamento medicolegale. Quanto alle censure riguardanti la liquidazione in misura esigua del danno morale e dei pregiudizi di tipo esistenziale, ritiene la Sezione che per la determinazione del quantum possa essere presa in decisiva considerazione anche lattivit amministrativa susseguente alla commissione dellillecito, specie quando essa sia positivamente valutabile, in quanto qualificabile secundum ius. Per la liquidazione del danno secondo equit, rileva dunque anche la successiva emanazione della delibera dellorgano di autogoverno del 22 marzo 2007, favorevole allinteressato. La negativa incidenza sullimmagine e sul prestigio professionale dellinteressato si deve intendere senzaltro ridimensionata con lemanazione di questa delibera, che gli ha conferito lincarico di avvocato generale sulla base dei relativi apprezzamenti, a seguito della reiezione della formulata proposta di ritorno della pratica in commissione (che ha condotto alla definizione dellannosa questione con il provvedimento finale divenuto inoppugnabile). Lapprovazione di tale delibera susseguente alla commissione dellillecito induce a ritenere che, gi alla data di proposizione del ricorso di primo grado, risultava ridimensionato il danno non patrimoniale originariamente patito dallinteressato, nella misura equitativamente liquidata dal TAR. Inoltre, per escludere una liquidazione superiore a quella effettuata dal TAR rileva anche il fatto che per la prima volta nel presente giudizio sono stati indicati i principi applicabili per ravvisare la responsabilit amministrativa dellorgano di autogoverno, nella specifica fattispecie in cui non vi sia stata la corretta esecuzione del giudicato). (35) Trib. Nola, sez. II, 22 gennaio 2009 (danni riportati da un bambino per un morso di un cane improvviso ed inaspettato al viso); Trib. Milano, sez. V, 19 febbraio 2009, n. 2334 (danni da incidente stradale); Trib. Montepulciano, 20 febbraio 2009, n. 74 (danni da reiterata e protratta violazione della carta del servizio pubblico telefonico). DOTTRINA 373 nalmente tirare le fila. Nella giurisprudenza esaminata, quindi, non sembra sia scomparsa lontologia del danno esistenziale che , a seconda delle ipotesi, refluita nel danno biologico (come sua componente personalizzante) (36) o nella rinnovata configurazione del danno morale (non pi limitato alla sofferenza transeunte interiore) (37). Appare evidente, quindi, che, salvo lallargamento del danno morale e biologico alle spese del danno esistenziale, nihil novi sub soli! Sulla scorta dellanalisi delle decisioni passate in rassegna, pertanto, ritornando solo descrittivamente al dibattito tra esistenzialisti ed antiesistenzialisti, sembra proprio possa ritenersi che le Sezioni unite, senza scontentare nessuno, abbiano soddisfatto entrambe le parti in causa (esistenzialisti ed antiesistenzialisti), soprattutto senza incidere sul principio costituzionale della tutela risarcitoria minima degli interessi e valori della persona umana. Negando cittadinanza formale al danno esistenziale come sottocategoria autonoma del danno non patrimoniale, non ne hanno disconosciuto lontologia facendola, per converso, refluire, a seconda dei casi, nelle sottocategorie (delle quali la giurisprudenza di legittimit continua pacificamente a discorrere) del danno biologico (come sua componente personalizzante) (38) o del danno morale (in una rinnovata, pi ampia, dimensione) (39). Le tecniche liquidative, specie se finalizzate a riportare chiarezza nella giungla dei risarcimenti, sono nella piena disponibilit del giudice di nomofilachia semprech non determinino nel concreto (come non pare sia accaduto in questo breve periodo) indebite falcidie di tutela giurisdizionale ai valori ed interessi della persona umana che, come chiarisce il preambolo al Trattato di Lisbona del dicembre 2007, stata finalmente posta al centro delle politiche dellUnione europea. Del resto, una soluzione diversa dallinterpretazione sinora prospettata sarebbe disallineata sia rispetto ai principi del quadro di riferimento comune per il diritto privato europeo (lart. VI. - 2:101 del QCR accademico espressamente contempla la risarcibilit di danni, sostanzialmente esistenziali, etichettati impairment of quality of life) (40), che con le principali esperienze continentali europee (in Francia, ad esempio, il danno esistenziale risarcito da tempo (41) e ha di recente trovato lim- (36) Cass., sez. III, 20 gennaio 2009, n. 1351. (37) Cass., sez. un., 14 gennaio 2009, n. 557; Id., sez. III, 11 febbraio 2009, n. 3359. (38) Cass., sez. III, 20 gennaio 2009, n. 1351. (39) Cass., sez. un., 14 gennaio 2009, n. 557; Id., sez. III, 11 febbraio 2009, n. 3359. (40) In this Book [] non-economic loss includes pain and suffering and impairment of the quality of life (art. VI. 2:101 dei Principles, Definitions and Model Rules of European Private Law Draft Common Frame of Reference (DCFR) Outiline Edition, 2009). (41) Lindemnit due par le responsable doit rparer non seulment latteinte lintgrit 374 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 portante conferma della Plenaria della Corte di cassazione doltralpe (42), ampiamente condivisa dalla giurisprudenza successiva) (43). physique de la victime, mais aussi, le cas chant, le prjudice rsultant de la diminution des plaisirs de la vie, cause notemment par limpossibilit ou la difficult de se livrer certaines activits normales dagrment (Paris, 2 dicembre 1977, D. 1978, 285, con commento di Lambert-Faivre). (42) La Cassazione francese danno esistenziale (prjudice dagrment) ogni pregiudizio di carattere personale risultante da turbamenti, disturbi o scompigli alle normali condizioni della vita che determinino privazioni e perdite dei piaceri ordinari dellesistenza (Le prjudice dagrment est le prjudice subjectif de caractre personnel rsultant des troubles ressentis dans les conditions dexistence Cass., ass. pln., 19 dicembre 2003, in Bull. civ., 8, in D., 2004, 161 e in RTD civ. 2004, 300). (43) Cass., 2e, 3 giugno 2004, in Bull. civ., II, n. 276; Id., 19 aprile 2005, in Bull. civ., II, n. 99; Id., 11 ottobre 2005, in Bull. civ., II, n. 242; Id., 5 ottobre 2006, in Bull. civ., II, n. 254). DOTTRINA 375 Linformazione, la formazione e le buone prassi: cardini per la sicurezza sui luoghi di lavoro di Flavio Ferdani* SOMMARIO:1.- Premessa. 2.- Quadro normativo. 3.- Formazione, informazione professionale e addestramento dei lavoratori. 4.- Qualit, sicurezza, legalit. 5.- Le buone prassi . 6.- Le conclusioni. 1. Premessa I gravi incidenti, spesso sfociati nelle cosiddette morti bianche che continuano a colpire il nostro paese, hanno riproposto in tutta la sua drammaticit linaccettabilit di un tributo cos alto per lespletamento di una attivit lavorativa, anche se a livello nazionale secondo il Rapporto Inail, nel 2008 numero degli incidenti sul lavoro e le morti bianche sono scese sensibilmente (1). Pur a fronte di un calo nel 2008 di 37.500 incidenti rispetto allanno precedente, tuttavia a livello Europeo il tasso di incidenza UE sugli infortuni lItalia rimane - seppur leggermente - al di sopra della media Ue (il 2,6% rispetto 2,3%). Fra i fatti luttuosi che pi di tutti hanno destato notevole allarme nellopinione pubblica vanno annoverati fra tutti i gravissimi incidenti verificatisi a Torino allinterno della Thyssenkrupp e alla scuola di Rivoli, che sono stati purtroppo non gli ultimi di una lunga serie di eventi luttuosi, che secondo un indagine condotta dallEurispes nel solo anno 2006 ha provocato pi vittime che la guerra in Iraq. Tutto ci ha spinto lopinione pubblica e il Presidente della Repubblica, quale massimo garante della Costituzione, a richiamare con forza lassoluta necessit di porre in essere tutte le iniziative utili a frenare queste vere e proprie sciagure. Spinto da questa pressante azione il governo nellagosto 2007 ha deciso di delegare lattuazione di un sistema normativo che fosse in grado di dare una risposta pronta ed efficace alla domanda di sicurezza richiesta da tutto il paese. In esito a ci lesecutivo ha adottato norme ancora pi stringenti in ma- (*) Capo di Gabinetto della Prefettura di Pisa. (1) Rapporto Inail - Totale infortuni a livello nazionale distinti per tipologia e per anno: 2007 2008 Var. % 2007 2008 Var. % Totale infortuni 912.410 874.940 -4,1 Casi mortali 1.207 1.120 -7,2 376 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 teria di sicurezza sui luoghi di lavoro, sia nellottica di una riorganizzazione di tutte le norme relative alla sicurezza sia per garantire una loro uniformit a livello nazionale, tenuto conto del dettato di cui allarticolo 117 (2) della Costituzione che ripartisce fra Stato e Regioni la materia appunto della sicurezza sui luoghi di lavoro. E il legislatore nel 2008, accogliendo le determinazioni governative ha emanato i provvedimenti nellambito della delega ricevuta. Il sistema sanzionatorio adottato nel testo unico ha suscitato non poche perplessit da parte del mondo imprenditoriale, che ha ritenuto il testo unico troppo basato su di un eccessivo inasprimento delle pene sostenendo che fin dai tempi di Beccaria non ha mai funzionato da efficace deterrente. Tra le principali novit la nuova normativa ha previsto lampliamento del campo di applicazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza, ora riferite a tutti i lavoratori che si inseriscano in un ambiente di lavoro, senza alcuna differenziazione di tipo formale, il cosiddetto principio di effettivit della tutela che implica la tutela di tutti coloro che, a qualunque titolo, operano in azienda e ricomprende anche i lavoratori autonomi, con conseguente innalzamento dei livelli di tutela di tutti i prestatori di lavoro. Il Testo Unico ha rappresentato quindi il tentativo del Governo di procedere ad una sistemazione organica delle norme che devono disciplinare la complessa delicata tematica della sicurezza sui luoghi di lavoro, al quale sarebbe opportuno seguisse da parte datoriale lapprovazione a livello aziendale di un codice di comportamento etico o di un codice di autodisciplina che, certo aiuterebbe la crescita della cultura di sicurezza negli ambienti di lavoro e nel contempo potrebbe accrescere il valore dellimpresa stessa. In particolare era necessario che la prevenzione della salute e della sicurezza assumesse caratteri di effettivit e non fosse basata su regole formali, ma piuttosto su criteri che potessero integrare il sistema normativo tradizionale con strumenti quali: la formazione, linformazione, le buone prassi, gli accordi collettivi, per dare vita ad una complessa rete che potesse favorire una sinergia fra imprenditori e lavoratori, parti sociali e pubbliche istituzioni in un sapiente mix di pubblico e privato. Al di l di tutto questo le troppe morti sul lavoro devono per indurci ad una amara riflessione: la mancanza negli ambienti di lavoro di una cultura che permetta di tenere la sicurezza nella dovuta considerazione, prendendo atto che, nessun fatturato, nessuna crisi economica e finanziaria, che pure sta avendo pesanti ripercussioni sul mondo delle imprese, nessun profitto ad ogni costo, nessuna concorrenza o una competitivit spinta sempre pi in alto sia (2) La potest legislativa esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonch dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: tutela e sicurezza del lavoro. DOTTRINA 377 nazionale che internazionale, pu giustificare una morte bianca. La sicurezza non pu n essere ritenuta esistente per definizione, n pu ammettersi la mancanza di una adeguata cultura dimpresa sulla sicurezza, poich il datore di lavoro deve sempre attivarsi per organizzare le attivit lavorative in modo sicuro, atteso che la sua responsabilit pu derivare sia da comportamenti attivi ma anche omissivi (3) ad esempio non realizzando le misure di sicurezza o non informando i lavoratori circa i rischi della attivit. Occorre invece lavorare per creare i presupposti che possono dare vita ad un percorso virtuoso allinterno dellazienda che aumenti la sicurezza elevandola a cardine per la tutela dellintegrit fisica del prestatore. E necessario che i manager siano costantemente aggiornati sulle normative, abbiano capacit organizzative per poter definire strategie di azione, possano pianificare interventi mirati finalizzati a ridurre gli incidenti al minimo, sappiano coordinare gli interventi nel campo della sicurezza. Tutto questo in quanto la sicurezza non pu essere considerata un valore diviso per compartimenti stagni , ma un plusvalore che richiede una analisi completa che deve investire tutte le possibili combinazioni della vita aziendale e degli ambienti di lavoro in genere, atteso che lobbligo di sicurezza si estende a tutto lambiente ove opera il lavoratore (4). A cominciare ad esempio dalle scuole che, non solo costituiscono un luogo di apprendimento e di studio per i giovani, ma sono anche un ambiente di lavoro per tutto il personale docente e non docente, che chiamato a vigilare sulla sicurezza e sullincolumit degli alunni nel tempo in cui fruiscono della prestazione scolastica; esiste infatti tra i due soggetti un rapporto giuridico definito dalla Cassazione di contatto sociale. Proprio in base a tale presupposto in una recente sentenza la Suprema Corte ha riconosciuto il diritto dellalunno ad un risarcimento del danno non patrimoniale da parte del docente, perch proprio in virt di quel contatto sociale per il docente si instaura, nel complessivo obbligo dellistruzione anche quello di protezione e vigilanza (5). Questo per riaffermare che la tutela della sicurezza deve essere lobiettivo di azioni positive nellambito di una rinnovata e pi diffusa cultura della sicurezza che deve cominciare fin dagli anni della scuola dellobbligo nel solco tracciato dai nostri Costituenti, che hanno colto nella salute non solo un diritto fondamentale dellindividuo, ma anche, e significativamente un interesse della collettivit. Non a caso pur essendo riconosciuta la libert di impresa essa va accompagnata dal monito che essa non deve mai recare danno alla sicurezza dellin- (3) Cass. 18 maggio 2006 n. 11664. (4) Cass. 7 marzo 2006 n. 4840. (5) Cass. 11 novembre 2008 n. 26972. 378 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 dividuo, anche perch finirebbe per incidere sulla sua libert mortificandone la dignit di uomo. 2. Quadro normativo La sicurezza sui luoghi di lavoro costituisce una priorit fondamentale, o meglio ancora un obiettivo prioritario e ci lo si desume dallesame di una copiosa normativa esistente al riguardo. A livello europeo il Trattato istitutivo Cee allarticolo 118 prevede che gli stati membri si devono adoperare per promuovere il miglioramento in particolare dellambiente di lavoro per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori, e si fissano come obiettivo larmonizzazione, in una prospettiva di progresso, delle condizioni esistenti in questo settore. Proprio ladeguamento agli standards imposti dal recepimento della normativa comunitaria aveva portato allemanazione del Decreto legislativo 19 settembre 1994 n.626, attuativo delle normative comunitarie e il cui perseguimento era appunto il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro. A distanza di circa 14 anni ha fatto seguito il 15 maggio 2008 il il D.Lgs. n. 81/2008, ormai conosciuto come Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 101 del 30 aprile scorso ed attuativo dellart. 1, legge n. 123/2007 che norma le misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega il governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia di salute e di sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro, mediante il riordino e il coordinamento delle medesime in un testo normativo (6). Il testo riscrive la materia della salute e sicurezza sul lavoro le cui regole, fino a oggi contenute in numerose disposizioni succedutesi nel tempo, sono state rivisitate in maniera maggiormente organica. Questo perch la sicurezza deve costituire per lazienda (7) sia un obiettivo, ma anche una condizione di limite ad un esercizio dellattivit dimpresa, che non pu essere totalmente libera ma contenuta dallesigenza del rispetto appunto delle norme sulla sicurezza che deve essere pensata come valore da difendere in chiave assoluta. Anche la Costituzione Europea non ha mancato di riaffermare lesigenza della sicurezza prevedendo allarticolo 87 della Costituzione Europea il diritto dei lavoratori allinformazione e alla consultazione nellambito dellimpresa e allarticolo 91 il diritto di ogni lavoratore a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose. (6) Articolo 1 decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. (7) Il complesso della struttura organizzata dal datore di lavoro pubblico o privato. DOTTRINA 379 Anche la nostra Carta Costituzionale che pone il lavoro quale principio cardine stabilendo allarticolo 1 che lItalia una Repubblica fondata sul lavoro prevede diversi articoli con i quali riafferma limportanza dellobbligo della sicurezza nello svolgimento del rapporto di lavoro ed in particolare quello della tutela della salute come fondamentale diritto dellindividuo. Larticolo 32 si spinge anche oltre laddove riconosce la tutela della salute come fondamentale interesse della collettivit, cio come tutela dellintegrit fisica e, pi in generale della salute in quei rapporti caratterizzati da un coinvolgimento della persona nella fase di esecuzione del rapporto. Ha quindi affermato con forza la necessit di limitare i pregiudizi che, eventualmente lesecuzione del contratto stesso pu arrecare alla salute di una delle parti contraenti. Ma la Costituzione contempla anche altri articoli in tema di sicurezza, quali lart. 35 che tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni e lart. 41 al comma 1, che pur stabilendo che liniziativa economica privata libera, tuttavia pone un correttivo nel comma 2 laddove stabilisce che non pu svolgersi in contrasto con lutilit sociale o in modo da recare danno alla sicurezza che deve intendersi oltre che in se senso proprio, anche come incolumit, libert e dignit umana; valore questultimo affermato esplicitamente nellarticolo 1 della Costituzione Europea. Quindi le norme che impongono allimprenditore il rispetto delle misure di sicurezza costituiscono attuazione dei principi di cui agli artt. 32 e 41 comma 2 Cost. che riconoscono al diritto alla salute una valenza prevalente su quello alla libert di iniziativa economica. Sulla base della graduazione degli interessi desumibile dal comma 2 dellart. 41 Cost., linteresse alla sicurezza del lavoratore quindi prevalente rispetto a quello dellimprenditore di organizzare liberamente la propria attivit economica. Vi poi l articolo 2087 del codice civile che norma definibile aperta in quanto supplisce alle carenze della normativa che ragionevolmente non pu prevedere tutti i rischi e che ricorre ogni qualvolta venga accertato che il datore di lavoro non ha adottato le misure necessarie a tutela della integrit fisica e delle condizioni di salute del prestatore dopera. Pi nel dettaglio lart. 2087 codice civile, con particolare riferimento al contratto di lavoro subordinato, prevede che limprenditore tenuto ad adottare nellesercizio dellimpresa le misure a tutela della sicurezza secondo tre criteri: la particolarit del lavoro, lesperienza e la tecnica ottemperando non solo a regole cautelari scritte, ma anche alle norme prevenzionali che una figura-modello di buon imprenditore in grado di ricavare dallesperienza, secondo i canoni di diligenza, prudenza e perizia (8). (8) Cass. Sez. IV, 16 settembre 2008 n. 38819. 380 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 Questi tre presupposti dettano la via maestra per indirizzare la propria attivit ed impongono di predisporre tutte quelle cautele che lesperienza del momento storico suggerisce, quelle misure che il progresso tecnico scientifico o tecnologico pone a disposizione e che sono necessarie a tutelare lintegrit fisica e la personalit morale dei prestatori di lavoro. Tra i compiti di prevenzione che fanno capo al datore di lavoro vi infatti anche quello di dotare il lavoratore di strumenti e macchinari del tutto sicuri, dovendo in proposito ispirare la sua condotta alle acquisizioni della migliore scienza ed esperienza, per fare in modo che il lavoratore sia posto nelle condizioni di operare con assoluta sicurezza (9). Detto articolo contiene sostanzialmente i precetti che devono essere rispettati per garantire la sicurezza sul lavoro. E evidente che tali precetti sono riferiti in via esclusiva allimprenditore e la ragione di tale precipuo riferimento va ricercata nel fatto che tale norma contenuta nel codice civile ed finalizzata a prevedere la responsabilit civile per limprenditore che non rispetti tali precetti. Nel nostro ordinamento limprenditore lunico responsabile civile dellimpresa e il legislatore con lart. 2087 ha posto a carico dellimprenditore il dovere di sicurezza per quel che riguarda i lavoratori subordinati; tantՏ che la Suprema Corte con una recente sentenza (10) ha reso pi facile il riconoscimento del danno morale dovuto ai parenti delle vittime, stabilendo che non necessaria la prova specifica della sua sussistenza, atteso che la prova pu essere desunta anche solo in base allo stretto vincolo familiare. E quindi fondamentale ribadire la centralit del ruolo del datore di lavoro che deve essere il cultore della sicurezza, dovendo arrivare non solo a predisporre le misure infortunistiche, ma anche a sorvegliare continuamente sulla loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto in virt della generale disposizione di cui allarticolo 2087 egli individuato quale garante dellincolumit fisica dei prestatori di lavoro (11). Un datore di lavoro deve quindi porre in essere un modello organizzativo che metta in atto efficaci strategie di prevenzione (loss prevention) e gestione dei rischi (risk management), proprio per la sua posizione di garanzia di contenuto ampio, che richiede al datore di lavoro di allestire misure di sicurezza idonee e che si realizza attraverso delineati compiti di vigilanza, di controllo e provvedimenti impeditivi. Gli obblighi e le responsabilit incombono in via prioritaria sul datore di lavoro e non trasferibili ad esempio ad un preposto seppur presente sul cantiere, fatto salva dellesistenza della prova rigorosa di una delega espressa- (9) Cass. 5 dicembre 2008 n. 45335. (10) Cass. sent. n. 20188/2008. (11) Cass. Pen. Sez. IV, 12 aprile 2005, n. 20595. DOTTRINA 381 mente e formalmente conferitagli, con pienezza di poteri ed autonomia decisionale e particolare competenza (12). A conferma del ruolo prioritario che limprenditore riveste, va rimarcato come il nuovo testo unico ha introdotto listituto della compliance programs secondo il quale, qualora limprenditore adotta modelli organizzativi migliorativi della sicurezza, gli stessi acquisiscono efficacia esimente ai fini di una eventuale responsabilit penale. Anche la possibilit di fruire da parte dellimprenditore edile di una speciale riduzione contributiva prevista dell11,50 dei premi Inail subordinata alla presentazione del Durc e alla mancanza di condanne passate in giudicato per violazioni delle norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro negli ultimi cinque anni, va nella direzione di riconoscere un ruolo premiale a quelle imprese che hanno avviato un circolo virtuoso nel campo della sicurezza, che hanno adottato unetica come effettiva linea di condotta. Tutto ci non deve per indurci a ritenere assente o minoritario il ruolo dei lavoratori o meglio del rappresentante dei lavoratori che, in virt dellarticolo 9 dello Statuto ha la possibilit di controllare lapplicazione delle norme per la prevenzione infortuni e delle malattie professionali. E soprattutto importante dare maggiore concretezza al binomio Rls /datore di lavoro che devono operare per un realizzare un benessere condiviso sul luogo di lavoro, attraverso la realizzazione di una sorta di leale collaborazione tra i due soggetti, atteso che il Rls deve collaborare alla tutela dellincolumit propria e delle altre persone presenti sul luogo di lavoro. Lauspicio quindi di un nuovo patto dimpresa per la formazione tenendo conto che limpresa formata da personale. 3. Formazione, informazione professionale e addestramento dei lavoratori Fondamentale poi il ruolo della formazione, della informazione professionale, delladdestramento dei lavoratori che devono essere garantite attraverso lapprendimento di competenze specifiche (la cosiddetta safety education and training) ed al quale il Testo unico ha riservato due distinti articoli: il 36 e il 37. In particolare secondo larticolo 37 il datore di lavoro deve prevedere che ogni lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata sulla sicurezza lavoro. Va detto che esiste una perfetta osmosi tra informazione e formazione: la prima consiste nel porre a conoscenza il lavoratore della complessa realt aziendale, quale conoscenza appunto dei rischi professionali che sussistono (12) Cass. Pen. Sez. IV, 10 febbraio 2009, n. 20395. 382 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 sul luogo di lavoro; cos facendo si garantisce la conoscenza dei rischi e si da vita quindi ad un elemento fondamentale di prevenzione (13). Nel dettaglio larticolo 36 comma 1 e 2 che sancisce gli elementi sui quali il lavoratore deve ricevere una adeguata informazione (14). Parallela allinformazione esiste la formazione (15) mediante la quale possono essere forniti gli elementi conoscitivi (il cd sapere che) e le conoscenze professionali (il cd. sapere come). Esiste un dovere e un obbligo di mantenere e di migliorare la propria competenza professionale attraverso la formazione continua che attivit svolta ad assicurare e garantire le proprie aspettative. Qualificare le maestranze significa conseguire vantaggi sul piano della operativit concreta dei lavoratori che possono ottenere una formazione quanto mai utile per evitare i rischi e porre in essere comportamenti pi improntati alla consapevolezza, alla conoscenza e alla padronanza in un contesto lavorativo anche diverso dal precedente. Sotto questo profilo un ruolo importante pu essere svolto dalla costituzione di una formazione pre-ingresso al mondo del lavoro; una sorta di apprendistato che espressamente prevista dallart. 55 del Testo Unico che permette di dedicare un determinato numero di ore alla formazione che viene svolta prima che venga costituito il rapporto di lavoro. Ci permette a chi non mai entrato nel ciclo produttivo di acquisire un vero e proprio valore aggiunto e cio almeno quelle base essenziali, quelle conoscenze tecniche utili ai fini della salvaguardia della propria sicurezza; ma non solo ci permette anche un altro risultato e cio quello di contrastare eventuali illegalit al momento dellimmissione di nuova manodopera nei cantieri. Sotto questo profilo utile ai fini di una maggiore sicurezza e consapevolezza professionale soprattutto in settori a rischio come il settore edile, potrebbe rivelarsi linnovazione introdotta dalle parti sociali e dallAnce che prevede che ciascun lavoratore prima dellassunzione in impresa debba ricevere una formazione di mestiere presso la pi vicina scuola edile. Ci potrebbe agevolare linserimento professionale, per fornire al neoassunto ad un definitivo inserimento nel mondo del lavoro. Puntare sulla formazione e sulla consapevolezza soggettiva dei rischi, sulla conoscenza per evitare di restare vittima di operazioni sbagliate larma (13) Il complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarit del lavoro, lesperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dellintegrit dellambiente esterno. (14) Art. 36, comma 1 e 2, sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi allattivit dellimpresa in generale, sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta antincendio, evacuazione dai luoghi di lavoro, ecc. (15) Art. 37 D.Lgs. n. 81/2008. DOTTRINA 383 pi adatta ed efficace per limitare gli infortuni. La cognizione dei rischi di infortunio costituisce un elemento di forza nella battaglia civile per una maggiore sicurezza sul lavoro in quanto da sempre il sistema formativo ritiene che conoscere le mansioni che si chiamati a svolgere sia un elemento decisivo, insieme al pieno rispetto delle norme sulla sicurezza, per rafforzare la cultura della sicurezza nel mondo del lavoro. Quanto pi il dipendente tesorizza per s utili conoscenze tanto pi si garantisce contro gli infortuni ma pu altres favorire una positiva ricaduta anche per gli altri lavoratori di tutte quelle conoscenze che potranno sicuramente tornare utili per la loro attivit futura. Dare vita ad una formazione e informazione adeguata su tutti i rischi generici e specifici che sono connessi ad una determinata attivit lavorativa, sulle attrezzature di lavoro, significa dare al lavoratore gli strumenti che possono permettere di ridurre gli infortuni sul lavoro. Significa soprattutto far acquisire al lavoratore piena consapevolezza sui rischi del lavoro e quindi dare vita ad un elemento irrinunciabile per garantire una maggiore sicurezza. La formazione deve riguardare quindi anche le fasce pi deboli degli imprenditori per convincerli sulla consapevolezza dei diritti del dipendente tenuto conto che il T.U. ha esteso anche alle piccole imprese il valore della prevenzione. Per tali aziende potrebbe essere ad esempio percorribile la strada dei finanziamenti agevolati attraverso i quali permettere lacquisto di nuovi macchinari pi innovativi in tema di sicurezza, ottenere le certificazioni aziendali, fare corsi di formazione. Inoltre tutto ci richiamerebbe lattenzione delle imprese sul possibile binomio che chi investe in sicurezza viene premiato mediante la concessione di risorse finanziarie specifiche e tassi agevolati. Va presa coscienza da parte dellimprenditore che la sicurezza non deve essere un lusso ma lo standard che deve tener conto delle aspettative dei dipendenti per cui va fatto un salto di qualit culturale che non pu che tornare a vantaggio delle imprese. Sulla formazione dovranno essere attuate e progettate azioni specifiche volte a definire percorsi utili alla crescita e alla professionalizzazione dei lavoratori; potremo parlare della necessit di dare vita ad una responsabilit etica delle imprese nelladeguamento alle normative sulla sicurezza sia sugli imprenditori che sui lavoratori; dare vita ad una sorta di business ethic. Non pu tacersi il fatto che limprenditore quale destinatario iure proprio della sicurezza titolare o meglio ancora assume in s una posizione di garante fissata ai sensi dell articolo 18 comma 1 lettera f del Testo unico nella materia della prevenzione e della sicurezza ed anche della correttezza dellagire del lavoratore e deve quindi esercitare un controllo continuo e pressante affinch i lavoratori rispettino le norme sulla sicurezza, evitando che 384 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 questi possano sottrarvisi instaurando magari prassi di lavoro non corrette (16) eliminando anche quei comportamenti inusuali e fonti di pericolo. Il datore di lavoro, infatti, si trova in posizione di garanzia rispetto al dipendente in relazione allobbligo di assicurare adeguate condizioni di sicurezza e non sufficiente rispettare le prescrizioni, ma anche necessario agire in ogni caso con la diligenza, la prudenza e laccortezza necessarie ad evitare che dallattivit derivi un nocumento a terzi (17). Proprio il ruolo di garante del datore di lavoro fa si che lo stesso deve esigere dal lavoratore il rispetto delle regole di cautela, svolgendo un controllo continuo e pressante per evitare che il lavoratore ponga in essere prassi di lavoro non corrette e pericolose (18); ci in quanto la normativa contro gli infortuni mira a salvaguardare lincolumit del lavoratore anche dai rischi derivanti da sue disattenzioni o sue imprudenze (19) e fermo restando comunque che - a fronte di comportamenti imprudenti e non abnormi - la responsabilit del datore di lavoro non automatica, ma presuppone sempre laccertamento della sua colpa. Ne riprova il fatto che anche le pi recenti sentenze giurisprudenziali non escludono la responsabilit del datore di lavoro neppure nel caso di sussistenza della colpa del lavoratore, fatto salvo il fatto che la condotta dello stesso abbia assunto i caratteri dellabnormit, interrompendo il quel caso il nesso causale di cui allarticolo 41 comma 2 (20) del Codice penale tra levento lesivo e la condotta del datore di lavoro (21). Solo in presenza di un comportamento del lavoratore che presenti i caratteri della eccezionalit, della abnormit, dellesorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle precise direttive organizzative ricevute, che sia del tutto imprevedibile o inopinabile, il datore di lavoro pu andare esente da responsabilit. Occorre cio un comportamento imprudente del lavoratore, che sia stato posto in essere da questultimo del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidate - e pertanto - al di fuori di ogni prevedibilit per il datore di lavoro o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa di radicalmente e ontologicamente lontano dalle ipotizzabili e, (16) Cass. 23 ottobre 2008, n. 39888. (17) Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dallazione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalit fra lazione od omissione e levento. Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalit quando sono state da sole sufficienti a determinare levento. In tal caso, se lazione od omissione precedentemente commessa costituisce per s un reato, si applica la pena per questo stabilita. Le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui. (18) Cass. Pen. Sez . IV, 22 gennaio 2007, n. 10109. (19) Cass. Pen Sez. IV, 28 febbraio 2008. (20) Cass. Pen. Sez.IV, 6 maggio 2009. (21) Cass. 8.4.2008 n. 22615 e ancora Sez. IV 25.3.2009. DOTTRINA 385 quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (22). Pertanto, in ogni caso di ipotesi di infortunio sul lavoro originato dallassenza o inidoneit delle misure di prevenzione, nessuna efficacia causale per escludere la responsabilit del datore di lavoro pu essere attribuita al comportamento del lavoratore infortunato, che abbia dato occasione allevento, quando questo sia comunque da ricondurre alla mancanza o alla insufficienza di quelle cautele che,se adottate sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio di siffatto comportamento (23). Non va dimenticato che anche la vigilanza sullapplicazione delle misure disposte dal RSPP e sulla loro osservanza da parte del lavoratore sono a carico del datore di lavoro (24), e anche quando nellinfortunio abbia concorso la colpa del lavoratore, il danno non risarcibile dallINAIL non deve essere sopportato dallInps nel suo intero ammontare. Limprenditore deve infatti provare limputabilit, anche parziale, al lavoratore affinch il concorso di colpa incida sullammontare del risarcimento (25). N la responsabilit del datore di lavoro viene meno in concorrenza di eventuali profili colposi del fabbricante che ha venduto un macchinario pur provvisto di marchio Ce, se limprenditore non ha svolto una attivit di informazione mediante istruzioni chiare circa la pericolosit della macchina, unita a tutte le altre misure di prevenzione previste ex lege contro gli infortuni (26). Ci in quanto le norme in materia di prevenzione del rischio (la cosiddetta safety management) degli infortuni sul lavoro sono dirette a tutelare il lavoratore anche contro gli incidenti intrinsecamente connaturati allesercizio dellattivit svolta, anche se ci non deve portarci a considerare come assoluta la responsabilit del datore di lavoro altrimenti entreremo nel campo di una responsabilit di tipo oggettivo. Non pu infatti sottacersi come larticolo 41 della Costituzione garantisce la libert di iniziativa economica privata, precisando tuttavia che essa non pu svolgersi in contrasto con lutilit sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libert ed alla dignit umana. Va tuttavia detto che anche il lavoratore preposto alla prevenzione pu essere chiamato a rispondere personalmente degli infortuni subiti dagli altri lavoratori, per non aver ottemperato o fatto ottemperare al rispetto delle norme antinfortunistiche e non pu certo costituire un esimente il trincerarsi (22) Cass. Sez. IV, 13 ottobre 2004, n. 40164. (23) Cass. Pen. sez. IV, 6 novembre 2006, n. 41951 e Cass. Pen. sez. IV, 18 gennaio 2007, n. 6348. (24) Cass. Sez. IV, sent. 20.5.2008 n. 27420. (25) Cass. Sez. Lavoro 4.8.2008 n. 21112. (26) Cass. Pen. n. 45335 del 5.12. 2008. 386 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 dietro un livello di qualifica ritenuto troppo basso, se questultimo stato adeguatamente formato e quindi sia in possesso delle nozioni adeguate a tale compito (27). 4. Qualit, sicurezza, legalit. Si tratta di una trilogia espressione della necessit di adottare un sistema meritocratico nei confronti delle imprese per garantire una corretta puntuale valutazione dei rischi (il cosiddetto risk assment), che costituisce sinonimo di qualit negli interventi, di corretta applicazione delle norme di sicurezza per i lavoratori. Quando si d vita ad un sistema intero di totale legalit in tutte le fasi della complessa attivit lavorativa si ottiene un altro importante risultato : quello di eliminare quei soggetti che con comportamenti scorretti inquinano il mercato. Bisogna quindi riconoscere il know-how delle singole imprese assumendo atteggiamenti premiali verso quegli imprenditori che attraverso il rispetto dei doveri di sicurezza danno vita ad una attivit di produzione connotata da condizioni di legalit. Occorre che la parte datoriale prenda coscienza che operare in un ambiente di lavoro pi sicuro e protetto aumenta il grado di reputazione e di affidabilit dellintera azienda, ne accresce la qualit della vita lavorativa e di conseguenza il valore intangibile della stessa. Il compito di un lungimirante imprenditore infine quello di analizzare e valutare il sistema di gestione interno gi esistente ed eventualmente provvedere a un adeguamento del proprio modo di operare per cercare di migliorare e correggere le gestione aziendale, per prevenire ed evitare gli infortuni sul lavoro, assumendo un ruolo di facilitatore naturale della comunicazione tra valori aziendali e risorse umane. Solo in tale modo si pu arginare o meglio ancora eliminare il rischio (28) che i lavoratori possono subire nellesercizio della loro attivit lavorativa e garantire la prevenzione dei reati. La prevenzione deve diventare un vero e proprio obiettivo di programma, che deve far parte magari di un codice di comportamento etico che non solo produrre carta ma serve a stabilire norme da rispettare e fare rispettare per garantire la sicurezza propria e degli altri. (27) Cass. Pen. n. 29323 del 15 dicembre 2008. (28) Probabilit di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione a un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione. DOTTRINA 387 5. Le buone prassi In tale contesto un passo in avanti importante pu essere quindi costituito dalla politica delle buone prassi (29) che vede nel datore di lavoro un soggetto che pu individuare soluzioni organizzative o procedurali per la riduzione dei rischi ed il miglioramento delle condizioni di lavoro. Tutto ci che pu seriamente aiutare a incrementare la sicurezza nei luoghi di lavoro, va apprezzata e sostenuta sia dalla parte datoriale che dei lavoratori. E un passo importante in quanto il costante monitoraggio e laggiornamento delle procedure, dei modelli di gestione aziendale consente da un lato di revisionare sempre una procedura lavorativa, atteso che un modus operandi non costituisce un elemento immutabile ed immodificabile ma presenta sempre margini di miglioramento grazie ai mutamenti organizzativi e produttivi o evolutivi che la ricerca determina soprattutto nel campo tecnologico consentendo di raggiungere livelli di eccellenza. Quali possono essere gli scopi e gli obiettivi delle buona prassi: - rendere evidente, con esempi pratici, i vantaggi determinati dalle buone prassi in termini di sicurezza e salute a tutti i datori di lavoro, Rls e lavoratori; - incentivare la massima circolazione di informazioni sulle buone prassi; - favorire lacquisizione di una mentalit aperta e collaborativa con la forza lavoro, con conseguente miglioramento e valorizzazione dei rapporti; - aumentare il convincimento che accrescere la sicurezza migliora lambiente di lavoro, la qualit della vita e il senso di appartenenza; - sostenere lo scambio e la diffusione di informazioni sui modi efficaci di prevenzione e sulle soluzioni pratiche adottate tramite Internet, siti Web e altri mezzi di comunicazione; - accrescere la consapevolezza che la prevenzione dei rischi interesse di tutti; - promuovere azioni allinterno delle imprese per agevolare la prevenzione di rischi; - favorire la crescita di una mentalit premiale verso quelle imprese, che hanno contribuito in modo rilevante e innovativo alla diffusione della cultura della legalit nel mondo del lavoro. Vi poi un altro profilo da considerare; il coinvolgimento del rappre- (29) Nozione buone prassi coerenti con la normativa vigente e con le norme di buona tecnica , adottate volontariamente e finalizzate a promuovere la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro attraverso losservanza delle disposizioni e delle istruzioni impartite dallazienda; lutilizzo corretto di macchinari; apparecchiature e utensili; lutilizzo appropriato dei dispositivi di protezione; la segnalazione immediata al datore di lavoro di deficienze dei mezzi e dispositivi; il non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo; non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre pericolose e fuori dalle sue mansioni; sottoporsi ai controlli sanitari previsti. 388 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 sentante dei lavoratori importante per lesperienza acquisita nel processo produttivo e quindi pu meglio di ogni altro individuare eventuali criticit e suggerire proposte migliorative; pu quindi assumere un ruolo di stakeholders, in quanto primo soggetto interessato sotto vari profili che la sicurezza sia una priorit di una organizzazione economica sia - come gi detto - per il contributo che pu portare in termini di esperienza, stimolando da parte del datore di lavoro ladozione tutte quelle modifiche che sia il progresso che la tecnica ogni giorno ci pone davanti. Ma vi un altro aspetto delle buone prassi e dei comportamenti virtuosi che non pu essere trascurato ed la ricaduta positiva che lindividuazione di una procedura ottimale pu avere per le imprese proprio perch produce un miglioramento della qualit dei processi in tema di sicurezza e permette la possibilit di una sua diffusione a tutte le attivit similari facendo si che i miglioramenti ottenuti in tema di sicurezza siano acquisiti a costo zero da numerose altre imprese. Tutto ci serve a sancire e ricondurre lambiente di lavoro al rispetto dei canoni della sicurezza garantendo forme di dialogo e di collaborazione tra i diversi ruoli quello datoriale e quello dei rappresentanti del lavoratore che devono essere entrambi impegnati nella difficile battaglia civile per elevare il valore della sicurezza. 6. Conclusioni I gravi e ripetuti incidenti sul lavoro richiedono che venga sempre pi accresciuto il livello della sicurezza per il prestatore di lavoro attraverso una maggiore attenzione alla cultura della safety in azienda, mediante una mirata sorveglianza sul sistema, una metodica attivit di vigilanza, una costante informazione e formazione del personale, una attenta definizione delle procedure, unefficace comunicazione, un monitoraggio delle procedure e un pieno coinvolgimento dellintera organizzazione aziendale. Partendo dal presupposto che nellimpresa operano delle persone, fondamentale anche un maggiore coinvolgimento dei rappresentanti dei lavoratori che sono i primi portatori di interessi e titolari di legittime aspettative affinch gli obiettivi di unazienda siano raggiunti rispettando le esigenza di sicurezza. Occorre poi che il datore di lavoro preveda che ogni lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata sulla sicurezza lavoro, che sia data rilevanza alla formazione, allinformazione professionale e alladdestramento dei lavoratori che devono essere garantite attraverso lapprendimento di competenze specifiche (la cosiddetta safety education and training). Formare,informare ed addestrare le maestranze significa conseguire vantaggi sul piano della operativit concreta dei lavoratori che possono ottenere DOTTRINA 389 una formazione quanto mai utile per evitare i rischi e porre in essere comportamenti pi improntati alla consapevolezza, alla conoscenza e alla padronanza e finalizzati a evitare incidenti sul lavoro. E un processo complesso, ma se pienamente realizzato potr portare ad una gestione realmente etica dellattivit dimpresa, consentendo di dare vita ad un nuovo e proficuo rapporto fiduciario con i prestatori dopera. 390 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 Labuso del diritto spazia dalla propriet al voto assembleare attraverso la violazione del principio di buona fede di Andrea Scalzo* Spesso nel linguaggio comune utilizziamo il concetto di abuso (dal latino ab uti, nel significato di usare male) per indicare un uso distorto, illecito, eccessivo di qualche cosa: di un potere, di unattivit, di una facolt persino di un diritto. Ma, sotto questultimo aspetto, parlare di abuso del diritto sembrerebbe quasi una contraddizione in terminis dal momento che in via generale un dato comportamento, purch formalmente corrispondente al contenuto di un diritto non pu risultare abusivo e, perci illegittimo (in ossequio al brocardo latino qui suo iure utitur neminem laedit - (Chi esercita un proprio diritto non danneggia alcuno) (1). Infatti, coloro i quali negano lelaborazione di un siffatto principio insistono proprio sulla incompatibilit delle due espressioni abuso e diritto: se il diritto soggettivo espressione di libert, il suo esercizio deve essere garantito al titolare qualunque sia lo scopo che questi persegua (2). In realt, lordinamento qualificando come lecito il compimento di un diritto, attribuisce al soggetto la libert di porlo in essere ma in uno spazio di libert e non di arbitrio (3), con la conseguenza che comportamenti (*) Dottore in giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. (1) In realt, sin dallepoca romana il diritto del singolo di godere e disporre delle sue cose, ha conosciuto limiti ben precisi, imposti in primo luogo dallinteresse pubblico oltre che dalle esigenze sociali: si pensi, ad esempio, alla figura arcaica delliter limitare, obbligo imposto a ciascun proprietario di lasciare libero dalle colture e da ogni forma di utilizzazione permanente uno spazio di due piedi e mezzo lungo il confine del suo fondo, antecedente storico della normativa sulle distanze legali. Ancora, le Istituzioni di Giustiniano ammonivano: conviene allo Stato che nessuno abusi delle proprie cose (expedit enim rei publicae, ne quis re sua male utatur). Al proposito riferivano come una costituzione di Antonino Pio avesse dato ai presidi delle provincie il potere di intervenire nel caso in cui il proprietario del fondo seviziasse senza ragione i propri schiavi, oggetti, come noto, di sua propriet. Inoltre in altra autorevole fonte (Paulus libro XLIX ad Edictum, in D. 39.3.2.9) si riporta il caso del proprietario del fondo che diverta il corso delle acque di un torrente impedendone il deflusso nel fondo vicino. Riferendo lopinione di Labeone, Paolo concorda nellescludere che contro il proprietario sia esperibile lactio acque pluviae arcendae, essendo lazione volta ad impedire unicamente le manipolazioni che accrescano il deflusso dellacqua. LAutore significativamente aggiunge: semprech il proprietario abbia agito per evitare a s un danno, non per nuocerti. (2) Cfr. per tutti, F. SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, 1989, Napoli, 76 ss; ROTONDI, Labuso del diritto, in Riv. dir. Civ., 1923, 105 ss; CANDIAN, Nozioni istituzionali del diritto privato, Milano, 1949, 28; V. SCIALOJA, Degli atti di emulazione nellesercizio dei diritti, in Foro it., 1878, I, 481 ss. (3) Cfr., G. GUARINO, Potere giuridico e diritto soggettivo, in Rass. Dir.. pubbl., 1949, I, 259, nota 41 secondo cui il diritto soggettivo ha ad oggetto un comportamento futuro, che gi individuato e che, nello Stato moderno, sempre limitato dalla norma. DOTTRINA 391 arbitrari e, dunque, abusivi cessano di essere esercizio del diritto (4). Infatti, lo spirito della nostra Costituzione e la moderna coscienza sociale impongono un richiamo costante al preminente valore della solidariet che, inevitabilmente attenua la concezione del diritto soggettivo quale mera espressione di libert per attribuire sempre maggiore rilievo ai limiti che il singolo tenuto ad osservare nellesercizio, potenzialmente pieno ed assoluto, del diritto medesimo dal momento che laddove inizia labuso l finisce il diritto (5). Tuttavia, manca nel nostro ordinamento una disposizione che, in via generale, consacri labuso del diritto (abus du droit, Rechtsmissbrauch, abuse of rights, abuso del derecho) stabilendo dei criteri per rilevarlo; il progetto preliminare del codice civile aveva predisposto (6), sul modello di quello svizzero (7), una norma di carattere generale anche se la formula non fu riprodotta nel testo finale in quanto fu giudicata tale da compromettere la certezza del diritto (attesa la grande latitudine di potere che essa avrebbe attribuito al giudice). La scelta del nostro codice stata quella di utilizzare labuso come ratio giustificatrice di singole norme (8): ad esempio lart. 833 cod. civ. disciplina il divieto degli atti emulativi (il proprietario non pu fare atti i quali non abbiano altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri) al fine di reprimere labuso nellambito della propriet (9), o ancora lart. 330 cod. civ. prevede una decadenza del genitore in caso di abusi di questa o ancora nella materie delle obbligazioni e dei contratti assumono rilievo i limiti derivanti dalla clausola della buona fede (artt. 1175 e 1375 cod. civ.). Infatti, il di- (4) Cfr., P. RESCIGNO, Labuso del diritto, in Riv. dir. Civ., 1965, I, 205. LAutore individua labuso secondo due ordini di ideologie: quella cattolica e quella socialista. Secondo la visione cattolica labuso del diritto si ritrova in quellatto moralmente riprovevole che lede la coscienza, il foro interno dellindividuo; viceversa, secondo il secondo punto di vista socialista abusivo considerato quellesercizio che non trova il consenso nella comunit sociale, destinatario della funzione stessa del diritto. (5) Cfr., M.PLANOIL, Trait lmentaire de droit civil, Paris, 1939, 269 le droit cesse o labus commense. (6) Art 7: Nessuno pu esercitare il proprio diritto in contrasto con lo scopo per cui il diritto medesimo gli stato riconosciuto. Sul dibattito circa lopportunit di codificare il principio dellabuso del diritto nella codificazione del 1942 v. GIORGIANNI, Labuso del diritto nella teoria della norma giuridica, Milano, 1963, 5 ss. (7) Infatti, il modello tedesco reca, infatti, la regola, frutto di generalizzazione dellantico divieto di atti di emulazione, secondo la quale lesercizio del diritto inammissibile se pu avere il solo scopo di provocare danno ad altri ; lart. 2 del codice civile svizzero ha adottato la pi ampia formulazione secondo la quale il manifesto abuso del proprio diritto non protetto dalla legge. (8) Occorre rilevare come il termine abuso ricorre spesso nel linguaggio del codice civile: si vedano lart. 10 (Abuso dellimmagine altrui), lart. 1015 c.c. (Abusi dellusufruttuario), lart. 2793 c.c. (Se il creditore abusa della cosa data in pegno, il costituente pu domandarne sequestro; ma questa disposizione va letta congiuntamente a quella dellart. 2792 c.c., che vieta al creditore luso della cosa, e quindi labuso la violazione di una regola espressa); (9) Cfr., COMPORTI, Ideologia e norma nel diritto di propriet, in Riv. dir. Civ., 1984, I, 309: la teoria dellabuso del diritto si pose in contrasto con gli enunciati del pensiero liberale classico e manifest la crisi della concezione meramente individualistica della propriet. 392 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 ritto di propriet stato spesso inteso quale diritto volto alla realizzazione di qualunque interesse egoistico del proprietario (ius utendi et abutendi), anzi, stato ampiamente sostenuto al riguardo come il proprietario si differenzi dai titolari di altri diritti reali proprio in quanto pu fare tutto ci che lordinamento non vieta, rispetto ai secondi i quali possono fare solo ci che lordinamento permette (10). Questa ricostruzione appare nettamente in contrasto con quella che la Costituzione indica come la funzione sociale della propriet con la conseguenza di poter qualificare come abusivi (e dunque illeciti) atti che non realizzano alcun interesse del titolare ma un interesse, appunto, diverso. Ma, le stesse preoccupazioni che, durante i lavori di preparazione del codice, avevano sconsigliato di recepire labuso come categoria generale per il timore che essa potesse attentare alla certezza del diritto, hanno condotto verso interpretazioni restrittive dellart. 833 cod. civ., riducendo nel contempo lambito di azione. Infatti, costante lindirizzo secondo cui, perch un atto possa considerarsi emulativo (id est, abusivo), occorra la coesistenza di due elementi: il primo di carattere soggettivo, consistente nellanimus nocendi o aemulandi, ossia nellintenzione del proprietario di arrecare pregiudizio o molestia ad altri, con relativo onere probatorio a carico del danneggiato; laltro elemento, di carattere oggettivo, consistente nella totale assenza di utilit che derivi al proprietario dallatto compiuto (11). Tuttavia, tale ricostruzione (costantemente seguita a livello giurisprudenziale) stata ampiamente criticata in dottrina, in quanto finirebbe sostanzialmente nel vanificare e annullare lambito di applicazione della norma, nonch la possibilit, da esso consentita, di reprimere abusi del proprietario. Basti pensare alla difficolt di fornire la prova dellanimus nocendi (il cui onere a carico dellattore), senza trascurare la circostanza che, anche la minima utilit, o meglio un vantaggio utile o capriccioso, avrebbe salvato latto dal divieto in questione. Cos, onde evitare i risultati aberranti fatti propri dalla giurisprudenza, si tentato di rivalutare in chiave ampliativa, i presupposti applicativi dellart. 833 cod. civ. (12) cercando di neutralizzare lelemento psicologico dellintenzione di cagionare danno o molestia e spianando la strada a criteri oggettivi di valutazione della condotta abusiva (13). Infatti, lart. 833 c.c., nel suo tenore letterale, non attribuisce rilevanza alcuna allanimus nocendi, in quanto lo scopo di cui al presente articolo, indicherebbe semplicemente la finalit oggettivamente perseguita dallatto (14), con (10) Cfr., V. SCIALOJA, Procedura civile romana. Esercizio e difesa dei diritti. Lezioni, Roma, 1894, 21. (11) Cfr., Cass. 9.10.98, n. 9998. (12) Si veda, in particolare, S. PATTi, (voce) Abuso del diritto, in Digesto disc. priv.,.6 ss. (13) Cos, quanto allelemento oggettivo, viene ravvisato nella sproporzione tra il sacrificio del destinatario degli effetti dellatto e lutilit anche oggettivamente apprezzabile del dominus. (14) Cfr., PERLINGERI, Introduzione alla problematica della propriet, Milano, 1970, 199 ss; MAZZONI, Atti emulativi, utilit sociale e abuso del diritto, in Riv. dir. Civ., 1969, II, 606. DOTTRINA 393 la conseguenza di poter valutare emulativi atti non giustificati da alcun interesse del proprietario e dunque inutili (15). Dunque, possiamo qualificare emulativo latto astrattamente rientrante nellambito delle prerogative del dominus, ma che in concreto, in relazione alle modalit e alle circostanze del suo esercizio, risulta estraneo al contenuto del diritto perch non riconducibile allinteresse ad esso sotteso. La qualificazione di una condotta come abusiva non esprime un giudizio valutativo condotto attraverso il riferimento ad un valore (etico, morale, etc.) ma un giudizio meramente logico di conformit della condotta stessa allinteresse sotteso allascrizione del diritto (16). Ad esempio lart. 1127 cod. civ. dopo aver riconosciuto al proprietario dellultimo piano di un edificio il diritto di elevare una nuova costruzione su di esso, attribuisce ai condomini la facolt di opporvisi solo se questa pregiudica laspetto architettonico delledificio ovvero diminuisce notevolmente laria o la luce dei piani sottostanti. E chiaro come la facolt dei condomini di opporsi alla sopraelevazione vincolata alla tutela di interessi specifici il cui ricorrere deve essere accertato in concreto al fine di rilevare, ove risulti uno sviamento dellinteresse tutelato, unipotesi di abuso. Ancora, nella diversa materia delle obbligazioni significativo il dettato dellart. 1180 cod. civ. il creditore pu opporsi alladempimento del terzo solo se ha interesse a che il debitore esegua personalmente la sua prestazione; evidente che questa disposizione non intende consegnare al creditore un potere arbitrario di rifiutare la prestazione del terzo, ma linteresse a che il debitore esegua personalmente la prestazione cui allude la disposizione deve essere inteso in senso oggettivo ossia lesercizio della facolt di opporsi alladempimento del terzo deve essere vagliato individuando quale interesse venga dedotto dal creditore ed un eventuale sviamento dellinteresse tutelato evidenzier una fattispecie di abuso. Quanto detto ci permette di porre in rilievo come fenomeni abusivi siano rinvenibili nellesercizio di qualsiasi diritto e, dunque, anche in ambito contrattuale, rinvenendo nello sviamento dellinteresse e nella violazione della buona fede le due gambe che sorreggono e fondano la categoria dellabuso del diritto (17). Ad esempio, una situazione tipicamente abusiva configurabile nellambito della disciplina della condizione, come elemento accidentale del contratto. Nella fase di pendenza, lart. 1358 c.c. richiede ai titolari dei diritti condizionati un comportamento impron- (15) Altro temperamento operato dalla giurisprudenza ritiene sufficiente per lintegrazione dellelemento costitutivo dellanimus nocendi la mera consapevolezza del danno recato, operando dunque una scissione allinterno del dolo, tra volont e rappresentazione. Cfr. Cass. civ., sez. II, 9 ottobre 1998, n. 999, in Giust. civ. Mass. 1998, 2046. (16) Cfr., C. SALVI, Abuso del diritto. I) Diritto civile, in Enc. giur., I, Roma, 1988, 132. (17) Cfr., U.NATOLI, Note preliminari a una teoria dellabuso del diritto nellordinamento giuridico italiano, op cit., 26 ss; F.GALGANO, Il negozio giuridico, in Tratt. Dir. Civ. comm. Cicu-Messineo, III, 1, Milano, 2002; D.MESSINETTI, Abuso del diritto, in Enc. Dir., Agg., II, Milano, 1998, 8 ss; G.CATTENEO, Buona fede e abuso del diritto, in Riv. trim, dir. Proc. civ., 1971, 634. 394 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 tato a buona fede per conservare integre le ragioni della controparte. Ebbene, anche nella condizione, le parti dovranno esercitare il loro diritto rispettando dei limiti interni; il loro mancato rispetto determina una lesione delle situazioni giuridiche altrui con il relativo abuso, pur restandosi formalmente nellambito del diritto esercitato. A tutela della parte che subisce, nella fase di pendenza, lesercizio abusivo del diritto, il legislatore prevede una tutela reale riconoscendo la finzione di avveramento della condizione non verificatasi per causa imputabile alla controparte ex art. 1359 c.c.. Dunque, attraverso il principio della buona fede, il giudice pu effettuare un controllo ulteriore, oltre che diverso rispetto alla sua classica valutazione, individuando una soluzione, non fornita in modo espresso dal diritto scritto, in grado di correggere e porre nel nulla gli effetti di condotte abusive (18). Infatti, intesa la buona fede come oggetto di un obbligo che entra nel contratto integrandone il contenuto - specificandosi nel dovere (negativo) di non abusare della propria posizione al fine di non aggravare ingiustificatamente la condizione della controparte, nonch, nel dovere (positivo) di attivarsi per salvaguardare lutilit della controparte nei limiti in cui ci non comporti un apprezzabile sacrificio delle proprie ragioni - si visto nella violazione della buona fede un indice sintomatico di abuso del diritto, sanzionato nelle forme tipiche della responsabilit contrattuale o, talora, attraverso rimedi che potremmo definire di esecuzione in forma specifica. Tuttavia, qualificando labuso quale sviamento dinteresse sotteso allascrizione del diritto, sorgono delle difficolt nella individuazione delle ipotesi in cui si concretizzi un siffatto sviamento specie in tutte quelle situazioni in cui pi semplicemente si verificano ipotesi di semplice approfittamento, ossia situazioni contingenti che pongono una parte, in punto di fatto, in una posizione di maggiore forza contrattuale, e le consente di imporre allaltro contraente condizioni pi gravose (19). Ad esempio, nellart. 9 L. 18 giugno 1998 n. 192 che, nel disciplinare la sub fornitura nelle attivit produttive, sanziona con la nullit laccordo che realizza un eventuale abuso di dipendenza economia; lart. 7 del D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, che stabilisce, in materia di ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali, la nullit dellaccordo gravemente iniquo in danno del creditore; ancora la L. 6 maggio 2004, n. 129, che disciplina il franching, predisponendo un apparato protettivo a tutela dellaffiliato quale contraente debole. Anche in ambito societario, specie nelle societ di capitali, sono spesso ravvisabili comportamenti abusivi: infatti, lart. 2247 c.c. qualifica la societ quale contratto, in esecuzione del (18) Cass., 11 febbraio 1980, n. 960, in Giust. Civ., 1980, I, 1947, con nota di VIRGILIO. (19) Cfr., F. MACARIO, Abuso di autonomia negoziale e disciplina dei contratti fra imprese: verso una nuova clausola generale?, in Riv. dir. Civ., 2005, I, 663 ss; F.D. BUSNELLI - E. NAVARETTA, Abuso del diritto e responsabilit civile, in Diritto privato, 1997, Padova, 171-174; G. VETTORI, Libert di contratto e disparit di potere, in Riv. dir. Priv., 2005, 743 ss; G. DAMICO, Regole di validit e principio di correttezza nella formazione del contratto, Napoli, 1996, 337 ss. DOTTRINA 395 quale le parti dovranno, come sopra evidenziato, necessariamente comportasi secondo correttezza e buona fede. Basti pensare a tutti quei comportamenti posti in essere dalla maggioranza dei soci (specie nellambito delle societ capitalistiche) (20) al solo scopo di arrecare danno spingendo fuori dalla compagine sociale alcuni soci (si pensi ad una delibera un aumento di capitale adottata al solo scopo di liberarsi di una scomoda minoranza, sapendo che questa non sar in grado di sottoscrivere le azioni di nuova emissione, o ancora una deliberazione assembleare con cui i soci di maggioranza convengono di non distribuire utili puntando allautofinanziamento). La dottrina incerta sulla identificazione dello specifico vizio dal quale in tal caso affetta la deliberazione. Mentre in passato la giurisprudenza aveva spesso fatto ricorso analogico alla figura delleccesso di potere, attinta dal diritto amministrativo, ora, invece, pi correttamente ci si esprime in termini di violazione della buona fede (21): esercitando il diritto di voto, il socio d esecuzione al contratto di societ configurando labuso quale violazione del principio di buona fede (art. 1375 c.c.) (22). Infatti, tutti i contratti devono essere eseguiti secondo buona fede: essendo la societ un contratto, i soci votando in assemblea, danno ad esso esecuzione, e dunque lespressione del voto non pu essere non soggetta al canone di cui allart. 1375 c.c. Altre volte si parlato di invalidit per illiceit del motivo (art. 1345 c.c.) (23). Ad ogni modo, a prescindere da queste ricostruzioni dottrinali, la conseguenza che ne deriva sempre la stessa ossia la deliberazione assembleare annullabile a norma dellart. 2377 c.c. Infatti, sono impugnabili ex art 2377 cod. civ., le delibere che non sono prese in conformit della legge o dellatto costitutivo anche se, resta ad ogni modo escluso ogni sindacato di merito sulla convenienza o sulla opportunit della deliberazione (24). Il giudice pu semplicemente annullare una deliberazione la quale (20) Nellambito delle societ di persone ciascun socio ha, a norma dellart. 2262 c.c. un preciso diritto alla divisione annuale degli utili, ed un diritto alla loro integrale divisione dopo lapprovazione del rendiconto salvo patto contrario. (21) Cass. 26 ottobre 1995, n. 11151 con la quale la Suprema Corte si pronunciata per lannullabilit della deliberazione assembleare di societ di capitali ispirata da un interesse extrasociale della maggioranza. La sentenza muove dalla premessa che, con lesercizio del voto, il socio d esecuzione al contratto di societ, sicch il diritto di voto deve, a norma dellart. 1375, essere esercitato secondo buona fede. Dunque, in questa sentenza il canone della buona fede utilizzato come criterio di valutazione dellesercizio del diritto, atto a distinguere fra uso ed abuso del proprio diritto. (22) Cfr., PREITE, Labuso della regola di maggioranza, Milano, 1993, 222. (23) Cfr., MENGONI, Appunti per una revisione della teoria sul conflitto di interessi nelle deliberazioni di assemblea delle societ per azioni, in Riv. soc., 1956, 460 ss. (24) Cass., 26 ottobre 1995, n. 11151; Cass., 30 ottobre 1970 n. 2263, in Riv. dir. Comm., 1970,II, 398; Cass., 4 marzo 1963, n. 511, in Foro it., 1963, I, 684. Il principio costantemente formulato in questi termini: il giudice deve circoscrivere lindagine entro i limiti del controllo di legittimit, essendogli precluso ogni penetrante esame di merito, come lo stabilire se un atto deliberato sia o meno indispensabile oppure se il medesimo risultato non possa conseguirsi con altro mezzo tecnico diverso da quello prescelto. 396 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2009 non appaia in nessun modo riferibile alle esigenze sociali facendo leva proprio sullabuso commesso dalla maggioranza la quale, utilizzando la posizione di potere della quale gode, ha di fatto conseguito vantaggi esclusivamente ad essa riferibili. Trattasi di un sindacato di legittimit e non di merito: dunque, si discute non della convenienza del provvedimento deliberato, ma della mancanza assoluta dei suoi presupposti e, soprattutto, dellessersi lassemblea servita di esso per scopo estranei alla sua funzione. Assunto il dovere di buona fede ex artt. 1175 e 1375 c.c. come integrativo del contenuto stesso del contratto, la violazione di esso concreta un inadempimento contrattuale, con conseguente applicazione dei rimedi legislativamente previsti per reagire a questultimo (quindi, oltre che 1218 c.c., anche 1453 o 1460 c.c.). Finora dellabuso del voto si parlato con riferimento al solo voto positivo che concorre a formare la deliberazione che si impugna ma, nulla osta alla impugnazione per violazione della buona fede contrattuale anche del voto negativo, che impedisca ladozione della deliberazione (si pensi allabuso perpetrato dal socio detentore del 50% delle azioni che, per esercitare una indebita pressione sullaltro socio o sugli altri soci detentori dellaltro 50%, voti sistematicamente contro lapprovazione del bilancio, limitandosi alla mera espressione del voto negativo, senza lamentare alcuno specifico vizio del bilancio). Dunque, sebbene il legislatore non abbia positivizzato il divieto di abuso del diritto (nonostante un tentativo in tal senso fosse stato fatto nel progetto preliminare del codice civile), trattasi questo di un principio valevole in ogni settore del diritto, che si pone al di sopra degli istituti fungendo da sovrastruttura aggiuntiva rispetto alla disciplina positiva (25). Infatti, il principio del divieto di abuso del diritto ha effettivamente un contenuto precettivo eccedente rispetto alla mera somma dei singoli istituti costitutivi, e tale eccedenza consiste in un potere di etero - integrazione del diritto. Che il divieto dellabuso riesca ad eliminare ogni forma dimmoralit o di arbitrio nei rapporti giuridici privati , ad ogni modo, una illusione che nemmeno i primi commentatori della formulano nutrirono; unillusione che il divieto in questione sia sufficiente a moralizzare il diritto. Tuttavia la formula pu servire, e si rilevata uno strumento duttile e prezioso, almeno l dove arbitrio, anormalit ed offesa al comune sentimento siano un fenomeno non pi individuale ma di un intero gruppo. E significativo che lo stesso pensiero giuridico inglese, cos restio a sondare la malizia del singolo, ritenga senzaltro possibile lindagine quando si tratti di conspiracy, di combinazione di forza che si avvalgono di una libert a danno di altri (26). (25) Cos C. SALVI, Abuso del diritto. I) Diritto civile, in Enciclopedia Giuridica, vol. I, Istituto dellEnciclopedia Italiana, Roma, 1988; in questordine di idee, v. gi A. SCIALOJA, Il non uso abuso del diritto soggettivo?, in Foro italiano, 1961, I, cc. 256-258. (26) Cfr., R. OSULLIVAN, Abuse of rights, Oxford, 1963, 71. Finito di stampare nel mese di ottobre 2009 Servizi Tipografici Carlo Colombo s.r.l. Via Roberto Malatesta n. 296 - Roma