ANNO LXII - N. 2 APRILE-GIUGNO 2010 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO COMITATO SCIENTIFICO: Presidente: Glauco Nori. Componenti: Franco Coppi - Giuseppe Guarino - Natalino Irti - Eugenio Picozza - Franco Getano Scoca. DIRETTORE RESPONSABILE: Giuseppe Fiengo - CONDIRETTORI: Giacomo Arena e Maurizio Borgo. COMITATO DI REDAZIONE: Lorenzo DAscia - Gianni De Bellis - Sergio Fiorentino - Maurizio Fiorilli - Paolo Gentili - Maria Vittoria Lumetti - Antonio Palatiello - Massimo Santoro - Carlo Sica - Stefano Varone. CORRISPONDENTI DELLE AVVOCATURE DISTRETTUALI: Andrea Michele Caridi - Stefano Maria Cerillo - Luigi Gabriele Correnti - Giuseppe Di Gesu - Paolo Grasso - Pierfrancesco La Spina - Maria Vittoria Lumetti - Marco Meloni - Maria Assunta Mercati - Alfonso Mezzotero - Riccardo Montagnoli - Domenico Mutino - Nicola Parri - Adele Quattrone - Pietro Vitullo. SEGRETERIA DI REDAZIONE: Antonella Quirini HANNO COLLABORATO INOLTRE AL PRESENTE FASCICOLO: Giuseppe Albenzio, Clarissa Baragli, Davide Borgni, Pierluigi Di Palma, Pasquale Fava, Margherita Fegatelli, Wally Ferrante, Lucrezia Fiandaca, Biagio Fraudatario, Michele Gerardo, Marco Stigliano Messuti, Gabriella Palmieri, Paola Palmieri, Giancarlo Pampanelli, Vincenzo Rago, Marina Russo, Grazia Sanna, Giuseppe Santoro-Passarelli, Francesco Scittarelli. E-mail: giuseppe.fiengo@avvocaturastato.it - tel. 066829313 maurizio.borgo@avvocaturastato.it - tel. 066829597 antonella.quirini@avvocaturastato.it - tel. 066829205 ABBONAMENTO ANNUO .............................................................................. 40,00 UN NUMERO .............................................................................................. 12,00 Per abbonamenti ed acquisti inviare copia della quietanza di versamento di bonifico bancario o postale a favore della Tesoreria dello Stato specificando codice IBAN: IT 42Q 01000 03245 348 0 10 2368 05, causale di versamento, indirizzo ove effettuare la spedizione, codice fiscale del versante. I destinatari della rivista sono pregati di comunicare eventuali variazioni di indirizzo AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO RASSEGNA - Via dei Portoghesi, 12, 00186 Roma E-mail: rassegna@avvocaturastato.it - Sito www.avvocaturastato.it Stampato in Italia - Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 INDICE - SOMMARIO TEMI ISTITUZIONALI Il rinnovo del Protocollo dintesa tra Avvocatura dello Stato ed Agenzia delle Entrate per il triennio 2010/2013 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Margherita Fegatelli e Davide Borgni, Le Agenzie fiscali in giudizio ed il patrocinio dellAvvocatura dello Stato. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La difesa legale delle Autorit portuali, Circolare A.G.S. n. 11 del 15 febbraio 2010 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Giuseppe Albenzio, La posizione dellItalia sui diritti da riconoscere alle persone inserite nelle black list, relazione tenuta al convegno Diritti fondamentali e politiche dellUE dopo Lisbona, Pescara, 6-7 maggio 2010 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1. - I giudizi in corso alla Corte di giustizia Ue Giuseppe Albenzio, Risorse proprie delle Comunit, causa C-334/08.. . Marina Russo, Concorrenza, causa C-393/08 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Marina Russo, Politica sociale, causa C-396/08 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Wally Ferrante, Libert di stabilimento, causa C-565/08. . . . . . . . . . . . . Wally Ferrante, Libert di stabilimento, causa C-452/09. . . . . . . . . . . . . Wally Ferrante, Spazio di libert, sicurezza e giustizia, causa C-509/09 Wally Ferrante, Politica sociale, causa C-3/10 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Marina Russo, Libera prestazione dei servizi, causa C-32/10 . . . . . . . . . CONTENZIOSO NAZIONALE Gabriella Palmieri, Listituto del matrimonio. Sul riconoscimento ai nubendi dello stesso sesso La materia affidata alla discrezionalit del Parlamento (C. cost., sent.15 aprile 2010 n. 138) . . . . . . . . . . . . . . . . . Francesco Scittarelli, Competenza tra Stato e Regioni in materia di tariffe del servizio idrico integrato (C. cost., sent. 4 febbraio 2010 n. 29) . . . . . Vincenzo Rago, Obblighi di informazione del paziente e responsabilit del medico per omessa informazione (Cass., Sez. III civ., sent. 9 febbraio pag. 1 7 34 37 60 66 75 81 90 106 112 130 135 153 2010 n. 2847; Cass., Sez. III civ., sent. 4 gennaio 2010 n. 13; Cass., Sez. III civ., sent. 30 gennaio 2009 n. 2468; Cass., Sez. Un. Penali, sent. 21 gennaio 2009 n. 2437) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Biagio Fraudatario, Legge n. 210: oscillazioni giurisprudenziali in tema di legittimazione passiva dellente tenuto alla prestazione (Cass., Sez. Lavoro, sent. 19 ottobre 2009 n. 22111) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Michele Gerardo, La demanialit sopravvenuta del lago di Lucrino. Aspetti processuali (vicende del giudicato nel tempo) e sostanziali (requisiti necessari affich le acque interne possano essere considerate pubbliche) connessi allaccertamento della qualit di demanio idrico del lago di Lucrino (C. app. Napoli, Trib. Reg. Acque Pubbliche, sent. 10 febbraio 2010 n. 17) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Clarissa Baragli, I Mobility Scooter quali dispositivi medici sono esonerati dallapplicazione del dazio doganale (Comm. Trib. Prov. La Spezia, Sez. IV, sent. 9 febbraio 2010 n. 66) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Giancarlo Pampanelli, Canoni concessori di alloggi demaniali; concetto di ristrutturazione per laggiornamento del coefficiente di vetust del cespite immobiliare ai sensi dellart. 20 legge n. 392/1978 sullequo canone - AL 28703/09. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Giuseppe Fiengo, Terzo condono edilizio e disciplina degli effetti del ritardato pagamento della rata intermedia di oblazione - AL 20734/09 . . Paola Palmieri, Costituzione di ipoteca su beni archeologici appartenenti a Societ cooperative; necessit dellautorizzazione ministeriale - AL 21135/09 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Marco Stigliano Messuti, Opere pubbliche. Rapporti tra stazione appaltante e Raggruppamento Temporaneo di Imprese: deroghe al principio di immodificabilit soggettiva dei componenti - AL 33638/2009. . . . . . . Lucrezia Fiandaca, Sullindennit di missione ex art. 1 della legge 18 dicembre 1973 n. 836 - AL 32118/2009 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Marina Russo, Titolarit dello ius postulandi per le Casse di previdenza delle forze armate - AL 3121/2010. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pierluigi Di Palma, La difesa in giudizio di un ente pubblico non economico in violazione dellart. 417 bis c.p.c. e dellart. 43 R.D. n. 1611/1933 - AL 21507/07. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 165 217 228 249 257 259 267 273 277 282 286 CONTRIBUTI DI DOTTRINA Pasquale Fava, Limpugnazione degli atti di controllo: gli orientamenti della giurisprudenza e le relative giustificazioni di teoria generale . . . . Adele Quattrone, Lazione collettiva pubblica nel sistema di controllo dellefficienza della Pubblica Amministrazione. Rapporti con le azioni collettive private . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Grazia Sanna, Eros o virus? Sovranit alimentare e diritto dei giudici . RECENSIONI Domenico Mezzacapo, Dirigenza pubblica e tecniche di tutela, Jovene editore, Napoli 2010. Recensione a cura di Giuseppe Santoro-Passarelli pag. 293 327 342 391 T E M I I S T I T U Z I O N A L I La difesa legale delle Agenzie fiscali Comunicato dellAvvocato Generale* Si comunica che in data odierna lAvvocato Generale ed il Direttore dellAgenzia delle Entrate, dott. Befera, hanno sottoscritto il rinnovo del protocollo dintesa tra Avvocatura dello Stato ed Agenzia delle Entrate per il triennio 2010/2013. Si allega testo del protocollo dintesa. PROTOCOLLO DINTESA TRA AVVOCATURA DELLO STATO ED AGENZIA DELLE ENTRATE Considerato che, ai sensi dellart. 72 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, lAgenzia delle Entrate (di seguito denominata anche solo Agenzia) pu avvalersi del patrocinio dellAvvocatura dello Stato (di seguito denominata anche solo Avvocatura) ai sensi dellart. 43 del testo unico approvato con regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611 e che, in base a tale ultima disposizione, lAvvocatura autorizzata ad assumere la rappresentanza e la difesa dellAgenzia, salve le ipotesi di conflitto ed i casi speciali ivi previsti; Vista la delibera n. 7/2010 del 26 aprile 2010 - allegato sub A) al presento atto - con la quale il Comitato di Gestione dellAgenzia ha ritenuto ai sensi del citato art. 43 del R.D. n. 1611 del 1933 di avvalersi del patrocinio dellAvvocatura; Ritenuta lopportunit di disciplinare, sulla base della distinzione dei ruoli e delle competenze e del riconoscimento delle rispettive responsabilit, le modalit di cooperazione tra lAgenzia e lAvvocatura, al fine di assicurare nel modo migliore la piena tutela degli interessi pubblici coinvolti, prevedendo anche forme snelle e semplificate di relazioni, tali da rafforzare lefficienza e lefficacia dellazione amministrativa e lottimale funzionalit delle strutture; Ravvisata, in particolare, lopportunit di prevedere modalit operative volte a garantire un efficiente ed incisivo apporto consultivo dellAvvocatura, nonch lo svolgimento del patroci- (*) Inviato per e-mail da Segreteria Particolare il 13 maggio 2010. 2 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 nio dellAgenzia affidato alla stessa Avvocatura nei giudizi attivi promossi o proseguiti in gradi ulteriori dallAgenzia e nei giudizi passivi instaurati o coltivati da terzi nei confronti della medesima; Tra il Direttore dellAgenzia delle Entrate, Dott. Attilio Befera e lAvvocato Generale dello Stato, Avv. Ignazio Francesco Caramazza si conviene quanto segue. 1. ATTIVITA CONSULTIVA 1.1 Allo scopo di razionalizzare gli interventi, lAgenzia, tramite le competenti Direzioni centrali, provvede a coordinare la proposizione di quesiti e richieste di pareri che involgono questioni interpretative di carattere generale o di particolare rilevanza, evitando linoltro di specifiche richieste tramite proprie strutture periferiche. 1.2 Considerato che lefficacia dellattivit consultiva direttamente correlata alla tempestiva acquisizione dei richiesti pareri, lAvvocatura provvede a corrispondere con tempestivit alle relative richieste, comunque nei termini imposti dai procedimenti amministrativi o, in mancanza, entro 60 giorni dalla richiesta (eventualmente anticipando il parere per posta elettronica o fax), segnalando i casi in cui ci non sia possibile. 1.3 LAgenzia informa lAvvocatura - nella persona del Vice Avvocato Generale delegato ai rapporti con lAgenzia - dei principali orientamenti dalla stessa assunti, in particolare in ordine allinterpretazione di normativa di prima applicazione, al fine di j acquisire eventuali suggerimenti e/o pareri, particolarmente nella prospettiva dei riflessi sulla gestione del relativo contenzioso, potenziale o in atto. 1.4 LAvvocatura, su richiesta dellAgenzia, esprime parere sugli atti di transazione redatti dalle strutture centrali o periferich interessate e, nei limiti della propria disponibilit, assicura lassistenza nel luogo ove si svolge I attivit transattiva. 2. ASSISTENZA E RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO 2.1 Disposizioni generali 2.1.1 Al fine di consentire allAvvocatura il rispetto dei termini di cui appresso, lAgenzia, attraverso le proprie strutture centrali o territoriali, provvede ad investire lAvvocatura delle richieste di patrocinio con il pi ampio margine rispetto alle scadenze, fornendo una completa e documentata relazione in fatto e in diritto, quale necessario supporto per lefficace tutela delle ragioni dellAgenzia. In sede di richiesta verr precisato il nominativo del funzionario incaricato dellistruttoria, con le modalit per la sua immediata reperibilit (telefono, fax, posta elettronica); analogamente lAvvocatura provvede a segnalare alla struttura richiedente dellAgenzia il nominativo dellAvvocato incaricato dellaffare e le medesime modalit di immediata reperibilit (telefono, fax, posta elettronica). Ogni eventuale modifica dei predetti recapiti va tempestivamente comunicata. 2.1.2 Al fine di assicurare nel modo pi sollecito ed efficace lo svolgimento delle rispettive attivit istituzionali, assicurato allAvvocatura laccesso ai dati relativi ai fascicoli di causa delle controversie pendenti presso le Commissioni tributarie. 2.1.3 Ove lAvvocatura ritenga di non convenire, per singole controversie, sulle richieste avanzate dallAgenzia, provvede, se del caso previa acquisizione di elementi istruttori, a darne tempestiva e motivata comunicazione alla struttura richiedente, al fine di pervenire ad una definitiva determinazione. Le divergenze che insorgono tra lAvvocatura e lAgenzia, circa linstaurazione di un giudizio o la resistenza nel medesimo, sono risolte dal Direttore del- TEMI ISTITUZIONALI 3 lAgenzia, ai sensi dellart. 12, secondo comma, della legge 3 aprile 1979, n. 103. 2.1.4 Qualora gli atti introduttivi del giudizio o di un grado di giudizio e qualunque altro atto o documento vengano notificati allAgenzia presso una sede dellAvvocatura, non ancora investita della difesa, sono dalla stessa inviati senza indugio alla competente struttura dellAgenzia, utilizzando gli strumenti in concreto pi rapidi. 2.1.5 LAvvocatura provvede a tenere informata la competente struttura dellAgenzia dei significativi sviluppi delle controversie dalla stessa curate, assicurando, laddove lAgenzia ne faccia motivata richiesta, il tempestivo invio degli atti difensivi propri (in formato editabile onde agevolarne lutilizzo in casi analoghi) e delle controparti, dando comunque pronta comunicazione dellesito del giudizio con la trasmissione di copia della decisione. Ove si tratti di pronuncia sfavorevole allAgenzia suscettibile di gravame, lAvvocatura formula il proprio parere in ordine allimpugnabilit della decisione, di norma contestualmente allinoltro della stessa allAgenzia. Le pronunce che investano questioni di carattere generale sono dall Avvocatura segnalate alla Direzione centrale affari legali e contenzioso o alla diversa Direzione centrale eventualmente interessata. 2.1.6 Per le cause che si svolgono davanti ad autorit giudiziaria avente sede diversa da quella della competente Avvocatura, questultima si avvale per le funzioni procuratorie di funzionari dellAgenzia ai sensi dellart. 2 del R.D. n. 1611 del 1933, salvo diversa preventiva intesa con lAgenzia. In tal caso, lAvvocatura trasmette latto di delega alla competente struttura territoriale dellAgenzia. 2.1.7 Per le notificazioni lAvvocatura si avvale della collaborazione dellAgenzia nei soli casi in cui sia necessario, qualora, ad esempio, sia dubbia lindividuazione del luogo ove effettuarle. In tali casi, se la notifica va eseguita nel capoluogo di regione, lAvvocatura trasmette latto alla Direzione regionale competente, mentre, se la notifica va eseguita fuori del capoluogo di regione, trasmette latto alla Direzione provinciale o alla sua articolazione territoriale del luogo di esecuzione della notifica, sempre che nella citt ove ha sede tale articolazione sia presente lUfficio notificazioni esecuzioni e protesti. Ai fini della notifica, lAvvocatura fa pervenire latto entro tre giorni lavorativi liberi prima della scadenza del termine di impugnazione; si considera non lavorativo anche il sabato. La struttura dell Agenzia invia tramite posta celere latto all Avvocatura subito dopo la notifica. 2.1.8 A richiesta del Direttore dellAgenzia, lAvvocatura pu assumere, ai sensi dellart. 44 del R.D. n. 1611 del 1933, la rappresentanza e la difesa di dipendenti dellAgenzia nei giudizi civili e penali che li interessano per fatti e cause di servizio. 2.1.9 LAvvocatura segnala tempestivamente i casi particolari nei quali non pu assumere il patrocinio potendosi configurare un conflitto di interessi con altra amministrazione. 2.2 Giudizi di lavoro e di opposizione a sanzioni amministrative 2.2.1 LAgenzia sta in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti nelle controversie relative a rapporti di lavoro, come previsto allart. 417-bis, primo comma, c.p.c., nonch nelle controversie davanti al giudice di pace il cui valore non eccede euro 516,46, come previsto allart. 82, primo comma, c.p.c. e in quelle in materia di opposizione a sanzioni amministrative ai sensi dellart. 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689, salvo che per queste ultime intervengano diverse intese a livello locale. LAvvocatura assicura comunque, dintesa con lAgenzia, il patrocinio nelle controversie in cui vengono in rilievo questioni di massima o particolarmente rilevanti in considerazione del valore economico o dei principi di diritto in discussione. 4 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 2.2.2 Le sentenze pronunciate in grado di appello relativamente a controversie di lavoro, notificate presso lAvvocatura distrettuale dello Stato, sono da questultima trasmesse contemporaneamente, oltre che allAvvocatura generale dello Stato, alla struttura dellAgenzia parte del giudizio di appello, unitamente agli atti essenziali di cui lAgenzia stessa non sia in possesso. 2.3 Giudizi davanti alle Commissioni tributarie regionali Davanti alle Commissioni tributarie regionali, anche a seguito di rinvio della Corte di cassazione, dintesa con la competente Direzione regionale, lAvvocatura assicura il patrocinio nelle controversie particolarmente rilevanti in considerazione del valore economico o dei principi di diritto in discussione. 2.4 Ricorsi per cassazione 2.4.1 Le richieste di ricorso per cassazione concernenti giudizi tributari vengono inviate allAvvocatura generale, integrate di tutta la necessaria documentazione, compresi la copia degli scritti difensivi dellAgenzia e della controparte e dei documenti prodotti in giudizio, dalla competente struttura territoriale dellAgenzia, entro: a. trenta giorni dalla notifica della sentenza allAgenzia o allAvvocatura. In caso di notifica presso pi sedi, occorre fare riferimento alla prima notifica ricevuta; b. quattro mesi dalla data di deposito della sentenza non notificata. Tale termine aumentato a dieci mesi per i giudizi instaurati fino al 4 luglio 2009, data di entrata in vigore della legge 18 giugno 2009, n. 69, che ha ridotto il termine lungo di impugnazione da un anno a sei mesi. Ai predetti termini si aggiungono la sospensione feriale di cui allart.1, della legge n. 742 del 1969, nonch altre eventuali sospensioni dei termini, ove applicabili. 2.4.2 LAvvocatura d tempestiva informazione alla Direzione regionale della avvenuta proposizione del ricorso anche attraverso linvio dellistanza di cui allart. 369, terzo comma, c.p.c.. 2.4.3 LAvvocatura, nei casi in cui non condivida la richiesta di ricorso per cassazione, d tempestiva comunicazione del proprio motivato parere negativo alla competente Direzione regionale, tramite posta elettronica o fax e se del caso dandone anticipazione telefonica ai recapiti indicati nella richiesta di ricorso. In ogni caso, tale parere inviato alla Direzione regionale, salvo obiettive circostanze impedienti, almeno dodici giorni prima della scadenza del termine di impugnazione. 2.4.4 La Direzione regionale, qualora non condivida il parere negativo dellAvvocatura, formula alla stessa, entro due giorni utili dalla ricezione di detto parere, le proprie osservazioni e le invia, tramite posta elettronica o fax, unitamente alla completa documentazione relativa alla richiesta di ricorso, anche alla Direzione centrale affari legali e contenzioso. 2.4.5 Qualora lAvvocatura non condivida la reiterata richiesta di proposizione del ricorso di cui al punto precedente, comunica con la necessaria urgenza il proprio definitivo parere direttamente alla Direzione centrale affari legali e contenzioso e alla Direzione regionale competente, mediante posta elettronica o fax. Nel caso in cui la Direzione centrale non condivida il parere dellAvvocatura, per la risoluzione della divergenza si applica il secondo periodo del punto 2.1.3. 2.4.6 In mancanza di formale e tempestiva conferma del parere negativo espresso dallAvvocatura, questultima provvede, in modo da evitare decadenze, alla proposizione del ricorso per cassazione, in attesa delleventuale soluzione della divergenza insorta. TEMI ISTITUZIONALI 5 2.4.7 LAvvocatura si pu avvalere della collaborazione delle strutture dellAgenzia per la richiesta di trasmissione del fascicolo dufficio, ai sensi dellart. 369, terzo comma, c.p.c.. In tal caso, lAvvocatura invia la predetta richiesta alla Direzione regionale competente ovvero, se la sentenza impugnata stata emessa da una sezione staccata della Commissione tributaria regionale, alla Direzione provinciale del luogo in cui ha sede la stessa sezione staccata. 2.4.8 La richiesta di cui al punto precedente, dopo gli adempimenti di rito, immediatamente restituita, tramite posta celere, allAvvocatura. 2.4.9 Nel caso di notifica da parte del contribuente di ricorso per cassazione concernente un giudizio tributario, la Direzione provinciale invia entro venti giorni loriginale notificato del ricorso completo di relata di notifica, la relazione per il controricorso e per leventuale ricorso incidentale, con tutti gli atti di causa (atto impugnato, ricorso, controdeduzioni e ogni altro atto o documento depositato), allAvvocatura generale e, per conoscenza, alla Direzione regionale. Per il computo dei termini si tiene conto della sospensione di cui al punto 2.4.1. La relazione, con i relativi allegati, anticipata allindirizzo di posta elettronica della sezione dellAvvocatura competente per ciascuna Direzione regionale. 2.4.10 LAvvocatura, qualora ritenga che non sia opportuna la proposizione del ricorso incidentale, d tempestiva comunicazione del proprio motivato parere negativo alla competente Direzione regionale, almeno cinque giorni prima della scadenza del termine per la notifica del ricorso incidentale, tramite posta elettronica o fax e se del caso dandone anticipazione telefonica ai recapiti indicati nella richiesta. 2.4.11 Nel caso di parere negativo dellAvvocatura si applicano, per la risoluzione della divergenza, i punti da 2.4.4 a 2.4.6. 2.4.12 Le modalit di cooperazione tra Agenzia e Avvocatura in materia di ricorsi per cassazione di cui al punto 2.4.1 ed ai punti da 2.4.3 a 2.4.11 si applicano, in quanto compatibili, anche alla restante attivit di assistenza e rappresentanza in giudizio. In particolare, le modalit di cooperazione di cui ai punti 2.4.3, 2.4.4 e 2.4.6 si applicano anche alle controversie di lavoro. 2.5 Recupero spese di giudizio LAvvocatura, in quanto distrattaria ex art. 21 del R.D. n. 1611 del 1933, provvede al diretto recupero nei confronti delle controparti delle spese di giudizio, poste a loro carico per effetto di sentenza, ordinanza, rinuncia o transazione. In caso di giudizio conclusosi con esito favorevole per lAgenzia ma con disposta compensazione, totale o parziale, delle spese di giudizio, cos come in caso di transazione dopo sentenza favorevole, trova applicazione il disposto dellart. 21, commi terzo, quarto e quinto del R.D. n. 1611 del 1933, avendo riguardo alla complessit e allimpegno processuale della controversia, sulla base delle tariffe professionali applicabili. In ogni caso, ai fini suddetti, lAgenzia invier allAvvocatura copia autentica della sentenza che conclude il giudizio in sede di rinvio con esito favorevole ad essa. 3. NOTIFICA DEGLI ATTI LAvvocatura presta la propria collaborazione allAgenzia per le notificazioni degli atti diversi da quelli processuali, ove questa non possa provvedervi direttamente. 4. COSTITUZIONE DEL FONDO LAgenzia costituisce presso lAvvocatura generale un congruo fondo, a titolo di anticipazione e salvo rendiconto annuale, per le spese vive da sostenere nei giudizi dei quali parte. Le mo- 6 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 dalit per la gestione contabile del fondo sono concordate tra lAvvocatura generale e la Direzione centrale amministrazione, pianificazione e controllo dellAgenzia. 5. INCONTRI PERIODICI Tra lAvvocatura generale e la Direzione centrale affari legali e contenzioso fissato un calendario di incontri periodici, di regola a cadenza quadrimestrale, per lesame dellevoluzione del contenzioso concernente le pi significative e rilevanti problematiche in discussione, al fine di definire congiuntamente e uniformemente le linee di condotta delle controversie in corso e linteresse alla prosecuzione delle stesse. Negli incontri sono esaminate congiuntamente anche le tematiche di particolare rilevanza generale che possono avere un impatto sulla conduzione e sulla soluzione del contenzioso potenziale o in atto. Analoghi incontri, di regola a cadenza annuale, si svolgono tra le Direzioni regionali dellAgenzia e le Avvocature distrettuali. Per ciascuna sede distrettuale lAvvocatura indica un proprio avvocato con funzioni di referente. 6. DISPOSIZIONE FINALE LAvvocatura e lAgenzia si impegnano a segnalare reciprocamente tutte le difficolt operative eventualmente insorte nella gestione dei rapporti oggetto del presente protocollo, allo scopo di provvedere, nello spirito della pi piena collaborazione, al superamento delle stesse ed eventualmente alla modifica delle modalit di cooperazione. Roma, 13 maggio 2010 Dott. Attilio Befera Avv. Ignazio Francesco Caramazza TEMI ISTITUZIONALI 7 Le Agenzie fiscali in giudizio ed il patrocinio dellAvvocatura dello Stato Margherita Fegatelli e Davide Borgni* SOMMARIO: 1. Listituzione delle Agenzie fiscali quali enti pubblici autonomi e la loro legittimazione processuale. 2. La difesa tecnica in giudizio delle Agenzie fiscali ed il patrocinio dellAvvocatura dello Stato. 3. Le Convenzioni stipulate tra le Agenzie fiscali e lAvvocatura dello Stato. 4. Analisi delle ricadute processuali derivanti dallassunzione da parte dellAvvocatura dello Stato del patrocinio autorizzato delle Agenzie fiscali. 4.1. Linoperativit della regola del foro erariale. 4.2. La notificazione dellatto introduttivo del giudizio. 4.3. La notificazione di ogni altro atto di parte e dei provvedimenti giudiziari. 4.4. La notificazione delle impugnazioni. 4.5. La costituzione di parte civile nel procedimento penale. 4.6. Le spese di lite. 5. Schema riassuntivo. 1. Listituzione delle Agenzie fiscali quali enti pubblici autonomi e la loro legittimazione processuale Dapprima con la L. 29 ottobre 1991, n. 358, e successivamente con il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, si assistito ad una profonda innovazione dellassetto organizzativo dellAmministrazione finanziaria (1). In particolare, il primo dei due interventi legislativi, recante norme per la ristrutturazione del Ministero delle Finanze, perseguiva lobiettivo di realizzare un significativo decentramento amministrativo, in vista del potenziamento delle funzioni svolte dagli Uffici periferici e dei poteri loro attribuiti (2). Invero, individuando i principi ispiratori della riforma, allart. 1, il legislatore ha prescritto che, al fine di assicurare il massimo grado di produttivit dei servizi, la semplificazione e la trasparenza dei rapporti con i contribuenti e la armonizzazione del sistema tributario italiano con quello degli Stati ap- Questo studio stato redatto ed giunto in redazione pochi giorni prima che tra lAvvocatura dello Stato e lAgenzia delle Entrare si stipulasse il nuovo protocollo dintesa. Sulla base di questa avvertenza, resta lutilit del brillante contributo che illustra il quadro generale della dottrina e della giurisprudemza nel quale laccordo delle due istituzioni si muove (ndr). (*) Lo scritto frutto delle riflessioni comuni di Margherita Fegatelli e Davide Borgni, entrambi praticanti avvocati presso lAvvocatura distrettuale dello Stato di Torino. In particolare, Margherita Fegatelli autrice dei paragrafi 2 e 4 e Davide Borgni autore dei paragrafi 1 e 3. (1) Si confrontino, in proposito, F. TESAURO, Manuale del processo tributario, Torino, Giappichelli, 2009, 58-59; ID., Istituzioni di diritto tributario. Parte generale, Torino, Utet, 2005, 121-123; S. LAROSA, Principi di diritto tributario, Torino, Giappichelli, 2004, 108-110; P. RUSSO, Manuale di diritto tributario. Parte generale, Milano, Giuffr, 2002, 151-156. (2) Con riferimento a tale riforma si veda S. LA ROSA, Amministrazione finanziaria e giustizia tributaria, Torino, Giappichelli, 2000, 8. A tal proposito, si legga anche il regolamento di attuazione della L. 29 ottobre 1991, n. 358, contenuto nel D.P.R. 27 marzo 1992, n. 287. 8 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 partenenti alla Comunit Economica Europea, il Ministero delle Finanze sia organizzato sulla base di criteri di unificazione e di coordinamento delle funzioni omogenee o connesse tra loro, di decentramento delle competenze e delle attribuzioni, di flessibilit delle strutture, di autonomia funzionale e di snellimento delle procedure. Per altro verso, il secondo provvedimento normativo menzionato, recante la riforma dellorganizzazione del Governo, a norma dellarticolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, allart. 57, ha previsto listituzione di quattro Agenzie fiscali, e segnatamente dellAgenzia delle Entrate, delle Dogane, del Demanio e del Territorio, cui sono state affidate le funzioni in precedenza esercitate dai Dipartimenti delle Entrate, delle Dogane e del Territorio del Ministero delle Finanze, nonch le funzioni connesse svolte da altri Uffici ministeriali (3). Tali Agenzie sono divenute operative a far data dall1 gennaio 2001, come prescritto allart. 1 del Decreto ministeriale 28 dicembre 2000, n. 1390, contenente disposizioni recanti le modalit di avvio delle Agenzie fiscali e listituzione del ruolo speciale provvisorio del personale dellAmministrazione finanziaria a norma degli articoli 73 e 74 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e si articolano in molteplici Uffici a livello centrale, regionale, provinciale e locale (4). In conseguenza della devoluzione alle Agenzie fiscali delle funzioni proprie del Ministero delle Finanze, lart. 57 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, ha altres trasferito loro i relativi rapporti giuridici, poteri e competenze che vengono esercitate secondo la disciplina dellorganizzazione interna di ciascuna Agenzia(5). A tal riguardo, con esclusivo riferimento allattuazione del sistema tributario, la Circ. 30 luglio 2001, n. 71, della Direzione centrale Normativa e Contenzioso dellAgenzia delle Entrate (6) ha chiarito che a questultima, ai sensi (3) La riforma dellapparato organizzativo dellAmministrazione finanziaria italiana ha, senza dubbio, risentito dellinfluenza tanto del paradigma statunitense dellInternal Revenue Service, rimodellato mediante lInternal Revenue Restructuring and Reform Act del 22 luglio 1998, anche noto come Taxpayer Bill of Rights III, quanto del modello spagnolo dellAgencia Estatal de Administracion Tributaria, istituita con Ley 31/1990, de 27 de diciembre, de Presupuestos Generales del Estado para 1991, successivamente modificata con Ley 18/1991, de 6 de junio, del Impuesto sobre la Renta de las Personas Fsicas. (4) In dettaglio, lAgenzia delle Entrate ripartita in Direzioni centrali, Direzioni regionali, Direzioni provinciali e molteplici Uffici locali, Uffici territoriali e Sportelli; lAgenzia delle Dogane costituita da Direzioni centrali, Direzioni regionali ed Uffici delle Dogane; lAgenzia del Demanio suddivisa in strutture centrali e strutture territoriali; in ultimo, lAgenzia del Territorio composta da Direzioni centrali, Direzioni regionali ed Uffici provinciali. (5) Sul punto, si vedano A. PALATIELLO, Le Agenzie fiscali: natura e patrocinio, in questa Rassegna, 2007, IV, 1-5; M. NESSI e R. TORELLI, Istituzione dellAgenzia delle Entrate e problematiche di natura processuale, in Il fisco, 2002, 3304-3311; nonch C. BERLIRI, Le Agenzie fiscali: conseguenze e problemi in ordine al contenzioso tributario, in Il fisco, 2001, 3841-3844. TEMI ISTITUZIONALI 9 dellart. 62 del D.Lgs. n. 300/1999, sono trasferite le funzioni concernenti le entrate tributarie erariali non assegnate specificatamente ad altre Agenzie (7), con la conseguente titolarit sia delle funzioni pubbliche relative, che dei rapporti giuridici e delle obbligazioni gi di appartenenza del Dipartimento delle Entrate. Decretata listituzione e delimitate le funzioni delle Agenzie fiscali, tuttavia, il legislatore non ha provveduto a definire compiutamente la natura giuridica che ha inteso attribuire loro, n il rapporto in cui esse si collocano rispetto al Ministero (8). Peraltro, non consente di dissipare i dubbi, a tal proposito, lespressa qualificazione delle Agenzie come strutture che [] svolgono attivit a carattere tecnico-operativo di interesse nazionale, in atto esercitate da ministeri ed enti pubblici, le quali operano al servizio delle Amministrazioni pubbliche, comprese anche quelle regionali e locali, secondo il disposto dellart. 8, comma 1, del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300. Ci nondimeno, la prevalente letteratura giunta a riconoscere alle Agenzie il carattere di enti pubblici autonomi, innanzi tutto, in ragione del fatto che loro riconosciuta personalit giuridica di diritto pubblico, come sancito allart. 61, comma 1, del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300. In secondo luogo, si perviene a tale conclusione considerando che le Agenzie godono di ampia autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria, accordata loro dallart. 61, comma 2, dello stesso Decreto. Infine, non deve essere trascurata la circostanza che il Ministero conserva esclusivamente un potere di alta vigilanza, da esplicarsi nelle modalit disciplinate dallart. 60 del citato Decreto, in relazione alle attribuzioni proprie delle Agenzie fiscali, le quali esercitano le funzioni pubbliche loro affidate nel rispetto dei principi di legalit, imparzialit e trasparenza, guidate da criteri di efficienza, economicit ed efficacia, ai sensi dellart. 61, comma 3, del pi volte richiamato Decreto (9). Una parte minoritaria della dottrina, per converso, aveva proposto lin- (6) La Circolare edita in Riv. Dir. Trib., 2001, II, 890-895, con nota di P. RUSSO e G. FRANSONI, La notifica degli atti di parte e delle sentenze a seguito dellistituzione delle Agenzie fiscali, ivi, 895- 903; nonch con commento di C. GLENDI, Legittimazione (attiva e passiva) e difesa in giudizio delle Agenzie fiscali, in Corr. Trib., 2001, 2958-2969. (7) LAgenzia delle Entrate, invero, amministra tutti i tributi statali, con le sole eccezioni dei tributi doganali e delle accise, i quali rientrano nella competenza dellAgenzia delle Dogane, nonch dellimposta ipotecaria, delle tasse ipotecarie e dei tributi speciali catastali, gestiti dallAgenzia del Territorio. (8) Una generica qualificazione delle Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 come Amministrazioni pubbliche, peraltro, si rinviene allart. 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sullordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. (9) Ad eccezione dellAgenzia del Demanio, la quale espressamente qualificata ente pubblico economico dallart. 61, comma 1, del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, come modificato dallart. 1, comma 1, lett. f, del D.Lgs. 3 luglio 2003, n. 173, alle Agenzie fiscali riconosciuta la natura di ente 10 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 quadramento delle Agenzie entro lambito delle Amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo (10), quali i cosiddetti enti-organo. Ci nonostante, tale tesi appare, a tuttoggi, destituita di fondamento, in ragione del fatto che lesistenza di un rapporto organico tra lAmministrazione finanziaria statale e le Agenzie, tale da imputare alluna le attivit compiute dalle altre, stata definitivamente esclusa finanche dalle Sezioni Unite del Supremo Collegio con la pronuncia n. 3116 del 14 febbraio 2006 (11). Invero, mediante tale arresto il Giudice di legittimit ha sancito, in linea con quanto affermato dalla Consulta nelle sentenze n. 72 e 73 dell11 febbraio 2005 (12), che le Agenzie fiscali, dotate di autonomia regolamentare, amministrativa, contabile e finanziaria, costituiscono unorganizzazione creata dallo Stato per lesercizio di proprie funzioni e potest, nel rispetto del principio di concentrazione contenuto nellart. 12, comma 1, lettera g), della Legge di delegazione 15 marzo 1997, n. 59. Il Supremo Collegio ha riconosciuto, nondimeno, che il trasferimento di rapporti giuridici, poteri e competenze gi spettanti al Ministero, disposto dallart. 57 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, mal si concilierebbe con la sussistenza di un rapporto organico tra lAmministrazione statuale e le Agenzie fiscali. Per giunta, emerge con evidenza come il legislatore, attribuendo personalit giuridica di diritto pubblico alle Agenzie, nonch recidendo ogni rappubblico non economico, distinto ed autonomo dalla struttura ministeriale. In tal senso, si vedano P. PAVONE, Lo Stato in giudizio. Enti pubblici ed Avvocatura dello Stato, Milano, Giuffr, 2002, 334- 335; N. A. BRUNO, La legittimazione ad agire e la rappresentanza in giudizio delle Agenzie fiscali, in Rass. Trib., 2002, 1520; P. RUSSO e G. FRANSONI, op. cit., 896-897. Si leggano, sul punto, anche G. TINELLI Le SS.UU. risolvono lenigma sulla legittimazione processuale dellAgenzia delle entrate, in Corr. Trib., 2003, 1980-1981; S. MULEO, Lattivazione delle agenzie fiscali ed i connessi profili in tema di legittimazione ad agire e processuale, in Rass. Trib., 2001, 377-382; S. BUTTUS, Listituzione delle agenzie fiscali: profili e problematiche di natura tributaria, in Riv. Dir. Trib., 2001, I, 871-881; nonch C. BERLIRI, op. cit., 3841-3844. (10) Un tentativo di inquadramento delle Agenzie quali Amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, con la valutazione delle eventuali ricadute, stato prospettato da S. MULEO, op. cit., 388-398. Nello stesso senso, si confronti la relazione per il Comitato Consultivo dellAvvocatura dello Stato del settembre del 2000, pubblicata in questa Rassegna, 2007, IV, 5-11. (11) Si vedano anche, ex plurimis, Cass. civ., sez. unite, 29 ottobre 2007, n. 22642; Cass. civ., sez. I, 12 luglio 2007, n. 15617; Cass. civ., sez. trib., 30 marzo 2007, n. 7882; Cass. civ., sez. I, 26 ottobre 2006, n. 23005; Cass. civ., sez. trib., 12 agosto 2004, n. 15643; nonch Cass. civ., sez. unite, 29 aprile 2003, n. 6633. (12) La Corte Costituzionale, in effetti, con la sentenza n. 72 dell11 febbraio 2005, pur sancendo la riconducibilit alla sfera di competenza statale delle funzioni statali concernenti le entrate tributarie erariali prima attribuite al Dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze ed agli uffici connessi e, in particolare, della cura del fondamentale interesse statale al perseguimento del massimo livello di adempimento degli obblighi fiscali, tuttavia, a ben vedere, ha espressamente limitato lesigenza di imputare al sistema ordinamentale statale gli atti emessi nellesercizio delle medesime funzioni, ai soli fini del conflitto costituzionale di attribuzione tra Regione e Stato. Nello stesso senso, si confrontino Cort. Cost. 1 febbraio 2006, n. 31, nonch Cort. Cost. 11 febbraio 2005, n. 73. TEMI ISTITUZIONALI 11 porto strutturale tra le stesse e lAmministrazione finanziaria, abbia inteso frapporre una netta linea di demarcazione tra le funzioni di indirizzo e controllo, riservate al Ministero dellEconomia e delle Finanze quale declinazione dello Stato-persona (13), e le funzioni operative di gestione ed amministrazione dei tributi, affidate alle Agenzie (14). Unimmediata ricaduta dellattribuzione alle Agenzie fiscali della descritta autonomia consiste nel fatto che viene loro riconosciuta legittimazione processuale, attiva e passiva, nelle controversie concernenti i rapporti giuridici ad esse riferibili (15). La legitimatio ad causam (16) in capo alle Agenzie, daltronde, discende direttamente dal trasferimento alle stesse della titolarit dei rapporti giuridici in precedenza facenti capo al Ministero. Del resto, con esclusivo riferimento al processo fiscale, gli artt. 62 e 63 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, hanno sancito expressis verbis la competenza rispettivamente dellAgenzia delle Entrate e dellAgenzia delle Dogane in ordine al contenzioso relativo ai tributi amministrati. A tal riguardo, si ritiene, peraltro, che in relazione alle liti pendenti al mo- (13) Lart. 56 del D.Lgs. n. 30 luglio 1999, n. 300, attribuisce al Ministero dellEconomia e delle Finanze le seguenti funzioni: a) analisi, indagini e studi sulle politiche fiscali e sulla loro attuazione, ai fini della valutazione dei sistema tributario e delle scelte di settore in sede nazionale, comunitaria e internazionale; b) predisposizione dei relativi atti normativi, di programmazione e di indirizzo e cura dei rapporti interni ed internazionali per il conseguimento degli obiettivi fissati; c) indirizzo, vigilanza e controllo sui risultati di gestione delle Agenzie fiscali, nel rispetto dellautonomia gestionale ad esse attribuita; esercizio dei poteri di coordinamento e vigilanza attribuiti dalla legge su altri enti o organi che comunque esercitano funzioni in settori della fiscalit di competenza dello Stato; d) coordinamento, secondo le modalit previste dal presente decreto e salva la possibilit di definire autonomamente forme di diretta collaborazione tra loro, delle attivit e dei rapporti tra le agenzie fiscali e con gli altri enti e organi di cui alla lettera c); e) coordinamento, monitoraggio e controllo, anche attraverso apposite strutture per lattuazione di strategie di integrazione tra i sistemi del Ministero, delle Agenzie e della Guardia di finanza, del sistema informativo della fiscalit e della rete unitaria di settore; f) comunicazione istituzionale con i contribuenti e con lopinione pubblica per favorire la corretta applicazione della legislazione tributaria; g) amministrazione del personale e delle risorse necessarie allo svolgimento dei compiti del Ministero e allattivit giurisdizionale delle Commissioni tributarie. Sul punto, si guardi C. BERLIRI, op. cit., 3841-3844. (14) In proposito, si confrontino Cons. Stat., sez. IV, 5 aprile 2006, n. 1789; nonch T.A.R. per la Campania, sede di Napoli, 28 ottobre 2005, n. 17844. (15) Si veda, sul punto, S. MULEO, op. cit., 379. (16) La condizione processuale della legitimatio ad causam trova una specifica disciplina allart. 81 c.p.c., ove affermato che fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno pu far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui. Come hanno avuto modo di chiarire la pi accorta dottrina e la migliore giurisprudenza, tale disposizione non sancisce la piena riconducibilit della legittimazione ad agire alla titolarit del diritto sostanziale che si intende far valere in giudizio, bens impone che si possano far valere soltanto quei diritti che si affermano come diritti propr e la cui titolarit passiva si afferma in capo a colui contro il quale si propone la domanda, come si legge in C. MANDRIOLI, Diritto processuale civile I. Nozioni introduttive e disposizioni generali, Torino, Giappichelli, 2004, 54. Sul punto, si confrontino Cass. civ., sez. II, 6 marzo 2008, n. 6132; Cass. civ., sez. II, 5 novembre 2001, n. 13631; nonch Cass. civ., sez. III, 22 novembre 2000, n. 15080. 12 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 mento dellistituzione delle Agenzie, lassunzione da parte di queste ultime delle funzioni in precedenza esercitate dal Ministero abbia determinato una vera e propria successione a titolo particolare tra enti, disciplinata dallart. 111 c.p.c. (17), il quale pu trovare applicazione anche nel processo tributario, a mente del rinvio alle previsioni del codice di rito di cui allart. 1, comma 2, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546. Ad ogni buon conto, in capo alle Agenzie deve essere riconosciuta, altres, la sussistenza della legitimatio ad processum (18), ovvero della capacit di stare in giudizio, compiere e ricevere gli atti processuali, in considerazione del fatto che lart. 68 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, attribuisce la rappresentanza delle Agenzie fiscali al relativo Direttore. Il potere procuratorio di cui gode questultimo, infatti, ricomprende anche la capacit di stare in giudizio per conto dellAgenzia, in tal modo escludendo che lente possa essere rappresentato apud iudicem dal Ministro, quale soggetto apicale dellAmministrazione delle Finanze. Un corollario del riconoscimento alle Agenzie fiscali di unautonoma legittimazione processuale consiste nellinammissibilit di ogni domanda avente ad oggetto rapporti giuridici devoluti a tali enti, qualora rivolta nei confronti del Ministero dellEconomia e delle Finanze, successivamente allentrata in funzione delle Agenzie (19). In ultimo, si consideri che, siccome il potere autoritativo riservato al- (17) Appare, invero, smentita la tesi che avrebbe ricondotto tale fattispecie alla previsione di cui allart. 110 c.p.c., dal momento che, come chiarito in Cass. civ., sez. unite, 29 aprile 2003, n. 6633, il Ministero delle Finanze, pur essendo confluito nel Ministero dellEconomia e delle Finanze, rimane in vita e mantiene funzioni anche in materia di entrate (art. 56 d.lgs. n. 300 del 1999, cit.), mentre lAgenzia delle Entrate destinataria di un trasferimento di rapporti e di attribuzioni, vale a dire di una vicenda traslativa di posizioni attive e passive specificamente determinate (ancorch con ampio riferimento alla suddetta materia), ma non subentra nella universalit dei rapporti facenti capo ad un soggetto non pi esistente. Nello stesso senso, Cass. civ., sez. unite, 5 maggio 2003, n. 6774. Si vedano, in proposito, U. PERRUCCI, La successione delle Agenzie fiscali al Ministero, in Boll. Trib., 2003, 985-986; G. TINELLI, op. cit., 1980-1981; M. NESSI e R. TORELLI, op. cit., 3304-3311; C. BERLIRI, op. cit., 3841; G. FRANSONI e P. RUSSO, op. cit., 895-903; e C. GLENDI, op. cit., 2967-2968. (18) La condizione processuale della legitimatio ad processum disciplinata allart. 75 c.p.c., il quale sancisce che sono capaci di stare in giudizio le persone che hanno il libero esercizio dei diritti che vi si fanno valere. Le persone che non hanno il libero esercizio dei diritti non possono stare in giudizio se non rappresentate, assistite o autorizzate secondo le norme che regolano la loro capacit. Le persone giuridiche stanno in giudizio per mezzo di chi le rappresenta a norma della legge o dello statuto. Le associazioni e i comitati, che non sono persone giuridiche, stanno in giudizio per mezzo delle persone indicate negli artt. 36 e seguenti del codice civile. (19) In questo senso, si vedano Trib. Belluno, 22 ottobre 2002, in Giur. Merito, 2003, 777; nonch T.A.R. per il Veneto, sez. I, 2 maggio 2001, n. 1095, che ha dichiarato inammissibile il ricorso giurisdizionale, in quanto il provvedimento impugnato era stato emesso dallAgenzia delle Entrate Ufficio di Verona Due, ossia da un soggetto diverso da quello il Ministero delle Finanze che stato materialmente evocato in giudizio e che, ai sensi e per gli effetti dellart. 61 del D.L.vo 30 luglio 1999 n. 300, ha personalit giuridica e legittimazione processuale distinte rispetto a quelle proprie del Ministero delle Finanze medesimo. TEMI ISTITUZIONALI 13 lAgenzia viene esercitato dalle sue singole articolazioni periferiche, nel rito tributario la capacit di stare in giudizio viene riconosciuta agli Uffici locali. Invero, anche il riferimento operato dallart. 10 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, allUfficio del Ministero delle Finanze, quale parte resistente nel giudizio tributario, deve essere correttamente inteso come rivolto nei confronti dellUfficio dellAgenzia fiscale che ha adottato latto impugnato o non ha emanato latto richiesto. Tale assunto trova conferma nel disposto dellart. 20, comma 1, del D.P.R. 26 marzo 2001, n. 107, ai sensi del quale tutti i riferimenti ad uffici ed organi del Segretariato generale, della Direzione generale degli affari generali e del personale e dei Dipartimenti contenuti in norme legislative e regolamentari si intendono effettuati nei confronti rispettivamente degli uffici ed organi del dipartimento e in base ai propri regolamenti di amministrazione delle competenti Agenzie(20). Pertanto, legittimato passivo dinanzi alle Commissioni tributarie, provinciali e regionali, lUfficio periferico che esercita il potere impositivo, rappresentato dal Direttore avente funzioni dirigenziali, che per la gestione e per ladempimento dei compiti demandatigli pu delegare i suoi diretti collaboratori (21). In tal senso, si sono pronunciate le Sezioni Unite della Suprema Corte di cassazione (22), le quali, proprio in considerazione della natura impugnatoria del processo tributario, hanno riconosciuto la legittimazione processuale agli Uffici periferici delle Agenzie anche davanti alla Corte di cassazione, modificando lorientamento fino a quel momento prevalente (23) il quale limitava ai giudizi avanti alle Commissioni tributarie lambito applicativo della disci- (20) A tal riguardo, si vedano S. MULEO, op. cit., 381; C. BERLIRI, op. cit., 3841-3844; R. LUNELLI e A. MISSONI, La riforma dellAmministrazione finanziaria secondo il modello per Agenzie: riflessi sui rapporti processuali con i contribuenti, in Il fisco, 2001, 7694-7698; nonch, N. A. BRUNO, op. cit., 1525. (21) Cos, Cass. civ., sez. trib., 8 febbraio 2008, n. 3058; nonch Comm. trib. reg. dellEmilia Romagna, sez. IV, 12 luglio 2005, n. 79, in Giur. Merito, 2005, 2239. In questo senso, si confronti la Circ. 30 luglio 2001, n. 71, dellAgenzia delle Entrate, ove si legge che la qualit di parte nel giudizio in materia tributaria compete allUfficio locale dellAgenzia, con titolarit a ricevere le notifiche di ogni atto processuale e, in particolare, [...] dei ricorsi avanti la Corte di cassazione, tranne i casi in cui sia gi intervenuta, lassunzione della difesa da parte [...] dellAvvocatura dello Stato. (22) In tal senso, si guardino Cass. civ., sez. unite, 29 ottobre 2007, n. 22641; Cass. civ., sez. unite, 14 febbraio 2006, n. 3116, con nota di L. ROSA, Svolta nelle Sezioni Unite: valida la notifica della sentenza di appello e del ricorso in Cassazione sia presso lAgenzia delle entrate centrale che periferica, in Boll. Trib., 2006, 873-876; Cass. civ., sez. trib., 25 ottobre 2006, n. 22889; nonch Cass. civ., sez. trib., 10 marzo 2008, n. 6338, in cui stato specificato che in tema di contenzioso tributario, la legittimazione processuale degli Uffici locali dellAgenzia delle entrate trova fondamento nella norma statutaria (art. 5, comma 1, del Regolamento di amministrazione delle Agenzie) adottata ai sensi dellart. 66 d.lg. n. 300 del 1999. (23) Si vedano, ad esempio, Cass. Civ., sez. trib., 12 agosto 2004, n. 15674; Cass. Civ., sez. trib., 21 giugno 2004, n. 11551; nonch Cass. Civ., sez. trib., 15 novembre 2002, n. 16122, con nota di P. CENTORE, Notifica del ricorso per Cassazione agli uffici periferici dellAgenzia delle entrate e sanatoria del vizio, in GT, 2003, 773-776. 14 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 plina speciale prevista agli artt. 10 e 11 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, attributivi della legittimazione processuale agli Uffici locali delle Agenzie fiscali (24). Analogamente, un pi recente orientamento giurisprudenziale tende ad attribuire agli Uffici periferici delle Agenzie fiscali la capacit di stare in giudizio in via concorrente rispetto allUfficio centrale, anche nelle controversie pendenti dinanzi alle altre giurisdizioni (25). La giurisprudenza, in proposito, pur non essendo sempre stata concorde nel riconoscere legittimazione processuale agli Uffici periferici delle Agenzie, ha da ultimo aderito alla tesi secondo la quale, sebbene difettino di personalit giuridica autonoma, le articolazioni periferiche delle Agenzie godono della capacit di stare in giudizio in modo concorrente ed alternativo rispetto al relativo Ufficio centrale, affermando che parte necessaria del giudizio debba, in ogni caso, essere lautorit che ha emesso il provvedimento impugnato, o non ha emesso latto richiesto (26). In particolare, la Suprema Corte ha stabilito al riguardo che lattribuzione agli Uffici periferici dellAgenzia della capacit di stare in giudizio spettante in base al D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 10 e 11, agli Uffici finanziari che avevano emesso latto, comporta il conferimento ai medesimi Uffici periferici della capacit di stare in giudizio, in via concorrente ed alternativa al Direttore, secondo un modello simile alla preposizione institoria disciplinata dagli artt. 2203 e 2204 c.c. configurandosi detti Uffici, quali organi dellAgenzia che, al pari del Direttore, ne hanno la rappresentanza ai sensi e agli effetti dellart. 163 c.p.c., comma 2, n. 2, e degli artt. 144 e 145 c.p.c. (27). Peraltro, il Supremo Collegio giunto ad attribuire portata generale a tale ricostruzione del rapporto tra Agenzia ed Ufficio periferico, ricondotta entro lalveo della procura institoria, disciplinata agli artt. 2203 e 2204 c.c., con conseguente imputabilit allente preponente dellattivit posta in essere da ogni (24) Il riconoscimento della legittimazione processuale in capo agli Uffici locali ha trovato unultima recente conferma nella previsione dellart. 3, comma 1, lett. c, del D.L. 25 marzo 2010, n. 40, allo stato non ancora convertito in legge, che ha abrogato lart. 52, comma 2, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, a mente del quale gli Uffici periferici del Dipartimento delle entrate devono essere previamente autorizzati alla proposizione dellappello principale dal responsabile del servizio del contenzioso della competente Direzione regionale delle entrate; gli Uffici del territorio devono essere previamente autorizzati alla proposizione dellappello principale dal responsabile del servizio del contenzioso della competente direzione compartimentale del territorio. Il legislatore ha, in tal modo, riconosciuto agli uffici territoriali delle Agenzie fiscali unautonoma legittimazione anche ai fini della proposizione dellappello. (25) Si vedano, a tal proposito, Cass. civ., sez. III, 9 aprile 2009, n. 8703; Cass. civ., sez. trib., 8 febbraio 2008, n. 3058; Cort. Cont., sez. giur. per la Regione Liguria, 1 giugno 2007, n. 463. (26) Nel recente passato, non sono mancate pronunce di segno opposto, quali T.A.R. per il Lazio, sede di Latina, 6 novembre 2006, n. 1541; Cass. civ., sez. trib., 30 gennaio 2006, n. 1973; Cass. civ., sez. trib., 3 settembre 2004, n. 17844; Cass. civ., sez. trib., 21 giugno 2004, n. 11551. (27) Cos, testualmente, Cass. civ., sez. III, 9 aprile 2009, n. 8703. Si confronti Cass. civ., sez. unite, 14 febbraio 2006, n. 3116. TEMI ISTITUZIONALI 15 sua articolazione, rimarcando che essa impone di riconoscere, secondo le regole stabilite in via generale dal codice di procedura civile, allUfficio periferico la legittimazione processuale attiva e passiva, concorrente con quella dellente anche nel processo innanzi al giudice ordinario, per i rapporti sorti dagli atti compiuti da detto periferico (28). Infine, la soluzione delineata stata, altres, accolta nella giurisprudenza della Corte dei conti, apparendo, per utilizzare le stesse parole del Giudice contabile, quella che meglio garantisce leffettivit del contraddittorio processuale anche nei confronti dellAmministrazione, con possibilit per la stessa di una pi efficace difesa (29). 2. La difesa tecnica in giudizio delle Agenzie fiscali ed il patrocinio dellAvvocatura dello Stato Il patrocinio dellAvvocatura dello Stato, innanzi tutto, pu assumere le due differenti forme del patrocinio obbligatorio, ove lattivit di rappresentanza in giudizio sia resa in favore delle Amministrazioni dello Stato, anche se organizzate ad ordinamento autonomo, secondo il disposto dellart. 1 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, e del patrocinio autorizzato, qualora lattivit defensionale sia svolta nei confronti di altre Amministrazioni pubbliche non statali ed enti sovvenzionati, sottoposti alla tutela od alla mera vigilanza dello Stato, i quali godano della facolt, riconosciuta da una legge o da un regolamento (30), di giovarsi del patrocinio dellAvvocatura erariale e si siano avvalsi di tale possibilit mediante la stipulazione di un accordo con lOrgano legale (31). Si consideri, nondimeno, che mediante lart. 11 della L. 3 aprile 1979, n. 103, il legislatore aveva inteso eliminare ogni ipotesi, allepoca esistente, di (28) Nuovamente, Cass. civ., sez. III, 9 aprile 2009, n. 8703. (29) Si veda, ex multis, Cort. Cont., sez. giur. per la Regione Liguria, 1 giugno 2007, n. 463. (30) Tali provvedimenti, in forza dellart. 43, comma 2, del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, debbono essere promossi di concerto coi Ministri per la Grazia e Giustizia e per le Finanze. (31) Si confrontino U. PERUCCI, Facoltativa, autorizzata o istituzionale la difesa pubblica delle Agenzie fiscali, in Boll. Trib., 2006, 476-477; nonch L. MAZZELLA, Il patrocinio autorizzato dellAvvocatura dello Stato, in questa Rassegna, 1999, II, 98-99. Si vedano, inoltre, ex plurimis, T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, sez. III, 6 maggio 2009, n. 4640, in merito alla rappresentanza e difesa in giudizio delle Autorit portuali, con nota di M. V. LUMETTI e A. MEZZOTERO, Il patrocinio erariale autorizzato: organico, esclusivo e non presuppone alcuna istanza dellente allAvvocatura dello Stato. Il caso delle Autorit portuali in alcune recenti contrastanti decisioni del Giudice amministrativo, in questa Rassegna, 2009, II, 1-68; nonch, Cass. civ., sez. lav., 29 luglio 2008, n. 20582 e Cass. civ., sez. unite, 10 maggio 2006, n. 10700, con riferimento alle Universit degli Studi, le quali, in forza della L. 9 maggio 1989, n. 168, sono divenute enti pubblici autonomi, con la conseguente inapplicabilit nei loro confronti del regime del patrocinio obbligatorio dellAvvocatura dello Stato, essendo, per contro, espressamente previsto allart. 56 del R.D. 31 agosto 1933, n. 1592, che esse godano di una forma di patrocinio autorizzato. 16 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 patrocinio facoltativo. La novella del 1979, infatti, perseguiva lobiettivo di creare ununica forma di patrocinio dellAvvocatura dello Stato esclusivo ed organico, negando la possibilit allente di esprimere una valutazione discrezionale, con riferimento ad ogni singola controversia, in ordine allopportunit di ricorrere alla difesa erariale (32) . Ad ogni buon conto, allatto dellistituzione delle Agenzie fiscali stato accordato in favore di queste ultime un regime di patrocinio dellAvvocatura dello Stato a carattere non obbligatorio. Invero, nel disciplinare la rappresentanza in giudizio delle Agenzie, lart. 72 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, ha previsto che esse possano avvalersi del patrocinio dellAvvocatura dello Stato, ai sensi dellarticolo 43 del testo unico approvato con regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, e successive modificazioni (33). Lart. 43 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, in particolare, nel testo riformato dallart. 11 della L. 3 aprile 1979, n. 103, sancisce che lAvvocatura dello Stato possa assumere la rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi e passivi avanti le Autorit giudiziarie, i Collegi arbitrali, le giurisdizioni amministrative e speciali, di Amministrazioni pubbliche non statali ed enti sovvenzionati, sottoposti a tutela od anche a sola vigilanza dello Stato, sempre che sia autorizzata da disposizione di legge, di regolamento o di altro provvedimento approvato con regio decreto. [] Qualora sia intervenuta lautorizzazione, di cui al primo comma, la rappresentanza e la difesa nei giudizi indicati nello stesso comma sono assunte dalla Avvocatura dello Stato in via organica ed esclusiva, eccettuati i casi di conflitto di interessi con lo Stato o con le Regioni . A ben vedere, tanto il tenore letterale dellart. 72 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, che fa ricorso al verbo potere, quanto lespresso richiamo, ivi contenuto, allart. 43 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, costituiscono indubbi indici del fatto che il legislatore abbia inteso attribuire alle Agenzie la mera facolt di avvalersi del patrocinio dellAvvocatura erariale (34). Tuttavia, la forma di patrocinio delineata in favore delle Agenzie fiscali devessere qualificata come ipotesi di patrocinio autorizzato, apparendo destituita di fondamento, a seguito dellentrata in vigore della L. 3 aprile 1979, n. 103, la tradizionale distinzione che contrapponeva patrocinio obbligatorio e patrocinio facoltativo e dovendosi pi opportunamente discorrere, con rife- (32) Si veda, sul punto, P. PAVONE, op. cit., 244-252. (33) Alla stessa stregua, allart. 20, comma 3, del D.P.R. 26 marzo 2001, n. 107, si legge che alle Agenzie si applica, in materia di patrocinio dellAvvocatura dello Stato, il dettato dellarticolo 43, del Regio Decreto 30 ottobre 1933, n. 1611. (34) In questo senso, il Supremo Collegio ha affermato che le Agenzie godono della mera facolt di avvalersi del patrocinio erariale, in particolare, con le pronunce, ex plurimis, Cass. civ., sez. I, 12 luglio 2007, n. 15617; Cass. civ., sez. trib., 21 giugno 2004, n. 11551; nonch Cass. civ., sez. trib., 15 novembre 2002, n. 16122. TEMI ISTITUZIONALI 17 rimento a questa seconda ipotesi, di patrocinio autorizzato (35). Daltronde, attesa la natura delle Agenzie fiscali quali enti pubblici autonomi, non avrebbe potuto essere loro correttamente riferita la disciplina del patrocinio obbligatorio, contenuta nellart. 1 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, il quale prescrive che spettino allAvvocatura dello Stato la rappresentanza, il patrocinio e lassistenza in giudizio delle Amministrazioni dello Stato, anche se organizzate ad ordinamento autonomo (36). Desta particolare interesse, per contro, la circostanza che lart. 72 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, richiami apertis verbis lart. 43 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, relativo alle Amministrazioni pubbliche non statali ed enti sovvenzionati, sottoposti a tutela od anche a sola vigilanza dello Stato, e non gi gli artt. 1 e 11 dello stesso Decreto, in tal modo confermando, a fortiori, la qualificazione delle Agenzie fiscali come enti pubblici autonomi e non quali Amministrazioni statali ad ordinamento autonomo (37). Occorre, inoltre, rimarcare il fatto che anche il patrocinio di cui allart. 43 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, a seguito della novella del 1979, assuma carattere organico ed esclusivo, una volta intervenute, da un lato, la norma di autorizzazione per lente non appartenente allAmministrazione dello Stato, nella specie lart. 72 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, dallaltro, lespressa regolamentazione dei rapporti tra lOrgano legale e lente medesimo, quali le convenzioni stipulate tra le Agenzie fiscali e lAvvocatura dello Stato. Pertanto, dal momento in cui lAvvocatura erariale assume il patrocinio delle Agenzie, non occorrono ulteriori investiture per le singole controversie, divenendo necessario, allopposto, il ricorso a particolari formalit al fine dellesclusione di tale rappresentanza e dellaffidamento della difesa a professionisti del libero foro (38). (35) Nello stesso senso, M. V. LUMETTI e A. MEZZOTERO, op. cit., 36-43. Non appaiono, pertanto, condivisibili alcuni recenti arresti giurisprudenziali, quali Cass. civ., sez. trib., 8 febbraio 2008, n. 3058, e Cass. civ., sez. trib., 26 novembre 2007, n. 24547, con i quali la Suprema Corte ha qualificato il patrocinio dellAvvocatura dello Stato nei confronti delle Agenzie fiscali come facoltativo. Si confronti, inoltre, P. RUSSO e G. FRANSONI, op. cit., 900. (36) Si deve precisare, al riguardo, che la non applicabilit del regime del patrocinio obbligatorio di cui allart. 1 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, non deriva da alcuna deroga in tal senso, non ricadendo le Agenzie fiscali tra le Amministrazioni dello Stato assistite obbligatoriamente in giudizio dallAvvocatura erariale, come invece sostenuto da N. A. BRUNO, op. cit., 1526. Si confronti, Cass. civ., sez. I, 26 ottobre 2006, n. 23005, ove stato espressamente sancito che, non facendo parte lAgenzia [del Demanio] dellAmministrazione dello Stato, il suo patrocinio da parte dellAvvocatura erariale ha, coerentemente, carattere facoltativo; nonch Cass. civ., sez. trib., 13 maggio 2003, n. 7344. (37) In questo senso, ex multis, Cass. civ., sez. trib., 13 settembre 2004, n. 18394. Sotto altro profilo, per A. M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, Jovene, 1989, 195, la circostanza che lAvvocatura dello Stato possa assumerne la difesa vale a qualificare un ente come pubblico. (38) A tal riguardo, si confrontino P. RUSSO e G. FRANSONI, op. cit., 901; nonch M. V. LUMETTI e A. MEZZOTERO, op. cit., 16. In questo senso, T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, sez. III, 16 novembre 2006, n. 12512; Cons. Stat., sez. IV, 28 dicembre 2000, n. 6997; Cass. civ., sez. unite, 21 luglio 1999, n. 484; nonch Cass. civ., sez. unite, 16 ottobre 1989, n. 4145. 18 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 Come evidenziato dalla giurisprudenza, infatti, lenunciazione normativa di cui allart. 43 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, e le norme successive di carattere autorizzatorio che completano il meccanismo dellavvalimento, in via organica ed esclusiva, del patrocinio dellAvvocatura, contengono [], al contempo, una facolt aggiuntiva che consente allente di avvalersi, senza impegno di risorse economiche, di una difesa qualificata, ed una limitazione pubblicista della capacit negoziale che invece interdice, allente stesso, il conferimento di mandati ad litem aggiuntivi rispetto a quello, ope legis, assicurato dallAvvocatura dello Stato (39). Il carattere esclusivo della difesa dellAvvocatura non rimane, pertanto, privo di effetti sulla sorte di uneventuale procura ad litem che conferisse lincarico difensivo ad un professionista del libero foro, anche in funzione di mero affiancamento alla difesa erariale, qualora non sussista unipotesi di conflitto di interessi con lo Stato, o con le Regioni difese dallAvvocatura, ovvero non si versi in altro caso speciale (40). In particolare, ne deriverebbero ricadute invalidanti da qualificarsi in termini di nullit, con conseguente difetto del ius postulandi, in modo del tutto analogo a quanto accade con riferimento allipotesi dellimmotivata o irregolare rinuncia al patrocinio obbligatorio (41). Per altro verso, in linea con la scelta di attribuire alle Agenzie fiscali il patrocinio autorizzato dellAvvocatura dello Stato, si colloca la disciplina che regola eventuali ipotesi di conflitto, espressamente contemplate dallart. 43, comma 3, del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, tra Amministrazioni statali ed enti pubblici che godano del patrocinio dellOrgano legale. Invero, nelle circostanze di conflitto degli interessi rappresentati dalle diverse parti pubbliche, lAvvocatura chiamata a mantenere la difesa dellAmministrazione cui riferito il patrocinio obbligatorio, mentre gli enti che si avvalgono, previa autorizzazione, della difesa tecnica erariale debbono essere rappresentati e difesi da avvocati del libero foro. In effetti, la circostanza che alle Agenzie sia concessa la facolt di avvalersi del patrocinio dellAvvocatura dello Stato e che la forma di patrocinio loro attribuita permetta alle medesime di essere rappresentate in giudizio da professionisti privati consente di risolvere eventuali problemi di coordinamento che vengano a crearsi qualora lAvvocatura non possa sostenere in giudizio le posizioni confliggenti dei due enti. (39) Cos, testualmente, T.A.R. per la Calabria, sede di Reggio Calabria, sez. I, 25 marzo 2009, n. 190. (40) A tal fine occorre, per, una motivata deliberazione dellente in ordine alla specialit del caso e la conseguente sottoposizione della delibera al relativo organo di vigilanza, ai sensi di quanto previsto dallart. 43, comma 4, del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611. Si vedano, sul punto, M. V. LUMETTI e A. MEZZOTERO, op. cit., 20-23. (41) In questo senso, Cass. civ., sez. unite, 16 ottobre 1989, n. 4145; nonch Cass. civ., sez. unite, 5 luglio 1983, n. 4512. Pi diffusamente, sul punto, si legga P. PAVONE, op. cit., 252-253. TEMI ISTITUZIONALI 19 Rispetto alla descritta disciplina di carattere generale il contenzioso tributario prevede, dal canto suo, unapposita deroga regolata dal combinato disposto degli artt. 10, 11, comma 2, e 12, commi 1 e 4, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546. Nel processo tributario, infatti, lo ius postulandi spetta al Direttore con funzioni dirigenziali, ovvero ai funzionari a tal uopo delegati, degli Uffici locali dotati di legittimazione processuale. Invero, dal momento che lart. 12, comma 1, dispone che le parti, diverse dallUfficio del Ministero delle finanze o dellente locale nei cui confronti stato proposto il ricorso, devono essere assistite in giudizio da un difensore abilitato, emerge con evidenza che per le Agenzie fiscali, subentrate agli Uffici del Ministero delle Finanze (42), non occorra il patrocinio di un difensore abilitato (43). Nello stesso senso, lart. 37, comma 4, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 545, dispone che gli Uffici periferici esercitino lattivit di rappresentanza e difesa dellAmministrazione nelle controversie dinanzi alle Commissioni tributarie e coordinino con gli Uffici competenti dellAvvocatura dello Stato le iniziative dirette a facilitare lassistenza consultiva e il patrocinio in giudizio da parte della stessa. Inoltre, lart. 12, comma 4, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, sancisce che lUfficio del Ministero delle finanze, nel giudizio di secondo grado, possa essere assistito dallAvvocatura dello Stato (44). In proposito, dottrina e giurisprudenza maggioritarie hanno ritenuto che la difesa erariale abbia la facolt di assumere la rappresentanza e la difesa in giudizio delle Agenzie fiscali soltanto, in via eventuale, dinanzi alle Commissioni tributarie regionali (45). La lettura offerta condurrebbe, dunque, ad escludere la presenza dellAvvocatura nel giudizio dinanzi alle Commissioni tributarie provinciali (46). Sul punto, tuttavia, anche alla luce del dato letterale, il quale si riferisce unicamente allattivit del consulere svolta dAvvocatura in grado dappello, prospettabile una differente interpretazione della disposizione dellart. 12, comma 4, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, secondo la quale lAvvocatura dello Stato possa essere chiamata a svolgere davanti alle Commissioni tributarie (42) Anche in questo caso, in virt dellart. 20, comma 1, del D.P.R. 26 marzo 2001, n. 107, tale disposizione va intesa con riferimento agli Uffici delle Agenzie fiscali cui sono state trasferite le funzioni precedentemente assegnate agli Uffici del Ministero delle Finanze. (43) Si vedano, in materia, C. BERLIRI, op. cit., 3841-3844; nonch, B. LO GIUDICE, Agenzia delle Entrate. Notifica delle sentenze di secondo grado e legittimazione processuale nel giudizio per cassazione, in Il fisco, 2001, 11768-11771. (44) Anche con riguardo a tale disposizione, la locuzione lUfficio del Ministero delle Finanze, successivamente allentrata in vigore del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, da intendersi riferita allUfficio dellAgenzia fiscale. (45) Si confronti, sul punto, F. TESAURO, Manuale del processo tributario, cit., 59-60. (46) In questo senso, M. NESSI e R. TORELLI, op. cit., 3304-3311; nonch, R. LUNELLI e A. MISSONI op. cit., 7694-7698. In giurisprudenza, si vedano Cass. civ., sez. trib., 6 settembre 2004, n. 17936; Cass. civ., sez. trib., 3 aprile 2001, n. 488; Cass. civ., sez. I, 6 febbraio 2001, n. 1674. 20 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 regionali solamente unattivit di mera assistenza nei confronti delle Agenzie, senza assumerne il patrocinio. Farebbero propendere per tale soluzione, daltronde, anche i protocolli dintesa sottoscritti dalle stesse Agenzie e dallOrgano legale, nei quali si legge che avanti alle Commissioni tributarie regionali, anche a seguito di rinvio della Corte di Cassazione, lAvvocatura presta, dintesa con la competente Direzione regionale, alle strutture dellAgenzia lassistenza nelle controversie particolarmente rilevanti in considerazione dellammontare della pretesa fiscale e/o del principio di diritto in discussione (47). Nel giudizio fiscale di ultima istanza, invece, il patrocinio delle Agenzie va soggetto alle regole ordinarie, cos come previsto dallart. 62, comma 2, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, con la possibilit per le Agenzie di essere rappresentate in giudizio dallAvvocatura dello Stato (48), anche in ragione del fatto che lultimo grado del rito tributario dinanzi alla Suprema Corte presenta natura di giudizio ordinario (49). Interrogandosi, poi, circa le ragioni che hanno determinato il legislatore ad attribuire alle Agenzie fiscali la facolt di avvalersi del patrocinio autorizzato dellAvvocatura dello Stato, si deve ritenere che queste si rinvengano tanto nellesigenza del contenimento dei costi per la difesa e la rappresentanza in giudizio, quanto nella necessit di garantire una difesa qualificata. I motivi per cui il patrocinio dellAvvocatura stato esteso ad enti pubblici diversi dalle Amministrazioni statali, peraltro, sono molteplici ed includono lo stretto legame tra lo Stato e lente pubblico interessato, la necessit che i fini pubblici dellente siano perseguiti da un organo legale in grado di tutelare lo Stato nella sua unitariet, nonch lopportunit che ad assumere la difesa in giudizio sia, in ogni occasione, lo stesso rappresentante, onde facilitare una difesa uniforme e coordinata e finanche deflazionare il contenzioso (50). Sullopposto versante, la scelta compiuta dal legislatore di attribuire il potere di rappresentanza nei gradi di merito del processo tributario agli stessi Uffici delle Agenzie , senza dubbio, determinata dagli aspetti di elevata tecnicit che caratterizzano la lite fiscale, cui possono meglio far fronte quei soggetti che esercitano in prima persona il potere impositivo. (47) Si veda il protocollo dintesa tra Avvocatura dello Stato ed Agenzia delle Entrate del 20 giugno 2007. (48) Si vedano B. LO GIUDICE, op. cit., 11768-11771, e R. LUNELLI e A. MISSONI, op. cit., 7694- 7698. (49) In questo senso, la consolidata giurisprudenza del Supremo Collegio afferma la natura di rito ordinario dellultimo grado della lite tributaria, che si svolge dinanzi alla Corte di Cassazione. Si confronti, in proposito, ex multis, Cass. civ. sez. unite, 14 febbraio 2006, n. 3116. (50) Si vedano, in proposito, P. PAVONE, op. cit., 240-243, nonch M. V. LUMETTI e A. MEZZOTERO, op. cit., 16. Sul punto, Cass. civ., sez. unite, 16 ottobre 1989, n. 4145; Cass. civ., sez. lav., 7 marzo 1983, n. 1673; Cass. civ., sez. unite, 24 febbraio 1975, n. 700. TEMI ISTITUZIONALI 21 La facolt concessa agli Uffici delle Agenzie fiscali di rappresentare in giudizio lente di appartenenza dinanzi alle Commissioni tributarie, daltro canto, rappresenta la pi importante eccezione alla regola che impone la necessit della difesa tecnica delle Amministrazioni pubbliche in giudizio. Tale principio, tuttavia, incontra ulteriori limitazioni, in ragione di questioni connesse a profili attinenti alla vicinitas rispetto al rapporto controverso, ovvero allelevata specificit della lite. questo il caso dellart. 3 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, il quale contiene una vera e propria deroga di portata generale alla difesa dellAvvocatura dello Stato, applicabile ai giudizi dinanzi ai Tribunali ordinari ed ai Giudici di pace (51) e meramente subordinata ad un preventivo accordo con lOrgano legale. In tali casi, anche le comunicazioni e le notificazioni debbono essere effettuate presso il funzionario delegato, non operando le ordinarie disposizioni riguardanti la domiciliazione delle Amministrazioni presso lAvvocatura dello Stato (52). Segue un principio analogo la deroga alla difesa tecnica dellAvvocatura dello Stato stabilita dallart. 417 bis c.p.c., in virt del quale, in materia di controversie relative al pubblico impiego, le Amministrazioni pubbliche stanno in giudizio in primo grado avvalendosi dei propri dipendenti, salvo che si ritenga opportuno incaricare lAvvocatura erariale della trattazione della causa. Nondimeno, anche lart. 23, comma 4, della L. 24 novembre 1981, n. 689, con riferimento al giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione, dispone che lopponente e lautorit che ha emesso lordinanza possono stare in giudizio personalmente e che lautorit che ha emesso lordinanza pu avvalersi anche di funzionari appositamente delegati. Altrettanto, in virt dellespresso richiamo operato dallart. 204 bis, comma 2, del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, tale normativa trova applicazione nei giudizi di opposizione alle sanzioni amministrative per violazione del Codice della Strada. Dalla possibilit di stare in giudizio autonomamente va, invece, nettamente distinta la facolt di cui gode lAvvocatura dello Stato di delegare funzionari dellAmministrazione, o liberi professionisti, a compiere gli incombenti procuratori che si svolgono fuori della sede degli uffici dellAvvocatura erariale, secondo quanto previsto dallart. 2 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611. In questa ipotesi, infatti, la concreta attivit di difesa dellente rimane affidata al competente ufficio dellAvvocatura dello Stato, cui devono essere notificati gli atti processuali, mentre la decisione di delegare lattivit di (51) Sebbene lart. 3 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, faccia espressamente parola dei giudizi pendenti dinanzi alle Preture ed agli Uffici di conciliazione, tuttavia, a seguito della soppressione di tali organi giudiziari, ad opera del D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, la disposizione deve essere riferita ai Tribunali ordinari ed agli Uffici del Giudice di pace, verso i quali sono trasmigrate le competenze in precedenza attribuite ai primi. (52) Si confronti, ex multis, Cass. civ., sez. II, 19 giugno 2007, n. 14279. 22 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 udienza a soggetti esterni viene rimessa ad una scelta esclusiva dellAvvocatura stessa (53). 3. Le Convenzioni stipulate tra le Agenzie fiscali e lAvvocatura dello Stato In virt dellart. 72 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, le quattro Agenzie fiscali, su conforme delibera dei rispettivi organi apicali, hanno sottoscritto altrettanti protocolli dintesa con lAvvocatura dello Stato, al fine di potersi valere del patrocinio erariale. Dette convenzioni, stipulate tra il Direttore di ciascuna Agenzia e lAvvocato generale dello Stato in carica, sono state pi volte rinnovate, visto il buon funzionamento delle intese raggiunte (54). Come si evince dalla delibera del Comitato di gestione dellAgenzia delle Entrate n. 388 del 30 maggio 2007, la scelta di avvalersi del patrocinio dellAvvocatura dello Stato si basata sul ruolo istituzionale, sulla specifica professionalit e, come detto, sulla positiva valutazione del sistema di relazioni convenuto con lOrgano legale. Inoltre, non si deve trascurare che la scelta di attribuire il patrocinio allAvvocatura erariale, piuttosto che a professionisti del libero foro, deve tener conto, ai sensi dellart. 61 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, dei principi di legalit, imparzialit e trasparenza, nonch dei criteri di efficienza, economicit ed efficacia, anche alla luce delleventualit che tale decisione sia assoggettata al vaglio di responsabilit del Giudice contabile nei casi in cui la scelta del professionista esterno non consideri lalta specializzazione dellAvvocatura erariale e i minori costi complessivi che il ricorso a questultima in genere comporta (55). A fronte di tali considerazioni, non appare del tutto libera la scelta dei competenti organi delle Agenzie fiscali di giovarsi del patrocinio dellAvvocatura dello Stato, in quanto, in sostanza, da un lato, allAvvocatura dello Stato non consentito rifiutarlo, dallaltro, allAmministrazione non consentito non richiederlo (56). (53) Si confrontino M. V. LUMETTI e A. MEZZOTERO, op. cit., 13-15. (54) Il protocollo dintesa tra lAvvocatura dello Stato e lAgenzia delle Entrate del 20 giugno 2007, nonch la delibera del Comitato di gestione dellAgenzia del 30 maggio 2007, n. 388, sono pubblicate su questa Rassegna, 2007, IV, 11-16; il protocollo dintesa tra lAvvocatura dello Stato e lAgenzia del Demanio del 21 giugno 2006 , invece, pubblicato in questa Rassegna, 2006, II, 301-305; lAgenzia del Territorio ha sottoscritto il protocollo dintesa con lAvvocatura in data 29 ottobre 2001, su conforme delibera del Comitato direttivo del 9 ottobre 2001; mentre lAgenzia delle Dogane ha sottoscritto il protocollo dintesa con lAvvocatura in data 15 maggio 2001, a seguito delle conformi delibere del Comitato direttivo del 30 gennaio e del 7 maggio 2001. (55) In questo senso, anche, Cass. civ., sez. unite, 14 febbraio 2006, n. 3116. Si noti, a riguardo, che la giurisprudenza ha avuto modo di affermare che la violazione delle disposizioni del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, in materia di patrocinio obbligatorio comportino la responsabilit erariale dellente per le spese legali sostenute. Si confronti T.A.R. per la Campania, sede di Napoli, sez. III, 13 dicembre 2002, n. 8051. (56) Cos, testualmente, L. MAZZELLA, op. cit., 99. TEMI ISTITUZIONALI 23 LAvvocatura erariale ha, in questo modo, assunto la rappresentanza e la difesa in giudizio delle quattro Agenzie fiscali in via organica ed esclusiva, ai sensi dellart. 43, comma 3 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611. Proprio questo carattere di organicit del patrocinio dellAvvocatura dello Stato, nonch il fatto che lesercizio dello ius postulandi della difesa erariale derivi direttamente dalla legge, si pongono a fondamento del principio in forza del quale anche nellambito del patrocinio autorizzato non necessario il conferimento di una specifica procura ad litem. Invero, con riferimento alle Agenzie appare, senza dubbio, applicabile la previsione dellart. 1, comma 2, del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, in virt della quale gli avvocati dello Stato, nellesercizio delle loro funzioni, non hanno bisogno di mandato, neppure nei casi in cui le norme ordinarie richiedono il mandato speciale, bastando che consti della loro qualit, restando inibita al Giudice ogni indagine sullesistenza dellincarico difensivo. Pertanto, la forma di mandato di cui gode lAvvocatura, anche nei confronti delle Agenzie fiscali, si mostra la pi ampia possibile, tale da comprendere poteri procuratori generali e speciali per il compimento di qualsiasi tipo di atto processuale, per il quale non sia richiesta la presenza personale della parte (57). In tal senso, si espressa la Suprema Corte con le pronunce rese a Sezioni Unite n. 3116 e 3118 del 14 febbraio 2006. In particolare, sul rilievo per cui ai sensi dellart. 72 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, il patrocinio dellAvvocatura dello Stato costituisce una mera facolt per lAgenzia, il Supremo Collegio ha affermato che il ricorso a tale patrocinio, in assenza di una disposizione normativa (legislativa, regolamentare o statutaria) vincolante anche nei confronti dei terzi, deve quindi avvenire anche se non necessaria una specifica procura in relazione al singolo procedimento, non rilevando leventuale conclusione tra Avvocatura e Agenzia di convenzioni di contenuto generale per lassunzione del patrocinio (58). Il Supremo Collegio ha, dunque, chiarito che le convenzioni tra lAvvocatura dello Stato e le Agenzie fiscali per la difesa in giudizio di queste ultime non presentano alcuna rilevanza esterna. In altre parole, antecedentemente alla costituzione in giudizio dellAgenzia, dette stipulazioni non possono esplicare alcun valore nel procedimento instaurando. Tali accordi, peraltro, non sono in (57) Sul punto, M.V. LUMETTI e A. MEZZOTERO, op. cit., 6-12, non ritengono giustamente condivisibile quanto espresso dal T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, 6 maggio 2009, n. 4640, il quale aveva ritenuto necessario che lente inoltrasse una preventiva richiesta di assistenza allOrgano legale. Si precisa, a tal riguardo, che la Corte Costituzionale, con la pronuncia 22 febbraio 1990, n. 1308, ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale, sollevata in relazione allart. 97 della Costituzione, della regola della rappresentanza ex lege dellAvvocatura dello Stato. (58) Sulla non necessit di conferire espresso mandato allAvvocatura dello Stato per la difesa in giudizio, si vedano, altres, Cass. civ., sez. I, 12 luglio 2007, n. 15617; Cass. civ. sez. trib., 16 maggio 2007, n. 11227; Cass. civ., sez. trib, 8 marzo 2006, n. 4936; Cass. civ., sez. trib., 8 agosto 2003, n. 11979. 24 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 grado di dispiegare alcun effetto nei confronti dei terzi, sebbene siano fonte di obblighi e doveri tra le parti direttamente interessate, dal momento che attribuiscono alle stesse Agenzie, durante il periodo della loro valenza, il patrocinio organico ed esclusivo dellAvvocatura erariale (59). 4. Analisi delle ricadute processuali derivanti dallassunzione da parte dellAvvocatura dello Stato del patrocinio autorizzato delle Agenzie fiscali Sulla scorta di quanto sinora esposto, le Agenzie fiscali costituiscono enti pubblici autonomi rispetto al Ministero dellEconomia e delle Finanze e lAvvocatura dello Stato le rappresenta e difende in giudizio, in virt di un rapporto di patrocinio autorizzato previsto allart. 72 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, e regolato mediante le disaminate convenzioni stipulate tra le stesse Agenzie e lAvvocatura erariale. Dal quadro tratteggiato discendono numerose ricadute sul piano processuale, che improntano le controversie in cui siano parte le Agenzie fiscali, in particolare, con riferimento alla competenza territoriale dellorgano giudicante, allinstaurazione del contraddittorio, alla notificazione degli atti predisposti dalle parti e dei provvedimenti giudiziari, alle modalit di proposizione delle impugnazioni, alle formalit necessarie ai fini della costituzione di parte civile nel procedimento penale, nonch alla disciplina relativa alle spese di lite. 4.1. Linoperativit della regola del foro erariale In primo luogo, si rende necessario rilevare che, nelle liti ove unAgenzia fiscale sia convenuta o resistente, non trova applicazione la regola del foro erariale, sancita allart. 25 c.p.c., a mente del quale per le cause nelle quali parte unAmministrazione dello Stato competente, a norma delle leggi speciali sulla rappresentanza e difesa dello Stato in giudizio e nei casi ivi previsti, il Giudice del luogo dove ha sede lufficio dellAvvocatura dello Stato, nel cui distretto si trova il Giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie. Quando lAmministrazione convenuta, tale distretto si determina con riguardo al Giudice del luogo in cui sorta o deve eseguirsi lobbligazione o in cui si trova la cosa mobile o immobile oggetto della domanda. Una previsione analoga contenuta finanche nellart. 6 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, il quale prevede che la competenza per cause nelle quali parte una Amministrazione dello Stato, anche nel caso di pi convenuti ai sensi dellart. (59) La stessa circolare n. 71 del 30 luglio 2001 dellAgenzia delle Entrate chiarisce che la convenzione tra questultima e lAvvocatura dello Stato per lassunzione della rappresentanza e difesa della prima da parte della seconda ha effetto vincolante nei rapporti interni ovvero tra Agenzia delle Entrate e Avvocatura. TEMI ISTITUZIONALI 25 98 del codice di procedura civile (60), spetta al Tribunale o alla Corte di appello del luogo dove ha sede lufficio dellAvvocatura dello Stato nel cui distretto si trova il Tribunale o la Corte dappello che sarebbe competente secondo le norme ordinarie. Quando unAmministrazione dello Stato chiamata in garanzia, la cognizione cos della causa principale come della azione in garanzia devoluta, sulla semplice richiesta dellAmministrazione, con ordinanza del Presidente, allAutorit giudiziaria competente a norma del comma precedente(61). Dalla lettura delle disposizioni riportate emerge con evidenza come il campo applicativo proprio della regola del foro erariale sia limitato alle controversie nelle quali stia in giudizio unAmministrazione dello Stato. Pertanto, qualificandosi le Agenzie fiscali come enti pubblici autonomi e non gi come Amministrazioni statali, tale disciplina non risulta loro riferibile. A tal riguardo, il Giudice di legittimit ha affermato che non facendo parte lAgenzia dellAmministrazione dello Stato, il suo patrocinio da parte dellAvvocatura erariale ha, coerentemente, carattere facoltativo [] e, quindi, non comporta alcuna deroga alle ordinarie regole di determinazione della competenza territoriale, non essendo richiamato, nella disciplina del patrocino facoltativo contenuta nel R.D. n. 1611 del 1933, artt. 43, 44 e 45, lart. 6 del medesimo R.D. (62). Del resto, con esclusivo riguardo al giudizio tributario, lart. 4 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, detta unespressa disciplina, incompatibile con la regola del foro erariale. Invero, tale norma sancisce, al comma 1, che le Commissioni tributarie provinciali sono competenti per le controversie proposte nei confronti degli Uffici delle entrate o del territorio del Ministero delle finanze ovvero degli enti locali ovvero dei concessionari del servizio di riscossione, che hanno sede nella loro circoscrizione; se la controversia proposta nei confronti di un centro di servizio competente la Commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione ha sede lufficio al quale spettano le attribuzioni sul tributo controverso. La medesima disposizione prosegue, al successivo comma 2, delimitando la competenza delle Commissioni tributarie (60) A seguito dellentrata in vigore del Codice di procedura civile del 1942, il riferimento deve essere correttamente inteso nei confronti dellattuale art. 33 c.p.c., relativo al fenomeno del cumulo soggettivo. (61) La regola del foro erariale stata, a pi riprese, sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale, per lasserito contrasto con gli artt. 3, 24, 25, comma 1, nonch 113 Cost. La Consulta, da ultimo, con lordinanza 24 febbraio 2006, n. 71, ha respinto le censure proposte. Sul punto, si confronti M. PISCITELLI, Foro erariale e giudice naturale, in questa Rassegna, 2006, I, 137-138. (62) Cos, Cass. civ., sez. I, 26 ottobre 2006, n. 23005; nonch Cass. civ., sez. III, 7 dicembre 2005, n. 26994. Si confrontino anche Cass. civ., sez. I, 3 settembre 2009, n. 19128; Cass. civ., sez. lav., 29 luglio 2008, n. 20582; nonch Cass. civ., sez. unite, 10 maggio 2006, n. 10700, ove, sulla scorta delle medesime motivazioni, la Suprema Corte ha sancito linapplicabilit della regola del foro dello Stato alle liti in cui siano parte le Universit degli studi. 26 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 regionali alle impugnazioni avverso le decisioni delle Commissioni tributarie provinciali, che hanno sede nella loro circoscrizione. Pertanto, esclusa lapplicazione della regola del foro erariale, la competenza territoriale si radica in capo al Giudice da identificarsi secondo le ordinarie previsioni contenute nel Codice di rito. Ad eccezione del processo tributario, in relazione al quale la competenza espressamente qualificata come inderogabile, ai sensi dellart. 5, comma 1, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, lincompetenza territoriale non rilevabile dufficio e deve essere eccepita a pena di decadenza, quanto al rito civile, secondo il disposto dellart. 38 c.p.c., nella comparsa di risposta tempestivamente depositata, mentre, nel rito amministrativo, entro il termine di cui allart. 31 della L. 6 dicembre 1971, n. 1034, di venti giorni dalla data di costituzione in giudizio. 4.2. La notificazione dellatto introduttivo del giudizio In secondo luogo, appare opportuno compiere alcune considerazioni in merito alle modalit di instaurazione del contraddittorio in relazione alle liti nelle quali siano parte le Agenzie fiscali, individuando, in particolare, il luogo di notificazione dei relativi atti introduttivi del giudizio. Con riferimento a questo secondo profilo, dal momento che le Agenzie fiscali e lAvvocatura dello Stato non sono legate da un rapporto di patrocinio obbligatorio ed atteso che le convenzioni tra loro stipulate non hanno rilevanza esterna, nei confronti delle Agenzie non opera la disciplina di cui allart. 11 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, come modificato dallart. 1 della L. 25 marzo 1958, n. 260, in forza del quale, a pena di nullit da pronunciarsi anche dufficio (63), tutte le citazioni, i ricorsi e qualsiasi altro atto di opposizione giudiziale, nonch le opposizioni ad ingiunzione e gli atti istitutivi di giudizi che si svolgono innanzi alle giurisdizioni amministrative o speciali, od innanzi agli arbitri, devono essere notificati alle Amministrazioni dello Stato presso lufficio dellAvvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede lAutorit giudiziaria innanzi alla quale portata la causa, nella persona del Ministro competente (64). Linapplicabilit delle menzionate disposizioni con riferimento alle Agenzie fiscali comporta che latto introduttivo di qualunque tipologia di giudizio nei confronti di queste ultime, dinanzi ad ogni giurisdizione, debba essere no- (63) In proposito, la Consulta con la sentenza n. 97 del 26 giugno 1967 ha dichiarato lillegittimit costituzionale del terzo comma dellart. 11 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato, nei limiti in cui esclude la sanatoria della nullit di notificazione. (64) Tale previsione stata ripresa allart. 10, comma 3, della L. 3 aprile 1979, n. 103, che ne ha espressamente sancito loperativit nei giudizi dinanzi al Consiglio di Stato ed ai Tribunali amministrativi regionali. TEMI ISTITUZIONALI 27 tificato presso la stessa Agenzia chiamata in causa, potendo alternativamente essere convenuti tanto lUfficio centrale, quanto gli Uffici locali (65). Un discorso differente, per contro, deve essere condotto in ordine al rito tributario, in quanto la notificazione del ricorso alla Commissione tributaria provinciale, a mente dellart. 10 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, pu essere esclusivamente effettuata nei confronti dellUfficio che ha emanato latto impugnato o che non ha adottato latto richiesto (66). Ne consegue che la notificazione dellatto introduttivo effettuata presso lAvvocatura dello Stato non pu che ritenersi nulla, bench tale nullit possa essere sanata mediante la costituzione in giudizio del soggetto effettivamente legittimato (67). 4.3. La notificazione di ogni altro atto di parte e dei provvedimenti giudiziari Venendo a trattare, in seguito, degli atti di parte successivi allatto introduttivo e dei provvedimenti giudiziari, dei quali la legge o un ordine del Giudice impongano la notificazione alla controparte, viene in rilevo la disciplina di cui allart. 11, comma 2, del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, in virt del quale ogni altro atto giudiziale e le sentenze devono essere notificati presso lUfficio dellAvvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede lAutorit giudiziaria presso cui pende la causa o che ha pronunciato la sentenza. Anche tale disposizione non opera nei giudizi in cui siano parte le Agenzie fiscali, in quanto non legate allAvvocatura dello Stato da un rapporto di patrocinio obbligatorio, trovando, invece, applicazione la disciplina ordinaria di cui allart. 170, comma 1, c.p.c., il quale dispone che dopo la costituzione in (65) In tal senso si veda Trib. Belluno, 22 ottobre 2002, in Giur. Merito, 2003, 777. Lassunto , inoltre, ricavabile dalle argomentazioni svolte in Cass. civ., sez. unite, 29 ottobre 2007, n. 22641. Si deve rilevare come, per contro, non siano mancate pronunce di segno opposto, quali T.A.R. per la Campania, sede di Salerno, sez. I, 20 maggio 2003, n. 537, il quale ha dichiarato applicabile la previsione dellart. 11 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, allipotesi di notificazione del ricorso giurisdizionale al T.A.R. nei confronti dellAgenzia delle Entrate. Tale pronuncia, tuttavia, stata oggetto di riforma in appello da parte del Supremo Consesso amministrativo, il quale con la pronuncia Cons. Stat., sez. IV, 30 dicembre 2003, n. 9230, ha ritenuto rituale la notifica effettuata presso lAgenzia fiscale ed in particolare presso lufficio interessato dalla controversia, trovando in tal caso piena operativit la disciplina di cui agli artt. 137 e seguenti c.p.c. Si veda, in proposito, S. BUTTUS, op. cit., 879. Si confronti anche la Circ. 16 luglio 2002, n. 5, dellAgenzia del Territorio. Il medesimo principio stato, peraltro, espressamente affermato dal Supremo Collegio, con riferimento ad altri enti pubblici autonomi, in Cass. civ., sez. I, 18 gennaio 2006, n. 863; Cass. civ., sez. I, 28 settembre 2005, n. 18959; Cass. civ., sez. III, 28 luglio 2005, n. 15819; nonch Cass. civ., sez. I, 25 agosto 1997, n. 7956. (66) In questo senso, si veda B. LO GIUDICE, op. cit., 11768-11771. (67) TantՏ che le stesse convenzioni siglate tra lAvvocatura dello Stato e le Agenzie prevedono che nelle ipotesi di erronea identificazione del soggetto cui indirizzare la notificazione dellatto introduttivo del giudizio, i medesimi enti provvedano alla tempestiva trasmissione degli atti stessi, ai fini della migliore tutela dellinteresse dello Stato. 28 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 giudizio tutte le notificazioni e le comunicazioni si fanno al procuratore costituito, salvo che la legge disponga altrimenti. Ne consegue che, qualora unAgenzia fiscale sia costituita in giudizio avvalendosi del patrocinio dellAvvocatura dello Stato ed ivi eleggendo il proprio domicilio, occorrer che tutte le notificazioni e le comunicazioni nei suoi confronti vengano indirizzate alla volta dellAvvocatura erariale. Per contro, nei giudizi in cui lAgenzia si difenda autonomamente, notificazioni e comunicazioni dovranno, senza dubbio, essere effettuate presso gli stessi Uffici che ne hanno assunto la rappresentanza. Altres, nel caso in cui lAgenzia fiscale sia rimasta contumace, notificazioni e comunicazioni dovranno essere eseguite nei confronti del medesimo Ufficio chiamato in causa, dal momento che, in tale evenienza, non sarebbe, in ogni caso, intervenuta alcuna elezione di domicilio. In relazione al rito tributario, nondimeno, si rinviene una specifica disciplina della notificazione degli atti endoprocessuali nel disposto dellart. 17 del D.Lgs. 31dicembre 1992, n. 546, in virt del quale la notifica deve essere effettuata, salva la consegna in mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte allatto della sua costituzione. Le variazioni del domicilio o della residenza o della sede hanno effetto dal decimo giorno successivo a quello in cui sia stata notificata alla Segreteria della Commissione e alle parti costituite la denuncia di variazione. Lindicazione della residenza o della sede e lelezione del domicilio hanno effetto anche per i successivi gradi del processo. Ad ogni modo, il mancato rispetto delle regole enunciate conduce, sul piano processuale, alla nullit della notificazione, la quale, tuttavia, risulterebbe sanata dal raggiungimento dello scopo della conoscenza dellatto, in ossequio al principio di funzionalit delle forme, ricavabile dallart. 156, comma 3, c.p.c. Analoghe considerazioni devono essere svolte anche con riferimento alla notificazione del provvedimento giudiziario al fine del decorso dei termini di cui allart. 325 c.p.c. In proposito, non operando con riferimento alle Agenzie fiscali la citata disposizione dellart. 11, comma 2, del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, la relativa disciplina deve rinvenirsi negli artt. 170 e 285 c.p.c., dal combinato disposto dei quali discende che la notificazione della sentenza debba essere effettuata presso il procuratore costituito, nel domicilio eletto nel grado di giudizio in cui il provvedimento stato pronunciato. Peraltro, lart. 292, comma 4, c.p.c. prevede che la sentenza sia notificata alla parte personalmente nellipotesi in cui sia contumace. Ne consegue, pertanto, che la notificazione della sentenza debba essere compiuta presso lAvvocatura dello Stato, qualora sia costituita in giudizio in virt del patrocinio autorizzato, mentre, qualora lAgenzia si sia difesa autonomamente o sia rimasta contumace, la notificazione del provvedimento dovr TEMI ISTITUZIONALI 29 essere effettuata nei confronti dellUfficio dellAgenzia chiamato in causa (68). Con esclusivo riferimento al rito fiscale, la notificazione della sentenza della Commissione tributaria va soggetta alla previsione dellart. 38, comma 2, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione alla quale dottrina e giurisprudenza hanno sollevato numerosi dubbi ermeneutici (69). Dal canto suo, il legislatore ha provveduto a fornirne uninterpretazione autentica, mediante lart. 21, comma 1, della L. 13 maggio 1999, n. 133, a mente del quale larticolo 38, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, si interpreta nel senso che le sentenze pronunciate dalle Commissioni tributarie regionali e dalle Commissioni tributarie di secondo grado delle province autonome di Trento e di Bolzano, ai fini del decorso del termine di cui allarticolo 325, secondo comma, del codice di procedura civile, vanno notificate allAmministrazione finanziaria presso lufficio dellAvvocatura dello Stato competente ai sensi dellarticolo 11, secondo comma, del testo unico approvato con regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, e successive modificazioni. Ci nondimeno, a seguito dellentrata in vigore del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, la Suprema Corte si pronunciata, in proposito, affermando limplicita abrogazione del menzionato art. 21, comma 1, della L. 13 maggio 1999, n. 133, stante lincompatibilit con il rinnovato assetto dellAmministrazione finanziaria (70). Ad ogni buon conto, lunica ricaduta, sul piano processuale, che possa conseguire allerronea identificazione del soggetto cui notificare il provvedimento del Giudice consiste nella inoperativit dei termini di cui allart. 325 c.p.c., con la conseguente applicazione del termine previsto al successivo art. 327 c.p.c. 4.4. La notificazione delle impugnazioni Unulteriore problematica si pone in relazione alla notificazione degli atti dimpugnazione nei confronti delle Agenzie fiscali. Non trovando applicazione, neppure in relazione a tale profilo, la disciplina di cui allart. 11, comma 2, del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, per i giudizi nei quali siano parte le Agenzie si deve far riferimento alla disciplina (68) Si confronti, sul punto, C. GLENDI, op. cit., 2965-2966. (69) A tal riguardo, il punto 3.4 della Circ. 31 marzo 2010, n. 17, dellAgenzia delle Entrate, afferma linoperativit dellart. 285 c.p.c. nel processo tributario per la prevalenza della lex specialis contenuta nellart. 38 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546. (70) Affermano limplicita abrogazione dellart. 21, comma 1, L. 13 maggio 1999, n. 133, Cass. civ., sez. trib., 30 marzo 2007, n. 7882; Cass. civ., sez. trib., 7 luglio 2006, n.15563; Cass. civ., sez. unite, 14 febbraio 2006, n. 3116; Cass. civ., sez. trib., 1 luglio 2004, n. 12075. Sul punto, si vedano L. ROSA, op. cit., 873-876; G. FRANSONI e P. RUSSO, op. cit., 895-903; P. CENTORE, op. cit., 773-776; M. NESSI e R. TORELLI, op. cit., 3304-3311; nonch C. BERLIRI, op. cit., 3841-3844. 30 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 ordinaria di cui allart. 330 c.p.c., in forza del quale se nellatto di notificazione della sentenza la parte ha dichiarato la sua residenza o eletto domicilio nella circoscrizione del Giudice che lha pronunciata, limpugnazione deve essere notificata nel luogo indicato; altrimenti si notifica ai sensi dellart. 170 presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio. [] Quando manca la dichiarazione di residenza o lelezione di domicilio e, in ogni caso, dopo un anno dalla pubblicazione della sentenza, limpugnazione, se ancora ammessa dalla legge, si notifica personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti. Pertanto, qualora lAgenzia sia costituita in giudizio avvalendosi del patrocinio autorizzato dellAvvocatura dello Stato, la notificazione dellimpugnazione deve essere indirizzata nei confronti dello stesso Organo legale, mentre qualora lAgenzia sia costituita in giudizio mediante i propri Uffici, o sia contumace, le notificazioni devono essere effettuate nei confronti dello stesso Ufficio, centrale o locale (71), dellAgenzia che aveva assunto la veste di parte processuale nel precedente grado di giudizio (72). Alla stessa stregua, la notificazione dellimpugnazione deve essere indirizzata allUfficio dellAgenzia, ancorch sia stata difesa da parte dellAvvocatura erariale, nellipotesi in cui limpugnazione sia proposta successivamente al termine dellanno dalla pubblicazione della sentenza, come pu accadere in relazione alla revocazione straordinaria, ai sensi dellart. 395, n. 1, 2, 3 e 6, c.p.c. Le richiamate previsioni di cui allart. 330 c.p.c., peraltro, come chiarito dal Supremo Collegio, trovano applicazione anche con riferimento al processo tributario, dal momento che esso difetta di una specifica disciplina della notificazione degli atti di impugnazione (73). In ordine alle notificazioni delle impugnazioni, inoltre, deve darsi atto di un recente orientamento giurisprudenziale, il quale, valorizzando il principio di collaborazione e buona fede, consacrato allart. 10, comma 1, della L. 27 luglio 2000, n. 212, meglio nota quale Statuto dei diritti del contribuente, ritiene che, qualora il cittadino indirizzi erroneamente la notificazione di un atto nei confronti di Ufficio privo di legittimazione passiva, questultimo in ottemperanza al dovere di collaborazione sia tenuto a trasmetterlo al com- (71) Si confrontino, ex plurimis, Cass. civ., sez. unite, 29 ottobre 2007, n. 22641; nonch Cass. civ., sez. unite, 14 febbraio 2006, n. 3116. (72) Si vedano, in proposito, Cass. civ., sez. I, 12 luglio 2007, n. 15617; Cass. civ., sez. trib., 13 settembre 2004, n. 18394; Cass. civ., sez. trib., 21 giugno 2004, n. 11551, ove si affermata linammissibilit del ricorso per cassazione per linesistenza della sua notificazione, in quanto eseguita presso lAvvocatura dello Stato, la quale non aveva assunto in secondo grado il patrocinio dellAgenzia. (73) In questo senso, si vedano Cass. civ., sez. unite, 15 dicembre 2008, n. 29290; Cass. civ., sez. trib., 16 aprile 2007, n. 8972; nonch il punto 3.8 della Circ. 31 marzo 2010, n. 17, dellAgenzia delle Entrate. Contra, nel senso dellincompatibilit dellart. 330 c.p.c. con la disciplina dellart. 17 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, si guardi Cass. civ., sez. trib., 1 giugno 2007, n. 12908. Si confronti, in proposito, F. TESAURO, Manuale del processo tributario, cit., 227-228. TEMI ISTITUZIONALI 31 petente Ufficio [] anzich mantenere una condotta inerte, nella quale evenienza la mancata tempestiva costituzione in giudizio dellUfficio competente diviene imputabile non al contribuente bens alla stessa Amministrazione, per violazione del predetto principio. Ne consegue che la notifica allUfficio sprovvisto della legittimazione processuale, ci nondimeno, deve ritenersi sufficiente a determinare una corretta instaurazione del rapporto processuale (74). A tal riguardo, occorre, tuttavia, rilevare che, se, da un lato, lapplicazione generalizzata di tale assunto potrebbe agevolare il contribuente nellaccesso alla giustizia, dallaltro, deve essere correttamente intesa come riferibile alle sole ipotesi in cui sia integrata una fattispecie di legittimo affidamento del cittadino nella legittimazione passiva dellUfficio cui ha notificato latto stesso. 4.5. La costituzione di parte civile nel procedimento penale Per quanto attiene ai procedimenti penali per reati dei quali unAgenzia fiscale sia persona offesa, essa ha certamente la facolt di costituirsi parte civile nel giudizio. Con riferimento alla costituzione di parte civile dello Stato, lart. 1, comma 4, della L. 3 gennaio 1991, n. 3, sancisce che la costituzione di parte civile dello Stato nei procedimenti penali deve essere autorizzata dal Presidente del Consiglio dei Ministri. In proposito, si deve dare atto del fatto che la prassi interpretativa della menzionata disposizione sembri affermare la necessit della previa autorizzazione alla costituzione di parte civile anche con riferimento alle Agenzie fiscali (75). Le riflessioni condotte attorno alla natura delle Agenzie quali enti pubblici autonomi, tuttavia, avendo fugato ogni dubbio circa la non riferibilit delle stesse allo Stato-persona, potrebbero portare a ritenere che la costituzione di parte civile di unAgenzia fiscale, ex art. 78 c.p.p., non necessiti della previa autorizzazione da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, inteso quale soggetto che rappresenta la sintesi politica e di governo dello Stato-Comunit (76). (74) Cos, Cass. civ., sez. trib., 10 febbraio 2010, n. 2937. La pronuncia riguarda lipotesi di un ricorso in appello alla Commissione tributaria regionale, notificato al Centro di servizio che aveva emesso il ruolo posto in esecuzione con la cartella esattoriale impugnata, anzich al competente Ufficio delle Entrate, nella specie lUfficio delle Imposte Dirette di Parma. (75) A tal riguardo, si confronti la Circ. 16 luglio 2002, n. 5 dellAgenzia del Territorio, nonch il parere dellAvvocatura generale dello Stato reso con la nota n. 72570 del 9 luglio 2002. (76) Cos, Trib. Bologna, sez. dei Giudici per le indagini preliminari e delludienza preliminare, 5 ottobre 2004, in Giur. Merito, 2005, 655, in relazione ad unipotesi di costituzione di parte civile nel procedimento penale di un differente ente pubblico autonomo, quale lUniversit degli Studi di Modena e Reggio Emilia. 32 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 4.6. Le spese di lite In ultimo, merita un cenno lanalisi delle ricadute relative alle spese di lite che conseguano allassunzione del patrocinio delle Agenzie fiscali da parte dellAvvocatura dello Stato. In proposito, si deve ricordare che lart. 15, comma 2 bis, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, prevede, con riferimento al rito tributario, che nella liquidazione delle spese a favore dellUfficio del Ministero delle finanze, se assistito da funzionari dellAmministrazione, e a favore dellente locale, se assistito da propri dipendenti, si applica la tariffa vigente per gli avvocati e procuratori, con la riduzione del venti per cento degli onorari di avvocato ivi previsti. La riscossione avviene mediante iscrizione a ruolo a titolo definitivo dopo il passaggio in giudicato della sentenza. Qualora, invece, il patrocinio dellAgenzia fiscale sia stato assunto dallAvvocatura dello Stato, la citata disposizione non pu trovare applicazione, con conseguente aggravio di spesa, nellipotesi di soccombenza, per il contribuente. 5. Schema riassuntivo Si propone, infine, uno schema riassuntivo delle disaminate ricadute processuali derivanti dalla qualificazione delle Agenzie fiscali come enti pubblici autonomi, nonch dallinquadramento del loro rapporto con lAvvocatura dello Stato quale patrocinio autorizzato. Giudizi pendenti dinanzi al Giudice ordinario, amministrativo, contabile ed al Tribunale superiore delle acque pubbliche: Legittimazione passiva . Ufficio locale in via concorrente con lUfficio centrale Destinatario della notifica dellatto introduttivo . Ufficio locale o Ufficio centrale Rappresentanza e difesa in giudizio . Avvocatura dello Stato ai sensi delle convenzioni stipulate, ad eccezione dei casi di conflitto e delle ipotesi speciali Destinatario della notifica degli atti successivi . se costituita . Avvocatura dello Stato o procuratore costituito . se contumace . Ufficio locale o centrale TEMI ISTITUZIONALI 33 Destinatario della notifica della sentenza . se costituita . Avvocatura dello Stato costituita o procuratore costituito . se contumace . Ufficio locale o centrale Destinatario della notifica delle impugnazioni . se costituita . Avvocatura dello Stato . se contumace . Ufficio convenuto nel grado di giudizio precedente Giudizi pendenti dinanzi al Giudice tributario: Legittimazione passiva . Ufficio locale che ha emanato latto impugnato o non ha emanato latto richiesto Destinatario della notifica dellatto introduttivo . Ufficio locale Rappresentanza e difesa in giudizio . Comm. trib. prov. . Dirigente Ufficio locale o collaboratori delegati . Comm. trib. reg. . Dirigente Ufficio locale o collaboratori delegati o Avvocatura dello Stato . Cassazione . Avvocatura dello Stato ai sensi delle convenzioni stipulate, ad eccezione dei casi di conflitto e delle ipotesi speciali Destinatario della notifica degli atti successivi . Ufficio locale Destinatario della notifica della sentenza . Comm. trib. prov.. Ufficio locale . Comm. trib. reg. . Ufficio locale o centrale, se costituito o contumace; Avvocatura Stato, se costituita Destinatario della notifica delle impugnazioni . Comm. trib. reg. . Ufficio locale . Cassazione se in appello Ufficio . Ufficio locale o Ufficio centrale se in appello Avvocatura . Avvocatura dello Stato 34 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 Il patrocinio delle Autorit portuali Circolare A.G.S. n. 11 del 15 febbraio 2010 Si segnala che, con D.P.C.M. del 4 dicembre 2009, in G.U. 11 febbraio 2010, n. 34, anche per le Autorit portuali di Augusta e di Salerno stata autorizzata la rappresentanza e difesa da parte dellAvvocatura dello Stato nei giudizi attivi e passivi avanti le autorit giudiziarie, i collegi arbitrali, le giurisdizioni amministrative e speciali. Pertanto, adesso tutte le Autorit portuali debbono avvalersi del patrocinio dellAvvocatura dello Stato ai sensi dellart. 43 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611 tranne che per i casi di conflitto di interessi con lo Stato o con le Regioni e, in casi speciali, salva ladozione di apposita motivata delibera da sottoporre agli organi di vigilanza, come confermato dallallegata decisione del Consiglio di Stato, sez. VI, del 9 febbraio 2010, n. 647. N. 00647/2010 REG.DEC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la presente DECISIONE Sul ricorso numero di registro generale 5239 del 2009, proposto da: Zen Marine Srl - Zito Evoluzioni Nautiche Marine Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Pierpaolo Salvatore Pugliano, Giacomo Saccomanno, Federico Tedeschini, con domicilio eletto presso Federico Tedeschini in Roma, largo Messico,7; Zen Yacht Srl - Zito Evoluzioni Nautiche Yacht Srl; contro Autorita' Portuale di Gioia Tauro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dallAvvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; nei confronti di Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; per la riforma della sentenza del TAR CALABRIA - REGGIO CALABRIA n. 00190/2009, resa tra le parti, concernente DINIEGO RICHIESTA PER REALIZZAZIONE DARSENA PORTUALE PER CANTIERE-RIS.DANNI. Visto il ricorso in appello con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Autorita' Portuale di Gioia Tauro e di Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 novembre 2009 il Cons. Roberto Giovagnoli e TEMI ISTITUZIONALI 35 uditi per le parti gli avvocati Pugliano, Saccomanno, (omissis) e l'avv.to dello Stato Carlo Sica; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO (Omissis) 6. LAutorit portuale si costituita in giudizio con due distinti controricorsi e il patrocinio sia dellAvvocatura dello Stato sia di altro professionista del libero Foro, lavv. (omissis). Alludienza del 3 novembre 2009, la causa stata trattenuta per la decisione. 7. Occorre, in primo luogo, dichiarare la mancanza dello ius postulandi in capo allAvv. (omissis) e, conseguentemente, la nullit di tutti gli atti processuali dello stesso compiuti. Giova rilevare, a tal proposito, che lAutorit Portuale di Gioia Tauro si avvale del patrocinio c.d. autorizzato dellAvvocatura dello Stato ai sensi dellart. 43, r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611. Tale disposizione, - sul punto modificata dall'articolo 1, comma 1, della legge 16 novembre 1939, n. 1889 - prevede l'Avvocatura dello Stato pu assumere la rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi e passivi avanti le Autorit giudiziarie, i Collegi arbitrali, le giurisdizioni amministrative e speciali, di amministrazioni pubbliche non statali ed enti sovvenzionati, sottoposti a tutela od anche a sola vigilanza dello Stato, sempre che sia autorizzata da disposizione di legge, di regolamento o di altro provvedimento []. Qualora sia intervenuta l'autorizzazione, di cui al primo comma, la rappresentanza e la difesa nei giudizi indicati nello stesso comma sono assunte dalla Avvocatura dello Stato in via organica ed esclusiva, eccettuati i casi di conflitto di interessi con lo Stato o con le Regioni. La norma aggiunge, al suo comma 4, che salve le ipotesi di conflitto, ove tali amministrazioni ed enti intendano, in casi speciali, non avvalersi della Avvocatura dello Stato, debbono adottare apposita motivata delibera da sottoporre agli organi di vigilanza. La giurisprudenza, anche di questa Sezione (cfr. ordinanze n. 8413 e 8414 dell11 novembre 2009) ha chiarito che la natura autorizzata del patrocinio non ne muta il carattere tendenzialmente obbligatorio salvo che per i casi di comprovata specialit (c.d. obbligatoriet attenuata) sicch, solo qualora questi ultimi ricorrano, possibile per l'Ente rinunciare al patrocinio dell'Avvocatura e procedere alla nomina di un legale del libero Foro, previa apposita motivata deliberazione sottoposta all'organo di vigilanza. In sostanza e schematicamente la norma prevede due sole possibilit: 1) avvalersi della esclusiva difesa fornita ope legis dallAvvocatura dello Stato; in tal caso, alla luce di una nutrita giurisprudenza, non occorre mandato, n deliberazione; 2) non avvalersi della difesa dellavvocatura; in questo secondo caso occorre una motivata deliberazione dellente in ordine alla specialit del caso e la conseguente sottoposizione della delibera allorgano di vigilanza (e lesistenza della delibera e della motivazione pu essere controllata anche dufficio dal giudice). Nel caso di specie, invece, lAutorit portuale, senza rinunciare al patrocinio ope legis autorizzato, ha inteso nominare un difensore ulteriore rispetto allAvvocatura dello Stato, il cui ruolo non viene ripudiato ma, nelle intenzioni dellente, potenziato a mezzo di un affiancamento. In tal modo, tuttavia, come gi era stato rilevato dal giudice di primo grado, stata violata la previsione contenuta nellart. 43, comma 3, cit. che espressamente prevede: qualora sia intervenuta l'autorizzazione, di cui al primo comma, la rappresentanza e la difesa nei giudizi indicati nello stesso comma sono assunte dalla Avvocatura dello Stato in via organica ed esclu- 36 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 siva, eccettuati i casi di conflitto di interessi con lo Stato o con le regioni. Assunzione della difesa in via esclusiva non pu che significare esclusione di ipotesi di assunzione, congiunta a professionisti del libero Foro. Lassunto ermeneutico del resto in linea con quanto previsto dal medesimo RD 30 ottobre 1933 n.1611 nei confronti delle Amministrazioni statali soggetti al patrocinio obbligatorio dellAvvocatura dello Stato: per queste ultime, non solo la difesa predetta considerata irrinunciabile (a differenza del patrocinio facoltativo o autorizzato che invece contempla la possibilit di rinuncia) ma altres prescritto che nessuna Amministrazione dello Stato possa richiedere lassistenza di avvocati del libero foro, salvo ipotesi assolutamente eccezionali da verificare e validare con complesse procedure (Cfr. art. 5 RD cit.). In conclusione, tornando ai fatti di causa, il mandato conferito dallAutorit Portuale di Gioia Tauro, senza una previa, motivata rinuncia alla difesa, assicurata dallAvvocatura dello Stato ai sensi dellart. 43 del RD 30 ottobre 1933 n.1611 e del dPCM del 25 giugno 2004, affetto da nullit che conseguentemente priva il difensore del libero Foro dello ius postulandi. La rilevata nullit del mandato e del conseguente esercizio dellattivit difensiva non incide sulla regolare costituzione dellAutorit Portuale, ritualmente avvenuta a mezzo dellAvvocatura dello Stato. 8. Nel merito lappello infondato. (Omissis) P.Q.M. Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, sezione Sesta, respinge lappello. Spese compensate. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorit amministrativa. Cos deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 novembre 2009 con l'intervento dei Signori: Claudio Varrone, Presidente Paolo Buonvino, Consigliere Rosanna De Nictolis, Consigliere Maurizio Meschino, Consigliere Roberto Giovagnoli, Consigliere, Estensore DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 09/02/2010 I L C O N T E N Z I O S O C O M U N I TA R I O E D I N T E R N A Z I O N A L E La posizione dellItalia sui diritti da riconoscere alle persone inserite nelle black list Giuseppe Albenzio* SINTESI DELLA RELAZIONE: A) FONTI: Introduzione - 1. Normazione delle Nazioni Unite - 2. Normazione dellUnione Europea - 3. Normazione nazionale. B) TUTELA: 1. A livello del Comitato di sicurezza ONU - 2. A livello della giurisdizione UE - 3. A livello nazionale - 4. A livello CEDU. IN ALLEGATO: Atto di intervento al Tribunale Ue nella causa T-4/10 - Ricorso proposto il 7 gennaio 2010 - Al Saadi/Commissione. A) FONTI Introduzione Nellultimo decennio e, soprattutto, dopo i gravi fatti dell11 settembre 2001, la comunit internazionale ha prestato la massima attenzione non solo alla repressione delle attivit terroristiche ma anche e in primo luogo alla prevenzione del fenomeno del terrorismo, studiando sistemi efficienti ed immediati per impedire agli affiliati alle associazioni terroristiche di porre in essere le loro attivit delittuose e per tranciare alla radici le loro fonti di reclutamento e finanziamento. E quindi nata una complessa normativa multilivello che ha affiancato alla tradizionale procedura di pronunciamento contro uno Stato ladozione di misure restrittive nei confronti di singoli e gruppi, a prescindere dal loro legame (*) Avvocato dello Stato. Relazione tenuta al Convegno Diritti fondamentali e politiche dellUE dopo Lisbona, Pescara, 6-7 maggio 2010. 38 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 con il territorio; tale normativa si sviluppa su tre piani: a livello mondiale, a livello regionale-europeo, a livello nazionale. 1. Normazione delle Nazioni Unite Nel primo livello annoveriamo le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e le loro disposizioni applicative. In virt dei poteri attribuitigli dal Cap. VII della Carta delle Nazioni Unite, il Consiglio di Sicurezza ha adottato una serie di Risoluzioni nei confronti di individui o gruppi qualificati terroristici ed identificati nei Talibani, nei membri di Al-Queda e in Osama Bin Laden e suoi seguaci: sono le Risoluzioni n. 1267/1999, 1333/2000, 1373/2000, 1390/2002, 1445/2003. La Risoluzione-base, la 1267/99, ha istituito il Comitato per le sanzioni formato dai membri del Consiglio di Sicurezza quale organo ausiliario del Consiglio di sicurezza con lo scopo specifico di disporre il congelamento dei beni e delle risorse finanziarie dei Talibani e delle organizzazioni fiancheggiatrici; i compiti di tale organismo sono stati ampliati con le successive Risoluzioni 1333/2000 e 1390/2002 che hanno reso il Comitato un organo a competenza generale per lintero sistema delle liste terroristiche e per il raccordo con gli Stati e lUnione Europea chiamati ad attuare le sue disposizioni; a questo Comitato dato il compito di predisporre e aggiornare le liste dei terroristi chiamate black list e di vigilare affinch gli Stati provvedano al congelamento dei beni e delle risorse finanziarie delle persone e degli organismi ivi inseriti. La Risoluzione n. 1373/2000 ha definito le strategie contro tutte le manifestazioni di fiancheggiamento del terrorismo, disponendo limmediato congelamento dei beni e delle risorse finanziarie dei soggetti inseriti nelle black list; allo scopo di monitorare detta attivit stato istituito un Comitato contro il terrorismo. Una successiva Risoluzione, la n. 1617/2005, ha istituito una Squadra di controllo che svolge attivit propedeutica ed istruttoria in supporto alle competenze del Comitato per le sanzioni; il Comitato ha adottato delle linee-guida (novembre 2002, con successivi aggiornamenti) che regolano la sua attivit sulla base del principio del consenso unanime dei suoi componenti, con conseguente rimessione al Consiglio di Sicurezza delle questioni controverse. La costante attivit di aggiornamento delle black list si basa sulle informazioni dagli Stati e dalle Organizzazioni internazionali e regionali; linserimento nelle liste non presuppone la pendenza di un processo o di una condanna n di una indagine penale, stante la sua funzione meramente preventiva, ma solo informazioni corredate da dossier di prove e indizi forniti dalle autorit di polizia, di intelligence e giudiziarie dello Stato proponente; tali informazioni vengono vagliate con procedura di urgenza in riferimento ai parametri indicati IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 39 nella Risoluzione del 2005 (ove si fa particolare riferimento a condotte di partecipazione al finanziamento, alla programmazione, alla facilitazione, alla preparazione ed alla commissione di attentati, alla fornitura di armi, al reclutamento, ecc. con una definizione molto ampia dei criteri di identificazione dellattivit terroristica e di fiancheggiamento). Il Comitato provvede anche alla cancellazione delisting dalle liste quando ne vengano meno i presupposti, su istanza degli Stati, cui possono rivolgere istanze gli interessati, o dal 2006 su istanza diretta di questi ultimi ma sempre con procedura di tutela diplomatica da parte dello Stato di appartenenza o che aveva chiesto liscrizione; la cancellazione pu avvenire solo con il consenso di tutti gli Stati. 2. Normazione dellUnione Europea Del secondo livello normativo fanno parte le determinazioni ed i regolamenti adottati dallUnione Europea, in esecuzione degli impegni assunti dagli Stati membri in sede ONU o in via autonoma. In attuazione delle disposizioni del Consiglio di Sicurezza sopra menzionate sono stati adottati una pluralit di atti, a partire dalle posizioni comuni 1999/727/PESC e 2001/154/PESC (Politica estera e di sicurezza comune dellUE - atti di natura politica e, come tali, sottratti al controllo giurisdizionale) e dai relativi Regolamenti CE 337/2000 e 467/2001, cui sono seguiti la posizione comune 2002/402/PESC e il Regolamento CE 881/2002, questultimo regolamento contiene, allallegato I, una lista di persone e organizzazioni terroristiche internazionali facenti capo a Osama Bin Laden, ad Al-Queda, ai Talibani e al fondamentalismo islamico, dei quali si dispone il congelamento dei mezzi finanziari; tale lista stata aggiornata, con una serie di regolamenti successivi, sulla base delle decisioni del Consiglio di Sicurezza delle NU e del suo Comitato per le Sanzioni; questo regolamento del 2002 contiene disposizioni specifiche atte a definire il contenuto e lestensione della disposizione di congelamento e a identificare le autorit nazionali abilitate a ricevere le informazioni necessarie per linserimento nelle black list, formulare le proposte di inserimento e cancellazione, tenere i contatti con gli altri Stati e la Commissione Europea. In questo campo di operativit dei citati regolamenti, il Consiglio dellUnione Europea ha la funzione di dare attuazione alle decisioni del Consiglio di Sicurezza e del suo Comitato per le sanzioni, senza potest discrezionali o di controllo e con sola facolt di proporre listing o delisting. In buona sostanza, allinserimento nelle liste curate dallONU consegue automaticamente il congelamento dei beni e delle risorse finanziarie e tutti gli Stati sono tenuti a darne esecuzione immediata nellambito dei propri ordinamenti, prescindendo anche delle indagini penali svolte dai loro organi inve- 40 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 stigativi e giudiziari. Un altro gruppo di interventi comunitari costituito dalle posizioni comuni 2001/930 e 931/PESC e dal Regolamento CE 2580/2001 che, in attuazione della Risoluzione del Consiglio di Sicurezza n. 1373/2001 sopra menzionata, hanno attuato in autonomia gli obblighi ivi definiti al fine della lotta al terrorismo di qualunque matrice: i sistemi del listing e del congelamento dei beni e delle risorse finanziarie sono stati regolamentati in funzione di una libera identificazione delle persone e delle organizzazioni colpite, sulla base di elementi direttamente acquisiti (anche di provenienza ONU) e discrezionalmente valutati; linserimento nella lista discende dalla pendenza in sede nazionale di procedure di indagini o giudiziarie, oltre che da sentenze di condanna penale, ed aggiornato ogni sei mesi, con possibilit di cancellazione dalla lista qualora mutino i presupposti per liscrizione; prevista anche la possibilit di concessione di deroghe ed eccezioni allapplicazione del congelamento da parte dei comitati nazionali di proposizione, previa autorizzazione da parte del Consiglio UE. 3. Normazione nazionale Il terzo livello normativo si sviluppa a livello nazionale, con lindividuazione degli organismi competenti a tenere i rapporti con quelli internazionali e comunitari e ad attuarne le relative disposizioni. In Italia questo organismo il Comitato di sicurezza finanziaria istituito con d.l. 21 ottobre 2001 n. 369, conv. in l. 14 dicembre 2001 n. 431, e ridisciplinato con lart. 3 del d.legs. 22 giugno 2007 n. 109, emanato in attuazione della Direttiva 2005/60/CE. Questo Comitato, presieduto dal direttore generale del Tesoro, composto dai rappresentanti dei Ministeri degli Esteri, dellInterno, della Giustizia, della Banca dItalia, dellUfficio Italiano Cambi, della Consob, dellISVAP, del Demanio, della Guardia di Finanza, dellAntimafia e dei Carabinieri ed ha il compito di monitorare il sistema di prevenzione e di sanzioni per il finanziamento al terrorismo, raccordando tutte le attivit delle amministrazioni interessate (e che per questa ragione sono rappresentate nel suo seno) ed acquisendo tutte le informazioni necessarie, anche in deroga al segreto dufficio ed alla legge sullaccesso. Le informazioni acquisite dal Comitato sono coperte dal segreto dufficio per legge. Il Comitato acquisisce e fornisce informazioni anche dai servizi segreti e dalle autorit giudiziarie, cos da favorire sinergie di azioni e decisioni, e propone il listing o il delisting alle autorit preposte delle Nazioni Unite e dellUnione europea, sulla base dello stato dei procedimenti giudiziari e di indagine aperti in sede nazionale. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 41 Il decreto legislativo 109/2007 regola anche la diretta attuazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nelle more delladozione delle relative deliberazioni da parte dellUnione Europea, attribuendo al Ministro dellEconomia e delle Finanze, di concerto con il Ministro degli Affari Esteri, il potere di adozione dei relativi decreti di congelamento dei fondi di persone listate su proposta del Comitato per la sicurezza finanziaria. Ulteriori compiti di collaborazione con il Ministro dellEconomia per il contrasto dellattivit di riciclaggio sono stati attribuiti dallart. 5 del d.legs. 21 novembre 2007 n. 231 al Comitato che deve anche preparare una relazione annuale sulla sua attivit. Il d.legs. 109/2007 regola anche la irrogazione delle sanzioni per la violazione delle sue disposizioni mediante il richiamo del testo unico delle norme in materia valutaria, il cui art. 32, comma 7, richiama a sua volta lart. 23 della legge 689/81 per la proposizione di opposizione ai provvedimenti sanzionatori [art. 13, comma 3: 3. Per l'accertamento delle violazioni di cui ai commi 1 e 2 e per l'irrogazione delle relative sanzioni si applicano le disposizioni del titolo II, capi I e II, del testo unico delle norme di legge in materia valutaria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148, e successive modificazioni, fatta eccezione per le disposizioni dell'articolo 30] ed attribuisce la competenza per le impugnazioni degli atti non sanzionatori al TAR Lazio [art. 14: 1. La competenza territoriale per le impugnazioni di provvedimenti previsti dal presente decreto attribuita al Tribunale amministrativo regionale del Lazio. 2. Qualora nel corso dell'esame del ricorso si evidenzi che la decisione dello stesso dipende dalla cognizione di atti per i quali sussiste il segreto dell'indagine o il segreto di Stato, il procedimento sospeso fino a quando l'atto o i contenuti essenziali dello stesso non possono essere comunicati al tribunale amministrativo. Qualora la sospensione si protragga per un tempo superiore a due anni, il tribunale amministrativo pu fissare un termine entro il quale il Comitato tenuto a produrre nuovi elementi per la decisione o a revocare il provvedimento impugnato. Decorso il predetto termine, il tribunale amministrativo decide allo stato degli atti.]. Si pu dire che il nostro Paese allavanguardia nel campo, sia come completezza e precisione della legislazione sia come attivit di segnalazione dei nominativi da iscrivere nelle liste ( il secondo Paese, dopo gli Stati Uniti, per le segnalazioni al Comitato per le sanzioni del Consiglio di Sicurezza) e dellampliamento della gamma dei gruppi eversivi da combattere (ha chiesto linserimento nelle liste UE delle BR-PCC e di altre organizzazioni terroristiche italiane). 42 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 B) TUTELA 1. A livello del Comitato di sicurezza ONU Anche sul versante della tutela delle persone e dei gruppi inseriti nelle black list ed oggetto delle misure di congelamento possiamo individuare tre livelli di tutela, pi o meno corrispondenti ai tre livelli di normazione test individuati. Quanto al livello di attivit del Consiglio di Sicurezza ONU e del suo Comitato per le sanzioni, non esiste unAutorit giudiziaria o amministrativa ad hoc cui possa essere proposta una contestazione concernente le iniziative adottate n altre Autorit giurisdizionali (ad esempio dei Paesi interessati o dellUnione europea) possono ritenersi competenti ad esaminare le risoluzioni di quegli organismi (si vedano, in ambito europeo, le sentenze del Tribunale di primo grado UE 21 settembre 2005 e della Corte di Giustizia UE 3 settembre 2008 e le altre delle quali parleremo in prosieguo; in ambito nazionale, le ordinanze del Tribunale di Milano 14 febbraio 2003, in causa Nasco Business recidente Center srl c. Min. Economia e Finanze e Banca Sanpaolo-IMI, e 8 marzo 2005, in causa Minin c. Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza, che hanno rigettato ricorsi ex art. 700 cpc intesi a bloccare gli effetti del congelamento dei beni conseguente alla iscrizione nelle black list, e la sentenza della Cassazione penale 4 dicembre 2008, Minin, che si dichiarata incompetente a disporre la restituzione di beni sequestrati in esito a decreto di congelamento). E solo possibile richiedere al Comitato il de-listing ma questa procedura non ha nessun carattere giustiziale ed imperniata sullattivit diplomatica dello Stato di appartenenza del soggetto o dellorganizzazione richiedente; anche se dal novembre 2006, in seguito ad una modifica delle sue linee-guida, le istanze possono essere proposte direttamente al Comitato dagli interessati mentre prima potevano essere presentate solo allo Stato di appartenenza, liter della richiesta rimesso totalmente allattivit diplomatica dello Stato che deve istruire e portare la questione in Comitato ed ivi formulare una proposta sulla quale si deve raggiungere lunanimit. Certo, nelle pi recenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza non manca mai il richiamo al rispetto del diritto internazionale in materia di diritti umani (Ris. 1456/2003) ed agli obblighi di informazione e comunicazione degli addebiti nei confronti dei soggetti listati (Ris. 1617/2005, 1822/2008), ma nessuna norma prevede laudizione dinanzi al Comitato per le sanzioni o la comunicazione degli elementi di prova a carico e, tanto meno, il diritto ad un ricorso effettivo, nonostante sollecitazioni da parte dello stesso Segretario Generale delle Nazioni Unite e dallAlto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti delluomo (si veda il rapporto di questultimo del 9 marzo 2007 sulla IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 43 protezione dei diritti delluomo e delle libert fondamentali nella lotta al terrorismo) e ci tanto pi preoccupante se si considera che linserimento nelle liste ONU ha funzione meramente preventiva e prescinde dalla pendenza negli Stati di procedimenti di indagine o giudiziari (a differenza di quel che accade per le liste europee). 2. A livello della giurisdizione UE Il secondo livello di tutela dei soggetti listati va individuato, per quel che interessa lUnione europea, dinanzi ai suoi organi giudiziari. La giurisprudenza del Tribunale di primo grado e della Corte di Giustizia ha espressamente riconosciuto il diritto di ogni soggetto od organizzazione inserita nelle black list di impugnare direttamente dinanzi al Tribunale i provvedimenti adottati dagli Organismi comunitari ma nella definizione dei poteri di cognizione devono essere tenuti distinti i casi in cui lUE si limita a dare esecuzione alle deliberazioni ONU dai casi in cui decide autonomamente. Quanto al primo settore, circa lestensione della sua potest giurisdizionale, il Tribunale aveva inizialmente adottato una linea molto prudente, negando la possibilit di giudicare sui provvedimenti meramente attuativi di disposizioni del Consiglio di sicurezza ONU e del suo Comitato per le sanzioni, attesa limmunit giurisdizionale di quegli organismi internazionali (Trib. primo grado 21 settembre 2005, in causa T-315/2001, Kadi c. Consiglio e Commissione UE, e in causa T-306/2001, Ahmed Ali Yusuf e Al Barakaat Internatinal Foundation c. Consiglio e Commissione UE) e la mancanza di potest valutative da parte degli organismi europei che ne devono soltanto dare attuazione, in ossequio a quanto disposto dallart. 48, comma 2, della Carta ONU (secondo cui le decisioni del Consiglio di sicurezza sono eseguite dai Membri delle Nazioni Unite direttamente o mediante la loro azione nelle organizzazioni internazionali competenti di cui siano Membri). Questa linea stata smentita dalla Corte di Giustizia con la sentenza della Grande sezione 3 settembre 2008, cause 402/05 P e 415/05 P, che ha riformato le sentenze di primo grado Kadi e Yusuf statuendo che: Il giudice comunitario tenuto, in conformit alle competenze a lui attribuite dal trattato Ce, a garantire un controllo, in linea di principio completo, della legittimit di tutti gli atti comunitari con riferimento ai diritti fondamentali che costituiscono parte integrante dei princip generali del diritto comunitario, ivi inclusi gli atti che mirano ad attuare risoluzioni adottate dal consiglio di sicurezza in base al capitolo VII della carta delle Nazioni Unite, bench tale controllo abbia ad oggetto latto comunitario volto ad attuare la risoluzione internazionale in questione, e non questultima in quanto tale, e debba essere svolto tenendo in considerazione gli obblighi pertinenti che derivano alla Comunit dalla carta delle Nazioni Unite relativamente a tale attuazione (nella specie, 44 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 la corte ha annullato le sentenze del tribunale di primo grado, ritenendo che esse fossero incorse in un errore di diritto nella parte in cui stabilivano che il regolamento comunitario controverso, in quanto attuativo di una risoluzione del consiglio di sicurezza, beneficiasse di unimmunit giurisdizionale quanto alla sua legittimit interna, salva la sua compatibilit con le norme di ius cogens). Il principio di tutela giurisdizionale effettiva costituisce un principio generale di diritto comunitario che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli stati membri e implica, nellipotesi di inserimento del nome di una persona o di unentit nellelenco dei soggetti sospettati di terrorismo, con conseguente congelamento dei suoi beni ai sensi del regolamento (Ce) 27 maggio 2002 n. 881/2002, che lautorit comunitaria, eventualmente adottando le precauzioni necessarie a garantire che le misure di congelamento mantengano la loro efficacia e beneficino di un effetto a sorpresa, sia tenuta a comunicare i motivi dellinserimento allinteressato al momento in cui tale inclusione stata decisa, o, quantomeno, il pi rapidamente possibile dopo tale decisione, in modo da consentire ai destinatari di prendere conoscenza degli elementi a loro carico e di esercitare, entro i termini, il loro diritto di ricorso (nella specie, la corte ha annullato il regolamento impugnato nella parte riguardante i ricorrenti, ritenendo che i loro diritti al contraddittorio e a un ricorso giurisdizionale effettivo fossero stati violati ed escludendo che il consiglio avesse adottato precauzioni idonee a contemperare le ragioni di sicurezza alla base del regolamento e i diritti di difesa dei ricorrenti). Le misure di congelamento dei fondi di persone o entit sospettate di terrorismo, pur costituendo in linea di principio una restrizione giustificabile del diritto di propriet, devono essere adottate secondo procedure che forniscano allinteressato la possibilit di esporre le proprie ragioni alle autorit competenti (nella specie, la corte ha negato che tali garanzie fossero state fornite e ha annullato il regolamento nella parte relativa ai ricorrenti, mantenendo tuttavia, ai sensi dellart. 231 Ce, gli effetti del regolamento controverso per un periodo di tre mesi, onde consentire alle istituzioni comunitarie di porre rimedio alle violazioni accertate senza compromettere irrimediabilmente lefficacia delle misure restrittive, qualora la loro applicazione nei confronti dei ricorrenti si rivelasse giustificata). In buona sostanza, la Corte ha spostato lattenzione dalla generica nozione di jus cogens (inteso come ordinamento pubblico internazionale che si impone nei confronti di tutti i soggetti del diritto internazionale, menzionato nellart. 53 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969 ma che non ha avuto una elaborazione particolare nella prassi e nella giurisprudenza internazionale e manca, quindi, di riferimenti concreti) alla nozione di diritti fondamentali delluomo, che costituisce una delle basi dellUnione europea e che ha un contenuto specifico quale individuato, per quel che ci interessa in questo IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 45 studio, dalla Convenzione europea dei diritti delluomo e delle libert fondamentali del 1950, dalle tradizioni costituzionali comuni dei Paesi dellUE, dallart. 6 del Trattato UE, come riformato dal Trattato di Lisbona, dalla giurisprudenza delle Corti di Strasburgo e di Lussemburgo e delle Corti Costituzionali degli Stati. Lorientamento della Corte di Giustizia stato seguito dal Tribunale nelle sentenze 11 giugno 2009, in causa 318/01, Omar Mohammad Othman c. Consiglio UE, [che ha cos giustificato la sua decisione di annullamento dei regolamenti adottati per il congelamento dei beni del ricorrente in esecuzione di risoluzioni del Comitato per le sanzioni sulle seguenti ragioni: il Consiglio non ha comunicato al ricorrente gli elementi assunti a suo carico per fondare le misure restrittive imposte nei suoi confronti, n gli ha concesso il diritto di prenderne conoscenza entro un termine ragionevole dopo ladozione di tali misure, il ricorrente non era in grado di far conoscere utilmente il suo punto di vista in proposito. Pertanto, i diritti della difesa del ricorrente, in particolare quello al contraddittorio, non sono stati rispettatiil ricorrente non ha potuto difendere i suoi diritti in condizioni soddisfacenti dinanzi al giudice comunitario neppure con riferimento a tali elementi, cosicch deve del pari rilevarsi una violazione del citato diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo nellambito del presente ricorso, non stato posto rimedio a tale violazione, dal momento che il Consiglio non ha fatto valere alcun elemento a tal finenelle circostanze del caso in esame, lapplicazione al ricorrente delle misure restrittive derivanti dal regolamento controverso, per effetto della sua inclusione nellelenco di cui al suo allegato I, costituisce una restrizione ingiustificata del suo diritto di propriet] e 30 settembre 2009, in causa T- 341/07 Sison c. Consiglio [ove ha precisato che: se vero che il Tribunale riconosce al Consiglio un margine discrezionale in materia, ci non implica che esso debba astenersi dal controllare linterpretazione dei dati rilevanti fornita da tale istituzione (v. sentenze PMOI I, punto 138, e PMOI II, punto 55). Infatti, il giudice comunitario tenuto, in particolare, non solo a verificare lesattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilit e la loro coerenza, ma altres ad accertare se tali elementi costituiscano linsieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare la situazione e se siano di natura tale da corroborare le conclusioni che ne sono state tratte. Tuttavia, nellambito di tale controllo, egli non tenuto a sostituire la propria valutazione dopportunit a quella del Consiglio]. Con queste ultime pronunzie si deve ritenere superata anche quella giurisprudenza dei giudici comunitari che avevano ristretto notevolmente il diritto di accesso ai documenti rivendicato da soggetti iscritti nelle liste e, quindi, destinatari del congelamento dei loro beni; sul punto, la Corte di Giustizia, nella sentenza 1 febbraio 2007, in causa 266/05 P Sison c. Consiglio, aveva deciso che, quanto al diritto di accesso: Qualora unistituzione comunitaria neghi 46 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 la possibilit di consultazione di un documento in virt di una delle eccezioni previste dallart. 4, n. 1, lett. a), regolamento 1049/2001/Ce, il controllo di legittimit esercitato dal giudice comunitario sulla decisione di diniego deve limitarsi alla verifica dellosservanza delle norme di procedura e di motivazione, dellesattezza dei fatti materiali, nonch dellassenza sia di un errore manifesto nella valutazione dei medesimi sia di uno sviamento di potere (nella specie, la corte ha ritenuto corretta la decisione del tribunale di primo grado che aveva a sua volta considerato legittimo il diniego di consultazione opposto dal consiglio Ue al ricorrente, inserito nellelenco di persone ed enti assoggettati al congelamento dei capitali, in quanto il diniego era fondato sul fatto che i documenti in esame concernevano sospetti di terrorismo e dunque integrava di per s leccezione del rischio di pregiudizio alla sicurezza pubblica).; e che, quanto allobbligo di motivazione: Lobbligo di motivazione di un atto comunitario deve essere valutato in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dellatto, della natura dei motivi esposti e dellinteresse che i destinatari dellatto o altre persone, che il detto atto riguardi direttamente e individualmente, possano avere a ricevere spiegazioni (nella specie, la corte ha ritenuto corretta la decisione del tribunale di primo grado che aveva a sua volta considerato adeguata la motivazione del diniego di consultazione opposto dal consiglio Ue al ricorrente, bench concisa, in quanto tale concisione era giustificata dalla necessit di non arrecare pregiudizio agli interessi di particolare delicatezza tutelati dalle eccezioni al diritto daccesso di cui allart. 4, n. 1, lett. a), primo e terzo trattino, regolamento 1049/2001, rivelando informazioni che le dette eccezioni mirano precisamente a salvaguardare). Nel secondo settore, cio quello che comprende il contenzioso sugli atti adottati dal Consiglio dellUnione Europea nellambito della sua potest discrezionale, la tutela dei diritti fondamentali nellambito di un giusto processo non trova ostacoli, essenzialmente perch linserimento nelle liste correlato alla pendenza nello Stato membro di un procedimento di indagine o giudiziario, quando non gi su una sentenza di condanna. La tutela dei diritti di informazione e contraddittorio si esplica, infatti, nel procedimento nazionale e lobbligo di motivazione del provvedimento comunitario assolto in misura pressoch assorbente dal riferimento allo stato ed agli esiti di quel procedimento. Inoltre, lobbligo di revisione semestrale delle liste obbliga il Consiglio a tener conto degli sviluppi dei procedimenti nazionali e, nel contempo, consente agli interessati di proporre le proprie istanze e, se del caso, di portarle al giudizio del Tribunale. Ad ulteriore tutela dei diritti dei soggetti inseriti nelle liste i regolamenti europei prevedono la possibilit di deroghe ed eccezioni allapplicazione del IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 47 regime del congelamento delle risorse economiche, a fini di sostentamento o umanitari, attribuendone la competenza alle autorit amministrative nazionali competenti (in Italia, il Comitato di sicurezza finanziaria). Lo Stato italiano, in ossequio al principio di leale collaborazione, collabora attivamente con le istituzioni comunitarie anche nella fase giudiziale aperta su impugnazione dei provvedimenti restrittivi; in particolare, nelle cause T-49/07, Sofiane Fahas c. Consiglio, (andata in discussione il 10 novembre 2009 e non ancora decisa) e T-4/10, Faraj Al Saadi, siamo intervenuti nel giudizio ed abbiamo portato tutte le notizie utili sul processo penale in corso (anche con la collaborazione del Comitato di sicurezza finanziaria), riferendo al Collegio dei nostri istituti processuali che salvaguardano il diritto dellimputato a partecipare alle indagini oltre che al processo penale, ad essere informato e sentito, a difendersi adeguatamente. In questo ambito di tutela si inseriscono la sentenza della Corte di Giustizia 3 dicembre 2009, in cause riunite C-399/06 P e C-103/06 P, che ha annullato le sentenze del Tribunale di primo grado 12 luglio 2006, in causa T-253/02, Chafiq Ayadi c. Consiglio, e in causa T-49/04, Faraj Hassan c. Consiglio, quindi annullando i regolamenti impugnati, con espresso richiamo alle ragioni della sentenza Kadi (disattese dal Tribunale che aveva insistito sulloperativit del solo jus cogens) e la sentenza del Tribunale di primo grado 4 dicembre 2008, in causa T-284/08, OMPI (Peoples Mojahedin Organization of Iran) c. Consiglio dellUnione europea, che ha annullato il provvedimento di inserimento in lista osservando che: Nellambito del procedimento per ladozione di una decisione del consiglio dellUnione europea, finalizzata al congelamento dei fondi detenuti da una persona fisica o giuridica sospettata di terrorismo, si presume violato il diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo quando il consiglio dellUnione europea non abbia ascoltato linteressato e non gli abbia consentito di conoscere le ragioni del provvedimento adottato, rifiutando altres di comunicare, anche al solo tribunale comunitario nel corso del successivo procedimento giudiziario, i documenti posti a base della decisione che giustificherebbe la deroga a tali diritti (nella specie, il tribunale ha annullato la decisione del consiglio 15 luglio 2008 n. 2008/583/Ce nella parte in cui includeva lente ricorrente nellelenco delle organizzazioni terroristiche, basata su documenti confidenziali provenienti dallautorit investigativa di uno stato membro). 3. A livello nazionale Il terzo livello di tutela giudiziaria si esplica nellambito degli istituti giurisdizionali degli Stati membri dellUnione europea. In primo luogo, il soggetto interessato partecipa al procedimento penale che lo riguarda, con tutte le garanzie riconosciute dal codice di procedura sia 48 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 in fase istruttoria che dibattimentale. In secondo luogo, il soggetto inserito nelle liste pu impugnare dinanzi allAutorit giudiziaria nazionale il rifiuto opposto dallo Stato di appartenenza a presentare agli organismi competenti la sua istanza di cancellazione dalla lista: lefficacia di questa tutela testimoniata dalla sentenza del Tribunale di primo grado di Bruxelles 11 febbraio 2005, in causa Nabil Sayadi e Patricia Vinck c. Regno del Belgio, che ha condannato lo Stato a richiedere, con procedura durgenza, al Comitato per le sanzioni la cancellazione del loro nome dalla lista, prevedendo una sanzione pecuniaria per il ritardo. Le Corti del Regno Unito si sono espresse in termini non univoci in occasione di due casi portati alla loro attenzione: con sentenza 22 settembre 2006 della High Court of Justice di Londra, confermata in appello con sentenza 6 marzo 2007, nel caso M.A.M. c. Her Majestys Treasury, stato rigettato il ricorso delle mogli di alcuni individui inseriti nelle black list che chiedevano lesclusione dal congelamento delle loro pensioni sociali, con la motivazione che una interpretazione ed applicazione ampia del vincolo sui beni si imponeva per un efficace perseguimento degli obiettivi indicati dal Consiglio di sicurezza nella lotta al terrorismo; con altra recente sentenza del 27 gennaio 2010 la Corte Suprema, nei casi Her Majestys Treasury c. Mohammed Jabar Ahmed and others e c. Mohammed El Sayed Sabati Youssef, sono stati, invece, annullati i provvedimenti di congelamento dei beni adottati in conseguenza dellinserimento nelle liste preparate dal Comitato per le sanzioni dellONU per linsufficienza di un semplice atto amministrativo, quale quello adottato dal Ministero del Tesoro sulla base dellart. 1, comma 1, dello United Nation Act 1946 (che autorizzava in via generale ad adottare tutti gli atti necessari per rendere effettive le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza ONU), in mancanza di una formale incriminazione da parte di un Tribunale ovvero di una espressa previsione di legge; in conseguenza di questa sentenza, il Parlamento inglese ha adottato, nel giro di un solo mese, una apposita legge, il Terrorist Asset- Freezing Act 2010, che ha ribadito il precedente regime nel rispetto del principio di legalit richiesto dalla Corte Suprema. In Italia, lAutorit Giudiziaria si occupata di iscrizione nelle back list sotto il profilo della sua funzione probatoria ai fini del riconoscimento della natura terroristica dellorganizzazione, per il delitto di associazione con finalit di terrorismo internazionale, negandone la valenza autonoma ma considerandola solo come base di indagine circa i fini perseguiti dalla stessa (Cass. pen., sez. I, 21 giugno 2005, Drissi; 11 ottobre 2006, Bouyahia; ecc.); inoltre, la nostra Suprema Corte ha mantenuto fermo il sequestro di beni dellimputato, riconosciuto la valenza del provvedimento di congelamento dei beni anche nel caso di chiusura del procedimento penale (Cass. pen., sez. I, 4 dicembre 2008, Minin), ritenendo che: In tema di sequestro penale di cose gi sottoposte a decreto di congelamento delle risorse economiche, disposto ai sensi IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 49 degli art. 4 e 5 d.leg. 109/07, non pu essere disposta la restituzione delle cose sequestrate, richiesta dallinteressato allesito del processo penale definito con sentenza che abbia accertato il difetto di giurisdizione dellautorit giudiziaria italiana, in quanto permane la necessit di mantenere sulle cose il vincolo di indisponibilit stabilito per effetto del decreto di congelamento. La tutela del diritto di propriet del ricorrente resta dunque affidata alliniziativa del Comitato di sicurezza finanziaria che, una volta ricevuta comunicazione dallautorit giudiziaria del venir meno del sequestro penale, anche a seguito di istanza dellinteressato, potr formulare alle competenti autorit internazionali, sia delle Nazioni unite che dellUnione europea, una proposta di cancellazione del ricorrente dalle liste di soggetti designati (v. art. 3, 12 comma, d.leg. 109/07, c.d. de-listing) Non sembra esserci spazio, invece, per una tutela risarcitoria in relazione al congelamento dei beni; in assenza di giurisprudenza nazionale sul punto, citiamo le sentenze del Tribunale di primo grado 7 giugno 2004, in causa T- 338/02, Segi c. Consiglio, e Corte di Giustizia 27 febbraio 2007, in causa C- 355/04 P, che ha confermato la prima, ribadendo che non sono esperibili rimedi giurisdizionali nei confronti di provvedimenti adottati in attuazione di posizioni comuni (che, come sopra abbiamo visto sono alla base dei regolamenti comunitari emanati nella materia ed hanno natura di atti politici). 4. A livello CEDU Resta aperto lapproccio al problema della tutela dei diritti fondamentali dei soggetti listati secondo la Convenzione europea dei diritti delluomo e la Corte di Strasburgo. Soltanto in un caso la Corte europea dei diritti delluomo si pronunziata su una misura di sequestro di beni adottata da uno Stato in esecuzione di un regolamento comunitario attuativo di embargo di merci verso la ex Repubblica di Jugoslavia stabilito dal Consiglio di sicurezza ONU; nella sentenza 30 giugno 2005, Bosphorus c. Irlanda, la Corte ha respinto il ricorso dichiarando di non poter entrare nel merito di provvedimenti assunti dalla Comunit europea in adempimento di obblighi internazionali, dovendosi presumere che lordinamento comunitario sia equivalente a quello della Convenzione di Roma in materia di tutela dei diritti fondamentali delluomo. Con le stesse ragioni e sulla base della riaffermata incompetenza della Corte di Strasburgo a giudicare di provvedimenti attuativi di risoluzioni del Consiglio di Sicurezza ONU, poich ci costituirebbe una ingerenza non consentita nella realizzazione della missione delle Nazioni Unite nel mantenimento della pace e della sicurezza dei popoli, sono stati dichiarati inammissibili dalla Grande chambre, con sentenza 31 maggio 2007, i ricorsi di Agim e Bekir Behrami c. Francia e Sbramati c. Francia, Germania e Nor- 50 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 vegia aventi ad oggetto presunte violazioni dei diritti umani commesse da Stati partecipanti alle missioni KFOR e UNMIK operanti in Kossovo sotto legida del Consiglio di Sicurezza. La giurisprudenza costante della Corte di Strasburgo non ammette, in generale, limitazioni ai principi fondamentali delluomo come stabiliti nella Convenzione europea a fronte di esigenze contrarie degli Stati in materia di sicurezza (si veda, ad esempio, la sentenza 28 febbraio 2008, Saadi c. Italia, secondo cui: I motivi che determinano la decisione di espellere uno straniero sono irrilevanti al fine di valutare se esista il rischio che, in caso di espulsione, tale individuo sia sottoposto a maltrattamenti in violazione dellart. 3 della convenzione; in particolare, dato il carattere assoluto del divieto di tortura, non possibile tenere conto, ai fini della valutazione del rischio di maltrattamenti, della condotta - per quanto deprecabile o pericolosa - posta in essere dallindividuo in questione), pur consentendo una valutazione proporzionale fra i vari interessi in gioco ed un giudizio di necessit (si vedano, fra le tante, le sentenze 25 febbraio 1997, Z. c. Finland, e 7 agosto 1996, C. c. Belgium, sul diritto al rispetto della vita privata e familiare, e Manoussakis and others c. Greece, sulla tutela della libert di pensiero, coscienza e religione). Lorientamento della Corte di Strasburgo destinato a divenire di fondamentale importanza nella materia, dopo lentrata in vigore del Trattato di Lisbona che ha definitivamente sancito il valore primario anche per lUE della Convenzione europea dei diritti delluomo, come diritto vivente in seguito allinterpretazione della Corte di Strasburgo, ed ha deliberato ladesione dellUE al Consiglio dEuropa (art. 6). Peraltro, il Trattato di Lisbona ha anche ridefinito la disciplina delle misure preventive e delle sanzioni contro gli Stati, le organizzazioni e le persone ai fini di tutela dei cittadini dellUnione dal terrorismo, dando indicazioni precise sul rispetto dei diritti fondamentali anche in questo settore; si vedano gli art. 75 e 215 TFUE i quali dispongono che gli atti di cui al presente articolo contengono le necessarie disposizioni sulle garanzie giuridiche e, quindi, impongono che gli atti con i quali sono disposte misure preventive o sanzioni siano adeguatamente motivati e prevedano la loro impugnabilit dinanzi ai giudici comunitari; si veda la Dichiarazione relativa agli articoli 75 e 215 del TFUE - allegata al Trattato di Lisbona - ove si dichiara che il rispetto dei diritti e delle libert fondamentali implica, in particolare, che sia prestata la dovuta attenzione alla protezione ed al rispetto del diritto al giusto processo delle persone o entit interessate. A tal fine, e per garantire una revisione giudiziaria esauriente delle decisioni che sottopongono una persona o entit a misure restrittive, tali decisioni devono essere basate su criteri chiari e distinti. I criteri dovrebbero essere adeguati alle caratteristiche specifiche di ciascuna misura restrittiva. * * * * * IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 51 Con questa dichiarazione penso di poter chiudere il mio intervento perch, in sintonia con quanto statuito dalla pi recente giurisprudenza dei giudici comunitari sopra richiamata, il Trattato ha delineato in termini precisi e decisi la posizione dellUnione Europea nella difficile opera di bilanciamento fra le esigenze di sicurezza dellUnione ed il rispetto dei diritti fondamentali delluomo, secondo lauspicio del Montesquieu, che nei paesi nei quali la libert oggetto di maggior stima, [non] vi [siano] leggi attraverso le quali un singolo ne sia privato, al fine di preservarla per lintera comunit (M., Lesprit des lois, livre XII, chapitre XIX). (Allegato) Ct. 10501/10 Avv. Albenzio AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO TRIBUNALE DELLUNIONE EUROPEA OSSERVAZIONI del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in persona dell'Agente designato per il presente giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso l'Ambasciata d'Italia, rappresentato e difeso dallAvvocatura Generale dello Stato, nella causa T-4/10 Faraj Faraj Hassan Al Saadi contro Commissione dellUnione Europea, con lintervento del Consiglio dellUnione e della Repubblica italiana, a sostegno della Commissione, promossa per lannullamento del Regolamento della Commissione 13 ottobre 2009 n. 954, nei limiti in cui riguarda il ricorrente. * * * * * 1. Con ordinanza del Tribunale in data 15 aprile 2010 (Reg. 429691) lItalia stata autorizzata ad intervenire nella causa in oggetto a sostegno della Commissione europea; analoga decisione (con ordinanza 17 marzo 2010 - Reg. 428056) stata presa nei riguardi del Consiglio UE; la Repubblica Italiana espone qui di seguito le ragioni del suo intervento e delle sue conclusioni a favore della legittimit del Regolamento della Commissione n. 954/2009 ex adverso impugnato. 2. Le ragioni a base dei motivi dellavverso ricorso sono infondate; in risposta a quanto dedotto dal sig. Faraj Hassan circa la lamentata violazione dei diritti di difesa, si osserva: 3. Come giustamente evidenziato nella memoria presentata dalla Commissione europea, il ricorrente ha ricevuto comunicazione del suo inserimento nella lista con lettera 8 maggio 2009 e, a seguito della richiesta inviata in data 21 maggio 2009 dai suoi difensori in ordine alla comunicazione delle ragioni poste a fondamento del suo inserimento nella lista, il 24 giugno 2009 la Commissione ha inviato allinteressato lo statement of reasons for listing e lo ha invitato a presentare eventuali commenti e osservazioni entro il 23 luglio 2009. 4. A seguito delle osservazioni trasmesse, inidonee a determinare una revisione delloriginaria decisione di inserimento del sig. Faraj Hassan nelle liste consolidate, la Commissione ha 52 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 comunicato allinteressato la decisione di mantenere liscrizione dello stesso nella lista . 5. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente nellatto di gravame, il medesimo stato messo pienamente in condizione di essere a conoscenza del fatto di essere stato inserito nella lista e delle ragioni della sua iscrizione ed stato messo in condizione di proporre le sue eventuali osservazioni; in seguito gli sono state rese note le ragioni in base alle quali la commissione non ha ritenuto valide le osservazioni proposte dal ricorrente al fine di accogliere una richiesta di de-listing; daltronde lo stesso Faraj Hassan - nei motivi posti a fondamento dellimpugnazione - che, nel sostenere linsufficienza delle motivazioni con le quali sarebbe stata decisa la conferma della sua iscrizione, ammette di essere stato messo a conoscenza delle motivazioni poste a fondamento di tale decisione. 6. Invero, a pag. 25 del ricorso, Faraj Hassan contesta che lunico elemento aggiuntivo rispetto alloriginario statement of reasons che giustificava il suo mantenimento della lista era costituito (nella comunicazione inviatagli dalla Commissione in data 21 ottobre 2009) dallemissione delle sentenze del Tribunale (in data 18 dicembre 2006) e della Corte di assise dappello di Milano (in data 7 febbraio 2008), con le quali veniva riconosciuto colpevole e condannato a 5 anni e 10 mesi di reclusione per essere stato ritenuto partecipe di associazione terroristica e reati connessi. 7. Fermo restando, pertanto, che per le ragioni sopra esposte il ricorrente era stato certamente messo in condizione di avere notizia del suo inserimento e del suo mantenimento in lista nonch delle ragioni poste a fondamento di tali decisioni e dei relativi elementi di prova sui quali tali decisioni si fondavano, si rivelano poi assolutamente inconsistenti e prive di fondamento giuridico le osservazioni del ricorrente in ordine allinsufficienza di elementi che giustificavano il suo inserimento e il suo mantenimento nella lista. 8. Si osserva al proposito che, nel caso oggetto di esame, trattandosi di soggetto nei confronti del quale sono state emesse due sentenze di condanna passate in giudicato per reati di terrorismo, appare superflua ogni ulteriore considerazione. 9. Posto che per liscrizione e il relativo mantenimento nella black list avente natura di misura di prevenzione sufficiente un quid minus rispetto alla sentenza di condanna, laddove anche la semplice pendenza di un procedimento penale per reati di terrorismo e/o reati connessi, nonch elementi indiziari attestanti il coinvolgimento di un soggetto in attivit terroristiche o ad esse riferibili (quali ad es. relazioni di servizio, informative di polizia giudiziaria etc.), potrebbero gi di per s essere ritenute sufficienti ai fini dellinserimento nelle liste, il problema non dovrebbe proprio porsi nelle ipotesi in cui ci si trovi innanzi a statuizioni aventi addirittura lautorit di cosa passata in giudicato. 10. Ancora, assolutamente prive di fondamento sono tutte quelle osservazioni formulate dal ricorrente in ordine allassoluta insussistenza di prove sul suo coinvolgimento in attivit terroristiche e alla contestazione della veridicit degli assunti probatori posti a fondamento delle sentenze emesse dallautorit giurisdizionale italiana. 11. Atteso, invero, che non sussistono elementi per ritenere che i processi italiani si siano celebrati con violazione dei diritti di difesa e del contraddittorio e che quindi il sig. Faraj Hassan era stato messo in condizione di conoscere i provvedimenti giurisdizionali emessi a suo carico, di partecipare al giudizio e di proporre tutte le questioni che ritenesse opportuno ai fini di un corretto esercizio del suo diritto di difesa, nonch di poter contestare lassunzione delle prove e di impugnare i provvedimenti giurisdizionali nei termini di legge finch non avevano raggiunto il carattere della definitivit, negare ora dinanzi al Tribunale dellUnione Europea la veridicit delle prove poste a fondamento delle sentenze italiane vorrebbe dire negare lautorit IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 53 della giurisdizione nazionale e violare il principio della certezza del diritto. 12. Mettere in discussione il contenuto di una sentenza definitiva emessa da unAutorit Giudiziaria di uno Stato membro comporta anche una violazione del principio di leale collaborazione fra le istituzioni dellUE e quelle degli Stati membri; in proposito si veda quanto affermato nella recente sentenza di codesto Tribunale del 30 settembre 2009, in causa T- 341/07, ove, a conferma di quanto gi statuito nelle precedenti sentenze OMPI e PMOI I, stato detto che: 94. ai sensi dellart. 10 CE, i rapporti tra gli Stati membri e le istituzioni comunitarie sono regolati da doveri reciproci di leale cooperazione95. in un caso di applicazione dellart. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931 e dellart. 2, n. 3, del regolamento n. 2580/2001, disposizioni che instaurano una forma di cooperazione specifica tra il Consiglio e gli Stati membri nellambito della lotta comune al terrorismo, tale principio comporta, per il Consiglio, lobbligo di rimettersi, per quanto possibile, alla valutazione dellautorit nazionale competente, quanto meno se si tratta di unautorit giudiziaria, in particolare riguardo allesistenza di prove o indizi seri e credibili sui quali si fonda la decisione di questultima. 13. Laddove il sig. Faraj Hassan avesse ritenuto che le prove assunte a suo carico avrebbero potuto essere confutate, avrebbe dovuto farlo nelle sedi opportune (il Tribunale e la Corte dAppello di Milano) e nei tempi e nei termini indicati dalla legge dello Stato nel quale veniva sottoposto a giudizio; non possibile ora negare il contenuto delle intercettazioni, laddove il contenuto di quelle intercettazioni che abbiano assunto il rango probatorio idoneo a fondare una statuizione di condanna, possono essere acquisite agli atti di un procedimento penale solo nelle ipotesi in cui le stesse vengano effettuate nel rispetto di tutte le garanzie di legge, dal momento dellautorizzazione a quello dellespletamento delle stesse sino a quello della trascrizione dei dialoghi in esse contenuti, al deposito, alla trascrizione delle medesime 14. Il sistema processuale penale italiano in ossequio al principio del giusto processo sancito dallart. 111 della Costituzione pone sullo stesso piano laccusa e la difesa dellimputato e concede ai difensori dellimputato le stesse facolt della pubblica accusa, anche in punto di acquisizione delle prove che possono essere richieste o procurate direttamente, senza alcuna limitazione e senza alcuna preventiva autorizzazione dellAutorit inquirente (si veda lart. 327-bis del codice di procedura penale: Attivit investigativa del difensore. 1. Fin dal momento dell'incarico professionale, risultante da atto scritto, il difensore ha facolt di svolgere investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito, nelle forme e per le finalit stabilite nel titolo VI-bis del presente libro. 2. La facolt indicata al comma 1 pu essere attribuita per l'esercizio del diritto di difesa, in ogni stato e grado del procedimento, nellesecuzione penale e per promuovere il giudizio di revisione. 3. Le attivit previste dal comma 1 possono essere svolte, su incarico del difensore, dal sostituto, da investigatori privati autorizzati e, quando sono necessarie specifiche competenze, da consulenti tecnici ). 15. Peraltro, Faraj Hassan stato destinatario di vari provvedimenti da parte delle Autorit inquirenti e giudiziarie italiane: lordine di custodia in carcere, la richiesta di rinvio a giudizio, la decisione della fissazione del dibattimento e delle relative udienze; tutti questi provvedimenti contengono lesposizione delle ragioni delle imputazioni contestate allimputato, come prescritto dallordinamento processuale italiano (v. art. 552 c.p.p.: Decreto di citazione a giudizio. 1. Il decreto di citazione a giudizio contiene: a) le generalit dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonch le generalit delle altre parti private, con l'indicazione dei difensori; b) l'indicazione della persona offesa, qualora risulti identifi- 54 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 cata; c) l'enunciazione del fatto, in forma chiara e precisa, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge; d) l'indicazione del giudice competente per il giudizio nonch del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione, con l'avvertimento allimputato che non comparendo sar giudicato in contumacia; e) l'avviso che limputato ha facolt di nominare un difensore di fiducia e che, in mancanza, sar assistito dal difensore di ufficio; g) l'avviso che il fascicolo relativo alle indagini preliminari depositato nella segreteria del pubblico ministero e che le parti e i loro difensori hanno facolt di prenderne visione e di estrarne copia;.). 16. In relazione alle decisioni assunte dallAutorit Giudiziaria allimputato garantito il contraddittorio e la possibilit di presentare le sue ragioni (v., quanto alla richiesta di rinvio a giudizio, lart. 420: Costituzione delle parti. 1. L'udienza si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del pubblico ministero e del difensore dell'imputato). 17. Inoltre, dopo la chiusura delle indagini tutti gli atti istruttori sono consultabili da parte dellimputato e del suo difensore (v. art. 415-bis: Avviso all'indagato della conclusione delle indagini preliminari. 1. Prima della scadenza del termine previsto dal comma 2 dell'articolo 405, anche se prorogato, il pubblico ministero, se non deve formulare richiesta di archiviazione ai sensi degli articoli 408 e 411, fa notificare alla persona sottoposta alle indagini e al difensore avviso della conclusione delle indagini preliminari. 2. L'avviso contiene la sommaria enunciazione del fatto per il quale si procede, delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto, con lavvertimento che la documentazione relativa alle indagini espletate depositata presso la segreteria del pubblico ministero e che l'indagato e il suo difensore hanno facolt di prenderne visione ed estrarne copia. 3. L'avviso contiene altres l'avvertimento che l'indagato ha facolt, entro il termine di venti giorni, di presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore, chiedere al pubblico ministero il compimento di atti di indagine, nonch di presentarsi per rilasciare dichiarazioni ovvero chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio. Se l'indagato chiede di essere sottoposto ad interrogatorio il pubblico ministero deve procedervi.). 18. Pertanto, atteso che Faraj Hassan nel corso dei procedimenti penali celebratisi in Italia nei suoi confronti era stato messo in condizione di avere conoscenza delle prove a base delle imputazioni e, in particolare, delle trascrizioni delle intercettazioni, della facolt di poter nominare un proprio consulente per effettuare le trascrizioni per proprio conto ed eventualmente confutare quelle effettuate dal perito nominato dal giudice e dal pubblico ministero, le contestazioni in ordine alla valenza probatoria delle stesse formulate dinanzi a codesto Tribunale, fuori dal procedimento penale e dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna, appaiono assolutamente improponibili, oltre che prive di fondamento; se cos non fosse si arriverebbe - come gi in precedenza evidenziato - a mettere in serio pericolo la certezza del diritto. 19. Inoltre, lordinamento giuridico italiano, offre un ulteriore strumento a difesa del condannato, anche nelle ipotesi di sentenza di condanna passata in giudicato, che quello della revisione del processo (titolo IV del codice di procedura penale, art. 629 e seguenti) nel caso di prove nuove o sopravvenute o che linteressato non sia stato messo in condizione di dedurre al momento di celebrazione del dibattimento (v. art. 630 c.p.p.: 630. Casi di revisione. 1. La revisione pu essere richiesta: c) se dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle gi valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto a norma dell'articolo 631; d) se dimostrato che la condanna venne pronunciata IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 55 in conseguenza di falsit in atti o in giudizio o di un altro fatto previsto dalla legge come reato). 20. Neanche tale straordinario mezzo di impugnazione mai stato esperito dal sig. Faraj Hassan, che si limita soltanto a contestare apoditticamente le prove poste a fondamento delle statuizioni di condanna emesse nei suoi confronti. 21. Ancora, se le sentenze di condanna passate in giudicato non dovessero essere ritenute elementi sufficienti per liscrizione di un soggetto sospettato di essere coinvolto in attivit terroristiche nelle liste previste dai regolamenti ONU e CE e se, quindi, liscrizione nelle black list fondata su tali elementi dovesse essere ritenuta in violazione dei diritti umani (e delle relative convenzioni internazionali che ne assicurano la salvaguardia), si porrebbe in crisi tutto il sistema delle misure di prevenzione e cautelari degli Stati membri che, come la legislazione italiana, consentono ladozione di provvedimenti ancor pi incisivi sulla sfera personale del soggetto - dalla custodia cautelare in carcere agli arresti domiciliari allobbligo di dimora alle sorveglianze speciali - che sono emessi sulla base di soli elementi indiziari e certamente inferiori sul piano dellevidenza probatoria ad una sentenza di condanna passata in giudicato! 22. Analoghe considerazioni potrebbero svolgersi con riferimento alle osservazioni svolte dal ricorrente laddove sostiene lillegittimit della compromissione del diritto di propriet; invero, se cos fosse, in via di principio ogni provvedimento cautelare reale (previsto dal nostro ordinamento nazionale sia come sequestro preventivo che come sequestro cautelare e/o probatorio) dovrebbe ritenersi illegittimo, con evidente violazione del diritto-dovere dello Stato di evitare che limputato possa, attraverso lutilizzazione dei suoi mezzi finanziari (probabilmente acquisiti illegittimamente) portare a compimento i suoi progetti delittuosi e consolidare gli effetti dei suoi reati. Sul punto ci associamo alle considerazioni sviluppate dalla Commissione nel suo atto difensivo. 23. Per quanto attiene, poi, lattualit della pericolosit sociale del soggetto con riferimento sempre al suo passato coinvolgimento in attivit terroristiche, evidente che non si pu dare un termine di scadenza preciso alla sua pericolosit e che il perdurare del pericolo potenziale della sua ulteriore partecipazione ad attivit terroristiche tanto maggiore quanto pi gravi sono i precedenti e le eventuali pendenze giudiziarie dellinteressato; il codice di procedura penale italiano, allart. 275, prevede una presunzione di pericolosit sociale del soggetto indiziato di appartenere ad organizzazioni criminali (mafiose e/o terroristiche o ad esse connesse) che giustifica ladozione di una misura cautelare personale e ritiene adeguata la misura della custodia cautelare in carcere, senza dare eccessivo rilievo al tempo trascorso dalla commissione del reato e ponendo quasi uninversione dellonere probatorio, dal momento che per giustificare la non applicazione della misura carceraria necessario dare conto di una eventuale dissociazione dallorganizzazione criminale o comunque effettiva cessazione della pericolosit sociale del soggetto; secondo il terzo comma del citato art. 275: La custodia cautelare in carcere pu essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata. Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, nonch in ordine ai delitti di cui agli articoli 575, 600-bis, primo comma, 600-ter, escluso il quarto comma, e 600-quinquies del codice penale, applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari. Le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano anche in ordine ai delitti previsti dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale, salvo che ricorrano le circostanze attenuanti dagli stessi contemplate. 24. Ancora, come sopra detto, anche per quanto attiene lemissione dei provvedimenti appli- 56 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 cativi delle misure di prevenzione non vi una regola precisa nello stabilire lattualit della pericolosit sociale del soggetto nei confronti del quale il provvedimento deve essere applicato, atteso che la gravit dei reati commessi fa propendere per il perdurare a lungo della pericolosit del soggetto e consente di giustificare ladozione di una misura di prevenzione - anche di quelle che comportino una limitazione della libert personale - non necessariamente contestuale alla commissione del reato in termini di valutazione di attualit della pericolosit. 25. A sostegno della pretesa del ricorrente non pu giovare neppure il richiamo ai principi fondamentali delluomo come definiti nella Convenzione europea del 1950 o nella Dichiarazione universale del 1948, atteso che il diritto alla possibilit di ricorrere in giudizio invocato da Faraj Hassan in riferimento al (preteso) diritto di accesso a tutti gli elementi di prova a base della decisione censurata va valutato dal Tribunale UE in ponderazione con gli altri diritti della collettivit e dei singoli individui che il provvedimento di inserimento nelle black list intende tutelare; questa doverosa ponderazione fra i vari interessi in gioco porta necessariamente da un lato a riconoscere alla persona destinataria della misura cautelare il diritto a ricorrere ad un giudice ed a conoscere le ragioni del provvedimento che lo riguarda e dallaltro lato il diritto degli Organi dellUE e dellONU a negare laccesso alle specifiche fonti di prova, per tutelare sia lincolumit personale degli informatori, dei collaboratori e degli infiltrati nelle cellule terroristiche (che hanno permesso lacquisizione delle notizie necessarie per individuare i soggetti che agiscono nellambito del terrorismo internazionale) sia la sicurezza della collettivit (minacciata dalle azioni terroristiche e dal pregiudizio per le indagini di prevenzione che necessariamente conseguirebbe alla scoperta delle fonti confidenziali di indagine). 26. In altre parole, non si pu obbligare la Commissione UE o il Consiglio UE (e, per il loro tramite, il Comitato per le Sanzioni dellONU) a svelare le fonti confidenziali dellindagine, una volta resi noti i risultati di quelle indagini (come avvenuto nel caso di specie, cos da permettere allinteressato di impugnare il provvedimento dinanzi al Tribunale dellUnione Europea), perch il diritto alla tutela della sicurezza della comunit e della incolumit personale dei soggetti che partecipano allindagine deve prevalere sul diritto del soggetto sospettato di partecipazione ad attivit terroristiche (e nel caso di Faraj Hassan il sospetto divenuto certezza dopo la condanna con le sentenze dellAutorit Giudiziaria italiana passate in giudicato!) a conoscere le fonti delle prove gi portate a sua conoscenza. 27. Il bilanciamento degli opposti interessi nei termini sopra suggeriti giustificato dalla particolare natura dellattivit di terrorismo internazionale cui sono dediti i gruppi eversivi cui collegato il soggetto iscritto nelle black list: trattasi di attivit ben diversa, pericolosa e grave rispetto a quella della normale criminalit, dalla quale va tenuta distinta; trattasi di attivit di guerra che esige un trattamento di particolare attenzione e severit. 28. Questa natura di guerra del terrorismo, diversa da quella tradizionale ma tanto pi odiosa e pericolosa in quanto attacca con azioni di distruzione e di omicidio di massa cittadini inermi, senza alcuna distinzione e preavviso e senza limitazioni territoriali, comporta che la lotta nei confronti dei suoi militanti vada effettuata, soprattutto a fini preventivi, con metodi di altrettanto forte impatto, eventualmente derogando alla piena applicazione dei diritti normalmente riconosciuti alluomo in tempo di pace, cos come espressamente previsto dallart. 15 della Convenzione europea sui Diritti dellUomo: anche per questi motivi (oltre che per quelli sopra evidenziati) al sig. Faraj Hassan ed a i suoi compagni deve essere riconosciuto il diritto allaccesso ad una Autorit Giudiziaria ed allinformazione sulle ragioni delle misure preventive adottate ma non pu essere riconosciuto il diritto allaccesso alle fonti delle informazioni IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 57 poste a base delle prove fornite. 29. La corretta valutazione delle fonti di informazione rimessa ad un organismo internazionale al massimo livello previsto dalla pi importante organizzazione mondiale di Stati il Comitato per le Sanzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e deve ritenersi legittimamente rimessa al giudizio esclusivo di questo organismo, la cui attivit coperta da un livello di segretezza necessario per il perseguimento degli obiettivi comuni che tutti gli Stati hanno voluto attribuirgli; anche gli Organismi dellUnione Europea devono rispettare questo assetto internazionalmente definito e lasciare alla competenza del Comitato per le Sanzioni dellONU la valutazione delle fonti di informazione. 30. Come la Corte dei Diritti dellUomo di Strasburgo nella nota sentenza 30 giugno 2005 Bosphorus c. Irlanda, dichiar di non poter entrare nel merito di provvedimenti assunti dalla Comunit europea in adempimento di obblighi internazionali, dovendosi presumere che lordinamento comunitario sia equivalente a quello della Convenzione di Roma in materia di tutela dei diritti fondamentali delluomo, cos anche le Corti giudiziarie dellUE dovranno arrestare la propria indagine allo statement of reasons fornito dal Comitato per le Sanzioni (e nella specie portato a conoscenza del ricorrente), sul presupposto che anche lordinamento internazionale delle Nazioni Unite si regga sugli stessi principi di quello dellUnione Europea, in forza della Dichiarazione Universale dei Diritti dellUomo che ne alla base. 31. Soprattutto dopo lentrata in vigore del Trattato di Lisbona e del suo art. 6, le Corti giudiziarie dellUE non hanno motivo da un lato per disapplicare il citato art. 15 della Convenzione e dallaltro lato per discostarsi dallorientamento espresso dalla Corte di Strasburgo nella citata sentenza Bosphorus e confermato nelle altre ove stato affrontato il problema della competenza del Comitato per le Sanzioni e del Consiglio di Sicurezza ONU: con le stesse ragioni e sulla base della riaffermata incompetenza della Corte dei Diritti dellUomo a giudicare di provvedimenti attuativi di risoluzioni del Consiglio di Sicurezza ONU, poich ci costituirebbe una ingerenza non consentita nella realizzazione della missione delle Nazioni Unite nel mantenimento della pace e della sicurezza dei popoli, sono stati dichiarati inammissibili dalla Grande chambre, con sentenza 31 maggio 2007, i ricorsi di Agim e Bekir Behrami c. Francia e Sbramati c. Francia, Germania e Norvegia aventi ad oggetto presunte violazioni dei diritti umani commesse da Stati partecipanti alle missioni KFOR e UNMIK operanti in Kossovo sotto legida del Consiglio di Sicurezza. 32. Concludiamo questo nostro intervento con il pensiero espresso da Grinne de Brca nel suo articolo The European Court of Justice and the International Legal Order after Kadi (in Jean Monnet Working Paper 01/09) in commento alla sentenza Kadi del 3 dicembre 2009 della Corte di Giustizia: 33. The ECJ effectively ignored the Security Council resolution for the purposes of its judgment, treating the aims of the resolution and its purposes as a matter mainly for the EUs political branches when implementing it. Instead the ECJ focused judicial attention only on the question of whether the EC implementing measure could violate principles of the ECs internal constitutional order, without reference to any principles of international law and without reference to the United Nations or to any other entity. 34. While the specific outcome of the Kadi case may be commendable from the short-term perspective of its insistence on minimum procedural-fairness requirements for those whose assets are to be indefinitely frozen pursuant to the implementation of a Security Council resolution, the strong pluralist approach that underpins the judgment of the ECJ is at odds with the conventional self-presentation of the EU as an organization which maintains particular fi- 58 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 delity to international law and institutions, and it is an approach that carries certain costs and risks for the EU. The judicial strategy adopted by the ECJ in Kadi was an inward-looking one which eschewed engagement in the kind of international dialogue that has generally been presented as one of the EUs strengths as a global actor. 35. Other judicial strategies were clearly available to the ECJ. In particular, the ECJ itself pointed toward what this Article has called a soft constitutionalist pathway but nevertheless chose not to take it. In paragraph 298 of its judgment in Kadi, the ECJ noted that the U.N. Charter leaves it to Member States to decide how to transpose Security Council resolutions into their legal order. This would have provided a doctrinal route by which the ECJ could have reached the same substantive result (viz, reviewing or striking down the ECs implementation of the Security Council freezing order) even while adopting an internationally-engaged approach which drew directly on principles of international law instead of emphasizing the particularism of Europes fundamental rights. In other words, the ECJ could have insisted on respect for basic principles of due process and human rights protection under international law even where these were neglected within the existing Security Council listing and delisting processes. By failing to do so, the ECJ lost an important opportunity to contribute to a dialogue about due process as part of customary international law, which would be of relevance for the international community as a whole and not just the EU. Arguments could have been advanced not only about customary international law as a basis for due process protection, but also about the references to protection of human rights in the U.N. Charter itself, as well as in the general principles of international law and jus cogens principles which were invoked by the CFI. In doctrinal terms, the ECJ could have concluded that the resolutions could not be implemented as they stood, without the interposition by the EU, within its freedom of transposition, of a layer of due process such as to protect the interests of affected individuals. This would have involved treating the EUs implementation of the Security Council resolution as an opportunity to address that deficiency. By focusing only on the EUs municipal guarantees of fundamental rights protection and ignoring international law, the ECJ not only failed to influence an important international debate on an issue which currently affects every member of the United Nations, but also failed to avail itself of the opportunity to develop a channel for the mutual influence of the EU and the U.N. legal orders. The fact that the ECJ chose the pluralist language and the reasoning which it did has sent out a clear message to other players in the international system about the autonomy of the European legal order, and the priority which it gives to its internally determined values. If courts outside the EU are inclined towards judicial borrowing, then the ECJs ruling in Kadi seems to offer encouragement to them to assert their local understandings of human rights and their particular constitutional priorities over international norms and over Chapter VII resolutions of the Security Council. 36. Richiamando lart. 1, par. 4, del Trattato di Lisbona (In its relations with the wider world, the Union shall uphold and promote its values and its interests and contribute to the protection of its citizens. It shall contribute to peace, security and the sustainable development of the Earth, solidarity and mutual respect among peoples, free and fair trade, eradication of poverty and the protection of human rights in particular the rights of the child, as well as to the strict observance and the development of international law, including respect for the principles of the UN Charter.) e la giurisprudenza della Corte di Giustizia relativa ad altri casi nei quali stato rispettato il campo di operativit di altri trattati internazionali (C-177/95, Ebony Maritime SA and Loten Navigation Co.Ltd v. Prefetto della Provincia di Brindisi, 1997; C-84/95, Bosphorus v. Minister for Transport, 1996), lAutore cos conclude: IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 59 37. Rather than adopting a soft-constitutionalist approach which would seek to mediate the relationship between the norms of the different legal systems, and which would have involved the ECJ in the process of shaping customary international law, the ECJ adopted a strongly pluralist approach which emphasized the internal and external autonomy and separateness of the ECs legal order from the international domain. Not only did the ECJs approach provide a striking example for other states and legal systems that may be inclined to assert their local constitutional norms as a barrier to the enforcement of international law, but more importantly it suggests a significant paradox at the heart of the EUs relationship with the international legal order, the implications of which have not begun to be addressed. In conclusione il Governo italiano chiede che il ricorso del sig. Faraj Hassan sia respinto e che il Regolamento della Commissione n. 954/2009 sia riconosciuto legittimo. Roma, 23 maggio 2010 Giuseppe Albenzio Avvocato dello Stato 60 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 Causa C-334/08 - Materia trattata: risorse proprie delle Comunit - Ricorso presentato il 18 luglio 2008 - Commissione delle Comunit europee/ Repubblica italiana (avv. Stato G. Albenzio - AL 29747/08). Conclusioni Constatare che la Repubblica italiana ha mancato agli obblighi che le incombono in virt dell'art. 10 CE, dell'art. 8 della decisione 2000/597/CE, Euratom del Consiglio, del 29 settembre 2000, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunit europee, e degli artt. 2, 6, 10, 11 e 17 del regolamento (CE, Euratom) n. 1150/2000 del Consiglio, del 22 maggio 2000, recante applicazione della decisione 94/728/CE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunit,per aver rifiutato di mettere a disposizione della Commissione le risorse proprie corrispondenti all'obbligazione doganale derivante dal rilascio, dal 27 febbraio 1997, da parte della Direzione compartimentale delle dogane per le Regioni Puglia e Basilicata, sita a Bari, di autorizzazioni irregolari a creare e gestire a Taranto magazzini doganali di tipo C, seguite da consecutive autorizzazioni alla trasformazione sotto controllo doganale e al perfezionamento attivo, fino alla loro revoca il 4 dicembre 2002; Condannare la Repubblica italiana al pagamento delle spese processuali. Motivi e principali argomenti Col presente ricorso la Commissione europea rimprovera al Governo italiano di avere rifiutato di mettere a disposizione delle Comunit europee le risorse proprie - quantificate in circa 23 milioni di euro - corrispondenti ad alcune autorizzazioni doganali irregolari rilasciate a Taranto nel periodo compreso fra il febbraio 1997 ed il dicembre 2002. La materia del contendere riguarda essenzialmente la responsabilit degli importi relativi alle risorse non riscosse a causa delle operazioni irregolari in questione. Il Governo italiano pretende di non essere responsabile dei mancati introiti dovuti alle predette irregolarit, in quanto queste ultime sarebbero unicamente imputabili ai funzionari che hanno provocato il danno, mentre la Commissione persuasa che la vigente legislazione comunitaria imponga allo Stato italiano di farsi carico di tutte le conseguenze finanziarie derivanti all'operato - anche irregolare - dei funzionari che agivano in suo nome e per suo conto. I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 61 Intervento orale del Governo italiano* Signor Presidente, signori Giudici, signor Avvocato Generale. 1. La questione di carattere generale allesame della Corte concerne la possibilit di configurare una responsabilit dello Stato membro nei confronti dellUnione per il danno derivante dalla mancata riscossione di risorse proprie della Comunit in conseguenza di azioni fraudolente di suoi funzionari amministrativi. 2. Non esiste una norma, n nel Trattato n nelle disposizioni normative del Consiglio e della Commissione che stabilisca in termini espressi siffatta responsabilit; neppure esiste una sentenza della Corte di Giustizia in tal senso; troviamo, invece, nei Regolamenti n. 1150/2000 (art. 17) e n. 2028/2004 (art. 13) la previsione della dispensa dallobbligo di mettere a disposizione della Commissione i diritti accertati nel caso di forza maggiore o di impossibilit della riscossione per motivi non imputabili; nellatto della Commissione n. 266 sulla Responsabilit finanziaria degli Stati membri per errori amministrativi commessi dalle autorit nazionali vengono individuate sei categorie che possono implicare quella responsabilit, ma nessuna di esse fa riferimento ad atti dolosi dei propri funzionari; troviamo, anche, sentenze della Corte che affermano la responsabilit dello Stato per la mancata riscossione conseguente ad errori dei funzionari (sent. 18 ottobre 2007, C-19/05, contro la Danimarca). 3. Nel caso oggi in discussione pacifico che la mancata riscossione sia conseguita ad una truffa ordita ai danni dellamministrazione doganale italiana da alcuni soggetti, fra i quali anche funzionari di quella amministrazione, che avevano posto in essere attivit illecite: ci stato accertato dallAutorit Giudiziaria Penale italiana con la ordinanza di custodia cautelare in carcere adottata dal G.I.P. del Tribunale Penale di Taranto nei confronti di alcuni dirigenti delle dogane e di alcuni militari della Guardia di Finanza (ordinanza che abbiamo richiamato nel nostro controricorso e nella controreplica) e nelle sentenze di rinvio a giudizio e di condanna che sono state gi emesse dai Tribunali penali italiani (menzionate nel paragrafo 1 della relazione riservata del 27 agosto 2008, allegata al controricorso, pag. 15); questa circostanza non , comunque, contestata dalla Commissione. 4. A questo punto vengono in rilievo altri due elementi di fatto che devono essere presi in considerazione al fine di escludere errori da parte della dogana italiana: il primo concerne la legittimit in astratto delle prime autorizzazioni rilasciate nel 1997 alla societ Fonderie per la istituzione e gestione di deposito doganale privato di tipo C e per la immissione nello stesso di rottami e avanzi di alluminio per la fusione e per la trasformazione in rottami dei pani di alluminio introdotti nel detto deposito. (*) V. controricorso in Rass. 2008, IV, 164-173. 62 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 5. Il secondo elemento di fatto riguarda leffettuazione da parte della dogana italiana dei controlli ordinari previsti dalla normativa vigente per quel tipo di attivit, come descritti in dettaglio nella citata relazione riservata, paragrafo 4, pagg. 18-19, e verbali pagg. 25-30; nessuna contestazione sulle modalit di effettuazione di queste verifiche e sulla loro idoneit per il tipo di autorizzazioni da verificare stata sollevata dalla Commissione che, peraltro, avrebbe potuto imporre nuove regole (ai sensi dellart. 8, n. 1, della Decisione 2000/597) ma non lo ha fatto; a questo proposito ricordiamo che nelle sentenze 5 ottobre 2006, cause C-377/03 e 105/02, la Corte ha verificato la mancanza di diligenza degli Stati membri che non avevano adottato tutte le misure necessarie per evitare le conseguenze sfavorevoli dedotte, in quanto non avevano seguito le indicazioni della Commissione, ma nella specie, ripetiamo, non contestato che la dogana italiana abbia seguito tutte le indicazioni per i controlli sulle attivit autorizzate. 6. Levasione dei dazi conseguita, come abbiamo gi detto e dimostrato nei nostri atti defensionali, da un abusivo esercizio di altre attivit nel deposito da parte della Fonderia; attivit illecite diverse da quelle autorizzate e che stato possibile scoprire soltanto in seguito ad una approfondita verifica straordinaria effettuata il 30 maggio 2002, come risulta dal verbale allegato al controricorso, pagg. 20-24. 7. Si deve concludere, sulla base di questi elementi di fatto documentati, che nessun errore pu essere imputato alla dogana italiana con riguardo al rilascio delle autorizzazioni e alleffettuazione delle verifiche. 8. Neppure pu essere imputata alla dogana una negligenza o ritardo per lattivit di denunzia e repressione dellillecito, di recupero dei dazi e di iscrizione delle risorse nella contabilit della Comunit. 9. Infatti, come risulta dai nostri atti defensionali e dalla citata relazione riservata, paragrafi 1, 2, 3 alle pagg. 15-18, non appena scoperta la frode sono state revocate tutte le autorizzazioni, presentata denunzia allAutorit Giudiziaria, aperti procedimenti disciplinari contro i dipendenti implicati nella frode, effettuato il sequestro dei beni della Fonderia, escussa la polizza assicurativa, iscritte le risorse nella contabilit B. 10. Nonostante non sia imputato allamministrazione italiana alcun errore, negligenza o ritardo per le attivit appena descritte, la Commissione ritiene che la stessa sia responsabile perch le azioni delittuose sono state poste in essere da suoi funzionari in servizio, quindi per la sola circostanza del legame di servizio che legava allepoca della frode i funzionari con lamministrazione nazionale, cio per la responsabilit oggettiva che farebbe sempre risalire in capo al datore di lavoro pubblico le conseguenze dannose degli atti dolosi dei dipendenti e renderebbe impossibile invocare la forza maggiore quale esimente. 11. Secondo la Commissione, infatti, gli atti dei funzionari dellammini- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 63 strazione sarebbero interni alla stessa e non potrebbero costituire quella circostanza esterna che la nozione di forza maggiore richiede; ma la Commissione sbaglia. 12. Come chiaramente detto nella sentenza 18 dicembre 2007, causa C- 314/06, punti 23-25: la nozione di forza maggiore non si limita allimpossibilit assoluta, ma deve essere intesa nel senso di circostanze anormali e imprevedibili, indipendenti dalloperatore, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate malgrado ladozione di tutte le precauzioni del caso, tenendo conto del contesto giuridico nel quale destinata a produrre i suoi effetti. 13. Applicando questi principi al caso oggetto di quel giudizio, la Corte ha quindi ammesso lesimente sulla base di tre affermazioni che risultano decisive anche nella decisione del nostro caso: a) ha escluso che si possa imporre una responsabilit assoluta al soggetto (nella specie, titolare di deposito autorizzato) per le perdite subite (punto 32); b) ha chiarito che il concetto di estraneit al soggetto delle circostanze sulle quali si fonda la forza maggiore non si limita a circostanze a lui estranee in senso materiale o fisico. Si deve piuttosto interpretare tale presupposto nel senso che esso concerne circostanze che sembrano sfuggire al controllo del depositario autorizzato o situarsi al di fuori dellambito di sua responsabilit (punto 33); c) ha riconosciuto che vi diligenza quando il soggetto in questione si sia conformato alla normativa tecnica applicabile (punti 36 e 40). 14. Nel caso oggetto del presente giudizio quelle tre statuizioni trovano perfetto riscontro: a) ritenere responsabile la pubblica amministrazione per i fatti dolosi dei propri dipendenti per la semplice circostanza dellesistenza del rapporto di impiego, senza altra indagine, imporrebbe quella responsabilit assoluta, cio oggettiva, che esclusa nellordinamento comunitario; b) escludere loperativit della forza maggiore perch lazione delittuosa del dipendente non estranea allamministrazione, porterebbe da un lato ad applicare un concetto meramente materiale o fisico che la Corte ha ritenuto errato e dallaltro lato a non considerare quelle circostanze che sfuggono al controllo del soggetto o si situano al di fuori dellambito della sua responsabilit, cio proprio quello che accade quando con unazione dolosa il dipendente agisce fuori del controllo del datore di lavoro e persegue un interesse strettamente individuale che si pone fuori dellambito di responsabilit dellamministrazione pubblica, interrompendo il nesso causale fra il suo stato di dipendente e lattivit posta in essere; c) escludere che nella specie lamministrazione doganale sia stata diligente nel rilasciare le prime autorizzazioni e nelleffettuare i controlli di routine vuol dire negare ogni rilevanza al rispetto delle normative tecniche del settore che la Corte ha, invece, ritenuto rilevanti per la individuazione della diligenza necessaria a configurare la forza maggiore. 64 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 15. Le tre argomentazioni sulle quali si fonda il ragionamento della Commissione non hanno, quindi, alcun fondamento e vanno disattese, riconoscendo a favore della dogana italiana lesimente della forza maggiore per non aver riscosso i dazi evasi dalla Fonderia prima della scoperta della frode nellanno 2002 e non averli iscritti nella contabilit A sin dal momento dellevasione, laddove bene ha fatto la dogana a iscrivere quelle risorse nella contabilit B non appena scoperta la frode. 16. Per vero, come noto, lobbligo degli Stati membri di riscossione delle risorse proprie e della successiva iscrizione nella contabilit sorge dal momento in cui le loro autorit doganali dispongono degli elementi necessari e sono dunque in grado di calcolare limporto dei dazi che risultano dallobbligazione doganale e di determinare il soggetto passivo (fra le tante, sent. 18 ottobre 2007, C-19/05) e, nella specie, ci stato possibile solo dopo la scoperta della frode in seguito alla verifica straordinaria del 2002; altrettanto correttamente, la dogana ha proceduto alliscrizione delle risorse nella contabilit B perch non riscosse e non garantite, oltre che oggetto di contestazione (come risulta dalla citata relazione riservata, paragrafo 3, pagg. 16-18). 17. La Commissione richiama, poi, a riprova della bont delle sue tesi, lart. 28 della Costituzione italiana il quale prevede la responsabilit della pubblica amministrazione per i fatti, anche dolosi, dei propri dipendenti; questa norma, per, concerne situazioni del tutto diverse da quella in esame e, comunque, conforta piuttosto la posizione italiana che quella della Commissione. 18. In primo luogo, lart. 28 finalizzato a tutelare il cittadino, parte debole, nei confronti della pubblica amministrazione e non pu essere richiamato nei rapporti che legano gli Stati nellambito dellUnione europea, rapporti che si fondano su una assoluta parit fra Stati sovrani, senza necessit di tutela di alcuna parte debole n, tanto meno, della stessa Unione che, secondo il principio dellequilibrio del bilancio, ricava le risorse necessarie, anche a compensazione di quelle mancate, con i finanziamenti da parte degli Stati membri. 19. In secondo luogo, lart. 28 della Costituzione testimonia che stata necessaria una espressa disposizione di legge per estendere alla pubblica amministrazione datrice di lavoro (e non anche al privato datore di lavoro) la responsabilit assoluta/oggettiva per i fatti dolosi dei propri dipendenti; una norma del genere, come abbiamo gi eccepito, non esiste nellordinamento comunitario e, pertanto, non ha alcun appiglio giuridico la pretesa della Commissione. 20. Ancora, dobbiamo rilevare che anche nella giurisprudenza della Corte di Cassazione italiana, in sede di applicazione del principio dellart. 28, sono state escluse ipotesi di responsabilit per eventi riconducibili ad iniziativa dolosa del dipendente posta in essere nel suo esclusivo interesse individuale ed in contrasto con i doveri connessi al rapporto di servizio con lamministrazione; citiamo la sentenza 3 agosto 2005, n. 16247, la cui massima ufficiale IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 65 cos recita: La responsabilit diretta dello Stato per lattivit dei pubblici dipendenti arrecante pregiudizio a terzi presuppone la riferibilit dellattivit stessa allo Stato, in quanto diretta al perseguimento dei suoi fini istituzionali, ancorch con abuso di potere; tale riferibilit va esclusa quando essa trovi nellesplicazione della pubblica funzione solo loccasione del suo manifestarsi per finalit estranee a quelle dellufficio, o addirittura, contrarie allinteresse della p.a.. 21. Unultima osservazione: a prescindere dalla configurabilit della forza maggiore, nella specie lo Stato italiano potrebbe essere esentato dalle responsabilit addebitategli dalla Commissione qualora, ai sensi degli art. 17 Reg. 1150 e 13 Reg. 2028, risultasse impossibile procedere al recupero totale dei diritti evasi per altri motivi non imputabili, identificabili nella particolare scaltrezza e complessit delle azioni fraudolente poste in essere ai danni della dogana che hanno impedito la immediata scoperta della frode, come stato gi accertato in sede penale dalla citata ordinanza di custodia cautelare in carcere del Tribunale di Taranto, oltre che dalle altre sentenze di condanna gi emesse nei confronti dei responsabili (si veda la citata relazione riservata allegata al controricorso), ordinanza ove si sottolinea che la situazione ambientale ..rende problematico il lavoro degli inquirenti dovendosi operare allinterno di un ambiente caratterizzato da una cos diffusa illegalit e da una stretta complicit tra i soggetti coinvolti. 22. Queste circostanze gi di per s sarebbero idonee a rendere non imputabile alla dogana italiana la mancata riscossione di parte dei dazi evasi; salvo che non si voglia attendere lesito dei procedimenti giudiziari pendenti ancora dinanzi alle Autorit nazionali. 23. In conclusione, il ricorso della Commissione va rigettato perch la sua pretesa infondata alla radice o, tuttal pi, non attuale, dovendosi attendere il definitivo accertamento delle circostanze richieste dalle disposizioni normative richiamate dalle parti in causa per fondare una responsabilit dello Stato o una esimente. Lussemburgo, 17 dicembre 2009 Avv. Giuseppe Albenzio 66 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 Causa C-393/08 - Materia trattata: concorrenza - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (Italia) il 10 settembre 2008 - Emanuela Sbarigia/Azienda USL RM/A, Comune di Roma, Assiprofar - Associazione Sindacale Proprietari Farmacia, e Ordine dei Farmacisti della Provincia di Roma (avv. Stato M. Russo - AL 45634/08). Questioni pregiudiziali 1) Se sia compatibile con i principi comunitari di tutela della libera concorrenza e della libera prestazione dei servizi, di cui, tra l'altro, agli artt. 49, 81, 82, 83, 84, 85 e 86 del Trattato CE, l'assoggettamento delle Farmacie ai sopra specificati divieti di poter rinunciare alle ferie annuali e di poter rimanere liberamente aperte anche oltre i limiti di apertura massima attualmente consentiti dalle disposizioni sopra specificate di cui alla legge regionale Lazio n. 26/2002, e il necessario assoggettamento altres, ai sensi dell'art. 10 comma 2, della stessa L.R., per poter ottenere nel Comune di Roma la deroga ai divieti suddetti, alla previa discrezionale valutazione dell'Amministrazione (effettuata d'intesa con gli enti e organismi specificati nel medesimo articolo) della specificit dell'ambito comunale di ubicazione delle Farmacie richiedenti; 2) se sia compatibile con gli artt. 152 e 153 del Trattato dell'Unione Europea l'assoggettamento del servizio pubblico farmaceutico, bench finalizzato alla tutela della salute degli utenti, a condizioni di limitazione o divieto, come quelle stabilite dalla L.R. n. 26/2002, della possibilit di incremento orario, giornaliero, settimanale ed annuale del periodo di apertura dei singoli esercizi farmaceutici. Osservazioni del Governo della Repubblica italiana Il giudizio a quo e la normativa nazionale I. Le questioni pregiudiziali di cui ai precedenti punti 1) e 2) vengono sollevate nellambito di un giudizio in cui la titolare di una farmacia sita nel Comune di Roma ha impugnato i provvedimenti amministrativi con i quali le si nega lautorizzazione a rimanere aperta in orari pi estesi rispetto a quelli ordinari, nonch a rinunciare alla chiusura per ferie. II. La materia disciplinata, nellordinamento italiano, con legge regionale. In particolare - nellambito della Regione Lazio - la legge n. 26/02 allart. 2, commi da I a V, disciplina la materia degli orari di apertura giornaliera, consentendo al comma VI^: In relazione a situazioni territoriali particolari, stagionali o periodiche, lorario di apertura diurna pu essere determinato in deroga ai criteri di cui ai commi IV e V, ma nel rispetto dei commi II e III ; lart. 10 della stessa legge Regionale, prevede, al comma II^, per specifici ambiti comunali lorario settimanale di apertura al pubblico, le ferie delle IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 67 farmacie urbane e la mezza giornata di riposo settimanale possono essere modificati, con deliberazione della ASL territoriale competente, dintesa con il Sindaco del Comune interessato, dellordine dei farmacisti e delle organizzazioni sindacali provinciali delle farmacie pubbliche e private maggiormente rappresentativi. Il Governo italiano svolge le seguenti osservazioni: 1) Irricevibilit La domanda di pronuncia pregiudiziale irricevibile in quanto manca la specificazione degli elementi in fatto e diritto, essenziali a spiegare quale rilevanza assumano, nel caso di specie, le norme richiamate. Infatti, il TAR pone a fondamento del primo quesito gli artt. 49, 81, 82, 83, 84, 85, 86 del Trattato CE e, a fondamento del secondo, gli artt. 152 e 153 del medesimo Trattato, peraltro limitandosi in entrambi i casi ad un richiamo del tutto generico, nonch omettendo di indicare in che modo ciascuna di tali norme rileverebbe rispetto al caso di specie. Si dir meglio oltre (punti 3 e 4) che, in realt, alcune delle norme citate non sono assolutamente conferenti alla fattispecie in esame; comunque anche per quelle che potrebbero, forse, avere una qualche attinenza con la controversia, il Tribunale non fornisce indicazioni circostanziate. La giurisprudenza della Corte di Giustizia ha avuto modo di chiarire che la Corte pu rifiutarsi di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale qualora non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (Causa C-223/99 Agor s.r.l., sentenza del 5 ottobre 2001 punto 20). Con particolare riferimento, poi, alla materia della concorrenza (che pure viene in considerazione nel presente giudizio), la Corte afferma (cause riunite C-51/96 e C-191/97 Christelle Delige, sentenza del 4 novembre 2000, punto 30 e giurisprudenza ivi richiamata) lesigenza di giungere ad uninterpretazione del diritto comunitario che sia utile per il giudice nazionale impone che questultimo definisca lambito di fatto e di diritto in cui si inseriscono le questioni sollevate o che esso spieghi almeno le ipotesi di fatto su cui sono fondate. Dette esigenze valgono in particolare in determinati settori, quale quello della concorrenza, caratterizzati da complesse situazioni di fatto e diritto (enfasi aggiunta); ed infatti la stessa sentenza - ai punti 36 e 37 - afferma che, nel caso esaminato, la sentenza di rinvio non contiene indicazioni sufficienti per quanto riguarda la concorrenza, proprio in quanto non reca indicazioni circa la definizione del mercato o dei mercati di cui trattasi nella causa principale, quali siano la natura ed il numero delle imprese che esercitano la loro attivit su tale mercato o tali mercati in ordine allesistenza ed importanza degli scambi tra Stati membri. Indicazioni, queste, che sono 68 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 carenti anche nella domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, rendendola - ad avviso di questa difesa - irricevibile. 2) In via subordinata rispetto alla dedotta irricevibilit, il Governo italiano svolge le seguenti osservazioni in relazione ai quesiti proposti. Il quesito di cui al punto 1) investe due aspetti distinti, e cio: da un lato il principio della libert della prestazione di servizi (art. 49 del Trattato); dallaltro, il principio della libera concorrenza (artt. 81, 82, 83, 84, 85, 86 del Trattato); 3) Prendendo le mosse dal primo di tali principi (art. 49), si osserva innanzi tutto che la norma non conferente rispetto alla fattispecie in esame, per diversi motivi. 3.1) Lart. 49 si riferisce alla prestazione di servizi. La nozione di servizio desumibile dallart. 50 I^ comma del Trattato, il quale stabilisce: Ai sensi del presente trattato, sono considerate come servizi le prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione, in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone. Il riferimento fatto dalla norma al concetto di retribuzione, come pure la residualit della nozione di servizio rispetto alle attivit che ricadono nellambito applicativo delle disposizioni in materia di libera circolazione di merci, capitali e persone, impedisce di ricondurre allart. 49 del Trattato lesercizio di una farmacia. Infatti, lesercizio di una farmacia non pu prescindere n dallo svolgimento di unattivit di scambio, quale la vendita di farmaci, n dalla necessaria costituzione di unorganizzazione stanziale. Tali caratteristiche chiaramente esulano dallambito di applicazione dellart. 49, rientrando piuttosto rispettivamente nel campo applicativo delle disposizioni in materia di libera circolazione delle merci (art. 28 del Trattato CE), o di libert di stabilimento (art. 43 Trattato). 3.2) Quanto al primo profilo (libera circolazione delle merci), la giurisprudenza comunitaria dopo avere elaborato (causa 8/74, Dassonville) il principio cosiddetto delleffetto equivalente, secondo cui ogni normativa commerciale degli Stati membri che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari va considerata come una misura di effetto equivalente a restrizioni quantitative, ha per espressamente escluso (cause riunite 267 e 268/91, Keck e Mithouard/Francia,) che possa costituire ostacolo al commercio fra Stati membri lassoggettamento di prodotti provenienti da altri Stati membri a disposizioni nazionali che limitino o vietino talune modalit di vendita, semprech tali disposizioni valgano nei confronti di tutti gli operatori interessati che svolgono la propria attivit sul territorio nazionale e sempre che incidano in ugual misura, tanto sotto il IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 69 profilo giuridico quanto sotto quello sostanziale, sullo smercio dei prodotti sia nazionali sia provenienti da altri Stati membri, precisando altres, con riferimento alla specifica problematica delle limitazioni disposte a livello nazionale agli orari di apertura degli esercizi commerciali, che lart. 28 (ex 30) del Trattato non si applica ad una normativa nazionale sullorario di apertura dei pubblici esercizi che vale per tutti gli operatori economici che svolgono la loro attivit sul territorio nazionale e che incide allo stesso modo, in diritto e fatto, sulla vendita dei prodotti nazionali e su quella dei prodotti provenienti da altri Stati membri (Cause riunite 69/03 e 258/93 Punto casa s.p.a.; Cause riunite C-401/92 e C-402/92 Tankstationt Heuske vof e J.B. Boermans). Deve perci ritenersi che la limitazione oraria che la L.R. 26/02 impone alle farmacie non rilevi come violazione dellart. 28 del Trattato. 3.3) Quanto al secondo profilo (libert di stabilimento), di cui allart. 43 del Trattato, si osserva che il principio di libert di stabilimento pu ritenersi violato solo qualora uno stato membro preveda ed imponga un ostacolo allo stabilimento nel proprio territorio di un cittadino di altro Stato membro, Commissione delle Comunit Europee contro Repubblica Francese - causa 270/83: Lart. 52 del Trattato costituisce una delle disposizioni fondamentali della comunit ed direttamente efficace negli stati membri dalla scadenza del periodo transitorio. Esso mira a garantire il trattamento nazionale al cittadino di uno stato membro che si stabilisca, sia pure in via secondaria, in un altro stato membro per svolgervi unattivit non subordinata e vieta qualsiasi discriminazione, anche di lieve entit, basata sulla cittadinanza che derivi dal diritto in vigore, in quanto restrizione della liberta di stabilimento. Non ricorre, quindi violazione del principio di libert di stabilimento quando comՏ nella specie al cittadino di altro Stato membro si consenta lo stabilimento alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, condizioni nella specie consistenti in determinate prescrizioni quanto allorario ed ai periodi annuali di apertura in ambiti comunali determinati, ampiamente giustificate da fini di pubblico interesse come si dir ai seguenti punti 4.1 e 5. 4) Delle restanti norme indicate dal giudice remittente nel primo quesito (artt. 81, 82, 83, 84, 85, 86 del Trattato CE), solo lart. 86 sembra presentare una qualche attinenza alla fattispecie oggetto del giudizio a quo. Infatti, mentre gli artt. 83 ed 85 del Trattato CE riguardano poteri ed attribuzioni del Consiglio e della Commissione, gli artt. 81 ed 82 hanno ad oggetto non gi condotte degli Stati membri, bens delle imprese. Lart. 86, invece, individuando obblighi degli Stati membri, potrebbe in astratto interessare ai fini della presente fattispecie. Tuttavia, a ben considerare, deve escludersi che i principi in esso stabiliti possano essere di ostacolo ad una normativa quale quella in materia di orari e chiusure feriali di cui alla L.R. 26/02. 70 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 4.1) Secondo lart. 86 cit., comma I^ Gli stati membri non emanano n mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi alcuna misura contraria alle norme del presente trattato, specialmente a quelle contemplate dagli articoli 12 e da 81 a 89 inclusi. Ebbene, la normativa di cui alla L.R. 26/02, che impone il rispetto di orari e chiusure feriali, e che subordina le relative deroghe alla discrezionalit amministrativa, non ricade in alcuna delle situazioni descritte nelle norme in materia di concorrenza richiamate dallart. 86. Essa infatti si limita a stabilire le condizioni minime e necessarie per assicurare il conseguimento del fine di interesse pubblico (tutela della salute pubblica) cui lassistenza farmaceutica finalizzata. Non si pu, del resto, ignorare il fatto che quello dei farmaci sia un mercato assolutamente peculiare, in quanto lassistenza farmaceutica, nellordinamento giuridico italiano forma, in realt, oggetto di un servizio pubblico, quale il Servizio sanitario nazionale istituito con legge n. 833 del 23 dicembre 1978. A mente dellart. 25 I^ comma di tale legge, le prestazioni di cura comprendono lassistenza medico generica, specialistica, infermieristica, ospedaliera e appunto farmaceutica. Lart. 28 comma I^ dispone altres che lunit sanitaria locale eroga lassistenza farmaceutica attraverso le farmacie, delle quali sono titolari enti pubblici e professionisti privati, tutte convenzionate secondo criteri indicati agli artt. 43 e 48, e tenute a garantire ai cittadini una serie di prestazioni (descritte analiticamente dal D.P.R. n. 371/98, art. 17: Le farmacie nello svolgimento della funzione di servizio pubblico sociale ed essenziale loro affidata dalla legge, e le loro organizzazioni sindacali, oltre a quanto gi espressamente previsto dal precedente art. 2 partecipano e collaborano ai programmi di medicina preventiva, di informazione e di educazione sanitaria indetti dalla regione e dalle aziende, con particolare riferimento al settore dell'assistenza farmaceutica. 2. Le farmacie e le organizzazioni sindacali locali operano in stretto contatto e collaborano con le aziende e le regioni di cui al comma 1, al fine di realizzare i seguenti obiettivi: a) diffusione capillare dell'informazione e della documentazione sul farmaco, sull'attivit, indicazioni e controindicazioni dei farmaci in generale, nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 29 e 31 della legge n. 833 del 1978; b) indicazioni (adeguate ed attinenti) agli assistiti sull'uso specifico dei farmaci prescritti e somministrati; c) partecipazione a gruppi di lavoro e ad quipe per la realizzazione dei programmi di informazione ed educazione sanitaria; d) partecipazione e collaborazione ad iniziative di aggiornamento professionale indette dalla regione; e) collaborazione per l'acquisizione di dati ed elementi ritenuti necessari all'indagine epidemiologica e statistica, alla formulazione dei programmi e degli interventi IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 71 di medicina preventiva e curativa; f) disponibilit alla prestazione della propria opera e attivit professionale, su richiesta della regione o dell'azienda, presso i servizi pubblici del territorio; g) predisposizione di un sistema di segnalazione immediata alla utenza di comunicazioni concernenti i servizi urgenti di guardia medica e farmaceutica in zona; h) collaborazione ad iniziative di educazione alimentare inerenti la dietetica infantile e senile, di corretti regimi alimentari degli adulti, la dietoterapia, la idroterapia, le conseguenze di alcoolismo e tabagismo; i) vigilanza in ogni caso in cui si possono presumere tentativi di induzione all'uso delle droghe e sostanze comunque nocive ), che vanno ben al di l della mera vendita di medicinali. Da notare, che la situazione fin qui descritta non muta per effetto della norma di cui allart. 5 del decreto legge 223/06 convertito in legge n. 248/06, il quale estende ad esercizi commerciali diversi dalle farmacie la possibilit di vendere medicinali: Gli esercizi commerciali di cui all'articolo 4, comma 1, lettere d), e) e f), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, possono effettuare attivit di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione, di cui all'articolo 9-bis del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a prescrizione medica, previa comunicazione al Ministero della salute e alla regione in cui ha sede l'esercizio e secondo le modalit previste dal presente articolo. abrogata ogni norma incompatibile. La vendita di cui al comma 1 consentita durante l'orario di apertura dell'esercizio commerciale e deve essere effettuata nell'ambito di un apposito reparto, alla presenza e con l'assistenza personale e diretta al cliente di uno o pi farmacisti abilitati all'esercizio della professione ed iscritti al relativo ordine . Infatti, gli esercizi di cui parla la norma offrono solo il servizio della vendita di alcuni tipi di farmaci, con esclusione degli altri servizi, tutti finalizzati alla tutela della salute pubblica, garantiti dalle farmacie. Una volta chiarito che la compravendita di farmaci costituisce un mercato del tutto particolare, in ragione della sua evidente finalizzazione ad un interesse pubblico quale la tutela della salute e della sua rilevanza nellambito del Servizio Sanitario Nazionale, appare chiaro come esso non possa sottostare in tutto e per tutto alle normali logiche del mercato, ma tolleri - ed anzi esiga - una disciplina ben precisa, come quella in materia di orari e chiusure allorigine della presente domanda di pronuncia pregiudiziale. Tale disciplina , infatti, addirittura necessaria a dare piena attuazione al fine di pubblico interesse cui lassistenza farmaceutica corrisponde. Ci in quanto, come si dir pi precisamente al punto 5, appunto attraverso tale disciplina che si garantisce continuit e diffusione capillare sul territorio allassistenza farmaceutica. Pertanto, deve escludersi che la legge della Regione Lazio n. 26/02 sia in conflitto con lart. 86 I^ comma del Trattato CE. 72 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 4.2) Venendo allanalisi del II^ comma dellart. 86 (Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme del presente trattato, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi della Comunit), si osserva quanto segue. Le farmacie non rientrano nella previsione e, particolarmente, nella categoria delle imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale, posto che il servizio - s - di interesse generale, come meglio si dir al successivo punto 5, ma non rileva certo dal punto di vista economico, bens dal punto di vista della salute pubblica. In ogni caso, anche a voler diversamente ritenere, la ratio della norma quella di evitare alle imprese che per loro natura e per la loro posizione gi godono di una posizione di forza, vantaggi ulteriori. Nel presente caso invece, non di vantaggi si tratta, ma di limitazioni, peraltro imposte dalla legge proprio per meglio assicurare il conseguimento della missione di tali imprese (come sar meglio illustrato al punto 5), limitazioni peraltro di minima portata e congrue allo scopo. 5) Con il quesito di cui al punto 2), il Tribunale remittente ipotizza un contrasto fra la legge regionale n. 26/02 ed i principi di cui agli artt. 152 e 153 del Trattato, i quali individuano nella tutela della salute umana e della salute pubblica un obiettivo prioritario della Comunit. Contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale Amministrativo del Lazio, la disciplina di orari e periodi di apertura, nonch la sottoposizione ad autorizzazione discrezionale amministrativa delle eventuali deroghe a detta disciplina, in dipendenza dalle specificit delle ubicazioni degli esercizi, non solo non contrasta con lobiettivo della salute pubblica, ma al contrario strumentale alla tutela di tale valore. 5.1) Ed in effetti, come gi osservato al punto 4.1), la vendita di farmaci non pu essere semplicisticamente assimilata ad una qualsivoglia attivit commerciale. Ci si dice per ribadire ancora una volta la valenza di servizio pubblico tipica dellattivit svolta dalle farmacie, per garantire il quale sono indispensabili misure restrittive quali quelle oggetto dei quesiti posti dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, le quali lungi dallessere in contrasto con i valori tutelati dagli artt. 152 e 153 del Trattato sono invece ad essi strumentali. Trattasi, peraltro, di misure minime, e congrue allo scopo, come si illustrer meglio ai punti successivi, e rispetto alle quali il Tribunale remittente non ha saputo indicare alternative. 5.2) Per garantire adeguatamente ai cittadini il servizio vendita di far- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 73 maci, non tanto necessario assicurare la relativa erogazione a ciclo continuo da parte del singolo esercizio commerciale, quanto piuttosto una razionale distribuzione del servizio medesimo sul territorio. Infatti, da un lato, la distribuzione di farmaci garantita non solo attraverso la singola farmacia, ma - ad esempio - anche attraverso le strutture sanitarie che mettono a disposizione il servizio di pronto soccorso per tutto larco delle ventiquattro ore; dallaltro, la continuit nella distribuzione di farmaci per zona viene assicurata proprio attraverso la regolamentazione normativa degli orari e periodi di apertura, che assicurano non tramite il singolo esercizio, ma in un determinato ambito territoriale la costante esistenza di una rivendita aperta. 5.3) E interessante sotto tale ultimo aspetto richiamare quanto ha osservato la Corte Costituzionale italiana (sent. n. 446 del 1988), analizzando proprio un caso in cui le fattispecie esaminate erano state ritenute dai giudici remittenti in contrasto con l'indispensabile requisito della continuit del servizio di assistenza farmaceutica, sia sotto il profilo della chiusura annuale per ferie, che sotto il profilo dellulteriore turno di chiusura infrasettimanale. La Corte costituzionale ha infatti efficacemente osservato (punto 4 della sentenza citata): La tesi [dei giudici remittenti, n.d.r.] postula necessariamente che nella legislazione statale sia rinvenibile, quale espressione di un principio fondamentale, l'esigenza in termini assoluti di continuit nell'apertura di ciascun esercizio farmaceutico, senza interruzione alcuna, nell'arco dell'intero anno, n per ferie ne per riposo infrasettimanale. Invero, dall'esame delle norme invocate a fondamento di tale asserzione ., mentre risulta da un lato evidente che il legislatore ha senz'altro inteso garantire, sotto il profilo della continuit, la massima efficienza organizzativa e professionale di un servizio direttamente finalizzato alla tutela della salute pubblica, risulta per altrettanto chiaro che, nelle stesse sedi normative ove tale obiettivo delineato, le relative modalit di attuazione non sono state regolate in modo del tutto rigido ma ne stato invece demandato il coordinamento ad una previsione di ordine generale sui turni di apertura (diurna, notturna, per riposo settimanale), da stabilirsi in relazione alle esigenze pratiche locali proprio per consentirne un costante adeguamento alle effettive necessit. La Corte prosegue richiamando l'intento di realizzare, attraverso valutazioni che potranno essere compiute solo in sede locale, l'ottimale funzionamento del servizio nel suo insieme nella specie, la ratio della legge ed il principio che ne va ricavato sono quelli della continuit nell'assistenza farmaceutica prestata, in un adeguato ambito territoriale, dal servizio nel suo insieme e non gi dalla singola farmacia. La citazione testuale sopra riprodotta serve a sottolineare che come accennato al punto 5.2) a tutela della salute pubblica il legislatore italiano ha voluto garantire la continuit del servizio a livello non della singola farmacia, 74 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 ma del territorio, affidandone la disciplina al legislatore locale proprio al fine di assicurare una miglior aderenza alle caratteristiche del territorio. 5.4) Del resto, come successivamente la stessa Corte Costituzionale italiana ha avuto occasione di osservare (sentenza n. 27 del 2003 punto 3.2) laccentuazione di una forma di concorrenza delle farmacie basata sul prolungamento degli orari di chiusura potrebbe contribuire alla scomparsa degli esercizi minori e cos alterare quella che viene comunemente chiamata la rete capillare delle farmacie. 5.5) Da quanto sin qui esposto, discende che le limitazioni di apertura ed orario costituiscono indispensabili e congrui strumenti di perseguimento di una finalit meritevole di tutela, quale la protezione e promozione della salute pubblica. Si chiede pertanto alla Corte di voler dichiarare irricevibile il ricorso, ovvero in subordine rispondere: Al primo quesito nel senso che lassoggettamento delle farmacie al divieto di rinunciare alle ferie annuali e di rimanere liberamente aperte anche oltre i limiti massimi attualmente consentiti dalle disposizioni di cui alla Legge regionale Lazio n 26/2002, nonch il necessario assoggettamento, ai sensi dellart. 10 comma 2, della stessa L.R., per poter ottenere nel Comune di Roma la deroga ai divieti suddetti, alla previa discrezionale valutazione dellAmministrazione (effettuata dintesa con gli enti e organismi specificati nel medesimo articolo) della specificit dellambito comunale di ubicazione delle Farmacie richiedenti, non in contrasto con i principi di libera circolazione delle merci, di libert di stabilimento e di libera concorrenza. Al secondo quesito: nel senso che gli artt 152 e 153 del Trattato dellUnione Europea non ostano allassoggettamento del servizio pubblico farmaceutico a condizioni di limitazione o divieti, come quelli stabiliti dalla LR. n. 26/2002, della possibilit di incremento orario, giornaliero, settimanale ed annuale del periodo di apertura dei singoli esercizi farmaceutici. Avv. Marina Russo IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 75 Causa C-396/08 - Materia trattata: politica sociale - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte d'appello di Roma (Italia) il 12 settembre 2008 - Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS)/Daniela Lotti e Clara Matteucci (avv. Stato M. Russo - AL 683/09). Questioni pregiudiziali 1) Se sia conforme alla Direttiva 97/81/CE, e segnatamente alla clausola sub 4 sul principio di non discriminazione, la normativa dello Stato Italiano (art. 7 comma 1 L. 638/83) che conduce a non considerare quale anzianit contributiva utile per l'acquisizione della pensione, i periodi non lavorati nel part-time verticale; 2) Se la predetta disciplina nazionale sia conforme alla Direttiva suddetta e segnatamente alla clausola sub 1 laddove previsto che la normativa nazionale debba facilitare lo sviluppo del lavoro a tempo parziale alla clausola sub 4 ed alla clausola sub 5 laddove impone agli Stati membri di eliminare gli ostacoli di natura giuridica che limitino l'accesso al lavoro parttime essendo indubitabile che la mancata considerazione ai fini pensionistici delle settimane non lavorate costituisca una importante remora alla scelta del lavoro part-time nella forma del tipo verticale; 3) se la clausola 4 sul principio di non discriminazione possa estendersi anche nell'ambito delle varie tipologie di contratto part-time, atteso che nellipotesi di lavoro a tempo parziale orizzontale, a parit di un monte ore lavorato e retribuito nell'anno solare, sulla base della legislazione nazionale, vengono considerate utili tutte le settimane dell'anno solare, differentemente dal part-time verticale. Osservazioni del Governo della Repubblica italiana I quesiti di cui ai precedenti punti sono stati sollevati nellambito di un giudizio in cui i ricorrenti lavoratori a tempo parziale di tipo verticale ciclico chiedevano il riconoscimento dellanzianit contributiva pari allintero numero di settimane incluse nel periodo di lavoro part time; LINPS Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, resistente nel giudizio a quo, riteneva invece che potessero considerarsi utili ai fini dellanzianit contributiva i soli periodi lavorati, e non anche i periodi di inattivit. 1. La normativa nazionale che disciplina la materia oggetto del giudizio a quo costituita dallart. 7 del D.L. n. 463 del 12 settembre 1983 conv. in L. n. 683 dell11 novembre 1983, il quale prevede: Il numero dei contributi settimanali da accreditare ai lavoratori dipendenti nel corso dell'anno solare, ai fini delle prestazioni pensionistiche a carico dell'Istituto nazionale della pre- 76 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 videnza sociale, per ogni anno solare successivo al 1983 pari a quello delle settimane dell'anno stesso retribuite o riconosciute in base alle norme che disciplinano l'accreditamento figurativo, sempre che risulti erogata, dovuta o accreditata figurativamente per ognuna di tali settimane una retribuzione non inferiore al 30% dellimporto del trattamento minimo mensile di pensione a carico del Fondo pensioni lavoratori dipendenti in vigore al 1 gennaio dell'anno considerato. 2. In caso contrario viene accreditato un numero di contributi settimanali pari al quoziente arrotondato per eccesso che si ottiene dividendo la retribuzione complessivamente corrisposta, dovuta o accreditata figurativamente nell'anno solare, per la retribuzione di cui al comma precedente. I contributi cos determinati, ferma restando l'anzianit assicurativa, sono riferiti ad un periodo comprendente tante settimane retribuite, e che hanno dato luogo all'accreditamento figurativo, per quanti sono i contributi medesimi risalendo a ritroso nel tempo, a decorrere dall'ultima settimana lavorativa o accreditata figurativamente compresa nell'anno . 2. Il D.lgs del 25 febbraio 2000 n. 61, recante Attuazione della Direttiva 97/81/CE relativa allaccordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dallUNICE, dal CEEP e dalla CES, disciplina - allart. 9 - il trattamento previdenziale spettante ai lavoratori a tempo parziale, prevedendo: La retribuzione minima oraria, da assumere quale base per il calcolo dei contributi previdenziali dovuti per i lavoratori a tempo parziale, si determina rapportando alle giornate di lavoro settimanale ad orario normale il minimale giornaliero di cui all'articolo 7 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, e dividendo l'importo cos ottenuto per il numero delle ore di orario normale settimanale previsto dal contratto collettivo nazionale di categoria per i lavoratori a tempo pieno. ... Nel caso di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale e viceversa, ai fini della determinazione dellammontare del trattamento di pensione si computa per intero lanzianit relativa ai periodi di lavoro a tempo pieno e proporzionalmente all'orario effettivamente svolto l'anzianit inerente ai periodi di lavoro a tempo parziale. Il D.lgs in questione non contiene, peraltro, una norma specifica che disciplini la materia dellanzianit contributiva, sicch al lavoro a tempo parziale non possono che applicarsi i principi generali del sistema pensionistico nazionale, e segnatamente i criteri fissati dallart. 7 del D.L. n. 463/1983 di cui al precedente punto; 3. Secondo la prospettazione del giudice a quo, osterebbero a tale disciplina sia il principio di non discriminazione di cui alla Direttiva 97/81/CE, sia le clausole della medesima Direttiva che impongono agli Stati membri di facilitare lo sviluppo del lavoro a tempo parziale e di eliminare gli ostacoli di IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 77 natura giuridica che limitino laccesso al lavoro part-time. I) Relativamente al primo quesito, nel quale il giudice a quo dubita della compatibilit della normativa nazionale con il principio di non discriminazione sancito alla clausola 4 della Direttiva, il Governo italiano svolge le seguenti osservazioni. I.a) La clausola 4 della Direttiva prevede Per quanto attiene alle condizioni di impiego, i lavoratori a tempo parziale non devono essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo pieno comparabili per il solo motivo di lavorare a tempo parziale, a meno che un trattamento differente sia giustificato da ragioni obiettive. Dalla lettura della norma emerge in maniera evidente che il quesito sub 1) mal posto, in quanto la clausola 4 riguarda la discriminazione fra lavoratori a tempo parziale e lavoratori a tempo pieno, e non la discriminazione interna alla prima delle due categorie. Nel caso in esame, comunque, non si ravvisa un trattamento deteriore del lavoratore a tempo parziale rispetto al lavoratore a tempo pieno comparabile, in quanto anche per il primo valgono i criteri generali di cui allart. 7 del D.L. n. 463/1983. Il criterio utilizzato da tale norma non fondato sul numero delle settimane in cui vi sia stata o meno prestazione lavorativa, bens sul criterio della cosiddetta retribuzione minimale. Infatti, lart. 7 del D.L. 463/1983 prevede che lanzianit contributiva sia valutata per intero in presenza di una retribuzione media settimanale pari almeno allimporto del minimale di retribuzione previsto per lanno considerato. In caso di mancato raggiungimento del minimale, viene invece riconosciuto un numero di contributi pari al rapporto fra imponibile retributivo annuo e minimale settimanale vigente nello stesso anno. Ci vale, in via generale, per tutto il sistema pensionistico italiano, quindi senza distinzioni n fra i vari tipi di contratto di lavoro a tempo parziale, n fra i contratti di lavoro a tempo parziale e quelli a tempo pieno. Il trattamento, quindi, non pu dirsi discriminatorio, in quanto fondato su di un criterio omogeneo. I.b) Resta salva, comunque, la possibilit di versare contributi volontari per i periodi che, ai sensi dellart. 7 I^ comma citato al precedente punto, non sono utili ai fini dellanzianit contributiva. Tale possibilit prevista dallart. 8 del D.lgs del 16 settembre 1996 n. 564, recante Attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 39, della L. 8 agosto 1995, n. 335, in materia di contribuzione figurativa e di copertura assicurativa per periodi non coperti da contribuzione, il quale prevede: In favore degli iscritti all'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidit, la vecchiaia e i superstiti e alle forme di 78 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 essa sostitutive ed esclusive, che svolgono attivit di lavoro dipendente con contratti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale, orizzontale o ciclico, i periodi, successivi al 31 dicembre 1996, di non effettuazione della prestazione lavorativa, non coperti da contribuzione obbligatoria, possono essere riscattati, a domanda, .Per i periodi di cui al comma 1, i soggetti indicati nel comma medesimo possono essere autorizzati, in alternativa, alla prosecuzione volontaria del versamento dei contributi nel fondo pensionistico di appartenenza ai sensi della legge 18 febbraio 1983, n. 47 . Alla luce di quanto esposto ai punti I.a) e I.b), si ritiene che il principio di non discriminazione tra lavoratori a tempo parziale e lavoratori a tempo pieno di cui alla clausola n. 4 della Direttiva 97/81/CE non osti ad una normativa nazionale quale quella di cui allart. 7 I^ comma del D.L. 463/1983. II) Relativamente al secondo quesito, nel quale si evidenzia un possibile contrasto fra la normativa nazionale ed i principi di cui alle clausole 1, 4 e 5 della Direttiva 97/81/CE, il Governo italiano osserva quanto segue. II.a) I principi che prevedono che gli Stati membri siano tenuti a facilitare lo sviluppo del lavoro a tempo parziale e ad eliminare gli ostacoli di natura giuridica che limitino laccesso al lavoro part-time, di cui alle clausole 1 e 5 della Direttiva 97/81/CE (ma non nella clausola 4, richiamata nel quesito ma non contenente un principio del genere) non ostano ad un sistema quale quello disciplinato dallart. 7 I^ comma D.L. 463/1983. Lordinamento italiano ha massimamente agevolato laccesso al rapporto di lavoro a tempo parziale, consentendo al lavoratore la scelta, del tutto libera, fra vari tipi di contratto: D.lgs. n. 61/2000, art. 1: Nel rapporto di lavoro subordinato l'assunzione pu avvenire a tempo pieno o a tempo parziale. Ai fini del presente decreto legislativo si intende: a) per tempo pieno l'orario normale di lavoro di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, o l'eventuale minor orario normale fissato dai contratti collettivi applicati; b) per tempo parziale l'orario di lavoro, fissato dal contratto individuale, cui sia tenuto un lavoratore, che risulti comunque inferiore a quello indicato nella lettera a); c) per rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale quello in cui la riduzione di orario rispetto al tempo pieno prevista in relazione all'orario normale giornaliero di lavoro; d) per rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale quello in relazione al quale risulti previsto che l'attivit lavorativa sia svolta a tempo pieno, ma limitatamente a periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell'anno; d-bis) per rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo misto quello che IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 79 si svolge secondo una combinazione delle due modalit indicate nelle lettere c) e d); e) per lavoro supplementare quello corrispondente alle prestazioni lavorative svolte oltre l'orario di lavoro concordato fra le parti ai sensi dell'articolo 2, comma 2, ed entro il limite del tempo pieno . A presidio della non discriminazione dei lavoratori a tempo parziale e, di conseguenza, della libert di scelta del tipo di contratto desiderato, vi poi lart. 4 del D.lgs 61/00: Fermi restando i divieti di discriminazione diretta ed indiretta previsti dalla legislazione vigente, il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno comparabile, intendendosi per tale quello inquadrato nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dai contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3, per il solo motivo di lavorare a tempo parziale. 2. L'applicazione del principio di non discriminazione comporta che: a) il lavoratore a tempo parziale benefci dei medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno comparabile in particolare per quanto riguarda l'importo della retribuzione oraria; la durata del periodo di prova e delle ferie annuali; la durata del periodo di astensione obbligatoria e facoltativa per maternit; la durata del periodo di conservazione del posto di lavoro a fronte di malattia; infortuni sul lavoro, malattie professionali; l'applicazione delle norme di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro; l'accesso ad iniziative di formazione professionale organizzate dal datore di lavoro; l'accesso ai servizi sociali aziendali; i criteri di calcolo delle competenze indirette e differite previsti dai contratti collettivi di lavoro; i diritti sindacali, ivi compresi quelli di cui al titolo III della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni. I contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3, possono provvedere a modulare la durata del periodo di prova e quella del periodo di conservazione del posto di lavoro in caso di malattia qualora l'assunzione avvenga con contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale; b) il trattamento del lavoratore a tempo parziale sia riproporzionato in ragione della ridotta entit della prestazione lavorativa in particolare per quanto riguarda l'importo della retribuzione globale e delle singole componenti di essa; l'importo della retribuzione feriale; l'importo dei trattamenti economici per malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale e maternit. Resta ferma la facolt per il contratto individuale di lavoro e per i contratti collettivi, di cui all'articolo 1, comma 3, di prevedere che la corresponsione ai lavoratori a tempo parziale di emolumenti retributivi, in particolare a carattere variabile, sia effettuata in misura pi che proporzionale. II.b) Nessun ostacolo di natura giuridica o amministrativa alla possibilit di lavoro a tempo parziale, come descritto al precedente punto deriva dalla norma di cui allart. 7 cit. che, come detto, ha valenza di carattere generale nellordinamento italiano e si fonda su un criterio-cardine del sistema pen- 80 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 sionistico nazionale, valido per tutti i lavoratori. Tra le varie possibili opzioni contrattuali, quindi, il lavoratore sceglie in assoluta libert quella pi confacente alle proprie esigenze organizzative e di vita, andando sempre incontro allapplicazione dello stesso principio regolatore dellanzianit contributiva. III) Relativamente al quesito 3), si osserva infine quanto segue. Come gi illustrato al punto I.a), la clausola n. 4 della Direttiva 97/81/CE non investe la questione della discriminazione fra categorie di lavoratori a tempo parziale, essendo riferita solo al divieto di discriminazione tra lavoratori a tempo parziale e lavoratori a tempo pieno. In ogni caso, il fatto che, in concreto, il lavoratore a tempo parziale verticale, a differenza del lavoratore a tempo pieno comparabile, non veda riconosciute le settimane non lavorate ai fin dellanzianit contributiva, costituisce semplicemente lovvia conseguenza della diversa distribuzione e del diverso numero delle ore lavorate. Leventuale disparit di trattamento fra lavoratori a tempo parziale orizzontale e verticale, invece, oggettivamente giustificata dalla diversit delle due forme di part-time, lopzione per le quali rimessa peraltro alla libera valutazione del lavoratore: ed infatti, lassoluta libert della scelta, illustrata al precedente punto, fra lopzione per il part-time verticale e quella per il part-time orizzontale impedisce di ipotizzare una discriminazione interna alla categoria dei contratti di lavoro a tempo parziale, posto che il lavoratore opta per luna o per laltra soluzione, a seconda di quella che meglio si adatta alle proprie esigenze organizzative, andando incontro sempre e comunque allapplicazione dei medesimi principi generali del sistema pensionistico nazionale, che valgono tanto per luno quanto per laltro tipo di contratto. Il Governo italiano propone quindi di rispondere ai quesiti come segue: Sul quesito sub 1): il principio di non discriminazione di cui alla clausola n. 4 della Direttiva n. 97/81/CE non osta ad una normativa nazionale che conduca a non considerare utili ai fini dellanzianit contributiva per lacquisizione della pensione i periodi non lavorati nel part-time verticale. Sul quesito sub 2): La Direttiva 97/81/CE clausola sub 1 - laddove previsto che la normativa nazionale debba facilitare lo sviluppo del lavoro a tempo parziale; clausola sub 5 laddove impone agli Stati membri di eliminare gli ostacoli di natura giuridica che limitino laccesso al lavoro part-time non osta ad una normativa nazionale che conduca a non considerare utili ai fini dellanzianit contributiva per lacquisizione della pensione i periodi non lavorati nel part-time verticale. Sul quesito sub 3): Il principio di non discriminazione di cui alla clau- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 81 sola 4 della Direttiva 97/81/CE non pu essere esteso allambito delle varie tipologie di contratti di lavoro a tempo parziale, atteso che eventuali diversit di trattamento tra il lavoro part-time orizzontale e quello verticale possono giustificarsi in ragione della diversit delle forme di part-time, lopzione tra le quali frutto di una scelta volontaria del lavoratore e comporta comunque lapplicazione dei medesimi principi generali del sistema pensionistico nazionale. Avv. Marina Russo Causa C-565/08 - Materia trattata: libert di stabilimento - Ricorso presentato il 19 dicembre 2008 -Commissione delle Comunit europee/Repubblica italiana (avv. Stato W. Ferrante - AL 3557/09 - Procedura di infrazione riguardante i massimi delle tariffe forensi). Conclusioni Constatare che, prevedendo delle disposizioni che impongono agli avvocati l'obbligo di rispettare tariffe massime, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli articoli 43 e 49 CE; Condannare la Repubblica italiana al pagamento delle spese del giudizio. Motivi e principali argomenti La fissazione di tariffe massime obbligatorie per le attivit giudiziali e stragiudiziali degli avvocati costituisce una restrizione alla libert di stabilimento ai sensi dell'articolo 43 CE, nonch una restrizione alla libera prestazione dei servizi ai sensi dell'articolo 49 CE. Infatti, un tariffario massimo obbligatorio che deve essere applicato indipendentemente dalla qualit dell'opera svolta, dal lavoro necessario a svolgerlo, e dai costi sopportati per effettuarlo, pu rendere il mercato italiano dei servizi legali non attraente per i professionisti esteri. Gli avvocati stabiliti in altri Stati membri sono dunque disincentivati a stabilirsi in Italia ovvero a prestarvi temporaneamente i propri servizi. In primo luogo, perch il doversi adattare ad un nuovo sistemadi tarifficazione (peraltro molto complesso) comporta costi aggiuntivi che possono ostacolare l'esercizio delle libert fondamentali riconosciute dal trattato. In secondo luogo, il limite massimo del tariffario rappresenta un ulteriore freno alla libera circolazione dei servizi legali nel mercato interno poich impedisce che la qualit delle attivit svolte da avvocati stabiliti in Stati membri 82 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 diversi dall'Italia sia correttamente remunerata e quindi dissuadendo taluni avvocati, i quali chiedono onorari pi elevati di quelli stabiliti dalla regolamentazione italiana in funzione delle caratteristiche del mercato italiano, dal prestare temporaneamente i propri servizi in Italia, ovvero dallo stabilirsi in tale Stato. Infine, la rigidit del sistema di tarifficazione italiano impedisce all'avvocato (incluso quello stabilito all'estero) di fare offerte ad hoc in situazioni e/o a clienti particolari. Ad esempio, offrire un pacchetto di determinati servizi legali ad un prezzo fisso. Ovvero offrire un insieme di servizi legali prestati in diversi Stati membri ad una tariffa comune. La legislazione italiana pu dunque comportare una perdita di competitivit da parte di avvocati stabiliti all'estero perch priva gli stessi di efficaci tecniche di penetrazione sul mercato legale italiano. Inoltre, la misura controversa non appare n idonea al raggiungimento degli scopi di interesse generale indicati dalle autorit italiane, n la meno restrittiva a tal fine. In particolare, essa non appare idonea al fine di garantire l'accesso alla giustizia ai meno abbienti, ovvero a garantire la tutela dei destinatari dei servizi legali o ancora ad assicurare il buon funzionamento della giustizia. N appare essa proporzionata visto che esistono altre misure che appaiono sensibilmente meno restrittive nei confronti degli avvocati stabiliti all'estero, e parimenti (o maggiormente) idonee a conseguire gli scopi di tutela invocati dalle autorit italiane. Infine, le autorit italiane non hanno spiegato se e quali misure alternative, e di carattere meno restrittivo nei confronti degli avvocati stabiliti in altri Stati membri, siano state esaminate, n hanno illustrato le ragioni per cui gli interessi generali perseguiti non sarebbero gi tutelati dalle disposizioni che regolano la professione forense negli altri Stati membri della Comunit. Intervento orale del Governo italiano* Signor Presidente, signori Giudici, signor Avvocato Generale, 1. Con ricorso per inadempimento, la Commissione chiede alla Corte di giustizia di dichiarare che la Repubblica italiana, prevedendo delle disposizioni che impongono agli avvocati lobbligo di rispettare tariffe massime, venuta meno agli obblighi imposti dagli articoli 43 e 49 del trattato CE. 2. Nella fase orale, il Governo italiano intende innanzitutto ribadire che, nellordinamento italiano, i massimi tariffari non possono considerarsi inderogabili e che pertanto le disposizioni controverse non integrano misure restrittive della libert di stabilimento e della libert di prestazione dei servizi. 3. In subordine, il Governo italiano intende contestare la pretesa impos- (*) V. memoria di controreplica in Rass. 2009, III, 203-214. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 83 sibilit di giustificare dette misure alla luce degli obiettivi di garantire laccesso alla giustizia in Italia, la tutela dei destinatari e la buona amministrazione della giustizia. 4. Partendo dalla prima questione, va ricordato che, nel corso della procedura di infrazione, iniziata ormai quasi cinque anni fa, la commissione ha progressivamente assestato, correggendo il tiro, il raggio delle presunte incompatibilit della normativa italiana rispetto alle richiamate norme del trattato ed alle direttive applicative dei relativi principi allesercizio della professione forense. 5. Inizialmente, con la lettera di costituzione in mora del 13 luglio 2005, la non conformit al diritto comunitario stata contestata con riferimento alle tariffe minime e massime per le sole attivit stragiudiziali e solo con riferimento allart. 49 CE. 6. Con la costituzione in mora complementare del 23 dicembre 2005, la procedura si estesa anche alle tariffe per lattivit giudiziale ed altres in relazione alla presunta violazione dellart. 43 CE; inoltre stata contestata lincompatibilit della normativa italiana in relazione alla mancata considerazione degli effetti indotti dalla presenza di un avvocato locale. 7. Come noto, nel corso della procedura, il Governo italiano ha adottato il c.d. decreto Bersani del 2006 (D.L. n. 223 del 2006 convertito in legge n. 248 del 2006) che, tra le altre liberalizzazioni, ha abrogato i minimi tariffari inderogabili. 8. Con la seconda lettera di costituzione in mora complementare del 23 marzo 2007, la procedura si quindi ridotta alla contestazione delle sole tariffe massime. 9. Infine, con il parere motivato del 3 aprile 2008, la Commissione ha altres abbandonato, restringendo ulteriormente lambito della procedura, la contestazione attinente alla mancata considerazione degli effetti indotti dalla presenza di un avvocato locale. 10. Va dunque dato atto del venir meno delloggetto principale del ricorso per inadempimento inizialmente incentrato, per la stragrande maggioranza degli argomenti, sulla illegittimit dei minimi di tariffa inderogabili ed ormai sostanzialmente svuotato di contenuto a seguito della suddetta modifica normativa. 11. Come si gi sottolineato nella fase scritta, prima del decreto Bersani, linderogabilit delle tariffe a pena di nullit era prevista dallordinamento italiano esclusivamente per le tariffe minime ed in particolare dallart. 24 della legge n. 794 del 1942 e dal decreto ministeriale sulle tariffe forensi n. 127 del 2004, diviso in tre Capitoli, rispettivamente, per le prestazioni civili, penali e stragiudiziali e precisamente dallart. 4, comma 1 del Capitolo I, dallart. 1, comma 5 del Capitolo II e dallart. 9 del Capitolo III. 12. Le tariffe massime non sono invece mai state qualificate da alcuna 84 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 norma di legge come inderogabili, obbligatorie o vincolanti. 13. Sul punto, quindi, il decreto Bersani non ha apportato alcuna modifica, essendo sempre stato possibile superare le tariffe massime, sia per volont delle parti, che rimane il primo criterio di determinazione del compenso professionale ai sensi dellart. 2233 del codice civile, sia per determinazione del giudice. 14. E vero che il decreto Bersani ha fatto salve le eventuali tariffe massime prefissate in via generale a tutela degli utenti ma poich stata contestualmente abrogata lobbligatoriet di tariffe fisse o minime non pu che concludersi che le tariffe massime mantenute in vigore abbiano conservato il loro carattere non obbligatorio ma meramente indicativo e pacificamente derogabile. 15. La tariffa professionale costituisce quindi un criterio sussidiario, utilizzabile solo in mancanza di pattuizione tra le parti e finalizzata comunque ad orientare il giudice nella liquidazione del compenso. 16. Anche lart. 61, comma 2 del R.D. n. 1578 del 1933 prevede che lonorario dellavvocato, salvo patto speciale, determinato sulla base delle tariffe e pu essere anche maggiore di quello liquidato a carico della parte condannata alle spese in relazione alla specialit della controversia o al pregio o al risultato dellopera prestata. 17. La liquidazione del giudice non quindi vincolante nei rapporti cliente-avvocato, potendo le parti concordemente superare limporto liquidato sulla base delle tariffe forensi. 18. Il decreto Bersani ha altres abrogato il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti ed quindi incontestabile, anche sotto tale profilo, la possibilit di superare i massimi tariffari con il c.d. patto di quota lite in cui il compenso, stabilito in percentuale sul risultato della lite, determinato sulla base di un metodo di calcolo forfetario che prescinde del tutto dalle diverse voci della tariffa. 19. Peraltro, il superamento del tetto massimo della tariffa era comunque gi consentito in tutte le cause di particolare importanza, complessit o difficolt per le questioni giuridiche trattate, e quindi tuttaltro che in ipotesi limitate o eccezionali. 20. Infatti, le parti possono stabilire, senza alcun necessario parere del Consiglio dellordine, laumento fino al doppio dei massimi di tariffa per la materia civile (art. 5, comma 2 del Capitolo I) e fino al quadruplo per la materia penale (art. 1, comma 2 del Capitolo II del D.M. 8 aprile 2004 n. 127). 21. Il previo parere del Consiglio dellordine invece richiesto, in caso di straordinaria importanza della controversia per la materia civile (art. 5, comma 3 del Capitolo I) e stragiudiziale (art. 1, comma 3 del Capitolo III), per aumentare il compenso fino al quadruplo nonch, in caso di manifesta sproporzione tra la prestazione professionale e lonorario previsto dalla ta- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 85 riffa, per aumentare il compenso anche oltre tale limite (art. 4, comma 2 del Capitolo I, art. 1, comma 3 del Capitolo II e art. 9 del Capitolo III). 22. Ricorrendo tali circostanze, dunque, il massimo tariffario pu essere superato senza alcun limite. 23. Il Legislatore italiano ha abrogato lobbligatoriet delle sole tariffe minime e non anche di quelle massime perch solo le prime erano espressamente inderogabili a pena di nullit. 24. E quindi del tutto erroneo asserire che il sistema italiano fissa tariffe massime inderogabili, e in tal modo toglie alle parti il potere di pattuire convenzionalmente un corrispettivo diverso e al giudice il potere di vagliare liberamente la congruit del corrispettivo. 25. Si visto che, al contrario, le parti possono liberamente pattuire qualsiasi corrispettivo anche eccedente i massimi. La tariffa viene in considerazione in via sussidiaria, cio soltanto se le parti non abbiano pattuito alcun corrispettivo. Il giudice, poi, nello stabilire il corrispettivo allorch non vi sia accordo delle parti, del tutto libero di derogare al tetto massimo, purch motivi adeguatamente il proprio convincimento. 26. Quanto alla giurisprudenza comunitaria, la sentenza Amok (sentenza del 11 dicembre 2003, causa C-289/02) ha affermato un principio particolarmente calzante rispetto alla fattispecie oggi in esame. 27. La Corte ha infatti chiarito che, alla luce dellart. 49 CE, non escluso che la fissazione di un tetto massimo alle spese rimborsabili di un avvocato stabilito in uno Stato membro sino alla concorrenza di quelle applicabili agli avvocati stabiliti in un altro Stato membro possa, quando le spese sono superiori a quelle risultanti dalla tariffa di questultimo Stato, essere tale da rendere meno attrattiva la prestazione transfrontaliera di servizi legali. 28. Tuttavia, lart. 50, terzo comma CE prevede che il prestatore transfrontaliero possa esercitare la sua attivit nel paese destinatario alle stesse condizioni imposte dal paese stesso ai propri cittadini. 29. In proposito, lart. 4 della direttiva 77/49/CEE dispone che la rappresentanza in giudizio di un cliente nello Stato ospitante va esercitata alle condizioni previste per gli avvocati stabiliti in questo Stato, ad esclusione di ogni condizione di residenza o discrizione ad unorganizzazione professionale nello stesso Stato. 30. Ne discende, come osservato dalla Corte nella citata sentenza Amok, che, secondo il legislatore comunitario, fatte salve le due suddette eccezioni espressamente menzionate, tutte le altre condizioni e norme vigenti nel paese ospitante si possono applicare alle prestazioni di avvocato transfrontaliere. 31. Pertanto, il rimborso delle spese di un avvocato stabilito in uno Stato membro pu anchesso essere assoggettato alle regole applicabili agli avvocati in un altro Stato membro. Tale soluzione peraltro lunica che rispetti il principio di prevedibilit e dunque di certezza del diritto per la parte che avvia 86 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 una controversia e corre quindi il rischio di sopportare le spese del suo avversario in caso di soccombenza (punto 30). 32. Si ricorda che, con la sentenza Amok la Corte di giustizia ha chiaramente escluso che violasse lart. 49 CE la normativa tedesca in base alla quale la parte vittoriosa in una controversia ha diritto di vedersi rimborsare le spese legali dalla parte soccombente, nei limiti in cui tali spese siano state necessarie a promuovere la causa o a difendersi adeguatamente in giudizio. 33. In particolare, nella fattispecie, una societ austriaca, vittoriosa in una controversia svoltasi in Germania contro una societ tedesca, si vista negare le spese calcolate in base alla tariffa forense austriaca, considerevolmente superiori a quelle risultanti dallapplicazione della tariffa tedesca. 34. La previsione di una tariffa massima nella normativa tedesca non quindi stata ritenuta tale da violare il principio di libera prestazione dei servizi nel territorio dellUnione. 35. Va inoltre ricordato che, sin dalla sentenza Klopp (sentenza 12 luglio 1984, Causa C-107/83) la Corte di giustizia ha precisato, per quanto riguarda gli avvocati, che in mancanza di norme comunitarie specifiche in materia, ciascuno Stato membro rimane, in linea di principio, libero di disciplinare lesercizio della professione davvocato nel proprio territorio (punto 17). 36. La sentenza Wouters (del 19 febbraio 2002, causa C-309/99) ha quindi ribadito che le norme applicabili a tale professione possono differire notevolmente da uno Stato membro allaltro (punto 99). 37. Per quanto riguarda inoltre la sentenza Cipolla (del 5 dicembre 2006, cause riunite C-94/04 e C-202/04), va precisato che in quel caso la Corte si occupata della legislazione italiana previgente ed esclusivamente con riferimento agli onorari minimi. 38. Si ritiene quindi che le considerazioni contenute nella predetta sentenza possano solo in parte applicarsi al caso di specie, attesa la modifica del quadro normativo e considerato loggetto residuo del ricorso per inadempimento, attinente esclusivamente ai massimi tariffari. 39. Interessanti sono le conclusioni dellAvvocato generale M. Poiares Maduro, depositate nella causa Cipolla il 1 febbraio 2006, anteriormente alla predetta modifica normativa. 40. Al punto 90, lAvvocato generale osserva, a proposito della sentenza Amok, che mentre la determinazione di un onorario massimo da porre a carico della parte soccombente, come previsto dalla normativa tedesca, consente effettivamente di accrescere la certezza del diritto, non si pu dire lo stesso di una norma che preveda un onorario minimo, potendo per definizione gli avvocati determinare il proprio onorario al di sopra di tale importo. 41. Quindi, ove lAvvocato generale avesse dovuto trarre le proprie conclusioni alla luce della vigente normativa, che non prevede pi tariffe minime inderogabili ma solo tariffe massime, peraltro, derogabili, non avrebbe potuto IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 87 che ritenere la piena conformit della legislazione italiana al principio di libera circolazione dei servizi. 42. Va comunque sottolineato che la predetta sentenza Cipolla non solo ha ritenuto la normativa italiana che stabiliva un limite tariffario minimo inderogabile conforme alle regole della concorrenza (punto 54) ma, con riferimento allart. 49, ha ritenuto che la tutela dei consumatori e della buona amministrazione della giustizia rientrano tra i motivi imperativi di interesse pubblico in grado di giustificare una restrizione della libera prestazione dei servizi (punto 64). 43. La Corte ha altres affermato che spetta al giudice nazionale determinare se, nella causa principale, la restrizione della libera prestazione dei servizi creata dalla normativa nazionale rispetti tali condizioni, tenendo conto del contesto del mercato italiano, caratterizzato dalla presenza di un numero estremamente elevato di avvocati (punto 65). 44. La Corte ha quindi ammesso che, in linea di principio, il mantenimento di minimi tariffari inderogabili possa essere strumentale a garantire la qualit delle prestazioni, demandando al giudice nazionale di verificare, anche alla luce della concreta situazione della professione in Italia, se la disapplicazione generalizzata dei minimi tariffari possa comportare il rischio di incidere negativamente sul livello dei servizi prestati dagli avvocati, stimolando la concorrenza sui prezzi a discapito di quella sugli aspetti qualitativi dellattivit professionale. 45. In questa sede, invece, la Commissione sembra voler chiedere alla Corte di accertare essa stessa, in astratto, con riferimento ai massimi tariffari, ci che nella predetta sentenza stato invece ritenuto di pertinenza del giudice nazionale, che deve e pu operare un accertamento in concreto. 46. Come si detto, inoltre, la citata sentenza intervenuta su un quadro normativo ormai radicalmente mutato, che ha espunto linderogabilit delle tariffe minime o fisse, che ha eliminato il divieto di parametrare il compenso al raggiungimento di un esito positivo della lite e che ha abrogato il divieto di svolgere pubblicit informativa, con lintento di ridurre lasimmetria informativa che caratterizza il rapporto cliente-avvocato. 47. Il Governo italiano ritiene quindi che la previsione di limiti tariffari massimi non costituisca una misura restrittiva della libert di stabilimento e della libert di prestazione dei servizi. 48. Venendo alla seconda parte di questa esposizione orale, il Governo italiano deduce, in via del tutto subordinata, che anche laddove si volesse sostenere che detta previsione costituisca una misura restrittiva ai sensi degli articoli 43 e 49 CE, la stessa sarebbe pienamente giustificabile conformemente alla giurisprudenza comunitaria. 49. La Corte di giustizia, con le sentenze Reisebro Broede (del 12 dicembre 1996, causa C-3/95, punto 28), Gebhard (del 30 novembre 1995, causa 88 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 C-55/94, punto 37) e Saeger (del 25 luglio 1991, causa C-76/90, punto 15) ha infatti da tempo affermato che una misura restrittiva della libera prestazione dei servizi pu giustificarsi ove ricorrano quattro condizioni: che essa si applichi in modo non discriminatorio; che sia giustificata da motivi imperativi di interesse pubblico; che sia idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e che non vada oltre quanto necessario per il suo raggiungimento. 50. Alla luce di tali principi, la fissazione di massimi tariffari appare pienamente giustificata, in quanto applicata in modo non discriminatorio sia agli avvocati italiani che agli avvocati comunitari nonch idonea allo scopo e non esorbitante dalle finalit perseguite di garantire laccesso alla giustizia in Italia, la tutela dei destinatari e la buona amministrazione della giustizia. 51. Con la citata sentenza Wouters, la Corte ha gi affermato che la peculiare natura dellattivit degli avvocati giustifica misure nazionali restrittive della libert di prestazione dei servizi e della stessa libert di stabilimento, quali quella di vietare qualsiasi rapporto di collaborazione integrata tra gli avvocati e i revisori dei conti, in quanto ragionevolmente necessarie al buon esercizio della professione di avvocato cos come organizzata nel paese interessato. 52. La fissazione di massimi tariffari, appare una misura di gran lunga meno incisiva di quella esaminata nella sentenza Wouters in relazione alla legislazione olandese e pur ritenuta giustificata da motivi di interesse pubblico. 53. Per quanto riguarda in primo luogo lobiettivo di garantire laccesso alla giustizia in Italia, si dimostrato, nella fase scritta, linsufficienza a tal uopo delle disposizioni sul gratuito patrocinio, che presuppone limiti di reddito talmente bassi (poco pi di 10.000 lordi annui) da escludere dalla sua fruizione la stragrande maggioranza dei cittadini, limitandone inoltre laccesso a chi non vanti una pretesa manifestamente infondata. 54. Va ricordato, al riguardo che il diritto di difesa costituisce un diritto fondamentale sia per lordinamento nazionale (art. 24 Costituzione) che per quello sopranazionale (art. 6 della Convenzione europea dei diritti delluomo), dovendo lo Stato assicurare luguaglianza nellaccesso alla giustizia non solo a tutti i cittadini ma anche in relazione ad ogni tipologia di controversia. 55. Per quanto riguarda i rapporti business to business, nulla vieta ai clienti che possano permettersi tariffe pi elevate, per ottenere un servizio pi complesso e qualificato, di concludere un accordo in tal senso, espressamente consentito dallart. 2233 c.c., nel pieno rispetto della loro autonomia contrattuale. 56. Per quanto riguarda, in secondo luogo, lobiettivo di garantire la tutela dei destinatari dei servizi, si osserva che tutti gli strumenti alternativi, ritenuti dalla Commissione meno restrittivi del principio della libera prestazione dei servizi e del diritto di stabilimento, sono gi previsti dallordinamento italiano. 57. La rigorosa selezione dei candidati in sede di esame di abilitazione IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 89 alla professione forense, che presuppone anche la conoscenza delle regole di deontologia professionale, per condizione necessaria ma non sufficiente a scongiurare fatturazioni eccessive. 58. La possibilit di contestare gli onorari ritenuti abusivi innanzi al Consiglio dellordine degli avvocati o lazionabilit del risarcimento del danno per effetto di fatturazioni illecite costituiscono entrambi rimedi successivi, come tali inidonei a prevenire la produzione del danno e maggiormente onerosi rispetto alla tutela offerta dalla preventiva fissazione per legge di tetti massimi, anche tenuto conto della difficolt per il cliente di valutare, in assenza di parametri di riferimento, leccessivit della pretesa. 59. Per quanto riguarda, in terzo luogo, lesigenza di garantire la buona amministrazione della giustizia, si osserva che la prevedibilit del costo della prestazione, ed in particolare delle spese legali che si pu essere condannati a rifondere allavversario in caso di soccombenza a prescindere dal compenso dovuto al proprio avvocato che rimane autonomamente concordabile - pu essere assicurata solo mediante la predisposizione di tariffe massime che garantiscono, con una certa approssimazione, una previsione del costo da sostenere. 60. La tariffa forense costituisce quindi una obiettiva base di riferimento sia per il giudice, sia per le parti nei rapporti con i loro avvocati. 61. Da tutto quanto sopra, emerge che la fissazione di limiti massimi nelle tariffe forensi costituisce una misura necessaria ed idonea allo scopo di garantire imperativi motivi di interesse pubblico quali laccesso alla giustizia da parte di tutti i cittadini, la tutela dei destinatari dei servizi e la buona amministrazione della giustizia. 62. Si richiamano le conclusioni gi rassegnate nella memoria di controreplica. Lussemburgo, 23 marzo 2010 Avv. Wally Ferrante 90 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 Causa C-452/09 - Materia trattata: libert di stabilimento - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte di Appello di Firenze (Italia) il 18 novembre 2009 - Tonina Enza Iaia, Andrea Moggio, Ugo Vassalle/Ministero dell'Istruzione, dell'Universit e della Ricerca, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Universit di Pisa (avv. Stato W. Ferrante - AL 2207/10 - Decorrenza del termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno per tardiva e/o inesatta trasposizione di direttiva comunitaria (82/76/CEE in tema di medici specializzandi)). Questioni pregiudiziali 1) Se sia compatibile con l'ordinamento comunitario che lo Stato italiano possa legittimamente eccepire la prescrizione quinquennale o decennale ordinaria di un diritto nascente dalla direttiva CE n. 76/1982 per il periodo antecedente la prima legge attuativa italiana, senza con ci impedire definitivamente l'esercizio del suddetto diritto avente natura retributiva/alimentare, o in subordine l'esercizio di una azione risarcitoria/indennitaria; 2) Se, viceversa, sia compatibile con l'ordinamento comunitario che ogni eccezione di prescrizione sia preclusa perch definitivamente ostativa all'esercizio del suddetto diritto; 3) Oppure se sia compatibile con l'ordinamento comunitario che ogni eccezione di prescrizione sia preclusa fino all'accertamento della violazione comunitaria da parte della CdG (nella specie fino al 1999); 4) Oppure se sia compatibile con l'ordinamento comunitario che ogni eccezione di prescrizione sia comunque preclusa fino alla corretta e compiuta trasposizione della direttiva che ha riconosciuto il diritto, nella legislazione nazionale (nella specie mai intervenuto) come previsto dalla sentenza Emmot. Osservazioni del Governo della Repubblica italiana 1. Con lordinanza [del 6 ottobre 2009, depositata il 20 ottobre 2009 della Corte dappello di Firenze - Italia], stato chiesto alla Corte di Giustizia dellUnione europea di pronunciarsi, ai sensi dellart. 234 del Trattato CE, sulle [suesposte] questioni pregiudiziali. Fatti di causa 2. La domanda pregiudiziale trae origine da una controversia instaurata il 23 novembre 2001 da tre ricorrenti, medici specializzandi che hanno frequentato i corsi universitari di specializzazione nel periodo intercorrente tra lanno accademico 1983/84 e lanno accademico 1990/91, nei confronti del Ministero dellIstruzione, Universit e Ricerca, del Ministero dellEconomia e Finanze e dellUniversit degli Studi di Pisa, avente ad oggetto la domanda volta ad ottenere il pagamento della somma di lire 21.500.00 ( 11.103,82) IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 91 per ciascun anno di corso a titolo di remunerazione dellattivit svolta sulla base della direttiva 82/76/CEE o, in subordine, il risarcimento del danno per tardivo e/o inesatto recepimento nellordinamento italiano della predetta direttiva, nella misura di lire 80.000.000 ( 41.316,55). 3. Il Tribunale di Firenze ha respinto entrambe le pretese, accogliendo leccezione di prescrizione quinquennale sollevata dalle amministrazioni convenute sia con riferimento allart. 2948, n. 4 del codice civile (di seguito c.c.) in relazione alla domanda volta ad ottenere il corrispettivo per lattivit svolta, sia con riferimento allart. 2947 c.c. in relazione alla domanda risarcitoria. 4. La Corte dappello di Firenze, adita dagli originari ricorrenti, chiede in sostanza alla Corte di giustizia se sia conforme al diritto comunitario la possibilit per lo Stato italiano di eccepire la prescrizione quinquennale o decennale del diritto nascente dalla direttiva 82/76/CEE per il periodo antecedente la prima legge attuativa italiana (decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257) e, in caso positivo, se il termine di prescrizione debba decorrere solo dallaccertamento della violazione comunitaria da parte della Corte di giustizia (1999) o addirittura non debba decorrere fino alla corretta trasposizione della direttiva nellordinamento nazionale, nella specie, secondo il giudice remittente, mai avvenuta. Irricevibilit dellintervento 5. Preliminarmente va eccepita lirricevibilit dellatto di intervento del dr. Massimo Bondanini, del Dr. Guido Calzia e del CODACONS, notificato in data 11 marzo 2010 alle parti in causa presso lAvvocatura dello Stato, in quanto soggetti diversi da quelli tassativamente indicati dallart. 28 dello Statuto della Corte di giustizia quali parti del giudizio ex art. 234 CE. La normativa comunitaria rilevante 6. La direttiva del Consiglio 16 giugno 1975, 75/362/CEE (c.d. direttiva riconoscimento), mira al riconoscimento reciproco dei diplomi, certificati e altri titoli di medico e comporta misure destinate ad agevolare l'esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi. 7. La direttiva del Consiglio 16 giugno 1975, 75/363/CEE (c.d. direttiva coordinamento), mira invece al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative attinenti alle attivit di medico. 8. Entrambe le suddette direttive sono state modificate dalla direttiva del Consiglio del 26 gennaio 1982, 82/76/CEE. 9. Per quanto riguarda il riconoscimento dei diplomi di specialista la direttiva riconoscimento distingue tre ipotesi. Allorch la specializzazione di cui si tratta comune a tutti gli Stati membri e compare nell'elenco di cui all'art. 5, n. 2, della stessa direttiva, il riconoscimento automatico (art. 4). Qualora la specializzazione sia propria a due o pi Stati membri e sia menzionata 92 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 all'art. 7, n. 2, il riconoscimento automatico tra di loro (art. 6). Infine, l'art. 8 dispone che, per le specializzazioni che non compaiono nell'elenco di cui all'art. 5 n in quello di cui all'art. 7, lo Stato membro ospitante potr esigere dai cittadini degli altri Stati membri che soddisfino le condizioni di formazione previste a tal fine dal suo diritto interno, tenendo conto tuttavia dei periodi di formazione compiuti da tali cittadini e sanzionati da un titolo di studio rilasciato dalle competenti autorit dello Stato membro d'origine o di provenienza quando tali periodi corrispondono a quelli richiesti nello Stato membro ospitante per la specializzazione in questione. 10. La direttiva coordinamento prevede, ai fini del riconoscimento reciproco dei diplomi di medico specialista, una certa armonizzazione dei presupposti attinenti alla formazione e all'accesso alle varie specializzazioni mediche. 11. Al riguardo, lart. 2, n. 1, della predetta direttiva, come modificato dall'art. 9 della direttiva 82/76/CEE, dispone che la formazione che permette il conseguimento di un diploma, certificato o altro titolo di medico specialista deve soddisfare le condizioni ivi menzionate. E richiesto in particolare, alla lett. c), che la formazione si svolga a tempo pieno e sotto il controllo delle autorit o degli enti competenti, conformemente al punto 1 dell'allegato. 12. Ai sensi dellart. 3 della direttiva coordinamento, come modificato dallart. 10 della direttiva 82/76/CEE, fermo restando il principio della formazione a tempo pieno, enunciato nellart. 2, n.1, lettera c), gli Stati membri possono autorizzare una formazione specializzata a tempo ridotto, alle condizioni ammesse dalle autorit nazionali competenti, quando, per casi singoli giustificati, non sia realizzabile una formazione a tempo pieno. (evidenza aggiunta). 13. L'allegato alla direttiva coordinamento, aggiunto dall'art. 13 della direttiva 82/76/CEE recante Caratteristiche della formazione a tempo pieno e della formazione a tempo ridotto dei medici specialisti, dispone quanto segue: 1. Formazione a tempo pieno dei medici specialisti Essa si effettua in posti di formazione specifici riconosciuti dalle autorit competenti. Essa implica la partecipazione alla totalit delle attivit mediche del servizio nel quale si effettua la formazione, comprese le guardie, in modo che lo specialista in via di formazione dedichi a tale formazione pratica e teorica tutta la sua attivit professionale per l'intera durata della normale settimana lavorativa e per tutta la durata dell'anno, secondo le modalit fissate dalle autorit competenti. Tale formazione forma pertanto oggetto di una adeguata rimunerazione. La formazione pu essere interrotta per motivi quali servizio militare, missioni scientifiche, gravidanza, malattia. La durata totale della formazione IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 93 non pu essere ridotta a causa delle interruzioni. 2. Formazione a tempo ridotto dei medici specialisti Essa risponde alle stesse esigenze della formazione a tempo pieno, dalla quale si distingue unicamente per la possibilit di limitare la partecipazione alle attivit mediche ad una durata corrispondente perlomeno alla met di quella prevista al punto 1, secondo comma. Le autorit competenti vigilano affinch la durata totale e la qualit della formazione a tempo ridotto degli specialisti non siano inferiori a quelle della formazione a tempo pieno. Tale formazione a tempo ridotto forma quindi oggetto di una rimunerazione adeguata (evidenza aggiunta). 14. Gli artt. 4 e 5 della direttiva coordinamento stabiliscono la durata minima delle formazioni specialistiche che permettono il conseguimento dei diplomi, certificati o altri titoli previsti dagli artt. 5 e 7 della direttiva riconoscimento e che sono comuni a tutti gli Stati membri o a due o pi di essi. 15. L'art. 16 della direttiva 82/76/CEE dispone che gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva entro e non oltre il 31 dicembre 1982. 16. Successivamente ai fatti che hanno dato origine alla causa principale, le direttive riconoscimento, coordinamento e 82/76/CEE sono state abrogate e sostituite dalla direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/16/CEE, tesa ad agevolare la libera circolazione dei medici e il reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli. 17. Tale direttiva non ha apportato innovazioni di rilievo per quanto qui interessa, limitandosi a riaffermare il principio della adeguata remunerazione dei medici specializzandi. La normativa nazionale 18. Le direttive riconoscimento e coordinamento sono state trasposte nellordinamento italiano con la legge 22 maggio 1978, n. 217. 19. La direttiva 82/76/CEE non stata recepita nel termine del 31 dicembre 1982. 20. Con sentenza 7 luglio 1987, causa C-49/86, Commissione/Italia, la Corte di giustizia ha dichiarato che la Repubblica italiana, non avendo adottato nel termine prescritto le disposizioni necessarie per conformarsi alla direttiva 82/76/CEE, era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del Trattato CEE. 21. A seguito di tale sentenza, la predetta direttiva 82/76/CEE stata trasposta con decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257 (pubblicato nella gazzetta ufficiale n. 191 del 16 agosto 1991 ed entrato in vigore 15 giorni dopo la data della sua pubblicazione). 22. Lart. 1 del decreto legislativo n. 257/1991 stabilisce che la forma- 94 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 zione specialistica dei medici ammessi alle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia, di tipologia e durata conformi alle norme della comunit economica europea e comuni a due o pi Stati membri, si svolge a tempo pieno(evidenza aggiunta). 23. Lo Stato italiano non ha quindi ritenuto di avvalersi della facolt contemplata allart. 10 della direttiva 82/76/CEE di autorizzare una formazione specializzata a tempo ridotto. 24. L'art. 4 del decreto legislativo n. 257/1991 determina inoltre i diritti e i doveri dei medici specializzandi ed in particolare, al comma 1, stabilisce che la formazione del medico specialista a tempo pieno implica la partecipazione alla totalit delle attivit mediche del servizio di cui fanno parte le strutture nelle quali essa si effettua, ivi comprese le guardie e lattivit operatoria per le discipline chirurgiche, nonch la graduale assunzione dei compiti assistenziali in modo che lo specializzando dedichi alla formazione pratica e teorica tutta la sua attivit professionale per lintero anno(evidenza aggiunta). 25. Lart. 5 prevede inoltre lesclusivit del rapporto e lincompatibilit con altre attivit disponendo che per la durata della formazione a tempo pieno inibito lesercizio di attivit libero-professionali esterne alle strutture assistenziali in cui si effettua la specializzazione ed ogni rapporto anche convenzionale o precario con il Servizio sanitario nazionale (evidenza aggiunta). 26. Lart. 6 del predetto decreto legislativo istituisce poi una borsa di studio in favore dei medici specializzandi, stabilendo, al comma 1 che agli ammessi alle scuole di specializzazione (...) in relazione all'attuazione dell'impegno a tempo pieno per la loro formazione, corrisposta, per tutta la durata del corso, ad esclusione dei periodi di sospensione della formazione specialistica, una borsa di studio determinata per l'anno 1991 in lire 21.500.000. Tale importo viene annualmente, a partire dal 1 gennaio 1992, incrementato dal tasso programmato di inflazione ed rideterminato ogni triennio, con decreto del Ministro della Sanit (...) in funzione del miglioramento stipendiale tabellare minimo previsto dalla contrattazione relativa al personale medico dipendente dal Servizio sanitario nazionale (evidenza aggiunta). 27. Infine, l'art. 8, n. 2, dello stesso decreto precisa che le sue disposizioni si applicano a decorrere dall'anno accademico 1991/92. 28. Tale delimitazione temporale ha determinato un folto contenzioso ad istanza dei medici specializzandi che hanno frequentato il relativo corso nel periodo compreso tra lanno accademico 1983/84 e lanno accademico 1990/1991, allesito del quale il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, con diverse sentenze emesse nel 1994, ha disapplicato il decreto legislativo n. 257/1991 nella parte in cui riserva lapplicazione dellordinamento comunitario ai soli medici ammessi alle scuole di specializzazione nellanno IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 95 accademico 1991/1992, lasciando sopravvivere il precedente regime per le specializzazioni gi in corso. 29. A seguito di tali sentenze, il legislatore italiano ha adottato lart. 11 della legge 19 ottobre 1999, n. 370, recante Corresponsione di borse di studio agli specializzandi medici ammessi alle scuole negli anni 1983-1991 che dispone: 1. Ai medici ammessi presso le universit alle scuole di specializzazione in medicina dall'anno accademico 1983-1984 all'anno accademico 1990- 1991, destinatari delle sentenze passate in giudicato del tribunale amministrativo regionale del Lazio (sezione I-bis), numeri 601 del 1993, 279 del 1994, 280 del 1994, 281 del 1994, 282 del 1994, 283 del 1994, tenendo conto dell'impegno orario complessivo richiesto agli specializzandi dalla normativa vigente nel periodo considerato, nonch del tempo trascorso, il Ministero dell'universit e della ricerca scientifica e tecnologica corrisponde per tutta la durata del corso una borsa di studio annua onnicomprensiva di lire 13.000.000. Non si d luogo al pagamento di interessi legali e di importi per rivalutazione monetaria. 2. Il diritto alla corresponsione della borsa di studio subordinato all'accertamento da parte del Ministero dell'universit e della ricerca scientifica e tecnologica delle seguenti condizioni: a) frequenza di un corso di specializzazione in base alla normativa prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162, per l'intera durata legale del corso di formazione; b) impegno di servizio a tempo pieno, attestato dal direttore della scuola di specializzazione; c) mancato svolgimento per tutta la durata del corso di specializzazione di qualsiasi attivit libero-professionale esterna, nonch di attivit lavorativa anche in regime di convenzione o di precariet con il Servizio sanitario nazionale. 3. Non pu essere corrisposta la borsa di studio per gli anni in cui ne stata percepita un'altra, a qualsiasi titolo e per qualsiasi importo, quale che sia il soggetto erogatore. escluso dalla borsa di studio di cui al comma 1: a) chi non abbia concluso il corso di specializzazione, ovvero non abbia recuperato i periodi di sospensione di cui all'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257; b) chi abbia sospeso la frequenza dei corsi per motivi diversi da quelli previsti dalla lettera a). 4. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dell'universit e della ricerca scientifica e tecnologica, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono determinati il termine entro il quale, a pena di decadenza, deve essere trasmessa l'istanza di corresponsione delle borse di studio previste dal presente articolo, lo scaglionamento 96 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 dei pagamenti, le modalit di inoltro, di sottoscrizione e di autocertificazione secondo la normativa vigente in materia, nonch l'effettuazione di controlli a campione non inferiori al 10 per cento delle istanze presentate. A tale fine autorizzata la spesa di lire 83 miliardi per l'anno 1999, di lire 48 miliardi per l'anno 2000 e di lire 25 miliardi per l'anno 2001. 30. In esecuzione del comma 4 della predetta norma, stato adottato il decreto ministeriale 14 febbraio 2000, con il quale sono stati determinati i termini e le procedure per la corresponsione delle borse di studio. 31. In esecuzione della direttiva 93/16/CE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli, stato adottato il decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368 che, allart. 39, come successivamente modificato dallart. 1, comma 300 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, dispone che al medico in formazione specialistica, per tutta la durata legale del corso, corrisposto un trattamento economico annuo onnicomprensivo che ҏ costituito da una parte fissa, uguale per tutte le specializzazioni e per tutta la durata del corso, e da una parte variabile determinata annualmente avuto riguardo preferibilmente al percorso formativo degli ultimi tre anni. Detta norma prevede inoltre che il trattamento economico corrisposto mensilmente dalle universit presso cui operano le scuole di specializzazione e stabilisce le modalit di ripartizione delle risorse per il finanziamento della formazione dei medici specialisti. 32. Lart. 2948, n. 4 c.c. recante prescrizione di cinque anni dispone che si prescrivono in cinque anni: n. 4) gli interessi e in generale, tutto ci che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini pi brevi. 33. Lart. 2947, c.c. recante prescrizione del diritto al risarcimento del danno dispone, al comma 1, che il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si verificato. 34. Lart. 2946 c.c., recante prescrizione ordinaria dispone: salvi i casi in cui la legge dispone diversamente, i diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di dieci anni. Sui quesiti posti alla Corte 35. I quattro quesiti posti dal giudice remittente possono essere affrontati unitariamente in quanto strettamente collegati e in parte alternativi luno agli altri. 36. Nella sostanza infatti la Corte dappello di Firenze chiede alla Corte di giustizia se possa essere eccepita o meno la prescrizione quinquennale o decennale, nella fattispecie di cui alla causa principale e, in caso positivo, con quale decorrenza, se dallaccertamento della violazione del diritto comunitario da parte della Corte di giustizia (1999 rectius 1987, data della citata sentenza 7 luglio 1987, causa C-49/86, Commissione/Italia,) o dalla corretta trasposi- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 97 zione della direttiva nellordinamento nazionale, che il giudice remittente ritiene non essere mai avvenuta, come previsto dalla sentenza Emmot. 37. I ricorrenti nella causa principale hanno chiesto sia, in via diretta, il corrispettivo per lattivit prestata nel periodo antecedente allanno accademico 1991/1992 sia, in subordine, il risarcimento del danno per tardiva trasposizione della direttiva comunitaria 82/76/CEE. 38. Con riferimento alla prima domanda, la giurisprudenza italiana costante nellaffermare che tale diritto non possa fondarsi sulla predetta direttiva che non reca una precisa quantificazione della remunerazione spettante agli specializzandi e prima ancora non individua il soggetto debitore e dunque non immediatamente applicabile (Cass. sez. lavoro, 3 giugno 2009, n. 12814; Cass. sez. un. 17 aprile 2009, n. 9147; Cass. sez. lavoro, 18 giugno 2008, n. 16507; Cass., sez. lavoro, 6 luglio 2002, n. 9842). 39. Infatti, la Corte di Giustizia con la sentenza del 25 febbraio 1999, C- 131/97, Carbonari ha statuito che le direttive 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE devono essere interpretate nel senso che Lobbligo di retribuire in maniera adeguata i periodi di formazione dei medici specialisti simpone unicamente per le specialit mediche comuni a tutti gli Stati membri o a due o pi di essi e menzionate agli artt. 5 o 7 della direttiva del Consiglio 16 giugno 1975, 75/362/CEE. Tale obbligo incondizionato e sufficientemente preciso nella parte in cui richiede affinch un medico specialista possa avvalersi del sistema di reciproco riconoscimento istituito dalla direttiva 75/362 che la sua formazione si svolga a tempo pieno e sia retribuita. Il detto obbligo non consente tuttavia, di per s, al giudice nazionale di identificare il debitore tenuto a versare la remunerazione adeguata, n limporto della stessa (evidenza aggiunta). 40. Alla luce di tale pronuncia, stato conseguentemente affermato il carattere non selfexecuting della direttiva comunitaria, prima ed a prescindere dal necessario intervento statuale che individuasse il soggetto tenuto al pagamento e che determinasse lentit della remunerazione, come avvenuto con il decreto legislativo n. 257/1991. 41. La citata sentenza della Corte di cassazione n. 9842/2002 ha infatti precisato che: gli specializzandi in medicina non hanno diritto ad un compenso per lattivit medica svolta durante la frequenza della scuola di specializzazione, poich la direttiva CE n. 82/76 non era immediatamente applicabile nellordinamento interno prima di essere recepita dal D. Lgs. n. 257/1991; pertanto, la domanda relativa non potrebbe in alcun modo essere fondata sulla diretta applicazione delle disposizioni comunitarie, poich queste si limitano a prescrivere lerogazione di una adeguata remunerazione senza per procedere ad alcuna quantificazione che viene rimessa alle normative nazionali. Ne consegue che non si pu invocare lapplicazione del compenso fissato dal D. Lgs. n. 257/1991 in relazione ad un periodo di ser- 98 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 vizio prestato prima della sua entrata in vigore. N si configura una discriminazione tra chi sia entrato nella scuola di specializzazione prima di una certa data e chi sia entrato dopo, giacch non solo i compensi, ma anche limpegno richiesto erano diversamente regolati: infatti, mentre il D. Lgs. 257/1991 determina i compensi a fronte dellobbligo del tempo pieno e della incompatibilit con altri incarichi, la normativa precedente (legge n. 162/1982) prevedeva lerogazione di borse di studio da mettere a concorso per la frequenza ai corsi di specializzazione, ponendo come unica condizione un limite reddituale (evidenza aggiunta). 42. In particolare, la Suprema Corte, nellescludere che prima del suo recepimento la direttiva 82/76/CEE fosse applicabile nellordinamento interno e che per il periodo anteriore al recepimento stesso potesse configurarsi un indebito arricchimento da parte delluniversit, ha affermato che le diverse condizioni di impegno richieste agli specializzandi iscritti dopo lanno accademico 1991/92 rispetto a quelle richieste agli iscritti in epoca anteriore valgono ad escludere la violazione del principio di uguaglianza di cui allart. 3 della Costituzione, essendo la maggior retribuzione correlata ad un maggiore impegno. 43. Anche il Consiglio di Stato (sez. VI, 15 dicembre 1999 n. 2090 ed altre) ha negato che la direttiva europea abbia carattere incondizionato e talmente preciso da poter essere operante, omisso medio, nel nostro ordinamento, tanto da comportare il diritto dei medici che hanno frequentato i corsi di specializzazione prima dellanno accademico 1991/92 a conseguire i correlativi emolumenti economici. 44. Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sez. III bis, n. 1982/02, ha inoltre precisato che: Lallegato aggiunto alla direttiva 75/363/CEE, nel disciplinare le caratteristiche della formazione a tempo pieno e ridotto dei medici specialisti, ha prescritto che essa, comportando la partecipazione alla totalit delle attivit mediche del servizio nel quale si effettua la formazione, comprese le guardie, implica che le sia dedicata tutta lattivit professionale per lintera durata dellanno, secondo le modalit fissate dalle autorit competenti. Pertanto, solo tale formazione considerata suscettibile di una adeguata remunerazione, dove mancano atti di esecuzione interna che riconoscano la retribuibilit anche dei corsi non conformi alla normativa comunitaria. () Il riconoscimento di emolumenti in favore dei medici frequentanti i corsi di specializzazione, poich sottoposto da dette direttive a determinate condizioni (), assume quindi carattere incondizionato e sufficientemente preciso con riguardo alla retribuibilit, in astratto, dei corsi che si sono svolti nel rispetto delle condizioni previste, ed invece indiretto e strumentale rispetto allobiettivo principale fissato dalle direttive in questione (...) con conseguente libert per gli Stati membri di decidere autonomamente sulla retribuibilit dei corsi di specializzazione che pur svolti nel rispetto della normativa di cui al D.P.R. 10 marzo1982 n. 162 (che prevede allart. 11 IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 99 solo la obbligatoriet della frequenza di detti corsi) e che si sono conclusi con il rilascio del diploma ai partecipanti non abbiano previsto anche il rispetto delle caratteristiche della formazione dei medici specialisti prescritte dallallegato aggiunto alla direttiva 75/363/CEE, prima citata. () Il beneficio invocato dai ricorrenti non pu quindi derivare direttamente dalla normativa comunitaria perch questa, recepita solo dallanno accademico 1991/92, lascia sopravvivere disposizioni gi vigenti nel periodo ad esso precedente per corsi di specializzazione gi iniziati. 45. Peraltro, anche se si volesse ritenere astrattamente prospettabile simile domanda, comunque in concreto che debbono risultare provate, ed in relazione ad ogni medico ricorrente, le condizioni previste dalla direttiva stessa. 46. In altri termini, una pronuncia affermativa pu solo conseguire alla positiva dimostrazione della piena aderenza della posizione di ciascun ricorrente alle prescrizioni individuate dalle direttive, conformemente alle condizioni indicate nella sentenza della Corte di Giustizia del 3 ottobre 2000, causa C-371/97, Gozza. 47. In base a tale sentenza, l'obbligo di retribuire in maniera adeguata i periodi di formazione s'impone solo se le condizioni di formazione a tempo pieno di cui al punto 1 dell'allegato della direttiva 75/363, come modificata dalla direttiva 82/76, o quelle della formazione a tempo ridotto di cui al punto 2 dell'allegato della direttiva 75/363, come modificata dalla direttiva 82/76, sono rispettate dai medici specialisti in formazione. 48. In proposito, come gi ricordato, lo Stato italiano non si avvalso della facolt, contemplata allart. 10 della direttiva 82/76/CEE, di autorizzare una formazione specializzata a tempo ridotto. 49. Non si pu quindi ritenere che dalla frequenza delle scuole disciplinate dal vecchio ordinamento (che prevedeva 800 ore annue a fronte delle 38 ore settimanali, pari a 1800 ore annue, previste dalla nuova disciplina, che comprende lo svolgimento di attivit assistenziali e non solo la partecipazione a lezioni teoriche, per giunta con il vincolo di esclusivit) si possa legittimamente dedurre il diritto alla remunerazione determinata con il decreto legislativo n. 257/91, posto che la citata sentenza della Corte di Giustizia del 3 ottobre 2000, causa C-371/97 presuppone laccertamento delle condizioni che danno diritto a tale remunerazione e cio il tempo pieno, la natura dellattivit prestata e lesclusivit del rapporto. 50. Quanto alla domanda risarcitoria per tardivo recepimento della direttiva comunitaria, si osserva in primo luogo che la causa principale non stata proposta, come in altri consimili casi, nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, unico soggetto legittimato a rispondere a tale titolo per lo Stato italiano. 51. Ci detto, va ricordato che, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia (sentenza 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C-9/90, Fran- 100 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 covich e Bonifaci; sentenza 5 marzo 1996, cause riunite C-46/93 e C-48/93 Brasserie du Pcheur e Factortame; sentenza 10 luglio 1997, causa C-261/95, Palmisani; sentenza 25 febbraio 1999, causa C-131/97, Carbonari; sentenza 30 settembre 2003, causa C-224/01, Kbler; sentenza 13 giugno 2006, causa C-173/03, Traghetti del mediterraneo; ordinanza 23 aprile 2008, causa C- 201/05, The Test Claimants in the CFC and Dividend Group Litigation) il principio della responsabilit degli Stati per violazione del diritto comunitario, pur non essendo espressamente previsto, trova il suo fondamento in due norme del Trattato: lart. 10 che sancisce il principio di leale collaborazione degli Stati e lart. 288 che prevede la responsabilit extracontrattuale della Comunit, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri. 52. ComՏ noto, sin dalla citata sentenza del 5 marzo 1996 Francovich, stato affermato che il principio della responsabilit dello Stato per danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad esso imputabili da considerare inerente al sistema del Trattato in quanto, pur non essendo espressamente previsto, trova il suo fondamento nellart. 5 del Trattato (attuale art. 10), in forza del quale gli Stati membri sono tenuti ad adottare tutte le misure di carattere generale o particolare atte ad assicurare lesecuzione degli obblighi ad essi derivanti dal diritto comunitario, tra i quali, quello di eliminare le conseguenze illecite di una violazione del diritto comunitario. 53. Classico esempio di violazione da parte degli Stati del diritto comunitario la mancata o tardiva trasposizione di una direttiva, obbligo imposto dallart. 249 del Trattato, in base al quale la direttiva vincola lo Stato membro cui rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi. 54. Mancando peraltro nel Trattato disposizioni che disciplinino in modo diretto e puntuale le conseguenze delle violazioni del diritto comunitario da parte degli Stati membri, la Corte di giustizia, nella citata sentenza del 5 marzo 1996, Brasserie du Pcheur, ha affermato che spetta proprio alla Corte - nellespletamento del compito conferitole dallart. 164 del Trattato (ora art. 220) di garantire losservanza del diritto nellinterpretazione e nellapplicazione del Trattato - statuire su tale questione avvalendosi dei principi fondamentali dellordinamento giuridico comunitario e, se necessario, dei principi generali comuni agli ordinamenti giuridici degli Stati membri. 55. Del resto, proprio a tali ultimi principi che lart. 215 del Trattato (ora art. 288) fa rinvio in tema di responsabilit extracontrattuale della Comunit per danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nellesercizio delle loro funzioni. In proposito, osserva la Corte, che in un gran numero di ordinamenti giuridici nazionali, il regime giuridico della responsabilit dello Stato stato elaborato, in maniera determinante, in via giurisprudenziale. 56. Ci detto, la Corte, nella citata sentenza del 10 luglio 1997, Palmisani, causa C-261/95, ha confermato, nel solco gi tracciato dalle citate sentenze IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 101 Francovich e Brasserie du Pcheur, che le condizioni alle quali uno Stato membro tenuto a risarcire i danni provocati sono tre: che la norma violata sia preordinata a conferire diritti ai singoli, che si tratti di una violazione sufficientemente caratterizzata, grave e manifesta e che esista un nesso di causalit diretto tra la violazione dellobbligo incombente allo Stato e il danno subito dai soggetti lesi. 57. Quanto al carattere manifesto della violazione, la giurisprudenza della Corte di giustizia ha precisato che, perch tale condizione sia soddisfatta, occorre tener conto del grado di chiarezza e di precisione della norma violata, il carattere intenzionale della violazione, la scusabilit o linescusabilit dellerrore di diritto, la persistenza della violazione anche dopo che questa sia stata accertata a seguito di un procedimento di infrazione (sentenza del 30 settembre 2003, causa C-224/01, Kbler cit.). 58. Va osservato che non essendo disciplinato, come si detto, dal diritto comunitario il risarcimento dei danni degli Stati membri per violazione del diritto comunitario, non vi nemmeno alcuna previsione positiva che preveda un termine di prescrizione per esercitare tale diritto. 59. In via di principio, un termine di prescrizione, onde adempiere alla sua funzione di garantire la certezza del diritto, dovrebbe essere fissato previamente dal legislatore comunitario. 60. In mancanza, la giurisprudenza del Tribunale di primo grado ha ritenuto non estensibile analogicamente il termine di prescrizione previsto da altre norme comunitarie, come ad esempio lart. 43 (ora 46) dello Statuto della Corte di giustizia che stabilisce il termine di prescrizione di cinque anni per lazione di responsabilit extracontrattuale nei confronti della Comunit (sentenza 15 settembre 1998, cause riunite T-126/96 e T-127/96, BFM e EFIM/ Commissione). 61. Come si detto, lart. 215 del Trattato (ora art. 288) fa rinvio, in tema di responsabilit extracontrattuale della Comunit per danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nellesercizio delle loro funzioni, ai principi fondamentali dellordinamento giuridico comunitario e, se necessario, dei principi generali comuni agli ordinamenti giuridici degli Stati membri. 62. Correttamente, quindi, il Tribunale di Firenze, nella causa principale, ha ritenuto di applicare il termine di prescrizione quinquennale riferibile sia alle prestazioni periodiche (art. 2948, n. 4 c.c.) sia alla responsabilit extracontrattuale (art. 2947 c.c.) che pi pu accostarsi, in assenza di unespressa disciplina, alla responsabilit dello Stato membro per violazione del diritto comunitario. 63. In ogni caso, deve osservarsi che, secondo la giurisprudenza comunitaria, non precluso ad uno Stato membro di opporre alle pretese dei singoli fondate sul diritto comunitario, termini nazionali di decadenza o di prescrizione, il cui decorso prescinda dalla considerazione del fatto che, alla data in 102 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 cui la pretesa poteva essere fatta valere, la direttiva che fondava tale pretesa non era stata ancora correttamente attuata nellordinamento nazionale. 64. Detto principio stato enunciato dalla Corte di giustizia nella sentenza del 15 settembre 1998, causa C-231/1996, Edis nellambito di un procedimento avente ad oggetto la richiesta di rimborso di una tassa di concessione di governativa per liscrizione delle societ nel registro delle imprese. 65. La Corte ha infatti affermato che il diritto comunitario non vieta ad uno Stato membro di opporre, alle azioni di ripetizione di tributi riscossi in violazione di una direttiva, un termine nazionale di decadenza che decorra dalla data del pagamento dei tributi di cui si tratta, anche se, a tale data, la direttiva non era stata ancora correttamente attuata nellordinamento nazionale. 66. Ci premesso, il Governo italiano ritiene che la prescrizione della pretesa, fondata sul diritto comunitario, di un risarcimento da parte dello Stato non sia interrotta, n sospesa per effetto di un procedimento per inadempimento e sino alla conclusione dello stesso, tranne il caso di unazione tempestivamente iniziata, la cui decisione venga sospesa dal giudice adito in attesa dellesito del procedimento di infrazione. 67. Il risarcimento del danno causato da una violazione del diritto comunitario da parte di uno Stato membro inoltre non subordinato alla condizione che lesistenza di una violazione siffatta risulti da una sentenza pronunciata dalla Corte in via pregiudiziale (Corte di giustizia, sentenza del 26 gennaio 2010, causa C-118/08, Transportes Urbanos). 68. Quanto alla decorrenza del termine di prescrizione non si ritiene che la stessa possa iniziare solo a partire dal momento della corretta trasposizione della direttiva nel diritto comunitario. Tale principio, affermato nel caso specifico della sentenza Emmott (del 25 luglio 1001, causa C-208/90) stato pi volte disatteso, successivamente dalla stessa Corte (sentenze 27 ottobre 1993, causa C-338/91, Steenhorst-Neerings; 6 dicembre 1994, causa C-410/92, Johnson; 17 luglio 1997, cause riunite C-114/95 e C-115/95 Texaco e Olieselskabet Danimarca) in quanto, nel precedente citato, la soluzione era giustificata dalle circostanze tipiche di detta causa. 69. N pu ritenersi che la decorrenza della prescrizione possa essere interrotta dalla instaurazione del procedimento di inadempimento da parte della Commissione, dovendo comunque latto interruttivo provenire dalla parte che ha interesse a far valere il diritto risarcitorio. 70. Al pi, il termine di prescrizione potr rimanere sospeso, ove lazione risarcitoria sia stata tempestivamente intentata dal danneggiato, sino allesito del procedimento di infrazione, ove il giudice adito ritenga di attendere tale decisione per valutare lesistenza e la portata della violazione del diritto comunitario. 71. Il Governo italiano ritiene quindi che la prescrizione della pretesa, fondata sul diritto comunitario, di un risarcimento da parte dello Stato che si IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 103 basa sullinsufficiente attuazione di una direttiva cominci a decorrere dal momento in cui si sono prodotti i primi effetti lesivi e non dalla completa attuazione della direttiva. 72. In proposito, va segnalato che, la giurisprudenza italiana, in relazione al folto contenzioso instaurato a seguito della mancata tempestiva attuazione della direttiva 82/1976/CEE, ha sempre ritenuto di applicare il termine di prescrizione quinquennale decorrente non dallannualit del corso frequentata, n dalla data in cui la Corte di giustizia, con sentenza 7 luglio 1987, causa C- 49/1986 che ha accertato linadempimento dello Stato italiano bens dalladozione del decreto legislativo 8 agosto 1991 n. 257 con il quale stata istituita una borsa di studio a favore dei medici specializzandi a decorrere dallanno accademico 1991/92, con esclusione dei medici che avevano iniziato il corso anteriormente. 73. Per questi ultimi, il decorso della prescrizione stato stabilito dalla giurisprudenza italiana nella data del provvedimento legislativo che ha sostanzialmente negato la loro pretesa (1991), a prescindere dalla successiva sentenza della Corte di giustizia del 25 febbraio 1999, causa C-131/97, Carbonari che ha affermato il carattere non self- executing della stessa. 74. Ci premesso, va sottolineato che la sentenza resa dalla Grande Sezione della Corte di giustizia il 24 marzo 2009, causa C-445/06, Danske Slagterier ha affermato importanti principi in materia di prescrizione del diritto al risarcimento del danno nei confronti dello Stato per violazione del diritto comunitario ed in particolare per effetto dellomessa, tardiva o errata trasposizione di una direttiva comunitaria. 75. La citata sentenza ha confermato innanzitutto che, in mancanza di una normativa comunitaria che regoli in modo diretto e puntuale la responsabilit degli Stati membri per violazione del diritto comunitario, spetta ai singoli ordinamenti nazionali disciplinare le modalit procedurali dei ricorsi diretti a garantire la piena tutela dei diritti conferiti alle persone dal diritto comunitario, fermo restando che le condizioni e i termini stabiliti dalle legislazioni nazionali in materia di risarcimento del danno non possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano azioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza) e non possono essere congegnate in modo da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento (principio di effettivit). 76. Quanto allinterruzione o alla sospensione dei termini di prescrizione per effetto della presentazione di un ricorso per inadempimento, la Corte di giustizia ha inoltre affermato che spetta agli Stati membri disciplinare tali aspetti purch siano osservati i principi di equivalenza e di effettivit, ribadendo che non si pu subordinare il risarcimento del danno al presupposto di una previa constatazione, da parte della Corte, dellinadempimento imputabile allo Stato membro per violazione del diritto comunitario, elemento significa- 104 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 tivo ma non indispensabile (punti 36 38). 77. Sotto tale profilo, la Corte ha quindi concluso che la circostanza che un ricorso per inadempimento non abbia leffetto di interrompere o di sospendere il termine di prescrizione non rende impossibile o eccessivamente difficile, per il soggetto, esercitare i diritti conferitigli dal diritto comunitario, n lede il principio dellequivalenza, tenuto conto delle peculiarit della procedura ex art. 226 CE che non tesa a tutelare diritti propri della Commissione (punti 39 e 45). 78. Quanto alla decorrenza della prescrizione, la Corte ha affermato che il diritto comunitario non osta a che il termine di prescrizione di unazione di risarcimento nei confronti dello Stato, basata sulla carente trasposizione di una direttiva, inizi a decorrere dalla data in cui i primi effetti lesivi di detto scorretto recepimento si siano verificati, anche qualora tale data sia antecedente alla corretta e completa trasposizione della direttiva in questione nellordinamento nazionale, dovendosi ritenere che il principio contrario affermato nella sentenza del 25 luglio 1991, causa C-208/90, Emmott fosse determinato dalle circostanze particolari di detta causa (punto 56). 79. La Corte ha infine chiarito che spetta al giudice nazionale stabilire la conformit al diritto comunitario di una legislazione, come quella tedesca nella causa principale, che esclude il risarcimento del danno ove il soggetto leso non abbia dato prova di una ragionevole diligenza, omettendo, dolosamente o colposamente, di evitare la realizzazione del danno mediante la proposizione delle azioni previste dal diritto nazionale. 80. Al riguardo, la Corte ha comunque escluso che la probabilit che in tale sede il giudice adito sollevi una questione pregiudiziale ex art. 234 CE renda non esigibile dai soggetti lesi lesperimento dei mezzi di ricorso a loro disposizione in quanto lutilizzo di tale strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali non contribuisce assolutamente a rendere eccessivamente difficile lesercizio dei diritti attribuiti al singolo dal diritto comunitario (punti 64 e 65). 81. A tale proposito, stato ritenuto ragionevole il termine di decadenza triennale previsto dalla legislazione tedesca nella causa principale (punti 31 e 32). 82. Al riguardo, va ricordato che la Corte di Giustizia (sentenza del 10 luglio 1997, causa C-261/95, Palmisani, punto 29) aveva gi ritenuto congruo il termine di decadenza annuale fissato dalla legislazione italiana (art. 2, comma 7 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 80 per il danno derivante dalla mancata attuazione della direttiva 80/987/CEE concernente la tutela dei lavoratori in caso di insolvenza del datore di lavoro. 83. In relazione al termine di prescrizione, va segnalato che la Corte di cassazione, con la sentenza delle sezioni unite del 17 aprile 2009, n. 9147 ha stabilito che la domanda risarcitoria per tardiva trasposizione di direttiva co- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 105 munitaria non rientra nello schema della responsabilit extracontrattuale ma in quello della responsabilit ex lege dello Stato inadempiente, di natura indennitaria per attivit non antigiuridica e sussistente a prescindere dalla sussistenza del dolo o della colpa e dal carattere non self executing della direttiva, con conseguente applicabilit della prescrizione decennale ex articolo 2946 c.c. 84. La natura risarcitoria del diritto vantato nei confronti dello Stato per violazione del diritto comunitario era stata invece in precedenza affermata non solo dalla stessa Corte di cassazione (Cass., 16 maggio 2003, n. 7630; Cass. 9 aprile 2001, n. 5249; Cass. 9 novembre 1994, n. 9339) ma anche dalla Corte costituzionale (sentenza 16 giugno 1993, n. 285). 85. Con la recente sentenza del 3 giugno 2009, n. 12814, la Corte di cassazione peraltro ritornata a pronunciarsi nel senso della natura aquiliana della responsabilit dello Stato per violazione del diritto comunitario, con conseguente applicazione della prescrizione decennale. Conclusioni 86. Il Governo italiano propone quindi alla Corte di risolvere i quesiti affermando che compatibile con lordinamento comunitario che lo Stato italiano possa legittimamente eccepire la prescrizione di un diritto nascente dalla direttiva 82/76/CEE per il periodo antecedente la prima legge attuativa italiana, senza con ci impedire definitivamente lesercizio del suddetto diritto avente natura retributiva/alimentare, o in subordine lesercizio di una azione risarcitoria/indennitaria . 87. Pertanto non compatibile con lordinamento comunitario che ogni eccezione di prescrizione sia preclusa fino allaccertamento della violazione comunitaria da parte della Corte di giustizia. 88. Non altres compatibile con lordinamento comunitario che ogni eccezione di prescrizione sia comunque preclusa fino alla corretta e compiuta trasposizione della direttiva che ha riconosciuto il diritto nella legislazione nazionale. Roma, 25 marzo 2010 Avv. Wally Ferrante 106 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 Causa C-509/09 - Materia trattata: spazio di libert, sicurezza e giustizia - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof (Germania) il 9 dicembre 2009 - eDate Advertising GmbH / X (avv. Stato W. Ferrante - AL 11062/10 - Individuazione del giudice competente in caso di diffusione via internet di notizia produttiva di danno in pi Stati membri). Questioni pregiudiziali 1) Se, per l'ipotesi di (minacciata) violazione di diritti della personalit attraverso contenuti di un sito Internet, la locuzione "luogo in cui l'evento dannoso pu avvenire", di cui all'art. 5, n. 3, del regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 2000, n. 44, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (in prosieguo: il regolamento n. 44/2001), debba essere interpretata nel senso che l'interessato pu esercitare un'azione inibitoria contro il gestore del sito web, indipendentemente dallo Stato membro in cui domiciliato, anche dinanzi ai giudici di ogni Stato membro, in cui il sito pu essere consultato, oppure la competenza giurisdizionale dei giudici di uno Stato membro, in cui il gestore del sito non domiciliato, presuppone che, oltre alla mera accessibilit tecnica, sussista uno specifico collegamento dei contenuti controversi o del sito con lo Stato del foro (collegamento di carattere territoriale). 2) Qualora sia richiesto un siffatto specifico collegamento di carattere territoriale: Secondo quali criteri esso vada riscontrato. Se assume rilievo il fatto che il sito controverso si rivolga, alla luce delle scelte del gestore, specificamente (anche) agli utenti di Internet dello Stato del foro, o se sia sufficiente al riguardo che le informazioni accessibili sul sito presentino un collegamento oggettivo con lo Stato del foro, nel senso che, secondo le circostanze del caso concreto ed in particolare in base al contenuto del sito controverso, un conflitto tra interessi contrapposti - l'interesse dell'attore al rispetto del proprio diritto della personalit e l'interesse del gestore ad impostare discrezionalmente il proprio sito e a fornire resoconti di fatti - possa effettivamente essersi ivi verificato o potr ivi verificarsi. Se al fine del riscontro di tale specifico collegamento territoriale sia rilevante il numero di accessi al sito controverso operati dallo Stato del foro. 3) Ove, ai fini della sussistenza della competenza giurisdizionale, non sia necessario alcuno specifico collegamento territoriale oppure ove, per la presunzione dello stesso, basti che le informazioni controverse presentino un collegamento oggettivo con lo Stato del foro, nel senso che un conflitto tra contrapposti interessi, alla luce delle circostanze del caso concreto ed in particolare in base al contenuto del sito controverso, possa essersi effettivamente IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 107 ivi verificato o potr ivi verificarsi e l'accertamento di uno specifico collegamento territoriale non presupponga il riscontro di un numero minimo di accessi al sito controverso dallo Stato del foro: Se l'art. 3, nn. 1 e 2, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 8 giugno 2000, 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della societ dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno (in prosieguo: la direttiva sul commercio elettronico) vada interpretato nel senso che alle relative disposizioni va attribuito carattere di norme di diritto internazionale privato, nel senso che esse, anche nell'ambito del diritto civile, prescrivono la sola applicazione del diritto vigente nel Paese d'origine con esclusione delle norme di conflitto nazionali, oppure tali disposizioni costituiscono un correttivo rilevante sul piano giuridico materiale, attraverso il quale l'esito giuridico sostanziale del diritto individuato come applicabile dalle norme di conflitto nazionali viene modificato a livello contenutistico e ridotto alle prescrizioni del Paese d'origine. Per il caso in cui l'art. 3, nn. 1 e 2, della direttiva sul commercio elettronico abbia carattere di norma di diritto internazionale privato: Se le disposizioni citate prescrivano solo la sola applicazione del diritto sostanziale vigente nel Paese d'origine o anche l'applicazione delle norme di conflitto ivi in vigore, con la conseguenza che continui ad essere possibile il rinvio da parte del diritto del Paese d'origine al diritto del Paese di destinazione. Osservazioni del Governo della Repubblica italiana 1. Con lordinanza [10 novembre 2009, depositata il 9 dicembre 2009 del Bundesgerichtshof - Germania], stato chiesto alla Corte di Giustizia dellUnione europea di pronunciarsi, ai sensi dellart. 234 del Trattato CE, sulle [suesposte] questioni pregiudiziali. Fatti di causa 2. La domanda pregiudiziale stata sollevata nellambito di una controversia tra un soggetto domiciliato in Germania, condannato allergastolo da un Tribunale tedesco per lomicidio di un famoso attore ed un gestore di un portale Internet, domiciliato in Austria, in ordine alla pubblicazione dal 23 agosto 1999 al giugno 2007 sul sito Internet di informazioni relative alla predetta vicenda processuale. 3. In data 5 giugno 2007, lattore esortava il gestore del sito Internet ad astenersi dal pubblicare notizie relative alla citata vicenda e in data 18 giugno 2007 la societ convenuta eliminava dal proprio sito la notizia contestata. 4. Nella controversia esaminata dai giudici tedeschi, lattore ha richiesto di inibire alla convenuta di riportare notizie, indicando il suo nome per esteso, 108 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 in relazione al predetto reato. 5. Il Giudice del rinvio, ritenendo che lulteriore diffusione tramite internet di informazioni in ordine al reato commesso dallattore integri una lesione del diritto della personalit dellattore a non essere ulteriormente accostato a quel reato, si posto, in via preliminare, il problema della giurisdizione del Giudice tedesco. La normativa comunitaria rilevante 6. A norma dellart. 5, n. 3 del regolamento n. 44/2001/CE concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e lesecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, la persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro pu essere convenuta in un altro Stato membro in materia di illeciti civili dolosi o colposi, davanti al giudice del luogo in cui levento dannoso avvenuto o pu avvenire. 7. Ai sensi dellart. 3, nn. 1 e 2 della direttiva n. 2000/31/CE (direttiva sul commercio elettronico), 1. Ogni Stato membro provvede affinch i servizi della societ dellinformazione, forniti da un prestatore stabilito nel suo territorio, rispettino le disposizioni nazionali vigenti in detto Stato membro nellambito regolamentato. 2. Gli Stati membri non possono, per motivi che rientrano nellambito regolamentato, limitare la libera circolazione dei servizi societ dellinformazione provenienti da un altro Stato membro. Sul primo quesito posto alla Corte 8. Con il primo quesito, il Bundesgerichtshof ha chiesto alla Corte di Giustizia di pronunciarsi in ordine allinterpretazione della locuzione luogo in cui levento dannoso avvenuto o pu avvenire di cui allart. 5, n. 3, del Regolamento 44/2001/CE, chiarendo se, in caso di diffusione di notizie via internet idonee a ledere diritti della personalit e a cagionare un danno, sia competente ogni Stato membro in cui dette notizie siano accessibili o se sia necessario un collegamento di carattere territoriale tra i contenuti controversi e lo Stato del foro. 9. Preliminarmente, va osservato che il quesito posto alla Corte di Giustizia dovrebbe essere dichiarato irricevibile per difetto di rilevanza nella causa principale. 10. Secondo i principi generali comuni agli ordinamenti processuali, infatti, lazione inibitoria costituisce uno strumento giurisdizionale di urgenza che presuppone lattualit del comportamento produttivo del danno. 11. Dallesposizione dei fatti di causa risulta, invece, che la condotta assunta come lesiva non era pi attuale al momento della proposizione della domanda inibitoria in quanto il gestore del sito aveva, prima dellinizio del giudizio, gi eliminato la notizia controversa. 12. Si ritiene tuttavia di esporre alcune considerazioni per leventualit in cui la Corte dovesse ritenere la domanda ricevibile. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 109 13. Va osservato che lart. 5, n. 3 del Regolamento n. 44/2001/CE prevede unipotesi di competenza speciale in materia di illeciti civili dolosi o colposi. In tal caso la persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro pu essere convenuta davanti al giudice del luogo in cui levento dannoso avvenuto o pu avvenire. 14. La Corte di Giustizia non si ancora pronunciata sui criteri di collegamento da applicare per determinare il luogo in cui si verificato o si pu verificare levento dannoso allorch lasserito danno si verificato o pu verificarsi attraverso i contenuti diffusi tramite Internet. 15. Va rilevato, peraltro, che nel periodo di vigenza della Convenzione di Bruxelles, concernente la competenza giurisdizionale e lesecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale del 27 settembre 1968 la Corte ha affermato che da considerarsi luogo in cui si verificato levento dannoso anche il luogo ove la pubblicazione stata diffusa e ove la vittima assume di aver subito una lesione della propria reputazione, in quanto in tale luogo si manifestato il danno (Corte di giustizia, sentenza del 7 marzo 1995, causa C- 68/93, Shevill). 16. Tale sentenza, peraltro, non stata pronunciata con riferimento agli illeciti commessi tramite internet bens in relazione ad unipotesi di diffamazione a mezzo stampa mediante un articolo diffuso in pi Stati. 17. In quel caso, la Corte ha affermato che lespressione luogo in cui levento dannoso avvenuto deve essere interpretata, nel senso che la vittima pu esperire nei confronti delleditore unazione di danni sia dinanzi ai giudici dello Stato del luogo ove stabilito leditore della pubblicazione diffamatoria, i quali sono competenti a pronunciarsi sul risarcimento dei danni derivanti dalla diffamazione nella loro integralit, sia dinanzi ai giudici di ciascuno Stato contraente dove la pubblicazione stata diffusa e dove la vittima assume aver subito una lesione della sua reputazione, i quali sono competenti a conoscere dei soli danni cagionati nello Stato del giudice adito. 18. Per quanto concerne il caso di specie, va considerato, come rileva correttamente il giudice di rinvio, che i contenuti di internet di norma non sono diffusi ma mantenuti accessibili. 19. Il giudice di rinvio si domanda, dunque, se sia sufficiente la mera accessibilit dei contenuti lesivi in uno Stato Membro, ai fini del radicamento della giurisdizione di questultimo, oppure se occorra un collegamento tra la notizia e il territorio, cio se il contenuto della notizia abbia rilevanza per un determinato Stato membro, suscitando un interesse particolare per gli utenti di detto Stato. 20. In tale ottica, il giudice del rinvio ricorda che la giurisprudenza francese richiede che, ai fini della determinazione della giurisdizione, occorra valutare il numero di accessi ai contenuti ritenuti lesivi effettuati nello Stato in questione. 110 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 21. Per quanto riguarda lordinamento italiano, di recente la Corte di Cassazione ha affermato, con riferimento al reato di diffamazione, che il reato di diffamazione consistente nellimmissione nella rete Internet di frasi offensive e/o immagini denigratorie, deve ritenersi commesso nel luogo in cui le offese e le denigrazioni sono percepite da pi fruitori della rete, pur quando il web sia registrato allestero (Cass., sez. II, 21 febbraio 2008). 22. Ritenere per che, laddove si riscontrino una pluralit di luoghi ove si producono i danni, occorra far riferimento a tutti i luoghi in cui i danni si sono verificati, comporterebbe un concorso di fori alternativi e di leggi applicabili. 23. Il rischio di tale tesi, come evidenziato dal giudice di rinvio, che si estenderebbe il numero dei fori concorrenti, con conseguente erosione dei principi generali in materia di competenza giurisdizionale, fondati sullo sfavore nei confronti di fori non sufficientemente collegati alla lite. 24. Per tali ragioni, appare preferibile collegare la competenza giurisdizionale non solo alla mera accessibilit tecnica della notizia ma altres ad uno specifico collegamento del contenuto controverso con i potenziali utenti dello Stato del foro. 25. Nella fattispecie, pur essendo il gestore del sito domiciliato in Austria, esistono numerose circostanze di fatto, risultanti dallordinanza di rinvio, che rendono la notizia suscettibile di suscitare un particolare e differenziato interesse in Germania: in primo luogo, il fatto che la notizia sia in lingua tedesca, il che implica che i destinatari della stessa saranno pi verosimilmente in Germania che in altri Stati di lingua non tedesca; in secondo luogo, il fatto che il processo per omicidio si sia svolto in Germania, con conseguente maggiore coinvolgimento del lettore di internet tedesco rispetto a quello di altro Stato; in terzo luogo, che la vittima sia uno noto personaggio del mondo dello spettacolo tedesco, con conseguente maggior interesse tra i cittadini tedeschi rispetto a quelli di altri Stati. Sul secondo quesito posto alla Corte 26. Quanto al secondo quesito, una volta stabilito che, per determinare il foro competente comunque necessario che le informazioni accessibili sul sito presentino un collegamento oggettivo con lo Stato del foro e siano come tali idonee ad arrecare un danno alla reputazione del soggetto coinvolto proprio in ragione di tale collegamento, non appare necessario a tal fine verificare se la diffusione della notizia sia intenzionalmente destinata agli utenti di quello Stato membro, n condizionare la competenza ad un certo numero di accessi al sito controverso, essendo sufficiente una mera potenzialit lesiva, derivante dallinteresse specifico degli utenti di quello Stato. Sul terzo quesito posto alla Corte 27. Per quanto attiene allinterpretazione dellart. 3, nn. 1 e 2 della diret- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 111 tiva sul commercio elettronico 2000/31/CE, che ad avviso del Giudice del rinvio verrebbe in rilievo ove fosse affermata la giurisdizione del giudice tedesco, va osservato che tale direttiva non introduce norme supplementari di diritto internazionale privato, n tratta delle competenze degli organi giurisdizionali, come espressamente disposto allart. 1, n. 4. 28. Anche il ventritreesimo considerando prevede che detta direttiva non volta ad introdurre norme supplementari di diritto internazionale privato sui conflitti di leggi, n tratta della competenza degli organi giurisdizionali. Conclusioni 29. Il Governo italiano propone quindi alla Corte di risolvere il primo quesito affermando che per lipotesi di minacciata violazione di diritti della personalit attraverso contenuti di un sito Internet, la locuzione luogo in cui levento dannoso pu avvenire, di cui allart. 5, n. 3, del regolamento n. 44/2001/CE debba essere interpretata nel senso che la competenza giurisdizionale dei giudici di uno Stato membro, in cui il gestore del sito non domiciliato, presuppone che, oltre alla mera accessibilit tecnica, sussista uno specifico collegamento di carattere territoriale dei contenuti controversi o del sito con lo Stato del foro. 30. Il Governo italiano propone inoltre alla Corte di risolvere il secondo quesito affermando che non assume rilievo il numero degli accesi al sito controverso operati dagli utenti di Internet dello Stato del foro, n il fatto che il sito controverso si rivolga specificamente a detti utenti, essendo sufficiente al riguardo che le informazioni accessibili sul sito presentino un collegamento oggettivo con lo Stato del foro. 31. Il Governo italiano propone infine alla Corte di risolvere il terzo quesito affermando che la direttiva sul commercio elettronico 2000/31/CE non introduce norme supplementari di diritto internazionale privato, n tratta delle competenze degli organi giurisdizionali, come espressamente disposto allart. 1, n. 4. Roma, 7 aprile 2010 Avv. Wally Ferrante 112 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 Causa C-3/10 - Materia trattata: politica sociale - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Rossano (Italia) il 5 gennaio 2010 - Franco Affatato/Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, Azienda Sanitaria n. 3 di Rossano (avv. Stato W. Ferrante - AL 14451/10 - Compatibilit della normativa italiana sui contratti a tempo determinato nel settore del pubblico impiego). Questioni pregiudiziali 1) Se la clausola n. 2.1 dell'Accordo Quadro recepito dalla direttiva 1999/70/CE osta ad una norma interna, come quella dettata per i lavoratori LSU/LPU dall'art. 8, comma 1, del D.lgs. n. 468/97 e dall'art. 4. comma 1, della legge n. 81/00, che, nell'escludere per lavoratori da essa disciplinati la instaurazione di un rapporto d lavoro finisce con l'escludere la applicabilit della normativa sul rapporto di lavoro a termine di recepimento della direttiva 1999/70/CE; 2) se la clausola n. 2.2 dell'Accordo Quadro recepito dalla direttiva 1999/70/CE consenta di includere lavoratori come i lavoratori LSU/LPU disciplinati dal D.lgs. n. 468/97 e dalla legge n. 81/00, nell'ambito di non applicazione della direttiva 1999/70/CE; 3) se i lavoratori di cui al quesito n. 2 rientrino nell'ambito definitorio di cui alla clausola 3.1 dell'Accordo Quadro recepito dalla direttiva 1999/70/CE; 4) se la clausola 5 dell'Accordo Quadro recepito dalla direttiva 1999/70/CE ed il principio di uguaglianza non discriminazione ostino ad una disciplina per lavoratori nel settore scuola (cfr. in particolare l'art 4, comma 1 L. n. 124/99 e l'art. 1, comma 1, lettera a, del D.M. n. 430/00), che consenta di non indicare la causalit del primo contralto a termine, prevista in via generale dalla disciplina interna per ogni altro rapporto di lavoro a termine, nonch di rinnovare i contratti indipendentemente dalla sussistenza di esigenze permanenti e durevoli, non preveda la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti, nonch normalmente nessuna distanza tra i rinnovi ovvero, nell'ipotesi delle supplenze annuali, corrispondente alle vacanze estive in cui la attivit scolastica sospesa, ovvero fortemente ridotta; 5) se il corpus di disposizioni normative del settore scuola, come descritto, possa ritenersi complesso di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi; 6) se, ai sensi dell'art. 2 della direttiva 1999/70/CE, il D.lgs. n. 368/01 e l'art. 36 del D.lgs. n. 165/01 possano ritenersi disposizioni aventi caratteristiche di disposizione di recepimento della direttiva 1999/70/CE in relazione ai rapporti di lavoro a termine nel settore scuola; 7) se un soggetto, avente le caratteristiche di Poste Italiane S.p.a., ovvero: - di propriet dello Stato; IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 113 - sottoposta al controllo dello Stato; - il Ministero delle comunicazioni opera la scelta del fornitore del servizio universale ed in genere svolge tutte le attivit di verifica e controllo materiale e contabile del soggetto in questione, con fissazione degli obiettivi relativi al servizio universale reso; - esercita un servizio di pubblica necessit di preminente interesse generale; - il bilancio del soggetto collegato al bilancio dello Stato; - i costi del servizio reso sono determinati dallo Stato che corrisponde al soggetto importi per coprire i maggiori costi del servizio, - debba ritenersi organismo statale, ai fini della diretta applicazione del diritto comunitario; 8) in caso di risposta positiva al quesito n. 7, se ai sensi della clausola 5 detta societ possa costituire settore, ovvero l'intero ambito del personale da questa impiegabile possa essere ritenuto categoria specifica di lavoratori, ai fini della differenziazione delle misure ostative; 9) in caso di risposta positiva al quesito n. 7, se la clausola 5 della direttiva 1999/70/CE da s sola, ovvero in uno con le clausole 2 e 4 ed il principio di uguaglianza non discriminazione, osti ad una disposizione quale l'art. 2, comma l bis, del D.lgs. n. 368/01 che consente una a-causale apposizione del termine al contratto di lavoro in relazione ad uno specifico soggetto, ovvero esima detto soggetto, differentemente dalla misura ostativa interna ordinariamente prevista (art. 1 dei d.lgs. n. 368/01), dall'indicare per iscritto e provare, in caso d contestazione, le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che hanno determinato la apposizione del termine al contratto di lavoro, tenuto conto che possibile procedere ad una proroga dell'originario contratto richiesta da ragioni oggettive e riferentesi alla stessa attivit lavorativa per la quale il contratto stato stipulato a tempo determinato; 10) se il D.lgs. n. 368/01 e l'art. 36, comma 5, del D.lgs. n. 165/01, costituiscano normativa generale di recepimento della direttiva 1999/70/CE per il personale dipendente dello Stato, tenuto conto delle eccezioni a dette disposizioni generali come definite all'esito della risposta ai quesiti da 1 a 9; 11) se, in mancanza di disposizioni sanzionatorie in relazione ai lavoratori del tipo LSU/LPU e della Scuola come descritti, la direttiva 1999/70/CE ed in particolare la clausola 5, comma 2, lett. b, osti alla applicazione analogica di una disciplina meramente risarcitoria, quale quella prevista dall'art 36, comma 5, del D.lgs. n. 165/01, ovvero se la clausola 5, comma 2, lett. b, ponga un principio di preferenza perch i contratti o rapporti siano ritenuti a tempo indeterminato; 12) se il principio di uguaglianza non discriminazione comunitario, la clausola 4, la clausola 5.1, ostino ad una differenziazione di discipline sanzionatorie nel settore "personale dipendente degli organismi Stato" sulla scorta 114 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 della genesi del rapporto di lavoro, ovvero del soggetto datore di lavoro, o ancora nel settore Scuola; 13) se, definito l'ambito interno di recepimento della direttiva 1999/70/CE nei confronti dello Stato e degli organismi ad esso equiparati a seguito della risposta ai quesiti precedenti, la clausola 5 osti ad una disciplina quale quella di cui all'art. 36, comma 5, del D.lgs. n. 165/01, che vieti in maniera assoluta verso lo Stato la conversione dei rapporti di lavoro, ovvero quali ulteriori verifiche debbano essere compiute dal giudice interno al fine della non applicazione del divieto di costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni; 14) se la direttiva 1999/70/CE debba operare integralmente nei confronti dell'Italia, ovvero se la conversione dei rapporti di lavoro nei confronti della PA appaia essere contraria ai principi fondamentali dell'ordinamento interno e, quindi, da non applicare in parte qua la clausola 5, perch determinante effetto contrario all'art 1-5 del Trattato di Lisbona, non rispettando la struttura fondamentale, politica e costituzionale ovvero funzioni essenziali dell'Italia; 15) se la clausola 5 della direttiva 1999/70/CE, nel prevedere, in ipotesi di divieto di conversione del rapporto di lavoro, la necessit di una misura che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori, rispetto ad analoghe situazioni di diritto interno, al fine di sanzionare debitamente gli abusi derivanti dalla violazione della stessa clausola 5 e di eliminare le conseguenze della violazione del diritto comunitario, imponga di tener conto quale situazione analoga di diritto interno del rapporto di lavoro a tempo indeterminato con lo Stato, cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in assenza dell'art. 36, ovvero di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con soggetto privato, nei confronti del quale il rapporto di lavoro avrebbe avuto caratteristiche di stabilit analoghe a quelle di un rapporto di lavoro con lo Stato; 16) se la clausola 5 della direttiva 1999/70/CE, nel prevedere, in ipotesi di divieto di conversione del rapporto di lavoro, la necessit di una misura che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori, rispetto ad analoghe situazioni di diritto interno, al fine di sanzionare debitamente gli abusi derivanti dalla violazione della stessa clausola 5 e di eliminare le conseguenze della violazione del diritto comunitario, imponga di tener conto quale sanzione: a) del tempo necessario a trovare nuova occupazione e della impossibilit ad accedere ad una occupazione che presenti le caratteristiche di cui al quesito sub 15; b) ovvero, di contro, del monte delle retribuzioni che si sarebbero percepite in ipotesi di conversione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 115 Osservazioni del Governo della Repubblica italiana 1. Con lordinanza [9 novembre 2009, depositata il 14 dicembre 2009 del Tribunale di Rossano in funzione di giudice del lavoro - Italia], stato chiesto alla Corte di Giustizia dellUnione europea di pronunciarsi, ai sensi dellart. 267 TFUE, sulle [suesposte] questioni pregiudiziali. Fatti di causa 2. La domanda pregiudiziale trae origine da una controversia instaurata nel 2009 da un lavoratore nei confronti dellAzienda Sanitaria Provinciale di Cosenza con la quale il primo, premettendo di aver lavorato con plurimi contratti a tempo determinato presso la predetta Azienda Sanitaria dal 18 marzo 1996 al 16 maggio 1996, dal 3 agosto 1996 al 2 ottobre 1996, dal 18 dicembre 2000 al 17 febbraio 2001, dal 6 marzo 2002 al 5 luglio 2002, dal 20 agosto 2002 al 19 dicembre 2002 e dal 21 febbraio 2003 al 20 giugno 2003 in qualit di ausiliario specializzato socio-sanitario, chiede dichiararsi la nullit dei termini apposti ai contratti a tempo determinato e, conseguentemente, disporsi la conversione dei medesimi in contratto a tempo indeterminato con reintegrazione nel posto di lavoro e pagamento delle retribuzioni dovute dalla cessazione dellultimo contratto alla effettiva reintegra. 3. Il ricorrente nella causa principale assume infatti che la stipula di reiterati contratti a tempo determinato sarebbe stata effettuata in violazione del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 recante attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa allaccordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dallUNICE, dal CEEP e dal CES ed in particolare dellart. 1 del predetto decreto legislativo in quanto le mansioni nelle quali era stato impiegato (utilizzazione di macchinari e attrezzature specifiche, cura e riordino di ambienti ospedalieri, accompagnamento e spostamento di degenti ecc.) non rispondevano ad esigenze eccezionali o straordinarie bens permanenti e durature, senza che fossero state esplicitate nel contratto le puntuali ragioni che avevano giustificato lapposizione del termine; dellart. 4 del citato decreto legislativo in quanto la proroga sarebbe avvenuta in assenza di oggettive ragioni che avrebbero potuto giustificarla nonch dellart. 5 del predetto decreto legislativo poich non sarebbe stato rispettato il limite temporale tra le assunzioni. 4. Nellipotesi di ritenuta non convertibilit dei contratti a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato alla luce dellart. 36, comma 5 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 16 recante norme generali sullordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, in base al quale la violazione di disposizioni imperative riguardanti lassunzione o limpiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non pu comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, il ricorrente nella causa principale chiede, in subordine, il risarcimento del danno da liquidarsi tenuto conto della aspettativa 116 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 di stabilizzazione, da rapportarsi alle retribuzioni medio tempore non percepite tra la stipula del primo fino allultimo contratto. 5. LAzienda sanitaria, resistente nella causa principale, contesta la fondatezza di tutte le domande rivolte nei suoi confronti, assumendo, per quanto qui interessa, che il termine sarebbe da considerarsi elemento essenziale dei contratti stipulati con il ricorrente e che lipotesi di conversione in contratto a tempo indeterminato avrebbe leffetto di introdurre una nuova ipotesi di reclutamento del personale in violazione del citato art. 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001 nonch dellart. 35 dello stesso decreto, che sancisce il principio generale, riconducibile allart. 97 della Costituzione, del reclutamento nei pubblici impieghi a mezzo di pubblico concorso. 6. La resistente precisa inoltre di aver proceduto alla stipulazione dei contratti a tempo determinato nel rispetto dei presupposti previsti dalla legge 28 febbraio 1987, n. 56 recante norme sullorganizzazione del mercato del lavoro (in particolare, lart. 23 in materia di contratto a termine, abrogato dallart. 11, comma 1 del decreto legislativo n. 368 del 2001, prevedeva che i contratti collettivi stabilissero il numero in percentuale dei lavoratori che potevano essere assunti con contratto di lavoro a termine rispetto al numero dei lavoratori impegnati a tempo indeterminato e che i primi avessero diritto di precedenza nellassunzione presso la stessa azienda, con la medesima qualifica, a condizione che manifestassero la volont di esercitare tale diritto entro tre mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro) nonch delle previsioni di cui allart. 43 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del Comparto Sanit (di seguito C.C.N.L.) del 7 aprile 1999 e di cui allart. 31 C.C.N.L. del 20 settembre 2001. 7. Del resto, il divieto per le pubbliche amministrazioni di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato in ragione dei vincoli di bilancio, disposto da numerose leggi finanziarie, avrebbe costretto la resistente ad operare assunzioni a tempo determinato. 8. Detti contratti, sarebbero stati conclusi, secondo la resistente, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 368 del 2001, come interpretato, quanto al regime della proroga e dei rinnovi, dalla Circolare del Ministero del lavoro del 1 agosto 2002, n. 40; peraltro, unulteriore proroga sarebbe stata preclusa dal disposto del citato art. 31, comma 10 C.C.N.L. del 20 settembre 2001. 9. Secondo la resistente, infine, la richiesta di risarcimento del danno, avanzata in subordine, sarebbe infondata non esistendo a monte il diritto che si assumerebbe leso, non essendovi stata alcuna violazione della normativa che disciplina la conclusione di contratti di lavoro a tempo determinato. La normativa comunitaria rilevante 10. La direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/70/CE, relativa al- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 117 laccordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato premette, nel suo terzo considerando, che la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, al punto 7, stabilisce tra l'altro che la realizzazione del mercato interno deve portare ad un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori nella Comunit europea. Tale processo avverr mediante il ravvicinamento di tali condizioni, che costituisca un progresso, soprattutto per quanto riguarda le forme di lavoro diverse dal lavoro a tempo indeterminato, come il lavoro a tempo determinato, il lavoro a tempo parziale, il lavoro interinale e il lavoro stagionale (evidenza nostra). 11. Al quinto considerando, la predetta direttiva, ricorda che le conclusioni del Consiglio europeo di Essen hanno sottolineato la necessit di provvedimenti per incrementare l'intensit occupazionale della crescita, in particolare mediante un'organizzazione pi flessibile del lavoro, che risponda sia ai desideri dei lavoratori che alle esigenze della competitivit (evidenza nostra). 12. Il sesto considerando della citata direttiva sottolinea inoltre che la risoluzione del Consiglio del 9 febbraio 1999 relativa agli orientamenti in materia di occupazione per il 1999 invita le parti sociali a tutti i livelli appropriati a negoziare accordi per modernizzare l'organizzazione del lavoro, comprese forme flessibili di lavoro, al fine di rendere le imprese produttive e competitive e di realizzare il necessario equilibrio tra la flessibilit e la sicurezza (evidenza nostra). 13. Laccordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 (in prosieguo, laccordo quadro), che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE, prevede, nel suo preambolo: il presente accordo stabilisce i principi generali e i requisiti minimi relativi al lavoro a tempo determinato, riconoscendo che la loro applicazione dettagliata deve tener conto delle realt specifiche delle situazioni nazionali, settoriali e stagionali (evidenza nostra). 14. La clausola 2 dellaccordo quadro ne disciplina il campo di applicazione, prevedendo che lo stesso: 1. si applica ai lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro. 2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali e/o le parti sociali stesse possono decidere che il presente accordo non si applichi ai: a) rapporti di formazione professionale iniziale e di apprendistato; b) contratti e rapporti di lavoro definiti nel quadro di un programma specifico di formazione, inserimento e riqualificazione professionale pubblico o che usufruisca di contributi pubblici. 15. La clausola 4, n. 1 dellaccordo quadro, recante principio di non discriminazione, dispone che per quanto riguarda le condizioni di impiego, i 118 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive. 16. Ai sensi della clausola 5 dellaccordo quadro: 1. Per prevenire gli abusi derivanti dallutilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o pi misure relative a: a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti; b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi; c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti. 2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato: a) devono essere considerati successivi; b) devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato. 17. Ai sensi dellart. 2, primo comma, della direttiva 1999/70/CE, gli Stati membri erano tenuti a mettere in atto le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi ad essa entro il 10 luglio 2001. La normativa nazionale 18. Con legge 29 dicembre 2000, n. 422, recante disposizioni per ladempimento degli obiettivi derivanti dallappartenenza dellItalia alle Comunit europee legge comunitaria 2000, il legislatore nazionale ha delegato il governo italiano ad emanare i decreti legislativi necessari per recepire le direttive comunitarie di cui agli allegati A e B di tale legge. Nellallegato B in particolare menzionata la direttiva 1999/70/CE. 19. Lart. 2, n. 1, lett. b), della legge n. 422 del 2000 dispone in particolare che, per evitare disarmonie con le discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare, saranno introdotte le occorrenti modifiche o integrazioni alle discipline stesse , e la stessa disposizione, alla lett. f), prevede che i decreti legislativi assicureranno in ogni caso che, nelle materie trattate dalle direttive da attuare, la disciplina disposta sia pienamente conforme alle prescrizioni delle direttive medesime . 20. La delega stata attuata dal Governo italiano con ladozione del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, recante attuazione della direttiva IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 119 1999/70/CE relativa allaccordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dallUNICE (Unione delle confederazioni delle industrie della Comunit europea), dal CEEP (centro europeo dellimpresa a partecipazione pubblica) e dal CES (Confederazione europea dei sindacati). 21. Lart. 1, n. 1, del decreto legislativo n. 368 del 2001 dispone che ҏ consentita lapposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attivit del datore di lavoro (la parte in evidenza stata aggiunta dallart. 21 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivit, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria). Lart. 1, comma 2 prevede che lapposizione del termine priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma 1. Al comma 1 stato premesso dallart. 1, comma 39 della legge 24 dicembre 2007, n. 247 (legge finanziaria 2008) il seguente periodo: Il contratto di lavoro subordinato stipulato di regola a tempo indeterminato. 22. Ai sensi dellart. 4, n. 1, del decreto legislativo n. 368 del 2001, il contratto di lavoro pu essere prorogato una sola volta quando la durata iniziale di questultimo sia inferiore a tre anni a condizione che la proroga sia richiesta da ragioni oggettive e si riferisca alla stessa attivit lavorativa per la quale il contratto stato stipulato a tempo determinato. Tuttavia, in tal caso, la durata complessiva del detto contratto non pu eccedere i tre anni. 23. Lart. 5 del decreto legislativo n. 368 del 2001, recante Scadenza del termine e sanzioni. Successione dei contratti, dispone: 1. Se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato ai sensi dellart. 4, il datore di lavoro tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al venti per cento fino al decimo giorno successivo, o al quaranta per cento per ciascun giorno ulteriore. 2. Se il rapporto di lavoro continua oltre il ventesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi, nonch decorso il periodo complessivo di cui al comma 4-bis, ovvero oltre il trentesimo giorno negli altri casi, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini. [la parte in evidenza stata aggiunta dallart. 1, comma 40 della legge 24 dicembre 2007, n. 247]. 3. Qualora il lavoratore venga riassunto a termine, ai sensi dellart. 1, entro un periodo di dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore ai sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo in- 120 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 determinato. 4. Quando si tratta di due assunzioni successive e a termine, intendendosi per tali quelle effettuate senza alcuna soluzione di continuit, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto. 4-bis. Ferma restando la disciplina della successione di contratti di cui ai commi precedenti e fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente pi rappresentative sul piano nazionale qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e laltro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato ai sensi del comma 2. In deroga a quanto disposto dal primo periodo del presente comma, un ulteriore successivo contratto a termine fra gli stessi soggetti pu essere stipulato per una sola volta, a condizione che la stipula avvenga presso la direzione provinciale del lavoro competente per territorio e con lassistenza di un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali comparativamente pi rappresentative sul piano nazionale cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato. Le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente pi rappresentative sul piano nazionale stabiliscono con avvisi comuni la durata del predetto ulteriore contratto. In caso di mancato rispetto della descritta procedura, nonch nel caso di superamento del termine stabilito nel medesimo contratto, il nuovo contratto si considera a tempo indeterminato. 4-ter. Le disposizioni di cui al comma 4-bis non trovano applicazione nei confronti delle attivit stagionali definite dal decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, e successive modifiche e integrazioni, nonch di quelle che saranno individuate dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente pi rappresentative . 4-quater. Il lavoratore che, nellesecuzione di uno o pi contratti a termine presso la stessa azienda, abbia prestato attivit lavorativa per un periodo superiore a sei mesi ha diritto di precedenza, fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente pi rappresentative sul piano nazionale, nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni gi espletate in esecuzione dei rapporti a termine. 4-quinquies. Il lavoratore assunto a termine per lo svolgimento di attivit stagionali ha diritto di precedenza, rispetto a nuove assunzioni a termine da IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 121 parte dello stesso datore di lavoro per le medesime attivit stagionali. 4-sexies. Il diritto di precedenza di cui ai commi 4-quater e 4-quinquies pu essere esercitato a condizione che il lavoratore manifesti in tal senso la propria volont al datore di lavoro entro rispettivamente sei mesi e tre mesi dalla data di cessazione del rapporto stesso e si estingue entro un anno dalla data di cessazione del rapporto di lavoro (i commi 4-bis, 4-ter, 4-quater, 4- quinquies e 4 sexies sono stati aggiunti dallart. 1, comma 40 della legge 24 dicembre 2007, n. 247; i commi 4-bis e 4-quater sono stati ulteriormente modificati, con laggiunta delle parti evidenziate, dallart. 21 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133). 24. Lart. 6 del decreto legislativo n. 368 del 2001, recante principio di non discriminazione, prevede che al prestatore di lavoro con contratto a tempo determinato spettano le ferie e la gratifica natalizia o la tredicesima mensilit, il trattamento di fine rapporto e ogni altro trattamento in atto nell'impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili, intendendosi per tali quelli inquadrati nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dalla contrattazione collettiva, ed in proporzione al periodo lavorativo prestato sempre che non sia obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a termine. 25. Lart. 10 del decreto legislativo n. 368 del 2001 contiene una lista di casi nei quali lapplicazione della normativa relativa ai contratti a tempo determinato esclusa: contratti di lavoro temporaneo, contratti di formazione e lavoro, rapporti di apprendistato, rapporti di lavoro tra datori di lavoro dellagricoltura e operai a tempo determinato, contratti di lavoro nel settore del turismo e dei pubblici esercizi, contratti con i dirigenti, rapporti instaurati con le aziende che esercitano il commercio di esportazione, importazione ed ingresso di prodotti ortofrutticoli. Sono inoltre esenti da limitazioni quantitative i contratti a tempo determinato conclusi nella fase di avvio di nuove attivit, per ragioni di carattere sostitutivo o di stagionalit, per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi ovvero con lavoratori di et superiore a 55 anni. 26. Nessuno di tali casi e nessuna di tali esenzioni riguarda il settore della pubblica amministrazione che deve quindi ritenersi ricompreso nellambito di applicabilit del decreto legislativo n. 368 del 2001, salvo quanto diversamente disposto dallart. 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001. 27. Infatti, sebbene lart. 11, n. 1 del decreto legislativo n. 368 del 2001 precisi che dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo [21 settembre 2001] sono abrogate tutte le disposizioni di legge che sono comunque incompatibili e non sono espressamente richiamate nel presente decreto legislativo, lart. 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001 deve ritenersi norma speciale relativa, appunto, al lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. 122 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 28. Tale norma stato peraltro modificata con diverse leggi successive (art. 4 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4 convertito nella legge 9 marzo 2006, n. 80; art. 3, comma 79 della legge 24 dicembre 2007, n. 244; art. 49 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito nella legge 6 agosto 2008, n. 133; art. 17, comma 26 del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito dalla legge 3 agosto 2009, n. 102) che ne hanno ribadito il principio fondante della non convertibilit del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato nei rapporti con le pubbliche amministrazioni. 29. Leventuale conflitto tra norme deve quindi essere risolto in favore di questultima disposizione sia in base al principio generale lex specialis derogat generali, sia in base al principio lex posterior derogat priori. 30. Lart. 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 integralmente riportato alle pagine 10-12 dellordinanza di rinvio. In particolare il comma 5 cos dispone: In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non pu comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilit e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative. Le amministrazioni hanno l'obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave. I dirigenti che operano in violazione delle disposizioni del presente articolo sono responsabili anche ai sensi dell'articolo 21 del presente decreto. Di tali violazioni si terr conto in sede di valutazione dell'operato del dirigente ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286 (la parte in evidenza stata aggiunta dallart. 49 del decreto- legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito nella legge 6 agosto 2008, n. 133). 31. Detta norma prevede quindi espressamente che, in caso di violazione delle norme imperative in materia di assunzione di lavoratori, pur non essendo possibile convertire il contratto di lavoro a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, sono previste misure idonee a prevenire e a disincentivare gli abusi, conformemente a quanto stabilito dalla clausola 5 dellaccordo quadro. 32. Infatti, il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno; le amministrazioni hanno lobbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave; la violazione delle disposizioni di cui allart. 36 comporta limpossibilit del rinnovo dellincarico dirigenziale ai sensi dellart. 21 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e di tale violazione si tiene conto in sede di valutazione delloperato del dirigente. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 123 Irricevibilit dei quesiti da 1 a 3 33. Come si detto nel ricostruire i fatti di causa, la controversia principale riguarda un lavoratore che ha concluso reiterati contratti a termine con una pubblica amministrazione ed in particolare con unAzienda sanitaria. 34. La normativa rilevante nella causa principale, quindi, oltre a quella di portata generale di cui al decreto legislativo n. 368 del 2001 e di cui allart. 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001, costituita dalla normativa speciale dettata per il settore sanitario e volta a garantire il rispetto degli obblighi comunitari in materia di realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica. 35. In particolare, ai sensi dellart. 1, commi 98 e 107 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 per gli anni 2005 e 2006, dallart. 1, comma 198 della legge 23 dicembre 2004, n. 311 per lanno 2006 e dellart. 1, comma 565 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 per i triennio 2007-2009, gli enti del Servizio sanitario nazionale concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica adottando misure necessarie a garantire che le spese del personale non superino lammontare ivi determinato, considerando a tal fine anche le spese per il personale con rapporto di lavoro a tempo determinato, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa o che presta servizio con altre forme di rapporto di lavoro flessibile o con convenzioni. 36. Il citato art. 1, comma 656 della legge n. 296 del 2006 prevede alla lettera a), nn. 1, 2 e 3 che gli enti del Servizio sanitario nazionale individuino la consistenza organica del personale dipendente a tempo indeterminato e la relativa spesa nonch la consistenza del personale che presta servizio con rapporto di lavoro a tempo determinato e la relativa spesa e predispongano un programma di revisione delle predette consistenze finalizzato alla riduzione della spesa complessiva di personale. In tale ambito, verificata la possibilit di trasformare le posizioni di lavoro gi coperte da personale precario in posizioni di lavoro dipendente a tempo indeterminato. 37. Da quanto sopra si deduce che, oltre alla normativa generale fondata sul necessario rispetto del reclutamento a mezzo di procedure selettive in ossequio al dettato dellart. 97 della Costituzione italiana, la normativa di settore prevede limiti stringenti alla stabilizzazione dei rapporti di lavoro precari motivato da esigenze di contenimento della spesa pubblica. 38. A fronte di tale disciplina di dettaglio, propria del settore sanitario, appare evidente linconferenza, ai fini della decisione della causa principale, della normativa differenziata e propria di altri settori, quali quello dei lavori socialmente utili, del personale scolastico o del personale alle dipendenze delle Poste italiane S.p.A. 39. Per quanto riguarda i lavoratori socialmente utili, palese lirrilevanza dei primi tre quesiti posti dal giudice del rinvio in ordine alla conformit con laccordo quadro dellart. 8 del decreto legislativo 1 dicembre 1997, n. 468 e dellart. 4 del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81 che disciplinano la 124 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 prestazione in attivit socialmente utili e che non possono avere alcuna refluenza sui fatti di causa. 40. E vero che, per giurisprudenza costante della Corte di giustizia, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilit dellemananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessit di una pronuncia pregiudiziale ai fini della pronuncia della propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate dal giudice nazionale vertono sullinterpretazione del diritto comunitario, la Corte, in via di principio, tenuta a statuire (sentenze 15 dicembre 1995, causa C 415/93, Bosman, punto 59 e 10 novembre 2005, causa C-316/04, Stichting Zuid-Hollandse Milieufederatie, punto 29). 41. E altrettanto vero per che la Corte pu rifiutare di pronunciarsi su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale quando risulti manifestamente che la richiesta interpretazione del diritto comunitario non ha alcuna relazione con la realt o con loggetto della causa principale o quando il problema di natura ipotetica (cfr. citate sentenze Bosman, punto 61, e Stichting Zuid-Hollandse Milieufederatie, punto 30). 42. Nella fattispecie, lampante lassoluta irrilevanza dei primi tre quesiti interpretativi per la soluzione della controversia, atteso che, per la legislazione italiana, lutilizzo nelle attivit socialmente utili non determina nemmeno linstaurazione di un rapporto di lavoro. 43. I primi tre quesiti devo pertanto essere dichiarati irricevibili. Irricevibiit dei quesiti da 4 a 6 44. Per analoghi motivi, deve essere dichiarata lirricevibilit dei quesiti da 4 a 6 vertenti sulla conformit alla clausola 5 dellaccordo quadro dellart. 4 della legge 3 maggio 1999, n. 124 che disciplina le supplenze del personale scolastico in maniera differenziata rispetto alla disciplina generale di cui al decreto legislativo n. 368 del 2001. 45. Tale disciplina differenziata concernente i lavoratori precari del settore scuola non ovviamente applicabile al personale alle dipendenze delle amministrazioni operanti nel settore sanitario ed il relativi quesiti in ordine alla compatibilit di tale normativa con i principi comunitari recepiti nellaccordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE sono totalmente irrilevanti per la decisione della causa principale. Irricevibilit dei quesiti da 7 a 9 46. Discorso analogo va fatto per i quesiti da 7 a 9 concernenti la conformit con la clausola 5 dellaccordo quadro della disciplina speciale prevista dallart. 2, comma 2 bis del decreto legislativo n. 368 del 2001, aggiunto dallart. 1, comma 558 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, per le assunzioni a tempo determinato effettuate da imprese concessionarie di servizi nei settori IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 125 delle poste, che il giudice del rinvio identifica con i lavoratori alle dipendenze delle Poste italiane S.p.a. 47. Nessuna rilevanza pu infatti assumere detta disciplina peculiare per la decisione della causa principale, che riguarda un lavoratore assunto con diversi contratti a termine da unAzienda sanitaria, con conseguente irricevibilit dei relativi quesiti. Irricevibilit del quesito 11 48. Parimenti irricevibile il quesito n. 11, con il quale il giudice remittente chiede alla Corte se sia configurabile unestensione analogica della tutela meramente risarcitoria prevista dallart. 36, comma 5 del decreto legislativo n. 165 del 2001 ai lavoratori socialmente utili e ai lavoratori del settore scolastico o se debba invece applicarsi il principio di preferenza di cui alla clausola 5, comma 2, lett. b) dellaccordo quadro nel senso che i contratti debbano ritenersi a tempo indeterminato. 49. Ancora una volta, la causa principale non riguarda n un lavoratore socialmente utile, n un lavoratore precario del settore scolastico, con conseguente totale irrilevanza della questione interpretativa posta con il predetto quesito. Sul quesito 10 e sui quesiti da 12 a 15 50. Va innanzitutto premesso che la Corte di giustizia ha gi affermato che la direttiva 1999/70/CE e laccordo quadro si applicano ai contratti e ai rapporti di lavoro a tempo determinato conclusi con le amministrazioni e altri enti del settore pubblico (sentenza 4 luglio 2006, causa C 212/04, Adeneler, punto 54). 51. Come risulta dalla stessa formulazione della clausola 2, punto 1, dellaccordo quadro, il campo di applicazione di questultimo viene inteso in senso lato, riguardando in maniera generale i lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro. Inoltre, la definizione della nozione di lavoratore a tempo determinato ai sensi dellaccordo quadro, enunciata nella clausola 3, punto 1, di questultimo, include tutti i lavoratori, senza operare distinzioni basate sulla natura pubblica o privata del loro datore di lavoro (sentenza Adeneler, punto 54). 52. Ci detto, con i suddetti quesiti, il giudice del rinvio chiede in sostanza se laccordo quadro debba essere interpretato nel senso che esso osti ad una normativa nazionale che esclude, in caso di abuso risultante dallutilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato da parte di un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico, che questi ultimi siano trasformati in contratti o in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, mentre una tale trasformazione prevista per quanto riguarda i contratti e i rapporti di lavoro conclusi con un datore di lavoro appartenente al settore pri- 126 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 vato. 53. Come riconosciuto dallo stesso giudice del rinvio, la Corte di giustizia si gi occupata della questione sollevata nelle sentenze coeve e di analogo contenuto del 7 settembre 2006, causa C-53-04, Sardino e C-180/04, Vassallo. 54. Con tali pronunce, la Corte di giustizia ha ritenuto che laccordo quadro deve essere interpretato nel senso che esso non osta, in linea di principio, ad una normativa nazionale che esclude, in caso di abuso derivante dallutilizzo di una successione di contratti a tempo determinato da parte di un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico, che questi siano trasformati in contratti di lavoro a tempo indeterminato, mentre tale trasformazione prevista per i contratti di lavoro conclusi con un datore di lavoro appartenente al settore privato, qualora tale normativa contenga unaltra misura effettiva destinata ad evitare e, se del caso, a sanzionare un utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato da parte di un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico. 55. La Corte ha ritenuto quindi che la normativa italiana contenesse tale altra misura effettiva volta a prevenire ed a sanzionare i predetti abusi. 56. Il giudice del rinvio ritiene per che in quelloccasione il quadro normativo era stato rappresentato in maniera parziale e che lo stesso si sarebbe comunque evoluto. 57. In proposito non pu non rilevarsi che, nella ponderosa ordinanza di rinvio, il quadro normativo sia ora stato rappresentato in modo del tutto ultroneo rispetto al perimetro rilevante per la decisione della controversia. 58. Sarebbe stato infatti sufficiente un richiamo al decreto legislativo n. 268 del 2001 e allart. 36, comma 5 del decreto legislativo n. 165 del 2001, che - rispondendo cos al quesito n. 10 - costituiscono la normativa generale di recepimento della direttiva 1999/70/CE ed eventualmente alla normativa specifica in materia di contratti a termine nel settore sanitario che invece, singolarmente, il giudice del rinvio non esamina affatto, dilungandosi oltremodo nellanalisi di normative, come si visto, del tutto estranee alla materia del contendere. 59. Daltro canto, levoluzione della normativa non pu che rafforzare la bont delle conclusioni gi raggiunte dalla Corte di giustizia nelle richiamate sentenze Sardino e Vassallo. 60. Infatti, da un lato, i commi 4-bis, 4-quater 4-quinquies e 4-sexies aggiunti allart. 5 del decreto legislativo n. 368 del 2001 dalla legge n. 247 del 2007 hanno fissato ulteriori paletti per evitare la reiterazione di contratti a termine, stabilendo una durata massima al di l della quale il contratto si considera a tempo indeterminato e introducendo un diritto di precedenza di chi abbia prestato attivit lavorativa per un periodo superiore a sei mesi nelle assunzioni a tempo indeterminato, dallaltro, lart. 36, comma 5 del decreto legislativo n. 165 del 2001, come modificato dal decreto-legge n. 112 del 2008 convertito IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 127 dalla legge n. 133 del 2008 ha previsto, oltre al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative e alla responsabilit per dolo e colpa grave dei dirigenti nei confronti dei quali lamministrazione deve recuperare le somme erogate a tale titolo, anche due ulteriori conseguenze a carico dei predetti dirigenti, consistenti nellimpossibilit di rinnovo dellincarico dirigenziale e nella considerazione della predetta violazione nellambito della valutazione delloperato del dirigente medesimo. Inoltre, il comma 3 del predetto art. 36 come modificato dallart. 17, comma 26 del decreto- legge n. 78 del 2009 convertito dalla legge n. 102 del 2009 prevede che al dirigente responsabile di irregolarit nellutilizzo del lavoro flessibile non pu essere erogata la retribuzione di risultato. 61. Sono stati quindi previsti ulteriori elementi dissuasivi, conformemente a quanto disposto dalla clausola 5 dellaccordo quadro, che non prevede affatto come obbligatoria la sanzione della conversione del rapporto in contratto a tempo indeterminato, come riconosciuto anche dal giudice del rinvio a p. 19 dellordinanza, ma solo una preferenza di tale misura, che ben pu quindi essere esclusa per una determinata categoria di lavoratori, come quelli alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, per i quali vige il principio del concorso pubblico ai sensi dellart. 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001. 62. La clausola 5 dellaccordo quadro rimette infatti agli Stati, previa consultazione con le parti sociali, di stabilire a quali condizioni i contratti di lavoro a tempo determinato devono essere ritenuti contratti a tempo indeterminato, lasciando quindi ai Stati medesimi la possibilit di prevedere misure alternative alla predetta conversione del rapporto. 63. Pertanto, dal momento che tale disposizione non stabilisce un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione in contratti a tempo indeterminato dei contratti di lavoro a tempo determinato, cos come non stabilisce nemmeno le condizioni precise alle quali si pu fare uso di questi ultimi, essa lascia agli Stati membri un certo margine di discrezionalit in materia. 64. Ne consegue che la clausola 5 dellaccordo quadro non osta, in quanto tale, a che uno Stato membro riservi un destino differente al ricorso abusivo a contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione a seconda che tali contratti siano stati conclusi con un datore di lavoro appartenente al settore privato o con un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico (sentenza Sardino, punti 47 e 48). 65. Tuttavia, la Corte di giustizia ha osservato che, affinch una normativa nazionale, come quella controversa nella causa principale, che vieta, nel solo settore pubblico, la trasformazione in contratto di lavoro a tempo indeterminato di una successione di contratti a tempo determinato, possa essere considerata conforme allaccordo quadro, lordinamento giuridico interno dello Stato membro interessato deve prevedere, in tale settore, unaltra misura effettiva per evitare, ed eventualmente sanzionare, lutilizzo abusivo di contratti a tempo 128 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 determinato stipulati in successione (sentenza Vassallo, punto 34) 66. A tal riguardo una normativa nazionale quale quella controversa nella causa principale, che prevede norme imperative relative alla durata e al rinnovo dei contratti a tempo determinato, nonch il diritto al risarcimento del danno subito dal lavoratore a causa del ricorso abusivo da parte della pubblica amministrazione a una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, stata ritenuta dalla Corte di giustizia prima facie soddisfare detti requisiti (sentenza Vassallo, punto 40). 67. Quanto al quesito n. 15, si ricorda che la Corte di giustizia ha gi affermato che spetta al giudice del rinvio valutare in quale misura le condizioni di applicazione nonch lattuazione effettiva dellart. 36, secondo comma, prima frase, del d. lgs. n. 165/2001 ne fanno uno strumento adeguato a prevenire e, se del caso, a sanzionare lutilizzo abusivo da parte della pubblica amministrazione di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato (sentenza Sardino, punto 56). Irricevibilit del quesito 16 68. Quanto al quesito n. 16, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente alla Corte di indicare i parametri per quantificare il risarcimento del danno, in ipotesi di divieto di conversione del contratto di lavoro a termine in rapporto a tempo indeterminato, affinch la misura presenti garanzie effettive di tutela dei lavoratori. 69. In particolare, il giudice remittente chiede se a tale scopo debba tenersi conto del tempo necessario a trovare una nuova occupazione e dellimpossibilit di accedere ad un lavoro che presenti caratteristiche di stabilit analoghe a quelle di un rapporto di lavoro alle dipendenze dello Stato ovvero se debba tenersi conto di tutte le retribuzioni che si sarebbero percepite in ipotesi di conversione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato fino al pensionamento (p. 21 dellordinanza di rinvio). 70. Orbene, a p. 3 dellordinanza di rinvio, si da atto che il ricorrente nella causa principale ha chiesto, in subordine, di rapportare il risarcimento alle retribuzioni infratemporalmente non percepite tra la stipula del primo fino allultimo contratto. 71. E evidente quindi che le due soluzioni alternative prospettate dal giudice del rinvio nel quesito n. 16 esulano totalmente da quanto richiesto dallo stesso ricorrente. 72. La risposta al predetto quesito quindi totalmente irrilevante per la decisione in ordine alla domanda subordinata avanzata nel giudizio a quo atteso che, in ogni caso, il giudice del rinvio non potrebbe decidere ultra petita, accordando un risarcimento diverso e maggiore rispetto a quello chiesto dal ricorrente. 73. Anche detto quesito, va pertanto dichiarato irricevibile. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 129 Conclusioni 74. Il Governo italiano propone quindi alla Corte di dichiarare lirricevibilit dei quesiti da 1 a 9 e dei quesiti 11 e 16 perch privi di rilevanza ai fini della decisione della causa principale. 75. Il Governo italiano propone inoltre alla Corte di risolvere il quesito n. 10 affermando che il decreto legislativo n. 368 del 2001 e l'art. 36, comma 5, del decreto legisaltivo n. 165 del 2001 costituiscono normativa generale di recepimento della direttiva 1999/70/CE per il personale dipendente dello Stato. 76. Il Governo italiano propone inoltre alla Corte si risolvere il quesito n. 12 affermando che il principio di non discriminazione di cui alla clausola 4 dellaccordo quadro riguarda la parit di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato e che la clausola 5.1 consente di tener conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori e quindi applicare una differenziazione di discipline per la prevenzione degli abusi derivanti dallutilizzo di una successione di contratti a tempo determinato. 77. Il Governo italiano propone inoltre alla Corte si risolvere il quesito n. 13 affermando che la clausola 5 non osti ad una disciplina quale quella di cui all'art. 36, comma 5, del decreto legislativo n. 165 del 2001 che vieti, rispetto alle pubbliche amministrazioni, la conversione dei rapporti di lavoro in contratti a tempo indeterminato. 78. Il Governo italiano propone inoltre alla Corte di risolvere il quesito n. 14 affermando che la direttiva 1999/70/CE debba operare integralmente nei confronti dell'Italia atteso che la clausola 5 dellaccordo quadro rimette agli Stati, previa consultazione con le parti sociali, di stabilire a quali condizioni i contratti di lavoro a tempo determinato devono essere ritenuti contratti a tempo indeterminato. 79. Il Governo italiano propone infine alla Corte di risolvere il quesito n. 15 affermando che la clausola 5 della direttiva 1999/70/CE, nel prevedere, in ipotesi di divieto di conversione del rapporto di lavoro, la necessit di una misura che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori, rispetto ad analoghe situazioni di diritto interno, al fine di sanzionare debitamente gli abusi derivanti dalla violazione della stessa clausola 5 e di eliminare le conseguenze della violazione del diritto comunitario, non imponga di tener conto quale situazione analoga di diritto interno del rapporto di lavoro a tempo indeterminato con lo Stato, cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in assenza dell'art. 36, ovvero di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con soggetto privato, nei confronti del quale il rapporto di lavoro avrebbe avuto caratteristiche di stabilit analoghe a quelle di un rapporto di lavoro con lo Stato, spettando al giudice del rinvio valutare in quale misura le condizioni di applicazione nonch lattuazione effettiva dellart. 36, secondo comma del decreto legislativo n. 165 del 2001 ne fanno uno strumento adeguato a prevenire e, se del caso, a sanzionare lutilizzo abusivo da parte della pubblica am- 130 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 ministrazione di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato. Roma, 28 aprile 2010 Avv. Wally Ferrante Causa C-32/10 - Materia trattata: libera prestazione dei servizi - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Varhoven kasatsionen sad (Bulgaria) il 20 gennaio 2010 - Toni Georgiev Semerdzhiev/Del-Pi-Krasimira Mancheva (avv. Stato M. Russo - AL 15253/10). Questioni pregiudiziali 1. Se le disposizioni della Direttiva 90/314/CEE siano applicabili nella fattispecie. 2. Come vada interpretata la nozione di altri servizi turistici ai sensi dellart. 2 n. 1 lett. C della Direttiva 90/314/CE, e se tale nozione includa lobbligo dellorganizzatore del viaggio di assicurare il consumatore - Quali siano i rischi del viaggiatore che devono essere coperti dal contratto di assicurazione stipulato dallorganizzatore del viaggio con limpresa di assicurazioni - Che tipo di assicurazione a favore del consumatore debba prevedere il contratto di assicurazione stipulato tra lorganizzatore del viaggio e limpresa di assicurazioni (se collettiva od individuale). 3. Se lobbligo in capo allorganizzatore del viaggio previsto dallart. 4 n. 1 lett. b) sub IV della Direttiva 90/314 di fornire al consumatore prima dellinizio del viaggio le informazioni sulla sottoscrizione facoltativa di un contratto di assistenza che copra le spese di rimpatrio in caso di incidenti o malattie debba essere interpretato nel senso che comprende lobbligo dellorganizzatore di concludere unassicurazione individuale con il consumatore a copertura delle spese di rimpatrio in caso di incidente. 4. Se lorganizzatore del viaggio sia tenuto, a norma delle disposizioni della Direttiva 90/314, a consegnare loriginale della polizza assicurativa al consumatore prima dellinizio del viaggio. 5. Come debba essere interpretata la nozione di danni subiti dal viaggiatore risultanti dallinadempimento o dalla cattiva esecuzione del contratto ai sensi dellart. 5 n. 2 della Direttiva 90/314. 6. Se la nozione di danni subiti dal consumatore e risultanti dallinadempimento o dalla cattiva esecuzione del contratto, ai sensi dellart. 5 n. 2 della Direttiva 90/314, includa anche la responsabilit per i danni morali sofferti dal consumatore. 7. Come vada interpretato lart. 5 n. 2 terzo e quarto comma della diret- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 131 tiva 90/314 in caso di domande di risarcimento dei danni morali dovuti a un danno corporale basate sullinadempimento o sulla cattiva esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del servizio tutto compreso, inclusa la mancata consegna al consumatore della polizza assicurativa originale, qualora questa non preveda un limite al risarcimento del danno. Osservazioni del Governo della Repubblica italiana I. Relativamente al primo quesito, si ritiene che la presente fattispecie sia soggetta allapplicazione della Direttiva 90/314/CEE in quanto, secondo ci che riferisce il giudice rimettente, il giudizio a quo ha ad oggetto un contratto relativo ad un viaggio che presenta i requisiti propri del cosiddetto tutto compreso ai sensi dellart. 2 della Direttiva 90/314/CEE ed, in particolare, una domanda di risarcimento di danni imputati ad inadempienza degli obblighi dellorganizzatore, inadempienza che - nel caso di specie - si sarebbe concretizzata nella mancata consegna, prima della partenza, delloriginale di una polizza di assicurazione per eventuali spese mediche per incidente o malattia subiti dal consumatore. II. Relativamente al secondo quesito, il Governo italiano ritiene debba rispondersi nel senso di escludere che nella nozione di altri servizi turistici ai sensi dellart. 2 n. 1 lett. c della Direttiva 90/314 vada incluso lobbligo dellorganizzatore del viaggio di assicurare il consumatore. In effetti, tanto il tenore letterale delle norme di cui alla citata Direttiva, quanto la stessa logica, depongono in favore della risposta sopra prospettata, come qui di seguito si dir. II.1) Il II^ Considerando della Direttiva recita: in materia di viaggi, vacanze e circuiti tutto compreso, in seguito definiti servizi tutto compreso esistono notevoli divergenze (enfasi aggiunta); lart. 1, a sua volta, dispone: La presente direttiva ha lo scopo di riavvicinare le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri concernenti i viaggi, le vacanze ed i giri turistici tutto compreso . Ebbene, da quanto esposto emerge con sufficiente chiarezza che lart. 2 della stessa Direttiva, nel prevedere Ai fini della presente direttiva si intende per: 1) "servizio tutto compreso": la prefissata combinazione di almeno due degli elementi in appresso, : a) trasporto, b) alloggio, c) altri servizi turistici non accessori al trasporto o all'alloggio che costituiscono una parte significativa del "tutto compreso" (enfasi aggiunta) non pu che alludere esclusivamente a prestazioni che pur se distinte dalle altre due indicate (trasporto ed alloggio) e non ad esse accessorie siano pur sempre strettamente inerenti al turismo, per esempio lorganizzazione di escursioni, gite o visite. Diversamente, non si vede come tali prestazioni potrebbero rappresentare una parte significativa di quel tutto compreso, del quale il II^ Conside- 132 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 rando e lart. 1 (sopra riportati) danno una definizione strettamente turistica (come viaggi, vacanze e circuiti o giri turistici). II.2) A quanto sopra, si aggiunga che lAllegato alla Direttiva, che - a norma dellart. 4 comma IV punto 2 lettera a) - individua il contenuto minimo che il contratto di servizio tutto compreso deve presentare, non fa alcun riferimento a polizze assicurative. Se sussistesse un obbligo dellorganizzatore di fornirne una, ovvio che essa dovrebbe in qualche modo emergere dal contratto. Per quanto sin qui esposto, il Governo italiano ritiene che al secondo quesito debba rispondersi come segue: la nozione di altri servizi turistici ai sensi dellart. 2 n. 1 lett. c della Direttiva 90/314, va interpretata nel senso che essi non comprendono lobbligo dellorganizzatore del viaggio di assicurare il consumatore, bens includono esclusivamente quei servizi che sono strettamente attinenti al turismo. III. Relativamente al terzo quesito, il Governo italiano ritiene che al medesimo debba darsi risposta negativa. In effetti, anche in questo caso la Direttiva appare sufficientemente chiara: lart. 4 n. 1 lett. b) punto IV, infatti, parla chiaramente di informazioni sulla sottoscrizione facoltativa di un contratto di assistenza che copra le spese di rimpatrio in caso di incidenti o malattie (enfasi aggiunta). La sussistenza dellobbligo di informazione presuppone che il contratto di assistenza sia stato stipulato, il che rappresenta tuttavia una mera eventualit, posto che trattasi di sottoscrizione facoltativa. Da nessun indice normativo, poi, sembra possa dedursi che al contratto di assistenza eventualmente sottoscritto vada associato obbligatoriamente un contratto di assicurazione individuale con il consumatore, avente analogo oggetto. Il Governo italiano propone pertanto di rispondere al terzo quesito come segue Lobbligo in capo allorganizzatore del viaggio previsto dallart. 4 n. 1 lett. b) sub IV della Direttiva 90/314 di fornire al consumatore prima dellinizio del viaggio le informazioni sulla sottoscrizione facoltativa di un contratto di assistenza che copra le spese di rimpatrio in caso di incidenti o malattie non deve essere interpretato nel senso che comprende lobbligo dellorganizzatore di concludere unassicurazione individuale con il consumatore a copertura delle spese di rimpatrio in caso di incidente. IV. La risposta indicata per i quesiti precedenti rende superfluo rispondere al quarto quesito. V. Relativamente al quinto ed al sesto quesito (che sembra possano essere IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 133 trattati unitariamente, in quanto il primo verte in maniera generica sulla nozione di danni ex art. 5 n. 2 della Direttiva, ed il secondo ne costituisce specificazione con riferimento alla categoria dei danni morali), si ritiene che la nozione di danni subiti dal viaggiatore e risultanti dallinadempimento o dalla cattiva esecuzione del contratto ai sensi dellart. 5 n. 2 della Direttiva debba necessariamente comprendere tanto i danni materiali, quanto i danni morali. Ed invero, dallart. 5 IV comma della Direttiva, che recita Per quanto riguarda i danni diversi da quelli corporali derivanti dallinadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni gli Stati membri possono ammettere che lindennizzo sia limitato , si evince necessariamente che la Direttiva, oltre ai danni materiali, prende in considerazione anche quelli morali, che sono diversi da quelli corporali. Va peraltro ricordato che proprio con riferimento alla categoria dei danni morali - la Corte si pronunciata con la sentenza in data 12 marzo 2002, resa nella causa C-168/00, statuendo: L'art. 5 della direttiva del Consiglio 13 giugno 1990, 90/314/CEE, concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti tutto compreso, dev'essere interpretato nel senso che il consumatore ha diritto al risarcimento del danno morale derivante dall'inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni fornite in occasione di un viaggio tutto compreso. Si propone pertanto alla Corte di rispondere al quinto ed al sesto quesito come segue L'art. 5 della direttiva del Consiglio 13 giugno 1990, 90/314/CEE, concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti tutto compreso, dev'essere interpretato nel senso che il consumatore ha diritto al risarcimento sia del danno materiale che del danno morale derivante dall'inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni fornite in occasione di un viaggio tutto compreso. VI. Al settimo quesito superfluo rispondere, dovendosi escludere che sussista un obbligo dellorganizzatore del viaggio di assicurare il consumatore e, di conseguenza, che la mancata consegna della polizza assicurativa possa integrare un inadempimento o cattiva esecuzione del contratto tutto compreso. Avv. Marina Russo I L C O N T E N Z I O S O N A Z I O N A L E Listituto del matrimonio Sul riconoscimento ai nubendi dello stesso sesso La materia affidata alla discrezionalit del Parlamento (Corte costituzionale, sentenza del 15 aprile 2010 n. 138) Le questioni prospettate alla Corte Costituzionale dalle due ordinanze di rimessione, in una visione unitaria, pur nellintrinseca diversit delle due ordinanze, si appuntano su temi molto delicati e di ampia prospettiva. Le considerazioni sono state svolte dallAvvocatura dello Stato prescindendo da altre angolazioni non di carattere squisitamente giuridico. Le direttrici concettuali si sono diramate con riferimento agli articoli 29, comma 1; 2; 3; ai profili internazionali che fungono da norma interposta di cui allart. 117, comma 1,; alle norme CEDU e alla giurisprudenza della Corte europea; ai profili comunitari nella doppia angolazione delle norme TFUE e della giurisprudenza della Corte di Giustizia; ai profilli di diritto comparato passando in rassegna le scelte effettuate dagli altri ordinamenti. Si cos individuato un punto in comune di tutta questa articolata disamina: la centralit del ruolo del legislatore e la discrezionalit nella scelta del modello normativo al quale ispirare lequiparazione anche a limitati effetti (economici o successori) delle unioni fra persone dello stesso sesso a quelle eterosessuali. Lart. 29 non una ''norma in bianco''. Come hanno rilevato molti costituzionalisti, ha un suo contenuto che non consente di tendere eccessivamente l'elastico costituzionale per evitare la rottura del sistema. Non esiste, quindi, un modello unico ma un pluralita' di risposte e di livelli di tutela. Avv. Gabriella Palmieri* (*) Avvocato dello Stato. 136 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 IN ALLEGATO: 1. Comunicato ANSA del 23 marzo 2010 - 2. Atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri nel giudizio di legittimit costituzionale in via incidentale promosso dal Tribunale di Venezia con ord. 3 aprile 2009 - 3. (segue) Memoria. (All. 1) (ANSA) - ROMA, 23 MAR - Spetta al legislatore nazionale decidere su una materia delicata come il matrimonio. Lo ha ribadito l' avvocato dello Stato Gabriella Palmieri nelludienza davanti alla Corte Costituzionale sulla questione di legittimit' del divieto di matrimonio per le coppie omosessuali stabilito da alcuni articoli del codice civile. Il legale ha sottolineato che listituto del matrimonio fa riferimento a persone di sesso diverso: il fatto che a un transessuale sia possibile sposarsi (elemento citato dai difensori delle coppie gay a sostegno della tesi della disparita' di trattamento) non fa invece che dimostrare come la differenza di sesso sia elemento fondamentale. Non esiste alcuna norma che ammetta il matrimonio tra persone dello stesso sesso ha osservato l' avvocato Palmieri insistendo sul fatto che anche le norme europee stabilite dalla Corte dei Diritti dell'Uomo, dal Trattato di Lisbona e dalla Carta di Nizza richiamino ''la centralita' dei legislatori nazionali sull' argomento. ''L' art. 9, che riconosce il diritto a sposarsi e a costituire una famiglia, rinvia alle leggi nazionali per la determinazione delle condizioni per l'esercizio di tale diritto, escludendo sia il riconoscimento automatico di unioni familiari diverse da quelle previste negli ordinamenti interni, sia l'obbligo degli Stati membri di riconoscere unioni familiari omosessuali. Quanto all'articolo 29 della Costituzione sulla ''famiglia come societa' naturale fondata sul matrimonio, l'avvocato dello Stato ha sottolineato che non si tratta di una ''norma in bianco: molti costituzionalisti hanno rilevato che ha un suo contenuto ''che non consente di tendere eccessivamente l'elastico costituzionale per evitare la rottura del sistema. L'evoluzione sociale e' molto piu' complessa di quanto possa sembrare. Non esiste un modello unico ma un pluralita' di risposte e di livelli di tutela''. (ANSA). (All. 2) CT 12835/2009 AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO Ecc.ma CORTE COSTITUZIONALE ATTO DI INTERVENTO del Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dallAvvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici ex lege domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12 nel giudizio incidentale di legittimit costituzionale promosso dal Tribunale di Venezia, Sezione III Civile, con ordinanza in data 4 febbraio 2009, pubblicata il 3 aprile 2009, relativo agli articoli 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143-bis e 156-bis del codice civile, nella parte in cui, sistematicamente interpretati, non consentono che le persone di orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso, con riferimento agli articoli 2, 3, 29 e 117, comma 1, Costituzione ( r.o. n. 177/09; in G.U. n. 26 del 1.7.2009). IL CONTENZIOSO NAZIONALE 137 * * * 1. Con lordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Venezia, adito da una coppia omosessuale alla quale lufficiale di stato civile del Comune di Venezia aveva opposto un rifiuto alla richiesta di pubblicazione del matrimonio, ha sollevato leccezione di legittimit costituzionale degli articoli 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143-bis e 156-bis del codice civile con riferimento agli articoli 2, 3, 29 e 117, comma 1, Cost., nella parte in cui non consentono di operare unestensione dellistituto del matrimonio anche a persone dello stesso sesso. Ha ritenuto il giudice remittente che, poich, in base al chiaro tenore della normativa vigente, si tratterebbe di una forzatura non consentita ai giudici (diversi da quello costituzionale), a fronte di una consolidata e millenaria nozione di matrimonio come unione di un uomo e di una donna; rimettendo alla Corte Costituzionale, qualora ritenga fondata la questione, la valutazione della necessit di estendere la pronuncia anche ad altre disposizioni legislative interessate in via di consequenzialit, ai sensi dellart. 27 della legge n. 87/1953. La questione inammissibile e, comunque, infondata. 2. Come si evince proprio dalla formulazione stessa della questione di legittimit costituzionale proposta, il giudice a quo fa espresso riferimento al c.d. diritto vivente, alla costante e sistematica interpretazione delle norme denunciate e, quindi, allimpossibilit di individuare uninterpretazione costituzionalmente orientata, alla luce della quale riconoscere alle coppie omosessuali la possibilit di contrarre matrimonio. Il dato positivo incontrovertibile, infatti, come sottolineato unanimemente dalla dottrina e dalla giurisprudenza - che tutta la normativa positiva riguardante listituto del matrimonio, sia quella contenuta nel codice civile, sia quella dettata dalla normativa speciale, sia quella di rango costituzionale, si riferisce senzaltro allunione fra persone di sesso diverso. Non assume, perci, particolare rilievo soffermarsi sulla ricostruzione storica, ovvero sulla contestualizzazione della normativa in materia, perch evidente che n il legislatore del 1942 n il legislatore del 1975 potevano raffigurarsi una disciplina positiva di unioni fra persone dello stesso sesso. Il requisito della diversit del sesso, che si ricava direttamente dallart. 107 c.c., forma della celebrazione, che configura il matrimonio come negozio giuridico bilaterale tra due persone, le quali dichiarano in un determinato contesto formale, di volersi prendere rispettivamente in marito e moglie, nonch in altre numerose disposizioni del codice civile, viene tradizionalmente e costantemente annoverato dalla dottrina e dalla giurisprudenza, tra i requisiti indispensabili per lesistenza stessa del matrimonio. Listituto del matrimonio, infatti, nel nostro ordinamento si configura come un istituto pubblicistico volto a disciplinare determinati effetti che il legislatore tutela come diretta conseguenza di un rapporto di convivenza tra persone di sesso diverso (filiazione, diritti successori, legge in tema di adozione). 2. Il richiamo allart. 2 Cost. operato dal giudice remittente non appare, per, n decisivo n conferente. Lart. 2 Cost., per costante interpretazione della Corte Costituzionale, infatti, deve essere ricollegato alle norme costituzionali concernenti singoli diritti e garanzie fondamentali, quanto meno nel senso che non esistono altri diritti fondamentali inviolabili che non siano necessariamente conseguenti a quelli costituzionalmente previsti (sentenza n. 98/1979), tra i quali non pu ritenersi certamente ricompresa la pretesa azionata dai ricorrenti nel giudizio a quo. La collocazione dellart. 2 fra i principi fondamentali e la collocazione dellart. 29, invece, 138 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 nel Titolo II fra i rapporti etico-sociali rappresenta non solo largomentazione testuale, ma anche largomentazione pi significativa sotto il profilo sostanziale e qualitativo, per escludere la fondatezza dellassunto del giudice remittente, non essendo, ovviamente, vietata nel nostro ordinamento la convivenza tra persone dello stesso sesso. La dottrina pi recente, infatti, tende a ricondurre la tutela delle coppie omosessuali nellambito della tutela delle coppie di fatto. Le recenti iniziative degli enti territoriali (Comuni, Regioni) si muovono nella direzione di istituire registri delle unioni civili, senza alcun riferimento al sesso dei conviventi (sulla cui inefficacia giuridica, in particolare, le sentenze n. 372/2004 e n. 378/2004). 3. Non sussiste alcuna violazione del principio di uguaglianza di cui allarticolo 3 della Costituzione che impone un uguale trattamento per situazioni uguali e trattamento differenziato per le situazioni di fatto difformi. La dottrina, nel commentare lart. 3 citato, ha ritenuto il divieto di discriminazioni in base al sesso in qualche misura meno rigido rispetto ad altri, sia sul piano della correlazione di alcune distinzioni ad oggettive differenze fra i sessi; sia sul piano normativo, nella misura in cui nella Costituzione si rinvengono norme idonee a giustificare secondo la dottrina - entro certi limiti, distinzioni fondate sul sesso, in particolare, gli articoli 29 e 37 e 51. La dottrina ha anche ritenuto che il richiamo al principio di ragionevolezza espresso nellart. 3 Cost. nella fattispecie in esame non pertinente, perch un trattamento normativo differenziato pu ritenersi ragionevole in quanto tendente a realizzare altri e prevalenti valori costituzionali. La giurisprudenza in tema di illegittime discriminazioni subite in precedenza dalle persone transessuali richiamata dal giudice remittente non si attaglia perfettamente alla fattispecie, perch il problema della identit di sesso biologico in quella ipotesi assumeva, evidentemente, una rilevanza diversa; n da essa pu farsi discendere tout court unassimilazione della fattispecie in esame alle c.d. suspect class di derivazione anglosassone, cio, a discriminazioni derivanti dalla mera appartenenza ad una certa categoria di persone. 4. Neanche il parametro costituzionale rappresentato dallart. 29 Cost. idoneo a sostenere lassunto del giudice remittente. Lart. 29, stabilendo che la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come societ naturale fondata sul matrimonio, delinea una relazione biunivoca tra le nozioni in esso richiamate di famiglia e matrimonio e, altres, vincola il legislatore a tenere distinte la disciplina dellistituzione familiare da quelle eventualmente dedicate a qualsiasi altro tipo di formazione sociale, ancorch avente caratteri analoghi. Costituisce affermazione ricorrente in dottrina quella secondo la quale la Costituzione non solo non fornisce alcuna precisa definizione di famiglia, ma anche che, per quanto riguarda listituto del matrimonio, si limita ad operare un rinvio per presupposizione alla disciplina codicistica. Senza ripercorrere nel dettaglio il dibattito che si svilupp nellAssemblea Costituente in sede di elaborazione dellart. 29 e che condusse ad una formulazione definitiva che doveva tenere conto delle varie esigenze emerse nel corso del dibattito stesso, si pu, a distanza di circa sessantanni dallentrata in vigore della Costituzione, sinteticamente, ritenere che due principali ricostruzioni del significato della norma costituzionale si sono delineate in contrapposizione luna allaltra, tali da costituire, nello stesso tempo, punti di riferimenti ineludibili del dibattito sulla valenza della norma costituzionale stessa. Una posizione, infatti, partendo da una ricostruzione di stampo giusnaturalistico, sottolinea il IL CONTENZIOSO NAZIONALE 139 carattere pregiuridico dellistituto familiare, identificando un solo modello univoco e stabile; laltra posizione, ritenendo insoddisfacente lapproccio giusnaturalistico e non conforme alla realt il concetto immutabile di famiglia, attribuisce allart. 29 Cost. un contenuto mutevole con levoluzione dei costumi sociali, una sorta di valenza di norma in bianco. Parte della dottrina ha, invece, superato la predetta dicotomia e ha finito, correttamente, per percorrere una via per cos dire intermedia, ritenendo che lart. 29 faccia riferimento ad un modello di famiglia che, sebbene suscettibile di sviluppi e cambiamenti, sia, per, caratterizzato da un nucleo duro, un modello, cio, che sia aperto a progressive trasformazioni, ma che trova il suo contenuto minimo e imprescindibile nellelemento della diversit del sesso fra i coniugi, che mantiene, perci, il significato originario fissato nella Carta, senza mutarlo in maniera certamente differente e distante dalloriginaria formulazione; che, in altri termini, non si ponga in conflitto con la volont storica del costituente. 5. Non pu neanche ritenersi che la citata normativa codicistica, della cui legittimit costituzionale il giudice remittente dubita, si ponga in contrasto con larticolo 117, primo comma, della Costituzione che obbliga il legislatore al rispetto dei vincoli derivanti dallordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Va, innanzitutto, sottolineato che il diritto di famiglia non stato toccato direttamente dal pi generale processo c.d. di comunitarizzazione del diritto privato. Lordinamento comunitario, come per altri campi del diritto, non ha legiferato in materia matrimoniale, ma si limitato in varie Risoluzioni ad indicare criteri e principi lasciando ai singoli Paesi membri la facolt di adeguamento delle legislazioni nazionali. Questa libert dei legislatori europei ha prodotto, perci, una molteplicit di forme di tutela delle coppie omosessuali. Come ha osservato la dottrina, poche materie come quelle del matrimonio offrono nellampio panorama delle legislazioni europee una disciplina cos diversificata e ci per la stretta connessione che tale materia presenta con le tradizioni, le condizioni storiche, le credenze ideologiche e religiose e questo anche il motivo degli scarsi progressi compiuti nel tentativo di realizzare una maggiore uniformit normativa. N la citata normativa codicistica appare in contrasto con gli articoli 8 (diritto al rispetto della vita familiare), 12 (diritto al matrimonio) e 14 (divieto di discriminazione) della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali, le cui norme costituiscono fonte integratrice del parametro di costituzionalit introdotto dallarticolo 117, primo comma della Costituzione. Larticolo 12, infatti, della citata Convenzione statuisce che a partire dallet minima per contrarre matrimonio, luomo e la donna hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali che regolano lesercizio di tale diritto. La norma, pertanto, non solo riafferma che listituto del matrimonio riguarda persone di sesso diverso, ma rinvia alle leggi nazionali per la determinazione delle condizioni per lesercizio di tale diritto. Non sembra, infine, che vi sia un contrasto nemmeno con gli articoli 7 (diritto al rispetto della vita familiare e privata), 21 (divieto di discriminazioni anche in riferimento alle tendenze sessuali) e con larticolo 9 della Carta di Nizza, parte integrante del Trattato di Lisbona ratificato dallItalia 11 agosto 2008, in quanto, in particolare, tale articolo, che riconosce il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia, rinvia in ogni caso alla legge nazionale per la determinazione delle condizioni per lesercizio di tale diritto escludendo, pertanto, sia il riconoscimento automatico di unioni familiari diverse da quelle previste dagli ordinamenti interni, sia 140 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 lobbligo per gli Stati membri di adeguarsi al riconoscimento di relazioni familiari non eterosessuali. Va, quindi, osservato che, al di l delleterogeneit dei modelli di riconoscimento adottati dai singoli Stati europei, lelemento che li accomuna senzaltro la centralit del legislatore nel processo di inclusione delle coppie omosessuali nellambito degli effetti legali delle discipline di tutela. 6. Dalle osservazioni sinora svolte risulta evidente linammissibilit e, comunque, linfondatezza della questione di legittimit costituzionale come sollevata dal tribunale di Venezia. Un intervento della Corte Costituzionale di tipo manipolativo non potrebbe, infatti, realizzarsi attraverso unoperazione lessicale di mera sostituzione delle parole marito e moglie con la parola coniugi, per rileggere la disciplina codicistica alla luce di uninterpretazione in chiave evolutiva dellart. 29 Cost., perch famiglia e matrimonio, come si gi illustrato supra e come sottolineato dalla dottrina, sono delineati nella loro essenza e configurazione proprio dal codice civile, che ne contiene lintera disciplina e alle quali la norma costituzionale stessa fa imprescindibile riferimento. In altre parole, non si pu chiedere come fa invece il giudice remittente - alla Corte Costituzionale di ridisegnare il tessuto normativo codicistico alla luce di una norma costituzionale, che proprio a tale impianto codicistico rimanda, per la definizione in concreto dei concetti in essa contenuti; e, soprattutto, attraverso una ricognizione delle norme codicistiche da censurare che dovrebbe essere necessariamente di tale ampiezza da riguardare tutto il sistema ordinamentale contenuto nel codice, al fine di realizzare una regolazione sistematica; tanto che lo stesso giudice remittente, consapevole di ci, ha chiesto alla Corte che la dichiarazione si estenda anche a tutte le altre disposizioni legislative interessate in via di consequenzialit, ai sensi dellart. 27 della legge n. 87/1953. Si tratta, quindi, di una questione di politica e di tecnica legislativa di competenza del conditor iuris (ordinanza n. 178/1988), che pone un problema di scelte di opportunit la cui decisione compete esclusivamente al legislatore (ordinanza n. 586/1988). Si chiede, in altri termini, alla Corte di compiere una operazione manipolativa esorbitante dai poteri della Corte stessa, in presenza di una pluralit di opzioni prospettabili, la scelta tra le quali non pu che essere rimessa al legislatore (sentenza n. 61/2006). * * * Si conclude, pertanto, perch la proposta questione sia dichiarata inammissibile e, comunque, infondata. Roma 21 luglio 2009 LAvvocato dello Stato Gabriella Palmieri IL CONTENZIOSO NAZIONALE 141 (All. 3) CT 12835/09 AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO ECC.MA CORTE COSTITUZIONALE R.O.N. 177/09 UDIENZA 23 MARZO 2010 MEMORIA del Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici ex lege domicilia in Roma, Via dei Portoghesi n. 12 nel giudizio incidentale di legittimit costituzionale promosso dal Tribunale di Venezia, Sezione III Civile, con ordinanza in data 4 febbraio 2009, pubblicata il 3 aprile 2009, relativo agli articoli 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143-bis e 156-bis del codice civile, nella parte in cui, sistematicamente interpretati, non consentono che le persone di orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso, con riferimento agli articoli 2, 3, 29 e 117, comma 1, Costituzione. * * * 1. Con riferimento alla questione di legittimit costituzionale indicata in epigrafe, svolgendo le argomentazioni contenute nell'atto di intervento, si ritiene di osservare quanto segue. Come gi rilevato la questione inammissibile e, comunque, infondata. Si gi osservato che il giudice a quo, nell'argomentare sulla questione di legittimit costituzionale sollevata, fa espresso riferimento al c.d. "diritto vivente", alla costante e sistematica interpretazione delle norme denunciate e, all'impossibilit di individuare un'interpretazione "costituzionalmente orientata", alla luce della quale riconoscere alle coppie omosessuali la possibilit di contrarre matrimonio. La dottrina e la giurisprudenza sono assolutamente concordi nell'affermare che l'intera disciplina dell'istituto del matrimonio e, quindi, sia quella contenuta nel codice civile, sia quella dettata dalla normativa speciale, sia quella di rango costituzionale, si riferisce senz'altro "all'unione fra persone di sesso diverso". In particolare, la dottrina ritiene che tale disciplina complessivamente considerata assuma tre caratteristiche intrinseche la monogamia, l'esogamia e l'eterosessualit. Non si tratta, pertanto, come si gi rilevato, di "contestualizzare" o di storicizzare la normativa in materia, perch, senz'altro, n il legislatore del 1942, n il legislatore del 1975 avrebbero potuto prevedere una disciplina positiva di unioni fra persone dello stesso sesso. Il requisito della diversit del sesso, come gi osservato, si ricava direttamente dall'art. 107 c.c., "forma della celebrazione", che configura il matrimonio come negozio giuridico bilaterale tra due persone, le quali dichiarano in un determinato contesto formale, di volersi "prendere rispettivamente in marito e moglie"; dallart. 143 c.c., con il quale si stabilisce che con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri; nonch in altre numerose disposizioni del codice civile e nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, che ha avuto occasione di precisare che requisiti minimi per lesistenza del matrimonio sono costituiti dal fatto che due persone di sesso diverso abbiano manifestato la volont matrimoniale davanti ad un ufficiale celebrante (Sez. I, 9 giugno 2000, n. 7877). Tale requisito tradizionalmente e costantemente annoverato, dalla dottrina e dalla giurispru- 142 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 denza, tra i requisiti indispensabili per l'esistenza stessa del matrimonio, individuati di regola nella diversit del sesso, nel consenso delle parti e nella celebrazione, che si distinguono dai requisiti indispensabili, invece, per la validit della costituzione del vincolo. Va ricordato che l'istituto del matrimonio, infatti, nel nostro ordinamento si configura come un istituto pubblicistico volto a disciplinare determinati effetti che il legislatore tutela come diretta conseguenza di un rapporto di convivenza tra persone di sesso diverso (filiazione, diritti successori, adozione). 2. Il richiamo all'art. 2 Cost. effettuato dal giudice remittente non - per quanto gi rilevato - n decisivo n conferente. Come osservato dalla dottrina, tale prospettiva di tutela, infatti, finisce per prendere in considerazione gli interessi dei singoli protagonisti e non la vicenda complessivamente considerata. La collocazione in termini di disciplina costituzionale nella garanzia dell'art. 2 Cost., relativa alle formazioni sociali all'interno delle quali si svolge la personalit dell'individuo e l'adozione di un modello ricostruttivo orientato non risolve il problema "pi generale" dell'esistenza o meno di una relazione fra l'art. 29 Cost. e l'articolazione dei modelli familiari nell'ambito sociale; e, soprattutto, non risolve il problema se sia ipotizzabile definire una tutela costituzionale dei modelli familiari diversi dalla c.d. "famiglia legittima" (espressione del c.d. favor legitimitatis). La dottrina ha, infatti, osservato che tale approccio ricostruttivo, da un lato, corre il rischio, implicito in tale modello teorico, di proiettare sull'attivit interpretativa "una gerarchia di valori rispetto ad un fenomeno che nasce anche come momento di contestazione sociale del modello tradizionale e come momento di dissenso"; e, dall'altro, ha osservato che tale approccio ricostruttivo corre il rischio di realizzare una inopportuna costrizione in schemi rigidi di una vicenda che, invece, connotata da grande variet e ricchezza di esperienze". 3. Non sussiste come gi rilevato nellatto di intervento neanche la violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., che impone un uguale trattamento per situazioni uguali e trattamento differenziato per le situazioni di fatto difformi. La dottrina, nel commentare l'art. 3 citato, infatti, ha qualificato il divieto di discriminazioni in base al sesso "in qualche misura meno rigido rispetto ad altri", sia sul piano della correlazione di alcune distinzioni a oggettive differenze fra i sessi; sia sul piano normativo, nella misura in cui nella Costituzione si rinvengono norme idonee a giustificare - secondo la dottrina - entro certi limiti, distinzioni fondate sul sesso, "in particolare, gli articoli 29 e 37 e 51". La dottrina ha anche ritenuto che non si verifica alcuna discriminazione nei confronti di alcuni soggetti nei confronti di altri, perch non si tratta di due situazioni equiparabili o comparabili fra loro, trattate in modo irragionevolmente diverso, ma si tratta, invece, di "situazioni dissimili", o meglio di situazioni che l'attuale assetto normativo costituzionale impone di tenere distinte e alle quali, perci, "devono essere dedicate discipline giuridiche, magari per alcuni aspetti analoghe, ma autonome e differenziate". Lart. 29 Cost. letto dai commentatori nel suo fare sistema con i principi e con le norme di cui si compone la trama costituzionale, quale, ad esempio lart. 30 Cost., con riferimento al quale si osserva che nellidea della compatibilit pur sempre presupposto lo stato di diversit, assumendosi quello proprio dei componenti la famiglia (in senso stretto) quale parametro, tertium comparationis, della validit della disciplina relativa ai figli non legittimi. 4. D'altronde, proprio il parametro costituzionale costituito dall'art. 29 Cost. a delineare "una relazione biunivoca" tra le nozioni in esso richiamate di famiglia e matrimonio e, altres, a IL CONTENZIOSO NAZIONALE 143 vincolare il legislatore "a tenere distinte la disciplina dell'istituzione familiare da quelle eventualmente dedicate a qualsiasi altro tipo di formazione sociale, ancorch avente caratteri analoghi". Va ribadito che costituisce "affermazione ricorrente" in dottrina quella secondo la quale la Costituzione "non solo non fornisce alcuna precisa definizione di famiglia", ma anche che, per quanto riguarda l'istituto del matrimonio, "si limita ad operare un rinvio per presupposizione alla disciplina codicistica". Va ancora una volta sottolineato che la dottrina, pur affermando che l'art. 29 faccia riferimento ad un modello di famiglia "suscettibile di sviluppi e cambiamenti", ritiene, per, che esso sia "caratterizzato da un nucleo duro, un modello, cio, che sia "aperto a progressive trasformazioni", ma che trova "il suo contenuto minimo e imprescindibile nell'elemento della diversit del sesso fra i coniugi", che mantiene, perci, il significato originario fissato nella Carta, senza mutarlo in maniera certamente differente e distante dall'originaria formulazione; che, in altri termini, non si ponga in conflitto con la "volont storica del costituente". La dottrina giunge, pertanto, alla conclusione che dellart. 29 Cost. non vi sia una chiave di lettura che imponga un obbligo di riconoscere la libert di sposarsi anche alle coppie dello stesso sesso. 5. Non pu nemmeno ritenersi che la citata normativa codicistica, della cui legittimit costituzionale il giudice remittente dubita, si ponga in contrasto con l'articolo 117, primo comma, della Costituzione che obbliga il legislatore al rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali e dall'ordinamento comunitario. La citata normativa codicistica richiamata nellordinanza di remissione non appare, innanzitutto, essere in contrasto con la Convenzione CEDU Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert fondamentali, le cui norme costituiscono fonte integratrice del parametro di costituzionalit introdotto dall'articolo 117, primo comma, della Costituzione. Non appare in contrasto, in particolare, con lart. 8 (diritto al rispetto della vita familiare) come hanno sottolineato i commentatori alla luce di alcuni pareri della Commissione dei diritti delluomo, secondo la quale la relazione affettiva tra due soggetti dello stesso sesso non assume il significato di vita familiare inteso dallart. 8. N appare in contrasto con lart. 12 (diritto al matrimonio), il quale statuisce che "a partire dall'et minima per contrarre matrimonio, l'uomo e la donna hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali che regolano l'esercizio di tale diritto". La norma, pertanto, non solo riafferma che l'istituto del matrimonio riguarda persone di sesso diverso, ma rinvia alle leggi nazionali per la determinazione delle condizioni per l'esercizio di tale diritto. La Commissione dei diritti delluomo ha, quindi, affermato che la funzione dellart. 12 citato quella di rappresentare un presidio per il solo matrimonio tradizionale. N sussiste alcun immediato contrasto con lart. 14 (divieto di discriminazioni), allinterno del quale non essendo esplicitamente richiamato, lorientamento sessuale pu essere ricondotto solo in via analogica. Va, poi, riaffermato che il diritto di famiglia non stato toccato direttamente dal pi generale processo c.d. di "comunitarizzazione" del diritto privato. L'ordinamento comunitario, come per altri campi del diritto, non ha legiferato in materia matrimoniale, ma si limitato in varie Risoluzioni a indicare criteri e principi lasciando ai singoli Paesi membri la facolt di adeguamento delle legislazioni nazionali. 144 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 Questa libert dei legislatori europei ha prodotto, perci, una molteplicit di forme di tutela delle coppie omosessuali. Non vi , comunque, alcun contrasto nemmeno con gli articoli 7 (diritto al rispetto della vita familiare e privata), 21 (divieto di discriminazioni anche in riferimento alle tendenze sessuali) e con l'articolo 9 della Carta di Nizza, parte integrante del Trattato di Lisbona ratificato dall'Italia in data 11 agosto 2008 ed entrato in vigore in data 1.12.2009. In particolare, tale art. 9, che riconosce il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia ("sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l'esercizio"), rinvia, appunto, in ogni caso alla legge nazionale per la determinazione delle condizioni per l'esercizio di tale diritto escludendo, pertanto, sia il riconoscimento automatico di unioni familiari diverse da quelle previste dagli ordinamenti interni, sia, soprattutto, l'obbligo per gli Stati membri di adeguarsi al riconoscimento di relazioni familiari non eterosessuali. Va, quindi, ribadito che, al di l dell'eterogeneit dei modelli adottati dai singoli Stati europei, l'elemento che li accomuna senz'altro la "centralit del legislatore" nel processo di inclusione delle coppie omosessuali nell'ambito degli effetti legali delle discipline di tutela. Per completare lesame del panorama normativo e giurisprudenziale europeo, va ricordato che la Corte di Giustizia ha negato l'equiparazione tra coppie omosessuali conviventi e coppie eterosessuali coniugate (sentenza Grant del 17 febbraio 1998, in C-249/96; sentenza D. e Regno di Danimarca del 31 maggio 2001, in C-122/99 P e in C-125/99 P), ritenendo che la nozione comunitaria di "coniuge" prevista nello Statuto del personale della Comunit non potesse applicarsi al dipendente svedese che avesse contratto un'unione stabile nel suo Paese di origine, poich Ǐ pacifico che il termine "matrimonio", secondo la definizione comunemente accolta dagli Stati membri, designi un'unione tra due persone di sesso diverso. N diversamente si pu argomentare sulla base della recente sentenza Makuro (Grande Sezione, 1 aprile 2008, in C-267/06), con riferimento agli articoli 1 e 2 della Direttiva 2000/78. Nel dispositivo della sentenza contenuto, infatti, un preciso riferimento al contesto della legislazione nazionale, avendo chiarito la Corte che il godimento della pensione di reversibilit si applica al partner al pari del coniuge laddove nel diritto nazionale l'unione solidale porrebbe le persone dello stesso sesso in una posizione analoga a quella dei coniugi per quanto riguarda la detta prestazione ai superstiti. Ne consegue che: Ǐ compito del giudice a quo verificare se, nell'ambito di un'unione solidale, il partner superstite sia in una posizione analoga a quella di un coniuge beneficiario della prestazione ai superstiti prevista dal regime previdenziale di categoria gestito dalla VddB. Il giudizio della Corte, quindi, non si colloca in una posizione di rottura rispetto al diritto nazionale, imponendo una soluzione a esso estranea, ma pi esattamente porta a compimento una scelta gi autonomamente operata dal legislatore nazionale (nel caso al suo esame, tedesco). La citata sentenza Makuro in linea con le conclusioni contenute nella sentenza in data 7 gennaio 2004, nella causa C-117/01, K.B., nella quale la Corte di Giustizia aveva espressamente fatto rinvio al giudice nazionale, e prima ancora a1 legislatore nazionale, per l'individuazione del grado di affinit tra matrimonio e altre tipologie di legame familiare, a conferma di un atteggiamento prudente del giudice europeo nei giudizi in cui il diritto comunitario interferisce con la disciplina dello stato civile delle persone e con il diritto di famiglia, ossia con ambiti materiali ancora oggi formalmente riservati alla competenza degli Stati membri e che sono spesso oggetto di intensi dibattiti nell'opinione pubblica. In conclusione, quindi, pu senzaltro ritenersi che la Corte di Giustizia dellUnione Europea IL CONTENZIOSO NAZIONALE 145 attribuisca ancora allattualit al legislatore nazionale il compito di scegliere se offrire tutela giuridica a forme di legame familiare alternative e in che misura assimilare quelle unioni all'istituto matrimoniale. 6. Dalle osservazioni sinora svolte discende, pertanto, in modo evidente l'inammissibilit e, comunque, l'infondatezza della questione di legittimit costituzionale come sollevata dal Tribunale di Venezia. Come gi osservato, lintervento della Corte Costituzionale di tipo manipolativo non potrebbe, infatti, realizzarsi attraverso un'operazione meramente lessicale esplicata attraverso la sostituzione delle parole "marito" e "moglie" con la parola "coniugi", per giungere a una "rilettura" della disciplina codicistica alla luce di un'interpretazione in chiave evolutiva dell'art. 29 Cost., perch famiglia e matrimonio, come si gi illustrato supra e come sottolineato dalla dottrina, sono delineati nella loro essenza e configurazione proprio dal codice civile, che ne contiene l'intera disciplina e alle quali la norma costituzionale stessa fa imprescindibile riferimento. Non si pu, pertanto, chiedere - come fa, invece, il giudice remittente - alla Corte Costituzionale di ridisegnare il tessuto normativo codicistico alla luce di una norma costituzionale, che proprio a tale impianto codicistico rimanda, per la definizione in concreto dei concetti in essa contenuti; e, soprattutto, attraverso una ricognizione delle norme codicistiche da censurare che dovrebbe essere necessariamente di tale ampiezza da riguardare tutto il sistema ordinamentale contenuto nel codice, al fine di realizzare una regolazione sistematica; tanto che lo stesso giudice remittente, consapevole di ci, ha chiesto alla Corte che la dichiarazione si estenda anche "a tutte le altre disposizioni legislative interessate in via di consequenzialit, ai sensi dell'art. 27 della legge n. 87/1953". Si tratta, quindi, di "una questione di politica e di tecnica legislativa di competenza del conditor iuris" (ordinanza n. 178/1988), che pone un problema di scelte di opportunit "la cui decisione compete esclusivamente al legislatore" (ordinanza n. 586/1988). Si chiede, in altri termini, alla Corte di compiere "una operazione manipolativa esorbitante dai poteri della Corte" stessa, in presenza di una pluralit di opzioni prospettabili, la scelta tra le quali non pu che essere rimessa al legislatore" (sentenza n. 61/2006). * * * Si insiste, pertanto, perch la proposta questione sia dichiarata inammissibile e, comunque, infondata. Roma 26 febbraio 2010 LAvvocato dello Stato Gabriella Palmieri 146 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 Corte costituzionale, sentenza del 15 aprile 2010 n. 138, ud. pubb. 23 marzo 2010 - Pres. Amirante, Red. Criscuolo - Giudizi di legittimit costituzionale degli artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143-bis e 156-bis del codice civile, promossi dal Tribunale di Venezia con ordinanza del 3 aprile 2009 e dalla Corte dappello di Trento con ordinanza del 29 luglio 2009, iscritte ai nn. 177 e 248 del registro ordinanze 2009 - Avvocati Alessandro Giadrossi per lAssociazione radicale Certi Diritti e per M. G. ed altro, Ileana Alesso e Massimo Clara per lAssociazione radicale Certi Diritti, per G. M. ed altro e per C. M. ed altri, Vittorio Angiolini, Vincenzo Zeno-Zencovich e Marilisa DAmico per lAssociazione radicale Certi Diritti, per G. M. ed altro e per E. O. ed altri e lavvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri. (Omissis) Considerato in diritto 1. - Il Tribunale di Venezia, con lordinanza indicata in epigrafe, ha sollevato, in riferimento agli articoli 2, 3, 29 e 117, primo comma, della Costituzione, questione di legittimit costituzionale degli articoli 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143-bis, 156-bis del codice civile, nella parte in cui, sistematicamente interpretati, non consentono che le persone di orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso. Il giudice a quo premette di essere chiamato a pronunciare in un giudizio promosso da due persone di sesso maschile, in opposizione, ai sensi dellart. 98 di detto codice, avverso latto col quale lufficiale di stato civile del Comune di Venezia ha rifiutato di procedere alla pubblicazione di matrimonio dagli stessi richiesta, ritenendola in contrasto con la normativa vigente, costituzionale e ordinaria, in quanto listituto del matrimonio, nellordinamento giuridico italiano, sarebbe incentrato sulla diversit di sesso tra i coniugi. Il Tribunale veneziano riferisce gli argomenti svolti dai ricorrenti, i quali hanno rilevato che, nel vigente ordinamento, non esisterebbe una nozione di matrimonio, n un suo divieto espresso tra persone dello stesso sesso. Essi si richiamano alla Costituzione e alla Carta di Nizza, rimarcando che linterpretazione letterale delle norme del codice civile, posta a fondamento del diniego delle pubblicazioni, sarebbe costituzionalmente illegittima con particolare riguardo agli artt. 2, 3, 10, secondo comma, e 29 Cost. Tanto premesso, il rimettente rileva che, nellordinamento italiano, il matrimonio tra persone dello stesso sesso non previsto n vietato in modo espresso. Peraltro, pure in assenza di una norma definitoria, listituto del matrimonio, cos come previsto nellattuale ordinamento italiano, si riferisce indiscutibilmente solo al matrimonio tra persone di sesso diverso . Ad avviso del Tribunale, il chiaro tenore delle disposizioni del codice, regolatrici dellistituto in questione, non consentirebbe di estenderlo anche a persone dello stesso sesso. Si tratterebbe di una forzatura non consentita ai giudici (diversi da quello costituzionale), a fronte di una consolidata e ultramillenaria nozione di matrimonio come unione di un uomo e di una donna. Daltra parte, secondo il Tribunale non si possono ignorare le rapide trasformazioni della societ e dei costumi, il superamento del monopolio detenuto dal modello di famiglia tradizionale, la nascita spontanea di forme diverse (seppur minoritarie) di convivenza, che chiedono protezione, si ispirano al modello tradizionale e, come quello, mirano ad essere considerate e disciplinate. Nuovi bisogni, legati anche allevoluzione della cultura e della civilt, chiedono tutela, imponendo unattenta meditazione sulla persistente compatibilit dellinterpretazione tradizionale con i princpi costituzionali. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 147 Ci posto, il Tribunale di Venezia, prendendo le mosse dal rilievo che il diritto di sposarsi costituisce un diritto fondamentale della persona, riconosciuto a livello sopranazionale ed in ambito nazionale (art. 2 Cost.), illustra le censure riferite ai diversi parametri costituzionali evocati, pervenendo al convincimento sulla non manifesta infondatezza della questione promossa, che inoltre giudica rilevante perch lapplicazione delle norme censurate non superabile nel percorso logico-giuridico da compiere al fine di pervenire alla decisione della causa. 2. - La Corte di appello di Trento, con laltra ordinanza indicata in epigrafe, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3 e 29 Cost., questione di legittimit costituzionale degli artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143-bis, 156-bis cod. civ., nella parte in cui, complessivamente valutati, non consentono agli individui di contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso. La Corte territoriale premette di essere stata adita in sede di reclamo, ai sensi dellarticolo 739 del codice di procedura civile, proposto da due coppie (ciascuna formata da persone dello stesso sesso) avverso il decreto del Tribunale di Trento, che aveva respinto lopposizione formulata dai reclamanti nei confronti di un provvedimento dellufficiale di stato civile del Comune di Trento. Con tale provvedimento il detto funzionario aveva rifiutato di procedere alle pubblicazioni di matrimonio richieste dagli opponenti, non ritenendo ammissibile nellordinamento italiano il matrimonio tra persone del medesimo sesso; ed il rifiuto era stato giudicato legittimo dal Tribunale. La Corte rimettente, dopo aver ritenuto infondata la domanda principale diretta ad ottenere lordine allufficiale di stato civile di procedere alle pubblicazioni, passa allesame della questione di legittimit costituzionale, in via subordinata proposta dai reclamanti, svolgendo, in relazione alle censure prospettate, considerazioni analoghe a quelle esposte dal Tribunale di Venezia. 3. - I due giudizi di legittimit costituzionale, avendo ad oggetto la medesima questione, vanno riuniti per essere decisi con unica sentenza. 4. - In via preliminare, deve essere confermata lordinanza, adottata nel corso delludienza pubblica ed allegata alla presente sentenza, con la quale sono stati dichiarati inammissibili gli interventi dellAssociazione radicale Certi Diritti e dei signori C. M. e G. V., P. G. B. e C. G. R., R. F. R. P. C. e R. Z. Ci in applicazione del consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale, richiamato nellordinanza, secondo cui non sono ammissibili gli interventi, nel giudizio di legittimit costituzionale in via incidentale, di soggetti che non siano parti nel giudizio a quo, n siano titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto ed immediato al rapporto sostanziale dedotto in causa e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura, avuto altres riguardo al rilievo che lammissibilit dellintervento ad opera di un terzo, titolare di un interesse soltanto analogo a quello dedotto nel giudizio principale, contrasterebbe con il carattere incidentale del detto giudizio di legittimit. 5. - La questione, sollevata dalle due ordinanze di rimessione, in riferimento allart. 2 Cost., deve essere dichiarata inammissibile, perch diretta ad ottenere una pronunzia additiva non costituzionalmente obbligata (ex plurimis: ordinanze n. 243 del 2009, n. 316 del 2008, n. 185 del 2007, n. 463 del 2002). 6. - Le dette ordinanze muovono entrambe dal presupposto che listituto del matrimonio civile, come previsto nel vigente ordinamento italiano, si riferisce soltanto allunione stabile tra un uomo e una donna. Questo dato emerge non soltanto dalle norme censurate, ma anche dalla disciplina della filiazione legittima (artt. 231 e ss. cod. civ. e, con particolare riguardo 148 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 allazione di disconoscimento, artt. 235, 244 e ss. dello stesso codice), e da altre norme, tra le quali, a titolo di esempio, si pu menzionare lart. 5, primo e secondo comma, della legge 1 dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), nonch dalla normativa in materia di ordinamento dello stato civile. In sostanza, lintera disciplina dellistituto, contenuta nel codice civile e nella legislazione speciale, postula la diversit di sesso dei coniugi, nel quadro di una consolidata ed ultramillenaria nozione di matrimonio, come rileva lordinanza del Tribunale veneziano. Nello stesso senso la dottrina, in maggioranza orientata a ritenere che lidentit di sesso sia causa dinesistenza del matrimonio, anche se una parte parla di invalidit. La rara giurisprudenza di legittimit, che (peraltro, come obiter dicta) si occupata della questione, ha considerato la diversit di sesso dei coniugi tra i requisiti minimi indispensabili per ravvisare lesistenza del matrimonio (Corte di cassazione, sentenze n. 7877 del 2000, n. 1304 del 1990 e n. 1808 del 1976). 7. - Ferme le considerazioni che precedono, si deve dunque stabilire se il parametro costituzionale evocato dai rimettenti imponga di pervenire ad una declaratoria dillegittimit della normativa censurata (con eventuale applicazione dellart. 27, ultima parte, della legge 11 marzo 1953, n. 87 Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), estendendo alle unioni omosessuali la disciplina del matrimonio civile, in guisa da colmare il vuoto conseguente al fatto che il legislatore non si posto il problema del matrimonio omosessuale. 8. - Lart. 2 Cost. dispone che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili delluomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalit e richiede ladempimento dei doveri inderogabili di solidariet politica, economica e sociale. Orbene, per formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunit, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico. In tale nozione da annoverare anche lunione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri. Si deve escludere, tuttavia, che laspirazione a tale riconoscimento che necessariamente postula una disciplina di carattere generale, finalizzata a regolare diritti e doveri dei componenti della coppia possa essere realizzata soltanto attraverso una equiparazione delle unioni omosessuali al matrimonio. sufficiente lesame, anche non esaustivo, delle legislazioni dei Paesi che finora hanno riconosciuto le unioni suddette per verificare la diversit delle scelte operate. Ne deriva, dunque, che, nellambito applicativo dellart. 2 Cost., spetta al Parlamento, nellesercizio della sua piena discrezionalit, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette, restando riservata alla Corte costituzionale la possibilit dintervenire a tutela di specifiche situazioni (come avvenuto per le convivenze more uxorio: sentenze n. 559 del 1989 e n. 404 del 1988). Pu accadere, infatti, che, in relazione ad ipotesi particolari, sia riscontrabile la necessit di un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata e quella della coppia omosessuale, trattamento che questa Corte pu garantire con il controllo di ragionevolezza. 9. - La questione sollevata con riferimento ai parametri individuati negli artt. 3 e 29 Cost. non fondata. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 149 Occorre prendere le mosse, per ragioni di ordine logico, da questultima disposizione. Essa stabilisce, nel primo comma, che La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come societ naturale fondata sul matrimonio, e nel secondo comma aggiunge che Il matrimonio ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dellunit familiare. La norma, che ha dato luogo ad un vivace confronto dottrinale tuttora aperto, pone il matrimonio a fondamento della famiglia legittima, definita societ naturale (con tale espressione, come si desume dai lavori preparatori dellAssemblea costituente, si volle sottolineare che la famiglia contemplata dalla norma aveva dei diritti originari e preesistenti allo Stato, che questo doveva riconoscere). Ci posto, vero che i concetti di famiglia e di matrimonio non si possono ritenere cristallizzati con riferimento allepoca in cui la Costituzione entr in vigore, perch sono dotati della duttilit propria dei princpi costituzionali e, quindi, vanno interpretati tenendo conto non soltanto delle trasformazioni dellordinamento, ma anche dellevoluzione della societ e dei costumi. Detta interpretazione, per, non pu spingersi fino al punto dincidere sul nucleo della norma, modificandola in modo tale da includere in essa fenomeni e problematiche non considerati in alcun modo quando fu emanata. Infatti, come risulta dai citati lavori preparatori, la questione delle unioni omosessuali rimase del tutto estranea al dibattito svoltosi in sede di Assemblea, bench la condizione omosessuale non fosse certo sconosciuta. I costituenti, elaborando lart. 29 Cost., discussero di un istituto che aveva una precisa conformazione ed unarticolata disciplina nellordinamento civile. Pertanto, in assenza di diversi riferimenti, inevitabile concludere che essi tennero presente la nozione di matrimonio definita dal codice civile entrato in vigore nel 1942, che, come sopra si visto, stabiliva (e tuttora stabilisce) che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso. In tal senso orienta anche il secondo comma della disposizione che, affermando il principio delleguaglianza morale e giuridica dei coniugi, ebbe riguardo proprio alla posizione della donna cui intendeva attribuire pari dignit e diritti nel rapporto coniugale. Questo significato del precetto costituzionale non pu essere superato per via ermeneutica, perch non si tratterebbe di una semplice rilettura del sistema o di abbandonare una mera prassi interpretativa, bens di procedere ad uninterpretazione creativa. Si deve ribadire, dunque, che la norma non prese in considerazione le unioni omosessuali, bens intese riferirsi al matrimonio nel significato tradizionale di detto istituto. Non casuale, del resto, che la Carta costituzionale, dopo aver trattato del matrimonio, abbia ritenuto necessario occuparsi della tutela dei figli (art. 30), assicurando parit di trattamento anche a quelli nati fuori dal matrimonio, sia pur compatibilmente con i membri della famiglia legittima. La giusta e doverosa tutela, garantita ai figli naturali, nulla toglie al rilievo costituzionale attribuito alla famiglia legittima ed alla (potenziale) finalit procreativa del matrimonio che vale a differenziarlo dallunione omosessuale. In questo quadro, con riferimento allart. 3 Cost., la censurata normativa del codice civile che, per quanto sopra detto, contempla esclusivamente il matrimonio tra uomo e donna, non pu considerarsi illegittima sul piano costituzionale. Ci sia perch essa trova fondamento nel citato art. 29 Cost., sia perch la normativa medesima non d luogo ad una irragionevole discriminazione, in quanto le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio. Il richiamo, contenuto nellordinanza di rimessione del Tribunale di Venezia, alla legge 14 150 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 aprile 1982, n. 164 (Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso), non pertinente. La normativa ora citata sottoposta a scrutinio da questa Corte che, con sentenza n. 161 del 1985, dichiar inammissibili o non fondate le questioni di legittimit costituzionale allepoca promosse prevede la rettificazione dellattribuzione di sesso in forza di sentenza del tribunale, passata in giudicato, che attribuisca ad una persona un sesso diverso da quello enunciato dallatto di nascita, a seguito di intervenute modificazioni dei suoi caratteri sessuali (art. 1). Come si vede, si tratta di una condizione del tutto differente da quella omosessuale e, perci, inidonea a fungere da tertium comparationis. Nel transessuale, infatti, lesigenza fondamentale da soddisfare quella di far coincidere il soma con la psiche ed a questo effetto indispensabile, di regola, lintervento chirurgico che, con la conseguente rettificazione anagrafica, riesce in genere a realizzare tale coincidenza (sentenza n. 161 del 1985, punto tre del Considerato in diritto). La persona ammessa al matrimonio per lavvenuto intervento di modificazione del sesso, autorizzato dal tribunale. Il riconoscimento del diritto di sposarsi a coloro che hanno cambiato sesso, quindi, costituisce semmai un argomento per confermare il carattere eterosessuale del matrimonio, quale previsto nel vigente ordinamento. 10. - Resta da esaminare il parametro riferito allart. 117, primo comma, Cost. (prospettato soltanto nellordinanza del Tribunale di Venezia). Il rimettente in primo luogo evoca, quali norme interposte, gli artt. 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare), 12 (diritto al matrimonio) e 14 (divieto di discriminazione) della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali (CEDU), ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952); pone laccento su una sentenza della Corte europea dei diritti delluomo (in causa C. Goodwin c. Regno Unito, 11 luglio 2002), che dichiar contrario alla Convenzione il divieto di matrimonio del transessuale (dopo loperazione) con persona del suo stesso sesso originario, sostenendo lanalogia della fattispecie con quella del matrimonio omosessuale; evoca altres la Carta di Nizza (Carta dei diritti fondamentali dellUnione Europea) e, in particolare, lart. 7 (diritto al rispetto della vita privata e familiare), lart. 9 (diritto a sposarsi ed a costituire una famiglia), lart. 21 (diritto a non essere discriminati); menziona varie risoluzioni delle Istituzioni europee, che da tempo invitano gli Stati a rimuovere gli ostacoli che si frappongono al matrimonio di coppie omosessuali ovvero al riconoscimento di istituti giuridici equivalenti; infine, segnala che nellordinamento di molti Stati, aventi civilt giuridica affine a quella italiana, si sta delineando una nozione di relazioni familiari tale da includere le coppie omosessuali. Ci posto, si deve osservare che: a) il richiamo alla citata sentenza della Corte europea non pertinente, perch essa riguarda una fattispecie, disciplinata dal diritto inglese, concernente il caso di un transessuale che, dopo loperazione, avendo acquisito caratteri femminili (sentenza cit., punti 12-13) aveva avviato una relazione con un uomo, col quale per non poteva sposarsi perch la legge lha considerata come uomo (punto 95). Tale fattispecie, nel diritto italiano, avrebbe trovato disciplina e soluzione nellambito della legge n. 164 del 1982. E, comunque, gi si notato che le posizioni dei transessuali e degli omosessuali non sono omogenee (v. precedente paragrafo 9); b) sia gli artt. 8 e 14 della CEDU, sia gli artt. 7 e 21 della Carta di Nizza contengono disposizioni a carattere generale in ordine al diritto al ri- IL CONTENZIOSO NAZIONALE 151 spetto della vita privata e familiare e al divieto di discriminazione, peraltro in larga parte analoghe. Invece gli articoli 12 della CEDU e 9 della Carta di Nizza prevedono specificamente il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia. Per il principio di specialit, dunque, sono queste ultime le norme cui occorre fare riferimento nel caso in esame. Orbene, lart. 12 dispone che Uomini e donne in et maritale hanno diritto di sposarsi e di formare una famiglia secondo le leggi nazionali regolanti lesercizio di tale diritto. A sua volta lart. 9 stabilisce che Il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano lesercizio. In ordine a questultima disposizione va premesso che la Carta di Nizza stata recepita dal Trattato di Lisbona, modificativo del Trattato sullUnione europea e del Trattato che istituisce la Comunit europea, entrato in vigore il 1 dicembre 2009. Infatti, il nuovo testo dellart. 6, comma 1, del Trattato sullUnione europea, introdotto dal Trattato di Lisbona, prevede che 1. LUnione riconosce i diritti, le libert e i princpi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati. Non occorre, ai fini del presente giudizio, affrontare i problemi che lentrata in vigore del Trattato pone nellambito dellordinamento dellUnione e degli ordinamenti nazionali, specialmente con riguardo allart. 51 della Carta, che ne disciplina lambito di applicazione. Ai fini della presente pronuncia si deve rilevare che lart. 9 della Carta (come, del resto, lart. 12 della CEDU), nellaffermare il diritto di sposarsi rinvia alle leggi nazionali che ne disciplinano lesercizio. Si deve aggiungere che le spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali, elaborate sotto lautorit del praesidium della Convenzione che laveva redatta (e che, pur non avendo status di legge, rappresentano un indubbio strumento di interpretazione), con riferimento al detto art. 9 chiariscono (tra laltro) che Larticolo non vieta n impone la concessione dello status matrimoniale a unioni tra persone dello stesso sesso. Pertanto, a parte il riferimento esplicito agli uomini ed alle donne, comunque decisivo il rilievo che anche la citata normativa non impone la piena equiparazione alle unioni omosessuali delle regole previste per le unioni matrimoniali tra uomo e donna. Ancora una volta, con il rinvio alle leggi nazionali, si ha la conferma che la materia affidata alla discrezionalit del Parlamento. Ulteriore riscontro di ci si desume, come gi si accennato, dallesame delle scelte e delle soluzioni adottate da numerosi Paesi che hanno introdotto, in alcuni casi, una vera e propria estensione alle unioni omosessuali della disciplina prevista per il matrimonio civile oppure, pi frequentemente, forme di tutela molto differenziate e che vanno, dalla tendenziale assimilabilit al matrimonio delle dette unioni, fino alla chiara distinzione, sul piano degli effetti, rispetto allo stesso. Sulla base delle suddette considerazioni si deve pervenire ad una declaratoria dinammissibilit della questione proposta dai rimettenti, con riferimento allart. 117, primo comma, Cost. PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi: a) dichiara inammissibile, in riferimento agli articoli 2 e 117, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale degli articoli 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143- bis, 156-bis del codice civile, sollevata dal Tribunale di Venezia e dalla Corte di appello di 152 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 Trento con le ordinanze indicate in epigrafe; b) dichiara non fondata, in riferimento agli articoli 3 e 29 della Costituzione la questione di legittimit costituzionale degli articoli sopra indicati del codice civile sollevata dal Tribunale di Venezia e dalla Corte di appello di Trento con le medesime ordinanze. Cos deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 aprile 2010. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 153 Competenza tra Stato e Regioni in materia di tariffe del servizio idrico integrato* (Corte costituzionale, sentenza del 4 febbraio 2010 n. 29) 1. La decisione della Corte Costituzionale n. 29 del 4 febbraio 2010 risolve una controversia tra lo Stato e la Regione Emilia Romagna insorta a seguito della impugnativa in via principale da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri della legge regionale n. 10 del 2008, allarticolo 28, commi 2 e 7, per violazione dellarticolo 117, comma 2, lettere e) ed s). Ad avviso della difesa erariale la legge 30 giugno 2008 n. 10, pubblicata in B.U.R. n. 108 del 30 giugno 2008, contenente misure per il riordino territoriale, lautoriforma dellamministrazione e la razionalizzazione delle funzioni sarebbe stata in contrasto con la previsione dellarticolo 117 Cost., comma 2, lettere e) ed s), in materia di concorrenza e tutela dellambiente, devolute alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. Larticolo 28, comma 2, stabiliva espressamente che la Regione esercita le funzioni di regolazione economica e di regolazione dei servizi in raccordo con le autonomie locali provvedendo la Regione altres alla individuazione della tariffa di riferimento ai fini della proposizione ai soggetti partecipanti alla forma di cooperazione di cui allarticolo 30 della regolazione tariffaria. LAvvocatura dello Stato evidenziava nel ricorso il contrasto della su citata disposizione con il contenuto del decreto legislativo 152 del 2006 ss.mm., Testo Unico in materia ambientale, di seguito Tua, segnatamente allarticolo 154, che letteralmente prevede che il Ministero dellambiente e della tutela del territorio definisce con decreto le componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici con successiva determinazione della tariffa da parte della autorit dambito al fine della predisposizione del piano finanziario di cui allarticolo 149 comma 1 lettera c) . Inoltre larticolo 161, comma 4, del citato articolo stabilisce che il Comitato per la vigilanza sulluso delle risorse idriche predispone con delibera il metodo tariffario per la determinazione della tariffa di cui al citato articolo 154 e le modalit di revisione periodica, lo trasmette al Ministro dellAmbiente e della tutela del mare e del territorio, che lo adotta con proprio decreto, sentita la Conferenza Permanete per i rapporti tra lo stato e le regioni e le province autonome di Trento di Bolzano. (*) In materia di servizio idrico il 23 aprile 2010 presso lAvvocatura Generale dello Stato, Sala Vanvitelli, si tenuto un seminario di studio Rafforzare le funzioni pubbliche in una nuova regolazione per il settore idrico: il quadro comunitario e nazionale organizzato da Federutility e Federambiente. Tutti gli interventi sono consultabili sul sito www.federutility.it (ndr). 154 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 La Presidenza del Consiglio dei Ministri poneva in evidenza la sussistenza di una riserva statale in materia di definizione delle componenti di costo della tariffa, in considerazione del fatto che questa costituisce la base per la determinazione del corrispettivo del servizio, vale a dire la tariffa di competenza dellAATO posta a fondamento della procedura ad evidenza pubblica da indire per la individuazione del soggetto cui affidare la gestione del servizio idrico integrato. Solo lunivoca previsione da parte dello Stato di detta tariffa di riferimento garantiva, ad avviso della difesa erariale, quella uniformit di trattamento e condizioni su tutto il territorio nazionale posta a tutela del trasparente confronto degli operatori economici nel mercato interno e comunitario. La difesa erariale sottolineava lillegittimit costituzionale dellarticolo 28, comma 7, nella parte in cui stabiliva che per lesercizio delle funzioni di cui al presente articolo, la Regione si avvale di una struttura organizzativa il cui costo di finanziamento a carico delle tariffe dei servizi nel limite di spesa fissato dalla giunta regionale, sentita la Conferenza regione autonomie locali, nonch di quanto introitato a titolo di sanzioni. Tale previsione, non contenuta nel decreto 152 del 2006, avrebbe determinato secondo lAvvocatura maggiorazioni delle tariffe per il servizio idrico integrato dovute a costi per il finanziamento di organizzazioni di istituzioni regionali, generandosi, a monte, una ingiustificata distorsione del confronto degli operatori economici nel settore interessato e a valle, per lutenza, illegittimi aumenti del costo del servizio. Al pari della tutela della concorrenza, secondo lAvvocatura dello Stato, nel caso in questione veniva in rilievo anche la salvaguardia dellambiente, riservata in via primaria ed esclusiva allo Stato, al quale spetta di preservare lambiente e lecosistema, individuare le scelte strategico generali di conservazione dellambiente, sintetizzando la legge statale il bilanciamento di interessi e conflitti che tale materia, in considerazione del suo carattere trasversale, involge e suscita. Tale bilanciamento di interessi fissa una soglia inderogabile anche per il legislatore regionale, il quale, nella disciplina della materie di propria competenza, potrebbe perseguire finalit indirette di salvaguardia dellambiente, senza per alterare il quadro di tutela definito dallo Stato (1). 2. La Corte, nella decisione in commento, riconoscendo fondati i motivi di illegittimit costituzionale della legge regionale sollevati dallo Stato, asserisce che la riserva statale in materia di determinazione della tariffa di riferimento si spiega in considerazione del fatto che, come ribadito nella sentenza n. 246 del 2009 (2), attraverso la determinazione della tariffa nellambito (1) Principi espressi nelle sentenze della Corte costituzionale nn. 104 e 105 del 2008, in www.consultaonline. it. (2) Sent. n. 246 del 2009, in www.consultaonline.it. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 155 territoriale ottimale, il legislatore statale ha fissato [] livelli uniformi di tutela dellambiente, perch ha inteso perseguire la finalit di garantire la tutela e luso, secondo criteri di solidariet, delle risorse idriche, salvaguardando la vivibilit dellambiente e le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale e le altre finalit tipicamente ambientali individuate dagli artt. 144 (Tutela e uso delle risorse idriche), 145 (Equilibrio del bilancio idrico) e 146 (Risparmio idrico) del d.lgs. n. 152 del 2006. Nella medesima pronuncia si altres rilevato che la finalit della tutela dellambiente viene [] in rilievo anche in relazione alla scelta delle tipologie dei costi che la tariffa diretta a recuperare, tra i quali il legislatore ha incluso espressamente quelli ambientali, da recuperare anche secondo il principio chi inquina paga (art. 154, comma 2). Dal punto di vista della tutela ambientale la Corte ricostruisce lattribuzione allo Stato del potere di determinare la tariffa di riferimento applicando principi ormai pacificamente affermati nella propria giurisprudenza, in base ai quali la salvaguardia dellambiente determina lallocazione della definizione degli standard di tutela ambientale in capo al legislatore statale in nome di esigenze di uniformit di accesso alla risorsa e di sfruttamento della stessa che non ammettono differenziazioni territoriali o geografiche. La Corte ha spesso sottolineato che lazione unitaria svolta dallo Stato in materia di salvaguardia dellambiente pienamente giustificata tanto dal fatto che lo Stato in possesso di strumenti tecnici e conoscenze scientifiche che trascendono le competenze acquisibili in sede regionale, quanto dal fine di garantire sullintero territorio nazionale un trattamento uniforme alle varie imprese operanti in concorrenza tra loro, intercettando qui la materia della concorrenza, oggetto, come pi volte specificato, di normazione esclusiva statale, onde non produrre arbitrarie disparit di trattamento sui costi aziendali in dipendenza di vincoli imposti in modo differenziato sia sotto il profilo spaziale che sotto il profilo temporale (3). Si parla, in proposito, dellambiente come materia trasversale, nel senso che sullo stesso oggetto insistono interessi diversi: quello alla conservazione dellambiente e quelli inerenti alle sue utilizzazioni (4). In base a quanto sopra affermato pare coerente la considerazione della Corte, secondo la quale luniforme metodologia tariffaria, adottata con linterposta legislazione statale, e la sua applicazione da parte delle Autorit dambito sono finalizzate a preservare il bene giuridico ambiente dai rischi derivanti da una tutela non uniforme ed a garantire uno sviluppo concorren- (3) Cosi la Corte nella sentenza n. 53 del 1991 in www.consultaonline.it. Per un riassunto degli attuali approdi della giurisprudenza costituzionale sullambiente vedasi sent. n. 225 del 22 luglio 2009 in www.cortecostituzionale.it. (4) Sent. Corte costituzionale n. 378 del 2007 in www.consultaonline.it. 156 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 ziale del settore del servizio idrico integrato. Tali finalit, ribadisce la Corte, non potrebbero essere realizzate se dovesse trovare applicazione la normativa regionale, la quale prevede come si visto la determinazione di oneri tariffari ulteriori rispetto a quelli individuati nel Tua (Testo unico in materia ambientale). Logicamente emerge laltro profilo di illegittimit della legge regionale relativo alla violazione delle prerogative dello Stato in materia di concorrenza. Le previsioni del Tua attribuiscono al Ministero dellAmbiente e della Tutela del Territorio e del Mare nonch al Co.Vi.Ri, Comitato per la vigilanza sulluso delle risorse idriche, il potere di procedere alla definizione delle componenti di costo della tariffa, disciplinando, allarticolo 154, un procedimento che prevede ladozione di un decreto da parte del Ministero dellambiente con il quale determinare le componenti di costo della tariffa relativa ai servizi idrici. Larticolo 161 rimette al Co.Vi.ri la prerogativa tecnica esclusiva di predisporre il metodo tariffario per la determinazione della tariffa con apposita delibera da trasmettere al Ministero dellambiente, il quale adotta il precitato decreto una volta sentita la Conferenza Permanente Stato-Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano. La Corte, alla luce della normativa citata, riconosce la funzione fondamentale del decreto, che costituisce obbligatorio criterio di riferimento per le diverse autorit dambito in vista della determinazione della tariffa di base, funzionale alla predisposizione del piano finanziario che stabilisce lattivit di ciascun ambito territoriale ottimale. Nelle intenzioni del legislatore pare potersi individuare laspirazione allapplicazione di una uniforme metodologia tariffaria al servizio idrico integrato al fine di garantire un effettivo sviluppo in senso concorrenziale del mercato del settore dei servizi idrici, superando le disparit di trattamento ancora esistenti a livello nazionale, che prevedono differenziazioni, in capo ai gestori e agli utenti, a seconda dei vari ambiti operativi (5). Nella giurisprudenza della Corte la problematica delle materie trasversali, concorrenza e ambiente su tutte, viene risolta con laffermazione che in presenza di esigenze unitarie la competenza normativa spetta allo Stato, il quale, in fattispecie che presentano spesso connessioni con altre materie rimesse alla (5) AS446 21 febbraio 2008 dellAutorit Garante della concorrenza e del mercato, che proprio sulla legge n. 10 del 2080 dellEmilia Romagna, afferma che una riforma in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica suscettibile di porsi in contrasto con il quadro normativo generale, determinando un effetto discorsivo della concorrenza nella fornitura di servizi, aggravando i costi a carico dellutenza. Lautorit afferma che la legge regionale citata riconoscendo il potere della regione di individuare la tariffa di riferimento ai fini della proposizione ai soggetti partecipanti alla forma di cooperazione di cui allarticolo 30 della regolazione tariffaria, nonch che per lesercizio delle funzioni di cui al presente articolo la regione si avvale di una struttura organizzativa il cui costo di funzionamento a carico delle tariffe dei servizi erogati si palesemente introdotto un metodo di determinazione della tariffa autonomo rispetto alle previsioni di cui al Tua. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 157 competenza del legislatore regionale, detta le linee fondamentali di disciplina. In tali circostanze non si in presenza di una normazione di principio, riservata alla competenza dello Stato e di una regolamentazione di dettaglio, spettante alle regioni. La linea di tendenza tracciata dalle decisioni della Corte quella di lasciare alle regioni una competenza su tutti i profili che abbiano carattere integrativo e non derogatorio della normativa statale (6). Nelle pronunce della Corte nelle materie trasversali, stante la loro natura di materia funzione, a carattere prevalentemente teleologico e ad oggetto astratto, nella definizione del riparto di competenze tra lo Stato e le Regioni, una volta individuato il legislatore prevalente, la Corte afferma che la soddisfazione delle istanze delle regioni, in ossequio al principio di leale collaborazione, trovano adeguato contemperamento nella fase procedimentale (7). Aderendo alle considerazioni della difesa erariale la Corte riconosce che, ai sensi del combinato disposto degli articoli 154 e 161 TUA, prevista la partecipazione degli enti territoriali attraverso la Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Tento e di Bolzano. Appare questa la ragione per cui la Corte, nella fattispecie esaminata, afferma che non pu accogliersi la tesi della Regione, secondo cui la tariffa di riferimento prevista dalle disposizioni censurate limitandosi ad individuare nellambito regionale il valore complessivo dei costi del servizio, calcolati in base ai criteri definiti nel metodo tariffario, ed avendo la funzione di costituire la base per la determinazione della tariffa da applicare allutenza non si identifica n con il metodo tariffario n con la tariffa di base (ambedue determinati in applicazione esclusivamente della normativa statale) e, pertanto, pu essere disciplinata dalla legislazione regionale, in quanto rientrante nella sua competenza esclusiva in materia di servizi pubblici locali. Tale tesi non condivisibile, perch indubbio che la disciplina censurata non opera in un ambito estraneo alla normativa dello Stato come sostiene la resistente ma modifica il menzionato processo di determinazione tariffaria puntualmente delineato dal legislatore statale. Essa incide, in particolare, sulle attribuzioni dei soggetti preposti al servizio idrico integrato (Stato, (6) Per una analisi attenta della questione delle materie trasversali leggasi recentemente FILIPPO BENELLI Separazione VS Cooperazione: due nuove pronunce della Corte costituzionale in tema di ambiente e materie trasversali, in Forum di quaderni costituzionali. Vedi anche R. BIN Alla ricerca della materia perduta, Nota a sentenza 401 del 2007, in Forum di Quaderni Costituzionali. (7) La introduzione esplicita del criterio della prevalenza risale alla sent. 370/2003, con cui la Corte ha individuato nellistruzione la materia prevalentemente interessata dagli interventi pubblici a favore dellistituzione di asili nido. Nella sent. 50/2005 tale criterio ha trovato unapplicazione precisa come fattore di coordinamento delle competenze esclusive dello Stato con quelle concorrenti e le altre residuali: la fattispecie era relativa ai contratti di lavoro a contenuto formativo, i quali si collocano tra lordinamento civile, rientrante nella competenza statale, trattandosi di rapporti di lavoro, e la competenza in materia di formazione professionale che spetta alla Regione. 158 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 CO.Vi.Ri. ed AATO), sottraendo parte della competenza ad essi riservata dagli artt. 154 e 161 del d.lgs. n. 152 del 2006, senza essere a ci legittimata da alcuna normativa statale. Resta pertanto esclusa, anche sotto tale profilo, la competenza legislativa in materia di servizi pubblici locali rivendicata al riguardo dalla Regione. Nella sentenza in commento si legge che il corrispettivo del servizio servirebbe anche a coprire i costi derivanti dal potenziale effetto lesivo dellambiente, in applicazione del principio chi inquina paga. Il principio indicato comporta che le spese relative alla protezione al ripristino e al miglioramento della qualit dellambiente siano poste a carico di chi rende necessari tali interventi. Nella decisione della Corte quindi la tariffa assolve anche al compito di individuare tra le varie tipologie di costi anche quelli diretti applicazione del principio suddetto (8). La Corte non si sofferma sulla eccezione, sollevata dalla regione, basata sul fatto che la tariffa di riferimento introdotta con legge regionale 10/2008 non poteva dirsi coincidente n con la tariffa di base, n con il metodo tariffario di cui al T.U.A., la cui determinazione e predisposizione rispettivamente attribuita alle Autorit dAmbito ed al Co.Vi.Ri. Secondo la resistente, infatti, il metodo tariffario e la tariffa di riferimento attengono a profili completamente diversi, perch il primo, predisposto dal CO.Vi.Ri, rappresenta linsieme dei criteri che consentono lindividuazione del costo complessivo del servizio e ne individua le varie componenti (costi operativi, aliquote di ammortamento, etc.); la seconda esprime, invece, il valore complessivo dei costi del servizio, calcolati in base ai criteri definiti nel metodo, valore che costituisce la base per la determinazione della tariffa da applicare allutenza, articolata per fasce di consumo e tipologia di utenze. (8) Nella recentissima sentenza della Corte di Giustizia della Comunit Europea, grande sezione, del 9 marzo 2010 si ricostruisce compiutamente il principio chi inquina paga. La corte asserisce che qualora in unipotesi di inquinamento ambientale, non sono soddisfatti i presupposti dapplicazione ratione temporis e/o ratione materiae della direttiva 2004/35/CE, sulla responsabilit ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, allora unipotesi del genere dovr essere disciplinata dal diritto nazionale, nel rispetto delle norme del Trattato e fatti salvi altri eventuali atti di diritto derivato. Prosegue la Corte: La direttiva 2004/35 non osta a una normativa nazionale che consente allautorit competente, in sede di esecuzione della direttiva, di presumere lesistenza di un nesso di causalit, anche nellipotesi di inquinamento a carattere diffuso, tra determinati operatori e un inquinamento accertato, e ci in base alla vicinanza dei loro impianti alla zona inquinata. Tuttavia, in conformit al principio chi inquina paga, per poter presumere lesistenza di un siffatto nesso di causalit detta autorit deve disporre di indizi plausibili quali, la vicinanza dellimpianto delloperatore allinquinamento accertato e la corrispondenza tra le sostanze inquinanti ritrovate e i componenti impiegati da detto operatore nellesercizio della sua attivit. La corte afferma che nel caso di applicazione di misure riparatorie del danno ambientale in capo agli operatori economici non necessario indagare lintento doloso e colposo in capo agli autori del danno ambientale, dovendo lautorit competente, secondo i criteri fissati dal diritto nazionale in materia di onere della prova, dimostrare il nesso di causalit materiale tra lattivit realizzata e il danno ambientale accertato. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 159 Ad avviso della Regione il denunciato comma 2 dellart. 28 non si riferisce al metodo tariffario, ma al costo complessivo del servizio. La legge regionale avrebbe in concreto esercitato una competenza propria in quanto il d.lgs. n. 152 del 2006 attribuisce allo Stato solo la competenza a determinare le componenti di costo ed il metodo tariffario, ma non anche la tariffa di riferimento, che rappresenterebbe il valore complessivo in ambito regionale dei costi di servizio, calcolati in base ai criteri definiti nel metodo tariffario, ed avente la funzione di costituire la base per la determinazione della tariffa da applicare allutenza. 3. A questo punto pare opportuno effettuare alcune osservazioni. Il metodo tariffario di cui allart. 161, secondo le previsioni di cui al D.M. 1 agosto 1996, Metodo normalizzato per la definizione delle componenti di costo e la determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato, rappresenta lo strumento per consentire la realizzazione di adeguati livelli di servizio, per sostenere conseguenti programmi di investimento nell'equilibrio di bilancio, per ottenere il contenimento dei costi al consumo e il miglioramento dell'efficienza della gestione e la tutela dell'interesse dellutenza. La tariffa di riferimento rappresenta l'insieme dei criteri e delle condizioni cui l'Ambito deve attenersi nello stabilire la tariffa reale media della gestione. La definizione dei componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dellacqua di cui allart. 154, comma 2 del Testo unico dellambiente esprime la volont del legislatore di tenere in debita considerazione gli interessi del comparto produttivo e di garantire la disponibilit di acqua ad uso umano, recuperando altres i costi ambientali anche secondo il principio Chi inquina paga(9). Il Co.Vi.Ri predispone con delibera il metodo tariffario per la determinazione della tariffa di cui allarticolo 154 e le modalit di revisione periodica, lo trasmette al Ministero dellAmbiente che lo adotta con proprio decreto, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo stato le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Le componenti di costo sono definite direttamente dal Ministero dellAmbiente, ai sensi dellarticolo 154 TUA. Infine, sulla base del metodo tariffario lA.ATO, applicando il metodo nazionale, stabilisce la tariffa di base, costituente il corrispettivo del servizio che, secondo quanto prevede il comma 2 dello stesso articolo, deve essere altres determinata nellosservanza delle disposizioni contenute nel decreto per la definizione delle componenti di costo. La tariffa, ai sensi dellart. 154 comma 1 del Testo Unico dellambiente, costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed determinata tenendo conto della qualit della ri- (9) Acque, gestori e costi: Consulta: Co.Vi.R.I. "orologiaiodelle tariffe idriche, da Quotidiano Giuridico Ipsoa, EUGENIO FALCONE. 160 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 sorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dellentit dei costi di gestione delle opere, delladeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonch di una quota parte dei costi di funzionamento delle A.ATO, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio chi inquina paga (10). Come agevole notare le fasi sopra descritte, la definizione delle componenti di costo della tariffa e ladozione del metodo tariffario, rappresentano lesercizio di prerogative che il Tua, sulla base dei principi sopra affermati, ha espressamente riconosciuto allo Stato e al Co.Vi.Ri.(11). Conseguentemente sembra che la legge regionale non faccia altro che duplicare, per lindividuazione della tariffa di riferimento, competenze dalla legge gi riservate allo Stato. La Corte censura altres il comma 7 dellarticolo 28 in quanto la legge citata nel prevedere una specifica componente di costo che prescinde da quanto stabilito dal suddetto decreto ministeriale di cui al citato comma 2 dellart. 154 - attribuisce alla tariffa del servizio idrico della sola Regione Emilia-Romagna una struttura del tutto peculiare, potenzialmente idonea ad influire sulla domanda del servizio stesso, cos da porla in contrasto con il parametro interposto e con la indicata ratio di garantire la concorrenza anche attraverso luniforme individuazione su tutto il territorio dello Stato delle componenti di costo della tariffa. Riecheggia nelle parole della Corte quanto rilevato dallAutorit Garante della Concorrenza e del Mercato che, nella segnalazione AS446 del 2008, riconosce che la legge citata abbia nello specifico provveduto ad avviare una riforma in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, suscettibile di determinare distorsioni alla concorrenza nella fornitura dei servizi, oltre ad aggravare i relativi costi a carico dei cittadini utenti. Lautorit stigmatizza laggravio in tariffa idrica dei costi di strutture e risorse operative autonoma- (10) La Corte Costituzionale, nella sentenza 335/2008, ha ritenuto che la tariffa di depurazione sia da intendersi come corrispettivo di prestazioni e non come tributo. Infatti ormai un dato acquisito come il Legislatore abbia inteso costruire la tariffa in modo da coprire i costi del servizio idrico integrato prevedendo che lutilit particolare che ogni utente ottiene dal servizio dovr essere pagata per il suo valore economico e che la tariffa deve essere espressiva del costo industriale del servizio idrico rappresentato dallintegrazione dei servizi di captazione, adduzione, collettamento e depurazione. Si pertanto giunti alla conclusione che la tariffa del servizio idrico integrato rappresenta, a tutti gli effetti, un corrispettivo connesso ad una prestazione commerciale complessa, il quale non deriva da un atto autoritativo, ma dal contratto di utenza per il servizio idrico integrato. (11) Lart. 9 bis, comma 6 della L. 24 giugno 2009, n. 77 di conversione del dl 39/2009 ha soppresso il Comitato per la Vigilanza sulluso delle risorse idriche e ha previsto la sua sostituzione con la Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche che subentra nelle competenze del Co. Vi.ri e dellAutorit di Vigilanza sulle risorse idriche a sua volta soppressa con la costituzione del Co.Vi.Ri. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 161 mente determinate dalla Regione, in contrasto con specifiche disposizioni normative (v. articolo 154 TUA)(12). La finalit della definizione omogenea delle componenti di costo della tariffa nelle diverse gestioni dei servizi idrici quella chiaramente di promuovere il trasparente e paritario confronto degli operatori economici, allesito del quale garantire agli utenti costi ragionevoli e servizi efficienti. In conclusione le previsioni di cui alla legge regionale citata, nel prevedere lindividuazione da parte della regione delle componenti di costo della tariffa, finirebbero per spogliare il Ministero dellambiente e il Co.Vi.Ri di prerogative che il Tua espressamente riconosce allo Stato, in ossequio ad irrinunciabili esigenze di tutela di valori primari, lambiente e la concorrenza, non suscettibili di alterazione da parte del legislatore regionale. Dott. Francesco Scittarelli* Corte costituzionale, sentenza del 4 febbraio 2010 n. 29, Ud. Pubblica del 15 dicembre 2009 - Pres. Amirante, Red. Gallo - Giudizio di legittimit costituzionale dellart. 28, commi 2 e 7, della legge della Regione Emilia-Romagna 30 giugno 2008, n. 10 (Misure per il riordino territoriale, lautoriforma dellamministrazione e la razionalizzazione delle funzioni), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri. Avvocato dello Stato Massimo Mari per il Presidente del Consiglio dei ministri e avvocati Maria Chiara Lista, Giandomenico Falcon e Luigi Manzi per la Regione Emilia-Romagna. (Omissis) Considerato in diritto 1. Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dallAvvocatura generale dello Stato, ha impugnato in via principale i commi 2 e 7 dellart. 28 della legge della Regione Emilia-Romagna 30 giugno 2008, n. 10 (Misure per il riordino territoriale, lautoriforma dellamministrazione e la razionalizzazione delle funzioni), deducendo: quanto al comma 2, la violazione dellart. 117, secondo comma, lettere e) ed s), della Costituzione, in relazione, quali parametri interposti, agli artt. 154, commi 2 e 4, e 161, comma 4 [rectius: lettera a) di tale comma], del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia di ambiente); quanto al comma 7 dello stesso art. 28, la violazione della sola lettera e) del secondo comma dellart. 117 Cost., in relazione agli stessi artt. 154, commi 2 e 4, e 161, comma 4 [rectius: lettera a) di tale comma], del d.lgs. n. 152 del 2006. 1.1. - Il comma 2 del citato art. 28 censurato solo nella parte in cui prevede che La Regione esercita le funzioni di regolazione economica e di regolazione dei servizi in raccordo con le Autonomie locali provvedendo, in particolare, [] alla individuazione della tariffa di riferi- (12) Segnalazione dellAutorit Garante della concorrenza e del mercato n. 446 31 febbraio 2008. (*) Dottorando di ricerca presso lUnivesit degli Studi di Cassino, Facolt di Giurisprudenza. Ha svolto la pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. 162 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 mento ai fini della proposizione ai soggetti partecipanti alla forma di cooperazione di cui allart. 30 della regolazione tariffaria. []. Le citate norme statali, assunte dal ricorrente quale parametro di riferimento quanto alla formazione della tariffa, stabiliscono che: a) Il Ministro dellambiente e della tutela del territorio [], tenuto conto della necessit di recuperare i costi ambientali anche secondo il principio chi inquina paga, definisce con decreto le componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dellacqua (art. 154, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006); b) LAutorit dambito, al fine della predisposizione del Piano finanziario di cui allarticolo 149, comma 1, lettera c), determina la tariffa di base, nellosservanza delle disposizioni contenute nel decreto di cui al comma 2, comunicandola [] al Ministro dellambiente e della tutela del territorio (art. 154, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006); c) la Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche, istituita presso il Ministero dellambiente e della tutela del territorio e del mare, predispone con delibera il metodo tariffario per la determinazione della tariffa di cui allarticolo 154 e le modalit di revisione periodica, e lo trasmette al Ministro dellambiente e della tutela del territorio e del mare, che lo adotta con proprio decreto sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano (art. 161, comma 4, lettera a, del d.lgs. n. 152 del 2006). Il ricorrente deduce che la disposizione impugnata contravviene alle predette norme statali, le quali, nello stabilire una riserva di legge dello Stato nella determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato, garantiscono: a) uguali criteri di partecipazione competitiva su tutto il territorio nazionale finalizzati a promuovere la concorrenza per il mercato; b) standard quantitativi e qualitativi della risorsa idrica uniformi su tutto il territorio nazionale finalizzati alla tutela dellambiente. Pertanto, la legge regionale violerebbe lart. 117, secondo comma, lettere e) ed s), Cost., il quale assegna allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia, rispettivamente, di tutela della concorrenza (lettera e) e dellambiente (lettera s). 1.2. Il comma 7 dellart. 28 della citata legge reg. Emilia-Romagna n. 10 del 2008 dispone che, Per lesercizio delle funzioni previste dal medesimo articolo 28 della legge regionale (e cio: la regolazione economica e dei servizi in raccordo con le Autonomie locali; la redazione del piano economico e del piano finanziario di cui allart. 149, comma 4, ed allart. 203, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006; la individuazione della tariffa di riferimento; la costituzione di un sistema informativo con le Province e i Comuni; il potere sanzionatorio, ad eccezione di quello connesso alla violazione del contratto di servizio), la Regione si avvale di una struttura organizzativa il cui costo di funzionamento a carico delle tariffe dei servizi regolati nel limite di spesa fissato dalla Giunta regionale, sentita la Conferenza Regione-Autonomie locali, nonch di quanto introitato a titolo di sanzioni. Il ricorrente deduce, in proposito, che la previsione di una ulteriore componente di costo nella determinazione della tariffa per il servizio idrico integrato - determinazione riservata, invece, alla competenza statale dalle citate norme interposte di cui agli artt. 154, commi 2 e 4, e 161, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006 - altera la concorrenza, dando origine a meccanismi competitivi disomogenei sul territorio nazionale, e vola, pertanto, lart. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che assegna allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di tutela della concorrenza. 2. Le questioni sono fondate. 2.1.- In ordine alla censura riferita al comma 2 del citato art. 28, va osservato che dallinter- IL CONTENZIOSO NAZIONALE 163 pretazione letterale e sistematica degli artt. 154, 155 e 161 del d.lgs. n. 152 del 2006 si desume che la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dellacqua ascrivibile alla materia della tutela dellambiente e a quella della tutela della concorrenza, ambedue di competenza legislativa esclusiva dello Stato. Come ribadito da questa Corte con la sentenza n. 246 del 2009, attraverso la determinazione della tariffa nellՈmbito territoriale ottimale, il legislatore statale ha fissato [] livelli uniformi di tutela dellambiente, perch ha inteso perseguire la finalit di garantire la tutela e luso, secondo criteri di solidariet, delle risorse idriche, salvaguardando la vivibilit dellambiente e le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale e le altre finalit tipicamente ambientali individuate dagli artt. 144 (Tutela e uso delle risorse idriche), 145 (Equilibrio del bilancio idrico) e 146 (Risparmio idrico) del d.lgs. n. 152 del 2006. Nella medesima pronuncia si altres rilevato che la finalit della tutela dellambiente viene [] in rilievo anche in relazione alla scelta delle tipologie dei costi che la tariffa diretta a recuperare, tra i quali il legislatore ha incluso espressamente quelli ambientali, da recuperare anche secondo il principio chi inquina paga (art. 154, comma 2). Sotto altro - ma connesso - profilo, nella determinazione della tariffa viene poi in rilievo la materia della tutela della concorrenza; ci in quanto alla determinazione della tariffa provvede lAutorit dՈmbito, al fine di ottenere un equilibrio economico-finanziario della gestione e di assicurare allutenza efficienza ed affidabilit del servizio (art. 151, comma 2, lettere c, d, e). Tale fine raggiunto determinando la tariffa secondo un meccanismo di price cap (artt. 151 e 154, comma 1), diretto ad evitare che il concessionario unico abusi della sua posizione dominante (sentenza n. 246 del 2009, che richiama anche le sentenze n. 335 e n. 51 del 2008). Luniforme metodologia tariffaria, adottata con linterposta legislazione statale, e la sua applicazione da parte delle Autorit dՈmbito finalizzata, dunque, a preservare il bene giuridico ambiente dai rischi derivanti da una tutela non uniforme ed a garantire uno sviluppo concorrenziale del settore del servizio idrico integrato. Tali finalit non potrebbero essere realizzate se dovesse trovare applicazione la normativa censurata, la quale prevede come si visto la determinazione di oneri tariffari ulteriori o diversi da parte della Regione resistente. N pu accogliersi la tesi della Regione, secondo cui la tariffa di riferimento prevista dalle disposizioni censurate limitandosi ad individuare nellՈmbito regionale il valore complessivo dei costi del servizio, calcolati in base ai criteri definiti nel metodo tariffario, ed avendo la funzione di costituire la base per la determinazione della tariffa da applicare allutenza non si identifica n con il metodo tariffario n con la tariffa di base (ambedue determinati in applicazione esclusivamente della normativa statale) e, pertanto, pu essere disciplinata dalla legislazione regionale, in quanto rientrante nella sua competenza esclusiva in materia di servizi pubblici locali. Tale tesi non condivisibile, perch indubbio che la disciplina censurata non opera in un mbito estraneo alla normativa dello Stato come sostiene la resistente ma modifica il menzionato processo di determinazione tariffaria puntualmente delineato dal legislatore statale. Essa incide, in particolare, sulle attribuzioni dei soggetti preposti al servizio idrico integrato (Stato, CO.VI.RI. ed AATO), sottraendo parte della competenza ad essi riservata dagli artt. 154 e 161 del d.lgs. n. 152 del 2006, senza essere a ci legittimata da alcuna normativa statale. Resta pertanto esclusa, anche sotto tale profilo, la competenza legislativa in materia di servizi pubblici locali rivendicata al riguardo dalla Regione. 2.2. - Analoghe considerazioni debbono essere svolte in relazione alla censura inerente al comma 7 del medesimo art. 28 e riguardante il computo, nella tariffa, del costo di funziona- 164 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 mento della struttura organizzativa della quale deve avvalersi la Regione Emilia-Romagna per esercitare varie funzioni attinenti al servizio idrico integrato. Al riguardo, va ribadito che il legislatore statale, con la dettagliata disciplina della tariffa di tale servizio, persegue lobiettivo oltre che di tutelare lambiente di applicare su tutto il territorio nazionale, a tutela della concorrenza, un uniforme regime tariffario. In particolare, lart. 154, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006 elenca minutamente, a tal fine, gli elementi della tariffa, stabilendo che questa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed determinata tenendo conto della qualit della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dellentit dei costi di gestione delle opere, delladeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonch di una quota parte dei costi di funzionamento dellAutorit dambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio. Sempre allo stesso fine, il comma 2 dello stesso art. 154, evocato a parametro interposto, stabilisce come pure si visto che Il Ministro dellambiente e della tutela del territorio [] definisce con decreto le componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dellacqua. Non vՏ dubbio, perci, che limpugnata disposizione della legge regionale nel prevedere una specifica componente di costo che prescinde da quanto stabilito dal suddetto decreto ministeriale di cui al citato comma 2 dellart. 154 - attribuisce alla tariffa del servizio idrico della sola Regione Emilia-Romagna una struttura del tutto peculiare, potenzialmente idonea ad influire sulla domanda del servizio stesso, cos da porla in contrasto con il parametro interposto e con la indicata ratio di garantire la concorrenza anche attraverso luniforme individuazione su tutto il territorio dello Stato delle componenti di costo della tariffa. La disposizione censurata vola, perci, levocato art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara lillegittimit costituzionale dellart. 28, commi 2 e 7, della legge della Regione Emilia- Romagna 30 giugno 2008, n. 10 (Misure per il riordino territoriale, lautoriforma dellamministrazione e la razionalizzazione delle funzioni). Cos deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 gennaio 2010. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 165 Dossier Obblighi di informazione del paziente e responsabilit del medico per omessa informazione (Cassazione, Sez. III civ., sentenza 9 febbraio 2010 n. 2847; Cassazione, Sez. III civ., sentenza 4 gennaio 2010 n. 13; Cassazione, Sez. III civ., sentenza 30 gennaio 2009 n. 2468; Cassazione, Sez. Un. Penali, sentenza 21 gennaio 2009 n. 2437) Largomento del consenso informato nellambito dellattivit medica e delle connesse responsabilit ha molto di schizofrenico: come utenti vorremmo essere informati, ma vorremmo sentirci dire solo le cose che ci convengono e non accettiamo quello che ci dicono - forse male forse bene - i medici: il personale sanitario vorrebbe poter decidere la cura pi adeguata, avendo in questo una piena discrezionalit, senza lobbligo di comunicare alcunch al paziente. Sta accadendo che quello che dovrebbe far stare pi tranquillo il paziente - ovvero il consenso informato - ed evitare liti in sede giurisdizionale, diventa la maggiore arma del paziente stesso, che utilizza il consenso o lincompleto consenso per promuovere azioni giudiziarie che un tempo erano improponibili ed impensabili. E un vero dramma quello che si consuma nelle sale operatorie e negli studi medici: per paura delle responsabilit il medico o troppo allarmista oppure rende informazioni inadeguate: cerca di predisporre gli strumenti pi idonei per evitare il rischio di denunce penali o azioni in sede civile. Questa incertezza di fondo passa, poi, nelle aule giudiziarie. La responsabilit medica, anche quella da omesso consenso informato, sta quasi diventando una forma (non prevista) di responsabilit oggettiva, ovvero senza colpa. Allinizio non era cos: lattivit medica stata sempre preordinata al bene della salute, con piena libert (ed autorit) del medico, in aderenza al giuramento di Ippocrate: ... In qualsiasi casa andr, io vi entrer per il sollievo dei malati, e mi asterr da ogni offesa e danno volontario, e fra l'altro da ogni azione corruttrice sul corpo delle donne e degli uomini, liberi e schiavi. Oggi vale il principio opposto, se non cՏ il consenso informato e consapevole, non si pu intervenire, per ogni trattamento medico, sia terapeutico sia, a maggior ragione, chirurgico; il consenso deve riguardare ogni fase dellattivit medica, dalla diagnosi alla scelta della terapia, dalla sua attuazione alle fasi post-operatorie. Con riferimento al rapporto medico-paziente, a quella che viene definita lalleanza medico-paziente, lobbligo di chiedere il consenso informato, che 166 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 sembra un inutile appesantimento per il personale medico, che sembra un obbligo solo formale da assolvere solo a mezzo della sottoscrizione di un modello prestampato, va a toccare, invece, il cuore del rapporto di fiducia tra il medico e il paziente, che deve sussistere in ogni fase della prestazione medica: le norme qui sotto evidenziate non fanno altro che tradurre per iscritto qualcosa che scritto nellintimo di chi ha a cuore la salute dei suoi pazienti, e che sa bene quanto sarebbe importante rassicurarli in ogni momento; il paziente arriva nella struttura pubblica o privata, spaventato e sprovvisto, il pi delle volte, dei pi elementari mezzi di conoscenza e si aspetta di essere continuamente rassicurato; la sensibilit sta crescendo verso questa direzione e via via stanno aumentando le disposizioni che prevedono la necessit del consenso informato, in alcuni casi anche espresso in forma scritta. Non dimentichiamoci, poi, le disposizioni del codice deontologico (artt. 33-39). Disposizioni che prevedono lobbligo del consenso: Artt. 2, 13, e soprattutto 32 Cost.; Art. 1 Legge 13 maggio 1978, n. 180; Dichiarazione Universale sul genoma e sui diritti umani; Convenzione di Oviedo del 4 aprile 1997; Art. 3.2 Carta diritti fondamentali U.E. 7 dicembre 2000 (c.d. Carta di Nizza); Art. II-63 Trattato di Roma del 2004. Disposizioni che prevedono lobbligo del consenso scritto: Art. 4 L. 26 giugno 1967, n. 458 (trapianto rene); Art. 14 L. 22 maggio 1978, n. 194 (I.V.G.); Art. 33 1 e 5 comma L. 23 dicembre 1978 n. 833 (SSN); Art. 2 L. 14 aprile 1982, n. 164 (rettificazione sesso); Art. 5, 3 e 4 comma L. 5 giugno 1990 n. 135 (AIDS); L. 4 maggio 1990 n. 107 (trasfusioni); D.Lg.vo 24 giugno 2003, n. 211 (sperimentazione); L. 19 febbraio 2004, n. 40 (procreazione assistita). Allora, il punto di partenza questo: lattivit medica che si fonda sul consenso. In questo senso depongono lart. 1 Legge n. 180/1978 secondo cui Gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono volontari, l art. 50 c.p., che chiarisce che Non punibile chi lede o mette in pericolo un diritto, con il consenso dellavente diritto, le varie norme della Costituzione, gli artt. 2, 13 e 32 Cost. che affermano lesistenza del diritto di ogni cittadino di rifiutare un trattamento sanitario, anche se questo rifiuto lo espone al rischio della vita; in particolare, rilevante lart. 32, 2 co. Cost, secondo cui Nessuno pu essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non pu in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto IL CONTENZIOSO NAZIONALE 167 della persona umana. La dottrina e la giurisprudenza hanno tentato di fondare la legittimit (e liceit) dellattivit medica, che si risolve in un rischio per la salute e/o per la vita stessa del paziente, sulla base di diverse cause di giustificazioni penali, le c.d. scriminanti che, se sussistenti, escludono la punibilit; per lattivit medica, nel corso del tempo, sono state ritenute applicabili diverse esimenti. Non solo lart. 50 c.p., ma anche lart. 51 - Esercizio diritto o adempimento dovere - , lart. 54 - Stato necessit - o una esimente non codificata. Oggi non si dubita che lattivit medica si fonda proprio sul consenso del paziente. La logica conseguenza che il consenso necessario, sia per compiere semplici esami diagnostici, sia strumentali. Se, poi, lintervento complesso, il dovere di informazione si estende anche sulle fasi operative preparatorie e successive allintervento. Secondo la Corte di cassazione 15 gennaio 1997 n. 364, la presunzione di un implicito consenso a tutte le operazioni preparatorie e successive connesse allintervento vero e proprio non esime il personale medico responsabile dal dovere di informarlo anche su queste fasi operative. Quali sono le responsabilit connesse alla omissione del consenso informato? Astrattamente sono possibili sia la responsabilit penale che quella civile. Per quanto concerne la responsabilit penale, a fronte delle varie disposizioni che prevedono lobbligo del consenso informato, mancano norme penali che prevedano sanzioni in caso di omissione: vale in diritto penale il principio secondo cui nessuno pu essere condannato per un fatto che non sia espressamente previsto come reato, il c.d. principio del favor rei. Nondimeno la giurisprudenza, molte volte non ha tenuto conto di questo principio ed pervenuta a decisioni di condanna penale di un medico, quando ad un intervento medico era conseguito un peggioramento delle condizioni di salute del paziente. In alcuni casi, ha dato rilievo anche alla omissione del consenso, riconoscendo la sussistenza non gi di una forma colposa di reato, ma addirittura dolosa, o lomicidio preterintenzionale o addirittura quello doloso (il c.d. dolo eventuale: accettare il rischio che si verifichi un certo evento); la giurisprudenza, in particolare, ha considerato rilevante che un intervento medico - anche effettuato correttamente - sia stato effettuato in presenza di un espresso dissenso del paziente: in questo caso ha ritenuto la presenza del reato della violenza privata o il sequestro di persona (sono per casi limite). La decisione che ha segnato una svolta, in positivo, per lesercizio dellattivit medica stata la sentenza Volterrani, dal nome dellimputato medico. Con la decisione n. 26446 del 2002 la Cassazione, modificando il precedente orientamento inaugurato con la sentenza Massimo, di condanna 168 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 per omicidio preterintenzionale - ha invece assolto un chirurgo che aveva operato correttamente un paziente, sottoponendolo ad un intervento molto complicato, senza consenso, intervento al quale erano seguite complicazioni e, successivamente, la morte. Il giudice di legittimit ha affermato il principio che la pratica sanitaria sempre obbligata, salvo le ipotesi da cui esula lintento di tutela vera e propria della salute (v. trattamento estetico), dovendo ritenersi che il medico sia sempre legittimato ad effettuare il trattamento terapeutico giudicato necessario per la salvaguardia della salute del paziente affidato alle sue cure, anche in mancanza di esplicito consenso. Lo stesso principio stato affermato da Cass. pen., sez. V, 28 ottobre 2008, n. 40252, confermando la decisione Volterrani ed escludendo, quindi che lassenza del consenso informato possa, di per se sola, determinare la condanna del medico. Ed ancora pi recentemente, le Sezioni Unite Penali della Cassazione con la decisione n. 2437/2009, hanno escluso la configurabilit del delitto di violenza privata in una fattispecie in cui lintervento medico effettuato in assenza del consenso informato, abbia comunque prodotto un beneficio per la salute del paziente. Per quanto concerne, poi, la responsabilit civile, la giurisprudenza ha riconosciuto che si tratta di una responsabilit contrattuale ex art. 1218 e 2236 cc, cosidetta responsabilit professionale. Secondo Cass. Sez III n. 1132 del 29 marzo 1978 lattivit medica unattivit complessa, che consiste non solo nellaccettazione del paziente da parte del medico e della struttura sanitaria pubblica o privata, ma anche nella diagnosi e nella cura. Volendo sintetizzare gli argomenti della giurisprudenza di legittimit, possiamo dire che quella medica una responsabilit contrattuale, perch gi nella fasi precedenti alleffettivo intervento medico, il sanitario instaura un vero e proprio rapporto contrattuale (ovvero un contatto sociale) con il paziente. Non si pu parlare, quindi di responsabilit pre-contrattuale (cfr., per questo principio Cass. Sez. III n. 7027 del 23 maggio 2001). Cosa significa che responsabilit contrattuale? Derivano delle importanti conseguenze processuali, in specie per ci che concerne lonere della prova: Cass. Sez. III n. 23918 del 9 novembre 2006 ha chiarito che incombe sul medico lonere prova di avere adempiuto allobbligazione secondo le regole tecniche e di avere fatto tutto quanto possibile per evitare danni al paziente, ex art. 1218 cc.. Al paziente danneggiato sar, invece, sufficiente, provare il contratto stipulato con il medico e la struttura sanitaria e il peggioramento delle sue condizioni in conseguenza dellintervento medico. Non vi dubbio che questa distribuzione dellonere della prova mette in grande difficolt la difesa dei medici e delle strutture sanitarie, trattandosi, il IL CONTENZIOSO NAZIONALE 169 pi delle volte, di una probatio c.d. diabolica. Poich, per, in virt di quanto previsto dallart. 2236 c.c. - responsabilit del prestatore d'opera - considerato applicabile per la responsabilit medica, Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficolt, il prestatore d'opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave, la giurisprudenza ha anche chiarito una diversa distribuzione dellonere della prova, nel caso in cui sia stato, appunto, effettuato un intervento di speciale difficolt. In particolare, secondo la decisione della Cass. Sez. III, sent. n. 1127 del 4 febbraio 1998, Nel giudizio avente ad oggetto l'accertamento della responsabilit del medico chirurgo per linfelice esito di un intervento chirurgico, l'onere della prova si riparte tra attore e convenuto a seconda della natura dell'intervento effettuato, e precisamente: a) nel caso di intervento di difficile esecuzione, il medico ha lonere di provare soltanto la natura complessa delloperazione, mentre il paziente ha lonere di provare quali siano state le modalit di esecuzione ritenute inidonee; b) nel caso di intervento di facile o routinaria esecuzione, invece, il paziente ha il solo onere di provare la natura routinaria dellintervento, mentre sar il medico, se vuole andare esente da responsabilit, a dover dimostrare che lesito negativo non ascrivibile alla propria negligenza od imperizia. Una sola precisazione per la responsabilit dei medici dipendenti di strutture sanitarie pubbliche. Si cercato di applicare, nei loro confronti, una sorta di limitazione della responsabilit, espressamente prevista dagli artt. 22 e 23 del D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3 con riguardo alla responsabilit degli impiegati civili dello Stato per gli atti compiuti in violazione dei diritti dei cittadini. Come noto, in virt delle disposizioni ora richiamate, e in attuazione dell'art. 28 cost., secondo cui I funzionari e dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili ed amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilit civile si estende allo Stato e agli enti pubblici, stata regolamentata la responsabilit dei funzionari pubblici per atti compiuti in violazione dei diritti dei cittadini; la responsabilit dellimpiegato verso i terzi - in concorso o meno con la pubblica amministrazione - stata limitata alle violazioni dei diritti dei terzi commesse con dolo o colpa grave. Con riferimento, per, allattivit medica, la giurisprudenza ha pi volte chiarito che la responsabilit diretta dell'ente e quella del medico, inserito organicamente nella organizzazione del servizio, sono disciplinate in via analogica dalle norme che regolano la responsabilit in tema di prestazione professionale medica in esecuzione di un contratto d'opera professionale (segnatamente dalla disposizione di cui all'art. 2236 cod. civ.), senza che possa trovare applicazione nei confronti del medico la normativa prevista dagli artt. 170 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 22 e 23 del D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3 ora richiamata (cfr. Cass., Sez. III, sent. n. 2144 dell1 marzo 1988, Balestra c. Scanga; Cass., Sez. III, sent. n. 5939 del 27 maggio 1993, Panfili c. Boghi; Cass., Sez. III, sent. n. 4152 del 11 aprile 1995, Bossi c. Marconi). La responsabilit dell'ente pubblico gestore del servizio sanitario diretta, essendo riferibile all'ente, per il principio della immedesimazione organica, l'operato del medico suo dipendente, inserito nell'organizzazione del servizio, che con il suo operato, nell'esecuzione non diligente della prestazione sanitaria, ha causato danno al privato che ha richiesto ed usufruito del servizio pubblico. E, per l'art. 28 cost., accanto alla responsabilit dell'ente, esiste la responsabilit del medico dipendente. Responsabilit che hanno entrambe radice nell'esecuzione non diligente della prestazione sanitaria da parte del medico dipendente, nell'ambito dell'organizzazione sanitaria. Quale deve essere il contenuto del consenso informato? E il contenuto pi ampio possibile. In particolare, la Cassazione ha precisato che il consenso deve concernere la natura dellintervento, i suoi risultati, le possibilit e probabilit del loro conseguimento, nonch la possibilit di scelte mediche di diverso tipo, ed infine il decorso post-operatorio, anche in relazione alla struttura, cos che il paziente possa eventualmente decidere di andare in unaltra struttura (cfr. Cass., Sez. III, n. 9705 del 6 ottobre 1997; Cass., Sez. III, n. 14638 del 30 luglio 2004 ha specificato che il consenso deve riguardare anche lo stato efficienza e il livello delle dotazioni della struttura sanitaria). Altre decisioni hanno anche chiarito che, nel caso in cui lequipe medica composta da molti medici, fatta salvo lobbligo di acquisizione del consenso da parte del capo-equipe, il medesimo obbligo sussiste anche per i medici responsabili di una parte rilevante (ed autonoma) della attivit medica che deve essere svolta (si pensi agli obblighi dellanestesista). Se vi sono pi medici che si alternano nella cura, attraverso vari turni di lavoro alternati, pur sempre possibile la delega. Ovviamente, in questo senso, la giurisprudenza ha escluso che possa costituire assolvimento dellobbligo di acquisizione del consenso la semplice sottoscrizione di un modello prestampato. Se sconosciuto il medico che ha effettuato la prestazione medica, pur sempre responsabile la struttura sanitaria (Cass. 24 settembre 1997 n. 9374). Ovviamente il consenso ha ad oggetto solo rischi prevedibili e non anche gli esiti anomali (Cass. 30 luglio 2004, n. 14638). Un veloce accenno alle caratteristiche che deve avere il consenso: deve essere personale: proviene cio dalla persona; IL CONTENZIOSO NAZIONALE 171 se il paziente minore o incapace: provvedono i suoi genitori o i parenti pi stretti; se soggetto incapace legalmente, il suo tutore(art. 30 e 33 Cod. deontologico); consapevole o informato: solo cos il paziente pu valutare bene cosa fare; attuale: deve sussistere in ogni momento dellattivit medica e, ovviamente, pu essere sempre revocato; manifesto: espresso o tacito purch risulti chiaro ed univoco; scritto: nei casi previsti dalla legge (emotrasfusioni, trapianti tra vivi, interruzioni di gravidanza, fecondazione assistita ); libero: scelta volontaria ed incondizionata; completo: adeguata ed esauriente informazione; gratuito: se no sarebbe nullo .; recettizio: produce effetti solo dopo che il medico lo abbia recepito; richiesto: un dovere del medico chiederlo ed ottenerlo; specifico: deve riguardare ogni singola fase del trattamento; comprensibile: reso in modo che il paziente apprenda senza difficolt..; essenziale: solo quanto sia utile e necessario conoscere ai fini del trattamento sanitario; adeguato: commisurato alla portata dellintervento o della terapia; semplificato: adeguato al livello culturale del paziente. Vorrei terminare con lesame delle ultime decisioni che hanno affrontato la questione della responsabilit del medico per omissione del consenso informato. Le decisioni penali sopra ricordate e quelle civili, che ora esamineremo, sembrano confermare che la mancanza del consenso ex se non in grado di determinare una responsabilit n penale n civile, quando non vi prova del nesso causale tra danni lamentati e lomissione del consenso. Sotto questo profilo, anzitutto opportuno richiamare una giurisprudenza, che ha comunque riconosciuto la responsabilit civile da omesso consenso, anche quando lintervento medico stato effettuato diligentemente, quindi senza colpa del medico nellesecuzione dellintervento, se la salute del paziente peggiorata (Cass. SS.UU. n. 6572/2006; Cass. n. 24742 del 28 novembre 2007; Cass. nn. 1950/1967, 1773/1981, 9705/1997 in tema di chirurgia estetica, 5444/2006, 9374/1997). Ma, in questo senso, molto interessante quanto statuito dalla recentissima decisione della Cassazione 9 febbraio 2010 n. 2847, che ha parzialmente modificato questo orientamento, precisando che, ai fini della risarcibilit dei danni lamentati, si deve, comunque, accertare, se vi sia un nesso causale tra questi pregiudizi e lomissione del consenso. Nella fattispecie esaminata dalla decisione della cassazione da ultimo ricordata, la corte d'appello di Napoli aveva dichiarato la responsabilit del medico per i danni derivanti dall'intervento effettuato in difetto del consenso 172 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 informato, nessun rilievo avendo la circostanza che l'intervento medesimo sia stato eseguito in modo corretto, "Non avendo il medico (Sbordone), sul quale incombeva lonere di provare la presenza di un consenso informato (Cass. 23/2001, n. 7027) n affermato, n tanto meno provato, di aver informato la paziente (sig.ra Salvatore) dei rischi prevedibili dellintervento e di aver ricevuto il consenso di quest'ultima, (Cass., 24 settembre 1997, n. 9374)". Ha proposto ricorso in sede di legittimit il medico. Per la parte che ci interessa, il medico ha affidato il gravame essenzialmente a due motivi di ricorso: con un primo motivo ha sostenuto che quella da omissione di consenso dovrebbe piuttosto essere considerata una responsabilit pre-contrattuale. La cassazione, ha respinto questa tesi, alla luce dellormai pacifico orientamento secondo cui lintervento stesso del medico, anche solo in funzione diagnostica, d comunque luogo allinstaurazione di un rapporto di tipo contrattuale. Ne consegue che, effettuata la diagnosi in esecuzione del contratto, lillustrazione al paziente delle conseguenze (certe o incerte che siano, purch non del tutto anomale) della terapia o dell'intervento che il medico consideri necessari o opportuni ai fini di ottenere, quante volte sia possibile, il necessario consenso del paziente all'esecuzione della prestazione terapeutica, costituisce un'obbligazione il cui adempimento deve essere provato dalla parte che l'altra affermi inadempiente, e dunque dal medico a fronte dellallegazione di inadempimento da parte del paziente. Per quanto, poi, concerne i danni risarcibili, poich stata addebitata al medico non gi una responsabilit sulle modalit di effettuazione dellintervento riconosciuto corretto ma per omissione di consenso il medico, con un altro motivo di ricorso, ha sostenuto che sarebbero risarcibili ex art. 1223 cc solo i danni collegati a tale omissione. In relazione a tale questione, la Corte ha riconosciuto che la giurisprudenza non ha mai affrontato il problema se, delle conseguenze pregiudizievoli per la salute di un intervento chirurgico necessario e correttamente eseguito, il medico debba rispondere per il solo fatto di non aver informato il paziente della possibilit che quelle conseguenze si verificassero, o se, per dirle risarcibili, deve potersi affermare che il paziente all'intervento non si sarebbe sottoposto se fosse stato informato. E vero che la Cassazione, numerose volte (cfr., ex plurimis, Cass. nn. 1950/1967, 1773/1981, 9705/1997 in tema di chirurgia estetica, 5444/2006), ha affermato che "la mancata richiesta del consenso costituisce autonoma fonte di responsabilit qualora dall intervento scaturiscano effetti lesivi, o addirittura mortali, per il paziente, per cui nessun rilievo pu avere il fatto che l'intervento medesimo sia stato eseguito in modo corretto" (cos Cass., n. 9374/1997). Ci sullimplicito rilievo che, in difetto di "consenso informato" da parte IL CONTENZIOSO NAZIONALE 173 del paziente, l'intervento terapeutico costituisce un illecito, sicch il medico risponde delle conseguenze negative che ne siano derivate quand'anche abbia correttamente eseguito quella prestazione. La Cassazione ha per osservato che, come sopra detto, non mai stato esaminato il diverso problema se - ai fini dellaccertamento della responsabilit del medico - si debba verificare (e provare) la sussistenza di un nesso causale tra mancata acquisizione di consenso consapevole e il pregiudizio lamentato. La cassazione ha cos argomentato: poich l'intervento chirurgico non sarebbe stato eseguito solo se il paziente lo avesse rifiutato, per ravvisare la sussistenza di nesso causale tra lesione del diritto allautodeterminazione del paziente (realizzatosi mediante l'omessa informazione da parte del medico) e lesione della salute per le, pure incolpevoli, conseguenze negative dell intervento (tuttavia non anomale in relazione allo sviluppo del processo causale: Cass., n. 14638/2004), deve potersi affermare che il paziente avrebbe rifiutato lintervento ove fosse stato compiutamente informato, giacch altrimenti la condotta positiva omessa dal medico (informazione, ai fini dellacquisizione di un consapevole consenso) non avrebbe comunque evitato levento (lesione della salute). Tra le diverse soluzioni possibili, la cassazione ha ritenuto corretta questa seconda, certamente pi rigorosa per ci che concerne laccertamento del nesso di causalit. Del resto il diritto all'autodeterminazione del paziente diverso ed autonomo dal diritto alla salute (Cass., n. 10741/2009 e Cass., n. 18513/2007, che ha qualificato come mutamento della causa petendi il porre a fondamento dell'azione di risarcimento danni conseguenti ad intervento chirurgico il difetto di consenso informato, dopo aver fondato tale azione sulla colpa professionale). Tale diritto rappresenta una forma di rispetto per la libert dellindividuo e un mezzo per il perseguimento dei suoi migliori interessi, che si sostanzia non solo nella facolt di scegliere tra le diverse possibilit di trattamento medico, ma altres di eventualmente rifiutare la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla, atteso il principio personalistico che anima la nostra Costituzione, la quale vede nella persona umana un valore etico in s e ne sancisce il rispetto in qualsiasi momento della sua vita e nellintegralit della sua persona, in considerazione del fascio di convinzioni etiche, religiose, culturali e filosofiche che orientano le sue determinazioni volitive (Cass., n. 21748/2007). Ed anche secondo la Corte costituzionale (sentenza n. 438 del 2008) il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, si configura come un diritto fondamentale della persona e trova fondamento nei principi espressi negli artt. 174 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 2, 13 e 32 Cost., gi ricordati. Pu, dunque, sussistere una lesione della salute, anche senza lesione del diritto di autodeterminazione, cos come pu esservi lesione di questultimo diritto, senza che vi sia una lesione della salute. Quando che la lesione del diritto di autodeterminazione assume rilievo a fini risarcitori? Tutte le volte che - questo ha chiarito la Cassazione in questa decisione del febbraio 2010 - siano configurabili conseguenze pregiudizievoli di apprezzabile gravit, se integranti un danno non patrimoniale che siano derivate dalla violazione del diritto fondamentale all'autodeterminazione in se stesso considerato (cfr., con riguardo al caso di danno patrimoniale e non patrimoniale da omessa diagnosi di feto malformato e di conseguente pregiudizio della possibilit per la madre di determinarsi a ricorrere all'interruzione volontaria della gravidanza, la recentissima Cass., n. 13 del 2010. Cos, ha pure chiarito la Cassazione, non potrebbe a priori negarsi una tutela risarcitoria a chi abbia consapevolmente rifiutato una trasfusione di sangue perch in contrasto con la propria fede religiosa (al caso dei Testimoni di Geova si sono riferite, con soluzioni sostanzialmente opposte, Cass., nn. 23676/2008 e 4211/2007), quand'anche gli si sia salvata la vita praticandogliela, giacch egli potrebbe aver preferito non vivere, piuttosto che vivere nello stato determinatosi; cos, ancora, non potrebbe in assoluto escludersi la risarcibilit del danno non patrimoniale da acuto o cronico dolore fisico (sul punto cfr. Cass., n. 23846/2008) nel caso in cui la scelta del paziente o della sua stessa vita, ma a prezzo di sofferenze fisiche che il paziente avrebbe potuto scegliere di non sopportare, sia stata effettuata senza il suo consenso, da acquisire in esito alla rappresentazione pi puntuale possibile del dolore prevedibile, col bilanciamento reso necessario dallesigenza che esso sia prospettato con modalit idonee a non ingenerare un aprioristico rifiuto dell'atto terapeutico, chirurgico o farmacologico. Allora l'informazione cui il medico tenuto in vista dell'espressione del consenso del paziente vale anche, ove il consenso sia prestato, a determinare nel paziente l'accettazione di quel che di non gradito pu avvenire. Come si diceva poco fa, il paziente che sia stato messo in questa condizione - la quale integra un momento saliente della necessaria alleanza terapeutica col medico - accetta preventivamente lesito sgradevole e, se questo si verifica, avr anche una minore propensione ad incolpare il medico. Se tuttavia lo facesse, il medico non sarebbe tenuto a risarcirgli alcun danno sotto laspetto del difetto di informazione (salva la sua possibile responsabilit per avere, per qualunque ragione, mal diagnosticato o mal suggerito o male operato; ma si tratterebbe - come s gi chiarito - di un aspetto del tutto diverso, implicante una colpa collegata allesecuzione della prestazione successiva). IL CONTENZIOSO NAZIONALE 175 Ma se il paziente non sia stato convenientemente informato, quella condizione di spirito inevitabilmente destinata a realizzarsi, ingenerando manifestazioni di turbamento di intensit ovviamente correlata alla gravit delle conseguenze verificatesi e non prospettate come possibili. Ed appunto questo il danno non patrimoniale che, nella prevalenza dei casi, costituisce l'effetto del mancato rispetto dellobbligo di informare il paziente. Condizione di risarcibilit di tale tipo di danno non patrimoniale che esso varchi la soglia della gravit delloffesa secondo i canoni delineati dalle sentenze delle Sezioni unite nn. da 26972 a 26974 del 2008, con le quali s' stabilito che il diritto deve essere inciso oltre un certo livello minimo di tollerabilit, da determinarsi dal giudice nel bilanciamento tra principio di solidariet e di tolleranza secondo il parametro costituito dalla coscienza sociale in un determinato momento storico. Non pare possibile offrire pi specifiche indicazioni. Il danno da omesso consenso informato, cos inteso, presuppone quindi l'accertamento che il paziente quel determinato intervento avrebbe rifiutato se fosse stato adeguatamente informato. Poich si tratta di responsabilit contrattuale, il relativo onere probatorio, suscettibile di essere soddisfatto anche mediante presunzioni, grava sul paziente: (a) perch la prova di nesso causale tra inadempimento e danno comunque compete alla parte che alleghi linadempimento altrui e pretenda per questo il risarcimento; (b) perch il fatto positivo da provare il rifiuto che sarebbe stato opposto dal paziente al medico; (c) perch si tratta pur sempre di stabilire in quale senso si sarebbe orientata la scelta soggettiva del paziente, sicch anche il criterio di distribuzione dell'onere probatorio in funzione della vicinanza al fatto da provare induce alla medesima conclusione; (d) perch il discostamento della scelta del paziente dalla valutazione di opportunit del medico costituisce uneventualit che non corrisponde all id quod plerumque accidit. Se, nella specie, l'intervento sarebbe stato rifiutato dalla paziente ove il medico le avesse puntualmente rappresentato le sue possibili conseguenze scrutinio che la corte d'appello ha del tutto omesso; e questo perch incorsa nellillustrato errore di diritto laddove ha ritenuto che della lesione della salute il medico dovesse rispondere per il solo difetto di un consenso consapevolmente prestato (che locuzione pi propria di quella corrente, giacch "informato non il consenso, ma deve esserlo il paziente che lo presta). La cassazione, nellannullare la sentenza della Corte di Appello ha rinviato il giudizio ad altra sezione della Corte, perch possa essere effettuato laccertamento richiesto e vedremo successivamente levoluzione che avr, sul punto, la giurisprudenza. 176 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 Vorrei chiudere con un passo della Bibbia, molto significativo del ruolo del medico e del suo rapporto con il paziente: leggiamo dal libro del SIRACIDE 38, 1-15 Onora il medico come si deve secondo il bisogno, anch'egli stato creato dal Signore. Dall'Altissimo viene la guarigione, anche dal re egli riceve doni. La scienza del medico lo fa procedere a testa alta, egli ammirato anche tra i grandi Dio ha dato agli uomini la scienza perch potessero gloriarsi delle sue meraviglie. Con esse il medico cura ed elimina il dolore e il farmacista prepara le miscele. Non verranno meno le sue opere! Da lui proviene il benessere sulla terra. Figlio, non avvilirti nella malattia, ma prega il Signore ed egli ti guarir. F poi passare il medico - il Signore ha creato anche lui - non stia lontano da te, poich ne hai bisogno. Ci sono casi in cui il successo nelle loro mani. Anch'essi pregano il Signore perch li guidi felicemente ad alleviare la malattia e a risanarla, perch il malato ritorni alla vita. Chi pecca contro il proprio creatore cada nelle mani del medico. Avv. Vincenzo Rago* Corte di Cassazione, Sez. III civile, sentenza 9 febbraio 2010 n. 2847 - Pres. Morelli, Est. Amatucci, P.M. Abbritti. (Omissis) SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1.- Nel febbraio del 1993 Sa.Lu. ag giudizialmente nei confronti di S.G., che il (omissis) la aveva sottoposta ad intervento chirurgico per cataratta asportandole il cristallino dell'occhio (*) Avvocato dello Stato. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 177 destro, e ne chiese la condanna al risarcimento dei danni per le complicanze (cheratite corneale bollosa) e le lesioni che afferm esserne conseguite. Il convenuto resistette. Con sentenza n. 2095 del 2002 il tribunale di Napoli, in esito a due consulenze tecniche d'ufficio, rigett la domanda. Escluse in particolare che, a seguito del trapianto di cornea cui l'attrice si era poi sottoposta altrove, fossero residuati esiti permanenti dalla cheratite insorta dopo l'intervento di asportazione della cataratta; ritenne che lo stesso fosse necessario e che era stato eseguito correttamente, nel rispetto delle norme proprie della scienza medica; afferm che della mancanza di "consenso informato" avrebbe dovuto dare prova la paziente e che tale prova era mancata. 2.- La corte d'appello di Napoli, decidendo con sentenza n. 242 del 2005 sul gravame della soccombente, ha riformato la sentenza sul seguente, sostanziale, testuale rilievo: "Non avendo lo S., sul quale incombeva l'onere di provare la presenza di un consenso informato (Cass., 23/2001, n. 7027) n affermato, n tanto meno provato, di aver informato la Sa. dei rischi prevedibili dell'intervento e di aver ricevuto il consenso di quest'ultima, va affermata - come richiesto dalla Sa. in primo grado, fin dal (omissis) - la responsabilit del sanitario per i danni derivanti dall'intervento effettuato in difetto di detto consenso, nessun rilievo avendo la circostanza che l'intervento medesimo sia stato eseguito in modo corretto (Cass., 24 settembre 1997, n. 9374)" (pagina 6 della sentenza). Ha poi ritenuto che "il riconoscimento della responsabilit dello S. per carenza di consenso informato comporta la condanna dello stesso al risarcimento dei danni patiti dalla Sa. per l'invalidit temporanea, per le sofferenze patite per l'insorgenza della cheratite bollosa e per le spese affrontate per il successivo trapianto corneale, necessario ad eliminare la cheratopatia"; ed ha soggiunto che "l'assenza di specifici motivi di impugnazione della sentenza del Tribunale nella parte in cui non stata riconosciuta la persistenza di una invalidit pur dopo il trapianto di cornea, determina l'inammissibilit della richiesta di risarcimento del danno biologico e per la assunta invalidit, e per il relativo danno morale" (pagina 8 della sentenza). ...omissis.... MOTIVI DELLA DECISIONE 1.- I ricorsi vanno riuniti in quanto proposti avverso la stessa sentenza. IL RICORSO PRINCIPALE (del medico). 1.1.- Il primo motivo del ricorso dello S. investe la decisione in relazione alla ripartizione dell'onere della prova in materia di consenso informato, deducendosi violazione e falsa applicazione degli artt. 1337, 2697 e 2043 c.c., per avere la corte d'appello ritenuto che la prova dell'intervenuto consenso consapevole della paziente all'intervento dovesse essere data dal medico. Si afferma che il consenso del paziente inerisce alla fase che precede il contratto di prestazione d'opera professionale: si verterebbe dunque in ipotesi di responsabilit precontrattuale che, in quanto tradizionalmente inquadrata nell'alveo della responsabilit aquiliana, governata dalla regola secondo la quale la prova del fatto illecito deve essere data dal creditore. 1.2.- Il motivo infondato alla luce dell'ormai definitivo approdo secondo il quale l'intervento stesso del medico, anche solo in funzione diagnostica, da comunque luogo all'instaurazione di un rapporto di tipo contrattuale. Ne consegue che, effettuata la diagnosi in esecuzione del contratto, l'illustrazione al paziente delle conseguenze (certe o incerte che siano, purch non del tutto anomale) della terapia o dell'intervento che il medico consideri necessari o opportuni 178 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 ai fini di ottenere, quante volte sia possibile, il necessario consenso del paziente all'esecuzione della prestazione terapeutica, costituisce un'obbligazione il cui adempimento deve essere provato dalla parte che l'altra affermi inadempiente, e dunque dal medico a fronte dell'allegazione di inadempimento da parte del paziente. 2.- Col secondo motivo denunciato ogni possibile tipo di vizio della motivazione in punto di affermata prevedibilit della patologia corneale insorta dopo l'intervento chirurgico di asportazione della cataratta, affermandosi che tale prevedibilit meramente postulata dalla corte territoriale e non supportata da argomenti idonei a contrastare le diverse conclusioni cui erano addivenuti i due consulenti tecnici. Si sostiene, mediante riferimento ai riprodotti passi delle relazioni dei due ausiliari, che il primo aveva affermato che "non vi era alcuna controindicazione all'intervento chirurgico per cataratta con inserimento del cristallino in camera posteriore" e che "l'innesto di cui sopra, oltre ad avere indicazione, era una necessit"; e che la relazione del secondo consulente, in riferimento all'intervenuto scompenso corneale con formazione di bolle, aveva ritenuto che l'evento era "non certo prevedibile, in quanto non erano stati individuati elementi di questo prodromici", del pari concludendo nel senso della necessit dell'intervento. 2.1.- Anche questa censura infondata. La conclusione della corte sulla prevedibilit della cheratite bollosa sopravvenuta all'intervento correlata all'affermazione del primo c.t.u. che la "cheratite bollosa che insorge dopo l'intervento per cataratta divenuta oggi una malattia molto diffusa", essendo i relativi casi passati dal 2 al 21,2% del 1990 (secondo un trattato di chirurgia della cornea del 1994) ed all'ulteriore, saliente rilievo che la normale bilateralit della cornea guttata dalla quale la paziente era affetta e la circostanza che il medico non ne avesse mai attestato la presenza neanche all'occhio sinistro "bench la stessa sia di facile accertamento ..., prevedendo un ulteriore intervento di cataratta all'occhio sinistro dopo 15 o 20 gg. da quello all'occhio destro, lascia ragionevolmente presumere che lo S., pur consapevole della presenza di cornea guttata ad entrambi gli occhi, abbia taciuto tale circostanza alla Sa., programmando un duplice intervento - ai due occhi distintamente - con tutte le cautele del caso, senza tuttavia informare la Sa. di una conseguenza pi che probabile dell'intervento medesimo (vedi bibliografia allegata alla produzione di parte appellante)" (cos la sentenza impugnata a pagina 7, capoverso). La conclusione logicamente coerente, sufficiente e niente affatto contraddittoria, non essendo univocamente sintomatica del vizio di cui all'art. 360 c.p.c., n. 5, la circostanza che altri passi delle relazioni di consulenza avrebbero potuto indurre a conclusioni diverse. Tanto, in relazione al principio secondo il quale la scelta delle risultanze probatorie cui conferire determinante rilievo e l'interpretazione del risultato di una complessa attivit intellettiva, quale pu essere quella demandata al c.t.u., competono al giudice del merito, che nella specie ha dato puntuale conto dei passi della relazione e delle ulteriori risultanze sui quali ha fondato il proprio convincimento. Va soggiunto che, laddove la controricorrente Sa. prospetta che, in realt, la seconda consulenza tecnica d'ufficio aveva concluso nel senso che la cornea guttata non era stata addirittura diagnosticata (pagina 5 del controricorso, in fine), evoca una possibilit che avrebbe potuto dar luogo ad una responsabilit da omessa diagnosi e da conseguente inadeguatezza della terapia chirurgica in concreto praticata; ma che, in difetto di censura da parte sua della motivazione della sentenza nella parte in cui il giudice del merito addivenuto alla conclusione opposta (il ricorso incidentale concerne un profilo del tutto diverso), non suscettibile di alcuna delibazione ulteriore, per essersi formato il giudicato sul punto. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 179 3.- Col terzo motivo la sentenza censurata per violazione e falsa applicazione dell'art. 1223 c.c., e segg., concernenti i criteri di determinazione dei danni risarcibili, e per vizio di motivazione su punti decisivi. Sulla premessa che era stata acclarata l'assenza di qualsiasi profilo di colpa professionale nell'esecuzione dell'intervento chirurgico di asportazione della cataratta, il ricorrente rileva che l'avere la corte d'appello riconosciuto il risarcimento per le "lunghe sofferenze e le enormi spese" derivate alla paziente dalla cheratite bollosa conseguita all'intervento postula che l'evento di danno ascritto all'azione dell'oculista sia appunto la cheratite bollosa; mentre, essendo stata al medico ascritta esclusivamente la violazione del suo obbligo d'informazione, non le conseguenze della lesione del diritto alla salute potevano venire in considerazione ai fini risarcitori, ma solo quelle connesse alla lesione del diverso ed autonomo diritto alla libera e consapevole autodeterminazione del paziente "sul se sottoporsi o meno all'intervento (artt. 2 e 13 Cost., art. 32 Cost., comma 2)", peraltro ritenuto necessario in relazione alle condizioni della paziente. Per addossare al medico le conseguenze negative dell'intervento, necessario e correttamente eseguito, sarebbe occorso addivenire alla conclusione che la paziente non vi si sarebbe sottoposta se fosse stata adeguatamente informata, non potendosi altrimenti affermare la sussistenza di nesso di causalit tra la violazione (omessa informazione) e il bene giuridico che si assume leso (la salute). Ma tale indagine non era stata compiuta; se lo fosse stata - conclude il ricorrente - la indiscutibile necessit dell'intervento avrebbe univocamente indotto la corte d'appello alla conclusione che ad esso la paziente si sarebbe sottoposta quand'anche fosse stata adeguatamente informata. 3.1.- Il problema che si pone il seguente: a) se delle conseguenze pregiudizievoli per la salute di un intervento chirurgico necessario e correttamente eseguito il medico debba rispondere per il solo fatto di non aver informato il paziente della possibilit che quelle conseguenze si verificassero; b) o se, per dirle risarcibili, deve potersi affermare che il paziente all'intervento non si sarebbe sottoposto se fosse stato informato. Effettivamente questa corte, con la sentenza citata nella sentenza impugnata e con numerose altre decisioni (cfr., ex plurimis, Cass., nn. 1950/1967, 1773/1981, 9705/1997 in tema di chirurgia estetica, 5444/2006), ha affermato che "la mancata richiesta del consenso costituisce autonoma fonte di responsabilit qualora dall'intervento scaturiscano effetti lesivi, o addirittura mortali, per il paziente, per cui nessun rilievo pu avere il fatto che l'intervento medesimo sia stato eseguito in modo corretto" (cos Cass., n. 9374/1997). Ci sull'implicito rilievo che, in difetto di "consenso informato" da parte del paziente, l'intervento terapeutico costituisce un illecito, sicch il medico risponde delle conseguenze negative che ne siano derivate quand'anche abbia correttamente eseguito quella prestazione. Non risulta per scrutinato ex professo il problema specifico che ora si pone: se cio, perch il medico risponda del danno alla salute, occorre che sussista nesso causale tra mancata acquisizione di consenso consapevole e quel tipo di pregiudizio. N tanto meno, ovviamente, stato mai affermato che dal nesso causale possa prescindersi (anzi, vi stato fatto esplicito riferimento da numerose altre decisioni, fra le quali Cass., n. 14638/2004 e, da ultimo, Cass., n. 10741/2009). Ora, la sussistenza di nesso eziologico non va indagata solo in relazione al rapporto di consequenzialit tra intervento terapeutico (necessario e correttamente eseguito) e pregiudizio della salute, che addirittura scontato e che costituisce il presupposto stesso del problema che s' 180 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 sopra sintetizzato, il quale neppure sorgerebbe se il pregiudizio della salute non fosse conseguenza dell'intervento. La sussistenza di quel nesso va verificata in relazione al rapporto tra attivit omissiva del medico per non aver informato il paziente ed esecuzione dell'intervento. La riduzione del problema al rilievo che, essendo illecita l'attivit medica espletata senza consenso, per ci stesso il medico debba rispondere delle conseguenze negative subite dal paziente che il consenso informato non abbia prestato, costituirebbe una semplificazione priva del necessario riguardo all'unitariet del rapporto ed al reale atteggiarsi della questione, la quale non attiene tanto alla liceit dell'intervento del medico (che solo una qualificazione successiva), ma che nasce dalla violazione del diritto all'autodeterminazione del paziente, essendo al medico anzitutto imputabile di non averlo adeguatamente informato per acquisirne il preventivo, consapevole consenso. Che, se lo avesse fatto ed all'esecuzione dell'intervento (con le modalit rappresentategli) il paziente avesse in ipotesi acconsentito, sarebbe palese l'insussistenza di nesso di causalit materiale tra il comportamento omissivo del medico e la lesione della salute del paziente, perch quella lesione egli avrebbe in ogni caso subito. Rispetto alle conseguenze su tale piano pregiudizievoli occorre allora domandarsi, come in ogni valutazione controfattuale ipotetica, se la condotta omessa avrebbe evitato l'evento ove fosse stata tenuta: se, cio, l'adempimento da parte del medico dei suoi doveri informativi avrebbe prodotto l'effetto della non esecuzione dell'intervento chirurgico dal quale, senza colpa di alcuno, lo stato patologico poi derivato. E poich l'intervento chirurgico non sarebbe stato eseguito solo se il paziente lo avesse rifiutato, per ravvisare la sussistenza di nesso causale tra lesione del diritto all'autodeterminazione del paziente (realizzatosi mediante l'omessa informazione da parte del medico) e lesione della salute per le, pure incolpevoli, conseguenze negative dell'intervento (tuttavia non anomale in relazione allo sviluppo del processo causale: Cass., n. 14638/2004), deve potersi affermare che il paziente avrebbe rifiutato l'intervento ove fosse stato compiutamente informato, giacch altrimenti la condotta positiva omessa dal medico (informazione, ai fini dell'acquisizione di un consapevole consenso) non avrebbe comunque evitato l'evento (lesione della salute). Tra le due sopra prospettate, la soluzione corretta in diritto dunque la seconda. 3.2.- Il diritto all'autodeterminazione , del resto, diverso dal diritto alla salute (Cass., n. 10741/2009 e Cass., n. 18513/2007, che ha qualificato come mutamento della causa petendi il porre a fondamento dell'azione di risarcimento danni conseguenti ad intervento chirurgico il difetto di consenso informato, dopo aver fondato tale azione sulla colpa professionale). Esso rappresenta, ad un tempo, una forma di rispetto per la libert dell'individuo e un mezzo per il perseguimento dei suoi migliori interessi, che si sostanzia non solo nella facolt di scegliere tra le diverse possibilit di trattamento medico, ma altres di eventualmente rifiutare la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla, atteso il principio personalistico che anima la nostra Costituzione, la quale vede nella persona umana un valore etico in s e ne sancisce il rispetto in qualsiasi momento della sua vita e nell'integralit della sua persona, in considerazione del fascio di convinzioni etiche, religiose, culturali e filosofiche che orientano le sue determinazioni volitive (Cass., n. 21748/2007). Secondo la definizione della Corte costituzionale (sentenza n. 438 del 2008, sub. n. 4 del "Considerato in diritto") il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, si configura quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi nell'art. 2 Cost., che ne tutela e promuove i diritti fondamentali, e negli artt. 13 e 32 Cost., i quali stabiliscono rispettivamente che "la libert personale inviolabile" e che "nessuno pu essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposi- IL CONTENZIOSO NAZIONALE 181 zione di legge". Afferma ancora la Consulta che numerose norme internazionali (che qui superfluo richiamare ancora una volta) prevedono esplicitamente la necessit del consenso informato del paziente nell'ambito dei trattamenti medici. La diversit tra i due diritti resa assolutamente palese dalle elementari considerazioni che, pur sussistendo il consenso consapevole, ben pu configurarsi responsabilit da lesione della salute se la prestazione terapeutica sia tuttavia inadeguatamente eseguita; e che la lesione del diritto all'autodeterminazione non necessariamente comporta la lesione della salute, come accade quando manchi il consenso ma l'intervento terapeutico sortisca un esito assolutamente positivo ( la fattispecie cui ha avuto riguardo Cass. pen., sez. un., n. 2437 del 2009, concludendo per l'inconfigurabilit del delitto di violenza privata). Nel primo caso il consenso prestato dal paziente irrilevante, poich la lesione della salute si ricollega causalmente alla colposa condotta del medico nell'esecuzione della prestazione terapeutica, inesattamente adempiuta dopo la diagnosi. Nel secondo, la mancanza di consenso pu assumere rilievo a fini risarcitori, bench non sussista lesione della salute (cfr. Cass., nn. 2468/2009) o se la lesione della salute non sia causalmente collegabile alla lesione di quel diritto, quante volte siano configurabili conseguenze pregiudizievoli (di apprezzabile gravit, se integranti un danno non patrimoniale) che siano derivate dalla violazione del diritto fondamentale all'autodeterminazione in se stesso considerato (cfr., con riguardo al caso di danno patrimoniale e non patrimoniale da omessa diagnosi di feto malformato e di conseguente pregiudizio della possibilit per la madre di determinarsi a ricorrere all'interruzione volontaria della gravidanza, la recentissima Cass., n. 13 del 2010 e le ulteriori sentenze ivi richiamate). Viene anzitutto in rilievo il caso in cui alla prestazione terapeutica conseguano pregiudizi che il paziente avrebbe alternativamente preferito sopportare nell'ambito di scelte che solo a lui dato di compere. Non sarebbe utile a contrastare tale conclusione il riferimento alla prevalenza del bene "vita" o del bene "salute" rispetto ad altri possibili interessi, giacch una valutazione comparativa degli interessi assume rilievo nell'ambito del diritto quando soggetti diversi siano titolari di interessi configgenti e sia dunque necessario, in funzione del raggiungimento del fine perseguito, stabilire quale debba prevalere e quale debba rispettivamente recedere o comunque rimanere privo di tutela; un "conflitto" regolabile ab externo , invece, escluso in radice dalla titolarit di pur contrastanti interessi in capo allo stesso soggetto, al quale soltanto, se capace, compete la scelta di quale tutelare e quale sacrificare. Cos, a titolo meramente esemplificativo, non potrebbe a priori negarsi tutela risarcitoria a chi abbia consapevolmente rifiutato una trasfusione di sangue perch in contrasto con la propria fede religiosa (al caso dei Testimoni di Geova si sono riferite, con soluzioni sostanzialmente opposte, Cass., nn. 23676/2008 e 4211/2007), quand'anche gli si sia salvata la vita praticandogliela, giacch egli potrebbe aver preferito non vivere, piuttosto che vivere nello stato determinatosi; cos, ancora, non potrebbe in assoluto escludersi la risarcibilit del danno non patrimoniale da acuto o cronico dolore fisico (sul punto cfr. Cass., n. 23846/2008) nel caso in cui la scelta del medico di privilegiare la tutela dell'integrit fisica del paziente o della sua stessa vita, ma a prezzo di sofferenze fisiche che il paziente avrebbe potuto scegliere di non sopportare, sia stata effettuata senza il suo consenso, da acquisire in esito alla rappresentazione pi puntuale possibile del dolore prevedibile, col bilanciamento reso necessario dall'esigenza che esso sa prospettato con modalit idonee a non ingenerare un aprioristico rifiuto dell'atto terapeutico, chirurgico o farmacologico. E nello stesso ambito dovrebbe inquadrarsi 182 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 il diritto al risarcimento per la lesione derivata da un atto terapeutico che abbia salvaguardato la salute in un campo a discapito di un secondario pregiudizio sotto altro pure apprezzabile aspetto, che non sia stato tuttavia adeguatamente prospettato in funzione di una scelta consapevole del paziente, che la avrebbe in ipotesi compiuta in senso difforme da quello privilegiato dal medico. Viene, in secondo luogo, in rilievo la considerazione del turbamento e della sofferenza che deriva al paziente sottoposto ad atto terapeutico dal verificarsi di conseguenze del tutto inaspettate perch non prospettate e, anche per questo, pi difficilmente accettate. L'informazione cui il medico tenuto in vista dell'espressione del consenso del paziente vale anche, ove il consenso sia prestato, a determinare nel paziente l'accettazione di quel che di non gradito pu avvenire, in una sorta di condivisione della stessa speranza del medico che tutto vada bene; e che non si verifichi quanto di male potrebbe capitare, perch inevitabile. Il paziente che sia stato messo in questa condizione - la quale integra un momento saliente della necessaria "alleanza terapeutica" col medico - accetta preventivamente l'esito sgradevole e, se questo si verifica, avr anche una minore propensione ad incolpare il medico. Se tuttavia lo facesse, il medico non sarebbe tenuto a risarcirgli alcun danno sotto l'aspetto del difetto di informazione (salva la sua possibile responsabilit per avere, per qualunque ragione, mal diagnosticato o mal suggerito o male operato; ma si tratterebbe - come si gi chiarito - di un aspetto del tutto diverso, implicante una "colpa" collegata all'esecuzione della prestazione successiva). Ma se il paziente non sia stato convenientemente informato, quella condizione di spirito inevitabilmente destinata a realizzarsi, ingenerando manifestazioni di turbamento di intensit ovviamente correlata alla gravit delle conseguente verificatesi e non prospettate come possibili. Ed appunto questo il danno non patrimoniale che, nella prevalenza dei casi, costituisce l'effetto del mancato rispetto dell'obbligo di informare il paziente. Condizione di risarcibilit di tale tipo di danno non patrimoniale che esso varchi la soglia della gravit dell'offesa secondo i canoni delineati dalle sentenze delle Sezioni unite nn. da 26972 a 26974 del 2008, con le quali s' stabilito che il diritto deve essere inciso oltre un certo livello minimo di tollerabilit, da determinarsi dal giudice nel bilanciamento tra principio di solidariet e di tolleranza secondo il parametro costituito dalla coscienza sociale in un determinato momento storico. Non pare possibile offrire pi specifiche indicazioni. Anche in caso di sola violazione del diritto all'autodeterminazione, pur senza correlativa lesione del diritto alla salute ricollegabile a quella violazione per essere stato l'intervento terapeutico necessario e correttamente eseguito, pu dunque sussistere uno spazio risarcitorio; mentre la risarcibilit del danno da lesione della salute che si verifichi per le non imprevedibili conseguenze dell'atto terapeutico necessario e correttamente eseguito secundum legem artis, ma tuttavia effettuato senza la preventiva informazione del paziente circa i suoi possibili effetti pregiudizievoli e dunque senza un consenso consapevolmente prestato, necessariamente presuppone l'accertamento che il paziente quel determinato intervento avrebbe rifiutato se fosse stato adeguatamente informato. 3.3.- Il relativo onere probatorio, suscettibile di essere soddisfatto anche mediante presunzioni, grava sul paziente: (a) perch la prova di nesso causale tra inadempimento e danno comunque compete alla parte che alleghi l'inadempimento altrui e pretenda per questo il risarcimento; (b) perch il fatto positivo da provare il rifiuto che sarebbe stato opposto dal paziente al medico; (c) perch si tratta pur sempre di stabilire in quale senso si sarebbe orientata la scelta soggettiva del paziente, sicch anche il criterio di distribuzione dell'onere probatorio in fun- IL CONTENZIOSO NAZIONALE 183 zione della "vicinanza" al fatto da provare induce alla medesima conclusione; (d) perch il discostamento della scelta del paziente dalla valutazione di opportunit del medico costituisce un'eventualit che non corrisponde all'id quod plerumque accidit. 3.4.- Se, nella specie, l'intervento sarebbe stato rifiutato dalla paziente ove il medico le avesse puntualmente rappresentato le sue possibili conseguenze scrutinio che la corte d'appello ha del tutto omesso; e questo perch incorsa nell'illustrato errore di diritto laddove ha ritenuto che della lesione della salute il medico dovesse rispondere per il solo difetto di un consenso consapevolmente prestato (che locuzione pi propria di quella corrente, giacch "informato" non il consenso, ma deve esserlo il paziente che lo presta). Il motivo conclusivamente fondato nella parte in cui prospettata violazione di legge. Non anche nella parte in cui denunciato vizio della motivazione, essendo stato l'apprezzamento di fatto sulle ipotetiche determinazioni della paziente precluso dalla assorbente (bench erronea) soluzione in diritto adottata. 4.- Col quarto motivo (erroneamente indicato anch'esso come terzo a pagina 19 del ricorso) dedotta violazione e falsa applicazione dell'art. 185 c.p. e art. 1223 c.c., e segg., in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, nella parte in cui la corte d'appello ha liquidato, in aggiunta alle altre voci di danno (biologico da invalidit temporanea e patrimoniale), anche "il danno morale, tenuto conto delle sofferenze patite a seguito dell'insorgenza della cheratite bollosa e del successivo intervento chirurgico". Si afferma, sotto un primo profilo, che il danno morale soggettivo pu essere riconosciuto solo in presenza di una figura di reato, nella specie insussistente. E si sostiene, sotto altro profilo, che l'assenza di nesso causale tra violazione del dovere di informazione e cheratite bollosa insorta dopo l'intervento, cui erano collegate le sofferenze patite dalla paziente, avrebbe imposto la soluzione opposta per le medesime ragioni indicate nel terzo motivo di ricorso. 4.1.- Il primo profilo di censura infondato alla luce del principio secondo il quale la violazione di un diritto fondamentale della persona, qual quello all'autodeterminazione in ordine alla tutela per via terapeutica della propria salute, comporta la risarcibilit di ogni tipo di pregiudizio non patrimoniale che ne sia causalmente derivato (Cass., Sez. un., nn. 26972, 26973 e 26974 del 2008, cui s' allineata la giurisprudenza successiva). Il secondo profilo invece fondato per le ragioni gi esposte in sede di esame del terzo motivo di ricorso, avendo la corte liquidato il danno morale soggettivo in esclusiva correlazione al ravvisato pregiudizio della salute, considerato risarcibile per una ragione errata in diritto. ... omissis... P.Q.M. LA CORTE DI CASSAZIONE riunisce i ricorsi, rigetta il primo ed il secondo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale, accoglie per quanto di ragione il terzo ed il quarto motivo del ricorso principale, cassa in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimit, alla corte d'appello di Napoli in diversa composizione. Cos deciso in Roma, il 12 gennaio 2010. 184 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 Corte di Cassazione, Sez. III civile, sentenza 4 gennaio 2010 n. 13 - Pres. Morelli, Rel. Filadoro, P.M. Apice. (Omissis) SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con sentenza 28 ottobre 2004 - 25 gennaio 2005 la Corte di Appello di Perugia, accoglieva in parte l'appello proposto da U.L.U. e A.R. avverso la decisione del Tribunale di Spoleto del 25 settembre 1997, condannando la ASL n.(omissis) al pagamento della somma di Euro 400.000,00 ciascuno con interessi legali, a titolo di risarcimento dei danni dagli stessi subiti in dipendenza della tardiva diagnosi di una malformazione fetale della propria figlia S., nata con agenesia totale di un arto inferiore e focomelia dell'altro. In pratica i coniugi avevano rivendicato il loro diritto ad una procreazione cosciente e responsabile. Secondo gli stessi la L. n. 194 del 1978, art. 4, che riconosce alla madre la facolt di ricorrere alla interruzione volontaria della gravidanza entro 90 giorni nel caso di anomalie o malformazione del concepito, attribuirebbe ai genitori un legittimo diritto di scelta "circa il diventare madre di un minore con problemi fisici, oppure rinunciare per motivi di ordine personale". La domanda proposta dai coniugi U.L. e A. nei confronti del medico ginecologo, prof. Ar., il radiologo Dott. Z. e la ASL n.(omissis) era stata rigettata dal Tribunale. I giudici di appello hanno ricostruito nel modo seguente i fatti di causa, sulla base delle testimonianze rese, della consulenza tecnica di ufficio disposta in grado di appello e della documentazione versata nel giudizio di primo grado: - la A. era stata ricoverata all'ottava settimana di gravidanza dal'(omissis) presso l'Ospedale civile di (omissis), nel reparto diretto dal prof. Ar.; - in quella occasione, la patologia dalla quale era affetto il feto non era in alcun modo riscontrabile attraverso l'indagine ecografica eseguita (secondo quanto accertato dal c.t.u.): - il prof. Ar. aveva visitato la A. nei primi giorni dell'(omissis) e le aveva prescritto una ecografia da eseguire nel pi breve tempo possibile; - l'esame ecografico era stato fissato dalla struttura ospedaliera al (omissis); - eseguita l'ecografia, la stessa non aveva rivelato la patologia da cui il feto era affetto; - la diagnosi di malformazione era stata effettuata a seguito della successiva ecografia, effettuata il (omissis); - il (omissis) era nata la bambina, affetta da agenesia all'arto inferiore destro e focomelia all'arto inferiore sinistro. La Corte territoriale ha escluso qualsiasi responsabilit del prof. Ar.. Questi, infatti, aveva prescritto l'ecografia con ragionevole anticipo e se la stessa fosse stata eseguita tra la ventesima e la ventiduesima settimana (come previsto dall'apposito protocollo) e con adeguata perizia, non si sarebbe verificato alcun errore diagnostico. I giudici di appello hanno, parimenti, escluso una responsabilit del medico radiologo, osservando che lo stesso era assente nel giorno in cui era stato effettuato l'esame ecografico. Tanto premesso, riformando sul punto la decisione di primo grado, i giudici di appello hanno rilevato che la responsabilit della tardiva diagnosi della malformazione doveva essere attribuita alla ASL di (omissis), da cui dipendeva l'ospedale presso il quale era stata eseguita l'ecografia del (omissis). La Corte territoriale ha richiamato la giurisprudenza di questa Corte, per a quale la relazione che si instaura tra la struttura sanitaria ed il paziente da luogo ad un rapporto di tipo contrat- IL CONTENZIOSO NAZIONALE 185 tuale, quand'anche fondato sul solo contatto sociale, sicch in base alla regola prevista dall'art. 1218 c.c., il paziente ha l'onere di allegare la inesattezza dell'inadempimento e non, invece, la colpa n tanto meno la sua gravit - da parte della struttura sanitaria, mentre spetta alla controparte la dimostrazione della non imputabilit dell'inadempimento. Il punto fermo dal quale occorreva partire, dunque, era che la ASL risponde della prestazione fornita a titolo di inadempimento contrattuale. La coppia U.L.- A. era rimasta vittima di un duplice inadempimento: una disfunzione organizzativo - strutturale senz'altro comune, ma non per questo tollerabile, ed un errore professionale colossale. Sotto il primo aspetto, occorreva rilevare che la ecografia richiesta dal ginecologo avrebbe dovuto effettuata, nell'osservanza dei parametri comunemente accettati, indicati anche nella consulenza tecnica, dalla ventesima alla ventiduesima settimana, mentre era stata effettuata - anche se richiesta tempestivamente in data (omissis), come risultava dalla documentazione in atti - solo il (omissis) ossia intorno alla ventottesima settimana, dunque con un ritardo di circa due mesi sul dovuto. Inoltre la ecografia del gennaio 1990 era stata male interpretata. Non poteva dubitarsi - ha proseguito la Corte dell'errore professionale consistito nel non aver diagnosticato la gravissima patologia dalla quale il feto era affetto. Infatti, il consulente tecnico di ufficio aveva chiaramente affermato che la patologia dalla quale alla nascita era affetta la figlia degli originari attori era certamente evidenziatale ecograficamente anche con gli apparecchi di cui si disponeva a la fine degli anni (omissis) attraverso una ecografia morfologica eseguita tra la ventesima e le ventiduesima settimana. "Operando con una normale diligenza ed utilizzando la strumentazione dell'epoca, un ecografista non gi eccellente, ma neppure completamente negligente, un medio ecografista, insomma, avrebbe dovuto saper vedere". Una volta fallita la tempestiva diagnosi, la donna aveva perso la possibilit di seguire la strada della interruzione volontaria della gravidanza. I giudici di appello osservavano che gli attori non potevano fornire la prova che avrebbero fatto effettivamente questa ultima scelta. Il momento era oramai trascorso e nessuno poteva dunque dire se i coniugi avrebbero scelto la soluzione della interruzione della gravidanza. A nulla rilevava, poi, che la diagnosi corretta di malformazione fetale fosse stata fatta il (omissis), a quel punto si era oramai all'ingresso del nono mese di gravidanza ed era difficile negare che il feto avesse possibilit di vita autonoma, preclusiva della interruzione volontaria di gravidanza. Tanto premesso, la Corte territoriale procedeva alla liquidazione dei danni nella misura di L. 400.000 mensili fino all'et di trenta anni, a titolo di danno patrimoniale, per le spese occorrenti per il mantenimento della bambina fino al momento del raggiungimento della autonomia economia da parte sua. Procedeva poi alla liquidazione del danno morale soggettivo che liquidava per ciascun coniuge in Euro 30.000,00. Quanto al danno esistenziale, la stessa Corte riconosceva la somma di Euro 200.000,00 per ciascun coniuge, liquidata alla attualit. Infine, a titolo di lucro cessante, in via equitativa i giudici di appello riconoscevano l'ulteriore importo di 100.000,00 (per un totale di 400.000,00 per ciascuno dei coniugi). Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la Gestione liquidatoria della Asl N.(omissis), con cinque motivi di ricorso. Resistono con controricorso U.L.U. e A.R., proponendo a loro volta ricorso incidentale, cui 186 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 resistono Ar.Lu. e Ar.An. con controricorso. Altro ricorso stato proposto dalla Azienda Unit sanitaria locale n. (omissis) (n. 1277 del 2006), cui resistono con controricorso e ricorso incidentale i coniugi L.U. - A. e la Gestione liquidatoria unit sanitaria locale di (omissis) in persona del Commissario liquidatore. La Azienda Unitaria sanitaria locale n.(omissis) e la Gestione liquidatoria Unit sanitaria locale di (omissis) hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE ...omissis... 3.2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1218 c.c., insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5). I giudici di appello avevano ritenuto che l'inadempimento imputabile all'Ospedale di (omissis) fosse consistito non solo nella mancata diagnosi di malformazioni fetali al momento della esecuzione dell'ecografia del (omissis), ma anche nella ritardata effettuazione di tale esame. Si tratterebbe, secondo la Gestione ricorrente, di un rimprovero del tutto ingiustificato, in quanto basato su una ricostruzione dei fatti chiaramente contraddetta da tutte le risultanze istruttorie, acquisite al processo. Nessun inadempimento o ritardo nell'adempimento era imputabile all'Ospedale di (omissis) e dunque alla USL, in conseguenza del ritardo nella effettuazione della (seconda) ecografia del (omissis). Infatti, ricorda la ricorrente, sin all'atto introduttivo del giudizio di secondo grado, gli appellanti avevano dichiarato che non vi era "prescrizione con carattere di urgenza dell'esame ecografico del (omissis)" ed avevano imputato la responsabilit di tale omissione al prof. Ar., in tal modo escludendo qualsiasi ritardo nella esecuzione della ecografa, imputabile alla ASL. Il motivo, cos articolato, non per pertinente, perch non coglie, sul punto, la ratio assorbente del decisum. A tenore della quale costituiva circostanza del tutto irrilevante che la richiesta di ecografia avanzata dal consultorio di Bastardo contenesse - o meno - la indicazione della urgenza dell'esame. I giudici di appello hanno sottolineato che esistendo un normale protocollo, alla stregua del quale la ed, ecografia "morfologica" doveva essere effettuata dalla ventesima alla ventiduesima settimana (secondo quanto chiarito dal c.t.u.) essa avrebbe dovuto essere disposta entro quell'arco temporale non gi per la allegazione di specifiche ragioni di urgenza, ma per le caratteristiche proprie dell'esame da compiere. In ordine a tale punto della decisione non stata sollevata alcuna censura da parte della ricorrente. E, sotto altro profilo, la Corte territoriale ha, del resto, precisato che la ASL non aveva affatto dimostrato - come pure sarebbe stato suo preciso onere - di non aver potuto effettuare in precedenza l'esame ecografico richiesto per la indisponibilit di mezzi. 3.3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1218, 2043 e 2697 c.c., L. 22 maggio 1978, n. 194, artt. 6 e 7, nonch insufficiente o contraddittoria motivazione su fatti decisivi della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5). Al momento della ecografia del (omissis), la A. era ben oltre il 90^ giorno e dunque la scelta abortiva non poteva considerarsi affidata alla libera autodeterminazione della donna, ma al preventivo accertamento di specifiche e rigorose condizioni (la interruzione della gravidanza pu essere praticata solo: a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna, ovvero, b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la IL CONTENZIOSO NAZIONALE 187 salute fisica o psichica della donna). Quando sussiste la possibilit di vita autonoma del feto, la interruzione della gravidanza pu essere praticata solo nel caso di cui all'art. 6, lett. a), e il medico che esegue l'intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto. La sentenza della Corte perugina si basava su alcune considerazioni del tutto astratte e disancorate dal caso concreto, finendo dunque per introdurre un inammissibile automatismo tra la presenza delle malformazioni e il danno grave alla salute. Nel caso di specie, rileva ancora la ricorrente, alla A. non era stato riscontrato alcun processo patologico in grado di determinare grave pericolo per la sua salute, n al momento in cui la stessa venne a conoscenza delle malformazioni della figlia ((OMISSIS)) n successivamente al parto, tanto che la stessa Corte territoriale non aveva riconosciuto alla stessa l'esistenza di un danno biologico. Da censurare era, infine, il ragionamento attraverso il quale i giudici di appello erano giunti alla conclusione che in ogni caso il feto, ne caso di specie, non avesse possibilit di vita autonoma. Contrariamente a quanto sostenuto nella sentenza impugnata, al momento della esecuzione della ecografia del (omissis), l' A. era oramai al settimo mese di gravidanza, con la conseguenza che il feto aveva raggiunto quel grado di maturit che gli avrebbe consentito di mantenersi in vita e di completare il suo processo di formazione anche fuori del grembo materno. Anche questo motivo, per, privo di fondamento. La L. n. 194 del 1978, dispone che dopo i primi novanta giorni l'interruzione volontaria della gravidanza pu essere praticata: a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna (art. 6 lett. a) - in questo caso e solo in questo l'interruzione pu essere praticata anche se sussiste la possibilit di vita autonoma del feto, ma allora il medico che esegue l'intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardarla (art. 7, comma 3); b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del feto, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna - ma, come si visto, qui l'interruzione non pu essere praticata, se per il feto sussiste la possibilit di vita autonoma. Il giudice di primo grado, dopo aver considerato che durante la gravidanza non s'era mai presentato per la gestante alcun pericolo, ha anche escluso che la nascita del figlio malformato avesse determinato nella madre l'insorgere di gravi processi patologici capaci di metterne in pericolo la vita. Il Tribunale ha rilevato che "il disporre oggi ... una consulenza tecnica diretta ad accertare se vi sia stato un pregiudizi o del tipo detto e se questo potesse essere in tutto o in parte evitato con una informazione trasmessa circa tre mesi prima dal parto (anzich uno soltanto) significherebbe fare opera soltanto esplorativa con scarsissime possibilit di apprezzabile successo". La Corte d'appello ha ritenuto di non poter seguire le considerazioni svolte dal giudice di primo grado ed ha osservato come la legge stessa (art. 6 cit.) preveda che "rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro" possano gravemente influire sulla salute psichica della donna ed ha concluso che nella specie doveva indubbiamente riconoscersi - con un giudizio da formularsi nella prospettiva di prognosi postuma - altamente probabile che la conoscenza della gravissima patologia dalla quale il feto era affetto, nel periodo ricompreso tra la ventesima e la ventiduesima settimana, o tutt'al pi, alla data del (omissis), avrebbe determinato il pericolo di una reazione depressiva e, dunque, avrebbe posto a repentaglio la salute psichica della 188 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 donna. E che la stessa avrebbe ottenuto il consenso medico alla interruzione della gravidanza, qualora fosse stata correttamente informata dal professionista sulle malformazioni del feto. Siccome il grave pericolo per la salute, non per la vita della donna, pu interessare anche solo la sua salute psichica e siccome questo pericolo pu derivare da un processo patologico innescato dal fatto di sapere che il figlio da lei concepito presenta, e perci nascerebbe, con rilevanti anomalie o malformazioni, inerisce alla situazione descritta che la donna conosca tale condizione del nascituro. Per cui - come del resto questa Corte ha gi avvertito nella sentenza 1 dicembre 1998 n. 12195 e 10 maggio 2002 n. 6735 - quante volte si tratta di stabilire non se la donna possa esercitare il suo diritto di interrompere la gravidanza, ma cosa la stessa avrebbe deciso ove fosse stata convenientemente informata sulle condizioni del nascituro, non si deve gi accertare se in lei si sia instaurato un processo patologico capace di evolvere in grave pericolo per la sua salute psichica, ma se la dovuta informazione sulle condizioni del feto avrebbe potuto determinare durante la gravidanza l'insorgere di un tale processo patologico. In tal modo i giudici di appello hanno tenuto conto di quanto affermato in casi analoghi dalla giurisprudenza di questa Corte: "L'omessa rilevazione, da parte del medico specialista, della presenza di gravi malformazioni nel feto, e la correlativa mancata comunicazione di tale dato alla gestante, deve ritenersi circostanza idonea a porsi in rapporto di causalit con il mancato esercizio, da parte della donna, della facolt di interrompere la gravidanza, in quanto deve ritenersi rispondente ad un criterio di regolarit causale che la donna, ove adeguatamente tempestivamente informata della presenza di una malformazione atta ad incidere sulla estrinsecazione della personalit del nascituro, preferisca non portare a termine la gravidanza" (Cass. 21 giugno 2004 n. 11488). La ricorrente censura questa parte della decisione, rilevando che al momento della seconda ecografia del (omissis), in ogni caso, il feto aveva gi vita autonoma e dunque la A. non avrebbe in ogni caso potuto interrompere la gravidanza. Entrambe queste argomentazioni sono state confutate dalla Corte territoriale. Con accertamento che sfugge a qualsias censura, i giudici di appello hanno negato - sulla base del quadro probatorio disponibile nel giudizio - che anche alla data del (omissis) (ma la ecografia avrebbe dovuto essere eseguita tra la ventesima e la ventiduesima settimana) il feto avesse possibilit di vita autonoma. In tal modo, i giudici di appello hanno dimostrato di conoscere e condividere l'insegnamento di questa Corte, secondo il quale: "Per possibilit di vita autonoma del feto si intende quel grado di maturit del feto che gli consentirebbe, una volta estratto dal grembo della madre, di mantenersi in vita e di completare il suo processo di formazione anche fuori dall'ambiente materno. Pertanto, in una causa in cui si discute se la donna sia stata impedita ad interrompere la gravidanza da un inadempimento del medico ad una sua obbligazione professionale, l'eventuale interrogativo concernente la possibilit di vita autonoma del feto va risolto avendo riguardo al grado di maturit raggiunto dal feto nel momento in cui il medico ha mancato di tenere il comportamento che da lui ci si doveva attendere" (Cass. 10 maggio 2002 n. 6735). La valutazione espressa dalla Corte territoriale sfugge, dunque, a qualsiasi censura. 3.4. Con il quarto motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2 Cost., della L. n. 194 del 1978, artt. 1, 6 e 7, e degli artt. 1218, 1223, 1226 e 2043 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3). Il bene della vita rappresenta il valore primari o e centrale in ogni sistema giuridico democra- IL CONTENZIOSO NAZIONALE 189 tico. Una volta avvenuto il concepimento, la sorte del feto non rientra nella disponibilit dei genitori, n in quella della sola madre, e non viene lasciata alla loro libera determinazione. Solo nella ipotesi in cui l'interesse costituzionalmente protetto del nascituro sia suscettibile di confliggere con quello, avente parimenti rilevanza costituzionale, della madre alla tutela della propria salute, viene riconosciuta a quest' ultima - e non anche al padre - la facolt di scegliere quale dei due interessi sacrificare. Doveva conseguentemente escludersi qualsiasi danno del padre o di altri congiunta, la cui esistenza dovrebbe, comunque, essere rigorosamente provata. Gli unici danni che la madre pu lamentare sono quelli alla sua salute. Poich nel caso di specie i giudici di appello avevano escluso qualsiasi patologia a carico della A., e non sussisteva quindi alcun danno biologico, non vi era spazio per la liquidazione di altre tipologie di danno. Anche questo motivo privo di fondamento. In ordine alla possibilit di far ricorso alla interruzione volontaria di gravi danza, nei casi indicati dalla legge, si gi detto in precedenza. Come sul fatto che secondo la Corte territoriale "certo la A. avrebbe ottenuto il consenso medico all'interruzione della gravidanza se fosse stata correttamente informata dal professionista sulle malformazioni, del feto". I giudici di appello hanno escluso il danno biologico, ritenendo tuttavia - con una valutazione congrua che sfugge a qualunque censura - che entrambi i coniugi avessero subito un danno in conseguenza della mancata interruzione volontaria della gravidanza. Interrogandosi, poi, in ordine al tipo di danno determinato dalla lesione del diritto alla autodeterminazione della donna, con la conseguente nascita indesiderata, (definibile come danno esistenziale o in qualsiasi altro modo) i giudici di appello hanno osservato (cfr. punto 8.2.3.): "La nascita indesiderata, invero, determina una radicale trasformazione delle prospettive di vita dei genitori, i quali si trovavano esposti a dover misurare (non i propri specifici "valori costituzionalmente protetti", ma) la propria vita quotidiana, l'esistenza concreta, con le prevalenti esigenze della figlia, con tutti gli ovvi sacrifici che ne conseguono: le conseguenze della lesione del diritto di autodeterminazione nella scelta procreativa, allora finiscono per consistere proprio nei "rovesciamenti forzati dell'agenda" di cui parte della dottrina discorre nel prospettare la definizione del danno esistenziale". "Insomma, ha concluso la Corte territoriale, la fattispecie in esame sembra costituire un caso paradigmatico di lesione di un interesse che non determina un prevalente danno morale o biologico, peraltro sempre possibile, ma impone al danneggiato di condurre giorno per giorno, nelle occasioni pi minute come in quelle pi importanti, una vita diversa e peggiore (quanto si voglia nobilitata dalla dedizione al congiunto svantaggiato, ma peggiore, tanto che nessuno si augurerebbe di avere un figlio senza gambe piuttosto che con) di quella che avrebbe altrimenti condotto". I giudici di appello, in tal modo, hanno correttamente applicato i principi formulati da questa Corte, secondo i quali, in casi del genere, il danno risarcibile non pu essere limitato solo al danno alla salute in senso stretto della gestante (in questo senso, invece, Cass. 8.7.1994, n. 6464). Lo stato patologico ed il pericolo grave per la salute rilevano, infatti, solo ai fini del perfezionamento della fattispecie per l'esercizio del diritto di interruzione della gravidanza, ma una volta che esso si perfezionato, non operano come limitazione della responsabilit del sanitario inadempiente. 190 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 In altri termini detto pericolo di danno grave alla salute, che si inserisce su un processo patologico, delimita il diritto di aborto, non la responsabilit contrattuale della struttura sanitaria. Poich si versa in tema di inadempimento contrattuale, il danno, al cui risarcimento il debitore inadempiente tenuto ex art. 1218 c.c., deve essere valutato secondo i criteri generali di cui agli artt. 1223, 1225 e 1227 c.c.. Se danno il pregiudizio subito dal creditore, allora questo pregiudizio che occorre risarcire, secondo i principi della regolarit causale (art. 1223 c.c.). In questo danno rientra non solo il danno alla salute in senso stretto ma anche il danno economico, che sia conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento del sanitario, in termini di causalit adeguata (Cass. n. 12195/1998). Quanto all'analogo diritto del padre, i giudici di appello hanno condiviso l'indirizzo giurisprudenziale di questa Corte che ammette anche il padre del bambino malformato, tra i soggetti protetti dal contratto, con la conseguenza che la struttura sanitaria in caso di suo inadempimento tenuta a risarcire i danni immediati e diretti subiti anche dal padre. "Qualora l'imperizia del medico impedisca alla donna di esercitare il proprio diritto all'aborto, e ci determini un danno alla salute della madre, ipotizzatane che da tale danno derivi un danno alla salute anche del marito" (Cass. 29 luglio 2004 n. 14488, 10 maggio 2002 n. 6735, 11 maggio 2009 n. 10741).Sicuramente il padre non ha titolo per intervenire sulla decisione di interrompere la gravidanza, ai sensi della L. del 1978, ma diversa questione quella relativa al danno che il padre del nascituro potrebbe subire, perch altri hanno impedito alla stessa di esercitare il diritto di interruzione della gravidanza, che essa (e solo essa) legittimamente poteva esercitare. In questo caso non si fa questione di un diritto del padre del nascituro ad interrompere la gravidanza della gestante, che certamente non esiste, ma solo se la mancata interruzione della gravidanza, determinata dall'inadempimento colpevole del sanitario, possa essere a sua volta causa di danno per il padre del nascituro. La risposta al quesito , come si detto, positiva, e, poich si tratta di contratto di prestazione di opera professionale con effetti protettivi anche nei confronti del padre del concepito, che, per effetto dell'attivit professionale dell'ostetrico - ginecologo diventa o non diventa padre (o diventa padre di un bambino anormale) il danno provocato da inadempimento del sanitario, costituisce una conseguenza immediata e diretta anche nei suoi confronti e, come tale risarcibile a norma dell'art. 1223 c.c.. 3.5. Con il quinto motivo, la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1218, 1223, 1226, 2043 e 2059 c.c., nullit della sentenza e del procedimento, violazione dell'art. 112 c.p.c., insufficiente e contraddittoria motivazione. La liquidazione operata dai giudici di appello, in via equitativa, doveva considerarsi in ogni caso sproporzionata ed eccessiva. I giudici di appello avevano liquidato, a titolo di danno emergente, gli oneri economici che i genitori avrebbero dovuto sostenere per il mantenimento della figlia fino al raggiungimento della piena indipendenza economica, pur in mancanza di qualsiasi prova e di una specifica domanda da parte degli attori. Erroneamente la Corte aveva ritenuto che vi fosse nesso causale tra il comportamento dell'Ospedale di (omissis) e il danno subito dai genitori a titolo di danno morale, a causa della mancata diagnosi delle malformazioni fetali. Il danno esistenziale (e comunque quello liquidato dai giudici di appello) viene generalmente riconosciuto nei casi di perdita delle relazioni affettive. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 191 Nel caso di specie, invece, la nascita della figlia, pur incidendo sui tempi ed i ritmi della vita familiare, aveva soprattutto arricchito innegabilmente la famiglia di relazioni umane non meno dignitose e significative di quelle apportate dalla nascita di un figlio sano. Anche quest'ultimo motivo del ricorso principale destituito di fondamento, poich attraverso la denuncia di violazione di norme di legge e di vizi della motivazione, la ricorrente finisce per sollecitare una diversa valutazione dei danni, inammissibile in questa sede. Con motivazione congrua, i giudici di appello hanno - innanzi tutto - rilevato che i coniugi U.L. e A. avevano chiesto il riconoscimento dei danni "tutti" derivati dall'inadempimento contrattuale. Deve dunque escludersi una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Hanno precisato, poi, che il danno patrimoniale doveva tener conto, non solo del "differenziale" tra la spesa necessaria per il mantenimento di un figlio "sano" e la spesa per il mantenimento di un figlio affetto dal deficit di cui si detto, sottolineando che una volta stabilito che la A. avrebbe optato per la interruzione volontaria di gravidanza, "l'inadempimento posto in essere dalla ASL ha fatto si che la coppia debba sopportare per intero un costo economico che altrimenti non avrebbe avuto". Con una valutazione, necessariamente equitativa, la Corte territoriale ha provveduto cos a liquidare il danno patrimoniale ed ha individuato il momento del raggiungimento della indipendenza economica alla et di trenta anni. Hanno quindi liquidato il danno non patrimoniale in favore di entrambi i genitori, sottolineando che nel vigente assetto dell'ordinamento, nel quale assume posizione preminente la Costituzione - che, all'art. 2, riconosce garantisce i diritti inviolabili dell'uomo -, il danno non patrimoniale deve essere inteso come categoria ampia, comprensiva di ogni ipotesi in cui sia leso un valore inerente alla persona, non esaurendosi esso nel danno morale soggettivo. La Corte territoriale ha aggiunto che la fattispecie costituiva un caso paradigmatico di lesione di un diritto della persona, di rilievo costituzionale, che indipendentemente da un danno morale o biologico, peraltro sempre possibile, impone comunque al danneggiato di condurre giorno per giorno, nelle occasioni pi minute come in quelle pi importanti, una vita diversa e peggiore, di quella che avrebbe altrimenti condotto. Sulle base di tali premesse, la Corte territoriale ha proceduto alla liquidazione del danno non patrimoniale in senso lato (cfr. Cass. S.U. n. 26972 dell'11 novembre 2008, che espressamente - p. 42 - riconosce la lesione del diritto inviolabile della gestante che non sia stata posta in condizione, per errore diagnostico, di decidere se interrompere la gravidanza, con conseguente diritto al risarcimento di tutti i danni). Utilizzando come parametro di riferimento, quello di calcolo del danno biologico, i giudici di appello hanno liquidato in via equitativa la somma di Euro 200.000,00 alla attualit in favore di ciascuno dei coniugi. Data la particolarit del caso la liquidazione non poteva che essere effettuata in via equitativa, tenendo conto di tutte le circostanze. Ed anche al riguardo di tal danno, le censure formulate dalla ricorrente sono del tutto apodittiche, poich non tengono conto delle argomentazioni svolte dalla Corte territoriale. Tra l'altro, la ricorrente si limita a dedurre la eccessivit del risarcimento liquidato, senza neppure indicare la misura congrua nella quale - a suo avviso - lo stesso avrebbe dovuto essere riconosciuto. Pertanto, il vizio di insufficiente motivazione della sentenza di appello in ordine alla valutazione equitativa del danno - che si assume erroneamente effettuata - va escluso, anche in considerazione dell'insopprimibile carattere approssimativo di tale forma di liquidazione, in difetto di precise indicazioni, da parte della ricorrente, in ordine alla somma che a suo avviso sarebbe stata congrua, e conforme alle sue aspettative (neppure chiarite in sede di ricorso per cassazione). 192 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 4. Con l'unico motivo, i ricorrenti incidentali U.L.U. e A.R. denunciano la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 1218, 1223, 2236 e 2697 c.c., nonch art. 115 c.p.c.) in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5, censurando la decisione della Corte di appello nella parte in cui la stessa ha escluso la responsabilit professionale del prof. Ar.. Tra la A. e il prof. Ar. - sostengono i ricorrenti incidentali - era intercorso un vero e proprio rapporto professionale privato, come era risultato dalle testimonianze raccolte. L'omesso esame di tale circostanza aveva consentito di escludere una diretta responsabilit del ginecologo nel ritardo della esecuzione dell'ecografia e nell'errore della interpretazione dell'esame eseguito. La gravidanza della A. non poteva certo ritenersi "normale" sin dall'inizio, considerato che ella aveva subito un ricovero per minaccia di aborto sin dopo il primo mese di gestazione. Il comportamento del prof. Ar. non poteva, dunque, definirsi in alcun modo adeguato, in relazione alla sua preparazione specifica ed alle condizioni della paziente. Proprio in considerazione delle particolari condizioni di salute della paziente (che aveva avuto una minaccia di aborto con ricovero ospedaliero al primo mese di gravidanza) i ricorrenti incidentali osservano che il prof. Ar. avrebbe dovuto programmare lui stesso l'iter delle visite e stabilire un preciso calendario degli accertamenti indipendentemente dal contegno della paziente. Tutte le censure cosi proposte con il ricorso incidentale sono infondate. Si richiama quanto gia rilevato in ordine all'accertamento compiuto dai giudici di appello in ordine ad una responsabilita diretta del prof. Ar. La Corte territoriale, sulla base delle testimonianze raccolte, ha rilevato che il prof. Ar. aveva visitato la A., una sola volta, dopo il ricovero dell'(omissis), e precisamente ai primi dell'(omissis). Ora, il prof. Ar. non aveva fatto altro che prescrivere, con ragionevole anticipo - la ecografia "morfologica" che secondo il normale protocollo - del quale aveva parlato anche il consulente tecnico di ufficio - doveva essere effettuata tra la ventesima e la ventiduesima settimana (quindi entro la prima decade di (omissis). Non vi era dubbio che se la ecografia fosse stata effettuata al momento giusto ed interpretata con adeguata perizia non vi sarebbe stato alcun ritardo o errore diagnostico. Nessuna responsabilit poteva dunque configurarsi a carico del prof. Ar.. A fronte di tale, motivata, conclusione si infrangono tutte le censure dei ricorrenti incidentali, che si risolvono in una sostanziale istanza del riesame, inammissibile copie tale, in questa sede di legittimit. 5. Conclusivamente i ricorsi nn. 26538 del 2005 e 31185 del 2005 devono essere rigettati, e dichiarato inammissibile il ricorso n. 1277 del 2006 proposto dalla Azienda Unit sanitaria locale n.(omissis). 6. L'esito della lite giustifica la compensazione delle spese tra tutte le parti. 7. Ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, ricorrendone le condizioni, deve disporsi che, a cura della Cancelleria, sia apposta sull'originale della sentenza, una annotazione volta a precludere in caso di riproduzione in qualsiasi forma, la indicazione delle generalit e dei dati identificativi degli interessali, riportati nella decisione, e di tutti i dati dai quali possa desumersi anche indirettamente la identit di U.L.S. (secondo le modalit indicate nel Protocollo operativo 11 novembre 2009, della Commissione per il trattamento dei dati attinenti alla Corte di Cassazione, relativo alla attuazione del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, artt. 51 e 52). IL CONTENZIOSO NAZIONALE 193 P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi. Dichiara inammissibile il ricorso della Azienda Unit sanitaria locale n. (OMISSIS) n. 1277 del 2006. Rigetta i ricorsi 26538 del 2005 e 31185 del 2005. Compensa le spese del giudizio tra tutte le parti. Visto il D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52, dispone che sull'originale della sentenza sia apposta, a cura della Cancelleria, una annotazione volta a precludere in caso di svia riproduzione in qualsiasi forma, per finalit di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, l'indicazione delle generalit e di altri dati identificativi degli interessati, riportati sulla sentenza, nonch di tutti i dati dai quali possa desumersi - anche indirettamente - la identit della signora U.L.S.. Cos deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 novembre 2009. Corte di Cassazione, Sez. III civile, sentenza 30 gennaio 2009 n. 2468 - Pres. Di Nanni, Rel. Lanzillo, P.M. Fuzio. (Omissis) SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato il 30 settembre 1997 V.A. ha convenuto davanti al Tribunale di Perugia il prof. C.L. e l'Azienda SSL n. (omissis), chiedendo il risarcimento dei danni nella misura di L. 1 miliardo perch - essendo stato ricoverato il (omissis) presso l'(omissis) per un forte attacco febbrile con diagnosi di leucopenia - era stato sottoposto al test anti - HIV, senza che gli fosse stato richiesto il consenso. Il test, eseguito senza rispettare l'anonimato, aveva dato esito positivo e la cartella clinica - recante anche la registrazione di dati sensibili non rilevanti, fra cui la sua omosessualit - era stata custodita senza alcuna riservatezza, si che le notizie relative alla sua salute si erano diffuse all'interno e all'esterno dell'Ospedale, con suo grave pregiudizio personale e patrimoniale, considerato che, di conseguenza, egli aveva anche dovuto chiudere la sua attivit commerciale. I convenuti hanno resistito alla domanda, affermando di avere agito nell'esclusivo interesse del paziente, al fine di giungere al pi presto alla diagnosi per intraprendere la terapia necessaria; che l'esecuzione del test senza il preventivo consenso del paziente si era resa necessaria; tanto che, se egli non avesse acconsentito, gli si sarebbe dovuto rifiutare il ricovero o si sarebbe dovuta chiedere alle competenti autorit l'autorizzazione al trattamento sanitario obbligatorio. Hanno affermato che l'anonimato richiesto solo nei casi di indagini epidemiologiche; che la cartella clinica era stata conservata in sala infermieri e che era nota al solo personale medico e infermieristico. Il Tribunale di Perugia ha respinto la domanda e la Corte di appello di Perugia - con sentenza 26 febbraio/11 maggio 2004 n. 109 - ha respinto l'appello del V.. Con atto notificato il 15.9.2004 il V. propone ricorso per cassazione contro la sentenza notificatagli il 4.6.2004 - per tre motivi. Resistono con unico controricorso la Azienda SSL Umbria e gli eredi del prof. C.L., deceduto nelle more del processo. MOTIVI DELLA DECISIONE 1.- Con il primo motivo, deducendo l'erronea applicazione della L. 5 giugno 1990, n. 135, 194 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 art. 5, comma 3, in relazione all'art. 32 Cost., e art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia ritenuto legittimo il comportamento del medico e dei sanitari dell'Azienda convenuta esclusivamente in base al rilievo che la sintomatologia da lui presentata induceva il sospetto che fosse affetto da Aids, e che rispondeva ed esigenze di necessit clinica, nel suo stesso interesse, che si pervenisse al pi presto a una diagnosi precisa. Afferma il ricorrente che la cit. L. n. 135 del 1990, art. 5, comma 3, secondo cui nessuno pu essere sottoposto a test anti HIV senza il suo consenso, "se non per motivi di necessit clinica, nel suo interesse" - va interpretato nel senso che si pu prescindere dal consenso del paziente solo nei casi in cui egli sia del tutto impossibilitato a prestarlo; che solo tale interpretazione in linea con quella della Corte costituzionale - secondo cui gli accertamenti sanitari che comportano prelievi ed analisi trovano un limite invalicabile nel rispetto della dignit e della riservatezza della persona che vi sottoposta (sentenza n. 218 del 1994) - e con le analoghe disposizioni del Garante della privacy e dei principi della deontologia medica. Ove egli fosse stato informato, avrebbe potuto disporre che il test venisse eseguito presso altro Ospedale, in luogo in cui non fosse conosciuto, considerato che non vi era alcuna urgenza di procedervi. 1.1.- Il motivo fondato. Va condivisa l'opinione del ricorrente secondo cui la lettura costituzionalmente orientata della L. n. 135 del 1990, art. 5, comma 3, porta a ritenere che il consenso del paziente al test HIV - cos come ad ogni altro trattamento a cui debba essere sottoposto deve essere richiesto in ogni caso in cui ci sia possibile, senza pregiudizio per le esigenze di cura del paziente stesso o per la tutela dei terzi. Ed invero, se nessuno pu essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario, salvo espressa disposizione di legge (art. 32 Cost.), il malato ha il diritto di essere preventivamente e tempestivamente informato delle indagini cliniche e delle cure alle quali lo si vuoi sottoporre, in tutti i casi in cui possa esprimere liberamente e consapevolmente la sua volont. Seguendo l'interpretazione dell'art. 5, adottata dalla sentenza impugnata - secondo cui le necessit cliniche sarebbero di per s sufficienti a consentire di prescindere dalla preventiva informazione del malato - verrebbe sostanzialmente vanificato il diritto di quest'ultimo di accettare o rifiutare le cure. Alla personale valutazione dell'interessato si sostituirebbe quella dei medici, i quali sono portati a somministrare comunque i trattamenti ritenuti opportuni, qualunque ne sia l'onere od il peso (sotto ogni profilo) per il paziente. Va soggiunto che - anche quando il trattamento si riveli indispensabile, per legge o nell'interesse pubblico - va riconosciuto al malato quanto meno il diritto di scegliere i tempi, i modi o i luoghi dell'intervento, in ogni caso in cui ci sia possibile. Anche a tal fine necessario che egli venga preventivamente informato ed interpellato. 2.- Con il secondo motivo, deducendo violazione della L. n. 135 del 1990, art. 5, comma 1, il ricorrente lamenta che erroneamente la Corte di appello abbia escluso l'indebita violazione della privacy ed abbia ritenuto che l'obbligo di mantenere l'anonimato, con riguardo ai campioni prelevati per le analisi, sia prescritto dalla legge solo in relazione alle indagini epidemiologiche. A suo avviso il cit. art. 5, nel prescrivere l'anonimato per tali indagini - non consente di escludere che il medesimo requisito debba essere rispettato anche negli altri casi. Avrebbero dovuto essere comunque adottate tutte le misure idonee a salvaguardare il suo diritto alla riservatezza. Al contrario, stata indicata in piena evidenza nella cartella clinica la sua omosessualit, e la IL CONTENZIOSO NAZIONALE 195 cartella non stata custodita con la diligenza necessaria ad evitare che di essa potessero prendere visione anche persone estranee al personale sanitario. 3.- Con il terzo motivo, denunciando erronea disamina della risultanze processuali ed erronea motivazione in relazione ad un punto decisivo della controversia, il ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia disatteso, ritenendola inattendibile, la testimonianza di sua madre, che ha dichiarato di avere appreso la sieropositivit del figlio dalla lettura della cartella clinica, abbandonata in sala infermieri su di un termosifone, a disposizione di qualunque curioso. La motivazione della Corte di appello, secondo cui l'accesso alla sala infermieri chiuso al pubblico, da ritenere insufficiente a giustificare la decisione, in quanto obbligo dei sanitari di predisporre tutte le misure idonee a garantire la riservatezza dei pazienti (quindi anche ad evitare che il pubblico acceda ai luoghi riservati). 4.- I due motivi - che possono essere congiuntamente esaminati, perch connessi - sono fondati. Giustamente la Corte di appello ha ritenuto che l'art. 5, comma 1, imponga l'anonimato solo per le indagini epidemiologiche. Ci non consente di escludere, tuttavia, che anche per le indagini cliniche debba essere rispettata quanto meno la riservatezza del paziente, adottando tutte le misure idonee a far s che natura ed esito del test, dati sensibili raccolti nell'anamnesi, e accertamento della malattia, siano resi noti solo entro il ristretto ambito del personale medico e infermieristico adibito alla cura e vengano custoditi adottando tutti gli accorgimenti necessari ad evitare che altri, ed in particolare il pubblico, possano venire a conoscenza delle suddette informazioni. Ci dispone espressamente la cit. L. n. 135 del 1990, art. 5, comma 1, secondo cui gli operatori sanitari che vengano a conoscenza di un caso di AIDS sono tenuti ad adottare tutte le misure occorrenti per la tutela della riservatezza della persona assistita. La motivazione della sentenza impugnata appare sul punto insufficiente. La Corte non ha positivamente accertato se le modalit di custodia della cartella clinica siano state tali da prevenire concretamente il rischio che i terzi potessero prendere visione del documento, custodendolo in luogo non accessibile, neppure occasionalmente o di fatto, da parte del pubblico. A fronte della precisa disposizione dell'art. 5, sarebbe stato onere del personale ospedaliero dimostrare di avere adottato tutte le misure idonee allo scopo. Il rilievo della Corte di merito, secondo cui la cartella era stata lasciata in sala infermieri, locale riservato al personale sanitario, non di per s sufficiente, in mancanza di dimostrazione che a detta sala veniva effettivamente impedito l'accesso del pubblico. 5.- La sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, affinch decida sulle domande attrici uniformandosi ai seguenti principi di diritto: "La L. 5 giugno 1990, n. 135, art. 5, comma 3, secondo cui nessuno pu essere sottoposto al test anti HIV senza il suo consenso, se non per motivi di necessit clinica, nel suo interesse - deve essere interpretato alla luce dell'art. 32 Cost., comma 2, nel senso che, anche nei casi di necessit clinica, il paziente deve essere informato del trattamento a cui lo si vuole sottoporre, ed ha il diritto di dare o di negare il suo consenso, in tutti i casi in cui sia in grado di decidere liberamente e consapevolmente. Dal consenso si potrebbe prescindere solo nei casi di obiettiva e indifferibile urgenza del trattamento sanitario, o per specifiche esigenze di interesse pubblico (rischi di contagio per i terzi, od altro): circostanze che il giudice deve indicare nella motivazione". "A norma della cit. L. art. 5, comma 1, onere del personale sanitario dimostrare di avere adottato tutte le misure occorrenti allo scopo di garantire il diritto del paziente alla riservatezza 196 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 e di evitare che i dati relativi all'esito del test ed alle condizioni di salute del paziente medesimo possano pervenire a conoscenza dei terzi". 6.- Il Giudice di rinvio decider anche in ordine alle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che decider anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. Cos deciso in Roma, il 14 novembre 2008. Corte di Cassazione, Sez. Unite Penali, sentenza 21 gennaio 2009 n. 2437 - Pres. Gemelli, Rel. Macchia. (Omissis) Ritenuto in fatto 1. - M. R., ricoverata nel reparto di ginecologia dellOspedale di , il fu sottoposta dal dott. N. G. ad un intervento di laparoscopia operativa e, senza soluzione di continuit, a salpingectomia che determin lasportazione della tuba sinistra. Alla stregua della ricostruzione operata dai giudici del merito, lintervento demolitorio risult essere stato una scelta corretta ed obbligata, eseguita nel rispetto della lex artis e con competenza superiore alla media; tuttavia, secondo lassunto accusatorio, senza il consenso validamente prestato dalla paziente, informata soltanto della laparoscopia. Secondo i primi giudici, infatti, gi in fase di programmazione della laparoscopia erano prevedibili levoluzione di tale intervento in operativo e lelevata probabilit di asportazione della salpinge, la non opportunit dellinterruzione dellintervento e la mancanza del pericolo di vita e, quindi, del presupposto dello stato di necessit, ai fini dellacquisizione del consenso. Lomissione sarebbe stata da ascrivere, in ragione della elevata prevedibilit dellintervento chirurgico, ad una scelta consapevole e volontaria dellimputato e non a colpa. Peraltro, ad avviso del giudice di primo grado, ogni trattamento medico eseguito in assenza di un consenso valido e specifico, integrerebbe lesione della libert, garantita dallart. 32 della Costituzione, di autodeterminazione della persona circa le decisioni mediche che la riguardano, comprensiva della facolt di promuovere un consulto o di scegliere altre strutture sanitarie. Ci induceva pertanto il Tribunale di Rimini a qualificare il reato di lesioni personali volontarie aggravate, originariamente contestato al G., come violenza privata, in ordine al quale ultimo limputato stesso veniva ritenuto colpevole e condannato alla pena di mesi quattro di reclusione, sostituita con la pena di euro 6.000,00 di multa, con il beneficio della sospensione condizionale della pena. Proposto appello da parte dellimputato, la Corte di appello di Bologna, con sentenza del 5 febbraio 2007, ha reputato contraddittoria ed insufficiente la prova in ordine allacquisizione del consenso informato della M.; sicch, esclusa, da un lato, la ricorrenza della esimente dello stato di necessit e respinta, dallaltro lato, la tesi difensiva secondo la quale lecito ogni intervento medico compiuto in mancanza di espresso dissenso, ha rilevato lintervenuta prescrizione del reato - cos come qualificato nella sentenza di primo grado - revocando le statuizioni civili, disposte in quella stessa sentenza, stante lassenza di una prova idonea circa la commissione del fatto. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 197 2. -Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione i difensori dellimputato e della parte civile M. R. ...omissis.... Nel ricorso proposto nellinteresse dellimputato si deduce, quale primo motivo, vizio di motivazione in riferimento al mancato proscioglimento nel merito, giacch, da un lato, andrebbe privilegiato lorientamento che ritiene applicabile il secondo comma dellart. 129 cod. proc. pen., anche nei casi in cui la prova della responsabilit sia insufficiente o contraddittoria; dallaltro, la mancata adozione di una formula di merito sarebbe in contrasto con la determinazione di revocare le statuizioni civili; infine - sottolinea il ricorso - i giudici dellappello avrebbero omesso di fornire risposta adeguata circa la doglianza relativa alla esimente dello stato di necessit, quanto meno a livello putativo. Si lamenta, poi, mancata assunzione di una prova decisiva, in riferimento alla richiesta di assunzione di testi e consulenti, al fine di contrastare lassunto relativo alla non ricorrenza - reale o putativa - della esimente dello stato di necessit, e si prospetta, infine, violazione di legge in riferimento alla laconica asserzione per la quale i giudici a quibus avrebbero disatteso la fondatezza dellorientamento giurisprudenziale secondo il quale sarebbe lecito ogni intervento medico compiuto in mancanza di un espresso dissenso del paziente. Con successive, diffuse note, i difensori dellimputato hanno svolto articolate deduzioni volte a contestare la sussistenza, nella ipotesi di specie, del reato di violenza privata e per ribadire, al contrario, la ricorrenza della scriminante dello stato di necessit. 3. - La Quinta Sezione penale di questa Corte, cui i ricorsi erano stati assegnati, avendo ravvisato la sussistenza di un contrasto di giurisprudenza sui temi coinvolti, ha rimesso, a norma dellart. 618 cod. proc. pen., a queste Sezioni Unite la decisione sui ricorsi medesimi, con ordinanza pronunciata il 1 ottobre 2008, ritenendo pregiudiziale la risoluzione del quesito se abbia o meno rilevanza penale, e, nel caso di risposta affermativa, quale ipotesi delittuosa configuri la condotta del sanitario che in assenza di consenso informato del paziente, sottoponga il medesimo ad un determinato trattamento chirurgico nel rispetto delle regole dellarte e con esito fausto. Quanto al primo aspetto - osserva la Sezione rimettente - si registrano due diversi orientamenti. Secondo una parte della giurisprudenza, infatti, il consenso del paziente fungerebbe da indefettibile presupposto di liceit del trattamento medico, con la conseguenza che la mancanza di un consenso opportunamente informato del malato, o la sua invalidit per altre ragioni, determinerebbe la arbitrariet del trattamento medico e la sua rilevanza penale, salvo le ipotesi in cui ricorra lo stato di necessit ovvero se specifiche previsioni di legge autorizzino il trattamento sanitario obbligatorio ai sensi dellart. 32 Cost. Secondo altro orientamento, invece, in ambito giuridico, in genere, e penalistico in particolare, la volont del paziente svolge un ruolo decisivo soltanto quando sia espressa in forma negativa, essendo il medico - allo stato del quadro normativo attuale - legittimato a sottoporre il paziente affidato alle sue cure al trattamento terapeutico che giudica necessario alla salvaguardia della salute dello stesso anche in assenza di un esplicito consenso, con conseguente irrilevanza del problema della esistenza di eventuali scriminanti, in quanto da escludere in radice che la condotta del medico che intervenga in mancanza di consenso informato possa corrispondere alla fattispecie astratta di un reato. Quanto, poi, al tipo di reato eventualmente ipotizzabile, secondo una prima interpretazione il medico, che intervenga su un paziente in assenza di congruo interpello, risponde di lesioni volontarie, pur quando lesito dellintervento sia favorevole. Ci in quanto qualsiasi intervento chirurgico, anche se eseguito a scopo di cura e con esito fausto, implica necessariamente il compimento di atti che nella loro materialit integrano il concetto di malattia di cui allart. 582 cod. pen. ; precisandosi che il criterio di imputazione 198 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 soggettiva dovr essere invece colposo, qualora il sanitario agisca nella convinzione, per negligenza o imprudenza, della esistenza del consenso. Secondo altro indirizzo, invece, larbitrariet dellintervento - che non potr mai realizzare il delitto di lesioni, essendo il trattamento medico chirurgico volto a rimuovere e non a cagionare una malattia - pu assumere rilevanza penale solo come attentato alla libert individuale del paziente e rendere perci configurabile esclusivamente il delitto di violenza privata. Il tutto - conclude lordinanza di rimessione - non senza evocare la sussistenza di tesi intermedie, quale quella di ravvisare la sussistenza dellindicato delitto nel caso di trattamento non chirurgico, o quella di ritenere che la violenza privata sia configurabile nella sola ipotesi di trattamento chirurgico eseguito in presenza di un espresso, libero e consapevole rifiuto del paziente. Considerato in diritto ...omissis... 2. - Di diverso spessore sono, invece, le questioni che coinvolge il ricorso dellimputato. Lenunciazione plurima e alternativa del quesito, sul quale queste Sezioni unite sono state chiamate a pronunciarsi, evoca, infatti, gi di per s, pur nel circoscritto ambito della peculiare fattispecie che ha contrassegnato liter del procedimento, la variet dei piani su cui occorre soffermarsi ed il delicato concatenarsi delle problematiche coinvolte. La questione da esaminare riguarda il quesito se abbia o meno rilevanza penale, sotto il profilo delle fattispecie di lesioni personali o di violenza privata, la condotta del medico che sottoponga il paziente, in mancanza di valido consenso informato, ad un trattamento chirurgico, pure eseguito nel rispetto dei protocolli e delle leges artis e conclusosi con esito fausto. Si tratta di problematica antica, mai univocamente risolta, anche perch coinvolgente una gamma di questioni ad essa intimamente correlate, quali: il fondamento giuridico e di legittimazione della attivit medico-chirurgica; il concetto di malattia che in relazione ad essa deve venire in rilievo; il valore che, nel sistema, occorre riconoscere al consenso informato del paziente, alla luce dei principi che, fra le altre, le fonti di rango costituzionale, legislativo e deontologico dettano al riguardo, prendendo in considerazione il bene della salute come diritto della persona. Daltra parte, le disposizioni dettate dal codice penale del 1930, anche a voler prescindere dai limiti insiti in un sistema punitivo precostituzionale, contrassegnato dalla peculiare visione derivante dallassetto politico-istituzionale dellepoca, si rivelano palesemente incongrue al fine di individuare equilibrate soluzioni atte a fornire risposta a tutte le esigenze di tutela che le varie ipotesi di fatto possono presentare. Non senza sottolineare, per altro verso, come il presidio penale non possa che profilarsi, nella platea dei possibili rimedi astrattamente ipotizzabili, quale extrema ratio, a fronte, ad esempio, di eventuali meccanismi sanzionatori alternativi, operanti sul terreno civilistico-risarcitorio o anche amministrativo-disciplinare. Ci spiega, da un lato, lampio ventaglio di tesi dottrinarie e giurisprudenziali che si sono misurate sui vari aspetti della responsabilit del medico e sulla tematica del consenso informato: talora - necessario riconoscerlo - con evidenti torsioni ermeneutiche, spintesi ai limiti estremi della compatibilit con il principio di tassativit che deve presiedere alla costruzione ed alla configurazione delle fattispecie penali; e, dallaltro lato, si chiarisce la ratio di fondo che ha sostenuto i tentativi - condotti anchessi da giurisprudenza e dottrina - volti ad evitare, per un verso, eccessi di penalizzazione o di burocratizzazione della attivit medica, ma al tempo stesso attenti a ricercare soluzioni ermeneutiche che si presentassero in linea con la (in s condivisibile) intentio di non lasciare senza effettiva tutela condotte riguardabili come dannose IL CONTENZIOSO NAZIONALE 199 da chi stato sottoposto al trattamento sanitario: e ci non necessariamente in ragione soltanto dellesito infausto dello stesso. Soffermarsi, dunque, sulle pi significative sentenze di questa Corte, per analizzarne le varie rationes e gli approdi cui le stesse sono pervenute a proposito dei numerosi nodi che la questione sottoposta a queste Sezioni unite coinvolge, rappresenta la ineludibile premessa, per focalizzare i temi sui quali indispensabile fornire univoca risposta. 3. - La prima sentenza che si soffermata ex professo sul tema del trattamento medico-chirurgico e del consenso informato del paziente, stata la nota sentenza Massimo (Cass., Sez. V, 21 aprile 1992, n. 5639, Massimo), oggetto di diffusi rilievi, prevalentemente critici, svolti da larga parte della dottrina. Tale sentenza ha in particolare affermato il principio per il quale il chirurgo che, in assenza di necessit ed urgenza terapeutiche, sottopone il paziente ad un intervento operatorio di pi grave entit rispetto a quello meno cruento e comunque di pi lieve entit del quale lo abbia informato preventivamente e che solo sia stato da quegli consentito, commette il reato di lesioni volontarie, irrilevante essendo sotto il profilo psichico la finalit pur sempre curativa della sua condotta; sicch egli risponde del reato di omicidio preterintenzionale se da quelle lesioni derivi la morte. Aderendo, dunque, alla tesi secondo la quale soltanto il consenso, quale manifestazione di volont di disporre del proprio corpo, pu escludere in concreto la antigiuridicit del fatto e rendere questo legittimo. Da un lato, infatti, occorreva assegnare il dovuto risalto alla circostanza che lart. 39 del codice di deontologia medica allora vigente stabiliva che il consenso del paziente deve obbligatoriamente essere richiesto per ogni atto medico; dallaltro, doveva pure rammentarsi che, in tema di trattamento medico chirurgico, lantigiuridicit della lesione provocata, poteva, indipendentemente dal consenso, essere esclusa soltanto dalla presenza di cause di giustificazione; negandosi al tempo stesso validit alla tesi secondo la quale quella attivit rinverrebbe copertura in cause di giustificazione non codificate, riferite alla finalit, pur sempre terapeutica, perseguita dal chirurgo. Sottolineava la richiamata sentenza che se il trattamento, eseguito a scopo non illecito, abbia esito sfavorevole, si deve, pur sempre, distinguere lipotesi in cui esso sia consentito dallipotesi in cui il consenso invece non sia prestato. E si deve ritenere che se il trattamento non consentito ha uno scopo terapeutico, e lesito sia favorevole, il reato di lesioni sussiste, non potendosi ignorare il diritto di ognuno di privilegiare il proprio stato attuale (art. 32, comma 2, Cost.), e che, a fortiori, il reato sussiste ove lesito sia sfavorevole. Nel contrastare, poi, la tesi sostenuta dal ricorrente, secondo la quale loggetto di tutela dellart. 50 cod. pen. sarebbe limitato alla libert di autodeterminazione, con conseguente possibilit di ritenere configurabile, in relazione al trattamento medico eseguito senza il consenso, il reato di cui allart. 610 cod. pen., la medesima sentenza ha precisato che la formulazione di ordine generale del principio sancito dalla norma, non autorizza lesclusione della protezione del diritto alla integrit fisica (tra molti altri) e, semmai, soltanto il trattamento medico senza il consenso che pur sempre non cagioni lesioni potrebbe far ipotizzare fatti di violenza privata. A conclusioni diverse perviene la successiva sentenza Barese (Cass., Sez. IV, 9 marzo 2001, n. 28132), ove si affermato che, in tema di trattamento medico-chirurgico, qualora, in assenza di urgente necessit, venga eseguita una operazione chirurgica demolitiva, senza il consenso del paziente, prestato per un intervento di dimensioni pi ridotte rispetto a quello poi eseguito, che ne abbia determinato la morte, non configurabile il reato di omicidio preterintenzionale, poich, per integrare questultimo, si richiede che lagente realizzi consapevolmente ed intenzionalmente una condotta diretta a provocare una alterazione lesiva dellintegrit fisica 200 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 della persona offesa. La disamina si concentra, dunque, essenzialmente sullelemento soggettivo, giacch se vero che la connotazione finalistica della condotta (la finalit terapeutica) irrilevante - non essendo richiesto il dolo specifico per i reati di lesioni volontarie e percosse - altrettanto vero che la formulazione dellart. 584 cod. pen. (atti diretti a) fa propendere per la tesi, non da tutti condivisa, che lelemento soggettivo richiesto per lomicidio preterintenzionale, quanto allevento voluto, sia costituito dal dolo diretto o intenzionale con esclusione quindi del dolo eventuale. Daltra parte - ha puntualizzato ancora la pronuncia in esame - se vero che lintentio del medico mal si concilia con latteggiamento di chi persegue sin dallinizio una volont lesiva, neppure sarebbe lecito affermare che il fine terapeutico escluda siffatta volont, giacch, in tale ipotesi, si presupporrebbe lesistenza di un dolo specifico, al contrario non richiesto dalla norma. Al tempo stesso, soggiunge la sentenza, affermare lintenzionalit della condotta, ogni volta che non vi sia il consenso del paziente, significa, in realt, confondere il problema della natura del dolo richiesto per la fattispecie criminosa in esame con lesistenza della scriminante costituita dal consenso dellavente diritto. Quanto, poi, allelemento psicologico del reato di lesioni volontarie, la sentenza afferma che si avr lelemento soggettivo del delitto di lesioni volontarie, in tutti i casi in cui il chirurgo, o il medico, pur animato da intenzioni terapeutiche, agisca essendo conscio che il suo intervento produrr una non necessaria menomazione dellintegrit fisica o psichica del paziente. E poich - afferma la richiamata pronuncia - lomicidio preterintenzionale si configura anche se la condotta diretta a commettere il delitto di percosse, non pu escludersi, in astratto, anche se appare difficile immaginare il concreto verificarsi di queste ipotesi, che levento morte non voluto sia conseguente ad una condotta diretta, non a provocare una malattia nel corpo o nella mente, ma ad una condotta qualificabile come percossa. Alla luce di tale ricostruzione, il consenso del paziente verrebbe ad essere ricondotto nel novero delle scriminanti, che, ad avviso della dottrina prevalente, escludono la antigiuridicit della condotta; sicch, sarebbe lecito lassunto secondo il quale il consenso stesso per un verso precluda la possibilit di configurare il delitto di lesioni volontarie, ma solo nel caso di consenso validamente espresso nei limiti dellart. 5 cod. civ., per lefficacia scriminante attribuita dallart. 50 cod. pen. al consenso della persona che pu validamente disporre del diritto; per altro verso, che, in presenza di ragioni di urgenza terapeutica, o nelle ipotesi previste dalla legge, il consenso non sia necessario. A sua volta, e sempre che non ricorrano le condizioni per ritenere sussistente lo stato di necessit - che varrebbe ad escludere, anche nella ipotesi di dissenso espresso il dolo diretto di lesioni, posto che il medico, nellintervenire malgrado il dissenso del paziente, mira comunque a salvaguardarne la vita e la salute poste in pericolo - lesplicito dissenso del paziente rende latto, asseritamente terapeutico, unindebita violazione non solo della libert di autodeterminazione del paziente ma anche della sua integrit, con conseguente applicazione delle ordinarie regole penali. Puntualizza ancora la stessa sentenza, la circostanza che la condotta del medico sia orientata a tutelare la salute del paziente e non a cagionare menomazioni della sua integrit, fisica o psichica, permette di escludere lintenzionalit della condotta nei casi, non infrequenti, nei quali il medico, nel corso dellintervento chirurgico, rilevi la presenza di una situazione che, pur non essendo connotata da aspetti di urgenza terapeutica, potendo essere affrontata in tempi diversi, venga invece affrontata immediatamente senza il consenso del paziente; per es. per evitargli un altro intervento e altri successivi disagi o anche soltanto per prevenire pericoli futuri. In tale ultima ipotesi - che assume uno specifico interesse ai fini dellodierno IL CONTENZIOSO NAZIONALE 201 scrutinio - la medesima sentenza ritiene non configurabile il reato di cui allart. 610 cod. pen., giacch una simile costruzione rinverrebbe un ostacolo difficilmente superabile nella previsione della necessit che la condotta dellagente consista in violenza o minaccia. Questultima sembra proprio da escludere, mentre la violenza potrebbe forse ipotizzarsi nei soli casi di dissenso espresso del paziente al trattamento chirurgico. Lasse delle riflessioni sembra in parte mutare nella sentenza Sez. IV, 27 marzo 2001, n. 36519, Cicarelli, anche se la portata delle affermazioni che vi compaiono risulta fortemente condizionata dalle peculiarit del caso di specie, nel quale ad un sanitario si addebitava, fra laltro, di aver praticato un tipo di anestesia diverso da quello preferibile secondo la lex artis, ma per il quale il paziente aveva revocato il proprio consenso. In particolare, si evidenzia come la liceit della condotta del medico, che si caratterizza per le finalit terapeutiche che ne contraddistinguono lagere, non possa trovare significanza solo nel consenso entro ovvero oltre la categoria di cui allart. 50 c.p., ma in coerenza con il principio da esso enunciato . Dunque, lagire del chirurgo sulla persona del paziente contro la volont di costui, salvo limminente pericolo di morte o di danno sicuramente irreparabile ad esso vicino, non altrimenti superabile, esita in una condotta illecita capace di configurare pi fattispecie di reato, quali violenza privata (art. 610 c.p., la violenza essendo insita nella violazione della contraria volont), lesione personale dolosa (art. 582 c.p.) e, nel caso di morte, omicidio preterintenzionale (art. 584 c.p.). Ci che rileva la violazione del divieto di manomissione del corpo delluomo e, quindi, la violazione consapevole del diritto della persona a preservare la sua integrit fisica nellattualit - come ora, a nulla valendo, in simile situazione, il rilievo che questa possa essere, eventualmente, migliorata - e il rispetto della sua determinazione a riguardo del suo corpo, in aderenza al principio personalista della nostra Costituzione, nella specie contrassegnato dagli artt. 2 e 32, secondo comma. Donde lassunto per il quale il medico chirurgo non pu manomettere lintegrit fisica del paziente, salvo pericolo di vita o di altro danno irreparabile altrimenti non ovviabile, quando questi abbia espresso dissenso. Nella sentenza Sez. IV, 11 luglio 2001, n. 35822, Firenzani, trova eco, in campo penale, la tesi - gi da tempo affermatasi nella giurisprudenza civile - secondo la quale lattivit medica rinverrebbe la propria autolegittimazione dagli artt. 13 e 32 della Costituzione, giacch sarebbe riduttivo [] fondare la legittimazione della attivit medica sul consenso dellavente diritto (art. 50 c.p.) che incontrerebbe spesso lostacolo di cui allart. 5 c.c., risultando la stessa di per s legittima, ai fini della tutela di un bene, costituzionalmente garantito, quale il bene della salute, cui il medico abilitato dallo Stato; ferma restando la necessit del consenso debitamente informato del paziente, anchesso costituzionalmente presidiato (cfr, fra le tante, Cass., Sez. III civ., 25 novembre 1994, n. 10014; Sez. III civ., 15 gennaio 1997, n. 364, nonch, pi di recente, Sez. I civ., 16 ottobre 2007, n. 21748; Sez. III civ., 28 novembre 2007, n. 24742; Sez. III civ., 15 settembre 2008, n. 23676). Nellaffermare gli identici principi, la sentenza Firenzani sottolinea che la legittimit in s dellattivit medica richiede per la sua validit e la sua concreta liceit, in principio, la manifestazione del consenso del paziente, il quale costituisce presupposto di liceit del trattamento medico-chirurgico, afferendo, esso, alla libert morale del soggetto e dalla sua autodeterminazione, nonch alla sua libert fisica, intesa come diritto al rispetto della propria integrit corporea: tutti profili riconducibili al concetto di libert della persona, tutelato dallart. 13 Cost. Non sarebbe dunque configurabile, in capo al medico, un diritto di curare come espressione di una posizione soggettiva qualificata, derivante dalla abilitazione allesercizio della professione, giacch 202 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 essa, per potersi estrinsecare, comporta di regola il consenso della persona che deve sottoporsi al trattamento sanitario, salvo i casi di trattamento obbligatorio ex lege, o le ipotesi di incapacit a prestare il consenso o di stato di necessit. Pertanto la mancanza del consenso (opportunamente informato) del malato o la sua invalidit per altre ragioni, determina larbitrariet del trattamento medico-chirurgico e la sua rilevanza penale, in quanto posto in violazione della sfera personale del soggetto e del suo diritto di decidere se permettere interventi estranei sul proprio corpo. Quanto, poi, alle ipotesi delittuose di carattere doloso astrattamente configurabili, le stesse potranno rinvenirsi negli artt. 610, 613 e 605 cod. pen., nel caso di trattamento terapeutico non chirurgico; nel caso, invece, di intervento chirurgico, il reato ipotizzabile quello previsto dallart. 582 cod. pen., perch qualsiasi intervento chirurgico, anche se eseguito a scopo di cura e con esito fausto, implica necessariamente il compimento di atti che nella loro materialit estrinsecano lelemento oggettivo di detto reato, ledendo lintegrit corporea del soggetto, avuto riguardo al diritto di ciascuno di privilegiare il proprio stato attuale. Il criterio di imputazione dovr essere, invece, di carattere colposo - conclude la sentenza - qualora il sanitario, in assenza di valido consenso dellammalato, abbia effettuato lintervento terapeutico nella convinzione, per negligenza o imprudenza a lui imputabile, della esistenza del consenso. La medesima linea prosegue, con ulteriori apporti argomentativi, anche nella sentenza della Sez. I, 29 maggio 2002, n. 26446, P.G. in proc. Volterrani, nella quale si afferma il principio secondo il quale in tema di attivit medico-chirurgica (in mancanza di attuazione della delega di cui allart. 3 della legge 28 marzo 2001, n. 145, con la quale stata ratificata la Convenzione di Oviedo del 4 aprile 1997 sui diritti delluomo e sulla biomedicina), deve ritenersi che il medico sia sempre legittimato ad effettuare il trattamento terapeutico giudicato necessario per la salvaguardia della salute del paziente affidato alle sue cure, anche in mancanza di esplicito consenso, dovendosi invece ritenere insuperabile lespresso, libero e consapevole rifiuto eventualmente manifestato dal medesimo paziente, ancorch lomissione dellintervento possa cagionare il pericolo di un aggravamento dello stato di salute dellinfermo e, persino, la sua morte. In tale ultima ipotesi - ha puntualizzato la sentenza - qualora il medico effettui ugualmente il trattamento rifiutato, potr profilarsi a suo carico il reato di violenza privata ma non - nel caso in cui il trattamento comporti lesioni chirurgiche ed il paziente muoia - il diverso e pi grave reato di omicidio preterintenzionale, non potendosi ritenere che le lesioni chirurgiche, strumentali allintervento terapeutico, possano rientrare nella previsione di cui allart. 582 cod. pen. Infatti, lattivit strumentale posta in essere dal chirurgo - quale lincisione della cute - priva di una propria autonomia funzionale, rappresentando nullaltro che un passaggio obbligato verso il raggiungimento dellobiettivo principale dellintervento, quello di liberare il paziente dal male che lo affligge. Tale attivit si inserirebbe dunque a pieno titolo, nellesercizio dellazione terapeutica in senso lato, che corrisponde allalto interesse sociale di cui si detto, interesse che lo Stato tutela in quanto attuazione concreta del diritto alla salute riconosciuto a ogni individuo, per il bene di tutti, dallart. 32 della Costituzione della Repubblica e lo fa autorizzando, disciplinando e favorendo la creazione, lo sviluppo ed il perfezionamento degli organismi, delle strutture e del personale occorrente. Per ci stesso questa azione, ove correttamente svolta, esente da connotazioni di antigiuridicit, anche quando abbia un esito infausto. A proposito, poi, della sussistenza - nel caso di specie - della scriminante dello stato di necessit di cui allart. 54 cod. pen., la stessa pronuncia rileva come nella pratica sanitaria, in IL CONTENZIOSO NAZIONALE 203 genere, e di quella chirurgica, in specie, salvo le ipotesi in cui non ricorra lintento di tutela della salute propriamente intesa, lattivit stessa sarebbe sempre obbligata, per non dire forzata. Il chirurgo preparato, coscienzioso, attento e rispettoso dei diritti altrui non opera per passare il tempo o sperimentare le sue capacit: lo fa perch non ha scelta, perch quello lunico giusto modo di salvare la vita del paziente o almeno migliorane la qualit. Donde lassunto per il quale sarebbe ravvisabile uno stato di necessit ontologicamente intrinseco alla attivit terapeutica, con la conseguenza che quando il giudice del merito riconosca in concreto il concorso di tutti i requisiti occorrenti per ritenere lintervento chirurgico eseguito con la completa e puntuale osservanza delle regole proprie della scienza e della tecnica medica, deve, solo per questa ragione, anche senza fare ricorso a specifiche cause di liceit codificate, escludere comunque ogni responsabilit penale dellimputato, cui sia stato addebitato il fallimento della sua opera. La giurisprudenza pi recente sembra abbandonare le posizioni pi estreme - fra quelle sin qui passate in rassegna - per collocarsi in linea con i principi codificati nelle massime, per cos dire, intermedie. Cos, nella sentenza della Sez. VI, 14 febbraio 2006, n. 11640, Caneschi, si ribadisce il principio secondo cui lattivit medica richiede per la sua validit e concreta liceit la manifestazione del consenso del paziente, che non si identifica con quello di cui allart. 50 c.p., ma costituisce un presupposto di liceit del trattamento; derivandone da ci che la mancanza o la invalidit del consenso determinano la arbitrariet del trattamento medico-chirurgico e, quindi, la sua rilevanza penale, in quanto compiuto in violazione della sfera personale del soggetto e del suo diritto di decidere se permettere interventi estranei sul proprio corpo. Pi articolato, anche se non perviene ad approdi sostanzialmente innovativi, si presenta il percorso motivazionale che caratterizza la sentenza della Sez. IV, 16 gennaio 2008, n. 11335, p.c. in proc. Huscer, ove si ribadisce, in massima, che, in tema di trattamento medico-chirurgico, qualora, in mancanza di un valido consenso informato ovvero in presenza di un consenso prestato per un trattamento diverso, il chirurgo esegua un intervento da cui derivi la morte del paziente, non configurabile il reato di omicidio preterintenzionale, poich la finalit curativa comunque perseguita dal medico deve ritenersi concettualmente incompatibile con la consapevole intenzione di provocare unalterazione lesiva della integrit fisica della persona offesa invece necessaria per lintegrazione degli atti diretti a commettere il reato di lesioni richiesti dallart. 584 cod. pen. Dunque, il consenso espresso da parte del paziente a seguito di una informazione completa sugli effetti e le possibili controindicazioni di un intervento chirurgico, vero e proprio presupposto di liceit dellattivit del medico che somministra il trattamento, al quale non attribuibile un generale diritto di curare a prescindere dalla volont dellammalato. Il medico, infatti, di regola e al di fuori di taluni casi eccezionali (allorch il paziente non sia in grado per le sue condizioni di prestare il proprio consenso o dissenso, ovvero, pi in generale, ove sussistano le condizioni dello stato di necessit di cui allart. 54 cod. pen. ), non pu intervenire senza il consenso o malgrado il dissenso del paziente. In questa prospettiva, il consenso, per legittimare il trattamento terapeutico, deve essere informato, cio espresso a seguito di una informazione completa, da parte del medico, dei possibili effetti negativi della terapia o dellintervento chirurgico, con le possibili controindicazioni e la puntualizzazione della gravit degli effetti del trattamento. Il consenso informato, infatti, ha come contenuto concreto la facolt, non solo di scegliere tra le diverse possibilit di trattamento medico, ma anche eventualmente di rifiutare la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla, in tutte le fasi della vita, anche quella terminale. Tale 204 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 conclusione, fondata sul rispetto del diritto del singolo alla salute, tutelato dallart. 32 della Costituzione (per il quale i trattamenti sanitari sono obbligatori nei soli casi espressamente previsti dalla legge), sta a significare che il criterio di disciplina della relazione medico-malato quello della libera disponibilit del bene salute da parte del paziente in possesso delle capacit intellettive e volitive, secondo una totale autonomia di scelte, che pu comportare il sacrificio del bene stesso della vita e che deve sempre essere rispettata dal sanitario. Peraltro da tutto ci non pu farsi discendere la conseguenza che dallintervento effettuato in assenza di consenso o con un consenso prestato in modo invalido si possa sempre profilare la responsabilit a titolo di omicidio preterintenzionale, in caso di esito letale, ovvero a titolo di lesioni volontarie, giacch il contenuto dellelemento soggettivo di tali reati non di norma configurabile rispetto alla attivit del medico, mentre il consenso eventualmente invalido perch non consapevolmente prestato non pu ex se importare laddebito a titolo di dolo. Il medesimo ordine di idee stato infine ribadito anche dalla sentenza Sez. IV, 24 giugno 2008, n. 37077, Ruocco, intervenuta, peraltro, su una ipotesi di prescrizione di farmaci off label: vale a dire, la somministrazione di medicinali per finalit terapeutiche diverse da quelle riconosciute ai farmaci stessi. In tale sentenza si , da un lato, confermato il fondamento costituzionale del criterio di disciplina della relazione medico-malato, ed stato, dallaltro lato, ancora una volta escluso che dalla mancanza di valido consenso possa farsi discendere la responsabilit del medico a titolo di lesioni volontarie, o, nel caso di morte, di omicidio preterintenzionale. E ci perch il sanitario si trova ad agire con una finalit curativa che concettualmente incompatibile con il dolo delle lesioni; salvo che si versi in situazioni anomale e distorte, nelle quali potrebbe ammettersi la configurabilit di tali reati: per esempio, nei casi in cui la morte consegua ad una mutilazione procurata in assenza di qualsiasi necessit o di menomazione inferta, con esito mortale, per scopi esclusivamente scientifici. La valutazione penalistica del comportamento del medico, che abbia cagionato un danno per il paziente, non subisce variazioni a seconda che lattivit sia stata svolta con o in assenza del consenso: il giudizio sulla sussistenza della colpa e quello sulla causalit tra la condotta colposa e levento dannoso non presenta differenze di sorta a seconda che vi sia stato o non il consenso informato del paziente. Da tutto ci il corollario conclusivo, secondo il quale il consenso informato del paziente alla somministrazione del trattamento sanitario non pu costituire, ove lo stesso trattamento abbia cagionato delle lesioni, un elemento per affermare la responsabilit a titolo di colpa di questultimo, a meno che la mancata sollecitazione del consenso gli abbia impedito di acquisire la necessaria conoscenza delle condizioni del paziente medesimo (sulla libert di autodeterminazione del paziente, come limite al dovere medico di intervenire, v. Cass., Sez. IV, 4 luglio 2005, n. 38852, p.m. in proc. Del Re; Cass., Sez. IV, 23 gennaio 2008, n. 16375, p.c. in proc. Di Domenico. Per una posizione volta a privilegiare la possibilit di risolvere i casi in cui latto medico affetto da vizi del consenso, facendo ricorso agli istituti della cosiddetta colpa impropria, attraverso la utilizzazione delle categorie dellerronea supposizione della causa di giustificazione (art. 59, c. 4, c.p.) e delleccesso colposo nella causa stessa (art. 55 c.p.), v. Cass., Sez. V, 16 settembre 2008, n. 40252, Beretta). 4. - Dalla disamina test compiuta emerge, dunque, come primo dato di riflessione, il sostanziale recepimento in sede penale della tesi civilistica della cosiddetta autolegittimazione della attivit medica, la quale rinverrebbe il proprio fondamento, non tanto nella scriminante tipizzata del consenso dellavente diritto, come definita dallart. 50 cod. pen., quanto nella IL CONTENZIOSO NAZIONALE 205 stessa finalit, che le propria, di tutela della salute, come bene costituzionalmente garantito. Al riguardo, la giurisprudenza costituzionale ha da tempo messo in luce la circostanza che il bene della salute tutelato dallart. 32, primo comma, della Costituzione, non solo come interesse della collettivit, ma anche e soprattutto come diritto fondamentale dellindividuo (sentenza n. 356 del 1991), che impone piena ed esaustiva tutela (sentenze n. 307 e 455 del 1990), in quanto diritto primario e assoluto, pienamente operante anche nei rapporti tra privati (sentenze n. 202 del 1991, n. 559 del 1987, n. 184 del 1986, n. 88 del 1979). Il diritto ai trattamenti sanitari dunque tutelato come diritto fondamentale nel suo nucleo irrinunciabile del diritto alla salute, protetta dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignit umana, il quale impone di impedire la costituzione di situazioni prive di tutela, che possano appunto pregiudicare lattuazione di quel diritto (v., fra le altre, sentenze n. 432 del 2005, n. 233 del 2003, n. 252 del 2001, n. 509 del 2000, n. 309 del 1999, n. 267 del 1998). Anche al di fuori di tale nucleo, daltra parte, il diritto a trattamenti sanitari Ǐ garantito a ogni persona come un diritto costituzionale condizionato alla attuazione che il legislatore ordinario ne d, attraverso il bilanciamento dellinteresse tutelato da quel diritto con gli altri interessi costituzionalmente protetti, tenuto conto dei limiti oggettivi che lo stesso legislatore incontra nella sua opera di attuazione in relazione alle risorse organizzative e finanziarie di cui dispone al momento. Ci comporta che, al pari di ogni altro diritto costituzionale a prestazioni positive, il diritto a trattamenti sanitari diviene per il cittadino pieno e incondizionato nei limiti in cui lo stesso legislatore, attraverso una non irragionevole opera di bilanciamento fra i valori costituzionali e di commisurazione degli obiettivi conseguentemente determinati sulla falsariga delle risorse esistenti, predisponga adeguate possibilit di fruizione delle prestazioni sanitaria (cfr., ex plurimis, sentenza n. 432 del 2005, n. 304 e 218 del 1994, n. 247 del 1992, n. 455 del 1990). Peraltro, proprio in attuazione del principio del supremo interesse della collettivit alla tutela della salute, consacrata come fondamentale diritto dellindividuo dallart. 32 Cost., linfermo assurge, nella nuova concezione della assistenza ospedaliera, alla dignit di legittimo utente di un pubblico servizio, cui ha pieno ed incondizionato diritto, e che gli vien reso, in adempimento di un inderogabile dovere di solidariet umana e sociale, da apparati di personale e di attrezzature a ci strumentalmente preordinati e che in ci trovano la loro stessa ragion dessere (sentenza n. 103 del 1977). In tale quadro di riferimento, dunque, sarebbe davvero eccentrico continuare a rinvenire nella sola scriminante del consenso dellavente diritto, di cui allart. 50 cod. pen., la base di semplice non antigiuridicit della condotta del medico; e ci anche senza evocare le problematiche frizioni che una siffatta, angusta prospettiva, potrebbe comportare rispetto ai limiti tracciati dallart. 5 del codice civile, il cui archetipo e la cui ratio di norma precostituzionale, si saldavano allesigenza di circoscrivere il diritto dellindividuo di poter fare illimitato mercimonio del proprio corpo. infatti significativa, a tal proposito, la circostanza che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 471 del 1990, nella quale ebbe a dichiarare la illegittimit costituzionale dellart. 696, primo comma, cod. proc. civ., nella parte in cui non consentiva di disporre accertamento tecnico o ispezione giudiziale sulla persona dellistante, ebbe a fornire una ricostruzione del valore costituzionale dellinviolabilit della persona come libert, nella quale postulata e attratta la sfera di esplicazione del potere della persona di disporre del proprio corpo. Il che ha consentito alla dottrina di desumere che lentrata in vigore della Carta costituzionale avrebbe prodotto modifiche tacite allart. 5 cod. civ., in particolare attraverso la sostituzione del concetto statico di integrit fisica, con quello dinamico di salute, di cui allart. 32 Cost., riconducendo, poi, il concetto ed il limite dellordine pubblico ai prin- 206 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 cipi generali dellordinamento, come tali non superabili dal singolo, cos come enucleati dalla stessa Carta fondamentale. Con lentrata in vigore della Costituzione, pertanto, e con laffermarsi del principio personalista ivi enunciato, la quaestio relativa alla portata dellart. 5 del codice civile non andrebbe pi impostata in termini di potere di disporre, ma di libert di disporre del proprio corpo, stante il valore unitario e inscindibile della persona come tale; e, quindi, in termini di libert di decidere e di autodeterminarsi in ordine a comportamenti che in vario modo coinvolgono e interessano il proprio corpo. Lattivit sanitaria, pertanto, proprio perch destinata a realizzare in concreto il diritto fondamentale di ciascuno alla salute, ed attuare - in tal modo - la prescrizione, non meramente enunciativa, dettata dallart. 2 della Carta, ha base di legittimazione (fino a potersene evocare il carattere di attivit, la cui previsione legislativa, deve intendersi come costituzionalmente imposta), direttamente nelle norme costituzionali, che, appunto, tratteggiano il bene della salute come diritto fondamentale dellindividuo. Daltra parte, non senza significato la circostanza che lart. 359 cod. pen. inquadri fra le persone esercenti un servizio di pubblica necessit proprio i privati che esercitano la professione sanitaria, rendendo dunque davvero incoerente lipotesi che una professione ritenuta, in s, di pubblica necessit, abbisogni, per legittimarsi, di una scriminante tipizzata, che escluda lantigiuridicit di condotte strumentali al trattamento medico, ancorch attuate secondo le regole dellarte e con esito favorevole per il paziente. Se di scriminante si vuol parlare, dovrebbe, semmai, immaginarsi la presenza, nel sistema, di una sorta di scriminante costituzionale, tale essendo, per quel che si detto, la fonte che giustifica lattivit sanitaria, in genere, e medico chirurgica in specie, fatte salve soltanto le ipotesi in cui essa sia rivolta a fini diversi da quelli terapeutici ( il caso, come noto, degli interventi a carattere sperimentale puro o scientifico, e degli interventi che si risolvano in un trattamento di pura estetica). Come, quindi, lattivit del giudice che adotti, secondo legge, una misura cautelare personale non potr integrare il delitto di sequestro di persona, e ci non perch la sua condotta scriminata semplicemente dallart. 51 cod. pen., ma in quanto direttamente coperta dallart. 13 Cost., allo stesso modo pu dirsi garantita dalla stessa Carta lattivit sanitaria, sempre che ne siano rispettate le regole ed i presupposti. 5. - Dal divieto di trattamenti sanitari obbligatori, salvo i casi previsti dalla legge, secondo quanto previsto dallart. 32, secondo comma, Cost. e dal diritto alla salute, inteso come libert di curarsi, discende che il presupposto indefettibile che giustifica il trattamento sanitario va rinvenuto nella scelta, libera e consapevole - salvo i casi di necessit e di incapacit di manifestare il proprio volere - della persona che a quel trattamento si sottopone. Presupposto, anche questo, che rinviene base precettiva, e, per cos dire, costitutiva, negli stessi principi dettati dalla Carta fondamentale. Sul punto, baster richiamare una recentissima pronuncia della Corte costituzionale (sentenza n. 438 del 2008), nella quale la tematica del consenso informato stata scandagliata ex professo, offrendosi dellistituto del consenso al trattamento medico un quadro definitorio dettagliato e del tutto sintonico con gli approdi cui era gi pervenuta, come si fatto cenno, la giurisprudenza di questa Corte. Il Giudice delle leggi ha infatti avuto modo di puntualizzare che il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, si configura quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi nellart. 2 della Costituzione, che ne tutela e promuove i diritti fondamentali, e negli artt. 13 e 32 della Costituzione, i quali stabiliscono, rispettivamente, che la libert personale inviolabile, e che nessuno pu essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione IL CONTENZIOSO NAZIONALE 207 di legge. Daltra parte, ha osservato la Corte, anche numerose fonti internazionali prevedono la necessit del consenso informato del paziente nellambito dei trattamenti sanitari. Cos, lart. 24 della Convenzione sui diritti del fanciullo, firmata a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176, premesso che gli Stati aderenti riconoscono il diritto del minore di godere del miglior stato di salute possibile e di beneficiare di servizi medici e di riabilitazione, dispone che tutti i gruppi della societ in particolare i genitori ed i minori ricevano informazioni sulla salute e sulla nutrizione del minore . A sua volta, ha rammentato ancora la Corte, lart. 5 della Convenzione sui diritti delluomo e sulla biomedicina, firmata ad Oviedo il 4 aprile 1997, ratificata dallItalia con legge 28 marzo 2001, n. 145 (seppure ancora non risulta depositato lo strumento di ratifica), prevede che un trattamento sanitario pu essere praticato solo se la persona interessata abbia prestato il proprio consenso libero ed informato; lart. 3 della Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, sancisce, poi, che ogni individuo ha il diritto alla propria integrit fisica e psichica e che nellambito della medicina e della biologia deve essere in particolare rispettato, tra gli altri, il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalit definite dalla legge. La necessit che il paziente sia posto in condizione di conoscere il percorso terapeutico - ha ancora precisato la Corte - si evince, altres, da diverse leggi nazionali che disciplinano specifiche attivit mediche: ad esempio, dallart. 3 della legge 21 ottobre 2005, n. 219 (Nuova disciplina delle attivit trasfusionali e della produzione nazionale di emoderivati), dallart. 6 della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), nonch dallart. 33 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale), il quale prevede che le cure sono di norma volontarie e nessuno pu essere obbligato ad un trattamento sanitario se ci non previsto dalla legge. La circostanza, dunque, che il consenso informato trovi il suo fondamento direttamente nella Costituzione, e segnatamente negli artt. 2, 13 e 32 della Carta, pone in risalto - secondo il Giudice delle leggi - la sua funzione di sintesi di due diritti fondamentali della persona: quello allautodeterminazione e quello alla salute, in quanto, se vero che ogni individuo ha il diritto di essere curato, egli ha, altres, il diritto di ricevere le opportune informazioni in ordine alla natura e ai possibili sviluppi del percorso terapeutico cui pu essere sottoposto, nonch delle eventuali terapie alternative; informazioni che devono essere le pi esaurienti possibili, proprio per garantire la libera e consapevole scelta da parte del paziente e, quindi, la sua stessa libert personale, conformemente allart. 32, secondo comma, della Costituzione. Discende da ci - ha concluso la Corte - che il consenso informato deve essere considerato un principio fondamentale in materia di tutela della salute, la cui conformazione rimessa alla legislazione statale. 6. - I principi enunciati dalla Corte costituzionale, scolpiti, alla luce della pluralit di fonti che concorrono a rafforzarne gli enunciati, rappresentano, dunque, la ineludibile base precettiva sulla quale poter configurare la legittimit del trattamento sanitario in genere e della attivit medico-chirurgica in specie: con lovvia conseguenza che, ove manchi o sia viziato il consenso informato del paziente, e non si versi in situazione di incapacit di manifestazione del volere ed in un quadro riconducibile allo stato di necessit, il trattamento sanitario risulterebbe eo ipso invasivo rispetto al diritto della persona di prescegliere se, come, dove e da chi farsi curare. Ed proprio in questultima prospettiva che assume uno specifico risalto la normativa - non poco evolutasi nel corso del tempo - elaborata dagli organismi professio- 208 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 nali in campo di deontologia medica; giacch da essa, per un verso, si chiarisce la portata del circuito informativo che deve collegare fra loro medico e paziente, in vista di un risultato che - riguardando diritti fondamentali - non pu non essere condiviso; e, dallaltro lato, destinata a concretare, sul terreno del diritto positivo, le regole che costituiscono il prescrizionale per il medico, e la cui inosservanza fonte di responsabilit, non necessariamente di tipo penale. A seguito, infatti, della Convenzione di Oviedo, anche il codice deontologico, approvato dal Consiglio Nazionale della Federazione Italiana degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri il 3 ottobre 1998, ha proceduto ad una revisione del concetto di consenso informato, elaborando una definizione dello stesso pi in linea con i parametri interpretativi suggeriti dalla stessa Convenzione. Lart. 30 del nuovo codice, infatti, ha previsto che il medico debba fornire al paziente la pi idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate. Dietro esplicita richiesta del paziente, inoltre, il medico dovr fornire tutte le ulteriori informazioni che gli siano richieste. Lart. 32 ha a sua volta stabilito che il medico non debba intraprendere alcuna attivit diagnostica o terapeutica senza lacquisizione del consenso informato del paziente; con lulteriore necessit della forma scritta per la manifestazione di tale consenso nellipotesi in cui la prestazione da eseguire comporti possibili rischi per lintegrit fisica del soggetto. Lart. 34 ha infine stabilito che il medico deve attenersi, nel rispetto della dignit, della libert e dellindipendenza professionale, alla volont di curarsi, liberamente espressa dalla persona. Da simili principi, profondamente innovativi rispetto a quelli enunciati nel precedente codice del 1995, si tratto, quindi, il convincimento che fosse ormai superata la configurazione della attivit del medico come promanante da soggetto detentore di una potest di curare, dovendosi invece inquadrare il rapporto medico- paziente (al di fuori di qualsiasi visione paternalistica) nel contesto di quella che stata definita come una sorta di alleanza terapeutica; in sintonia, daltra parte con una pi moderna concezione della salute, che trascende dalla sfera della mera dimensione fisica dellindividuo per ricomprendere anche la sua sfera psichica. Simili risultati sono stati poi ribaditi anche nel successivo codice deontologico, approvato dalla medesima Federazione il 16 dicembre 2006, ed il cui art. 35 conferma, appunto, che il medico non deve intraprendere attivit diagnostica e/o terapeutica senza lacquisizione del consenso esplicito e informato del paziente, aggiungendo - quale ulteriore conferma del principio della rilevanza della volont del paziente come limite ultimo dellesercizio della attivit medica - che in presenza di un documentato rifiuto di persona capace, il medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volont della persona. Ferma restando, dunque, la sicura illiceit, anche penale, della condotta del medico che abbia operato in corpore vili contro la volont del paziente, direttamente o indirettamente manifestata, e ci a prescindere dallesito, fausto o infausto, del trattamento sanitario praticato, trattandosi di condotta che quanto meno realizza una illegittima coazione dellaltrui volere, lipotesi controversa, sulla quale occorre soffermarsi, riguarda invece il caso in cui, anche se in assenza di consenso espresso allo specifico trattamento praticato, il risultato dello stesso abbia prodotto un beneficio per la salute del paziente. E ci perch, non necessariamente il mancato rispetto delle regole di deontologia medica e degli stessi principi affermati in tema di consenso informato dalla Corte costituzionale e dalla stessa giurisprudenza di legittimit determinano la automatica applicabilit delle fattispecie penali che, tradizional- IL CONTENZIOSO NAZIONALE 209 mente, sono state evocate a tale riguardo. Occorre, infatti, verificare se quelle fattispecie, pur nellambito - e nei limiti - di un percorso ermeneutico che adegui la peculiarit del caso alla struttura delle norme (certo pensate per altri fini), siano o meno suscettibili di attrarre nella propria sfera precettiva il fatto di cui qui si tratta, senza debordare dai confini entro i quali consentita linterpretazione nel campo del diritto penale sostanziale. 7. - In tale cornice, occorre, dunque, preliminarmente esaminare se - con riferimento alla particolare vicenda che qui rileva - il mutamento del tipo di intervento operatorio, effettuato (in ipotesi) senza che tale variatio fosse stata in precedenza assentita dal paziente, malgrado il relativo esito fausto, integri o meno il delitto di violenza privata che i giudici del doppio grado di merito hanno ritenuto di ravvisare nella specie, riqualificando in tal senso loriginaria imputazione di lesioni personali volontarie aggravate. Al riguardo, non pu non rilevarsi come gli orientamenti giurisprudenziali che si sono espressi a favore di tale impostazione hanno scarsamente approfondito il tema, mettendo piuttosto in luce il fatto che lassenza del consenso comprometterebbe, non il valore della integrit fisica in s, quanto, piuttosto, quello della libera formazione del volere: con la conseguenza di ritenere per questa via praticabile la soluzione della violenza privata, non tanto sulla base di argomentati rilievi circa la conformit del fatto al tipo normativo, quanto per la ritenuta ontologica incompatibilit che dato ravvisare tra lattivit medico-chirurgica e il reato di lesioni volontarie. Assai pi articolata , invece, la posizione della dottrina. A proposito, infatti, del problema della sottoposizione del paziente ad un intervento chirurgico diverso da quello che questi aveva in precedenza autorizzato - paziente che dunque versa in stato di completa incoscienza per effetto della anestesia totale praticatagli - si osservato che, a differenza di quanto stabiliva lart. 154 del codice Zanardelli (e sulla base del quale era stata elaborata una antica e autorevole dottrina), nellart. 610 del codice vigente la violenza non sarebbe pi posta in rapporto con una perturbazione dellaltrui libera formazione del volere, ma con un comportamento concreto - di azione, di tolleranza o di omissione - non voluto dal soggetto passivo. Considerato, quindi, che la violenza non richiederebbe alcuna mediazione intellettiva da parte di chi la subisce e che essa concepibile anche nei confronti di un soggetto incapace di dissentire o consentire - come, appunto, il soggetto anestetizzato - si afferma che il chirurgo, nelleseguire un intervento diverso da quello consentito, esplicherebbe una energia fisica sul corpo del paziente, per tale via tenendo una condotta violenta, integrante una vis absoluta, perch il paziente, per le condizioni nelle quali si trova, non pu opporre alcuna resistenza. Tale tesi non pu essere condivisa. Al riguardo, va infatti rammentato, anzitutto, che la giurisprudenza di questa Corte ha pi volte avuto modo di puntualizzare che, ai fini della configurabilit del delitto di violenza privata, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente loffeso della libert di determinazione ed azione, ben potendo trattarsi di violenza fisica, propria, che si esplica direttamente nei confronti della vittima, o di violenza impropria, che si attua attraverso luso di mezzi anomali diretti ad esercitare pressioni sulla volont altrui, impedendone la libera determinazione (v. in tal senso, Cass., Sez. V, 18 dicembre 2002, n. 5407/03, De Bortolo; Sez. V, 17 giugno 2002, n. 30175, P.G. in proc. Rossello; Sez. V, 16 maggio 2002, n. 24175, P.G. in proc. Cardilli). E si pure puntualizzato, in proposito, che lelemento oggettivo del reato di cui allart. 610, cod. pen., costituito da una violenza o da una minaccia che abbiano leffetto di costringere taluno a fare, tollerare, od omettere una determinata cosa. Lazione o lomissione, che la violenza o 210 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 la minaccia sono rivolte ad ottenere dal soggetto passivo, devono per essere determinate, poich, ove manchi questa determinatezza, si avranno i singoli reati di minaccia, molestie, ingiuria, ma non quello di violenza privata (Cass., Sez. V, 18 aprile 2000, n. 2480, P.M. in proc. Ciardo). Daltra parte, versandosi, nella specie, in una ipotesi di violenza personale diretta, deve convenirsi con quanti ritengono che la nota caratterizzante tale forma di violenza vada ravvisata nella idea della aggressione fisica; vale a dire nella lesione o immediata esposizione a pericolo dei beni pi direttamente attinenti alla dimensione fisica della persona, quali la vita, lintegrit fisica o la libert di movimento del soggetto passivo. Il che sembra rendere del tutto impraticabile lipotesi che siffatti requisiti possano ritenersi soddisfatti nella specifica ipotesi che qui interessa. La violenza, infatti, un connotato essenziale di una condotta che, a sua volta, deve atteggiarsi alla stregua di mezzo destinato a realizzare un evento ulteriore: vale a dire la costrizione della vittima a fare, tollerare od omettere qualche cosa; deve dunque trattarsi di qualcosa di diverso dal fatto in cui si esprime la violenza. Ma poich, nella specie, la violenza sulla persona non potrebbe che consistere nella operazione; e poich levento di coazione risiederebbe nel fatto di tollerare loperazione stessa, se ne deve dedurre che la coincidenza tra violenza ed evento di costrizione a tollerare rende tecnicamente impossibile la configurabilit del delitto di cui allart. 610 cod. pen. Daltra parte, anche il requisito della costrizione presenta, con riferimento alla ipotesi del paziente anestetizzato che abbia acconsentito ad altro intervento chirurgico ed alla relativa anestesia, elementi di intrinseca problematicit, che vanno ben al di l della questione, dibattuta in dottrina, se i delitti contro la libert della persona possano essere commessi nei confronti di un soggetto che versi in stato di incoscienza. Il concetto di costrizione, postula, infatti, il dissenso della vittima, la quale subisce la condotta dellagente e per conseguenza di essa indotta a fare, tollerare od omettere qualche cosa, in contrasto con la propria volont. Nei confronti del paziente anestetizzato pleno iure, perch nel quadro di un concordato intervento terapeutico, il chirurgo che si discosti da quellintervento e ne pratichi un altro potr dirsi commettere un fatto di abuso o di approfittamento di quella condizione di incapacitazione del paziente, ma non certo di costrizione della sua volont, proprio perch, nel frangente, difetta quel requisito di contrasto di volont fra soggetto attivo e quello passivo che costituisce presupposto indefettibile, insito nel concetto stesso di coazione dellessere umano, verso (e, dunque, per realizzare consapevolmente) una determinata condotta attiva, passiva od omissiva. Va inoltre considerato - come la difesa dellimputato ha puntualmente messo in luce nella memoria difensiva - che la non riconducibilit nel perimetro applicativo dellart. 610 cod. pen., della condotta del chirurgo che approfitti della condizione di anestetizzato del paziente per mutare il tipo di intervento chirurgico concordato, si desume, univocamente, anche dalle precise scelte legislative operate in riferimento alla fattispecie, strutturalmente omologa, dettata dallart. 609-bis cod. pen. In essa, infatti, il legislatore ha ritenuto di introdurre una espressa equiparazione normativa tra lipotesi di costringimento, con violenza o minaccia, a subire atti sessuali, e lipotesi del compimento dellatto sessuale abusando delle condizioni di inferiorit fisica o psichica della persona offesa: eventualit, questultima, che certamente si realizza anche nellipotesi in cui la vittima sia - come nel caso di paziente anestetizzato - in condizioni di totale incoscienza. Ci sta dunque a significare che lo stesso legislatore, nel dettare la disciplina relativa ad altra ipotesi di violenza personale, ha dovuto dettare una apposita disposizione per equiparare condotte evidentemente fra loro non so- IL CONTENZIOSO NAZIONALE 211 vrapponibili, cos da escludere che lapprofittamento della condizione di incapacit, possa, naturalisticamente e giuridicamente, equivalere ad un fatto di per s integrante violenza. Per altro verso, una ulteriore conferma della impraticabilit della tesi che ritiene configurabile, nella specie, il delitto di violenza privata, pu desumersi pure dalle prospettive coltivate al riguardo de iure condendo. significativo, infatti, che nella bozza di articolato presentata il 25 ottobre 1991 dalla Commissione istituita dal Ministro della Giustizia con decreto dell8 febbraio 1988 per la predisposizione di un disegno di legge delega per lemanazione di un nuovo codice penale (cosiddetta Commissione Pagliaro) si sia avvertita la necessit di prevedere, all art. 70, comma 1, n. 4), una specifica disposizione, nel capo relativo ai reati contro la libert morale (ma in piena autonomia - ed proprio questo laspetto che qui rileva - dal delitto di violenza privata, previsto nel punto n. 1) - destinata a porre come direttiva la previsione, quale delitto, della attivit medica o chirurgica su persona non consenziente, consistente nel compimento di unattivit medica o chirurgica, anche sperimentale, su una persona senza il consenso dellavente diritto (e sussistente se il fatto non costituisce un reato pi grave). Escludere la punibilit - prevedeva ancora la ipotesi di norma di delega - quando il fatto comporti vantaggi senza alcun effettivo pregiudizio alla persona. Lesistenza, quindi, di un vuoto normativo da colmare era stata sin da quellepoca lucidamente avvertita. 8. - Esclusa, quindi, la possibilit di ritenere integrato, nel caso di specie, il delitto di violenza privata, occorre esaminare quella che stata ritenuta per lungo tempo lalternativa naturalisticamente privilegiata: vale a dire il reato di lesioni di cui allart. 582 cod. pen. E ci non solo per completare la risposta al quesito in ordine al quale queste Sezioni Unite sono state chiamate a pronunciarsi; ma anche perch la tematica stata direttamente trattata nel procedimento a quo, in quanto il delitto originariamente contestato allimputato era stato proprio il reato di lesioni personali volontarie aggravato. Ebbene, una significativa parte della giurisprudenza e della dottrina, concorde nel mettere in luce un dato assolutamente incontestabile: vale a dire la sostanziale incompatibilit concettuale che possibile cogliere tra lo svolgimento della attivit sanitaria, in genere, e medico- chirurgica in specie, e lelemento soggettivo che deve sussistere perch possa ritenersi integrato il delitto di lesioni volontarie. Una condotta istituzionalmente rivolta a curare e, dunque, a rimuovere un male non pu essere messa sullo stesso piano di una condotta destinata a cagionare quel male. Ci non esclude, per, che latto chirurgico integri - ove isolato dal contesto del trattamento medico-terapeutico - la tipicit del fatto lesivo, rispetto al quale lantigiuridicit non pu che ricondursi alla disamina del corretto piano relazionale tra medico e paziente: in una parola, al consenso informato, che compone la istituzionalit della condotta strumentale del chirurgo, costretto a ledere per curare. Il versante problematico si sposta, dunque, dalla antigiutidicit, derivante dal mancato consenso al diverso tipo di intervento chirurgico in origine assentito, alla tipicit delle lesioni dellintervento in s e delle conseguenze che da tale intervento sono scaturite: giacch, se latto operatorio ha in definitiva prodotto non un danno, ma un beneficio per la salute, proprio la tipicit del fatto, sub specie di conformit al modello delineato dallart. 582 cod. pen., a venire seriamente in discussione. La questione, pertanto, finisce per coinvolgere direttamente la disamina della nozione stessa di malattia, ai sensi dellart. 582 cod. pen., giacch anche a questo riguardo le interpretazioni offerte da giurisprudenza e dottrina si sono non poco evolute nel corso del tempo. Per lungo tempo, infatti, specie in giurisprudenza, il concetto di malattia ha fortemente ri- 212 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 sentito di quanto era stato al riguardo precisato nella Relazione ministeriale sul progetto del codice penale, giacch in essa si era puntualizzato che era stato fatto uso della espressione, correttamente scientifica, di malattia, anzich quella di danno nel corpo o perturbazione della mente, [l'art. 372 del codice Zanardelli, puniva, infatti, a titolo di lesione personale, la condotta di chi, senza il fine di uccidere, cagiona ad alcuno un danno nel corpo o nella salute o una perturbazione nella mente], giacch una malattia indistintamente qualsiasi alterazione anatomica o funzionale dellorganismo, ancorch localizzata e non impegnativa delle condizioni organiche generali. Simile approccio definitorio stato, infatti, pedissequamente recepito dalla giurisprudenza di legittimit, rimasta, sino ad epoca recente, consolidata nellaffermare che, in tema di lesioni personali volontarie, costituisce malattia qualsiasi alterazione anatomica o funzionale dellorganismo, ancorch localizzata, di lieve entit e non influente sulle condizioni organiche generali, onde lo stato di malattia perdura fino a quando in atto il suddetto processo di alterazione, malgrado il ritorno della persona offesa al lavoro (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. V, 2 febbraio 1984, n. 5258, De Chirico; Sez. V, 14 novembre 1979, n. 2650, Miscia; Sez. I, 30 novembre 1976, n. 7254, Saturno; Sez. I, 11 ottobre 1976, n. 2904, Carchedi). Sul punto, per, non pu non convenirsi con quanti ritengono che il concetto di malattia, pi che evocare limpiego di un elemento descrittivo della fattispecie, rinvia ad un parametro normativo extragiuridico, di matrice chiaramente tecnico-scientifica, tale da far s che il fenomeno morboso, altrimenti apprezzabile da chiunque in termini soggettivi e del tutto indistinti, presenti, invece, i connotati definitori e di determinatezza propri del settore della esperienza - quella medica, appunto - da cui quel concetto proviene. Poich, dunque, la scienza medica pu dirsi da tempo concorde - al punto da essere stata ormai recepita a livello di communis opinio - nellintendere la malattia come un processo patologico evolutivo necessariamente accompagnato da una pi o meno rilevante compromissione dellassetto funzionale dellorganismo, ne deriva che le mere alterazioni anatomiche che non interferiscano in alcun modo con il profilo funzionale della persona non possono integrare la nozione di malattia, correttamente intesa. Pertanto, la semplice alterazione anatomica non rappresenta, in s, un presupposto indefettibile della malattia, giacch ben possono ammettersi processi patologici che non si accompagnino o derivino da una modificazione di tipo anatomico, cos come, allinverso, una modificazione di questultimo tipo che non determini alcuna incidenza sulla normale funzionalit dellorganismo si presenta, secondo tale condivisibile impostazione, insuscettibile di integrare la nozione di malattia, quale evento naturalistico del reato di cui allart. 582 cod. pen. Per altro verso, non senza significato la circostanza che nel codice, la lesione non sia definita in s - quale semplice rottura della unit organica - ma in relazione allevento che essa deve determinare: e cio, appunto, una malattia del corpo o della mente. La circostanza, quindi, che la malattia pu riguardare tanto laspetto fisico che quello psichico dellindividuo, e poich tali due aspetti sono stati fra loro alternativamente considerati dal legislatore (attraverso luso della disgiuntiva o), se ne pu desumere che, unitario dovendo essere il concetto di malattia e considerato che non pu evocarsi una alterazione anatomica della mente, lunica alterazione che possibile immaginare, come comune ai due accennati aspetti, proprio - e soltanto - quella funzionale. Daltra parte, il concetto stesso di durata della malattia - sulla cui base parametrata la procedibilit e la gravit del reato - non pu che confermare una propensione al recepimento normativo della nozione funzionalistica IL CONTENZIOSO NAZIONALE 213 della malattia, del tutto in linea con i tradizionali approdi definitori cui pervenuta, anche se con variet di accenti, la medicina legale. A tale impostazione mostra, daltra parte, di aderire anche un significativo filone di giurisprudenza di questa Corte, attento a ricondurre il concetto di malattia nellambito di un paradigma di offensivit strutturalmente coeso con la nozione scientifica del concetto stesso, secondo la dichiarata intentio legis fatta palese dal Guardasigilli, nella richiamata Relazione ministeriale sul progetto del codice penale, ma poi tradita nel contenuto definitorio trasfuso in quel documento e supinamente recepito dalla giurisprudenza prevalenteUna prima, sensibile innovazione interpretativa rispetto alla tesi tradizionale stata, infatti, offerta dalla sentenza Sez. IV, 14 novembre 1996, n. 10643, P.C. in proc. Francolini, ove si affermato che il concetto clinico di malattia richiede il concorso del requisito essenziale di una riduzione apprezzabile di funzionalit, cui pu anche non corrispondere una lesione anatomica, e di quello di un fatto morboso in evoluzione, a breve o lunga scadenza, verso un esito che potr essere la guarigione perfetta, ladattamento a nuove condizioni di vita oppure la morte. Deriva da ci - ha concluso la pronuncia - che non costituiscono malattia, e quindi non possono integrare il reato di lesioni personali, le alterazioni anatomiche, cui non si accompagni una riduzione apprezzabile della funzionalit. In linea con simili affermazioni si collocano anche Sez. V, 15 ottobre 1998, n. 714, Rocca, Sez. IV, 28 ottobre 2004, n. 3448, Perna, e la pi recente sentenza Cass., Sez. IV, 19 marzo 2008, n. 17505, Pagnani, la quale, allesito di un percorso ricostruttivo delle diverse opinioni misuratesi sul tema, ha anchessa conclusivamente ribadito che, ai fini della configurabilit del delitto di lesioni personali, la nozione di malattia giuridicamente rilevante non comprende tutte le alterazioni di natura anatomica, che possono in realt anche mancare, bens solo quelle alterazioni da cui deriva una limitazione funzionale o un significativo processo patologico ovvero una compromissione delle funzioni dellorganismo, anche non definitiva, ma comunque significativa. Accedendo, dunque, ad una impostazione per cos dire funzionalistica del concetto di malattia, se ne devono trarre i necessari riverberi anche per ci che attiene allelemento soggettivo del delitto di cui allart. 582 cod. pen., giacch, se si ritiene che non possa integrare il reato la lesione che coincida, come evento causalmente derivato, in una mera alterazione anatomica senza alcuna apprezzabile menomazione funzionale dellorganismo, se ne deve dedurre che lelemento psicologico non potr non proiettarsi a coprire anche la conseguenza funzionale che dalla condotta illecita derivata. Per la verit, la giurisprudenza di questa Corte si mostrata propensa a ritenere che per la sussistenza del dolo nel delitto di lesioni personali non necessario che la volont dellagente sia diretta alla produzione di conseguenze lesive, essendo sufficiente lintenzione di infliggere allaltrui persona una violenza fisica; basta quindi - secondo tale impostazione - il dolo generico, che deve reputarsi sussistere - sia pure nella forma eventuale - anche in ipotesi di azione commessa ioci causa allorch lagente abbia previsto come probabile (e quindi ne abbia accettata la verificazione concreta) levento lesivo (cfr., ex multis, Cass., Sez. I, 7 giugno 1996, n. 6773, P.M. in proc. Poma; Sez. VI, 13 ottobre 1989, n. 3103, Lavera; Sez. V, 25 novembre 1986, n. 3038/87, Zito; Sez. V, 12 aprile 1983, n. 4419, Negovetich). Discende, poi, da tale orientamento la tesi della identit del dolo delle lesioni volontarie rispetto a quello delle percosse (Cass., Sez. V, 12 ottobre 1983, n. 9448, Ferrario; Sez. V, 3 febbraio 1984, n. 1564, Dal Pozzo). Anche a voler prescindere dalla dubbia condivisibilit teorica di siffatta ricostruzione dellelemento soggettivo del reato di lesioni volontarie, resta il fatto che essa oblitera un dato 214 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 normativo di ineludibile risalto, quale quello rappresentato dal fatto che levento naturalistico del delitto di cui allart. 582 cod. pen. si compone di un frammento definitorio - la lesione - che si specifica in un altro evento che dal primo deriva: appunto, la malattia, a sua volta da intendersi nel senso che si dianzi delineato. Se, dunque, si cagiona sul derma dellindividuo una soluzione di continuo che pu integrare la nozione di lesione, ci ancora in conferente, sul versante del trattamento medico-chirurgico, agli effetti della integrazione del precetto, se ad essa non consegua una alterazione funzionale dellorganismo. Pensare che questa conseguenza sia estranea alla sfera dellelemento psicologico, equivale ad estrapolare dallevento del reato un solo elemento definitorio, frantumandone, arbitrariamente, lunitariet che ad esso ha ritenuto di imprimere il legislatore. Sotto questo profilo, dunque, una diversa interpretazione non solo appare inaccettabile da un punto di vista di disamina strutturale della fattispecie - giacch la malattia finirebbe per atteggiarsi alla stregua di una eccentrica condizione obiettiva di punibilit - ma anche in grave frizione con il principio di colpevolezza, sancito dallart. 27, primo comma, della Costituzione, per il quale - secondo la costante interpretazione ad esso data dalla Corte costituzionale (v. da ultimo, la sentenza n. 322 del 2007 e le altre ivi richiamate) - postulato un coefficiente di partecipazione psichica del soggetto al fatto, rappresentato quantomeno dalla colpa, in relazione agli elementi pi significativi della fattispecie tipica, fra i quali non pu non essere annoverata proprio la malattia. 9. - Alla stregua dei riferiti rilievi dunque possibile trarre alcune conclusioni. Una prima considerazione, che appare per molti aspetti dirimente agli specifici fini che qui interessano, riguarda le peculiarit che caratterizzano, rispetto alla attivit sanitaria in genere, lintervento medico-chirurgico realizzato per fini terapeutici. In questultimo frangente, infatti, la condotta del medico non soltanto teleologicamente orientata al raggiungimento di uno specifico obiettivo prossimo, quale pu essere, in ipotesi, la riuscita, sul piano tecnico-scientifico, dellatto operatorio in s e per s considerato, quanto - e soprattutto - per realizzare un beneficio per la salute del paziente. questultimo, infatti, il vero bene da preservare; ed proprio il relativo risalto costituzionale a fornire copertura costituzionale alla legittimazione dellatto medico. Latto operatorio in s, dunque, rappresenta solo una porzione della condotta terapeutica, giacch essa, anche se ha preso avvio con quellatto, potr misurarsi, nelle sue conseguenze, soltanto in ragione degli esiti conclusivi che dallintervento chirurgico sono scaturiti sul piano della salute complessiva del paziente che a quellatto si - di regola volontariamente - sottoposto. Ecco gi, dunque, un primo approdo. Le conseguenze dellintervento chirurgico ed i correlativi profili di responsabilit, nei vari settori dellordinamento, non potranno coincidere con latto operatorio in s e con le lesioni che esso naturalisticamente comporta, ma con gli esiti che quellintervento ha determinato sul piano della valutazione complessiva della salute. Il chirurgo, in altri termini, non potr rispondere del delitto di lesioni, per il sol fatto di essere chirurgicamente intervenuto sul corpo del paziente, salvo ipotesi teoriche di un intervento coatto; sebbene, proprio perch la sua condotta rivolta a fini terapeutici, sugli esiti dellobiettivo terapeutico che andr misurata la correttezza dellagere, in rapporto, anche, alle regole dellarte. , quindi, in questo contesto che andr verificato lesito, fausto o infausto, dellintervento e quindi parametrato ad esso il concetto di malattia di cui si detto. ben vero, a questo riguardo, che la dottrina ha puntualmente evidenziato le difficolt che - a cagione della pluralit di considerazioni, di ordine clinico e di altro genere, che tale giudizio comporta - possono compromettere una valutazione certa e obiettiva in ordine ai IL CONTENZIOSO NAZIONALE 215 risultati scaturiti, per la salute del paziente, dallintervento medico-chirurgico. Ma si tratta di rilevi che, pur se non trascurabili, pertengono ad aspetti di merito che vanno affrontati e risolti nella competente sede. Pertanto, ove lintervento chirurgico sia stato eseguito lege artis, e cio come indicato in sede scientifica per contrastare una patologia ed abbia raggiunto positivamente tale effetto, dallatto cos eseguito non potr dirsi derivata una malattia, giacch latto, pur se anatomicamente lesivo, non soltanto non ha provocato - nel quadro generale della salute del paziente - una diminuzione funzionale, ma valso a risolvere la patologia da cui lo stesso era affetto. Dunque, e per concludere sul punto, non potr ritenersi integrato il delitto di cui allart. 582 cod. pen., proprio per difetto del relativo evento. In tale ipotesi, che quella che ricorre nella specie, leventuale mancato consenso del paziente al diverso tipo di intervento praticato dal chirurgo, rispetto a quello originariamente assentito, potr rilevare su altri piani, ma non su quello penale. Proprio sul versante della opinabilit della valutazione dei risultati conseguiti dallintervento chirurgico effettuato per fini terapeutici, una parte significativa della dottrina ha fatto leva per desumere come il difetto del consenso informato allo specifico atto operatorio eseguito possa, in fin dei conti, far ritenere che il concetto stesso di salute e di esito pi o meno fausto del trattamento chirurgico dovrebbe necessariamente postulare anche lapprezzamento e la scelta consapevole dello stesso paziente: il quale ben pu avere, della propria salute, una opinio affatto diversa da quella del medico e che, come tale, deve essere - trattandosi di diritto inviolabile della persona - adeguatamente cautelata e rispettata. Il rilievo coglie senzaltro nel segno, ma soltanto in una (auspicabile) prospettiva de iure condendo. Sul piano del fatto tipico descritto dallart. 582 cod. pen., infatti, il concetto di malattia - e di tutela della salute - non pu che ricevere una lettura obiettiva, quale quella che deriva dai dettami della scienza medica, che necessariamente prescinde dai diversi parametri di apprezzamento della eventuale parte offesa. evidente, comunque, che per esito fausto dovr intendersi soltanto quel giudizio positivo sul miglioramento apprezzabile delle condizioni di salute del paziente, ragguagliato non soltanto alle regole proprie della scienza medica, ma anche alle alternative possibili, nelle quali devono necessariamente confluire le manifestazioni di volont positivamente o indirettamente espresse dal paziente: ad evitare - quindi - che possa essere soltanto la monologante scelta del medico ad orientare e tracciare gli obiettivi terapeutici da perseguire, negligendo ci che il paziente abbia potuto indicare al riguardo. Ove, invece, lesito dellintervento non sia stato fausto, nei sensi dianzi delineati, la condotta del sanitario, avendo cagionato una malattia, realizzer un fatto conforme al tipo: e rispetto ad essa potr dunque operarsi lo scrutinio penale, nella ipotesi in cui, difettando il consenso informato, latto medico sia fuoriuscito dalla innanzi evidenziata copertura costituzionale. Ci non toglie, peraltro, che, nellambito della imputazione del fatto a titolo soggettivo - trattandosi pur sempre di condotta volta a fini terapeutici - accanto a quella logica incoerenza di siffatto atteggiamento psicologico con il dolo delle lesioni di cui allart. 582 cod. pen., gi posta in luce dalla prevalente dottrina e dai pi recenti approdi giurisprudenziali di questa Corte potranno assumere un particolare risalto le figure di colpa impropria, nelle ipotesi in cui - a seconda dei casi e delle varianti che pu assumere il vizio del consenso informato - si possa configurare un errore sulla esistenza di una scriminante, addebitabile ad un atteggiamento colposo, ovvero allorch i limiti della scriminante vengano superati, sempre a causa di un atteggiamento rimproverabile a titolo di colpa (artt. 55 e 59, quarto comma, cod. pen. ). 216 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 10. - Pu quindi concludersi nel senso che, ove il medico sottoponga il paziente ad un trattamento chirurgico diverso da quello in relazione al quale era stato prestato il consenso informato, e tale intervento, eseguito nel rispetto dei protocolli e delle leges artis, si sia concluso con esito fausto, nel senso che dallintervento stesso derivato un apprezzabile miglioramento delle condizioni di salute, in riferimento, anche alle eventuali alternative ipotizzabili, e senza che vi fossero indicazioni contrarie da parte del paziente medesimo, tale condotta priva di rilevanza penale, tanto sotto il profilo della fattispecie di cui allart. 582 cod. pen., che sotto quello del reato di violenza privata, di cui allart. 610 cod. pen. Alla stregua di tali rilievi la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perch il fatto non sussiste. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso della parte civile che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perch il fatto non sussiste. Cos deciso in roma, il 18 dicembre 2008. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 217 Legge n. 210/92: oscillazioni giurisprudenziali in tema di legittimazione passiva dellente tenuto alla prestazione (Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza 19 ottobre 2009 n. 22111) Premessa: i termini della questione Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione tornata ad occuparsi della questione della legittimazione passiva nei giudizi promossi ai sensi della legge 25 febbraio 1992, n. 210, e s.m.i. Discostandosi dal precedente orientamento (1), la Suprema Corte ha attribuito la legittimazione al Ministero della Salute, escludendo il coinvolgimento delle Regioni nel contenzioso. Ai fini della comprensione dellintricata vicenda, appare opportuno svolgere una breve premessa. Con la legge 210/1992 (2), il legislatore, sulla scorta di provvedimenti analoghi adottati in altri Paesi (3), ha inteso affrontare la drammatica emergenza sociale relativa ai soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile causate da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati, sancendo il diritto ad un indennizzo, da richiedersi allallora Ministero della Sanit (4)(5). (1) Nel senso della legittimazione passiva delle Regioni, infatti, tra le altre, Cass. 23 novembre 2006, n. 24889 (in Foro It., Mass. 2006, p. 2109); Cass. 8 maggio 2007, n. 10431 (ivi, 2007, p. 949); Cass. 4 aprile 2008, n. 8809 (in www.dejure.it), nonch, recentissime, Cass. (ord.), 24 settembre 2009, n. 20586 (inedita). In dottrina, affronta la questione A. DE SIMONE, Indennizzo ex lege n. 210/1992: termine triennale di decadenza per la proposizione della domanda amministrativa e legittimazione passiva nelle azioni giudiziarie, in www.personaedanno.it. (2) E successive modificazioni ed integrazioni. (3) In questo senso, si era gi orientato, per esempio, il legislatore statunitense, per quanto riguarda i danni relativi alle ipotesi di vaccinazione obbligatoria (cfr. G. PONZANELLI, Responsabilit speciali in common law: le ipotesi di vaccinazione obbligatoria, in Rassegna di diritto civile, 1991, 370). Degna di nota pare, altres, in tema di contagio da HIV, la legge francese del 31 dicembre 1991, n. 1406. (4) Il legislatore ha, quindi, deciso, in virt del precetto di cui allart. 2 della Carta Costituzionale, di prescindere dai consueti schemi della responsabilit civile ed introdurre un provvedimento afferente al paradigma dellassicurazione sociale (a riguardo si veda il contributo di G. PONZANELLI - A. BUSATO, Un nuovo intervento di sicurezza sociale: la legge 210/1992, in Corriere giuridico, 1992, 952). In particolare, la scelta legislativa pare motivata dallesigenza di fornire una tutela a soggetti che, in base alle norme vigenti, avrebbero notevole difficolt a trovare ristoro in sede giurisdizionale: in primo luogo, difetterebbero gli stessi imprescindibili elementi soggettivi dellillecito (dolo-colpa); secondariamente, sarebbe comunque assai difficile per le parti attrici assolvere allonere probatorio (ibidem, 955). Va comunque fatto presente che, fermo il principio della compensatio lucri cum damno (come ormai pacifico in giurisprudenza. Cfr., sul punto, Cass. S.U. 11 gennaio 2008, n. 584 in Foro Italiano, 2008, I, 451, con osservazioni di A. PALMIERI), nulla vieta, a differenza che nellordinamento nord-americano, la possibilit, per il danneggiato, gi titolare dellindennizzo, di esperire lazione risarcitoria ex art. 2043 cc e ss. (5) Chiarissimo, in questo senso, larticolo 8 della stessa legge 210/1992, il quale recita, al primo comma: Gli indennizzi previsti dalla presente legge sono corrisposti dal Ministero della Sanit. In un 218 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 Senonch, anticipando di qualche anno la rivoluzione copernicana attuata con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, il legislatore ha emanato, a completamento delle cosiddette leggi Bassanini (6), il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112. In particolare, per ci che pi rileva in questa sede, lart. 114 del decreto in parola (rubricato Conferimenti alle regioni) statuisce, al comma primo, che Sono conferite alle regioni [] tutte le funzioni e i compiti amministrativi in tema di salute umana e sanit veterinaria, salvo quelli espressamente mantenuti dallo Stato (7), nonch, con particolare riferimento, alle questioni di cui alla legge 210/1992, lart. 123 ( Contenzioso) dello stesso decreto, anche in questo caso al comma primo, prevede che, ad ogni modo, Sono conservate allo Stato le funzioni in materia di ricorsi per la corresponsione degli indennizzi a favore di soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati. Successivamente, il Governo emanava dapprima il d.P.C.M. 26 maggio 2000 (8), che allart. 3, comma primo (Decorrenze), stabiliva che Ai fini dellesercizio da parte delle regioni a statuto ordinario dei compiti e delle funzioni di cui allart. 1, le risorse individuate dal presente decreto sono trasferite a decorrere dal 1 gennaio 2001, poi, in attuazione di quanto convenuto in occasione dellaccordo tra Governo e Regioni del 2 agosto 2001 (9), il d.P.C.M. 8 gennaio 2002 (10), che stabiliva allart. 3 (Contenzioso) che restano a carico dello Stato, ai sensi dellart. 2 comma 4, del decreto del Presiprimo momento, quindi, la questione della legittimazione passiva non si era mai posta, risultando, per tabulas, la legittimazione dellamministrazione statale. Degno di nota , peraltro, il fatto che i successivi commi 2 e 3 dispongano al fine della relativa copertura di spesa. (6) L. 15 marzo 1997, n. 59 e l. 15 maggio 1997, n. 127. (7) In letteratura, su tale disposizione si vedano, oltre al recente R. FERRARA, Lordinamento della sanit, Torino, 2007, 128; A. PIAZZA, La tutela della salute, in Giornale di diritto amministrativo, 1998, 835; L. ZANETTI, in G. FALCON (a cura di), Lo Stato autonomista, Bologna, 1998, 377, sub art. 114; G. GARDINI, in G. FALCON (a cura di), Lo Stato, cit., sub art. 123; N. AICARDI, La sanit, in Trattato di diritto amministrativo, a cura di S. CASSESE, Diritto amministrativo speciale, Tomo I, Milano, 2003, 625 ss.; G. CILIONE, Diritto sanitario, Rimini, 2005, 85; R. BALDUZZI, Quanti sono i sistemi sanitari italiani? Unintroduzione, in I servizi sanitari regionali tra autonomia e carenze di sistema, Milano, 2005; F. PIZZETTI, Il nuovo ordinamento tra riforme amministrative e riforme costituzionali, 2003, passim. (8) Recante Individuazione delle risorse umane, finanziarie, strumentali ed organizzative da trasferire alle regioni in materia di salute umana e sanit veterinaria ai sensi del titolo IV, capo I del D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 112. (9) Il quale, al comma 2, prevede limpegno del Ministero della Salute a: mantenere nella propria competenza i benefici previsti dalla legge 25 febbraio 1992 n. 210, per gli indennizzi riconosciuti sino al 21 febbraio 2001, ad esclusione di quanto previsto dallart. 2 comma 3 della legge 25 febbraio 1992 n. 210 relativamente al caso di decesso. (10) Recante Rideterminazione delle risorse finanziarie da trasferire alle regioni e agli enti locali per lesercizio delle funzioni conferite dal D. Lgs. 31 marzo 1998 n. 112, in materia di salute umana e sanit veterinaria, ed, al successivo art. 4 (Disposizioni transitorie), al primo comma, che: Restano IL CONTENZIOSO NAZIONALE 219 dente del Consiglio dei Ministri 26 maggio 2000, gli oneri a qualsiasi titolo derivanti dal contenzioso riferito a qualsiasi ricorso giurisdizionale concernente le istanze di indennizzo trasmesse sino al 21 febbraio 2001 al Ministero della Sanit, dalle aziende sanitarie locali, ed al successivo art. 4 (Disposizioni transitorie), che restano a carico dello Stato gli oneri finanziari relativi agli indennizzi iscritti a ruolo sino al 21 febbraio 2001, al cui pagamento continuano a provvedere i dipartimenti provinciali del Tesoro, e che Restano, altres, nella competenza dello Stato, i benefici previsti della legge n. 210/1992, per gli indennizzi riconosciuti sino al 21 febbraio 2001, ad esclusione di quanto previsto dallart. 2, comma 3, della legge 210 del 1992, relativamente ai casi di decesso. Allesito di tale tormentato iter, la Suprema Corte, conformemente al dato testuale, allimpostazione di fondo ed alla logica finanziaria che emergevano dalla sopra sintetizzata regolamentazione, pronunciava la gi citata sentenza n. 24889 del 23 novembre 2006 (11). Secondo tale pronuncia, con riferimento al quadro normativo venutosi a determinare per effetto dei D.P.C.M. 8 gennaio 2002 e 24 luglio 2003 (in tema di rideterminazione delle risorse finanziarie da trasferire alle Regioni ed agli enti locali per l'esercizio delle funzioni conferite dal d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, in materia di salute umana e sanit veterinaria), successivamente alla precedente previsione contenuta nell'art. 3 del D.P.C.M. 20 maggio 2000, sulla scorta della quale le funzioni di indennizzo ai sensi della legge n. 210 del 1992 sono state trasferite alle Regioni con decorrenza 1 gennaio 2001, deve ritenersi che la portata della norma contenuta nell'art. 2, comma quarto, di quest'ultimo D.P.C.M. da intendersi nel senso che restano a carico dello Stato gli oneri derivanti dal contenzioso, instauratosi in sede esclusivamente giurisdizionale, relativo alle domande riguardanti l'indicato indennizzo le cui istanze siano state trasmesse dalle U.S.L. al competente Ministero (allora della Sanit, ora della Salute) fino al 21 febbraio 2001, con la conseguente attribuzione della legittimazione passiva in ordine a siffatte istanze in capo al suddetto Ministero a cui carico si devono, perci, considerare ancora accollati gli inerenti oneri. Tale orientamento, successivamente pi volte confermato, stato da ultimo disatteso dalla Suprema Corte con la pronuncia in commento. Una siffatta impostazione suscita, tuttavia, pi di una perplessit e non pu essere condivisa. a carico dello Stato gli oneri finanziari relativi agli indennizzi iscritti a ruolo sino al 21 febbraio 2001, al cui pagamento continuano a provvedere i dipartimenti provinciali del Tesoro, ed, al secondo, che Restano, altres, nella competenza dello Stato, i benefici previsti della legge n. 210/1992, per gli indennizzi riconosciuti sino al 21 febbraio 2001, ad esclusione di quanto previsto dallart. 2, comma 3, della legge 210 del 1992, relativamente ai casi di decesso. (11) Supra, nota 1. 220 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 Perch la pronuncia in esame non persuade Il nuovo orientamento sembra, in primo luogo, contraddire il dato normativo; secondo tale pronuncia, infatti, per tutte le istanze proposte ai sensi della legge 210/1992, qualunque sia lepoca della domanda amministrativa e qualunque sia la data in cui la medesima sia stata trasmessa dalle Usl al Ministero della Salute, la titolarit dal lato passivo del rapporto controverso spetta in ogni caso al Ministero della Salute. Secondo la Suprema Corte, una siffatta interpretazione sarebbe imposta dallart. 123 del gi citato decreto legislativo 112/1998; in particolare, secondo la lettura che di tale disposizione fornisce il Collegio, poich la norma rubricata Contenzioso, se ne dovrebbe ricavare che il termine ricorsi non si pu circoscrivere ai soli ricorsi amministrativi, la lettera della norma non lo consente e, daltra parte, sarebbe irragionevole trasferire alle regioni e quindi alle USL il debito assistenziale ed il relativo contenzioso giudiziario e mantenere allo Stato le liti in sede amministrativa. La sentenza evidenzia, inoltre, in primo luogo, che lopposta interpretazione implicherebbe una deroga ad una fonte sovraordinata (id est un atto avente forza di legge, quale lart. 123 del citato decreto legislativo 112/1998) da parte di fonti di rango inferiore (quali i D.P.C.M. del 2000 e del 2002). Secondariamente, si ritiene ulteriormente suffragata tale tesi dal titolo del D.P.C.M. del 2000 (12), che mostrerebbe come vi sarebbe solo mero trapasso di fondi dal Ministero alle ASL. Ancora: ulteriori elementi a favore della permanenza della legittimazione statale sono rinvenuti nello stesso testo della novellata legge 210/1992: poich lart. 3 prevede che le domande di indennizzo, pur presentate alle USL, siano comunque indirizzate al Ministero della Sanit, se ne desume che le USL continuerebbero a svolgere meri compiti amministrativi, mentre, proprio a causa della complessit delle questioni che la legge 210/1992 affronta, in particolar modo per quanto attiene alla sussistenza del danno ed allaccertamento del nesso causale, permarrebbe la legittimazione del Ministero, in quanto unico centro di verifica in grado di stabilire criteri uniformi cui attenersi per le valutazioni dei casi, ritenendosi che i giudizi non potrebbero essere affidati ai criteri adottati dalle singole USL. Orbene, una tale impostazione, lo si ribadisce, non pu che lasciare perplessi. In particolare, non pare condivisibile la lettura estensiva che il Collegio compie in relazione allart. 123 del d. lgs. 112/1998. La legge 210/1992 configura, infatti, quella che, in dottrina (13), viene (12) Individuazione delle risorse umane, finanziarie, strumentali ed organizzative da trasferire alle regioni in materia di salute umana e sanit veterinaria ai sensi del titolo IV, capo I del D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 112. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 221 qualificata come giurisdizione condizionata, ossia subordina lesercizio dellazione giurisdizionale, dinanzi al Giudice ordinario, allesaurimento di una procedura amministrativa (14). Lerrore in cui incorre la sentenza in commento sta nel non considerare correttamente il rapporto tra il procedimento amministrativo e leventuale, e successivo, processo civile: in realt, il fatto che la legge affidi listruttoria e la decisione sulle istanze al Ministero, non esclude che si verta in materia attribuita alla competenza delle singole Regioni, come dimostra il fatto che alle stesse risulta attribuita la correlativa dotazione finanziaria. Alla luce di quanto ora evidenziato, appare evidente che, in caso di proposizione del ricorso giurisdizionale, la data di presentazione in sede amministrativa dellistanza di indennizzo assume una valenza fondamentale: nulla quaestio per le cause relative ad istanze presentate precedentemente al 21 febbraio 2001, giacch in tali casi la legitimatio ad causam permane in capo al Ministero; per quanto concerne, invece, le domande successive, la legittimazione non pu che intendersi trasferita alle singole Regioni. Una diversa prospettazione, daltra parte, pare difficilmente sostenibile. Verrebbe, infatti, a configurarsi un sistema privo di qualsiasi coerenza interna: da un lato, si assisterebbe ad un trasferimento di funzioni e, soprattutto di risorse finanziarie, a favore delle Regioni, dallaltro si finirebbe per ignorare le radicali innovazioni introdotte negli ultimi anni nel nostro ordinamento in chiave di decentramento amministrativo e di trasferimento di competenze. Appare, dunque, evidente lirrazionalit di tale impostazione, dovendosi ribadire come il disposto dellart. 123 lasci in realt del tutto impregiudicata la questione della legittimazione passiva nei giudizi relativi ad istanze presentate dopo il 21 febbraio 2001. I rischi da evitare nella speranza che la questione possa trovare un assetto definitivo Non ci si pu esimere in questa sede dal rilevare alcune criticit cui tale delicato dibattito giurisprudenziale ha dato origine. (13) Per tutti: S. MENCHINI, La tutela del giudice ordinario, in Trattato di diritto amministrativo, a cura di S. CASSESE, Diritto amministrativo speciale, Tomo V, Milano, 2003, 4927. Sui problemi che listituto pone in relazione agli artt. 24 e 113 della Costituzione e sulla giurisprudenza della Consulta a proposito, si veda E. ANDOLINA - G. VIGNERA, I fondamenti costituzionali della giustizia civile, Torino, 1997, 75 ss. (14) Va, daltra parte, parte ricordato che, per quanto attiene alle controversie in materia previdenziale, vige il disposto di cui allart. 443 cpc. (Rilevanza del procedimento amministrativo). Tale norma, in particolare, si occupa di facilitare il ricorrente, prevedendo al secondo comma, che se il giudice nella prima udienza di discussione rileva limprocedibilit della domanda [] , sospende il giudizio e fissa allattore un termine perentorio di sessanta giorni per la presentazione del ricorso in sede amministrativa. Su tale norma, cfr. C. MANDRIOLI, Diritto processuale civile, III, Torino, 2007, 273. 222 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 La prassi forense vuole che, nel dubbio circa leffettiva titolarit dellobbligazione assistenziale in parola, il ricorrente chiami in giudizio tanto lamministrazione statale, id est il competente Ministero, quanto la singola Regione (15). Questo accorgimento evita conseguenze esiziali nei confronti della comprensibile domanda di giustizia dei soggetti danneggiati (16). Quid iuris, se, per, la domanda viene proposta nei confronti solo della Regione (ovvero solo del Ministero)? (17). Ecco, allora, che un elementare senso di rispetto nei confronti dellart. 24 della Costituzione imporrebbe un intervento tempestivo e chiarificatore delle Sezioni Unite. Si ritiene, infatti, di poter sicuramente concordare con quanto evidenziato nella pronuncia in esame, quanto allesigenza che il ricorrente sia posto nella condizione di poter conoscere agevolmente il destinatario della propria domanda; appare peraltro evidente come le inopportune oscillazioni della Suprema Corte vadano nel senso contrario e possano, in molti casi, anche tradursi in un diniego di giustizia. E certamente comprensibile che una svolta epocale, quale quella realizzatasi con le riforme relative al periodo 1998-2001, possa dare dito ad una serie di problematiche e difetti di coordinamento; occorre, tuttavia, porre rimedio, con la massima celerit, ad una situazione che va ad incidere su una tematica di cos elevato allarme sociale, quale quella di cui alla legge 210/1992. Dott. Biagio Fraudatario* Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza 19 ottobre 2009, n. 22111 - Pres. Roselli, Rel. Nobile, P.M. Matera - Ministero della Salute (Avvocatura Generale dello Stato) c. Regione Lombardia (avv.ti Tedeschini, Schiena e Vivone), C.A. (avv.ti Forgione e Romano) e A.S.L. 1 Provincia di Milano (n.c.) - Sent. n. 250/2005 CdA Milano. (Omissis) Con il primo motivo del ricorso principale il Ministero della Salute, denunciando la violazione degli artt. 112, 324,334 e 436 c.p.c e 2909 c.c., nonch vizio di motivazione, in sostanza cen- (15) Questo, in termini concreti, avviene, o mediante la richiesta di condanna alternativa/solidale, ovvero, mediante la richiesta di disporre la chiamata in giudizio dellente ritenuto effettivamente legittimato nel caso di estromissione dellamministrazione, statale o regionale, citata nel ricorso. (16) Permangono comunque, in talune occasioni, profili di criticit: si pensi ad eventuali condanne alle spese a favore dellente estromesso. (17) La questione non puro esercizio di accademia: si veda, infatti, in giurisprudenza, Cass. (ord.) 20586/2009, cit. (*) Dottore in giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 223 sura la decisione impugnata nella parte in cui ha affermato la inammissibilit dellappello incidentale tardivo di esso Ministero. Alluopo il ricorrente, richiamando la giurisprudenza di legittimit, deduce che, nelle cause inscindibili o dipendenti, la parte i cui interessi giuridici sono oggetto dellimpugnazione principale legittimata a proporre impugnazione incidentale tardiva, ai sensi dellart. 334 c.p.c. anche contro una parte diversa da quella che ha introdotto limpugnazione principale e su un capo di sentenza diverso da quello oggetto di questa impugnazione. Con il secondo motivo il Ministero, denunciando violazione degli artt. 7 commi 1 e 2 lett. a), e 114 d. lgs. 112/1998 e 3 d.P.C.M. 26/5/2000, 1, 2 e 4, d.P.C.M. 8/1/2002 nonch vizio di motivazione, in sostanza sostiene che nella fattispecie deve escludersi la sua legittimazione passiva. In particolare il ricorrente sostiene che non solo per le istanze successive al 31-12-2000, ma anche per quelle presentate prima del 31/12/2000, non definite alla data del 1-1-2001 n a quella indicata dallAccordo Stato Regioni del 21-2-2001, la legittimazione passiva rispetto alla domanda di condanna al pagamento dei benefici debba spettare unicamente alla Regione, e ci vale per tutti i ratei, sia per quelli maturati nel periodo successivo, sia per quelli maturati anteriormente al passaggio delle competenze. In sintesi secondo il ricorrente, se la legge (d. lgs. 112/1998) in combinato disposto con i d.P.C.M. 26-5-2000 e 8-1-2002, prevede un preciso momento per il transito della funzione e delle relative risorse alle Regioni e se tale transito regolarmente e tempestivamente avvenuto, non si comprende perch avendo lo Stato perduto i mezzi economici per far fronte agli impegni ex lege 210/92, eccezion fatta per gli indennizzi iscritti a ruolo o concessi entro il 21- 2-2001 esso debba comunque pagare ancora i ratei arretrati relativi a procedure non definite n al 31-12-2000 n al 21-2-2001, procedure che sar solo la Regione a dover definire. In conclusione, quindi, il Ministero sostiene che solo le Regioni dopo il 31-12-2000 esercitano la funzione e, pertanto, pagano i benefici, senza che rilevi il carattere arretrato degli stessi, avendone i mezzi economici ed essendo titolari esclusive della funzione amministrativa. Preliminarmente deve rilevarsi che la sentenza impugnata, al di l delle espressioni adottate di non facile comprensione, in sostanza, da un lato ha espressamente ritenuto inammissibile lappello incidentale tardivo del Ministero, dallaltro ha chiaramente affermato che Deve essere invece accolto lappello dellASL in quanto sembra che i suoi compiti in materia siano limitati alla istruttoria amministrativa della pratica, mentre laccertamento sanitario prerogativa del Ministero della Salute e lerogazione rimaneva a carico dello Stato per le domande di indennizzo presentate, come la presente anteriormente al 21 febbraio 2001. Nel contempo, del resto, la stessa decisione ha, conseguentemente, condannato il Ministero al pagamento delle spese del grado in favore della C. e della ASL 1 Milano. Tanto rilevato e considerato quindi che il decisum della Corte dAppello ha riguardato espressamente anche la questione della legittimazione passiva, che stata chiaramente affermata in capo al Ministero della Salute, ritiene il Collegio che, a fronte di tale decisione, deve essere esaminato in primo luogo il secondo motivo. Sulla questione si osserva che la tesi del Ministero ricorrente infondata. Deve infatti affermarsi, contrariamente a quanto deciso da questa Corte con la sentenza n. 10431 dell8 maggio 2007 (v. anche gi Cass. 24889 del 2311-2006) e altre successive conformi (Cass. 4-4-2008 n. 8809, Cass. 5-8-2008 n. 21139, Cass. 27-1-2009 n. 1882), che per tutte le istanze proposte ai sensi della legge 210/1992. qualunque sia lepoca della domanda 224 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 amministrativa e qualunque sia la data in cui la medesima sia stata trasmessa dalle Usl al Ministero della salute, la titolarit del lato passivo del rapporto controverso spetta in ogni caso al Ministero della Salute. La normativa concernente le prestazioni si compendia nella legge 25 febbraio 1992, n. 210, successivamente modificata dallart. 7 del D.L. 23 ottobre 1996 n. 548 convertito nella legge 20 dicembre 1996 n. 641, dallart. 1 della legge 25 luglio 1997 n. 238, a sua volta successivamente modificata dallart. 3 secondo comma della legge 14 ottobre 1999 n. 362/99 ed ancora dallart. 3 comma 145 legge n. 350 del 2003. Quanto alla legittimazione passiva, nella legge 210/1992 si prevedeva espressamente allart. 8 che Gli indennizzi previsti dalla presente legge sono corrisposti dal Ministero della sanit. Non si dubitava quindi che il legittimato passivo nelle relative controversie fosse il suddetto Ministero. E noto che poi il D.lgs n. 112 del 31 marzo 1998, emesso sulla base della legge delega n. 59 del 15 marzo 1997 ha previsto il Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali. Ed infatti allart 114 del citato d.lgs del 1998, inserito nel titolo IV, Capo primo avente ad oggetto Tutela della salute, si prevede che Sono conferite alle regioni, secondo le modalit e le regole fissate dagli articoli del presente capo, tutte le funzioni e i compiti amministrativi i tema di assume umana e sanit veterinaria, salvo quelli espressamente mantenuti allo Stato. In detta norma si fa quindi menzione solo dei compiti amministrativi da trasferire, in coerenza, peraltro, con lattuale quadro normativo generale, il quale vede incentrarsi presso le regioni, e per esse presso le USL, tutte le funzioni amministrative concernenti le pratiche che riguardano le condizioni sanitarie, non solo in relazione ai compiti istituzionali, attribuiti dal Servizio Sanitario Nazionale, di erogazione delle prestazioni mediche, ma anche per la erogazione di prestazioni economiche a carico di altri soggetti, come ad esempio per la materia riguardante linvalidit civile, in cui la domanda si presenta alla USL, mentre il soggetto pagatore lInps. In genere alle medesime USL attribuito anche il giudizio medico, il che non per nella specie, ossia per gli indennizzi previsti dalla legge 210/1992 in commento, perch in questo caso le USL fungono da meri organi addetti a raccogliere le istanze di indennizzo e la documentazione da allegare, mentre il giudizio medico poi demandato ad altro organo. Recita infatti lart 3 della legge 210/1992 come modificata, Domanda per ottenere lindennizzo che i soggetti interessati ad ottenere lindennizzo di cui allart. 1 comma 1 presentano alla USL competente le relative domande, indirizzate al Ministro della Sanit La USL provvede, entro novanta giorni dalla data di presentazione delle domande, allistruttoria delle domande stesse e allacquisizione del giudizio di cui allarticolo 4, sulla base di direttive del Ministero della Sanit. Indi lart. 4 della medesima legge Commissione Medico Ospedaliera prevede che Il giudizio sanitario sul nesso causale tra la vaccinazione, la trasfusione, la somministrazione di emoderivati, il contatto con il sangue e derivati in occasione di attivit di servizio e la menomazione dellintegrit psico-fisica o la morte espresso dalla commissione medico ospedaliera d cui allarticolo 165 del testo unico approvato con D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092. E vero poi, che sono le ASL ad erogare le prestazioni di legge: lo confermano i numerosi DPCM che progressivamente hanno trasferito sia il personale addetto, sia i fondi per provvedere, dal Ministero alle USL (DPCM 20 maggio 2000, 8 gennaio 2002 e 24 luglio 2003). Tuttavia il compito relativo alla erogazione pur sempre di natura amministrativa, ed quindi coerente con il Conferimento alle regioni delle funzioni e dei compiti amministrativi di cui al d. lgs. 112/1998. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 225 Quanto, poi, alla legittimazione, vero che, in via generale, che la legittimazione a contraddire in giudizio, si radica in capo al soggetto onerato della prestazione richiesta, tuttavia ci non vale quando la legge espressamente individua un soggetto diverso. Nella specie, nonostante il trasferimento alle regioni dellonere economico per la erogazione, la perdurante legittimazione del Ministero prevista dallart. 123 del d. lgs. 112/98, secondo cui Sono conservate allo Stato le funzioni in materia di ricorso per la corresponsione degli indennizzi a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati. Invero il titolo dellart. 123 Contenzioso, per cui il termine ricorsi non si pu circoscrivere ai soli ricorsi amministrativi, la lettera della norma non lo consente e, daltra parte, sarebbe irragionevole trasferire alle regioni e quindi alle USL il debito assistenziale ed il relativo contenzioso giudiziario e mantenere allo Stato le liti in sede amministrativa (infatti avverso il parere della CMO previsto il ricorso al Ministero della salute ai sensi dellart. 5 della legge), vale a dire nella sede in cui, caso mai, pi pressante lesigenza del contatto tra il cittadino assistibile e le amministrazioni locali. La prescrizione del citato art. 123 del d.lgs del 1998, che indica il Ministero come il soggetto che funge da controparte in sede contenziosa non pu che essere ovviamente derogato da disposizioni di rango inferiore quali i DPCM, i quali, si ripete, valgono solo a segnare liter temporale e burocratico di trapasso dei fondi dal Ministero alle ASL che il soggetto incaricato del pagamento. Lo si desume dallo stesso titolo del primo dei DPCM, quello del 26 maggio 2000, che reca come oggetto Individuazione delle risorse umane, finanziarie, strumentali ed organizzative da trasferire alle regioni in materia di salute umana e sanit veterinaria ai sensi del titolo IV, Capo I del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 112. Se ne trae, ancora, ulteriore conferma dalla legge 210/1992, come modificata, la quale prevede allart. 3 che I soggetti interessati ad ottenere lindennizzo di cui allart. 1 comma 1 presentano alla USL competente le relative domande indirizzate al Ministero della Sanit. E dunque il Ministero lorgano al quale al domanda amministrativa deve essere inoltrata, per cui coerente che, in caso di diniego in sede amministrativa il soggetto da chiamare in giudizio sia il Ministero. Inoltre, il quadro generale che emerge dalle disposizioni citate risulta del tutto ragionevole: le USL svolgono meri compiti amministrativi rispetto alle istanze rivolte ad ottenere lindennizzo di cui alla legge 210/1992, effettuando la relativa istruttoria sulla sufficienza della documentazione da produrre e verificando i termini di decadenza stabiliti per le domande, agendo peraltro sulla base delle direttive del Ministero (art. 3 comma 1), e provvedono altres alla erogazione dellindennizzo una volta che la Commissione medico ospedaliera di cui allart. 4 abbia espresso il giudizio medico positivo. Il Ministero della Salute resta invece deputato sia alla decisione sui ricorsi amministrativi, sia come soggetto da evocare in sede giudiziale, perch solo cos il medesimo pu avere una visione generale delle problematiche poste nellambito delle competenze espressamente riservate allo Stato dalla legge, ossia dallart. 12 del d.lgs. n. 112/98, comma 2 f). per cui, Sono riservate allo Stato le funzioni sul sangue umano ed i suoi componenti, la produzione di plasma, derivati e i trapianti. Daltra parte tutta la complessa problematica che la legge 210/92 comporta in termini di riscontro della esistenza delle menomazioni e sul nesso causale, e quindi sulla regolarit del sangue e dei suoi derivati, non potrebbe essere affidata ai criteri adottati dalle singole USL, ma abbisogna di un unico centro di verifica, capace poi di intervenire, se del caso, anche con i provvedimenti normativi che si rendessero necessari, e che non pu essere se non il Ministero della salute 226 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 Si gi detto che con la sentenza di questa Corte n. 10431 dell8 maggio 2007, e con altre successive conformi, si gi affermato invece, sulla base dei citati DPCM, che il Ministero legittimato passivo solo ove le domande gli siano state trasmesse dalle ASL fino al 21 febbraio 2001. Il Collegio intende discostarsi da questo indirizzo, per le ragioni sopra illustrate. Ad ulteriore confutazione va rilevato che, secondo detti precedenti,, questo sistema renderebbe agevole per il cittadino la conoscenza del soggetto da chiamare in giudizio. Sembra invece al Collegio, che, seguendo le prescrizioni del citato DPCM sarebbe difficile per linteressato sapere se deve evocare il Ministero o la USL, essendo col indicate, come discrimine temporale, date diverse, che il medesimo non in grado di conoscere: come la data di trasmissione dellistanza dalla USL al Ministero, o come la data di iscrizione a ruolo della pratica (che pu non coincidere con la data di presentazione). Il DPCM del 2003 reca infatti le seguenti previsioni: Art. 3. Contenzioso:Restano a carico dello Stato, ai sensi dellart. 2, comma 4, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 26 maggio 2000, gli oneri a qualsiasi titolo derivanti dal contenzioso riferito a qualsiasi ricorso giurisdizionale concernenti le istanze di indennizzo trasmesse sino al 21 febbraio 2001 al Ministero della Sanit dalle aziende sanitarie locali. Art. 4: Disposizioni transitorie: Restano a carico dello Stato gli oneri finanziari relativi agli indennizzi iscritti a ruolo sino al 21 febbraio 2001, al cui pagamento continuano a provvedere i dipartimenti provinciali del Tesoro. Restano, altres, nella competenza dello Stato, i benefici previsti della legge n. 210/1992, per gli indennizzi riconosciuti sino al 21 febbraio 2001, ad esclusione di quanto previsto dallart. 2, comma 3, della legge 210 del 1992, relativamente ai casi di decesso. Sembra quindi al Collegio, come risulta dal tenore letterale del DPCM, il quale fa esclusivo riferimento alle date di trasferimento dellonere economico, che la data del 21 febbraio 2001 segni solo il momento in cui questa passa da un soggetto allaltro: ossia dal Ministero, secondo il vecchio sistema, alle USL. I DPCM, in conclusione, determinano quindi solo termini e tempi del trapasso delle pratiche e dellonere economico, e quindi regolano i rapporti interni tra Ministero e USL, a cui linteressato risulta estraneo. Conclusivamente, dal quadro risultante dalla legge delega e dal decreto delegato emerge che le funzioni amministrative concernenti le pratiche di indennizzo sono state trasferite alle USL, ed a queste ultime stata anche attribuita la funzione di erogazione delle prestazioni, ferma restando, in tutti i casi, la legittimazione del Ministero in sede di ricorsi amministrativi e giudiziali. In tal senso ( e cos in parte correggendosi la motivazione della impugnata sentenza ex art. 384 c.p.c.) il secondo motivo del ricorso principale va respinto. Una volta, poi, respinto tale motivo e confermata comunque la legittimazione passiva del Ministero della Salute, nei sensi di cui sopra, va rilevata in sostanza la carenza di interesse del Ministero stesso in ordine al primo motivo, come sopra formulato Del resto la censura risulta inammissibile in quanto, avendo la Corte dAppello deciso su tutto il merito della controversia, il ricorrente principale non dice quale suo specifico motivo di appello si stato trascurato. Il ricorso principale va pertanto respinto. Resta infine assorbito il ricorso incidentale proposto dalla C. con il primo motivo allespresso fine di ottenere comunque la declaratoria di inammissibilit dellappello incidentale tardivo del Ministero, come conseguenza della declaratoria di inammissibilit dellASL (Per la conseguenza di inammissibilit dellappello incidentale tardivo del Ministero, si censura la sentenza della Corte dAppello di Milano nella parte in cui ha rigettato leccezione di IL CONTENZIOSO NAZIONALE 227 inammissibilit dellappello dellASL di Milano),e con il secondo motivo per sentire affermare in ogni caso, eventualmente modificando la sentenza impugnata, la insussistenza in capo al Ministero di un interesse tardivo allimpugnazione dipendente dallimpugnazione principale della ASL. La C., infatti, a seguito, come sopra, del rigetto del secondo motivo del ricorso principale del Ministero, con assorbimento del primo, risulta totalmente vittoriosa nei confronti del Ministero stesso nei cui riguardi alcun risultato pi favorevole potrebbe ottenere con leventuale accoglimento del ricorso incidentale. Infine ricorrono giusti motivi, per lesito di entrambi i ricorsi e per la complessit della materia, per compensare le spese tra le parti costituite. Nulla per le spese con la ASL Milano 1 rimasta intimata. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi , rigetta il ricorso principale, assorbito lincidentale, compensa le spese tra le parti costituite. Roma 24 settembre 2009. 228 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 La demanialit sopravvenuta del lago di Lucrino Aspetti processuali (vicende del giudicato nel tempo) e sostanziali (requisiti necessari affinch le acque interne possano essere considerate pubbliche) connessi allaccertamento della qualit di demanio idrico del lago di Lucrino (Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche, presso la Corte di Appello di Napoli, sentenza 10 febbraio 2010 n. 17) Dati storici ed antefatto Il lago Lucrino un lago costiero ad acqua salmastra di origine lagunare collegato al mare a mezzo di un ristretto canale; ubicato nel comune di Pozzuoli ed ha una superficie di 6.8 ha, un perimetro di 1250 metri ed una larghezza di 120 metri in media. Esso presenta interesse archeologico, essendo stato lavamposto dellantico Portus Julius, creato da Augusto nel 37 a.C.. Recenti ricerche archeologiche condotte nel comprensorio del Lucrino hanno permesso lindividuazione di numerosi complessi antichi, tra i quali quello del Balneum tritoli e delle stufe di Nerone. Il nome Lucrino deriverebbe da Lucrum e si riferirebbe ai guadagni che si traevano anticamente dalla coltivazione delle ostriche (che fu iniziata nel secolo I a.C. da tale Sergius Orata) e dalla pesca delle spigole; il lago fu celebratissimo da Orazio, Giovenale e Marziale per la vita allegra e lussuosa. La propriet del lago, fino alla cd. legge Galli (legge n 36/1994) - che ha reso pubbliche tutte le acque superficiali e sotterranee - era di privati. Con sentenza n. 9/1960 del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche presso la Corte di appello di Napoli (confermata, sul punto, dalla sentenza n. 22/1961 del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche) venne esclusa la natura di demanio idrico del Lucrino, dal momento che - tenuto conto dei caratteri geomorfologici del lago - non si ritenne sussistere il requisito delluso di pubblico generale interesse delle acque di cui allart. 1 del TU sulle acque n. 1775/1933 (requisito non pi richiesto dalla cd legge Galli in poi). Con sentenza n. 6118/1979 della Corte di Cassazione venne escluso che il lago in esame costituisse un bene demaniale marittimo ex art. 28 Cod. Nav. in quanto la situazione attuale del bene (ristrettezza del canale di collegamento del lago con il mare) esclude la comunicazione libera col mare almeno per una parte dellanno. Nellanno 1994 intervenne, come detto, la cd legge Galli, statuente che Tutte le acque superficiali e sotterranee [...] sono pubbliche [...] (art. 1 legge n. 36/1994); precetto poi sostituito dallarticolo 144 primo comma del IL CONTENZIOSO NAZIONALE 229 D.L.gvo n 152/2006, secondo cui, Tutte le acque superficiali e sotterranee [...] appartengono al demanio dello Stato. Tale carattere iterato dal DPR n. 238/1999 il quale, allart. 1 comma 1, stabilisce: Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico tutte le acque sotterranee e le acque superficiali, anche raccolte in vasi o cisterne. Instaurazione della lite diretta allaccertamento della demanialit idrica del Lucrino Alla luce di tale ius superveniens lAmministrazione Statale (Agenzia del Demanio e Ministero per i Beni e le Attivit Culturali) nel novembre del 2006 ha proposto ricorso al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche presso la Corte di Appello di Napoli (di cui, di seguito, si riporta il testo - all. 1), nei confronti di chi si vantava proprietario privato, diretto ad accertare che il lago di Lucrino e le sue pertinenze - e quindi lacqua, lalveo che la contiene, la riva che delimita lalveo e la spiaggia in uno alle relative pertinenze - di propriet dello Stato con la qualit di demanio idrico. Con memoria illustrativa (della quale, di seguito, si riporta il testo - all. 2) lamministrazione ha esplicato le sue difese, anche a contrasto delle avverse deduzioni. Sentenza decisoria della controversia Con sentenza pubblicata il 10 febbraio del 2010, il Giudice delle Acque di Napoli ha accolto il ricorso dichiarando la propriet dello Stato con la qualit di demanio idrico del lago di Lucrino e delle sue pertinenze. La sentenza presenta vari profili di interesse. Tra questi se ne evidenziano due. a) Vicende del giudicato nel tempo. Come evidenziato sopra, con un giudicato formatosi negli anni 60 del secolo scorso era stato escluso che il lago de quo costituisse demanio idrico. Il giudice delle acque, con la sentenza riportata, nel caso di specie ha fatto applicazione del principio secondo cui lautorit della cosa giudicata preclude la deduzione in un nuovo giudizio di fatti o norme precedenti la sua formazione, allo scopo di cancellarla o modificarla, mentre non preclude la deduzione e lesame di norme e fatti sopravvenuti ed idonei a produrre effetti giuridici nuovi e, perci, estranei alla materia a suo tempo dedotta in giudizio. Principio sintetizzabile con la massima secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile, ma non quello che non era ancora deducibile (Cass.18 febbraio 1991 n. 1682; Cass. 26 maggio 1986 n. 3525), ossia i fatti sopravvenuti, sia eventi fenomenici che nuove norme. Fatto sopravvenuto che nel giudizio di specie costituito dalla cosiddetta legge Galli (legge n. 36/1994, poi recepita nel D.Lgvo n. 152/1006), che ha diversamente configurato (amplian- 230 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 doli) i connotati costitutivi del concetto di demanio idrico. Lo ius superveniens non toglie efficacia al giudicato che continua a regolare fatti e situazioni gi verificatisi prima della sua formazione, ma opera soltanto per il futuro; in dottrina (S. MENCHINI, voce Giudicato civile in Il Diritto - Enciclopedia Giuridica del Sole 24 Ore, vol. VI, pag. 699-700) si precisa che ogni successiva modificazione giuridica esula dai confini della cosa giudicata. Quindi il principio di indifferenza del titolo costitutivo del diritto assoluto - operante nel caso delle domande cd. autodeterminate - negato quando trattasi di titoli succeduti nel tempo: in questo caso la deduzione in giudizio di un titolo pi recente pu comportare un mutamento della causa petendi (ATTARDI, In tema di limiti oggettivi della cosa giudicata, Riv. Trim. Dir. Proc. Civ. 1990, pag. 475). Di conseguenza il giudicante ha reputato che il precedente giudicato non osta ad una nuova statuizione sul punto. Alluopo ha richiamato, condividendolo, quanto affermato dal Tribunale di Napoli con sentenza del 16 dicembre 1972 (sempre sulla problematica de qua) secondo cui: E infatti principio del tutto pacifico che allorch un singolo bene appartenente ad un privato, vuoi per la trasformazione dei suoi caratteri che gli abbia fatto assumere la natura di bene demaniale, vuoi per lappartenenza ad una categoria che una legge sopravveniente abbia incluso nel demanio necessario, acquisti caratteristiche proprie del demanio necessario, il diritto di propriet privata si contrae fino alla totale eliminazione, giacch lordinamento giuridico vigente preclude che il bene possa formare oggetto di propriet privata. b) Pubblicizzazione di tutte le acque superficiali e sotterranee, a prescindere dalluso. Con lo ius superveniens sopraevidenziato (art. 1 legge n. 36/1994, art. 144 primo comma D.Lgvo n. 152/2006 e art. 1 comma 1 DPR n. 238/1999) stato superato il pregresso regime delineato nel R.D. n 1175/1933 che ricollegava la qualit di acque pubbliche allattitudine ad usi di pubblico generale interesse; Superamento determinato dallavere il legislatore inteso attribuire carattere demaniale ex lege a tutte le acque, di qualsiasi natura (siano esse dolci, salmastre o saline), e siano o meno esse utilizzabili per un uso di pubblico generale interesse (pag. 4 della sentenza del giudice delle acque). Il giudicante con ampia motivazione - richiamando il tenore letterale e linterpretazione sistematica della normativa sopravvenuta, la tutela ampia del patrimonio idrico contenuta in questultima, precedenti giurisprudenziali (sentenza n. 150/2005 del T.S.A.P., sentenza n. 259/1996 della Corte Costituzionale) - ritiene non condivisibile la tesi restrittiva dei resistenti secondo cui lo ius superveniens da riferire esclusivamente ai corpi idrici di acqua dolce, da cui soltanto possibile ricavare acque per consumo umano (potabile, casalingo, irrigazione, industriale). Ad accogliere la tesi restrittiva dei resistenti verrebbe a configurarsi un - inammissibile - triplice regime delle acque: 1) acque dolci: pubbliche ex 1. n. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 231 36/1994 e succ. mod.; 2) acque salse o salmastre idonee ai pubblici usi del mare: demaniali marittime cx art. 28 Cod. Nav.; 3) acque salse o salmastre non idonee ai pubblici usi del mare: private. Ci, come detto, inammissibile atteso che lassetto legislativo della materia prevede una mera bipartizione tra demanio idrico e marittimo, con la conseguenza che unacqua salmastra dichiarata estranea al demanio marittimo necessariamente appartiene a quello idrico e ricade quindi nellambito applicativo della legge n. 36/1994 e successive modificazioni. Avv. Michele Gerardo* (All. 1) CT 12012/05 GER TRIBUNALE REGIONALE DELLE ACQUE PUBBLICHE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI RICORSO dellAgenzia del Demanio e del Ministero per i Beni e le Attivit Culturali, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rapp.ti e difesi cx lege dallAwocatura Distrettuale dello Stato di Napoli presso i cui uffici domiciliano in Napoli alla Via Diaz n. 11 PREMESSO CHE 1. nel Comune di Pozzuoli (provincia di Napoli) ubicato un lago di origine lagunare denominato lago Lucrino detto anche Mariciello, spechio dacqua costiero; 2. il lago Lucrino riportato nel N.C.T. al foglio 77 del Comune di Pozzuoli; ~ !~ ~ 3. il lago Lucrino ha una superticie di 6,8 ha, un perimetro di 1250 metri e una larghezza di 120 metri in media. Riceve apporti dacqua da sorgenti termominerali, non quantificate. Il lago Lucrino un lago costiero ad acqua salmastra, separato dal mare da una lingua di terra sabbiosa; 4. il lago Lucrino occupa la met di unarea pianeggiante stretta tra i rilievi di Monte Nuovo, Vulcano Averno e la propaggine settentrionale del vulcano dei fondi di Baia; 5. la sponda meridionale del lago Lucrino contrassegnata da una consistente pressione antropica per la presenza della strada litoranea, dalla linea ferroviaria, dagli stabilimenti balneari, da un centro sportivo, da un supermarket e da un ristorante edificato direttamente sul lago. Una arteria asfaltata permette la circumnavigazione; 6. il lago in questione avamposto dellantico Portus Julius creato da Augusto nel 37 a.c. e presenta interesse archeologico. Recenti ricerche archeologiche condotte nel comprensorio del Lucrino, hanno permesso lindividuazione di numerosi complessi antichi, tra i quali quello del Balneum tritoli e delle stufe di Nerone. Al fine di una chiara descrizione fattuale e delle caratteristiche del lago Lucrino si produce (allatto della costituzione in giudizio) relazione descrittiva del lago Lucrino redatta nellanno (*) Avvocato dello Stato. 232 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 2006 dellAgenzia del Demanio, con corredo fotografico. 7. Il lago in questione appartiene al demanio idrico e quindi proprietario ne lo Stato ex art. 822 1 comma c.c. secondo cui: Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico (...) i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalla legge in materia. Ci ai sensi dellart. 1 L. n. 36/1994 secondo cui: Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorch non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidariet, abrogato e sostituito poi dallart. 144 1 comma del D.L.vo 3 aprile 2005 n. 52 secondo cui: Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorch non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato. In altri termini, il legislatore ha ritenuto il carattere demaniale tout court di tutte le risorse idriche, siano esse superficiali che sotterranee. Tale carattere rterato dal D.P.R. n. 238 del 18 febbraio 1999 il quale, allart. 1 comma 1, stabilisce Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico tutte le acque sotterranee e le acque superficiali, anche raccolte in invasi o cisterne. Con tale nuova normativa risulta, quindi, superato il pregresso regime delineato dal R.D. 11 dicembre 1933 n. 1775 che ricollegava la qualit di acque pubbliche allattitudine ad usi di pubblico generale interesse (art. 1 comma 1 R.D. n. 1775 cit.), avendo il legislatore operato a monte la scelta di riservare in via esclusiva al demanio dallo Stato la propriet di tali risorse. Da quanto detto ne consegue linconfigurabilit e, comunque, la caducazione di qualsivoglia diritto di natura privata sulle acque superficiali o sotterranee eventualmente sorto in virt della pregressa normativa il quale si presenta quindi - confliggente e recessivo rspetto alla sopraindicata normativa (L. n. 36/94, D.L.vo n. 152/06 e D.P.R. n. 238199) volta a salvaguardare le risorse idriche e lecosistema. Conseguenza di quanto detto che sottoposto alla sopraindicata normativa il lago di Lucrino il quale - come detto sopra - ha carattere demaniale ex lege e, come tale, di propriet pubblica. 8. in data 27 luglio 2005 con atto (del notaio Carlo Tafuri in Napoli Piazza Nicola Amore 14), Rep. N. 295062 - Raccolta 74213) stato alienato per il prezzo di euro 845.000 il sopradescritto (ai punti da 1 a 5 della premessa) Lago di Lucrino. Parte alienante, dichiaratasi proprietaria, stata S. C. nata a Bacoli il 01.11.1937, domiciliata in Napoli alla (omissis). Parte acquirente stata la societ ELGEA s.r.1. con sede in Napoli alla Via Consalvo 120/A in persona dellAmministratore Unico Affabile Roberto, nato a Napoli il (omissis). In tale atto (del quale al momento della costituzione in giudizio se ne produrr copia) il lago alienato viene - a pp. 2 e 3 - cos descritto: consistenza immobiliare sita in Pozzuoli (Napoli) - lago di forma irregolare denominato Lago di Lucrino o Maricello con relativa foce a mare attraverso apposito emissario sottopassante la Strada che da Pozzuoli porta a Miliscola e la Ferrovia Cumana; in Catasto Terreni: Foglio 77, P.lla 29 (gi 29/a), ente urbano, ha 7.89,85; - confinante con P.lla 149 (gi facente parte della P.lla 29 originaria) nonch con la P.lla 26 (che oggi comprende la 149) entrambe di propriet della dichiarante, Via Mliscela e Strada Comunale di Circumvallazione del Lago di Lucririo. La detta propriet pervenne alla dichiarante con atto Notaio Nicola Margarita di Napoli del 2 luglio 1966, trascritto a Napoli il 22 luglio 1966 ai nn. 36889t15635. Nellatto or descritto del Lago Lucrino si dice che trattasi di superficie lacustre (pag.4) e si precisa altres (pag. 7) allart. 9, che: Le parti espressamente convengono che larea di lago ex P.lla 149, oggi fa- IL CONTENZIOSO NAZIONALE 233 cente parte della P.lla 26, non oggetto di vendita, rimanendo essa, sia porzione di lago, sia costruzione su di esso realizzata, di propriet esclusiva d essa signora S. C. ; 9. stante la propret demaniale del bene oggetto del trasferimento (sopradescritto alla premessa n. 8) e la conseguente inalienabilit ai sensi dellart. 823 c.c., dello stesso bene, si deduce la nullit ex art. 1418 1 cornma e 823 1 comma c.c. dellatto di compravendita sopraccitato alla premessa n. 8; 10. lAgenzia del Demanio attributaria dellamministrazione dei beni immobili dello Stato con il compito di razionalizzarne e valorizzarne limpiego, mentre il Ministero per i Beni e le Attivit Culturali esercita le attribuzioni spettanti allo Stato in materia di tutela, gestione e valorizzazione dei beni culturali e dei beni ambientali. E interesse delle Amministrazioni in epigrafe, al fine della tutela delle materie delle quali sono attributarie, agire in giudizio al fine di accertare la propriet demaniale - rectius di demanio idrico - del c.d. lago di Lucrino e delle sue pertinenze. Gli elementi costitutivi del bene del quale si chiede laccertamento della propriet demaniale sono formati dallacqua, dallalveo che la contiene, dalla riva che delimita lalveo e dalla spiaggia, in uno alle relative pertinenze. Le Amm.ni in epigrafe si riservano di agire, con linstaurazione di distinto e autonomo giudizio al fine - tra laltro - di accertare altres la qualit (di demanio culturale del Lago di Lucrino e di conseguire la condanna dei possessori e/o detentori alla restituzione dello stesso in favore degli aventi diritto. Tutto ci premesso le Amministrazione ut supra rapp.te e difese propongono RICORSO a codesto Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche al fine della tutela delle proprie ragioni e CITANO 1) la sig.ra C. S. residente in Napoli alla Via (omissis) 2) la Societ ELGEA s.r.l. in persona del legale rapp.te p.t. domiciliato per la carica presso la sede sociale in Napoli (NA) alla Via Consalvo n. 120/A a comparire dinanzi al Giudice del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche pres so la Corte di Appello di Napoli delegato designando, nei soliti locali alludienza del 24 maggio 2007 ora di rito con invito a costituirsi nei termini di legge e con lavvertenza che la mancata costituzione entro tale termine importer lapplicazione delle decadenze previste per legge e la dichiarazione di contumacia per sentire accogliere le seguenti CONCLUSIONI voglia ladito giudice accertare e dichiarare, nel contraddittorio dei convenuti, che il cd. Lago di Lucrino e le sue pertinenze -e quindi lacqua, lalveo che la contiene, la riva che delimita lalveo e la spiaggia in uno alle relative pertinenze - descritto ai numeri 1, 2, 3, 4 e 5 delle premesse del presente atto appartiene, di propriet dello Stato con la qualit di demanio idrico. In via istruttoria si produce: Copia conforme dellatto di vendita redatto dal notaio Tafuri il 27/07/2005 n. 295062; relazione descrittiva del lago di Lucrino redatta nellanno 2006 dallAgenzia del Demanio con corredo fotografico. Si evidenzia che costituisce nozione di fatto che rientra nella comune esperienza la circostanza dellesistenza e dei caratteri del lago di Lucrino. Il lago di Lucrino riportato ordinariamente sulle carte geografiche della Campania. 234 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 Ove ladito giudice ritenga non provati i fatti costitutivi delle pretese delle domande proposte nella presente sede, si chiede di essere ammessi alla prova testimoniale sui capitoli di prova costituiti dalle premesse nn. 1, 2, 3, 4 e 5 del presente ricorso anteponendovi le parole vero che .. e si indicano quali testimoni (omissis) domiciliati presso lAgenzia del Demanio Filiale Campania - sede di Napoli. Il presente atto viene notificato anche alla Regione Campania, alla Provincia di Napoli e al Comune di Pozzuoli affinch valutino di esperire intervento in giudizio per la tutela degli interessi pubblici dei quali sono rispettivamente attributari. Si dichiara che il valore della lite indeterminato e che le Amministiazione in epigrafe non sono tenute al pagamento del contributo unificato delle spese del giudizio giusta la normativa di favore (ex plurimus aa. 59-61 D.P.R. n. 131/86, etc.) sulla presenza dello Stato nel giudizio e che le relative spese sono prenotate a debito. Napoli, 17 novembre 2006 Michele Gerardo Avvocato dello Stato (All.2) CT 12012/05 RG. 185/06 TRIBUNALE REGIONALE DELLE ACQUE PUBBLICHE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI - G.D. DOTT. ORILIA UD. COLLEGIALE 07/12/2009 MEMORIA ILLUSTRATIVA ***** DellAgenzia del Demanio e del Ministro per i Beni e le Attivit Culturali in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rapp.ti e difesi ex lege dallAvvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso i cui uffici .domiciliano in Napoli alla Via Diaz, 11 Nella lite contro 1) La sig.ra C. S., rapp.ta e difesa in virt di mandato dallAvv.to Paolo Di Martino, presso il quale elettivamente domicilia in Napoli alla Riviera di Chiaia n. 180 2) La Societ ELGEA S.rl in persona del legale rapp.te p.t. rappresentato e difeso in virt di mandato dagli Avvocati Stanislao Giammarino e Mario Ciancio e presso questultimo elettivamente domiciliato in Napoli alla Via S. Carlo n. 16 nel contraddittorio Della Regione Campania, in persona del legale rapp.te p.t.. domiciliato per la carica in Napoli alla Via S. Lucia n. 81 nonch nel contradclittorio della Provincia di Napoli, in persona del legale rapp.te p.t., rapp.to e difeso in virt di mandato dallAvv.to Aldo Di Falco con elezione di domicilio in Napoli alla Piazza Matteotti ti. 1. nonch nel contraddittorie del Comune di Pozzuoli in persona del legale rapp.te p.t. domidiliato per la carica presso la Casa Comunale in Via Tito Livio n. 2 *** IL CONTENZIOSO NAZIONALE 235 1) Con il presente atto le Amm.ni in epigrafe chiedono laccoglirnento delle conclusioni rassegnate nel Ricorso introduttivo della lite atteso che levoluzione del procedimento de quo ha.conferrnato il quadro delineato nel citato ricorso. In specie si richiama la relazione descrittiva del lago cli Lucrino redatta nellanno 2006 dallAgenzia del Demanio con corredo fotografico prodotta allatto della costituzione del giudizio. Inoltre si richiamano le Controdeduzioni alla consulenza di parte del 4/10/2007 dellAgenzia del Demanio prodotte alludienza del 23/10/2007. Inoltre si richiama la dissertazione pubblicata dal dr. M. Pagano sul lago Lucrno depositata in Cancelleria il 12/02/2008 con Nota di deposito. Si richiama altres il contenuto della sentenza della Corte di Cassazione a S.U.n. 20756 del 31/07/2008 prodotta alludienza del 23/12/2008 dalla difesa della Soc. Elgea. *** 2) Sulla fondatezza della domanda a) 11 lago di Lucrino un lagq, ossia una depressione del suolo occupata da acqua. La descrizione dello stesso contenuta nelle premesse da 1 a 6 del ricorso introduttivo del presente giudizio. In ordine alla classificazione del lago Lucrino come lago si richiamano le pagine da 8 a 11 della relazione descrittiva del lago Lucrino prodotta allatto della costituzione in giudizio e richiamata nel ricorso introduttivo della lite. Come detto nel ricorso il lago di Lucrino riportato ordinariamente sulle carte geografiche riguardanti la Campania. Non riveste natura di demanio marittimo, ancorch comunicante con un canale con il mare in quanto esso canale non riveste i requisiti del bacino che al meno durante una parte dellanno comunicano liberamente col mare (art. 28 lett. b cod. nav.) come ampiamente argomentato dalla sentenza n. 6118/79 della Corte di Cassazione prodotta dalla controparte Elgea srl;. requisiti richiedenti 1 attitudine oggettiva dello stesso ad essere utilizzato per fini di uso pubblico (pag. 9 della sentenza n. 6118 citata). La sentenza n. 6118/79 della Corte di Cassazione ha statuito proprio sui dati fattuali del lago di Lucrino (escludendone la qualit del demanio marittimo); sicch le sue argomentazioni - ancorch non aventi forza di giudicato nella odierna sede come si evidenzier - sono pregnanti nel caso de quo. b) il lago di Lucrino appartiene al demanio idrico. Alluopo le Amm.ni in epigrde cos dedussero nel punto 7 delle premesse (pag. 2) del ricorso introduttivo della lite. il lago in questione appartiene al dernanio idrico e quindi proprietario ne lo Stato ex art. 822 1 comma c.c. secondo cui: Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico (...) i fiumi, i torrenti, i laghi e altre acque definite pubbliche dalla legge in materia. Ci ai sensi dellart.. 1 L. n. 36/1994 secondo cui: Tutte le acqie superficiali e sotterranee; ancorch non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidariet abrogato e sostituito poi dallart. 144 1 comma del D.L.vo 3-4-2006 n. 152 secondo cui: Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorch non estratte dal sottosuolo appartengono al demanio dello Stato. In altri termini, il legislatore ha ritenuto il carattere demaniale tout court d tutte le risorse idriche, siano esse superficiali che sotterranee. Tale carattere iterato dal D.P.R. n. 238 del 18.02.1999 il quale, allart. 1 cornma 1, stabilisce; Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico tutte le acque sotterranee e le 236 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 acque superficiali anche raccolte in invasi o cisterne. Con tale normativa risulta, quindi, superato il pregresso regime delineato dal R.D. 11.12.1933 n. 1775 che ricollegava la qualit di acque pubbliche all attitudine ad usi di pubblico generale interesse (art. 1 comma 1 R.D.1775 cit.), avendo il legislatore operato a monte la scelta di riservare in via esclusiva al demanio dallo Stato la propriet di tali risorse. Da quanto detto ne consegue linconfigurabilit e, comunque la caducazione di qualsivoglia diritto di natura privata sulle acque superficiali o sotterranee eventualmente sorto in virt della pregressa normativa il quale si presenta - quindi - confliggente e recessivo rispetto alla sopraindicata normativa (L. N. 36/94, D.L.vo n. 152/06 e D.P.R. 238/99) volta a salvaguardare le risorse idriche e lecosistema. Conseguenza di quanto detto che sottoposto alla soprandicata normativa il lago di Lucrino il quale - come detto sopra - ha carattere demaniale cx lege e, come tale, di propriet pubblica. e) segue. I1 lago Lucrino appartiene al demanio idrico perch presenta i connotati previsti dalla normativa attualmente disciplinante la materia. Va precisato, richiamando la sentenza n. 15O/05 del T.S.A.P. (prdotta dalla controparte Elgea srI) dichiarante demanio pubblico il lago d Averno, che l art. 822 c.c. inserisce i laghi nel demanio pubblico, ma si deve ritenere che, prima della legge n. 36 del 1994 essi potessero qualificarsi demaniali, solo se aventi o destinati ad avere un uso di pubblico generale interesse, non essendo acque pubbliche semp1icemente per la loro esistenza come accade invece dopo il 1994 (art. 16-17 della sentenza). Va ancora precisato che nel vigore esclusivo del T.U. acque - accogliente una concezione restrittiva del concetto di demanio idrico rispetto alla successiva legge Galli - gli usi pubblici generali potevano essere i pi vari: produzione di elettricit, irrigazione, fornitura di acqua potabile, bonificazione dei terreni, attivit industriali o ittiogenetiche o di destinazione a scorte idriche o antincendio, balneazione o diporto e usi assimilabili (cos pag. 18 - 19 della citata sentenza n. 150/05); al fine di tali usi irrilevante che lacqua sia dolce o salmastra, potabile o non (cos ancora p. 19 della citata sentenza n. 150/05 con riferimento specifico al lago di Averno). Poi va precisato che nella normativa attualmente disciplinatrice della materia non vi alcuna limitazione nella individuazione dei requisiti connotanti come pubblica una data acqua, come peraltro gi disciplinato nellimperio del T.lJ. n. 1775 al lume di quanto appena detto sopra. Tutte le acque, senza limiti, superficiali e sotterranee appartengoto al demanio dello Stato (art. 144 1 comma D.L.vo n. 152/06 e art.1 D.P.R. n. 238/99). La normativa non prevede quindi che alcune acque, o le acque dolci, o solo le acque salmastre o saline appartengono al demanio dello Stato. La normativa chiara ed assoluta: tutte le acque, senza distinzione di uso quindi, (arg. ex aa. 144 comma 2 e comma 3, 146 comma 1 lett. a, lett. a e comma 2 D.L.vo n. 152/06), superficiali e sotterranee appartengono al demanio dello Stato. La circostanza che la normativa sopravvenuta si riferisce a tutte le acque, prescindendo dalluso, confermata anche dalla Corte Costituzionale. La Corte intervenendo sulla costituzionalit della cd. Legge Galli (art. 1 comma 1 L. 05/01/1994 n. 36 poi sostituito dallart. l44 D.L.vo n. 152/06, come sopra evidenziato) con le sentenze del 19 luglio 1996 n. 259 e 27 dicembre 1996 n. 419 pacificamente ha rilevato che tale legge si applca a tutte le acque indiscriminatamente; in specie poi la citata sentenza n. 419/96 interveniva in una lite che aveva ad oggetto un fosso di bonifica raccogliente le IL CONTENZIOSO NAZIONALE 237 acque meteoriche drenate dal terreno. Va evidenziato che, per tutto quanto dedotto, non rilevante, nel caso de quo - la massima della sentenza n. 53/99 del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche secondo cui: Le disposizioni della L. 5.1.1994 n. 37, laddove stabiliscono la demanialit in ogni caso dei beni in essa contemplati (nella specie, del letto di un fiume), non sono applicabili in via retroattiva e, quindi; non hanno la forza d modificare precedenti situa.ztoni giuridiche, tanto da estinguere diritti soggettivi su una determinata categoria di beni; pertanto tali norme non possono travolgere la propriet privata dei beni gi legalmente appartenenti ai privati . In prima analisi, la massima! va calata al caso di specie deciso. Dalla complessiva lettura della sentenza si evince che veniva in rilievo una sdemanializzazione tacita del demanio idrico avvenuta prima della novella dellart. 947 c.c. con la cd. legge Galli (novella statuente: in ogni caso esclusa la sdemanializzazione tacita dei beni del demanio idrico). Ove la novella fosse stata applicata alla sdemanializzazione tacita gi realizzatasi, ossia a stuazoni che alla data di entrata in vigore della legge Gallo non avevano - allattualit - alcunch di connotabile come demanio idrico, effettivamente si sarebbe realizzata una applicazione retroattiva della legge. Il che - in mancanza di una previsione di retroattivit prevista espressamente dalla legge - non possibile. Quando la legge Gallo entrata in vigore - nel caso deciso dalla citata sentenza n. 53 - non esisteva un bene avente i caratteri ontologici dellacqua pubblica, ma un antico alveo dimesso sul quale i privati avevano eretto da decenni alcune opere edilizie. Una lettura piana della sentenza nr. 53/99 consente di acclarare quanto evidenziato. Dalla sopracitata massima non pu per argomentarsi che la legge Galli (e le successive) non riguarda le acque appartenenti a privati alla data della sua entrata in vigore. Difatti, ove un acqua gi privata alla data di entrata in vigore della l. nr. 37/94, abbia i connotati designati dallart. 1 della legge citata, essa acqua diventa pubblica. Alcun limite del tipo evidenziato applicabile. Ci per una molteplicit di ragioni. 1) alcun limite vi nella legge. Non viene in rilievo - nel caso sottoposto a codesto Giudice (diversamente dal caso deciso dal T.S.A.P. con la sentenza nr. 53/99) - un problema di applicazione retroattiva della 1egge. La retroattivit implica la applicabiht della legge a condotte, ad atti pregressi. Ma nel caso di specie vi la disciplina di stati; di connotazione di beni che non pu non riferirsi ad essi ben; 2) dalla parte motiva delle citate sentenze della Corte Costituzionale si evince che, chiaramente il giudice delle leggi reputa applicabile la legge Galli alle acque cos come esistentii alla data di entrata in vigore della L. n. 36/ 94; 3) La L. n. 36/94 non pu che applicarsi alle acque esistenti. Implausibile la applicazione ad acque future. *** 3) Infondate sono le eccezioni sollevate dalle convenute. A) Sulla legittimazione attiva dellAmm.ne per i Beni e le Attivit culturali. Nella odierna lite si discute dellaccertamento della propriet pubblica del cd. lago di Lucrino contestata da privati, tanto che questi ultimi hanno alienato il cespite in questione. Allevidenza la qualit pubblica del cespite consente in maniera adeguata lesercizio delle attribuzioni del Ministero, viceversa non esercitabili con analoga efficacia ove il cespite fosse qualificato privato. In ordine alla qualit pubblica e, tra laltro, di bene culturale del lago di Lucrino si richiama quanto detto negli atti di causa e in specie la dissertazione prodotta il 12/2/2008 nella quale si d compiuntamente conto di tutti quei complessi antichi che sorgevano e sorgono sulle rive 238 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 del lago, di cui non pu sottacersi lintrinseco valore archeologico cu1turale derivante dal suo costituire, in uno con il bacino del lago dAverno, il complesso augusteo del Portus Julius. Tale situazione, come evidenziato nel punto 10 delle premesse del ricorso introduttivo della odierna lite, legittima ad agire il Ministero in epigrafe al fine della idonea tutela delle materie delle quali attributario. B) Sul rapporto tra lodierna lite e quella introdotta dalla signora S. nel dicembre 1995. Le convenute Elgea S.r.l. e S. C. lamentano la litispendenza e/o continenza - chiedendo anche la sospensione per pregiudizialit ex art. 295 c.p.c. dell odierno giudizio rispetto a quello introdotto dalla signora S. nellanno 1995 nel quale il Ministero dellEconomia e delle Finanze avrebbe proposto domanda riconvenzionale di accertamento della demanialit del lago di Lucrino. Le difese di controparte sul punto sono infondate per almeno tre ordini di ragione: a) alcun rapporto pu esistere tra i due soprandicati giudizi atteso che gli stessi - coinvolgono soggetti diversi. Per i principi in materia richiesta la identit dei soggetti coinvolti nelle due liti (tra le quali individuare un rapporto di litispendenza e/o - continenza e/o pregiudizialit implicante, la necessit della sospensione). Nellodierno giudizio vi lAgenzia del Demanio persona giuridica di diritto pubblico ed ente pubblico economico del tutto distinta dal Mnistero dellEconomia e delle Finanze; poi nel giudizio introdotto nel dicembre 1995 sono estranei, tra gli altri, anche il Ministero per i Beni e le Attivit Culturali, la Soc. Elgea sri e la Regione Campania; b) nel giudizio instaurato nel 1995, come pu agevolmente pu desurnersi dallo svolgimento del processo contenuto nella sentenza n. 20756/08 della Corte di Cassazione, il Ministero non ha proposto la domanda riconvenzionale descritta dalla controparte; c) il rapporto di litispendenza continenza e/o pregiudizinlit ex art . 29 cpc lamentato dai convenuti espressamente escluso anche dalla citata sentenza n. 20756/08 della Corte di Cassazione; C) Sulla competenza delladito giudice Le convenute eccepiscono che ladito giudice incompetente in quanto la competenza spetta al Tribunale Ordinario. La competenza per i principi in materia (arg. ex art. 10 c.p.c.) determinata in base alla domanda. Con il ricorso introduttivo dellodierno giudizio le Amm.ni in epigrafe hanno proposto la domanda di accertamento delle propriet dello Stato a titolo di demanio idrico del cd. lago di Lucrino e delle sue pertinenze. Tale lite rientra cx art. 140 lett. a) r.d. 11/12/1933 n. 1775 nella cognizione delladito giudice. Che un tale principio si applichi al caso di specie si desume, implicitamente e nel complesso, dellobter contenuto a pag. 9 della citata sentenza n. 20756/08 della Corte di Cassazione a S.U. Tale sentenza ha rigettato leccezione di difetto di giurisdiziore del giudice ordinario - eccezione basata sul rilievo che la demanialit idrica attribuita al Giudice delle Acque (Trap e Tsap)- per due ragioni: la prima perch la domanda di pronuncia sullaccertamento della demanialit idrica stata ritenuta nuova e la seconda perch il rapporto tra il giudice ordinario e quello specializzato non pone una questione di giurisdizione ma di competenza. Non ha affermato la Cassazione, n poteva per la chiara disciplina in materia, che la cognizione sulla demanialit idrica non attribuita al giudice delle acque. Le sentenze citate dalla convenuta Elgea S.r.l. (sentenza n. 22/61 del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche e sentenza n. 6118/79 della Corte di Cassazione) non sono pertinenti nel caso di specie per i motivi che si illustrano: a) il giudicato contenuto nelle citate sentenze non si estende alle Arnm.ni in epigrafe, soggetti IL CONTENZIOSO NAZIONALE 239 giuridici distinti ed autonomi rispetto a quelli coinvolti nei giudizi sfociati nelle due sopracitate sentenze. Ci per i limiti soggettivi del giudicato ex art. 2909 c.c. che richiede lidentit di persone, petitum e causa petendi. Va precisato che - diversamente da quanto opinato dalla convenuta S. (pag. 11 della comparsa di risposta) - tra il Ministero delle Finanze e I Agenzia del Demanio si avuta una mera vicenda organizzatoria; b) i giudicati contenuti nelle due sentenze COMUNQUE - ossia anche a volere estendere esso giudicato alle Amministrazioni n epigrafe - non operano nel presente giudizio per il principio secondo il quale il giudicato copre il dedotto ed il deducibile ma non quello che non era ancora deducibile, ossia i fatti sopravvenuti. Fatto sopravvenuto che nel giudizio di specie costituito dalla cd. legge Galli (L. n. 36/1994 poi recepita nel D. Lvo 3/7/2006 n. 152) che ha diversamente configurato, ampliando1i, iconnotati costitutivi del concetto di demanio idrico. Tale circostanza evidenziata anche nella sopracitata sentenza n. 20756/08 della Corte di Cassazione a Sezioni Unite enunciante essendo evidente lerrore in cui in corso la Corte di Appello di Napoli, facendo da un lato riferimento a giudicati formatisi in epoca precedente alla entrata in vigore della legge n. 36 del 1994 sulla base della quale andrebbe affermata la demanialit idrica (....) (pp.9-10 della sentenza). e) le due sentenze citate dalla controparte non dicono quanto affermato dalla stessa. Non esatto che la sentenza n. 6118/79 della Cassazione (prodotta dalla convenuta Elgea S.r.l) ha definitivamente chiarito la natura marina delle acque del lago di Lucrino; la sentenza in esame ha escluso che il lago di Lucrino costituisce un bene demaniale marittimo ex art. 28 cod. nav., in quanto la situazione attuale del bene (ristrettezza del canale di collegamento del lago con il mare ) esclude una comunicazione libera col mare almeno una parte dellanno (pag. 8 della sentenza). Non esatta laffermazione della convenuta Elgea S.r.l. secondo cui la non appartenenza al demanio idrico del lago di Lucrino e quindi lincompetenza di questo Tribunale stata accertata con sentenza del Tribunale Superiore delle Acque del 22.12.1961 n. 22/61 emessa a seguito di appello avverso la sentenza del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche presso la Corte di Appello di Napoli n. 9/60 del 26.10.1960, sulla considerazione che versavasi in tema di acque marittime difatti in tale sentenza il giudice si ritenne competente - confermando la sentenza di primo grado sul punto - in ordine allaccertamento della qualit pubblica o meno delle acque del lago di Lucrino, mentre si ritenne incompetente sulla problematica della qualificazione del lago di Lucrino come demanio marittimo; quanto ora evidenziato si evince dalla sentenza n. 6207/90 (pp.9-lO) del Tribunale di Napoli, dalla sentenza n. 11576/72 (pag. 16) del Tribunale di Napoli prodotte in giudizio dalla controparte Elgea S.r.l. Va precisato poi - che il giudizio sfociato nella sentenza n. 22/61 del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche coinvolgeva laccertamento della qualit di acqua pubblica del Lago di Lucrino alla stregua della disciplina e dei requ:isiti contenuti nellart. 1, del T.U. sulle acque (n. 1775/33), requisiti richiedenti un uso di pubblico generale interesse delle acque. Uso non pi richiesto a partire dalla cd. Legge Galli in poi. Va evidenziato che nel procedimento - in primo e in secondo grado - sfociato nella citata sentenza n. 22/61 del T.S.A.P. nellindividuare i requisiti acch si qualificasse pubblica unacqua Sri si tenne in considerazione la natura dolce o salmastra del lago. Vuol dirsi che la natura dolce o salmastra delle acque gi nel regime esclusivo del T.U. acque era neutra al fine della qualificazione dellacqua come pubblica. Ancora non pertinente il richiamo fatto dalla controparte Elgea S.r.l. alla sentenza n. 150/03 240 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 deI Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche affermante la natura di demanio idri co del lago dAverrio. Tale sentenza, dichiarante la natura di demanio idrico del lago di Averno nel regime dellart. 1 T.IJ. n. 1775/33 (ossia prima della cd. Legge Galli) contiene un mero richiamo alle statuizioni della sentenza del Tribunale delle Acque Pubbliche di Napoli del 26/10/1960 n. 9; peraltro tale richiamo (pag. 15 della sentenza n. 150/03) correttamente precisa che il T.R.A.P. escluse ILLO TEMPORE (ossia nella vgenza esclusiva del T.U. 1933 n. 1779 art. 1) la natura di demanio idrico del lago di Lucrino, che ha ritenuto solo virtuale e possibile ma non probabile luso dellinvaso citato per fini pubblici e generali; per il resto tale sentenza - come s dir in seguito - somministra elementi in favore della natura pubblica delle acque del lago di Lucrino. *** D) In ordine alle ulteriori deduzioni della societ Elgea Sr.l. (fatte proprie anche da C. S.). a) Alcuna rilevanza, al lume di tutto- quanto sopra evidenziato e anche al lume delle deduzion su limiti soggettivi del giudicato e sullo ius superveniens costituito dalla legge n. 36/94, hanno le numerose pronunce evidenziate dalla controparte a pagg. 11,12 e 13 della propria comparsa. Si precisa - per quanto non influente per il caso di specie alla luce dello ius supervenieris - che con la sentenza n. 6207/90 del Tribunale di Napoli stato riconosciuto un diritto allindennizzo alla S., ma non stata accertata con efficacia di giudicato la titolarit del diritto di propriet da parte della S. Il punto peraltro sub iudice nel giudizio nel quale intervenuta la sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 20756/08 sopracitata. Si precisa ancora - per quanto non influente per il caso di specie alla luce dello ius superveniens - che nelle sentenze del Tribunale del 29/5/1972, della Corte di Appello di Napoli del 2/7/1976 e della Corte di Cassazione n. 6118/79 non contengono laccertamento della propriet del sig. G. S. dante causa di C. S. Si rileva altres - per quanto non influente per il caso di specie alla luce dello ius supervenienis - che, come gi evidenziato sopra, erronea laffermazione della convenuta Elgea srl (a pag. 9 della comparsa) secondo cui il Tribunale Regionale delle Acque pubbliche nel 1960 avrebbe accertato che nel caso di specie versavasi in tema di acque marittime; una lettura piana della sentenza conferma quanto or dedotto. Da ultimo si precisa che le Amm.ni attoree diversamente da quanto ritenuto da controparte (pag. 13 della comparsa) non tornano su detto argormento fingendo di ignorare lampio dibattito gi sviluppatosi e le conclusioni a cui esso pervenuto. Difatti fin dal ricorso introduttivo della lite si precisato (punto 7 delle premesse) che lo ius supervenies (legge Galli e successive) comporta l inconfigurabilit e, comunque, la caducazione di qualsivoglia diritto di natura privata sulle acque superficiali e sotterranee eventualmente sorto in materia dalla pregressa normativa il quale si presenta - quindi - confliggente e recessivo rispetto alla sopraindicata normativa (L. 36/94 D.L.vo 152 (96 e D.P.R. n. 238/99). b) Infondati sono alla luce di quanto sopra precede, le deduzioni in ordine alla non invocabilit dellart. 1 L. n. 36/94. Difatti linterpretazione restrittiva della controparte non rinvenibilc nella normativa disciplinatrice della materia; il lago Lucrino non costituisce acqua marina; se tale fosse verrebbe in rilievo il demanio marittimo (il che non , come rileva anche la controparte). Le acque del IL CONTENZIOSO NAZIONALE 241 Lucrino o ricadono nel demanio marittimo o in quello idrico. Sicch ove si dichiari che le acque del Lucrino siano estranee al demanio marittimo devono dirsi necessariamente appartenenti a quello idrico e allora ricadere nellambito applicativo della L. 36/94 e D.L.vo n. 152/06. Alluopo si richiamquanto detto sopra in ordine alla avvenuta pubblicizzazione d tutte le acque a prescindere dalluso. Non pertinenta il - citato dalla controparte Elgea - decreto del 13.03.1995 del Ministro per i Beni Culturali e Ambientali che avrebbe dichiarato di interesse particolarmente importanante linvaso del lago Lucrino. E da ritenere infatti che lAmm.ne attese le risultanze catastali e al fine della tutela anche - tuzioristica dellarea - ha adottato il decreto de quo; decreto inutile alla luce della natura ontologica del bene. Peraltro tale decreto non risulta mai stato notificato ai destinatari. c) Infondati sono i rilievi della convenuta in ordine alla rappresentazione delle caratteristiche del lago Lucrino. In ordine ai caratteri del Lucrino si richiama quanto detto nel ricorso introduttivo, nella relazione descrittiva redatta nellanno 2006, allegata al ricorso introduttivo e nella ulteriore relazione datata 04/10/2007 prodotta alludienza del 23/10/2007. In tale ultima relazione, a proposito del parere del prof. Luciano Ferrara prodotto dalla convenuta Elgea allatto della costituzione in giudizio, si evidenzia che questultimo non apporta sostanziale nuovi elementi di reale contrapposizione alla descrizione fatta dallAmm.ne, ma alcuni approfondimenti di carattere biologico rappresentanti un contributo per la maggior conoscenza dellambiente del lago salato costiero o laguna salmastra/salata. Nella .relazione del 04/10/2007 si osserva altres: A proposito di questa ultima locuzione (laguna salmastra/salata), nella relazione di [controparte], risulta la proposizione di una diversa terminologia di individuazione del Lago di Lucrino, sostituito appunto dalla locuzione laguna salmastra/salata che sembra, nello - scenario disegnato dal consulente di contro parte] - proporre quasi un diverso ambiente naturale. In buona sostanza, per quanto riguarda lindividuazione degli elementi caratterizzanti, utili a determinare lattribuzione di un certo status giuridico allo specchio acqueo in questione per laccertamento della propriet al demanio dello Stato o al privato, le due locuzioni hanno esattamente la stessa valenza. Al fine di non intervenire in seguito su tale argomento, si richiama da subito, la pubblicazione Le lagune costiere: ricerca e gestione autori gli esimi professori G.C. Canada, F. Cicogna, E. Fresi ed in particolare il capitolo Lagune e stagni costieri ove nella introduzione, parlando d terminologia riportata nelle cartografie nazionali, si evidenzia, in relazione alla impropriet degli utilizzo di termini adoperati appunto nelle cartografie: Delle stesse impropriet non sono esenti le cartografie di altri paesi dove analoghi ambienti, vuoi per le dimensioni, vuoi per la tradizione volgare, vuoi per le definizioni idiomatiche locali, vengpno definiti a seconda dei casi (Olanda), (Egitto, USA), (USA). - Inoltre al capitolo Definizione di laguna e stagno costiero chiarisce: le lagune esistono solo in presenza di maree (.... )... , per laguna si intende un bacino costiero, dominato dalle maree, separato dal mare da un cordone litorale (insieme di lidi), ma comunicante con esso attraverso bocche (foci) lagunari.( ....) i termini , , , riferibili ad analoghe situazioni costiere rientrano nei tipi sopra definiti..... Nella citata relazione vi anche la classificazione del CNR che riporta il lago Lucrino nei 242 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 laghi italiani e riproduce la scheda tecnica relativa allo stesso. La citata relazione quindi conclude: Concludendo la vasta trattazione sviluppata nelle relazioni, - si pu affermare che lo specchio acqueo che identifica il lago di Lucrino, deriva dalla separazione a mezzo di un cordone sabbioso, da un braccio di mare aperto (Golfo di Lucrino), per evoluzione geomorfologica della linea di costa. Il Lago infatti - presenta fondali sabbiosi, invaso dallacqua di mare (demanio pubblico marittimo) con cui comunica a mezzo della bocca/foce (opere appartenenti al demanio pubblico marittimo), e riceve apporti di acqua dolce di origine termale (demanio pubblico idrico) dalle vasche di Pollio e dalle Stufe di Nerone (concessionarie), a mezzo di. un canale che immette al lago. Inoltre la flora e la fauna ivi presente, marina. - Si sottolinea, che nessuna caratteristica geomorfologica del Lago, che si identifica nel suo stesso specchio acqueo, ci riporta a conclusioni divese dal defmire lintero impianto del Lago di Lucrino appartenente al demanio pubblico dello Stato. d) la societ Elgea S.r.l. deduce che lAmm.ne avrebbe introdotto la odierna lite in via temeraria e richiama lart. 96 c.p.c. che espressamente prevede lobbligo di risarcimento del danno da liquidarsi anche dufficio. Motiva tale deduzione sulla base del fatto che: - lAmm.ne avrebbe agito non tenendo conto dellampio dibattito sviluppatosi in tema di propriet del lago di Lucrino e delle conclusioni alle quali pervenuta la giurisprudenza; - lAmmn.ne avrebbe fornito false informazioni anche a mezzo di una imprecisa e parziale relazione predisposta dalla stessa Agenzia del Demanio - lAmntne avrebbe introdotto lodierna lite sconsiglata dalla Capitaneria di Porto di Napoli (come descritto a pag. 18 della comparsa) con la nota del 1/11/2005 (prodotta in giudizio dalla Elgea) in riscontro alla nota dellAvvocatun Distrettuale dello Stato del 13/09/2005 con la quale si chiedevano alle Amm.ni notizie al fine di valutare la instaurazione della odierna lite. Tali motivazioni sono erronee: - lAmm.ne ha tenuto conto di tutto il pregresso ed ha reputato che la normativa sopravvenuta (L. n. 36/94, D.L.vo n. 152/06 D.P.R. n. 238/99) modificasse lo stato delle cose; - lAmm.ne in modo corretto con rilievi fotografici e rinvio al notorio, ha rappresentato i dati fattuali; - !Arnm.ne ha raccolto dati e notizie dalle varie articolazioni dellAmm.ne Statale sul problema e allesito di attenta istruttoria ha reputato - a tutela degli interessi erariali - proponibile lazione. Conseguenza di ci che le considerazioni espresse nella - nota - del 07/01/2005 della Capitaneria di Porto di Napoli (peraltro estranea al giudizio de quo) sono state reputate non condivisibili. LAmm.ne ha svolto un ampio e articolato lavoro con un ampio carteggio intercorso con lAvvocatura dello Stato, suo organo legale. Ci al fine di evitare appunto, di instaurare liti temerarie ed aggravare il carico di lavoro dei Tribunali. LAmm.ne evidenzia che i due documenti prodotti dalla convenuta Elgea - nota dellAvvocatura dello Stato del 13/09/2005 di richiesta di notizie e nota della Capitaneria di Porto di Napoli del 07/11/2005 di riscontro, ambedue antecedenti allinstaurazione della lite - sono sottratte al diritto di accesso in virt dellart. 2 del D.P.C.M. 26/1/1996 n. 200 sullaccesso dei documenti pertinenti lAvvocatua dello Stato il quale recita: Ai sensi dellart. 24, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241, in virt del segreto professionale gi. previsto dallordinamento, al fine di salvaguardare la riservatezza nei rapporti IL CONTENZIOSO NAZIONALE 243 fra difensore e difeso sono sottratti allaccesso i seguenti documenti: - - a) parere resi in relazione a lite in potenza o in atto e la inerente corrispondenza; b) atti defensionali; e) corrispondenza inerente agli affari di cui ai punti a) e b). Allevidenza, con la produzione dei due documenti stato violato il segreto professionale. E) In ordine alle ulteriori deduzioni di S. C. a) la convenuta S. - pp. 9-11 della comparsa di risposta - si vanta titolare dcl bene venduto alla Societ Elgea srl e, tra laltro, richiama i giudicati formatisi nel passato inter partes evidenziando altres che al sopravvenire della legge Galli e s.m.i. - in presenza di diritti reali - non importa la variazioni del rapporto reale posto a fondamento del petitum) e, pertanto, non vale ad impedire la preclusione dcl giudicato (alluopo si richiama Cass n. 6627/98). Come gi evidenziato sopra, quanto dedotto dalla contrcpatte contrasta con il principio secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile (tale il caso dcciso da Cass..6627/98 al punto 1A del DIRITTO) ma non anche quello che non era ancora deducibile (nella sentenza citata n. 6627/98 al punto 1 .B del DIRITTO la deduzione del ricorrente dellacquisto per usucapione in un momento successivo a quello di un precedente giudicato stata dichiarata inammissibile perch non prospettata nel precedente stadio processuale) ossia, i fatti sopravvenuti, sia eventi fenomenici che nuove norne. Vuoi dirsi: non vi - come gi evidenziato sopra - un problenna di caducazione del giudicato. I1 giudicato resta in piedi. Solo che la legge, con efficacia EX NUNC, a partire dal 1994 (entrata in vigore della legge Galli ha pubblicizzato le acque che in precedenza erano private. Leffetto del giudicato si mantiene - nel caso di specie - fino al 1994. Dal 1994 in poi vi una nuova disciplina. E principio comunemente accettato che lautorit della cosa giudicata preclude la deduzione in un nuovo giudizio di fatti o norme precedenti la sua formazione, allo scopo di cancellarla o modiflcar1a, mentre non preclude la deduzione e lesame di norme e fatti sopravvenuti ed idonei a produrre effetti giuridici nuovi e, perci estranei alla materia a suo tempo dedotta in giudizio, (S. Menchini voce Giudicato civile in Il Diritto - Enciclopedia Giuridica del Sole 24 ore vol. VI p. 699-700 il quale precisa: ogni successiva modificazione giuridica esula dai confini della cosa giudicata). Lo ius superveniens non toglie efficacia al giudicato, che continua a regolare fatti e situazioni gi verifatisi prima della sua formazione, ed opera cos soltanto per il futuro. Il principio di indifferenza del titolo costitutivo del diritto assoluto o dello status negato anche quando trattasi di titoli succeduti nel tempo: in questo caso la deduzione in giudizio - di un titolo pi recnt pu comportare un mutamento della causa petendi (Attardti, In terna di limiti oggettivi dellal cosa giudicata (Riv. Trim. proc. civ. 1990. 475). Tali principi sono stati, in misura piana, applicati anche dal Tribunale di Napoli nella citata sentenza n. 11576/72 (smpre sulla problematica de qua); alluopo il giudice ha precisato: E infatti principio del tutto pacifico che allorch un singolo bene appartenente ad un privato vuoi per la trasformazione dei suoi caratteri che gli abbia fatto assumere la natura di bene demaniale, vuoi per lappartenenza ad una categoria che una legge sopravveniente abbia incluso nel demanio necessario, acquisti caratteristiche proprie del demanio necessario, il diritto di propriet privata si contrae fino alla totale eliminazione, giacch lordinamento giuridico vigente preclude che il bene possa formare oggetto di propriet privata (pp. 26-27 della sentenza). b) Non fondata leccezione della S. di estensione del giudicato anche al Ministero per i Beni 244 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 e le Attivit Culturali (come dedotto a pag. 11 e 12 della comparsa di risposta). Non pertinente la giurisprudenza richiamata (Cass. 7523/07 e Cass. 4864/07) in tema di efficacia riflessa del giudicato nei confronti dei soggetti estranei al rapporto processuale. Difatti, tale efficacia riflessa presuppone che il soggetto estraneo vanti un diritto dipendente dalla situazione definita in quel processo. Ma, come peraltro precisa la citata sentenza nr. 7532/07, tali effetti riflessi sono impediti tutte le volte in cui il terzo vanti un proprio diritto autonomo rispetto al rapporto in ordine al quale il giudicato interviene, non essendo ammissibile che quegli ne possa ricevere un pregiudizio giuridico. Nel caso di specie, allevidenza, il Ministero vanta un diritto autonomo. Tutto ci detto si insiste acch vengano accolte le conclusioni rassegnate nel ricorso introduttivo della lite. Napoli 25 novembre 2009 Michele Gerardo Avvocato dello Stato Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche presso la Corte dAppello di Napoli, sentenza 10 febbraio 2010 n. 17 - Pres. Gallo, Est. Dacomo - Agenzia del Demanio e Ministero per i Beni e le Attivit Culturali (avv. Stato M. Gerardo) c. Elgea srl (avv.ti S. Giammarino e M. Ciancio), S. C. (avv. P. Di Martino). (Omissis) Motivi della decisione La domanda dei ricorrenti - entrambi legittimati, 1Agenzia del Demanio quale attributaria dellamministrazione dei beni immobili dello Stato, ed il Ministero dei Beni e delle Attivit Culturali in quanto esercitante le attribuzioni spettanti allo Stato in materia di tutela, gestione e valorizzazione dei beni demaniali - investe unicamente la titolarit del lago di Lucrino a titolo di demanio idrico, essendo stata esclusa la sua natura di demanio marittimo, come da precedenti giurisprudenziali. La sentenza n. 6118/1979 della Suprema Corte, per quanto non emessa nei confronti di tutte le parti in causa, ha escluso infatti la appartenenza del Lago al demanio marittimo per la mancanza della sua attitudine oggettiva ad essere utilizzato per fini di pubblico uso; e comunque non posta in questa sede (e peraltro questo Tribunale sarebbe incompetente a deciderla) la questione inerente appunto la sussistenza delle caratteristiche di cui allart. 28 del codice della navigazione. In relazione alla natura di demanio idrico, che costituisce unico oggetto dei presente giudizio, ed in relazione al quale pertanto da ritenersi la competenza di questo tribunale specializzato, come peraltro gi statuito in sentenza n. 9/1960 di questo Tribunale confermata dal TSAP con sentenza depositata il 9.12.1961 (che ha dichiarato la incompetenza del Tribunale delle Acque Pubbliche solo in relazione domanda di demanialita marittima del lago di Lucrino, confermando nel resto la sentenza che in primo grado aveva ritenuto la propria competenza in ordine alla domanda di riconoscimento di demanialit idrica, respingendola poi nel merito), va detto che nessuna rilevanza assumono i precedenti giurisprudenziali richiamati dalle parti (vedi anche Cass. n. 20756/2008). Infatti la piena propriet del lago da parte d S.G., dante causa di IL CONTENZIOSO NAZIONALE 245 S. C. e quindi della Elgea srl, come gi riconosciuta giudizialmente, in base alla normativa esistente al momento delle pronunce richiamate, stata contestata dalle ricorrenti esclusivamente in conseguenza della normativa sopravvenuta di cui allo art.1 legge n. 36/1994, secondo cui tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorch non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidariet; norma abrogata e sostituita poi dallart. 144 comma 1 del D.L.vo 3.4.2006 n. 152 secondo cui tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorch non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato. Con tale normativa sarebbe infatti stato superato il pregresso regime delineato dal R.D. n. 1775/1933 - che ricollegava la qualit di acque pubbliche alla attitudine ad usi di pubblico generale interesse -, e dallart. 822 cc - che doveva parimenti essere interpretato con riguardo alla necessaria sussistenza della attitudine a soddisfare un pubblico interesse: vedasi sentenza TRAP n. 9/1960, confermata dal TSAP, pronunciata nei confronti del Ministero dei Lavori Pubblici e delle Finanze e vincolante nei confronti degli attuali ricorrenti quali enti parimenti rappresentativi dello Stato e facenti parte della sua Amministrazione e che aveva costituito il substrato normativo per il riconoscimento della propriet privata del lago; superamento determinato dallavere il legislatore inteso attribuire carattere demaniale ex lege a tutte le acque, di qualsiasi natura (siano esse dolci, salmastre o saline), e siano o meno esse utilizzabili per un uso di pubblico generale interesse. Appare pertanto risolutivo esaminare se detta nuova normativa sia da interpretare come sostenuto dai ricorrenti, e sia applicabile alla fattispecie. Va detto in primo luogo che anche i resistenti non hanno dubitato della portata innovativa della cd. legge Galli (vedasi comparse di costituzione) in punto di estensione cx lege del carattere demaniale pur in assenza di una attitudine ad un uso pubblico; ed in effetti anche Cass. S.U. n. 10876/2008 evidenzia come la nuova normativa confermi la tendenza legislativa ad estendere lambito delle acque pubbliche indipendentemente dal pubblico generale interesse. Ora, risulta accertato in punto di fatto che il lago di Lucrino, di origine vulcanica, ҏ alimentato principalmente dalla acque pluviali e dalle sorgenti termominerali di San Filippo; e che se non fosse in comunicazione con il mare, avrebbe un livello appena leggermente pi basso di quello che raggiunge attualmente nella fase di massima escursione della marea sicch esso una unit idraulicamente ed idrologicamente indipedente e non pu considerarsi come unappendice del mare che si insinua naturalmente nella terra. Quanto alla comunicazione con il mare, essa artificiale essendo stata aperta nel XVII secolo ed allargata nel 1873 daI proprietario ... Lafflusso ed il deflusso delle acque marine regolato da un portellone... non vi sono, in altre parole, fattori dinamici naturali idonei a porre le acque del lago in comunicazione con il mare....Lopera delluomo stata quindi il presupposto indispensabile ed insostituibile per la creazione della comunicazione (cos la sentenza del Tribunale di Napoli del 16 febbraio 1972); e che ҏ alimentato da acque saline provenienti dallinvasione di alta marea nello emissario, ma anche da acque dolci provenienti da precipitazioni e da falde sotterranee; esso comunica con il mare mediante un solo canale chiuso con saracinesca azionato dalla mano delluomo; ... evidente che ci troviamo di fronte ad una di quelle tipiche valli salmastri o bacini chiusi appartenenti alle acque interne di cui concepibile la privata propriet a dIfferenza delle lagune vive, che si appartengono alle acque marittime (cos sentenza TRAP n. 9/1960). Ritenuto pertanto, sulla base delle caratteristiche sopra evidenziate come gi statuite in precedenti giurisprudenziali che ben possono porsi a base della presente decisione in quanto ritualmente acquisiti al giudizio, che il lago di Lucrino sia un bacino interno autonomo, 246 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 indipendente dal limitrofo mare, pur se con acque salmastre conseguenti allintervenuto collegamento artificiale col mare stesso, ne consegue dover esso rientrare nella previsione di cui alla legge n. 36/1994, prima, e dellart. 144 conma 1 del D. L.vo 3 aprile 2006 n. 152. La tesi di parte resistente secondo cui detta normativa intende riferirsi esclusivamente a corpi idrici di acqua dolce da cui soltanto possibile ricavare acque per consumo umano (potabile, casalingo, irrigazione, industriale,..) non condivisibile. La norma di cui allo art. 1 legge 36/1 994, nella sua letteralit, nel considerare appartenenti al demanio dello Stato tutte le acque superficiali e sotterranee ancorch non estratte dal sottosuolo, mostra di prescindere, oltre che dallinteresse ad un uso pubblico delle acque, anche dalla loro natura dolce, salata o salmastra. Lo stesso articolo peraltro aggiunge al comma 2 che qualsiasi uso delle acque effettuato saivaguardando le aspettative ed i diritti delle generazicni future a fruire di un integro patrimonio ambientale, e non sembra che lintegrit del patrimonio ambientale per le generazioni future sia un concetto circoscritto al solo ambiente costituito da invasi di acque dolci, e non anche salate o salmastre; e al comma 3 in aggiunta si stabilisce che la norma dettata per preservare, tra laltro, il patrimonio idrico, la vivibilit dellambiente,... la fauna e flora acquatiche..., ovvero in funzione di una tutela ampia che non pu essere conseguita se non a 360, apparendo deficitaria per il raggiungimento di tali obiettivi una riferibilit ridotta della norma, che porterebbe a ritenere ad es. che i laghi con acque non dolci non incidano in alcun modo sulla vivibilit dellambiente, o che la flora e fauna ivi esistente non debba essere tutelata. E ancora, il comma 4 espressamente esclude dalla disciplina le acque termali, minerali e per uso geotermico: lesclusione non sarebbe stata necessaria se le disposizioni avessero riguardato le sole acque dolci utilizzabili per scopi industriali, agricoli, od alimentari. Lart. 144 del D. L.vo 3 aprile 2006 n. 152, che sostituendolo riproduce lart. 1 della l. n. 36/1994, inserito nella parte III (Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione di tutela delle acque dallinquinamento e di gestione delle risorse idriche), alla sezione III, intitolata Gestione delle risorse idriche; nelle prime due sezioni viene data la definizione di acque superficiali, quali corrispondenti a le acque interne, le acque di transizione e le acque costiere, e acque interne vengono definite tutte le acque superficiali correnti o stagnanti e tutte le acque sotterranee allinterno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali (artt. 54 e 74). Appare logico ritenere che se lart. 144 avesse voluto attribuire un significato pi ristretto al termine acque superficiali, escludendone quelle di natura salata o salmastra, lavrebbe espressamente indicato. La disciplina dellutilizzo delle acque viene poi indicata come finalizzata a consentire alle generazionii future di fruire di un integro patrimonio ambientale (art. 144 comma 2), e quindi a non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilit dellambiente, lagricoltura, la piscicoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici (art. 144 comma 3): come si vede, e come si detto sopra in relazione allart. 1 legge 36/1994, gli obiettivi della legge sono ben pi ampi della sola tutela delle acque per consuno umano, involgendo una generale vivibillit dellambiente dal quale non possono essere considerati estranei i bacini di acqua salmastra. In definitiva lambito di applicazione delle disposizioni contenute nella sezione III (in cui inserito lart. 144) la disciplina delle risorse idriche anche per i profili che riguardano la tutela dellambiente rimarcando quanto stabilito dallart. 2 (il presente decreto legislativo ha come obiettivo primario la promozione dei livelli di qualit della vita umana da realizzare attraverso la salvaguardia ed il miglioramento delle condizioni dellambiente e lutilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali) e la circostanza IL CONTENZIOSO NAZIONALE 247 che gran parte degli articoli di detta sezione riguardano poi il servizio di captazione, adduzione e distribuzione di acqua dolce non incide sul contenuto dellart. 144 che, come detto, onnicomprensivo di tutte le acque superficiali la cui propriet viene attribuita al demanio quale ente preposto alla difesa dellambiente. Tale interpretazione paraltro stata ritenuta anche dal TSAP con sentenza n. 150/2005, ove si specifica che lart. 822 inserisce i laghi nel demanio pubblico ma si deve ritenere che prima della legge n. 36 del 1994 essi potessero qualificarsi demaniali solo se aventi o destinati ad avere un uso di pubblico generale interesse, non essendo acque pubbliche semplicemente per la loro esistenza come accade invece dopo il 1994; e dalla Corte Costituzionale che con sentenza n. 259/1996 ha tra laltro rilevato come il legislatore abbia avvertito lesigenza di un maggiore intervento pubblico concentrato sullintero settore delle acque, sottoposto al metodo della programmazione, della vigilanza e dei controlli, collegato ad una iniziale dichiarazione di principio generale e programmatica (art. 1 comma 1, della legge n. 36 del 1994) di pubblicit di tutte le acque superficiali e sotterranee, indipedentemente dalla estrazione dal sottosuolo. E anche se linteresse generale presupposto in linea di principio, in relazione alla limitatezza delle disponibilit e alle esigenze prioritarie (specie in una proiezione verso il futuro), di uso dellacqua suscettibile anche potenzialmente di utilizzazione collimante con gli interessi generali tale lirnitatezza e potenzialit di utilizzazione generale sono altres rinvenibili nel caso di specie, considerato che, come artificiale il collegamento del lago con il mare, cos deve ritenersi artificiale anche la particolare attuale composizione salmastra dellacqua. Nessun rilievo ai fini della ricostruzione di cui sopra poi da attribuirsi al vincolo archeologico di cui alla legge 1.6.1939 n. 1089 decretato dal Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali e trascritto in data 10.3.1997. Tale vincolo comporta infatti lesigenza dellintervento della Sovrintendenza per i beni archeologici in relazione agli eventuali interventi edilizi che i privati concessionari volessero effettuare sui beni demanialii, e non pertanto incompatibile con la natura demaniale del lago. In accoglimento dei ricorso, deve pertanto dichiararsi la propriet dello Stato con la qualit di demanio idrico del Lago di Lucrino, come riportato al N.C.T. al foglio 77 p.lla 29 del Comune di Pozzuoli, e delle sue pertinenze. In proposito, deve infatti condividersi quanto anche affermato da TRAP in sentenza 16 dicembre 1972, per cui ҏ principio del tutto pacifico che allorch un singolo bene appartenente ad un privato vuoi per la trasformazio dei suoi caratteri che gli abbia fatto assumere la natura di bene demaniale, vuoi per la apparrenza ad una categoria che una legge sopravveniente abbia incluso nel demanio necessario acquisti caratteristiche proprie del demanio necessario il diritto di propriet privata si contrae fino alla totale eliminazione, giacch lordinamento giuridico vigente preclude che il bene possa formare oggetto di propriet privata. In ordine alla domanda di garanzia proposta dalla resistente Elgea srI nei confronti della venditrice S. C., onde ottenere ex artt. 1479 e 1483 cc e comunque a titolo di risarcimento danni il rimborso del prezzo pagato incrementato delle spese successive affrontate va rilevato che essa fondata, e deve pertanto essere accolta. Lart. 1483 cc prevede infatti che il compratore che subisce levizione totale del bene per effetto di diritti che un terzo ha fatto valere su esso ha diritto ad essere risarcito dal venditore al sensi dello art. 1479 cc. Loperativit della garanzia presuppone la privazione del compratore, dopo la stipula del contratto, della propriet del bene acquistato ed necessario che levento che lha determinato anche se verificatosi in concreto successivamante debba attribuirsi ad una causa preesistente alla conclu- 248 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 sione del contratto. Entrambi detti requisiti risultaro sussistenti; in particolare quello temporale considerato che latto di acquisto avvenuto con contratto in data 27 luglio 2005, ovvero successivamente alla entrata in vigore della legge n. 36/1994, che ha sancito la demanialit delle acque superficiali. Nessuna rilevanza hanno poi: la contestuale scrittura privata intervenuta tra la S., la Elgea srI e lavv. Dario Cincotti con pattuizioni per il caso in cui 1 Amministrazione avesse esercitato il diritto di prelazione e non liquidato alla venditrice il corrispettivo stabilito, non rilevandosi da essa alcuna conoscenza della altruit del bene o accettazione de! rischio per evizione; la contestuale scrittura privata intervenuta tra la S. ed il Cincotti di cessione di un contestato credito risarcitorio da cui si evincerebbe la conoscenza delle parti delle pretese della Amministrazione, trattandosi di scrittura in cui non parte la Societ Elgea srl (di cui nessuna prova stata fornita dellessere il Cincotti il dominus); la nota del 16.9.2005 con la quale la Regione Campania evidenziava le pretese dello Stato sulla propriet del bene, essendo questa successiva alla conclusione dellatto di compravendita sottoposto alla condizione sospensiva del solo mancato esercizio del diritto di prelazione. lnanmissibili sono poi le prove orali di cui alla comparsa di costituzione della S. tendenti ad identificare la persona dellavv. Cincotti con quelle della societ Elgea, in quanto contenenti circostanze generiche contrarie ad atto scritto, e comunque inidonee a ritenere provata la suddetta identificazione. Deve pertanto condannarsi la S. alla restituzione in favore della Elgea srl del prezzo versato per lacquisto, corrispondente agli 845.000,00 previsti come corrispettivo nel contratto di compravendita sottoposto a condizione e del cui avvenuto pagamento non vi contestazione. Non risulta provato avere la acquirente eseguito opere di miglioramento o effettuato spese delle quali avrebbe parimenti diritto a rimborso. Sullimporto sopra indicato vanno aggiunti gli interessi al tasso legale e la rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT, effettuando il calcolo con la tecnica degli interessi, computati - non sulla somma originaria n su quella rivalutata al momento della liquidazione - ma sulla somma originaria rivalutata anno per anno (cfr. Cass. n. 4587/2009); e con decorrenza dalla data del 27.7.2005 per limporto di 165.000,00, e dalla data del 4.10.2005 per limporto di 680.000,00. Le spese di lite seguono la soccombenza, e vanno liquidate come da dispositivo. Si ritiene equo disporre soltanto la integrale compensazione di quelle inerenti il limitato rapporto processuale con la Amministrazione Provinciale di Napoli, intervenuta ad aduvandum ma non titolare di un diritto proprio da far valere in giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche presso la Corte dAppello di Napoli, pronunziando sulla domanda proposta dallAgenzia del Demanio e dal Ministero per i Beni e le Attivit Culturali nei confronti di S.C. ed Elgea srl, con lintervento della Amministrazione Provinciale di Napoli; e sulla domanda proposta dalla Elgea srl nei confronti di S. C. disattesa ogni ulteriore eccezione, deduzione ed istanza, cos provvede 1) in accoglimento del ricorso, dichiara la propriet dello Stato con la qualit di demanio idrico del Lago di Lucrino, come riportato al N.C.T. al foglio 77 p.lla 29 del Comune di Pozzuoli, e delle sue pertinenze; (Omissis) IL CONTENZIOSO NAZIONALE 249 I "Mobility Scooters" quali dispositivi medici sono esonerati dallapplicazione del dazio doganale (Commissione Tributaria Provinciale di La Spezia, Sezione Quarta, sentenza del 9 febbraio 2010 n. 66) La sentenza in esame si pronuncia su ricorso intentato dalla ditta Moretti, Societ per Azioni che opera nel settore sia della produzione e commercializzazione di dispositivi medici, sia dellimportazione di carrozzelle ed altri veicoli per invalidi anche con motore o con meccanismi diversi di propulsione. Tale Societ, impugnava, affinch fossero annullati, lavviso di rettifica dellaccertamento n. 17345 del 22 aprile 2008, il correlato processo verbale di revisione dellaccertamento e il processo verbale di constatazione prot. n.16980 del 21 aprile 2008, emessi tutti dallAgenzia delle Dogane di La Spezia e aventi come oggetto il recupero dei dazi doganali relativi allimportazione di dispositivi elettrici di mobilit (i c.d. "Mobility Scooters"), veicoli simili alle sedie a rotelle, dotati di una larghezza inferiore a cm. 80, di due serie di ruote aderenti al terreno e di caratteristiche speciali per alleviare la disabilit. Il punctum pruriens della controversia risiedeva nella classificazione giuridica dei mezzi importati. Secondo la Societ ricorrente, sarebbero stati qualificabili come carrozzelle e altri veicoli per disabili, rientranti nella voce tariffaria doganale 87139000 (carrozzelle ed altri veicoli per invalidi, anche con motore o altro meccanismo di propulsione altri) per i quali previsto un dazio ad aliquota 0%. Secondo lUfficio Doganale invece, sarebbero stati qualificabili come veicoli costruiti principalmente per il trasporto di persone, rientranti nella voce 8703101800 in base a quanto disposto dalle regole generali per linterpretazione della nomenclatura combinata, le note di sezione e di capitolo, con conseguente applicazione di un dazio ad aliquota 10%. Questa prospettazione stata il frutto di una rettifica in sede di controllo a posteriori operata dallo stesso Ufficio, il quale in un primo momento aveva incluso i "Mobility Scooters" nella voce doganale 87139000, la stessa ritenuta appropriata dalla Societ ricorrente. Nella sentenza la Commissione passa in rassegna le singole censure presentate da Moretti S.p.A. quali: 1) la violazione delle regole per linterpretazione della Nomenclatura Combinata che porterebbe allillegittimit intrinseca dei provvedimenti emessi dalla Dogana; 2) la violazione dellart. 12 Reg. C.E. del Consiglio 12 ottobre 1992 n. 2913 e dellart. 11 Reg. C.E. 2 luglio 1993 n. 2454, che stabiliscono il tipo di efficacia dellInformazione Tariffaria Vincolata a carico della Dogana; 3) lillegittima applicazione degli artt. 11 D.lgs n. 374/90 e 303, u.c., del T.U. n. 43/73, per la quale la Dogana avrebbe 250 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 comminato sanzioni amministrative corrispondenti alle presunte violazioni commesse per laver indicato nella dichiarazione di importazione codici errati che hanno consentito alla Societ di non corrispondere alcun dazio; 4) lassoluta carenza di motivazione nellemissione degli avvisi impugnati, in particolare in riferimento alla qualificazione e alla classificazione della merce. Dal punto di vista formale la Commissione Tributaria pronuncia la nullit della citazione in giudizio del Ministero dellEconomia e delle Finanze, in quanto detto Ministero non sarebbe parte a nessun titolo del procedimento. Dichiara inoltre la non impugnabilit dei processi verbali di revisione dellaccertamento in quanto atti interni della Dogana. Infine, ritiene inconsistente leccezione n. 4) perch, sebbene stringata, non pu mai dirsi carente quella motivazione che consente comunque al contribuente di percepire e comprendere quanto richiesto, e a che titolo, dalla Dogana, considerando anche il fatto che pu essere in ogni momento integrata nel corso del procedimento in caso di necessit. La Commissione Tributaria, accoglie il ricorso nel merito ritenendolo "non privo di fondamento" dal momento che giudica fondata e accettabile la tesi della Moretti S.p.A., ricavabile essenzialmente dalla lettura sistematica dei primi due motivi di ricorso. La questione a cui la sentenza chiamata a rispondere in base a quali indici i veicoli per disabili del tipo "Mobility Scooters" possono essere considerati dispositivi medici anzich mezzi di trasporto, con la conseguenza dellinapplicabilit del dazio doganale. Per dispositivo medico, ai sensi dellart. 1, par. 2, lettera a) della direttiva 93/42/CEE, si intende "qualsiasi strumento, apparecchio, impianto, sostanza o altro prodotto, utilizzato da solo o in combinazione, compreso il software informatico impiegato per il corretto funzionamento e destinato dal fabbricante ad essere impiegato nelluomo a scopo di:(), diagnosi, controllo, terapia, attenuazione o compensazione di una ferita o di un handicap ()" . Il dispositivo quindi per linvalido un sostegno che tutela la sua salute e preserva la sua sicurezza. Rappresenta un qualcosa di pi e di diverso dal semplice mezzo di trasporto perch costituisce un ausilio permanente, un completamento del corpo del soggetto disabile. I principi ricavabili dalla lettura della sentenza sono due e possono essere individuati, il primo, nella non vincolabilit delle note esplicative di accompagnamento del singolo prodotto, e il secondo, nella preminenza dei criteri oggettivi della considerazione della propriet del prodotto e della destinazione principale del bene. Le note esplicative non sono giuridicamente vincolanti perch fungono da meri strumenti per linterpretazione delle voci della Tariffa, senza portata innovativa (v. ad es. Corte di Giustizia C.E. 16/06/1994 n. 35). Le note sono applicabili solo se in linea con la nomenclatura. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 251 Il criterio decisivo rappresentato dalla considerazione delle caratteristiche oggettive definite nel testo della voce della Tariffa Doganale Comune e dalla destinazione del prodotto per la qualifica sulla base della nomenclatura combinata. La destinazione costituisce caratteristica inerente al prodotto e tale inerenza deve poter essere valutata in funzione delle propriet oggettive del medesimo prodotto. Il riconoscimento della fondatezza e dellaccettabilit della tesi di Moretti S.p.A. implica ladesione alle seguenti pronunce della Corte di Giustizia Europea, citate dalla stessa ricorrente. La prima la sentenza n. 130 del 4/03/2004, per la quale: "Il criterio decisivo per la classificazione doganale delle merci va ricercato in linea di principio nelle loro caratteristiche e propriet oggettive quali definite nel testo della voce della tariffa doganale comune e delle note delle sezioni o dei capitoli per la classificazione delle merci nella nomenclatura combinata. Per quanto riguarda la nomenclatura combinata le note esplicative elaborate dalla Commissione forniscono un rilevante contributo allinterpretazione della portata delle varie voci doganali, senza per essere giuridicamente vincolanti. Criterio oggettivo di classificazione pu essere inoltre la destinazione del prodotto per la qualifica sulla base della nomenclatura combinata". La seconda la n. 467 del 17/03/2005, che ponendosi sulla stessa linea della precedente, afferma: "Il criterio determinante per la classificazione doganale delle merci va reperito, in linea di massima, nelle loro caratteristiche e propriet oggettive come definite nel testo della voce della nomenclatura combinata della tariffa doganale comune". Daltra parte lart. 3 della direttiva 93/42/CEE aveva in precedenza chiaramente affermato che: "I dispositivi devono soddisfare i pertinenti requisiti essenziali prescritti nellallegato I in considerazione della loro destinazione". I requisiti essenziali contenuti nellallegato I prescrivono le caratteristiche necessarie che i dispositivi medici devono possedere al fine di tutelare la salute e la sicurezza di pazienti, utilizzatori, terzi; inoltre definiscono i risultati da conseguire o i pericoli da gestire. La logica applicata al problema della qualificazione di un mezzo come dispositivo medico consiste nel collegarlo a uno scopo, "funzionalizzarlo", facendo in modo che debba possedere necessariamente determinati requisiti. Volendo azzardare un paragone con un settore diverso, ma sempre nellambito del diritto comunitario, si potrebbe dire che la medesima logica sia stata utilizzata, ad esempio, per linquadramento giuridico del c.d. "organismo di diritto pubblico". Secondo la definizione pi recente, si intende per organismo di diritto pubblico qualsiasi organismo: a) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale, b) dotato di personalit giuridica, e c) la cui attivit sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di 252 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 questi ultimi oppure il cui organo d'amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali pi della met designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico (Direttiva CE 18/04, art.1, comma 9). In proposito stato rilevato che, "la Corte di Giustizia, in diverse occasioni, ha avuto modo di chiarire come, alla luce del duplice scopo di promozione della concorrenza e della trasparenza, perseguito dalle direttive che coordinano le procedure di aggiudicazione in materia di appalti pubblici, alla nozione di "organismo di diritto pubblico" debba essere data un"interpretazione funzionale" (F. CARINGELLA, Manuale di diritto amministrativo, Giuffr - Percorsi, Miliano 2007, pag.520 ; Corte Giustizia CE, sez. IV 13/12/2007, n. 337: "Le nozioni di "amministrazione aggiudicatrice" e di "organismo di diritto pubblico", devono essere interpretate in chiave funzionale in vista dellesigenza comunitaria di eliminare gli ostacoli alla libera circolazione dei servizi e delle merci e di proteggere gli interessi degli operatori economici stabiliti in uno Stato membro allorquando intendano offrire beni e servizi alle amministrazioni aggiudicatrici in un altro Stato membro"). Questo significa che per qualificare un organismo di diritto pubblico e distinguerlo da un ente di diritto privato, occorre la compresenza dei tre requisiti previsti dalla Direttiva 18/04, mentre indifferente se latto istitutivo sia un atto pubblico come una legge o un atto di diritto privato perch il profilo della forma degli atti non ne influenza la sostanza. Tornando invece al caso dellallegato I alla direttiva 93/42, i requisiti essenziali non prevedono specifiche soluzioni tecniche, tuttavia, definendo i risultati da conseguire, obbligano i produttori a conformarsi ai dettami pena il divieto di commercializzazione e messa in servizio (es. "9.3. I dispositivi devono essere progettati e fabbricati in modo tale da minimizzare, durante la normale utilizzazione prevista e in caso di primo guasto, i rischi di incendio o di esplosione"). La similitudine non serve ad altro che a mostrare come lordinamento giuridico comunitario, nato con lo scopo concreto di creare un insieme di regole comuni ai paesi membri, necessiti di unapplicazione che tenga conto delle esigenze di certezza del diritto in modo da evitare cadute in formalismi improduttivi. Su questa linea, la Commissione Tributaria di La Spezia, aderendo alla tesi della Societ ricorrente in ordine ai profili della non vincolabilit delle note esplicative di accompagnamento per lindividuazione del prodotto e della preminenza del carattere oggettivo e della destinazione principale del bene, conclude che a determinare una tariffa o a giustificarne il ricorso a unaltra, "luso per il quale il bene stesso stato progettato e ritenuto utile per una categoria particolare di persone". In sostanza, lutilit per il disabile a rappresentare il criterio ultimo, lo scopo per la classificazione. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 253 A proprio sostegno la Commissione cita il precedente della Corte di Appello di Amsterdam che nel caso in esame, da un lato non ha applicato le note perch in contrasto con la nomenclatura e dallaltro ha riconosciuto nel fatto che le merci fossero destinate alluso esclusivo da parte di persone invalide il criterio classificatorio nelle voci doganali. Nel caso in esame, i mezzi importati da Moretti S.p.A. assurgono a dispositivi medici perch sono dotati di tutte quelle caratteristiche speciali, previste dalla normativa, per alleviare la disabilit nellesclusivo interesse dellutente. Di conseguenza risultano inapplicabili la sanzione, i dazi richiesti e lIVA corrispondente. Avv. Clarissa Baragli* Commissione Tributaria Provinciale di La Spezia, Sezione IV, sentenza 9 febbraio 2010 n. 66 - Pres. Grandinetti, Rel. Molino - Moretti S.p.A. (avv.ti Andreani, DAddario) c. Ag. dogane circoscrizione doganale di La Spezia, Ministero economia e finanze (Avv. distrettuale Stato di Genova). (Omissis) Con il tempestivo ricorso in esame la societ Moretti spa impugnava lavviso di rettifica dellaccertamento n. 17345 del 22 aprile 2008, il correlato processo verbale di revisione dellaccertamento e il processo verbale di constatazione prot. n. 16980 del 21 aprile 2008, emessi dallAgenzia delle Dogane della Spezia e riguardanti il recupero di dazi doganali relativi allimportazione di dispositivi elettrici di mobilit, classificati dalla dogana come veicoli costruiti principalmente per il trasporto di persone per i quali previsto un dazio con aliquota del 10% e non come carrozzelle ed altri veicoli per disabili, per i quali previsto un dazio ad aliquota 0%; il tutto senza che lufficio doganale indicasse alcuna motivazione a supporto della propria tesi circa lerrata classificazione fatta al momento dellimportazione di carrozzelle e altri veicoli per invalidi. La societ ricorrente, non concordando con lufficio doganale, chiede lannullamento degli atti impugnati per i seguenti motivi. 1) Violazione delle regole per linterpretazione della Nomenclatura Combinata. Alla luce delle caratteristiche dei dispositivi elettrici importati e della verosimiglianza con quelli esentati dal pagamento del dazio, la societ fa rilevare lillegittimit intrinseca dei provvedimenti emessi dalla Dogana. Infatti, occorre ricordare il principio enunciato dalla Corte di Giustizia CEE con le sentenze n. 130 del 4/3/2007 e n. 467 del 17/3/2005 secondo cui il criterio decisivo per la classificazione doganale delle merci va riscontrato in linea di principio nelle loro caratteristiche e propriet oggettive quali definite nel testo della voce doganale comune e delle note delle sezioni o capitoli per la classificazione delle merci nella nomenclatura combinata criterio oggettivo (*) Avvocato del Foro di Firenze. 254 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 di classificazione pu essere inoltre la destinazione del prodotto per la qualifica sulla base delle nomenclatura combinata. La societ ritiene che gli atti impugnati siano viziati da travisamento di fatti e falsa applicazione di legge, poich la merce in questione va classificata alla voce doganale 8713 e non a quella 8703. I dispositivi di mobilit sono veicoli per invalidi, dunque, riacadono nella v.d. 8713 e in applicazione della regola generale per linterpretazione della nomenclatura combinata, trattandosi di carrozzelle ed altri veicoli per invalidi. Inoltre, fa rilevare che, nel caso di specie, la classificazione della merce deve esser fatta in base alla sua destinazione duso, per cui non vi sono dubbi di sorta sullequiparazione della merce importata, in considerazione proprio delle caratteristiche oggettive dei dispositivi di mobilit, alla classificazione di cui alla v.d. 8713. La stessa dotata di larghezza inferiore a cm. 80, di una serie di ruote aderenti al terreno e di caratteristiche speciali per alleviare la disabilit e, quindi, ad essa deve essere equiparata nellapplicazione del dazio. 2) Violazione dellart. 12 Reg. C.E. del Consiglio 12/10/1992 n. 2913 e dellart. 11 Reg. C.E. 2/7/1993 n. 2454. Secondo la societ ricorrente detta normativa stabilisce lefficacia dellinformazione Tariffaria vincolante a carico della dogana nei confronti del titolare in riferimento alla classificazione tariffaria; la ITV infatti non ha efficacia ex se vincolante per la definizione della classificazione di merci, perch un0applicazione in ipotesi erronea e difforme della normativa in uno stato membro si basa esclusivamente sul testo delle voci doganali. Ne consegue che la Dogana on poteva effettuare alcuna rettifica in merito alla riclassificazione della merce importata. 3) Illegittima applicazione degli artt. 11 D.Lgs n. 374/90 e 303, u.c., del T.U., n. 43/73. Lillegittima applicazione della normativa citata ha condotto la dogana alla comminazione delle sanzioni amministrative correlate alle presunte violazioni commesse per aver indicato nella dichiarazione di importazione codici errati che hanno consentito alla societ di non corrispondere alcun dazio. Il ricorso, infatti, a una simile procedura infatti consentito, a tutto concedere, esclusivamente nelleipotesi in cui la nuova liquidazione dei diritti doganali sia stata determinata da una differente qualificazione delle merci importate o in genere dalla modifica degli elementi (di quantit, qualit,valore e origine delle stesse merci) poste alla base dellaccertamento originario; nella diversa ipotesi in cui la rideterminazione del tributo siesta invece causata da errori della P.A. in cui essa, impregiudicata lidentificazione soggettiva ed oggettiva delle merci nei loro elementi fiscalmente rilevanti sia caduta sullinquadramento delle stesse ed in un certa voce della tariffa o sul calcolo del tributo (ipotesi in cui va espressamente ricompresa lerronea applicazione di una franchigia o di unesenzione ovvero in via generale lerrata individuazione del regime giuridico applicabile) non implicando tali errori nessuna indagine sulla merce, invece azionabile direttamente la pretesa fiscale basata sul potere daccertamento suppletivo. Nel caso di specie non si pu negare che la Dogana sia incorsa sia in errore sulla voce di classificazione della merce al momento dellimportazione, sia nella violazione della norma considerato che nello stesso momento poteva ragionevolmente scoprire la diversa natura e classificazione della merce, quindi, non legittimata ad un recupero a posteriori di eventuali tributi. 4) Assoluta mancanza di motivazione e conseguente violazione dellart. 11 del D.Lgs n. 374/90. Nellemettere gli avvisi impugnati la Dogana ha omesso del tutto qualsiasi motivazione e IL CONTENZIOSO NAZIONALE 255 spiegazione in riferimento alla qualificazione e alla classificazione della merce. Data la rigorosit della valutazione che deve sottostare alla motivazione del proprio operato, la stessa non pu essere di certo demandata ad un generico riferimento alle regole generali 1 e 6 dellinterpretazione della noenclatore combinata, poich la classificazione delle merci va effettuata con riferimento alle loro caratteristiche. La stessa motivazione ulteriormente viziata dal riferimento allart. 70 del DPR n. 633/72 poich la classificazione della merce alla cat. 8713900000 non comporta assoggettamento ad IVA. Conclude la societ ricorrente con la richiesta di annullare gli atti impugnanti per la loro palese illegittimit con vittoria delle spese di giudizio. Con la comparsa di costituzione del 30 luglio 2008 la dogana conferma la legittimit del proprio operato, evidenziando in primo luogo la carenza di legittimazione passiva del Ministero delleconomia e delle finanze, non titolare a qualsiasi titolo del procedimento riguardante lemissione degli avvisi impugnati, stante lautonomia assoluta dellAgenzia delle dogane, e, in secondo luogo, limproponibilit e linammissibilit dell'impugnazione dei processi verbali di constatazione. Nel merito, nellevidenziare la legittimit del proprio operato, contesta le asserzioni della societ ricorrente, poich, per la soluzione dei vari problemi collegati alla classificazione merceologica e alla determinazione dellaliquota daziaria applicabile occorre far riferimento allallegato I del Reg. CEE n. 2658/87, che regola luniformit dellapplicazione della nomenclatura, e alle Note Esplicative, che costituiscono la descrizione e lillustrazione delle voci rientranti nella Nomenclatura Combinata. Nella note Esplicative relative alla voce doganale 87139 rientrano i veicoli elettrici simili alle sedie a rotelle destinati esclusivamente al trasporto dei disabili. Tuttavia sono esclusi dalla sottovoce gli scooter a motore (mobility scooter) muniti di piantone dello sterzo separato e regolabile. Questi ultimi sono classificati alla voce 8703. Per quanto riguarda il punto 4) la Dogana precisa di essersi attenuta alle disposizioni in vigore, dato che, come gi prima evidenziato, la classificazione delle merci nella nomenclatura combinata si effettua in conformit di una serie di regole la prima delle quali prescrive che i titoli delle sezioni, dei capitoli o dei sottocapitoli sono da considerare puramente indicativi, poich la classificazione delle merci determinata legalmente da testo delle voci, da quello delle note premesse alle sezioni o ai capitoli e, occorrendo, dalle norme che seguono, purch queste non contrastino col testo di dette voci e note. Sulla base di quanto esposto e sulla conseguente legittimit del proprio operato, lufficio doganale conclude con la richiesta di rigetto del ricorso e di condanna della societ ricorrente al pagamento delle spese di giudizio. Questa Commissione, visti gli atti in proprio possesso ritiene accogliibile il ricorso proposto dalla societ ricorrente, in quanto non privo di fondamento. Per quanto riguarda la citazione in giudizio del Ministero delleconomia e delle finanze, questa Commissione la ritiene nulla, in quanto detto Ministero non parte, a nessun titolo, di questo procedimento. Dichiara, inoltre, la non impugnabilit dei processi verbali di revisione dellaccertamento, in quanto atti interni della dogana, prodromici alla emanazione degli avvisi di revisione e, principalmente, perch atti non autonomamente impugnabili ex art. 19 del D.Lgs n. 546/92. Per quanto riguarda leccezione relativa alla carenza di motivazione, questa Commissione la ritiene inconsistente sia perch, anche se stringata, gli avvisi emessi contengono una motivazione che consente al contribuente di percepire e comprendere quanto e a che titolo richiesto 256 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 dalla Dogana, sia perch la stessa pu essere in ogni momento integrata nel corso del procedimento qualora ve ne fosse necessit, sia perch le norme citate prevedono espressamente la comminazione della nullit degli atti in questione soltanto in caso di inesistenza della motivazione. Nel merito della questione, invece, si ritiene fondata e accettabile la tesi della societ ricorrente in ordine sia alla non vinco labilit delle note esplicative che accompagnano lindividuazione del singolo prodotto, in quanto applicabili solo se in linea con la nomenclatura, sia alla preminenza del carattere oggettivo e della destinazione principale del bene. Non la struttura del bene a determinare una tariffa o a giustificarne il ricorso ad una diversa, quanto luso per il quale il bene stesso stato progettato e ritenuto utile per una categoria particolare di persone, per cui non si pu non concordare pienamente con quanto decisione dalla Corte di appello di Amsterdam, la quale non nel caso in esame non ha applicato le richiamate note esplicative, poich esse si ponevano in evidente contrasto con quanto previsto dalla nomenclatura, concludendo che le merci hanno loggettiva caratteristica di esser usate specificatamente da persone invalide. Tale destinazione duso pu essere utilizzata quale criterio per la classificazione nelle voci doganali. Non sussistendo per questa Commissione violazione alle norme relative allimportazione di tale merce, consequenziale linapplicabilit della sanzione, dei dazi richiesti e dellIVA corrispondente. Sussistono i presupposti per la compensazione tra le parte delle spese di giudizio. P.Q.M. Accoglie il ricorso. Spese compensate. La Spezia, 24 novembre 2009 P A R E R I D E L C O M I TAT O C O N S U LT I V O A.G.S. - Parere del 18 novembre 2009 prot. nn. 344147/59 - Canoni concessori di alloggi demaniali; concetto di ristrutturazione per laggiornamento del coefficiente di vetust del cespite immobiliare ai sensi dellart. 20 legge n. 392/1978 sullequo canone (avv. Giancarlo Pampanelli - AL 28703/09). Codesto Ispettorato delle Infrastrutture dell'Esercito Ufficio Studi e Normativa ha chiesto di conoscere se, ad avviso di questo organo legale, a seguito di accorpamento ad alloggi di servizio di ulteriori vani (quali cantine, stanze di sgombero, ecc.), si possa ritenere verificata una fattispecie di integrale ristrutturazione, con conseguente ricalcolo del canone di concessione del cespite immobiliare, in particolare con aggiornamento del parametro di "vetust" dell'alloggio ai sensi dell'art. 20 legge n. 392/1978 sull'equo canone, normativa applicata per la congruit dei canoni concessori degli alloggi demaniali del personale militare. Al riguardo, codesta Amministrazione ha precisato che sul suddetto quesito, gi posto da Reparti territoriali dipendenti, si sono pronunziate in modo opposto l'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze (con due pareri) e l'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bologna, rispettivamente la prima nel senso che, nelle ipotesi di che trattasi, si verificherebbe una ristrutturazione edilizia, con conseguente modifica anche del parametro di vetust, e la seconda affermando viceversa non ricorrere una fattispecie di ristrutturazione, con conseguente esclusione di modifica del coefficiente di vetust del cespite. Tutto ci premesso, la Scrivente deve anzitutto rilevare che, per l'aggiornamento del parametro di "vetust" dell'alloggio, l'art. 20, 2 comma, della legge citata n. 392/1978 abrogato dall'art. 14 della legge n. 431 del 1998 ma le cui previsioni rimangono rilevanti ai fini della determinazione della congruit dei canoni concessori degli alloggi di servizio del personale militare richiede che sia intervenuta una integrale ristrutturazione del cespite. Al riguardo, la Suprema Corte ha specificamente avuto modo di affermare 258 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 che "in tema di determinazione dell'equo canone, la nozione di integrale ristrutturazione (o di completo restauro) dell'unit immobiliare, rilevante, ai sensi dell'art. 20 della legge 27 luglio 1978 n. 392, per determinare la vetust dell'unit immobiliare, deve essere tratta dall'art. 31 della legge 5 agosto 1978 n. 457, contenente norme per l'edilizia residenziale, che, nel precisare come rientrino tra gli interventi di ristrutturazione anche quelli di "modificazione o inserimento", nell'edificio, "di nuovi elementi" chiaramente include nel concetto di ristrutturazione anche le opere di ampliamento dell'unit immobiliare con l'aggiunta di uno o pi vani" (Cass. Civ. sez. III, sent. n. 12027 del 6 novembre 1992). Pi in generale, la Cassazione ha affermato che l' "inserimento di nuovi elementi" nell'immobile determina una ristrutturazione rilevante ai fini della determinazione dell'indice di vetust, ai sensi dell'art. 31 legge n. 457/78 e 20 legge n. 392/78 (v. Cass. Sez. III n. 3280/1997). D'altro canto, in base alla sopravvenuta normativa di cui all'art. 10, 1 comma, lettera C, del D.P.R. n. 380 del 2001 (Testo Unico in materia edilizia), qualora l'organismo edilizio venga a configurarsi anche solo in parte diverso e si abbia un aumento di unit immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero, per gli immobili compresi nelle zone omogenee A, mutamenti della destinazione d'uso, si realizza una "ristrutturazione edilizia". Ne consegue che l'accorpamento di nuovi locali all'alloggio, anche senza mutamento della destinazione d'uso, determina una innovazione della configurazione complessiva della unit immobiliare e ne amplia la superficie utile, per cui costituisce ristrutturazione edilizia e non manutenzione straordinaria. Sul punto, il Consiglio di Stato ha a suo tempo precisato infatti che: "gli interventi di manutenzione straordinaria ex art. 31, lett. b), della legge 5 agosto 1978 n. 457 sono caratterizzati da un duplice limite: uno di ordine funzionale costituito dalla necessit che i lavori siano diretti alla mera sostituzione o al puro rinnovo di parti dell'edificio, l'altro di ordine strutturale consistente nella proibizione di alterare i volumi e le superfici delle singole unit immobiliari o di mutare la loro destinazione" (Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 644 del 23 aprile 1991; v. anche Cons. Stato, V, n. 807/1994; Cons. Stato, V, n. 194/1989, ecc.). Pertanto, danno luogo a manutenzione straordinaria solo gli interventi di minore importanza, non incidenti sulla volumetria e/o sulle destinazioni d'uso (degli immobili compresi nelle zone omogenee A), quali ad esempio i lavori comportanti demolizioni e ricostruzioni di pareti divisorie, di pavimenti o di servizi igienici, la realizzazione di scale interne e la formazione di servizi igienici (cfr. Cons. Stato, sez. V, 7 aprile 1989 n. 194 cit.; Cons. Stato, sez. V, 23 gennaio 1984 n. 64; Cons. Stato, sez. V, 5 luglio 1983 n. 307). Inoltre, come recentemente precisato dalla Suprema Corte, le modifiche volumetriche previste dall'art. 10 del D.P.R. n. 380 del 2001 per le attivit di PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 259 ristrutturazione edilizia devono consistere in diminuzioni o trasformazioni od incrementi volumetrici modesti, come nei casi all'esame, tali da non configurare apprezzabili aumenti di volumetria, in quanto altrimenti verrebbe meno la distinzione tra ristrutturazione edilizia e nuova costruzione (Cass. pen., Sez. III, sent. n. 47046 del 2007). Conclusivamente, dunque, da ritenere che l'accorpamento di ulteriori vani all'alloggio di servizio, anche senza mutamento della destinazione d'uso, determini una ristrutturazione edilizia, con necessario aggiornamento del parametro di vetust del cespite. Sul presente parere si pronunziato in conformit il Comitato Consultivo dellAvvocatura dello Stato nella seduta dell11 novembre 2009. A.G.S. - Parere reso in via ordinaria del 23 novembre 2009 prot. 350126 - Terzo condono edilizio e disciplina degli effetti del ritardato pagamento della rata intermedia di oblazione (avv. Giuseppe Fiengo - AL 20734/2009). Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sottopone allattenzione della Scrivente un quesito concernente il ritardato pagamento delle rate di oblazione, ex art. 32 del D.L. 30 settembre 2003 n. 269 (convertito con modificazioni nella legge 24 novembre 2003 n. 326), ai fini del conseguimento del permesso di costruire in sanatoria. Come noto, la disciplina del terzo condono edilizio contenuta nel comma 25 dellart. 32, D.L. n. 269/2003, che estende le disposizioni di cui ai Capi IV e V della Legge 28 febbraio 1985, n. 47 (), come ulteriormente modificate dallart. 39 della Legge 23 dicembre 1994, n. 724, () alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003. Oltre a disporre la reviviscenza delle precedenti leggi sul condono, lart. 32 detta una normativa di dettaglio (innovativa rispetto a quella delle leggi n. 47/1985 e n. 724/1994), al fine di consentire la regolarizzazione e la riqualificazione urbanistica ed edilizia del territorio, prevedendo la possibilit di ottenere il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria per le opere realizzate in modo non conforme alla disciplina vigente. Ovviamente, la possibilit di ottenere il provvedimento di condono soggetta alla verifica della sussistenza di alcune condizioni, sostanziali e procedurali. Tralasciando le questioni sostanziali (dandosi per presupposto che sul piano sostanziale labuso cui ci si riferisce sia condonabile), ai fini del parere in esame vengono in rilievo le condizioni procedurali del nuovo condono edilizio, rispetto alle quali la legge n. 326/2003 impone che la domanda di sana- 260 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 toria sia depositata entro un certo termine e sia corredata da una serie di documenti tecnici, nonch dallattestazione dei versamenti effettuati a titolo di oblazione e di oneri concessori. Si in tal guisa configurato un vero e proprio procedimento amministrativo, scandito da molteplici termini, alcuni a carico dei richiedenti (per la domanda, per il pagamento delloblazione, per il completamento della documentazione), altri a carico dellautorit comunale territorialmente competente (per la verifica di congruit delloblazione versata), e da lassi temporali al cui decorso, in concomitanza di ulteriori presupposti, la legge riconnette effetti tipizzati. I dettagli del procedimento di condono sono demandati alle leggi regionali. In via suppletiva, laddove le Regioni non siano intervenute, lincompleto procedimento delineato dallart. 32, D.L. n. 269/2003, viene completato dalle disposizioni contenute nellart. 35, commi 14, 15, 19, 21, legge n. 47/1985. Ancora da ritenere che eventuali ulteriori lacune vadano colmate mediante applicazione della disciplina dettata dal T.U. edilizia per lordinario procedimento di rilascio del permesso di costruire. Nel meccanismo della legge le obbligazioni del richiedente e le attivit del comune risultano separatamente cadenzate e si muovono, fino a un certo punto, su binari paralleli in maniera tale che le conseguenze che vengono fatte discendere dallosservanza, da parte del richiedente, delle scadenze procedimentali, non sono svincolate dallassolvimento, da parte dellAmministrazione, dagli obblighi che la norma sul condono fa discendere direttamente dalla presentazione della domanda e dal pagamento delloblazione dovuta, ai fini delleffetto estintivo dellillecito penale e degli illeciti amministrativi. In particolare, per quanto riguarda questultima, il comma 38 dellart. 32 ha stabilito che la misura delloblazione e dellanticipazione degli oneri concessori, nonch le relative modalit di versamento, sono disciplinate nellAllegato 1 alla legge medesima come modificato dallart. 10 del D.L. 29 novembre 2004, n. 282, convertito nella legge 27 dicembre 2004 n. 307. La legge statale ha dunque determinato in misura certa la misura delloblazione dovuta per le varie tipologie di abusi, e ne ha previsto il pagamento in tre rate: la prima, pari al 30% del totale, da pagare prima della presentazione della domanda di condono, in allegato alla quale va prodotta lattestazione del pagamento; la seconda, pari alla met del residuo 70% (quindi il 35% del totale) da pagare entro il 20 dicembre 2004 (poi prorogato al 31 maggio 2005); la terza, pari alla met del residuo 70% (dunque il restante 35% del totale), da pagare entro il 30 dicembre 2004 (poi prorogato al 30 settembre 2005). Anche ad una semplice lettura dellAllegato alla legge n. 326/2003 risalta come il legislatore, pur individuando dei termini precisi per il versamento rateale delloblazione, tuttavia non abbia inteso disciplinare in alcun modo gli effetti del ritardato pagamento delle singole rate delloblazione, sanzionando PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 261 esplicitamente soltanto lomesso versamento dellintera oblazione dovuta nel termine alluopo previsto. Il comma 37, dellart. 32 cit. - peraltro con riferimento solo alloblazione e non anche al contributo concessorio - dispone, infatti, che se nei termini previsti loblazione dovuta non stata interamanete corrisposta o stata determinata in forma dolosamente inesatta, le costruzioni realizzate senza titolo abilitativo edilizio sono assoggettate alle sanzioni richiamate allart. 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e allart. 48 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001 n. 380 . Ai sensi di tale ultima disposizione, lamministrazione procedente potr quindi comminare: a) sanzioni amministrative (demolizione dellopera) e sanzioni penali ex D.P.R. n. 380/2001; b) sanzione civile della nullit degli atti tra vivi, aventi ad oggetto diritti reali relativi ad opere edilizie abusive (legge n. 47/1985); c) sanzione civile del divieto per le aziende erogatrici di servizi pubblici di somministrare le loro forniture per opere edilizie prive di titolo edilizio (D.P.R. n. 380/2001). Di conseguenza, solo linutile decorso del termine ultimo fissato dalla legge per il pagamento (integrale) delloblazione pu ritenersi causa di diniego della sanatoria e dirrogazione delle succedanee sanzioni per lillecito realizzato, non, invece, leventuale slittamento nel saldo della rata intermedia. Costituisce, infatti, principio generale del nostro ordinamento che affinch un termine possa o debba essere considerato perentorio, tale caratteristica debba essere specificatamente prevista dalla normativa di riferimento (ad esempio, anche con lindicazione espressa di una sanzione), lasciando quindi uninterpretazione residuale sullordinariet del termine in tutti gli altri casi. In applicazione di detto principio, dunque, possono considerarsi perentori il termine connesso al primo versamento delloblazione da effettuarsi contestualmente alla presentazione al Comune competente della domanda di condono, cui va allegata la relativa attestazione di versamento, pena lirricevibilit della domanda (e quindi la non condonabilit dellopera) ed il termine di pagamento della terza rata, ultima chance per il richiedente di completare il versamento di quanto dovuto. Diversamente il secondo termine rateale, in mancanza di unesplicita previsione dinderogabilit, si configura come meramente ordinatorio, sicch leventuale pagamento effettuato oltre la sua scadenza - ma, in ogni caso, non oltre la scadenza dellultima rata delloblazione, come meglio se ne dir - non potrebbe in alcun modo giustificare il diniego dellistanza, consentendo al pi, oltre alla richiesta dintegrazione, lapplicazione della normativa generale in materia di ritardo nelladempimento. Da ci lapplicazione degli interessi legali nel caso di ritardato pagamento degli importi dovuti a titolo di oblazione, in base al noto principio che vuole listituto dellinteresse legale quale, da un lato deterrente in capo al debitore in funzione del trascorrere del 262 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 tempo e stimolo a sanare il debito stesso, e dallaltro come riparazione del sacrificio del creditore in funzione dellincasso ritardato del credito. Viceversa, il carattere perentorio del termine relativo alla terza rata si desume dalla univoca dizione letterale del comma 37, dellart. 32 cit., che, nel richiamare loblazione interamente corrisposta, impone allinterprete una considerazione unitaria del quantum debeatur, comminando esplicita sanzione soltanto alla mancata integrale corresponsione delloblazione dovuta nei termini fissati. Detta interpretazione risulta avallata anche dalla giurisprudenza costituzionale che, nella sentenza 28 marzo 2008, n. 70, ha affermato che ai fini dell'estinzione del reato, ai sensi dellart. 32, comma 36, del decreto-legge n. 269 del 2003, requisito essenziale l'integralit dell'oblazione corrisposta dallimputato ed appare necessaria anche alla luce di altri aspetti significativi: anzitutto, leccessivo rigore di un eventuale rigetto della domanda per il semplice ritardato/omesso pagamento di una singola rata, posto che tale effetto, in definitiva pu farsi derivare solo dopo che il Comune abbia messo in mora linteressato, considerato che titolare del procedimento in sanatoria ex lege lente locale. Lomesso versamento di una rata non pu produrre il rigetto della domanda se non previa contestazione e invito ad adempiere. Sotto altro aspetto, in materia, accanto alla lettera della legge, si ritiene debba trovare applicazione anche il generale principio di ragionevolezza dellazione amministrativa, in base al quale nel procedimento occorre tener conto della possibilit di conseguire in concreto la finalit della legge. Con la conseguenza che nel procedimento in sanatoria il Comune deve accertare col massimo rigore possibile lesistenza delle condizioni di diritto sostanziale fissate dalla legge per ottenere il titolo abilitativo in sanatoria (limiti urbanistici, paesaggistici, quantitativi, ecc.). Nondimeno, una volta accertata lesistenza di tali presupposti, dovr perseguire il raggiungimento delle finalit della legge, sicch un diniego motivato esclusivamente sulla base di ritardi o omissioni in cui sia incorso il richiedente nel pagamento della seconda rata delloblazione si configurerebbe quale misura evidentemente eccessiva e sproporzionata e, quindi, contraria alla legge. Il che significa che il dies ad quem per il versamento della seconda rata in realt continua a rilevare solo ai fini del conseguente obbligo di corrispondere gli interessi, ma che ai fini della regolarit del procedimento di condono possibile che listante proceda a versare tutta la somma soltanto dopo che il Comune, successivamente allo scadere dellultimo termine rateale, espletati gli accertamenti del caso, gli avr notificato lobbligo di pagamento, evidentemente comprensivo degli interessi legali. Infatti, la somma dovuta, maggiorata degli interessi legali, dovr essere corrisposta entro 60 giorni dalla data di notifica da parte del Comune dellobbligo di pagamento (ex art. 2, comma 40, della legge n. 662/96 - come modi- PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 263 ficato dallart. 1, comma 9, della legge n. 449/97 -, tuttora applicabile in virt del richiamo espresso di cui allart. 32, comma 28, della legge sul terzo condono). N vՎ dubbio che nel presentare la domanda di sanatoria il richiedente abbia contratto (sia pure subordinatamente alla sua ammissibilit) unobbligazione pecuniaria ex art. 1282 c.c., cui va applicata, in assenza di specifica regolamentazione, il tasso legale ex art. 1284 c.c., come naturale e fisiologica conseguenza della fruttuosit di pieno diritto dellobbligazioni pecuniaria medesima. In ogni caso, anche nel nuovo condono il rilascio della concessione o dellautorizzazione in sanatoria rimane subordinato allavvenuto pagamento delloblazione legittima, degli oneri concessori, se dovuti, e degli interessi maturati. La stessa giurisprudenza di legittimit ha ricollegato la decadenza dalla possibilit di sanatoria soltanto al mancato pagamento della prima rata delloblazione e alla sostanziale elusione dellobbligo del pagamento integrale delloblazione. Ed invero, poich previsto dalla legge che lesatta determinazione della somma dovuta debba essere effettuata dallamministrazione competente con la successiva corresponsione di conguagli a favore di detta amministrazione, oltre interessi, ovvero di rimborsi a favore dellistante per il condono la Corte di Cassazione ha ritenuto che la mancata corrispondenza dellimporto versato con quello effettivamente dovuto non determina alcuna decadenza, salva lipotesi in cui per il carattere irrisorio della misura della anticipazione versata [], detto pagamento si debba ritenere inesistente (cfr. Cass. Pen., sez. III, 17 dicembre 2008, n. 46384). Ci a differenza di quanto previsto dalla previgente normativa (ed in particolare dallart. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, in forza del quale I soggetti che hanno presentato la domanda di concessione o di autorizzazione edilizia in sanatoria ai sensi del capo IV della L. 28 febbraio 1985 n. 47, o i loro aventi causa, se non stata interamente corrisposta loblazione dovuta ai sensi della stessa legge devono, a pena di improcedibilit della domanda, versare, in luogo della somma residua, il triplo della differenza tra la somma dovuta e quella versata , in unica soluzione entro il 31 marzo 1996) che aveva indotto il Consiglio di Stato, chiamato a pronunciarsi sugli effetti derivanti dal mancato versamento della seconda rata di oblazione, con decisione n. 4441 del 13 agosto 2007, ad affermare che lomessa corresponsione della seconda rata delloblazione computata con la domanda di condono edilizio, n nei termini stabiliti dallart. 35 l. n. 47 del 1985, n in quelli fissati dallart. 39, comma 6, l. n. 724 del 1994, rende improcedibile listanza di condono [] e senza che rilevi che lAmministrazione abbia o meno richiesto il pagamento delle rate successive alla prima. Piuttosto, in base alla nuova normativa sul condono edilizio, la mancata 264 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 osservanza del termine previsto per il pagamento della seconda rata da parte dellinteressato, cui abbia per fatto seguito il versamento dellintero importo dovuto entro lultima scadenza prevista dalla legge, non appare pi sanzionabile con la decadenza dalla richiesta di condono. Tale lettura soddisfa anche lesigenza di certezza dei rapporti giuridici, arginando il rischio - paventato nella sentenze emesse dal tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto 15 febbraio 2006, n. 45; 27 gennaio 2006 n. 50 e19 gennaio 2006 n. 640 - di dilazioni ad libitum da parte del privato che, con il ritardato pagamento di tutte le rate previste per il condono edilizio, finirebbe, di fatto, con lattribuirsi, il diritto di decidere arbitrariamente il tempo in cui terminare il relativo iter amministrativo con il pagamento dellultima rata, laddove si dovesse ritenere anche questultima scadenzata da un termine meramente ordinatorio. Tanto pi che il pagamento integrale delloblazione dovuta (ove per oblazione dovuta sintende la somma indicata nella domanda di sanatoria e non gi quella da corrispondere effettivamente - cfr. Trib. Roma, sez. I, 6 marzo 2008, n. 22923) costituisce per solo una fase del procedimento di condono, il quale si conclude con una formale dichiarazione dellautorit preposta, previo esperimento di un apposito (sub)procedimento amministrativo. Infatti, ai sensi del comma 36 dellart. 32 del D.L. n. 269/2003, a partire dal saldo nei termini dell(intera) oblazione dovuta inizia a decorrere un ulteriore lasso di tempo (della durata massima di tre anni) - volto a consentire allautorit comunale competente di svolgere tutti gli accertamenti di merito relativi alla sanatoria delle opere abusive - al cui spirare la legge riconnette, in concomitanza di altri elementi, leffetto estintivo dei reati in questione (La presentazione nei termini della domanda di definizione dellillecito edilizio, loblazione interamente corrisposta nonch il decorso di trentasei mesi dalla data da cui risulta il suddetto pagamento, producono gli effetti di cui allart. 38, comma 2, della legge 47/1985. Trascorso il suddetto periodo di trentasei mesi si prescrive il diritto al conguaglio o al rimborso spettante). Anche la Corte di Cassazione ha ribadito come ai fini dellestinzione del reato costituito dallillecito edilizio, le tre condizioni previste dallarticolo 32, comma 36, del D.L. 269/03 (presentazione nei termini della domanda di condono; versamento dellintero importo della somma dovuta a titolo di oblazione, decorso di trentasei mesi dalla data di effettuazione del suddetto versamento) debbono ricorrere congiuntamente (Cass. Pen., III, 26 aprile-14 giugno 2007, n. 23131). La disposizione ha lo scopo precipuo di consentire al Comune di controllare lesattezza dei calcoli effettuati dai dichiaranti in ordine alla misura delloblazione, e di procedere, se del caso, ai conguagli (art. 35, comma 14, legge n. 47/1985) o ai rimborsi, determinando, quindi, in via definitiva, l'importo esatto dell'oblazione, sulla base della documentazione ricevuta e dellistruttoria espletata. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 265 Ne deriva nel correlato giudizio penale, che il giudice dovrebbe sospendere il processo e chiedere all'autorit comunale competente notizie sulla congruit dell'oblazione autodeterminata e versata dall'interessato cos come deve chiedere notizie circa il rispetto dei termini stabiliti dalla legge per il versamento dell'oblazione o per la presentazione della documentazione integrativa richiesta sia per accertare se si perfezionato oppure se diventato improcedibile l'iter dell'oblazione sia per verificare se il reato si estinto (in questo stesso senso, v. anche Cass. pen. , sez. III, 18 gennaio 2001). La previsione al riguardo di un termine triennale non esclude affatto che qualora il Comune abbia accertato la corrispondenza tra loblazione versata e quella effettivamente dovuta dal trasgressore e, per leffetto, si sia pronunciato anticipatamente sulla domanda edilizia, il provvedimento concreto di assenso al condono edilizio, oltre a chiudere il procedimento amministrativo, far scattare anche lultimo presupposto per la dichiarazione di estinzione del reato contestato, senza la necessit per il giudice penale di attendere tempi ulteriori. Va ricordata al riguardo lincostituzionalit della previsione, giudicata in parte qua priva di ogni ragionevole giustificazione perch se i tre anni sono previsti ex lege per consentire agli uffici comunali di operare i necessari accertamenti, una volta acclarata la congruit della somma pagata, il decorso del tempo ulteriore non assolve pi ad alcuna funzione e la fattispecie estintiva dei reati pu (rectius, deve) ritenersi comunque perfezionata. Cos, Corte Cost. sentenza n. 70/2008, cit; in senso conforme, anche Cass. pen., sez. III, 27 gennaio 2009, n. 3582, secondo cui L'estinzione per condono del reato costituito da illecito edilizio, laddove la competente autorit comunale abbia attestato la congruit dell'oblazione corrisposta, non necessita del decorso di trentasei mesi dalla data di effettuazione del versamento. In definitiva anche ai fini dell'estinzione dei reati, ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, art. 32, comma 36, requisito essenziale "l'integralit dell'oblazione corrisposta dall'imputato" e, per la relativa verifica di corrispondenza di quanto versato a quanto realmente dovuto, il giudice penale si avvale degli accertamenti compiuti dall'autorit comunale, la quale il soggetto formalmente preposto alla determinazione definitiva dell'importo dell'oblazione, ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 35, comma 14 (Corte Cost. 70/2008 cit..). Pertanto, lindicazione di un dies ad quem, a decorrere dal pagamento integrale dell'oblazione, quale presupposto dell'estinzione dei reati edilizi, dal punto di vista procedimentale risponde allesigenza di scadenzare lattivit di determinazione dell'oblazione spettante al Comune (con accertamenti non solo documentali sullistanza di condono avanzata dal privato, ma anche fattuali, mediante eventuali sopralluoghi tecnici sulle opere realizzate, al fine di verificarne la conformit a quanto indicato nellistanza di condono) e di verifica della congruit della somma pagata, evitando che l'effetto estintivo (a fronte della sussistenza degli altri presupposti di legge) possa essere indefini- 266 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 tamente procrastinato per inerzia della P.A. procedente. In particolare la specifica previsione di un termine finale rigoroso per il pagamento dellintera oblazione a decorrere dal quale il Comune debba verificare la congruit della somma pagata innanzitutto volta a consentire che, affinch si possa estinguere il reato, lamministrazione accerti che loblazione versata sia quella dovuta in base alla legge, onde evitare elusioni della disposizione. Al tempo stesso, tale previsione pone un limite temporale per effettuare i controlli e gli accertamenti (anche di fatto) necessari, in modo da evitare che il ritardo o linerzia dellamministrazione possano procrastinare indefinitamente lestinzione del reato. Leffetto estintivo assicurato dalla legge sullultimo condono edilizio a chi abbia presentato la relativa domanda viene ora a collegarsi direttamente alloblazione versata nella misura dovuta - cos come certificata dalla P.A.- a prescindere dal requisito temporale, con la conseguenza che per il proscioglimento del reato edilizio non si dovr pi attendere il decorso del termine triennale, essendo necessaria e sufficiente la prova della congruit delloblazione pagata. Entro il termine indicato nellart. 32, comma 36, il tecnico incaricato dallente di procedere alla verifica dovr determinare il reale importo delloblazione dovuta per labuso commesso e gli importi delle rate risultanti dalla sua scomposizione, maggiorando degli interessi legali per il periodo compreso tra il giorno della scadenza della rata e il giorno in cui stata effettuata la verifica, in caso di ritardato e/o inesatto pagamento, ovvero richiedendo conguagli o pagando rimborsi; quindi, contestualmente allesibizione da parte dellinteressato della ricevuta del versamento allErario delle somme dovute ad integrazione (a titolo di interessi legali o di conguaglio) di quelle gi versate, il competente dirigente comunale (non pi il sindaco) rilascer il titolo in sanatoria. In conclusione, con specifico riferimento al quesito specifico (invero non esaustivo) formulato da codesta Amministrazione si ritiene che, demandando la legge lesatta determinazione delloblazione legittima allamministrazione comunale con la successiva eventuale corresponsione di conguagli a favore di detta amministrazione, oltre interessi, ovvero di rimborsi a favore dellistante per il condono, la mancata corrispondenza dell'importo originariamente versato con quello effettivamente dovuto non possa in alcun modo determinare tout court alcuna decadenza a carico del privato, salva lipotesi in cui, per il carattere irrisorio della misura della anticipazione versata, di cui non ricorrono gli estremi, detto pagamento si debba ritenere inesistente (Cfr. Cass. pen. Sez.III, n.46384/2008 cit.) , ovvero lipotesi in cui il privato non provveda ad integrare la somma richiestagli entro il termine alluopo assegnatogli dallamministrazione procedente. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 267 A.G.S. - Parere del 2 dicembre 2009 prot. n. 362337 - Costituzione di ipoteca su beni archeologici appartenenti a Societ cooperative; necessit dellautorizzazione ministeriale (avv. Paola Palmieri - AL 21135/09). La societ cooperativa Opitergium Vini S.a.c. chiedeva alla Banca Iccrea la concessione di un mutuo fondiario, offendo come garanzia un terreno per il quale richiedeva di accendere un ipoteca. Da una relazione notarile emergeva che su tale terreno risultava trascritto un vincolo archeologico in favore del Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali. Preso atto di tale vincolo, la Banca Iccrea rifiutava di approvare il finanziamento richiesto dalla cooperativa in assenza di previo parere e di relativa autorizzazione della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, in merito alla costituzione dellipoteca sul summenzionato terreno. Tuttavia, interpellata dalla cooperativa per ottenere lautorizzazione sollecitata dalla Banca, la Soprintendenza negava che il caso in questione richiedesse autorizzazione, poich, non essendo la Opitergium S.a.c. una persona giuridica privata senza fine di lucro, il terreno sottoposto a vincolo archeologico non poteva considerarsi rientrante nellarticolo 56 del D.Lgs. n. 42 del 2004. A fronte della persistente richiesta della Banca la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto richiedeva parere legale allAvvocatura Distrettuale dello Stato, la quale, condividendo le deduzioni postulate dalla Banca ed andando in contrario avviso rispetto alle considerazioni della Soprintendenza, ha rimesso il quesito a questo G.U nella considerazione dei suoi aspetti generali e di massima. ********** I- Considerazioni generali sullart. 56 del Codice Urbani Ai sensi dellart 56 commi 1 lett b) e 4 quinquies del Codice dei beni culturali e del paesaggio, Decreto Legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004 debbono essere soggette ad autorizzazione da parte del Ministero dei Beni Culturali ed Archeologici sia le alienazioni sia le costituzioni di ipoteca sui beni culturali appartenenti non solo allo Stato, regioni ed altri enti pubblici territoriali (lett. a) art. 56, ma anche agli enti pubblici diversi da quelli elencati sub a) o alle persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti. Il contrasto interpretativo, pertanto, verte sulla seguente questione: se le societ cooperative delineate dal codice civile rientrino o meno nel novero della categoria delle persone giuridiche private senza fini di lucro . Giova premettere, in linea generale, che tanto nel vigore del D.Lgs n. 490 del 1999 (che, allart. 5 recepisce nella sostanza il contenuto dellart. 4 della legge n. 1089 del 1939), ed infine nel Codice Urbani, i beni culturali apparte- 268 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 nenti alle persone giuridiche senza fini di lucro (ma gi prima sotto il vigore della legge Bottai , enti o istituti legalmente riconosciuti) sono tradizionalmente affiancati quanto alle modalit di individuazione del bene e quanto al regime di tutela, ai beni appartenenti agli enti pubblici in generale, territoriali e non. Anche sotto il profilo autorizzatorio (art. 26 della l. 1089 del 1939 e art. 53 comma 3 del T.U. del 1999), la disciplina giuridica dei beni appartenenti a tali soggetti coincide con quella prevista per i beni in mano pubblica, in considerazione delle finalit sociali che contraddistinguono gli enti privati di erogazione (soprattutto di servizi sociali) di origine privatistica, in modo sostanzialmente non difforme da quelli pubblici. Costituisce contrappeso a tale regime differenziato della propriet e, soprattutto, allassoggettamento automatico al vincolo dei beni appartenenti agli enti privati senza finalit di lucro, il particolare regime di agevolazioni e finanziamenti pubblici a favore di tali enti, in vista delle finalit collettivistiche perseguite dai medesimi. Il regime pubblicistico, dunque, stato in questo senso visto come pregnante limite e significativo strumento di controllo sullattivit negoziale del settore non profit. In effetti, a partire dagli anni 90 in poi, si assiste, da un lato, ad un vasto processo di privatizzazione di molti enti pubblici e dallaltro, per quel che qui interessa, allemergere di un intero settore di enti (complessivamente denominati non profit) che, sia pure dotati di personalit di diritto privato, sono connotati, sotto il profilo oggettivistico, dal perseguimento di fini di utilit sociale, ascrivibili anche alla promozione culturale del paese, alla valorizzazione dei beni culturali. Si tratta di vedere, dunque, se le societ cooperative - in ragione delle loro caratteristiche - possano essere fatte rientrare o meno nel novero di enti privati che, in quanto privi di finalit di lucro, condividono la vocazione di utilit sociale propria degli enti pubblici ed in quanto tali, possano essere legittimamente affiancati a questi ultimi, come ritenuto dallAvvocatura Distrettuale di Venezia. II- Considerazioni generali sulla natura delle cooperative Nelle disposizioni generali che regolano le societ, lart. 2247 c.c. evidenzia come lo scopo di lucro caratterizzi tutte quelle attivit economiche idonee a produrre utili (c.d. lucro oggettivo) distribuibili tra i soci (c.d. lucro soggettivo). Diversamente, lart. 2511 c.c. definisce le societ cooperative quelle societ a capitale variabile con scopo mutualistico. Secondo la tesi sostenuta dalla Avvocatura Distrettuale di Venezia, le cooperative rientrerebbero tra gli enti privati senza fini di lucro in quanto le stesse, ai sensi dellart 2511 del codice civile, sono informate al principio mutualistico PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 269 inteso come fine contrapposto a quello di lucro, proprio delle societ commerciali in genere. Tale conclusione sarebbe valida anche nel caso in cui si tratti di cooperative a mutualit non pura (c.d. spuria), in cui vi coesistenza di fini mutualistico e lucrativo, atteso che il principio mutualistico, ove presente, caratterizza e distingue le societ cooperative, imprimendo loro una disciplina giuridica completamente diversa rispetto a quella disegnata dal Legislatore per le societ lucrative propriamente dette, e, pertanto, per ci solo assorbirebbe comunque ogni altro elemento. Ritiene, tuttavia, la Scrivente che definire le cooperative come societ a scopo mutualistico (art. 2511 c.c.) non sembrerebbe potersi tradurre, come ha ritenuto lAvvocatura Distrettuale in indirizzo, nella tautologica definizione di assenza di scopo di lucro. Si osserva, al riguardo, come i due concetti, scopo lucrativo e scopo mutualistico, non siano giuridicamente da intendersi luno come lequivalente antitetico dellaltro. Lo scopo mutualistico pacificamente inteso come quella autodestinazione di risultati rinvenibile nella gestione di servizio a vantaggio dei soci, consistente secondo la Relazione al codice civile n.1025, nel fornire beni o servizi od occasioni di lavoro direttamente ai membri dellorganizzazione a condizioni pi vantaggiose di quelle che otterrebbero sul mercato, in contrapposizione al concetto puro di impresa in cui si persegue il lucro oggettivo (obiettivo di perseguire un profitto) e il lucro soggettivo (suddivisione tra i soci del profitto). Nel corso degli anni, col mutare delle condizioni socio-economiche, la dottrina ha affiancato allapplicazione del concetto di mutualit in senso puro - riferibile a quelle societ operanti nei soli confronti dei soci - quello di mutualit spuria, riferibile alle societ che interagiscono con i terzi oltre che con i soci e maggiormente tendenti allimpresa lucrativa. Peraltro, proprio su questultima categoria si concentrato il Legislatore della riforma, il quale, contemplando due tipologie di cooperative, le cooperative a mutualit prevalente (art. 2512,1513,1514 c.c.) e le diverse, ha realizzato una gradazione allinterno delle spurie, finalizzata allindividuazione dei diversi regimi di agevolazioni tributarie (art. 223-duodecies, comma 6, disp. att.) in ragione della componente mutualistica. Si osserva, peraltro, come anche costante giurisprudenza (SS.UU. della Cassazione, sentenza n. 401 del 2000) abbia in pi occasioni sottolineato il fatto che tra le cooperative diverse lelemento mutualistico sarebbe addirittura sussidiario rispetto al lucrativo; ci nonostante, esse mantengono la denominazione sociale di cooperative, avendole il Legislatore egualmente ritenute degne di tutela e destinatarie di agevolazioni di carattere tributario (seppur nettamente meno ampie rispetto alle cooperative a mutualit prevalente), pro- 270 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 prio per la compresenza dellelemento mutualistico, ancorch non dominante. La presenza di connotati lucrativi non , quindi, inconcililabile con lo scopo mutualistico, tipico della societ cooperativa (in tal senso anche: Cassazione Civile, I sez, n. 5832 del 1992). Tale concetto di compatibilit tra scopo lucrativo e scopo mutualistico, sembra sufficiente a dimostrare la non coincidenza tra le nozioni giuridiche della mutualit e della non lucrativit, posto che la compatibilit non sinonimo di identit. Quanto sopra affermato sembra essere ulteriormente corroborato dalla lettera dellarticolo 45 della Costituzione, in cui si dispone che la Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualit e senza fini di speculazione privata: affinch quindi la cooperazione tra gli individui sia meritevole di tutela essa dovr contenere al proprio interno un elemento positivo, la mutualit, e un elemento negativo, lantispeculativit; come pacificamente evidenziato pi volte da autorevole dottrina e consolidata giurisprudenza, lantispeculativit non sarebbe da intendersi nel senso di assenza di profitto eventualmente prodotto dalla societ nei suoi rapporti con i terzi (c.d lucro oggettivo), bens come mancata distribuzione di utili ai singoli soci (c.d. lucro soggettivo). Alla luce di quanto sopra esposto, dunque, ci che costituirebbe, allora, il vero discrimen tra le societ lucrative stricto sensu (quali le Spa, le Srl, le Sapa, le Snc, le Sas etc) , e le societ cooperative, non rappresentato dalla presenza o meno dello scopo di lucro nellattivit economica, bens dallesistenza o meno, allinterno dello statuto, di un limite, (non gi totale impedimento), posto alla divisione degli utili tra i soci, in ossequio alla disciplina disegnata dal Legislatore della riforma; a differenza delle altre, tanto le cooperative a mutualit prevalente quanto le diverse, infatti, vedono compresso il profilo lucrativo della partecipazione sociale, seppur con alcune differenze (che si traducono nelle maggiori o minori agevolazioni di natura tributaria ad esse riconosciute): mentre per le prime stata prevista la restrittiva disciplina disposta dallart. 2514 c.c, per le seconde sufficiente che latto costitutivo fissi la percentuale massima degli utili ripartibili tra i soci. Fondamentale, al fine di individuare leffettiva natura della cooperativa sar, pertanto, lesame dello Statuto. (Nel caso di specie, ad esempio, emerge dallo Statuto della societ interessata che lo scopo mutualistico viene individuato nel far conseguire ai soci vantaggi economici e sociali da ricevere da essa, tramite scambi mutualistici attinenti loggetto sociale, alle migliori condizioni possibili. Ancora, lo statuto dispone che la Cooperativa sia retta dai principi della mutualit ai sensi di legge, indicando tuttavia, nelloggetto sociale una serie di attivit lucrative tanto in senso oggettivo - quali ad esempio la vendita al minuto dei vini, dei sottoprodotti, e di altri prodotti agricoli - art. 4 lett. a e b -, la distribuzione tra i soci, in rapporto alla quantit e alla qualit delle uve conferite e di quantaltro dagli stessi consegnato, del ricavato delle PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 271 vendite dellesercizio al netto di ogni spesa ed onere - art. 4 lett. c -, la possibilit di concludere operazioni di natura immobiliare, mobiliare, commerciale, industriale, finanziaria, lassunzione di interessenze e partecipazioni, sotto qualsiasi forma, in imprese, Enti, Associazioni, ancorch strumentali al raggiungimento degli scopi sociali art. 4 lett. h); quanto in senso soggettivo, quale la possibilit, ancorch in via accessoria e complementare, di operare anche con terzi (art. 3), e la divisione degli utili tra i soci seppur nei limiti posti dalla legge (art. 3). Conclusioni in ordine al quesito - Il caso particolare delle ONLUS cooperative Alla luce di quanto sopra esposto in ordine al quesito di carattere generale sottoposto a questo G.U. possibile concludere nel senso che lart. 56 del Codice Urbani, individuando tra i vari destinatari dellobbligo di autorizzazione alla costituzione di ipoteca le persone giuridiche private senza fine di lucro, si riferisca, pi propriamente, a quelle persone giuridiche connotate da totale assenza di qualsivoglia perseguimento di un fine di lucro soggettivo, come ad esempio le associazioni, le fondazioni, le cui attivit, essendo rivolta a favore di soggetti terzi estranei, non gi soltanto dei propri associati, sembrano maggiormente aderenti agli scopi di tipo altruistico perseguiti da tutti gli altri destinatari individuati dalla norma, quali lo Stato, le regioni, gli enti territoriali, e gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti. In effetti, se linteresse dei soggetti riuniti in cooperativa concentrato sulle finalit proprie e pur sempre egoistiche degli associati, la caratteristica dellente senza fine di lucro ai fini della normativa sui beni culturali , piuttosto, quella di avere come precipua finalit istituzionale lo svolgimento di unattivit rivolta a finalit sociali e superindividuali. Tali enti, bench privati, si affiancano allattivit dello Stato e degli enti pubblici direttamente competenti per la tutela dei beni culturali in modo tale da giustificarne lattrazione alla sfera del pubblico quanto al regime di tutela dei beni ad essi appartenenti. Non sembra, per contro, possibile ravvisare tali caratteristiche nelle societ cooperative siano esse diverse o, anche, a mutualit prevalente, il cui regime proprietario, dunque, in assenza di una ragionevole giustificazione, non pu essere assoggettato al sistema autorizzatorio richiesto dalla normativa sui beni culturali per enti senza finalit di lucro. La Scrivente, in linea generale, ritiene comunque di potere osservare che lunica residuale ipotesi di cooperativa eventualmente interessata dalla normativa ex art. 56 Codice dei Beni Culturali e Archeologici potrebbe essere individuata, su un piano teorico, in quella afferente alla categoria che tradizionalmente la dottrina qualifica come cooperative a mutualit pura, la cui attivit caratterizzata dalla assoluta e totale assenza di qualsivoglia elemento lucrativo. In effetti, la considerazione per cui il codice civile successivo alla riforma 272 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 societaria non menzioni la mutualit pura, non dovrebbe indurre linterprete a considerare tale scelta come una sorta di negazione di esistenza della stessa; al contrario, tale omissione sembrerebbe piuttosto da interpretarsi come la mera volont del Legislatore di non voler riconoscere ad esse alcun effetto ulteriore in termini di agevolazioni di natura tributaria, rispetto a quelle concesse alle cooperative a mutualit prevalente. Si rammenta, tuttavia, che, alla luce dellattuale scenario socio-eonomico, come affermato da autorevole dottrina e giurisprudenza, la realizzazione della mutualit pura risulti nella pratica di difficoltosa applicazione, e di ci sembrerebbe aver preso atto lo stesso Legislatore della riforma, che ha scelto di accordare il pi ampio favor alle cooperative a mutualit prevalente. Se, pertanto, in base a quanto sopra considerato possibile escludere in linea generale che le cooperative - anche se a mutualit prevalente - siano da ritenere normalmente escluse dallambito applicativo dellart. 56 D.Lgs. n. 42 del 2004, si potrebbe comunque ritenere sussistente un residuo ambito di applicazione anche a fronte di soggetti che rivestono formalmente la veste di cooperativa. Ma ci esclusivamente nel caso in cui - previa analisi, caso per caso e al di l delle nomenclature statutarie, della reale ed effettiva attivit della cooperativa a mutualit pura - sia possibile verificare la reale e totale estraneit della cooperativa al perseguimento di qualsivoglia scopo lucrativo di tipo soggettivo, come sopra illustrato. Solo in tale ristretto ambito, in effetti, si potrebbero ritenere sussistenti da un punto di vista funzionale ed oggettivistico le stesse esigenze di tutela che sottendono la ratio della previa autorizzazione richiesta per la generalit degli enti privi di finalit di lucro. Rientra sicuramente in tale ambito il caso delle Onlus cooperative costituite ai sensi del D.Lgs. 4. dicembre 1997 n. 460 Ai sensi dellart. 10 del riferito decreto legislativo sono organizzazioni non lucrative di utilit sociale (ONLUS) le associazioni, i comitati, le fondazioni, le societ cooperative e gli altri enti di carattere privato, con o senza personalit giuridica, i cui statuti o atti costitutivi, redatti nella forma dellatto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata, prevedono espressamente lo svolgimento di attivit in uno o pi settori indicati dal seguito della disposizione ( assistenza sociale o socio sanitaria, beneficienza, istruzione, tutela e valorizzazione di beni culturali ecc.) o che, in generale, siano rivolte esclusivamente a fini di solidariet sociale. Le caratteristiche proprie di tali enti fanno, dunque, s che le cooperative si trovino affiancate ad enti non societari, quali le associazioni e le fondazioni, condividendo con questi ultimi finalit tipicamente solidaristiche . Lesclusione di qualsivoglia finalit lucrativa, anche di tipo soggettivo, garantita dal regime proprio di tali enti caratterizzati - oltre che dal divieto di svolgere attivit in settori diversi da quelli indicati dalla stessa disposizione PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 273 (art.10, primo comma, lett. c) del D.Lgs. n. 460 del 1997), dal divieto di distribuire , anche in modo indiretto utili ed avanzi di gestione, nonch fondi o riserve di capitali durante la vita dellorganizzazione - dallobbligo di reimpiegare utili o avanzi di gestione per la realizzazione di attivit istituzionali, nonch dallobbligo, in caso di scioglimento, di devolvere il patrimonio ad altre organizzazioni non lucrative (lett. c),d), ed f) della medesima disposizione). Non sembra sia revocabile in dubbio la possibilit di ricomprendere tali cooperative, ove abbiano le caratteristiche sopra riferite, tra gli enti privati senza scopo di lucro di cui al Codice Urbani, tanto pi che, che tra i settori ritenuti rilevanti ai fini del D.L.gs. n. 460 del 1997 rientrano proprio le specifiche finalit di tutela, promozione e valorizzazione delle cose di interesse artistico e storico di cui alla legge n. 1089 del 1939, ivi comprese le biblioteche e i beni di cui al DPR n. 1409 del 1963. Resta, per contro, confermata lesclusione dalla categoria degli enti senza finalit di lucro delle societ cooperative costituite ai sensi dellart. 2511 c.c. ove prive delle caratteristiche proprie delle ONLUS istituite ai sensi del D.Lgs. n. 460 del 1997. I beni appartenenti a queste ultime, pertanto, saranno sottoposti a regime di tutela solo ove presentino un interesse particolarmente importante ex art. 10 comma terzo del D.Lgs. n. 42 del 2004 e previa notifica del provvedimento di dichiarazione, sottoposto al regime di trascrizione e, dunque, dotato di opponibilit ai terzi, ex art. 15 del medesimo decreto legislativo. Sulle questioni di cui al suesteso parere stato sentito il Comitato Consultivo il quale si espresso in conformit . A.G.S. - Parere del 17 dicembre 2009 prot. n. 380132 - Opere pubbliche. Rapporti tra stazione appaltante e Raggruppamento Temporaneo di Imprese: deroghe al principio di immodificabilit soggettiva dei componenti (avv. Marco Stigliano Messuti - AL 33638/2009). Codesta societ ha chiesto di conoscere lavviso della scrivente in ordine alla possibilit o meno di autorizzare, in seno ad un raggruppamento temporaneo di concorrenti partecipanti ad una procedura di gara, il recesso di una mandante ed il conseguente subentro della mandataria nella titolarit della quota di pertinenza della mandante. *** In fatto: limpresa Aleandri spa nella qualit di mandataria dellATI con limpresa Sar.Co.Bit. si aggiudicavano la procedura di evidenza pubblica relativa ad i lavori di costruzione del collegamento veloce tra Sassari - Alghero 274 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 - Aeroporto. Con atto notarile del 16 aprile 2009 veniva stipulato con la committente Anas il relativo contratto di affidamento dei lavori. Con atto notarile del 15 setembre 2009 la mandante dichiarava di recedere dallATI conferendo la propria quota pari al 20 % alla mandataria Aleandri che prestava il consenso al recesso ed al subentro nella quota di lavori da eseguire. Con nota del 16 settembre 2009 la capogruppo, Aleandri spa chiedeva allAnas di consentire il recesso della mandante ed il subentro nella titolarit della quota del 20 % allo stato di pertinenza della mandante. *** Preliminarmente va rappresentato che la normativa in vigore non disciplina la fattispecie del recesso dellimpresa mandante, e che pertanto lanalisi il frutto della sola interpretazione data sul punto dalla giurisprudenza della Cassazione (in particolare Cass., sezione I, 11 maggio 1998 n. 4728) e del Consiglio di Stato. Al riguardo opportuno tenere distinti due aspetti del problema in quanto occorre avere riguardo al momento temporale in cui interviene il recesso della mandante. 1) recesso volontario di un impresa mandante dalla compagine associativa partecipante ad una gara nella fase intercorrente tra la fase di prequalifica e la presentazione dellofferta. 2) recesso volontario dalla compagine associativa della mandante che interviene, successivamente alla stipula del contratto di appalto con il RTI risultato aggiudicatario della gara. *** Con riferimento allipotesi sub 1) si oramai consolidato un orientamento giurisprudenziale favorevole allammissibilit del recesso. Il principio di immodificabilit soggettiva dei partecipanti alle procedure di affidamento degli appalti pubblici, disciplinato dallart. 37, comma 9, Dlgs 163/2006, deve intendersi, in particolare, giustificato dallesigenza di assicurare alle amministrazioni aggiudicatrici una conoscenza piena dei soggetti che intendono contrarre con esse, al precipuo fine di consentire un controllo preliminare e compiuto dei requisiti di idoneit morale, tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria dei concorrenti ed allulteriore scopo di impedire che tale verifica venga vanificata od elusa con modificazioni soggettive, in corso di gara, delle imprese candidate. Cos definita la ratio del divieto in esame, si deve, allora, rilevare, in conformit con la finalit della disposizione (per come appena individuata), che lo stesso deve leggersi come inteso ad impedire laggiunta o la sostituzione di imprese partecipanti alla.t.i. e non anche a precludere il recesso di una o pi imprese dallassociazione. Mentre, infatti, nella prima ipotesi (aggiunta alla.t.i., in corso di gara, di PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 275 unimpresa o sostituzione di unimpresa con unaltra nuova) resta impedito allamministrazione un controllo tempestivo e completo del possesso dei requisiti anche da parte della nuova compagine associativa, con grave ed irreparabile pregiudizio dellinteresse pubblico alla trasparenza delle procedure finalizzate alla selezione delle imprese appaltatrici ed alla affidabilit, capacit, seriet e moralit di queste ultime, nella seconda (recesso di unimpresa dalla.t.i. ed intestazione della sua quota di partecipazione allimpresa o alle imprese rimanenti che siano ovviamente titolari da sole dei requisiti di partecipazione e qualificazione) le predette esigenze non risultano in alcun modo frustrate (cfr. Consiglio di Stato, sezione VI, 13 maggio 2009 n. 2964; sez. IV, 23 luglio 2007, n. 4101; Tar Liguria, 9 gennaio 2009 n. 39 e Tar Calabria, sezione di Reggio Calabria, 26 gennaio 2009 n. 56). *** Con riferimento allipotesi sub 2) la fattispecie va considerata sotto una diversa visuale atteso che il vincolo obbligatorio tra la committente e il RTI consacrato e regolato dalla intervenuta stipula del contratto con tutte le conseguenze civilistiche che ne derivano. Lassociazione temporanea di due o pi imprese nellaggiudicazione ed esecuzione di un contratto di appalto pubblico (art. 34, lettera d), Dlgs 163/2006) fondata su di un rapporto di mandato con rappresentanza, gratuito ed irrevocabile, conferito da una o pi imprese (mandanti), collettivamente, ad altra impresa (mandataria) capogruppo legittimata a compiere, nei rapporti con lamministrazione, ogni attivit giuridica connessa o dipendente dallappalto. Essa soltanto, infatti, presenta lofferta, sottoscrive il contratto, riscuote i pagamenti, fornisce le necessarie cauzioni e fideiussioni, provvede alliscrizione delle riserve e sottoscrive gli atti di gestione dellappalto e il certificato di collaudo, compiendo unattivit che produce direttamente effetti giuridici nei confronti delle imprese mandanti fino allestinzione del rapporto. Il vincolo contrattuale che lega il RTI alla committente comporta che la revoca del mandato (rectius il recesso della mandante), consentita solo per giusta causa quando si tratti di mandato collettivo (art. 1726 cod. civ.), bench accettata dalla mandataria, attiene ai rapporti interni del contratto di mandato e conseguentemente non produce effetti nei confronti del soggetto appaltante, che pu mantenere vincolate al contratto ciascuna delle imprese riunite (Cass., sezione I, 11 maggio 1998 n. 4728). Sotto il profilo della responsabilit (art. 37, comma 5, Dlgs 163/2006) i raggruppamenti di tipo orizzontale determinano la responsabilit solidale di tutte le imprese partecipanti - mandanti e mandataria - (Consiglio di Stato, sezione V, n. 5679/2000). Nel caso di raggruppamenti verticali, per effetto della suddivisione ben individuata dellesecuzione dellappalto tra le associate, la responsabilit delle mandanti non solidale, ma limitata alle parti scorporate di opere da esse assunte, ferma restando la responsabilit solidale del manda- 276 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 tario. In ragione delle suesposte considerazioni, il recesso della mandante, che pur deve ritenersi consentito, attenendo alle vicende interne delle imprese associate, non opponibile nei confronti della committente che pu mantenere vincolate al contratto ciascuna delle imprese riunite. Lirrevocabilit del mandato si configura, infatti, come assoluta solo nei confronti della Amministrazione e non fa venir meno la qualifica di mandataria dellimpresa capogruppo e la continuazione della sua attivit gestoria, ma non impedisce lestinzione del rapporto fra mandante e mandataria. In applicazione della disciplina dettata dallart. 1726 cod. civ. nel caso di mandato collettivo, la situazione non muta nellipotesi di associazione di due sole imprese, poich anche in tal caso limpresa capogruppo tenuta a continuare, da sola o previa sostituzione dellimpresa receduta, lesecuzione del contratto nei confronti dellAmministrazione, trattandosi di mandato conferito non solo anche nellinteresse del mandatario, ma pure in quello, preminente, dellAmministrazione committente (art. 1723, 2 comma cod. civ.). Per contro, ferma restando la responsabilit solidale del mandatario per lintera esecuzione del contratto, sia nellATI orizzontale che verticale, la circostanza che il recesso della mandante non opponibile alla stazione appaltante, legittima questultima a mantenere vincolate al contratto tutte le imprese riunite e ad esigere comunque la prestazione per lintero da parte della mandataria capogruppo. Conclusivamente: Il recesso della mandante dal RTI e il completamento dellopera (anche per la quota della mandante) da parte della mandataria, che vi obbligata in solido, attenendo ai rapporti interni del vincolo associativo devono ritenersi consentiti. La committente, per contro, nei cui confronti il recesso non produce alcun effetto, non tenuta a prestare il proprio consenso n al recesso della mandante (in quanto ad essa non opponibile), n al subentro della mandataria nella quota di lavori della mandante (trattandosi in realt di mero adempimento dellobbligazione solidale gravante sulla mandataria stessa), potendo mantenere vincolate al contratto tutte le imprese riunite, e ferma restando lopportunit di una verifica interna da parte della committente sulleventuale configurarsi delle condizioni di cui allart. 1461, c.c.. In tal caso, nellipotesi di riunione orizzontale, mandante/i e mandataria rispondono solidalmente dellesecuzione integrale del contratto, che resta unico e indivisibile. Nellipotesi invece di riunione verticale, la mandataria in virt del vincolo di solidariet responsabile per tutte le obbligazioni scaturenti dal contratto e per la sua integrale esecuzione, e quindi anche della quota di competenza della mandante receduta, che rimane comunque obbligata limita- PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 277 tamente alle parti scorporate di opere da essa assunte. Facendo corretta applicazione dei suddetti principi alla fattispecie in esame ne consegue: - il recesso della mandante Sarcobit accettato dalla mandataria Aleandri produce i suoi effetti limitatamente al rapporto interno di mandato; - la stazione appaltante non deve esprimere alcun consenso in ordine al recesso, che improduttivo di effetti nei suoi confronti potendo pretendere lesecuzione integrale della prestazione relativa alla quota di lavori della mandante receduta sia dalla mandataria Aleandri (solidalmente obbligata), sia dalla mandante Sarcobit; - la stazione appaltante deve, in risposta allistanza di autorizzazione formulata dalla capogruppo, comunicare che sia la mandante che la mandataria rimangono comunque vincolate nei suoi confronti alladempimento degli obblighi contrattuali; - ovviamente, per quanto riguarda le modalit di esecuzione della quota di lavori oggetto di recesso, onere di mandante e mandataria, obbligate in solido, di trovare un accordo al fine di coordinarsi e garantire lesatto e tempestivo adempimento degli obblighi contrattuali. Sul presente parere si espresso in conformit il Comitato consultivo nella seduta del 16 dicembre 2009. A.G.S. - Parere del 22 dicembre 2009 prot. n. 385978 - Sullindennit di missione ex art. 1 della L. 18 dicembre 1973, n. 836 (avv. Lucrezia Fiandaca - AL 32118/09). Codesta Amministrazione chiede alla Scrivente di formulare un parere in ordine allistanza veicolata in data 23 gennaio 2009 dal (omissis), magistrato amministrativo presso il T.A.R. Lazio, concernente la corresponsione dellindennit di missione per la partecipazione alle singole riunioni del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, presso il quale ha svolto le funzioni quale componente elettivo a far data dal (omissis). In particolare, listante deduce che, essendo stato autorizzato a risiedere in una sede diversa da quella ordinaria di servizio (omissis), giusta provvedimento del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, emesso in data 11 aprile 2003, ai sensi dellart. 9 del Regolamento interno per il funzionamento del Consiglio di Presidenza (provvedimento del 6 febbraio 2004), al medesimo spetti lindennit di missione per la partecipazione alle sedute del citato organo, quando non coincidenti con i giorni di udienza del T.A.R. Lazio. A sostegno dellassunto listante cita alcune pronunce, e in particolare la sentenza del Consiglio di Stato n. 8522/03 (Cons. Stato, 24 dicembre 2003, n. 278 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 8522) e una decisione del T.A.R. Liguria (T.A.R. Liguria, Sez. II, 7 giugno 2007, n. 1051). Il ricorrente rileva inoltre che la ratio della normativa risiede nella compensazione dei disagi connessi alla temporanea prestazione del servizio in luogo e forme diverse dallordinario oltre che del tempo trascorso in viaggio (pag. 1 dellistanza). Sostiene inoltre listante che ci che rileva, al fine della corresponsione della citata indennit, la sede di residenza, circostanza desumibile a contrario da quanto disposto dallart. 5 della legge n. 417 del 1978, ai sensi del quale tale emolumento non compete nel caso di servizio prestato presso la sede di residenza del ricorrente, ancorch ubicata fuori dalla ordinaria sede di servizio. Le suddette considerazioni, a giudizio della Scrivente, non appaiono condivisibili. Al riguardo, duopo richiamare il disposto dellart. 1, co. 1, della legge 18 dicembre 1973, n. 836, alla stregua del quale Ai dipendenti civili dello Stato, compresi quelli delle amministrazioni con ordinamento autonomo, ed agli appartenenti alle forze armate ed ai corpi organizzati militarmente comandati in missione isolata fuori della ordinaria sede di servizio, in localit distanti almeno 30 chilometri, spettano le indennit di trasferta di cui alle unite tabelle A, B, C, D, E ed F per ogni 24 ore (ivi compreso il tempo occorrente per il viaggio) di assenza dalla sede. Per le ore residuali spettano le indennit orarie di cui allart. 3 della presente legge. Tale norma va interpretata congiuntamente a quanto previsto dallart. 1 della legge 26 luglio 1978, n. 417, che recita: A decorrere dall1 dicembre 1977 le indennit di trasferta dovute ai magistrati, agli avvocati e ai procuratori dello Stato.comandati in missione fuori della sede ordinaria di servizio in localit distanti almeno 10 chilometri, sono stabilite come segue, sebbene tale disposto sia stato abrogato, con effetto ex nunc, e dunque senza alcuna rilevanza per la fattispecie in rassegna, dallart. 1, co. 213, della L. 266/05. Lapplicabilit dellart. 1, co. 1, della legge 18 dicembre 1973, n. 836 (in relazione allart. 1 della legge 26 luglio 1978, n. 417, che si occupa del quantum e delle percorrenze chilometriche che giustificano la corresponsione dellindennit in rassegna) al caso in disamina, secondo peraltro una prospettazione condivisa dallistante, sembra conferente. E invero, la norma si riferisce allipotesi di dipendenti civili dello Stato, comandati in missione isolata fuori dalla ordinaria sede di servizio. Orbene, nella fattispecie concreta viene in rilievo la partecipazione, da parte di un magistrato amministrativo, alle sedute di un organo rappresentativo della categoria, di guisa che quanto meno ravvisabile un nesso di occasionalit necessaria tra la professione ordinariamente svolta e il mandato elettivo ricevuto quale componente del Consiglio di Presidenza per la Giustizia Am- PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 279 ministrativa. Al riguardo, duopo riferirsi allorientamento giurisprudenziale formatosi in tema di partecipazione dei magistrati ordinari alle sedute del CSM. Vale in primis premettere che per le missioni dei magistrati ordinari sussiste una normativa speciale, dal tenore tuttavia analogo a quello dellart. 1, co. 1, della legge 18 dicembre 1973, n. 836. Il dato normativo per i magistrati ordinari infatti costituito dalla L. 2 aprile 1979, n. 97, come interpretato dallart. 1, co. 209, della legge n. 266/05; i contenuti di tali disposizioni rinviano, per la disciplina sostanziale, allart. 1 della L. 6 dicembre 1959, n. 1039. Lunica peculiarit della normativa vigente per le missioni dei magistrati ordinari risiede nei presupposti per lapplicazione della stessa, essendo limitata agli uditori giudiziari o a quanti siano trasferiti di ufficio, sebbene la giurisprudenza ricomprenda in tale ultima evenienza anche il caso del magistrato che, per effetto del passaggio a funzioni superiori, si trovi a svolgere la propria attivit in un luogo diverso dalla sede ordinaria di servizio. Merita richiamare una recente sentenza di legittimit, che si occupata del caso di un magistrato, in servizio presso la Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Venezia ed eletto al CSM. Trattasi della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, 31 luglio 2008, n. 3866, ove si richiama il consolidato orientamento giurisprudenziale il quale, in armonia con la ratio del beneficio in oggetto - che quella di compensare i soggetti destinatari della norma (uditori giudiziari di prima nomina e magistrati trasferiti di ufficio) del disagio conseguente allo spostamento di sede -, richiede quale presupposto necessario per la spettanza dellindennit di missione, sulla base del combinato disposto dei citati artt. 13 l. nr. 97/1979 e 6 l. nr. 27/1981 e dellart. 16, comma XVIII, della legge 24 dicembre 1993, nr. 537, che vi sia un effettivo mutamento geografico della sede di servizio (cfr. ex plurimis le decisioni di questa Sezione nr. 1993 dell8 aprile 2004 e nr. 914 del 15 febbraio 2002). In sostanza, la normativa concernente le missioni dei magistrati ordinari, incentrata anchessa sulla nozione di sede ordinaria di servizio, e ritenuta applicabile anche per i casi di elezione al CSM, riconosce la spettanza del beneficio in oggetto quante volte la nuova sede sia diversa da quella ordinaria di servizio Orbene, il dato normativo indica chiaramente, quale presupposto per poter usufruire della citata indennit, lo svolgimento di unattivit al di fuori della sede ordinaria di servizio; nel caso di specie, essendo la pretesa avanzata da un magistrato del T.A.R. Lazio, tale sede certamente Roma. La sede ordinaria di servizio dunque la medesima rispetto a quella in cui si sono tenute le riunioni del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, per la partecipazione alle quali il ricorrente richiede il riconoscimento dellemolumento 280 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 in disamina. Mette conto di osservare, inoltre, che il criterio della sede ordinaria di servizio, al fine dellattribuzione del diritto al trattamento economico di cui allart. 1 della citata legge, non mai dalla medesima, n da altre disposizioni, derogato, se non in peius, come nel caso, prospettato dal ricorrente, in cui la sede della missione coincida con quella di residenza. peraltro evidente che ogni eccezione alla prefata norma deve essere espressamente prevista, stante la chiarezza del dato normativo. Non appare pertanto cogliere nel segno il tentativo del ricorrente di addivenire ad uninterpretazione sistematica della legge, atteso che con riguardo alla disciplina di settore in ordine a missioni e trasferte non emerge alcuna particolare esigenza interpretativa delle disposizioni summenzionate rispetto al senso fatto palese dalle loro parole secondo il tenore letterale delle stesse. Ancora meno suggestiva si prospetta largomentazione che riposa allart. 5 della legge n. 417/1978. A parte lovvio rilievo che trattasi di una norma che deroga in peius alla disposizione generale, contenuta, come pocanzi accennato, nellart. 1 della legge n. 836/1973, preme osservare che il ricorso allanalogia presuppone un vuoto normativo che nella specie non sussiste. N pu obiettarsi che trattasi di uninterpretazione estensiva, la quale non opera ove il dato letterale sia puntuale e perfettamente in linea con la fattispecie concreta. Quanto alle sentenze richiamate nellistanza, merita evidenziare che le medesime concernono fattispecie diverse ed affermano comunque principi in contrasto con quelli richiamati dal ricorrente. E invero, la sentenza n. 8522/03 si occupa del distinto profilo concernente i rapporti tra la citata indennit ed i compensi per lavoro straordinario, ribadendo inoltre che lindennit di missione costituisce la remunerazione del disagio connesso al mutamento temporaneo del luogo in cui effettuare le prestazioni. Tale luogo, nel caso che ci occupa, Roma, per cui non si delinea quello spostamento dalla sede ordinaria di servizio che giustifica la corresponsione dellindennit. Quanto alla sentenza n. 1051/07 del T.A.R. Liguria, essa si occupa della distinta fattispecie in cui un dipendente dello Stato, trasferito da una sede allaltra, mantenga la residenza nel comune di provenienza, ove venga assegnato in missione; la decisione si palesa nondimeno interessante laddove osserva che anche la ratio della normativa in rilievo (oltre che il dato letterale) nel senso di attribuire rilevanza alla sede ordinaria di servizio, evidenziandosi che essa intende compensare i disagi connessi alla temporanea prestazione del servizio al di fuori dellordinaria sede di servizio. Il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa appare unanime nellattribuire rilevanza esclusivamente allallontanamento dalla sede ordinaria di servizio quale presupposto per la riconoscibilit dellindennit di PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 281 missione. Nello specifico, giova richiamare una recente pronuncia del Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. IV, 27 marzo 2009, n. 1855) che ricostruisce nei seguenti termini la ratio e la funzione dellistituto. La sentenza chiarisce che lindennit di missione [] costituisce la remunerazione del disagio connesso con il mutamento temporaneo del luogo ove si effettua la prestazione, che pu essere imposto al dipendente, ricorrendone le ragioni di servizio, ma poich ci influisce appunto sul luogo della prestazione di lavoro, ne consegue la necessit di remunerare ulteriormente laggravio nella prestazione che lo spostamento comporta []Lindennit di missione misura economicamente il disagio rappresentato dal periodo in cui il dipendente tenuto a prestare la sua opera fuori dalla sede ordinaria di lavoro e per tale motivo corrisposta anche per le ore di viaggio, durante le quali il dipendente costretto ad abbandonare la propria sede di servizio per raggiungerne unaltra, con aggravio della prestazione di lavoro e conseguente ristoro con lindennit in questione. Tale impostazione riprende invero quanto gi osservato dalla precedente giurisprudenza amministrativa. Sovviene, in subiecta materia, la pronuncia n. 5504/08 del Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. IV, 6 novembre 2008, n. 5504) ove si legge: ben noto, infatti, che lindennit di missione destinata a ristorare i disagi sofferti dal dipendente in ragione del mutamento di sede di lavoro limitato nel tempo e per la durata prevista nel provvedimento di incarico. La decisione ora richiamata riassume e compendia i principi gi affermati da numerose decisioni di primo e secondo grado, tra le quali, ex plurimis, merita citare: T.A.R. Piemonte Torino, Sez. II, 2 marzo 2007, n. 916; Cons. Stato, Sez. IV, 8 agosto 2006, n. 47845; T.A.R. Marche Ancona, Sez. I, 19 settembre 2009, n. 581; T.A.R. Marche Ancona, Sez. I, 25 ottobre 2006, n. 852. Da ultimo, preme richiamare una decisione del T.A.R. Calabria Reggio Calabria (sent. n. 1061/07) che si occupa di una fattispecie simile a quella in rilievo, specificando che se lindennit di missione , in linea generale, un istituto che mira a compensare il particolare disagio connesso alla prestazione lavorativa effettuata, per un periodo limitato di tempo, in altra sede, essa non pu essere direttamente corrisposta nel caso di specie in cui, di fatto, lo svolgimento dellattivit lavorativa avvenuto nella sede gi a suo tempo assegnata. La chiarezza del dato normativo, e dunque lassenza di lacune ordinamentali, in uno con lorientamento costante della giurisprudenza amministrativa non sembrano dare ingresso ad interpretazioni difformi. Vale da ultimo richiamare, a corroborazione di quanto sin qui precisato, che sussiste un noto principio dellordinamento giuridico, alla stregua del quale cuius commoda eius et incommoda. La scelta di risiedere fuori dalla sede di servizio, previa autorizzazione del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, in altri termini, non pu risolversi in danno dellAm- 282 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 ministrazione, che sarebbe diversamente gravata dellonere economico corrispondente allammontare dellindennit di missione. Si ribadisce, pertanto, che non sembrano sussistere, nel caso di specie, i presupposti per il riconoscimento dellindennit di missione. La questione stata sottoposta allesame del Comitato Consultivo dellAvvocatura dello Stato di cui allart. 26 della legge 3 aprile 1979 n. 103, che si espresso in conformit. A.G.S. - Parere del 10 febbraio 2010 prot. n. 48403 - Titolarit dello ius postulandi per le Casse di previdenza delle forze armate (avv. Marina Russo - AL 3121/2010). Il presente quesito trae origine da un contenzioso avente ad oggetto lavviso di accertamento inerente lICI pretesa dal Comune di Chianciano Terme su un immobile di propriet della Cassa Sottufficiali della Marina Militare. LAmministrazione della Difesa ha, infatti, richiesto il patrocinio dellAvvocatura Distrettuale di Firenze affinch la stessa invocasse lesenzione dal tributo innanzi al giudice competente. LAvvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze ha reso motivato parere, sostenendo che la Cassa Sottufficiali dovrebbe necessariamente valersi del patrocinio di un libero professionista, in mancanza di una norma o di un provvedimento che, a mente dellart. 43 r.d. 1611/33, ne attribuisca il patrocinio allAvvocatura dello Stato. LAmministrazione - segnalando che la questione dellesenzione attualmente sottoposta al riesame del Comune, interessato in sede di autotutela, e comunque non condividendo il parere dellAvvocatura Distrettuale - pone ora allAvvocatura Generale il quesito se spetti o meno allAvvocatura dello Stato il patrocinio della Cassa Sottufficiali della Marina Militare. Due, in particolare, le ragioni di perplessit dellAmministrazione circa lavviso espresso dallAvvocatura Distrettuale: 1. La riconduzione, sostenuta dallAvvocatura di Firenze, del patrocinio delle Casse allart. 43 del r.d. 1611/33; 2. La declaratoria di inammissibilit del ricorso che, secondo lAvvocatura Distrettuale, conseguirebbe automaticamente ed irrimediabilmente al rilievo del difetto di ius postulandi che il giudice dovesse operare. Va premesso che, ferma restando lautonomia delle Avvocature Distrettuali nella gestione degli affari contenziosi e consultivi di relativa competenza, lAvvocatura Generale pu comunque essere chiamata a pronunciarsi sulla questione del patrocinio delle Casse di previdenza delle forze armate, in quanto PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 283 questa riveste carattere di massima. Ci premesso, si osserva quanto segue. LAvvocatura Distrettuale rende il proprio parere sulla scorta di due sentenze (6629 dell8 luglio 98 e 155 del 18 marzo 99) rese dalle Sezioni Unite della Cassazione, con riferimento alla Cassa Ufficiali dellEsercito. In tali sentenze si afferma espressamente (secondo un avviso diametralmente opposto a quello solo pochi giorni prima espresso dalla stessa Suprema Corte - sez. lav. - con sent. n. 6450 del 1 luglio 98) che il patrocinio dellAvvocatura sussiste solo in quanto previsto, con norma innovativa, dallart. 1 del d.l. 313/96. Ci in quanto, secondo le SS.UU., la Cassa Ufficiali dellEsercito - essendo dotata di propria personalit giuridica ed autonomia gestionale, e pur se sottoposta al controllo del Ministero della Difesa - va considerata ente distinto dallo Stato. Tanto premesso, la Scrivente ritiene che - rebus sic stantibus, e con riferimento alla normativa vigente allepoca in cui lAvvocatura Distrettuale di Firenze si pronunciata - lavviso espresso dalla stessa sia pienamente condivisibile, in quanto coerente con lorientamento giurisprudenziale delle Sezioni Unite della Suprema Corte, formatosi relativamente alla Cassa Ufficiali dellEsercito, il cui ordinamento, per quanto concerne i tratti salienti ai fini dellindividuazione della relativa natura giuridica, appare pienamente sovrapponibile a quello della Cassa Sottufficiali M.M.. Infatti, secondo la legge istitutiva della Cassa Ufficiali dellesercito (l. 1712/1930, come integrata e modificata dal d.l. 313/96 conv. in l. 416/96), questultima: - era istituita presso il Ministero della Guerra, ora Ministero della Difesa; - aveva per fine istituzionale quello di erogare una previdenza integrativa agli ufficiali dellesercito; - aveva personalit giuridica propria (art. 1 l. 1712/1930); - era sottoposta alla vigilanza del Ministero di riferimento (art. 1 l. 1712/1930); - godeva di autonomia finanziaria ed amministrativo-contabile (artt. 2 e 5 l. 1712/1930 ed art. 1 d.l. 313/96); - alla provvista degli organi provvedevano il Ministero di riferimento e quello delle Finanze, ed i relativi componenti includono personale del Ministero della difesa (art. 2 l. 1712/1930); - il collegio sindacale di controllo era anchesso di nomina ministeriale. La Cassa Sottufficiali della M.M. (istituita con l.1226/1936), a sua volta: - era istituita presso lAmministrazione di riferimento, ha personalit giuridica propria, ed ha per fine istituzionale quello di erogare una previdenza integrativa ai sottufficiali della Marina (art. 1 l. 1226/1936); - era sottoposta alla vigilanza del Ministero di riferimento (art. 1 l. 284 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 1226/1936); - godeva di autonomia finanziaria ed amministrativo-contabile (art. 2 l. 1226/1936); - alla provvista degli organi provvedevano il Ministero di riferimento e quello delle Finanze ed i relativi componenti comprendono personale del Ministero della Difesa e dellEconomia e Finanze (gi Tesoro) (art. 2 cit.); - il collegio sindacale di controllo era anchesso di nomina ministeriale. A parit di ordinamento, tuttavia, per la Cassa Sottufficiali M.M. non era prevista una norma che attribuisse il patrocinio allAvvocatura dello Stato, analoga a quella dettata per la Cassa ufficiali dellEsercito: era quindi corretta de iure condito la soluzione data al problema dallAvvocatura Distrettuale.. Nella corrispondenza e nei contatti intercorsi in via breve, tuttavia, lAmministrazione richiama lattenzione della Scrivente sulla sopravvenienza di un fatto nuovo, costituito dal d.p.r. del 4 dicembre 2009 (che risulta pubblicato in G. U. del 29 gennaio 2010, con il numero 211/09), recante il riordino delle Casse militari: in particolare, secondo lAmministrazione, tale nuova normativa determinerebbe una modifica dello scenario nel quale sono intervenute le sentenze delle Sezioni Unite, rafforzando la statualit delle Casse che ora confluiscono in un unico, nuovo soggetto, ed accentuandone la dipendenza dal Ministero della Difesa. Sempre a parere dellAmministrazione, da quanto sopra conseguirebbe, da un lato, il superamento della norma di cui al citato d.l. 313/96 (che - secondo la lettura datane da Cass. SS.UU. cit. - attribuirebbe il patrocinio della Cassa ufficiali allAvvocatura dello Stato a mente dellart. 43 r.d. 1611/33) e, dallaltro, la riconduzione del nuovo soggetto (Cassa Previdenza delle Forze Armate) in cui sono accorpate le preesistenti Casse, alla categoria delle amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, e del relativo patrocinio allart. 1 del r.d. 1611/33 (cosiddetto patrocinio necessario). A tale proposito, si osserva quanto segue. In effetti, nel d.p.r. 211/10, come meglio si illustrer infra, si ravvisa un nuovo elemento che sembra offrire utili argomenti per poter ragionevolmente sostenere in giudizio, fino al grado di legittimit, la tesi della natura di amministrazione dello Stato ad ordinamento autonomo del nuovo soggetto (la Cassa Previdenza delle Forze Armate) nel quale il d.p.r. stesso ha accorpato le Casse gi esistenti, dal che pu farsi discendere lapplicabilit del patrocinio ai sensi dellart. 1 r.d. 1611/33, con tutte le necessarie conseguenze in termini di normativa processuale applicabile. Quanto sopra, naturalmente, pur sempre con un certo margine di alea, peraltro insito in qualsivoglia giudizio, alea che tuttavia nel caso di specie sembra ben possa essere affrontata, in ragione del valore economico del contenzioso che appare modesto (circa 9.000,00), specie se raffrontato allinte- PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 285 resse manifestato dallAmministrazione a che venga affermata lapplicabilit del patrocinio della Scrivente alla Cassa ora istituita. Sempre con riferimento al profilo dellalea del giudizio, va peraltro chiarito che corretta laffermazione dellAvvocatura Distrettuale (sulla quale pure lAmministrazione in indirizzo, come gi detto, solleva perplessit) in relazione al rischio che, ove venisse affermato il difetto di ius postulandi dellAvvocatura, il ricorso sarebbe sanzionato dalla declaratoria di inammissibilit (sempre che, peraltro, non possa giovare la norma di cui allart. 182 c.p.c., come sostituito dallart. 46 l. 69/09): infatti, la giurisprudenza costituzionale richiamata dallAmministrazione (sent. 189/00) attiene ad una fattispecie (mancanza di sottoscrizione del ricorso da parte di un difensore tecnico) diversa da quella che qui potrebbe prospettarsi (sottoscrizione da parte di un difensore tecnico sprovvisto di ius postulandi), sicch essa non necessariamente gioverebbe nel caso in cui il giudice dovesse rilevare il difetto di ius postulandi dellAvvocatura. Va da s, poi, che analogo rischio di dichiarazione di inammissibilit del ricorso sussisterebbe anche ove lazione venisse intrapresa con il patrocinio di un legale del libero foro, e sempre alla luce del d.p.r. 211/10 il giudice dovesse ritenere che fosse questultimo ad essere sfornito di ius postulandi, appartenendo la difesa della Cassa allAvvocatura ex art. 1 R.D. 1611/33. Lassunto, poi, che tale ultima tesi possa essere sostenuta con ragionevoli probabilit di successo in considerazione del tenore del d.p.r. 211/10, trova sostegno nelle seguenti considerazioni. Sebbene la nuova Cassa di previdenza non presenti, rispetto agli Enti preesistenti, novit significative relativamente alla funzione svolta (erogazione del trattamento previdenziale integrativo - art. 2 comma 2 d.p.r. 211/10), al meccanismo di finanziamento (autonomo - art. 2 comma 2), alla sottoposizione alla vigilanza del Ministero della Difesa, alla composizione degli organi formati, tra laltro, da dipendenti in servizio o in quiescenza del Ministero di riferimento e dellEconomia e Finanze, cui si aggiungono ora magistrati contabili (artt.4, 5 e 6), ed alla provvista degli organi medesimi cui provvede, ancora, il Ministero della Difesa, tuttavia, non certo di irrilevante il fatto che lart. 2 del d.p.r. 211/10 preveda ora espressamente che la Cassa, pur se dotata di propria personalit, costituisce un organo con personalit giuridica di diritto pubblico istituito nellambito della struttura organizzativa del Ministero della Difesa (enfasi aggiunta), nella quale , in effetti, pienamente inserita, anche in quanto viene gestita da un Ufficio costituito con le risorse umane e strumentali del Ministero (art. 7 comma 2). Lart. 2 reca, dunque, un indicazione normativa ben precisa (carente allepoca in cui si pronunciarono le SS. UU.), dalla quale sembra possa trarsi la convinzione che lintenzione del legislatore del 2009 sia proprio quella di attribuire al rapporto fra lAmministrazione ed il soggetto di nuova creazione il carattere dellimmedesimazione organica. 286 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 Limportanza di un preciso indice normativo da cui possa desumersi - ai fini del riconoscimento del suddetto rapporto - la riferibilit allo Stato dellattivit compiuta da un soggetto avente autonoma personalit stata riconosciuta dalle stesse SS.UU. le quali - sia pur pronunciandosi in relazione ad una fattispecie diversa, quale quella delle Agenzie Fiscali (SS. UU. 3116 e 3118/06, Sez. I^ 2305/06) - hanno appunto sostenuto la necessit di un sicuro elemento testuale che consenta di ritenere che lattivit della seconda persona giuridica sia direttamente imputata ad altra persona giuridica: ebbene, lelemento testuale sembra ora essere costituito dallart. 2 cit.. Alla luce della sopravvenuta indicazione normativa, e posto che Cass. SS. UU. da ultimo citata ha indicato lelemento tipico del rapporto di immedesimazione tra Stato ed organo non tanto nella natura dinteresse pubblico dellattivit svolta o nellesistenza di controlli pubblici, quanto - piuttosto - proprio nella riferibilit allo Stato dellattivit posta in essere dallorgano, sembra si possa utilmente argomentare altres che lattivit svolta prima dalle singole Casse ed in futuro dalla neo-istituita Cassa (gestione di una forma di previdenza per una categoria di dipendenti del Ministero della Difesa), - contrariamente a quanto si dovrebbe desumere da SS.UU. 6629/98 e 115/99 - unattivit dello Stato, in quanto datore di lavoro. Quanto sopra potrebbe trovare sostegno in quella giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. lav. 2140/1985, recentemente confermata da sez. lav. 9419/08 e Cass. SS.UU. 2328/1975) che ha sostenuto la natura di amministrazione dello Stato ad ordinamento autonomo, con conseguente patrocinio dellAvvocatura a mente dellart. 1 del r.d. 1611/33, del Fondo di previdenza per il personale del Ministero delle Finanze e del Fondo di previdenza del personale delle Dogane ad esso sono iscritti di diritto gli impiegati dellAmministrazione e cio esso istituito ed utilizzato dallo Stato). Sulla questione stato sentito il Comitato Consultivo della Scrivente, che si espresso in conformit . A.G.S. - Parere del 17 febbraio 2010 prot. n. 57196 - La difesa in giudizio di un ente pubblico non economico in violazione dellart. 417 bis c.p.c. e dellart. 43 R.D. n. 1611/1933 (avv. Pierluigi Di Palma - AL 21507/07). Con comunicazione a firma del Segretario Generale, questa Avvocatura Generale, in data 22 maggio 2007, ha rimesso a codesto Ente, insieme ad altri, latto introduttivo del giudizio instaurato dal dipendente in oggetto. Trattandosi di controversie relative a rapporto di lavoro si ritenuto, in base alle disposizioni di legge ed in particolare alle previsioni dellart. 417 bis del c.p.c., che lENAC potesse stare in giudizio avvalendosi di propri funzionari. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 287 Nella medesima nota, veniva precisato che si restava in attesa di ricevere la relativa sentenza non appena pubblicata o notificata per gli eventuali successivi adempimenti, corredata dal ricorso introduttivo, di un circostanziato rapporto e dei relativi documenti ed atti, ivi compresi la memoria predisposta per la difesa, i verbali di udienza e le eventuali memorie avversarie, con le indicazioni del nominativo e del recapito telefonico del funzionario che ha istruito la pratica. In data 29 luglio 2009, pervenuta, per conoscenza, una nota del difensore (acquisita al protocollo in data 8 agosto 2009) di (omissis) ed altri dipendenti dellENAC con la quale si invitava a dare pronta esecuzione alla sentenza n. 18524/08 del Tribunale di Roma, gi notificata presso la sede legale dellEnte e presso la studio dellAvv. (omissis) risultante difensore nel giudizio in presunta sostituzione dei dipendenti di cui allart. 417 bis, 1 comma, c.p.c., in data 16 aprile 2009. Ci posto, il 2 settembre 2009, veniva inviata una richiesta di chiarimenti allENAC, facendo altres presente che la decisione non risultava notificata a questa Avvocatura n tantomeno era stata trasmessa dallEnte per i successivi adempimenti di competenza. Con la nota che si riscontra, codesto Ente, in risposta alla richiesta avanzata da questo Generale Ufficio riguardante la trasmissione di una dettagliata informativa sui fatti di causa, corredata da copia degli atti del giudizio, riferisce che i ricorsi in oggetto sono stati trattati dalla Direzione del personale nel cui ambito era, illo tempore, incardinata la materia del contenzioso del lavoro gestita, ex art. 417 bis c.p.c., da un solo funzionario. Codesto Ente rappresenta, altres che, il Direttore Generale in carica, probabilmente incalzato dalle strutture interne direttamente interessate, stante lelevato numero di contenziosi e la scarsit di risorse da adibire alla materia, incaric della difesa dellEnte lAvv. (omissis) del foro di Roma, che, con riferimento al giudizio promosso da (omissis), presenzi ad una sola udienza. Il giudizio si concluso con la soccombenza dellEnac. Infatti, con sentenza n. 1854/2008, il Tribunale Civile di Roma - sez. lavoro -, ha riconosciuto il diritto dei ricorrenti a percepire le differenze retributive tra il trattamento economico previsto per il personale con la qualifica dirigenziale ed il trattamento dagli stessi percepito nei periodi indicati in sentenza; il Tribunale ha, inoltre, accertato il diritto degli istanti a percepire le somme relative alle differenze tra il trattamento di fine rapporto percepito e/o da percepire e quello effettivamente spettante. Codesto Ente conferma, altres, la circostanza che la sfavorevole sentenza stata notificata a cura della controparte allENAC e presso lo studio del domiciliatario, avv. (omissis), il quale ha proposto appello avverso la medesima, su delega del Direttore Generale p.t., stante la ristrettezza dei termini a fronte 288 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 di un doppio passaggio della gestione del contenzioso. Al riguardo, lENAC segnala che, solo con disposizione organizzativa del 9 dicembre 2008, il Direttore Generale p.t. ha disposto lassegnazione della competenza del contenzioso lavoro alla Direzione affari legali unitamente alle risorse umane e strumentali. Il passaggio di consegne dalla Direzione del personale alla Direzione affari legali concretamente avvenuto in data 12 maggio 2009. Codesto Ente riferisce, in ultimo, che in ottemperanza alla citata sentenza sta provvedendo a predisporre i pagamenti in favore degli interessati. Tutto ci considerato, questo Generale Ufficio, estraneo al giudizio in oggetto, osserva quanto segue. Preliminarmente, si ritiene opportuno analizzare lesatta portata normativa dellart. 417 bis c.p.c., nonch dellart. 43, R.D. 30 ottobre 1933 n. 1611 ss.mm.ii, al fine di valutare se un Ente pubblico possa o meno conferire mandato ad litem ad un professionista del libero foro. Lart. 417 bis c.p.c. recita: Nelle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al quinto comma dellart. 413, limitatamente al giudizio di primo grado le Amministrazioni stesse possono stare in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti. Per le Amministrazioni statali o ad esse equiparate, ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio, la disposizione di cui al comma precedente si applica salvo che lAvvocatura dello Stato competente per territorio, ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, determini di assumere direttamente la trattazione della causa dandone immediata comunicazione ai competenti uffici dellamministrazione interessata nonch al Dipartimento della funzione pubblica, anche per leventuale emanazione di direttive agli uffici per la gestione del contenzioso del lavoro. In ogni altro caso lAvvocatura dello Stato trasmette immediatamente e comunque non oltre 7 giorni dalla notifica degli atti introduttivi, gli atti stessi ai competenti uffici dellamministrazione interessata per gli adempimenti di cui al comma precedente . Dal tenore letterale della citata disposizione normativa si evince chiaramente che il legislatore ha voluto prevedere, limitatamente al primo grado di giudizio la possibilit per le Amministrazioni pubbliche, compresi gli Enti pubblici, di stare in giudizio avvalendosi di propri dipendenti, solo nel caso in cui l'Avvocatura dello Stato, competente per territorio, non determini di assumere direttamente la trattazione della causa. Diversamente, nei successivi gradi di giudizio la difesa deve essere assunta dallAvvocatura dello Stato territorialmente competente, poich, in difetto, leventuale atto di impugnazione o di costituzione proposto dallAmministrazione in proprio o mediante un avvocato libero professionista, salva lipotesi di regolarizzazione prevista dallart. 182 c.p.c., II comma, per PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 289 i giudizi instaurati dopo il 4 luglio 2009, risulterebbe inammissibile per evidente difetto di ius postulandi del dipendente o delleventuale difensore che sottoscrive latto. In sintesi, lart. 417 bis c.p.c. deroga alla regola generale sulla rappresentanza e difesa in giudizio delle pubbliche Amministrazioni ovvero degli Enti pubblici da parte della difesa erariale in favore dei dipendenti dellente stesso solo relativamente al primo grado di giudizio e solo laddove lAvvocatura dello Stato competente per territorio non valuti di assumere direttamente la trattazione della causa. In ogni caso, la predetta norma non riconosce espressamente ai soggetti pubblici la possibilit di avvalersi di avvocati del libero Foro per la difesa in giudizio nelle medesime controversie. La natura derogatoria di detta norma, rispetto alla normativa generale che prevede la difesa ope legis da parte dellAvvocatura dello Stato non consente di operare una interpretazione estensiva n tantomeno una qualsivoglia interpretazione analogica della stessa. Pertanto, lEnte pubblico potrebbe avvalersi di un avvocato del libero Foro solo allorch ricorrano le specifiche circostanze indicate dallart. 43 R.D. n.1611/1933, che disciplina direttamente i requisiti per la valida dispensa dal patrocinio obbligatorio ed indirettamente i presupposti per la valida nomina di un professionista del libero Foro. E noto che, ai sensi dellart. 43 del citato T.U., lAvvocatura dello Stato, in aggiunta al patrocinio obbligatorio in favore delle amministrazioni dello Stato, pu essere autorizzata ad assumere la rappresentanza e difesa anche di amministrazioni pubbliche non statali ed enti sovvenzionati, purch sottoposti a tutela od anche a sola vigilanza dello Stato (c.d. patrocinio autorizzato). Condizione necessaria per lesercizio del patrocinio autorizzato la sussistenza di unautorizzazione legislativa, regolamentare o, secondo le previsioni della L. n. 12/91, di un D.P.C.M., sentito il Guardasigilli ed il Ministro delleconomia e delle finanze. Quando interviene il provvedimento autorizzativo, la rappresentanza e la difesa, salva lipotesi di conflitto di interessi con il patrocinio di amministrazioni dello Stato e delle regioni, sono assunte dallAvvocatura in via organica ed esclusiva, applicandosi le stesse regole del patrocinio obbligatorio. In tal senso si espressa la Suprema Corte (Sent. 21 luglio 1999, n. 484) che, in tema di esercizio dello ius postulandi in favore dellANAS, ancora Ente nazionale per le strade, ha affermato il principio che anche in regime cosiddetto facoltativo di assistenza legale e di patrocinio da parte dellAvvocatura dello Stato non necessario, in ordine ai singoli giudizi, uno specifico mandato allAvvocatura medesima, n questultima deve produrre il provvedimento del competente organo dellente recante lautorizzazione del legale rappresentante ad agire o resistere in causa. Ci si evince dagli artt. 43, primo comma, e 45 R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611 e successive modificazioni. Que- 290 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 stultima norma, in particolare, stabilisce che per il patrocinio cosiddetto facoltativo si applica il secondo comma dellart. 1 dello stesso R.D., alla stregua del quale gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede e non hanno bisogno di mandato speciale, bastando che consti della loro qualit (cfr. Cass., 26 luglio 1997, n. 7011; Cass., sez. un., 4 novembre 1996, n. 9523; Cass., 6 luglio 1991, n. 7515). Di recente, nella camera di consiglio del 3 novembre 2009, la IV sez. del Consiglio di Stato, in sede cautelare, accogliendo il ricorso proposto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in materia di patrocinio obbligatorio delle Autorit Portuali ha rilevato che le delibere che intendano incaricare professionisti del libero Foro devono essere adeguatamente motivate e la VI sez. del Supremo consesso di giustizia amminitrativa, nella camera di consiglio del 10 novembre 2009, ha dichiarato inammissibile listanza cautelare proposta dallAutorit Portuale di Gioia Tauro perch rappresentata e difesa da un avvocato del libero Foro, secondo il collegio giudicante, sprovvisto dello jus postulandi. Nella motivazione di questultima ordinanza, richiamando la decisione della Suprema Corte Sez. Un., 5 luglio 1983, n. 4512, viene precisato che la natura autorizzata del patrocinio non ne muta il carattere tendenzialmente obbligatorio salvo che per i casi di comprovata specialit (c.d. obbligatoriet attenuata) sicch, solo qualora questi ultimi ricorrano, possibile per lEnte rinunciare al patrocinio dellAvvocatura e procedere alla nomina di un legale del libero Foro, previa apposita motivata deliberazione sottoposta allorgano di vigilanza. In materia, da ultimo, intervenuta anche la decisione del 23 ottobre 2007 della Corte dei conti, sez. II Giurisdizionale Centrale dAppello, che, nellinfliggere una pesante condanna di carattere economico allamministratore p. t. dellANAS s.p.a., ha ribadito la necessit, in vigenza del regime facoltativo di assistenza legale ex art. 43 R.D. n. 1611/1933, nei casi di affidamento del patrocinio legale, salvo ipotesi di conflitto, di adottare apposita delibera per lindividuazione dei casi speciali in cui lente intende non avvalersi dellAvvocatura dello Stato. Ci posto, lENAC, ente pubblico non economico sottoposto a patrocinio facoltativo ex art. 5, c. 2, D. L.vo n. 250/97, salvo le ipotesi di conflitto, solo con delibera motivata sottoposta agli organi di vigilanza, pu non avvalersi della Avvocatura dello Stato; al contrario la rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi e passivi dellENAC, ivi compreso il caso di specie, continua ad essere assicurata da questo Istituto secondo le descritte modalit. Infatti, lart. 43 R.D. 30 ottobre 1993, n. 1611, consente, in casi speciali, allEnte pubblico di poter rinunciare al patrocinio dellAvvocatura e procedere alla nomina di un legale del libero foro, previa apposita motivata deliberazione sottoposta allorgano di vigilanza. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 291 Di talch, la mancata deliberazione, linesistenza della motivazione, o la mancata sottoposizione della deliberazione dismissiva allorgano di vigilanza, integrando una violazione del predetto art. 43, determinano linvalidit del mandato e il conseguente difetto di ius postulandi del difensore (cfr. C.d.S., IV sez., ord. n. 5653/09). Da quanto esposto, risulta evidente che laffidamento da parte dellAmministrazione di un incarico ad un avvocato del libero Foro ha carattere di specialit e deve essere supportato dallesistenza di oggettive e inderogabili esigenze, nonch da adeguata motivazione. Nella fattispecie in esame, come si legge nella nota che si riscontra, codesto Ente ritiene di essersi trovato in una contingente situazione di oggettiva difficolt organizzativa a causa dellelevato numero di contenziosi e della scarsit di risorse umane da adibire alla materia. Detti motivi non appaiono poter giustificare il conferimento di un incarico difensivo ad un avvocato del libero Foro, tenuto conto, tra laltro, che lart. 417 bis c.p.c. non fa riferimento ad un dipendente con specifica professionalit ma genericamente ad un funzionario dellamministrazione. In ogni caso, la difficolt oggettiva da parte dellENAC di garantire la difesa dellEnte con propri funzionari, come in altri casi avvenuto, poteva e doveva essere segnalata a questa Avvocatura per le successive determinazioni di competenza, che avrebbe permesso, se del caso, a procedere, dintesa, al motivato e legittimo affidamento del patrocinio ad un legale del libero Foro, ricorrendo le predette ipotesi di specialit. Naturalmente, le eventuali determinazioni in merito allaffidamento del patrocinio ad un avvocato del libero Foro andavano deliberate dallENAC e sottoposte agli organi di vigilanza dellEnte. Peraltro, lENAC, una volta conosciuta la decisione del giudice di primo grado avrebbe dovuto, trasmetterla a questa Avvocatura Generale dello Stato al fine di consentire la predisposizione di unadeguata e tempestiva difesa, cos come previsto dallart. 417 bis c.p.c. In tale contesto giuridico-fattuale, pare altres opportuno segnalare che, in assenza dei presupposti dettati dallart. 43 del R.D. n. 1611/1933, il conferimento dellincarico difensivo ad un avvocato del libero Foro risulterebbe nullo anche per violazione dellart. 417 bis c.p.c. e, conseguentemente ogni atto dallo stesso proposto risulterebbe inammissibile per evidente difetto di ius postulandi del difensore, salva, naturalmente, lipotesi dellart. 182 c.p.c., II comma, se applicabile. Tutto ci premesso, questo Generale Ufficio non pu esimersi dal segnalare linsorgenza di specifiche ipotesi di responsabilit professionali a carico dellavvocato del libero Foro che assuma un incarico difensivo in violazione di quanto previsto dallart. 417 bis c.p.c. nonch dallart. 43 del R.D. n. 1611/1933, e ci per la violazione del dovere di diligenza media e di compe- 292 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 tenza esigibili ai sensi dellart. 1176, II comma, cod. civ. e 12 del codice deontologico. In conclusione, ai sensi dellart. 417 bis c.p.c. un Ente pubblico non economico per il quale sia normativamente previsto il patrocinio facoltativo di questa Avvocatura, limitatamente al giudizio di primo grado pu stare in giudizio in proprio, avvalendosi del proprio personale dipendente laddove lAvvocatura dello Stato competente per territorio non valuti di assumere direttamente la trattazione della causa; pu avvalersi di avvocati del libero Foro per la difesa in giudizio nelle medesime controversie, in ipotesi di conflitto, ricorrendo i presupposti dettati dallart. 43 del R.D. 1611/1933. Nei casi di specialit, la difficolt soggettiva ed oggettiva dellEnte nel garantire la difesa con propri funzionari deve essere segnalata a questa Avvocatura per le successive determinazioni di competenza che possono configurare, dintesa, lipotesi di affidamento del patrocinio ad un legale del libero Foro, sottoponendo la proposta a delibera dellEnte ed a verifica da parte degli organi di vigilanza. In ogni caso, a prescindere dalle responsabilit di carattere contabile ascrivibili ai referenti dellEnte pubblico che hanno dato luogo allillegittima difesa processuale, nellipotesi di assunzione di mandato difensivo da parte di un avvocato del libero foro, questultimo pu essere chiamato a rispondere dei danni provocati dalla nullit degli atti compiuti. La questione stata esaminata da Comitato consultivo che si espresso in conformit nella seduta del 10 febbraio 2010. D O T T R I N A Limpugnazione degli atti di controllo Gli orientamenti della giurisprudenza e le relative giustificazioni di teoria generale Pasquale Fava* SOMMARIO: 1. Premessa metodologica. - 2. Profili generali dellimpugnativa degli atti di controllo. - 3. Limpugnativa degli atti di controllo della Corte dei conti: la tesi sandulliana dellinsindacabilit per la neutralit e il disinteresse delle funzioni di controllo esercitate viene recepita dalle Sezioni unite. - 4. Linsindacabilit degli atti di controllo preventivo di legittimit. - 5. Linsindacabilit dei referti-relazione di controllo sulla gestione degli enti della Repubblica (Stato, Autonomie, enti sovvenzionati). - 6. La sindacabilit degli atti preliminari allesercizio del controllo magistratuale neutrale: lidentificazione degli enti le cui gestioni vanno assoggettate a verifica. - 7. Linimpugnabilit dei pareri di contabilit della Corte dei conti. - 8. Linimpugnabilit degli atti interlocutori o soprassessori adottati dallautorit di controllo. - 9. Linimpugnabilit delle relazioni dei servizi di controllo interno. 1. Premessa metodologica I controlli (1) costituiscono un anello del sistema delle garanzie giuridiche preordinate ad assicurare il rispetto della legalit e la conformit del- (*) Giudice della Corte dei conti. (1) Letimologia del termine controllo deriverebbe dal francese contrle, lemma che avrebbe le proprie origini nel latino, connettendosi allidea del rotulus, cio al foglio in cui fissato uno schema, un piano o un elenco al quale un qualche aspetto della realt deve corrispondere; letteralmente contre-rle indicherebbe, quindi, un registro di riscontro, di qui, per traslato, il passaggio ai termini riscontro, verifica, e, secondo alcuni, sindacato [per tale ricostruzione etimologica U. BORSI, Intorno al cosiddetto controllo sostitutivo, in Studi senesi, XXXII, 1916, 173-174, alla quale si rifatta tutta la dottrina successiva tra cui P. GASPARRI, Corso di diritto amministrativo, IV (Teoria generale dei con- 294 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 lazione dellAmministrazione allordinamento giuridico (2). La giurisprudenza ha elaborato principi e regole particolari in relazione alle controversie aventi ad oggetto atti di controllo. Tali principi e regole trovano poi ulteriori specificazioni laddove venga in rilievo lesercizio del potere di controllo magistratuale neutrale della Corte dei conti in omaggio alla posizione istituzionale occupata da questultima nel sistema costituzionale e alla neutralit ed imparzialit che caratterizzano lesercizio delle proprie funzioni di controllo. Onde offrire un quadro sistematico delle numerose pronunce intervenute in materia, si proceder, quindi, prima alla sintetica identificazione delle regole generalmente applicabili allimpugnativa degli atti di controllo, passando successivamente a verificare le peculiarit delle tecniche di sindacato nei confronti dellesercizio delle funzioni di controllo della Corte dei conti individuando le giustificazioni costituzionali del trattamento differenziato. 2. Profili generali dellimpugnativa degli atti di controllo In linea generale la giurisprudenza (3) suole distinguere, nellipotesi di controllo preventivo di atti perfetti ma inefficaci, a seconda che latto di controlli), Padova, CEDAM, 1960, 3; M.S. GIANNINI, Controllo: nozioni e problemi, in Riv. trim. dir. pubbl., 1974, 1264, poi in Studi Chiarelli, II, Milano, 1973, 1216. Hanno parlato di potere di sindacato o riscontro della Corte dei conti in sede di controllo G. DE GIOANNIS GIANQUINTO (Corso di diritto pubblico amministrativo, Firenze, 1881, Vol. III, parte prima, 58 ss.), ERRICO PRESUTTI (Istituzioni di diritto amministrativo, II, 1905, Napoli, Tocco ed., 146 ss.) e C. F. FERRARIS (Diritto amministrativo, Padova, Editrice universitaria, II, 1922, 146 ss.)]. Per ampi riferimenti bibliografici in merito alletimologia ed al significato del termine francese contrle si rinvia alle voci Contrle e Contrler del Trsor de la Langue Franaise (Dictionnaire de la langue du XIX e du XX sicle (1789-1960)), VI, Paris, ditions du centre national de la recherche scientifique, 1978, 104-107, diretto da P. IMBS, le quali evidenziano che laccezione amministrativa del lemma controllo identifica, in Francia, un giudizio di legalit e regolarit (vrification portant sur le caractre lgale et rgulier de quelque chose). Per una recente rivisitazione della teoria generale dei controlli sia consentito rinviare a P. FAVA, Teoria generale dei controlli e I controlli esterni, in G. MORBIDELLI, Teoria e regole dellorganizzazione amministrativa e in Riv. Corte conti, 4/2009. (2) G. JELLINEK, Dottrina generale dello Stato (trad. V.E. Orlando dellAllgemeine Staatslehre, prima parte dellopera Das Recht des modernen Staates la seconda parte, il Besondere Staatslehre non vide mai la luce per la morte del giurista tedesco), Milano, Giuffr, 1949, 305, ricondusse i controlli giuridici al genere delle garanzie giuridiche poste a tutela del diritto obiettivo (I controlli, cio lesame alla stregua di determinate norme degli atti rilevanti per lo Stato [] possono essere giuridici o politici [] i controlli giuridici hanno per scopo lesame degli accennati atti in conformit di norme giuridiche). (3) In dottrina G. GUARINO, Atti e poteri amministrativi, Milano, Giuffr, 1994, 256-257; E. CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2008, 466. Sulla questione dellinteresse a ricorrere del terzo contro latto di controllo consueto il rinvio allopera di L. RAGNISCO, Sullinteresse a ricorrere contro le decisioni dellautorit tutoria, in Riv. dir. pubbl., 1922, II, 39 (in precedenza V.E. ORLANDO, La giustizia amministrativa, in Trattato cit., III, Milano, 1901, 683-685). DOTTRINA 295 trollo sia positivo (esprime un giudizio di conformit dellatto alle regole di riferimento) o negativo (esprime un giudizio di difformit dellatto alle regole di riferimento). Nellipotesi in cui latto di controllo sia positivo si suole affermare che questultimo scompare dietro latto controllato di tal che il primo non autonomamente impugnabile essendo tale solo il secondo (4). Si osserva che con ladozione dellatto soggetto a controllo non sussiste alcun obbligo di impugnazione per lassenza di un interesse a ricorrere non essendovi ancora, causa linefficacia del provvedimento finale, alcuna lesione attuale (5); latto di controllo positivo, difatti, non idoneo a determinare alcuna lesione diretta della posizione giuridica soggettiva dellinteressato, essendo privo di autonomia rispetto al provvedimento controllato di cui mera condizione di efficacia (6). In tale ipotesi si potrebbe, al pi ipotizzare unimpugnazione meramente fa- (4) Cons. Stato, sez. VI, 25 giugno 2002, n. 3483, in Cons. St., 2002, I, 1380 (gli atti di controllo non ledono posizioni giuridiche soggettive incise dai provvedimenti sottoposti a controllo); Cons. Stato, sez. V, 1 marzo 1993, n. 314, in Foro amm., 1999, 444; TAR Lazio, Sez. I, 4 luglio 1992, n. 1092. Il principio di carattere generale richiamato da G. BERTI, L. TUMIATI, Controlli amministrativi, in Enc. dir., X, Milano, 1962, 317-318 (gli atti di controllo non sono impugnabili (in via amministrativa o giurisdizionale) di per s, ma solamente attraverso il ricorso diretto contro il provvedimento caratterizzatore della fattispecie). Tale conclusione dipenderebbe dallanomala ambivalenza dellatto di controllo, attratto alla sfera dellamministrazione agente o allautorit controllante a seconda dellesito positivo o negativo del controllo medesimo (BERTI, Problemi del controllo sugli enti locali e dellimpugnativa dei relativi atti, in Studi Pugliatti, Milano, 1978, 126 ss.). Per tale ragione la giurisprudenza amministrativa esclude che lautorit tutoria possa acquisire la qualit di controinteressata al ricorso giurisdizionale (Cons. Stato, ad. plen., 21 giugno 1996, n. 9; Id., Sez. V, 26 maggio 1997, n. 567). (5) Cons. Stato, sez. VI, 13 giugno 1995, n. 576, in Cons. Stato, 1995, 890. (6) La costruzione oramai ius receptum rilevandosi oramai unanimemente che il controllo, specie laddove preventivo, operando nella fase integrativa dellefficacia e scomparendo dietro il provvedimento finale, non sarebbe impugnabile secondo la tesi prevalente [E. CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2008, 393 e 466; ZANOBINI, pur ritenendo che la materia dei controlli non fa parte del procedimento di formazione dellatto amministrativo, perch il controllo, quando prescritto precede tale formazione o la segue dopo il suo compimento, ma resta in ogni caso esterno ad essa, riconosce che i controlli sovente dispiegano una certa influenza sullefficacia dei provvedimenti (G. ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, I (Principi generali), 1958, 286 ss.); secondo il Consiglio di Stato, peraltro, gli atti di controllo, proprio perch posti in essere in veste neutrale ed al solo fine di verificare la legittimit dei provvedimenti, non avrebbero natura discrezionale (Cons. Stato, sez. IV, 18 ottobre 2002, n. 5730)], non costituendo lesito di un procedimento autonomo bens di una fase endoprocedimentale accessoria e strumentale a quella finale (per laffermazione giurisprudenziale di questa tesi si rinvia a quanto osservato in sede di trattazione sulla natura giuridica dellatto di controllo). La capacit di produrre effetti da parte del (pur perfetto) provvedimento finale sarebbe, difatti, condizionata al venir in essere dellatto positivo di controllo, il quale operer con efficacia retroattiva (Cons. Stato, sez. VI, 25 ottobre 1991, n. 728; Cons. Stato, sez. V, 28 novembre 1993, n. 648). Tra i corollari della configurazione accessoria e strumentale di tali tipologie di atti di controllo si ravvisa lesclusione dellapplicazione delle facolt partecipative in relazione al procedimento di controllo (Cons. Stato, sez. VI, 1 dicembre 1999, n. 2069 - che ha ascritto il nulla osta ministeriale sulle autorizzazioni paesaggistiche rese in base allart. 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 alla categoria degli atti di controllo). 296 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 coltativa, specie nei casi in cui latto sottoposto a controllo sia comunque portato ad esecuzione (7), salva, tuttavia, limprocedibilit del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse nellipotesi di successiva adozione di un atto di controllo negativo. Di qui la necessit di verificare la decorrenza del dies a quo dellimpugnazione dellatto soggetto a controllo una volta che sia stato adottato latto positivo di controllo. Secondo un primo (prevalente) orientamento essa decorrerebbe da quando linteressato abbia avuto conoscenza dellatto di controllo positivo (8), mentre una seconda opzione fa coincidere il dies a quo con ladozione del provvedimento a prescindere dalla conoscenza che ne abbia avuto il privato (9). Latto di controllo negativo (10), invece, precludendo in via definitiva la produzione degli effetti del provvedimento finale, pu essere impugnato autonomamente, sia da parte dellAmministrazione controllata che dal privato beneficiato dallatto controllato, negli ordinari termini decadenziali decorrenti dalla conoscenza legale dellatto di controllo (11). Transitando al versante delle controversie afferenti atti di controllo sus- (7) La giurisprudenza prevalente esclude un onere di impugnativa nelle ipotesi di anticipata esecuzione (per il carattere facoltativo della medesima Cons. Stato, sez. VI, 13 ottobre 1986, n. 784 ; Cons. Stato, sez. VI, 12 novembre 1996, n. 1538). Deve, peraltro, escludersi lesistenza di un onere di impugnativa del sopravvenuto atto di controllo positivo non essendo questultimo autonomamente impugnabile. In tale ipotesi, quindi, la mancata impugnazione dellatto di controllo positivo non dovrebbe comportare alcuna improcedibilit del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. (8) Cons. Stato, ad. plen., 22 ottobre 1985, n. 20, in Foro it., 1986, III, 1; Ad. plen., 12 ottobre 1991, n. 9, in Foro it., 1992, III, 154; Cons. Stato, sez. V, 3 aprile 1990, n. 318 e 376, in Rep. Foro it., 1990, voce Giustizia amministrativa, n. 303 e 301; Cons. Stato, sez. IV, 13 marzo 1991, n. 181, Cons. St., 1991, I, 347; Cons. Stato, sez. IV, 1 ottobre 1991, n. 743, in Foro it., 1992, III, 157; Cons. Stato, sez. V 14 aprile 1997, n. 358; Cons. Stato, sez. V, 29 settembre 1998, n. 1065 (lorientamento applica le regole generali previste dallart. 21, comma 1, della legge TAR, in tema di decorrenza del termine di impugnazione, ancorandola alla conoscenza effettiva dellatto di controllo positivo; si affermato in questo modo il principio generale secondo cui il termine per limpugnazione degli atti amministrativi non corre in pendenza di quello per il controllo mancando lattualit della lesione che presuppone lefficacia dellatto impugnato). (9) Cons. Stato, sez. V, 4 dicembre 1987, n. 751, in Rep. Foro it., 1988, voce Giustizia amministrativa, n. 266; Cons. Stato, sez. V, 7 marzo 1987, n. 168 e 27 settembre 1990, n. 181 (lorientamento crea un onere per linteressato di attivarsi per conoscere il momento in cui intervenga latto di controllo fondandolo sulla circostanza che questultimo obbligatorio e previsto da specifiche previsioni di legge che i consociati sono tenuti a conoscere). (10) Sulla tematica dellimpugnativa degli atti di controllo F. ARCANGELi, Note sulla impugnabilit degli atti negativi di controllo emessi su provvedimenti delle amministrazioni statali, in TAR, 1997, II, 285-303. (11) Cass., sez. un., 28 maggio 1977, n. 2184, in Giust. civ., 1977, I, 1528 (il provvedimento della Commissione regionale di controllo sugli atti delle regioni a statuto ordinario, che ex art. 45 l. 10 febbraio 1953, n. 62, annulla una delibera regionale impugnabile innanzi al giudice amministrativo, sia da parte dellamministrazione controllata, che da parte del privato destinatario dellatto sottoposto a controllo); Cons. Stato, sez. V, 7 febbraio 2000, n. 668, in Cons. St., 2000, I, 245; Cons. Stato, sez. IV, 17 febbraio 2004, n. 633, in Cons. St., 2004, I, 342; Cons. giust. amm., 5 maggio 1993, n. 166, in Cons. St., 1993, I, 781. DOTTRINA 297 seguente aventi ad oggetto atti perfetti ed efficaci, si applicano le regole generali in relazione al controllo positivo, mentre nellipotesi in cui quello negativo possa far venire meno gli effetti dellatto controllato (gi prodotti dal momento del perfezionamento di questultimo), latto soggetto a controllo, presentando unimmediata efficacia lesiva, deve essere impugnato tempestivamente secondo le regole generali (12), mentre ladozione dellatto di controllo negativo determina, di regola, la cessazione della materia del contendere in relazione al giudizio di impugnazione dellatto controllato. In linea generale, con riferimento agli atti di controllo negativo, si posto il problema se lamministrazione controllante possa essere considerata controinteressata in relazione al ricorso giurisdizionale proposto dal privato. La Plenaria del Consiglio di Stato (13), recependo lorientamento tradizionale (14), ha chiarito che lAmministrazione vistasi annullare un provvedimento in sede di controllo cointeressata in relazione al giudizio dimpugnazione dellatto negativo di controllo introdotto dal terzo beneficiario del provvedimento caducato dallautorit tutoria. LAmministrazione controllata, difatti, vantando un interesse alla conservazione del provvedimento annullato di segno analogo a quello del ricorrente, avrebbe dovuto anchessa impugnare nei termini decadenziali latto negativo di controllo. Quindi, in questa ipotesi, linteresse dellAmministrazione controllata non quello tipico del controinteressato (che sostanzialmente opposto a quello dellinteressato), bens quello che normalmente consente di proporre un ricorso in via principale. Peraltro, lomissione di ogni iniziativa processuale da parte dellAmministrazione nei termini decadenziali, non potrebbe essere sanata attraverso un atto di intervento (intempestivo) atteso che, in presenza di una situazione soggettiva che radica la legittimazione a ricorrere, di regola esclusa quella ad intervenire in quanto (12) Cons. Stato, ad. plen., 12 ottobre 1991, n. 9 (il termine per ricorrere contro un provvedimento ancora sottoposto a controllo, ma immediatamente esecutivo, decorre dalla piena conoscenza da parte dellinteressato, essendo lesivo immediatamente); Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio, n. 111, in Rep. Foro it., 1987, voce Giustizia amministrativa, n. 362; Cons. Stato, sez. V, 12 maggio 1987, n. 287, in Rep. Foro it., 1987, voce Giustizia amministrativa, n. 354; Cons. Stato, sez. V, 20 maggio 1993, n. 603. (13) Cons. Stato, ad. plen., 21 giugno 1996, n. 9. (14) Lorientamento tradizionale, osservando che lAmministrazione controllata titolare di un interesse adesivo e parallelo a quello del ricorrente in quanto laccoglimento del ricorso conduce al ripristino dellefficacia del provvedimento caducato per effetto del controllo negativo, aveva sempre escluso che la P.A. controllata potesse essere considerata parte necessaria controinteressata essendo questultima fisiologicamente titolare dellinteresse alla difesa del proprio provvedimento negativamente riscontrato (in questi termini Cons. Stato, Sez. IV, 17 gennaio 1995, n. 16; Id., Sez. VI, 9 ottobre 1991, n. 622; Id., Sez. IV, 30 ottobre 1979, n. 877). Lorientamento contrario (Cons. Stato, Sez. V, 3 giugno 1994, n. 609; Id., Sez. IV, 20 aprile 1993, n. 443; Id., Sez. IV, 28 febbraio 1992, n. 209; Id., Sez. IV, 16 maggio 1985, n. 184; Id., Sez. IV, 17 novembre 1984, n. 858), per converso, ritenendo controinteressata lAmministrazione controllata, dichiarava inammissibili i ricorsi non notificati a questultima nelle ipotesi in cui la P.A.: a) avesse ricevuto un beneficio economico dal provvedimento di controllo negativo; b) si fosse trovata in effettivo contrasto di interessi con il ricorrente; c) avesse manifestato comportamenti adesivi. 298 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 gli interessi che le giustificano sono eterogenei e non sovrapponibili (15). 3. Limpugnativa degli atti di controllo della Corte dei conti: la tesi sandulliana (16) dellinsindabilit per la neutralit e il disinteresse delle funzioni di controllo esercitate viene recepita dalle Sezioni unite In relazione allimpugnazione degli atti di controllo della Corte dei conti sono state generalmente condivise le tesi sandulliane dellinammissibilit del (15) Lente pubblico i cui atti sono sottoposti al controllo di altro organo ha un interesse alla conservazione in vita di tali atti identificabile nella tutela della propria attivit volitiva, sia essa discrezionale o vincolata, compressa dallatto negativo di controllo; pertanto, la posizione che nellambito del processo amministrativo assume lamministrazione che ha emanato il provvedimento poi annullato in sede di controllo viene a coincidere con quella del soggetto al quale il provvedimento stesso avrebbe recato beneficio e non gi con la posizione dellorgano di controllo al quale deve essere notificato il ricorso; ne consegue che lente controllato non assume la veste di controinteressato in senso tecnico nei riguardi del ricorso proposto dal beneficiario degli effetti dellatto annullato e ci nemmeno se dalleventuale accoglimento del proposto gravame lente verrebbe a sopportare un maggior onere finanziario atteso che lamministrazione per il carattere pubblico che le proprio tenuta ad improntare la sua azione esclusivamente al rispetto della legge (Cons. Stato, A.P., 21 giugno 1996, n. 9). La soluzione ha trovato adesioni nella giurisprudenza successiva (Cons. Stato, Sez. V, 23 agosto 2000, n. 4575; in termini Cons. Stato, Sez. V, 18 giugno 2001, n. 3213). Non , tuttavia, mancata qualche manifestazione di dissenso relativa a fattispecie di adesione dellAmministrazione controllata ai riscontri evidenziati da quella controllante rilevando che, in tali situazioni, potrebbe profilarsi un contrasto tra gli interessi del ricorrente e quelli della P.A. controllata (Cons. Stato, Sez. V, 23 gennaio 1998, n. 53, che riprende la posizione della sezione IV del Consiglio dell8 ottobre 1996, n. 1095). Sul punto non pu essere sottaciuto che, secondo giurisprudenza costante, lindividuazione del soggetto controinteressato, che si concreta nellaccertamento della contestuale sussistenza in capo al soggetto dellelemento formale (identificazione o identificabilit risultante dal provvedimento impugnato) e di quello sostanziale (titolarit di una situazione di interesse di segno omogeneo e contrario rispetto a quella del ricorrente principale), va effettuata in relazione al momento in cui latto amministrativo impugnato viene adottato, essendo irrilevante ogni sopravvenienza di fatto o di diritto. Ladesione dellAmministrazione controllata ai riscontri dellAutorit tutoria necessariamente successiva alladozione dellatto negativo di controllo impugnato e a nulla rileva che la prima, per la sopravvenienza fattuale (propria determinazione di adeguarsi alle indicazioni emergenti dallatto di controllo), modifichi la propria situazione soggettiva che si trasforma in una posizione di interesse simile a quello dellAutorit controllante. Al tempo delladozione dellatto di controllo impugnato, quindi, la P.A. controllata era cointeressata e tale rimane ai fini dellapplicazione della normativa sul contraddittorio nel processo amministrativo, non essendo il controinteressato sopravvenuto parte necessaria del giudizio amministrativo. La posizione di cointeressata dellAmministrazione controllata ha consentito alla giurisprudenza di affermarne la legittimazione ad impugnare latto di controllo negativo e ad intervenire in senso adesivo nel giudizio da altri incardinato per lannullamento dellatto di controllo (Cons. Stato, Sez. IV, 8 ottobre 1996, n. 1095; Cons. Stato, Sez. V, 5 novembre 1999, n. 1837). Giova rilevare che nel caso in cui lAmministrazione controllata si sia adeguata alle indicazioni dellorgano tutorio, limpugnativa va estesa a queste successive determinazioni, a pena di improcedibilit del ricorso originario (avente ad oggetto latto di controllo negativo) per sopravvenuta carenza di interesse, essendo stata assorbita la lesivit dellatto di controllo negativo nel nuovo provvedimento di amministrazione attiva. (16) A.M. SANDULLI, Funzioni pubbliche neutrali e giurisdizione, in Riv. dir. proc., 1964, (200- DOTTRINA 299 ricorso per difetto assoluto di giurisdizione fondate sulla posizione di neutralit e terziet della Corte (le cui guarentigie assicurano lindipendenza dellIstituzione dal governo e limparzialit di giudizio dei suoi magistrati), nonch sul carattere disinteressato e distaccato dellesercizio delle proprie funzioni (che sono svolte al di fuori e al di sopra di qualsiasi specifico interesse pubblico e finalizzate a garantire la legalit assicurando il rispetto dellordinamento senza preferenze in favore di interessi pubblici specifici), di guisa che tali poteri non possono essere ricondotti allattivit amministrativa che unattivit istituzionalmente impegnata (e ci anche quando sia attivit di controllo) (17). 216); ID., In materia di giurisdizione nei confronti dei decreti di assoggettamento di enti pubblici al controllo della Corte dei conti e nei confronti degli atti di controllo della Corte, in Giust. civ., 1964, I, 1336-1340; ID., Atti della Corte dei conti e sindacato giurisdizionale, in Giur. it., 1972, III, 465-470; La Corte dei conti nella prospettiva costituzionale. Repliche, in AA.VV, La Corte dei conti strumento di attuazione della Costituzione nella materia della finanza pubblica, Atti del convegno Corte dei conti e finanza pubblica, Napoli-Salerno, 19-21 gennaio 1979, Napoli, ESI, 1979, 27-53 (per le Repliche, pag. 328-336), poi in Dir. soc., 1979, 33-61; ID., Manuale di diritto amministrativo, Napoli, Jovene, 1989, 410-411. Sulle tesi del giurista napoletano L. GIAMPAOLINO, La Corte dei conti nel pensiero di Aldo Sandulli, in Riv. C. conti, 2005, I, 349 ss.; G. CAIANIELLO, Postfazione a Luigi Giampaolino, La Corte dei conti nel pensiero di Aldo Sandulli, in Riv. C. conti, 2005, I, 359 ss. (17) A.M. SANDULLI, In materia di giurisdizione nei confronti dei decreti di assoggettamento di enti pubblici al controllo della Corte dei conti e nei confronti degli atti di controllo della Corte, in Giust. civ., 1964, I, 1339-1340; in precedenza Id., Funzioni pubbliche neutrali e giurisdizione, in Riv. dir. proc., 1964, 205-206, opera nella quale il Sandulli aveva equiparato lattivit consultiva del Consiglio dei Stato e quella di controllo della Corte dei conti sottolineando lestraneit delle due Istituzioni alla pubblica amministrazione e la finalizzazione delle rispettive attivit alla realizzazione dellordinamento giuridico, da cui lascrizione di tali funzioni nelle forme di neutralit propria e piena. La posizione stata condivisa in dottrina da G. CORREALE, Le pronunce di controllo della Corte dei conti ed il giudice amministrativo, in Riv. trim. dir. pubbl., 1973, I, 859-878 (la sezione del controllo della Corte dei conti corpo deliberante, ma non amministrativo, bens magistratuale, titolare di una funzione non amministrativa, ma certamente, quanto meno, neutrale: il che rende il Consiglio di Stato sempre e comunque carente di giurisdizione, rispetto alle pronunce della sezione medesima). Il Correale, riprendendo le posizioni sandulliane, ha chiarito che limpugnativa di un atto di controllo negativo della Corte inammissibile per carenza di interesse in quanto la Corte non titolare di alcuna potest di incidere autoritativamente sulla situazione dellamministrato, n di operare lesioni nella di lui sfera giuridica. Ne consegue che latto della Corte non modifica la situazione, n pregiudica, in alcun modo, i beni dellamministrato, per la semplice ragione che la Corte stessa posta al di fuori, anzi, al di sopra, di tale situazione, ab origine vale a dire istituzionalmente in quanto non deputata alla cura dellinteresse pubblico specifico nel perseguimento del quale pu venire ad essere coinvolta la situazione del privato [] La Corte, allora, ha natura neutrale e siede da terza, rispetto al rapporto esistente fra lamministrazione e lamministrato. In quanto tale, cio, nella sua qualit di non amministratrice del rapporto, di figura priva della giuridica possibilit di creare una situazione di soggezione in capo allamministrato rispetto ad essa terzo, non amministrato la Corte stessa non pu essere considerata soggetto, autore di un atto oggettivamente amministrativo [] La funzione di controllo demandata al magistrato, diversamente dalla attivit amministrativa di controllo che viene esercitata nellinterno della pubblica amministrazione, da parte di organi amministrativi, non tende alla tutela degli interessi perseguiti in concreto dallAmministrazione controllata, bens alla tutela di interessi e di quei valori obiettivi nei quali si identifica lordinamento giuridico e quello contabile in specie (pag. 863 ed 866). 300 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 Per Aldo Maria Sandulli, quindi, lattivit di controllo della Corte dei conti si svolge unicamente in funzione della realizzazione dellordinamento giuridico (Stato-ordinamento) come funzione esplicata in veste obiettiva e neutrale (e perci disinteressata) e quindi al di fuori e al di sopra di qualsiasi specifico interesse pubblico (18). Spetta, quindi, al Sandulli il merito di aver sistematizzato e dotato di un solido fondamento scientifico la tesi dellinsindacabilit degli atti di controllo della Corte dei conti che era gi stata ampiamente sostenuta dalla giurisprudenza amministrativa (19). Si sancisce, in tal modo, che la Corte dei conti, nellesercizio delle funzione di controllo, interviene dallesterno non solo formalmente (non pubblica amministrazione in senso tecnico) ma anche sostanzialmente (non opera (18) A.M. SANDULLI, In materia cit., loc. cit. (19) Cons. Stato, 30 gennaio 1903, in Foro it., 1903, III, 17, e Cons. Stato, sez. IV, 19 giugno 1903, in Giur. it., IV, 1903, 177 ss., con annotazione critica di F. CAMMEO, La competenza della IV Sezione sugli atti amministrativi delle autorit non amministrative e la posizione costituzionale della Corte dei conti, in Giur. it., 1903, IV, 177. Per questultima decisione La Corte dei conti, secondo i principi informativi della sua istituzione, non pu altrimenti considerarsi che quale emanazione del potere parlamentare, in virt di delegazione permanente delle camere, e quale magistratura suprema ed autonoma, sotto i due aspetti indipendente dal potere esecutivo [] La Corte dei conti appartiene allordine costituzionale e per taluni aspetti allordine giudiziario, ma in nessun caso rientra nellorbita del potere esecutivo e nel novero degli organi amministrativi, non dovendo rispondere dei proprii atti ad altra autorit che al Parlamento per quanto riguarda ladempimento del mandato parlamentare, e non avendo sopra di s che la corte di cassazione in quanto possano i suoi giudicati esorbitare dai confini della sua giurisdizione speciale. La Sezione IV ha, in tal modo, recepito la teoria di VITTORIO EMANUELE ORLANDO che, nei suoi Principi di diritto costituzionale, Firenze, Barbera, 1889, 143, n. 220, aveva rilevato il ruolo costituzionale della Corte dei conti che trarrebbe la propria autorit da una vera delegazione di poteri da parte del Parlamento (in termini Id., Principi di diritto amministrativo, Firenze Barbera, 1891, 82 ss. di unalta importanza poi il carattere costituzionale che la Corte dei conti riveste e per cui essa rientra nellorbita del potere legislativo assicurando, in virt di una delegazione del Parlamento, che il bilancio esercitato dallamministrazione corrisponda rigorosamente a quello approvato dalle Camere). La tesi dellOrlando, nonostante autorevoli dissensi (F. CAMMEO, La competenza della IV Sezione cit.; S. ROMANO, Principii di diritto amministrativo italiano, Milano, Societ editrice libraria, 1906, 126), stata ampiamente accolta dai Padri costituenti. In proposito si richiamano gli interventi di Mortati, Einaudi e Perassi nella discussione del 27 gennaio 1947 in seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione, nonch la relazione di presentazione del progetto di Costituzione del Presidente Ruini del 6 febbraio 1947, tutti concordi nel riconoscere posizione e rilevanza costituzionale alla Corte dei conti la cui ausiliariet si riferirebbe pi che al Governo, dal quale deve rimanere indipendente, alla Repubblica (Ruini) e al Parlamento (Mortati, Einaudi e Perassi). La giurisprudenza successiva (Cons. Stato, ad. plen., 25 gennaio 1961, n. 1, in Cons. St., 1961, I, 3; Cons. Stato, sez. IV, 13 luglio 1963, n. 572, ivi, 1963, I, 952; 4 ottobre 1963, n. 597, ivi, 1304; Cons. giust. amm. reg. sic., 14 dicembre 1962, n. 548, ivi, 1963, I, 2104) ha ribadito linsindacabilit facendo leva anche su argomentazioni giuridiche diverse: rifacendosi alla giurisprudenza consolidata delle Sezioni unite (Cass., sez. un., 3 luglio 1953, n. 2073, in Foro it., 1953, I, 1094; 5 luglio 1965, n. 1396, in Mass. foro it., 1965, 403) stata esclusa limpugnabilit degli atti di controllo della Corte dei conti in quanto non formalmente imputabili ad unautorit amministrativa n sostanzialmente amministrativi sottolineando che lart. 26 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054 contempla la giurisdizione del Consiglio esclusivamente nei confronti di atti soggettivamente e oggettivamente amministrativi. DOTTRINA 301 per la cura di interessi pubblici specifici), di tal che non pu essere considerata una parte. Il Sandulli, in sede di commento (aspramente critico) ad unisolata pronuncia del Consiglio di Stato che aveva ammesso il sindacato giurisdizionale sugli atti di controllo della Corte dei conti (20), decisione annullata senza rinvio dalla Cassazione (21) e priva di seguito in giurisprudenza amministrativa, ha ipotizzato la possibilit per la Corte dei conti in sede di controllo di agire in qualit di autonomo potere dello Stato ricorrendo in Cassazione per difetto assoluto di giurisdizione e, in caso di esito negativo, alla Corte costituzionale con ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato (22). Tale orientamento stato confermato in un saggio successivo (23) nel quale, peraltro, il giurista ha sancito, con ancora maggiore incisivit rispetto al passato, la rilevanza costituzionale delle funzioni di controllo della Corte che garante della legalit nellesercizio della attivit della pubblica amministrazione [] al servizio dellordinamento giuridico in s e per s e/o della comunit unitariamente intesa e, come il Consiglio di Stato, presenta attribuzioni a carattere binario essendo ad essa devoluti compiti di controllo e compiti giurisdizionali (24). Sandulli, ha avuto cura di precisare, altres, che il carattere di ausiliarit posto dalla Costituzione non si riferisce allIstituzione, bens alle funzioni esercitate (25). Ci, peraltro, non determinerebbe un ruolo secondario e servente di esse perch quando una funzione accessiva rispetto ad altre viene svolta da un organo (e, a maggior ragione, da un soggetto) non solo in posizione di terziet, ma altres (non in quanto esponente di particolari interessi soggettivi, bens) in quanto espressione soltanto dellordinamento e/o della comunit unitariamente intesa, il ruolo di essa pur differenziato nellessenza e nella portata nondimeno primario (nel senso di non derivato e non subalterno) (26). In considerazione delle numerose tipologie di potere di controllo esercitabile dalla Corte dei conti la casistica giurisprudenziale si presenta quanto mai varia. Di seguito si cercher di fornire unanalisi sistematica degli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali evidenziando come i principi generali identificati (20) Cons. Stato, sez. IV, 6 giugno 1972, n. 501. (21) Cass., sez. un., 23 novembre 1974, n. 3806, in Cons. St., 1975, II, 206, in Foro it., 1975, I, 36 e in Foro amm., 1975, I, 1, 216 ss. (22) A.M. SANDULLI, Atti della Corte dei conti e sindacato giurisdizionale, in Giur. it., 1972, III, 468-470. (23) A.M. SANDULLI, La Corte dei conti nella prospettiva costituzionale, in AA.VV, La Corte dei conti strumento di attuazione della Costituzione nella materia della finanza pubblica, Atti del convegno Corte dei conti e finanza pubblica, Napoli-Salerno, 19-21 gennaio 1979, Napoli, ESI, 1979, 27-29, poi in Dir. soc., 1979, 33-35. (24) A.M. SANDULLI, La Corte dei conti nella prospettiva costituzionale cit., 27. (25) A.M. SANDULLI, La Corte dei conti nella prospettiva costituzionale cit., 27. (26) A. M. SANDULLI, La Corte dei conti nella prospettiva costituzionale cit., 28. 302 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 dalle Corti in relazione allimpugnativa degli atti di controllo amministrativo sia stata adeguata e modulata onde tenere in considerazione i valori e gli interessi costituzionali che la Corte dei conti chiamata a far rispettare con neutralit, autonomia ed indipendenza. 4. Linsindacabilit degli atti di controllo preventivo di legittimit In relazione alle (residue) ipotesi di atti di controllo preventivo di legittimit (27), la giurisprudenza ha sempre considerato inammissibile limpugnazione di questa tipologia di atti della Corte dei conti, residuando al privato quella degli atti che lAmministrazione abbia posto in essere a seguito dei dicta del giudice contabile (28). Il difetto assoluto di giurisdizione stato giustificato sulla base della natura neutrale di tale tipologia di controllo che viene, peraltro, esercitato in senso disinteressato, cio a garanzia del rispetto delle regole oggettive dellordinamento e non per la cura di interessi pubblici specifici (29). Alla mancanza di (27) La legge 14 gennaio 1994, n. 20, ha, difatti, limitato le categorie di atti assoggettati al controllo preventivo di legittimit, mentre lart. 27, comma 7, della legge 24 novembre 2000, n. 340, ha semplificato il procedimento di controllo riconoscendo esecutivit (rectius efficacia) agli atti controllati con il decorrere di sessanta giorni dalla ricezione. (28) Superando il vecchio orientamento espresso in numerose risalenti decisioni che avevano prospettato soluzioni divergenti (Cons. Stato, sez. IV, 30 gennaio 1903, in Giur. it., 1903, III, 110; 2 aprile 1909, in Giur. it., 1909, III, 217; 2 febbraio 1912, in Giur. it., 1912, III, 386, e in Foro it., 1912, III, 308-313, con nota di U. FORTI, Corte dei conti e ricorso alla IV Sezione del Consiglio di Stato; 13 marzo 1914, in Giur. it., 1914, III, 172; 30 dicembre 1914, in Giur. it., 1915, III, 79 con nota di F. CAMMEO, Il ricorso alle IV sezione contro i provvedimenti conseguenti ad un rifiuto di registrazione da parte della Corte dei conti), la giurisprudenza amministrativa ha costantemente ammesso limpugnabilit del provvedimento col quale lAmministrazione avesse comunicato allinteressato di non poter dar corso ad un decreto a causa del rifiuto di registrazione della Corte dei conti in quanto con tale comunicazione, da considerarsi provvedimento tacito o implicito, lAmministrazione farebbe propri i motivi addotti dalla Corte (Cons. Stato, sez. VI, 6 luglio 1956, n. 781, in Cons. St., 1956, n. I, 884 e in Foro amm., 1957, I, 42; ad. plen., 25 gennaio 1961, n. 1, in Giur. it., 1961, III, 193, con nota di JEMOLO, in Giur. cost., 1961, 1487, con note di NIGRO e DALBERGO, in Giust. civ., 1961, II, 344, con nota di BORZELLINO; sez. VI, 8 novembre 1961, n. 841, in Cons. St., 1961, I, 1947; sez. IV, 31 luglio 1963, n. 572, in Cons. St., 1963, I, 952; sez. IV, 4 ottobre 1963, n. 597, in Cons. St., 1963, I, 1304; sez. IV, 28 giugno 1966, n. 562, in Cons. St., 1966, I, 1186; sez. VI, 22 dicembre 1966, n. 985, in Cons. St., 1966, I, 2346; sez. IV, 8 gennaio 1974, n. 30, in Foro. it., 1974, III, 301). Nella giurisprudenza pi recente Cons. Stato, sez. IV, 20 maggio 1996, n. 636, in Cons. St., 1996, I, 771 e in Rep. foro it., 1996, voce Giustizia amministrativa, n. 189 (ҏ da escludere limpugnabilit degli atti di controllo della Corte dei conti perch essi sono sottratti al sindacato giurisdizionale ammesso dallart. 113 Cost., contro gli atti dellamministrazione, trattandosi di atti emanati nellesercizio di una funzione imparziale, svincolata dallindirizzo politico ed amministrativo del governo, provenienti da un organo estraneo allapparato della pubblica amministrazione); in termini Cons. Stato, sez. IV, 8 ottobre 1996, n. 1089, in Rep. foro it., 1996, voce Giustizia amministrativa, n. 190; Cons. Stato, sez. VI, 17 febbraio 2004, n. 642. (29) Si tratta della menzionata tesi del Sandulli che ha trovato autorevoli risonanze in dottrina (secondo G. GUARINO, Atti e poteri amministrativi, Milano, 1994, 257, il rifiuto del visto da parte DOTTRINA 303 soggettivit amministrativa e ai caratteri della funzione svolta, si affianca, quindi, lassenza di lesivit immediata degli atti di controllo preventivo, mentre tale caratteristica ravvisabile negli eventuali provvedimenti successivi dellamministrazione controllata che saranno, invece, direttamente impugnabili. A questi principi si richiamata anche la celebre pronuncia delle Sezioni unite (30) che ha cassato la decisione del Consiglio di Stato con cui era stato ritenuto impugnabile un atto di controllo della Corte dei conti (31). La Corte della Corte dei conti non impugnabile in sede giurisdizionale, poich la Corte dei conti disciplinata, dal diritto positivo, non come unamministrazione, ma come una magistratura [] i terzi possono far valere le loro eventuali ragioni avverso una determinazione della Corte dei conti, che si reputi errata in punto di diritto, solo impugnando il nuovo atto che lamministrazione adeguandosi al controllo emetta in sostituzione di quello non approvato). (30) Cass., sez. un., 23 novembre 1974, n. 3806 (dichiara il difetto assoluto di giurisdizione nei confronti degli atti di controllo della Corte dei conti recependo le ricostruzioni dottrinali sandulliane), in Giust. civ., 1975, I, 784, con annotazioni di L. GIAMPAOLINO, In tema di impugnabilit degli atti di controllo della Corte dei conti e A. MASCIA, Atti di controllo della Corte dei conti e legitimatio ad causam, in Cons. St., 1975, II, 206, in Foro it., 1975, I, 36, con nota di M. GAGLIARDI, e in Foro amm., 1975, I, 1, 216 ss. (31) Si tratta della gi menzionata decisione Cons. Stato, sez. IV, 6 giugno 1972, n. 501, in Giur. it., 1972, III, 1, 465, con annotazione critica di A.M. SANDULLI, Atti della Corte dei conti e sindacato giurisdizionale, in Foro it., 1972, IV, 332, con commento adesivo di A. ROMANO, Atti di controllo della Corte dei conti e sindacato giurisdizionale amministrativo, in Rass. avv. St., 1972, I, 1098, con nota di R. CARAFA, Insindacabilit in s.g. degli atti della Corte dei conti, in Giust. civ., 1973, II, 105, in Foro amm., 1972, I, 2, 747, in Le regioni, 1972, 19, con nota di BERTI. Tra le opinioni critiche nei confronti della decisione del Consiglio di Stato R. CARAFA, Insindacabilit in sede giurisdizionale degli atti della Corte dei conti, in Rass. avv. Stato, 1972, I, IV, 1098- 1104; G. CORREALE, Le pronunce di controllo della Corte dei conti ed il giudice amministrativo, in Riv. trim. dir. pubbl., 1973, 859 ss.; F. NUNZIATA, Disarmonie nella giustizia amministrativa, in Foro amm., 1973, II, 213; F. PASQUALUCCI, Controllo esterno e sindacato giurisdizionale, in Foro amm., 1973, II, 117; F. SATTA, Spartizione del potere tra i giudici, in Dir. soc., 1973, 152-167. In linea generale, prima della pronuncia del Consiglio di Stato, la scienza giuridica italiana era animata da un intenso dibattito tra coloro che riconducevano le funzioni di controllo della Corte dei conti a quelle giurisdizionali o, comunque, ne riconoscevano il rilievo costituzionale (escludendone la sindacabilit giurisdizionale innanzi al Consiglio di Stato) e quelli che le ascrivevano alla sfera dellamministrazione (ammettendone conseguentemente limpugnabilit diretta). Tra i principali esponenti del primo orientamento F. NICOLOSI, La Corte dei conti, Pisa, 1878, 32 ss. (spec. 40-41); G. PASINI, Legge sullistituzione della Corte dei conti nel Regno dItalia, Torino, 1883, 410-543; G. ARCOLEO, Il bilancio dello Stato e il sindacato parlamentare, Napoli, 1880, 130 ss.; V. TANGO, Corte dei conti, in Dig. it., VIII, parte IV, 1899, 72-204; V.E. ORLANDO, Principi di diritto costituzionale, Firenze, Barbera, 1889, 143, n. 220 (il maestro fondatore della scuola nazionale di diritto pubblico sottolinea il ruolo costituzionale della Corte dei conti che trarrebbe la propria autorit da una vera delegazione di poteri da parte del Parlamento; in termini ID., Principi di diritto amministrativo, Firenze Barbera, 1891, 82 ss. ove precisa che di unalta importanza poi il carattere costituzionale che la Corte dei conti riveste e per cui essa rientra nellorbita del potere legislativo assicurando, in virt di una delegazione del Parlamento, che il bilancio esercitato dallamministrazione corrisponda rigorosamente a quello approvato dalle Camere, nonch ID., Principi di diritto costituzionale, 1912, 170, ove ribadisce lesistenza di una delega di poteri fatta dal Parlamento alla Corte); S. ROMANO, Principii di diritto amministrativo, Milano, 1906, 12 ss. (ove il primo allievo dellOrlando adotta una sistematizzazione delle funzioni di tipo misto) e ID., Corso di diritto costituzionale, Padova, CEDAM, 1943, 378 (ove si afferma che la Corte un or- 304 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 gano di importanza costituzionale; E. VICARIO, La Corte dei conti in Italia, 1912; A. SALANDRA, Corso di lezioni di diritto amministrativo, II (Parte speciale), Roma, Athenaeum, 1912, 740 ss. (anchegli discorre di attribuzioni costituzionali, giurisdizionali e di controllo); C.F. FERRARIS, Diritto amministrativo, Padova, Editrice universitaria, II, 1922, 137 ss. (avvertendo dellutilizzo del termine sorveglianza in luogo di quello controllo ripartisce le Istituzioni in corpi deliberanti, consultivi e sorveglianti ed inserisce la Corte dei conti - che esercita funzioni di riscontro e sindacato - tra questi ultimi, mentre il Consiglio e lAvvocatura dello Stato tra quelli consultivi); A. LONGO, Appunti di diritto amministrativo (lezioni dellanno accademico 1927-1928), Palermo, Arti grafiche Castiglia, 1928, 81 (secondo il quale la Corte dei conti emanazione del potere legislativo ed organo di controllo del medesimo sul potere esecutivo e per tale ragioni affidataria di attribuzioni di natura costituzionale, contenziosa ed amministrativa); S. SICA, Contributo ad una teoria generale dei controlli giuridici nello Stato di diritto, in Foro amm., 1935, IV, 41-56 (la Corte sarebbe unIstituzione di carattere comprimario necessariamente costituzionale); G. ROHERSSEN, Conflitti tra la Corte dei conti in sede di controllo ed il Consiglio di Stato, in Foro amm., 1939, IV, 39-40 (che sinteressa della questione del visto di un atto amministrativo adottato in sede di ottemperanza ad una decisione del Consiglio di Stato di cui si erano interessati in precedenza anche L. RAGNISCO, Interferenze di competenza tra il Consiglio di Stato e la Corte dei conti, in Foro amm., 1932, IV, 37 e GUIDA, Dei rapporti tra lattivit di controllo della Corte dei conti, il Consiglio di Stato e lA.G.O., in Studi DAmelio, II, 220); S. LESSONA, Introduzione al diritto amministrativo, Firenze, Editrice universitaria, 1952, 101-102 (la Corte dei conti organo che integra la funzione del Parlamento cui competono, altres, funzioni amministrative e giurisdizionali di spettanza rispettivamente degli Uffici amministrativi della Corte e del personale di magistratura); C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, I, Padova, CEDAM, 1969, 550 assegna alla Corte una rilevante posizione costituzionale in quanto Istituzione ausiliaria del Parlamento; R. ALESSI, Principi di diritto amministrativo, Milano, Giuffr, 1974, 147 secondo il quale la Corte dei conti organo massimo, costituzionale, di controllo [e] giurisdizionale. Tra i sostenitori del secondo orientamento F. CAMMEO, La competenza della IV Sezione sugli atti amministrativi delle autorit non amministrative e la posizione costituzionale della Corte dei conti, in Giur. it., 1903, IV, 177 ss.; F. DALESSIO, Istituzioni di diritto amministrativo, 1932, I, 327-328; O. RANELLETTI, La Corte dei conti nella legge 3 aprile 1933, n. 255, in Riv. dir. pubbl., 1933, I, 624; A RISPOLI, Istituzioni di diritto amministrativo, Torino, Giappichelli, 1938, 95-96. Gli studi successivi di GIUSEPPE FERRARI (Gli organi ausiliari, Milano, 1966) e ALDO MARIA SANDULLI (Funzioni pubbliche neutrali e giurisdizione, in Riv. dir. proc., 1964, 200-216; In materia di giurisdizione nei confronti dei decreti di assoggettamento di enti pubblici al controllo della Corte dei conti e nei confronti degli atti di controllo della Corte, in Giust. civ., 1964, I, 1336-1340; Atti della Corte dei conti e sindacato giurisdizionale, in Foro amm., 1972, III, 464-470; La Corte dei conti nella prospettiva costituzionale, in AA.VV,, La Corte dei conti strumento di attuazione della Costituzione nella materia della finanza pubblica, Atti del convegno Corte dei conti e finanza pubblica, Napoli-Salerno, 19-21 gennaio 1979, Napoli, ESI, 1979, 27-53 e 328-336, anche in Dir. soc., 1979, 2-61) arricchirono il ventaglio delle possibili ricostruzioni di preziose idee che, come si vedr, sarebbero state di l a poco avallate dalle Sezioni unite e dalla giurisprudenza amministrativa. Giova, comunque, ricordare che i Padri costituenti non hanno avuto alcun dubbio in merito alla posizione costituzionale della Corte dei conti e alla estrema rilevanza delle funzioni di controllo alla medesima assegnate nel quadro della tutela della legalit delle gestioni finanziarie pubbliche. COSTANTINO MORTATI ebbe ad osservare che la rilevanza costituzionale della Corte dei conti sorge dal fatto che, secondo quanto stato sempre inteso dal 1862 sino ad oggi, listituto della Corte dei conti un organo ausiliario del Parlamento nella importante funzione del controllo finanziario (discussione del 27 gennaio 1947 della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione). In piena consonanza, il Perassi, rilev la necessit di menzionare nella Costituzione la Corte dei conti, perch la sua funzione di controllo si ricollega, come giustamente stato osservato dallonorevole Mortati stesso, con quella specifica del Parlamento (discussione del 27 gennaio 1947 della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione). Del resto, sempre per il Mortati, in considerazione dellenormit delle spese che lo Stato oggi costretto a sopportare [] obiettare che neanche la Corte dei conti ha eseguito sempre soddisfa- DOTTRINA 305 regolatrice ha giustificato linammissibilit dellimpugnativa nei confronti dellatto di controllo motivando che la Corte dei conti non appartiene allapparato della pubblica amministrazione, ma un organo ad essa esterno ed indipendente; sotto il profilo oggettivo, gli atti di controllo, non sono diretti a soddisfare interessi amministrativi concreti, mirando soltanto a far rispettare la legalit e, per quanto non abbiano natura giurisdizionale e non siano emessi in sede contenziosa, sono tuttavia pronunciati super partes ed esprimono una posizione neutrale, ben diversa dalla posizione che caratterizza loperato delle pubbliche amministrazioni (32). La pronuncia ha, altres, fatto leva sulla natura procedimentale del controllo che, come tale, esaurisce i suoi effetti nei rapporti tra controllore e controllato senza diretta incisione delle posizioni soggettive dei terzi [] In ogni caso infatti latto, il comportamento o lomissione, se risultano lesivi di posizioni soggettive altrui, sono ad essa (lamministrazione) imputabili, perch ad essa e non alla Corte dei conti, fatto obbligo di svolgere la propria azione nel rispetto di quelle posizioni (33). La teoria sandulliana dellinsindabilit fondata sul carattere neutrale e disinteressato del potere esercitato dalla Corte dei conti in sede di controllo stata, poi definitivamente accolta dalle Sezioni unite con una decisione di poco successiva con cui si definitivamente cristallizzato il principio di diritto secondo cui gli atti di controllo della Corte dei conti sono sottratti al sindacato giurisdizionale ammesso dallart. 113 Cost. contro gli atti della pubblica amministrazione, trattandosi di funzione imparziale svincolata dallindirizzo politico ed amministrativo del governo, provenienti da un organo estraneo allapparato della pubblica amministrazione (34). Lassunto, peraltro, non fa venir meno la tutela giurisdizionale per il privato che sia pregiudicato dallattivit dellamministrazione controllata conseguenziale al decisum della Corte dei conti in sede di controllo. Linteressato, difatti, potr in ogni caso sollecitare una pronuncia espressa dellAmministrazione, pur se, ai fini dellammissibilit del ricorso, sar sufficiente impugnare la mera comunicazione con cui si manifesti, anche implicitamente o tacitacentemente il controllo sulle spese pubbliche [] non una ragione per negare limportanza del controllo sulle spese pubbliche [che], anzi costituisce una ragione in pi per rendere maggiormente efficace tale controllo e rafforzare il potere della Corte dei conti (discussione del 27 gennaio 1947 della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione). Sulla stessa linea, Einaudi segnal addirittura che la Corte dei conti ha costituito e costituisce ancora il terrore di tutti coloro che si propongono di locupletarsi ai danni della pubblica finanza (discussione del 27 gennaio 1947 della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione). (32) Cass., sez. un., 23 novembre 1974, n. 3806. (33) Cass., sez. un., 23 novembre 1974, n. 3806. (34) Cass., sez. un., 8 ottobre 1979, n. 5186, in Cons. Stato, 1980, II, 85, in Giur. it., 1980, I, 1, 1913 e in Rep. foro it., 1980, voce Corte dei conti, n. 21. 306 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 mente, la volont di non poter procedere ulteriormente rinviando allatto di controllo negativo della Corte dei conti (35). Sulla base di questi principi le Sezioni unite, pur dichiarando il difetto assoluto di giurisdizione in relazione allimpugnativa spiegata avverso latto di controllo negativo della Corte dei conti, dettero concreta soddisfazione alla pretesa patrimoniale del privato argomentando che questultimo aveva in ogni caso chiesto nel ricorso introduttivo il riconoscimento del proprio diritto contestando lappiattimento delle posizioni dellAmministrazione su quelle del Giudice contabile in sede di controllo, pretesa che il Consiglio di Stato aveva peraltro gi accolto (36). In altri termini, in relazione a tutti gli atti di controllo della Corte dei conti, viene in rilievo una deroga (limitata allinimpugnabilit di quelli negativi, in quanto quella afferente a quelli positivi conforme ai principi generali) alle regole di impugnazione valevoli per gli altri atti di controllo giustificata dalla speciale natura neutrale, terza, imparziale e disinteressata delle funzioni esercitate della Corte che non determina, giova ribadirlo, alcuna limitazione alla tutela del privato. Questultimo, difatti, pienamente legittimato ad impugnare il provvedimento dellAmministrazione che abbia recepito il giudizio di controllo oppure ad insorgere nei confronti dellinerzia serbata dallente controllato. 5. Linsindacabilit dei referti-relazione di controllo sulla gestione degli enti della Repubblica (Stato, Autonomie, enti sovvenzionati) In un momento storico caratterizzato da unorganizzazione del controllo magistratuale neutrale che poneva al centro della propria azione quello di carattere preventivo di legittimit era del tutto logico che la questione dellassoggettabilit a sindacato giurisdizionale degli atti di esercizio delle funzioni di controllo della Corte dei conti si fosse posta in relazione a tale tipologie di provvedimenti. Ladeguamento della funzione di controllo neutrale al nuovo assetto istituzionale della Repubblica risultante dalla riforma del Titolo V della Costituzione e di quella dellorganizzazione amministrativa ha fatto spostare la (35) Del resto, in relazione a pretese patrimoniali, secondo la giurisprudenza amministrativa consolidata, si ritiene da lungo tempo sufficiente la mera inerzia dellAmministrazione (Cons. Stato, sez. V, 28 settembre 1973, n. 655; sez. IV, 23 ottobre 1973, n. 850; sez. IV, 4 dicembre 1973, n. 1187). (36) Si trattava della pretesa di un Avvocato dello Stato comandato presso la Regione Friuli-Venezia Giulia a vedersi riconosciuto il medesimo trattamento economico gi goduto presso lAvvocatura generale dello Stato (il Consiglio di Stato con la decisione della Sezione VI del 2 maggio 1972, n. 501, riconobbe la spettanza della quota di riparto degli onorari nella misura pari a quella annuale che aveva effettivamente conseguito argomentando che le c.d. propine fanno parte del trattamento economico costituendo indennit fissa e continuativa in forza delle disposizioni vigenti applicabili allAmministrazione di provenienza). DOTTRINA 307 questione della sindacabilit degli atti di controllo della Corte dei conti a quelli sulla gestione di carattere collaborativo introdotti dalla legge 14 gennaio 1994, n. 20. Anticipando sinteticamente le conclusioni che saranno rassegnate, giova rilevare sin dora che, in linea con le pi recenti decisioni della Corte costituzionale (37), non si pu non riconoscere leterogeneit tra lattivit gestoria complessivamente assoggettata a controllo magistratuale e neutrale della Corte dei conti (unitamente a quella, ad esso conseguenziale, di indirizzo politico e solo mediatamente amministrativa che , in ogni caso, meramente eventuale) e questultima. Di qui lestensione delle considerazioni finora ampiamente condivise per lattivit di controllo preventivo su atti a quello successivo sulla gestione, che, peraltro, si connota di unautonomia pi ampia rispetto al primo non costituendo pi lesito di una fase endoprocedimentale (c.d. integrativa dellefficacia) del procedimento teso alladozione di un provvedimento finale controllato, bens un mero atto di indirizzo diretto alle Assemblee elettive nazionali e regionali titolari del potere legislativo e di indirizzo politico a tutela dellunit economica della Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica allargata. A suffragio di questa ricostruzione giova ricordare che, Aldo Maria Sandulli, nella fase storica in cui erano allo studio varie ipotesi di riforma dei tradizionali controlli preventivi di legittimit, aveva acutamente segnalato che le garanzie di neutralit ed indipendenza gi riconosciute dalla giurisprudenza costituzionale e della Corte regolatrice in favore del controllo preventivo della Corte dei conti, avrebbero dovuto continuare a caratterizzare le nuove forme di controllo sulla gestione ispirate alla verifica dellefficienza, dellefficacia e delleconomicit dellazione amministrativa (38). Lopzione ermeneutica si profila in linea con il pensiero dei Padri costituenti (39) che hanno inteso garantire le funzioni di controllo della Corte non attraverso una statica cristallizzazione dellesistente, bens in senso dinamico sottolineando la strumentalit delle funzioni di controllo sulle gestioni pubbliche (al tempo essenzialmente riferite a quella dello Stato e degli enti sovvenzionati) e di quello preventivo su atti (nel testo finale proposto da Mortati si prefer adottare il termine di legittimit in luogo di quello di legalit (37) C. cost., 6 luglio 2006, n. 267 e 7 giugno 2007, n. 179. (38) A.M. SANDULLI, La Corte dei conti nella prospettiva costituzionale, in AA.VV, La Corte dei conti strumento di attuazione della Costituzione nella materia della finanza pubblica, Atti del convegno Corte dei conti e finanza pubblica, Napoli-Salerno, 19-21 gennaio 1979, Napoli, ESI, 1979, 46 e 334-336. (39) In proposito si rinvia ai pi volte richiamati interventi di Mortati, Einaudi e Perassi in sede di discussione del testo dellart. 100 Cost. nella seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione (dibattito del 27 gennaio 1947) e alla relazione del 6 febbraio 1947 di presentazione del progetto di Costituzione del Presidente Ruini. 308 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 presente nelloriginaria proposta di Bozzi senza tuttavia voler mettere in discussione il principio sostanziale che tale tipologia di controllo ҏ una delle garanzie fondamentali dello Stato di diritto: con esso infatti si esercita un giudizio sulla conformit o meno dellatto del Governo alla legge) allesercizio dei poteri Parlamentari di indirizzo politico e legislativo. Appare, pertanto, ragionevole e logico che, con la riforma in senso autonomistico della Repubblica, essendo stati sostituiti i controlli statali con quelli di unIstituzione equidistante dai vari livelli di Governo (la Corte dei conti), nonch quelli generalizzati di tipo preventivo su atti con quelli, del pari a carattere generale, sulla gestione in senso stretto (che vanno a complementare quelli - preesistenti - sulla gestione finanziaria), tali nuove forme di controllo devono godere delle medesime guarentigie costituzionali gi riconosciute al proprio predecessore/dante causa. Con ladeguamento del sistema dei controlli alla riforma costituzionale sullassetto istituzionale della Repubblica e a quelle dellorganizzazione e dellazione amministrativa si inteso, difatti, migliorare la qualit delle tecniche e delle modalit di vigilanza su tutti gli Enti che compongono la Repubblica (o fanno comunque parte della c.d. finanza pubblica allargata) al fine di assicurare il sano e corretto utilizzo delle risorse pubbliche derivanti dal prelievo fiscale. Se, quindi, tali obiettivi sono stati perseguiti attraverso lintroduzione di una nuova, generalizzata e pi efficace forma di controllo che ha sostituito quello preventivo di legittimit su atti di tipo generalizzato, accusato di aver prodotto fenomeni di coamministrazione e/o rallentamenti nellazione amministrativa, sarebbe estremamente contraddittorio non riconoscere allerede/avente causa (il controllo sulla gestione) la medesima copertura costituzionale attribuita al de cuius/dante causa (il controllo preventivo di legittimit), nonch irragionevole non consentire al primo di attingere linfa vitale dalle disposizioni costituzionali di cui allart. 100 Cost. nella qualit di legittimo erede del proprio predecessore. Venendo ai passaggi logici a sostegno delle assunzioni che precedono, giova rilevare che la giurisprudenza ha escluso lautonoma impugnabilit degli atti di controllo sulla gestione della Corte dei conti che si traducano in relazioni o referti meramente informativi in quanto tale tipologia di atti sono connotati dallassenza di lesivit immediata essendo preordinati ex lege a stimolare meri processi di autocorrezione degli Enti controllati attraverso lattivazione di poteri di indirizzo politico e regolazione delle Assemblee elettive destinatarie del referto di controllo (40). Oltre allargomento di carattere generale, valevole in relazione ad ogni ipotesi di controllo della Corte dei conti, fondato sulla natura neutrale delle (40) TAR Lazio, sez. I, 3 aprile 1998, n. 1212, in Foro it., 1998, III, 396. DOTTRINA 309 funzioni esercitate a garanzia obiettiva dellordinamento, al fine di assicurare in maniera disinteressata losservanza delle leggi e, dunque, in modo svincolat[ o] dallindirizzo politico ed amministrativo del governo (41), anche in considerazione della estraneit della Corte allapparato della pubblica amministrazione, con particolare riferimento allattivit di relazione/referto (da presentare al Parlamento) sulla gestione degli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria (art. 100 Cost. e legge 12 marzo 1958, n. 259), la giurisprudenza amministrativa ha sottolineato il carattere inautonomo dellatto di controllo (atto successivo alla gestione e destinato allAssemblea elettiva) che assume natura collaborativa e, per definizione, non idoneo a produrre effetti lesivi immediati e diretti sulle situazioni soggettive dei terzi che possono essere pregiudicati solo in via indiretta e mediata laddove il Parlamento e il Ministero vigilante adottassero eventuali misure correttive (42). Le menzionate argomentazioni valgono a maggior ragione anche per il controllo sulla gestione di tutte le Pubbliche amministrazioni introdotto dallart. 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, che presenta analoga natura collaborativa referente. La Corte dei conti, difatti, dopo aver effettuato un giudizio di raffronto tra fattispecie e parametro normativo, non impone misure specifiche allente pubblico ma, segnalando disfunzioni e criticit gestionali, indica, ove possibile, come eliminarle riportando lattivit amministrativa nei limiti della legalit finanziaria e contabile (43). Anche quando si riferisce a regole di tipo economico, peraltro, la Corte applica, in ogni caso, le disposizioni di legge che alle medesime rinviano, riconoscendo loro uno specifico rilievo giuridico nellambito dellordinamento giuridico finanziario e contabile, assicurando lunit economica della Repubblica e il coordinamento della finanza pubblica allargata attraverso un giudizio ispirato a criteri univoci ed omogenei che la Corte, con la propria coordinata organizzazione, idonea ad assicurare. Del resto, i magistrati della Corte sono, in quanto giudici, tenuti ad applicare solo (41) TAR Lazio, sez. I, 3 aprile 1998, n. 1212, cit. (42) Il referto , invero, atto non autonomo in quanto interno ad un procedimento il cui atto conclusivo appartiene alla competenza di altro organo nonch atto privo di effetti diretti ed immediati poich questi ultimi sono riconnessi allesercizio del definitivo potere di valutazione rimesso, innanzitutto, al Parlamento, secondo lespressa previsione dellart. 100 Cost. e, poi, allamministrazione vigilante ed al Ministero del Tesoro, ex lege 259/1958, in relazione alle attribuzioni amministrative riconosciute dallordinamento a detti dicasteri [] da escludere lammissibilit di una impugnativa giurisdizionale del referto in questione, tenuto conto che esso non ha n natura formale n natura sostanziale di atto amministrativo perch, come gi detto, proveniente da organo estraneo allapparato amministrativo e perch espressione concreta di una funzione neutrale n dotato di autonomia nellambito del procedimento nel quale inserito n, infine, idoneo a produrre effetti diretti ed immediati, essendo preordinato allesercizio di diversi e separati poteri esercitati da altri e distinti organi dellordinamento (TAR Lazio, sez. I, 3 aprile 1998, n. 1212, cit.). (43) C. cost., 7 giugno 2007, n. 179. 310 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 la legge e le regole cui essa faccia rinvio positivizzandole o assegnando loro uno specifico rilievo giuridico: le eventuali regole economiche applicate, quindi, in omaggio al principio di legalit, assumono rilievo esclusivamente nei limiti specificamente previsti dalla legge (44). (44) PAOLO SALVATORE ha autorevolmente segnalato lintervenuto allargamento dei confini del principio di legalit che per evitare che venga svuotato del suo valore pregnante, va ridisegnato alla luce dellevoluzione delordinamento nel suo complesso, che negli ultimi anni ha ricevuto particolari accelerazioni grazie a significativi contributi giurisprudenziali [] La legalit oggi non pi fotografabile mediante un semplice giudizio di conformit al parametro costituito dalla norma, ma esprime, e sintetizza, un situazione di compatibilit dellagire che ha come termini di comparazione valori, principi, regole enucleabili da un ordinamento giuridico complesso, caratterizzato da una molteplicit di fonti ed, altres, coordinato e rapportato con altri ordinamenti (P. SALVATORE, La legalit nellamministrazione, in Giurisd. amm., 2007, 97-101). Il principio di legalit, quindi, deve assumere contenuti e contorni nuovi liberandosi dalla gabbia della esercitazione logica di raffronto tra fattispecie e norma e penetrando invece nel nucleo essenziale dellattivit dellAmministrazione per verificare la sostanziale correttezza ed adeguatezza nei confronti degli obiettivi affidati [] La legalit, si confronta, altres, con altri procedimenti di produzione giuridica diversi dalla legge, tratti da scienze diverse dalla tradizionale esperienza giuridica. Lattivit di regolazione del mercato, ai vari livelli, in cui ha modo di manifestarsi utilizza concetti e regole non solo estranee alla tradizionale esperienza giuridica, perch tratta delle altre scienze se non addirittura da parametri storicamente propri ad un determinato assetto della societ civile, ma necessariamente generiche e fluide, dovendo potenzialmente essere idonee a racchiudere in se stesse una realt fenomenica in continuo movimento. Sul piano dellaltro termine del binomio, lattivit da valutare, noto che la nuova Amministrazione per risultati tende a soppiantare sempre pi lAmministrazione tradizionale per atti e conseguentemente il metro di valutazione delloperato dellAmministrazione tende a spostarsi dalla legittimit formale alla bont sostanziale allidoneit cio dellattivit a conseguire fini di utilit. La verifica di tale attivit da parte del Giudice non pu non abbandonare la tipologia del giudizio di conformit (tra norma ed atti) per privilegiare quella del giudizio di idoneit ed adeguatezza, il che impone, come si visto, il ricorso sempre pi frequente e diffuso a criteri e principi generali dellordinamento nonch a regole tecniche di fonte extralegale congruenti con gli interessi curati dalle singole Amministrazioni (Id., I nuovi orizzonti del principio di legalit, in Cons. St., 2005, II, 1619-1626). Anche Carlo Chiappinelli, riportandosi ai lavori di MARIO R. SPASIANO (Funzione amministrativa e legalit di risultato, Torino, 2003), ha sottolineato che le regole economiche di efficienza, economicit ed efficacia, costituendo parametri giuridici e non economici, integrano ed allargano il contenuto del principio di legalit sostanziale (C. CHIAPPINELLI, Principio di legalit ed amministrazioni pubbliche: profili evolutivi in tema di controllo, in Atti del LIII Convegno di studi di scienza dellamministrazione Il principio di legalit nel diritto amministrativo che cambia (Varenna, 20-22 settembre 2007), Milano, Giuffr, 2008, 555 ss.). In tal modo, il giudizio relativo al rispetto dei principi di efficienza, efficacia ed economicit posti, tra laltro, dallart. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241, attua il buon andamento dellazione amministrativa contemplato dallart. 97 Cost. e, nellottica del coordinamento della finanza pubblica allargata, contribuisce alla tutela dellunit economica della Repubblica e della sana, legittima e regolare gestione dei bilanci pubblici. Del resto, lapplicazione delle regole economiche, nella misura in cui esse siano rilevanti per il diritto, un fenomeno sempre pi diffuso nelle aule giudiziarie sia civili, che penali ed amministrative (si pensi alle consulenze tecniche tese allaccertamento dei danni e alla stima dei medesimi in materia di responsabilit civile, a talune nuove figure sintomatiche delleccesso di potere, ai giudizi in materia di responsabilit per le gestioni di amministratori di societ, allidentificazione del mercato rilevante in materia antitrust, etc.). Per linquadramento storico-evolutivo del principio di legalit B. SORDI, Il principio di legalit nel diritto amministrativo che cambia. La prospettiva storica, in Atti del LIII Convegno di studi di scienza DOTTRINA 311 A ci si aggiunga che, come statuito di recente dalla Corte costituzionale, recependo le critiche mosse dalla dottrina pi attenta (45) agli obiter dicta delle Sezioni unite (46), il controllo collaborativo deve differenziarsi dallattivit che eventualmente ad esso consegua che, peraltro, preme rilevare, non ha necessariamente carattere amministrativo (47), potendo concretarsi anche in atti di indirizzo politico o di regolazione. Del resto, non privo di interesse mettere in risalto che lattivit di controllo preventivo (ritenuta pacificamente insindacabile) ha una pi stretta afferenza con lattivit amministrativa controllata in quanto determina il blocco degli effetti del provvedimento nelle more del controllo, mentre la nuova tipologia di controllo collaborativo ontologicamente eterogenea rispetto allattivit amministrativa che viene giudicata nella sua globabit (la gestione) attraverso un raffronto tra fattispecie e dellamministrazione Il principio di legalit nel diritto amministrativo che cambia (Varenna, 20-22 settembre 2007), Milano, Giuffr, 2008, 33-60 e in Dir. amm., 2008, 1-28 e per quello dellemersione dei c.d. poteri impliciti G. MORBIDELLI, Il principio di legalit e i c.d. poteri impliciti, in Dir. amm., 2007, 710 ss., nonch in Atti del LIII Convegno di studi di scienza dellamministrazione Il principio di legalit nel diritto amministrativo che cambia (Varenna, 20-22 settembre 2007), Milano, Giuffr, 2008. Per un interessante studio di comparazione tra lutilizzo interno e quello comunitario dei principi di efficienza, efficacia, economicit e buon andamento E. BONELLI, Efficienza e sistema dei controlli tra Unione europea e ordinamento interno, Torino, Giappichelli, 2003. (45) G. DAURIA (annotazione a Cass., sez. un., 10 giugno 1998, n. 5762), in Foro it., 1998, I, 2078 e P. MADDALENA, Il controllo successivo sulla gestione esercitato dalla Corte dei conti nella giurisprudenza della Corte costituzionale, della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato, in Cons. St., II, 523 ss. (46) Cass., sez. un., 10 giugno 1998, n. 5762. Le Sezioni unite, difatti, con un mero obiter irrilevante ai fini della decisione sulla questione di giurisdizione relativa alla fattispecie controversa (che afferiva esclusivamente allatto preliminare di identificazione dellente da assoggettare al controllo sulla gestione e non agli eventuali e successivi atti di controllo), avevano ultroneamente affermato (confondendo, peraltro, la fase preliminare al controllo con quella di controllo e discostandosi anche dalla decisione, per esse vincolante, della Corte costituzionale che avevano in precedenza interessato - C. cost., 30 dicembre 1997, n. 470), che anche il controllo ex art. 3, comma 4 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, sarebbe compatibile con la tutela giurisdizionale rispetto agli atti in cui si traduce [] non [essendo] dubitabile che essa (sempre che non vengano in rilievo ragioni connesse alla natura del controllo quale funzione imparziale: Corte cost. n. 470 del 1997, n. 5 del Considerato in diritto) si atteggi secondo le modalit proprie di quella istituita con riguardo allazione amministrativa alla cui efficienza, il controllo stesso finalizzato: sicch rispetto a quegli atti ripetibile lo schema consueto dellaffidamento della tutela giurisdizionale allautorit giudiziaria ordinaria, quante volte, in presenza di atti posti in essere in carenza di potere, si faccia questione di un diritto civile o politico; e, invece, allautorit giudiziaria amministrativa, allorch si faccia questione di cattivo uso di un potere effettivamente esistente. Laffermazione si traduce in un postulato indimostrato apodittico e per certi versi contraddittorio in quanto omette di considerare che lattivit collaborativa svolta dalla Corte dei conti in sede di controllo sulla gestione, come riconosciuto dalla Corte costituzionale (C. cost., 7 giugno 2007, n. 179), non ha alcuna natura amministrativa atteso che Corte dei conti, Istituzione indipendente e neutrale rispetto allente controllato, non cura alcun interesse pubblico specifico ma effettua un giudizio teso ad assicurare il rispetto delle regole di diritto oggettivo costituenti lordinamento giuridico finanziario e contabile nazionale e comunitario. (47) C. cost., 7 giugno 2007, n. 167. 312 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 parametro normativo. Il fatto che il controllo sia finalizzato alladozione di misure correttive da parte delle Assemblee elettive (o degli organi di governo competenti) non implica alcun esercizio o compartecipazione allo svolgimento delleventuale attivit (di natura non necessariamente amministrativa) succedanea al controllo della Corte (48). Opinando diversamente si tradirebbe la ratio storica della riforma dei controlli esterni che sono stati pensati e voluti proprio per accrescere il rispetto della libert di azione degli enti controllati, specie laddove si tratti di Autonomie (49). Saranno, difatti, le Assemblee elettive nazionali, regionali e locali (ed i relativi organi di Governo) a scegliere se, in che misura e con quali modalit conformarsi alle indicazioni della Corte dei conti e, in questipotesi, saranno impugnabili le relative misure attuative autonomamente ed eventualmente adottate dagli enti pubblici controllati. Per il controllo collaborativo, quindi, valgono, a maggior ragione, le argomentazioni che hanno indotto la giurisprudenza civile ad amministrativa ad affermare linsindacabilit giurisdizionale degli atti di controllo della Corte dei conti per difetto assoluto di giurisdizione (50). Come stato rilevato dalla Consulta, anche il controllo sulla gestione potrebbe ascriversi fra le attivit tipiche di un organo terzo e neutrale costituzionalmente deputato ad espletare le funzioni di garante imparziale dellequilibrio economico-finanziario del settore pubblico (51) per la salvaguardia di interessi pubblici generali, costituzionalmente garantiti a tutela della Collettivit e dellordinamento (52). In sede di controllo sulla gestione, difatti, la Corte dei conti non esercita unattivit amministrativa bens un potere neutrale e disinteressato ispirato al principio del contraddittorio e comunque di natura collaborativa. Non chiaro, quindi, su quali basi si possano ritenere atti formalmente e sostanzialmente amministrativi le relazioni ed i referti di controllo sulla gestione della Corte dei conti, assoggettandoli a sindacato giurisdizionale. Nel senso dellinsindacabilit militano una serie di argomentazioni che sono state, peraltro, utilizzate anche dalla Corte costituzionale occupandosi della legittimazione della Corte dei conti in sede di controllo preventivo di (48) C. cost., 7 giugno 2007, n. 179. (49) S. CASSESE, I moscerini e gli avvoltoi. Sistema dei controlli e riforma della Costituzione, in Atti del convegno Sistema dei controlli e riforma della Costituzione, Milano, 11-12 dicembre 1992, Roma, 1995, IPZS, 21-58. In proposito, altres, Id., Le disfunzioni dei controlli amministrativi, in S. CASSESE (a cura di), I controlli nella Pubblica Amministrazione, Bologna, Il Mulino, 1993, 13-22. (50) Limpugnazione spiegata avverso il provvedimento di controllo della Corte dei conti va dichiarata inammissibile, salva la sindacabilit delleventuale azione amministrativa successiva. (51) C. cost., 30 dicembre 1997, n. 470, in Cons. St., 1997, II, 2032. (52) P. MADDALENA, Il controllo successivo sulla gestione esercitato dalla Corte dei conti nella giurisprudenza della Corte costituzionale, della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato, in Cons. St., 2002, II, 523. DOTTRINA 313 legittimit a sollevare questione di legittimit costituzionale ai sensi dellart. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 (53). In primo luogo non senza interesse rilevare che lIstituzione che esercita il controllo sulla gestione un collegio composto di magistrati, dotati delle pi ampie garanzie di indipendenza (art. 100, secondo comma, Cost.), che, analogamente ai magistrati dellordine giudiziario, si distinguono tra loro solo per diversit di funzioni (art. 10 legge 21 marzo 1953, n. 161) (54). La Consulta ha, difatti, ricordato che la Costituzione annovera la Corte dei conti accanto alla magistratura ordinaria ed al Consiglio di Stato, tra le "supreme magistrature" (art. 135 Cost.) in quanto istituzionalmente investita di funzioni giurisdizionali a norma dell'art. 103, secondo comma, Cost., essendo, peraltro, lunico organo di controllo che, nel nostro ordinamento, goda di una diretta garanzia in sede costituzionale (55). In secondo luogo, giova evidenziare che in sede di controllo sulla gestione la Corte esercita le proprie funzioni di raffronto tra parametro e fattispecie nel pieno rispetto del principio del contraddittorio, applicando, peraltro, le regole procedurali, storicamente riferite a quello preventivo di legittimit, valevoli in generale per lattivit di controllo (56). La Corte costituzionale (pronunciatasi in relazione al procedimento di controllo preventivo) ha rinvenuto gli elementi formali e sostanziali riconducibili al contraddittorio nelle seguenti circostanze: 1) nel deferimento della pronuncia al collegio nellipotesi in cui il magistrato istruttore sia in dissenso con le valutazioni dellamministrazione; 2) della possibilit per lamministrazione di partecipare alla seduta fissata per la discussione e di depositare memorie, osservazioni e controdeduzioni; 3) nella necessit che la deliberazione sia corredata da sobria motivazione (57). I menzionati elementi indicati dalla Consulta ed affidati allautorevole penna di Vezio Crisafulli, sono del pari presenti in relazione al controllo sulla gestione al quale si applica la medesima disciplina sui procedimenti di controllo dettata dal testo unico sulla Corte dei conti (58). La dottrina pi autorevole ha, difatti, evidenziato che il principio del contraddittorio viene ampiamente rispettato anche nellesercizio delle funzioni di controllo sulla (53) C. cost., 12 novembre 1976, n. 226, in Giur. cost., 1976, I, 1882, con nota di G. AMATO, Il Parlamento e le sue Corti, ivi, 1984-1990. (54) C. cost., 12 novembre 1976, n. 226 (punto 3). (55) C. cost., 12 novembre 1976, n. 226 (punto 3). (56) Lart. 3, comma 9, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, contempla un rinvio alle disposizioni sul controllo (per lesercizio delle funzioni di controllo, si applicano in quanto compatibili con le disposizioni della presente legge, le norme procedurali di cui al testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni). (57) C. cost., 12 novembre 1976, n. 226 (punto 3). (58) Art. 3, comma 9, l. 14 gennaio 1994, n. 20. 314 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 gestione delle pubbliche amministrazioni (59): dopo la comunicazione allamministrazione dellinserimento nel programma di controllo sulla gestione (60), il magistrato relatore effettua listruttoria procedendo allaudizione dei rappresentanti dellamministrazione e nellipotesi in cui le osservazioni pervenute non consentano di superare i profili di criticit riscontrati, la decisione passa al collegio che, previa instaurazione di unulteriore fase di contraddittorio (comunicazione allamministrazione della possibilit di depositare memorie ed essere ascoltata nelladunanza collegiale), giudica definitivamente udito il magistrato relatore che deve dare anche conto, nella stesura della decisione finale, della posizione e delle giustificazioni addotte dallamministrazione (61). (59) A. CAROSI, Il metodo ed il procedimento nel controllo sulla gestione, in www.amcorteconti.it (Carosi, in linea con gli standards INTOSAI, propone di implementare linee-guida e manuali per il controllo sulla falsariga della Corte dei conti europea anche perch il contraddittorio, parte essenziale di quelle garanzie procedimentali del controllo affermate dalla giurisprudenza costituzionale presenta una stretta inerenza [] non solo alla tutela del controllato, bens al rafforzamento dellimpianto probatorio e, quindi, del referto costruito su di esso, in quanto la possibilit per lAmministrazione di addurre prove e valutazioni contrarie rispetto a quelle emergenti dalla fase istruttoria e dalla bozza di relazione sottoposta al collegio costituisce anche un dovere, gravante sul controllato in ossequio al principio normativo per cui va assicurata alle assemblee elettive ed alla collettivit una informazione corretta e obiettiva). In termini M. SCIASCIA, Il diritto delle gestioni pubbliche, Milano, 2007, 654-655 (Laudizione, che consiste nellascoltare le ragioni degli esponenti di vertice delle amministrazioni controllate, deve necessariamente essere preceduta da un invito agli organi interessati, che contenga oltre alla data delladunanza gli estremi della gestione in esame, con allegata copia della regolazione pervenuta dallufficio di controllo, al fine di consentire alle amministrazioni invitate di poter controdedurre efficacemente in mancanza di un contraddittorio preliminare. Tali indicazioni sono funzionali rispetto alla comprensione dei motivi effettivi che hanno condotto le amministrazioni ad assumere determinati comportamenti [] Dellaudizione viene redatto processo verbale che viene firmato da tutti gli intervenuti ed allegato agli atti del procedimento. A seguito della discussione sempre che non occorra un supplemento istruttorio ad iniziativa diretta la Sezione assume una deliberazione articolata, in cui sono esternate le osservazioni conclusive, positive e/o negative, sulla gestione esaminata). (60) Con la comunicazione dellinserimento nel programma di controllo (chiaramente limitata allipotesi di controllo sulla gestione in senso stretto) si apre il contraddittorio nei confronti dellEnte controllato. Aldo Carosi ha, difatti, osservato che se pu essere consentita una metafora giurisdizionale, il programma di controllo contiene il petitum, inteso come ambito dellattivit controllata, e la causa petendi, ovverosia i motivi per cui il controllo esterno viene selezionato e delimitato in un pi ampio ambito gestionale (A. CAROSI, Il metodo ed il procedimento nel controllo sulla gestione cit.). Le Sezioni riunite, in base agli art. 5 e 6 del regolamento di organizzazione del Consiglio di presidenza del 19 giugno 2008 (in G.U. del 2 luglio 2008, n. 153), definiscono, tenendo conto delle priorit indicate dal Parlamento, il quadro di riferimento programmatico, anche pluriennale, delle indagini di finanza pubblica e dei controlli sulla gestione unitamente ai relativi indirizzi di coordinamento e criteri metodologici di massima, ponendo particolare attenzione al rispetto del contraddittorio con lAmministrazione interessata. (61) Accanto alle previsioni generali sul controllo risultanti dal testo unico sulla Corte dei conti (applicabile giusto rinvio di cui allart. 3, comma 9, della legge 14 gennaio 1994, n. 20), lorganizzazione afferente lo svolgimento delle funzioni di controllo stata disciplinata dal regolamento delle Sezioni riunite del 14 giugno 2000 (pubblicato in G.U. del 6 luglio 2000, n. 156, e modificato con successive deliberazioni 2/2003 e 1/2004, rispettivamente in G.U. del 16 luglio 2003, n. 163 e 3 gennaio 2005, n. 1). DOTTRINA 315 In terzo luogo, venendo alle regole applicate nel giudizio di controllo, non pu essere negato il loro valore giuridicamente rilevante, con esclusione di qualsiasi apprezzamento che non sia di ordine strettamente giuridico (62). Sotto questo profilo, richiamando quanto osservato sullevoluzione storica in senso sostanziale del principio di legalit, non pu essere sottaciuto che anche il controllo sulle gestioni pubbliche esercitato dalla Corte volto unicamente a garantire la legalit a tutela del diritto oggettivo (63) ispirandosi a regole di diritto positivo. La tutela dellunit economica della Repubblica, il coordinamento della finanza pubblica allargata, gli equilibri dei bilanci di tutti gli enti partecipanti al conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni (strumento rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilit e crescita comunitario), il rispetto del divieto costituzionale di indebitamento per spese di parte corrente (c.d. golden rule) e dei parametri imposti dalle leggi finanziarie in materia di patto di stabilit interno, nonch quello dei principi di efficienza, efficacia ed economicit di cui allart. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (di attuazione di quello di buon andamento contemplato dallart. 97 Cost.), costituiscono obiettivi di diritto positivo posti da fonti specifiche a tutti i livelli di regolazione (comunitario, costituzionale e nazionale). Al perseguimento di tali finalit preordinato il controllo neutrale e disinteressato della Corte dei conti che si caratterizza, attraverso la predeterminazione dei criteri e dei parametri rilevanti applicabili che sono stati adeguati alle recenti riforme dellapparato istituzionale della Repubblica (modifica del Titolo V della Costituzione) e a quelle dellorganizzazione amministrativa, quale controllo multilivello omogeneo e coordinato di natura imparziale, neutrale e disinteressato. Con lart. 3, comma 62, l. 24 dicembre 2007, n. 244, tale potere regolamentare (esercitato per la prima volta con delibera del 19 giugno 2008, in G.U. del 2 luglio 2008, n. 153) transitato dalle Sezioni riunite al Consiglio di presidenza che delibera su proposta del Presidente. Lanalisi delle delibere di controllo della Corte dei conti dimostra che il principio del contraddittorio viene tenuto in altissima considerazione, concedendosi agli Enti controllati uno spazio di difesa ed ascolto di gran lunga pi ampio di quello riservato allAmministrazione nelle procedure di controllo preventivo di legittimit al tempo della decisione della Consulta 12 novembre 1976, n. 226. Nelle relazione finale, difatti, non solo sovente presente una diffusa parte specificamente dedicata alla descrizione delle osservazioni istruttorie e alle difese proposte nelle memorie e nel corso dellaudizione in adunanza, ma la Sezione di controllo le richiama anche nei vari passaggi della relazione medesima [in proposito, inter plures, Sez. contr. Stato, 13 novembre 2006, n. 15/2006/G (pag. 72-82); 11 dicembre 2008, 25/2008/G (pag. 37-46); 9 giugno 2008, n. 11/2008/G (pag. 39-43); 20 dicembre 2007, n. 21/2007/G (23-27); 29 maggio 2007, n. 12/2007/G (pag. 51-55)]. Del resto, lesistenza del contraddittorio nelle procedure di controllo sulla gestione stato oramai positivamente riconosciuto anche nella legislazione pi recente (art. 11, comma 2, l. 4 marzo 2009, n. 15). (62) C. cost., 12 novembre 1976, n. 226 (punto 3.). (63) C. cost., 12 novembre 1976, n. 226 (punto 3.). 316 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 Lattivit di giudizio svolta , pertanto, tesa ad assicurare il rispetto delle regole oggettive dellordinamento giuridico, anche contabile e finanziario (64), prescindendo dalla cura specifica di interessi pubblici settoriali (ed in ci si concretizza, tra laltro, il criterio discretivo rispetto allattivit amministrativa, anche di controllo, che viene esercitata senza le garanzie che fornisce il giudice contabile (65)). Le argomentazioni sinora esposte attestano come sia criticabile, anche perch in contrasto con la giurisprudenza costituzionale pi recente (66), ritenere sindacabili in sede giurisdizionale le relazioni di controllo sulla gestione della Corte dei conti sullerroneo assunto della natura amministrativa delle medesime (67) che stata, per converso, recisamente negata dalla Consulta (64) I magistrati della Corte, in quanto giudici, applicano sempre e comunque le regole dellordinamento giuridico. Eventuali regole economiche, come gi segnalato, possono avere la rilevanza assegnata alle medesime dai principi giuridici e dalle norme specifiche relative al controllo sulla gestione. (65) Di qui la neutralit ed indipendenza del giudizio di controllo che, come rilevato la Corte costituzionale pronunciandosi in relazione al controllo preventivo di legittimit, si differenzia nettamente dai controlli c.d. amministrativi, svolgentisi nellinterno della pubblica amministrazione; ed altres diverso anche da altri controlli, che pur presentano le caratteristiche da ultimo rilevate, in ragione della natura e della posizione dellorgano cui affidato (C. cost., 12 novembre 1976, n. 226 (punto 3). (66) C. cost., 7 giugno 2007, n. 179. (67) Largomento, pur frequentemente addotto a sostegno della sindacabilit, che si fonda sulla circostanza che la Corte costituzionale in una non pi recente decisione (C. cost., 12 luglio 1995, n. 335) aveva escluso che la Corte dei conti, in sede di controllo sulla gestione, potesse sollevare questioni di legittimit costituzionale, stato oramai superato dalla Consulta medesima (che, nella decisione 7 giugno 2007, n. 179, ha sancito che le funzioni di controllo sulla gestione non possono essere ricondotte allarea del potere amministrativo) e dalla morfologia strutturale e operativa di tale tipologia di controllo neutrale e disinteressato (che, come si detto, finalizzato al rispetto dellordinamento oggettivo, nel quale rientra anche la c.d. legalit finanziario-contabile, e largamente ispirato, quanto alle procedure seguite, al principio del contraddittorio). Il richiamato argomento si presenta, peraltro, erroneo ed inconferente. Non vi , difatti, alcuna corrispondenza biunivoca tra insindacabilit giurisdizionale e potere di sollevare questioni di legittimit costituzionale. Se vero che il riconoscimento da parte della Corte costituzionale della qualit a quo determina conseguenzialmente, sul piano della impugnabilit delle decisioni emesse, linsindacabilit da parte del giudice amministrativo non venendo in considerazione atti formalmente e sostanzialmente amministrativi, non altrettanto corretto ritenere che, esclusa la qualit di giudice a quo, non si possa ricollegare linsindacabilit ad altre giustificazioni quali quelle connesse alla posizione costituzionale dellAutorit ed ai caratteri neutrali e disinteressati delle funzioni esercitate che determinano, del pari, linesistenza di atti formalmente e sostanzialmente amministrativi. Appare, quindi, erroneo il ragionamento che, per inferire la sindacabilit giurisdizionale dei relativi atti, fa discendere dallassenza di qualit di giudice a quo la necessaria riconducibilit delle funzioni allarea dellamministrazione (in omaggio alla c.d. teoria della residualit per la quale tutto ci che non espressione del potere legislativo o giurisdizionale avrebbe natura amministrativa), atteso che, come accade per la Corte dei conti, linsindacabilit per difetto assoluto di giurisdizione, come riconosciuto in pi occasioni dalle Sezioni unite e della Corte costituzionale, si fonda sulla neutralit ed il disinteresse delle funzioni di controllo esercitate. Ritornando alla decisione 335/95, giova mettere in risalto che questultima, richiamando quella del 27 gennaio 1995, n. 29, costituisce una pronuncia fortemente condizionata dallassenza di conoscenze effettive e reali in merito al funzionamento e allontologia del nuovo controllo sulla gestione, al tempo in- DOTTRINA 317 con la decisione del 7 giugno 2007, n. 179. Gli atti in cui sinvera lesercizio delle funzioni di controllo neutrale della Corte, difatti, avendo natura collaborativa, conformemente alla ratio storica della riforma dei controlli, tesa ad eliminare ogni rischio di compartecipazione del controllore nellattivit del controllato (68), non condividono, contrariamente ai c.d. controlli amministrativi, lesercizio del potere amministrativo e, pertanto, non possono essere accomunati al medesimo regime giuridico, ivi comprese le impugnative giurisdizionali, degli atti amministrativi di adeguamento con cui si curano pur sempre specifici interessi pubblici. trodotto da appena un anno (legge 14 gennaio 1994, n. 20). Per tale ragione devono ritenersi oramai superate dalla legislazione successiva e dalle procedure e dalle tecniche di controllo da lungo tempo utilizzate dalla Corte dei conti le argomentazioni ostative presenti nella decisione 335/95 fondante essenzialmente sulla ritenuta assenza sia di elementi formali e sostanziali riconducibili alla figura del contraddittorio (sul punto la decisione si presenta anche in contrasto con la precedente pronuncia del 12 novembre 1976, n. 226, atteso che sussistono nel controllo sulla gestione i medesimi elementi che avevano determinato il giudizio positivo sul controllo preventivo di legittimit), sia di ogni giuridicit delle valutazioni afferenti il rispetto dei principi di efficienza, efficacia ed economicit. Un giudizio ispirato da specifici obiettivi di diritto positivo sanciti a livello comunitario e nazionale [tutela dellunit economica della Repubblica, coordinamento della finanza pubblica allargata, equilibri dei bilanci di tutti gli enti partecipanti al conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni (parametro rilevante ai fini del rispetto del patto di stabilit e crescita comunitario), rispetto del divieto costituzionale di indebitamento per spese di parte corrente (c.d. golden rule), e dei parametri imposti dalle leggi finanziarie in materia di patto di stabilit interno, nonch quello dei principi di efficienza, efficacia ed economicit di cui allart. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (di attuazione di quello di buon andamento contemplato dallart. 97 Cost.)] e teso ad assicurare e garantire il rispetto dellordinamento giuridico, anche contabile e finanziario, quindi la tutela del diritto obiettivo, non pu essere bollato, in assenza di riscontri effettivi su una precisa realt operativa da valutare (inesistente al tempo della decisione 29/95), come controllo empirico ispirato, pi che a precisi parametri normativi, a canoni di comune esperienza che trovano la loro razionalizzazione nelle conoscenze tecnico-scientifiche proprie delle vari discipline utilizzabili ai fini della valutazione dei risultati dellazione amministrativa, anche in considerazione della gi menzionata evoluzione sostanziale del principio di legalit. Si aggiunga peraltro che, anche laddove la valutazione dei risultati intervenisse attraverso lutilizzo di tecniche e scienze non strettamente giuridiche, tale caratteristica non pu non connotare il giudizio finale che afferisce, per converso, allintervenuta violazione dei principi giuridici di efficienza, efficacia, economicit, buon andamento, sana e legittima gestione, costituente il cuore del controllo sulla gestione, cui consegue, secondo lunanimemente condivisa teoria generale del controllo fortiana e gianniniana, ladozione di puntuali misure giuridiche (c.d. momento comminatorio del controllo che nel concreto, avendo carattere collaborativo, si dirige agli organi di indirizzo politico), ossia specifiche conseguenze regolate e previste pur sempre dallordinamento giuridico. In questo quadro si segnala la recente ordinanza di rimessione della C. conti, sez. contr. Lombardia, ord. 1 giugno 2009, n. 125, originata proprio in un giudizio di controllo teso allapplicazione degli specifici parametri giudici del patto di stabilit interno (art. 1, commi 681 e 683, l. 27 dicembre 2006, n. 296 finanziaria 2007) della cui costituzionalit si dubitato. (68) S. CASSESE, I moscerini e gli avvoltoi. Sistema dei controlli e riforma della Costituzione, in Atti del convegno Sistema dei controlli e riforma della Costituzione, Milano, 11-12 dicembre 1992, Roma, 1995, IPZS, 21-58. In proposito, altres, Id., Le disfunzioni dei controlli amministrativi, in S. CASSESE (a cura di), I controlli nella Pubblica Amministrazione, Bologna, Il Mulino, 1993, 13-22, ove si sono denunciati i rischi connessi alle patologiche negoziazioni collegate allesercizio del controllo preventivo di legittimit che avrebbero determinato quello del potere amministrativo per accordi tra controllato e controllante. 318 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 Osservando che i costituenti non accettarono lidea che i controlli sono parte della funzione amministrativa (69) e deplorando le storture patologiche cui aveva dato luogo il controllo preventivo di legittimit (70), Sabino Cassese, che sar poi il padre della riforma dei controlli (legge 14 gennaio 1994, n. 20) largamente ispirata alle idee gianniniane, aveva, difatti, auspicato una profonda rivisitazione della materia tesa allintroduzione di tipologie di controllo successivo sulla gestione di matrice anglosassone per evitare il rischio che il controllante possa influenzare il controllato al punto da assumere la veste di codecisore(71). Alterare tali chiare e precise coordinate di sistema, assegnando alle funzioni di controllo sulla gestione della Corte dei conti natura amministrativa, significa tradire e sovvertire le idee che sono alla base della riforma in senso costituzionale dei controlli che ha introdotto quello successivo su tutte le gestioni pubbliche quale strumento specifico di verifica del rispetto del principio del buon andamento (art. 97 Cost.) e di quelli di efficienza, efficacia ed economicit dellazione amministrativa che costituiscono pur sempre attuazione del primo. 6. La sindacabilit degli atti preliminari allesercizio del controllo magistratuale neutrale tesa alla verifica dellinesistenza del potere: lidentificazione degli enti le cui gestioni vanno assoggettate a controllo e i confini di questultimo Diversamente dagli atti di controllo della Corte dei conti, sono, per converso, sindacabili in sede giurisdizionale le determinazioni preliminari con cui si identifichino gli enti da assoggettare a controllo. Giova premettere che gli enti sovvenzionati controllati ex l. 21 marzo 1958, n. 259, sono identificati, al fine di definire lesistenza di uneffettiva contribuzione dello Stato, attraverso un d.P.R. su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri di concerto con il Ministero delleconomia e delle finanze ed quello competente (72), mentre quelli le cui gestioni vanno controllate ai sensi della legge 14 gennaio 1994, n. 20, sono individuati dalla Corte dei conti medesima in conformit alle priorit stabilite dalle Commissioni parlamentari (73). , dunque, possibile che un ente possa dolersi dellerronea ricomprensione tra i soggetti controllabili (74). (69) S. CASSESE, I moscerini e gli avvoltoi cit., 28. (70) S. CASSESE, I moscerini e gli avvoltoi cit., 34-35. (71) S. CASSESE, I moscerini e gli avvoltoi cit., 33. (72) Art. 3 l. 21 marzo 1958, n. 259. (73) Art. 1, 473 co., l. 27 dicembre 2006, n. 296, modificato dallart. 3, 65 co., l. 24 dicembre 2007, n. 244. DOTTRINA 319 Le Sezioni unite (75), in una controversia in cui lA.C.I. aveva impugnato il decreto presidenziale con cui era stato sottoposto al controllo della Corte dei conti ex lege 259/1958, hanno chiarito che il predetto decreto di identificazione degli enti pubblici cui lo Stato contribuisce in via ordinaria costituisce, a prescindere dalla sua natura giuridica dichiarativa o ricognitiva, un mero atto amministrativo, giurisdizionalmente impugnabile e sindacabile che precede ed strumentale allesercizio delle funzioni neutrali di controllo della Corte dei conti che lo presuppongono e con esse non va confuso, anche ai fini dellimpugnativa giurisdizionale (la emanazione del decreto anzidetto non ancora attivit di controllo della Corte dei conti). Secondo le Sezioni unite, peraltro, la situazione soggettiva attivabile in sede giudiziale, nel concreto, non avrebbe avuto la consistenza di diritto soggettivo ma di mero interesse legittimo in quanto la sfera di autonomia o di autarchia dellACI commisurata e contrassegnata dal suo stato di soggezione al potere direttivo ed a quello di vigilanza, legislativamente e statutariamente affidati ai ministeri competenti. Non quindi a parlare di un suo status libertatis, assimilabile a quello della persona fisica e quindi generatore di una serie di diritti soggettivi nei confronti della P.A. (76). Peraltro, le Sezioni unite, anticipando considerazioni che sarebbero state applicate dalla giurisprudenza successiva, hanno precisato che, pur se la posizione dellente che sia assoggettato a forme penetranti di controllo a tutela del pubblico interesse ha, di regola, natura di interesse legittimo nei confronti dellesercizio di questi poteri, comunque necessario verificare di volta in volta [] se si tratti di pretesa riguardante un potere del tutto inesistente, nel senso di mancanza assoluta di una norma che autorizzi la P.A. a porre lente in una posizione di soggezione (77). (74) Ci avvenuto in relazione alla delibera 43/1995 con cui la Corte dei conti ha sottoposto a controllo la gestione degli ordini e dei collegi professionali. La Corte costituzionale ha ritenuto legittimo attribuire alla Corte il potere di identificare i soggetti sottoposti a controllo (C. cost., 30 dicembre 1997, n. 470, in Foro. it., 1998, I, 1765, con nota di G. DAURIA, Corte dei conti e controllo sulla gestione degli ordini professionali). In termini Cons. Stato, I, parere 388/1998. Sulla questione in dottrina F. BATTINI, Pu un ente pubblico evitare il controllo della Corte dei conti?, in Giorn. dir. amm., 1995, 67-74. (75) Cass., sez. un., 28 aprile, 1964, n. 1016, in Foro it., 1964, I, 921 con nota di S. DALBERGO, in Foro amm., 1964, I, 1, 347, in Rass. avv. St., 1964, I, 472 con nota di G. ZAGARI, Osservazioni sul controllo della Corte dei conti sugli Enti pubblici, e in Giust. civ., 1964, I, 1336 ss., con commento di A.M. SANDULLI, In materia di giurisdizione nei confronti dei decreti di assoggettamento di enti pubblici al controllo della Corte dei conti e nei confronti degli atti di controllo della Corte, con cui il giurista napoletano riprende il discorso generale gi impostato in Funzioni pubbliche neutrali e giurisdizione, in Riv. dir. proc., 1964, 200 ss. Sulla decisione anche C. ANELLI, Sulla sindacabilit davanti al giudice amministrativo degli atti di controllo della Corte dei conti, in Foro amm., 1965, II, 72-89. (76) Cass., sez. un., 28 aprile, 1964, n. 1016. (77) Cass., sez. un., 28 aprile, 1964, n. 1016. 320 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 Con una decisione pi recente (78), le Sezioni unite, innovando rispetto al passato, hanno chiarito che lidentificazione dei soggetti nei cui confronti sussiste la contribuzione statale (79) non costituisce un mero atto dichiarativo bens costitutivo dovendo riconoscersi che ogni ente pubblico, come persona giuridica, gode, nei confronti della P.A. sopraordinata, di una sfera giuridica che non pu essere incisa dai pubblici poteri al di fuori dei casi e dei limiti previsti dalla legge [] La qualit di soggetto giuridico tanto pubblico che privato, conferisce un diritto al proprio status, e cio allesercizio dei poteri e delle facolt consentite dalla legge e dallo statuto, con esclusione di ogni ingerenza estranea che non sia consentita dalla legge, per cui anche il superamento dei presupposti condizionanti il potere attribuito alla P.A. sovraordinata costituisce difetto di tale potere e non degrada quel diritto soggettivo (80). Nel concreto, peraltro, la giurisdizione dellA.G.O. era stata giustificata dallinesistenza di una base normativa sulla quale fondare il menzionato potere di controllo. Di qui lassenza di ogni degradazione del diritto soggettivo della SIAE a non essere assoggettata a vigilanza (81). Le menzionate decisioni delle Sezioni unite vengono erroneamente riportate alla tematica dellimpugnativa degli atti di controllo della Corte dei conti. Va, infatti, segnalato che nel primo caso limpugnativa del decreto di assoggettamento dellACI era stata spiegata nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, mentre nella seconda ipotesi la controversia era stata originata da un atto di citazione della SIAE nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero del Tesoro proposta innanzi al Tribunale civile di Roma tesa allaccertamento dellinesistenza dei presupposti di legge per lassoggettamento dellente attore al controllo della Corte dei conti ex legge 259/1958. La Corte dei conti non era stata parte in causa in alcuno dei menzionati giudizi. Ci conferma che in relazione a tali tipologie di controversie non viene in rilievo lesercizio dei poteri neutrali della Corte dei conti ma solo atti ad essi prodromici e strumentali di natura amministrativa (a seconda delle ricostruzioni di tipo dichiarativo come ha opinato la prima (78) Cass., sez. un., 9 agosto 1996, n. 7327, in Giust. civ., 1990, I, 3193 con nota di A TRIPALDI, In memoria del controllo della Corte dei conti sulla SIAE. (79) Operata ex lege dal Presidente della repubblica su proposta del Presidente del Consiglio di concerto con il Ministero delleconomia e delle finanze e quello competente, non dalla Corte dei conti. (80) Cass., sez. un., 9 agosto 1996, n. 7327, cit. (81) Hanno osservato le Sezioni unite che non rientrano nellambito dellesercizio del potere (sottoposto al controllo di legittimit della giustizia amministrativa) le condizioni di esistenza del potere stesso, i suoi limiti esterni ed i suoi presupposti; in primo luogo, in mancanza dellesistenza di quellatto che la legge prevede, non vi pu essere esercizio del potere, perch in mancanza dellatto esiste soltanto una manifestazione di opinione o unattivit di indagine, ovvero addirittura un mero fatto, come tali insufficienti ad incidere sulla consistenza del diritto soggettivo (Cass., sez. un., 9 agosto 1996, n. 7327, cit.). DOTTRINA 321 delle due decisioni o costitutivo come ha ritenuto la seconda pronuncia). , per converso, correttamente ascritta alla tematica del controllo della Corte dei conti, ma non a quella dellimpugnativa degli atti di controllo neutrale e disinteressato della medesima, la successiva decisione delle Sezioni unite (82) del 1998 che ha ad oggetto la determinazione preliminare (proveniente dalla Corte medesima) di identificazione dei soggetti da assoggettare a controllo sulla gestione di cui allart. 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20 (83). La Cassazione, ribadendo le considerazioni gi espresse in relazione agli atti preliminari adottati dalla Presidenza del Consiglio ai sensi della l. 21 marzo 1958, n. 259, ha confermato la sindacabilit degli atti preliminari al controllo sulla gestione con cui la Corte dei conti abbia individuato gli Enti pubblici da assoggettare a controllo. A fronte di questo potere preliminare, difatti, le Amministrazioni vantano un diritto soggettivo (status libertatis) attivabile, secondo le regole generali sul riparto di giurisdizione, innanzi allA.G.O (84). Resta fermo, quindi, il principio dellinsindacabilit degli atti in cui si estrinsechi lesercizio del potere di controllo neutrale e disinteressato anche perch le Sezioni unite erano obbligate al rispetto di quanto statuito dalla Corte costituzionale con la sentenza 30 dicembre 1997, n. 470 (sollecitata proprio dalle medesime Sezioni unite in quel giudizio), secondo la quale il menzionato principio di insindacabilit potrebbe trovare una deroga esclusivamente in relazione agli atti preliminari al controllo, ferma restando linammissibilit di ogni azione giurisdizionale intentata nei confronti dei (successivi) atti con cui venga effettivamente esercitata la funzione di controllo (sulla gestione) (85). La Corte costituzionale, difatti, dando per presupposto e condiviso il principio dellinsindacabilit degli atti di controllo neutrale della Giudice contabile, ha ribadito che resta sindacabile esclusivamente la verifica delle condizioni e dei presupposti di esistenza del potere esercitato in quanto in tale ipotesi non vengono in rilievo le ragioni, connesse alla natura del controllo quale funzione imparziale, che [] la giuri- (82) Cass., sez. un., 10 giugno 1998, n. 5762, in Foro it., 1998, I, 2078, con nota di G. DAURIA. (83) Potere che stato ritenuto costituzionalmente legittimo della Consulta (C. cost., 30 dicembre 1997, n. 470). (84) Ribadendo il principio dellinsindabilit degli atti di controllo in senso stretto, applicando il criterio generale del riparto fondato sulla causa petendi in relazione agli atti preliminari o strumentali al controllo, le Sezioni unite differenziano la questione della titolarit e dei limiti del potere di controllo (al di l dei quali, sussistendo una carenza di potere, verrebbe in rilievo la giurisdizione dellA.G.O.) da quella afferente laccertamento della legittimit dello svolgimento del potere (laddove, prospettandosi una questione di cattivo uso di un potere strumentale e preliminare effettivamente esistente, si rientrerebbe nella giurisdizione del G.A.). (85) Cos G. DAURIA, Nota a Cass., sez. un., 10 giugno 1998, n. 5762 cit. (secondo il quale resterebbero, quindi, esclusi dal sindacato giurisdizionale i contenuti costituenti lessenza del controllo in quanto estranei allattivit strictu sensu amministrativa e, quindi, privi di qualsiasi diretta incidenza lesiva), nonch Id., I controlli, in A. SANDULLI (a cura di), Diritto amministrativo applicato, in Corso di diritto amministrativo diretto da S. CASSESE, Milano, Giuffr, 2005, 264. 322 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 sprudenza ha ritenuto idonee a giustificare la sottrazione degli atti al sindacato giurisdizionale (86). Nel quadro del criterio generale di riparto prospettato si colloca la recente decisione del Consiglio di Stato intervenuta in materia di atti preliminari allesercizio del potere di controllo su enti sovvenzionati (87). Il Consiglio, conformandosi alla richiamata giurisprudenza precisando che nella fattispecie sottoposta al proprio giudizio non veniva in discussione il principio della insindacabilit delle pronunce o determinazioni di controllo della Corte dei conti che si fonda su ragioni connesse alla natura del controllo quale funzione imparziale, estranea allapparato della pubblica amministrazione (88), (86) C. cost., 30 dicembre 1997, n. 470. (87) Cons. Stato, sez. VI, 19 giugno 2008, n. 3053. Del pari, in linea con la giurisprudenza della Corte regolatrice, appare la decisione della medesima Sezione VI del 27 giugno 2001, n. 3530 (in Foro amm., 2001, 1657-1659 e in Cons. St., 2001, I, 1462) venendo in rilievo un atto di controllo della Corte dei conti adottato in carenza assoluta di potere (quindi lesivo di diritti soggettivi) ed impugnato nellambito di una controversia assoggettata alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Per le Sezioni unite, difatti, il principio dellinsindacabilit dellatto di controllo non pu trovare applicazione in presenza di una carenza assoluta di potere di controllo in quanto linesistenza di questultimo non pu non determinare quella dellatto di controllo che si svolgerebbe per le vie di fatto (e) non rientrano nellambito dellesercizio del potere (sottoposto al controllo di legittimit della giustizia amministrativa) le condizioni di esistenza del potere stesso, i suoi limiti esterni ed i suoi presupposti essenziali; in primo luogo, in mancanza dellesistenza di quellatto che la legge prevede, non vi pu essere esercizio del potere, perch in mancanza dellatto esiste soltanto una manifestazione di opinione o unattivit di indagine, ovvero addirittura un mero fatto, come tali insufficienti ad incidere sulla consistenza del diritto soggettivo di cui supra; f) non si vuol dire che vale sempre lipotesi reciproca, e che cio, se latto emanato, nei suoi confronti vi solo linteresse legittimo che pu difendersi dinanzi al Giudice amministrativo. Pu infatti aversi inesistenza del potere, anche in presenza di un atto emanato al di fuori dei casi tassativi per i quali il potere conferito [] h) neppure ha rilievo lattivit di controllo che la Corte dei conti ha attuato da vari anni: se essa stata intesa in esecuzione del sistema del 1939, manca di base normativa (almeno dal 1958) e costituisce attivit di fatto illecita (in quanto lesiva di un diritto); se stata intesa in attuazione del solo art. 100 Cost., difetta del presupposto della legge che lo stesso art. 100 prevede come indefettibile presupposto del controllo; se stata intesa in attuazione del l. n. 259, manca il presupposto essenziale, nel quadro del funzionamento della legge, che non pu prescindere dalla tutela della posizione dellente controllato (art. 3, 1 comma, secondo inciso), e cio da uno strumento provvedimentale che funge da passaggio necessario fra la previsione astratta della norma e lattuazione di essa. Il provvedimento, pure in tal caso, non pu essere sostituito da unattivit di fatto o da un accertamento compiuto in sede diversa (e cio nella sede stessa del controllo), perch questo accertamento deve essere compiuto dallorgano governativo a cui la legge (prevista indefettibilmente allart. 100 Cost.) conferisce il potere di incisione sulla sfera giuridica degli enti. La suddetta lesione di fatto della sfera giuridica si presenta come lesione di una posizione di diritto soggettivo, la cui tutela pertanto devoluta alla giurisdizione ordinaria - Cass., sez. un., 9 agosto 1996, n. 7327). (88) Non qui in discussione il principio della insindacabilit delle pronunce o determinazioni di controllo della Corte dei conti; tale principio si fonda su ragioni connesse alla natura del controllo quale funzione imparziale, estranea allapparato della pubblica amministrazione (Cass. Civ., sez. un., 10 giugno 1998, n. 5762). Tuttavia, tale regola non trova applicazione in relazione agli esiti della previa verifica delle condizioni e dei presupposti di esistenza del potere di controllo esercitato e, quindi, allorch si ponga la questione di interpretazione della norma vigente, alla stregua della quale tale verifica deve essere condotta (Corte cost., 30 dicembre 1997, n. 470; richiamata anche da Cass. civ., sez. un., DOTTRINA 323 ha ritenuto spettante alla Corte dei conti il potere di assoggettare a controllo, attraverso una specifica richiesta di trasmissione preliminare, a carattere generale, che investa un lungo arco temporale, ampie categorie di atti di enti determinati rientranti nel novero di quelli sovvenzionati ai sensi della legge 21 marzo 1958, n. 259, purch, tuttavia, tale atto preliminare al controllo sia suffragato da precise e concrete esigenze istruttorie debitamente esplicitate. Il Consiglio, quindi, ribadendo il principio dellinsindacabilit degli atti di esercizio del potere di controllo (89), non ha dubitato della spettanza, in capo alla Corte dei conti, del potere preliminare al menzionato controllo (90), ma ne ha censurato le modalit di esercizio, radicando, in tal modo, la propria giurisdizione, venendo in rilievo non una carenza, bens un cattivo uso del potere preliminare, secondo le coordinate fissate dalle Sezioni unite (91). 7. Linimpugnabilit dei pareri della Corte dei conti resi in sede consultiva In base allart. 7, 8 co., l. 5 giugno 2003, n. 131 (c.d. legge La Loggia), le Autonomie possono richiedere alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti pareri in materia di contabilit pubblica (92). 5762/98). Il sindacato giurisdizionale difatti ҏ escluso per i soli atti di effettivo esercizio del controllo caratterizzati dallimparzialit, e non anche per gli atti, preliminari allesercizio del controllo, con cui si determina di assoggettare a controllo determinati enti o, come nel caso di specie, determinate categorie di atti adottati da un ente (Cons. Stato, sez. VI, 19 giugno 2008, n. 3053). (89) Il principio di insindacabilit stato ribadito e condiviso anche da Cass., sez. un., 25 maggio 2001, n. 220; Cons. St., sez. IV, 12 marzo 1996, n. 303; Id., sez. IV, 20 maggio 1996, n. 636; Id., sez. IV, 23 novembre 2000, n. 6241; Id., sez. I, 25 luglio 2001, n. 553. (90) Secondo il Consiglio tale potere preliminare pu, in linea astratta, essere strumentale sia alla relazione al Parlamento, che per la formulazione di rilievi (potere, questultimo, costituzionalmente necessario in proposito C. cost., 17 maggio 2001, n. 139, in Giur. cost., 2001, 1109, che ha annullato lart. 3, comma 1, D.lgs. 30 luglio 1999, n. 286, con cui il potere di avanzare rilievi era stato soppresso). (91) Cass. civ., sez. un., 10 giugno 1998, n. 5762. (92) Sulla nuova competenza consultiva A. BALDANZA, Lattivit consultiva: i pareri in materia di contabilit pubblica, in V. TENORE, La nuova Corte dei conti: responsabilit, pensioni, controlli, Milano, 2008, 1067 ss.; E.F. SCHILTZER, La nuova funzione consultiva della Corte dei conti per regioni ed enti locali nella riduttiva lettura della sezione autonomie, in Foro amm./Cons. St., 2006, 1609; Id., Ancora sullesercizio della funzione consultiva della Corte dei conti per regioni ed enti locali da parte della sezione, in Foro amm./Cons. St., 2006, 2652 (annotazione critica alla deliberazione della Sezione autonomie del 12 luglio 2006, n. 12/AUT/2005, con cui la sezione centrale si era giustapposta a quella regionale nella definizione del merito del quesito proposto dalla sezione di controllo della Liguria); S. SFRECOLA, Prospettive della funzione consultiva della Corte dei conti in materia di contabilit pubblica nei confronti delle regioni e degli enti locali dopo la legge 5 giugno 2003, n. 131 (c.d. La Loggia), in www.amcorteconti.it Giova ricordare che una funzione consultiva era gi prevista dallart. 13 r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 (t.u. C.d.c.). Per ampi riferimenti M. SCIASCIA, La funzione di controllo nellordinamento amministrativo italiano, Napoli, ESI, 1991, 68-69. Per unanalisi sistematica dei pareri consultivi delle sezioni regionali di controllo M.T. POLITO (a cura di), Rassegna dellattivit consultiva delle Sezioni regionali di controllo, Corte dei conti (Sezione delle Autonomie/Coordinamento sezioni regionali di controllo), Roma, 2008. 324 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 dubbia la riconducibilit di tali atti alla funzione di controllo in senso stretto in quanto qui la Corte, pur applicando nei limiti della compatibilit la procedura relativa al controllo preventivo di legittimit (93), esercita una funzione che pi che al giudizio di confronto tra fattispecie e parametro (controllo) o allattivit di mera consulenza giuridica appare ascrivibile a quella consultiva (94), sia pure a carattere indipendente e magistratuale, tesa allaccertamento del diritto applicabile. La Sezione di controllo, difatti, rispondendo ad un quesito sottopostole dallAmministrazione, si limita esclusivamente a offrire chiarimenti in ordine a criticit ermeneutiche o applicative dellordinamento giuridico finanziario- contabile, dichiarando, invece, inammissibili le richieste tendenziose delle Amministrazioni che non mirino ad ottenere uninterpretazione della legislazione contabile e finanziaria ma che sollecitino piuttosto una scelta della Corte circa lattivit gestionale da svolgere (95) o che siano tese ad elidere o attenuare posizioni di responsabilit su fatti gi compiuti (96). Linimpugnabilit autonoma dei pareri resi dalla Corte, in tale ipotesi potrebbe dipendere piuttosto che dallesercizio di una funzione magistratuale neutrale, dallimpossibilit di attribuire ai menzionati atti una portata immediatamente e concretamente lesiva (97). La Corte, difatti, non esercita una funzione amministrativa attiva, n partecipa allesercizio della funzione altrui, n cura interessi pubblici, ma si limita (93) Corte conti, sez. autonomie, delibera del 27 aprile 2004 di adozione degli Indirizzi e criteri generali per lesercizio della funzione consultiva, diramati con nota del Presidente della Corte del 20 maggio 2004, n. 6204, pubblicati in Foro it., 2006, III, 29. Con tale atto di indirizzo sono stati dettati i criteri atti a garantire luniformit di comportamento e, quindi, individuati i soggetti legittimati alla richiesta, lambito oggettivo della funzione consultiva, lufficio competente a rendere il parere, a seconda del carattere generale o locale dello stesso, il procedimento per lesercizio della funzione e la tempistica. (94) Cos, efficacemente, S. GALASSO, Funzione consultiva delle sezioni regionali del controllo della Corte dei conti, in www.contabilita-pubblica.it, il quale distingue la funzione consultiva da quelle giurisdizionali e di controllo gi spettanti alla Corte dei conti, evidenziando che la prima, analogamente a quella svolta dal Consiglio di Stato, finalizzata alla tutela dellordinamento in senso oggettivo, e non pu, quindi, per definizione essere diretta a proteggere interessi di una parte, sia pure pubblica. La funzione consultiva, pur non essendo ascrivibile allarea del controllo, analogamente a questultima sarebbe comunque finalizzata a stimolare lautocorrezione dellente richiedente (c.d. funzione collaborativa). In generale, per la differenza tra attivit di controllo e di consulenza, D. SORACE, Diritto delle amministrazioni pubbliche, Bologna, Il Mulino, 2007, 199-200. (95) In questipotesi si determinerebbe uninammissibile coamministrazione (C. conti, sez. contr. Piemonte, 24 luglio 2008, par. 21/2008; S. GALASSO, Funzione consultiva cit.) tanto avversata dagli ispiratori della riforma dei controlli (S. CASSESE, I moscerini e gli avvoltoi. Sistema dei controlli e riforma della Costituzione, in Atti del convegno Sistema dei controlli e riforma della Costituzione, Milano, 11-12 dicembre 1992, Roma, 1995, IPZS, 21-58. In proposito, altres, Id., Le disfunzioni dei controlli amministrativi, in S. CASSESE (a cura di), I controlli nella Pubblica Amministrazione, Bologna, Il Mulino, 1993, 13-22). (96) Corte conti, sez. autonomie, delibera del 27 aprile 2004 di adozione degli Indirizzi e criteri generali per lesercizio della funzione consultiva, diramati con nota del Presidente della Corte del 20 maggio 2004, n. 6204, pubblicati in Foro it., 2006, III, 29. (97) S. GALASSO, Funzione consultiva cit. DOTTRINA 325 ad offrire allAmministrazione richiedente chiarimenti in ordine al quadro normativo applicabile alla fattispecie sottoposta al suo giudizio, restando in capo allAmministrazione il potere di esercitare la funzione di indirizzo politico o quella amministrativa. La Corte dei conti, quindi, anche in questipotesi, non adotta atti formalmente e sostanzialmente amministrativi (trattandosi di unattivit consultiva neutrale simile a quella esercitata dal Consiglio di Stato) che, per converso, saranno eventualmente posti in essere dallAmministrazione. Solo questi ultimi saranno idonei a produrre effetti lesivi potendo, in tal modo, formare oggetto di sindacato giurisdizionale. Non privo di interesse rilevare, difatti, che il parere della Corte che sia richiesto in relazione allesercizio di unattivit di carattere amministrativo non n obbligatorio n vincolante (la legge che disciplina il procedimento amministrativo relativo alla funzione amministrativa esercitata peraltro non lo contempla affatto), mentre lEnte locale che liberamente lo sollecita (e non possono essere escluse a priori richieste abusive e strumentali) e, senza vincoli di sorta, vi d seguito nei modi e tempi dal medesimo prescelti nella massima libert. 8. Linimpugnabilit degli atti interlocutori o soprassessori adottati dallautorit di controllo pacifica in giurisprudenza la non impugnabilit degli atti con cui lautorit di controllo abbia sollecitato chiarimenti o documenti allAmministrazione controllata (c.d. atti soprassessori) per la carenza di un interesse a ricorrere attuale e concreto in considerazione dellassenza di una lesione immediata e diretta (98). Laddove essi abbiano carattere di meri atti preliminari al controllo su enti sovvenzionati, stato chiarito che la Corte dei conti non possa imporre, ai soggetti sottoposti a tale controllo, obblighi comunicativi amplissimi e generici aventi ad oggetto una serie indeterminata ed indistinta di atti di gestione senza alcun riferimento a precise e specifiche esigenze che, ad esempio, possono sussistere laddove essa rilevi anomalie, disfunzioni, irregolarit o anche la semplice opportunit di approfondire determinati aspetti della gestione ed estendere il controllo ad altri atti (99). La violazione di tale principio potrebbe deter- (98) Inter plures Cons. Stato, sez. V, 6 giugno 1990, n. 502, in Foro amm., 1990, 1465 (ҏ inammissibile limpugnazione di atti interlocutori di un organo di controllo, tenuto conto della mancanza di oggettiva lesivit degli stessi, e avuto riguardo alla circostanza che i destinatari di atti amministrativi con effetti loro favorevoli non sono titolari, finch il controllo non sia stato eseguito e latto abbia acquisito definitiva esecutivit, di alcuna posizione giuridica per cui non possono impugnare i provvedimenti interni alla procedura di controllo privi di ogni definitiva statuizione). (99) Cons. Stato, 19 giugno 2008, n. 3053. In dottrina G. DAURIA, I controlli, in A. SANDULLI (a cura di), Diritto amministrativo applicato cit., 266. 326 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 minare lesperimento, accanto ai rimedi giurisdizionali ordinari, anche del ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato, laddove sussistano i relativi presupposti. 9. Linimpugnabilit delle relazioni dei servizi di controllo interno Per le medesime ragioni (inesistenza di una lesione attuale e concreta di una situazione soggettiva e finalizzazione allo stimolo di processi autocorrettivi) deve escludersi limpugnabilit delle relazioni predisposte dai servizi di controllo interno (100) che producono esclusivamente effetti limitati allordinamento interno dellAmministrazione. Saranno, per converso, impugnabili le determinazioni finali autonomamente assunte dallAmministrazione allesito delleventuale processo autocorrettivo stimolato dal referto del servizio di controllo interno che funge solo da strumento conoscitivo di natura referente teso a fornire agli organi di vertice politico-amministrativo preziose informazioni in merito allo svolgimento dellattivit ed al funzionamento dellorganizzazione amministrativa. (100) Sui controlli interni in generale D. ACANFORA, Profili del controllo interno nella P.A., in Riv. C. conti, 1995, V, 189 ss.; I. BORRELLO, Il nuovo sistema dei controlli interni, in Giorn. dir. amm., 2000, 1 ss.; L. CAVALLINI CADEDDU (a cura di), Controlli interni nelle pubbliche amministrazioni e decreto legislativo n. 286 del 1999, Torino, Giappichelli, 2002; G. COGLIANDRO, Elogio del controllo di gestione, in Riv. C. conti, 1993, III, 288 ss.; G. COGLIANDRO, Il controllo interno: problemi e (possibili) soluzioni, in Riv. trim. sc. amm., 3-4/1998, 203 ss.; G. COGLIANDRO, Controllo di gestione e controllo strategico: analogie e differenze, in Riv. C. conti, 2000, I, 215 ss.; G. DAURIA (a cura di), Glossario dei controlli interni nelle pubbliche amministrazioni, in Riv. C. conti, 1/2009, 147-227, alla cui accuratissima bibliografia si rinvia; M.L. DE CARLI, Lattuazione dei servizi di controllo/nuclei di valutazione negli enti locali, in Riv. C. conti, 5/1998, 278 ss.; R. LOMBARDI, Contributo allo studio della funzione di controllo. Controlli interni ed attivit amministrativa, Milano, Giuffr, 2003; B. MANNA, Controlli di gestione e metodi di valutazione, in Riv. C. conti, 2001, I, 281 ss.; E.F. SCHLITZER (a cura di), Il sistema dei controlli interni nelle pubbliche amministrazioni, Milano, 2002; A. VILLA, Il controllo di gestione nella Pubblica Amministrazione, in Riv. C. conti, 2001, I, 310 ss. DOTTRINA 327 L azione collettiva pubblica nel sistema di controllo dellefficienza della Pubblica Amministrazione Rapporti con le azioni collettive private Adele Quattrone* L azione collettiva pubblica disciplinata dal Decr. Leg.vo 198/2009 in attuazione dellart. 4 della Legge Delega 15/99, si pone, in un ottica di politica legislativa, come strumento di controllo dell efficienza della pubblica amministrazione e, nellordinamento giuridico generale, come istituto innovativo del diritto sostanziale e degli strumenti di tutela giurisdizionale, avuto riguardo alla natura delle situazioni giuridiche riconosciute in capo al singolo ed alla correlativa predisposizione delle azioni a tutela. La portata innovativa dellistituto si coglie sin dagli esordi del testo legislativo, nella scelta dei soggetti legittimati allazione: lart. 1, comma 1, del Decr. Leg.vo 198 riconosce, infatti, la titolarit dellazione collettiva pubblica ai titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralit di utenti e di consumatori nei confronti di una P.A. o di un concessionario di pubblico servizio, in relazione ad una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi derivante da uno dei comportamenti tipizzati dalla norma e consistenti nella violazione di standard qualititativi ed economici o nella violazione di doveri di azione. La legittimazione ad agire riconosciuta in prima battuta al singolo estesa (4 comma), al ricorrere dei medesimi presupposti, alle associazioni rappresentative della pluralit dei consumatori ed utenti per la tutela degli interessi dei propri associati che si affermino lesi dalla P.A. o dal concessionario di pubblico servizio in conseguenza delle medesime condotte. La graduazione dei soggetti attivi dellazione operata dallart. 1 - singoli/ associazioni - mette in evidenza lintenzione del legislatore di fare della legittimazione del singolo portatore dellinteresse diffuso (verosimilmente non a caso definito titolare, nonostante il diverso suggerimento dato dal Consiglio di Stato in sede consultiva, nel parere sullo schema del decreto legislativo reso in data 9 giugno 2009)(1), il nucleo centrale della nuova azione collettiva, (*) Avvocato dello Stato. La presente relazione stata redatta dallAutrice in occasione del convengo sul tema della class action tenutosi presso la sede del TAR di Reggio Calabria il 12 e 13 marzo u.s. (1) Nel prefato parere il Consiglio di Stato evidenzia come la situazione giuridica protetta con lazione collettiva quella pluralistica dellinteresse diffuso, la cui titolarit spetta alla collettivit di utenti e consumatori. Nei confronti del singolo componente della classe la situazione legittimante allazione data piuttosto dalla situazione di contatto, ovvero dallinerenza di tale interesse. 328 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 spostando il baricentro della tutela degli interessi superindividuali (collettivi e diffusi) dagli enti esponenziali ai singoli cittadini. Con riferimento ai soggetti dellazione pu, dunque, cogliersi la portata innovativa dellazione collettiva pubblica rispetto alle forme tradizionali di tutela degli interessi collettivi e diffusi, elaborate per via giurisprudenziale (2), ovvero introdotte dal legislatore (si pensi alle norme che riconoscono alle associazioni rappresentative di interessi diffusi la legittimazione procedimentale - art. 9 L. 241/90, o processuale - art. 91 c.p.p. e L. 349/1986 istitutiva del Ministero dellAmbiente), e rispetto - come si vedr oltre - ai corrispondenti strumenti di tutela privatistica. Proprio mediante il superamento dellimpostazione tradizionale legata al paradigma individuale della tutela giurisdizionale amministrativa (ritagliato sullart. 26 della legge sul Consiglio di Stato) e, sul piano della tutela degli interessi superindividuali, al binomio interesse collettivo - ente esponenziale, lazione collettiva nei confronti della P.A. si pone nel sistema ordinamentale come strumento di partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica intesa come amministrazione, riguardata non nel momento finale delladozione dellatto o del singolo rapporto, ma, in forma anticipata, nel momento dellorganizzazione e della gestione complessiva della funzione e del servizio (3). In tale contesto, lazione collettiva pubblica destinata ad operare come strumento di stimolo che, attraverso il controllo diretto del cittadino sul processo di produzione del servizio pubblico (considerato nella duplice accezione di funzione e di servizio in senso proprio), persegue lo scopo di attivare nellambito dei pubblici poteri un circolo virtuoso che favorisca lo svolgimento efficiente del servizio: alla base della L. 15/2009 e dei Decr. Leg.vi attuativi nn. 150/2009 e 198/2009 pu riconoscersi l approdo ultimo di una nuova idea di Amministrazione pubblica, intesa come servizio reso al cittadino, dove il parametro di valutazione non dato tanto dalla legittimit dellatto amministrativo, quanto dal criterio economico dellefficienza, rispetto al quale il principio cardine del buon andamento rileva in termini di risultato (4). (2) Si fa riferimento alla sentenza del Consiglio di Stato - Ad. Plen. n. 24 del 19 ottobre 1979, che, in occasione della nota vicenda dellassociazione ambientalista Italia Nostra, apr la strada al riconoscimento programmatico della tutelabilit in sede giurisdizionale degli interessi diffusi, attraverso laffermazione della legittimazione processuale delle associazioni che, usando il bene ed assumendone per statuto la tutela, possano riconoscersi come centri di imputazione dellinteresse superindividuale che al bene si riconnette. La tutela giurisdizionale del c.d. interesse diffuso viene resa possibile attraverso un processo di collettivizzazione dellinteresse superindividuale, che da interesse diffuso, presente allo stato magmatico nella collettivit, viene riqualificato in interesse collettivo, mediante la personalizzazione in capo ad un centro di aggregazione rappresentativo. (3) Cfr. ancora parere Consiglio di Stato citato. (4) Il passaggio dallamministrazione per atti allamministrazione di risultato sottolineato dal Consiglio di Stato nel parere del 9 giugno 2009. In tale occasione il Consiglio di Stato ha pure avuto modo di sottolineare come la trasformazione della funzione della P.A. nel senso dellimplementazione DOTTRINA 329 In questo senso azione collettiva pubblica ed azioni collettive private confluiscono in un sistema di tutela unitario, che ha come oggetto l interesse, particolarmente avvertito nelle democrazie economiche occidentali, allefficienza del sistema di produzione di beni e servizi, riguardato nei due versanti pubblico e privato, differenziandosi i due strumenti di tutela per il fatto che, mentre nellazione collettiva pubblica la funzione di stimolo opera in modo diretto, ancorch compulsato da un interesse proprio del singolo che agisce giudizialmente, essendo la disfunzione dellagire della P.A. l oggetto diretto del giudizio e la misura ripristinatoria dellefficienza il risultato precipuamente e direttamente perseguito, nelle azioni collettive private l impulso ad una maggiore efficienza del sistema di imprese viene conseguito indirettamente, attraverso lirrogazione di misure sanzionatorie (preventive-inibitorie o risarcitorie) che tendono principalmente al soddisfacimento di situazioni soggettive private (collettive o individuali omogenee), e che, per lappunto indirettamente, grazie alla funzione generalpreventiva svolta dai sistemi sanzionatori, tentano di rimuovere quelle situazioni di squilibrio nel mercato (posizioni anticoncorrenziali, pratiche commerciali abusive) che, traducendosi in minore efficienza del sistema produttivo, costituiscono un costo per la collettivit. Di qui anche il parallelismo che pu riscontrarsi nel modus operandi delle due azioni. Legittimazione ed interesse ad agire. Le posizioni giuridiche tutelate La funzione di stimolo e di controllo di cui s detto stata realizzata nellazione collettiva pubblica attraverso la previsione di una legittimazione ad agire allargata. L art. 1 Decr. Leg.vo 198/2009 attribuisce in prima battuta (comma 1) la titolarit della c.d. class action pubblica ai titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralit di utenti e di consumatori, ed in via accessoria (comma 4) alle associazioni rappresentative di consumatori ed utenti a tutela degli interessi dei propri rappresentati. Per comprendere perch si parla di legittimazione ad agire allargata occorre affrontare il problema della definizione categoriale della situazione giuridica tutelata in capo al soggetto titolare dellazione. La lettera della norma, in base alla quale la legittimazione ad agire riconosciuta, innanzitutto, in capo ai titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralit di utenti e consumatori in presenza di una lesione diretta concreta ed attuale dei propri interessi, derivante da taluna delle di parametri di efficienza ed efficacia sia il risultato di un complesso travaglio riformista che prende le mosse dalla L. 241/90 per arrivare alla Legge delega n. 15/2009 attraverso le leggi Bassanini, la riforma del Titolo V della Costituzione e la L. 112/2008. 330 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 condotte tipizzate dalla norma, potrebbe far propendere per la tesi che si tratti di interessi individuali riferibili ad una pluralit indeterminata di soggetti, in capo ai quali si ripetono in modo omogeneo; cio di situazioni giuridiche individuali caratterizzate dalla serialit. Secondo questa tesi lazione collettiva pubblica non rappresenterebbe una novit nellordinamento, trattandosi pur sempre della tutela di interessi individuali, secondo i casi concreti (la giurisdizione del G.A. esclusiva) diritti soggettivi, mediati dallesercizio di una funzione amministrativa, o interessi legittimi e quindi di normale legittimazione ad agire del titolare della posizione tutelata. La prospettiva cambia se si guarda alloggetto dellazione, consistente nella violazione dei termini o nella mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori (non normativi), nella violazione di obblighi stabiliti nelle carte di servizi, nella violazione di standard di efficienza e qualit. Si tratta, evidentemente, di comportamenti che si riferiscono a modelli di azione generale, incidenti su beni della vita non soltanto omogenei per una pluralit di soggetti, ma, di pi, attribuibili in modo indifferenziato ad una collettivit indeterminata e quindi, in tal senso, riconducibili alla categoria degli interessi superindividuali (5). Si tratta dunque di unazione data eccezionalmente al singolo per la tutela di un interesse non esclusivamente proprio, ma metaindividuale in quanto riferibile in modo non frazionabile alla classe, e che il singolo pu far valere in concreto non uti singulus, ma in quanto componente di una collettivit di utenti o consumatori in presenza di una lesione diretta, concreta ed attuale di un proprio non meglio qualificato interesse, in conseguenza dellagire disfunzionale della P.A (6). La lesione concreta diretta ed attuale di tale interesse, che integra, sul piano delle condizioni dellazione, linteresse ad agire (art. 100 c.p.c.) concorre a definire la posizione legittimante del ricorrente, alla quale viene recuperato, per tale via, un certo grado di differenziazione e personalizzazione: il ricorrente agisce uti singulus e non semplicemente quisque de populo, per la tutela di un interesse riferibile alla classe di utenti o consumatori cui appartiene, attraverso la proposizione di unazione nella quale il risultato, consistendo nel ri- (5) Di azione a tutela di interessi diffusi parla il Consiglio di Stato nel parere citato. Per la tesi della natura superindividuale delle situazioni giuridiche tutelate dalla norma, definite come interessi o diritti collettivi cfr. VELTRI, Class action pubblica: prime riflessioni, in rivista LexItalia.it. (6) La necessit della lesione diretta concreta ed attuale di un interesse proprio del soggetto , peraltro, lelemento che discrimina lazione collettiva dallazione popolare, riconosciuta nei casi tassativamente determinati dalla legge al quisque de populo per la tutela dellinteresse pubblico generale. Per la distinzione, per, fra azioni popolari sostitutive, in cui loggetto della tutela effettivamente l interesse pubblico generale, ed azioni popolari correttive, in cui il soggetto agisce anche a tutela di un proprio interesse leso, cfr. GALLI, Corso di Diritto Amministrativo, CEDAM, 1996. DOTTRINA 331 pristino diretto del corretto svolgimento della funzione o della corretta erogazione del servizio, ridonda (in caso di esito favorevole del ricorso) a vantaggio della collettivit medesima; ma tanto il ricorrente collettivo pu fare a condizione che la disfunzione dellapparato amministrativo denunciata venga a contatto, con effetti pregiudizievoli, con la sua sfera di interesse (7). Col presupposto della lesione diretta, concreta ed attuale di un interesse proprio del soggetto sembra riproporsi nel contenuto della posizione legittimante il requisito della vicinitas, cio dello stabile collegamento ambientale tra lagente e la zona in cui localizzabile il bene che si assume leso dallazione amministrativa, che la giurisprudenza del Consiglio di Stato aveva individuato come requisito qualificante della legittimazione ad agire per le associazioni di tutela degli interessi diffusi (8). Cos, ad esempio, il ricorso per lefficienza del sistema scolastico proposto dinanzi ad un Tribunale Amministrativo Regionale potr avere ad oggetto solo disfunzioni che si siano verificate nel sistema scolastico dellambito locale in cui risiede il ricorrente e di cui il ricorrente afferma di fruire, mentre non sembra che l incardinamento di un ricorso dinanzi ad un TAR locale potr riguardare il sistema scolastico globalmente considerato, a prescindere cio dalla configurabilit, per l appunto, di una lesione, diretta, concreta ed attuale dellinteresse del ricorrente. Tale limite sembra porsi anche per le associazioni dei consumatori e degli utenti in ipotesi operanti su base nazionale, atteso che lazione data, ai sensi del 4 comma dellart. 1, al ricorrere degli stessi presupposti previsti per il ricorso del singolo. Ed infatti i due presupposti della legittimazione ad agire e dell interesse ad agire confluiranno nel contenuto del ricorso, che dovr quindi contenere laffermazione del ricorrente di essere titolare dellinteresse plurimo ed omogeneo per una pluralit di consumatori o di utenti, cio laffermazione dellappartenenza del ricorrente ad una classe/categoria di consumatori o utenti; laffermazione della lesione di un proprio interesse derivante dalla condotta disfunzionale della P.A. o del concessionario di un servizio pubblico. Tali deduzioni, che concorrono a definire evidentemente anche la causa petendi, saranno verosimilmente oggetto di una verifica preventiva di ammissibilit del ricorso da parte del G.A., sicch la mancanza della previsione (7) Nel senso che la posizione legittimante del singolo nellazione di classe pubblica non data tanto dalla titolarit diffusa, quanto dallinerenza della res collettiva, attualizzata dal contatto dellagire disfunzionale pubblico con la sfera giuridica del singolo, cfr. Consiglio di Stato parere prefato. (8) Da Cons. di Stato, Ad. Plen. 19 ottobre 1979 n. 24 si ritenuto necessario che la sfera di azione dellente sia strettamente connessa al territorio in cui si trova il bene a fruizione collettiva, al fine di radicare linteresse in una situazione sociale spazialmente determinata, fornendo in tal modo un criterio di differenziazione idoneo a scorporare linteresse concretamente tutelato dallinteresse pubblico generale. 332 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 espressa di un preventivo vaglio di ammissibilit dellazione collettiva pubblica rispetto alla class action privata sembra integrare una differenza pi formale che sostanziale. Nellazione collettiva privata la legittimazione ad agire diversamente articolata, secondo che si tratti dellazione inibitoria prevista e disciplinata dagli art. 139 e 140 del codice del consumo, o dellazione collettiva risarcitoria prevista dallart. 140 bis, come modificato dalla L. 99/2009 (9). L inibitoria privata data in via esclusiva alle associazioni dei consumatori ed utenti, normativamente qualificate, a tutela degli interessi collettivi dei loro rappresentati contro un comportamento abusivo o dannoso dellimpresa posto in essere nellesercizio di pratiche commerciali, ovvero nellambito di rapporti contrattuali e non. La legittimazione dellassociazione ai sensi degli artt. 139 e 140 del codice del consumo ritagliata sul paradigma tradizionale nel quale la tutela degli interessi collettivi attribuita agli enti esponenziali della collettivit cui si imputa in maniera indifferenziata linteresse tutelato. La legittimazione delle associazioni dunque ordinaria e non sostitutiva (art. 81 c.p.c.), poich lassociazione agendo ad esempio per il ritiro del prodotto difettoso o per il ritiro di clausole abusive da contratti di massa, o per inibire il reiterarsi di pratiche anticoncorrenziali, agisce a vantaggio della collettivit di utenti e consumatori in s considerata (10). L azione collettiva risarcitoria, come la collettiva pubblica, si connota per la legittimazione ad agire allargata: l azione ex art. 140 bis riconosciuta per la tutela di un interesse individuale omogeneo al singolo appartenente alla classe, il quale pu agire anche per il tramite di associazioni cui d mandato o di comitati cui partecipa. Tuttavia, nella class action la posizione giuridica tutelata non riferibile in maniera indifferenziata ad una collettivit di soggetti, ma ha natura individuale e seriale, imputandosi a titolo individuale ad una pluralit di soggetti in capo ai quali si struttura in modo omogeneo, attesa l identit del soggetto passivo del rapporto - stessa impresa, e lidentit o omogeneit della fonte costitutiva del diritto, costituita da un fatto produttivo di un interesse plurioffensivo. L azione data a tutela dei diritti contrattuali o extracontrattuali dei consumatori e utenti nei confronti di una impresa, ovvero di normali diritti relativi: si parla di diritti individuali isoformi, di situazioni giu- (9) La L. 99/2009 ha modificato il testo dellart. 140 bis del codice del consumo introdotto dalla L. 244/2007, che riconosceva la legittimazione ad agire per il risarcimento del danno alle associazioni rappresentative degli utenti e dei consumatori in via esclusiva, riconoscendo ai singoli solo la possibilit di intervento. (10) Come osserva VELTRI, op. cit., la collettiva pubblica e linibitoria privata si somigliano per la natura della posizione giuridica tutelata, che in entrambi i casi superindividuale; si distinguono per il fatto che nella collettiva pubblica la tutela giurisdizionale dellinteresse superindividuale attribuita anche al singolo componente della collettivit di consumatori o utenti incisa dalla disfunzione dellapparato amministrativo, mentre l inibitoria privata strutturata sul binomio interesse superindividualeente esponenziale. DOTTRINA 333 ridiche soggettive che si ripetono in modo seriale in capo ad una pluralit di soggetti a causa della omogeneit/ identit dellevento lesivo (11). Nella azione collettiva risarcitoria la legittimazione ad agire allargata opera attraverso lattribuzione al singolo componente della classe (representative plaintiff) del potere di agire in nome e per conto proprio ed anche in rappresentanza degli altri componenti della classe e si risolve nel cumulo soggettivo, ovvero nella confluenza in un unico processo e nella gestione da parte di un unico attore di una pluralit di domande di soggetti diversi (accomunate dal titolo dedotto dallattore di classe) nei confronti della stessa impresa (12). Sul piano processuale il risultato del cumulo realizzato attraverso il meccanismo delladesione dei singoli consumatori o utenti allazione promossa dallattore di classe, opt in (13). L adesione, strumento processuale nuovo, proprio dellazione di classe risarcitoria, si differenzia nettamente dallintervento, ancorch, come lintervento serve a realizzare la concentrazione di una pluralit di azioni, connesse per il titolo o per loggetto, in un unico giudizio, per esigenze di economia processuale e di coerenza del sistema, evitando contrasti di giudicati. Innanzitutto, ladesione allazione di classe si esercita (art. 140 bis, comma 3) senza ministero di difensore: l aderente non assume la qualit di parte nel giudizio, nel quale rappresentato dallattore di classe. Ne consegue che le cause di interruzione (come morte o perdita della capacit processuale) e di sospensione che colpiscono i singoli aderenti non producono effetto sul giudizio di classe; si realizza, inoltre, un evidente snellimento del giudizio, anche in senso economico, se si pensa che gli aderenti non saranno destinatari degli atti processuali, di parte e del giudice (con risparmio, fra le altre cose, delle spese e dellalea delle notifiche). Coerente con tale sistema lesclusione dellammissibilit dellintervento volontario, sia autonomo che adesivo dipendente, tenuto conto del rinvio generale fatto dal comma 10 dellart. 140 bis allart. 105 c.p.c. Al fine di rendere effettiva la possibilit delladesione previsto un sistema di pubblicit dellazione di classe le cui modalit concrete sono rimesse al Tri- (11) Sulla natura degli interessi tutelati con la class action risarcitoria, nel senso che si tratta di diritti individuali omogenei o isoformi, cfr. REMO CAPONI, Il nuovo volto della class action, in Foro italiano novembre 2009; nello stesso senso cfr. GIULIO VELTRI, op. cit. (12) Nel senso che lazione di classe si esaurisce nel cumulo e nella gestione congiunta delle azioni individuali degli aderenti ad opera di un componente della classe, cfr. REMO CAPONI, op. cit. (13) Per il sistema dellopt in lazione di classe italiana si distingue dalle class actions di origine statunitense. In queste lestensione degli effetti della pronuncia giudiziale resa nel giudizio collettivo opera automaticamente in favore o contro lintera classe, indipendentemente da una scelta volontaria degli appartenenti alla classe medesima. Questi, se vogliono sottrarsi al giudicato, debbono chiamarsi fuori, mediante il sistema dellopt out. Sulla struttura ed il modello di funzionamento della class action nel diritto statunitense, cfr. PIETRO RESCIGNO, Sulla compatibilit fra il modello processuale della class action ed i principi fondamentali dellordinamento giuridico italiano, in Giurisprudenza italiana, 2000. 334 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 bunale che le stabilir caso per caso. L osservanza da parte dellattore di classe delle forme di pubblicit stabilite dal Tribunale con l ordinanza che ammette lazione condizione di procedibilit della domanda (art. 140 bis, comma 9). Ulteriore precipitato dellesigenza di economicit e concentrazione del giudizio che ladesione comporta la rinuncia alle azioni individuali risarcitorie o restitutorie fondate sul medesimo titolo dedotto nellazione di classe; inoltre, decorsi i termini per ladesione, non sono pi proponibili azioni di classe fondate sul medesimo titolo, mentre quelle gi proposte e pendenti debbono essere riunite obbligatoriamente secondo le regole processuali della litispendenza e connessione (comma 14). Sono tuttavia fatte salve le azioni individuali: in tal modo si realizza il bilanciamento fra il diritto costituzionale di difesa e lesigenza di economia processuale sottesa allazione di classe. Il fatto che laderente agisce nel processo per mezzo dellattore collettivo implica che la sua domanda condizionata dalle scelte processuali dellattore di classe. Si pone quindi il problema dei rapporti fra il representative plaintiff e la massa di aderenti. In dottrina si parlato delladesione come di un atto complesso, nel quale coesiste la duplice natura processuale e negoziale (14): ladesione vale, cio, al tempo stesso come atto di esercizio dellazione e come mandato mediante il quale si conferisce al mandatario - attore di classe, il potere di compiere atti giuridici in nome e per conto delladerente-mandante (15). L art. 140 bis non contiene una disciplina esaustiva del rapporto fra proponente e aderente (16). Le uniche regole positive riguardano gli effetti del giudicato e delle rinunce e transazioni intervenute fra le parti, le quali sono inopponibili agli aderenti che non vi abbiano espressamente consentito. Per il (14) Per la tesi della duplice natura delladesione, da un lato negoziale, assimilabile al mandato con rappresentanza, e dallaltro processuale, cfr. REMO CAPONI, op. cit. (15) Esclude che lattore collettivo agisca in qualit di sostituto processuale, quale soggetto che agisce in nome proprio per far valere un diritto altrui anche GIUSEPPE FINOCCHIARO, La nuova class action, Le regole processuali, in Guida al Diritto, gennaio 2010. (16) Per il contenuto dellatto di citazione e dellatto di adesione, cfr. GIUSEPPE FINOCCHIARO, op. cit. L atto di citazione con cui viene introdotto il giudizio di classe deve contenere gli elementi previsti dallart. 163 c.p.c.; in particolare, lattore di classe dovr dedurre e provare lesistenza di unazione di classe, ovvero lesistenza di un diritto seriale nei confronti dellimpresa convenuta riconducibile ad una delle ipotesi previste dallart. 140 bis; la titolarit dellazione, cio la propria appartenenza alla classe e la propria capacit di rappresentare gli interessi di questa. Tali elementi saranno oggetto, fra gli altri, del vaglio preliminare di ammissibilit dellazione da parte del Tribunale (art. 140 bis, comma 6). Come atto di esercizio dellazione, latto di adesione deve contenere gli elementi delleditio actionis previsti dallart. 163 da n. 1 a 4, mentre pu escludersi la parte della vocativo in ius, gi contenuta nellatto di citazione. Lelezione di domicilio e gli elementi costitutivi del diritto fatto valere sono espressamente richiesti dal comma 3 dellart. 140 bis: laderente deve quindi dedurre il diritto al risarcimento o alla restituzione derivante da un fatto costitutivo identico a quello dedotto dallattore di classe (causa petendi); dovr altres dedurre e provare il danno in concreto verificatosi nella propria sfera giuridica; dovr, infine, formulare la richiesta di risarcimento o di restituzione (petitum). DOTTRINA 335 resto, tenuto conto della natura negoziale dellatto di adesione, la disciplina dei rapporti fra proponente ed aderente pu essere integrata, per quanto non espressamente previsto, dalla disciplina del mandato. In generale, pu dirsi che lattore collettivo non pu compiere atti che importino disposizione del diritto in contesa se non ha avuto mandato in tale senso dalladerente. Tale limite deve intendersi riferito agli atti negoziali; se infatti venisse esteso anche agli atti processuali, se cio occorresse il preventivo assenso delladerente per il compimento di qualunque atto del processo, tenuto conto del fatto che qualsiasi scelta processuale dellattore incide sulla controversia ed indirettamente sul diritto oggetto del giudizio, si frustrerebbe lo spirito dellazione di classe, che quello della gestione congiunta di una pluralit di domande da parte di un unico attore nei confronti dello stesso convenuto. Si pu porre per il problema dell impugnazione della sentenza sfavorevole; lacquiescenza infatti atto processuale il cui effetto, consistente nel passaggio in giudicato della sentenza, si riverbera sulla posizione sostanziale oggetto del giudizio. Non pare che lopponibilit del giudicato, favorevole allimpresa, nei confronti delladerente possa ritenersi condizionato dal preventivo assenso di questo; piuttosto, ferma lopponibilit del giudicato agli aderenti, eventuali contestazioni di questi potranno essere fatte valere nel rapporto fra attore di classe ed aderente secondo le regole del mandato (ad esempio applicando lart. 1710 c.c.) (17). Altro aspetto della legittimazione ad agire allargata e del cumulo processuale della class action risarcitoria ravvisabile nella particolare efficacia del giudicato. In deroga al limite soggettivo del giudicato posto nellart. 2909 c.c. espressamente previsto (comma 14) che la sentenza fa stato anche nei confronti degli aderenti, nonostante questi non assumano la qualit di parte in senso processuale. Si tratta, a ben vedere, di una deroga pi di forma che di sostanza, tenuto conto del fatto che gli aderenti sono pur sempre parti in senso sostanziale, agendo in giudizio, o meglio deducendo nel giudizio collettivo una propria domanda per il tramite dellattore collettivo (18). Nell azione collettiva pubblica mancano previsione analoghe in tema di adesione e di giudicato, ma le differenze rispetto alla class action risarcitoria (17) In senso analogo cfr. GIUSEPPE FINOCCHIARO, op. cit. Invece, per la necessit del preventivo assenso degli aderenti alla rinuncia allimpugnazione, cfr. REMO CAPONI, op. cit. (18) Secondo GIUSEPPE FINOCCHIARO, in op. cit., nel processo di classe possono individuarsi tre tipologie di parti, con poteri differenziati e destinatarie di effetti diversi: 1. soggetti che sono parti sia in senso processuale che in senso sostanziale, che possono compiere cio tutti gli atti del processo e sono destinatari di tutti gli effetti di questo, compreso il provvedimento finale: limpresa e lattore di classe; 2. soggetti che sono soltanto parte in senso processuale e che, essendo titolari del potere di compiere gli atti processuali, non sono assoggettati agli effetti del giudicato: le associazioni e i comitati che hanno promosso lazione di classe; 3. parti in senso sostanziale, che sono solo destinatari degli effetti del giudicato: gli aderenti; cfr. GIUSEPPE FINOCCHIARO, op. cit. 336 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 non sono sostanziali. Se si considera, infatti, che lazione collettiva pubblica consente di agire al singolo per la tutela di un interesse collettivo e che, quindi, il provvedimento giurisdizionale tutela ex se la collettivit di utenti o consumatori alla quale si riferisce l interesse leso dallagire disfunzionale della P.A. o del concessionario del pubblico servizio, si comprende come disposizioni analoghe in materia di adesione o di giudicato nellazione collettiva pubblica sarebbero risuonate pleonastiche. Quanto al giudicato, se si considera la natura superindividuale dellinteresse tutelato, non frazionabile e riferibile in modo indifferenziato alla collettivit, loggetto della tutela, consistente in una disfunzione che si registra in un agire generale dellAmministrazione o nellorganizzazione di un servizio pubblico, quindi una condotta necessariamente incidente sulla generalit dei consociati, il contenuto della pronuncia giudiziale, consistente in un ordine di ripristino della corretta performance amministrativa, evidente come sia connaturata alla struttura dellazione collettiva pubblica lefficacia erga omnes del giudicato, non diversamente da quanto avviene nellordinario giudizio generale di legittimit, in cui, congiuntamente allatto amministrativo concretamente e direttamente lesivo dellinteresse legittimo del singolo ricorrente, si impugni, quale atto presupposto, un atto amministrativo generale normativo (regolamento) o non normativo (circolare, P.R.G.), dal quale si assume che latto attuativo ripete i vizi secondo il meccanismo dellinvalidit derivata. In luogo delladesione e a differenza dellazione collettiva risarcitoria, nellazione collettiva pubblica espressamente prevista la possibilit dell intervento. La legittimazione allintervento riconosciuta ai soggetti che si trovano nella medesima situazione giuridica del ricorrente (comma 3); l ammissibilit dellintervento dunque condizionata, principalmente, allallegazione da parte dellinterveniente della titolarit dellinteresse inciso dalla disfunzione dellorganizzazione o del servizio dedotta in giudizio, e quindi dallaffermazione della propria appartenenza alla classe di consumatori o utenti alla quale si riferisce la condotta censurata; ed in secondo luogo, tendenzialmente, secondo il tipo di intervento, allallegazione dellinteresse concretamente leso dalla condotta disfunzionale proprio dellinterveniente (interesse ad intervenire). Pu ritenersi, invero, che nel caso di intervento ad adiuvandum o ad opponendum, ferma restando la necessit di allegare (e provare) l appartenenza alla classe di soggetti interessati alla disfunzione amministrativa, trattandosi di intervento non autonomo ma subordinato (appunto adesivo) al ricorso principale, possa prescindersi dallallegazione di una lesione concreta diretta ed attuale di un interesse proprio dellinterveniente; tale deduzione appare, invece, irrinunciabile nell intervento litisconsortile, concretando tale tipo di intervento una sorta di autonoma azione del terzo nei confronti di una delle parti del giudizio (la P.A. o il concessionario di pubblico servizio). DOTTRINA 337 Per effetto della notifica dellatto di intervento il singolo interveniente assume la qualit di parte nel giudizio collettivo: pu, quindi, compiere gli atti processuali propri della parte ed destinatario degli atti processuali delle altre parti e del giudice; inoltre, gli eventi interruttivi e le cause di sospensione che lo riguardano sono rilevanti nel processo (19). Oggetto della domanda e contenuto del provvedimento giudiziale La differente natura della posizione giuridica tutelata nelle due azioni, pubblica e privata, si riverbera sul piano degli strumenti di tutela e del tipo di provvedimento giudiziale. La class action pubblica presenta profili di analogia con la collettiva inibitoria privata: in entrambi i casi l interesse tutelato ha natura superindividuale. Lart. 140 del codice del consumo stabilisce che pu essere chiesta al giudice o a) linibitoria di atti e comportamenti lesivi, in funzione sia preventiva sia propriamente inibitoria, allo scopo di impedire il reiterarsi o il permanere di condotte lesive; o b) di adottare le misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate, con funzione cio riparatoria, di condanna da un fare specifico. Analogamente, ai sensi dellart. 4 del Decr. L.vo 198/2009, il Giudice, accertata la violazione, lomissione o linadempimento, ordina alla pubblica amministrazione o al concessionario di porvi rimedio in un congruo termine. La class action pubblica connotata quindi, dallatipicit del contenuto del provvedimento giudiziale, che verr ritagliato dal G.A. sulloggetto concretamente dedotto in giudizio, e che potr assumere, secondo i casi, portata inibitoria, ovvero riparatoria (si pensi, ad esempio, alladozione delle misure organizzative necessarie a ripianare il disservizio o a rimuovere la disfunzione dellorganizzazione dellufficio), ovvero ancora propulsiva, come, in partico- (19) Cfr. il parere del Consiglio di Stato del 9 giugno 2009, il quale evidenzia come a differenza del giudizio generale di legittimit, nel quale, attesa la perentoriet del termine per impugnare, ammesso solo l intervento adesivo dipendente (ad adiuvandum o ad opponendum), nel giudizio collettivo, che non ha natura impugnatoria e nel quale loggetto della cognizione giudiziale un comportamento posto in essere in violazione di doveri o di standard di efficienza e qualit al fine di ottenere il ripristino del corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio, ammissibile anche lintervento litisconsortile. Vero che, nel regolare le modalit dellazione, l art. 3 prevede come condizione di proponibilit del ricorso, lonere dellistante di diffidare preventivamente lAmministrazione con lassegnazione di un termine di 90 giorni per l adozione degli interventi satisfattivi degli interessati, e che il ricorso deve essere proposto nel termine perentorio di un anno dalla scadenza del termine dato con la diffida. Non sembra per che lo spirare di tale termine comporti la consumazione dellazione. Deve ritenersi, infatti, avuto riguardo per l appunto alloggetto del giudizio, analogamente al ricorso in materia di silenzio provvedimentale o in materia di accesso agli atti amministrativi, che il ricorso collettivo potr essere promosso anche dopo la scadenza del termine annuale previa nuova diffida, ove permanga la situazione di disfunzione e la lesione di un interesse giuridicamente rilevante. 338 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 lare, nel caso della violazione dei termini o della mancata adozione di atti amministrativi generali obbligatori (20). Rispetto al giudizio generale di legittimit, dove il potere di cognizione del G.A. circoscritto alla verifica dei vizi di legittimit specificamente dedotti nei motivi di ricorso, ed il potere decisorio alla pronuncia caducatoria, nellazione collettiva la sfera della cognizione e della pronuncia giudiziale si delinea pi ampia, ai limiti della giurisdizione di merito. Vero che, mentre la Legge delega (art. 4, 2 comma, lett. l) n. 2 del Decr. Leg.vo 198/2009) parla espressamente di giurisdizione di merito, il Decr. Leg.vo 198 non esplicita tale carattere della giurisdizione. Sembra, per, sussumibile nei poteri decisori assegnati al G.A. in materia di azione collettiva, anche in vista delleventuale successivo giudizio di ottemperanza, che il G.A. possa dare indicazioni circa le misure da adottarsi per rimuovere la disfunzione, possa cio pronunciare sentenze di condanna ad un fare spe- (20) Per lanalogia dellazione collettiva pubblica per la mancata adozione di atti amministrativi generali con il ricorso in materia di silenzio ex art. 21 bis L. TAR, cfr. GIULIO VELTRI, op. cit., il quale evidenzia anche il rischio di possibili sovrapposizioni fra le due norme. Del resto il ricorso ex art. 21 bis per la mancata adozione da parte della P.A. di atti amministrativi generali stato gi ammesso dalla giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, sent. del 26 febbraio 2010 n. 1146, in materia di omessa adozione di atti di aggiornamento dei tariffari per il rimborso delle prestazioni sanitarie). Lo stesso Autore evidenzia il rischio di sovrapposizioni di tutela e di giurisdizione nellipotesi di violazione di standard di efficienza e qualit riferita alla materia dei pubblici servizi e quindi la necessit di procedere ad una sorta di actio finium regundorum fra i due tipi di azione collettiva pubblica e privata. Invero, lart. 140, 11 comma del codice del consumo stabiliva che resta ferma la giurisdizione esclusiva del G.A. in materia di servizi pubblici, ai sensi dellart. 33 del Decr. Leg.vo 80/98; fatti salvi i rapporti individuali di utenza e le controversie meramente risarcitorie, riservate alla giurisdizione del G.O. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 204 del 2004, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, fra gli altri, lart. 33 del Decr. Leg.vo 80/98, come modificato dallart. 7 della L. 205 del 2000, nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione esclusiva del G.A. la materia dei servizi pubblici ivi comprese le controversie di diritto soggettivo. Per effetto della pronuncia manipolativa della Consulta sono rimaste al G.A. le controversie in materia di pubblici servizi in cui viene in rilevo lesercizio di un potere. Il problema si ripropone alla luce del Decr. Leg.vo 198 del 2009 che conferma nella materia dei servizi pubblici la giurisdizione esclusiva del G.A, mentre lart. 140 bis, comma 12, in combinato - disposto con il Decr. Leg.vo 198, lascia intendere che l azione collettiva risarcitoria esperibile dinanzi al G.O. anche nei confronti dei concessionari di pubblici servizi. Nellopera citata lAutore ritiene che il distinguo fra azione collettiva privata e pubblica in materia di servizi pubblici va fatto alla luce del diverso ambito oggettuale sul quale le due azioni incidono. Se lazione riguarda il disservizio in quanto tale, e quindi il contatto contrattuale o extracontrattuale fra utente o collettivit di utenti e impresa, si versa nellambito della giurisdizione del G.O. che potr essere adito, secondo i casi con azione inibitoria o risarcitoria. Se invece, oggetto dellazione lorganizzazione in quanto tale, sia pure riguardata attraverso il disservizio, dedotto non come oggetto diretto della cognizione del Giudice, ma come elemento sintomatico dellinefficienza del sistema, si versa nellambito della giurisdizione amministrativa, con lazione collettiva pubblica. Il problema della possibile sovrapposizione delle azioni collettive, pubblica e privata, nella materia dei pubblici servizi del resto presa espressamente in considerazione nella Legge Delega 15/99 e risolto, al fine di evitare duplicazioni di giudizi e possibili contrasti di giudicati, nellart. 2 del Decr. Leg.vo 198/2009, che detta la regola dellalternativit delle due azioni e della prevalenza del giudizio civile rispetto a quello amministrativo, quanto alla tutela inibitoria (1 e 2 comma). DOTTRINA 339 cifico (21). La disfunzione nellesercizio della funzione amministrativa , in realt, un in s dellazione giurisdizionale amministrativa, se si considera che l eccesso di potere, come vizio di legittimit dellatto amministrativo, nelle diverse figure sintomatiche in cui pu in concreto presentarsi, il vizio attraverso il quale si tradizionalmente censurato lesercizio disfunzionale del potere, ovvero lo sviamento dalla sua causa tipica (22). Nellazione collettiva pubblica, per, come sottolineato dal Consiglio di Stato nel parere reso sullo schema del decreto legislativo, a parte lipotesi della violazione dei termini fissati inderogabilmente dalla legge per l adozione di atti generali obbligatori (in cui sembra riproporsi il vizio della violazione di legge, ma solo in apparenza perch la violazione dei termini non presa in considerazione in s, ma come sintomo di una disfunzione dellorganizzazione amministrativa), il parametro sul quale fondare il giudizio non dato dalla legittimit dellatto amministrativo (che pu mancare), ma dallefficienza della funzione amministrativa complessivamente considerata, ovvero da un parametro che non di legittimit ma piuttosto economico (23). Strumenti di tutela Le due azioni collettive, pubblica e privata, si presentano parallele anche sul piano degli strumenti di tutela. La tutela collettiva privata articolata nelle due azioni inibitoria (artt. 139 e 140 codice del consumo) e risarcitoria (art. 140 bis codice del consumo). Con lesperimento della class action ex art. 140 bis in particolare possibile per la classe di consumatori ed utenti chiedere l accertamento della responsabilit dellimpresa e la condanna al risarcimento del danno ed alle restituzioni. Ai sensi del comma 12, se accoglie, il Tribunale pronuncia sentenza di condanna con cui liquida ai sensi dell art. 1226 c.c., le somme definitive dovute a coloro che hanno aderito all azione o stabilisce il criterio omo- (21) Di giurisdizione di merito parla espressamente il Consiglio di Stato nel parere reso sullo schema del decreto legislativo, in data 6 settembre 2009. (22) Nel senso che leccesso di potere il vizio con cui si deduce lagire disfunzionale della P.A. cfr. ROCCO GALLI, op. cit. (23) Sottolinea il Consiglio di Stato nel prefato parere come il principio del buon andamento dellamministrazione, tratto dallart. 97 Cost. venga assunto nel nuovo contesto normativo in una dimensione che non pi soltanto quella della legalit, nel senso che latto legittimo di per s segno di un esercizio del potere conforme al buon andamento, ma piuttosto quella economica dellefficienza, che pu in ipotesi anche prescindere dal parametro della stretta legittimit. 340 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 geneo di calcolo per la liquidazione di dette somme. La norma prevede, quindi, due soluzioni alternative di definizione del giudizio di classe. Tendenzialmente la decisione giudiziale avr un contenuto di condanna, nell ipotesi in cui, verosimilmente, sia possibile stabilire senza dilazione lentit del risarcimento. Il rinvio allart. 1226 c.c., in tale ipotesi, opera come criterio obbligatorio per il Giudice (equit sostitutiva) e non sussidiario, nel senso che, nel caso di specie, l applicazione del criterio equitativo prescinde dal presupposto dell impossibilit di provare il danno nel suo preciso ammontare, e ci in considerazione dellopportunit di evitare i costi ed i tempi di un accertamento minuzioso del quantum individualmente risarcibile a ciascuno di coloro che hanno preso parte al giudizio (24). In alternativa, il Giudice potr emettere sentenza con la quale accerta la responsabilit dellimpresa e fissa i criteri per il risarcimento del danno. In subordine il Tribunale potr adottare pronuncia di accertamento della responsabilit e fissare solo i criteri per la determinazione del risarcimento. Questo rimarr rimesso ad una serie di giudizi individuali, ovvero potr essere oggetto di trattative fra limpresa e la classe dei consumatori, favorite dallo spatium deliberandi previsto fra il deposito della sentenza ed il momento in cui questa diviene esecutiva (25). La tutela collettiva pubblica non contempla la possibilit di chiedere il risarcimento del danno. Lart. 1, 6 comma, fa salvi, per, i rimedi ordinari. L esclusione della tutela risarcitoria implica il divieto di cumulo della tutela atipica per il ripristino dellefficienza con la tutela risarcitoria, in deroga a quanto previsto in via generale dallart. 35 del Decr. Leg.vo 80/98 come modificato dallart. 7 L. 205/2000 per le ipotesi di giurisdizione esclusiva. Occorre, per considerare, che lordine giudiziale di ripristinare lo standard di efficienza o di adottare latto obbligatorio omesso pu integrare una riparazione in forma specifica. Del resto, il rinvio ai rimedi risarcitori ordinari denota che solo in apparenza il sistema di tutela collettiva pubblica monco rispetto al sistema privato. In proposito si osserva, da un lato, che rinvio ai rimedi ordinari non pare significare necessariamente rinvio alla giurisdizione ordinaria, e, dallaltro, necessariamente rinvio alle azioni individuali ordinarie. Tale ultimo versante, ancorch il rinvio ai rimedi ordinari richiami in prima battuta lazione risarcitoria individuale, riferibile ad un bene della vita proprio del soggetto, in quanto differenziato rispetto alla generalit dei consociati, deve per tenersi presente lesperibilit, in materia di pubblici servizi della class action privata dinanzi al G.O., del resto espressamente prevista dal (24) Nel senso detto cfr. GIUSEPPE FINOCCHIARO, op. cit. (25) Si afferma in dottrina che, nellipotesi in esame, la sentenza di accertamento e non di condanna generica; in tal senso cfr. REMO CAPONI, op. cit.; GIUSEPPE FINOCCHIARO, op. cit. DOTTRINA 341 comma 12 dellart. 140 bis. Sul piano della giurisdizione, occorre considerare la riserva tendenziale alla giurisdizione ordinaria, ribadita da Corte Costituzionale in sentenza 204 del 2004, della cognizione dei diritti soggettivi. Quindi in linea di massima, sulle questioni risarcitorie dovrebbe ritenersi competente il G.O. Occorre per considerare lart. 7 L. 205/2000, che nelle materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, come quella in esame, riserva al G.A. anche la cognizione delle questioni risarcitorie. Sembra che lart. 7 L. 205/2000 sia destinato ad esercitare una forza attrattiva della giurisdizione sulle questioni risarcitorie in ipotesi connesse con le ipotesi di violazione degli standard di efficienza per cui data class action pubblica. Con la conseguenza che, il divieto di cumulo di cui si detto sembra comporter nellapplicazione concreta una riedizione, nella sfera della giurisdizione amministrativa, del c.d. doppio binario di tutela (26). Conclusioni comparative La sostanziale omogeneit dei due sistemi di tutela, pubblico e privato, lascia presagire luso concorrenziale nella prassi applicativa delle due azioni, almeno nella materia dei pubblici servizi, in cui leventualit di sovrapposizioni concreta e del resto avvertita dal Legislatore che, attraverso lart. 2 del Decr. Leg.vo 198, ha sentito l esigenza di dare regole risolutive del possibile concorso di azioni. Considerata la maggiore ampiezza del sindacato del G.A., grazie anche allofficialit dellistruttoria propria del giudizio amministrativo, che dovrebbe consentire un pi agevole e penetrante accertamento dellinefficienza dellorganizzazione del servizio pubblico, possibile ipotizzare la prevalenza dellazione pubblica rispetto a quella privata anche nella materia dei pubblici servizi. Di contro, l espunzione dalla tutela collettiva dellazione risarcitoria, rinviata ai mezzi ordinari, potrebbe indurre ad avviare direttamente una class action in materia di pubblici servizi nella quale la disfunzione dellorganizzazione del servizio potr essere dedotta e conosciuta anche direttamente dal G.O., quale fatto lesivo, costitutivo della pretesa risarcitoria. (26) Sullesperibilit, in ipotesi, dellazione risarcitoria ex art. 2 bis L. 241/1990 per il caso di violazione dei termini per ladozione di atti amministrativi generali obbligatori, cfr. GIULIO VELTRI, op. cit. 342 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 EROS o VIRUS? Sovranit alimentare e diritto dei giudici Grazia Sanna* Il Presidente Salvatore Giacchetti, nella sua relazione al XXXVIII Convegno di Varenna intitolata Profili problematici della cosiddetta illegittimit comunitaria (in Giur. Amm. sic. 1992, pag. 879 e ss.) aveva paragonato leffetto delle norme comunitarie sullordinamento nazionale a quello delle termiti, preconizzando che le prime avrebbero lentamente scavato dallinterno lordinamento nazionale, pur lasciandone apparentemente intatta la struttura esteriore. In tempi pi recenti, Giovanni Virga (cfr. il commento alle sentenze della Corte Costituzionale n. 348 e n. 349 del 2007 intitolato Le termiti comunitarie ed i tarli dei trattati internazionali, Lexitalia.it n. 10/2007), nel considerare la riforma dellart. 117 della Costituzione che prevede la necessit di armonizzare il diritto interno con i vincoli derivanti [] dagli obblighi internazionali e, quindi, lobbligo per il legislatore ordinario di rispettare le norme contenute in accordi internazionali mediante un rinvio mobile alla norma convenzionale di volta in volta conferente, ha evocato limmagine del tarlo per descrivere gli effetti dei trattati internazionali sul diritto interno. A mio sommesso avviso, una metafora assai adatta a descrivere compiutamente il salto di qualit avvenuto nella realt giuridica italiana ad opera della legislazione sovra-nazionale prodotta nellultima met del XX secolo lazione del virus, che in grado di servirsi mimeticamente del DNA della cellula invasa per fini di auto-replicazione, per poi distruggerne la coerenza interna e determinarne limplosione. In s e per s non vi sarebbe nulla di male, se il silente processo di mutazione della costituzione materiale che il fenomeno implica fosse frutto di scelte consapevoli e condivise da tutta la collettivit, e se avvenisse in modo trasparente. ** *** ** 1. Premessa - 2. Crisi della sovranit nazionale, dello stato di diritto e delle garanzie dei diritti fondamentali nellepoca attuale - 3. Limiti alla potest normativa statale in materia agro-alimentare. Cenni - 4. Sovranit alimentare e diritto fondamentale al cibo. Work in pro- (*) Avvocato in Roma. Il presente studio sulla giurisprudenza in materia di biotecnologia non necessariamente risponde ad un indirizzo ponderato della Rassegna, ma contiene informazioni e spunti di grande interesse che si ritenuto importante mettere a disposizione dei Lettori (ndr). DOTTRINA 343 gress.... - 5. Fenomeni acquisitivi da eventi materiali: la sentenza della Corte Suprema canadese Schmeiser/Monsanto (21.05.2004/SCC 034 - file n. 29437) - 6. La giurisprudenza come fonte di produzione del diritto e la globalizzazione giudizaria - 7. Conclusioni. 1. Premessa Per quanto inconferente possa apparire, il titolo scelto per questo studio riflette una realt che si connota esattamente in questi termini. Lanalisi che ci apprestiamo a compiere muove, infatti, dalla constatazione che le scelte legislative sovra-nazionali - e, quindi, nazionali - in materia agro-alimentare vanno, inequivocabilmente, verso la promozione di un modello agricolo caratterizzato dalla sostituzione dei processi riproduttivi vegetali e animali naturali con interventi emulativi di bioingegneria, che si caratterizzano per limpiego di vettori di clonazione virali e batterici e sono finalizzati alla produzione di fotocopie autoreplicanti originate da un prototipo chimerico creato in laboratorio (1) e protetto da brevetto. Le colture OGM implicano, (1) Un nuovo organismo vivente pu essere generato in due modi: per esercizio della funzione riproduttiva naturale oppure per mezzo di biotecnologie, attraverso un processo di manipolazione che si serve di sequenze geniche estratte da ceppi virali e batterici come vettori di clonazione. In natura la creazione di nuove specie avvenuta, da sempre, secondo le leggi ed i limiti dellereditariet genetica studiate e descritte da Mendel in poi. La scoperta del DNA ricombinante, risalente agli anni 70, ha provocato una rivoluzione nel mondo scientifico ed economico, in quanto permette la creazione di ibridi vegetali ed animali derivati dalla combinazione di sequenze geniche estratte da individui che possono appartenere anche a regni diversi (ad esempio: loncotopo, un topo sul quale sono stati impiantati geni umani e di pollo infetti; il salmone contenente lormone della crescita RbGH, per accelerarne, appunto, la crescita; il mais modificato mediante inserzione del gene responsabile della produzione della tossina BT nel Bacillus Turingiensis, per conferire al medesimo mais di sopportare lirrorazione massiccia di fitofarmaci). La duplicazione della cellula ospite d luogo alla replicazione (o clonazione molecolare) della molecola di DNA ricombinante, producendone cos molte copie che possono essere impiegate per scopi vari. In Italia, l'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati regolata dal decreto legislativo n. 224 dell8 luglio 2003 - Attuazione della direttiva 2001/18/CE concernente lemissione deliberata nellambiente di organismi geneticamente modificati (Gazzetta Ufficiale n. 194 del 22 agosto 2003, S.O. n. 138). LAllegato A-1 al decreto, elenca le tecniche di modificazione genetica ammesse: ...Le tecniche di modificazione genetica di cui all'art. 3, comma 1, lettera b), punto 1, comprendono, tra l'altro: 1) tecniche di ricombinazione dell'acido nucleico che comportano la formazione di nuove combinazioni di materiale genetico mediante inserimento in un virus, in un plasmide batterico o in qualsiasi altro vettore, di molecole di acido nucleico prodotte con qualsiasi mezzo all'esterno di un organismo, nonch la loro incorporazione in un organismo ospite nel quale non compaiono per natura, ma nel quale possono replicarsi in maniera continua; 2) tecniche che comportano l'introduzione diretta in un organismo di materiale ereditabile preparato al suo esterno, tra cui la microiniezione, la macroiniezione e il microincapsulamento; 3) fusione cellulare, inclusa la fusione di protoplasmi, o tecniche di ibridazione per la costruzione di cellule vive, che presentano nuove combinazioni di materiale genetico ereditabile, mediante fusione di due o pi cellule, utilizzando metodi non naturali. Uno dei problemi di maggior rilievo implicati dalla liberalizzazione di queste tecniche costituito dal trasferimento orizzontale dei geni manipolati, cio dalla loro capacit di superare le barriere di specie e di persistere in natura (cfr. Camera dei Deputati, XIII Legislatura -XII Commissione - Seduta del 13 giugno 2000- Indagine conoscitiva n. 12, pag. 14; inoltre, GM Science Exposed: Hazards Ignored, Fraud, Regulatory Sham, and Violation of Farmers' Rights, ISIS CD Book, 2007, una raccolta di 160 articoli scientifici 344 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 sul piano dei fatti, la possibilit di trasferimento orizzontale del gene brevettato grazie alla capacit di penetrazione del virus come veicolo di replicazione del gene modificato e, sul piano giuridico, come vedremo, la possibilit di rivendicazione della propriet di quel gene ovunque si trovi, anche nel corpo ospite che lo accoglie e lo moltiplica. Tutto ci sembra rispondere allo scopo precipuo di assoggettare nel modo pi pervasivo possibile la capacit generatrice della Terra alle istanze di controllo e dominio privato di cui sono latori alcuni gruppi di interesse economico transnazionale, che detengono il monopolio di questo specifico know how (2). presentata al Parlamento europeo il 12 giugno del 2007 che documenta, oltre alla violazione dei diritti degli agricoltori, i rischi derivanti dalle manipolazioni genetiche e le frodi scientifiche perpetrate per avvantaggiare lindustria (Institute for Science in Society, Comunicato Stampa del 21 giugno 2007 su: http://www.i-sis.org.uk/Scientists_for_a_GM_free_Europe.php). Oltre alla resistenza umana agli antibiotici per assorbimento dei marker resistenti - tantՏ che, rispetto alla previgente dir. 90/220/ CE, la direttiva 2001/18/CE vieta gli OGM contenenti geni di resistenza agli antibiotici utilizzati in terapia - e ad altri rischi per la salute, come leffetto documentato in Ewen S. and Pusztai in A. Effect of diets containing genetically modified potatoes expressing Galanthus nivalis lectin on rat small intestine, pubblicato su The Lancet, Oxford, il 16 ottobre 1999, volume n. 354 [9187], pag.1353-4, questa capacit di trasmigrazione degli OGM esplica effetti dannosi anche sulla biodiversit. Infatti, linquinamento dei microrganismi del suolo da polline OGM stato apprezzato fino a 21 km. di distanza, come risulta dallo studio pubblicato dallInstitute for Science in Society sullomonima rivista n. 18 del 2003, pag. 26-27 dal titolo Chronicle for an ecological disaster foretold consultabile su www.i-sis.org.uk/CEDF.php - 32k, confermato dal recente studio di Van de Water, P.K., L.S. Watrud, E.H. Lee, C. Burdick, and G.A. King. Long-Distance GM Pollen Movement of Creeping Bentgrass using Modeled Wind Trajectory Analysis, pubblicato su Ecological Applications 17 (4), p. 1244-1256, Ithaca, N.Y., 2007, e inoltre, l'introduzione nell'ambiente di organismi modificati necessita di un largo impiego di mezzi tecnici, quali insetticidi, diserbanti e fitofarmaci, fino quattro volte superiore rispetto al convenzionale. Limponente quantit di evidenze scientifiche esistenti rende poco pi che una formula vuota di significato il concetto di coesistenza tra coltivazioni transgeniche e coltivazioni tradizionali, posto a fondamento della legge n. 5 del 2005 di Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 novembre 2004, n. 279, recante disposizioni urgenti per assicurare la coesistenza tra le forme di agricoltura transgenica, convenzionale e biologica. Coesistenza in pratica significa una sola cosa: contaminazione e replica del gene brevettato. Un breve cenno merita lulteriore sviluppo della biotecnologia che ha portato alla produzione del DNA sintetico. Lidea alla base della biologia sintetica quella di separare i componenti fondamentali delle cellule per poi ricostruire nuovi organismi. Se lingegneria genetica si occupa prevalentemente di spostare un gene preesistente da un organismo ad un altro, la biologia sintetica intende progettare forme di vita che non esistono in natura, analizzare il progetto per assicurarsi che funzioni, e poi realizzarlo specificando ogni bit di DNA da inserire in un organismo per determinarne forma e funzione in modo controllato e prevedibile. Con il titolo pendente la domanda di brevetto per la vita artificiale (The Economist 14 giugno 2007), la stampa ha dato notizia della richiesta di brevetto per Synthia, che dovrebbe essere il nome della nuova creatura totalmente sintetica. (2) Una conferma che questa sia la direzione scelta dai decisori politici si pu ricavare dal fatto che la Food and Drug Administration (FDA), ente consultivo istituzionale statunitense in materia di sicurezza alimentare, nel 2006 ha espresso parere favorevole alla commercializzazione di carne e latticini da animali clonati (bovini, ecc.), ritenendoli sostanzialmente equivalenti a quelli normali (FDA Issues Draft Documents on the Safety of Animal Clones, FDA News, Dec. 28, 2006, http://www.fda.gov/bbs/topics/ NEWS/2006/NEW01541. html - North Carolina Journal of Law &Technology). Alcune ONG che curano gli interessi della societ civile e la difesa dellambiente hanno molto opportunamente sottolineato che il solo intento sotteso da questa decisione sostenere la corsa al controllo del mercato alimentare, avviando nella zootecnia e in altri settori la fabbrica di animali OGM: ... indispensabile che il pro- DOTTRINA 345 Il mezzo prescelto per attribuire vincolativit giuridica a siffatta operazione di privatizzazione principalmente il brevetto (3), un istituto giuridico totipo prescelto, tra i mille scarti delle modifiche genetiche, venga riprodotto con la clonazione. La riproduzione naturale disperderebbe infatti le caratteristiche artificialmente immesse in laboratorio... Dopo limposizione delle sementi geneticamente modificate e privatizzate (le royalties relative al brevetto vengono riscosse ad ogni risemina) gli Stati Uniti, con la clonazione animale, intendono dare il via libera ai nuovi OGM - questa volta animali anzich vegetali - per consentire, ancora una volta, la riscossione dei diritti di brevetto ad ogni ciclo riproduttivo (comunicato stampa del Comitato Scientifico Equivita 31 dicembre 2006 http://www.equivita.it/). Al riguardo, necessario sottolineare che anche in ambito europeo, nel marzo 2007, la Commissione ha avanzato formale richiesta di parere allEuropean Food Safety Authority (EFSA) in merito alle implicazioni della clonazione animale sulla sicurezza alimentare. Il comitato scientifico dell'EFSA, il 9 gennaio 2008, ha reso pubblico un progetto di parere favorevole all'uso di animali clonati per fornire carne, latte e formaggi (cfr. http://www.efsa.europa.eu/), fissando nel contempo al 25 febbraio 2008 il termine per la definizione di una consultazione pubblica (sic!) sul tema. Recentemente, il Consiglio dei Ministri dellagricoltura UE ha approvato un disegno di legge che va verso la definitiva approvazione di questa pratica (Lussemburgo, 22 giugno 2009, comunicato stampa n. 188, su www.consilium.europa.eu). (3) Fino agli anni '80, le piante e gli animali, interi o nelle loro parti, non erano brevettabili anche se era possibile proteggere le nuove variet vegetali tramite titoli speciali, riconosciuti dalla legislazione di alcuni paesi industrializzati e confluiti nella Convenzione internazionale UPOV del 1961, che istituiva l'Union de Protection des Obteniteurs Vegetales e riconosceva i diritti di coloro che "costituiscono" una novit vegetale (plant breeders' rights). Nel 1980, sotto l'incalzare dellindustria biotecnologica, l'applicabilit dei brevetti stata estesa alle innovazioni riguardanti la materia vivente a partire dalla sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti n. 447 U.S. 303 del 16 giugno 1980 sul caso Diamond vs. Chakrabharty. Dopo quella sentenza, negli USA, l'applicabilit dei brevetti copre tutte le forme viventi (eccetto l'uomo intero, almeno per ora) e le loro parti (anche umane): cellule, sequenze geniche, genoma. Per una completa panoramica delle tematiche connesse si rinvia a Intellectual Property Rights and the life science industries: a twentieth century history, Graham Dutfield. Burlington, VT: Ashgate Publishing Company, 2003. 288 pp. ISBN 0-7546-2111-1; Intellectual Property Rights in Animal Breeding and Genetics, Max Rothschild, Scott Neumann, Oxford University Press, 2003). Nell'Unione Europea la direttiva 98/44/CE concernente la protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche e finalizzata ad armonizzare la normativa europea in materia, nonch a promuovere gli investimenti nel campo delle biotecnologie, e a favorire la libera circolazione dei brevetti biotech nel mercato unico, ha introdotto un regime di protezione brevettuale per le innovazioni biotecnologiche, garantendo la brevettabilit delle invenzioni che riguardano le piante quando la loro applicazione non limitata ad una particolare variet, ma ad una pluralit di variet. Da qualche tempo, per, le domande depositate presso lUfficio Europeo Brevetti (EPO), non riguarderebbero solo gli Ogm, ad esempio i semi di soia Round-up Ready, ma anche le varianti vegetali convenzionali, come nel caso della domanda di brevetto presentata nel 2007 allEPO per una variet di soia a composizione oleosa migliorata (WO 2004/006659) che concerne intere porzioni del genoma della pianta, utilizzate nel quadro di tecnologie convenzionali per migliorare gli esiti della selezione convenzionale (ad esempio la selezione assistita da marcatori). Uno degli esempi pi preoccupanti di tale fenomeno riguarderebbe le domande di brevetto depositate dalla Syngenta su porzioni immense del genoma del riso e sul loro impiego nella coltivazione di qualsiasi vegetale alimentare che sia dotato di informazioni genetiche simili a quelle del riso, ad esempio mais e grano (fonte: www.equivita. it; www.no-patents-on-seeds.org/index.php?option=com_content&task=view&i). La legislazione europea un atto dovuto nella misura in cui i paesi dell'UE (Unione Europea) aderiscono allOMC (Organizzazione Mondiale del Commercio - WTO). Tra gli accordi della OMC ha una notevole importanza l'accordo sui Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights (TRIPs) che estende, quasi a livello mondiale, l'obbligo di applicazione dei brevetti al settore farmaceutico e agricolo (Legge 29 dicembre 1994, n. 747 di ratifica ed esecuzione degli atti concernenti i risultati dei negoziati dell'Uruguay Round adottati a Marrakech il 15 aprile 1994 - Accordi GATT/TRIPs - in Suppl. ordinario n. 1, alla Gazzetta Ufficiale n. 7 del 10 gennaio 1995; Direttiva 2004/48/CE del Parlamento Europeo e del 346 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 che in passato ha svolto la nobile funzione di rendere pubblica la conoscenza a fini di utilit generale proteggendo e stimolando la creativit individuale, ma il cui significato stato fortemente alterato dal nuovo diritto della propriet intellettuale che lo ha trasformato in un strumento di enclosure al servizio dei protagonisti del mercato globale. Nuovo scopo non dichiarato del brevetto la rimozione del sapere gi di pubblico dominio a vantaggio di pochi, cos come lappropriazione di beni comuni a beneficio dei privati (4). Nel settore agro-alimentare, l'erosione del dominio pubblico si focalizzata su due ambiti particolarmente importanti: la conoscenza e le sementi. A partire dal secondo dopoguerra, il passaggio dallagricoltura tradizionale a quella industriale, la Rivoluzione Verde degli anni 60 (pacchetto CGIAR - Consultative Group on International Agricultural Research) ed infine la rivoluzione biotecnologica, hanno determinato negli stati nazionali la progressiva formazione di raccolte legislative (per Consiglio del 29 aprile 2004, sul rispetto dei diritti di propriet intellettuale, Pubblicata sulla G.U.U.E. L 157 del 30 aprile 2004). LItalia ha recepito la Direttiva 98/44/UE con il Decreto Legge 10 gennaio 2006, n. 3 (in Gazzetta Ufficiale n. 8 dell'11 gennaio 2006) convertito nella legge n. 78 del 22 febbraio 2006, (in Gazzetta Ufficiale n. 58 del 10 marzo 2006), introducendo alcune limitazioni. La Legge 78/2006, segue sostanzialmente il dettato normativo della Direttiva UE e fornisce, per la prima volta nel nostro ordinamento, unespressa definizione di ci che brevettabile (art. 3); ci che soggetto a licenza obbligatoria (art. 6); lambito della tutela dei brevetti (art. 8); le modalit di deposito, accesso e di nuovo deposito di materiale biologico (art. 10). (4) Per unanalisi ad ampio spettro delle problematiche collegate alla privatizzazione dei beni comuni si rinvia DAVID BOLLIER Silent Theft, Ed. Rutledge Londra, 2002. A mero titolo esemplificativo, dato lo sconcerto che ha creato nellopinione pubblica, vale la pena ricordare la vicenda del brevetto sul silenzio rilasciato alla John Cage Trust (Protecting the Sound of Silence in 4'33": A Timely Revisit of Basic Principles in Copyright Law, Chang Lim Saw, European Intellectual Property Review n. 12 del 2005, pag. 467). Alquanto significativo il brevetto che ha consentito la privatizzazione di pelle e ossa umane, nei limiti delle loro caratteristiche di superconduttivit elettrica. Brevetto Microsoft del 22 giugno 2004: licenza numero 6.754.472 rilasciata dallUfficio brevetti degli Stati Uniti, PTO col titolo Metodi e apparecchi per trasmettere energia e dati usando il corpo umano. Nellambito delle tematiche concernenti limpiego delle risorse fitogenetiche in ambito agricolo si rinvia a: Is Policy towards Intellectual property Rights addressing the Real Problems? The case of Unauhorized Appropriation of Genetic Resources, di A. TSIOUMANIS, K. MATTAS e E. TSIOUMANIS in Journal of Agricutural and Environmental Ethics, Vol. 16 n. 6, Novembre 2003, Springer-Neetherland. Per unanalisi giuridica delle principali problematiche relative allappropriazione di risorse genetiche e del sapere tradizionale, si rinvia allarticolo di KARL MUTTER, Traditional knowledge related to genetic resources and its protection as intellectual property in Colombia, in European Intellectual Property Review n. 9 del 2005, pag. 327-333. Per unaccurata ricostruzione del fenomeno noto come biopirateria e sulla necessit di protezione della Biodiversit: Biopirateria, di V. SHIVA, Napoli, Ed. Cuen 1999 e V. SHIVA Monocolture della mente Torino, Bollati Boringhieri, 1995 e, inoltre, gli articoli Patents and Biological Diversity Conservation, destruction or decline? Exploiting genetic resources in Queensland under the Biodiscovery Act (Qld), CHARLES LAWSON in European Intellectual Property Review n. 8 del 2006, pag. 418 ss. e MGBEOJI IKECHI, Global biopiracy: patents, plants and indigenous knowledge, University of British Columbia (UBC Press) Vancouver, 2006. In Italia, il Centro Studi sui Demani Civici e le propriet Collettive dellUniversit di Trento diretto dal Prof. Nervi e lassociazione A.P.R.O.D.U.C. di Roma (www.demaniocivico.it) curano lattivit di ricerca e documentazione relativa alle problematiche legate ai tentativi di privatizzazione dei demani civici e delle propriet collettive. DOTTRINA 347 lo pi frutto della codificazione di standard predisposti dallindustria agricola (5) ) che costringono in un imbuto dal collo sempre pi stretto ci che lagricoltore, ormai semplice componente di un ingranaggio ideato e diretto da altri, pu o non pu fare, se vuole stare sul mercato. Questo modello agricolo ha comportato la sostituzione del concetto di organismo agricolo con quello di monocoltura e, pur encomiabile nelle sue motivazioni di fondo perch mirava a scongiurare lo spettro della fame, ha tuttavia avuto un impatto devastante sulla vitalit della terra, sullambiente, sulla biodiversit, sul consumo scellerato di risorse non pi rinnovabili, sul clima, sulla salute umana e sulla compagine sociale di intere nazioni. Lentit dei problemi generati stata tale da rendere necessaria ladozione di strumenti legislativi internazionali per salvare il salvabile (la Convenzione di Rio de Janeiro sulla protezione della Diversit biologica del 1992 ed il correlato Protocollo di Cartagena sulla Biosicurezza del 2000, per citare solo i pi importanti) mentre, sul fronte del diritto umano fondamentale ad alimentarsi in modo adeguato, la situazione relativa alla sicurezza alimentare globalmente peggiorata (come denunciato gi in SOFI 2006) (6) e, in prospettiva, peggiorer ancora. La crisi alimentare in corso non fa che confermare la previsione. Nonostante questi effetti negativi la rotta non mutata se vero che persino nellIraq devastato dalla guerra sembra sia stato esportato, oltre alla democrazia, anche il modo di fare agricoltura dei liberatori. Infatti, uno dei primi provvedimenti dellAutorit Provvisoria della Coalizione, (5) Questo trend, accentuato dal sistema del libero commercio mondiale, procede attraverso la creazione di norme tecniche tendenti a realizzare una sostanziale equivalenza delle qualit tecniche dei prodotti e dei processi produttivi, per eliminare ogni possibile barriera protezionistica alla libera circolazione dei valori economici attraverso i confini degli stati membri. Cos tutte le regole di diversa natura che potrebbero implicare effetti di protezionismo mediante restrizioni quantitative alla libera circolazione dei prodotti, delle merci, dei servizi, ecc. (ivi comprese le norme di legge che nel perseguire altri obiettivi, nellattuare i fini tradizionali degli ordinamenti giuridici statali, producano misure di effetto equivalente a tali restrizioni), assumono automaticamente il carattere di barriere commerciali, opponendosi di fatto a questo processo di normalizzazione di diversa natura. Ebbene, attraverso questo effetto di contrapposizione dellordine globale rispetto allordinamento giuridico statale si consuma la neutralizzazione dellinteresse generale a vantaggio di privilegiati interessi particolari (cos F. BILANCIA, Lo Stato democratico nel sistema globale. Spunti di Riflessione, Quaderni della Rassegna parlamentare, Milano, 2003, pag. 620-629. Per una profonda analisi del rapporto tra diritto e mercato e della mutazione genetica del primo da strumento regolativo a strumento economico, si rinvia a E. SANTORO, Lo stato di diritto nellera della globalizzione, Giappichelli, Torino, 2008, pag. 92 ss. (6) A dieci anni dal Vertice Mondiale dellAlimentazione, che aveva promesso di dimezzare il numero delle persone sottonutrite entro il 2015, denuncia il direttore generale della FAO Jacques Diouf durante la conferenza per la presentazione del rapporto annuale SOFI (State Of Food Insecurity), nei paesi in via di sviluppo ci sono pi persone affamate oggi 820 milioni di quante non ce ne fossero nel 1996 ...E lungi dal diminuire questo numero in realt in aumento, alla media di quattro milioni l'anno (Lo Stato dellInsicurezza Alimentare nel Mondo 2006, FAO Comunicato Stampa, Roma, 30 ottobre 2006 pubbl. su: www.fao.org/newsroom/it/). 348 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 stata la riforma della previgente legislazione in materia di propriet intellettuale (C.P.A. Order No. 81 del 26 ottobre 2004), un intervento che ha praticamente sortito leffetto di sopprimere il diritto degli agricoltori iracheni a riutilizzare le proprie sementi autoctone per i prossimi 20 anni, assoggettando nel contempo il paese alla necessit di ricorrere a forniture sementiere estere ad alto contenuto tecnologico e al rispetto di regole estranee alle tradizioni agricole locali, ancora vive nella mezzaluna fertile della Mesopotamia (7). La circostanza, al di l del caso emblematico, lascia (7) Nel 2003 una bomba ha distrutto ledificio che ospitava la banca genetica delle sementi irachene ad Abu Grahib (fonte: M. BUSSOLATI, Biopirateria, Brevetti e Sovranit agricola, ISDR n. 0 Roma, 2005, pag 109), dove si conservavano i campioni di molte specie vegetali utilizzate dai contadini iracheni, frutto di un processo di selezione iniziato nel X secolo avanti Cristo che, grazie al lavoro e alla sapienza di generazioni di contadini, aveva consentito soprattutto la creazione di variet di grano adatte al particolare clima dellarea. Secondo un rapporto stilato dalla FAO fino a quel momento, circa il 97 per cento delle sementi utilizzate in Iraq provenivano dal mercato locale (M. BUSSOLATI, Biopirateria, Brevetti e Sovranit agricola, ISDR cit., ivi, pag 109). Nel giugno del 2004, con lintento dichiarato di aiutare lIraq liberato, lAmministratore dellAutorit Provvisoria della Coalizione L. Paul Bremer III, ha introdotto una legislazione di 100 Ordini per modificare il precedente sistema normativo, tra i quali l Ordine 81, che detta la nuova disciplina in materia di "Brevetti, Design Industriale, Informazioni Segrete, Circuiti Integrati e Diversit Vegetale" (Patent, Industrial Design, Undisclosed Information, Integrated Circuits and Plant Variety Law of 2004, CPA Order No. 81, 26 ottobre 2004) in riforma della precedente legislazione irachena sulla propriet intellettuale, che risaliva al 1970. Per un commento sulle implicazioni del nuovo regime normativo si rinvia agli articoli US Seeking to Totally Re-Engineer Iraqi Traditional Farming System into a US Style Corporate Agribusiness, Jeremy Smith, The Ecologist, Londra, 2005, http://www.theecologist.org/article.html?article= 487 11feb2005 e Iraq's New Patent Law: A Declaration of War Against Farmers, Focus on the Global South and GRAIN, Girona 25, E-08010 Barcelona, Spain, 15 ottobre 2004, su www.grain.org. Storicamente, le leggi irachene proibivano la propriet privata di risorse biologiche, mentre la legge introdotta dallAutorit Provvisoria della Coalizione consente diritti di privativa sulle sementi. Il paragrafo sulla Plant Variety Protection (PVP) introdotto con lOrder 81, un diritto di Propriet Intellettuale particolare (IPR), ovvero un tipo di brevetto che attribuisce diritti di esclusiva sul materiale vegetale a un plant breeder che dichiari di aver scoperto o creato una nuova variet. La protezione PVP non ha nulla a che fare con la conservazione di una data variet, ma protegge gli interessi commerciali di ibridatori privati (solitamente grosse compagnie multinazionali) che dichiarano di aver creato nuove piante. I requisiti richiesti per ottenere la protezione PVP implicano che le piante devono soddisfare gli standard della Convezione UPOV ossia devono essere: nuove, distinte, uniformi e stabili. Le sementi naturali prodotte dai contadini in modo tradizionale non possiedono queste caratteristiche e quindi i semi di qualit che possono beneficiare della protezione PVP sono dominio esclusivo delle grandi industrie sementiere, che godono anche del diritto esclusivo di produrre, riprodurre, vendere, esportare importare e stoccare le variet protette (solitamente bisognose di ingenti quantit di additivi chimici per sopravvivere). Il termine temporale di protezione delluso esclusivo di 20 anni per le coltivazioni vegetali comuni e 25 per gli alberi e le viti. In tale periodo la variet protetta di fatto propriet del breeder, dunque nessun altro pu piantare o altrimenti usare tali variet senza pagare i diritti al detentore del brevetto. Questo nuovo regime normativo, comporta per gli agricoltori iracheni il divieto di conservare e ripiantare per lanno seguente le sementi delle piante registrate con il PVP, che in pratica saranno le sole disponibili sul mercato (cfr.: Patent, Industrial Design, Undisclosed Information, Integrated Circuits and Plant Variety Law of 2004, CPA Order No. 81, 26 Aprile 2004, consultabile su: www.iraqcoalition.org/regulations/20040426_CPAORD_81_Patents_Law.pdf). Il primo e pi immediato effetto della riforma che lagricoltore costretto ad acquistare nuove sementi ogni anno, perdendo cos una parte fondamentale della propria autonomia di produttore. Questo esem- DOTTRINA 349 senzaltro intuire la volont delle istituzioni globali di confermare la tendenza inaugurata a suo tempo con il menzionato modello agricolo basato sulla monocoltura, gi rivelatosi fallimentare sotto il profilo dei costi ambientali e sociali, e di tenere in spregio sia le riserve espresse dalle voci pi responsabili del mondo scientifico sia il desiderio dei consumatori. In questa situazione occorre chiedersi se gli Stati siano ancora, ed eventualmente in quale misura, titolari di un autonomo potere di determinazione della propria politica agro-alimentare. La questione, da un lato, va inquadrata nellambito del tema pi generale della crisi della sovranit negli Stati nazionali e dei relativi fenomeni di dislocazione e concentrazione di una parte dei poteri statali a favore di nuovi soggetti internazionali; dallaltro, va esaminata in relazione alle reazioni sempre pi decise della societ civile che - su scala globale e nazionale - ha recentemente promosso numerose iniziative volte ad affermare la sovranit alimentare(8), cio il diritto dei popoli a decidere autonomamente quale modello di produzione agricola praticare per garantire nel presente e nel futuro unalimentazione sana e sicura che consenta di sostenere, oltre al corpo (se si aderisce allidea feuerbachiana che LUomo ci che mangia(9), anche mente e spirito. Tra questi due poli si colloca il ruolo che, nelle more del processo di riconfigurazione degli equilibri nazionali ed internazionali sul piano strettamente legislativo, potrebbe giocare la cosiddetta Internazionale dei Giudici. Con questa locuzione intendo alludere alla crescente attivit di pio ricalca la modalit a doppio binario, ormai consolidata, con cui le multinazionali agro-biotecnologiche hanno portato avanti le loro strategie di concentrazione: hanno acquisito le principali imprese sementiere, fino alla scomparsa di una industria sementiera indipendente dallindustria agrochimica, organizzando successivamente una forte azione di lobbying per il rafforzamento dei diritti di propriet intellettuale esclusivi riguardanti sia il germoplasma, sia le conoscenze ad esso associate. Le due conseguenze molto negative dal punto di vista ambientale e sociale di tale strategia, riguardano la negazione del diritto secolare degli agricoltori di riutilizzare parte del proprio raccolto come semente e lappropriazione da parte del detentore del titolo di propriet delle innovazioni e delle conoscenze incorporate nelle variet tradizionali. (8) Per sovranit alimentare si intende il diritto dello Stato nazionale di definire le politiche desiderate in materia alimentare e agricola, di proteggere e regolamentare la produzione ed il commercio agricolo nazionale, decidere in quale modo il cibo deve essere prodotto, quali specie permesso coltivare localmente e quali specie devono essere importate, salvaguardando lauto-sufficienza della produzione. (9) LUDWIG FEUERBACH Das Geheimnis des Opfers oder Der Mensch ist, was er it (Il mistero del sacrificio, ovvero luomo ci che mangia), in L. Feuerbach: Gesammelte Werke II, Kleinere Schriften IV (1851-1866). Akademie Verlag, Berlin 1990, 26-52. Per quanto possa occorrere, inoltre, doveroso segnalare che molte tradizioni culturali diverse dalla nostra (India, Cina, Tibet, Mongolia, ad esempio) hanno individuato ben prima dellOccidente le strette correlazioni esistenti tra alimentazione e salute, (Integrated approaches towards drug development from Ayurveda and other Indian systems of medicine, Pulok K. Mukherjee and Atul Wahile School of Natural Product Studies, Department of Pharmaceutical Technology, Universit di Jadavpur University, Calcutta 700032, India, Journal of Ethnopharmacology, Volume 103, n. 1, 3 gennaio 2006, pag. 25-35). 350 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 cooperazione tra corti nazionali e straniere, che ha dato luogo al fenomeno di cross fertilization del diritto domestico soprattutto per effetto del richiamo, in via interpretativa, alle sentenze pronunciate dalle Corti appartenenti ad altri ordinamenti. Fenomeno questo, che va letto in relazione anche alla creazione di tribunali e commissioni arbitrali internazionali, designati in assenza di garanzie che ne assicurino effettivamente terziet ed imparzialit, per decidere questioni inerenti a materie delicatissime che impattano significativamente la qualit della vita dei singoli e i loro diritti fondamentali. Allinterno del quadro tracciato, la sentenza del 21 maggio 2004/SCC 034 - file n. 29437 pronunciata dalla Corte Suprema Canadese sul caso Monsanto/Schmeiser (10), la cui portata non esito a definire storica, apre scenari di indubbio interesse. La questione decisa dalla Suprema Corte canadese, riguardava un caso di contaminazione accidentale delle coltivazioni di colza convenzionale di propriet del signor Schmeiser ad opera di semi OGM di colza Roundup Ready (brevetto Monsanto) portati dal vento, i cui geni modificati per resistere al glifosate avevano colonizzato quelli tradizionali dellanziano agricoltore. Questultimo, rifiutandosi di acquistare altre sementi - dato che da oltre 40 anni, ogni anno, conservava e riutilizzava le proprie - aveva riseminato quelle contaminate che contenevano il gene brevettato. La Monsanto, accertata la presenza del gene brevettato nelle piante dellagricoltore, si era rivolta allAutorit Giudiziaria dando luogo ad una lunga vicenda giudiziaria ad esisto della quale la Corte Suprema canadese ha giudicato Schmeiser responsabile di patent infringement, cio, di violazione del brevetto. Sulla base di una serie di considerazioni che verranno illustrate in seguito, per effetto della pronuncia sono stati consolidati i diritti di brevetto della Monsanto non solo sui semi contaminati, ma anche sulla produzione futura derivata da quelle sementi (in pratica, sulle nuove generazioni di piante infettate dallOGM che esprimono i geni brevettati). Con il presente contributo intendiamo introdurre la questione se, in virt delle nuove aperture dottrinali e giurisprudenziali che considerano favorevolmente il ricorso allo strumento ermeneutico della comparazione per age- (10) Con la citata sentenza Percy Schmeiser, un imprenditore agricolo canadese che aveva subito lirreversibile inquinamento dei propri campi per accidentale contaminazione da colza MON Roundup Ready resistente al glifosate, nonostante la non colpevolezza provata in tre gradi di giudizio quanto allaccusa di contrabbando delle sementi geneticamente modificate della Monsanto, stato ritenuto comunque responsabile di violazione del brevetto per aver riseminato le proprie sementi di colza contaminate. Per effetto di un argomentare impeccabile sul piano tecnico-giuridico quanto perverso nei suoi risultati, le conseguenze dellinquinamento della colza tradizionale non - OGM sono state poste a carico dellagricoltore che le ha subite. Recentemente Schmeiser ha intentato una causa contro la Monsanto per chiedere il risarcimento dei danni derivanti dallinquinamento sofferto. DOTTRINA 351 volare il dialogo tra Corti Supreme e la globalizzazione giudiziaria, sia ipotizzabile il recepimento dei contenuti della sentenza Monsanto/Schmeiser anche in altri ordinamenti statali. 2. Crisi della sovranit nazionale, dello stato di diritto e delle garanzie dei diritti fondamentali nellepoca attuale Lo Stato viene generalmente definito dalla dottrina classica come ordinamento giuridico originario caratterizzato dalla sovranit interna ed esterna, cio da una potestas superiorem non recognoscens che si esprime attraverso un popolo, un territorio e un governo. pressoch pacifico che si possa parlare di Stato in questa accezione solo a partire dal Trattato di Westfalia del 1648, che ne riconosceva la qualifica ...a quelle societ politiche territoriali sovrane, contraddistinte da unassoluta indipendenza sia dallImpero che dal Papato(11). Dopo il secondo evento bellico mondiale, la gran parte degli ordinamenti statali democratici da questo scaturiti si sono dotati di carte costituzionali ispirate a un modello che attribuiva la sovranit al popolo, sottoponendo al principio di legalit il corretto uso del potere sovrano (La sovranit appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti previsti dalla Costituzione, art. 1, 2 c. della Costituzione italiana), entro il quadro di una democrazia rappresentativa che da un lato aspirava alla massima coincidenza possibile tra Stato-apparato e Stato-comunit - e, dunque, alla migliore traduzione possibile della volont dei governati da parte dei governanti - dallaltro, ad assicurare la pari dignit e tutela di tutte le minoranze. In tale contesto, listituto della rappresentanza mirava a garantire che le decisioni politiche - le leggi e gli atti di governo - venissero prese tramite rappresentanti eletti con il suffragio universale dagli stessi soggetti cui erano destinate e, in alcuni casi, anche direttamente (es.: referendum). Lorganicit del sistema era assicurata da un assetto equilibrato dei vari poteri costituzionali, ispirato al principio della separazione del potere politico, esecutivo e giudiziario. Ma le cose stanno ancora cos? A partire dallultimo quarto del secolo passato sovranit nazionale e democrazia hanno subito una profonda crisi, originata dalla discrepanza tra la situazione reale ed il modello giuridico costituzionale previsto dal diritto positivo di rango costituzionale e dallo stato di diritto. Non vՏ chi non veda come nel mondo globalizzato i poteri economico, finanziario, militare e mass-mediatico si siano trasferiti prevalentemente al (11) P. BISCARETTI DI RUFFIA, Voce Stato, in Enciclopedia Giuridica Treccani, Roma, 1993 XXX, pag. 1. 352 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 di fuori dei confini del diritto statale, in un contesto che li rende sempre pi capaci di sottrarsi al controllo giurisdizionale nazionale e, nel contempo, anche di servirsene per i loro fini. La lex mercatoria si affermata come Grundnorm dellordinamento internazionale con la conseguente inversione del rapporto tra Stato e mercato: non pi la politica a governare e controllare leconomia, ma leconomia a governare la politica(12). Una volta perso il controllo delle dinamiche economiche, indispensabile per orientare lo sviluppo verso le finalit individuate in sede politica, la sovranit statale stata progressivamente trasferita verso organizzazioni internazionali cui sono stati attribuiti, oltre al potere decisionale degli Stati nazionali in determinati settori, autonomi apparati burocratici e la capacit di dettare in via autonoma norme direttamente incidenti sui rapporti interpersonali dei consociati degli Stati aderenti. Nellambito dei rapporti fra Stati nazionali ed interessi sovra-nazionali questa evoluzione avvenuta gradualmente e carsicamente, in modo del tutto analogo a quanto accaduto allinterno dellordinamento giuridico statale ove, anche il mutamento strisciante dellassetto costituzionale dei poteri che ha poi condotto alla cosiddetta costituzione silenziosa (fatta di agenzie, istituti e reti plurali dinteressi, che affiancano e lentamente sostituiscono le costituzioni formali), avvenuto dietro le quinte, in sordina e in modo non appariscente (13). Questa situazione ha minato limpianto democratico dello stato nazionale nei suoi presupposti fondativi, sia nei paesi dell'Unione Europea (il cui deficit democratico consiste nel fatto che la maggior parte della legislazione in essi vigente di origine comunitaria o sovra-nazionale, cio direttamente o indirettamente prodotta da organi non rappresentativi, come la Banca Mondiale, il Fondo monetario internazionale, l'Organizzazione mondiale del Commercio, la Nato e simili), sia nei paesi poveri del sud del mondo. Come acutamente osservato (14), se la maggior parte delle norme vigenti in uno stato sono di origine extra-statale, il principio di legalit, la riserva di legge, la soggezione del giudice alla legge, che fanno riferimento a una fonte tipicamente statale come la legge, vengono svuotati del loro senso originario insieme ai due principali elementi distintivi dello stato di diritto: la soggezione dei pubblici poteri alla legge e il controllo giurisdizionale sul loro operato ad opera di giudici (12) S. CASSESE La crisi dello Stato, Laterza, Bari, 2001, pag. 36-38. (13) M. CALISE, La costituzione silenziosa. Geografia dei nuovi poteri, Laterza, Roma-Bari, 1998, pag. 79-83. (14) LUIGI FERRAJOLI, Stato di diritto, democrazia e crisi dello Stato nazionale (Intervento al convegno internazionale Stato di diritto e diritti soggettivi. Questioni aperte, Firenze, 6 dicembre 2002) pubblicato su Jura Gentium, Rivista di filosofia del diritto internazionale e della politica globale, www.juragentium.unifi.it/it. DOTTRINA 353 indipendenti. Anche la forza delle Carte Costituzionali europee stata piegata da limitazioni sempre pi ampie, ed proprio la trasversalit del settore economico a porsi come punto di frizione tra la gerarchia dei valori tradizionali degli stati membri e quella liberista delle istituzioni europee e sovra-nazionali. In dottrina, alcuni Autori suggeriscono che questa crisi vada interpretata non solo come perdita della sovranit in senso spaziale (perdita dei confini del diritto(15), ma anche come crisi dei valori positivistici che permeano lidea di Stato-normatore in senso, appunto, positivistico, caratterizzato cio dallautonomia del diritto rispetto agli altri campi dellagire e agli altri sistemi sociali. Con largo anticipo questa situazione venne preannunciata dalla migliore dottrina costituzionalistica, che fu in grado di prevedere come lerosione della sovranit avrebbe determinato la perdita del centro (16) nel diritto pubblico contemporaneo, per lasciare il posto a unidea di diritto mite, fluido, incerto. In definitiva, il paradigma giuridico moderno sarebbe inadeguato a proiettarsi oltre lo Stato e, quindi, inidoneo ad affrontare il nuovo contesto caratterizzato da una discontinuit di livello rispetto al passato. La crisi dovuta alla perdita della capacit regolativa dello stato, percepita come un vuoto di diritto pubblico, di sfera pubblica, cio di garanzia dei diritti fondamentali, un vuoto non di diritto, ma di diritto pubblico... inevitabilmente colmato dal diritto privato... che si sostituisce alle forme tradizionali della legge e riflette immancabilmente la legge del pi forte(17), secondo alcuni orientamenti che si muovono allinterno della tradizione positivista sarebbe rimediabile solo con la rifondazione del diritto internazionale e con la costituzione di un nuovo diritto pubblico adeguato, basati non pi sulla sovranit degli (15) A. AMENDOLA, I confini del diritto, La crisi della sovranit e lautonomia del giuridico. Napoli, Edizioni Scientifiche, 2003, p. 1. LAutore osserva che: ... se la sovranit garantiva insieme lindipendenza territoriale e lautonomia del diritto, va quantomeno indagato in quale misura la sua crisi metta in discussione non solo la determinazione territoriale dei singoli ordinamenti, ma anche il significato stesso dellautonomia del diritto e della sua differenziazione dagli altri campi dellagire e degli altri sistemi sociali, e cio lautonomia del diritto dai campi delletico, del religioso, delleconomico. (16) G. ZAGREBELSKY, Il diritto mite. Legge, diritti, giustizia, Torino, Einaudi 1992, p. 8. Per la tradizione giuspositivistica, il diritto non pu essere mite, poich esso organizzazione della coercizione. Il diritto mite tale perch composto da leggi, da diritti e da principi di giustizia e, nella misura in cui nel diritto mite si verifica una contaminazione tra diritto e morale, si verifica con ci stesso anche una contaminazione tra diritto e politica. Lo Stato di diritto ha a che fare con una concezione rigorosamente legata al presupposto della coattivit del diritto, che non pu essere in alcun caso diritto mite. Invece, nella prospettiva dello Stato costituzionale dei diritti lo Stato costituzionale e la costituzione fa da sistema di unificazione di una societ pluralistica, unificazione che avviene non solo tramite la legge, ma anche tramite diritti e principi di giustizia materiale. E nei diritti e nei principi di giustizia vՏ unevidente radice giusnaturalistica, mentre nelle leggi il richiamo al positivismo. In questa delimitazione rispetto allorizzonte positivistico, Zagrebelsky si oppone a Kelsen e dice che alla scientia juris avalutativa si sostituisce la juris prudentia. (17) L. FERRAJOLI, Principia Juris. Teoria del Diritto e della Democrazia, Laterza GFL, Roma- Bari 2007, pag. 531. 354 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 stati ma sulle autonomie dei popoli, in cui possa trovare spazio lo sviluppo di nuove istituzioni internazionali rappresentative (18). Una globalizzazione non solo economica ma anche politica, insomma, caratterizzata dalla pluralit degli ordinamenti. Altre voci della cultura giuridica, al contrario, lamentando i limiti della neutralit assiologica positivista di fronte agli interrogativi di carattere etico sollevati dalla globalizzazione economica, sostengono la necessit di un cambiamento di paradigma ispirato a nuove connessioni forti tra diritto e morale, con aspirazioni di validit erga omnes (19). Lispirazione universalistica della teoria dei diritti fondamentali da questi proposta, tuttavia, si rivela forse ancor pi inadatta rispetto a quella di derivazione positivistica per le sue tentazioni monoculturali. Tra le due posizioni fondamentali rappresentate con diverse gradazioni di rigidit dai sostenitori dellapproccio positivistico anche in dimensione superstatale e le correnti caratterizzate da aspirazioni universalistiche, esiste un altro orientamento dottrinale che propone si possa lasciar spazio ad un positivismo soft, inclusivo, (20) considerato come lapproccio pi adatto sia per trasformare profondamente il modo di intendere la separazione tra diritto e morale e le sue disfunzioni non pi eludibili, sia per evitare labbandono della teoria giuridica descrittiva (positivismo metodologico) per una teoria dei diritti direttamente normativa (21). Il positivismo soft potrebbe diventare loccasione (18) L. FERRAJOLI Principia Iuris. Teoria del Diritto e della Democrazia, Laterza, Roma-Bari, 2007, pag. 548 ss. (19) Il maggior esponente di questa corrente dottrinale Ronald Dworkin. In senso critico, FRANCESCO RIMOLI Universalizzazione dei diritti fondamentali e globalismo giuridico: qualche considerazione critica. I diritti fondamentali: problema teorico o strumento di conquista?, in Studi in onore di Gianni Ferrara, a cura di Gaetano Azzariti, Giappichelli Editore, Torino, 2005. (20) Tra i pi illustri esponenti Jules Coleman e H.L.A. Hart. WILFRID J. WALUCHOW nella sua opera Inclusive Legal Positivism offre una descrizione e una difesa di quello che viene chiamato positivismo inclusivo od anche soft positivism. Ci che caratterizza il positivismo inclusivo, differenziandolo dal positivismo esclusivo di Joseph Raz, sarebbe la tesi secondo cui la morale pu giocare un ruolo nella determinazione dellesistenza, del contenuto e del significato delle norme valide. Largomentazione avanzata da Waluchow fa leva soprattutto su due fatti: a) in primo luogo, le corti si appellano a principi morali per risolvere e giustificare le loro decisioni, senza che questo costituisca creazione di nuovo diritto; b) in secondo luogo, i documenti normativi pi in alto nella gerarchia delle fonti, le costituzioni, fanno esplicito riferimento a principi e valori morali condizionando lattivit legislativa senza che questo determini un abbandono della tesi della separazione fra diritto e morale. (21) Su questo punto Barberis avverte...che una concezione generale delletica sia rilevante per la filosofia del diritto - in particolare per quel problema dei rapporti fra diritto, morale, o etica che al centro della secolare discussione fra giuspositivismo e giusnaturalismo - pu sembrare ovvio, ma non lo affatto: la distinzione fra monismo e pluralismo etico logicamente indipendente dalla distinzione fra positivismo giuridico e giusnaturalismo: tanto il giuspositivismo quanto il giusnaturalismo possono aderire, in etica, sia al monismo sia al pluralismo. Come sarebbe facile mostrare in dettaglio, alla tesi giuspositivista della separabilit identificativa fra diritto e morale pu aderire tanto un monista etico come Nino quanto un pluralista etico come Kelsen: come del resto alla tesi giusnaturalista della connessione giustificativa fra diritto e morale pu aderire tanto un monista come Nino quanto un pluralista DOTTRINA 355 per lapertura di spazi plurimi di negoziazione del conflitto sociale e politico, in una visione del diritto che accetti definitivamente la sua continua permeabilit non a unetica fissata una volta per tutte nel cielo dei principi, ma agli esiti sempre rinegoziabili di tali conflitti, e per la ricerca di un vocabolario minimo dei diritti fondamentali (22) condivisibile da tutti (secondo uninterpretazione minimalista del paradigma dei diritti), a partire dal quale possano trovare fondamento idee diverse di sviluppo umano. 3. Limiti alla potest normativa statale in materia agro-alimentare. Cenni Il settore agro-alimentare, rivestendo per sua natura rilevanza strategica, stato interessato da una profonda evoluzione legislativa a partire dal secondo dopoguerra e vive, ormai da diversi anni, una fase di grande trasformazione caratterizzata dalla sempre maggior marginalit della potest legislativa nazionale. A una legislazione espressione della sovranit dello Stato e a una regolamentazione dellindustria alimentare intesa in senso restrittivo e soggetta a controllori pubblici investiti di funzioni sanzionatorie, si andato sostituendo un quadro complesso che segna il primato del diritto comunitario (23) e delle norme del commercio internazionale. come Finnis. Vi per almeno un tema, cruciale per lodierno dibattito filosofico-giuridico, per il quale lalternativa fra monismo e pluralismo etico appare immediatamente rilevante: il tema dellinterpretazione costituzionale. Si tratta di quel settore dellinterpretazione giuridica nel quale pi comune il ricorso a princpi, diritti e valori morali o pi generalmente etici; del settore, in particolare, nel quale il conflitto fra valori non pu considerarsi certo patologico, bens fisiologico. noto che, nella prassi effettiva delle Corti costituzionali, il conflitto fra i princpi o fra gli stessi diritti o valori che essi incorporano, o ai quali rinviano non viene risolto per mezzo dei comuni criteri di soluzione delle antinomie; di fronte a conflitti del genere, i giudici costituzionali ricorrono invece a quella particolare tecnica di soluzione dei conflitti che la ponderazione o il bilanciamento: la valutazione di quale fra due princpi o valori confliggenti prevalga (non in generale, bens) caso per caso. M.BARBERIS, Leterogeneit del bene. Giusnaturalismo, giuspositivismo e pluralismo etico, in Paolo Comanducci Riccardo Guastini (a cura di), Analisi e diritto 2002-2003. Ricerche di giurisprudenza analitica, Giappichelli, Torino, 2004, pp. 13-20. (22) Come argomentato nel contributo di D. ZOLO in M. Ignatieff, Una ragionevole apologia dei diritti umani, Milano, Feltrinelli, 2003 relativamente alla portata universalistica dei diritti umani, una volta sfatato il mito della loro indimostrata universalit e indivisibilit, occorre affermarli solo come libert negativa e considerarli come un linguaggio che crea le basi per la deliberazione, un vocabolario minimo, appunto. Essi possono costituire il quid minimo umano nel quale possono attecchire idee diverse di sviluppo (entro un'ottica che prevede una pluralit dei modelli di vita buona). La loro universalit non dovrebbe poter andare oltre la protezione della sicurezza e la libert di autodeterminazione degli individui. (23) A partire dagli artt. 2-3, artt. 34-46 (attuali 32 38 TCE) del Trattato di Roma del 1957 che prevedevano la creazione di una Politica Agricola Comunitaria (PAC) cui stato conferito un carattere di specialit. Alcuni spunti critici molto interessanti sono elaborati in G. F. LACCONE, Per una riflessione critica sulla Politica Agricola Comune europea, Storia della Politica Agricola Comune Europea, consultabile on-line su http://www.altragricoltura.org/fcbasilicata/cd/pac/storia_PAC_Laccone.pdf. pag 2: 356 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 A partire dal Trattato di Roma del 1957, lEuropa ha deciso di dotarsi di una Politica Agricola comune (articoli 38 46 , attuali 32 38 TCE) conferendole un carattere di specialit e imprimendole un forte orientamento produttivistico per garantire lautosufficienza alimentare e laccessibilit dei prezzi sul mercato. Per circa un trentennio ha perseguito tale finalit fin verso la fine degli anni Ottanta, quando una serie di fattori hanno contribuito a determinare una svolta decisiva alla politica agricola comunitaria (PAC). Lentrata in vigore dellAtto Unico (24), ha favorito lallargamento della PAC a questioni non immediatamente legate alla produttivit agraria: si cominciato a parlare di sviluppo rurale inteso come insieme delle attivit degli abitanti dellambiente rurale. Correlativamente la Commissione ha posto laccento sullimportanza della salvaguardia della qualit nel quadro della PAC, incentivando la rivalutazione delle metodiche produttive tradizionali con determinati strumenti, quali il riconoscimento di particolari tutele per le denominazioni dorigine e geografiche e per le specialit tradizionali garantite. Linserimento della tutela dellambiente fra le politiche comunitarie ha a sua volta giocato un ruolo fondamentale nella modifica della PAC, contribuendo a spostare lobiettivo da una produzione di tipo essenzialmente quantitativo( 25) a uno sviluppo qualitativo in linea con la politica agraria comu- La PAC un processo complesso, tappa fondamentale di un percorso che, sotto il segno del mercato, nella seconda met del XX secolo ha ricostruito lunit del sistema agricolo che, bene ricordarlo, esisteva in Europa prima dellavvento degli stati nazione. Nel corso di quarantanni di PAC finito un mondo - quello dei contadini -, si esaurito un mito - quello della modernizzazione delle campagne -, sono nati nuovi soggetti sociali (imprenditori agricoli molto spregiudicati, aziende multifunzionali, imprese efficienti polisettoriali, contadini ecologisti, lavoratori part-time, braccianti ultraflessibili intersettoriali, nuovi schiavi, ecc.); tutto ci pone altre necessit rispetto a quelle che mossero la nascita della PAC negli anni sessanta. per questo che la PAC di oggi va necessariamente cambiata ed su questo che si confrontano due diversi modi di vedere le cose tra quanti propendono per la trasformazione neoliberista del mondo e tra essi anche una parte di quelli che si definiscono agricoltori e quanti la osteggiano. I primi vogliono che la PAC cambi nel segno della finanziarizzazione del sistema (cio del processo che omologa ai sistemi finanziari tutti i processi di produzione e scambio), perdendo parte di quei connotati sino ad ora avuti, e perseguendo il basso prezzo dei prodotti di base ed il mercato a flessibilit totale; i secondi intendono trovare obiettivi e parole dordine coerenti e praticabili anche in campo agricolo, cercando di restituire ruolo e immagine alla figura dei contadini e dando allagricoltura uno spazio proprio nellipotesi di altro mondo possibile. (24) L'Atto unico europeo (AUE), firmato a Lussemburgo e all'Aja ed entrato in vigore il 1 luglio 1987, ha riformato il Trattato di Roma e posto le basi per una maggiore integrazione tra i paesi della Comunit sotto tre profili: per un passaggio dal mercato comune al mercato unico, per nuovi e pi importanti poteri alla Comunit e per nuove regole di decisione degli organi comunitari. (25) Lesigenza di limitare i costi delle sovrapproduzioni, unita a quella di allineare le politiche dellagricoltura comunitaria alle regole del GATT (secondo cui i sostegni alla produzione erano ammessi solo quando non interferivano sugli scambi) portarono, nel 1992, alla riforma Mac Sharry, per effetto della quale si passati al sostegno diretto degli agricoltori con un sistema di aiuti compensativi concessi per unit di superficie o di bestiame ad ogni agricoltore comunitario. I riformatori ... pretendevano di avviare una riforma non solo per ridurre le eccedenze produttive e lonere delle spese, ma per correggere la distribuzione degli aiuti che arrivava ad attribuire l80% delle risorse economiche al 20% degli agricoltori e per impedire il fenomeno di abbandono delle zone meno fertili e svantaggiate. La riforma Mac DOTTRINA 357 nitaria, anche se lutilizzo di pratiche agricole poco rispettose dellambiente non stato totalmente superato. La Commissione europea ha quindi presentato, nel 1997, lAgenda 2000, un insieme di interventi fra cui rientravano laumento della competitivit dell'agricoltura europea con l'accostamento dei prezzi europei a quelli mondiali, la garanzia di qualit degli alimenti per la tutela dei consumatori, la stabilit dei redditi in agricoltura e adeguamento del livello di vita degli operatori agricoli, lincremento dell'occupazione, la ricerca di forme di reddito alternativi per le imprese e la sostenibilit ambientale della produzione agricola. Lattenzione del Legislatore europeo si spostata dal prodotto al produttore, attribuendo agli agricoltori ruoli nuovi ed ulteriori di presidio ecologico, di salvaguardia del territorio di tutela delle tradizioni culturali ed eno-gastronomiche. Tali obiettivi, tuttavia, sono stati largamente disattesi. Il Regolamento (CE) n. 1782/03 (GUCE L 270 del 21 ottobre 2003), accogliendo nominalmente la sfida della creazione di un modello di sviluppo sostenibile ha attuato unulteriore riforma della politica agricola comune, innovandone profondamente gli strumenti di intervento e completando il processo iniziato nel 1992 con la riforma MacSharry. Le nuove regole, applicate a partire dal gennaio 2007, tendono all'equilibrio finanziario tra gli interventi di mercato e quelli di sviluppo rurale (spostando risorse dai primi ai secondi attraverso la cosiddetta modulazione), mutano le modalit di sostegno al reddito dei produttori (introduzione del disaccoppiamento) e, infine, impongono il rispetto di norme vincolanti (condizionalit CGO e BCAA (26)) per la conservazione dei suoli, per la protezione dell'ambiente e per il benessere degli animali. Il sistema cos delineato deve confrontarsi con le problematiche derivanti dallallargamento ad est dellUnione europea e con le pressioni originate dal negoziato del Doha Development Round dellOMC, che impongono un processo di riforma continuo. A proposito di questultimo punto, occorre subito dire che limportanza delle fonti internazionali nel diritto agro-alimentare e la loro incidenza sulle corrispondenti norme comunitarie e nazionali oggi preponderante, tanto Sharry ha invece cristallizzato le posizioni e, priva di ogni sistema di modulazione, ha premiato la rendita, poich ha concesso in modo direttamente proporzionale di pi a chi aveva pi terre arabili nelle zone pi fertili. Non solo, ma il fatto di dare laiuto per ettaro in modo fisso, senza considerare le economie di scala, ha dato nelle mani dei grandi proprietari masse enormi di danaro che, lungi dallessere reinvestite, sono restate nelle banche ad uso delle grandi manovre finanziarie del decennio passato; si trattato di un tassello importante del processo di finanziarizzazione dellagricoltura, cfr. G.F.LACCONE Per una riflessione critica sulla Poltitica Agricola Comune europea in Storia della Politica Agricola Comune Europea, ivi pag 11-12. (26) CGO: criteri di gestione obbligatori; BCAA: buone condizioni agronomiche e ambientali. 358 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 da potersi affermare che la gerarchia delle fonti di produzione normativa in questa materia si configura, in senso decrescente, come segue: Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), Unione Europea, Stato centrale (o Federale) e Regione. Laccordo istitutivo dellOrganizzazione Mondiale del Commercio prevede una rilevante rete di vincoli di natura soprattutto qualitativa (27) e, insieme allAccordo Agricolo allegato al Trattato di Marrakesh, orientato alla liberalizzazione dei mercati agricoli in base ai parametri che ... verranno progressivamente irrigiditi... a seguito dei risultati del Millennium Round(28) per ottenere labbattimento delle barriere di tipo economico (dazi doganali, prelievi, restituzioni e sovvenzioni allagricoltura nazionale) e di quelle di tipo tecnico(29) e commerciale. In questottica lAccordo individua tre priorit essenziali: -1. ridurre il sostegno interno allagricoltura (parte IV artt. 6, 7); -2. ridurre progressivamente le sovvenzioni alle esportazioni (part. V , artt. 8, 9, 10); -3. aumentare laccesso delle importazioni al mercato interno di ciascun Membro. La previsione di queste finalit, necessariamente, limita i Membri dellOMC (Stati e Comunit) nella possibilit di adottare una politica agricola autonoma. Tra gli accordi dellOMC ha una notevole importanza l'accordo sui TRIPs (Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights), che sancisce l'obbligo di "rendere disponibili i brevetti per tutti i tipi di invenzioni, sia di prodotto che di processo, in tutti i campi della tecnologia" (art. 27.1) e di "provvedere alla protezione delle variet vegetali o tramite brevetti o tramite un efficace sistema sui generis o tramite la combinazione dei due sistemi" (art. 27.3b). L'importanza dell'accordo TRIPs consiste nel tentativo di estendere geograficamente (sono membri dellOMC circa 150 paesi) l'obbligo di appli (27) SILVIA MANSERVISI in Il nuovo diritto agrario comunitario. Atti del Convegno organizzato in onore del prof. Luigi Costato (in occasione del suo 70 compleanno), Ferrara-Rovigo, 19-20 novembre 2004 / a cura di Ettore Casadei e Giulio Sbarbanti, Giuffr, 2005, pag. 516 ss. (28) L. COSTATO, Politica Agricola Comunitaria e Commercio Internazionale, in Commercio Internazionale sostenibile? WTO e Unione europea, a cura di L. S. Rossi, Bologna, Il Mulino, 2003, p. 262. (29) A titolo esemplificativo, lAccordo sulle Misure Sanitarie e Fitosanitarie in agricoltura, la cui incidenza notevole perch regola questioni di primissima importanza (ad esempio le modalit applicative dellatteggiamento precauzionale che influenzano la normativa sugli OGM. Il coordinamento fra Accordo Agricolo e lSPS Agreement operato dallart. 14, parte VIII del primo). Per unanalisi del ruolo del Codex Alimentarius in qualit di Ente promotore dei processi di armonizzazione/standardizzazione dei sistemi di regolamentazione della coesistenza tra colture OGM e non sotto lAccordo sulle Misure Sanitarie e Fitosanitarie, si rimanda agli atti del Convegno tenutosi a Montpellier, il 14-15 novembre del 2005 sugli International legal aspects of the co-existence between GM and non-GM products: approaches under international environment law and international trade law L. Boisson de Chazournes & M.-M. Mbengue Law Faculty of the University of Geneva, Department of Public International Law and International Organization, Uni Mail, 40, bd Pont-dArve, 1211 Genve 4, Switzerland, pubblicato da Agripolis Productions (Montpellier) e scaricabile dal sito:www.gmcc05.com/pdf/GMCC05.pdf DOTTRINA 359 cazione dei brevetti al settore farmaceutico e agricolo. In Europa, ladeguamento dellordinamento comunitario alle regole contenute nellAccordo Agricolo e nel Trattato di Marrakech avvenuto con lemanazione del Regolamento n. 3290/94 del Consiglio del 22 dicembre 1994 (G.U.C.E. n. L 349 del 31 dicembre 1994). Lart. 118 del Trattato di Lisbona, come ben illustrato dalla dottrina pi recente, sembra destinato a rafforzare il sistema internazionale di protezione della propriet intellettuale TRIPs (30). Oltre alle norme internazionali derivanti dallOMC e dallAccordo Agricolo allegato, occorre ricordare numerose altre norme di diritto internazionale che si pongono come limiti alla potest legislativa statale e comunitaria. Tra le pi significative occorre menzionare la Convenzione sulla Diversit Biologica (31), il protocollo di Cartagena sulla Biosicurezza (32) il Trattato internazionale sulle Risorse Fitogenetiche per lAlimentazione e lAgricoltura (33), il Protocollo di Kyoto (34), ratificati sia dalla Comunit Europea che dallItalia, dotate per di minore capacit incisiva rispetto allOMC e allAccordo Agricolo per gli strumenti di enforcement di cui dispongono. Esistono anche degli organismi tecnici di rilevanza internazionale capaci di condizionare le modalit di produzione agro-alimentare sul fronte igienico-sanitario, il cui ruolo su scala globale andato man mano acquisendo sempre maggior incisivit (35). (30) W. KINGSTON Intellectual Property in the Lisbon Treaty pubblicato sulla Rivista European Intellectual Property Rights , n. 11 del 2008, pag.439 (Sweet & Maxwell. ISSN (printed): 0142-0461). (31) Convenzione sulla Diversit Biologica. Sottoscritta a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992, ratificata in Italia con la legge n. 124 del 14 febbraio 1994 di Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla biodiversit, con annessi, fatta a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992. (32) Il Protocollo di Cartagena sulla Biosicurezza un accordo supplementare alla Convenzione sulla Diversit Biologica adottato il 29 gennaio 2000, cui lItalia ha aderito il 29 Marzo 2004 con la Legge n. 27/2004 di Ratifica ed esecuzione del Protocollo. (33) Trattato Internazionale sulle Risorse Fitogenetiche per l'Alimentazione e l'Agricoltura, adottato dalla 31 riunione della Conferenza della FAO a Roma il 3 novembre 2001 e ratificato in Italia con la Legge 6 aprile 2004, n. 101, di Ratifica ed esecuzione del Trattato internazionale sulle Risorse Fitogenetiche per l'Alimentazione e l'Agricoltura, adottato dalla 31 riunione della Conferenza della FAO a Roma il 3 novembre 2001. (34) Protocollo di Kyoto allegato alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, sottoscritto a Kyoto l11 dicembre 1997 e ratificato in Italia con la Legge 1 giugno 2002, n. 120 di Ratifica ed esecuzione del Protocollo di Kyoto alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Kyoto l'11 dicembre 1997. (35) Ad esempio, la Commissione del Codex Alimentarius (creata congiuntamente dalla FAO e dallOrganizzazione Mondiale della Sanit e attualmente riferimento consultivo in sede OMC), che promuove su scala globale un sistema di standard di controllo igienico ideato negli USA negli anni 60, con lintento di assicurare che gli alimenti forniti agli astronauti della NASA non avessero alcun effetto negativo sulla loro salute, tale da mettere a rischio le missioni nello spazio (HACCP Hazard Analysis Critical Control Point). Questi standard, una volta incorporati nella legislazione diventano vincolanti per ogni operatore dellindustria agro-alimentare. In questi ultimi anni il quadro di riferimento profondamente mutato soprattutto a causa dellistituzione dellOrganizzazione Mondiale del Commercio creata nel 1995, a seguito del negoziato dellUruguay Round. In particolare, lAccordo sulle misure sa- 360 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 La Corte di Giustizia dellUnione Europea, inoltre, ha svolto un ruolo di fondamentale importanza nella definizione della politica agricola dei singoli stati membri (ad esempio, per quanto concerne la creazione delle condizioni per laccoglimento delle biotecnologie in ambito agricolo sono state determinanti la sentenza 9 ottobre 2001, Causa C-377/98 e, da ultimo, la sentenza C- 439/05 P e C-454/05-P di condanna dellAustria per il bando allimmissione deliberata di OGM nellambiente, la sentenza C-429/01 del 27 novembre 2003 di analogo contenuto, la sentenza C-6/99 del 21 marzo 2000). Infine, per completezza, necessario accennare alle modifiche al titolo V della Costituzione introdotte dalla legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, che hanno inciso notevolmente sulla definizione dei rapporti con il diritto internazionale, in particolare quello pattizio, attraverso la nuova formulazione dellart. 117 1comma che individua nel vincolo al rispetto degli obblighi internazionali convenzionali un limite allesercizio della potest legislativa di Stato e regioni (36). Prima della modifica dellart. 117 della Cost. soltanto il diritto internazionale generale e consuetudinario erano espressamente presi in considerazione dallart. 10, 1 e 2 comma della Costituzione, mentre mancava un esplicito riferimento allattuazione dei trattati internazionali e degli obblighi comunitari. La nuova formulazione dellart. 117 impegna nitarie e fitosanitarie (SPS) e lAccordo sugli ostacoli tecnici al commercio (OTC) hanno assunto un ruolo determinante per le attivit del Codex Alimentarius. Infatti, i due accordi richiamati riconoscono limportanza dellarmonizzazione normativa a livello internazionale, al fine di ridurre al minimo il rischio che le norme sanitarie, fitosanitarie o altri regolamenti tecnici, possano tradursi in ostacoli ingiustificati al commercio. In particolare, con riferimento alla innocuit dei prodotti alimentari laccordo SPS ha esplicitamente individuato e scelto ai fini dellarmonizzazione le norme, le direttive e le raccomandazioni stabilite dalla Commissione del Codex Alimentarius, ritenendole scientificamente valide. In effetti, in caso di contenzioso in sede OCM, un Paese che applicasse misure pi restrittive rispetto a quelle sabilite dal Codex potrebbe essere chiamato a fornire adeguata giustificazione scientifica. Pertanto, dopo lUruguay Round, le norme Codex che nel passato erano destinate ad una applicazione su base volontaria da parte dei Paesi membri hanno assunto una valenza assai pi vincolante a livello mondiale. LHACCP stato introdotto in Europa con la direttiva 43/93/CEE - recepita in Italia con il Decr. Lgs. 26 maggio 1997, n. 155 -, che prevede l'obbligo di applicazione del protocollo HACCP da parte di tutti gli operatori a qualsiasi livello della catena produttiva alimentare. Successivamente, questa normativa stata sostituita con il regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sull'igiene dei prodotti alimentari. Da allora il sistema HACCP stato reso obbligatorio anche per le aziende che hanno a che fare con i mangimi per gli animali destinati alla produzione di alimenti (produzione delle materie prime, miscele, additivi, vendita, somministrazione. Limposizione di standard unici con validit globale ha suscitato non poche resistenze per limpatto sui prodotti tradizionali tipici (molto note sono le vicende relative ai formaggi da latte crudo e ad altri prodotti tipici, ad es., il lardo di colonnata, che ovviamente non possono rientrare negli standard igienici previsti per gli astronauti). In tutto il mondo i piccoli produttori di generi alimentari e i commercianti di tipo tradizionale stanno progressivamente cessando lattivit a causa della gravosa legislazione che impone spese fuori dalla loro portata in nome di unigiene contro-natura (cfr. The Ecologist Special Report, giugno 2001, pubblicato in L'Ecologist italiano n. 3, luglio 2005). Profili di maggior problematicit riguardano anche gli integratori alimentari e gli ingredienti della farmacopea delle medicine tradizionali. (36) B. CONFORTI, Sulle recenti modifiche della Costituzione Italiana in tema di rispetto degli obblighi internazionali e comunitari, in Foro It., 2002, p. 229 ss. DOTTRINA 361 il legislatore statale e regionale al rispetto di tutti gli obblighi internazionali e, quindi, di tutti gli obblighi derivanti dai trattati e dalle fonti derivanti dai trattati (37): come acclarato dalla Corte Costituzionale, con le sentenze n. 348 e 349 del 2007 citate supra, attualmente costituiscono parametro della costituzionalit delle leggi e degli atti aventi forza di legge. 4. Sovranit alimentare e diritto fondamentale al cibo. Work in progress.... Negli ultimi anni molte componenti della cosiddetta societ civile hanno accresciuto notevolmente la propria consapevolezza riguardo al valore dei beni ambientali, dellacqua, dellagricoltura e dellalimentazione, interrogandosi altres su quanto sia saggio consegnare nelle mani di un mercato oligarchicamente governato e dei suoi referenti tecnico-scientifici il futuro dellaccesso a tali risorse. Di conseguenza aumentata la richiesta di partecipazione ai processi decisionali che interessano queste materie da parte di cittadini, consumatori, agricoltori ed ecologisti, che non vogliono pi essere destinatari passivi di decisioni prese altrove. Nei paesi industrializzati, una forte spinta in questo senso stata determinata sia dal verificarsi di eventi tragici legati alla sicurezza alimentare sotto il profilo igienico (quali, ad esempio, la morte di numerose persone dovuta al consumo di carni bovine contaminate dal virus dellencefalopatia spongiforme; le morti e le intossicazioni causate dal triptofano OGM (38) negli USA; il caso del vino al metanolo in Italia), sia dalla preoccupazione, suffragata da sempre pi numerose evidenze scientifiche (39), per (37) C. PINELLI I limiti generali alla potest legislativa statale e regionale e i rapporti con lordinamento internazionale, in Foro it., 2001, V, p. 924 ss. (38) Lassunzione di un integratore contenente triptofano ottenuto da batteri OGM introdotto senza etichettatura nel mercato americano port, rispettivamente, alla morte di 37 e allintossicazione accertata di 1.580 persone. La modificazione genetica aveva comportato un'alterazione nel metabolismo dei batteri con la comparsa di metaboliti secondari tossici del tutto sconosciuti ed imprevisti (fonte: www.legambiente.eu/documenti/2002/2002ogm.pdf). Per una cronaca dettagliata dellintera vicenda si rinvia al testo di JEFFREY M. SMITH, Linganno a tavola, pubblicato da Nuovi Mondi Media, Modena, 2004 pag. 86. (39) In una petizione alla Commissione per la Salute Pubblica del Parlamento Scozzese, la British Medical Association chiese limmediata sospensione delle coltivazioni OGM in via sperimentale, come misura cautelativa per salvaguardare la salute pubblica (fonte BBC News, 20 novembre 2002). Le motivazioni a sostegno di quellappello, oggi sono pi che mai attuali. A titolo meramente esemplificativo, dato che la letteratura scientifica che accerta effetti dannosi degli OGM diventa sempre pi imponente, si rinvia a: N. BENACHOUR e G. E. SRALINI (University of Caen, Laboratory Estrogens and Reproduction, UPRES EA 2608, Institute of Biology, Caen 14032, Francia), La formula del glifosate induce apoptosi e necrosi nelle cellule umane ombelicali, embrionali e della placenta umana (Glyphosate Formulations Induce Apoptosis and Necrosis in Human Umbilical, Embryonic, and Placental Cells), pubblicato su Chem. Res. Toxicol., 2009, 22 (1), pag. 97105 DOI: 10.1021/tx800218n; Rapporto governativo austriaco pubblicato il 5 Novembre 2008 a cura del Ministero della Salute, della famiglia e della Giovent (ISBN 978-3-902611-24-6), che comprova un nesso di causalit tra sterilit e mais OGM NK 603 x MON 810. E inoltre: A.A.V.V., GM Science Exposed: Hazards Ignored, Fraud, Regulatory Sham, and 362 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 Violation of Farmers' Rights, cit.; G. NACCI, M.D. The Threat of genetically Modified Organisms (Rivista americana del Gerson Institute (Gerson Heating Newsletters, Vol. 21, N. 3, maggio-giugno 2006, Parte I, pag.: 5, 7, 9) sulla pericolosit del cibo OGM, che potrebbe indurre tumori maligni, leucemia e altre malattie infettive ...The transgenic viruses with which GMOs are treated today enter into the DNA of the plant, modifying it in a way which is unknown to us. These viruses are supposed to lie dormant but there is nothing to stop them reactivating in a manner similar to the well known RNA oncogenic viruses (Oncornavirus) or the DNA oncogenic viruses (both inducers of leukemia, sarcomas, carcinomas, gliomas). These viruses can also be the carriers of new diseases or syndromes whose dynamics are still unfortunately little understood (AIDS, Mad Cow Disease etc.), and whose origins remain very vague (perhaps transgenic viruses/GMO-Retroviruses); ALLISON R.F. Recombination in plants expressing viral transgenes, Seminars in Virology, 1996, Vol. 7, pag. 417-422; WINTERMANTELW.M., Isolation of recombinant viruses between Culiflower Mosaic Virus and a viral gene in transgenic plants under conditions of moderate selection pressure, sulla rivista Virology, ISSN 1044-5773, 1996 n. 223, pag. 156- 164; R. STEINBRECHER e J. LATHAM, GM Gene Flow (B): Horizontal gene transfer of viral inserts from GM plants to viruses, presentato al congresso della Royal Society di Edimburgo, nella omonima citt, il 27 gennaio .2003: GM Gene Flow: Scale and Consequences for Agriculture and the Environment, consultabile sul sito della Royal Society of Edinburgh http://www.royalsoced.org.uk/enquiries/gm _debate/index.htm. Secondo un importante studio condotto da un team di ricercatori guidati da IRINA ERMAKOVA (biologa dellInstitute of Higher Nervous Activity and Neurophysiology dellAccademia Russia delle Scienze a Mosca e presentato il 10 ottobre 2005 al simposio annuale dellAmerican Academy of Environmental Medicine sulle modificazioni genetiche), una dieta a base di cibo geneticamente modificato in grado di produrre danni sulla discendenza, (articolo in originale su: GM Food Dangers Directly Affect Biological Descendants and Future Generations, consultabile su www.food.gov.uk/multimedia/pdfs/acnfp_74_8.pdf). Numerosi altri casi, insieme al resoconto dei tentativi di discredito ai danni della reputazione scientifica dei ricercatori pi onesti, sono riportati in JEFFREY M. SMITH, Linganno a tavola, Bologna, Nuovi Mondi Media Edizioni, 2004 pag 9: ....Tyrene Hayes, uno scienziato dell'Universit della California a Berkeley, nel suo laboratorio ha esposto giovani rane a dosi molto basse di atrazina, il diserbante pi diffuso; i maschi si sono trasformati in ermafroditi, un risultato che fa pensare che l'atrazina possa essere un distruttore endocrino. Syngenta, la multinazionale che il principale produttore di atrazina, per prima cosa ha tentato di bloccare questo studio. Quando Hayes ha continuato con fondi propri, ha provato a offrirgli due milioni di dollari perch proseguisse le sue ricerche "in ambiente privato". Hayes ha declinato l'offerta e ha pubblicato il proprio lavoro negli Atti della National Academy of Sciences. Syngenta ha continuato ad attaccare quello studio e a fare di tutto perch non divenisse lo strumento di politiche utili alla protezione della salute pubblica e dell'ambiente. Arpard Pusztai era riconosciuto come la pi grande autorit mondiale nel campo delle lectine quando lavorava al Rowett Institute di Aberdeen, in Scozia. Pusztai fu incaricato dal governo britannico di condurre una ricerca per valutare gli effetti prodotti dalle patate geneticamente modificate sulla salute. Perci, si mise ad alimentare i ratti con patate transgeniche. Ci che scopr fu che i ratti manifestavano danni a vari tessuti e al sistema immunitario. Dopo che, con il consenso del suo istituto, ebbe reso pubblici i risultati della sua ricerca, Pusztai venne licenziato e fu orchestrata una campagna di enormi proporzioni per screditare il suo lavoro, campagna che comprese tra i suoi protagonisti le pi alte autorit dello stato. La sua casa fu svaligiata, i suoi appunti e i dati raccolti rubati. In seguito, i risultati delle sue ricerche furono pubblicati sulla rivista The Lancet. In un altro istituto di fama mondiale, la Cornell University, John Losey ha studiato gli effetti che il mais Bt, ottenuto con l'ingegneria genetica, pu avere su specie non-target. Ha alimentato larve della farfalla monarca con foglie di una comune erba di campo cosparse di polline del mais Bt. Moltissime delle larve che avevano mangiato le foglie col polline Bt sono morte, mentre le larve del gruppo di controllo nutrite con foglie spolverate di polline non geneticamente modificato sono sopravvissute tutte. Questo studio innocente ha scatenato la furia della Monsanto e della Novartis, che continuano a ripetere che le loro colture Bt, appositamente ingegnerizzate per uccidere parassiti come il "bollworm" del cotone e la piralide del mais, non hanno alcun effetto sulle specie non-target. Uno scienziato dell'Universit della California a Berkeley, Ignacio Chapela, ha scoperto che il polline del mais geneticamente modificato ha inquinato le variet naturali che crescono in Messico, il centro mondiale della biodiversit del mais; lo studio di Chapela apparso sulla rivista Nature nel novembre del 2001. Quel lavoro avrebbe dovuto suonare come un grosso cam- DOTTRINA 363 limatto negativo sulla salute e sullambiente dellingegneria genetica impiegata in agricoltura e nei processi produttivi alimentari. Nei paesi in via di sviluppo, le esigenze di partecipazione ai processi decisionali che definiscono le politiche agricole nascono dalla constatazione che le misure imposte dalle istituzioni finanziarie internazionali preposte allo sviluppo sono la principale causa del peggioramento della situazione di povert dei piccoli agricoltori (40), della distruzione delle economie di sussistenza, della promozione di un modello di produzione che aggrava il debito e dellimpoverimento di risorse preziose non rinnovabili (41). Ma anche nel cosiddetto mondo sviluppato, seppur apparentemente originata da istanze diverse, la rivendicazione di un ruolo effettivo nei processi decisionali in ambito agro-alimentare da parte delle varie componenti sociali coinvolte sostanzialmente la stessa, ed riconducibile al rifiuto di soggiacere ancora agli imperativi della nuova religione tecnocratica di cui le istituzioni globali si servono per imporre il pensiero unico in agricoltura (42), in un disegno complessivo che appare finalizzato a spazzare via sia panello d'allarme sul fatto che l'inquinamento portato dalle piante transgeniche pu contaminare la biodiversit per sempre. E invece il Bivings Group, l'agenzia che cura le pubbliche relazioni per Monsanto, ha lanciato una poderosa campagna [utilizzando soprattutto Internet] attraverso esperti che si sono spacciati per scienziati usando nomi fittizi. Gli editori di Nature, non abituati a forme di pressione cos aggressive, hanno fatto qualcosa che non ha precedenti nei 133 anni di esistenza di questa rivista scientifica: hanno pubblicato una prudente lettera di parziale sconfessione del lavoro di Chapela. Le ripetute pressioni dei sostenitori del biotech hanno stroncato la carriera accademica di Chapela a Berkeley. La strategia di manipolazione dei risultati scientifici e dei sistemi di regolamentazione messa in atto dalle multinazionali pone serie minacce all'indipendenza della scienza e alla salute pubblica. (40) C. DIOUF, presentazione del rapporto annuale FAO su Lo Stato dellInsicurezza Alimentare nel Mondo (SOFI) 2006, gi cit. sub nota n. 6. Sul fronte dei disastri socioeconomici, sufficiente citare il fenomeno dei suicidi tra gli agricoltori Indiani - si parla di 200.000 casi - che hanno perso tutto dopo essersi lasciati sedurre dalle false promesse di migliori guadagni fatte dai promotori del cotone Bt OGM della Monsanto. Gli stessi agricoltori si sono poi trovati nellimpossibilit di onorare i debiti contratti per acquistare gli input agricoli altamente tecnologici proposti dalla multinazionale (Somini Sengupta On Indias Farms, a Plague of Suicide, New York Times, 19 settembre 2006). (41) A titolo meramente esemplificativo: il disastro ambientale nelle pampas argentine coltivate con soya ogm Roundup Ready. Per una trattazione esaustiva dellimpatto socio-economico dellintroduzione delle coltivazioni GM si rinvia a: MIGUEL A. ALTIERI e WALTER A. PENGUE, Gm soya disaster in Latin America: Hunger, deforestation and socio-ecological devastation, Institute of Science in Society, Londra, 6 settembre 2005. Il rapporto annuale Chi trae beneficio dalle coltivazioni OGM? Laumento delluso dei pesticidi di Friends of the Earth International, (pubblicato da FOEI Publications ad Amsterdam nel Gennaio 2008), ha concluso che, allo stato attuale, la presenza di OGM sul mercato causa laumento e non la riduzione dei pesticidi tossici in agricoltura, oltre ad aver fallito nello scopo di risolvere il problema della fame e della povert. (42) Come ebbe a spiegare pazientemente agli europei, contrari ai prodotti geneticamente modificati Ann Foster, l'agente pubblicitaria britannica della Monsanto: ... la gente avr la soia Roundup Ready, che lo voglia o no (MARIAMARGARONIS, Nouvelle cuisine per i poveri, All. rivista del Manifesto n. 5, aprile 2000). Jean-Michel Duhamel, direttore della Monsanto per lEuropa meridionale, ha negato che gli OGM sarebbero stati imposti con la forza, ma contemporaneamente ha affermato che: "... entro 10 anni gli OGM avranno raggiunto il punto di non ritorno (Kenny Bruno, Say It Ain't Soy, Monsanto, Overview of GE soy and corn Gennaio/Febbraio 1997 VOL. 18, nn. 1 e 2 Organic Consumers Association OCA, su: http://www.purefood.org 6101 Cliff Estate Rd., Little Marais, Minnesota 55614). La 364 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 coloro che hanno praticato con successo unagricoltura davvero sostenibile sin dallVIII millennio a.C. (43), sia coloro che ricorrono, con ottimi risultati pratici, a metodi di coltivazione che il mondo accademico neppure si degna di considerare. Nel corso degli anni, le grandi imprese agro-biotecnologiche hanno consolidato la loro posizione di preminenza sui mercati mediante progressive concentrazioni e acquisizioni che hanno provocato la quasi totale scomparsa delle industrie sementiere indipendenti dallagro-chimica. In tal modo, oltre alla creazione delle condizioni di base per leliminazione di fatto della ricchissima variet di sementi autoctone in favore di poche variet standardizzate adatte alla monocoltura e ai criteri di produttivit del mercato (44), si pure determinata la sempre maggiore difficolt a reperire sementi non manipolate e non bisognose di supporti chimici di sintesi. Inoltre, lattribuzione dei titoli di propriet sulle invenzioni biotecnologiche, divenuto obbligo in virt dellaccordo sui TRIPs dellOMC, ha prodotto una forma di scambio non equilibrato nel mercato delle risorse genetiche sia perch il prezzo remunera le nuove tecnologie ma non la materia prima ed il sapere tradizionale ad essa associato (cio le innovazioni incorporate nelle sementi o nel materiale genetico utilizzato per le trasformazioni, dovute al sapiente lavoro di selezione plurisecolare degli agricoltori e al loro ruolo di custodi delle risorse genetiche come patrimonio collettivo), sia perch il divieto imposto agli agricoltori di riutilizzare parte del proprio raccolto come semente restringe al massimo laccesso agli input per lesercizio dellattivit agricola tradizionale e familiare a chi possiede capitali adeguati. Gli effetti devastanti che questa situazione ha determinato ai danni della biodiversit largamente riconosciuto e, per quanto a prima vista il problema della sua erosione (45) appaia prevalentemente connesso alla materia ambiente vera strategia introdurre una tale quantit di inquinamento genetico che soddisfare il bisogno di cibo libero da OGM sar impossibile. Lidea, molto semplicemente, di inquinare pi rapidamente di quanto gli stati non siano in grado di legiferare, e poi modificare le leggi per adattarle alla contaminazione.... Sostenuto da un sistema di diritti di propriet intellettuale predatorio, lagribusinesses sulla buona strada per ottenere unintera catena alimentare mondiale, cos ibridata e inquinata senza speranza, da obbligare i legislatori a mettersi mani in alto. Tornando con la mente a quel momento, nel masticare il nostro cibo geneticamente modificato, potremmo ben esser in grado di ricordare il punto di svolta esatto in cui abbiamo perduto la libert di scegliere le nostre opzioni alimentari (NAOMI KLEIN, When choice becomes just a memory Londra, The Guardian, 21 giugno 2001). (43) La superiorit dei metodi agricoli tradizionali illustrata nella bella monografia di Sir A. HOWARD I diritti della terra. Alle radici dellagricoltura naturale, SlowFood Editore, Bra, 2005. (44) Ad esempio, dalle 19.000 qualit di riso coltivate in India negli anni 60 si passati alle poche attuali. Analoghe osservazioni possono essere svolte a proposito delle variet di mais, patate, fagioli ed alberi da frutto (cfr. SABUJ KUMAR CHAUDHURI del Department of Library and Information Science, Jadavpur University, Kolkata-32, West Bengal, India, Genetic Erosion of Agrobiodiversity in India and Intellectual Property Rights: Interplay and some Key Issues, Pubbl. Patentmatics, 2005, Vol. 5, n. 6, pag. 3 su http://www.patentmatics.org/pub2005/pub6c.pdf). (45) Per erosione genetica si intende la perdita di diversit genetica, inclusa la perdita di geni individuali e la perdita di particolari combinazioni di geni. Il termine erosione genetica talvolta usato DOTTRINA 365 strictu sensu intesa, in realt riguarda molto da vicino anche la sicurezza alimentare, ovvero la garanzia della disponibilit di sufficienti risorse alimentari. Ci vale non solo per i Paesi in via di Sviluppo, gi prostrati da svariati problemi, ma anche per i paesi industrializzati. Per lavventatezza dei ricercatori che sembrano aver anteposto le lusinghe del mercato alluso responsabile della Scienza e, soprattutto, per lavidit di tanti speculatori senza scrupoli, potremmo ritrovarci a dover affrontare emergenze infinitamente pi gravi di quella che nella seconda met dell800 devast lIrlanda con la Grande Carestia (46). La sostenibilit ed i rischi del modello agricolo monocolturale fondato sulla chimica e sulla biotecnologia (che richiede, peraltro, limpiego di quantit sempre maggiori di sostanze inquinanti e la corsa al monopolio dellaccesso alle risorse genetiche) sono oggetto da tempo di unapprofondita analisi critica da parte della societ civile, che ha dato luogo a numerose iniziative culminate poi nella elaborazione del concetto di sovranit alimentare. Prima di soffermarci in dettaglio su questo fenomeno occorre spendere alcune parole per indicare i riferimenti giuridici internazionali che giustificano le azioni di rivendicazione della sovranit alimentare - gi intraprese su scala globale e locale da parte delle organizzazioni dei piccoli agricoltori, dei consumatori e dei movimenti di tutela ambientale - come mezzo per la realizzazione del diritto ad una alimentazione sana e sicura. Il diritto al cibo, come il diritto allacqua, per loro natura, hanno molteplici implicazioni. Si tratta di diritti umani di enorme rilievo perch, rispondendo ai bisogni pi elementari della sopravvivenza, sono diritti senza i quali non si ha la possibilit di godere degli altri diritti fondamentali: evidente che, senza accesso allalimentazione o allacqua, automaticamente vengono a mancare tutti gli altri diritti fondamentali (la salute, la dignit, ecc.) subordinati al superamento della condizione della fame e della sete. Il primo gruppo di riferimenti giuridici per la qualificazione del diritto ad una alimentazione adeguata come diritto umano costituito da un complesso di in senso restrittivo (perdita di geni o di alleli), ma anche in senso lato (perdita di variet). Secondo uno studio effettuato dalla FAO (The State of the Worlds Plant Genetic Resources for Food and Agriculture, FAO, the United Nations, Rome, 1997) la principale causa dellerosione genetica nei cultivar (riferita a 81 paesi), stata la sostituzione delle variet locali con variet e specie esotiche, unita alla pressione demografica, al degrado ambientale, allimpatto della legislazione e degli orientamenti politici, ai parassiti e alle pianti infestanti e, infine, al cambiamento dei sistemi agricoli e alleccessivo sfruttamento di alcune specie. (46) Tra il 1848 ed il 1852, a causa delluniformit genetica nella patata coltivata in Europa, unepidemia di Phytofora Infestans distrusse completamente i raccolti irlandesi per cinque anni consecutivi. Solo quando fu individuata fra le migliaia di variet di patate, ancora coltivate in Messico, quella resistente alla Phytofora Infestans e si provvide ad incrociarla con la variet europea, si riusc a debellare lepidemia (C.FOWLER e P. MOONEY, Biodiversit e Futuro dellAlimentazione, Red Edizioni, Como, 1993, pag.78). 366 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 Convenzioni internazionali, a partire dallespressa previsione della Dichiarazione Universale dei Diritti dellUomo del 1948, che allart. 25 recita: Ognuno ha il diritto ad uno standard di vita adeguato per la salute e benessere propri e della propria famiglia, incluso il cibo.... Il diritto ad una alimentazione adeguata stato poi riaffermato con il Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali adottato dallAssemblea generale ONU nel 1966, entrato in vigore nel 1976 e ratificato da 138 Stati (tra cui lItalia, L. 25 ottobre 1977, n. 881), in cui si proclama che il diritto alla libert dalla fame viene riconosciuto esplicitamente come fundamental human right giuridicamente vincolante per gli Stati aderenti (Art. 11: I Paesi facenti parte del Patto riconoscono il diritto di ognuno ad un adeguato standard di vita ... incluso il cibo adeguato ... e convengono di intraprendere azioni appropriate per realizzare questo diritto). Molti stati hanno incorporato questo principio nelle loro carte costituzionali. La Conferenza mondiale sui Diritti dell'Uomo, riunita a Vienna nel 1993, ha rappresentato un altro momento fondamentale nella riaffermazione del diritto al cibo allorch gli stati del mondo hanno proclamato i diritti economici, sociali e culturali che si aggiungono ormai in modo complementare, equivalente e universale, ai diritti civili contenuti nella dichiarazione del 1948 (Vienna Declaration and Programme of Action, 14-25 giugno 1993: punto 31). Il Codice Internazionale di Condotta sul Diritto Umano ad una Alimentazione Adeguata, proposto per la prima volta alla vigilia del Vertice Mondiale sull'Alimentazione tenutosi a Roma nel 1996, ha poi ribadito con forza il ruolo centrale del diritto fondamentale alla sicurezza alimentare (Dichiarazione di Roma sulla sicurezza alimentare mondiale: "Noi, Capi di Stato e di Governo, riaffermiamo il diritto di ogni persona ad avere accesso ad alimenti sani e nutrienti, in accordo con il diritto ad una alimentazione appropriata e con il diritto fondamentale di ogni essere umano di non soffrire la fame"). Nell'aprile 2000, la Commissione per i diritti umani delle Nazioni unite ha nominato un relatore speciale incaricato di elaborare un Codice di Condotta per il Diritto allAlimentazione e di formulare proposte sul modo di renderlo effettivo (Risoluzione n. 2000/10 del 17 aprile 2000, 52 seduta della Commissione ONU per i Diritti dellUomo, Ginevra, 2000). Altre due tappe istituzionali importanti sono rappresentate dalla Conferenza Paneuropea sulla Sicurezza e la Qualit degli Alimenti tenutasi a Budapest nel 2002, nella quale si cercato di fare il punto sulla necessit di proteggere i consumatori dallaumento delle malattie di origine animale, mediante la creazione di un sistema di allarme rapido e la 24 Conferenza Regionale della FAO per lEuropa tenutasi in Francia a Montpellier nel maggio 2004, che ha riaffermato la non negoziabilit del diritto alla sicurezza alimentare. Recentemente, il Vertice FAO del 3-5 giugno 2008 sulla sicurezza alimentare si concluso ancora una volta con ladozione di una dichiarazione che fa appello alla comunit interna- DOTTRINA 367 zionale per incrementare lassistenza ai paesi in via di sviluppo, in particolare quelli meno sviluppati e quelli che sono pi colpiti dai prezzi alti dei generi alimentari. Il secondo gruppo di riferimenti giuridici, fa capo al principio di autodeterminazione dei popoli ed sancito dagli articoli 1, par. 2, 55 e 76 della Carta delle Nazioni Unite. Questo principio formalmente riconosciuto a tutti i popoli, in virt dell'identico articolo l dei due Patti internazionali sui diritti umani del l966 (Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, adottato dall'Assemblea Generale il 16 dicembre 1966, entrato in vigore il 23 marzo 1976 e Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali adottato dall'Assemblea Generale il 16 dicembre 1966, entrato in vigore il 3 gennaio 1976): Tutti i popoli hanno il diritto di autodeterminazione. In virt di questo diritto, essi decidono liberamente del loro statuto politico e perseguono liberamente il loro sviluppo economico, sociale e culturale. (...) 3. Gli Stati parti del presente Patto, (...), debbono promuovere l'attuazione del diritto di autodeterminazione dei popoli e rispettare tale diritto, in conformit alle disposizioni dello statuto delle Nazioni Unite. La Dichiarazione Universale dei diritti dei popoli (Carta di Algeri, l976), un importante atto politico non-governativo proclamato il 4 luglio 1976 che enuncia i diritti fondamentali dei popoli all'esistenza, allautodeterminazione, alle risorse, alla cultura, all'ambiente. Espressamente vi si afferma: che ogni popolo ha diritto al rispetto della propria identit nazionale e culturale (art. 2); che vanta il diritto imprescrittibile e inalienabile all'autodeterminazione e a decidere il proprio statuto politico in piena libert e senza alcuna ingerenza esterna (art. 5); che legittimato a liberarsi da qualsiasi dominazione coloniale o straniera diretta o indiretta e da qualsiasi regime razzista (art. 6); che detiene diritti esclusivi sulle proprie ricchezze e risorse naturali nonch il diritto a rientrarne in possesso se ne stato spogliato, recuperando gli indennizzi pagati ingiustamente (art. 8); che pu darsi il sistema economico e sociale da lui stesso scelto e perseguire la propria via di sviluppo economico in piena libert e senza ingerenze esterne (art. 11). Il diritto allautodeterminazione riconosciuto anche dall'articolo 20 della Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli, entrata in vigore nel l986. L'Atto finale di Helsinki riconosce il diritto di autodeterminazione al principio VIII: Gli Stati partecipanti rispettano l'eguaglianza dei diritti dei popoli e il loro diritto all'autodeterminazione.... Infine, l'articolo l par. 2 della Dichiarazione delle Nazioni Unite sul Diritto allo Sviluppo del 1986, richiamando espressamente l'articolo l dei due Patti internazionali del l966, stabilisce che: Il diritto umano allo sviluppo implica anche la piena realizzazione del diritto dei popoli all'autodeterminazione. In questo panorama giuridico internazionale si colloca il concetto di sovranit alimentare, frutto della elaborazione delle ONG pi autorevoli e rap- 368 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 presentative sulla scena del dibattito agricolo mondiale. La sua prima espressa enunciazione risale alla dichiarazione finale del World Food Summit di Roma del 1996 e, da allora, divenuto uno dei principali temi di discussione anche allinterno delle Agenzie specializzate dellONU. Numerosi eventi a carattere regionale ed internazionale, interamente dedicati al tema della sovranit alimentare, hanno avuto luogo rispettivamente allAvana nel 2001 (World Food Forum for Food Sovereignty); a Giacarta nel 2004 (NGO/CSO, parti dellInternational Planning Committee - IPC- per la Sovranit Alimentare, in cooperazione con la 28 Conferenza Regionale della FAO); a Katmandu, nel 2006 (Food Sovereignty as a frame-work for Food and Agricultural Policies Declaration at South Asian regional Seminar on preparing inputs for FAO special Session of the Committee on Food Security). Nel 2007, a Nyeleni, nel Mali, ha avuto luogo il primo Forum Mondiale per la sovranit alimentare. I 600 delegati di oltre 90 paesi che vi hanno partecipato, hanno approvato una dichiarazione omonima in cui il concetto di Sovranit viene messo a fuoco con gran precisione (47) come il diritto di tutti i popoli, di tutti gli stati e di tutte le nazioni a determinare da s i loro sistemi e le loro politiche agro-alimentari per assicurare a tutti e alle future generazioni un cibo sufficiente, di buona qualit, adeguato, economicamente accessibile, sano e culturalmente appropriato. Il Forum stato anche loccasione per denunciare luso distorto del Protocollo di Cartagena per la Biosicurezza adottato a protezione della Diversit Biologica, per conseguire fini esattamente contrari a quelli dichiarati (48). In Italia, nel 2007, sono stati depositati presso la Corte di Cassazione due testi di legge di iniziativa popolare elaborati da una coalizione di associazioni di agricoltori e consumatori, con lintento di stimolare la politica (47) Food sovereignty is the right of peoples to healthy and culturally appropriate food produced through ecologically sound and sustainable methods, and their right to define their own food and agriculture systems. It puts the aspirations and needs of those who produce, distribute and consume food at the heart of food systems and policies rather than the demands of markets and corporations. It defends the interests and inclusion of the next generation. It offers a strategy to resist and dismantle the current corporate trade and food regime, and directions for food, farming, pastoral and fisheries systems determined by local producers and users. Food sovereignty prioritises local and national economies and markets and empowers peasant and family farmer-driven agriculture, artisanal - fishing, pastoralist-led grazing, and food production, distribution and consumption based on environmental, social and economic sustainability. Food sovereignty promotes transparent trade that guarantees just incomes to all peoples as well as the rights of consumers to control their food and nutrition. It ensures that the rights to use and manage lands, territories, waters, seeds, livestock and biodiversity are in the hands of those of us who produce food. Food sovereignty implies new social relations free of oppression and inequality between men and women, peoples, racial groups, social and economic classes and generations. (48) MARIAMMAYET, Article 18(2)(a):The Trojan Horse of the Biosafety Protocol, African Centre for Biosafety, 2006, pubblicato sul sito www.biosafetyafrica.net/portal/index.php?option=com_content& task=view&id=42&Itemid=34. A proposito del sabotaggio del Protocollo di Cartagena sulla Biosicurezza per mezzo di accordi bilaterali: GRAINS Bilateral biosafety bullies How corporations use bilateral trade channels to weaken biotech regulations, 2006, su http://www.grain.org. DOTTRINA 369 alladozione di strumenti operativi volti a riconoscere e a rendere effettiva la Sovranit Alimentare intesa come ... diritto dei popoli, delle comunit e dei paesi a definire le proprie politiche agricole, della pesca, alimentari, della terra, in modo che siano ecologicamente, socialmente, economicamente e culturalmente appropriate alle condizioni specifiche di ciascuno. Questo comprende leffettivo esercizio del diritto al cibo e alla produzione degli alimenti. Tutti i popoli hanno diritto ad una alimentazione sana, nutriente e culturalmente appropriata, cos come hanno diritto a mantenere la capacit di procurare nutrimento a se stessi e alla propria societ(49). La sovranit alimentare proposta come una delle chiavi possibili con cui affrontare il rilancio dellagricoltura italiana, mettendo al centro gli interessi dei produttori agricoli e dei consumatori. Si prevede, inoltre, lintroduzione di referendum sugli OGM, per permettere lavvio di consultazioni popolari prima di dare il via alla liberalizzazione della loro produzione. Recentemente, Terra Preta, il Forum Internazionale sulla Crisi Alimentare, Biocarburanti e Sovranit Alimentare, tenutosi a Roma il 2-4 giugno 2008 in concomitanza con il vertice FAO, ha riaffermato ...che il paradigma della Sovranit Alimentare dei Popoli forma la cornice guida per le azioni future (della societ civile n.d.A.) e per la sopravvivenza dellumanit (50). Quello sin qui delineato il quadro di riferimento complessivo che attiene tanto alla normativa internazionale vigente in materia di diritto al cibo e allautodeterminazione dei popoli, quanto al processo in fieri di promozione di strumenti legislativi nuovi per affermare la sovranit alimentare, come mezzo per garantire il diritto ad un cibo sano e sicuro alle generazioni presenti e future. A proposito delle norme internazionali vigenti sin qui richiamate, occorre rilevare che attualmente esse non prevedono strumenti vincolanti che impegnino gli stati contraenti a fornire di mezzi di garanzia effettiva la col- (49) Lapproccio per laffermazione della sovranit alimentare, prefigura unalternativa praticabile e offre un nuovo quadro di riferimento per affrontare il governo delle politiche agricole ed alimentari, a livello nazionale e a livello globale. La proposta, abbraccia uninsieme di temi: la riforma agraria, il territorio ed il suo controllo, il mercato locale, lagrobiodiversit, lautonomia e lautorganizzazione, lagro-ecologia, la solidariet e la cooperazione, lindebitamento e la dipendenza, la salute e altri temi concernenti la produzione del cibo e lalimentazione. Grazie a queste iniziative i produttori agricoli e di alimenti tornano ad essere visibili e centrali nel dibattito sul ruolo del mercato e delle sue regole. Promuovendo modelli di agricoltura, di distribuzione e di consumo alternativi (come il circuito corto e lagro-ecologia), questi soggetti sociali, anche se spesso numericamente minoritari, escono dal loro isolamento, diventando attori del cambiamento. Pongono la societ intera di fronte ad emergenze che vanno affrontate perch si ripercuotono sulla qualit della vita di tutti. (50) Terra Preta: Forum on the Food Crisis, Climate Change, Agrofuels and Food Sovereignty www.foodsovereignty.org //. 370 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 lettivit governata, mentre sarebbe auspicabile che si provvedesse in tal senso per far s che la protezione del diritto in questione possa operare, in sede nazionale, anche nel caso in cui la sovranit risulti influenzata da accordi di commercio, di investimento o da accordi stipulati con le istituzioni finanziarie. Realisticamente parlando, infatti, nellattuale contesto assai arduo ipotizzare che gli stati provvedano spontaneamente per il ...fatto che subiscono senza alcuna opposizione, anzi, si prodigano a favorire, la totale funzionalizzazione degli istituti giuridici della tradizione liberale alle esigenze di mercato(51), secondo le dinamiche che abbiamo precedentemente analizzato. Lonere di creare delle nuove forme di rappresentanza e nuovi strumenti di azione effettivi, dunque, incombe sulle componenti pi sensibili della societ civile e sulle forze che essa in grado di coinvolgere nella costruzione di un nuovo paradigma dei diritti umani che sia in grado di bilanciare dialetticamente le prospettive totalizzanti delineate dalle ferree leggi del mercato. Non questa la sede per analizzare in dettaglio le varie ipotesi proposte in ambito dottrinale per promuovere la migliore realizzazione dei diritti umani connessi alla produzione e allaccesso al cibo. Qui sufficiente osservare che, in modo parzialmente diverso da quanto argomentato supra in via generale a favore di una tutela minimale dei diritti umani, per il diritto allacqua e al cibo forse necessario compiere un passo ulteriore, in considerazione della loro intrinseca natura che li rende meritevoli di unattenzione speciale. In accordo e analogamente a quanto la dottrina pi autorevole ha proposto per la tutela del diritto allacqua, e sul rilievo che laccesso a queste risorse ormai non dipende pi da fatti naturali ma da scelte sociali, anche il diritto al cibo andrebbe qualificato come nuovo diritto sociale e come diritto collettivo, e garantito attraverso una ...diffusa riforma degli ordinamenti che (lo) includa fra i diritti sociali costituzionalmente garantiti ed azionabili in giudizio ... in favore di tutti i membri del gruppo sociale...(52). Come gi accennato, oltre che come diritto individuale, dovrebbe essere azionabile anche come diritto collettivo che il gruppo ... attraverso i suoi (51) E. SANTORO, ivi, pag. 78. (52) D. ZOLO, Il diritto allacqua come bene sociale e come diritto collettivo, Jura Gentium - Rivista di filosofia del diritto internazionale e della politica globale, I (2005), 1 - ISSN 1826-8269. Secondo lAutore, i1 diritto all'acqua va inteso come "nuovo" diritto sociale e come diritto collettivo. Come "diritto sociale" il diritto all'acqua pu essere rivendicato dai cittadini di una determinata comunit nei confronti delle proprie autorit politiche e deve essere perci socialmente garantito da tali autorit. Come diritto collettivo il diritto all'acqua pu essere rivendicato entro l'ordinamento giuridico internazionale dalle autorit politiche legittimamente rappresentanti di un popolo insediato in un determinato territorio. DOTTRINA 371 organi e rappresentanti pu esercitare a nome di tutti i suoi membri allinterno di un determinato ordinamento giuridico, nazionale o internazionale(53). Una ricostruzione in questa duplice chiave probabilmente la pi efficace indicazione da seguire anche nel percorso di rivendicazione della sovranit alimentare per la realizzazione effettiva del diritto al cibo. 5. Fenomeni acquisitivi da eventi materiali: la sentenza della Corte Suprema canadese Schmeiser /Monsanto (21.05.2004/SCC 034 - file n. 29437) Il contesto giuridico che agevola la concentrazione ed il controllo dellapprovvigionamento alimentare mondiale nelle mani di un ristretto gruppo di societ multinazionali, ha ricevuto ulteriore impulso espansivo il 21 maggio 2004, quando la Corte Suprema canadese ha pronunciato la sentenza 21.05.2004/SCC 034 - file n. 29437 a favore della Monsanto Corporation nella causa intentata da questultima contro Percy Schmeiser, produttore di colza nella provincia di Saskatchewan, Canada. La sentenza ha tratto origine da una vicenda che risale al 1997, quando lagricoltore aveva scoperto sui suoi campi delle piante di colza resistenti ai diserbanti. La propriet di resistere al diserbante Roundup indotta nelle piante da un gene resistente al glifosate, brevettato dalla Monsanto. Lanno successivo Schmeiser aveva seminato i campi di colza utilizzando una parte del raccolto precedente conservato per quello scopo, come faceva da oltre quarantanni. Inaspettatamente, in seguito a unispezione, la Monsanto laveva accusato di violazione del brevetto ottenuto per un tipo di colza transgenica denominata Roundup Ready, ed aveva avanzato unesosa richiesta di risarcimento dei danni. La causa era poi proseguita perch Schmeiser aveva rifiutato lofferta di transazione propostagli dalla Monsanto che esigeva, tra le altre condizioni, pagamenti perpetui di royalties su tutti i raccolti futuri di colza (54), oltre a una dichiarazione pubblica con la quale egli avrebbe dovuto negare espressamente qualsiasi ipotesi di impollinazione incrociata della propria colza ad opera del vento o degli insetti. Lultima condizione prevista nella proposta transattiva era che, in futuro, avrebbe dovuto astenersi da ogni dichiarazione pubblica sul procedimento giurisdizionale e sul suo contenuto. La Monsanto era consapevole di ci che ogni agricoltore sa e che solo i propu- (53) D. ZOLO, Il diritto allacqua come bene sociale e come diritto collettivo, Jura Gentium - Rivista di filosofia del diritto internazionale e della politica globale, I (2005) cit. (54) Occorre tenere in considerazione che la Monsanto richiede a chi intenda coltivare la colza RR, di sottoscrivere un contratto di licenza denominato Technology Use Agreement (TUA) in forza del quale il sottoscrittore autorizzato ad acquistare i semi da licenziatari della stessa Corporation. Successivamente potr piantare i semi e rivenderli ad intermediari commerciali autorizzati, ma non potr vendere il raccolto a terzi o tenerli per uso privato (cfr. C. TOSELLO in Schmeiser vs Monsanto: il caso dei semi portati dal vento, Milano, Giuffr, Rivista di Diritto Agrario, n. 1 del 2005, pag. 31). 372 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 gnatori di separazione, barriere e soglie per schermare i campi tradizionali dagli OGM finge di non conoscere, ossia che la propagazione incontrollata di geni brevettati mediante impollinazione incrociata, commistione di sementi conservate o diffusione di sementi durante il trasporto, sono un dato di fatto. Nonostante la pronuncia sfavorevole del tribunale di primo grado Schmeiser per non si era arreso, anzi, aveva deciso di proseguire la causa portandola fino alla Corte Suprema, la quale, tuttavia, aveva dato definitivamente ragione alla multinazionale. Schmeiser, infatti, fu condannato per violazione del brevetto sulla colza RR Monsanto nonostante non avesse mai acquistato semi di colza RR, n dai distibutori Monsanto n al di fuori dei circuiti autorizzati, e non si fosse mai servito di alcuno dei vantaggi specifici associati alla coltivazione delle sementi brevettate, trasportate dal vento sulla sua propriet. Prima di questa sentenza, la Corte Suprema canadese si era pronunciata su unaltra importante questione riguardante il tema della brevettabilit delle forme viventi nella causa Harvard College c./ Canada Commissioner of Patents. Oggetto del contendere, in quel caso, era stato il riconoscimento della validit del brevetto sullOncotopo, un topo geneticamente modificato per aumentare la propria suscettibilit ai tumori a fini di ricerca. La decisione aveva acclarato che le forme di vita superiori (come le piante e gli animali) non sono brevettabili (55) e, di conseguenza, aveva ritenuto infondata la pretesa di accedere alla particolare protezione prevista dal Patent Act canadese in vigore. In quel procedimento giurisdizionale, per, era stata rivendicata la validit del brevetto sullintera forma di vita superiore (il topo) mentre, nel caso dei semi di colza oggetto del presente studio, la Monsanto si limitata a chiedere laccertamento della validit del diritto di propriet intellettuale sulla singola cellula vegetale contenente il gene specifico resistente al glifosate. Nellaccogliere la domanda della Monsanto, la Corte ha preferito sorvolare sul trascurabile particolare che le piante OGM sono costituite interamente da cellule che esprimono il gene brevettato e dalla circostanza che quel gene chimerico capace di trasferirsi, per impollinazione incrociata, in tutte le altre specie compatibili che incontri sul suo cammino entro il raggio di alcuni chilomentri (56). Le piante infettate a loro volta possono trasmettere alle generazioni successive il gene chimerico brevettato e, dalla sentenza Monsanto c./Schmeiser in poi, a quanto pare, anche la propriet intellettuale. (55) Harvard Collegec./Canada (Commissioner of Patents), 4 SCR. 45, 2002 SCC 76, www.lexum.umontreal.ca/cscscc/ cgi-bin/disp.pl/en/pub/2002/ vol4/html/2002scr4_0045.html>. (56) Il polline contiene i codici genetici della pianta donatrice. La sua capacit di trasferire geni brevettati, per effetto della sentenza in esame, come vedremo, ha importanti conseguenze sul regime di propriet delle sementi, cfr. The Biology and Ecology of Canola (Brassica Napus) (2002), Office of the Gene Terminology Regulator,, su: http://www.non-gm-farmers.com/documents/brassicaOGTR.pdf> at pp. 5-6 (Gene Terminology). DOTTRINA 373 La sentenza in esame rappresenta una pietra miliare sulla via dellaffermazione dellapplicabilit dei principi generali delle privative industriali anche alle forme viventi: ha esteso in modo significativo il concetto di uso al fine di determinare la violazione del brevetto e ha delineato la figura dellutilizzatore inconsapevole, giungendo persino a modificare indirettamente il comune regime legale del diritto di propriet e di alcuni istituti ad esso collegati (57). In primo luogo la sentenza affronta la questione se le particolari implicazioni legate allimpiego di una tecnica specifica (la biotecnologia) siano o meno riconducibili entro il corpus neutrale dei principi generali della legge canadese sui brevetti: sul punto, si pronuncia in senso affermativo (58). In seconda battuta, si occupa delle serie difficolt connesse allindividuazione dei criteri (non tanto e non solo il dove, ma soprattutto il come) da adottare ai fini della demarcazione della linea tra forme di vita non brevettabili (ad es., piante ed animali) e forme di vita brevettabili (ad es., lieviti e batteri). Nei termini in cui la questione stata posta, sia i membri del collegio giudicante favorevoli, sia quelli contrari, si sono trovati tutti daccordo sul fatto che cellule e geni singolarmente intesi sono brevettabili, come gi pacificamente accettato anche nella sentenza Harvard College c./Canada Commissioner of Patents (59). Su questo punto la Corte conferma che la pianta di colza in s, come tutte le forme di vita superiori, non brevettabile, mentre lo sono tutte le cellule e i geni che la compongono. Unazione tesa a rivendicare la propriet intellettuale sulla pianta intera sarebbe stata perci senzaltro rigettata ma, nel caso che ci occupa, la domanda del titolare del brevetto Roundup Ready stata accolta (57) BRUCE ZIFF, Travels with my plant: Monsanto v. Schmeiser Revisited, University of Ottawa Law and Technology Journal, 2005, pag. 501. La terra, lacqua, il gas, il petrolio, sono tutti sostanze fuggevoli e quando migrano in natura, il titolo di propriet pu andare perduto. Lo stesso pu accadere con i semi e il polline portati dal vento o trasportati dagli insetti. Alcuni diritti, contrariamente a quanto stabilito per i diritti di propriet in generale, sono impermeabili a queste forze naturali. Usando le parole di BRUCE ZIFF, in Travels with my plant: Monsanto v. Schmeiser Revisited, cit., che rendono bene ldea: ...some rights, such as patents, are impervious to those forces. They are, one might say, common-law resistant. Alcuni diritti, sono impermeabili al diritto ordinario. Unacuta osservazione dello stesso autore rileva che, a differenza di quanto previsto dal Copyright Act dove, in caso di violazione del diritto di propriet intellettuale il violatore pu ottenere la distruzione delloggetto materiale in cui si incorpora il copyright, nel caso del Patent Act questo potere non previsto. (58) La Corte ha anche affermato che il Parlamento canadese libero di decidere se regolamentare la materia in modo diverso. Tuttavia, come criticamente analizzato in BRUCE ZIFF, Travels with my plant: Monsanto v. Schmeiser Revisited, University of Ottawa Law and Technology Journal, 2005, pag. 506, in realt occorre fare i conti con la cessione di sovranit che in materia di brevetti stata fatta in favore di altri attori sovranazionali, ad es. il NAFTA. (59) La Corte Suprema, al par. 23, cita se stessa, ricordando che gi nella sentenza Harvard Mouse era stato pacificamente accettato (in obiter) che: un ovulo di oncotopo fertilizzato, geneticamente modificato brevettabile, a prescindere dalla aspettativa del suo definitivo sviluppo in topo (... par. 23 Further, all members of the Court in Harvard Mouse noted in obiter that a fertilized, genetically altered oncomouse egg would be patentable subject matter, regardless of its ultimate anticipated development into a mouse (at para. 3, per Binnie J. for the minority; at para. 162, per Bastarache J. for the majority ). 374 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 perch la prospettazione stata molto pi sottilmente unaltra: la Monsanto si limitata a chiedere una pronuncia sulla validit del brevetto concesso sul gene e sulle cellule della pianta contenenti quel gene (60). Poich tutte le forme di vita superiore sono composte da cellule, un brevetto sulle cellule di una pianta o di un animale attribuisce un controllo effettivo sullutilizzo della pianta o dellanimale che le contenga. Quindi, affermando che il brevetto sulle cellule contenenti il gene resistente al glifosate rivendicabile ovunque il gene si insinui, la Corte ha sostanzialmente ribaltato il precedente formatosi su Harvard College c./ Canada Commissioner of Patents perch, lostacolo rappresentato dal divieto di brevettare forme di di vita superiori oggi facilmente aggirabile ottenendo la protezione delle singole cellule che compongono una data forma di vita superiore (61). Anche se il brevetto sul gene non fa alcun riferimento a piante, raccolti o sementi, leffetto pratico della sentenza sicuramente quello di eliminare il divieto di brevetto delle forme di vita superiori elaborato precedentemente. Consapevole delle possibili conseguenze aberranti che, per effetto della capacit autoreplicante dellOGM, potevano derivare dalla piena applicazione del Patent Act alla materia biotech, la parte del Collegio giudicante minoritaria aveva tentato di opporsi appellandosi al principio secondo cui ci che non viene espressamente dichiarato nel provvedimento concessorio di brevetto non coperto (...What is not claimed is disclaimed), di talch lefficacia della tutela avrebbe dovuto arrestarsi ...nel punto in cui la cellula della pianta che contiene il gene chimerico isolato viene inserita nel mezzo di riproduzione per la rigenerazione (62). Ma, anche su questo punto, la parte del collegio che poi pre- (60) Corte Suprema canadese, sentenza 21.05.2004/SCC 034 - file n. 29437 Paragrafi 1 e 22: ....This case concerns a large scale, commercial farming operation that grew canola containing a patented cell and gene without obtaining licence or permission. The main issue is whether it thereby breached the Patent Act, R.S.C. 1985, c. P-4. We believe that it did; par. 22: ....This case is different from Harvard Mouse, where the patent refused was for a mammal. The Patent Commissioner, moreover, had allowed other claims, which were not at issue before the Court in that case, notably a plasmid and a somatic cell culture. The claims at issue in this case, for a gene and a cell, are somewhat analogous, suggesting that to find a gene and a cell to be patentable is in fact consistent with both the majority and the minority holdings in Harvard Mouse. (61) NORMAN SIEBRASSE, Comment on Monsanto Canada Inc. v. Schmeiser, Siebrasse, N. 2005. Comment on Monsanto Canada Inc. v. Schmeiser, 83(3) Canadian Bar Review 967-992 (2005), pag. 4 Schmeiser was held to have infringed Monsantos patent by growing plants composed of the patented cells. In consequence it is now clear that a patent for the cells of a higher life form will give effectively the same protection as a patent for the higher life form itself. (62) par. 130 It is clear from the specification that Monsantos patent claims do not extend to plants, seeds, and crops. It is also clear that the gene claim does not extend patent protection to the plant. The plant cell claim ends at the point where the isolated plant cell containing the chimeric gene is placed into the growth medium for regeneration. Once the cell begins to multiply and differentiate into plant tissues, resulting in the growth of a plant, a claim should be made for the whole plant. However, the whole plant cannot be patented. Similarly, the method claim ends at the point of the regeneration of the transgenic founder plant but does not extend to methods for propagating that plant. It certainly does not extend to the offspring of the regenerated plant. DOTTRINA 375 valsa ha preferito applicare i criteri standard in materia di interpretazione dei brevetti, sulla base della considerazione che non vi norma che imponga di limitare la tutela ... dei geni e delle cellule solo quando si trovino in forma isolata nei laboratori (63) e assumendo che il presupposto per il verificarsi della violazione non richiede che luso del gene chimerico avvenga esclusivamente in ambiente isolato (par. 80... infringement does not require use of the gene or cell in isolation). In terzo luogo, relativamente al concetto di uso riferito alla violazione del brevetto e alla valutazione del comportamento dellutilizzatore inconsapevole (innocent bystander), i giudici hanno confermato lapplicabilit dei principi generali che regolano la materia brevetti anche quando si riferiscono alla materia vivente (64). Partendo dal presupposto che per determinare se vi sia uso sufficiente verificare se ... il presunto utilizzatore abbia privato il titolare del brevetto del suo diritto di monopolio allutilizzo dellinvenzione (65) la Corte Su- (63) ... par. 17 Everyone agrees that Monsanto did not claim protection for the genetically modified plant itself, but rather for the genes and the modified cells that make up the plant. Unlike our colleague, Arbour J., we do not believe this fact requires reading a proviso into the claims that would provide patent protection to the genes and cells only when in an isolated laboratory form. Norman Siebrasse Comment on Monsanto Canada Inc. v. Schmeiser, cit. pag.15 ... More broadly, while patentees monopoly extends only to what is described in the claims, it extends to everything which can be described in a way which falls within the scope of the claims. The dissents view that the patentee is only entitled to a monopoly over embodiments of the invention which are particularly described in the claims (or perhaps in the specification as well) would be a radical rewriting of law which would undermine the entire patent system. It has long been established that the inventor is entitled to claim all embodiments of her inventive concept, not just those which she has particularly described. Otherwise, the patent may be just as worthless as if it was invalid, as everyone will be free to use the invention in the unfenced area . (64) ... par. 165 The Canadian Biotechnology Advisory Committee, in Patenting of Higher Life Forms and Related Issues (June 2002), suggests that the contrary may, in fact, be the case. The use of biologically replicating organisms as a vehicle for genetic patents may overcompensate the patentee both in relation to what was invented, and to other areas of invention. The Canadian Biotechnology Advisory Committee explains the point as follows (at p. 12): Because higher life forms can reproduce by themselves, the grant of a patent over a plant, seed or non.human animal covers not only the particular plant, seed or animal sold, but also all its progeny containing the patented invention for all generations until the expiry of the patent term (20 years from the priority date). In addition, much of the value of the higher life form, particularly with respect to animals, derives from the natural characteristics of the original organism and has nothing to do with the invention. In light of these unique characteristics of biological inventions, granting the patent holder exclusive rights that extend not only to the particular organism embodying the invention but also to all subsequent progeny of that organism represents a significant increase in the scope of rights offered to patent holders. It also represents a greater transfer of economic interests from the agricultural community to the biotechnology industry than exists in other fields of science. (65) Ivi, par. 152 : ... the test for determining use is not whether the alleged user has deprived the patentee of the commercial benefits flowing from his invention, but whether the alleged user has deprived the patentee of his monopoly over the use of the invention as construed in the claim. The purpose of s. 42 is to define the exclusive rights granted to the patent holder. These rights are the rights to full enjoyment of the monopoly granted by the patent. Therefore, what is prohibited is any act that in- 376 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 prema, al par. 67 della sentenza, ha ritenuto che Schmeiser avesse usato intenzionalmente le cellule di colza RR protette da brevetto nel momento in cui aveva seminato le proprie sementi inquinate dal gene chimerico, perch .... sapeva o avrebbe dovuto sapere che i semi erano resistenti al glifosate e contenevano geni o cellule oggetto di rivendicazione. Di conseguenza, la Corte (par. 157) ha ritenuto superfluo accertare dellintenzione specifica del violatore di trarre profitto dalla violazione del brevetto (It is and always has been the law in relation to direct infringement that the knowledge or intention of the infringer is irrelevant; Terrell on the Law of Patents, supra, at para. 8.08; lindagine sullintenzione ammessa solo nel caso di uso potenziale da parte di un utilizzatore inconsapevole) (66), come pure ha considerato irrilevante ai fini della decisione la prova dellesistenza di un nesso causale tra la violazione del brevetto e leventuale vantaggio dellutilizzatore. Pertanto, anche se dalla vendita del raccolto contaminato dallOGM Schmeiser non ha tratto alcun beneficio diverso da quello che avrebbe ricavato vendendo la propria colza tradizionale, stato comunque ritenuto responsabile di patent infringement. Questultimo punto, tuttavia, se da un lato servito ai giudici per fondare la condanna di Schmeiser, dallaltro servito come argomento per negare alla Monsanto il diritto alla compensazione per il mancato guadagno, per il cui riconoscimento, invece, occorre provare lesistenza di una causalit diretta. Volendo azzardare alcune conclusioni si pu affermare che le piante di colza contaminate dalla colza OGM sono rimaste formalmente propriet di Schmeiser, il quale per non pu trarne le normali utilit, cio non pu ripiantarle, non pu venderle, non pu farne delle talee per moltiplicarle. Esiste una sorta di regime di comunione forzosa tra la propriet intellettuale dei geni di Monsanto e la propriet delle sementi tradizionali di Schmeiser (come la Corte ha decretato al paragrafo 96, ... la propriet non costituisce difesa dinanzi alla violazione di un brevetto(67)), che attribuisce alla prima il monopolio allutilizzo delle sementi, mentre, al secondo, non lascia altra scelta se non decidere se coltivarle sotto al giogo del brevetto, in un regime di semiservit, oppure se non coltivarle affatto. Il piccolo particolare che Schmeiser, terferes with the full enjoyment of the monopoly granted to the patentee: H. G. Fox, The Canadian Law and Practice Relating to Letters Patent for Inventions (4th ed. 1969), at p. 349; see also Lishman v. Erom Roche Inc. (1996), 68 C.P.R. (3d) 72 (F.C.T.D.), at p. 77 . (66) Il titolare del brevetto, per ottenere una inibitoria in via cautelare, non deve dimostrare che la controparte sapeva che luso costituisce una violazione, e linibitoria stessa impedisce specifici atti intenzionali futuri perch rende nota la contestazione (cfr., ad esempio, il provvedimento cautelare accordato in primo grado richiamato alla Corte Suprema al par. 106 della sentenza de qua, che diffidava Schmeiser dal piantare o coltivare sementi che sapeva o avrebbe dovuto sapere contenenti cellule o geni as claimed in claims 1, 2, 5, 6, 22, 23, 27, 28 and 45 of the patent, [quoted by the Court of Appeal 2002 FCA 309 par. 74]). (67) ibid. par. 96 ...Ownership is no defence to a breach of the Patent Act. DOTTRINA 377 questa comunione, non lha mai chiesta, n cercata, n voluta, ne ha solo subito gli effetti e non aveva alcun modo di difendersi. Stando cos le cose, limprenditore che volesse continuare lesercizio dellagricoltura tradizionale conservando i semi sarebbe nei fatti impotente dinanzi agli effetti pratici di tipo acquisitivo legati ai diritti di privativa industriale garantiti dal brevetto biotech nei termini in cui si configura dopo questa sentenza, e quindi, in sostanza, viene privato della libert di scegliere quale forma di agricoltura praticare. Luso legittimo di un bene brevettato - giova ricordare - possibile solo su contratto (licenza duso) e, quando il titolo manca (anche se lutilizzatore di un dato bene immateriale ne ignaro) il titolare del brevetto ha diritto ad esercitare i suoi poteri di privativa derivanti dal monopolio legale, chiedendo al giudice un provvedimento di inibitoria in via cautelare, ovvero rilasciando a sua discrezione la licenza duso. In un caso e nellaltro lutilizzatore inconsapevole perde linconsapevolezza e, con essa, il controllo delle sementi contaminate dallOGM per impollinazione incrociata. Inoltre, perde i poteri assicurati dal regime legale ordinario del diritto di propriet sulle sementi tradizionali perch, in tal caso, il principio accessorium sequitur principale viene invertito rispetto al suo significato classico a partire dalla sentenza in commento: il gene OGM cosa principale rispetto al seme e alla pianta tradizionale. Questa rivoluzione copernicana si verificata per effetto di una valutazione politico-economica avvenuta non gi in sede politica, ma in via giurisdizionale, ad opera della Corte Suprema in Canada. Lo schema di scambio determinato per via giurisprudenziale, attualmente, si connota come segue: carta filigranata contro la libert di disporre di beni reali essenziali per la vita o, detto altrimenti, la morte della libert di coltivare secondo natura. Infatti, tutto quel che rimane allimprenditore che pratica agricoltura convenzionale o tradizionale le cui sementi siano contaminate da un gene brevettato il diritto ad ottenere un risarcimento del danno per linquinamento subito, ma in pratica non potr pi tornare a coltivare liberamente, a meno di non riuscire a procurarsi altre sementi non OGM che comunque, rimarrebbero sempre esposte al rischio di essere nuovamente contaminate e poi espropriate al secondo ciclo riproduttivo. Nella sentenza, la Corte ha riconosciuto le difficolt che un potenziale violatore di brevetto davvero ignaro potrebbe incontrare nel contestare luso e provare la propria innocenza, allorch si accorga che la pianta geneticamente modificata presente - o probabile che sia presente - sulle proprie terre coltivate. Riportando il parere del Canadian Biotechnology Advisory Committe (cfr. nota 78), al par. 165 della sentenza, la Corte ammette che limpiego di organismi autoreplicanti come vettore per propagare i brevetti biotecnologici pu remunerare in modo esagerato il titolare del brevetto, sia in relazione al 378 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 contenuto dellinvenzione, sia in relazione ad altri ambiti delle invenzioni: poich le forme di vita superiori sono in grado di riprodursi - argomenta il Comitato - il brevetto su una pianta, un seme o un animale copre non solo quella particolare pianta, seme o animale oggetto di compravendita, ma anche la sua progenie che contiene linvenzione brevettata per tutte le generazioni fino alla data di scadenza del brevetto (20 anni). E ci senzombra di dubbio, implica unenorme trasferimento di richezza dalla comunit degli agricoltori allindustria biotech. Una delle soluzioni espressamente proposte dalla Corte che sia il Parlamento ad occuparsene dato che, nel contesto delle biotecnologie agricole, la legge generale che definisce luso pu solo risolvere in modo inadeguato le complessit e le sfumature di un tema cos complesso. Alcuni autori, tuttavia, hanno esplicitamente sollevato il dubbio che proprio la decisione della Corte Suprema canadese, nonostante lapproccio ultracauto scelto per la delicatezza della materia, abbia gravemente sottovalutato le implicazioni della propria statuizione. Per effetto dellart. 1110 del North American Trade Agreement (NAFTA) di cui il Canada fa parte, gli investitori stranieri appartenenti agli stati firmatari, come la Monsanto, sono protetti da un regime particolarmente stringente. Una nuova legislazione che vietasse i brevetti validi come quello della colza RR, probabilmente darebbe luogo a una richiesta di risarcimento. Cos vero, come si afferma nella sentenza, che il Parlamento canadese in teoria libero di ribaltare la decisione della Corte Suprema con un atto legislativo: una siffatta legge sarebbe inattaccabile, ma non sarebbe a costo zero, perch i titolari di brevetti che venissero privati del loro diritto potrebbero ben esigere il pagamento delle sanzioni previste dal NAFTA per gli anni di protezione brevettuale perduti. Considerato il numero di brevetti esistente, questo potrebbe costare miliardi di dollari, che gravebbero come onere fiscale sui cittadini canadesi. Per ironia della sorte, proprio la strada maestra indicata dalla maggioranza del collegio giudicante, cio una sostanziale rivalutazione in sede politica della materia, sarebbe impraticabile per motivi assai pratici. Analoghe considerazioni possono essere svolte con riferimento a uneventuale atto legislativo che innovasse unilateralmente gli aspetti della propriet intellettuale legati al commercio e alle tariffe (68). (68) ZIFF ibid. pag. 506 : The kind of legal fall-out from Monsanto described above is only a small part of the picture. There are various scientific and economic concerns associated with genetic patenting, and taken collectively, these may prompt a reconsideration of the wisdom of the holding in the case. The Supreme Court acknowledges that Parliament is free to do so....However, if you are Monsanto, different rules apply: NAFTA governs. Under article 1110 of NAFTA, foreign investors from the signatory states are protected against both direct and regulatory takings. Legislation that terminates ongoing patents such as the one for Roundup Ready canola probably triggers a right of compensation in favour of Monsanto, a foreign investor. So, it is true that Parliament is freeas in DOTTRINA 379 6. La giurisprudenza come fonte di produzione del diritto e la globalizzazione giudizaria La politica che rinuncia alla guida o alla disciplina delleconomia non meno politica di quella dirigistica o interventistica(69) perch, anche questa opzione, frutto di una decisione politica. Questa condivisibile osservazione ben illustra lattuale situazione, caratterizzata dallassenza di una politica capace di svolgere il proprio ruolo istituzionale e che, perci, produce ... uninflazione di leggi, ciascuna dal contenuto normativo labile, il cui moltiplicarsi e accumularsi crea un diritto scarsamente governabile, generatore di effetti perversi(70), delle leggi usa e getta, insomma (71). In questa situazione di apparente labilit della politica il conflitto sociale viene polverizzato e la sua carica dirompente affidata alla sfera giurisdizionale, investita suo malgrado di questioni politiche nella spelibre to reverse the Supreme Court of Canada ruling tomorrow. Such legislation would be unimpeachable. Nonetheless, it might not be freeas in gratissince deprived patent-holders could well be entitled to the market value of the lost years of the patent protection. Given all of the existing claims, this could amount to recovery in the billions of dollars. It is sadly ironic, then, that the avenue that the majority claimed remained open, that is, a robust political reassessment is the one element that, for all practical purposes, has been foreclosed.However, if you are Monsanto, different rules apply: NAFTA governs. Under article 1110 of NAFTA, foreign investors from the signatory states are protected against both direct and regulatory takings. Legislation that terminates ongoing patents such as the one for Roundup Ready canola probably triggers a right of compensation in favour of Monsanto, a foreign investor. So, it is true that Parliament is freeas in libreto reverse the Supreme Court of Canada ruling tomorrow. Such legislation would be unimpeachable. Nonetheless, it might not be freeas in gratissince deprived patent-holders could well be entitled to the market value of the lost years of the patent protection. Given all of the existing claims, this could amount to recovery in the billions of dollars. It is sadly ironic, then, that the avenue that the majority claimed remained open, that is, a robust political reassessment is the one element that, for all practical purposes, has been foreclosed. (69) N. IRTI, Norma e luoghi. Problemi di geo-diritto, Laterza, Roma-Bari, 2001, pag. 69 ss. La diretta dipendenza degli attuali sistemi ad economia di mercato dal potenziale di energia giuridico- fattuale posto in essere dalla ideologia oggi dominante, si impadronita della sovranit degli Stati e li ha spinti a realizzare il contesto di omogeneit o uniformit di discipline giuridiche, corrispondenti alla misura degli accordi inter-statuali. (70) E. SANTORO, ivi, p. 54. (71) E. SANTORO ivi, p. 22-23. ...La legge, un tempo fondamento dellordinamento giuridico e fonte di qualificazione di tutto il diritto positivo, rischia di diventare un reperto archeologico ottonovecentesco. Per individuare le effettive fonti del diritto il giudice non deve soltanto guardare oltre lorizzonte della legislazione, ma deve anche superare il recinto normativo dellordinamento statuale... Se per la tradizione eurocontinentale il giudice era soggetto solo alla legge, e da essa traeva il diritto di giudicare, la nuova configurazione delle fonti del diritto lo colloca al di sopra della legge, lo fa diventare colui che decide il diritto.... Il magistrato, da un lato si trova a fare il giudice della legge, dallaltro si trova spesso a fare i conti con norme incomplete, ridondanti o contraddittorie, che rendono velleitario qualsiasi tipo di sussunzione delle fattispecie concrete entro schemi normativi predeterminati. In questa situazione entra in crisi inevitabilmente la capacit dellordinamento giuridico di garantire la certezza del diritto, cos comera stata classicamente concepita dalla tradizione continentale. 380 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 ranza ... che assumano le sembianze di problemi privati grazie al cambiamento delle autorit demandate ad affrontarle(72). Lonere di decidere le grandi questioni del nostro tempo, quindi, si sposta in misura sempre maggiore dal parlamento alle aule dei tribunali e il diritto viene ad assumere contorni definiti nel momento della sua applicazione nel caso concreto, allesito della lite. In dottrina largamente accettato che la tendenza degli ordinamenti - compreso quello italiano - sia orientata verso laffermazione di un primato della iurisdictio sulla legislatio (73) ma il quadro ulteriormente complicato dal fatto che gli ordinamenti nazionali sono ormai caratterizzati - come illustrato precedentemente - da una legislazione che non pi di matrice esclusivamente nazionale, bens frutto di un policentrismo normativo non coordinato n differenziato nei gradi di legalit (74). In questa sede non ci occuperemo del generale mutamento che attraversa la configurazione del potere giurisdizionale cos come tradizionalmente inteso nella tradizione continentale, n del ruolo di primo piano che le varie Corti Internazionali - a competenza generale o specializzate - e i vari organismi di amministrazione privata della giustizia su scala nazionale e sovra-nazionale vanno assumendo, ma ci limiteremo delineare i tratti pi pregnanti del sottile fenomeno che assegna un ruolo assai importante alla giurisdizione come fonte di produzione del diritto e come strumento di armonizzazione e globalizzazione dello stesso. In particolare, accenneremo ai processi di cooperazione giudiziaria che mirano ad unificare le diverse culture giuridiche servendosi di tecniche ermeneutiche mutuate dal diritto comparato - ad es., la comparazione costituzionale - e dei limiti alla discrezionalit del giudice nazionale rappresentati dallobbligo di pronunciarsi in modo conforme a.... Si gia evidenziato come ieri il giudice fosse tenuto esclusivamente al rispetto della legge nazionale e alla Grundnorm fondativa, mentre oggi condizionato in misura significativamente pi incisiva da una rete complessa di rapporti che travalicano i confini dello Stato. Lattivit interpretativa tradizionalmente svolta in sede giurisdizionale, pertanto, da un lato si complicata, dovendo tener conto di un complesso intreccio di fonti, ma dallaltro risulta considerevolmente compressa per effetto dellapplicazione del principio dellinterpretazione conforme: conforme alla Costituzione, conforme al diritto comu- (72) E. SANTORO, op. cit. p. 55. LAutore, ricorda che ...come preconizzato da Carl Schmitt, la giurisdizionalizzazione del conflitto politico comporta la politicizzazione del ragionamento giuridico . (73) F. GALGANO, La globalizzazione nello specchio del diritto, Edizioni Il Mulino - Collana Saggi - Bologna, 2004. (74) A. MARIANI MARINI, Avvocatura, diritto vivente e diritti fondamentali, in Diritto vivente, il ruolo innovativo della giurisprudenza a cura di Alarico Mariani Marini e David Cerri, Edizioni Plus, Pisa University Press, Pisa 2007, pag. 8. DOTTRINA 381 nitario, conforme alla CEDU e conforme al diritto internazionale. A proposito di questa nuova tendenza conformistica stato autorevolmente affermato che: ....Se il confine tra il normare e linterpretare esiste, questo confine pu essere superato da unapplicazione non sorvegliata del principio dellinterpretazione conforme (alla costituzione)... Prudenza ancora maggiore sollecitata dallapplicazione del principio dellinterpretazione conforme al diritto comunitario le cui funzioni regolatrici consentono lassorbimento nella sfera di legalit di un ordinamento dei contenuti normativi di un altro ordinamento. Quanto allinterpretazione conforme alla CEDU e al diritto internazionale, il principio delladeguamento interpretativo, pur apparentemente ampliando il catalogo dei diritti umani, talvolta assicura una protezione inferiore a quella della costituzione italiana. Anzi, leccessiva attenzione per i diritti umani extracostituzionali potrebbe condurre, in Italia, a un peggioramento della qualit della protezione accordata ai diritti dei singoli nellordinamento interno, essendo a volte non sovrapponbili gli universi assiologici dei due ordinamenti. La diversa ispirazione dei documenti internazionali potrebbe influenzare la cultura degli interpreti delle costituzioni nazionali, inducendo letture nuove ma, non per questo, pi garantiste. Linterpretazione conforme una pratica giudiziaria che consente di ridurre le distanze tra ordinamenti, armonizzando per quanto possibile il contenuto di serie normative non coincidenti per origine e per legittimazione. La sua utilit si arresta nel momento in cui cessa di essere un elemento di pacificazione, per divenire uno strumento di stravolgimento dei meccanismi di funzionamento delluna e dellaltra fonte o ordinamento(75). Le Corti Costituzionali, che storicamente hanno svolto il ruolo di giudice delle leggi servendosi della Costituzione nazionale come parametro di valutazione esclusivo della legittimit, oggi sono obbligate a tener conto di parametri di costituzionalit interposti che derivano dalla legislazione sovranazionale e sono invitate ad una apertura al dialogo con le Corti Supreme di altri paesi, in uno stretto confronto con altre tradizioni giuridiche. Appare perci inevitabile che siano chiamate a gestire il difficile equilibrio tra il grado di protezione accordato ai diritti fondamentali corrispondenti alla scala assiologica incorporata nella Costituzione nazionale, ed i valori e i principi alieni propri di altri ordinamenti o derivanti dalla costituzionalizzazione dagli impegni internazionali (il cui rispetto, a seguito della riforma dellart. 117 della Costituzione e per effetto delle sentenze della Corte Costituzionale n. 348 e n. 349 del 2007, e n. 8/2008 (75) F. LUCIANI, Le funzioni sistemiche della Corte Costituzionale, oggi, e linterpretazione conforme a, disponibile sul sito internet http://www.federalismi.it., 16/2007. Vedi anche Convegno del Gruppo di Pisa svoltosi a Milano il 6 e 7 giugno 2008 su Interpretazione conforme e tecniche argomentative, le cui relazioni possono vedersi in www.unimi.it., citato in Esperienze di giustizia costituzionale, dinamiche istituzionali, teoria della Costituzione ANTONIO RUGGERI in corso di pubblicazione su Giurisprudenza costituzionale e consultabile sul sito www.associazionedeicostituzionalisti.it/dottrina/teoria generale/ruggeri2.html. 382 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 divenuto parametro interposto di costituzionalit). Per fornire unindicazione di quale sia il clima di entusiasmo che circonda il tema della cooperazione internazionale che afferisce alla giurisdizione, anche se non mancano voci di dissenso sia in Italia che allestero (e soprattutto negli USA), sufficiente riflettere sullopinione espressa dallex Presidente della Corte Suprema norvegese a proposito delle forme attive di collaborazione tra le Corti Supreme. Ad avviso dellAlto Magistrato: ... costituisce un obbligo naturale che, per quanto nelle nostre possibilit, prendiamo parte al dibattito europeo ed internazionale ed alla reciproca interazione fra le corti. un dovere delle corti nazionali ed in particolar modo delle corti di grado pi elevato di un piccolo Stato contribuire allintroduzione di nuovi principi giuridici dal mondo esterno nelle decisioni dei giudici nazionali(76). Particolarmente interessante, luso dellaggettivo piccolo, riferito a uno stato nazionale sovrano, e questa notazione ci serve per introdurre il tema dei caveat, sollevati dalla dottrina a proposito della grande promozione culturale del principale metodo interpretativo impiegato allo scopo, come vedremo pi avanti. Il processo di dialogo tra Corti Supreme, denominato talvolta anche constitutional cross fertilization, possibile grazie al metodo della comparazione giuridica, una tecnica interpretativa che attualmente viene evocata con grande insistenza. Esiste una linea ermeneutica comparativa che vede con grande favore lutilizzazione funzionale da parte delle Corti Supreme, e in genere dei giudici nazionali, di modelli di decisione resi da giudici stranieri, in unottica di apertura verso la circolazione di modelli giuridici che vanno dal ... vero e proprio trapianto di regole e decisioni... al caso di imitazione e recezione, sia il caso di naturale convergenza dei modelli... sia il caso di convergenza necessitata ad opera dellapplicazione delle direttive comunitarie e dei provvedimenti introdotti negli ordinamenti nazionali per dare loro attuazione, sia ancora della formazione di un humus comune...(77). Il metodo comparativo, secondo questo approccio funzionale, dovrebbe essere ... non pi confinato nellarea cognitiva, ma utilmente sfruttato nellambito della professione forense e quindi dinanzi alle corti giudicanti(78). In dottrina il dibattito molto vivace e i suoi toni si accendono particolarmente su questultimo punto (cio sulluso della comparazione con effetti (76) ANGIOLETTA SPERTI, Il dialogo tra le corti costituzionali ed il ricorso alla comparazione giuridica nella esperienza pi recente, in Rivista di diritto costituzionale, Giappichelli, Torino, 2006, pag. 127. (77) G. ALPA. Il Giudice e luso delle sentenze straniere. Modalit e tecniche della comparazione giuridica. La giurisprudenza civile, in Rassegna Forense, Quaderni, n. 19 , Il giudice e luso delle sentenze straniere. Modalit e tecniche della comparazione giuridica, a cura di G. Alpa, Giuffr, Milano, 2006, pag. 35. (78) G. ALPA. ivi, pag. 38. DOTTRINA 383 direttamente normativi proposto dai funzionalisti, che mira ad accentuare gli elementi di uniformit tra le diverse culture giuridiche alla ricerca di standard comuni, versus quello adottato dalle correnti di ispirazione strutturalista, che tendono ad evidenziare la diversit delle varie tradizioni)(79). Il principale motivo di confronto, come ben evidenziato da autorevole dottrina costituzionalistica italiana che, la comparazione, ...quando venga trasferita dal piano dellispirazione e dellausilio nei processi di riforma costituzionale su quello dei canoni di interpretazione del testo costituzionale, scardina sia il sistema Westfalia e le gerarchie interne alla statualit, che le consolidate certezze sul ruolo del giudice costituzionale e sui confini della sua attivit interpretativa ... perch fa rifluire nellinterpretazione costituzionale la rete delle interdipendenze che condizionano in misura crescente lo stato costituzionale contemporaneo(80). Ergo, innegabile che esista una .. linea di tensione tra comparazione costituzionale e tradizione del diritto pubblico dello stato nazione(81), che rinvia al nodo dei rapporti tra la sovranit nazionale e tutto quanto la condiziona. A questo proposito, stato affermato che ...i processi di integrazione sovra-nazionale, quanto pi esigono il mantenimento di raccordi flessibili e dinamici tra i diversi ordinamenti, tanto pi lasciano spazio ai canoni comparativi sul terreno dellinterpretazione. Lesperienza della creazione giurisprudenziale europea di un sistema dei diritti nellordinamento europeo multilivello, dimostra che il metodo comparativo resta ancora il presupposto necessario per la ricerca dei principi generali che trascendono i confini degli stati... (82). E tale ricerca dei principi generali universali costituirebbe, per lappunto, la via che configura luso della comparazione riferita al rapporto tra orientamenti distinti come veicolo per lelaborazione di un monismo operante sul terreno dellinterpretazione (83). Il rischio maggiore, pertanto, che UNA interpretazione possa affermarsi come quella giusta, degradando tutte le altre e rendendole un p meno giuste o meno autorevoli. (79) Per una disamina approfondita vedi A. SOMMA, Metodi e scopi della comparazione giuridica nelle decisioni delle corti, in Il Giudice e luso delle sentenze straniere. Modalit e tecniche della comparazione giuridica. La giurisprudenza civile, in Rassegna Forense, Quaderni, n. 19, Giochi senza frontiere. Diritto comparato e tradizione giuridica in Ars Interpretandi, 2003, pag. 327 ss.; P. G. MONATERI e A. SOMMA Alien in Rome. Luso del diritto comparato come interpretazione analogica ex art. 12 delle preleggi, in Foro it, 1999,V, c. 47 ss. (80) P. RIDOLA La giurisprudenza Costituzionale e la comparazione, Rassegna Forense, Quaderni, n. 19, Il giudice e luso delle sentenze straniere. Modalit e tecniche della comparazione giuridica, a cura di G. ALPA, Giuffr, Milano, 2006, pag. 17-18. (81) P. RIDOLA ibid., pag. 16. (82) RIDOLA ibid., pag. 30-31. (83) C. PINELLI Adeguamento del diritto comunitario e interpretazione costituzionale, nota a sentenza n. 443 del 1997, in Giur. Cost. 1997, pag. 3915 ss. 384 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 Qui naturale domandarsi se sia possibile ipotizzare, anche con riferimento alla giurisdizione, la creazione silenziosa di un sistema gerarchico dallapparenza soft capace di imbrigliare la comunit delle Corti supreme e di trasformarle in una corporazione sedotta ad uniformarsi al modus interpretandi di chi ha la capacit di imporsi tecnologicamente, militarmente, finanziariamente, economicamente e culturalmente. Sul punto, si pu concordare con chi sostiene che, se la comparazione rimane essenzialmente una forma di comunicazione tra ordinamenti diversi e aventi pari dignit e forza, questo pericolo sar scongiurato, in caso contrario, cio se si costituiscono monopoli o primati nellinterpretazione (84) , potrebbe diventare lo strumento principe per assicurare una globalizzazione giudiziaria retta dal diritto del pi forte (che, oltretutto, potr sfruttare la forza di penetrazione capillare della giurisdizione e il lavoro degli apparati giudiziari nazionali per servire interessi economici situati altrove). 7. Conclusioni A partire dagli anni 60 gli stati nazionali hanno attuato la progressiva cessione della sovranit nazionale in materia agro-alimentare in favore di organismi sovra-nazionali, fortemente condizionati dagli interessi di grandi gruppi transnazionali, promotori di un modello agricolo industriale dipendente dalleconomia del petrolio. Ladesione allOMC, allAccordo Agricolo allegato e sopratutto ai TRIPs, ha rappresentato il punto culminante di questo lungo processo in cui si preferito gradualmente far ricorso alle norme tecniche (85) (espressione (84) PAOLO RIDOLA, ibid., pag. 32. Sullargomento vedi anche ELIGIO RESTA, Diritto vivente, in Diritto vivente, il ruolo innovativo della giurisprudenza a cura di Alarico Mariani Marini e David Cerri, Edizioni Plus, Pisa University Press, Pisa 2007, pag. 82-83. (85) F. BILANCIA, Lo Stato democratico rappresentativo nel sistema Globale A.A VV., Ripensare lo Stato, (a cura di S. Labriola), Atti del convegno di Napoli, 22-23 marzo 2002, pubblicato su Quaderni della Rassegna parlamentare, 2003 Giuffr, Milano, pag. 620 ss. ... Norme tecniche vs. norme giuridiche. Prime conclusioni. Il sistema del libero commercio mondiale procede, come noto, attraverso la realizzazione di una rete di regole tendenti a realizzare una sostanziale equivalenza delle qualit tecniche dei prodotti e dei processi produttivi al fine di eliminare ogni possibile barriera protezionistica alla libera circolazione di tali valori economici attraverso i confini degli Stati membri. Cos tutte le regole di diversa natura che potrebbero implicare effetti di protezionismo mediante restrizioni quantitative alla libera circolazione dei prodotti, delle merci, dei servizi, ecc., ivi comprese le norme di legge che nel perseguire altri obiettivi, nellattuare i fini tradizionali degli ordinamenti giuridici statali, producano misure di effetto equivalente a tali restrizioni, assumono automaticamente il carattere di barriere commerciali, opponendosi di fatto a questo processo di normalizzazione. Ebbene, attraverso questo effetto di contrapposizione dellordine globale rispetto allordinamento giuridico statale si consuma la neutralizzazione dellinteresse generale a vantaggio di privilegiati interessi particolari, muta cio il fondamento politico del sistema delle fonti del diritto. Ad assumere rilievo, pertanto, non pi il profilo sostanziale della norma che non pi giuridica non pi la sua natura bens il contenuto regolativo suo proprio, la sua funzione. Il denotato regolativo diviene cio DOTTRINA 385 di interessi particolari), piuttosto che alla legge generale (espressione del processo di sintesi e composizione di tutti gli interessi in gioco), lungo la linea di tendenza che mira a ridefinire il diritto come un prodotto Lj la carte(86) al servizio dellimpresa, capace di riconvertire le dinamiche economiche in dinamiche giuridiche e viceversa. In tal modo lArte del coltivare, patrimonio comune degli uomini, che nel corso dei millenni stata liberamente praticata con la pi straordinaria capacit di adattamento creativo alle diverse condizioni geografiche e climatiche, stata posta sotto al giogo del controllo tecnocratico di ispirazione industriale. Charles Benbrook - gi direttore per lAgricoltura della Academy of Science negli USA - in occasione di un convegno tenutosi a Roma presso la Camera dei Deputati il 18 maggio 2003 (87) ha riferito che gli studi fatti su 8.200 siti sperimentali universitari negli Stati Uniti dimostrano che gli OGM non producono di pi, bens dal 7 al 10% in meno, mentre inquinano 4 volte di pi rispetto alle colture convenzionali. Il Rapporto 2008 della prestigiosa Organizzazione no-profit Amici della Terra International, intitolato Who benefits from GM crops: the rise in pesticide use, conferma i dati di Benbrock in senso peggiorativo (luso del glifosate, sostanza cancerogena (88) e incidente sulla fertilit umana (89), aumentato in USA di 15 volte in 11 anni). Il direttore della Soil Association britannica, Lord P. Melchett, dice che: ... i prodotti con i quali le compagnie biotech dicono di poter sfamare il mondo non hanno mai recato un aumento di produzione complessivo ma, al contrario, servente ad un particolare sistema di interessi, diviene strumento per la realizzazione di finalit altre rispetto a quelle proprie dello Stato democratico-rappresentativo. Sul problema del rapporto tra norme tecniche ed etichette vedi anche L. COSTATO Direttive comunitarie e sentenze della Corte di Giustizia sulle norme tecniche e sui relativi accordi in sede WTO, in Rivista di Diritto Agrario, Giuffr, Milano, 2008, pag. 83 ss. (86) M.R. FERRARESE, Le istituzioni della globalizzazione. Diritto e diritti nella societ transnazionale, Il Mulino, Bologna, 2000, pag. 49 ss. (87) Fonte: OGM. Lettera Aperta di Equivita al Governo, 15 Giugno 2008 consultabile su: http://www.palcoscenico.it/agroalimentare/transgenico-ogm/21468-ogm. (88) Uno studio degli oncologi Dr. Lennart Hardell e Dr. Miikael Erikson pubblicato in Svezia (LENNART HARDELL, M. D., PhD., Dip. Di Oncologia, Orebro Medical Centre, Orebro, Svezia e MIIKAEL ERIKSON, M.D., PhD., Dip. Di Oncologia, Univerity Hospital, Lund, Svezia A Case-Control Study of Non-Hodgkin Lymphoma and Exposure to Pesticides, Cancer, 15 marzo 1999, Vol. 85, N6) rivela il legame tra lerbicida glifosate e il linfoma non-Hodgkin, una forma di cancro molto diffusa: (http://www.foei.org/en/media/archive/2008/gm-crops-increase-pesticides); cfr. anche RICHARD S., MOSLEMI S., SIPAHUTAR H., BENACHOUR N. and SERALINI G.E. (Laboratoire de Biochimie et Biologie Moleculaire, USC-INCRA, Universit de Caen, France) Differential effects of glyphosate and Roundup on human placental cells and aromatase, pubb. Su Environ Health Perspect. 2005 n. 6, Vol. 113, pag. 716-20). (89) Lultima conferma, in ordine di tempo, giunge dallo studio commissionato dal governo austriaco, pubblicato nel novembre del 2008 a cura del Ministero della salute (A.Velimirov, C. Binter, J. Zentek, Biological effects of transgenic maize NK603xMON810 fed in long term reproduction studies in mice, ISBN 978-3-902611-24-6), disponibile sul sito del Bundesministerium fr Gesundheit, Familie und Jugend, Sektion IV Radetzkystrae 2, 1031 Vienna. 386 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 una riduzione(90). Ci nonostante, i governi europei, mentre dichiarano di voler garantire un livello di protezione della salute dei consumatori e dellambiente alto, vanno anchessi avanti nel processo di apertura alla loro coltivazione e commercializzazione, a dispetto delle proteste della societ civile, degli avvertimenti della scienza pi responsabile e nonostante la disponibilit di diverse soluzioni alternative per risolvere i problemi esistenti, che vengono gi praticate con successo su piccola scala. opportuno chiedersi, allora, quale sia il vero scopo dellimposizione delle nuove specie OGM. Posto che, come si detto, la coesistenza di colture OGM e non OGM tecnicamente impossibile, se i primi non servono a soddisfare i bisogni dei consumatori e invece devastano lambiente ponendo a repentaglio la salute delle popolazioni e la sicurezza alimentare globale, se significano la fine dellagricoltura cos come labbiamo conosciuta sinora, perch vengono promossi con tanta insistenza? Chi ne beneficia? Quale interesse serve, nei settori legati allagricoltura e allallevamento, la separazione delle fasi riproduttiva e produttiva delle creature il cui sacrificio consente a noi umani di vivere? Se piante ed animali si sono liberamente riprodotti secondo natura per tanti millenni, esisteranno pur delle forti motivazioni etiche o, quantomeno, prudenziali (onde evitare il rischio di impoverire ulteriormente il patrimonio genetico vegetale ed animale e proteggere la biodiversit), che dovrebbero impedici di interferire oltre. Il presente studio ha preso le mosse dalla considerazione che per creare le entit chimeriche necessario ricorrere ad un processo di manipolazione genetica che impiega sequenze geniche di plasmodi, virus e batteri e che mira a sostituirsi totalmente, in prospettiva, ai processi riproduttivi naturali di piante ed animali. La brevettabilit di queste forme di vita create in laboratorio - affermata prima dalla giurisprudenza (91) e poi protetta anche sul piano legi- (90) P. MELCHETT, Soil Association report shows GM crops do not yield more, sometimes less Press release 14 aprile 2008 su www. Soilassociation.org/. (91) Il tema sensibile delle biotecnologie e della ammissibilit dei brevetti sulla materia vivente stato affidato in prime cure alla giurisprudenza di alcuni paesi che hanno svolto un ruolo quasi pionieristico di preparazione per lintroduzione di una legislazione ad hoc rivoluzionaria. Il contributo delle Corti alla governance delle biotecnologie e la loro influenza sugli orientamenti politici nazionali ben documentato (per una dettagliata analisi del ruolo della giurisprudenza nella promozione delle biotecnologie si rinvia a CHRISTINE ROTHMAYERALLISON, Courts and the biotechnology revolution: Policy making in Canada, USA and Switzerland, Paper presented at the 2006 CPSA Annual Conference at York University, Toronto, 1-3/06/ 2006). Lapertura alla brevettabilit degli organismi viventi stata affermata per la prima volta dalla Corte Suprema degli USA con la sentenza 447 U.S. 303 del 16\06\1980 sul caso Diamond/Chakrabharti. Nel 1971, un microbiologo indiano, Mr. Ananda Chakrabharti, si rivolse al PTO, lUfficio dei Brevetti e Marchi degli Stati Uniti, per registrare un microrganismo geneticamente manipolato. LUfficio respinse la richiesta, affermando che la legge americana vietava la brevettabilit di forme viventi. A sostegno del proprio provvedimento di reiezione, lufficio governativo richiam la circostanza che nei pochi casi in cui i brevetti erano stati estesi a forme viventi (cio ad alcuni tipi di piante), il Congresso aveva dovuto promulgare leggi ad hoc di carattere eccezionale. Mr. Chakrabharti DOTTRINA 387 slativo a livello nazionale e sovranazionale - ha trovato un eccezionale ulteriore possibilit di espansione, ancora una volta sul piano giurisprudenziale, con la sentenza Monsanto/Schmeiser, la cui impeccabilit sul piano logicogiuridico potrebbe farla assurgere a precedente e, teoricamente, determinare la diffusione di quellindirizzo interpretativo anche in altri ordinamenti nazionali per via comparativa e in vista dell armonizzazione degli indirizzi giurisprudenziali internazionali in materia di diritti di propriet intellettuale sugli organismi viventi. Si tratta di un precedente i cui effetti di iniquit sostanziale, pur riconosciuti dalla stessa Corte Suprema canadese, non sono agevolmente rimediabili sul piano legislativo, come gi accennato al paragrafo 5. Di fronte al manifesto tentativo di privatizzare in modo omnipervasivo le pratiche agricole, e dunque di sottrarre ai loro legittimi titolari tutto ci che attiene al libero esercizio dellagricoltura e dellallevamento - attivit umane che la societ civile sta riprendendo a collocare nella giusta prospettiva mano a mano che diviene consapevole della loro fondamentale importanza -, lo scenario che si profila il seguente. Da un lato, esiste un movimento nazionale e globale dal basso che ha e la societ presso cui prestava servizio proposero la questione in sede giurisdizionale e, con grande sorpresa generale, ottennero una pronuncia favorevole. La motivazione della sentenza recitava, infatti, che il microrganismo brevettato: ...era pi simile a composti chimici inanimati, come reagenti e catalizzatori, che a cavalli, api, rose e lamponi. La causa prosegu il suo corso e prosegu dinanzi alla Corte Suprema Federale. LUfficio Brevetti, affiancato dalla Peoples Business Commission, si affannarono a dimostrare come il caso allesame della Corte riguardasse direttamente il valore e il significato della vita. Se la validit del brevetto fosse stata confermata - argomentavano - ... la vita costruita, piccola o grande che sia non sarebbe pi considerata vita, ma solo un comune reagente chimico (cos cit. in Il secolo Biotech di J. RIFKIN). La Peoples Business Commission dichiar, inoltre, che una sentenza favorevole avrebbe aperto le porte alla prassi di brevettare, in futuro, tutte le forme di vita. Nel 1980, la richiesta di Mr. Chakrabharti fu definitivamente accolta e, conseguentemente, per la prima volta nella storia, fu affermato il principio della brevettabilit della vita manipolata geneticamente. La decisione della Corte Suprema costitu la premessa fondamentale per il processo di privatizzazione e sfruttamento commerciale delle risorse genetiche, negli Stati Uniti e altrove. Ai fini della valutazione del suo impatto nel mondo delleconomia pu essere interessante notare che, pochi mesi dopo la pubblicazione della sentenza, una piccola societ - la Genentech, oggi un colosso - offr al pubblico pi di un milione di azioni a 35 dollari luna. Nei primi venti minuti di contrattazione, il valore di unazione era salito a 89 dollari. Nel tardo pomeriggio, lazienda biotech aveva guadagnato 36 milioni di dollari). In questo solco, si inserisce la sentenza della Corte Suprema canadese Schmeiser/ Monsanto che segna un punto di svolta in favore dellindustria molto significativo perch, per la prima volta e con grande autorevolezza, estende fino alle estreme conseguenze i principi che regolano i brevetti in generale anche alle biotecnologie agricole. Quei principi, sono stati espressamente dichiarati coerenti con le prescrizioni TRIPs (Corte Suprema Canada cit. sub nota n. 10, preambolo della sentenza, ultimo cpv. ...The conclusion on the scope of the respondents patent claims, that is determinative of both validity and infringing use, is consistent with the Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights). Monsanto aveva gi vinto almeno sette cause contro gli agricoltori che avevano infranto le regole stabilite dal contratto di concessione delle sementi. Il caso Schmeiser per ha richiamato lattenzione dei media di tutto il mondo perch decidendo la questione dei semi portati dal vento nei termini descritti, ha stabilito regole che condizionano la libert di piantare e coltivare in stridente contrasto con il modo di sentire di tutte le popolazioni agricole del pianeta. 388 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 dato luogo al processo di rivendicazione della sovranit alimentare, intesa come diritto fondamentale individuale e come diritto dei popoli la cui protezione indispensabile per garantire un livello adeguato di sicurezza alimentare (come safety e come security) alle generazioni presenti e future. Si tratta di un processo in fieri. Dallaltro, esiste un sistema sovra-nazionale e nazionale, per il quale evidentemente il settore agricolo riveste importanza strategica, che si attrezzato per tempo - come una macchina da guerra - e ha piegato lo strumento legislativo per concentrare in poche mani e in modo illiberale il controllo di tutte le fasi della filiera agro-alimentare. Tra queste due situazioni che si fronteggiano con evidente asimmetria di forze i veri arbritri della situazione saranno i giudici nazionali e soprattutto le Corti Costituzionali, la cui azione sar cruciale nel determinare se il nostro destino di consumatori alimentari verr segnato da una caduta definitiva nel modello virale sotto al giogo dei brevetti o se potr sperare nella conservazione della libert di scegliere lagricoltura secondo natura. Ci troviamo al punto cruciale della Storia in cui lessere umano ha i mezzi tecnologici per sostituirsi alla Natura nella sua funzione di creatrice della vita, ma per esercitare questo potere deve ricorrere allutilizzazione di forme di vita elementari, infinitamente pi antiche delluomo stesso (virus, batteri e plasmidi), che potrebbero rivelarsi la giusta nemesi. Giova tenere a mente che le parole ibrido(92) e hybris, la tracotanza, condividono la stessa radice linguistica. Se dovessimo limitare la nostra riflessione al quadro normativo esistente e allorientamento espresso nella pronuncia della Corte canadese, le prospettive future non sarebbero rassicuranti. Tuttavia, i prevedibili risultati cui condurrebbe laffermazione del modello di sviluppo economico parassitario e triste che lindustria transnazionale promuove e sostiene, stridono in modo intollerabile con ci che ancora vivo della nostra civilt giuridica, con la nostra coscienza civile, con il senso di rispetto per la storia, per le tradizioni alimentari e culturali e con la dignit che tutti i popoli del pianeta meritano. E, proprio la ripugnanza che questa prospettiva suscita, ha indotto gli esponenti pi sensibili del mondo scientifico e giuridico, gli agricoltori e la societ civile a reagire con numerose campagne (92) Per un curioso accostamento della funzione dellibrido a quella delle law firms vedi E. SANTORO, ibidem, pag. 94: Le law firms, per i capitali che attraggono, si affermano oggi come i luoghi privilegiati di produzione del sapere giuridico che si sviluppa allombra del potere economico. Allo stesso tempo si configurano come un ibrido tra societ di professionisti che vendono un servizio sul mercato ed entit organicamente inserite nelle strutture delle grandi corporation internazionali. Questa natura ibrida si ripercuote sul sapere giuridico che producono. Le technicalities e le nuove modalit di scambio che esse mettono a punto, pur essendo nate su commissione ed essendo quindi legate a specifici interessi, si trovano comunque ammantate della legittimazione del diritto..... DOTTRINA 389 di respiro internazionale che mirano ad ottenere il riconoscimento della sovranit alimentare sul piano legislativo, come mezzo per realizzare il diritto ad un cibo sicuro, sano e adeguato e libero. Forse davvero giunto il momento di guardare in faccia la realt e di dire basta a questo finto libero mercato, che si risolve in un oligopolio dellofferta ai danni della domanda (93). In questa delicata fase storica caratterizzata da un grande squilibrio tra i singoli individui e le loro comunit e il potere dei colossi internazionali (che dispongono di meccanismi ricattatori capaci di scardinare la coerenza sistemica degli stati e sono protetti da una legislazione ancilla del mercato, per la quale poco contano gli interessi e i valori della collettivit umana e il destino di tutte le altre creature viventi), spetter alla magistratura svolgere il complito gravoso e davvero difficile di proteggere in concreto i diritti umani connessi ai temi sin qui trattati. Ricorrendo alle parole di un attento giuspubblicista gi citato, si pu affermare che: ...La Costituzione pu essere interpretata in senso conforme al diritto comunitario o convenzionale solo a patto di non dimenticare che i valori di riconoscimento dellordine costituzionale italiano, comunitario, convenzionale ed internazionale non sono sempre coincidenti sicch larmonizzazione praticabile solo laddove si riesca a salvaguardare i valori costituzionali nella loro complessa unit sistemica. CՏ bisogno di una Corte Costituzionale perch oggi, solo garantendo la costituzione si garantisce loriginaria decisione costituente della popolazione, realizzando il principio democratico. Spetta alla Corte, nel confronto con i suoi competitori, garantirsi lintangibilit del ruolo che le compete nellordinamento (94). Concludendo, sulla sensibilit ed il coraggio delle Corti costituzionali che incombe la grande responsabilit di far pendere lago della bilancia in un senso o nellaltro, in una corsa contro il tempo in cui ci che in gioco, a quanto pare, non solo la promozione di un modello agricolo piuttosto che un altro. Forse aveva ragione Fukuoka quando affermava che: ...lo scopo vero dellagricoltura non coltivare le piante, ma la coltivazione ed il perfezionamento degli esseri umani(95). Se cos fosse, esiste certamente una ragione di pi per proteggere, passando per la protezione dellagricoltura naturale, anche lumanit delluomo. (93) NICO VALERIO, Ma quale mercato libero: un oligopolio di offerte ai danni della domanda, Salon Voltaire, 5 dicembre 2008, consultabile sul sito: http://salon-voltaire.blogspot.com/. (94) F. LUCIANI, ivi. (95) M. FUKUOKA, La rivoluzione del filo di paglia, Fiesole, 1980, Quaderni dOntignano, pag. 139. R E C E N S I O N I DOMENICO MEZZACAPO, Dirigenza pubblica e tecniche di tutela (Pubblicazioni del Dipartimento di Scienze Giuridiche, Universita degli Studi di Roma La Sapienza, Jovene editore, Napoli 2010) Presentazione di Giuseppe Santoro-Passarelli* Il volume analizza limpatto della cosiddetta. riforma Brunetta sui problemi aperti della dirigenza pubblica, evidenziando come alcune contraddizioni nei principi e criteri direttivi di cui alla legge delega n. 15 del 2009 si riverberino sulla disciplina attuativa dettata dal d. lgs. n. 150 del 2009. Non cՏ dubbio, infatti, che proprio la dirigenza sia chiamata ad assumere un ruolo cruciale nella pubblica amministrazione riformata, ai fini di molti degli obiettivi perseguiti dalle nuove disposizioni: una migliore organizzazione del lavoro, elevati standard qualitativi ed economici delle funzioni e dei servizi, il riconoscimento di meriti e demeriti, lincremento dellefficienza del lavoro pubblico ed il contrasto alla scarsa produttivit e allassenteismo. Sennonch, da una parte, alcune disposizioni sembrano voler rafforzare la distinzione tra politica e amministrazione, garantendo una maggiore autonomia dei dirigenti nei confronti degli organi di vertice politico. Daltra parte, la massiccia rilegificazione operata dalla riforma lascia trasparire una netta sfiducia nelle capacit manageriali della dirigenza, predeterminando i comportamenti da attuare e limitando gli spazi per autonome valutazioni. Dopo aver dato conto delle tappe della privatizzazione della dirigenza pubblica, il volume si sofferma sulla disciplina dellaccesso alla dirigenza, sul regime degli incarichi e sulla responsabilit dirigenziale, per poi esaminare le tecniche di tutela dei diritti del dirigente e, indirettamente, a garanzia della funzione pubblica. (*) Ordinario di diritto del lavoro, SAPIENZA Universit di Roma. 392 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 Tra le disposizioni che sembrano voler rafforzare lautonomia della dirigenza devono essere menzionati lart. 28-bis e i nuovi commi 1-bis e 1-ter dellarticolo 19 del d. lgs. n. 165 del 2001. Lart. 28-bis introduce modalit concorsuali di accesso alla prima fascia dei ruoli dirigenziali, garantendo ad ogni dirigente della seconda fascia la possibilit di passare alla prima indipendentemente dal gradimento dellorgano di vertice politico e dallattribuzione di incarichi di livello generale per il periodo necessario. I nuovi commi 1-bis e 1-ter consentono un maggior controllo delle scelte operate in sede di conferimento e revoca degli incarichi dirigenziali attraverso limposizione di procedure pi trasparenti e di obblighi di motivazione prima non espressamente previsti dalla legge. Lanalisi evidenzia, tuttavia, la limitata portata di queste nuove disposizioni, ritenute non idonee ad assicurare una effettiva tutela del dirigente pretermesso nella procedura di conferimento di un determinato incarico. Secondo lAutore, con la sola eccezione del conferimento degli incarichi a soggetti esterni, unico caso in cui la motivazione richiesta quale requisito di validit dellatto di conferimento, in generale i nuovi obblighi di motivazione sono spesso solo formali e si esauriscono nel rapporto tra pubblica amministrazione e soggetto interessato al conferimento di un determinato incarico. Viene messo in evidenza, inoltre, che dai nuovi obblighi di motivazione non discende necessariamente anche lobbligo di comparazione tra pi aspiranti, nonostante la nuova normativa imponga alla pubblica amministrazione di predeterminare criteri di scelta. Lart. 19, comma 1, del d. lgs. n. 165 del 2001, pur riformato, continua ad accontentarsi di una semplice verifica di congruit tra il curriculum del dirigente e le caratteristiche dellincarico da assegnare. Emerge, dunque, una latente contraddizione allinterno dello stesso art. 19, che non pu che risolversi negando lesistenza di un obbligo legale di comparazione tra pi aspiranti nellambito della procedura di conferimento di un determinato incarico. Nessun controllo delle scelte operate dallorgano di vertice politico pu essere garantito, inoltre, nelle ipotesi di spoils system, di cui allart. 19, comma 8, del d. lgs. n. 165 del 2001. Anche alla luce di alcune sentenze gi intervenute in materia, lAutore prospetta dubbi di legittimit costituzionale della normativa in vigore incentrata su meccanismi automatici di cessazione ex lege degli incarichi in corso al cambio di governo. Un migliore bilanciamento tra i principi di imparzialit e buon andamento dellamministrazione dovrebbe imporre, invece, motivati provvedimenti di cessazione, di cui il governo si assume la responsabilit, e idonei a garantire ai dirigenti cessati la tutela giurisdizionale. In linea generale, tuttavia, proprio sul versante delle tutele giurisdizionali che il regime privatistico mostra le sue maggiori criticit: non a caso la RECENSIONI 393 corte costituzionale, pur approvando la privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico, ha sempre affermato la necessit di predisporre unadeguata cornice legale volta a garantire limparzialit dellamministrazione. Una volta riconosciuta la natura privatistica degli atti di conferimento degli incarichi, per, la mancata previsione di un obbligo di comparazione e la limitata portata dei nuovi obblighi di motivazione non sembrano garantire una tutela giurisdizionale adeguata. Il volume sottolinea la difficolt di ricorrere allannullabilit e alla nullit, come pure allazione di adempimento, per recuperare le tradizionali garanzie pubblicistiche. Le tecniche di tutela privatistiche, dunque, non supportate da apposite norme di legge volte a limitare lautonomia privata, non riescono a garantire limparzialit della pubblica amministrazione ed i diritti del funzionario pubblico. Da un lato, infatti, il soggetto da tutelare spesso terzo rispetto allattribuzione dellincarico; dallaltro lato, lo stretto collegamento tra dirigenza ed organizzazione pu rendere difficile in molti casi separare le esigenze di tutela della funzione dalla garanzia dei diritti del dipendente. La stessa tutela della funzione, da assicurarsi indirettamente, attraverso listituto della responsabilit dirigenziale, non appare da sola sufficiente, perch interviene soltanto ex post e richiede lattivazione e leffettiva operativit di meccanismi di valutazione fino ad oggi del tutto inefficienti. Soltanto il tempo dir se le nuove disposizioni, sotto questo punto di vista, riusciranno dove le precedenti hanno fallito, certamente difficile pensare che quello che a tutti gli effetti deve essere un profondo cambiamento culturale della pubblica amministrazione e della classe dirigente in particolare possa essere imposto per legge, quando, tra laltro, molte delle nuove disposizioni evidenziano una netta sfiducia nelle capacit della dirigenza di rendersi parte attiva di tale cambiamento. LAutore, nelle conclusioni, identifica nellattenzione alla trasparenza un possibile fattore di differenziazione tra la cosiddetta riforma Brunetta e le altre riforme che lhanno preceduta e certamente, esso costituisce una leva fondamentale ai fini dellauspicato raggiungimento degli obiettivi che la nuova normativa si propone ma che, tutto sommato, restano quelli di sempre, finora mai pienamente raggiunti. La trasparenza, e il diffuso controllo sociale sulloperato delle pubbliche amministrazioni che ne potrebbe derivare, dovrebbe sostituire lo stimolo al miglioramento continuo che nel settore privato dato dal mercato e in assenza del quale il lavoro pubblico si storicamente attestato su livelli meno efficienti. CՏ da dire, tuttavia, che linefficienza delle pubbliche amministrazioni dipende anche e forse soprattutto da altri fattori, tra i quali un principio di distinzione tra politica e amministrazione mai pienamente attuato, anzi spesso del tutto negato. 394 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2010 Il volume di Domenico Mezzacapo, in conclusione, si segnala per lincisivit delle argomentazioni, per la chiarezza dellesposizione e lequilibrio delle soluzioni proposte ai numerosi problemi interpretativi sollevati dal cosiddetto decreto Brunetta. Si tratta di una delle prime opere che non si limitano ad una lettura a caldo della nuova normativa in tema di dirigenza, proponendone, invece, una ricostruzione critico-sistematica di pi ampio respiro ricca di spunti di riflessione. Essa, dunque, costituisce un importante contributo ai fini dellulteriore sviluppo del dibattito su questa materia. Finito di stampare nel mese di giugno 2010 Servizi Tipografici Carlo Colombo s.r.l. Via Roberto Malatesta n. 296 - Roma