ANNO LXIX - N. 2 APRILE - GIUGNO 2017 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO COMITATO SCIENTIfICO: Presidente: Michele Dipace. Componenti: Franco Coppi - Giuseppe Guarino Natalino Irti - Eugenio Picozza - Franco Gaetano Scoca. DIRETTORE RESPONSABILE: Giuseppe Fiengo -CONDIRETTORI: Maurizio Borgo, Danilo Del Gaizo e Stefano Varone. COMITATO DI REDAZIONE: Giacomo Aiello -Lorenzo DAscia -Gianni De Bellis -Francesco De Luca - Wally Ferrante -Sergio Fiorentino -Paolo Gentili -Maria Vittoria Lumetti -Francesco Meloncelli Marina Russo. CORRISPONDENTI DELLE AVVOCATURE DISTRETTUALI: Andrea Michele Caridi -Stefano Maria Cerillo Pierfrancesco La Spina -Marco Meloni -Maria Assunta Mercati -Alfonso Mezzotero -Riccardo Montagnoli -Domenico Mutino -Nicola Parri -Adele Quattrone -Pietro Vitullo. HANNO COLLABORATO INOLTRE AL PRESENTE fASCICOLO: Federico Basilica, Guglielmo Bernabei, Vincenzo Tommaso Ciorra, Liborio Coaccioli, Carla Colelli, Anna Collabolletta, Isabella Corsini, Giulia Fabrizi, Ettore Figliolia, Salvatore Paolo Putrino Gallo, Michele Gerardo, Massimo Giannuzzi, Antonio Grumetto, Paolo Marchini, Lucia Marzialetti, Giacomo Montanari, Glauco Nori, Paola Palmieri, Valentina Pincini, Carlo Maria Pisana, Gabriella Salvati, Massimo Salvatorelli, Mario Antonio Scino, Francesco Sclafani, Antonio Tallarida, Massimo Massella Ducci Teri, Claudio Tric, Ivan Michele Triolo, Daniele Sisca. Email giuseppe.fiengo@avvocaturastato.it maurizio.borgo@avvocaturastato.it danilodelgaizo@avvocaturastato.it stefanovarone@avvocaturastato.it ABBONAMENTO ANNUO .............................................................................. 40,00 UN NUMERO .............................................................................................. 12,00 Per abbonamenti ed acquisti inviare copia della quietanza di versamento di bonifico bancario o postale a favore della Tesoreria dello Stato specificando codice IBAN: IT 42Q 01000 03245 348 0 10 2368 05, causale di versamento, indirizzo ove effettuare la spedizione, codice fiscale del versante. I destinatari della rivista sono pregati di comunicare eventuali variazioni di indirizzo AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO RASSEGNA - Via dei Portoghesi, 12, 00186 Roma E-mail: rassegna@avvocaturastato.it - Sito www.avvocaturastato.it Stampato in Italia - Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 indice -sommario TEMI ISTITUZIONALI Osservator sulla Giustizia civile, Comunitato dellAvvocato Generale dello Stato, avv. Massimo Massella Ducci Teri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Massimo Salvatorelli, La parte pubblica in mediazione e negoziazione assistita: riflessioni generali. Il ruolo della Avvocaura dello Stato . . . . . Patrocinio dellAvvocatura dello Stato dellEnte Agenzia delle Entrate -Riscossione (ADER gi Equitalia s.p.a.). Protocollo dintesa sottoscritto il 22 giugno 2017, Circolare A.G. prot. 339351 del 5 luglio 2017 n. 36; Circolare A.G. prot. 383205 del 2 agosto 2017 n. 41. . . . . . . . . . . CONTENZIOSO NAZIONALE Giulia fabrizi, Le Sezioni Unite sul concorso tra reati di malversazione a danno dello Stato e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche: il caso Invitalia S.p.a. (Cass. pen., Sez. Un., sent. 28 aprile 2017 n. 20664) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Ivan Michele Triolo, Danni punitivi: la nuova natura polifunzionale della responsabilit civile (Cass. civ., Sez. Un., sent. 5 luglio 2017 n. 16601). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Wally ferrante, Translatio iudicii negli appelli ex lege 689/81 (e non solo) (Cass. civ., Sez. Un., sent. 14 settembre 2016 n. 18121; Cass. civ., Sez. Sesta - 2, ord. 8 marzo 2017 n. 5841). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Claudio Tric, Illecita detenzione di segni distintivi in uso alle forze di polizia; rilevanza penale del falso ottenuto mediante fotocopia di un inesistente originale (Cass. pen., Sez. V, sent. 21 marzo 2017 n. 13810) . . . Carlo Maria Pisana, In tema di decandenza da agevolazioni per imposta di registro (Cass., Sez. V, sent. 30 maggio 2017 n. 13583) . . . . . . . . . . . Gabriella Salvati, Il conflitto tra il diritto individuale alla libert di scelta ed i superiori diritti collettivi (Trib. Napoli, Sez. X civ., ord. 25 maggio 2017). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Massimo Giannuzzi, In materia di cause aventi ad oggetto danni derivanti da urto di navi al di fuori del mare territoriale: il giudice competente (Trib. Roma, Sez. II civ., ord. 30 maggio 2017). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Valentina Pincini, Laccesso alla documentazione fiscale e tributaria del coniuge nei giudizi di separazione: normativa ed orientamenti giurisprudenziali (T.a.r. Emilia Romagna, Sez. I, sentt. 2 febbraio 2017 nn. 64 e 65) I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO federico Basilica, Interpretazione della normativa sulle preclusioni per lammissione alla procedura di chiamata dei docenti universitari . . . . . pag. 1 2 9 15 42 54 66 76 79 89 92 109 Ettore figliolia, Sulla subappaltabilit dei lavori nelle ATI verticali . . . Carla Colelli, Controllo e riscossione del contributo unificato in caso di ricorsi straordinari al Capo dello Stato. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Anna Collabolletta, Listituto della mediazione e il rimborso delle spese legali per i giudizi proposti nei confronti dei dipendenti delle pp.aa. . . . Antonio Grumetto, Sullapplicazione degli interessi di mora per il ritardato pagamento di una pubblica amministrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . francesco Sclafani, Interpretazione e disciplina attuativa dei contratti esclusi dallambito di applicazione oggettiva del d.lgs 50/2016 . . . . . . . Paolo Marchini, Lacquisizione delle opere abusive nelle aree naturali protette: il principio tempus regit actum . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . francesco Meloncelli, La regola del concorso pubblico per le progressioni tra aree funzionali e la deroga di legge . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Paola Palmieri, Il regime della revisione dei prezzi negli appalti di lavori a seguito della novellata disciplina del D.lgs 50/2016 . . . . . . . . . . . . . . Isabella Corsini, Il rimborso delle spese legali a favore di dipendenti di amministrazioni statali ai sensi dellart. 18 del D.L. 25 marzo 1997 n. 67: la ratio del rimborso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Mario Antonio Scino, Lapplicazione di sanzioni pecuniarie aggiuntive nel caso di sostituzione commissariale ex art. 32, c. 10, D.L. 90/2014 . . Mario Antonio Scino, Interpretazione dellart. 84 d.lgs 159/2011 e modalit di valutazione dei requisiti per liscrizione nelle white list . . . . Sergio fiorentino, Valutazione della proporzione della soccombenza ai fini del riparto dellonere del contributo unificato nel giudizio amministrativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Liborio Coaccioli, Sullincombenza dellonere del contributo unificato LEGISLAZIONE ED ATTUALIT Antonio Tallarida, Norme di commercializzazione e controlli di conformit. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Daniele Sisca, Illegittimit della delibera consiliare con la quale vengono approvate le aliquote e le tariffe dei tributi comunali oltre il termine stabilito per lapprovazione del bilancio di previsione. . . . . . . . . . . . . . . . . CONTRIBUTI DI DOTTRINA Michele Gerardo, Violazione del principio di gerarchia delle fonti del diritto: conseguenze, rilievo dellantinomia. Rivisitazione dellatto normativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Alfonso Mezzotero, Salvatore Paolo Putrino Gallo, Il sitema delle informative antimafia nei recenti arresti giurisprudenziali . . . . . . . . . . . . . . . Glauco Nori, Sistemi elettorali e rappresentativit . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 113 118 126 132 138 144 150 156 163 165 168 175 181 187 201 211 225 246 Vincenzo Tommaso Ciorra, Lefficacia delle decisioni dellAGCM nei giudizi follow on . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 250 Lucia Marzialetti, Contabilit nazionale e unit istituzionali. Interpretazione ed applicazione dei criteri dettati dal SEC 2010 per linserimento delle PP.AA. nellElenco delle unit istituzionali appartenenti al settore delle Amministrazioni Pubbliche di competenza dellISTAT . . . . . . . . . . 270 RECENSIONI Guglielmo Bernabei, Giacomo Montanari, Autonomie e Finanza Locale, Cleup editore - Universit di Padova, 2017. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 289 TEMIISTITUZIONALI OSSERVATOR SULLA GIUSTIZIA CIVILE Comunicato dellAvvocato Generale dello Stato, avv. Massimo Massella Ducci Teri Nei giorni 19, 20 e 21 maggio 2017 si tenuta, presso la Corte Suprema di Cassazione in Roma, la XII Assemblea Nazionale degli Osservator sulla Giustizia civile, che ha affrontato questanno il tema generale: Giustizia diffusa e condivisa: confronto e collaborazione nella risoluzione dei conflitti. Ai lunghi e complessi lavori preparatori, nonch allAssemblea conclusiva, ha partecipato questanno per la prima volta una consistente delegazione dellAvvocatura dello Stato, coordinata dal Vice Avvocato Generale Massimo Salvatorelli e composta dagli Avvocati dello Stato Maria Gabriella Mangia, Attilio Barbieri e Gaetana Natale, e dai Procuratori dello Stato Brunella Borgoni e Maria Francesca Severi. Gli avvocati e procuratori dello Stato si sono occupati, nellambito dei vari gruppi di lavoro istituiti, delle tematiche pi vicine alla attivit dellIstituto: in particolare, dei problemi connessi al danno non patrimoniale alla persona, ai rapporti tra giurisdizione e rimedi alternativi per la risoluzione delle controversie (ADR), al rispetto del principio della sinteticit degli atti del processo (scritti defensionali, ma anche provvedimenti giurisdizionali). stato per me motivo di grande soddisfazione poter constatare (anche direttamente, nel corso del saluto introduttivo che ho rivolto ai partecipanti nella giornata inaugurale dei lavori) che la fattiva partecipazione della Avvocatura ai lavori stata vivamente apprezzata tanto dai Magistrati quanto dai colleghi del libero Foro. Si pertanto da pi parti auspicato - ed mia intenzione operare affinch ci avvenga -che la partecipazione dellAvvocatura dello Stato allattivit degli Osservator non rimanga episodica, ma si svolga con regolarit, estendendo anzi la stessa, limitata questanno ai gruppi di lavoro istituiti presso il RASSeGNA AVVOCATuRA DeLLO STATO - N. 2/2017 Tribunale di Roma, anche alle sedi Distrettuali. Alla ripresa dei lavori degli Osservator, dopo lestate, provveder pertanto a designare, per la partecipazione, avvocati in servizio presso i Tribunali interessati dai lavori stessi. Mi pare anche importante, in questo contesto, estendere a tutto lIstituto lintervento presentato nel corso dei lavori dallAvvocato Salvatorelli sullo specifico tema della posizione del difensore pubblico nel contesto dei cd. strumenti deflattivi del contenzioso. In questo intervento - che stato da me pienamente condiviso -, anche alla luce dellesperienza maturata in questi primi anni di applicazione degli istituti in discorso, possono trovarsi significativi spunti, in unottica tesa a conciliare una costruttiva valorizzazione della partecipazione a tali procedimenti con una lettura delle norme (che, giova evidenziare, ha trovato la piena comprensione da parte degli interlocutori presenti) compatibile con le difficolt operative che lIstituto pu trovarsi a fronteggiare nella quotidiana applicazione degli ADR. GRUPPO DI LAVORO SU GIURISDIZIONE ED ADR La parte pubblica in mediazione e negoziazione assistita: riflessioni generali. Il ruolo della Avvocatura dello Stato (*) Negli ultimi anni, come noto, anche nellordinamento processuale italiano si assistito alla introduzione di varie misure volte a garantire i principi costituzionali in tema di celerit ed effettivit della tutela giurisdizionale, attraverso metodi alternativi per la prevenzione del contenzioso e la risoluzione delle controversie (cosiddetti ADR: alternative dispute resolution). Nel regolamentare tali procedure (e si pensa qui, in particolare, alla mediazione finalizzata alla conciliazione di cui al D. Lgs. 4 marzo 2010 n. 28, al D.L. 12 settembre 2014, n. 132 in tema di degiurisdizionalizzazione e definizione dellarretrato in materia di processo civile, che regola il trasferimento dei procedimenti pendenti in sede arbitrale e la negoziazione assistita, al D. Lgs. 6 agosto 2015, n. 130 sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori), mezzi di portata generale ed applicabili in linea di principio a tutti i soggetti potenzialmente parti di una controversia, assai di rado, per, il Legislatore si posto nellottica delle modalit di applicazione degli stessi ai soggetti pubblici. Basta pensare, a questo proposito, alla presenza di norme premiali con riflessi tributari per le parti che si accordano; agli obblighi relativi alla informazione che il difensore deve fornire alle parti assistite; a quelle disposizioni che presuppongono la iscrizione del difensore stesso allalbo pro(*) Intervento del Vice Avvocato Generale Massimo Salvatorelli. TeMI ISTITuzIONALI fessionale, per comprendere che siamo in presenza di previsioni evidentemente non applicabili alle parti pubbliche e ai loro difensori; e daltro canto, le disposizioni del diritto dellunione che sono in gran parte ispiratrici degli ADR sembrano anchesse escludere la presenza nelle controversie in atto o in potenza di una parte pubblica. Ora, le peculiarit che innegabilmente caratterizzano loperare di tali soggetti, e in particolare le modalit con le quali gli stessi sono assistiti e difesi in giudizio, hanno creato e creano una serie di problemi concreti, dei quali si dovuta fare carico anche lAvvocatura dello Stato, difensore ex lege delle Amministrazioni statali e di altri enti pubblici, finendo col dare talvolta limpressione di un preconcetto rifiuto di tali strumenti: rifiuto che invece, a ben vedere, non cՏ. Tali vie alternative non possono non essere viste anche dalla parte pubblica come fondamentali, potenzialmente decisive per il raggiungimento di scopi (generali e particolari) certamente condivisi. Ma un reale contributo alla loro effettivit anche nei confronti di quelle parti non pu che passare attraverso una condivisione delle difficolt che essi pongono. un costruttivo confronto dialettico tanto con il Foro libero quanto con la Magistratura, finalizzato ad una intelligente, reciproca comprensione delle problematiche -problematiche reali, e non mero scudo sintomatico di un gretto rifiuto della novit -, pu e deve allora contribuire a rendere quegli strumenti realmente utili ed efficaci per il raggiungimento delle fondamentale finalit di abbattimento del contenzioso. Altrimenti, inutile nasconderlo, la mancata reciproca comprensione non pu che condurre ad un risultato addirittura opposto, costituendo gli strumenti ipoteticamente deflattivi un passaggio meramente formalistico, utile solo ad un ulteriore allungamento delliter processuale: il che sarebbe una sconfitta per tutti, anche, e si vorrebbe dire in primo luogo, per il soggetto per definizione portatore di interessi collettivi. Latteggiarsi delle Amministrazioni pubbliche nei confronti degli strumenti deflattivi del contenzioso caratterizzato da due ordini di distinte problematiche, da affrontare e risolvere con approcci diversi. Vi , per cos dire, un aspetto soggettivo: meno serio, certamente, sotto il profilo giuridico, ma tuttaltro che trascurabile, poich pu costituire di fatto un ostacolo difficilmente sormontabile: il timore che nutre il funzionario pubblico nelladdivenire ad una composizione della controversia. e ci per due ordini di ragioni. uno, per cos dire, psicologico, e di educazione: spesso, i vertici delle Amministrazioni -quelli che, naturalmente, si trovano a dover assumere la decisione finale sulla definizione della controversia avendo la disponibilit del diritto -provengono da una formazione culturale tradizionalmente sospettosa di RASSeGNA AVVOCATuRA DeLLO STATO - N. 2/2017 fronte ad accordi che precedano o sostituiscano una statuizione giurisdizionale. Laltro, al primo collegato, ma ben pi concreto, costituito dal timore che concludere una transazione possa essere per il funzionario fonte di responsabilit. e occorre dire che lassunzione di atteggiamenti rigidi da parte del Giudice contabile cui non di rado si assistito possono avere decisiva influenza in questo senso. Sono, questi due profili soggettivi, aspetti sui quali si pu certamente lavorare, e lAvvocatura dello Stato a questo fine concretamente si sta impegnando. Occorre cio far comprendere che una buona, o comunque una ragionevole transazione, lungi dal comportare responsabilit, pu anzi prevenire un addebito di mala gestio della cosa pubblica. Rifiutare un accordo in una situazione dove laccordo appare consigliabile per prevenire pi gravi conseguenze per lerario costituisce propriamente una scelta di buona amministrazione da assumere proprio nel corretto perseguimento dellinteresse pubblico. Lassistenza del difensore, che chiarisca caso per caso questo punto, pu certamente essere fondamentale, come altrettanto utile pu essere la disponibilit e la collaborazione dellAutorit giudiziaria, laddove in qualche modo investita della questione, e degli stessi difensori di controparte. Anche per il privato un accordo rapido e ragionevole pu essere preferibile, pur se in termini magari meno vantaggiosi, ma pi facilmente accettabili da parte dellAmministrazione. Tuttavia, accanto a questi profili che abbiamo definito soggettivi, ben pi serie problematiche oggettive vanno ad incidere sulla partecipazione delle Amministrazioni pubbliche e dei loro difensori ai procedimenti deflattivi del contenzioso. su questi aspetti che una piena comprensione e collaborazione da parte di tutte gli atri soggetti che intervengono negli ADR possono fornire il contributo decisivo per la effettiva utilit del rimedio alternativo alla tutela giurisdizionale. Con pi specifico riferimento alla mediazione, un primo ordine di problemi deriva dai limiti di applicabilit normativamente posti al ricorso a quello strumento deflattivo. a. La normativa vigente, correttamente, ritiene percorribile la strada della mediazione limitatamente ai soli diritti disponibili. Con riferimento ai soggetti pubblici, ci si traduce in una limitazione per tutta una serie di vicende che, ratione materiae, non sono suscettibili di accordo. Considerato anche il testuale riferimento alle controversie civili e commerciali, si deve dunque escludere che possano essere oggetto di mediazione (perch non possono essere oggetto di accordo): i. le controversie in materia di diritto amministrativo, laddove cio lAmministrazione abbia esercitato o debba esercitare potest pubbliche; TeMI ISTITuzIONALI ii. le controversie tributarie (evidentemente comprese quelle in materia doganale); iii. le controversie in tema di responsabilit dello Stato per atti compiuti iure imperii. Tra queste devono ritenersi evidentemente rientrare le (non transigibili) controversie in materia di responsabilit per leccessiva durata del processo (cd. legge Pinto), come dimostra la necessit, che era stata come noto a suo tempo avvertita, di istituire una specifica procedura di natura para-conciliativa; iv. le pretese civili azionate a mezzo della costituzione di parte civile nel procedimento penale; v. le controversie relative a diritti reali pubblici (si pensi a vicende involgenti la demanialit o la natura patrimoniale indisponibile di un bene). In tutti questi casi, evidente (e deve essere compreso dalle stesse controparti e dai Giudici) che lopposizione di un rifiuto alla mediazione/negoziazione discende da un preciso obbligo di legge e non da un capriccio di unAmministrazione neghittosa. b. Ma a queste ipotesi devono affiancarsene logicamente altre, pur vertenti in materia civile e commerciale, nelle quali lAmministrazione non pu logicamente addivenire ad accordo alcuno, poich in realt la atipicit del suo operare non consente di ricomprendere la controversia, se non attraverso una lettura superficiale, in tale novero. Si pensi, cos, ai casi in cui vi sia stretta commistione tra la materia civilistica e quella pubblicistica, laddove cio lAmministrazione si trovi ad agire s, formalmente, sul piano privatistico, ma attraverso una commistione con attivit e strumenti di altra natura. Agevoli esempi di casi simili, nei quali non appare possibile ricorrere agli strumenti deflattivi considerati, sono costituiti: i. dalla necessaria parallela adozione di atti organizzativi; ii. laddove si sia in presenza di rapporti contrattuali speciali nei quali, in considerazione della natura pubblica di uno dei contraenti, siano inseriti nel contratto clausole imposte dalla legge (il che accade, a titolo meramente esemplificativo, per talune tipologie di locazioni); iii. quando sia in ogni caso necessaria ladozione di altri atti amministrativi (si pensi alle transazioni regolate da legge e da regolamenti in materia di danno da emotrasfusione); iv. pi in generale, laddove si sia in presenza di atti amministrativi presupposti, sui quali evidentemente lAmministrazione non pu incidere direttamente in via pattizia (si pensi ai contratti accessivi a concessioni). c. Non si pu infine trascurare lesistenza di controversie per le quali, in ragione delle loro peculiari connotazioni, la via dei rimedi alternativi come definiti dalla normativa in discorso non risulta in sostanza adeguata, finendo RASSeGNA AVVOCATuRA DeLLO STATO - N. 2/2017 con il costituire una superfetazione superflua/inutile che finisce proprio col comportare una situazione dilatoria contraria alla stessa finalit degli ADR. ben noto, ed evidente, che i rimedi alternativi al contenzioso giudiziale sono stati pensati principalmente per il contenzioso tra privati di natura sostanzialmente bagatellare: in questo campo che hanno le maggiori possibilit di essere realmente incisivi, abbattendo il contenzioso. Ma ci non avviene in una larga parte del contenzioso delle Amministrazioni pubbliche. esso involge materie di particolare delicatezza e complessit giuridica, non di rado di elevatissimo valore, nei quali si confrontano con lAmministrazione soggetti privati (imprenditori di grandi dimensioni, multinazionali, ecc.) che hanno a loro volta strutture legali particolarmente specializzate e agguerrite. Anche laddove non siano normativamente previsti procedimenti speciali volti alla definizione (ma si pensi, in primo luogo, ai Rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale previsti dal Capo II del Titolo I della Parte VI del nuovo Codice dei contratti pubblici, D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, artt. 205 e seguenti), evidente, da un lato, che i legali delle parti, prima di accedere al contenzioso giudiziale, avranno tentato di percorrere ogni strada idonea alla risoluzione bonaria della controversia, in analogia con il procedimento di negoziazione assistita; daltro canto, lecito dubitare che un mediatore, pur dotato di grande abilit dialettica e di capacit di smussare gli angoli tra le parti private, possa fornire un effettivo contributo ad una soluzione pre-giudiziale della vicenda. In questi casi, se mai, potrebbe essere solo il Giudice, cognita causa, a suggerire alle parti una via conciliativa sulla base del (principio di) convincimento che si fosse in lui formato in sede di esame della causa sottopostagli. Parimenti da escludere appare lutilit concreta di un tentativo di composizione alternativo per il contenzioso seriale che spesso vede coinvolte le Amministrazioni pubbliche (non diversamente da quanto accade, per vero, ad altri soggetti quali Assicurazioni, Banche, Finanziarie, ecc.). in questi casi evidente che non possibile risolvere la singola controversia, anche se di valore non particolarmente elevato, se non passando attraverso una soluzione di carattere pi generale, per la quale deve ravvisarsi una competenza ai massimi livelli decisionali, anche a tutela di fondamentali principi costituzionali quali la parit di trattamento tra le parti e il buon andamento dellAmministrazione. In tutti questi casi sembra giustificato e comprensibile il rifiuto dellAmministrazione di anche solo avviare o partecipare ad un ADR che finirebbe, come detto, col comportare unicamente una dilazione superflua rispetto allaccesso alla giustizia. Nel quadro cos sommariamente delineato resta da comprendere quale debba essere il ruolo del difensore pubblico, e, in particolare, dellAvvocatura dello Stato: ruolo che, va detto subito, non pu che essere fondamentale nel TeMI ISTITuzIONALI laffiancare e assistere lAmministrazione patrocinata favorendo la finalit, da tutti condivisa, di una riduzione del contenzioso, sgombrando per il campo dellerrato e dal superfluo e concentrando lintervento su quei casi nei quali vi sia effettiva, concreta possibilit di definizione. di piena evidenza che, proprio per la sua posizione istituzionale di difensore della parte, ma anche di pubblico ufficiale, lAvvocato dello Stato, ben prima della nascita degli strumenti deflattivi di cui si discorre, si sempre inserito nella dialettica processuale come garante della legittimit dellazione amministrativa. In questottica svolge un ruolo fondamentale la funzione consultiva del- lAvvocatura, che pu consentire allAmministrazione, per un verso, di prevenire un contenzioso inutile o dannoso, e, per laltro, di definire ove possibile in tempi ragionevoli il contenzioso con una soluzione accettabile per entrambe le parti in contesa. Non pu tacersi, per contro, che gli adempimenti necessari per fronteggiare un crescente accesso da parte del privato ai rimedi alternativi di cui si tratta costituiscano per lAvvocatura dello Stato un aggravio consistente in termini di carico di lavoro, richiedendosi in materia una attivit giuridica e soprattutto una presenza fisica in luoghi diversi, spesso oggettivamente inconciliabili con i concomitanti impegni professionali degli Avvocati dello Stato. Per accennare a uno solo tra i tanti problemi (che il Legislatore non sembra a suo tempo essersi posto), per lente pubblico che intenda agire in una materia per la quale prevista la mediazione obbligatoria si pone il problema della scelta della struttura cui rivolgersi: scelta che comporta limpegno di fondi pubblici e impone quindi obblighi contabili che potrebbero giungere addirittura alla necessit dello svolgimento di una procedura selettiva per lindividuazione della struttura. Sembra tuttavia che, anche alla luce di quanto fin qui esposto, sia possibile una ragionevole lettura delle disposizioni che regolano gli ADR in modo tale da contemperare le varie esigenze presenti, riducendo lintervento concreto dellAvvocatura alle sole ipotesi in cui lo stesso sia effettivamente utile, ferma restando una costante e generale attivit di assistenza dellAmministrazione, in linea peraltro con la funzione consultiva sempre svolta. Come si accennava (cfr. le lettere a., b.e c. che precedono), vi sono dei casi nei quali il rimedio alternativo non giuridicamente praticabile, o comunque sostanzialmente privo di utilit perch evidentemente destinato al fallimento. Ragioni di economia nellattivit dei soggetti pubblici suggeriscono in questi casi che lAmministrazione (sempre sentita lAvvocatura) provveda direttamente, e chiarisca con una motivata risposta allinvito alla mediazione o alla negoziazione -eventualmente intevenendo direttamente in sede di primo incontro di mediazione - le ragioni che sono di radicale ostacolo al percorso conciliativo. RASSeGNA AVVOCATuRA DeLLO STATO - N. 2/2017 Deve essere altres possibile per lAmministrazione intervenire direttamente (ed esclusivamente) nel procedimento in tutti i casi in cui la normativa le consenta di presenziare da sola anche in sede giurisdizionale (si pensi, a titolo esemplificativo, alla previsione degli artt. 2 e 3 del T.u. n. 1611/1933 e di altre disposizioni similari; a non diversa soluzione sembra potersi giungere nelle ipotesi di Amministrazioni che abbiano uffici legali interni e che si avvalgano del patrocinio cd. autorizzato dellAvvocatura). Sarebbe, in effetti, del tutto irrazionale pretendere lintervento dellAvvocatura pubblica in una fase pre-contenziosa laddove poi lAmministrazione possa difendersi in giudizio da sola. Parteciper invece certamente allADR lAvvocatura (oltre che nei casi in cui occorre promuovere la procedura di mediazione obbligatoria) laddove si delineino per la mediazione o la negoziazione concrete possibilit di successo: nel qual caso, oltre a svolgere la normale attivit di consulenza per lAmministrazione, lAvvocatura si dar carico di intervenire partecipando a quanto necessario per il successo del procedimento, e in primo luogo alla stesura dellaccordo transattivo. Sembra, in conclusione, che una lettura elastica e costruttiva delle disposizioni sui rimedi alternativi per la definizione delle controversie quale quella suggerita nelle pagine che precedono con riferimento alla partecipazione agli stessi delle Amministrazioni pubbliche e dei loro difensori sia pienamente conforme allo spirito delle norme, e possa contribuire, con la collaborazione di tutte le parti coinvolte, allauspicato risultato di una riduzione del contenzioso. A ci lAvvocatura pubblica intende contribuire pienamente, rendendosi fattivo protagonista per tendere agli obiettivi posti nella Carta fondamentale per una giustizia pi celere ed efficace. TeMI ISTITuzIONALI Avvocatura Generaledello Stato CIRCOLARE n. 36 / 2017 Oggetto: Patrocinio dellAvvocatura dello Stato dellEnte Agenzia delle Entrate -Riscossione (ADER gi Equitalia s.p.a.). Protocollo dintesa sottoscritto il 22 giugno 2017. L'art. 1, comma 1, del D.L. n. 193/2016 (convertito nella legge n. 225/2016) ha previsto che "a decorrere del 1 luglio 2017 le societ del Gruppo Equitalia sono sciolte" (ad eccezione di equitalia Giustizia s.p.a) e che alle stesse societ "subentra, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali" un ente pubblico economico denominato "Agenzia delle Entrate - Riscossione" (in seguito solo "ADER"). Ai sensi del successivo comma 8 il nuovo ente autorizzato "ad avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato ai sensi dell'articolo 43 del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato, di cui al regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, fatte salve le ipotesi di conflitto e comunque su base convenzionale. Lo stesso ente pu altres avvalersi, sulla base di specifici criteri definiti negli atti di carattere generale deliberati ai sensi del comma 5 del presente articolo, di avvocati del libero foro, nel rispetto delle previsioni di cui agli articoli 4 e 17 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, ovvero pu avvalersi ed essere rappresentato, davanti al tribunale e al giudice di pace, da propri dipendenti delegati, che possono stare in giudizio personalmente; in ogni caso, ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, l'Avvocatura dello Stato, sentito l'ente, pu assumere direttamente la trattazione della causa. Per il patrocinio davanti alle commissioni tributarie continua ad applicarsi l'articolo 11, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546". La fase di trasformazione affidata ad un Commissario straordinario, nominato con D.P.C.M. 16 febbraio 2017 fino al 30 giugno 2017, il quale tra i vari compiti tenuto alla "predisposizione di tutti gli atti, gli accordi i contratti e le convenzioni propedeutici all'istituzione dell'ente e necessari all'operativit del medesimo". Ci premesso, il 22 giugno 2017 stato sottoscritto - tra il Commissario e l'Avvocato Generale -un Protocollo d'intesa diretto a disciplinare le modalit operative dello svolgimento del patrocinio del nuovo ente da parte dell'Avvocatura dello Stato. Nel Protocollo sono state individuate le controversie per le quali l'assistenza e la rappresentanza in giudizio verr resa dall'Avvocatura, mentre per il restante contenzioso ADeR potr stare in giudizio tramite propri dipendenti ovvero con l'assistenza di avvocati del libero foro. Controversie affidate all'Avvocatura In particolare sono affidate all'Avvocatura: 1) tutte le cause davanti al Giudice Amministrativo; 2) tutte le cause davanti alla Corte di Cassazione; 3) tutto il contenzioso civile non afferente alla riscossione (ad es. cause di locazione, di appalti ecc. in cui coinvolto l'ente); 4) procedimenti penali in cui si ritenga opportuna la costituzione di parte civile; 5) cause di lavoro dei dipendenti dell'ente (dove il patrocinio assicurato "di norma" ); RASSeGNA AVVOCATuRA DeLLO STATO - N. 2/2017 6) contenzioso afferente all'attivit di riscossione, limitatamente: a) ad azioni risarcitorie (con esclusione di quelle radicate innanzi al Giudice di Pace anche in fase di appello); b) ad azioni revocatorie, di simulazione e ogni altra azione ordinaria a tutela dei crediti affidati in riscossione (in sostanza si tratta di cause attive instaurate dall'ente); c) altre cause innanzi al Tribunale Civile e alla Corte d'Appello Civile, nelle sole ipotesi in cui sia parte anche un ente impositore difeso dall'Avvocatura (ad esempio opposizioni a cartelle di pagamento; opposizioni all'esecuzione o agli atti esecutivi). Controversie non affidate all'Avvocatura Ne consegue che saranno trattate da ADeR tutte le altre controversie, ed in particolare: - tutte le cause innanzi al Giudice di Pace (compresa la fase di appello); -tutte le cause innanzi alle Sezioni Lavoro di Tribunale e Corte d'Appello (che non riguardino il personale dipendente dell'ente); - tutte le cause innanzi alle Commissioni Tributarie; -le cause innanzi al Tribunale Civile e alla Corte d'Appello afferenti alla riscossione (opposizioni a cartelle di pagamento ecc.) in cui non sia evocato in giudizio un ente impositore difeso dall'Avvocatura. Controversie rilevanti Al punto 3.2 del protocollo si precisa che, in ogni caso, "L 'Avvocatura, sentito l'Ente, assicura il patrocinio, anche innanzi alle Magistrature Superiori, nelle controversie in cui vengono in rilievo questioni di massima o particolarmente rilevanti in considerazione del valore economico o dei principi di diritto in discussione". Disposizioni transitorie Al punto 7 del Protocollo si precisa che "L'Avvocatura assume il patrocinio dell'Ente nelle controversie introdotte con atti notificati a decorrere dal 1 luglio 2017" - ancorch risulti ancora intimata equitalia s.p.a. - "nonch per tutte le controversie innanzi al Consiglio di Stato o alla Corte di Cassazione, per le quali, alla data del 1 luglio 2017, non sia stato ancora conferito incarico ad avvocati del libero foro". Attribuzione delle nuove competenze all'interno dell'AGS In via di prima applicazione e sperimentale, all'interno dell'Avvocatura Generale: -tutte le controversie di ADeR in cui sia parte evocata in giudizio anche un'Amministrazione (quale ente impositore) difesa dall'Avvocatura, sono attribuite alla Sezione di pertinenza della stessa Amministrazione (1); -le altre cause (nonch l'attivit consultiva) di ADeR sono attribuite, di regola, alla Sezione I Bis. Con cadenza mensile si proceder alla verifica dell'impatto effettivo delle nuove competenze, anche ai fini della adozione di tutti i provvedimenti opportuni sotto il profilo organizzativo e di riparto delle risorse. Contributo unificato Si ritiene opportuno evidenziare che il Ministero della Giustizia con l'allegata (omissis) (1) Ovviamente qualora siano presenti Amministrazioni di diverse Sezioni, si seguir il consueto criterio della prevalenza. TeMI ISTITuzIONALI nota 26 marzo 2014 ha ritenuto -per il contenzioso in tema di riscossione -suscettibile di prenotazione a debito il contributo unificato a carico dell'Agente della riscossione (ai sensi degli artt. 48 del D.P.R. n. 602/1973 e 157 del D.P.R. n. 115/2002) (2). LAVVOCATO GeNeRALe DeLLO STATO avv. Massimo Massella Ducci Teri CIRCOLARE n. 41 / 2017 Oggetto: Patrocinio dellAvvocatura dello Stato dellEnte Agenzia delle Entrate -Riscossione (ADER gi Equitalia s.p.a.). Gestione del contenzioso. Richiamata l'allegata Circolare n. 36/2017 relativa al patrocinio da parte dell'Avvocatura dello Stato di ADeR ("Agenzia delle Entrate -Riscossione ", gi equitalia s.p.a.), nonch il Protocollo d'Intesa 22 giugno 2017 (disponibile sulla INTRANeT), si forniscono di seguito una serie di indicazioni utili per la corretta gestione del relativo contenzioso. 1. Corrispondenza Avvocatura - ADER La corrispondenza tra ADeR e l'Avvocatura avviene di norma via PeC. Tuttavia il punto 3.8.2 del Protocollo d'Intesa prevede che nelle ipotesi in cui la richiesta di ricorso per cassazione venga trasmessa oltre i termini previsti (due mesi prima della scadenza; un mese se opera il termine breve), "la stessa inviata anche all'indirizzo di posta elettronica ordinaria della sezione competente, del Responsabile e del Coordinatore di sezione". Analoga modalit prevista nei casi di proposte di controricorso inviate oltre il termine di 20 giorni prima della scadenza (punto 3.8.12 del protocollo d'Intesa). Per il contenzioso afferente alla riscossione, i rapporti saranno tenuti di norma con le Direzioni Regionali (DR). L'elenco degli indirizzi con i nominativi e recapiti dei rispettivi titolari sar reso disponibile sulla INTRANeT. 2. Contenzioso fuori sede dell'Avvocatura Come previsto al punto 3.1.9 del Protocollo d'Intesa "Per le cause che si svolgono davanti ad autorit giudiziaria avente sede diversa da quella della competente Avvocatura, quest'ultima pu avvalersi, per le funzioni procuratorie, di dipendenti dell'Ente ai sensi dell'art. 2 del R.D. n. 1611 del 1933. Nelle ipotesi in cui venga accertata l'impossibilit, di avvalersi di dipendenti dell'Ente, le funzioni procuratorie possono essere delegate ad avvocati del libero foro iscritti nell'elenco avvocati dell'Ente e dallo stesso indicati. I relativi compensi saranno liquidati direttamente dall'Ente". Ne consegue che in tali ipotesi non dovranno essere incaricati i consueti delegati del- l'Avvocatura ed inoltre non sar necessario richiedere e liquidare la nota spese del delegato dell'ente per l'attivit procuratoria svolta. (2) La prenotazione a debito del contributo unificato, com' noto, invece consentita alle Agenzie fiscali dall'art. 158 del D.P.R. n. 115/2002, richiamato dall'art. 12, comma 5, del D.L. n. 16/2012 (convertito nella legge n. 44/2012). RASSeGNA AVVOCATuRA DeLLO STATO - N. 2/2017 3. Atti notificati irritualmente all'Avvocatura Trattandosi di patrocinio ex art. 43 R.D. n. 1611/1933, eventuali notifiche di atti introduttivi di giudizio effettuate ad ADeR presso l'Avvocatura sono da ritenersi nulle (e non anche inesistenti: cfr. Cass. SS.uu. n. 22641/2007; SS.uu. n. 1878/2009; Cass. n. 11814/2017). Come previsto al punto 3.1.7 del Protocollo d'Intesa "Qualora gli atti introduttivi del giudizio o di un grado di giudizio e qualunque altro atto o documento vengano notificati al- l'Ente presso una sede dell'Avvocatura, non ancora investita della difesa, sono dalla stessa inviati senza indugio alla competente struttura dell'Ente". A tale adempimento si potr ovviare solo qualora dall'atto emerga che la notifica stata eseguita anche presso ADeR. Ovviamente in caso di urgenza si valuteranno le iniziative pi opportune da adottare al fine di evitare pregiudizi per l'ente (ad esempio, in caso di art. 700 c.p.c. si potr comparire all'udienza al solo fine di evidenziare la nullit della notifica). Dal punto di vista archivistico, in caso di atto notificato irritualmente presso l'Avvocatura, occorrer verificare se trattasi di contenzioso che verr seguito dall'ente ovvero dall'Avvocatura. Nel primo caso - in deroga a quanto previsto nel punto 3, comma 2, della Circolare n. 42/2010 (1) - non occorre impiantare un affare nuovo, ma l'atto verr inserito nell'Affare d'Ordine annuale n. 48 e trasmesso ad ADeR con lettera standard. Nella seconda ipotesi invece dovr essere impiantato un affare nuovo ed inviata la consueta richiesta di rapporto. 4. Cause in cui, oltre ad ADER, parte in giudizio anche un Ente difeso dall'Avvocatura Allorch una richiesta di patrocinio da parte di ADeR riguardi una causa in cui parte gi un ente difeso dall'Avvocatura (ci che dovrebbe costituire la regola per il contenzioso davanti al Tribunale in tema di riscossione: punto 6) lett. c) Circolare n. 36/2017), dovr essere impiantato un unico affare (cfr. punto 3, comma 4, della citata Circolare n. 42/2010) e l'affare sar di competenza della Sezione alla quale appartiene l'altro ente difeso. Potr quindi essere effettuata un'unica costituzione in giudizio per tutte le parti come normalmente avviene per le cause con pi Amministrazioni convenute (ovviamente differenziando le relative posizioni e semprech non vi siano ipotesi di conflitto). 5. Cause in cui l'interesse di ADER residuale Accade spesso nelle cause afferenti la riscossione, che la controversia riguardi in realt il merito della pretesa con la conseguenza che l'interesse sostanziale dell'ente impositore. In tali casi, in cui evocata in giudizio anche ADeR (il che avviene, di norma, quando viene impugnata una cartella o un atto della riscossione), secondo la giurisprudenza della Suprema Corte viene a crearsi una situazione di litisconsorzio necessario processuale (Cass. n. 13732/2016 (2), a differenza di quello sostanziale che in primo grado non ritenuto sussistente). (1) La Circolare n. 42/2010 "Criteri di impianto degli affari legali" al punto 3 comma 2 prevede che "Sono impiantati come affari contenziosi anche gli atti notificati presso l'Avvocatura agli enti pubblici e le amministrazioni il cui patrocinio sia stato autorizzato ai sensi dell'art. 43, comma 1, R.D. 1611/1933, nonch le Regioni a statuto ordinario che abbiano adottato la delibera di cui allart. 43, comma 5, R.D. 1611/1933". TeMI ISTITuzIONALI Ne consegue la necessit che ADeR sia presente in giudizio unitamente all'ente impositore ancorch, come rilevato, l'interesse prevalente sia di quest'ultimo. In siffatte ipotesi opportuno che la costituzione in giudizio per ADeR avvenga di norma solo su espressa richiesta dell'ente. Si infatti concordato che in tali casi l'ente potr anche scegliere di non conferire all'Avvocatura l'incarico, rimanendo contumace (evitando in tal modo un inutile aggravio di attivit difensiva da parte dell'Avvocatura). Quanto appena detto vale anche per le cause tributarie in Cassazione (e comunque nei casi di impugnazione in generale). Accade spesso in tali giudizi che una sentenza di Commissione Tributaria Regionale debba essere impugnata dall'Avvocatura per conto dell'Agenzia delle entrate ed in causa sia presente anche ADeR (che davanti alla Commissione Tributaria sta in giudizio direttamente ovvero con avvocati del foro libero). In tali ipotesi di norma il ricorso dovr essere proposto per la sola Agenzia delle entrate e notificato anche adADeR (come si detto, litisconsorte necessario) presso la sede legale (Via Giuseppe Grezar, 14 -00142 Roma), anche via PeC all'indirizzo contenzioso@pec.agenziariscossione.gov.it ovvero nel domicilio eletto nel giudizio di merito. Solo qualora si ritenga che sussista un interesse non marginale di ADeR, il ricorso potr essere proposto anche nell'interesse dello stesso ente, al quale dovr essere data previa comunicazione o comunque (qualora i tempi non lo consentano) tempestiva notizia. 6. Prenotazione a debito nelle cause di ADER Come precisato all'ultimo punto della Circolare n. 36/2017, la prenotazione a debito di ADeR prevista per il solo contenzioso afferente la riscossione (sia di esecuzione che di cognizione). In tutti gli altri casi, il contributo unificato dovr essere versato con le consuete modalit. 7. Segnalazioni e richieste di chiarimenti Al fine di facilitare una corretta instaurazione di rapporti con il nuovo ente, verr inserito nella INTRANeT un apposito settore (ADeR -eX eQuITALIA) contenente tutte le indicazioni utili. eventuali richieste di chiarimenti potranno essere inviate alla casella di posta elettronica contenziosoader@avvocaturastato.it e le relative risposte potranno essere inserite nell'apposita sezione delle FAQ sulla INTRANeT. Solo nei casi di assoluta urgenza si potranno contattare il Coordinatore o il vice Avvocato generale della Sezione I Bis dell'Avvocatura Generale. LAVVOCATO GeNeRALe DeLLO STATO avv. Massimo Massella Ducci Teri (2) Cass. 6 luglio 2016 n. 16732: "Il giudizio in primo grado stato promosso dalla contribuente nei confronti dell'Agenzia delle entrate e del Concessionario alla riscossione ed proseguito tra le medesime parti in appello, dando vita ad un litisconsorzio processuale necessario, come rilevato gi da questa Corte in fattispecie analoghe (Cfr. Cass. nn. 8125/2016, 10934/2015, 24868/2013)". ContenzIoSonAzIonALe Le Sezioni Unite sul concorso tra i reati di malversazione a danno dello Stato e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche: il caso Invitalia S.p.A. Nota a CassazioNe PeNale, sezioNi UNite, seNteNza 28 aPrile 2017 N. 20664 Giulia Fabrizi* Con la sentenza in commento le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione sono state chiamate a dirimere il contrasto giurisprudenziale circa il rapporto tra le due fattispecie di reato contro lAmministrazione Pubblica: malversazione a danno dello Stato ex art. 316-bis c.p. e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ex art. 640-bis c.p. Si dunque affermato il seguente principio di diritto: il reato di malversazione in danno dello stato (art. 316-bis cod. pen.) concorre con quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis cod. pen.). sommario: 1. la vicenda giudiziaria - 2. Gli orientamenti giurisprudenziali - 3. il concorso apparente di norme - 4. il ne bis in idem: la sentenza della Corte Costituzioanle n. 200 del 2016 - 5. il principio di sussidiariet regola il rapporto tra gli artt. 640-bis e 316-ter c.p. - 6. il rapporto tra gli artt. 640-bis e 316-bis c.p. - 7. Considerazioni conclusive. la vicenda giudiziaria. Il Tribunale di Genova accertava la penale responsabilit di S.P. e B.F. in relazione al reato di cui allart. 316-bis c.p. realizzato con la malversazione dei beni strumentali di propriet della CED & Multiservice s.a.s., societ di cui la prima risultava, all'atto della costituzione, socia accomandataria, e dal dicembre 2006 amministratrice, e la seconda socia di fatto. I beni oggetto del reato erano stati acquistati mediante l'impiego di finanziamenti pubblici, di cui non risultavano restituite ventuno delle ventotto rate che la societ era te (*) Dottoressa in Giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso lAvvocatura Generale dello Stato. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 nuta a rimborsare. Il giudice di primo grado condannava la S. a mesi otto di reclusione e la B. a anni uno di reclusione, concedendo ad entrambe la sospensione della pena, subordinata al pagamento della provvisionale in favore della parte civile. Venivano, altres, applicate le pene accessorie e condannate le imputate in solido al risarcimento del danno in favore della parte civile, con liquidazione di una provvisionale. In relazione al secondo reato ascritto, ossia la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ex art. 640-bis c.p., si dichiarava non doversi procedere nei confronti della S. e della B, in quanto l'accertamento di responsabilit si era limitato alla sottrazione dei beni strumentali acquistati con i finanziamenti ottenuti, ed al correlativo mancato pagamento delle rate residue allo scioglimento della societ riguardanti il prestito agevolato concesso. Si riteneva, pertanto, integrata la sola fattispecie di malversazione a danno dello Stato ex art. 316-bis c.p. La Corte di Appello di Genova con sentenza del 18 febbraio 2016 confermava quanto statuito dal giudice di primo grado. I difensori di S. e B. proponevano, maldestramente, ricorso per Cassazione, dolendosi di: a) Violazione della legge penale e vizio della motivazione, in relazione all'applicazione dell'art. 640 bis c.p. b) Mancanza, contraddittoriet e illogicit della motivazione, quanto alla verifica di sussistenza del reato di cui all'art. 316 bis c.p., connesso alla distrazione dei beni strumentali, accertato nel presupposto della natura fittizia del- l'attivit della CED & Multiservizi s.a.s. c) Violazione di legge penale e vizio della motivazione, in relazione al mancato riconoscimento della natura sussidiaria del reato di cui all'art. 316 bis c.p., rispetto a quello di cui all'art. 640 bis c.p., essendo i due comportamenti contestati espressione di identica offesa al bene giuridico tutelato. d) Violazione di legge e vizio argomentativo, in relazione al diniego delle attenuanti generiche per la B., al riconoscimento della sospensione condizionale della pena subordinata al pagamento di una provvisionale ed al mancato riconoscimento della non menzione della condanna. La difesa della parte civile Invitalia s.p.a. deduceva la inammissibilit di tutti i motivi di ricorso, depositando insieme al Procuratore Generale memorie con le quali contestava la tesi del preteso assorbimento del reato di cui all'art. 316 bis c.p., nellimputazione di cui all'art. 640 bis c.p., e si ribadiva l'autonomia delle fattispecie contestate. Preso atto della sussistenza di due orientamenti giurisprudenziali contrapposti circa il rapporto tra le due fattispecie, luno a favore dellautonomia tra le due e quindi della possibilit di concorrere, laltro a favore della sussidiariet del 316 bis rispetto al 640 bis, stante lidentit del bene giuridico tutelato, la VII Sezione con ordinanza n. 47174 del 2016 ha rimesso alle Sezioni Unite la ConTEnzIoSo nAzIonALE seguente questione: se nel caso di erogazioni da parte di ente pubblico di contributo o finanziamento, ottenuto fraudolentemente, il delitto di cui allart. 640-bis c.p. concorra con quello di cui allart. 316-bis c.p., ove il contributo finalizzato a favorire attivit di interesse pubblico sia destinato almeno in parte ad altre finalit, ovvero assorba tale ultimo delitto, nel presupposto che esso realizzi uno stadio minore delloffesa al medesimo bene protetto (1). 2. Gli orientamenti giurisprudenziali. La Corte esordisce dando conto degli orientamenti giurisprudenziali sul punto. Un primo indirizzo interpretativo maggioritario in giurisprudenza (2), ma minoritario in dottrina (3), si pone a favore dellautonomia tra le due fattispecie incriminatrici di truffa aggravata e malversazione a danno dello Stato, ritenendo assente qualsiasi rapporto di interferenza, meno che mai quello di specialit, e ammettendo, pertanto, la possibilit di configurare un concorso materiale di reati ex art. 81 c.p. in primis sottolinea la diversit degli interessi giuridici protetti - il reato di cui allart. 316-bis c.p. tutelerebbe la P.A. da atti contrari agli interessi della collettivit, anche di natura non patrimoniale, mentre quello di cui allart. 640bis c.p. preserverebbe il patrimonio pubblico da atti di frode, aggravata nel caso di conseguimento di erogazioni pubbliche -; in secundis, esclude che tra le due fattispecie possa sussistere un rapporto di specialit a causa della sola eventuale contemporaneit delle condotte tipizzate: il comportamento preso in considerazione ex art. 640-bis c.p., invero, riguarderebbe una fase antecedente lerogazione delle provvidenze pubbliche, di contro, quello ex art. 316bis c.p. tipicizzerebbe una condotta attinente alla fase esecutiva del progetto finanziato e, dunque, successiva al versamento da parte dello Stato del finanziamento richiesto (4). (1) nel caso di specie, lesame del motivo di ricorso sub c) stato correttamente ritenuto pregiudiziale dalla VII Sezione, poich dal suo accoglimento sarebbe derivata la necessit di dichiarare lestinzione dellunico e assorbente reato di truffa aggravata, e quindi di prosciogliere le imputate dal reato di malversazione per cui erano state condannate nei precedenti gradi di giudizio. (2) Cass. pen. Sez. 2, n. 29512 del 16 giugno 2015, Sicilfert s.r.l., rv. 264232; Cass. pen. Sez. 2, n. 43349 del 27 ottobre 2011, Bonaldi, rv. 250994; Sez. 6, n. 4313 del 2 dicembre /2003, dep. 2004, Gramegna, rv. 228655; Cass. pen. Sez. 1, n. 4663 del 7 novembre 1998, Saccani, rv. 211494; Cass. pen. Sez. 6, n. 3362 del 15 dicembre 1992, Scotti, rv. 193155. (3) F. AnToLISEI, manuale di diritto penale - Parte speciale, II, 2008, XV ed., p. 327 s.; r. GIo- VAGnoLI, studi di diritto penale. Parte speciale, p. 451, ad avviso del quale, operando le due ipotesi di reato in fasi esecutive distinte, certamente configurabile il concorso tra le due. (4) In Cass. pen., Sez. 2, n. 29512 del 16 giugno 2015, Sicilfert s.r.l., rv. 264232, la Corte, pur consapevole di decisioni di segno contrario, escluse che tra le due fattispecie potesse ravvisarsi un rapporto di sussidiariet, affermando che il reato di malversazione in danno dello stato (art. 316 bis c.p.) pu concorrere con quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640 bis c.p.): in considerazione della non identit degli interessi protetti. Gli artt. 640 e 640 bis c.p., tute rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 Asserisce, invero, che la configurabilit del reato di cui allart. 316-bis c.p., introdotto dalla L. 26 aprile 1990, n. 86, art. 3 e avente lo scopo di reprimere le frodi attuate non destinando i fondi pubblici gi conseguiti alla finalit prevista, solo ipoteticamente, ma non necessariamente, potrebbe postulare lottenimento delle provvidenze economiche mediante gli artifizi e raggiri, tipizzati dal reato ex art. 640-bis c.p. Ben pi verosimile sarebbe, per, la situazione in cui il soggetto richiedente abbia correttamente esposto e documentato una situazione meritevole di contributi, versando poi in illecito solo in un momento successivo, quando, ottenuto il finanziamento, lo destini a scopi diversi da quelli in vista del quale era stato erogato. Di contro, il 640-bis richiederebbe la frode, quale elemento costitutivo funzionale allerogazione pubblica. Pertanto, alla luce di questo primo orientamento, rispetto al contributo concesso dall'ente pubblico potrebbero cos configurarsi due comportamenti illeciti differenti, puniti autonomamente da norme penali diverse: quello di chi con artifizi e raggiri simuli una situazione che induca l'ente a corrispondere fondi, che altrimenti non sarebbero erogati, in vista di un fine poi effettivamente perseguito e quello di colui che, conseguite senza artifizi le pubbliche erogazioni concesse in vista di un fine prestabilito, destini i fondi ad uno scopo diverso. Lopposta interpretazione, minoritaria in giurisprudenza (5), ma maggioritaria in dottrina (6) invero favorevole ad una relazione di sussidiariet lano, infatti, il patrimonio da atti di frode, aggravata nel caso di conseguimento di erogazioni pubbliche; l'art. 316 bis c.p., tutela la pubblica amministrazione da atti contrari agli interessi della collettivit, anche di natura non patrimoniale. In Cass. pen n. 43349 del 27 ottobre 2011, Bonaldi, rv. 250994, si afferm che la circostanza che i due comportamenti possano sommarsi, nel senso che artificiosamente, allegando una situazione non rispondente al reale, in relazione ad un fine dichiarato, si ottengano pubblici contributi in concreto destinati ad uno scopo diverso e gi programmato, come contestato nel caso in esame, non elude la possibilit di concorso tra i due reati. Non si verte infatti su di una stessa materia regolata da una pluralit di disposizioni penali, per la quale possa valere il criterio di specialit dettato dall'art. 15 del codice penale. la concomitanza dei due comportamenti, l'uno preso in considerazione dalla truffa, antecedente al conseguimento dei fondi pubblici, l'altro, quello punito dall'art. 316 bis c.p., a tale momento successivo, solo eventuale, e non vale a caratterizzare la prima o la seconda delle due ipotesi delittuose come speciale rispetto all'altra. la inapplicabilit del criterio di specialit alle due norme emerge anche in considerazione della non identit degli interessi protetti. l'art. 640 e art. 640 bis c.p., tutelano il patrimonio da atti di frode, aggravata nel caso di conseguimento di erogazioni pubbliche; l'art. 316 bis c.p., tutela la pubblica amministrazione da atti contrari agli interessi della collettivit, anche di natura non patrimoniali. (5) Cass. pen. Sez. 2, n. 42934 del 18 settembre 2014, Messina; Cass. pen. Sez. 6, n. 23063 del 12 maggio 2009, Bilotti, rv. 244180; Cass. pen. Sez. 2, n. 39644 del 9 luglio 2004, Ambrosio, rv. 230365. (6) C. BEnUSSI, Note sul delitto di malversazione a danno dello stato, in riv. trim. dir. pen. econom., 1997, p. 1066 s.; M. GAMBArDELLA, sub art. 316-ter, in i delitti contro la personalit dello stato, i delitti contro la pubblica amministrazione, LATTAnzI G. e LUPo E. (a cura di), in AA.VV., Codice penale, Vol. III, Milano, 2005, p. 58; PAGLIAro, PAroDI GIUSIno, Principi di diritto penale - Parte speciale, X ed., 2008, p. 121; M. roMAno, i delitti contro la Pubblica amministrazione, i delitti dei pubblici ufficiali, ConTEnzIoSo nAzIonALE dellart. 316-bis c.p. rispetto al 640-bis c.p., e circoscrive la configurabilit del concorso tra i due reati alla sola ipotesi di contemporaneit dei momenti di consumazione delle due fattispecie di reato, ossia qualora alla condotta truffaldina si sommi una destinazione diversa dei fondi erogati rispetto allo scopo rappresentato. Di contro, nella maggior parte dei casi, qualora i momenti consumativi dei due reati non coincidessero, il delitto di malversazione a danno dello Stato sarebbe meramente residuale e sussidiario rispetto a quello di truffa aggravata, ravvisandosi, pertanto, in tale ipotesi, un concorso apparente di norme (7). Secondo questo orientamento le condotte tipizzate dalle due disposizioni incriminatrici, poste cos in rapporto di sussidiariet (8), lederebbero il medesimo bene giuridico, ancorch in stati e gradi diversi, giustificando, pertanto ununica risposta penale. Sarebbe irragionevole, invero, punire due volte due comportamenti offensivi del medesimo interesse protetto, giacch limpiego distorto del finanziamento non sarebbe che una conseguenza naturale del conseguimento dell'erogazione ottenuta con artifici o raggiri. Secondo tale ricostruzione, il bene giuridico protetto dalle due norme sarebbe soltanto uno, in quanto patrimonio pubblico e buon andamento della PA -che, ad avviso dellindirizzo opposto, rappresenterebbero due beni giuridici distintamente tutelati dalle fattispecie di reato - non rappresenterebbero altro che due aspetti del medesimo interesse giuridicamente rilevante (9). II ed., Milano, 2006, p. 74; S. SEMInArA, sub art. 316-bis, in A. CrESPI - F. STELLA - G. zUCCAL, Commentario breve al codice penale, V ed., 2008, p. 762 s.; FIorELLA, i reati dei pubblici ufficiali contro la Pa, in Questioni fondamentali della parte speciale del diritto penale, Torino, 2013, 718, secondo cui, lart. 316 bis c.p. e lart. 640 bis c.p. approntano una tutela complementare in materia di finanziamenti pubblici [...] tali fattispecie non possono, tuttavia concorrere materialmente. lart. 316 bis c.p. presuppone il regolare ottenimento delle risorse; ove la frode sia finalizzata al conseguimento dei fondi, implicando la ricezione del finanziamento una utilizzazione dei fondi medesimi non in linea con linteresse dellente erogatore, risulter sanzionabile la sola ipotesi di truffa, fattispecie delittuosa pi grave, che coprendo lintero disvalore del fatto (illecito ottenimento delle risorse e loro distrazione) assorbe lipotesi minore di cui allart. 316 bis c.p.. (7) In Cass. pen. Sez. II, 18 settembre 2014, n. 42934 (rv. 260830) si afferma che la questione del concorso del delitto di malversazione di cui al capo l) con il delitto di truffa (ovvero di indebita percezione di erogazioni a danno dello stato) fondata. Non sfugge l'indirizzo interpretativo secondo il quale il reato di malversazione in danno dello stato (art. 316-bis c.p. ) pu concorrere con quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.). Va tuttavia rammentato che questa Corte, nel caso per il quale stata enunciata la massima indicata (Cass. sez. 2, 27 ottobre 2011 n. 43349), ha ipotizzato il concorso come possibile allorch alla condotta truffaldina si sommi una destinazione diversa dei fondi erogati rispetto allo scopo rappresentato. ipotesi teorica che nel caso non ricorre e al quale meglio si attaglia il condivisibile principio secondo cui il reato di malversazione in danno dello stato ha natura sussidiaria e residuale rispetto alla fattispecie dell'art. 640 bis c.p. che sanziona la truffa aggravata per il conseguimento delle erogazioni pubbliche (Cass. sez. 6, 12 maggio 2009 n. 23063). (8) Sul principio di sussidiariet, GrISPIGnI, Diritto penale italiano, 1952, 416 ss.; BETTIoL - PET- ToELLo MAnToVAnI, Diritto penale, 718; AnToLISEI, manuale, parte speciale, II, 1977, 743; PAGLIAro, op. cit. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 Dirimente per la risoluzione del rapporto tra le due norme, tuttavia, sarebbe non tanto il bene giuridico, quanto piuttosto il rapporto di sussidiariet che legherebbe lart. 316-bis allart. 640-bis c.p.: dal momento che il primo sanzionerebbe in maniera meno grave un comportamento criminoso offensivo del medesimo bene, sanzionato dal secondo in misura maggiore. Pertanto, la violazione di questultima norma assorbirebbe totalmente il disvalore della prima (10). I due indirizzi concordano sulla affermazione che il principio di specialit ex art. 15 c.p. non in grado di operare nel caso de quo. Il suo ambito di applicazione, infatti, viene tradizionalmente circoscritto ai casi in cui una medesima condotta tipica - stessa materia - sia riconducibile a - regolata da -pi norme incriminatrici, delle quali una descrive un fatto che presenta tutti, pi almeno uno, gli elementi dellaltra -sia cio una disposizione di legge speciale -. 3. il concorso apparente di norme. Ai fini di una corretta risoluzione del contrasto di cui supra, opportuno tracciare brevi cenni sulla complessa tematica del concorso apparente di norme (11), istituto di genesi dottrinale e giurisprudenziale ove, nonostante il confluire di pi norme incriminatrici, tutte apparentemente applicabili ad un unico (9) Secondo Cass. pen. n. 23063 del 12 maggio 2009, e neppure sembra possa risolvere il problema l'affermazione per la quale l'art. 640 bis c.p. tutela il patrimonio mentre l'art. 316 bis c.p. tutela il buon andamento della pubblica amministrazione. a parte la considerazione che ormai quasi pi si afferma che i problemi di concorso apparente possano risolversi valutando i beni giuridici tutelati, non pare che possa farsi una affermazione cos netta, perch, da un lato, quando offeso il patrimonio della pubblica amministrazione offeso anche il buon andamento della pubblica amministrazione, e, dall'altro, quando offeso il bene del buon andamento della pubblica amministrazione, con la destinazione dei finanziamenti a scopi diversi da quelli sottesi alla norma che quei finanziamenti concede, si realizza anche un offesa del patrimonio della pubblica amministrazione. (10) Quanto poi al principio di specialit, sembra alla Corte che pi precisamente si debba fare ricorso a quello di sussidiariet, che meglio descrive il fenomeno e che applicabile quando due fattispecie criminose sanzionino due comportamenti diversi che offendano stati o gradi diversi dello stesso bene, uno pi gravemente, e l'altro in misura minore, cosicch il secondo fatto -reato rimane assorbito nel primo. se vero che nella ipotesi in esame i comportamenti che vengono in considerazione sono due, uno anteriore al conseguimento del finanziamento, che si realizza attraverso artifizi e raggiri, e l'altro posteriore, che si realizza con l'impiego dei fondi per una destinazione diversa, non pu mettersi in dubbio che il bene tutelato sia offeso sin dal momento consumativo della truffa, cio dal momento della realizzazione del profitto con corrispondente danno della parte lesa, e che sia poi ulteriormente offeso, a finanziamento conseguito, dalla diversa destinazione impressa, che rappresenta, per cos dire, la fase esecutiva dello stesso progetto criminoso, sia esso gi programmato sin dall'inizio dell'azione ovvero abbia preso corpo dopo il conseguimento della erogazione. Non possono dunque sottoporsi a sanzione due comportamenti offensivi dello stesso bene in due diversi momenti giacch, in definitiva, il diverso impiego del finanziamento non che una conseguenza naturale del conseguimento della erogazione a seguito di artifici o raggiri. (11) Si affermato che la tematica del concorso apparente di norme costituisce tuttoggi uno dei capitoli pi controversi del diritto penale, G. FIAnDACA -E. MUSCo, Diritto penale -Parte generale, VII ed., 2014, p. 716 ss. ConTEnzIoSo nAzIonALE fatto, la peculiare natura del rapporto in essere comporta lapplicazione di una sola norma, escludendo le altre (12). La caratteristica principale del concorso apparente la presenza di due requisiti: l'esistenza di una medesima situazione di fatto e la convergenza di una pluralit di norme applicabili alla fattispecie concreta (13). Sono stati elaborati da dottrina e giurisprudenza criteri potenzialmente in grado di discernere i casi di concorso apparente, dalle ipotesi di concorso reale, nelle due species di concorso materiale e formale: specialit, sussidiariet e assorbimento (o consunzione). Dei tre solo il primo trova un riscontro normativo nel codice penale (art. 15 c.p.), gli altri due, invero, sono frutto di elaborazione dottrinale e contestati da alcuni perch privi di riconoscimento positivo. Il principio di specialit permette, dunque, di individuare unipotesi di concorso apparente, che ricorre quando in presenza di due norme, che regolino la medesima materia (14) e che si trovino in rapporto di genere a specie, la legge speciale prevale rispetto alla legge generale, estromettendola (15). La Corte esclude che tale principio possa operare nel caso de quo. Secondo la Corte, agevole individuare due fatti - lindebita percezione dei fondi e luso distorsivo degli stessi - materialmente, cronologicamente e anche giuridicamente ben distinti. Il che rappresenterebbe un argomento idoneo a ritenere inapplicabile il principio di specialit. In secondo luogo, di specialit sarebbe pertinente parlare quando il rapporto strutturale tra le disposizioni possa essere rappresentato mediante due circonferenze concentriche, in cui quella di maggior diametro rappresenti la norma generale da disapplicare ove la sotto-fattispecie concreta si collochi allinterno, anche, del (12) Sul punto, AnToLISEI, Concorso formale di reati e conflitto apparente di norme, in Giust. Pen., 1942, II, 209. (13) FIAnDACA MUSCo, Diritto penale, Parte generale, zanichelli, 1995, p. 614; PAGLIAro, Diritto penale, Parte generale, Giuffr, 1980, p. 185 ss.; MAnToVAnI, Concorso e conflitto di norme nel diritto penale, zanichelli, 1966, p. 426. (14) Sul significato dellespressione stessa materia, due indirizzi interpretativi si sono fronteggiati. Secondo un orientamento, BETTIoL - PETToELLo MAnToVAnI, Diritto penale, 717; SPIEzIA, il reato progressivo, 1937, 576, il concetto di stessa materia non solo alluderebbe al medesimo fatto che sia apparentemente riconducibile a pi norme, ma presupporrebbe, altres, lomogeneit del bene giuridico tutelato; di contro, ad avviso di un secondo indirizzo interpretativo, si dovrebbe invece valorizzare la specialit in concreto: il concetto di stessa materia farebbe riferimento anche alle ipotesi in cui un medesimo fatto concreto sia riconducibile a due o pi figure criminose, pur se in astratto non sussisterebbe un rapporto di genere a specie, AnToLISEI, manuale, 138; ConTI, voce Concorso apparente di norme, 1013; SInISCALCo, il concorso apparente di norme; PETronE, il principio di specialit nei rapporti tra millantato credito e truffa, in riv. it. dir. proc. Pen., 1963, 160. (15) MArInUCCI, DoLCInI, manuale di diritto penale. Parte generale, specializzante pu essere: a) un elemento che specifica un elemento del fatto previsto dalla norma generale; b) un elemento che si aggiunge a quelli espressamente previsti dalla norma generale. Senza che ne derivi alcuna conseguenza in termini di disciplina, si pu parlare, nel primo caso, di specialit per specificazione, e nel secondo, di specialit per aggiunta. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 cerchio pi piccolo. Sul criterio di specialit, non si dovrebbe invece fare affidamento allorch le disposizioni disegnino due circonferenze intersecantisi, formando unarea di sovrapposizione sul cui terreno fioriscono formule quali specialit in concreto e specialit reciproca o bilaterale(16), di cui da tempo si sottolinea linafferrabilit (17). nel caso in esame, dunque, le condotte incriminate sarebbero riconducibili a disposizioni che non si trovano in rapporto di genere a specie, nel senso appena precisato, bens presenterebbero reciproche differenze strutturali che solo in concreto trovano una parziale sovrapposizione consistente nellavere ad oggetto la medesima erogazione pubblica. La Corte prosegue nel dar atto di alcune figure, ritenute da parte della dottrina applicazione del concorso apparente di norme, ossia l'assorbimento, la consunzione e l'ante-fatto o post-fatto non punibile (18). Le ultime due, considerate possibili applicazione del principio di consunzione, risultano di maggior incertezza applicativa. Ad avviso di parte della dottrina, vi rientrerebbero tutte quelle attivit che secondo lid quod plerumque accidit precedono o seguono un certo reato e che dunque, anche se astratta (16) Lelemento che contraddistingue la specialit reciproca bilaterale dato dal fatto che mentre nei casi di specialit per specificazione e per aggiunta, la materia regolata sempre la stessa, altrettanto non pu dirsi per il primo caso. Un classico esempio di specialit reciproca bilaterale si rinviene tra gli artt. 609 bis (violenza sessuale) e 564 (incesto): pur risultando la condotta comune ad entrambe (atto di congiunzione carnale), luna presenta lelemento aggiuntivo della violenza, minaccia o abuso di autorit, mentre laltra contempla, a sua volta, gli elementi aggiuntivi dati dallesistenza di una relazione di consanguineit o affinit, nonch dal verificarsi di un pubblico scandalo. Si verifica, pertanto, uninterferenza tra le norme limitatamente alla sola condotta, essendo gli altri elementi reciprocamente incommensurabili: mancando la stessa materia e con essa il concorso apparente di norme, il rapporto tra le due norme sar qualificabile in termini di concorso formale di reati ai sensi dellart. 81 c.p; a favore della specialit reciproca come ipotesi di concorso apparente di norme, MAnToVAnI, Diritto penale, parte generale, Padova 2001; amplius, ID., Concorso e conflitto di norme nel diritto penale, Bologna, 1966. (17) Un tentativo di chiarimento della specialit reciproca si rinviene in Cass. pen. Sez. un. 28 ottobre 2010, n. 1963, che in tema di rapporto tra gli artt. 334 c.p. e 213 c.d.s., risolto nel senso di concorso apparente tra le due norme, affermava: la specialit pu essere invece bilaterale o reciproca e ci si verifica quando l'aggiunta o la specificazione si verificano con riferimento sia all'ipotesi generale che a quella specifica (per es. rapporto tra artt. 610 e 611 c.p.: la prima norma prevede anche il tollerare o l'omettere che non sono previsti dalla seconda che, a sua volta, ha in pi che la violenza o la minaccia devono essere dirette a far commettere un fatto costituente reato). evidente, nel caso di specialit bilaterale, la maggior difficolt di applicare il principio di specialit perch non esistono criteri, se non di ordine logico, idonei a spiegare in modo inequivoco che cosa si intenda per norma speciale. su questo punto da osservare che, per rendere concretamente applicabile il principio di specialit in questi casi pi complessi, sono stati proposti il criterio di sussidiariet e quello di consunzione (detto anche di assorbimento). (18) Allorch ci si trovi di fronte al c.d. antefatto o postfatto non punibile, di fronte, cio, a condotte antecedenti o successive ad uno specifico fatto di reato e normalmente ad esso accessorie; in tali ipotesi, per il solo fatto della normale accessoriet rispetto al reato principale, le violazioni accessorie non vengono punite in quanto assorbite dalla pena relativa al reato principale. Si pensi, con riferimento ad un esempio di antefatto non punibile, al possesso di chiavi e grimaldelli in relazione ad un furto e, per un esempio di postfatto non punibile, all'uso di monete contraffatte successivamente alla contraffazione. ConTEnzIoSo nAzIonALE mente configurerebbero degli autonomi reati, resterebbero assorbite nel reato maggiore, il quale includerebbe gi il disvalore della condotta antecedente o successiva (19). In questi casi, pur in presenza di una pluralit di fatti, parte della dottrina ammette un concorso apparente (20). La giurisprudenza ha talvolta individuato casi di ante-fatto o post-fatto non punibile, senza per fornire a riguardo un quadro organico di disciplina (21). nondimeno, un orientamento minoritario ravvisa in tali ipotesi un caso di concorso materiale di reati, trattandosi di una pluralit di fatti autonomi e distinti e non sussistendo, perci, il presupposto fondamentale della struttura del concorso apparente e cio lunicit del fatto (22). Si sostiene infatti che le categorie in esame mancherebbero di un fondamento di diritto positivo. Se gi nella definizione del concetto di norma speciale si verificata una notevole difformit di vedute, a maggior ragione i criteri di sussidiariet e di consunzione, di matrice prettamente dottrinale, si sono rivelati vaghi e di incerta applicazione (23). A questo proposito, si osservato che il tema del concorso di norme caratterizzato dalla necessit di tener conto di due distinti interessi: lesigenza di equit/proporzione, che sottende lelaborazione di criteri volti ad allargare le maglie del concorso apparente di norme, e il bisogno di certezza giuridica che deve guidare lapplicazione delle norme (24). A fronte di questo articolato quadro dottrinale, la giurisprudenza attribuisce assoluta prevalenza al principio di specialit sul presupposto che esso, a differenza degli altri criteri, abbia un esplicito e diretto riferimento normativo nellart. 15 c.p.: le stesse Sezioni Unite, peraltro, hanno ritenuto tali criteri non meritevoli di applicazione come canone ermeneutico, perch minanti i principi di tassativit e determinatezza della norma penale (25). (19) G. VASSALLI, voce antefatto non punibile, postfatto non punibile, in enc. dir., vol. II, roma, 1958, 505 ss.; A. Moro, Unit, cit., 92; S. ProSDoCIMI, Profili penali del postfatto, Milano, 198. (20) G. FIAnDACA -E. MUSCo, op. cit., 640; G. LozzI, Fatto antecedente e successivo non punibile nella problematica dellunit e pluralit di reati, in riv. it. dir. proc. pen., 1956, 940. (21) Per esempio, in Cass. pen., 26 aprile 2004, n. 33419, con riferimento ai reati contro la P.A., stato altres sostenuto che la semplice promessa di pagamento sotto la pressione del metus pubblicae potestatis sufficiente ad integrare gli estremi del reato consumato di concussione, costituendo il pagamento dell'indebito un post factum che serve solo alla realizzazione dell'illecito profitto, ma che ininfluente sul gi avvenuto perfezionamento del reato. (22) nel senso, che si tratta di ipotesi al di fuori dello schema del concorso apparente di norme, L. ConTI, op. cit., 1017. (23) La tesi favorevole allesistenza di una pluralit di criteri largamente prevalente in dottrina. Peraltro, una parte della dottrina accoglie tre criteri dirimenti il concorso apparente di norme, mentre altra parte si limita ad ammettere soltanto un secondo criterio oltre a quello di specialit. Fra gli autori che ammettono tutti e tre i criteri si vedano, fra gli altri, M. roMAno, Commentario sistematico del codice penale, cit., 176, e sia pure con significato parzialmente diverso G. MArInUCCI -E. DoLCInI, manuale di diritto penale, cit., 292; V.B. MUSCATIELLo, op. cit., 398 ss. Tra i sostenitori della impostazione volta ad attribuire valenza al solo principio di specialit, si ricorda, fra tutti, F. AnToLISEI, manuale di diritto penale, p. gen., 16a ed., Milano, 2003, 157. (24) Sul punto, si veda F. MAnToVAnI, Diritto penale, Padova, 2011, 465. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 Lunico criterio idoneo ad operare come discrimen delle ipotesi di concorso apparente di norme risulterebbe, pertanto, essere il solo principio di specialit ex art. 15 c.p. (26), applicabile non solo nel raffronto tra norme penali, ma anche al fine di dirimere il conflitto tra norma penale e sanzione amministrativa alla luce dellart. 9 della L. 24 novembre 1981, n. 689 (27). Si tende, pertanto, a privilegiare la dimensione astratta della figura dellillecito, e a valorizzare i suoi elementi costitutivi, a prescindere dal nomen juris attribuitole dallordinamento. 4. il ne bis in idem: la sentenza della Corte Costituzionale n. 200 del 2016. A proposito del concetto di medesimezza del fatto sono doverosi brevi cenni sul principio del ne bis in idem, sancito a livello processuale dallart. (25) Secondo Cass. pen. Sez. un. 20 dicembre 2005, n. 232302, i criteri di sussidiariet sono privi di riscontro normativo, perch linciso finale dellart. 15 c.p. allude alle clausole di riserva previste dalle singole norme incriminatrici, che, in deroga al principio di specialit prevedono lapplicazione della norma generale, anzich di quella speciale; ma si riferiscono a casi specifici, non generalizzabili. Vero che, secondo una parte della dottrina e della giurisprudenza, anche nel caso di diversit strutturale delle fattispecie, il rapporto di consunzione o di assorbimento, cui alluderebbe l'ultimo inciso dell'art. 15 c.p. quale applicazione sostanziale del principio processuale del ne bis in idem, richiederebbe di considerare solo apparente il concorso tra due norme relative a un medesimo quadro di vita sociale, quando la commissione di un reato comporti, secondo l'id quod plerumque accidit, anche la commissione dell'altro e una delle fattispecie esaurisca compiutamente l'intero disvalore del fatto. sicch il concorso dovrebbe escludersi non solo quando la commissione di un reato comporti necessariamente la consumazione anche dell'altro, ma altres quando sia solo ricorrente la consumazione di entrambi i reati in un contesto sociale unitario. e perci potrebbe ritenersi che l'immissione in commercio dei supporti informatici illecitamente prodotti includa anche il disvalore della precedente condotta di acquisto dei supporti, come certamente include il disvalore della loro produzione. tuttavia i criteri di assorbimento e di consunzione sono privi di fondamento normativo, perch l'inciso finale dell'art. 15 c.p. allude evidentemente alle clausole di riserva previste dalle singole norme incriminatrici, che, in deroga al principio di specialit, prevedono, s, talora l'applicazione della norma generale, anzich di quella speciale, considerata sussidiaria; ma si riferiscono appunto solo a casi determinati, non generalizzabili. e infatti appunto un'esplicita clausola normativa di riserva a escludere il concorso tra le condotte di produzione e di immissione in circolazione dei supporti illecitamente prodotti. inoltre i giudizi di valore che i criteri di assorbimento e di consunzione richiederebbero sono tendenzialmente in contrasto con il principio di legalit, in particolare con il principio di determinatezza e tassativit, perch fanno dipendere da incontrollabili valutazioni intuitive del giudice l'applicazione di una norma penale, in senso adesivo, Cass. pen., Sez. Un., 28 ottobre 2010, n. 1235, Giordano e a.; Cass pen., Sez. Un., 28 ottobre 2010, n. 1963, Di Lorenzo. (26) A. UBALDI, truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche e malversazione: per le sezioni Unite concorso materiale di reati, Diritto & Giustizia, fasc. 75, 2017, pag. 9, dopo un'attenta ricostruzione del quadro maturato -in giurisprudenza, anche internazionale, e in letteratura -il supremo Consesso ha anzitutto ribadito un postulato di fondo: l'unico criterio da utilizzare per risolvere il concorso apparente di norme il criterio di specialit - cristallizzato all'art. 15, c.p. - con conseguente reiezione di tutti gli altri (i.e. criteri dell'assorbimento, della consunzione, dell'ante-fatto o post-fatto non punibili, etc.), siccome privi di effettivo sostrato normativo e, dunque, tecnicamente 'inaffidabili'. (27) Quando uno stesso fatto punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralit di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale; in giurisprudenza, Cass. pen., sez. V, 4 ottobre 2016, n. 4768; dubbi sulla legittimit costituzionale della norma sono stati espressi da parte della dottrina, PA- DoVAnI, Diritto penale, 2002, 358. ConTEnzIoSo nAzIonALE 649 c.p.p. (28) e recentemente interessato da una parziale declaratoria di illegittimit costituzionale per effetto della sentenza della Consulta n. 200 del 2016 (29). La questione di legittimit costituzionale era stata sollevata dal G.U.P. di Torino (30), chiamato a decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio nel processo "Eternit bis", avente ad oggetto 258 casi di omicidio doloso, dopo che "in relazione alla medesima condotta l'imputato, in un precedente giudizio, [era] gi stato prosciolto per prescrizione da reati previsti dagli artt. 434, secondo comma, e 437, secondo comma, del codice penale" (rispetto ai quali gli eventi di morte erano stati qualificati come circostanze aggravanti). Il giudice torinese rilevava un contrasto, nella ricostruzione del ne bis in idem, fra la giurisprudenza della CEDU (31) e la giurisprudenza della Corte di Cassazione italiana (32): la prima a favore di un criterio fattuale, la seconda di un criterio giuridico di identificazione dell'idem. Con riferimento al diritto vivente, stata proposta questione di legittimit costituzionale dell'art. 649 c.p.p, "nella parte in cui limita l'applicazione del principio ne bis in idem all'esistenza del medesimo fatto giuridico, sebbene diversamente qualificato, invece che all'esistenza del medesimo fatto storico cos come delineato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo". La Corte Costituzionale ha innanzitutto sul piano ermeneutico, recepito l'opzione compiuta con nettezza dalla Cedu a favore dell'idem factum, non del- l'idem legale. Ha poi delineato le coordinate per identificare il fatto storico-naturalistico (28) A livello sostanziale trova riconoscimento quale diritto sostanziale dellindividuo nell'art. 4 Prot. 7 CEDU e nell'art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea. (29) Pubblicata in Gazzetta Ufficiale 1a serie speciale - Corte Costituzionale n. 30 del 27 luglio 2016. (30) La questione di legittimit costituzionale stata sollevata dal GUP di Torino, con ordinanza del 24 luglio 2015, iscritta al n. 262 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della repubblica n. 48, prima serie speciale, dellanno 2015. (31) Le pronunce pi rilevanti sono Corte EDU, Grande Camera, zolotoukhine c. russia del 10 febbraio 2009, poi recepita dalla sent. Grande stevens 4 marzo 2014. (32) Lorientamento nazionale, a favore dellidem legale, trova recente applicazione in Cass. pen. Sez. III, Sent., 2 dicembre 2014, n. 50310, secondo cui il requisito del "medesimo fatto", inteso come coincidenza di tutte le componenti della fattispecie concreta oggetto dei due processi, dovendo il segno linguistico ("medesimo fatto") esprimere l'identit storico -naturalistica del reato in tutti i suoi elementi costitutivi identificati nella condotta, nell'evento e nel rapporto di causalit, in riferimento alle stesse condizioni di tempo, di luogo e di persona; in senso conforme, Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 16 maggio 2014) 31 luglio 2014, n. 34048, secondo cui l'applicazione del principio che vieta il "bis in idem" richiede, invece, secondo l'espressione testuale contenuta nellart. 649, e nellart. 669 c.p.p., comma 1, l'identit del fatto, locuzione costantemente intesa nella giurisprudenza di legittimit come coincidenza di tutte le componenti della fattispecie concreta, portata alla cognizione del giudice nei distinti processi, come "corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona". rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 rilevante ai fini del divieto di bis in idem. Il fatto rileva, "secondo l'accezione che gli conferisce l'ordinamento, perch l'approccio epistemologico fallisce nel descriverne un contorno identitario dal contenuto necessario". Il fatto cui fare riferimento, secondo la Corte " l'accadimento materiale, certamente affrancato dal giogo dell'inquadramento giuridico, ma pur sempre frutto di un'addizione di elementi la cui selezione condotta secondo criteri normativi". Si badi bene per che l'affrancamento dall'inquadramento giuridico (cio dall'idem legale) non equivale ad affrancamento da criteri normativi, in quanto gli elementi rilevanti per la sua identificazione devono essere selezionati secondo criteri elaborati dal legislatore penale. nella prospettiva della Consulta, invero, il fatto l'accadimento materiale ma giuridicamente qualificato, perch frutto della addizione di elementi relativi alle circostanze di tempo e di luogo la cui selezione condotta - e non potrebbe essere altrimenti - sulla base di criteri normativi. Del resto, neppure la condotta, di per s un evento naturalistico dotato di essenza fenomenica, assumendo comunque rilevanza il dato normativo capace di individuare, nel costante fluire delle azioni umane, un certo comportamento, qualificandolo; altrimenti detto: posto che l'identit di due fatti criminosi non un dato empirico n una realt ontologica, ma un giudizio di valore, senza il richiamo al dato normativo e dunque alla qualificazione giuridica del fatto materiale, non sarebbe neppure possibile effettuare quell'operazione di raffronto in cui la identificazione consiste. Pertanto, sulla base della triade condotta - nesso causale - evento naturalistico, il giudice "pu affermare che il fatto oggetto del nuovo giudizio il medesimo solo se riscontra la coincidenza di tutti questi elementi, assunti in una dimensione empirica. 5. il principio di sussidiariet regola il rapporto tra gli artt. 640-bis e 316-ter c.p. Se il principio di specialit dalla Corte di Cassazione ritenuto lunico criterio utilizzabile in caso di concorso apparente di norme, e se nel caso di specie le due fattispecie incriminatrici sono autonome quanto a genesi e sviluppo, se ne deduce limpossibilit di ricondurre luna allinterno dellaltra. Si esclude, pertanto, che il principio di specialit possa sovvenire per qualificare il rapporto tra le due. Al riguardo, la pronuncia che meglio aveva argomentato in tema di concorso apparente tra il 316 bis e il 640 bis, aveva fatto applicazione del principio di sussidiariet, ritenendo che le due norme incriminatrici sanzionassero due comportamenti diversi, offensivi, in stati e gradi diversi, dello stesso bene, uno pi gravemente, e l'altro in misura minore, cosicch il secondo fatto -reato sarebbe stato assorbito nel primo (33). Alle medesime conclusioni era giunta la Corte di Cassazione a Sezioni ConTEnzIoSo nAzIonALE Unite (34), applicando analogicamente i principi espressi nella sentenza della Corte Costituzionale 18 aprile 2004, n. 95 (35) sul rapporto tra gli artt. 640bis e il 316-ter c.p. In quella sede la Consulta aveva statuito che l'art. 316-ter avrebbe assicurato una tutela aggiuntiva e complementare rispetto a quella offerta dall'art. 640-bis, coprendo spazi estranei al paradigma del delitto di truffa, la concreta dimensione dei quali sarebbe spettata all'interprete identificare, in base alla pi o meno ampia "capacit di presa" riconoscibile a quel delitto, avendo riguardo all'elemento degli artifici e raggiri ed al requisito dell'induzione in errore (che non menzionato nell'art. 316-ter) (36). (33) In Cass. pen. Sez. II, 18 settembre 2014, n. 42934 (rv. 260830) si afferma che la questione del concorso del delitto di malversazione di cui al capo l) con il delitto di truffa (ovvero di indebita percezione di erogazioni a danno dello stato) fondata. Non sfugge l'indirizzo interpretativo secondo il quale il reato di malversazione in danno dello stato (art. 316-bis c.p. ) pu concorrere con quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.). Va tuttavia rammentato che questa Corte, nel caso per il quale stata enunciata la massima indicata (Cass. sez. 2, 27 ottobre 2011 n. 43349), ha ipotizzato il concorso come possibile allorch alla condotta truffaldina si sommi una destinazione diversa dei fondi erogati rispetto allo scopo rappresentato. ipotesi teorica che nel caso non ricorre e al quale meglio si attaglia il condivisibile principio secondo cui il reato di malversazione in danno dello stato ha natura sussidiaria e residuale rispetto alla fattispecie dell'art. 640 bis c.p. che sanziona la truffa aggravata per il conseguimento delle erogazioni pubbliche; in senso adesivo a quanto affermato in Cass. pen. Sez. VI, 4 giugno 2009, n. 23063, Quanto poi al principio di specialit, sembra alla Corte che pi precisamente si debba fare ricorso a quello di sussidiariet, che meglio descrive il fenomeno e che applicabile quando due fattispecie criminose sanzionino due comportamenti diversi che offendano stati o gradi diversi dello stesso bene, uno pi gravemente, e l'altro in misura minore, cosicch il secondo fatto -reato rimane assorbito nel primo. se vero che nella ipotesi in esame i comportamenti che vengono in considerazione sono due, uno anteriore al conseguimento del finanziamento, che si realizza attraverso artifizi e raggiri, e l'altro posteriore, che si realizza con l'impiego dei fondi per una destinazione diversa, non pu mettersi in dubbio che il bene tutelato sia offeso sin dal momento consumativo della truffa, cio dal momento della realizzazione del profitto con corrispondente danno della parte lesa, e che sia poi ulteriormente offeso, a finanziamento conseguito, dalla diversa destinazione impressa, che rappresenta, per cos dire, la fase esecutiva dello stesso progetto criminoso, sia esso gi programmato sin dall'inizio dell'azione ovvero abbia preso corpo dopo il conseguimento della erogazione. Non possono dunque sottoporsi a sanzione due comportamenti offensivi dello stesso bene in due diversi momenti giacch, in definitiva, il diverso impiego del finanziamento non che una conseguenza naturale del conseguimento della erogazione a seguito di artifici o raggiri. (34) Cass. Pen., Sez. Un., 27 aprile n. 2007, n. 16568, i delitti di cui agli articoli 316-ter e 640bis cod. pen. sono in rapporto di sussidiariet, e non di specialit, ricorrendo questultimo solo quando difettino gli estremi della truffa, come nel caso di situazioni caratterizzate dal mero silenzio antidoveroso o delle condotte che non inducano effettivamente in errore lautore della disposizione patrimoniale. (35) Corte Cost., 18 aprile 2004, n. 95, pubblicata in GU 1a serie speciale - Corte Costituzionale n. 11 del 17 marzo 2004. (36) Si affermava che, che appare dunque evidente - alla luce tanto del dato normativo, quanto della ratio legis - come lart. 316-ter cod. pen. sia volto ad assicurare agli interessi da esso considerati una tutela aggiuntiva e "complementare" rispetto a quella gi offerta dallart. 640-bis cod. pen., "coprendo", in specie, gli eventuali margini di scostamento -per difetto -del paradigma punitivo della truffa rispetto alla fattispecie della frode "in materia di spese", quale delineata dallart. 1 della Convenzione: margini la cui concreta entit - correlata alle pi o meno ampie "capacit di presa" che si riconoscano al delitto di truffa, avuto riguardo sia allelemento degli "artifizi o raggiri", in qualunque rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 Le Sezioni Unite, recependo questo orientamento, hanno riconosciuto la sussidiariet tra le due fattispecie, facendo leva sul secondo dei requisiti indicati dalla Consulta, costituito dall'induzione in errore. La Corte suprema ha incentrato il discrimine fra i due reati non sul tipo di condotta di volta in volta realizzato, bens innanzi tutto sull'essere stato l'ente erogante tratto, o meno, in inganno dal comportamento decettivo del beneficiario, consapevolmente riducendo l'ambito applicativo dell'art. 316-ter a situazioni del tutto marginali. In breve, si affermava chiaramente che lart. 640 bis sarebbe stato consumante rispetto allart. 316 ter. 6. il rapporto tra gli artt. 640-bis e 316-bis c.p. Preso atto dellunicit del criterio ermeneutico utilizzabile per individuare un potenziale concorso apparente di norme, ma della sua non pertinenza al rapporto tra i reati di cui agli articoli 316 bis e 640 bis c.p., la Corte prosegue nel delineare gli elementi costitutivi delle due fattispecie di reato, al fine di verificarne il rapporto e le modalit di una sua possibile risoluzione. Le considerazioni svolte deporrebbero a favore dellautonomia. Da un punto di vista storico e sistematico, si ribadisce che le due norme sono entrate in vigore a distanza di poco tempo luna dallaltra (37), e che assente in entrambe una clausola di salvaguardia, unico elemento che, una volta escluso il rapporto di genere a specie, ne potrebbe legittimare uno di valore o gerarchia tra le due. Da un punto di vista contenutistico sarebbe evidente, ad avviso della Corte, che n gli artifici e i raggiri siano lunica modalit con le quali il soggetto agente possa ottenere la percezione indebita dei fondi pubblici, n lutilizzazione degli forma realizzati, sia al requisito dellinduzione in errore - spetta allinterprete identificare, ma sempre nel rispetto della inequivoca vocazione sussidiaria della norma oggi sottoposta a scrutinio; che, in altre parole, rientra nellordinario compito interpretativo del giudice accertare, in concreto, se una determinata condotta formalmente rispondente alla fattispecie delineata dallart. 316-ter cod. pen. integri anche la figura descritta dallart. 640-bis cod. pen., facendo applicazione, in tal caso, solo di questultima previsione punitiva; che - nella prospettiva della natura meramente sussidiaria e residuale della norma impugnata - ben vero che lart. 316-ter cod. pen. si presta, nellintenzione del legislatore, a reprimere taluni comportamenti che, se posti in essere in danno di soggetti privati - o anche di soggetti pubblici, quando non si discuta dellindebita erogazione di sovvenzioni - restano privi di sanzione: ma ci senza che ne derivi affatto la lesione dellart. 3 Cost. ventilata dal rimettente, posto che - come correttamente osserva lavvocatura generale dello stato - la previsione di una tutela penale rafforzata, anche quanto ad ampiezza, delle finanze pubbliche e comunitarie contro le frodi, rispetto alla generalit degli altri interessi patrimoniali, costituisce ragionevole esercizio di discrezionalit legislativa, tenuto conto della specialit dellinteresse offeso, nonch del carattere "minore" delle violazioni di cui si discute (evidenziato anche dallapplicazione di una semplice sanzione amministrativa al sotto di una certa soglia), rispetto a quelle integrative del delitto di truffa. (37) Lart. 640 bis stato aggiunto dalla L. 19 marzo 1990, n. 55, mentre lart. 316 bis stato introdotto dallart. 3, L. 26 aprile 1990, n. 86, in tema di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione e successivamente cos modificato dallart. 1, L. 7 febbraio 1992, n. 181, in tema di delitti contro la pubblica amministrazione. ConTEnzIoSo nAzIonALE stessi per finalit diverse rispetto a quelle per cui siano stati erogati, costituisca il naturale esito della condotta fraudolenta tipizzata dallart. 640-bis c.p. Anzi, si ribadisce che la finalit della condotta truffaldina pu spesso tradursi nella convenienza economica dellottenimento tale da permettere all'impresa che ne usufruisca un margine di utile decisamente maggiore di quello ritraibile a seguito del ricorso al credito a prezzi di mercato, e quindi da consentire a coloro che vi accedono di recuperare quote di mercato maggiori, quale effetto dell'abbattimento dei costi. Inoltre, qualora ad essa segua lerogazione dei fondi pubblici, il danno che ne deriva, non sar esclusivamente un danno economico a carico dellente erogatore, ma verr leso anche linteresse del concorrente imprenditore, ingiustamente escluso dalla selezione. Anzi, si ribadisce che la lesione non consister in un danno patrimoniale strettamente inteso, in quanto per lente erogatore sar indifferente a chi, tra pi concorrenti in condizioni di parit, lerogazione patrimoniale verr destinata. Piuttosto, verr menomato il buon andamento dellamministrazione e la libera concorrenza del mercato, lesa dalla falsa rappresentazione della realt operata dallagente truffaldino nellottenere le provvidenze. Quanto al 316-bis, si precisa che dal tenore testuale della norma non sia ricavabile alcuna qualificazione della condotta percettiva dei finanziamenti, poi stornati dalle loro finalit pubbliche originarie, tale da concludere nel senso di una sua dipendenza dagli artifici e raggiri del 640-bis. Assente qualsiasi riferimento alle modalit legittime o illegittime di ingresso delle somme nel patrimonio dellagente, irrilevante il momento genetico del finanziamento (38). Al fine di sottolineare la diversit strutturale tra le due fattispecie, si delineano le possibili e molteplici situazioni concrete che potrebbero delinearsi, eventualmente combinandosi tra loro, con modalit autonome: a) il privato ottiene un finanziamento illecitamente e, successivamente, utilizza la somma per scopi privati; b) il privato ottiene con mezzi fraudolenti l'erogazione, ma (38) Dubbi sullirrilevanza del momento genetico sono espressi da S. FInoCCHIAro, il buio oltre la specialit. le sezioni Unite sul concorso tra truffa aggravata e malversazione, in www.penalecontemporaneo.it, secondo cui Vale infine la pena di soffermarsi sullulteriore argomento speso dalle sezioni Unite, secondo cui lart. 316-bis c.p. non conterrebbe alcun richiamo testuale che ne limiti lapplicazione ai soli contributi acquisiti lecitamente ( 7.2). al riguardo, avevamo in altra sede osservato come ci non paia far necessariamente concludere per unirrilevanza dellelemento genetico dellerogazione. Pensiamo allappropriazione indebita: lart. 646 c.p. non specifica affatto che presupposto della condotta appropriativa debba essere una genesi lecita della situazione possessoria, esprimendosi anzi in termini di possesso a qualsiasi titolo. Cionondimeno comune opinione che non ci si possa appropriare di beni ottenuti mediante un reato, e che pertanto non sia lecito sanzionare a titolo di appropriazione indebita latto di disposizione (ad esempio lalienazione ad altri o la distruzione) di un bene precedentemente oggetto di furto o truffa, che pure certamente approfondisce loffesa patrimoniale gi arrecata con la prima condotta illecita. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 la destina effettivamente ad opere o attivit giustificanti il sostegno economico richiesto c) il privato ottiene legittimamente il finanziamento, ma omette di destinarlo all'attivit o all'opera di pubblico interesse per cui era stato erogato. nel primo caso dopo aver compiuto la truffa, con una condotta anche cronologicamente autonoma ed eventuale, il privato pone in essere la malversazione; nel secondo viene in evidenza l'autonomia fra le due fattispecie, in quanto il privato pone in essere una truffa ma poi non compie una malversazione; nell'ultimo caso si verte in ipotesi di malversazione "pura. Tutto ci depone a favore di unautonomia, e solo eventualmente di uninterferenza tra le due fattispecie, comprovato da una considerazione di ordine temporale secondo cui lattivit esecutiva distorsiva dalla finalit pubblica ex art. 316-bis, in genere si colloca in tempi considerevolmente successivi rispetto allattivit percettiva delle provvidenze. n pu invocarsi lapplicazione del principio di sussidiariet, assenti sia i necessari riferimenti normativi, sia i presupposti interpretativi - rapporto tra i fatti secondo lid quod plerumque accidit -, oltre che la comprovata e netta distinzione tra le due fattispecie (39). Dalla disamina svolta emerge unindubbia esigenza di assicurare una tutela effettiva e rafforzata ai due differenti interessi giuridici in questione, esigenza maggiormente sentita nel caso in cui si faccia questione di ottenimento e utilizzazione di fondi comunitari, sui quali sempre vigile lattenzione della CGUE. Alla luce di questa comprovata autonomia, genetica, esecutiva e temporale, lunico rapporto ipotizzabile, pertanto, non potr che essere il concorso materiale di reati, con eventuale applicazione del regime della continuazione ex art. 81 c.p. 7. Considerazioni conclusive. La sentenza in commento opera un pregevole sunto delle opzioni ermeneutiche sul punto e una breve, ma compiuta analisi di tematiche assai rilevanti, tuttavia lesito interpretativo non pu dirsi del tutto soddisfacente. Il percorso argomentativo seguito denota, invero, una schematicit eccessiva per largomento in questione, come se la Corte, fin troppo consapevole della difficolt di liquidare in poche righe un quesito cos annoso e controverso, abbia proceduto via via eliminando con brevi annotazioni le varie so (39) Molto sinteticamente, poi, la Corte procede a escludere - come gi aveva annunciato in premessa - la possibilit di dare rilevanza a criteri diversi da quello di specialit. non pu parlarsi di assorbimento poich una tale chiave interpretativa trascura lelemento essenziale dellistituto del concorso di norme che si fonda sulla comparazione della struttura astratta delle fattispecie, per apprezzare la valutazione implicita di correlazione tra norme ritenuta dal legislatore, non dal loro atteggiarsi concreto. Parimenti viene scartata loperativit del principio di sussidiariet, il cui presupposto dogmatico -la connessione dei fatti secondo lid quod plerumque accidit - al di l del mancato riconoscimento normativo di tale principio in tema di concorso apparente di norme, risulta concretamente escluso, nel rapporto tra le due norme, dalle ricostruzioni espresse. ConTEnzIoSo nAzIonALE luzioni elaborate in dottrina meno confacenti, per poi trovarsi a dover verificare la sola compatibilit del principio di specialit con gli art. 316 bis e 640 bis c.p. Una volta risolta, se non addirittura liquidata, la questione nel senso del- lincompatibilit, ha concluso con il sancire definitivamente lautonomia tra le due fattispecie di reato, con considerazioni non troppo convincenti di ordine temporale, esecutivo e genetico, comprovate, a suo dire, dalla ormai desueta teoria dei beni giuridici (40). Pare, dunque, che la Corte abbia risolto la questione avvalendosi del principio di specialit, erroneamente inteso come unico strumento ermeneutico a disposizione, non preoccupandosi di verificare appieno se potessero attagliarsi al caso concreto altri principi. nel caso di specie in cui con condotta truffaldina, le imputate hanno ottenuto provvidenze pubbliche, per poi stornarle dalle finalit cui erano destinate, non pu certo ravvisarsi una distinzione cos netta come quella tracciata dalla Corte. Vero che le condotte summenzionate possono dar luogo a esiti delittuosi differenti, in cui vengano integrate, luna indipendentemente dal- laltra, le due fattispecie di reato, come efficacemente prospettato in sentenza. Ma qui linterferenza tra le due condotte cՏ ed evidente. Ed la stessa Corte ad ammetterlo. Ma il principio di specialit (outil meramente logico che si applica al rapporto tra norme) non pu impiegarsi nel caso in cui le condotte incriminate siano distinte, seppur accumunate dal non irrilevante elemento della somma provento del reato, che la stessa. I principi elaborati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 200 del 2016, a favore dellidem factum, non sembrano ancora aver scalfito liter argomentativo della Corte di Cassazione. Si afferma, inoltre, che i beni giuridici tutelati dalle due norme sarebbero distinti: in un caso il buon andamento della PA e nellaltro il patrimonio pubblico. Come se non si trattasse affatto di due aspetti complementari dello stesso principio sancito a livello costituzionale dallart. 97 Cost. (41). non pu, invero, negarsi che lattivit amministrativa -intesa pacifica (40) Del resto, la stessa sezione della Corte aveva ritenuto ormai superata la teoria dei beni giuridici quale criterio identificativo delle ipotesi di concorso apparente di norme, Cass. pen. n. 23063 del 12 maggio 2009, a parte la considerazione che ormai quasi pi si afferma che i problemi di concorso apparente possano risolversi valutando i beni giuridici tutelati, non pare che possa farsi una affermazione cos netta, perch, da un lato, quando offeso il patrimonio della pubblica amministrazione offeso anche il buon andamento della pubblica amministrazione, e, dall'altro, quando offeso il bene del buon andamento della pubblica amministrazione, con la destinazione dei finanziamenti a scopi diversi da quelli sottesi alla norma che quei finanziamenti concede, si realizza anche un offesa del patrimonio della pubblica amministrazione. (41) La previsione di cui allart. 97 Cost. riguarda non solo lorganizzazione degli uffici, ma in maniera pi ampia investe il funzionamento della PA nel suo complesso. Secondo Corte Cost. 40/1998, tale disposizione stabilisce sia una finalit da perseguire e da raggiungere, che un criterio caratterizzante lattivit amministrativa. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 mente dalla dottrina penalistica come quella esercitata da organi non solo amministrativi, ma anche legislativi e giudiziari (42) - soggetta dalla Costituzione al rigoroso rispetto dei parametri del buon andamento e dellimparzialit, ed proprio in tali parametri che possibile individuare lo specifico oggetto di tutela dei delitti contro la pubblica amministrazione (43). La norma costituzionale, se originariamente veniva interpretata in senso oggettivo e statico, ha subito progressivamente un graduale mutamento esegetico, ricevendo per via legislativa ed ermeneutica un riempimento di contenuto normativo, o, per meglio dire, una giuridicizzazione (44). pacifico, invero, che la nozione di buon andamento sia ad oggi articolata nelle species di efficienza, efficacia, economicit (45), trasparenza, adeguatezza, proporzionalit, tutto ci che comporti una adeguata tutela del regolare funzionamento dellattivit della pubblica amministrazione, e della capacit di perseguire i fini che le vengono assegnati dalla legge, nella massima aderenza allinteresse pubblico (46). (42) PAGLIAro, PAroDI GIUSIno, Principi di diritto penale - Parte speciale, X ed., 2008, p. 5 ss.; FIAnDACA MUSCo, Diritto penale, Parte generale, zanichelli, 1995, p. 156, secondo i quali i reati contro la PA tutelano non solo lattivit amministrativa, ma anche quella legislativa e giudiziaria. (43) La giurisprudenza maggioritaria propende per una concezione plurioffensiva dei reati contro la PA, secondo cui essi lederebbero sia un bene giuridico comune alla categoria (buon andamento PA), sia un bene giuridico specifico, proprio di ogni singola fattispecie incriminatrice, potendo ammettere, dunque, la configurabilit della contemporanea lesione penalmente rilevante di una pluralit di beni giuridici. Si veda Cass. pen. Sez. VI, 10 giugno 1993, n. 8009, secondo cui il peculato offenderebbe sia il buon andamento della PA, sia il patrimonio della PA, che linteresse dello Stato alla probit e correttezza dei funzionari pubblici; Cass. pen. Sez. VI., 3 dicembre 2008, n. 14977, secondo cui la concussione offenderebbe sia il buon andamento della PA, sia la libert morale della vittima, che il prestigio della PA. In dottrina, si rinvia a M. roMAno, i delitti contro la pubblica amministrazione. i delitti dei pubblici ufficiali, Miano, 2006, p. 93 e ss.; C. BEnUSSI, G. MArInUCCI, E. DoLCInI, trattato di diritto penale. Parte speciale, I, p. 348 ss.; S. VInCIGUErrA, i delitti contro la pubblica amministrazione, 2008, p. 67 e ss. Questa concezione plurioffensiva stata criticata in dottrina, in quanto banalizzerebbe il concetto stesso di bene giuridico, frustrandone la funzione di limite allarbitrio nelluso della potest punitiva e consentendo allinterprete di attribuire la qualifica di interesse giuridico tutelato ad ognuno dei molteplici interessi che la singola fattispecie di reato finisce per compromettere. In questo senso, CATEnACCI, trattato teorico-pratico di diritto penale. reati contro la pubblica amministrazione e contro l'amministrazione della giustizia, Torino, 2015, 32 ss.; A. BonDI, A. DI MArTIno, G. FornASArI, reati contro la pubblica amministrazione, Torino, 2008, 171 ss.; C. FIorE, i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, Torino, 2004, p. 117 e ss. (44) Il contenuto della norma costituzionale pacificamente inteso come efficienza dellazione amministrativa nella realizzazione dei suoi compiti istituzionali, TAGLIArInI, il concetto di pubblica amministrazione nel codice penale, Milano, 1973, p. 9 ss.; BrICoLA, Tutela penale della pubblica amministrazione e principi costituzionali, in temi, 1968, 569 ss. (45) I principi di economicit, efficacia ed efficienza sono sanciti dallart. 1 della L. n. 241 del 1990, sul procedimento amministrativo. Il principio di economicit impone alla PA di perseguire i suoi obbiettivi con il minor dispendio di risorse; il principio di efficacia impone invece di agire in maniera idonea al perseguimento degli interessi pubblici selezionati in sede politica o legislativa. Infine, il principio di efficienza si riferisce al funzionamento dellintero apparato amministrativo. (46) Per una sintesi sul punto, A. FIorELLA, i reati dei pubblici ufficiali contro la Pa, in Questioni fondamentali della parte speciale del diritto penale, secondo cui, offenderanno linteresse del buon ConTEnzIoSo nAzIonALE In relazione al reato di malversazione a danno dello Stato non pu negarsi che esso si presti a ledere proprio il buon andamento inteso nei suoi corollari applicativi di efficacia ed efficienza, in quanto attraverso una deviazione dal vincolo di destinazione impresso a provvidenze pubbliche, il danno diretto allintegrit funzionale dellapparato amministrativo. Alla luce di tali considerazioni, il patrimonio pubblico tutelato dallart. 640-bis c.p, sembrerebbe rappresentare proprio un aspetto del buon andamento della PA, ossia la funzione pubblica legata a particolari modalit di erogazione dei fondi a disposizione della collettivit. Vero che in questultima ipotesi il soggetto attivo sottrarr al concorrente escluso le provvidenze pubbliche messe a disposizione dalla PA, ma improprio affermare che per lente erogatore sia indifferente lidentit del soggetto percettore. Il fatto stesso che la PA ponga delle regole sulle modalit di erogazione dei fondi pubblici, implica lobbligo di rispetto delle stesse da parte dei concorrenti, al fine di garantire che il patrimonio pubblico giunga in capo al soggetto che sia legittimamente pi idoneo a riceverne. Tutto ci per il regolare funzionamento della pubblica amministrazione e nella massima aderenza allinteresse pubblico, ai sensi dellart. 97 Cost., cos come sopra interpretato. non appare condivisibile, dunque, la conclusione operata dalle Sezioni Unite Penali su una cos netta distinzione tra i due interessi giuridici in esame, anzi, sembra irragionevole e affetta da un eccessivo rigorismo punitivo, la scelta di irrogare una duplice sanzione penale per due fatti s interferenti tra loro, ma lesivi dello stesso bene giuridico, ancorch in stati e gradi diversi. Unultima considerazione a proposito delle implicazioni sui profili risarcitori a favore della parte civile. A fronte della cos affermata autonomia tra le due fattispecie, alle due distinte statuizioni sulla penale responsabilit conseguirebbero due separati capi risarcitori: ma nel caso concreto la somma della quale si discute la stessa che, da un lato, viene ottenuta con frode, e dallaltro, viene distorta dalla finalit pubblica alla quale era stata destinata, mentre i capi risarcitori saranno due, in quanto due le statuizioni di responsabilit. Vi di pi. Ambedue i capi risarcitori, a fronte di debita richiesta, potenzialmente provvederanno sia alla liquidazione del danno patrimoniale che alla liquidazione di quello non patrimoniale. A seguito della condanna per il reato di cui allart. 316 bis c.p., dovr provvedersi alla restituzione alla PA dellimporto erogato e non destinato dal- limputato al fine pubblico previsto; sar, inoltre, da ritenersi fondata la richiesta del p.m. per il risarcimento del danno non patrimoniale allimmagine (47) e al funzionamento della PA (48), come anche la pretesa risarcitoria della andamento le condotte che ostacolino lefficienza dellazione amministrativa, che ne frustrino, cio, la capacit di perseguire i fini ad essa assegnati dalla legge, in senso adesivo, r. rAMPIonI, Bene giuridico e delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, Milano, 1984, 85 ss.; M. CATEnACCI, reati contro la Pubblica amministrazione e contro lamministrazione della giustizia. trattato teorico pratico di diritto penale, Torino, 2011, 8 ss. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 societ privata concorrente, illegittimamente esclusa dallassegnazione delle provvidenze pubbliche, se costituitasi parte civile (49). A seguito della condanna per il reato di cui allart. 640 bis c.p., limputato sar condannato alla restituzione della somma di denaro fraudolentemente ottenuta, nonch al risarcimento del danno patrimoniale cagionato alleconomia dellente erogatore delle provvidenze pubbliche interessato dalla condotta truffaldina, e, altres, al ristoro del pregiudizio non patrimoniale arrecato al buon funzionamento della PA, secondo laccezione lata di cui allart. 97 Cost. (50). Sono quindi evidenti le problematiche lasciate senza soluzione persino da una pronuncia di cos indubbio spessore: non resta che auspicare un intervento volto alla creazione normativa o giurisprudenziale - per esempio chiarimenti sul criterio della specialit bilaterale (51) - di criteri ermeneutici in grado di meglio regolare gli aspetti dinamici e concreti della questione. Cassazione, Sezioni Unite Penali, sentenza 28 aprile 2017 n. 20664 -Pres. G. Canzio, rel. A. Petruzzellis, P.G. A. rossi (difforme) -F.B., P.S. (avv. E. Monteverde); Invitalia s.p.a. (avv. G. Volo). rEATI ConTro IL PATrIMonIo PUBBLICo -rEATI ConTro IL BUon AnDAMEnTo DELLA PA -BEnI GIUrIDICI - TrUFFA AGGrAVATA PEr IL ConSEGUIMEnTo DI EroGAzIonI PUBBLICHE - MALVEr- SAzIonE A DAnno DELLo STATo - rAPPorTo - SPECIALIT - SUSSIDIArIET - InSUSSISTEnzA - AUTonoMIA - ConCorSo MATErIALE DI rEATI SUSSISTEnzA. [Articoli 15, 316-bis e 640-bis codice penale; articolo 9 Legge 24 novembre 1981, n. 689; articolo 649 codice procedura penale; articolo 4 Protocollo 7 Convenzione Europea dei Diritti dellUomo; articolo 50 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea]. ConSIDErATo In DIrITTo 1. La questione di diritto che ha generato la rimessione dei ricorsi alle Sezioni Unite la seguente: "se il reato di malversazione in danno dello stato (art. 316 bis c.p.) concorra con quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640 bis c.p.)". 2. Il quesito trova la sua origine nella presenza di due contrapposte interpretazioni delle disposizioni richiamate. (47) Il danno allimmagine della PA potr essere riconosciuto solo se il reato sia stato commesso da un dipendente. (48) Corte Conti reg. (Campania) sez. giurisd. 7 marzo 2011 n. 325, in presenza di una decisione penale di condanna irrevocabile ai sensi dell'art. 316 bis c.p. (malversazione a danno dello stato) deve ritenersi fondata la pretesa del p.m. presso la Corte dei conti per il risarcimento di danno all'immagine. (49) In Cass. pen., sez. VI 21 maggio 2010, n. 20847, la Corte ha ritenuto che la societ illegittimamente esclusa dalla selezione per lassegnazione di fondi pubblici potesse far valere pretese di natura civilistica nell'ambito del procedimento penale in qualit di persona danneggiata dal reato. (50) Vedi nota 46. (51) Si verificherebbe, pertanto, uninterferenza tra le norme limitatamente alla sola condotta, essendo gli altri elementi reciprocamente incommensurabili. ConTEnzIoSo nAzIonALE Per la prima, si esclude un rapporto di specialit tra due reati e si ritiene il concorso delle fattispecie (Sez. 2, n. 29512 del 16/06/2015, Sicilfert s.r.l., rv. 264232; Sez. 2, n. 43349 del 27/10/2011, Bonaldi, rv. 250994; Sez. 6, n. 4313 del 02/12/2003, dep. 2004, Gramegna, rv. 228655; Sez. 1, n. 4663 del 07/11/1998, Saccani, rv. 211494; Sez. 6, n. 3362 del 15/12/1992, Scotti, rv. 193155), in ragione della mancanza di identit degli interessi protetti. L'eventuale concomitanza dei due comportamenti, l'uno preso in considerazione dalla truffa, antecedente al conseguimento dei fondi pubblici e riguardante la fase percettiva della provvidenza economica, in cui la previsione del reato funzionale alla tutela del patrimonio pubblico, l'altro, punito dall'art. 316 bis c.p., successivo a tale momento, riguardante la fase esecutiva del progetto finanziato, limitata a tutelare l'interesse pubblico che l'erogazione intende perseguire, non vale a caratterizzare la prima o la seconda delle due ipotesi delittuose come speciale rispetto all'altra. Secondo l'opposta interpretazione (Sez. 2, n. 42934 del 18/09/2014, Messina, non mass. sul punto; Sez. 6, n. 23063 del 12/05/2009, Bilotti, rv. 244180; Sez. 2, n. 39644 del 09/07/2004, Ambrosio, rv. 230365), non si ritiene dirimente, al fine di individuare gli spazi applicativi delle disposizioni, la considerazione che i diversi momenti di consumazione tra i due reati possano non coincidere, posto che il problema sorgerebbe proprio quando la diversa destinazione dei beni viene impressa allorch l'erogazione venga conseguita con artifizi e raggiri, prospettandosi in tal caso un'ipotesi di concorso apparente di norme. Sulla base di tale ultima ricostruzione, esclusa la rilevanza, quale discrimine utilizzabile per l'applicazione del principio di specialit, dell'identit di materia o di interesse protetto, si ritiene non corretto sottoporre a sanzione due comportamenti offensivi dello stesso bene, giacch il diverso impiego del finanziamento non sarebbe che una conseguenza naturale del conseguimento dell'erogazione a seguito di artifici o raggiri. Entrambi gli orientamenti interpretativi, contenuti nei due filoni giurisprudenziali citati, escludono quindi che le fattispecie siano tra loro in rapporto di specialit. Il primo ritiene il concorso di reati in virt della diversit della materia disciplinata dalle due disposizioni; il secondo, che nega tale concorso, conclude per la presenza di un concorso apparente di norme, in quanto valuta i comportamenti tipizzati nelle disposizioni in esame offensivi del medesimo bene giuridico, in stati e gradi diversi, ed evoca a sostegno della propria ricostruzione il principio del rapporto di sussidiariet tra le norme. 3. L'esame sulla fondatezza dell'una o dell'altra soluzione interpretativa deve prendere le mosse dalla considerazione dei principi vigenti sul concorso apparente di norme che ricorre ove, attraverso un confronto degli elementi strutturali, pi fattispecie risultino applicabili al medesimo fatto, e che regolamentato dall'art. 15 c.p., secondo cui: "Quando pi leggi penali o pi disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia, la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito". Da tale norma si trae il principio generale che, ove si escluda il concorso apparente, possibile derogare alla regola del concorso di reati solo quando la legge contenga l'espressione delle c.d. clausole di riserva, le quali, inserite nella singola disposizione, testualmente impongono l'applicazione di una sola norma incriminatrice prevalente che si individua seguendo una logica diversa da quella di specialit. Sul rapporto di specialit si fonda anche la comparazione, e quindi l'applicazione delle componenti accessorie del reato, posto che le disposizioni di cui agli artt. 68 e 84 c.p., informano le correlazioni tra gli elementi eventuali del reato nei medesimi termini previsti dall'art. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 15, i cui principi sono volti ad evitare l'addebito plurimo di un accadimento, ove unitariamente valutato dal punto di vista normativo: condizione che si porrebbe in contrasto col principio del ne bis in idem sostanziale. 3.1. noto che sul punto sussiste un ampio e risalente dibattito in dottrina tendente ad ampliare il concorso apparente di norme alle figure dell'assorbimento, della consunzione e dell'ante-fatto o post-fatto non punibile: classificazioni ritenute tuttavia prive di sicure basi ricostruttive, poich individuano elementi incerti quale dato di discrimine, come l'identit del bene giuridico tutelato dalle norme in comparazione e la sua astratta graduazione in termini di maggiore o minore intensit, di non univoca individuazione, e per questo suscettibili di opposte valutazioni da parte degli interpreti. In particolare, la loro applicazione quale criterio ermeneutico stata ripetutamente negata dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite per la mancanza di riferimenti normativi che consentano un collegamento di tale ricostruzione alla voluntas legis. 3.2. La giurisprudenza delle Sezioni Unite risulta invece saldamente fondata sul criterio di specialit, individuato quale unico principio legalmente previsto in tema di concorso apparente, con ampliamento della sua applicazione alle ipotesi di illeciti amministrativi secondo la previsione della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 9, che ha imposto la comparazione delle fattispecie astratte, prescindendo dalla qualificazione, penale o amministrativa, degli illeciti posti a raffronto. In tal senso, in maniera coerente, si sono pronunciate ripetutamente le Sezioni unite (Sez. U, n. 1963 del 28/10/2010, dep. 2011, Di Lorenzo, rv. 248722; Sez. U, n. 1235 del 28/10/2010, dep. 2011, Giordano, rv. 248865; Sez. U., n. 16568 del 19/04/2007, Carchivi, rv. 235962; Sez. U, n. 47164 del 20/12/2005, Marino, rv. 232302; Sez. U,. n. 23427 del 09/05/2001, ndiaye, rv. 218771; Sez. U, n. 22902 del 28/03/2001, Tiezzi, rv. 218874), le quali, pur ribadendo l'applicabilit del solo criterio normativo, hanno chiarito che il raffronto deve estendersi anche alle previsioni amministrative, secondo un'evoluzione interpretativa che ha caratterizzato anche la giurisprudenza della Corte EDU, sulla base di una comparazione che si fonda sugli aspetti comportamentali, oggettivi e soggettivi, della fattispecie. 4. Pi di recente stata avvertita l'esigenza di porre in discussione tali consolidati principi sulla base della rinnovata attenzione, convenzionale e costituzionale, al divieto del bis in idem sostanziale, che trova riconoscimento, quale diritto fondamentale dell'individuo, nell'art. 4 Prot. 7 CEDU e nell'art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, sulla base di quanto specificamente elaborato anche dalla Corte EDU con la sentenza 4 marzo 2014, Grande Stevens c. Italia ed in successive pronunce sul tema della medesima autorit (Corte EDU, Grande Camera, 15/11/2016, A e B contro norvegia), fino a giungere alla sentenza della Corte cost. n. 200 del 2016. Appare al Collegio, per contro, che tali interventi non legittimino un mutamento giurisprudenziale sul tema oggetto di esame. 4.1. Dall'attenta lettura dei provvedimenti richiamati si ricava la presenza di un costante riferimento alla necessit di una comparazione concreta e complessiva delle fattispecie con particolare distinzione -quanto alla verifica del presupposto processuale di cui all'art. 649 c.p.p., e del suo corrispondente convenzionale dell'art. 4 Prot. 7 CEDU - al fatto oggetto di contestazione e, quanto all'individuazione dell'unitariet della fattispecie contestata, agli elementi costitutivi della stessa, caratterizzati come sempre dalla correlazione azione - evento elemento psicologico, e dalla loro concreta attribuzione, attraverso il capo di imputazione, alla persona sottoposta a giudizio. ConTEnzIoSo nAzIonALE In particolare, le pronunce della Corte EDU succedutesi in argomento, cui si gi fatto riferimento, fondano la necessit di una comparazione di quanto contestato con l'oggetto di un precedente giudizio; sottolineano la funzione processuale di tale limite; e non escludono che la regolamentazione sostanziale del fatto possa essere descritta in pi di una disposizione incriminatrice (penale o amministrativa) stante la pi ampia libert decisionale riconosciuta allo Stato nazionale in argomento. Tali interpretazioni quindi non impediscono di ritenere il concorso di norme nell'ipotesi in cui non si ravvisi la coincidenza materiale nella fattispecie astratta. L'essenza del divieto espresso dalla giurisprudenza della Corte EDU in materia individuabile nella necessit di non sottoporre ad accertamento due volte l'interessato per il medesimo fatto storico, divieto che non ha natura assoluta, non essendo precluso il perseguimento della persona sottoposta a controllo in due autonome procedure, pur auspicandosi una trattazione unitaria, ma solo la sottoposizione ad autonomo giudizio quando sia stato definito uno dei due. Si deve sottolineare che, anche ai fini processuali, l'oggetto della comparazione riguarda accadimenti che costituiscono un insieme di circostanze fattuali concrete riconducibili al medesimo colpevole ed indissolubilmente legate nel tempo e nello spazio. 4.2. n al fine di sostenere la necessit di un ampliamento del campo di azione del concorso apparente di norme, al di l della previsione legale, risulta potersi utilmente evocare la sentenza della Corte cost. n. 200 del 2016 che ha ridefinito l'applicazione dell'art. 649 c.p.p., prescrivendola anche nell'ipotesi in cui oggetto del giudizio concluso sia un reato in concorso formale con l'altro posto in comparazione. Tale pronuncia ha precisato che, nel discrimine tra fatto giuridico e naturalistico, essenziale per stabilire i poli posti a raffronto, ad avere carattere giuridico la sola indicazione dei segmenti dell'accadimento naturalistico che l'interprete tenuto a prendere in considerazione per valutare l'identit del fatto ed ha espressamente chiarito che "la tutela convenzionale affronta il principio del ne bis in idem con un certo grado di relativit, nel senso che esso patisce condizionamenti tali da renderlo recessivo rispetto ad esigenze contrarie di carattere sostanziale. Questa circostanza non indirizza l'interprete, in assenza di una consolidata giurisprudenza Europea che lo conforti, verso letture necessariamente orientate nella direzione della pi favorevole soluzione per l'imputato, quando un'altra esegesi della disposizione sia collocabile nella cornice dell'idem factum". 5. Sicch, riportando l'analisi nell'ambito pi strettamente attinente alla questione rimessa a questo Collegio, si deve concludere che sia l'univoca giurisprudenza della Corte di legittimit sia la mancanza di principi che impongano l'ampliamento postulato dall'opposta tesi, sulla base dell'evoluzione giurisprudenziale della Corte EDU e del Giudice delle leggi, conducono ad escludere la presenza di un sostegno ermeneutico all'ipotesi di considerare, nell'ambito del- l'istituto del concorso apparente di norme, criteri valutativi diversi da quello di specialit. 6. La schematizzazione descrittiva del criterio di specialit, anche nelle pi ampie declinazioni della specialit bilaterale, non si attaglia alle fattispecie in esame, che hanno genesi e sviluppo autonomo, posto che lo stesso pu ravvisarsi solo ove vi sia un identico contesto di fatto ed una delle norme contenga necessariamente gli elementi dell'altra. 6.1. In particolare, la pronuncia che ha argomentato in maniera pi ampia sulla presenza del concorso apparente di norme tra le due fattispecie (Sez. 6, n. 23063 del 12/05/2009, Bilotti, rv. 244180) ha fatto riferimento al principio di sussidiariet, non a quello di specialit. Per contro, la pi risalente pronuncia (Sez. 2, n. 39644 del 09/07/2004, Ambrosio, rv. 230365) pervenuta alle medesime conclusioni facendo leva sulla sussidiariet dichiarata dall'ordinanza della Corte cost. n. 94 del 2004, che in realt poneva a raffronto le diverse fat rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 tispecie di cui agli artt. 640 bis e 316 ter c.p. e coerentemente concludeva in tal senso in quanto tale rapporto tra le fattispecie era conclamato dalla clausola di riserva in essa contenuta "salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall'art. 640 bis c.p.". 6.2. risulta a questo punto necessario valutare gli elementi costitutivi dei reati oggetto di analisi in questo procedimento, al fine di verificare la natura del concorso ipotizzabile. del tutto pacifico che gli artifici e raggiri non costituiscono l'unica modalit attraverso la quale possa ottenersi la percezione dei finanziamenti e delle altre forme di provvidenze previste dall'art. 316 bis c.p., cos come, per contro, la percezione illegittima, non necessariamente sfocia nello storno delle somme erogate dalla loro finalit che individua l'elemento caratterizzante della disposizione di cui all'art. 640 bis c.p. (Sez. U., n. 7537 del 16/12/2010, dep. 2011, Pizzuto, rv. 249105). nel senso indicato, oltre che la lettera delle disposizioni, depongono lo sviluppo storico e sistematico delle due previsioni incriminatrici. Si tratta di norme contenute in disposizioni di legge autonome, ma entrate in vigore a brevissima distanza l'una dall'altra, pari a poco pi di un mese, e la mancata previsione di clausole di riserva (le sole che, al di l del principio di specialit, autorizzino un rapporto di valore tra le diverse disposizioni incriminatrici) depone di per s nel senso di una meditata definizione di autonomia delle fattispecie. Tale chiave di lettura si ricava anche dalle valutazioni sulla complessiva finalit della disposizione che ha introdotto l'art. 640 bis c.p., contenuta nella L. 19 marzo 1990, n. 55, art. 22, che reca come titolo "nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosit sociale". La norma mirata a prevenire l'infiltrazione di imprese che trovano origine o possano connettersi a contesti criminali territoriali. Il bene giuridico avuto di mira dal legislatore non solo la protezione dallo storno delle somme dalla finalit pubblica che si voleva imprimere con l'erogazione, ma anche la corretta individuazione del beneficiario. Del resto, in linea di ricostruzione astratta, l'acquisizione di fondi pubblici -a fondo perduto o a tassi agevolati -non consente al percettore di realizzare un utile esclusivamente attraverso lo storno delle somme dalle loro finalit, circostanza che imporrebbe di ritenere la condotta caratterizzante la fattispecie di cui all'art. 316 bis c.p., quale inevitabile prosecuzione della prima; ma ben pu identificarsi anche nella convenienza economica del credito, tale da permettere all'impresa che ne usufruisce un margine di utile decisamente maggiore di quello ritraibile a seguito del ricorso al credito a prezzi di mercato, e quindi da consentire a coloro che vi accedono di recuperare quote di mercato maggiori, quale effetto dell'abbattimento dei costi. 7. La considerazione di tali profili pone in evidenza l'autonomia esistente tra le fattispecie. L'artificio e raggiro, ove sfociante nell'erogazione, crea un indubbio vantaggio al percettore, con danno dell'ente erogatore, che pu essere economico, oltre che, congiuntamente o disgiuntamente, riguardare la possibilit di incidere sulla corretta distribuzione delle risorse, sia sul piano oggettivo che su quello soggettivo; il danno inoltre si pu realizzare anche nei confronti del privato concorrente nell'erogazione del credito, in quanto ingiustamente pretermesso. 7.1. Quanto al primo profilo le Sezioni Unite (sent. n. 26351 del 26/06/2002, Fedi, rv. 221663) hanno posto in evidenza come il danno considerato dall'art. 640 bis c.p., non possa essere circoscritto a quello patrimoniale strettamente inteso, poich nel caso di erogazioni stanziate economicamente indifferente l'attribuzione ad uno o ad altro operatore; sicch l'attivit truffaldina deve intendersi come volta a tutelare il patrimonio valutato in senso dinamico, comprendente la funzione sociale dell'intervento ed i principi di buona amministrazione. ConTEnzIoSo nAzIonALE Analogamente, il richiamo all'intera disposizione di cui all'art. 640 c.p., utilizzato dalla parte descrittiva della nuova disposizione per definirne i contorni caratterizzanti, impone di escludere che questo si riferisca solo alla circostanza aggravante del danno apportato all'ente pubblico di cui al comma 2, n. 1, dovendosi intendere riferito anche alla fattispecie di cui al primo comma. Ci rende rilevante, ai fini della consumazione del reato, anche la verificazione di un danno economico nei confronti dell'operatore concorrente, escluso illegittimamente dall'accesso ai fondi, per effetto della falsa rappresentazione della realt esposta dall'autore del reato. 7.2. Ci consente di cogliere l'assenza di un nesso di interdipendenza necessaria tra i due reati contestati, la cui consumazione presuppone una pianificazione autonoma da parte dell'autore, rientrante nella figura del concorso di reati, che eventualmente possono tra loro essere connessi da unicit ideativa. 7.3. n a diverse conclusioni permette di giungere l'analisi del testo della disposizione di cui all'art. 316 bis c.p., stante l'assoluta indifferenza della fase genetica del credito rispetto alla descrizione normativa. Si vuole in particolare sottolineare che nessun richiamo testuale consente di limitare l'applicazione della disposizione ai soli contributi acquisiti lecitamente, poich la norma rimanda all'acquisizione del finanziamento, nelle sue varie forme, come fatto storico, prescindendo dalla focalizzazione degli aspetti inerenti alle modalit di ingresso nel patrimonio del destinatario di tali importi, cosicch l'elemento genetico risulta indifferente al fine della configurazione della fattispecie. 7.4. Sulla base delle richiamate differenze tra le due fattispecie in comparazione si possono verificare almeno tre tipi di situazioni diverse: a) il privato ottiene un finanziamento illecitamente e, successivamente, utilizza la somma per scopi privati (l'ipotesi pi frequente); b) il privato ottiene con mezzi fraudolenti l'erogazione, ma la destina effettivamente ad opere o attivit giustificanti il sostegno economico richiesto (ipotesi pi rara ma non certo impossibile); c) il privato ottiene legittimamente il finanziamento, ma omette di destinarlo all'attivit o all'opera di pubblico interesse per cui era stato erogato. nell'ultimo caso si verte in ipotesi di malversazione "pura"; nel secondo viene in evidenza l'autonomia fra le due fattispecie, in quanto il privato pone in essere una truffa ma poi non compie una malversazione; nel primo caso dopo aver compiuto la truffa, con una condotta anche cronologicamente autonoma ed eventuale, il privato pone in essere la malversazione. Sussiste inoltre l'ulteriore possibilit che l'importo riscosso sia destinato a fini pubblici diversi da quelli avuti di mira dall'ente erogante, con condotta astrattamente paragonabile alla figura giuridica del peculato per distrazione, ed anche in questo caso il testo normativo non permette di escludere la consumazione del reato. L'analisi dell'atteggiarsi delle fattispecie astratte ha il pregio di mettere in luce come le situazioni concrete in cui i due reati possono realizzarsi siano molteplici e possano combinarsi tra loro, con modalit autonome. Il che sottolinea la differenza strutturale tra le due fattispecie e le interferenze tra le condotte che, anche se in via eventuale, possono verificarsi. La possibilit astratta di tali diverse conseguenze porta a concludere che la soluzione giuridica non pu che essere quella del concorso materiale dei due reati eventualmente, e solitamente, unificabili nel vincolo della continuazione. 7.5. n possono considerarsi rilevanti, ai fini dell'assorbimento nella fattispecie minore in quella pi grave, i casi in cui nel concreto il reato si atteggi come naturale prosecuzione della condotta truffaldina, ritenendo possibile l'effetto di assorbimento. Una tale chiave interpretativa trascura l'elemento essenziale dell'istituto del concorso di norme che si fonda sulla comparazione della struttura astratta delle fattispecie, per apprezzare la valutazione implicita rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 di correlazione tra norme ritenuta dal legislatore, non dal loro atteggiarsi concreto, condizione che riguarda il diverso istituto del concorso tra i reati e la valutazione dell'elemento soggettivo al fine di accertare nel concreto la natura autonoma o unica dell'attivit ideativa. 7.6. Va da ultimo rimarcato che i due reati si consumano fisiologicamente in tempi diversi -momento percettivo ed attivit esecutiva, di natura omissiva istantanea -della condotta finanziata, e che nel caso di specie la condotta qualificata ai sensi dell'art. 316 bis c.p., si distanziata di parecchi anni rispetto alla percezione delle provvidenze. Tale condizione di fatto, come gi valutato da precedenti delle Sezioni Unite (sent. n. 23427 del 09/05/2001, ndiaye, rv. 218770) un rilevante indicatore dell'autonomia delle fattispecie, preclusivo di un rapporto di identit tra norme suscettibile di qualificare un concorso apparente. La conclusione raggiunta sulle fattispecie risulta ulteriormente evidenziata dalla circostanza che il reato di cui all'art. 316 ter c.p., omologo a quello di cui all'art. 640 bis c.p., pur procurando l'identico evento d'indebita percezione dei fondi, punito in modo pi mite di quest'ultima incriminazione, cosicch rispetto a questo la fattispecie di cui all'art. 316 bis c.p., che si realizzerebbe ove gli importi riscossi vengano sottratti alle finalit a cui erano destinati per essi stabilite, non potrebbe ridursi ad un irrilevante post factum non punibile, pena l'irriducibile contraddizione della ricostruzione sistematica. 7.7. Se, per comune indicazione proveniente dalle esegesi in materia formulate dalla giurisprudenza di legittimit, il rapporto tra le norme in esame estraneo al criterio di specialit, deve escludersi anche l'operativit di quello di sussidiariet, il cui presupposto dogmatico -la connessione dei fatti descritti secondo l'id quod plerumque accidit -, al di l del mancato riconoscimento normativo di tale principio in tema di concorso apparente di norme, risulta concretamente escluso, nel rapporto tra le due norme, dalle ricostruzioni espresse. 8. La violazione del principio di legalit non pu essere sostenuta dall'esigenza di evitare l'interpretazione in malam partem, posto che la finalit evocata superata dall'individuazione dell'autonomia degli interessi tutelati e dalla conseguente necessit che questi trovino riconoscimento. Tale esigenza risulta ancora pi cogente dalla considerazione in entrambe le fattispecie della possibile provenienza comunitaria dei fondi: circostanza, questa, che impone di non ignorare il costante richiamo della Corte di giustizia U.E. all'effettivit di tutela che l'ordinamento degli Stati nazionali deve garantire agli interessi comunitari. Per contro, le esigenze di giustizia sostanziale di correlazione della sanzione alla gravit del fatto trovano ampia possibilit di tutela con l'applicazione dei criteri ordinari in tema di concorso dei reati e nella previsione del contemperamento del cumulo materiale della sanzione conseguente all'applicazione dell'art. 81 c.p., ove se ne riconoscano i presupposti. 9. Il quesito sottoposto all'attenzione delle Sezioni Unite deve quindi essere risolto nel senso seguente: "il reato di malversazione in danno dello stato (art. 316 bis c.p.) concorre con quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640 bis c.p.)". 10. Passando all'analisi degli ulteriori motivi di ricorso proposti si deve escludere l'ammissibilit della deduzione inerente alla mancanza di elementi caratterizzanti l'ipotesi di truffa, poich la declaratoria di prescrizione del reato impone una modifica della pronuncia sul punto solo nell'ipotesi dell'emergere di risultanze che dimostrino la presenza di condizioni che impongono il proscioglimento, secondo quanto espressamente previsto dall'art. 129 c.p.p., comma 2: ipotesi, questa, esclusa con argomentazioni adeguate e logiche, perci incensurabili, dalle pronunce di merito. 11. Anche per la contestazione riguardante la sussistenza del reato di cui all'art. 316 bis ConTEnzIoSo nAzIonALE c.p., connesso alla distrazione dei beni strumentali, risulta dirimente rilevare che tutte le deduzioni contenute nell'atto di impugnazione non si rapportano con le risultanze specificamente evidenziate dai giudici di merito, ma sottolineano aspetti di fatto che, anche ove dimostrati, risulterebbero inidonei a porre nel nulla le circostanze poste a logico fondamento dell'accertamento di responsabilit. n l'esame della norma sulla base della quale stato erogato il finanziamento evidenzia la non imperativit del carattere della novit dell'attivit beneficiata, in quanto tale presupposto costituisce, sulla base del testo del D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 185, la condizione legittimante l'erogazione espressa dall'art. 1 ove prevede: "Le disposizioni del presente titolo sono dirette a favorire l'ampliamento della base produttiva e occupazionale nonch lo sviluppo di una nuova imprenditorialit": novum che non dato riscontrare nel- l'ipotesi di costituzione di una societ paravento, quale quella accertata nella specie. 12. Estranee all'ambito valutativo rimesso al giudizio di legittimit risultano le censure formulate con riferimento al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche in favore della B., nonch alla sottoposizione alla condizione del pagamento della provvisionale in favore della parte civile della sospensione concessa, e al mancato riconoscimento della non menzione della condanna, riguardanti entrambe le ricorrenti. Si tratta, infatti, di decisioni rimesse alla valutazione discrezionale del giudice di merito, rispetto alle quali la mancata dimostrazione di insussistenza delle condizioni fondanti la valutazione nel concreto o di assenza di motivazione sul punto rende insuscettibili di censura le relative disposizioni. Quel che rileva la presenza di una argomentazione di sostegno e la sua coerenza rispetto alle emergenze di fatto, condizioni la cui sussistenza non contestata nel ricorso. 13. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonch alla rifusione delle spese di rappresentanza della parte civile InVITALIA s.p.a. in questo grado, liquidate nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. rigetta i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonch alla rifusione in favore della parte civile costituita delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 6.000,00 oltre gli accessori di legge. Cos deciso in roma, il 23 febbraio 2017. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 Danni punitivi: la nuova natura polifunzionale della responsabilit civile Nota a Cass. CiV., sez. UN., seNteNza 5 lUGlio 2017 N. 16601 Ivan Michele Triolo* nel nostro ordinamento alla responsabilit civile stata storicamente riconosciuta una funzione precipuamente compensativa, avente lunico fine di reintegrare la sfera personale - patrimoniale e non - della vittima dellillecito. Tale concezione riparatoria dellillecito civile ha condotto, per molti anni, alla ferma esclusione di qualsiasi funzione ulteriore del risarcimento, compresa -segnatamente -la funzione sanzionatoria sottesa ai cc.dd. danni punitivi. Trattasi, comՏ noto, di un istituto di derivazione anglosassone che si sostanzia in una prestazione ulteriore rispetto alla reintegrazione del danno effettivamente sofferto dalla vittima, avente - appunto - funzione prettamente sanzionatoria dellautore dellillecito. La ratio dellistituto va individuata nellesigenza di ricercare un pi efficace deterrente allillegalit, alternativo allazione repressivo-sanzionatoria dei pubblici poteri, attraverso la mobilitazione dei privati, indotti alla persecuzione degli illeciti sotto limpulso dellegoistico movente di trarne un vantaggio economico (1). La funzione dei danni punitivi quindi duplice: da un lato, costituiscono un quid pluris risarcitorio di natura premiale per la vittima, che viene cos sostanzialmente gratificata per aver fatto emergere una condotta illecita; dallaltro, imponendo al responsabile una prestazione ulteriore, dalla spiccata natura afflittiva, rappresentano -almeno nelle intenzioni -un forte deterrente alla violazione del fondamentale principio del naeminem laedere, e quindi allillegalit. Le Sezioni Unite, con sentenza n. 16601 del 5 luglio 2017, hanno riconosciuto ai danni punitivi il definitivo diritto di cittadinanza nellordinamento italiano, riconoscendo cos alla responsabilit civile una natura polifunzionale. La Cassazione - anche in questo caso - ha affrontato il problema incidentalmente, in sede di delibazione di provvedimenti giudiziari stranieri che a tale istituto fanno riferimento. Lammissibilit dei danni punitivi nel nostro ordinamento, fino al recente passato, stata oggetto di un intenso dibattito dottrinale e giurisprudenziale, culminato con il recentissimo arresto in commento. Un primo orientamento, consolidatosi a partire dallemanazione del co (*) Dottore in Giurisprudenza, gi praticante foresene presso lAvvocatura dello Stato di Bologna. (1) F. GALGAno, i fatti illeciti, Cedam, Padova, 2008, 161. ConTEnzIoSo nAzIonALE dice civile, negava fermamente la compatibilit dellistituto dei danni punitivi con lordinamento italiano, facendo leva sul riconosciuto carattere monofunzionale della responsabilit civile, avente lunico fine di reintegrare la posizione del soggetto vittima dellillecito (ex multis, Cass. civ., Sez. III, 19 gennaio 2007, n. 1183). A siffatto orientamento faceva seguito un secondo filone interpretativo, sostenuto dalla dottrina, attento nellindividuare le numerose ipotesi di risarcimento punitivo previste dalla legge. Al riguardo, a titolo meramente esemplificativo, si segnalano: lart. 96, comma 3, c.p.c., che sanziona labuso del processo; lart. 614 bis c.p.c., che prevede il potere del giudice di fissare preventivamente una somma pecuniaria per ogni ulteriore violazione e/o ritardo nellesecuzione del provvedimento di condanna (cc.dd. astreintes); lart. 12 della legge n. 47/1948, che prevede una somma aggiuntiva, a titolo di riparazione, in caso di diffamazione a mezzo stampa; i recenti artt. 3-5 del d.lgs. n. 7/2016 che, depenalizzando varie fattispecie di reato poste a tutela della fede pubblica, dellonore e del patrimonio, hanno previsto una sanzione pecuniaria ulteriore rispetto al risarcimento danni, avente una dichiarata finalit preventiva e repressiva (per un esaustiva elencazione delle fattispecie si rinvia a Cass. civ., Sez. I, 15 aprile 2015, n. 7613, nonch allordinanza di rimessione prodromica alla sentenza in esame, Cass. civ., Sez. I, 16 maggio 2016, ord. n. 9978). A fronte di quanto argomentato, le Sezioni Unite, con la sentenza in commento, hanno definitivamente emesso un giudizio positivo di compatibilit tra la funzione sanzionatoria del risarcimento del danno e lordinamento italiano, a condizione - beninteso - che sussista una indefettibile predeterminazione legislativa della fattispecie punitiva, in ossequio al fondamentale principio di legalit sancito dallart. 25, comma 2, Cost., dallart. 7 CEDU, nonch - per quel che concerne limposizione patrimoniale - dallart. 23 Cost. Secondo la Cassazione, vi [] un riscontro a livello costituzionale della cittadinanza nellordinamento di una concezione polifunzionale della responsabilit civile, la quale risponde soprattutto a unesigenza di effettivit (cfr. Corte Cost. 238/2014 e Cass. 21255/2013) della tutela che in molti casi, della cui analisi la dottrina si fatta carico, resterebbe sacrificata nellangustia monofunzionale. Tuttavia, avverte la Corte, ci non significa che listituto aquiliano abbia mutato la sua essenza e che questa curvatura deterrente/sanzionatoria consenta ai giudici italiani [] di imprimere soggettive accentuazioni ai risarcimenti che vengono liquidati. ogni imposizione patrimoniale, infatti, esige una previa intermediazione legislativa, in forza dei principi predetti, stante la natura puramente afflittiva delle prestazioni imposte al responsabile dellillecito. In conclusione, si segnala che la Cassazione giunta a tale risultato interpretativo passando per la definitiva adesione ad una concezione internazionale di ordine pubblico, che ha sancito lapprodo finale dellevoluzione rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 giurisprudenziale degli ultimi anni (2). La clausola di salvaguardia dellordine pubblico, infatti, rappresenta un limite invalicabile per la delibazione di sentenze straniere, ragion per cui -sia pure in presenza degli altri requisiti previsti dallart. 64 della legge n. 218/1995 - al giudice italiano precluso il riconoscimento di qualsivoglia pronuncia emessa da unAutorit giudiziaria straniera che si ponga in contrasto con il complesso di principi e valori fondamentali del nostro ordinamento. Secondo le Sezioni Unite, in ossequio allelaborazione giurisprudenziale pi recente, nonch a quanto affermato dalla Prima Sezione nellordinanza di rimessione n. 9978 del 16 maggio 2016, lordine pubblico deve intendersi quale [] complesso dei principi fondamentali caratterizzanti lordinamento interno in un determinato periodo storico, ma fondati su esigenze di tutela dei diritti fondamentali delluomo comuni ai diversi ordinamenti e desumibili, innanzitutto, dai sistemi di tutela approntati a livello sovraordinato rispetto alla legislazione ordinaria []. A fronte di tali argomentazioni, pertanto, deve escludersi che la funzione compensatoria del rimedio risarcitorio assurga a valore fondamentale, e inderogabile, del nostro ordinamento, sicch il legislatore pienamente libero -nei limiti della discrezionalit accordatagli dai parametri costituzionali -di prevedere rimedi risarcitori che vadano oltre la (mera) compensazione, sfociando finanche nellalveo della sanzione. Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza 5 luglio 2017, n. 16601 -Primo Pres. f.f. rordorf, rel. DAscola, P.m. Giacalone (rigetto ricorso, riaffermazione del principio di contrasto con lordine Pubblico Italiano della sentenza U.S.A di condanna a danni punitivi). Fatti di causa La societ noSA Inc., con sede in Florida (USA), ha ottenuto dalla Corte di appello di Venezia che siano dichiarate efficaci ed esecutive, nell'ordinamento italiano, tre sentenze pronunciate negli Stati Uniti d'America, passate in giudicato: la sentenza del 23 settembre 2008, esecutiva, della Circuit Court of the 17th judicial Circuit for Broward Count (Florida), confermata in appello dal District Court of Appeal of the State of Florida, dell'11 agosto 2010, che aveva condannato la societ italiana AXo Sport spa a pagare la complessiva somma di dollari USA 1.436.136,87, oltre interessi al tasso annuo dell'11%, a seguito di procedimento giudiziario svoltosi davanti a quell'autorit; la sentenza del 14 gennaio 2009, con cui il medesimo giudice aveva liquidato dollari USA 106.500,00, a titolo di rifusione dei costi, delle spese legali e degli interessi al tasso annuo dell'8%; la sentenza del 13 ottobre 2010 che aveva liquidato, in relazione al giudizio di appello, l'ulteriore somma di dollari USA 9.000,00, a titolo di rifusione dei costi, delle spese legali e degli interessi al tasso annuo del 6%. (2) Sul punto, si veda A. DI MAjo, riparazione e punizione nella responsabilit civile, in Giur. it., n. 8-9/2016, 1854-1860. ConTEnzIoSo nAzIonALE Con tali pronunce, i giudici americani hanno accolto la domanda di garanzia promossa da noSA, in relazione ad un indennizzo di un milione di Euro transattivamente corrisposto ad un motociclista che aveva subito danni alla persona in un incidente avvenuto in una gara di motocross, per un asserito vizio del casco prodotto da AXo, distribuito da Helmet House e rivenduto da noSA. nel giudizio promosso dal danneggiato anche nei confronti della societ importatrice distributrice del casco (Helmet), noSA aveva accettato la proposta transattiva del motociclista, e il giudice americano successivamente ha ritenuto che dovesse essere manlevata da AXo. noSA ha ottenuto dalla Corte di appello di Venezia (sentenza 3 gennaio 2014) il riconoscimento delle suddette pronunce, a norma della L. 31 maggio 1995, n. 218, art. 64, avendo la AXo accettato la giurisdizione straniera. La AXo ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui si opposta la noSA. Le parti hanno presentato memorie. La causa stata rimessa al Primo Presidente, per l'assegnazione alle Sezioni Unite, a seguito di ordinanza n. 9978/16 della Prima sezione, che ha sollecitato un ripensamento sul tema della riconoscibilit delle sentenze straniere comminatorie di danni punitivi. nuove memorie delle parti sono state depositate prima della discussione conclusiva. ragioni della decisione (...) 4) Il terzo motivo denuncia violazione della L. n. 218 del 1995, art. 64, e vizio di motivazione e lamenta che la Corte veneziana non avrebbe ravvisato che la sentenza della Corte USA riguardava, senza specifica motivazione in ordine alla tipologia di danni indennizzati, un indennizzo corrisposto al danneggiato anche a titolo di danni punitivi, perch la proposta transattiva noSA, accettata dal motociclista, fissava l'importo "a titolo di composizione integrale di tutte le pretese risarcitorie del sig. D., comprese quelle per punitive damages". La Corte di appello ha respinto questo profilo delle difese di parte AXo, circa la contrariet all'ordine pubblico della sentenza americana, sulla base di tre convergenti osservazioni. Si possono cos riassumere: a) La sentenza non ha specificato quali danni sono stati indennizzati perch ha recepito "l'importo della transazione con il danneggiato"; b) non necessario individuare la tipologia di danni, perch comunque AXo si avvantaggiata di tale transazione; c) non risulta in atti il riconoscimento di tale profilo risarcitorio, ed anzi l'accordo va inteso diversamente. AXo, oltre a richiamare le difese gi oggetto delle precedenti censure, sostiene che il testo della proposta transattiva imputava espressamente "il pagamento di cui alla transazione" a "risarcimento di danni punitivi" e che la Corte di appello non ne avrebbe tenuto conto. In secondo luogo la violazione di legge e il vizio di motivazione vengono denunciati in riferimento alla carenza di motivazione della sentenza americana circa la tipologia dei danni liquidati. La tesi svolta che tale carenza motivazionale sarebbe ostativa al riconoscimento, "in presenza di un quantum risarcitorio abnorme". A questo proposito la ricorrente invoca Cass. 1781/12 e Cass. 1183/07, precedenti di cui d conto l'ordinanza di rimessione 9978/16 nel chiedere un ripensamento delle Sezioni Unite in ordine alla compatibilit dell'istituto dei punitive damages con l'ordine pubblico italiano. 4.1) Il motivo risulta inammissibile, giacch imperniato su un presupposto insussistente: la configurabilit, nella condanna addebitata al garante, di una liquidazione di "danni punitivi" in favore della vittima del sinistro. Su questo punto, che il ricorso non riesce a scalfire, la valutazione della Corte di appello non rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 viziata da omesso esame di alcun fatto decisivo, nel senso voluto dalla riforma dell'art. 360 c.p.c., n. 5. occorre subito ricordare che secondo la giurisprudenza della Corte (SU 8053/14) va esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione e viene in rilievo, ai fini del controllo sulla motivazione, soltanto l'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo. nel caso di specie va escluso che vi sia stata la lamentata "totale obliterazione del fatto che la proposta transattiva" accettata da nosa e posta a base della sentenza di condanna del garante riguardasse anche la pretese per punitive damages. nell'ultimo periodo di pag. 21, la Corte di appello ha chiaramente considerato la circostanza che si era discusso tra le parti di danni punitivi. Ha per ritenuto che l'accordo non implicasse la liquidazione di danni punitivi e il loro recepimento, ma "solo che noSA inc. richiese una rinuncia anche a pretese per danni punitivi, in un'ottica di chiusura complessiva dei rapporti tra le parti". Questa inequivocabile motivazione, che rimanda a un'interpretazione della sentenza americana alla luce della transazione che sta alla base della liquidazione, non quindi viziata dall'omissione ipotizzata nel motivo di ricorso. L'accordo transattivo stato considerato e la maggiore o minore plausibilit delle conclusioni raggiunte in ordine alla sua portata non sindacabile in questa sede (circa i limiti del controllo sull'apprezzamento del giudice di merito sul contenuto del provvedimento da delibare, indagine di fatto riservata al medesimo giudice cfr proprio Cass. 1183/07 e, ivi, i richiami a Cass. n. 1266/1972, n. 3709/1983, n. 3881/1969). La censura quindi inammissibile. 4.2) Anche il secondo profilo del motivo inammissibile. Esso afferma che la sentenza americana sarebbe veicolo di una liquidazione di danni punitivi, sul presupposto dell'abnormit del risarcimento accordato al danneggiato. Questo presupposto, indispensabile premessa della tesi che propugna il divieto di riconoscimento nel nostro ordinamento, ex art. 64, dei c.d. danni punitivi, tuttavia enunciato apoditticamente. Va ricordato in proposito che, se vero che in caso di contestazione del riconoscimento della sentenza straniera, ai sensi dell'art. 67 della legge 31 maggio 1995, n. 218, l'indagine relativa alla sussistenza dei requisiti del riconoscimento deve essere compiuta dal giudice anche d'ufficio (Cass. 13662/04), tuttavia tale indagine incontra i limiti delle risultanze processuali, secondo i relativi oneri probatori delle parti. nel caso di specie, a fronte di grave pregiudizio alla persona (al calcolato silenzio del ricorso sul punto, ha fatto riscontro il dettagliato controricorso, che ha specificato i particolari delle lesioni craniche e dei postumi invalidanti subiti dall'infortunato) la liquidazione, peraltro su base transattiva, di un importo di un milione di Euro (o due, considerando la analoga transazione stipulata dall'infortunato con Helmet, come sottolineato negli scritti di parte), non definibile di per s abnorme. L'apprezzamento di fatto reso sotto questo profilo dalla Corte di appello non sindacabile in questa sede, perch la Corte di appello ha valorizzato la considerazione della sentenza americana circa la ragionevolezza della transazione e ha osservato, a chiusura, che ulteriore somma era stata aggiunta a quell'importo con la transazione diretta AXo-motociclista. Se cosi , non v' margine in sede di legittimit per una nuova valutazione della pretesa abnormit degli effetti della sentenza americana nell'ordinamento italiano (questo l'ambito del sindacato della Corte Suprema, che non pu valutare la correttezza della soluzione adottata ConTEnzIoSo nAzIonALE alla luce dell'ordinamento straniero o della legge italiana: cfr. 9483/13, ma gi, acutamente, Cass. 10215/07). non vi questo spazio soprattutto perch lo si propugna in relazione all'asserita liquidazione di danni punitivi, dedotta in assenza di una puntuale evidenziazione, in ricorso, delle circostanze che legittimerebbero tale affermazione, relative alla articolazione (tra danni patrimoniali, morali ed eventualmente punitivi) delle richieste delle parti, al loro fondamento giuridico nel sistema a quo, all'incedere delle contestazioni insorte sul punto nel giudizio americano, etc. n giova a parte ricorrente dedurre che in carenza di indicazione, nella sentenza, di regole e/o criteri di liquidazione del danno si dovrebbe presumere una natura parzialmente sanzionatoria del quantum transatto. Questa via, che si inerpica nuovamente sulla strada impercorribile del vizio di motivazione, contraddetta dalle stesse ammissioni (pag. 13 di memoria 2016) circa il fatto che nell'affidavit D., oltre alle spese mediche sostenute per 335.000 USD, la sola perdita della capacit di guadagno era stata stimata dai due a tre milioni di dollari. Pertanto a poco vale addurre che inizialmente il difensore del motociclista aveva testimoniato avanti la giuria della Florida che il valore della domanda oscillava dai 10 ai 30 milioni di dollari. Proprio questa prospettiva, che avrebbe potuto essere grossolanamente sanzionatoria e abnorme, risulta abbandonata dal ridimensionamento della transazione ben sotto i limiti della sola componente patrimoniale del risarcimento richiesto. ne discende che non v' alcun modo per ipotizzare il carattere "punitivo" della condanna pronunciata, carattere che comunque non si pu presumere sol perch manchi nella sentenza, o meglio nella transazione recepita dal giudice americano, una chiara distinzione delle componenti del danno. Il motivo in questo senso ripropone una lettura "radicale" dei precedenti specifici citati, i quali erano per fondati (cfr in particolare Cass. 1781/12) sul riscontro dell'"insufficienza argomentativa", canone ormai non utilizzabile e che costringe quindi chi si opponga al riconoscimento a individuare inequivocabilmente eventuali profili normativi falsamente applicati dal provvedimento di delibazione. 5) L'esito dei tre motivi svolti da parte ricorrente conduce al rigetto del ricorso. L'inammissibilit dell'ultimo motivo d tuttavia alle Sezioni Unite la facolt di pronunciarsi sulla questione in esso dibattuta, potendosi interpretare l'art. 363 c.p.c., comma 3, nel senso che la enunciazione del principio di diritto consentita anche in relazione a inammissibilit di un singolo motivo di ricorso che involga una questione di particolare importanza, ancorch il ricorso debba nel suo complesso essere rigettato. nella specie le condizioni che giustificano l'enunciazione del principio di diritto si desumono dall'esteso dibattito dottrinale che da tempo sollecita un intervento giurisprudenziale sul tema e dalla stessa ordinanza di rimessione, stimolata dalla sagacia espositiva delle parti. 5.1) nel 2007 la Cassazione ha fondato il rifiuto di riconoscimento di una pronuncia in materia, sancendo l'estraneit al risarcimento del danno dell'idea di punizione e di sanzione, nonch l'indifferenza della "condotta del danneggiante". Ha affermato il carattere monofunzionale della responsabilit civile, avente la sola funzione di "restaurare la sfera patrimoniale" del soggetto leso. Immediatamente censurata dalla dottrina maggioritaria, che ha criticato il contrasto tra queste proposizioni e il dinamico percorso dalla nozione di responsabilit civile nei lustri anteriori, la sentenza 1183/07 ha trovato conferma qualche anno dopo. In Cass. 1781/2012 l'esclusione del carattere sanzionatorio della responsabilit civile stata rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 pi esplicitamente riferito ai limiti della "verifica di compatibilit con l'ordinamento italiano della condanna estera al risarcimento dei danni da responsabilit contrattuale". Le Sezioni Unite ritengono che questa analisi sia superata e non possa pi costituire, in questi termini, idoneo filtro per la valutazione di cui si discute. Gi da qualche anno le Sezioni Unite (cfr. SU 9100/2015 in tema di responsabilit degli amministratori) hanno messo in luce che la funzione sanzionatoria del risarcimento del danno non pi "incompatibile con i principi generali del nostro ordinamento, come una volta si riteneva, giacch negli ultimi decenni sono state qua e l introdotte disposizioni volte a dare un connotato lato sensu sanzionatorio al risarcimento". Le Sezioni Unite hanno tuttavia precisato che questo connotato sanzionatorio non ammissibile al di fuori dei casi nei quali una "qualche norma di legge chiaramente lo preveda, ostandovi il principio desumibile dall'art. 25 Cost., comma 2, nonch dall'art. 7 della Convenzione Europea sulla salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libert fondamentali". Se si completa quest'avvertenza con il richiamo, altrettanto pertinente, all'art. 23 Cost., si pu comprendere perch mai, perfino nello stesso ambito temporale, ritornino (l'esempio pi significativo: SU n. 15350/15) dinieghi circa la funzione sanzionatoria e di deterrenza della responsabilit civile. Essi risalgono, quando non si tratta di meri arricchimenti argomentativi, alla esigenza di smentire sollecitazioni tese ad ampliare la gamma risarcitoria in ipotesi prive di adeguata copertura normativa. non possono valere tuttavia a sopprimere quanto emerso dalla traiettoria che l'istituto della responsabilit civile ha percorso in questi decenni. In sintesi estrema pu dirsi che accanto alla preponderante e primaria funzione compensativo riparatoria dell'istituto (che immancabilmente lambisce la deterrenza) emersa una natura polifunzionale (un autore ha contato pi di una decina di funzioni), che si proietta verso pi aree, tra cui sicuramente principali sono quella preventiva (o deterrente o dissuasiva) e quella sanzionatorio-punitiva. 5.2) Indispensabile riscontro di questa descrizione il panorama normativo che si venuto componendo. Esso da un lato denota l'urgenza che avverte il legislatore di ricorrere all'armamentario della responsabilit civile per dare risposta a bisogni emergenti, dall'altro dimostra, con la sua vivacit, quanto sia inappagante un insegnamento che voglia espungere dal sistema, confinandole in uno spazio indeterminato e asfittico, figure non riducibili alla "categoria". A incaricarsi di formare questo elenco, per definizione mai completo, sono state, oltre agli studi dell'Ufficio del Massimario, l'ordinanza di rimessione n. 9978/16 e la sentenza n. 7613/15, chiamata a vagliare la compatibilit con l'ordine pubblico italiano delle misure di astreintes previste in altri ordinamenti (nella specie in quello belga). Quest'ultima ha recensito: "in tema di brevetto e marchio, il r.D. 29 giugno 1127, n. 1939, art. 86, e r.D. 21 giugno 1942, n. 929, art. 66, abrogati dal D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, che ha dettato a tal fine le misure dell'art. 124, comma 2, e art. 131, comma 2; il D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 140, comma 7, c.d. codice del consumo, dove si tiene conto della "gravit del fatto"; secondo alcuni, l'art. 709 ter c.p.c., nn. 2 e 3, introdotto dalla L. 8 febbraio 2006, n. 54, per le inadempienze agli obblighi di affidamento della prole; l'art. 614 bis c.p.c., introdotto dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 49, il quale contempla il potere del giudice di fissare una somma pecuniaria per ogni violazione ulteriore o ritardo nell'esecuzione del provvedimento, "tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile"; il D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 114, redatto sulla falsariga della norma appena ricordata, che attribuisce analogo po ConTEnzIoSo nAzIonALE tere al giudice amministrativo dell'ottemperanza". Ha considerato "le ipotesi in cui la legge che direttamente commina una determinata pena per il trasgressore: come - accanto alle disposizioni penali degli artt. 388 e 650 c.p. - l'art. 18, comma 14, dello statuto dei lavoratori, ove, a fronte dell'accertamento dell'illegittimit di un licenziamento di particolare gravit, la mancata reintegrazione scoraggiata da una sanzione aggiuntiva; la L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 31, comma 2, per il quale il locatore pagher una somma in caso di recesso per una ragione poi non riscontrata; l'art. 709 ter c.p.c., n. 4, che attribuisce al giudice il potere di infliggere una sanzione pecuniaria aggiuntiva per le violazioni sull'affidamento della prole; o ancora il D.L. 22 settembre 2006, n. 259, art. 4, convertito in L. 20 novembre 2006, n. 281, in tema di pubblicazione di intercettazioni illegali". L'ordinanza 9978/16 ha menzionato tra gli altri: L. 22 aprile 1941, n. 633, art. 158, e, soprattutto, D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, art. 125, (propriet industriale), pur con i limiti posti dal cons. 26 della direttiva CE (cd. enforcement) 29 aprile 2004, n. 48 (sul rispetto dei diritti di propriet intellettuale), attuata dal D.Lgs. 16 marzo 2006, n. 140 (v. art. 158) e la venatura non punitiva ma solo sanzionatoria riconosciuta da Cass. n. 8730 del 2011; il D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 187 undecies, comma 2, (in tema di intermediazione finanziaria); il D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7 (artt. 3 - 5), che ha abrogato varie fattispecie di reato previste a tutela della fede pubblica, dell'onore e del patrimonio e, se i fatti sono dolosi, ha affiancato al risarcimento del danno, irrogato in favore della parte lesa, lo strumento afflittivo di sanzioni pecuniarie civili, con finalit sia preventiva che repressiva". Entrambe le pronunce annettono precipuo rilievo alla L. 8 febbraio 1948, n. 47, art. 12, che prevede una somma aggiuntiva a titolo riparatorio nella diffamazione a mezzo stampa e al novellato art. 96, comma 3, c.p.c., che consente la condanna della parte soccombente al pagamento di una "somma equitativamente determinata", in funzione sanzionatoria dell'abuso del processo (nel processo amministrativo l'art. 26, comma 2, del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104). Mette conto citare anche l'art. 28 del d.lgs n. 150/2011 sulle controversie in materia di discriminazione, che d facolt al giudice di condannare il convenuto al risarcimento del danno tenendo conto del fatto che l'atto o il comportamento discriminatorio costituiscono ritorsione ad una precedente azione giudiziale ovvero ingiusta reazione ad una precedente attivit del soggetto leso volta ad ottenere il rispetto del principio della parit di trattamento. E ancora, si vedano l'art. 18 comma secondo dello Statuto dei lavoratori, che prevede che in ogni caso la misura del risarcimento non potr essere inferiore a cinque mensilit della retribuzione globale di fatto; il D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 28, comma 2, in materia di tutela del lavoratore assunto a tempo determinato e la anteriore norma di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, commi 5, 6 e 7, che prevede, nei casi di conversione in contratto a tempo indeterminato per illegittimit dell'apposizione del termine, una forfettizzazione del risarcimento. L'elenco di "prestazioni sanzionatorie", dalla materia condominiale (art. 70 disp. att. c.c.) alla disciplina della subfornitura (L. n. 192 del 1998, art. 3, comma 3), al ritardo di pagamento nelle transazioni commerciali (D.Lgs. n. 231 del 2002, artt. 2 e 5) ancora lungo. non qui il caso di esaminare le singole ipotesi per dirimere il contrasto tra chi le vuol sottrarre ad ogni abbraccio con la responsabilit civile e chi ne trae, come le Sezioni Unite ritengono, il complessivo segno della molteplicit di funzioni che contraddistinguono il problematico istituto. 5.3) Giova segnalare, piuttosto, che nella stessa giurisprudenza costituzionale si trovano agganci meritevoli di considerazione. Corte Cost. n. 303 del 2011, riferendosi alla normativa in materia laburistica da ultimo citata rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 (L. n. 183 del 2010), ha avuto modo di chiarire che trattasi di una novella "diretta ad introdurre un criterio di liquidazione del danno di pi agevole, certa ed omogenea applicazione", avente "l'effetto di approssimare l'indennit in discorso al danno potenzialmente sofferto a decorrere dalla messa in mora del datore di lavoro sino alla sentenza", senza ammettere la detrazione dell'aliunde perceptum e cos facendo assumere all'indennit onnicomprensiva "una chiara valenza sanzionatoria". Corte Cost. n. 152 del 2016, investita di questione relativa all'art. 96 c.p.c., ha sancito la natura "non risarcitoria (o, comunque, non esclusivamente tale) e, pi propriamente, sanzionatoria, con finalit deflattive" di questa disposizione e dell'abrogato art. 385 c.p.c. Vi dunque un riscontro a livello costituzionale della cittadinanza nell'ordinamento di una concezione polifunzionale della responsabilit civile, la quale risponde soprattutto a un'esigenza di effettivit (cfr. Corte Cost. 238/2014 e Cass. n. 21255/13) della tutela che in molti casi, della cui analisi la dottrina si fatta carico, resterebbe sacrificata nell'angustia mono- funzionale. Infine va segnalato che della possibilit per il legislatore nazionale di configurare "danni punitivi" come misura di contrasto della violazione del diritto Eurounitario parla Cass., sez. un., 15 marzo 2016, n. 5072. Ci non significa che l'istituto aquiliano abbia mutato la sua essenza e che questa curvatura deterrente/sanzionatoria consenta ai giudici italiani che pronunciano in materia di danno extracontrattuale, ma anche contrattuale, di imprimere soggettive accentuazioni ai risarcimenti che vengono liquidati. ogni imposizione di prestazione personale esige una "intermediazione legislativa", in forza del principio di cui all'art. 23 Cost., (correlato agli artt. 24 e 25), che pone una riserva di legge quanto a nuove prestazioni patrimoniali e preclude un incontrollato soggettivismo giudiziario. 6) Questo inquadramento del tema illumina la questione della compatibilit con l'ordine pubblico di sentenze di condanna per punitive damages. La descrizione dell'ordine pubblico internazionale, "come complesso dei principi fondamentali caratterizzanti l'ordinamento interno in un determinato periodo storico, ma fondati su esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell'uomo comuni ai diversi ordinamenti e desumibili, innanzi tutto, dai sistemi di tutela approntati a livello sovraordinato rispetto alla legislazione ordinaria" (cfr. ord. 9978/16 pag. 21), pu far pensare a una "riduzione della portata del principio di ordine pubblico". Ci che va registrato senz'altro che la nozione di "ordine pubblico", che costituisce un limite all'applicazione della legge straniera, ha subito profonda evoluzione. Da "complesso dei principi fondamentali che caratterizzano la struttura etico-sociale della comunit nazionale in un determinato periodo storico, e nei principi inderogabili immanenti nei pi importanti istituti giuridici" (cos Cass. 1680/84) divenuto il distillato del "sistema di tutele approntate a livello sovraordinato rispetto a quello della legislazione primaria, sicch occorre far riferimento alla Costituzione e, dopo il trattato di Lisbona, alle garanzie approntate ai diritti fondamentali dalla Carta di nizza, elevata a livello dei trattati fondativi dell'Unione Europea dall'art. 6 TUE (Cass. 1302/13)". La dottrina ha spiegato che l'effetto principale recato dal recepimento e dall'interiorizzazione del diritto sovranazionale non la riduzione del controllo avverso l'ingresso di norme o sentenze straniere che possono "minare la coerenza interna" dell'ordinamento giuridico. Come si anticipato sub p. 2.2, a questa storica funzione dell'ordine pubblico si affiancata, con l'emergere e il consolidarsi dell'Unione Europea, una funzione di esso promozionale dei ConTEnzIoSo nAzIonALE valori tutelati, che mira ad armonizzare il rispetto di questi valori, essenziali per la vita e la crescita dell'Unione. stato pertanto convincentemente detto che il rapporto tra l'ordine pubblico dell'Unione e quello di fonte nazionale non di sostituzione, ma di autonomia e coesistenza. Le Sezioni Unite ne traggono riprova dall'art. 67 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (TFUE), il quale afferma che "l'Unione realizza uno spazio di libert, sicurezza e giustizia nel rispetto dei diritti fondamentali nonch dei diversi ordinamenti giuridici e delle diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri". Pertanto a fungere da parametro decisivo non basta il confronto tra le reazioni delle corti dei singoli Stati alle novit provenienti da uno Stato terzo, o da un altro stato dell'Unione; n lo un'enunciazione possibilista come quella, proprio in tema di danni non risarcitori, contenuta nel Considerando n. 32 del reg. CE 11 luglio 2007 n. 864. La sentenza straniera che sia applicativa di un istituto non regolato dall'ordinamento nazionale, quand'anche non ostacolata dalla disciplina Europea, deve misurarsi con il portato della Costituzione e di quelle leggi che, come nervature sensibili, fibre dell'apparato sensoriale e delle parti vitali di un organismo, inverano l'ordinamento costituzionale. Se con riguardo all'ordine pubblico processuale, ferma la salvaguardia dell'effettivit dei diritti fondamentali di difesa, il setaccio si fatto pi largo per rendere pi agevole la circolazione dei prodotti giuridici internazionali, con riguardo all'ordine pubblico sostanziale non pu dirsi altrettanto. Gli esiti armonizzanti, mediati dalle Carte sovranazionali, potranno agevolare sovente effetti innovativi, ma Costituzioni e tradizioni giuridiche con le loro diversit costituiscono un limite ancora vivo: privato di venature egoistiche, che davano loro "fiato corto", ma reso pi complesso dall'intreccio con il contesto internazionale in cui lo Stato si colloca. non vi potr essere perci arretramento del controllo sui principi essenziali della "lex fori" in materie, come per esempio quella del lavoro (v. significativamente Cass. 10070/13) che sono presidiate da un insieme di norme di sistema che attuano il fondamento della repubblica. nel contempo non ci si potr attestare ogni volta dietro la ricerca di una piena corrispondenza tra istituti stranieri e istituti italiani. non avrebbe utilit chiedersi se la ratio della funzione deterrente della responsabilit civile nel nostro sistema sia identica a quella che genera i punitive damages. L'interrogativo solo il seguente: se l'istituto che bussa alla porta sia in aperta contraddizione con l'intreccio di valori e norme che rilevano ai fini della delibazione. 7) Le considerazioni svolte fanno da guida alle conclusioni che si intendono raggiungere in materia di riconoscimento di sentenze che condannino a risarcire punitive damages. Schematicamente si pu dire che, superato l'ostacolo connesso alla natura della condanna risarcitoria, l'esame va portato sui presupposti che questa condanna deve avere per poter essere importata nel nostro ordinamento senza confliggere con i valori che presidiano la materia, valori riconducibili agli artt. da 23 a 25 Cost. Cos come (cfr p. 5.2) si detto che ogni prestazione patrimoniale di carattere sanzionatorio o deterrente non pu essere imposta dal giudice italiano senza espressa previsione normativa, similmente dovr essere richiesto per ogni pronuncia straniera. Ci significa che nell'ordinamento straniero (non per forza in quello italiano, che deve solo verificare la compatibilit della pronuncia resa all'estero) deve esservi un ancoraggio normativo per una ipotesi di condanna a risarcimenti punitivi. Il principio di legalit postula che una condanna straniera a "risarcimenti punitivi" provenga rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 da fonte normativa riconoscibile, cio che il giudice a quo abbia pronunciato sulla scorta di basi normative adeguate, che rispondano ai principi di tipicit e prevedibilit. Deve esservi insomma una legge, o simile fonte, che abbia regolato la materia "secondo principi e soluzioni" di quel paese, con effetti che risultino non contrastanti con l'ordinamento italiano. ne discende che dovr esservi precisa perimetrazione della fattispecie (tipicit) e puntualizzazione dei limiti quantitativi delle condanne irrogabili (prevedibilit). resta poi nella singolarit di ogni ordinamento, a seconda dell'attenzione portata alla figura dell'autore dell'illecito o a quella del danneggiato, la declinazione dei risarcimenti punitivi e il loro ancoraggio a profili sanzionatori o pi strettamente compensatori, che risponder verosimilmente anche alle differenze risalenti alla natura colposa o dolosa dell'illecito. Presidio basilare per la analisi di compatibilit si desume in ogni caso dall'art. 49 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione relativo ai "Principi della legalit e della proporzionalit dei reati e delle pene". La sua applicazione comporta, stato notato anche in dottrina, che il controllo delle Corti di appello sia portato a verificare la proporzionalit tra risarcimento riparatorio-compensativo e risarcimento punitivo e tra quest'ultimo e la condotta censurata, per rendere riconoscibile la natura della sanzione/punizione. La proporzionalit del risarcimento, in ogni sua articolazione, , a prescindere da questo disposto normativo, uno dei cardini della materia della responsabilit civile. 7.1) d'uopo a questo punto dar conto della circostanza che nell'ordinamento nordamericano, dal quale provengono le condanne per le quali la giurisprudenza degli Stati Europei si affatica, vi stata una rapida evoluzione, che ha ormai scacciato la prospettiva dei danni cosiddetti grossly excessive. Se nel 1996 gi la Corte Suprema (caso BmW Supreme Court (Usa), 20-051996) aveva ripudiato, con due sole opinioni dissenzienti, questa configurazione dell'istituto, dodici anni dopo il percorso si era quasi ultimato. nel mentre gran parte degli Stati disciplinavano normativamente l'istituto, sottraendolo a verdetti imprevedibili delle giurie (pur costituite, in origine, per garantire al danneggiante il giudizio dei suoi pari), la Supreme Court (20-022007, caso Philip morris) sanciva che nel diritto statunitense lede la due process clause, di cui al XIV emendamento della Costituzione, la concessione di danni punitivi basati sul valore del diritto di credito vantato da tutti coloro che non hanno instaurato la lite. E la sentenza eXXoN (U.S. Supreme Court, 25 giugno 2008) giunta a stabilire anche un rapporto massimo di 1 a 1 tra importo della somma riconosciuta a titolo compensativo e liquidazione punitiva. A guisa di esempio pu essere utile uno sguardo all'attuale legge della Florida (Florida Statute), stato da cui provengono le sentenze di cui si tratta, ove sono stati introdotti limiti al fenomeno della responsabilit multipla. Limiti costituiti dal divieto del ne bis in idem, dall'introduzione di massimali alternativi a seconda del tipo di responsabilit che si configura, dalla necessit di seguire un complesso rito con una verifica iniziale della responsabilit ed una fase successiva relativa agli eventuali punitive damages (un miniprocesso, significativo per quanto riguarda il nostro sistema in quanto rafforzamento della garanzia sul procedimento ex art. 24 Cost.). non dunque puramente teorica la possibilit che viene schiusa con la revisione giurisprudenziale che le Sezioni Unite stanno adottando. Il caso di specie, che neppure comporta pronuncia a risarcimenti punitivi, non offre il destro per ulteriori approfondimenti, che la casistica potr incaricarsi di vagliare. Ci che conta ri ConTEnzIoSo nAzIonALE badire che la riconoscibilit del risarcimento punitivo sempre da commisurare agli effetti che la pronuncia del giudice straniero pu avere in Italia, con tutta l'ampiezza di verifica che si deve praticare nel recepimento, con le pronunce straniere, di un istituto sconosciuto, ma in via generale non incompatibile con il sistema. 8) quindi possibile enunciare il seguente principio di diritto: Nel vigente ordinamento, alla responsabilit civile non assegnato solo il compito di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione, poich sono interne al sistema la funzione di deterrenza e quella sanzionatoria del responsabile civile. Non quindi ontologicamente incompatibile con l'ordinamento italiano l'istituto di origine statunitense dei risarcimenti punitivi. il riconoscimento di una sentenza straniera che contenga una pronuncia di tal genere deve per corrispondere alla condizione che essa sia stata resa nell'ordinamento straniero su basi normative che garantiscano la tipicit delle ipotesi di condanna, la prevedibilit della stessa ed i limiti quantitativi, dovendosi avere riguardo, in sede di delibazione, unicamente agli effetti dell'atto straniero e alla loro compatibilit con l'ordine pubblico. Il rigetto del ricorso comporta la sussistenza delle condizioni per il raddoppio del contributo unificato. Le spese di questo grado del giudizio possono essere interamente compensate, in considerazione della novit e complessit delle questioni esaminate. P.Q.M. La Corte, a Sezioni Unite, rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimit. Enuncia, ai sensi dell'art. 363 c.p.c., il principio di diritto di cui al punto 8 della motivazione. D atto della sussistenza delle condizioni di cui al D.P.r. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dal comma 17 della L. n. 228 del 2012, art. 1, per il versamento di ulteriore importo a titolo di contributo unificato. Cos deciso in roma, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 7 febbraio 2017. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 Translatio iudicii negli appelli ex lege 689/81 (e non solo) CassazioNe CiVile, sezioNi UNite, seNteNza 14 settemBre 2016 N. 18121; CassazioNe CiVile, sez. sesta - 2, orDiNaNza 8 marzo 2017 N. 5841 Lordinanza della Corte di cassazione dell8 marzo 2017, n. 5841, sulla scorta della sentenza delle Sezioni Unite del 14 settembre 2016, n. 18121 nelle more intervenuta, ha accolto il ricorso per cassazione dellAvvocatura dello Stato -ricorso che integralmente si riporta -, affermando che la proposizione di un appello innanzi ad un giudice incompetente per territorio o per grado, non determina linammissibilit dellappello ma idonea a far proseguire il giudizio dinanzi al giudice competente in applicazione del principio della translatio iudicii. La sentenza delle Sezioni Unite ha fatto unampia ricostruzione del contrasto giurisprudenziale creatosi sul punto, risolvendolo privilegiando leffetto conservativo dellappello. CT 23526/15 Avv. Ferrante AVVoCATUrA GEnErALE DELLo STATo SUPrEMA CorTE DI CASSAzIonE rICorSo Per il MInISTEro DELLInTErno (C.F. 97149560589), in persona del Ministro pro tempore e la Prefettura -Ufficio Territoriale del Governo di Teramo, in persona del Prefetto pro tempore rappresentati e difesi dallAvvocatura Generale dello Stato (C.F. 80224030587) presso i cui uffici sono per legge domiciliati in roma, via dei Portoghesi 12 (per il ricevimento degli atti, FAX 06/96514000 e PEC ags_m2@mailcert.avvocaturastato.it) contro C. D.r., rappresentata e difesa dall'Avv. Manuela Sestili, domiciliata ex lege presso la cancelleria del Tribunale di LAquila PEr LA CASSAzIonE Della sentenza del Tribunale di LAquila n. 120 del 5 febbraio 2015, non notificata. FATTo Con ricorso depositato il 25.09.2007, la sig.ra C. D.r., nella sua qualit di comproprietaria del veicolo tg CE734DC e di conducente al momento dell'infrazione rilevata, adiva il Giudice di Pace di nereto ai sensi dell'art. 204 del Cds proponendo opposizione avverso il verbale di contestazione n. ATX 0001006468 del 14.05.2007 redatto dalla Polizia Stradale di Ascoli Piceno, per violazione della disposizione di cui all'art. 142, comma 9, del Codice della Strada, essendo stato accertato che in data 12.03.2007 alle ore 10,49 sulla strada rA01101 raccordo Porto D'Ascoli - Ascoli nel territorio del Comune di Ancarano, in carreggiata est al KM 10,5, il veicolo tg CE734DC di propriet di Sparti Simone procedeva ad una velocit di 145 Km/h, superando di 15 KM/H i limiti massimi di velocit fissati in Km/H 130. Con l'opposizione ex art. 204, la controparte deduceva vizi del verbale di accertamento per asserita omessa revisione dell'apparecchio autovelox di rilevazione, mancata contestazione immediata dell'infrazione, nonch "incompetenza territoriale" degli agenti accertatori (Polizia Stradale di Ascoli Piceno) e la conseguente illegittimit delle sanzioni comminate. ConTEnzIoSo nAzIonALE Il ricorso con il pedissequo decreto di fissazione di udienza in data 19.10.2007 veniva notificato alla Prefettura di Teramo. All'esito del procedimento, il Giudice di Pace di nereto con la sentenza n. 195/08 depositata in data 30.06.2008, rilevato che dal verbale non risulta che lapparecchio autovelox sia stato mai revisionato o controllato dalla societ costruttrice, accoglieva il ricorso in opposizione e annullava il verbale impugnato. Avverso tale decisione, siccome erronea e ingiusta, il Ministero dell'Interno e la Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo di Teramo, proponevano appello innanzi al Tribunale di LAquila premettendo i motivi in diritto per i quali doveva ritenersi sussistente la competenza funzionale del Tribunale adito in base alle regole del foro erariale e deducendo lerroneit della decisione di accoglimento del ricorso per insussistenza dei necessari presupposti giuridico -fattuali, la violazione dell'art. 192 Codice della Strada, la violazione dellart. 345 regolamento di attuazione del codice della strada e la violazione e falsa applicazione della legge n. 273 del 1991. In particolare, per quanto qui interessa, le Amministrazioni appellanti sottolineavano che, ad evitare il sorgere di contestazioni, doveva affermarsi la competenza del Tribunale di l'Aquila come "foro erariale" a conoscere dellimpugnazione ex art. 25 c.p.c. e art. 6 r.d. 1611/1933 atteso che l'appello avverso le sentenze del Giudice di Pace quando sia parte del giudizio una Amministrazione segue le regole del foro erariale. Detta conclusione, che privilegia la considerazione della natura del giudice ad quem pi che l'oggetto della causa al suo esame, al fine dell'operativit del foro erariale in caso di appello di sentenze del giudice di pace, trova conferma non solo nella lettera delle norme ma anche da una lettura complessiva del sistema. In particolare, deducevano le amministrazioni appellanti, a seguito della riforma abolitiva del Pretore, il sistema del foro erariale pu indicarsi come segue: a) il foro erariale la regola per le cause in Tribunale ex art. 25 c.p.c., salve le eccezioni espressamente previste; b) eccezione generale data per le cause pervenute al Tribunale in virt della soppressione del Pretore. In particolare, si rileva l'esplicita esclusione del foro erariale per le controversie di lavoro operata dall'art. 40 d.lgs. 80/98 (ubi voluti dixit). c) il Tribunale in appello su sentenza del Giudice di Pace quello erariale perch detta competenza non stata "ereditata" a motivo della soppressione della pretura (art. 341 c.p.c. novellato dall'art. 34 della legge 21 novembre 1991 n. 374). non pu allora non confermarsi, proseguivano le amministrazioni appellanti, l'assunto secondo cui l'appello contro le sentenze del giudice di pace, anche nei giudizi di opposizione ex artt. 22 e 23 L. 689/1981, va proposto innanzi al Tribunale erariale. Al riguardo giova dar conto di alcune significative pronunce della Corte costituzionale e della Corte di Cassazione: la prima con ordinanza del 19 marzo 2002 n. 66 a proposito delle controversie previdenziali ha valorizzato l'elemento della "conservazione" del foro ordinario, che peraltro emergeva dall'art. 444 c.p.c. nel testo sostituito dall'art. 86 del d.lgs. 51/1998; la seconda ha sottolineato, in via generale, che la vecchia competenza pretoriale, ora trasferita al Tribunale monocratico, continua a seguire le regole del foro ordinario (Cass. 21 marzo 2003 n. 4212 dove si precisa che seguono la competenza ordinaria soltanto le cause passate dal Pretore al Tribunale monocratico e non gi tutte quelle comunque di competenza del Tribunale monocratico; cos anche Cass. 1 aprile 2003 n. 5004 e 22 ottobre 2003 n. 15853; da ultimo Cass. 15 aprile 2004 n. 7216 dove si conferma, quale conclusione acquisita, che il foro erariale non trova applicazione soltanto "nei giudizi innanzi ai Tribunali in composizione monocratica gi attribuiti alla competenza dei pretori"). rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 Alla luce delle esposte considerazioni l'appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di nereto veniva proposto innanzi al Tribunale di l'Aquila quale foro erariale. Il Tribunale di lAquila, con la sentenza in epigrafe, rigettata leccezione di tardivit del gravame ex adverso sollevata, dichiarava inammissibile lappello, compensando le spese del grado. Il Tribunale, infatti, richiamando la sopravvenuta giurisprudenza delle Sezioni Unite (Cass. sez. Un. 18.11.2010, n. 23285 e 23286) in tema di competenza per territorio, secondo la quale le regole del foro erariale non sono applicabili nei giudizi di appello in materia di sanzioni amministrative, riteneva che lappello andasse proposto innanzi al Tribunale di Teramo, circondario in cui ha sede il Giudice di Pace di nereto ex art. 341 c.p.c. Il Giudice di secondo grado riteneva inoltre che non si trattasse di questione di competenza, richiamando la giurisprudenza della Suprema Corte secondo la quale nel nostro ordinamento processuale civile non ha fondamento lassunto secondo cui la regola dindividuazione dellufficio giudiziario legittimato a essere investito dellimpugnazione sia riconducibile alla nozione di competenza adoperata dal codice di procedura civile nel Capo i del titolo i del libro i, in quanto, se anche la normativa in parola assolve a uno scopo simile, sul piano funzionale, a quello che ha la disciplina dellindividuazione del giudice competente in primo grado, luna e laltra afferendo a regole che stabiliscono davanti a quale giudice debba svolgersi un determinato processo civile, tuttavia non possibile ravvisare tra le due fattispecie una stessa ratio sufficiente, quindi, a giustificare lestensione analogica anche parziale di aspetti applicativi della seconda alla prima. Ne deriva che lerronea individuazione del giudice legittimato a decidere sullimpugnazione non si pone come questione di competenza, ma riguarda la valutazione delle condizioni di proponibilit o ammissibilit del gravame, che deve, pertanto, dichiararsi precluso se prospettato a un giudice diverso da quello individuato dallart. 341 c.p.c. (Cass. 7.12.2011, n. 26375). Il Giudice di seconde cure pertanto, anzich concedere termine per riassumere il giudizio innanzi al giudice competente, dichiarava lappello inammissibile, ritenendo superate le altre questioni proposte. Venivano tuttavia compensate le spese di lite atteso che sulla questione della inammissibilit dellappello la giurisprudenza si consolidata solo a partire dalle sentenze a sezioni unite citate in precedenza, mentre lappello stato introdotto prima. Avverso tale sentenza, le Amministrazioni in epigrafe, propongono rICorSo PEr CASSAzIonE per i seguenti MoTIVI nullit della sentenza e del procedimento ai sensi dellart. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. -Violazione e falsa applicazione degli articoli 44 e 50 c.p.c. in tema di translatio iudicii, dellarticolo 359 c.p.c. in tema di applicabilit delle norme di primo grado ai giudizi di appello, degli articoli 153, comma 2 c.p.c. e art. 294, commi 2 e 3 c.p.c. in tema di rimessione in termini in caso di errore scusabile in relazione allart. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. 1. La sentenza di secondo grado affetta da error in procedendo in quanto il giudice dappello, anzich rimettere le parti innanzi al giudice di secondo grado ritenuto territorialmente competente, ha dichiarato inammissibile limpugnazione. La sentenza impugnata, infatti, stata emessa in violazione del principio della translatio iudicii ricavabile dagli articoli 44 e 50 c.p.c. in base ai quali il giudice dichiaratosi incompetente concede alle parti un termine perentorio per riassumere la causa innanzi al giudice indicato quale giudice competente innanzi al quale il processo prosegue. ConTEnzIoSo nAzIonALE La disposizione di cui allart. 359 c.p.c. prevede un generale rinvio, nei procedimenti dappello, alle norme dettate per il procedimento di primo grado davanti al tribunale, se non incompatibili, tra le quali appunto si annoverano i richiamati articoli 44 e 50 c.p.c. in materia di translatio iudicii in caso di dichiarazione di incompetenza e di concessione del termine per la riassunzione della causa innanzi al giudice dichiarato competente. Il caso analogo e specularmente opposto a quello affrontato dalla Corte di Cassazione nel precedente citato dal Tribunale di lAquila (Cass. 7.12.2011, n. 26375). nel caso appena citato, infatti, la Corte di Cassazione era stata investita per censurare la decisione del giudice di secondo grado che, anzich dichiarare linammissibilit dellappello, aveva dichiarato lincompetenza della Corte dappello (essendo competente il Tribunale per limpugnazione delle sentenze del Giudice di Pace) concedendo termine per la riassunzione della causa innanzi al Tribunale dichiarato competente. Innanzi tutto, va precisato che, come nel suddetto precedente, pur non avendo il Giudice di seconde cure deciso il merito della controversia, non va proposto regolamento necessario di competenza ai sensi dellart. 42 c.p.c. atteso che, come osservato da codesta Suprema Corte in quella fattispecie, stata correttamente impugnata la pronuncia della Corte dappello per violazione di norme processuali (artt. 341, 353 e 354 e 50 c.p.c.), per cui deve negarsi che il ricorso costituisca regolamento di competenza, trattandosi di ricorso ordinario che deduce la nullit della sentenza impugnata, ai sensi dellart. 360 c.p.c., n. 4, anche se il giudice di essa non si pronunciato sul merito ma solo sulla rilevata sua incompetenza (Cass. 3 agosto 2005, n. 16299, 23 luglio 2004, n. 13921, 23 agosto 2003, n. 12418, 14 dicembre 2000, n. 15779, 12 novembre 1999, n. 764, tra le altre) (Cass. n. 26375/2011 cit.). In detta sentenza, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata senza rinvio dovendosi rilevare la improseguibilit della causa ai sensi dellart. 382 c.p.c. u.c. atteso che la Corte dappello erroneamente adita avrebbe dovuto dichiarare linammissibilit del gravame anzich concedere termine per la riassunzione della causa innanzi al Tribunale. Al riguardo, va evidenziato che il Procuratore Generale aveva concluso in subordine per la trasmissione degli atti al Primo Presidente per investire le sezioni unite della questione di massima di particolare importanza oggetto della pronuncia. Invero, tale precedente e gli altri citati nella medesima pronuncia: Cass. 10 febbraio 2005, n. 2709, Cass. Sez. Un. ord. 22 novembre 2010, n. 23594 e Cass, 2 febbraio 2010, n. 2361 (il riferimento a Cass. 6 settembre 2007, n. 1876 appare invece errato) riguardano tutti casi di erronea individuazione della competenza per grado del giudice dappello e non gi di erronea individuazione della competenza per territorio del giudice dappello, come nel caso di specie. Appare allora condivisibile laffermazione secondo la quale ҏ divenuto quindi principio consolidato quello enunciato pi volte da questa Corte, per il quale la erronea individuazione del giudice legittimato a decidere sulla impugnazione non si pone come questione di competenza ovvero attinente ai poteri cognitivi del giudice adito ma riguarda la mera valutazione delle condizioni di proponibilit o ammissibilit del gravame che deve quindi dichiararsi precluso se prospettato ad un giudice diverso da quello individuato per legge dallart. 341 c.p.c. (Cass. n. 26375/2011 cit.). Invero, nel caso di specie non vi stata alcuna violazione dellart. 341 c.p.c. in base al quale lappello contro le sentenze del giudice di pace e del tribunale si propone rispettivamente al tribunale e alla corte dappello bens un mero errore, peraltro cagionato da un vuoto normativo conseguente allabrogazione del principio dellinappellabilit delle sentenze emesse ai sensi della legge 689/81, nellindividuazione del giudice territorialmente competente, questione che non pu non rientrare in una questione di competenza per territorio. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 Anche nella sentenza di codesta Suprema Corte richiamata nella suddetta pronuncia (Cass. n. 2709/2005 cit.) era stato accolto il ricorso incidentale che aveva dedotto che erroneamente il tribunale, dopo aver riconosciuto che lappello avrebbe dovuto essere proposto alla Corte dappello di torino, in quanto notificato successivamente al 2 giugno 1999, avrebbe ritenuto sanata (applicando implicitamente lart. 38 c.p.c.) la relativa violazione per preclusione del potere di rilevazione ad istanza di parte e dufficio; il tribunale avrebbe ritenuto la sanatoria sulla base dellorientamento giurisprudenziale che considera suscettibile di sanatoria la violazione della competenza delle impugnazioni per ragioni di territorio ed ammette che il processo possa essere riassunto avanti al giudice territorialmente competente. senonch, nella specie si era verificato non gi un vizio di competenza territoriale del giudice del- limpugnazione, ma un vizio ben pi grave, consistente nellinvestitura di un tipo di ufficio giudiziario diverso da quello competente sulla impugnazione. si era dunque verificata una violazione che comportava una vera e propria decadenza dallimpugnazione, ricorrendo una inosservanza della c.d. competenza per grado, per cui la giurisprudenza non considera possibile la translato iudicii avanti al giudice competente. al momento della proposizione del- limpugnazione, infatti, il tribunale era ormai solo giudice di primo grado e rappresentava il giudice del medesimo grado di quello che aveva pronunciato la sentenza. Sempre una questione di inosservanza della competenza per grado stata oggetto della sentenza di codesta Suprema Corte n. 2361 del 2010, citata nella sentenza del Tribunale di lAquila, in cui lappello era stato dichiarato dalla Corte di Cassazione dufficio inammissibile in quanto erroneamente proposto innanzi al Tribunale anzich alla Corte dappello. nel caso di specie, invece, come si detto, vi stata uninosservanza - peraltro incolpevole - della competenza territoriale e pertanto proprio in virt della giurisprudenza di legittimit citata nella sentenza qui impugnata, avrebbe dovuto essere concesso il termine per riassumere il gravame innanzi al giudice di secondo grado territorialmente competente. Quanto allordinanza pronunciata dalla Corte di cassazione, Sez. Un., n. 23594 del 2010, citata nella sentenza qui impugnata, si osserva che trattavasi di pronuncia su istanza di regolamento di competenza che, proprio in un caso simile a quello oggetto del presente giudizio, ha dichiarato la competenza del Tribunale di Monza anzich del Tribunale di Milano individuato dal giudice di secondo grado sulla base della regola del foro erariale, dichiarando la competenza del primo. In quel caso quindi non vi stata alcuna pronuncia di inammissibilit dellappello proposto innanzi al giudice territorialmente incompetente, bens la dichiarazione del giudice di secondo grado territorialmente competente, con conseguente termine per la riassunzione del gravame innanzi allo stesso. 2. In subordine, la sentenza inoltre censurabile nella parte in cui, in violazione degli articoli 153, comma 2 c.p.c. e 294, commi 2 e 3 c.p.c. in tema di rimessione in termini in caso di errore scusabile, non ha ravvisato la ricorrenza di una causa non imputabile alle amministrazioni appellanti - nonostante la diffusa premessa contenuta nellappello - nellindividuazione del giudice di secondo grado competente. Va ricordato infatti che il D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 si limitato ad abrogare lultimo comma dellarticolo 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689 che disponeva, in materia di opposizione a ordinanza ingiunzione la sentenza inappellabile ma ricorribile per cassazione. La novella ha quindi lasciato un vuoto normativo, in ordine alla forma dellappello e al giudice di secondo grado competente nella materia de quo, che ha dato adito a pronunce giurisprudenziali contrastanti, sino al chiarimento offerto dalle Sezioni Unite con le citate sentenze n. 23285 e 23286 del 18 novembre 2010. ConTEnzIoSo nAzIonALE orbene, il Tribunale di lAquila, pur dando atto, ai fini del regolamento delle spese, che lappello era stato proposto prima dellintervento chiarificatore delle Sezioni Unite, non ha tenuto in alcun conto della situazione di incertezza cagionata dalla tecnica legislativa della mera abrogazione della norma che prevedeva linappellabilit delle sentenze in questione, senza nulla disporre in ordine alla forma dellappello e al giudice competente nonch del conseguente contrasto giurisprudenziale che ne derivato, che avrebbe senzaltro imposto lapplicabilit dellistituto della rimessione in termini. Alla luce dei suesposti motivi, la sentenza impugnata dovr essere cassata nella parte in cui ha dichiarato linammissibilit dellappello anzich concedere un termine per la riassunzione del giudizio di secondo grado innanzi al Tribunale di Teramo dichiarato territorialmente competente, in ossequio al principio della translatio iudicii. In subordine, andr comunque riconosciuta la rimessione in termini, essendo stato adito un giudice incompetente per causa non imputabile alle amministrazioni appellanti, con la concessione di un termine per la riassunzione del giudizio di secondo grado innanzi al Tribunale di Teramo. Pertanto, le amministrazioni ricorrenti, come sopra rappresentante e difese CHIEDono che la Suprema Corte, previa eventuale rimessione della questione alle Sezioni Unite, trattandosi di questione di massima di particolare importanza, voglia accogliere il ricorso e, per leffetto, voglia concedere alle parti il termine di legge per la riassunzione del giudizio di secondo grado innanzi al Tribunale di Teramo dichiarato territorialmente competente Ai fini della prenotazione a debito, si dichiara che per la presente causa dovuto il contributo unificato forfettario di 27 ai sensi degli art. 10, comma 6 bis e 30 del D.P.r. 30.5.2002, n. 115. Si producono: 1) istanza ex art. 369 c.p.c. 2) copia autentica della sentenza impugnata roma, 7 marzo 2016 Wally Ferrante Avvocato dello Stato (...) Cassazione civile, Sez. Sesta - 2, ordinanza 8 marzo 2017 n. 5841 -Pres. S. Petitti, rel. A. Giusti - Ministero interno e Prefettura di Teramo (avv. gen. Stato) c. C.D.r. (...) ritenuto che il Ministero dell'interno e la Prefettura di Teramo hanno proposto appello al Tribunale di L'Aquila avverso la sentenza del Giudice di pace di nereto in data 30 giugno 2008, con la quale era stata accolta l'opposizione a sanzione amministrativa proposta da D.r.C.; che il Tribunale di L'Aquila, con sentenza in data 5 febbraio 2015, ha dichiarato inammissibile l'appello; che -premesso che in tema di competenza per territorio le regole del foro erariale non sono applicabili nei giudizi di appello in materia di sanzioni amministrative -il Tribunale ha ritenuto che l'appello andava proposto dinanzi al Tribunale di Teramo, circondano in cui ha sede il Giudice di pace di nereto, ex art. 341 cod. proc. civ.; rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 che per la cassazione della sentenza del Tribunale il Ministero dell'interno e la Prefettura di Teramo hanno proposto ricorso, con atto notificato il 7 marzo 2016, sulla base di un motivo; che l'intimata non ha svolto attivit difensiva in questa sede; che la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ., stata notificata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio. Considerato che con l'unico mezzo le Amministrazioni ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione degli artt. 44 e 50 cod. proc. civ. in tema di transiatio iudicii, dell'art. 359 cod. proc. civ. in tema di applicabilit delle norme di primo grado ai giudizi di appello, degli artt. 153, secondo comma, e 294, secondo e terzo comma, cod. proc. civ., in tema di rimessione in termini per errore scusabile; che il motivo manifestamente fondato; che l'appello proposto davanti ad un giudice diverso, per territorio o grado, da quello indicato dall'art. 341 cod. proc. civ. non determina l'inammissibilit dell'impugnazione, ma idoneo ad instaurare un valido rapporto processuale, suscettibile di proseguire dinanzi al giudice competente attraverso il meccanismo della transiatio iudicii (Cass., Sez. U., 14 settembre 2016, n. 18121); che il ricorso va, pertanto, accolto; che, cassata la sentenza impugnata, la causa deve essere rinviata dinanzi al Tribunale di Teramo; che il giudice del rinvio provveder sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Teramo. Cos deciso in roma, nella camera di consiglio della VI-2 Sezione Civile, il 17 febbraio 2017. Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza 14 settembre 2016 n. 18121 -Primo Pres. f.f. r. rordorf, Pres. sez. G. Amoroso, rel. L. Matera -Il Birillo s.a.s. (avv.ti V. Dini e L. Terranova) c. Condominio (...) (avv. A. Cirla). (omissis) 6) Con riguardo al sesto motivo di ricorso - con il quale si lamenta che la Corte di Appello di Brescia abbia dichiarato l'inammissibilit dell'appello anzich declinare la propria competenza e concedere all'appellante la possibilit di riassumere la causa dinanzi alla Corte di Appello di Milano -, assume rilievo il secondo contrasto di giurisprudenza segnalato dalla Seconda Sezione Civile. L'ordinanza interlocutoria ha dato atto che, secondo un orientamento, l'appello proposto davanti ad un giudice territorialmente incompetente non configura un'ipotesi di inammissibilit dell'impugnazione ai sensi dell'art. 358 cod. proc. civ., ma vale ad instaurare un valido rapporto processuale suscettibile di proseguire dinanzi al giudice competente, essendo possibile, attraverso il meccanismo della riassunzione, trasferire e proseguire il rapporto processuale originario davanti all'organo dichiarato competente (Cass. Sez. Lav., 2-7-2004 n. 12155; Cass. Sez. 2, 30-8-2004 n. 17395; Cass. Sez. 6-Lav., 9-6-2015 n. 11969). Ha richiamato, tuttavia, un diverso indirizzo (Cass. Sez. 3, 10-3-2005 n. 2709), che, premesso che nel nostro ordinamento processuale civile non ha fondamento l'idea che la regola di individuazione dell'ufficio giudiziario legittimato ad essere investito dell'impugnazione sia ConTEnzIoSo nAzIonALE riconducibile alla nozione di competenza adoperata dal codice di procedura civile nel Capo 1 del Titolo 1 del Libro 1, ha ritenuto che la norma sulla translatio di cui all'art. 50 cod. proc. civ. non pu trovare applicazione nemmeno nel caso di impugnazione proposta dinanzi ad un giudice territorialmente non corrispondente a quello indicato dalla legge. 6A) Il primo orientamento si pone nel solco di un indirizzo formatosi sotto il vigore del codice di rito del 1865, nel quale, pur mancando una norma generale -come l'attuale art. 50 cod. proc. civ. -da cui potesse desumersi il principio della traslazione del processo nei casi di incompetenza del giudice adito, e pur essendo pacifico che il difetto di competenza del giudice di primo grado ponesse fine al rapporto processuale, imponendo una pronuncia di "absolutio da istantia", con riferimento al giudizio di appello la giurisprudenza assolutamente prevalente riteneva che il gravame proposto dinanzi al giudice incompetente fosse idoneo a costituire il rapporto processuale, il quale, pertanto, continuava dinanzi al giudice designato dalla sentenza di accoglimento dell'eccezione di incompetenza. In tal modo, veniva garantito l'effetto conservativo dell'appello proposto dinanzi a giudice incompetente, si da impedire la decadenza dal termine per appellare. Tale orientamento si ulteriormente consolidato a seguito dell'entrata in vigore del nuovo codice di procedura civile del 1942, il cui art. 50 ha espressamente previsto la trasmigrazione della causa proposta dinanzi a giudice incompetente, ove tempestivamente riassunta dinanzi al giudice ritenuto competente nella sentenza (ora ordinanza) dichiarativa dell'incompetenza. Pur avendo la tesi esposta trovato, con il nuovo codice di rito, un concreto fondamento normativo, nel tempo la giurisprudenza ha cominciato progressivamente a porre dei limiti alla piena operativit del principio del c.d. effetto conservativo dell'appello. Tale giurisprudenza, muovendo dal presupposto che l'appello, per essere considerato tale, deve necessariamente essere proposto dinanzi ad un giudice di grado superiore, ha inizialmente ritenuto inammissibile il gravame nelle sole ipotesi di sua proposizione dinanzi allo stesso giudice o ad un giudice di pari grado rispetto a quello che ha emesso la decisione impugnata (v. Cass. Sez. Lav., 912-1981 n. 6515; Cass. Sez. Lav., 24-9-1998 n. 9554; Cass. Sez. 1, 12-6-1999 n. 5814; Cass. Sez. Lav., 12-11-2002 n. 15866; Cass. Sez. Lav., 2-7-2004 n. 12155; Cass. Sez. 1, 6-9-2007 n. 18716). Di qui il graduale affermarsi di una giurisprudenza orientata ad escludere l'operativit dell'effetto conservativo del gravame ogni qualvolta l'impugnazione sia stata proposta dinanzi ad un giudice di grado diverso rispetto a quello dinanzi al quale avrebbe dovuto proporsi (v. Cass. Sez. 3, 29-1-2003 n. 1269; Cass. Sez. 1, 6-92007 n. 18716; Cass. Sez. 3, 2-2-2010 n. 23661, che hanno affermato l'inammissibilit dell'appello avverso una decisione del Pretore, proposto dinanzi al Tribunale anzich alla Corte di Appello, divenuta competente in forza della disciplina transitoria prevista dal D.Lgs. n. 51 del 1998, art. 134), fino a giungere esplicitamente ad ammettere la transiatio iudicii nel solo caso di incompetenza meramente territoriale del giudice adito in appello (v. Cass. Sez. II, 30-8-2004 n. 17395; Cass. Sez. VI-Lav., 9-6-2015 n. 11969). Il vero punto di rottura con il tradizionale indirizzo, peraltro, si registrato con la menzionata sentenza n. 2709 del 2005: prima di essa, infatti, non si era mai dubitato, in giurisprudenza, della applicabilit dell'art. 50 cod. proc. civ. (e dei conseguenti effetti conservativi) nella ipotesi di appello proposto dinanzi a un giudice incompetente solo per territorio. Sulla scia del nuovo orientamento instaurato dalla pronuncia da ultimo citata si sono poste due successive decisioni della Corte di Cassazione (Cass. Sez. 1, 7-12-2011 n. 26375 e Cass. Sez. 6-3, 2-11-2015 n. 22321); mentre con altra recente pronuncia (Cass. Sez. 6-Lav., 9-6-2015 n. 11969) stata riaffermata l'applicabilit della translatio iudicii in caso di appello proposto dinanzi a giudice territorialmente incompetente. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 6B) La sentenza n. 2709 del 2005, nell'affermare che l'art. 50 cod. proc. civ. non mai applicabile in fase di impugnazione, quale che sia il tipo di errore commesso dall'appellante nell'individuare il giudice di appello competente e, quindi, anche in caso di mera incompetenza territoriale, partita dal rilievo secondo cui nel nostro ordinamento processuale civile non ha fondamento l'idea che la regola di individuazione dell'ufficio giudiziario legittimato ad essere investito dell'impugnazione sia riconducibile alla nozione di competenza adoperata dal codice di procedura civile nel Capo 1 del Titolo 1 del Libro 1. Ci in quanto, se anche la disciplina della individuazione del giudice dell'impugnazione assolve ad uno scopo di massima simile sul piano funzionale a quello che ha la disciplina della individuazione del giudice competente in primo grado, l'una e l'altra afferendo a regole che stabiliscono avanti a quale giudice debba svolgersi un determinato tipo di processo civile, in ragione del grado, tuttavia appare impossibile ravvisare fra i due fenomeni normativi una eadem ratio, sufficiente a giustificare l'estensione anche parziale di aspetti applicativi della seconda alla prima sul piano dell'analogia. Di qui la conclusione secondo cui l'appello proposto dinanzi ad un giudice non legittimato ad essere investito del gravame da considerare inammissibile, sia per il caso in cui l'impugnazione venga proposta dinanzi ad un giudice territorialmente non corrispondente a quello indicato dalla legge, sia per il caso di impugnazione proposta a giudice che nella ripartizione verticale dell'organizzazione del processo civile non sia "superiore" a quello che abbia pronunciato la sentenza. Come si detto, tale orientamento stato poi seguito dalle sentenze n. 26375 del 2011 e n. 22321 del 2015, con le quali stata ritenuta l'inammissibilit dell'appello proposto dinanzi a giudice diverso rispetto dinanzi al quale avrebbe dovuto essere proposto, ribadendosi che l'erronea individuazione del giudice legittimato a decidere sull'impugnazione non si pone come questione di competenza ovvero attinente ai poteri cognitivi del giudice adito, ma riguarda la mera valutazione delle condizioni di proponibilit o ammissibilit del gravame, che deve, pertanto, dichiararsi precluso se prospettato a un giudice diverso da quello individuato dall'art. 341 cod. proc. civ.. 6C) Le Sezioni Unite ritengono che il contrasto debba essere composto privilegiando l'interpretazione favorevole all'applicabilit della regola della translatio iudicii anche in grado di appello. E invero, su un piano concettuale, non sembra possibile negare che la norma ( art. 341 cod. proc. civ. ) che detta i criteri per l'individuazione del giudice legittimato a ricevere l'appello, preveda, in realt, una ipotesi di "competenza", intesa come frazione dell'intero esercizio della funzione giurisdizionale. Si tratta, peraltro, di una competenza sui generis, in ragione della contemporanea previsione di criteri d'individuazione sia in senso verticale (giudice superiore) che orizzontale (giudice che ha sede nella circoscrizione di quello che ha pronunciato la sentenza); e alla quale, proprio in considerazione dei suoi tratti peculiari, appare confacente la qualifica di "competenza funzionale", attribuitale dalla dottrina prevalente e recepita da queste Sezioni Unite nella sentenza 22-11-2010 n. 23594, nella quale stato affermato che "l'individuazione del giudice di appello, ex art. 341 c.p.c. , attiene a una competenza territoriale del tutto sui generis, che prescinde dai comuni criteri di collegamento tra una causa e un luogo: dipende indefettibilmente dalla sede del giudice a quo, sicch dotata di un carattere prettamente funzionale che impedisce il definitivo suo radicamento presso un giudice diverso, per il fatto che la questione non sia stata posta in limine litis". non sembra sostenibile, pertanto, l'assunto, posto a base delle decisioni che hanno escluso l'applicabilit al giudizio di appello dell'art. 50 cod. proc. civ. , secondo cui l'erronea ConTEnzIoSo nAzIonALE individuazione del giudice legittimato a decidere sull'impugnazione non darebbe luogo a una questione di competenza, ma comporterebbe l'inammissibilit del gravame. E invero, premesso il richiamo a quanto rilevato al punto 3C) riguardo alle ipotesi di inammissibilit dell'impugnazione conosciute nel nostro sistema processuale, si osserva che il vizio derivante dall'individuazione di un giudice di appello diverso rispetto a quello determinato ai sensi dell'art. 341 c.p.c. non rientra n tra i casi per i quali espressamente prevista dalla legge la sanzione della inammissibilit del gravame, n tra i casi in cui non sia configurabile il potere di impugnare: il vizio in esame, infatti, non incide sull'esistenza del potere di impugnazione, ma solo sul suo legittimo esercizio, essendo stato tale potere esercitato dinanzi ad un giudice diverso da quello al quale andava proposto il gravame. 6D) Una volta ricondotta nella nozione di "competenza" la regola che individua il giudice legittimato a conoscere dell'appello, sembra difficile escludere l'applicabilit anche al relativo giudizio del principio della translatio iudicii previsto dall'art. 50 cod. proc. civ. , ove solo si consideri che tale norma collocata tra le disposizioni generali contenute nel titolo 1 del libro 1, e non opera alcuna distinzione tra competenza di primo e secondo grado. orbene, la giurisprudenza che propende per la tesi della non estensibilit della disposizione in esame al giudizio di appello, si basa su un giudizio di incompatibilit che, a ben vedere, non richiesto dall'art. 359 cod. proc. civ. Tale norma, infatti, nello stabilire che per il giudizio di appello davanti al tribunale o alla corte di appello si osservano le norme che regolano il procedimento di primo grado davanti al tribunale, purch non siano "incompatibili" con le disposizioni proprie del giudizio di impugnazione, si riferisce alle norme contemplate nel titolo 1 del libro 2 del codice di rito (artt. 163 ss.), e non anche a quelle contenute nel titolo 1 del libro 1, aventi di per s una portata generale ed applicabili, quindi, in via di principio anche al giudizio di appello, salvo specifiche limitazioni. n a diverse conclusioni potrebbe pervenirsi ove si intendesse aderire all'indirizzo, ricorrente in dottrina, che tende ad accostare l'ipotesi della competenza funzionale al fenomeno della giurisdizione, piuttosto che a quello della competenza vera e propria. E infatti, posto che il legislatore (v. L. n. 69 del 2009, art. 59 e art. 11 del nuovo codice del processo amministrativo) ha esteso l'applicabilit della translatio iudicii al caso di errore nell'individuazione del giudice munito di giurisdizione, e che, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 223/2013, analogo effetto conservativo viene riconosciuto anche nei rapporti tra giudici e arbitri, non si vede per quali ragioni non potrebbe ritenersi sanabile con lo stesso meccanismo l'atto di appello proposto in violazione delle norme sulla competenza funzionale. Diversamente opinando, si finirebbe con l'attribuire all'errore nella individuazione del giudice territorialmente competente per l'appello conseguenze ben pi rilevanti rispetto all'ipotesi di errore nella individuazione del giudice munito di giurisdizione; il che, come evidenziato in dottrina, alla luce dell'evoluzione subita dal nostro ordinamento processuale, si tradurrebbe in una incoerenza del sistema difficilmente giustificabile. 6E) Sotto altro profilo, si osserva che l'orientamento favorevole all'applicabilit del meccanismo della translatio iudicii in caso di appello proposto dinanzi a giudice territorialmente incompetente appare rispondente al principio della effettivit della tutela giurisdizionale, immanente nel nostro ordinamento. E infatti, come stato pi volte affermato dalla giurisprudenza di legittimit (v. Cass. Sez. Un., 5-1-2016 n. 29; Cass. Sez. 1, 15-11-2013 n. 25735; Cass. Sez. Un., 22-2-2007 n.. 4109), il diritto alla tutela giurisdizionale, di cui all'art. 24 Cost. , comma 1, include anche il diritto ad ottenere una decisione di merito ("il giusto processo civile viene celebrato non gi per sfociare in pronunce procedurali che non coinvolgono i rap rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 porti sostanziali delle parti che vi partecipano -siano esse attori o convenuti -ma per rendere pronuncia di merito rescrivendo chi ha ragione e chi ha torto: il processo civile deve avere per oggetto la verifica della sussistenza dell'azione in senso sostanziale di chiovendiana memoria, n deve, nei limiti del possibile, esaurirsi nella discettazione sui presupposti processuali, e per evitare che ci si verifichi si deve adoperare il giudice": Corte Costituzionale, sentenza n. 220 del 1986; v. anche sentenze n. 123 del 1987 e n. 579 del 1990); e a questo fine deve essere orientata l'interpretazione delle norme processuali in generale e di quelle volte all'individuazione del giudice munito di giurisdizione e di competenza ("al principio per cui le disposizioni processuali non sono fini a se stesse, ma funzionali alla miglior qualit della decisione di merito, si ispira pressoch costantemente - nel regolare questioni di rito il vigente codice di procedura civile, ed in particolare vi si ispira la disciplina che all'individuazione del giudice competente - volta ad assicurare, da un lato, il rispetto della garanzia costituzionale del giudice naturale e, dall'altro lato, l'idoneit (nella valutazione del legislatore) a rendere la migliore decisione di merito - non sacrifica il diritto delle parti ad ottenere una risposta, affermativa o negativa, in ordine al bene della vita oggetto della loro contesa": Corte Costituzionale, sentenza n. 77 del 2007). 6F) La nozione di "competenza funzionale" propria del giudice di appello, nella quale si intrecciano criteri di competenza "orizzontale" e "verticale", induce a ritenere applicabile il principio della translatio iudicii non solo nella ipotesi di erronea individuazione del giudice territorialmente competente, ma anche in quella di erronea individuazione del giudice competente per grado. In entrambi i casi, infatti, si in presenza di un errore che cade esclusivamente sulla individuazione del giudice dinanzi al quale deve essere proposto l'appello avverso la decisione di primo grado, e che, quindi, non incide sulla esistenza del potere di impugnazione, ma solo sul modo di esercizio di tale potere. Pertanto, una volta che si riconosca effetto conservativo all'atto di appello proposto dinanzi a un giudice territorialmente incompetente, non si vede per quale ragione debba escludersi il medesimo effetto nel caso di gravame (sempre che la scelta del mezzo di impugnazione sia corretta) proposto ad un giudice non corrispondente per grado a quello indicato dall'art. 341 cod. proc. civ.. Se vero, infatti, che nell'uno o nell'altro caso, si in presenza di un vizio che attiene alla "competenza funzionale" del giudice di appello, non possono che derivarne, per ragioni di coerenza del sistema, identiche conseguenze, rinvenibili, sul piano del diritto positivo, nel meccanismo delineato dall'art. 50 cod. proc. civ. 6G) In definitiva, deve affermarsi il seguente principio di diritto: L'appello proposto dinanzi ad un giudice diverso da quello indicato dall'art. 341 cod. proc. civ. non determina l'inammissibilit dell'impugnazione, ma idoneo ad instaurare un valido rapporto processuale, suscettibile di proseguire dinanzi al giudice competente attraverso il meccanismo della transiatio iudicii, sia nell'ipotesi di appello proposto dinanzi ad un giudice territorialmente non corrispondente a quello indicato dalla legge, sia nell'ipotesi di appello proposto dinanzi a un giudice di grado diverso rispetto a quello dinanzi al quale avrebbe dovuto essere proposto il gravame. 7) nella specie, la Corte di Appello di Brescia non si attenuta all'enunciato principio, in quanto, nel ravvisare la propria incompetenza territoriale in ordine all'impugnazione proposta avverso la sentenza pronunciata in primo grado dal Tribunale di Milano, ha dichiarato l'inammissibilit dell'appello, senza concedere all'appellante un termine per la riassunzione del giudizio dinanzi alla Corte di Appello di Milano, territorialmente competente. ConTEnzIoSo nAzIonALE Di conseguenza, in accoglimento del sesto motivo di ricorso, s'impone la cassazione nella parte de qua della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Milano, la quale pronuncer sul merito dell'appello e provveder anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimit. P.Q.M. La Corte rigetta i primi cinque motivi di ricorso, accoglie il sesto, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese alla Corte di Appello di Milano. Cos deciso in roma, nella Camera di Consiglio, il 7 giugno 2016. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 Illecita detenzione di segni distintivi in uso alle forze di polizia; rilevanza penale del falso ottenuto mediante fotocopia di un inesistente originale Nota a CassazioNe PeNale, sez. V, seNteNza 21 marzo 2017 N. 13810 Claudio Tric* By this ruling, the Fifth Section of the Court of Cassation has come back to assess whether a forgery realized through the copy of a non-existent document should be regarded as a crime. Particularly, the Court has stated that this copy may constitute an offence if it is presented as the original document or if it is presented with the attestations of authenticity required by law. The ruling has also allowed to summarize the case law about the illegal detention, use or manufacture of distinctive signs used by the police. The repression of this offence, pursuant to Article no. 497 ter of the italian Criminal Code, represents a key instrument to combat terrorism and organized crime, warding the trusting relationship between the police officer and the citizen. sommario: 1. Premessa - 2. la fattispecie concreta al vaglio della Corte - 3. Declinazione normativa e giurisprudenziale del delitto di illecita detenzione dei segni distintivi in uso alle forze di polizia - 4. sulla rilevanza penale del falso realizzato per mezzo della fotocopia di un documento originale inesistente. 1. Premessa. nonostante la sua brevit e la sua pacifica linearit, la sentenza oggetto del presente commento offre lo spunto per approfondire talune tematiche di particolare interesse giuridico. In primo luogo, essa consente di concentrare lattenzione sulle declinazioni giurisprudenziali del delitto di possesso di segni distintivi contraffatti di cui allart. 497-ter c.p., la cui rilevanza emerge oggi nel contesto di una societ impegnata ad affrontare i cancri del fenomeno mafioso e del fenomeno terroristico a livello intestino (1). (*) Specializzato nelle Professioni Legali, gi tirocinante presso la Corte di Cassazione. Vincitore del concorso per laccesso al ruolo dei Commissari della Polizia di Stato. (1) Troppo spesso la cronaca trasmette notizie di vili attentati perpetrati dalla criminalit organizzata grazie allabuso dei segni distintivi delle forze dellordine. Particolarmente rappresentative le parole di roberto Saviano, intento a descrivere le tecniche omicide tipiche della c.d. Guerra di Secondigliano: li ammazzano con uno stratagemma antiquato ma sempre efficace, i killer fingono di essere poliziotti. [] Stavano camminando quando unauto li ferm. Aveva una sirena sul tetto. Scesero due uomini con i tesserini della polizia. I ragazzi non tentarono di fuggire n di fare resistenza. Sapevano come dovevano comportarsi, si lasciarono ammanettare e caricare in auto. I tre forse non capirono subito, ma quando videro le pistole fu tutto chiaro. Era unimboscata []. Due, inginocchiati e sparati alla testa, furono finiti subito. Il terzo, dalle tracce ritrovate sul luogo, aveva tentato di scappare []. Lo raggiunsero, gli puntarono unautomatica in bocca. Il cadavere aveva i denti rotti, il ragazzo aveva tentato di mordere la canna della pistola, per istinto, come per spezzarla. r. SAVIAno, Gomorra, Mondadori, 2006, p. 106. ConTEnzIoSo nAzIonALE In secondo luogo, essa, pur dando applicazione ai profili meno dibattuti della questione, richiama alla memoria lesistenza di un contrasto giurisprudenziale non ancora del tutto assopito, relativo alla rilevanza penale del falso realizzato mediante la riproduzione fotostatica di un documento giuridicamente inesistente, e cio mediante una copia volta a rappresentare falsamente lesistenza di un documento originale. 2. la fattispecie concreta al vaglio della Corte. Alla base della pronuncia, una vicenda di fatto che si rivela nella sua semplicit. Con sentenza del 13 ottobre 2015, la Corte di Appello di Milano condannava per il delitto di cui allart. 497-ter c.p. un soggetto accusato di aver illecitamente detenuto la fotocopia a colori di una tessera di riconoscimento rilasciata da un Comando regionale dei Carabinieri, e pertanto di un documento atto a consentire lidentificazione dello stesso quale appartenente a una forza di polizia (2). Tale fotocopia, stampata a colori, appariva realizzata con modalit tali da far ritenere la tessera autentica. nei confronti della suddetta pronuncia di merito limputato proponeva ricorso per Cassazione lamentando, oltre che la mancata applicazione dellart. 131-bis c.p. e dellistituto della sospensione condizionale della pena (profili ai nostri scopi non interessanti), una violazione di legge per mancanza degli elementi costitutivi del reato ascritto. In particolare, da quanto sembra potersi estrapolare dal tenore della sentenza in esame, egli deduceva il mancato utilizzo della fotocopia contestata, il fatto che questultima non corrispondesse alla tessera attualmente in uso al corpo di polizia nonch, soprattutto, linidoneit di una mera fotocopia a configurare un falso penalmente rilevante. Il Giudice di legittimit, nel rigettare il ricorso, non solo ha ricostruito la struttura e la ratio del reato di falso contestato, superando cos le prime deduzioni sopra richiamate, ma ha anche confermato, alla luce della ratio di tutela individuata, un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, in base al quale pu sussistere il reato di falso, nelle sue diverse possibili prospettazioni, quando la riproduzione fotostatica di un documento non sia presentata in quanto tale, ma con lapparenza di un documento originale. Questultima so (2) Per unenumerazione delle Forze di Polizia operanti nel nostro ordinamento, v. art. 16 della L. 1 aprile 1981, n. 121, a detta del quale ai fini della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, oltre alla Polizia di Stato sono forze di polizia, fermi restando i rispettivi ordinamenti e dipendenze: a) l'Arma dei carabinieri, quale forza armata in servizio permanente di pubblica sicurezza; b) il Corpo della guardia di finanza, per il concorso al mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica. Fatte salve le rispettive attribuzioni e le normative dei vigenti ordinamenti, sono altres forze di polizia e possono essere chiamati a concorrere nell'espletamento di servizi di ordine e sicurezza pubblica il Corpo degli agenti di custodia e il Corpo forestale dello Stato. Tale ultimo corpo risulta oggi assorbito nellArma dei Carabinieri, come disposto dalla Legge Madia in tema di razionalizzazione delle funzioni di polizia, e, in particolare, dallart. n. 7 del D.Lgs. n. 177 del 2016. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 luzione, in particolare, indicata quale riconosciuta deroga a un principio pi generale, ossia quello relativo allinidoneit di una fotocopia, priva di qualsiasi attestazione che ne confermi lautenticit, a trarre in inganno la pubblica fede, pur laddove presentata al fine di dimostrare falsamente lesistenza di un documento originale. Tale ricostruzione, come sar ulteriormente specificato, appare peraltro congruente a un orientamento numericamente prevalente, ma non per questo incontestato, della giurisprudenza di legittimit. 3. Declinazione normativa e giurisprudenziale del delitto di illecita detenzione dei segni distintivi in uso alle forze di polizia. Per quanto attiene allanalisi della disposizione di cui allart. 497-ter c.p., la Corte evidenzia fin da subito lorigine dellarticolo in discussione, introdotto dallart. 10-bis del D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito nella L. 31 luglio 2005, n. 155, a sua volta aggiunto dallart. 1-ter del D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, come convertito, con modifiche, dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49. La disposizione in questione trova dunque la propria genesi nellambito della disciplina antiterrorismo disegnata dal legislatore del 2005, il quale ha voluto introdurre uno strumento normativo atto a punire la produzione, la detenzione e luso illeciti dei segni distintivi dei corpi di polizia, rilevando la potenziale strumentalit di tali condotte rispetto alla consumazione di ulteriori delitti, e in particolar modo di quelli caratterizzati da finalit di terrorismo. A tali norme fa eco, sul piano amministrativo, la legislazione di pubblica sicurezza, la quale prescrive il possesso di unapposita licenza biennale per la realizzazione e la detenzione delle tessere di riconoscimento e degli altri contrassegni di identificazione degli ufficiali e degli agenti di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria, definendo altres delittuosa la natura delle suddette condotte qualora realizzate in assenza della licenza stessa (3). Una normativa articolata, dunque, ma che trova una comune razionalit nellobiettivo di evitare che possa abusarsi, per fini illeciti, di simboli nati, piuttosto, per raccogliere e catalizzare la fiducia dei cittadini, nella consapevolezza che la fiducia e la collaborazione di questultimi sono presupposto e strumento fondamentale al fine del raggiungimento dei compiti istituzionali delle forze di polizia stesse (4). (3) V. art. 28 del r.D. 18 giugno 1931, n. 773 (meglio noto come Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza o TULPS), come modificato dal D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito nella L. 21 febbraio 2006, n. 49, e dal D.Lgs. 26 ottobre 2010, n. 204. (4) Questa la ratio che emerge dallart. 24 della L. 1 aprile 1981, n. 121, inerente i compiti istituzionali della Polizia di Stato, che in tal senso prende nettamente le distanze dalla prospettiva autoritaria tipica del precedente art. 1 del TULPS. Afferma difatti la norma che la Polizia di Stato esercita le proprie funzioni al servizio delle istituzioni democratiche e dei cittadini, sollecitandone la collaborazione. Collaborazione elevata a strumento indispensabile affinch la Polizia possa a sua volta tutelare l'esercizio delle libert e dei diritti dei cittadini; vigilare sull'osservanza delle leggi, dei regolamenti e dei provvedimenti della pubblica autorit; tutelare l'ordine e la sicurezza pubblica; provvedere alla prevenzione e alla repressione dei reati; prestare soccorso in caso di calamit ed infortuni. ConTEnzIoSo nAzIonALE A tali fini lart. 497-ter c.p., collocato nel contesto dei delitti di falsit personale, estende lapplicazione delle sanzioni previste dallart. 497-bis c.p., relativo al possesso e alla fabbricazione di documenti di identificazione falsi, a quanti pongano in essere le condotte individuate dai due numeri che ne compongono il primo e unico comma, e cio a quanti detengano, utilizzino o producano illecitamente segni, contrassegni e documenti in uso alle forze di polizia. Come evidenziato dalla Corte, lart. 497-ter, comma 1, n. 1), c.p., nel punire chi detiene illecitamente tali oggetti, si riferisce tanto alla detenzione di segni contraffatti e non autentici (come sembra potersi desumere dalla rubrica della norma), quanto anche alla illecita detenzione di segni autentici, ma di diversa origine illegale (ad es. furto o ricettazione). Il rifermento alla mera detenzione, considerata quale condotta illecita a se stante, rende ovvie le considerazioni esposte dal Giudice in motivazione, nella parte in cui considera di nessun pregio le deduzioni relative al mancato uso del tesserino falso contestato (5). Del resto, le ulteriori condotte della fabbricazione e delluso dei segni distintivi delle forze di polizia trovano unautonoma e separata considerazione nel numero 2) dellarticolo in esame, il quale, secondo un approccio ermeneutico ormai consolidato, descrive una fattispecie autonoma di reato e non, invece, una circostanza aggravante del delitto previsto dal precedente n. 1), risultando pertanto insuscettibile al giudizio di comparazione di cui allart. 69 c.p. A favore di tale ricostruzione militano, peraltro, tutta una serie di indizi strutturali, tra cui il carattere autonomo e indipendente delle condotte descritte dal n. 2), le quali non condividono gli elementi costitutivi del fatto tipico di cui al n. 1), n si arricchiscono di ulteriori elementi di specialit. Inoltre, tale interpretazione non trova contraddizione nel rinvio operato dallart. 497-ter c.p. alle pene previste dallart. 497-bis c.p., dato che questultimo deve ritenersi operato esclusivamente quoad poenam e non pu invece ritenersi riferito alla struttura della norma richiamata, che pur tratta la condotta di fabbricazione e di uso dei documenti di identificazione falsi alla stregua di unaggravante del delitto di illecita detenzione degli stessi (6). oggetto delle condotte penalmente rilevanti, ai sensi dellarticolo in esame, sono dunque tutti quei segni, contrassegni e documenti i quali consentono di identificare un soggetto quale appartenente a una forza di polizia, perch direttamente riconducibili a essa o necessari ai fini dellesplicazione delle relative attivit istituzionali. In tal senso, la giurisprudenza ha ritenuto di sanzionare condotte tipiche riguardanti la produzione, la detenzione e luso di tesserini, di palette e di lampeggianti, escludendo le ipotesi di contraffazioni innocue in ragione della loro grossolanit (7). Emerge pertanto con evidenza (5) Secondo una ricostruzione gi operata in precedenza da Cass. pen., sez. V, 29 maggio 2014, n. 32964. (6) Cos Cass. pen., sez. V, 12 marzo 2014, n. 26537. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 la ratio della norma, la quale mira non solo a tutelare lautenticit dei suddetti oggetti, ma soprattutto a garantire che determinati strumenti siano riservati agli appartenenti alle forze dellordine, in quanto attraverso gli stessi che si realizza il riconoscimento del personale esercente la funzione di polizia da parte del cittadino. Da qui, peraltro, lintroduzione dellart. 497-ter c.p. nel novero dei reati di falsit personale e non tra quelli, topograficamente precedenti, relativi agli atti di falsificazione materiale. Come sottolineato dalla pronuncia in esame, se la ratio della norma pu individuarsi nellesigenza di evitare che il cittadino possa essere indotto in errore in relazione alle qualit e ai poteri di colui che detiene illecitamente i segni distintivi, ben pu comprendersi perch il legislatore abbia fatto riferimento, in chiusura al citato n. 1), anche allillecita detenzione di oggetti o documenti che ne simulano la funzione. Difatti, secondo linterpretazione oggi prevalente della norma, tale espressione intende affermare la rilevanza penale di quelle condotte aventi a oggetto segni e strumenti che, pur non corrispondendo a quelli attualmente in uso alle forze di polizia, appaiono comunque idonei a trarre in inganno sulla funzione tipica di questultimi e dunque ad alterare la percezione sociale del loro possessore o utilizzatore. ne sono esempi giurisprudenziali la detenzione e luso di una paletta recante i segni del Ministero dei trasporti e lo stemma della repubblica Italiana, che, anche laddove non attualmente in uso ai corpi di polizia, comunque idonea a simulare lordine dellautorit di arrestare la marcia (8); o ancora lesibizione di un distintivo o di una tessera di riconoscimento falsi, che, ancorch non corrispondenti a quelli utilizzati dalla Polizia dello Stato, possono trarre agevolmente in inganno il cittadino sulle qualit personali di colui che ne fa uso (9). occorre inoltre rilevare che la giurisprudenza di legittimit, nel valutare la riferibilit di un determinato segno o strumento ai soggetti indicati dallart. (7) Sul concetto di falso grossolano, in tale ambito, v. Cass. pen., sez. V, 27 aprile 2016; Cass. pen., sez. V, 12 marzo 2014, n. 26537. A detta di questultima pronuncia, in particolare, la grossolanit del falso ricorre soltanto quando questo sia ictu oculi riconoscibile da qualsiasi persona di comune discernimento ed avvedutezza, senza che sia necessario far riferimento a particolari cognizioni o competenze specifiche, n alla straordinaria diligenza di cui taluni possono essere dotati. (8) V. Cass. pen., sez. V, 23 maggio 2013, n. 35094, a detta della quale gi in via meramente interpretativa sembrerebbe potersi rilevare che il requisito dellattualit delluso del segno oggetto di contraffazione costituisce condizione indefettibile per il rispetto della ratio della norma, che quella di impedire il pericolo che pu derivare dalluso del detto segno. In virt di tale ratio, tuttavia, considerata anche la natura di reato di pericolo dellillecito, si conclude che la lesione dellaffidamento pubblico pu escludersi nel caso della detenzione di un oggetto che replica un segno distintivo da tempo in disuso, e cio nel caso in cui il decorrere del tempo abbia reso in concreto tale oggetto inidoneo ad alterare la percezione sociale del detentore o dellutilizzatore. (9) V. Cass. pen., sez. V, 27 aprile 2016, n. 34894; Cass. pen., sez. V, 31 ottobre 2014, n. 3556. A detta delle stesse integra il delitto di cui allart. 497-ter c.p. la detenzione di un distintivo delle forze dellodine che, pur senza riprodurre fedelmente loriginale, ne simuli la funzione, inducendo in errore il pubblico relativamente allesercizio della funzione di polizia. ConTEnzIoSo nAzIonALE 497-ter c.p., non ha richiesto che questultimo fosse utilizzato in via esclusiva dalle forze di polizia, ma che esse pi semplicemente ne facessero uso, ciascuna secondo le rispettive dotazioni. ne conseguito, per esempio, il carattere penalmente illecito delluso di un lampeggiante blu rimovibile sullautovettura di un privato, in quanto labuso di tale strumento, pur essendo questultimo utilizzato anche da soggetti che non esercitano funzioni di polizia, ha senza dubbio leffetto di attribuire allautomobile che ne dotata laspetto di unauto civetta delle forze dellordine (10). Ulteriore profilo caratterizzante le condotte tipiche descritte dallart. 497ter c.p., pur non approfondito specificamente dalla sentenza in commento, quello della loro presupposta illiceit, la quale ricorre ogni qual volta la detenzione, luso o la produzione non siano sorrette da un valido titolo di legittimazione. relativamente alla condotta detentiva, pertanto, lilliceit della stessa sussiste tanto nel caso di un acquisto avvenuto mediante la realizzazione di un reato, ad esempio per via furtiva, quanto nellipotesi in cui il detentore sia privo dei necessari titoli di legittimazione personale, perch estraneo al novero dei soggetti cui quei segni o strumenti sono riservati. Sulla scorta di tali considerazioni, la giurisprudenza di legittimit ha affermato il carattere illecito della detenzione posta in essere da un soggetto la cui relativa licenza era ormai scaduta (11), cos come di quella conseguente a un acquisto operato regolarmente, per mezzo di internet, da parte di un privato a ci non legittimato (12). Allo stesso modo stata ritenuta illegittima la condotta di chi, pur appartenendo alle forze di polizia, ha detenuto sulla propria auto un lampeggiante fuori dallorario di servizio, non dovendosi confondere la nozione di servizio permanente, consistente nella possibilit del pubblico ufficiale di intervenire in ogni momento per esercitare le sue funzioni, con quella di effettivo esercizio delle funzioni, essendo solo questultimo idoneo a giustificare la detenzione contestata (13). 4. sulla rilevanza penale del falso realizzato per mezzo della fotocopia di un documento originale inesistente. Cos definiti i profili oggettivi del delitto in questione, la Corte stata chiamata a esprimersi su unulteriore questione relativa alla rilevanza penale del falso realizzato mediante la copia fotostatica di un documento originale inesistente. nel caso di specie, come anticipato, la Corte ha ritenuto di dover affer (10) V. Cass. pen., sez. V, 16 gennaio 2015, n. 6784. (11) Cos Cass. pen., sez. I, 5 maggio 2011, n. 30457. (12) V. Cass. pen., sez. V, 30 giugno 2009, n. 41080. (13) Cos Cass. pen., sez. V, 29 maggio 2014, n. 32964. Con il concetto di servizio permanente si fa riferimento al complesso istituto di cui allart. 68 della L. dell1 aprile 1981, n. 121, a detta del quale gli appartenenti ai ruoli dellAmministrazione della pubblica sicurezza sono comunque tenuti, anche fuori dallorario di servizio, ad osservare i doveri inerenti alla loro funzione. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 mare il carattere delittuoso della detenzione contestata, rilevando come la fotocopia del tesserino di riconoscimento non fosse stata detenuta in quanto tale, ma in modo da farla apparire quale documento originale, anche grazie alle tecniche di riproduzione utilizzate, idonee a farne ritenere lautenticit. Del resto, la giurisprudenza di legittimit sembra aver ormai solidamente riconosciuto il principio secondo cui non pu dubitarsi che la copia presentata nella veste di un atto originale inesistente possa ritenersi idonea a trarre in inganno la pubblica fede e dunque a integrare un reato di falso, tanto materiale quanto personale. evidente, difatti, che in tal caso la fotocopia perde la propria essenza di mera riproduzione del documento presupposto, divenendo piuttosto strumento di una contraffazione connotata da lesivit (14). Pi discussa appare invece lipotesi del falso realizzato mediante una copia fotostatica che sia presentata come tale, cio quale mera fotocopia di un originale in realt inesistente. Lintento dellagente, come ovvio, quello di attestare artificiosamente lesistenza di un mancante documento presupposto, al fine di trarre vantaggio da una falsa rappresentazione della realt. Sul punto, la giurisprudenza appare biforcarsi in una duplice direzione, dividendosi tra quanti affermano lidoneit della fotocopia, anche se non autenticata, a ledere la pubblica fede e quanti invece richiedono lautenticazione della copia affinch questa possa considerarsi oggetto di un falso penalmente rilevante. Secondo un primo orientamento, difatti, lidoneit lesiva della fotocopia non dipenderebbe dalla presenza di attestazioni di autenticit, ma esclusivamente dalla capacit della stessa, alla luce delle circostanze di fatto e della sua provenienza, a convincere il destinatario della propria conformit a un originale e dunque dellesistenza di questultimo. Del resto, la realizzazione della fotocopia non solo potrebbe presupporre la contraffazione o lalterazione di un documento, quale matrice per la successiva riproduzione, ma anche laddove non fosse frutto della manipolazione di un atto preesistente, potrebbe comunque apparire idonea a rappresentare falsamente lesistenza dello stesso. Ai fini dellintegrazione del reato di falsit, pertanto, non sarebbe sempre necessaria la manomissione di una realt probatoria precedente, ma sarebbe sufficiente la mendace e attuale rappresentazione di una realt probatoria inesistente, con conseguente lesione della pubblica fede. Tale effetto, in particolare, potrebbe ottenersi tanto mediante la realizzazione di un fotomontaggio, quanto mediante (14) infra alios, v. Cass. pen., sez. V, 2 dicembre 2004, n. 5401; Cass. pen., sez. V, 17 giugno 1996, n. 7717. Sul punto, difatti, rilevata la realizzazione di macchinari ormai sofisticatissimi per la riproduzione fotostatica di documenti ed idonei dunque a formare un prodotto ultrafedele se non identico all'originale, utile ad un uso che ben pu trarre in inganno e che prescinde totalmente dalla esibizione dell'atto come fotocopia o copia dell'originale, si sostenuto che la formazione di una fotocopia di un atto pubblico o di una autorizzazione amministrativa - non necessariamente frutto di un fotomontaggio -non condotta di per s esente da valutazione sul piano penale quando l'atto stesso non venga utilizzato e presentato come copia ma come l'originale. ConTEnzIoSo nAzIonALE lalterazione di unaltra copia, quanto anche attraverso la creazione artificiosa di una fotocopia. Ciascuno di tali strumenti, difatti, a prescindere da una successiva procedura di autenticazione, viene presentato dallorientamento in questione come idoneo ad alterare la percezione della realt probatoria, rappresentando lesistenza di un documento inesistente e ledendo dunque i beni giuridici tutelati dalle norme penali in materia di falso (15). Secondo un diverso orientamento, invece, uninterpretazione sistematica dellordinamento consentirebbe di estrapolare il principio secondo il quale una copia fotostatica non pu ritenersi oggetto di un falso penalmente rilevante se priva delle necessarie attestazioni di autenticit. In tale ipotesi, difatti, la fotocopia, tanto in mancanza di un documento presupposto quanto in presenza di una manomissione di questultimo, non potrebbe integrare il falso qualora presentata come tale e non con lapparenza di un documento originale (16). La ragione di ci emergerebbe dallanalisi delle disposizioni civilistiche in materia probatoria, nella parte in cui esse affermano che la copia fotografica, di cui non sia autenticata la conformit alloriginale dal pubblico ufficiale competente, non ha di per s valenza probatoria, salvo che nelle ipotesi espressamente previste dallordinamento (17). ne deriva che al di fuori di tali ipotesi la fotocopia non autenticata non pu ritenersi idonea a trarre in inganno la pubblica fede in quanto per sua natura priva di valore probatorio, e che pertanto deve escludersi la sussistenza del delitto di falso, non potendosi ritenere integrato il fatto tipico del reato. Appare pertanto sovrabbondante il richiamo, talvolta emerso in giurisprudenza, alla figura del reato impossibile per inesi (15) In tal senso, v. Cass. pen., sez. V, 17 maggio 2012, n. 40415; Cass. pen., sez. VI, 10 dicembre 2007, n. 6572. stato difatti rilevato che la falsit integrata non dalla modificazione di una realt probatoria preesistente (che nel caso di specie non c', non trovandosi traccia del documento originale), ma dalla mendace e attuale rappresentazione di una siffatta realt probatoria, creata appunto attraverso un simulacro o una immagine cartolare di essa (fotocopia o anche fotomontaggio), che intrinsecamente idonea a ledere (e lede) il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice costituito dalla pubblica affidabilit di un atto, qualunque esso sia, proveniente dalla pubblica amministrazione. Sicch ben pu una fotocopia (o anche una pluralit di fotocopie, come nel caso di specie) fatta passare come prova di un atto originale che non esiste, del quale intenda artificiosamente attestare l'esistenza e i connessi effetti probatori, integrare una falsit penalmente rilevante ai sensi dell'art. 476 c.p. (16) Cos Cass. pen, sez. V, 12 dicembre 2012, n. 10959; Cass. pen., sez. II, 3 novembre 2010, n. 42065; Cass. pen., sez. V, 5 maggio 1998, n. 11185. In particolare, Cass. pen., sez. V, 14 dicembre 2007, n. 7385 ha affermato che in realt secondo la giurisprudenza di questa Corte la formazione ad opera del privato di una falsa fotocopia di un documento originale inesistente, presentata come tale e priva di qualsiasi attestazione che confermi la sua originalit o la sua estrazione da un originale esistente, non integra alcun falso documentale, anche ove detta copia abbia in astratto e per la sua verosimiglianza, attitudine a trarre in inganno i terzi, potendo in tal caso il suo uso essere sanzionato come truffa o ad altro specifico titolo. (17) Cfr. artt. 2719 c.c.; 215 c.p.c. A tal proposito, Cass. pen., sez. V, 14 dicembre 2007, n. 7385 ribadisce che giurisprudenza consolidata quella secondo cui la copia di un atto o di un contrassegno costituente l'attestazione di un atto assume il carattere di documento solo in seguito alla pubblica autenticazione del contenuto dell'atto o del contrassegno. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 stenza delloggetto, dovendosi piuttosto rilevare a monte la atipicit della condotta contestata (18). nella sentenza in commento la Corte, come anticipato, ha aderito con un rapido cenno a tale secondo indirizzo ermeneutico, del resto maggioritario nella pronunce della giurisprudenza di legittimit. E a tale soluzione pervenuta in considerazione della ratio, sopra richiamata, del reato di falso, nonch in considerazione dellesigenza di reprimere esclusivamente le condotte che siano effettivamente idonee a sorprendere la fede pubblica. Una soluzione cui sembra potersi guardare con favore, non solo alla luce dei principi generali dellordinamento penale, ma anche in considerazione del fatto che essa non sembrerebbe sacrificare gli interessi di quanti siano stati indotti tramite la fotocopia non autenticata a far affidamento nellesistenza del documento originale. Difatti, la condotta del soggetto agente, pur non potendo integrare il reato di falso, non per questo deve a priori ritenersi lecita e penalmente irrilevante. La presentazione di una copia priva delle necessarie certificazioni di autenticit potrebbe, ad esempio, rilevare quale artifizio, e pertanto configurare un elemento costitutivo del diverso reato di truffa previsto dal Codice penale (19). Cassazione penale, Sez. V, sentenza 11 gennaio 2017 (dep. 21 marzo 2017), n. 13810 - Pres. Fumo, rel. Sabeone. integra il reato di cui all'articolo 497 ter n. 1 c.p. la condotta di chi detiene illecitamente una fotocopia a colori, riprodotta con modalit tali da farla ritenere autentica, di una tessera di riconoscimento rilasciata dal Comando regionale Carabinieri e quindi di un documento identificativo delle Forze di Polizia rITEnUTo In FATTo 1. La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 13 ottobre 2015, ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano, Sezione Distaccata di Cassano D'Adda del 25 ottobre 2012 che aveva condannato M.A. per il delitto di cui all'art. 497 ter c.p., n. 1, per aver illecitamente detenuto una fotocopia a colori, riprodotta con modalit tali da farla ritenere autentica, di una tessera di riconoscimento rilasciata dal Comando regionale Carabinieri della Lombardia e quindi di un documento identificativo delle Forza di Polizia. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del proprio difensore, che lamenta, quale primo motivo una violazione di legge per mancanza dei requisiti caratterizzanti il reato ascritto; quale secondo motivo la mancata applicazione della causa di non punibilit di cui all'articolo 131 bis cod. pen. nonch, infine, la mancata concessione della sospensione condizionale della pena. ConSIDErATo In DIrITTo 1. Il ricorso da rigettare. (18) Cfr. Cass. pen., sez. V, 5 maggio 1998, n. 11185. (19 In tal senso v. anche Cass. pen., sez. V, 4 marzo 1999, n. 4406. ConTEnzIoSo nAzIonALE 2. La norma di cui all'art. 497 ter c.p., stata introdotta dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49 (in sede di conversione, con modifiche, del D.L. n. 272 del 2005, sulla funzionalit della Amministrazione dell'Interno); l'art. 1 ter, intervenuto a modificare, mediante previsione aggiuntiva, il D.L. n. 144 del 2005, art. 10 bis, convertito in L. n. 55 del 2005, ossia il decreto contenente norme urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale, ed ha inteso punire la detenzione, la fabbricazione e l'uso di segni distintivi dei corpi di Polizia, sul presupposto della potenziale strumentalit di tale condotta rispetto alla consumazione di delitti terroristici. La previsione del comma 1, n. 1) si riferisce, come si desume anche dalla rubrica del- l'articolo di legge, sia alla detenzione di segni contraffatti o comunque non autentici (posto che la contraffazione, in s, condotta rientrante in quelle espressamente descritte nell'ipotesi numero 2, prevista dall'articolo citato), sia alla detenzione illecita di segni distintivi di diversa origine illegale (ad esempio furto). D'altra parte, la condotta integrata dalla "detenzione" di segni o contrassegni contraffatti, in uso a corpi di Polizia, prevista nella prima parte del n. 1, disciplinata unitamente a quella, contenuta nella seconda parte del n. 1 dello stesso art. 497 ter c.p., della detenzione di "oggetti o documenti che ne simulano la funzione" cio di oggetti idonei a trarre in inganno sulla funzione tipica del segno imitato. Tale dizione in grado di ricomprendere l'ipotesi di documenti che, ancorch non realmente in uso ai corpi di Polizia, siano comunque in grado di indurre in errore in ordine allo svolgimento della funzione, siano cio idonei a trarre agevolmente in inganno i cittadini sulle qualit personali di chi li dovesse, illecitamente, usare e sul potere connesso all'uso del segno, come appunto avvenuto nel caso di specie, secondo l'accertamento di merito operato dalla Corte territoriale che, se congruo (v. pagina 3 della motivazione), insindacabile da questa Corte di Cassazione. Quello che rileva ai fini penali , quindi, l'attitudine della copia fotostatica a sorprendere la fede pubblica in quanto intesa a rappresentare falsamente un inesistente originale. Il che peraltro costituisce il criterio ispiratore anche della giurisprudenza di questa Sezione laddove, stabilendo una deroga al principio per il quale la copia fotostatica di per s inidonea a ledere il bene tutelato, afferma che, invece, sussiste il reato di falso, nelle sue varie prospettazioni, quando la falsa copia sia presentata con l'apparenza di un documento originale (v. per un'esaustiva disamina delle varie fattispecie, Cass. Sez. 5^ 9 ottobre 2014 n. 8870). Di nessun pregio sono, poi, le argomentazioni defensionali in merito alla mancata utilizzazione del falso documento, posto che la norma punisce la mera detenzione, o ad altre situazioni soggettive metagiuridiche, che sono state tenute presenti ai fini della quantificazione della pena. 3. La mancata applicazione della causa di non punibilit di cui all'art. 131 bis c.p., nonch la mancata concessione della sospensione condizionale per una quarta volta appaiono logicamente e congruamente motivate dalla Corte territoriale per cui sfuggono al sindacato di legittimit di questa Corte. 4. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. P.T.M. La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Cos deciso in roma, l11 gennaio 2017. Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2017. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 In tema di decadenza da agevolazione per imposta di registro CassazioNe CiVile, sezioNe V, seNteNza 30 maGGio 2017 N. 13583 La sentenza della Cassazione tributaria in rassegna riafferma il principio secondo cui il contribuente che abbia goduto di una agevolazione ai fini del- limposta di registro, una volta decaduto dalla prima non pu pretendere che gliene venga applicata una diversa anche se richiesta in subordine. Il caso riguarda il godimento delle agevolazioni fiscali per i trasferimenti a titolo oneroso di terreni agricoli a coltivatori diretti (cio in misura fissa). La particolarit della fattispecie risiede nel fatto che, la societ, incorsa in decadenza per aver rivenduto il fondo prima del decorso di un quinquennio, aveva inoltrato unistanza in cui dichiarava di rinunciare allagevolazione goduta (da cui era ormai decaduta), chiedendo lapplicazione della agevolazione prevista per gli imprenditori agricoli non coltivatori diretti (imposta di registro all8%). La Corte di Cassazione ha ribadito anche con riferimento a questa particolare fattispecie, il principio in parola, secondo cui : la sottoposizione di un atto ad una determinata tassazione, ai fini del- l'imposta di registro, con il trattamento agevolato richiesto o comunque accettato dal contribuente, comporta, in caso di decadenza dal beneficio, l'impossibilit di invocare altra agevolazione, nemmeno se richiesta in via subordinata gi nell'atto di acquisto, in quanto i poteri di accertamento e valutazione del tributo si esauriscono nel momento in cui l'atto viene sottoposto a tassazione e non possono rivivere. La Corte illustra inoltre meglio la ratio del principio in parola nella parte finale della motivazione. Carlo maria Pisana* Cassazione civile, Sez. V, sentenza 30 maggio 2017 n. 13583 -Pres. Botta, rel Stalla, P.m. Fuzio (difforme) -Agenzia delle Entrate (avv. St. Pisana) c. Agrifrut romagna Societ agricola cooperativa r.l. (avv. Vincenzi). Fatti rilevanti e ragioni della decisione 1. L'agenzia delle entrate propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 38/03/09 del 3 luglio 2009 con la quale la commissione tributaria regionale dell'Emilia romagna, in riforma della prima decisione, ha ritenuto illegittimo l'avviso di accertamento notificato alla Agrifrut romagna coop. agr. in recupero della piena tassazione di registro (aliquota 15% ), ipotecaria e catastale sull'atto 10 maggio 2004; atto con il quale la societ aveva acquistato un terreno, con sovrastante fabbricato rurale, usufruendo delle agevolazioni (registro (*) Avvocato dello Stato. ConTEnzIoSo nAzIonALE ed ipotecaria in misura fissa, imposta catastale all'1% ) di cui al D.Lgs. n. 99 del 2004, art. 2, comma 4 (trasferimenti di terreni agricoli a coltivatori diretti). La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che: - effettivamente non spettava alla societ l'agevolazione fruita al momento dell'acquisto atteso che, come dalla stessa dedotto in formale atto di "denuncia di decadenza" 22 aprile 2005, il terreno era stato da essa venduto a terzi nel quinquennio dall'acquisto; - purtuttavia, la societ aveva diritto di fruire della diversa agevolazione, richiesta contestualmente alla citata denuncia di decadenza, di cui alla nota I art. 1 Tariffa Prima Parte D.P.r. n. 131 del 1986 (registro all'8% ), atteso che essa rivestiva la qualit di "imprenditore agricolo professionale" (IAP) e che, inoltre, la mutata destinazione urbanistica del terreno da agricolo a edificabile non aveva comportato alcuna variazione della sua destinazione agricola di fatto. resiste con controricorso e memoria Agrintesa soc.coop.agr., incorporante Agrifrut. 2.1 Con il primo motivo di ricorso l'agenzia delle entrate lamenta -ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 -nullit della sentenza per violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. Per non avere la commissione tributaria regionale preso in esame la sua eccezione, opposta fin dal primo grado di giudizio, relativa al fatto che la decadenza dalla agevolazione richiesta al momento della registrazione della compravendita precludeva, di per s, la nuova richiesta di un diverso beneficio. Con il secondo motivo di ricorso si deduce analoga censura - ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - per l'ipotesi in cui si ritenesse che la mancata pronuncia sulla suddetta eccezione denotasse rigetto implicito della medesima. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta -ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 -insufficiente motivazione in ordine al convincimento della CTr di effettiva destinazione agricola del terreno nei dieci anni successivi al trasferimento; destinazione agricola che, al contrario, doveva escludersi in ragione del fatto che la societ aveva venduto il fondo e che, inoltre, quest'ultimo aveva mutato destinazione urbanistica, divenendo edificabile: "il che rende impossibile per la societ contribuente agrifrut di continuare la coltivazione (quand'anche vi abbia mai provveduto)". 2.2 Sono fondati il primo ed il secondo motivo di ricorso (assistiti da idonei quesiti di diritto ex art. 366 bis cod. proc. civ., vigente ratione temporis) con assorbimento del terzo. La commissione tributaria regionale, nell'ammettere la societ agricola all'agevolazione alternativa, ha disatteso il principio di diritto in base al quale: "la sottoposizione di un atto ad una determinata tassazione, ai fini dell'imposta di registro, con il trattamento agevolato richiesto o comunque accettato dal contribuente, comporta, in caso di decadenza dal beneficio, l'impossibilit di invocare altra agevolazione, nemmeno se richiesta in via subordinata gi nell'atto di acquisto, in quanto i poteri di accertamento e valutazione del tributo si esauriscono nel momento in cui l'atto viene sottoposto a tassazione e non possono rivivere, sicch la decadenza dell'agevolazione concessa in quel momento preclude qualsiasi altro accertamento sulla base di altri presupposti normativi o di fatto. (Nella specie, per la s.C. non poteva essere concessa l'aliquota ridotta dell'8% una volta che i contribuenti erano decaduti dalla agevolazione di cui al D.P.r. 29 settembre 1973, n. 601, art. 9 prevista per le imprese diretto-coltivatrici)" (Cass. 8409/13; cos Cass. 14601/03). Diversamente da quanto sostenuto dalla controricorrente, la circostanza che l'avviso di accertamento opposto avesse fatto inizialmente richiamo non gi a quest'ultimo principio, bens al mutamento della destinazione agricola del fondo nel decennio dall'acquisto, non osta al- l'applicazione del medesimo principio nella presente sede contenziosa. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 Va intanto osservato che la cessazione della destinazione agricola del fondo era stata dal- l'amministrazione finanziaria desunta proprio dalla alienazione prima del tempo e, dunque, dalla sopravvenuta impossibilit per la societ contribuente di proseguire sul fondo l'esercizio diretto dell'agricoltura. In ogni caso, la preclusione all'ottenimento di una agevolazione diversa da quella in relazione alla quale si verificata la decadenza discende dalla applicazione alla fattispecie - sempre ammissibile e, anzi, doverosa -della disciplina giuridica sua propria (in termini di esaurimento del potere di accertamento e di valutazione del regime di tassazione applicabile al momento della registrazione dell'atto), e non dall'esercizio di un potere discrezionale e delibativo sul quale l'amministrazione finanziaria fondi ex novo la pretesa impositiva. ne segue, in definitiva, l'accoglimento del ricorso con la cassazione della sentenza impugnata. Poich non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, n sono state dedotte altre questioni controverse, sussistono i presupposti per la decisione nel merito ex art. 384 cod. proc. civ., mediante rigetto del ricorso introduttivo della societ contribuente. Le spese del presente giudizio di legittimit e di quello di merito vengono compensate, considerato il consolidarsi soltanto in corso di causa dei su riportati orientamenti interpretativi. Pqm La Corte: - accoglie il ricorso; -cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della societ contribuente; - compensa le spese del giudizio di legittimit e merito. Cos deciso in roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 9 maggio 2017. ConTEnzIoSo nAzIonALE Il conflitto tra il diritto individuale alla libert di scelta ed i superiori diritti collettivi Nota a triBUNale Di NaPoli, sez. X CiV., orDiNaNza 25 maGGio 2017 Gabriella Salvati* il diritto alla libert individuale di scegliere di consumare, durante lorario della mensa scolastica, un pasto di preparazione domestica, in luogo di quello fornito dal servizio di refezione scolastica, non pu ricevere tutela cautelare se si pone in contrasto con i diritti della collettivit, ugualmente garantiti dalla Costituzione, quali il diritto alluguaglianza, il diritto al- listruzione ed, in primis, il diritto alla salute che, in unottica di bilanciamento tra diritti confliggenti trovano, nel caso di specie, una pi diretta ed immediata tutela. Lordinanza del Tribunale di napoli, che si commenta, ha rigettato il ricorso durgenza attivato, ai sensi dellart. 700 c.p.c., da un genitore nellinteresse della figlia minore nei confronti del Ministero dellIstruzione, dellUniversit e della ricerca, dellUfficio Scolastico regionale Campania, nonch della Scuola Primaria presso la quale la medesima minore frequenta la classe IV, al fine di vedersi riconoscere, in via cautelare, il diritto di scegliere tra la mensa scolastica ed il pasto di preparazione domestica da consumarsi a scuola, nellorario destinato alla refezione scolastica. il precedente torinese. Linnovativa tematica oggetto dellordinanza che si annota prende le mosse da un precedente piemontese che ha visto la Corte di Appello di Torino riformare parzialmente lordinanza con la quale il Giudice di prime cure aveva respinto le domande avanzate da 150 genitori, con il procedimento cautelare ex art. 700 c.p.c., affinch venisse consentito agli studenti che scelgono di non fruire della refezione scolastica comunale di consumare il proprio pasto domestico, nellorario a tal fine preposto, allinterno dei locali mensa della scuola. Il Tribunale di Torino, posto che il servizio locale di refezione scolastica un servizio a domanda individuale che lEnte non ha lobbligo di istituire ed organizzare, si orientava nel senso di non riconoscere al diritto attivato dai ricorrenti natura di diritto soggettivo, limitando la sua portata a quella di mero interesse legittimo; inoltre, rigettava le doglianze con le quali i ricorrenti assumevano la violazione degli artt. 3, 34 e 35 della Costituzione, ruotando la motivazione, in sostanza, intorno alla facolt posta in capo ai genitori di scegliere se e come avvalersi del servizio di refezione scolastica, e, per conseguenza, di scegliere di evitarne i costi qualora risultassero insostenibili, fermo (*) Dottoressa in Giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso lAvvocatura distrettuale dello Stato di napoli. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 restando, in ogni caso, il principio per il quale le famiglie meno abbienti usufruiscono del servizio in base a tariffe agevolate. La Corte di Appello di Torino, chiamata a pronunciarsi sullimpugnazione promossa da 58 dei 150 soccombenti in primo grado, si attestava, invece, su una diversa posizione che trova il suo fondamento nella qualificazione del diritto allistruzione - cos come invocato dagli appellanti - quale diritto soggettivo, perch da declinarsi come diritto a partecipare al complesso progetto educativo e formativo che il servizio scolastico deve fornire nellambito del tempo scuola in tutte le sue componenti e non soltanto a quelle di tipo strettamente didattico. Partendo da tale ineludibile assunto, e atteso il carattere facoltativo della refezione scolastica in quanto servizio a domanda individuale, la Corte concludeva nel senso di ritenere che se [] la permanenza a scuola in tale segmento orario risponde ad un diritto soggettivo, se la refezione scolastica non pu diventare obbligatoria e deve comunque aver luogo il consumo di un pasto, ne consegue necessariamente che ci debba avvenire presso la scuola, ma al di fuori della refezione scolastica. Pertanto, in parziale riforma dellordinanza pronunciata dal Tribunale, accertava il diritto degli appellanti di scegliere, per i propri figli, tra la refezione scolastica ed il pasto domestico da consumarsi nellambito delle singole scuole e nellorario destinato alla refezione; altres dichiarava il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario a conoscere della domanda volta ad ottenere la statuizione sulle modalit pratiche per dare concreta attuazione alla sentenza che avesse accertato il diritto invocato. lordinanza del tribunale di Napoli. Il Tribunale di napoli, con lordinanza che si commenta, ha rigettato il ricorso - promosso sulla falsariga del precedente torinese - volto ad ottenere il riconoscimento del diritto del genitore ricorrente di scegliere, per la propria figlia, tra la refezione scolastica ed un pasto di preparazione domestica da consumarsi a scuola nellorario destinato alla refezione scolastica, condividendo cos integralmente la tesi prospettata dallAmministrazione Statale convenuta circa linsussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora, presupposti indefettibili per lemissione di un provvedimento cautelare. Si premette che dal dispositivo si evince che il Tribunale ha ritenuto sussistente la propria giurisdizione, superando, pertanto, ogni eventuale dubbio rilevabile anche dufficio - sulla possibile giurisdizione del Giudice Amministrativo, pur trattandosi di una controversia in materia di pubblici servizi relativa a concessione di pubblici servizi ex art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a., qual il servizio erogato da una ditta appaltatrice dellEnte locale, nella specie, del Comune di napoli. nel merito, posto che la ricorrente non lamenta un disservizio della mensa ConTEnzIoSo nAzIonALE scolastica dal quale potrebbe derivare la difficolt o limpossibilit della minore a fruire del pasto erogato dal servizio di refezione collettiva, pasto che anzi -la stessa continua a consumare di buon grado, il Tribunale rileva che non si ravvisano specifiche ragioni che possano far temere un pericolo per la salute della minore, n, tanto meno la violazione del diritto allistruzione, inteso nella sua accezione pi ampia che rintraccia nella partecipazione al tempo mensa una notevole finalit educativa e didattica. Escluso, inoltre, che possa ritenersi leso il diritto al lavoro del genitore costretto a prelevare - in caso scegliesse di non usufruire del servizio mensa la minore dalla scuola al momento del pasto, per poi riaccompagnarla successivamente, in quanto trattasi di un diritto di cui sarebbe titolare la madre, un soggetto cio diverso dalla minore nel cui solo interesse agisce la ricorrente, pertanto non invocabile nel medesimo giudizio. Pertanto, lunico diritto ad essere leso quello astratto della libert individuale di scelta tra ed il cd. pasto domestico, da consumare durante il tempo mensa, ed il pasto messo a disposizione dal servizio di refezione scolastica; esso, tuttavia, ad avviso del Tribunale adito, non meritevole della richiesta tutela, attesa lesigenza di contemperare lanzidetto diritto individuale con altri diritti della collettivit, ugualmente garantiti dalla Costituzione quali, su tutti, il diritto alluguaglianza, garantito dalla possibilit dei bambini di condividere in un momento comune il medesimo pasto, senza discriminazioni, ed il diritto alla salute della minore e degli altri partecipanti alla comunit scolastica. Del resto, essere parte di una collettivit impone il rispetto di regole di convivenza civile, in ossequio allart. 2 Cost., che possono determinare la tollerabile riduzione di alcuni diritti, pur se fondamentali, entro i limiti di una certa soglia minima, cos da garantire ed assicurare il pieno esercizio di superiori diritti collettivi, nellambito del bilanciamento degli interessi coinvolti nel caso concreto. Lordinanza si esprime in termini di dimensione sociale dei diritti, nel senso che questi esistono solo se si inseriscono nel tessuto sociale di una comunit, di un determinato contesto storico (lo stesso diritto di propriet deve rispettare criteri di utilit sociale), per cui il diritto alla libert di scelta, cos come delineato dalla ricorrente, si svuoterebbe della sua intrinseca portata. A tanto si potrebbe aggiungere, come illustrato nel documento elaborato dalla Commissione refezione Centrale del Comune di napoli, intitolato la refezione scolastica tra educazione, salute e sorveglianza nutrizionale, la scuola rappresenta un luogo privilegiato in cui svolgere interventi di promozione della salute, soprattutto per la prevenzione dellobesit, poich leducazione alimentare rappresenta lo strumento fondamentale per ottenere comportamenti alimentari corretti e per indurre scelte consapevoli attraverso strategie educative messe in atto a partire dalla prima infanzia; pertanto, la ristorazione scolastica con il suo duplice obiettivo, nutrizionale ed educativo, rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 riveste un ruolo primario per la salute ed il benessere fisico degli alunni di qualsiasi scuola, attraverso la proposizione di piani nutrizionali corretti e validati, che rappresentano un vero e proprio veicolo di proposta e di acquisizione di modelli culturali e comportamentali che influenzeranno le loro scelte. Quanto al requisito del periculum in mora, anchesso indefettibile per il riconoscimento della tutela cautelare invocata, il Giudice si espresso nel senso di disconoscerne la sussistenza, attesa limminenza della conclusione dellanno scolastico e, ancor prima, della cessazione del servizio di refezione al momento della pronuncia. Tale presupposto, daltronde, neanche potrebbe ravvisarsi in ordine ad un diritto esercitabile eventualmente -con liscrizione allanno scolastico successivo -dopo diversi mesi dalla proposizione del giudizio durgenza, posto che il procedimento attivato ai sensi dellart. 700 c.p.c. deve necessariamente essere caratterizzato -alla data della sua iscrizione come al momento della pronuncia -dalla sussistenza di un fondato motivo di temere che, durante il tempo occorrente per far valere il proprio diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio grave, imminente (dunque, attuale) ed irreparabile. Sullopportunit di vedersi riconoscere giudizialmente un diritto non attualmente esercitabile il Giudice, facendo proprie le osservazioni della difesa del Ministero resistente, rileva che alla fine dellanno scolastico sono formulate dalle scuole di tutto il Paese, ai vari Uffici Scolastici regionali, delle mere richieste di autorizzazione al funzionamento di classi e sezioni per il successivo anno scolastico, che richiedono lo svolgimento, a livello nazionale, di complesse operazioni di mobilit del personale, di determinazione dei posti disponibili, di definizione delle procedure per il collocamento in quiescenza per gli aventi diritto, di definizione dei criteri per la chiamata diretta degli insegnanti. Tutte operazioni, propedeutiche alla definizione degli organici di ogni singola istituzione scolastica, al solo termine delle quali possibile stabilire le piante organiche di ogni singola scuola e, a livello locale, le modalit e gli orari di funzionamento delle singole classi e sezioni, di guisa che non ipotizzabile richiedere ladozione di un provvedimento che statuisca sullesistenza di un diritto potenzialmente destinato a rimanere astratto e mai esercitabile. In conclusione, il Tribunale, pur non avendo nutrito dubbi in ordine alla propria giurisdizione relativamente alla posta questione del diritto di scelta, ha evidenziato che sussisterebbe, in ogni caso, la propria carenza di giurisdizione in ordine alla definizione delle concrete modalit di attuazione del diritto de quo, posto che al Giudice ordinario comunque inibito di ordinare allamministrazione un facere in materia di atti emanati nellesercizio di poteri pubblici, totalmente rimessi alla discrezionalit dellAmministrazione (nel caso di specie) scolastica nellambito delle valutazioni di natura tecnica e di opportunit che chiamata ad effettuare, sindacabili eventualmente dinanzi al Giudice Amministrativo. ConTEnzIoSo nAzIonALE In considerazione di tali osservazioni, il mero riconoscimento del diritto invocato dalla ricorrente rischia di ridursi ad una mera petizione di principio, del tutto inidonea a garantire la tutela richiesta. Conclusioni. La tematica oggetto dellordinanza che si commenta appare di estrema attualit e si presta a considerazioni che trascendono la singola questione del cd. pasto domestico, inserendosi in un contesto storico -quello odierno -in cui si assiste al conflitto, sempre pi acceso, tra il diritto individuale ad autodeterminarsi ed i diritti collettivi, rappresentati dallo Stato e dalle finalit da esso perseguite, che conduce inevitabilmente alla sovrapposizione dei secondi sul primo. ComՏ noto, per risolvere le questioni in cui si registri un contrasto tra diritti o interessi diversi ma parimenti garantiti a livello costituzionale, il Giudice deve ricorrere alla tecnica del bilanciamento dei diritti, indicando quale diritto o interesse deve recedere rispetto allaltro nel caso di specie, senza che ci comporti, per, il suo annullamento. Tale operazione viene posta in essere assicurando che la compressione di un diritto sia congrua rispetto al fine che la legge si prefigge e proporzionata. orbene, il nostro ordinamento costituzionale non sempre, nel rapporto tra linteresse dellindividuo e linteresse della collettivit, attribuisce prevalenza a questultimo, si pensi al 1 comma dellart. 32 Cost. che, nel configurare la salute come diritto dellindividuo prima e come interesse della collettivit poi, lascia intendere una netta priorit della tutela del bene individuale, rispetto allinteresse della collettivit che per il suo tramite si realizza. Tuttavia, frequente, in epoche come quella attuale, che determinate situazioni giuridiche soggettive individuali possano essere compiutamente tutelate soltanto per il tramite di un paradigma di tutela collettiva e che, pertanto, la predetta compressione debba essere necessariamente operata a svantaggio dei diritti individuali, anche quando si configurino nella loro accezione di diritto allautodeterminazione. Ci accade, oltre che nel caso esaminato -in cui si rende necessario scongiurare il pericolo per la salute dellintera comunit scolastica, a fronte del beneficio trascurabile di un unico soggetto -anche nel pi discusso caso della libert a vaccinarsi, in cui lesigenza di garantire il pi ampio margine di immunit a determinati tipi di virus, dunque nellattuazione del suo dovere di tutela della salute e della incolumit pubblica, conduce lo Stato centrale ad imporre la somministrazione del vaccino anche contro le scelte e le ideologie dei consociati. In definitiva, nellambito della complessa operazione di bilanciamento degli interessi in gioco, il Giudice deve rapportare i costi sopportati dalla collettivit con i benefici conseguiti dal singolo ed orientarsi nel senso di ga rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 rantire la pi tollerabile sproporzione tra i due, con la conseguenza che, in casi come quello di specie, si render inevitabile approntare una pi effettiva ed immediata tutela ai superiori diritti collettivi. tribunale di napoli, X Sezione civile, ordinanza 25 maggio 2017 -Giud. B. Gargia - F.F. (avv.ti G. Vecchione, C. olivieri e F. Frasca) c. Ministero dellIstruzione, dellUniversit e della ricerca, Ufficio Scolastico regionale Campania, Scuola Primaria Luigi Vanvitelli (avv. St. G. Arpaia). Con ricorso ex art. 700 c.p.c. depositato il 9 marzo 2017 e notificato al Ministero dellUniversit, dellIstruzione e della ricerca, presso lAvvocatura Distrettuale dello Stato, nonch allUfficio Scolastico regionale e alla Scuola Primaria L. Vanvitelli, F.F., quale genitore esercente la potest sulla minore F.L., ha esposto che la figlia frequenta una classe a tempo pieno, articolata su 40 ore settimanali, con entrata alle ore 8 ed uscita alle ore 16.00, presso la scuola primaria Luigi Vanvitelli di napoli e che la stessa, per libera e legittima scelta dei genitori, ha intenzione di non fruire pi della refezione scolastica, durante il tempo mensa, preferendo, in alternativa, un proprio pasto preparato a casa dalla madre; ha, poi, dedotto che la dirigenza scolastica della scuola Vanvitelli, espressamente interpellata sul punto, ha ingiustamente negato tale diritto, con comunicazione del 23 gennaio 2017. Tanto esposto, la ricorrente, ritenendo che il comportamento delle amministrazioni resistenti ledesse diritti soggettivi perfetti, di rango costituzionale, e deducendo lesistenza, non solo del fumus del diritto alla piena tutela della libert di scelta, nonch dei diritti inviolabili di istruzione e di studio, ma anche del periculum in mora, attesa limmediata, ed irreparabile lesione dei suddetti diritti, ha chiesto al tribunale: previo accertamento del proprio diritto di scegliere, per la propria figlia, tra la refezione scolastica ed un pasto di preparazione domestica da consumarsi a scuola nellorario destinato alla refezione scolastica, ordinare, nella presente sede cautelare, allistituto Luigi Vanvitelli, allUfficio Scolastico regionale della Campania ed al Ministero dellistruzione, dellUniversit e della ricerca, di consentirle immediatamente di dotare la propria figlia di un pasto di preparazione domestica, da consumarsi nel refettorio scolastico o in classe, nel- lorario destinato alla refezione, oltre spese processuali con condanna delle resistenti al risarcimento dei danni per responsabilit processuale aggravata ex art. 96, primo comma, c.p.c., sul presupposto, questultima, dellostinato ed ingiustificato diniego dellamministrazione a riconoscere il diritto da lei fatto valere, nonostante i plurimi precedenti giurisprudenziali di merito favorevoli (v. Tribunale e Corte d Appello di Torino e Tribunale Milano). Si costituita lAvvocatura Distrettuale dello Stato di napoli a difesa degli enti convenuti in giudizio (Ministero, Ufficio regionale Scolastico e Scuola Primaria L. Vanvitelli) contestando la domanda avversa, eccependo, in via preliminare, la nullit del ricorso, per mancata e insufficiente esposizione dei fatti posti a fondamento della domanda, nonch linammissibilit del procedimento durgenza, in quanto teso ad ottenere una pronuncia di mero accertamento; ha poi eccepito linfondatezza del ricorso per insussistenza del periculum in mora oltre che per carenza del fumus boni iuris, stante la necessit del bilanciamento del diritto vantato dalla ricorrente, con le superiori esigenze pubblicistiche di tutela della salute collettiva, richiedendo, la somministrazione e la conservazione degli alimenti, il rispetto di rigide norme igienico-sanitarie. Ha, infine, contestato la richiesta avversa di condanna dellAmministrazione al risarcimento danni per responsabilit aggravata ex art. 96 c.p.c. ConTEnzIoSo nAzIonALE Allesito della comparizione delle parti e della discussione dei procuratori, alludienza dell8 maggio 2017 la causa stata riservata per la decisione con termine fino al 15 maggio 2017, per il deposito di note difensive. occorre premettere che la ricorrente ha, nel proprio ricorso, fatto pi volte riferimento alle pronunce del Tribunale di Torino e della Corte dAppello di Torino -pronunce emesse allesito di procedimenti sommari ex art. 702 bis c.p.c. e cautelari ex art. 700 c.p.c. nelle quali stato riconosciuto il medesimo diritto fatto valere in questa sede dalla ricorrente; pacifico , naturalmente, che le suddette pronunce non costituiscano un giudicato efficace anche nei confronti dei genitori dei minori che non hanno partecipato a quei giudizi, e quindi anche nei confronti della odierna ricorrente, non ve dubbio, per, che costituiscano dei semplici precedenti della giurisprudenza di merito dei quali poter tener conto ai fini della decisione. Ci premesso, ritiene, il Tribunale, che il ricorso sia infondato e debba perci essere rigettato, non ritenendosi esistente n il fumus boni iuris, n il periculum in mora, presupposti indispensabili per il richiesto provvedimento durgenza. Con riferimento al fumus boni iuris, parte ricorrente, come dedotto e in ogni caso precisato nelle note difensive depositate dopo ludienza d discussione, non lamenta la lesione di un diritto patrimoniale, quale potrebbe derivare dalla necessit - per esservi costretta a causa del diniego dellIstituto scolastico di fruire, e conseguentemente di sostenere, il costo del servizio mensa, che un servizio a pagamento (che, peraltro, come risaputo e comunque chiarito dal- lavvocatura distrettuale, prevede una contribuzione proporzionata al reddito); la ricorrente, dunque, espressamente nega che il diritto leso e per il quale si richiede la tutela durgenza, sia un diritto di natura patrimoniale. E daltra parte, ove cos fosse, apparirebbe di chiara evidenza linsussistenza del periculum in mora che, per poter giustificare un provvedimento di urgenza, ex art. 700 c.p.c., richiederebbe la prova della particolare ed intensa gravit del danno economico (la giurisprudenza, infatti, non esclude che il danno economico possa giustificare lemissione di un provvedimento di urgenza, ma richiede che esso sia tale da privare la parte dei mezzi di sussistenza, in modo da incidere su beni primari costituzionalmente garantiti, o comunque che esso sia insuscettibile di tutela piena ed effettiva allesito del giudizio di merito, perch lo strumento risarcitorio non sarebbe in grado di riparare in pieno il pregiudizio sofferto, sussistendo uno scarto intollerabile tra danno subito e danno risarcito). Dunque, parte ricorrente lamenta la sussistenza di un pregiudizio imminente ed irreparabile derivante dalla lesione di diritti non patrimoniali, fondamentali della persona e costituzionalmente rilevanti, ovvero, il diritto alla libert di scelta tra mensa scolastica e pasto domestico, il diritto allo studio e allistruzione, il diritto al lavoro della madre (che sarebbe leso ove la stessa fosse costretta a prelevare la minore dalla scuola, durante il tempo mensa, per poi riportarla a scuola successivamente) e alluguaglianza. Ci premesso, deve rilevarsi che, stante linsussistenza di specifiche ragioni attinenti alla salute della minore L., che possano impedire alla stessa di fruire del servizio-mensa messo a disposizione dalla scuola, non appare al Tribunale che, dal comportamento dellamministrazione convenuta, derivi il pericolo di una lesione del diritto allistruzione, anche nella sua pi ampia accezione (non limitata, perci, alla mera attivit del docente di impartire cognizioni), posto che risulta che attualmente la minore stia continuando, attesa la denegata autorizzazione dellIstituto a portare un pasto domestico, a fruire della mensa scolastica, cos partecipando integralmente allattivit scolastica, anche durante il tempo mensa e il dopo-mensa (che integra, in maniera indiscussa ed incontestata, un momento di grande condivisione e socializzazione e, perci, ha una importante finalit educativa e didattica); n, tanto meno, risulta leso rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 il diritto al lavoro (diritto che, peraltro, sarebbe nella titolarit di un soggetto diverso dalla minore, nel cui interesse solo la F. agisce); n, infine, come sopra detto, viene dedotta, a fondamento della richiesta cautelare, la lesione immediata del diritto alla salute della minore, non lamentando, la ricorrente, il mancato rispetto, da parte del servizio di refezione scolastica fornito dalla ditta attualmente appaltatrice, delle normali regole igienico-sanitarie, la cui disapplicazione potrebbe determinare un pericolo per la salute della minore. A ben vedere, dunque, lunico diritto che astrattamente potrebbe essere leso, nella fattispecie, il diritto alla libert individuale di scelta di consumare, durante lorario della mensa, anzich il pasto messo a disposizione dal servizio di refezione scolastica, il pasto domestico. ritiene, peraltro, questo tribunale - contrariamente ai plurimi precedenti della giurisprudenza di merito, noti a questo Giudice, e comunque esibiti dalla parte ricorrente -che tale diritto non possa ricevere la richiesta tutela. E ci deve dirsi in considerazione del fatto che contrapposti al diritto sopra indicato, del quale la ricorrente chiede in questa sede limmediata tutela, vi sono altri diritti della collettivit, ugualmente meritevoli di tutela, quali il diritto alluguaglianza (garantito proprio dalla possibilit dei bambini di condividere, in un momento comune, proprio il medesimo pasto, senza discriminazioni) e, in primis, il diritto alla salute della minore stessa oltre che degli altri partecipanti alla comunit scolastica. Lamministrazione (cfr. anche la nota della Dirigente dellIstituto Scolastico Vanvitelli, del 23 gennaio 2017) ha infatti evidenziato i concreti rischi connessi alla possibilit dei bambini di portare, ognuno, il proprio pasto da casa; ovvero, i rischi alla salute per lo stesso minore che consuma il pasto domestico, rischi dovuti alla mancanza di strutture adeguate per la corretta conservazione dei cibi, rischi alla sicurezza dei minori, per lassenza di personale ad hoc, assicurato ed adeguatamente formato, per la vigilanza degli alunni e assistenza al pasto, e soprattutto i rischi per la salute degli altri minori, fruitori del servizio di refezione scolastica, connessi al non improbabile scambio di alimenti e contaminazione alimentare. Diritti di prioritaria importanza, che rischierebbero di essere gravemente pregiudicati, e con i quali pertanto, occorre effettuare un attento bilanciamento. Come infatti, sottolineato dallamministrazione resistente, necessario contestualizzare il diritto vantato dalla ricorrente e valutarlo nellambito della comunit scolastica, effettuando un necessario bilanciamento del diritto di ciascuno con i contrapposti diritti degli altri membri della comunit, a cui ci si rapporta, nella specie, quella scolastica. E daltra parte, non pu dubitarsi che vi siano regole imposte dalla convivenza civile, che devono essere rispettate, e che possono determinare la tollerabile limitazione e riduzione di alcuni diritti, pur se fondamentali. Del resto essere partecipi di una comunit sociale, quale appunto quella scolastica, impone il rispetto delle regole di convivenza civile, in ossequio allart. 2 Cost., secondo il quale i singoli hanno non solo diritti ma anche doveri di solidariet sociale. Come noto, i diritti fondamentali riflettono il valore delluomo e ne consentono la piena dignit e il libero sviluppo della personalit; peraltro, detti diritti, la cui tutela trova fondamento nella Carta Costituzionale, rispecchiano al contempo la loro dimensione sociale, che implica la necessaria coesistenza pluralistica di libert e diritti contrapposti, di diversi soggetti. Da tanto consegue che laccertamento in concreto dellinviolabilit degli stessi induce a non fermarsi alla loro cornice formale, ma a guardare se essi risultano incisi oltre una certa soglia minima, cagionando un pregiudizio serio. Ci quanto sostanzialmente affermato nella sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 26972/08, secondo la quale loffesa arrecata priva di gravit, qualora non venga inciso un diritto, anche costituzionalmente rilevante, oltre una soglia minima; in particolare, La gravit delloffesa costituisce requisito ulteriore ConTEnzIoSo nAzIonALE per lammissione a risarcimento dei danni non patrimoniali alla persona conseguenti alla lesione di diritti costituzionali inviolabili. Il diritto deve essere inciso oltre una certa soglia minima, cagionando un pregiudizio serio. La lesione deve eccedere una certa soglia di offensivit, rendendo il pregiudizio tanto serio da essere meritevole di tutela in un sistema che impone un grado minimo di tolleranza. Il filtro della gravit della lesione e della seriet del danno attua il bilanciamento tra il principio di solidariet verso la vittima, e quello di tolleranza. Da tale affermazione di principio la Suprema Corte fa derivare che il risarcimento del danno non patrimoniale dovuto solo nel caso in cui sia superato il livello di tollerabilit ed il pregiudizio non sia futile. Dunque, concludendo, laccertamento di una minima seriet delloffesa garanzia di unoggettiva rilevanza del danno e consente di escludere quei pregiudizi che, anzich tutelare la persona, assecondano lintolleranza a scapito del pluralismo dei diritti. Sulla base dei suddetti principi, possibile affermare che non appare sussistere, nella fattispecie concreta allesame di questo Giudice, quanto meno in questa sede, il fumus del diritto del quale la ricorrente ha chiesto limmediata tutela. n, per vero, appare ravvisabile il concreto periculum in mora, ovvero il pregiudizio imminente ed irreparabile che la ricorrente potrebbe subire nellattesa di un giudizio di merito, diretto ad ottenere laccertamento del proprio diritto. occorre, infatti, rilevare che lanno scolastico di imminente conclusione e che il servizio mensa -attivato sin dallinizio del- lanno scolastico -sta ormai per concludersi fra poco pi di una settimana, poich cesser alla data del 31 maggio 2017 (e, in ogni caso, va evidenziato che il ricorso stato proposto solo nel mese di marzo e, dunque, dopo 5 mesi dallinizio della refezione scolastica). n potrebbe ravvisarsi il dedotto periculum in mora, con riferimento ad un diritto esercitabile in via eventuale e solo dopo diversi mesi dalla proposizione del giudizio durgenza, ovvero per lanno scolastico a venire; sul punto, va sottolineato quanto affermato dallamministrazione, nelle proprie note difensive depositate, secondo cui, attualmente, sono state formulate dalle singole scuole ai vari Uffici Scolastici regionali, per il prossimo anno scolastico, mere richieste di autorizzazione al funzionamento di classi e sezioni e sono in corso, a livello nazionale, operazioni di mobilit del personale, di determinazione dei posti disponibili; dette operazioni, particolarmente complesse, sono propedeutiche alla definizione degli organici di ogni singola istituzione scolastica e, conseguentemente, alla determinazione delle modalit e degli orari di funzionamento delle singole classi e sezioni (se a 24, 27, 30 o 40 ore settimanali) di ciascun Istituto, con la conseguenza che come sottolineato dallavvocatura del Ministero, non attualmente possibile predeterminare con certezza se la classe frequentata dalla figlia della ricorrente, nel prossimo anno scolastico, funzioner a tempo pieno, con uscita alle ore 16,00, o a tempo ridotto, di guisa che non possibile, sin da ora, ipotizzare una eventuale lesione del diritto della ricorrente per il prossimo anno scolastico ed emettere un provvedimento che statuisca sullesistenza di un diritto solo potenzialmente ed in via astratta esercitabile. Infine, preme a questo Giudice evidenziare come il riconoscimento del diritto della ricorrente, alla libert di scelta tra mensa scolastica e pasto domestico, durante il tempo-mensa, rischia di ridursi ad una mera e sterile affermazione di principio, non concretamente idonea a fornire piena tutela alla ricorrente, proprio alla luce della incontestata sussistenza della discrezionalit dellAmministrazione scolastica nellorganizzazione del servizio; ed infatti, gli istituti scolastici dovrebbero individuare e prescrivere le modalit concrete per consentire detto esercizio del diritto, effettuando valutazioni di natura tecnica e di opportunit, certamente insindacabili da parte del Giudice ordinario, cercando, cos, di bilanciare i diritti individuali di coloro che richiedono di portare, durante il tempo mensa, il proprio pasto da casa, con gli interessi pub rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 blici e i diritti della collettivit sopra menzionati (diritto allistruzione, alluguaglianza e alla salute); il tutto tenuto conto delle risorse a disposizione dellamministrazione, sia in termini di personale (essendo evidente che laumento del numero di bambini che consumano un pasto domestico e dunque non controllato, rende necessaria una pi consistente operazione di vigilanza dei docenti e del personale, onde impedire lo scambio di alimenti e la sicurezza del momento mensa) che di spese (richiedendosi probabilmente attrezzature tecniche nelle scuole, quali fornetti, frigoriferi, contenitori). Per tutto quanto sopra detto, ritiene il Tribunale che la domanda della ricorrente debba essere rigettata, attesa linsussistenza dei presupposti per il richiesto provvedimento durgenza. Quanto alle spese, in considerazione della particolarit, novit e complessit della questione giuridica affrontata, oltre che dellesistenza di orientamenti favorevoli alle deduzioni della ricorrente, devono ritenersi sussistere eccezionali ragioni per la compensazione delle stesse. P.Q.M. - rigetta il ricorso; - Compensa integralmente le spese di lite. napoli, 25/5/17 ConTEnzIoSo nAzIonALE In materia di cause aventi ad oggetto danni derivanti da urto di navi al di fuori del mare territoriale: il giudice competente Nota a triBUNale Di roma, sez. ii CiV., orDiNaNza 30 maGGio 2017 Massimo Giannuzzi* Con lordinanza in esame il Tribunale di roma ha accolto leccezione di incompetenza territoriale sollevata dallAvvocatura dello Stato, nellinteresse del Ministero della Difesa e del Comandante della Corvetta Sibilla della Marina Militare italiana (rappresentato e difeso dallAvvocatura dello Stato, ex art. 44 del regio decreto n. 1611/1933), evocati in giudizio da soggetti che assumono di essere parenti di alcune delle vittime del naufragio subito dalla motovedetta albanese su cui le stesse erano imbarcate, al largo del canale di otranto, in data 28 marzo 1997, per ottenere il risarcimento dei danni -sia iure proprio, sia iure hereditatis -conseguenti al naufragio dovuto allasserito speronamento della predetta motovedetta, da parte della Corvetta Sibilla. Il Tribunale di roma mostra di condividere lassunto della difesa erariale circa lapplicabilit, nel caso di specie, del disposto dellart. 590 del codice della navigazione, in forza del quale la competenza territoriale per le cause riguardanti i danni dipendenti da urto di navi, se il fatto avvenuto fuori del mare territoriale (come nel caso di specie), attribuita al tribunale della circoscrizione nella quale avvenuto il primo approdo della nave danneggiata, o larrivo della maggior parte dei naufraghi, o, in mancanza, al tribunale della circoscrizione nella quale il luogo di iscrizione della nave. Sulla base di questa disposizione del codice della navigazione, il Tribunale di roma ha escluso lapplicabilit al caso di specie dellultima parte del- lart. 25 del codice di procedura civile, secondo il quale, quando convenuta unAmministrazione dello Stato e la causa ha ad oggetto un rapporto di obbligazione, il distretto in cui si trova il giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie si determina con riguardo al giudice del luogo in cui sorta o deve eseguirsi lobbligazione. Conclusivamente il Tribunale di roma, muovendo dalla premessa che, in forza dellart. 7 del regio decreto n. 1611/1933, le norme di competenza rimangono ferme anche quando sia parte in causa unAmministrazione dello Stato, per i giudizi di cui agli artt. 873 del codice di commercio e 94 del codice di procedura civile (il cui contenuto precettivo stato trasfuso rispettivamente nellart. 590 del codice della navigazione e 22 del codice di procedura civile), ha individuato nel Tribunale di Brindisi il giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie (ovvero lart. 590 del codice della navigazione), il (*) Avvocato dello Stato. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 primo approdo della motovedetta albanese essendo avvenuto nella circoscrizione del predetto Tribunale. Il giudicante pervenuto a dichiarare la propria incompetenza territoriale, in favore del Tribunale di Lecce, luogo in cui ha sede lufficio dellAvvocatura dello Stato, nel cui distretto si trova il Tribunale di Brindisi, in forza del disposto della prima parte dellart. 25 del codice di procedura civile. tribunale di Roma, Sez. II civ., ordinanza 30 maggio 2017 -Giud. A. Canonaco - C.P. ed altri (avv.ti G. Polverini e C. Di Marco) c. Ministero della difesa e L.F. (avv. gen. Stato). Premesso che gli attori di cui sopra hanno convenuto in giudizio il Ministero della Difesa e L.F. dinanzi al Tribunale di roma per ottenerne la condanna, in solido, al risarcimento del danno, sia iure proprio che iure hereditatis, da essi riportato quali prossimi congiunti delle vittime del naufragio della motovedetta albanese Kater I rades, verificatosi il 28 marzo 1997, nel canale di otranto (naufragio asseritamente provocato dallo speronamento posto in essere dalla nave della Marina Militare Italiana, la Corvetta Sibilla, nel corso di un'operazione di interdizione navale, finalizzata ad impedire l'ingresso della motovedetta albanese nelle acque territoriali italiane ove era diretta per l'approdo); che parte convenuta, costituita il 24 febbraio 2017 per l'udienza di prima comparizione fissata per il 20 marzo 2017 eccepiva, in via pregiudiziale, l'incompetenza del Tribunale di roma adito per essere inderogabilmente competente il Tribunale di Lecce, a norma del combinato disposto dell'art. 590 comma 2 del codice della navigazione e dell'art. 25 cpc; che parte attrice ha chiesto il rigetto dell'eccezione pregiudiziale, non essendo stati contestati tutti i criteri di collegamento previsti dall'art. 18, 19 e 20 cpc e dall'art. 25 cpc (in particolare con riguardo al forum destinatae solutionis); che parte attrice ha contestato in ogni caso l'infondatezza dell'eccezione pregiudiziale, asserendo che a norma dell'art. 25, secondo comma, cpc sussista la competenza territoriale del Tribunale di roma quale forum destinatae solutionis (foro concorrente a quello relativo al luogo in cui sorta l'obbligazione), coincidendo il primo, in base alle norme di contabilit pubblica, con il luogo ove sita la tesoreria provinciale nella cui circoscrizione domiciliato il creditore (tenuto conto che nelle specie i creditori residenti all'estero e cittadini albanesi hanno quale unico centro di interessi lo studio professionale dei propri difensori dove hanno eletto domicilio); parte attrice ha poi aggiunto che il diritto al risarcimento esercitato nell'odierno giudizio troverebbe fondamento nell'obbligo risarcitorio previsto a carico dello Stato italiano ai sensi della legge 23 dicembre 2000 n. 388 art. 82 punto 3 e che pertanto, trattandosi di dare applicazione ad un obbligo dello Stato imposto dalla legge sussisterebbe la competenza del Tribunale di roma, sia in relazione al luogo in cui sorta l'obbligazione, sia in relazione al luogo in cui essa deve eseguirsi; oSSErVA In primo luogo deve osservarsi che parte attrice ha prospettato, per i fatti ascritti nell'atto introduttivo, una responsabilit del Ministero della Difesa e del comandante della nave della marina militare L.F. ai sensi degli artt. 2043 cc., art. 185 cp e art. 2059 c.c., senza fare alcun riferimento, n in fatto, n in diritto alla legge n. 388/2000 che peraltro all'art. 82 comma 3 si limita a prevedere che "il ministero della difesa autorizzato, fino al limite complessivo di 10 miliardi di lire, in ragione di 5 miliardi di lire per ciascuno degli anni 2001 e 2002, a de ConTEnzIoSo nAzIonALE finire consensualmente, anche in deroga alle disposizioni di legge in materia, ogni lite in corso con le persone fisiche che hanno subito danni a seguito del naufragio della nave "Kaider i rades a451" avvenuto nel canale di otranto il 28 marzo 1997." Conseguentemente non ravvisabile alcun obbligo statuale in virt della richiamata disposizione che pertanto non pu incidere - avuto riguardo all'oggetto della domanda - sui criteri di collegamento per l'individuazione del giudice territorialmente competente. Ancora deve osservarsi che il sinistro marittimo oggetto di causa avvenuto, per pacifica ammissione delle parti, fuori dal mare territoriale italiano. L'ad. 589 del codice della navigazione prevede che le cause riguardanti i danni dipendenti da urto di navi come nella specie (essendo stato dedotto lo speronamento della motovedetta Kater I rades da parte della Corvetta Sibilla) sono proposte davanti al Tribunale, mentre in ordine alla competenza territoriale l'art. 590 cod. nav. dispone che "se il fatto avvenuto fuori del mare territoriale, le cause sono proposte avanti il tribunale della circoscrizione, nella quale avvenuto il primo approdo della nave danneggiata, o l'arrivo della maggior parte dei naufraghi, o, in mancanza, avanti il tribunale della circoscrizione nella quale il luogo di iscrizione della nave." Si tratta di disposizioni speciali che prevedono ipotesi di competenza per territorio inderogabile, giusta il disposto di cui agli artt. 25 cpc e 7 del rd n. 1611 del 1933. Invero l'art. 25 cpc rinvia alle leggi speciali sulla rappresentanza e difesa dello Stato in giudizio e tra tali disposizioni il citato art. 7 rd n. 1611/1933 stabilisce che "le norme ordinarie di competenza rimangono ferme, anche quando sia in causa un'Amministrazione dello Stato, per i giudizi ....... di cui agli artt. 873 del codice di commercio e 94 del codice di procedura civile" (ora rispettivamente art. 590 codice navigazione 1942 e art. 22 c.p.c. 1942). Conseguentemente per effetto del citato rd n. 1611 del 1933 art. 7 per le cause di cui all'art. 590 cpc (come quella odierna) proposte nei confronti della p.a. trovano applicazione non le disposizioni contenute nell'art. 25 cpc sul foro erariale (relative al luogo in cui sorta o deve eseguirsi l'obbligazione) bens la regola ordinaria di cui al citato art. 590 cpc che fa riferimento al luogo in cui avvenuto il primo approdo della nave danneggiata (cfr per una ipotesi simile Cass. Sez. 6-3 ordinanza n. 1465 del 2014). ne consegue che deve affermarsi la competenza territoriale inderogabile del Tribunale di Lecce, come indicato da parte convenuta, luogo in cui ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto si trova il Tribunale di Brindisi, competente secondo le norme ordinarie (ovvero il richiamato art. 590 cod. navigazione). Deve precisarsi che trattandosi di incompetenza per territorio inderogabile non rileva la dedotta incompleta eccezione di parte convenuta, potendo la questione essere rilevata d'ufficio non oltre l'udienza di cui all'art. 183 cpc. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo tenuto conto dei parametri di cui al dm 55/2014, del valore della domanda e dell'attivit in concreto svolta. PQM dichiara l'incompetenza territoriale dell'adito Tribunale di roma, per essere territorialmente competente ex art. 7 r.D. n. 1611 del 1933 e art. 25 cpc il Tribunale di Lecce; assegna termine di mesi tre, dalla comunicazione della presente ordinanza, per la riassunzione della causa dinanzi al giudice dichiarato territorialmente competente; condanna parte attrice al pagamento delle spese dell'odierno giudizio in favore di parte convenuta, liquidate in complessivi euro 7.000,00 oltre accessori come per legge. Si comunichi roma 29.05.2017 rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 Laccesso alla documentanzione fiscale e tributaria del coniuge nei giudizi di separazione: normativa ed orientamenti giurisprudenziali Nota a triBUNale ammiNistratiVo reGioNale Per la emilia romaGNa, sez. i, seNteNze. 2 FeBBraio 2017 NN. 64 e 65 Valentina Pincini* Il presente articolo ha lo scopo di approfondire laccesso alla documentazione fiscale e tributaria del coniuge nel processo di separazione, al fine di orientare il lettore nel panorama normativo rappresentato dalla L. n. 241/1990, in via generale, e dalla recentissima introduzione dellart. 155 sexies disp. att. c.p.c., che ha, apparentemente, provocato un restringimento del diritto di accesso cos come definito dalla 241/1990. In unottica tecnico-pratica, lanalisi si estender agli orientamenti giurisprudenziali prima e dopo il 2014, al fine di comprendere linterpretazione data dai giudici alle nuove disposizioni e leventuale rapporto fra il nuovo ed il vecchio diritto di accesso allAnagrafe Tributaria. sommario: 1. Premessa -2. la nuova normativa per la ricerca con modalit telematiche dei beni da pignorare: i motivi dellestensione ai procedimenti familiari e la sua applicazione concreta - 3. il diritto di accesso: natura giuridica, requisiti ai sensi della l. n. 241/1990 e della l. n. 15/2005, rapporto con il diritto di privacy - 4. il contrasto giurisprudenziale - 5. Conclusioni. 1. Premessa. Il diritto di accesso, nei termini che di seguito verranno dettagliatamente indicati, la modalit mediante la quale la Pubblica Amministrazione, dapprima trincerata dietro ad un manto di impermeabilit, diventa penetrabile dal privato, dando cos attuazione piena al principio di buon andamento dellazione amministrativa ex art. 97 Cost. e il diritto di informazione ex art. 21 Cost. (1). Il diritto di accesso ai sensi dalla L. n. 241/1990 permette, infatti, una tutela piena ed effettiva ai privati cittadini che avranno solo lonere di dimostrare di avere interesse a visionare ed estrarre copia dei documenti posseduti dal- lAmministrazione. Fino alla recentissima riforma del Codice di Procedura Civile e delle Disposizioni Attuative dello stesso, laccesso era consentito anche ai documenti posseduti dallAnagrafe Tributaria, ma, in unottica di tutela di eventuali altri controinteressati, era ammessa esclusivamente la presa visione senza possibilit di estrarre copia. (*) Dottoressa in Giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato di Bologna. (1) CArInGELLA F., manuale di diritto amministrativo, X edizione. ConTEnzIoSo nAzIonALE Tale orientamento normativo ha trovato pieno riscontro nella giurisprudenza del Consiglio di Stato (2), che adita sul tema, ha sempre ordinato alla P.A. di consentire laccesso alla documentazione posseduta nella sola forma della visione. La normativa, introdotta con il D.L. 12 settembre 2014, n. 132 e convertito nella L. n. 162/2014, sulla ricerca con modalit telematiche dei beni da pignorare, ha modificato lart. 155 sexies disp. att. c.p.c. ed ha esteso le disposizioni in materia di ricerca con modalit telematiche dei beni da pignorare anche ai procedimenti in materia di diritto di famiglia, per leffetto laccesso allAnagrafe Tributaria non pi libero e privo di limiti, ma sottoposto a preventiva ed apposita autorizzazione rilasciata dallAutorit Giudiziaria. Tale cambiamento ha avuto risvolti anche giurisprudenziali ed, infatti, le recentissime sentenze gemelle (3) del TAr Emilia-romagna si sono fatte portavoce della nuova normativa, entrando in collisione con i precedenti e consolidati orientamenti giurisprudenziali. Proprio il Tribunale bolognese ha statuito che l'autorizzazione deve necessariamente essere richiesta anche nei casi in cui si voglia agire in forza degli artt. 22 e ss. della L. n. 241/1990 e dellazione ex art. 116 c.p.a., altrimenti, presentando un istanza direttamente allAgenzia delle Entrate, vi sarebbe uno sviamento della normativa (4). Se cos non fosse stato, si sarebbe arrivati allassurda conclusione che lart. 492 bis c.p.c. e gli artt. 155 quinquies e sexies disp. att. c.p.c. offrissero una via alternativa ed opzionale per il soggetto interessato che, per, verrebbe aggirata, essendo sicuramente pi lunga ed incerta, in quanto soggetta al controllo di un organo giurisdizionale. La trattazione che segue vuole indagare i dettagli della nuova normativa ed i motivi che hanno spinto il legislatore ad estenderla al diritto di famiglia, richiamare in modo sintetico i principi del diritto di accesso, gi ampiamente trattato dalla dottrina, al fine di comprendere la portata della nuova normativa in materia di accesso agli atti dellAgenzia Tributaria nei procedimenti di separazione dei coniugi. Ma fino a che punto si pu parlare di contrasto giurisprudenziale? E so (2) Fra molte, Cons. di Stato, sentenza n. 2472/2014. (3) Con il termine gemelle si vuole indicare due pronunce aventi ad oggetto le medesime domande, difese ed eccezioni, per le quali il TAr Emilia-romagna determina le stesse conclusioni e statuizioni. (4) lautorizzazione deve necessariamente essere richiesta anche nel caso in cui gli stessi diretti interessati intendano agire esternamente alla causa civile che li vede coinvolti, avvalendosi dell'istituto dell'accesso di cui agli artt. 22 e ss. l. n. 241/1990 ed eventualmente dell'azione ex art. 116 c.p.a. per ottenere l'ostensione di documenti contenuti in una banca dati telematica. Diversamente opinando, infatti, si perverrebbe all'illogica conclusione (certamente non voluta dal legislatore) che la nuova disciplina autorizzatoria alla ricerca con modalit telematiche sia, di fatto, inutiliter data, in concreto ben potendo le parti in causa in quelle controversie, aggirare l'ostacolo dell'autorizzazione presentando direttamente istanza di accesso alla competente agenzia delle entrate (TAr Emilia-romagna, sez. I, sentenze nn. 64-65/2017). rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 prattutto il TAr Emilia-romagna si fatto portavoce del testo della riforma oppure ha mal interpretato il diritto di accesso secondo la L. n. 241/1990? Dultimo la nuova normativa pu avere risvolti positivi per la tutela dei diritti dei privati o pu qualificarsi come mera limitazione di un diritto ormai acquisito dai cittadini? La novit delle questioni affrontate, la centralit dellargomento e la sua rilevanza non solo giuridica ma anche pratica, accennate nelle domande che precedono, hanno giustificato -nelle sentenze del TAr Emilia-romagna -lintegrale compensazione delle spese legali, pur nella piena vittoria dellAvvocatura di Stato. 2. la nuova normativa per la ricerca con modalit telematiche dei beni da pignorare: i motivi dellestensione ai procedimenti familiari e la sua applicazione concreta. La L. n. 162/2014 ha introdotto nel nostro ordinamento, per il tramite del- l'art. 492 bis c.p.c., un sistema per rendere pi efficiente e pi rapido il processo esecutivo, consentendo all'Ufficiale Giudiziario di effettuare indagini per via telematica presso le principali banche dati della Pubblica Amministrazione previa autorizzazione del Presidente del Tribunale del luogo di residenza del debitore. L'art. 155 sexies disp. att. c.p.c. ha esteso tale applicazione alla ricostruzione dell'attivo e del passivo nell'ambito delle procedure concorsuali, ai procedimenti in materia di famiglia ed a quelli relativi alla gestione di patrimoni altrui. Si tratta di casi non assimilabili e non riconducibili ai procedimenti di natura esecutiva ed agli atti di pignoramento, ove l'accesso alle banche dati ha la finalit di reperire beni e crediti da sottoporre a procedure esecutive per soddisfare un pregresso diritto di credito. nei procedimenti di famiglia, invece, l'accesso alle banche dati e, nello specifico, all'Anagrafe Tributaria consente al giudice l'analisi delle singole capacit reddituali dei membri della coppia, cos che possa pervenire ad una corretta determinazione della misura degli assegni previsti dalla legge in favore dei figli e del coniuge che abbia minore disponibilit economica. noto che nei procedimenti giudiziari in materia di famiglia l'aspetto su cui spesso si sviluppa la maggior parte del contenzioso tra coniugi-genitori costituito proprio dalla commisurazione dell'eventuale assegno in favore del- l'altro coniuge e/o dei figli nell'ottica di quanto richiesto dal Codice Civile. L'art. 155 impone il mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, cos come l'art. 156 assicura al coniuge cui non sia addebitabile la separazione quanto necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri. Dunque, il mantenimento dovr tendenzialmente assicurare al beneficiario un tenore di vita analogo a quello precedente alla separazione (5), a meno che il coniuge non fruisca di redditi propri, ConTEnzIoSo nAzIonALE tali da fargli mantenere una simile condizione e purch sussista una differenza di reddito tra i coniugi (6). Lobbligo delle parti di allegazione dei Modelli reddituali costituisce esclusivamente un primissimo momento di indagine, in quanto tacciono sul- l'effettivo spessore reddituale della vita familiare ed per questo che il Tribunale di roma in primis, seguito poi da tutti gli altri Uffici Giudiziari, ha iniziato a chiedere alle parti, che avessero presentato un'istanza di separazione, di allegare una dichiarazione giurata nella quale riassumere ed indicare le propriet, i conti correnti bancari o postali, le carte di credito e gli investimenti in uso alle parti o nella loro disponibilit (7). Tale intervento volto alla tutela del diritto al contraddittorio e di difesa delle parti processuali e, oggi, per il tramite dellart. 155 sexies disp. att. c.p.c., la tutela resa ancora pi effettiva essendoci una norma di legge espressa. Sotto il profilo meramente pratico, il creditore (ovvero il coniuge) propone istanza al Presidente del Tribunale nel luogo ove il debitore (ovvero l'altro coniuge), risiede o ha dimora. Con listanza dovr, altres, chiedere lautorizzazione allaccesso alle banche dati e dovr indicare i motivi e le ragioni su cui si fonda la richiesta. Il Presidente, o un giudice designato, si pronuncer autorizzando o negando l'accesso. ottenuta l'autorizzazione, nella prima versione della normativa, il creditore si rivolgeva, appunto, all'Ufficiale Giudiziario che conduceva direttamente lindagine; ora, con la modifica ad opera del D.L. 27 giugno 2015, n. 83, stata disposta l'immediata fruibilit da parte del creditore delle informazioni contenute nelle banche dati previste dall'art. 492 bis c.p.c. Laccesso riguarda in particolar modo il potente software investigativo dell'Agenzia delle Entrate, denominato serpico, che consente di accedere cumulativamente a conti correnti bancari e postali, ai dossier titoli, ai rapporti cessati, alle garanzie prestate dagli operatori finanziari nellinteresse del cliente e, da ultimo, alle posizioni nelle quali il soggetto soltanto il titolare di mera delega ad operare o destinatario di procura. Tale sistema viene utilizzato dal- l'Agenzia delle Entrate per la lotta all'evasione fiscale mediante controllo su saldi e movimenti nei rapporti bancari e finanziari (8). Dai cenni appena fatti alla normativa, appare evidente e, quindi superfluo evidenziare, il motivo che ha condotto il legislatore a sottoporre l'accesso alla (5) La prima sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11504 del 10 maggio 2017, ha dato una nuova lettura in tema di assegno divorzile, ritenendo che il criterio per lassegnazione debba essere quello dellindipendenza e dellautosufficienza economica dellex coniuge. (6) Cass. Civ., 27 giugno 2006, n. 14840. (7) la corretta lettura del reddito della famiglia nel processo di separazione e divorzio -il diritto di accessoe di copiadelle movimentazioni esistenti presso lanagrafe tributaria, Convegno Milano 24 maggio 2016. Commento Avv. Vaccaro Giorgio. (8) BArILoTTo A., Gli accertamenti patrimoniali e reddituali nel processo della famiglia tramite banche dati telematiche e indagini di polizia tributaria, in Famiglia e Diritto, 2016, 6, 608. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 valutazione delle opportunit da parte di un organo terzo ed imparziale qual il giudice, per di pi individuato nel massimo organo giudiziario di riferimento -il Presidente del Tribunale - trattandosi di procedimenti particolarmente delicati nei quali rilevano le esigenze di riservatezza e di privacy in capo ai diversi membri della famiglia, anche alla luce della potenza investigativa delle banche dati possedute dallAgenzia delle Entrate ed introdotte per scopi istituzionali. 3. il diritto di accesso: natura giuridica, requisiti ai sensi della l. n. 241/1990 e della l. n. 15/2005, rapporto con il diritto di privacy. Se si analizzasse esclusivamente la nuova riforma non sorgerebbero dubbi sulla sua legittimit, eppure nellambito amministrativo non va taciuto il rinvio alla L. n. 241/1990 che introduce il diritto all'accesso, quale prerogativa dei soggetti interessati senza passare per il tramite dellautorizzazione del Presidente del Tribunale. Accanto ai principi regolatori dellazione amministrativa (legalit, imparzialit, buona amministrazione), la dottrina e la giurisprudenza ne hanno individuato uno nuovo destinato a ridefinire in chiave democratica il rapporto fra amministratori ed amministrati, trasformando questultimi da spettatori a protagonisti delloperato dei pubblici poteri: il cd. principio di trasparenza, operante mediante il diritto di accesso, cos come regolamentato dagli artt. 22 e ss. della L. n. 241/1990. Il diritto di accesso ha, quindi, una duplice valenza: una posizione soggettiva che garantisce al privato la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti nei confronti della Pubblica Amministrazione ed , allo stesso tempo, funzionale ad assicurare la concretizzazione dei principi generali di imparzialit e trasparenza amministrativa (9). Prima di entrare nel vivo degli artt. 22 e ss. della L. n. 241/1990, va indagata la natura giuridica dellaccesso agli atti amministrativi ricordando le difficolt interpretative connesse allinquadramento del diritto di accesso nelle categorie giuridiche tradizionali. Se ancora oggi la dottrina oscilla fra laccesso come diritto e laccesso come interesse - non oppositivo e non pretensivo, ma partecipativo -il legislatore, dal canto suo, collocando il diritto di accesso nella giurisdizione esclusiva, ha sicuramente optato per la natura di diritto soggettivo. Quanto alla giurisprudenza, se in passato ha sostenuto entrambe le tesi, attualmente tende pragmaticamente a glissare sul punto. Le complicazioni sorgono con il comma 2 dellart. 22 della 241/1990 che, descrivendo laccesso come finalit di pubblico interesse, fa acquisire allo stesso connotati di fine obiettivo di giustizia e democrazia amministrativa e, (9) PozzAnI P., il diritto di accesso tra riforma ed applicazione giurisprudenziale: una nuova dinamica tra interesse e diritto, in www.giustizia-amministrativa.it, 2012, n. 1, pag. 4281. ConTEnzIoSo nAzIonALE quindi, specifiche finalit di pubblico interesse, facendone una sorta di super diritto con una forte connotazione pubblicistica. Eppure un potere finalizzato ad un interesse superindividuale non n un diritto soggettivo n un interesse legittimo. Si tratta, quindi, di una situazione soggettiva nuova, ermafrodita e sconosciuta (10). Un altro acceso dibattito, sempre in materia di diritto di accesso, il suo inquadramento come situazione giuridica autonoma o piuttosto come situazione strumentale-procedimentale. Il dubbio va risolto in questultimo senso, essendo laccesso sotteso alla tutela di una situazione giuridica sottostante (11). Il diritto di accesso definito dallart. 22 della L. n. 241/1990 come il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi stato elevato a livello essenziale delle prestazioni ed infatti il comma 2 della medesima disposizione stabilisce che laccesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalit di pubblico interesse, costituisce principio generale dellattivit amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne limparzialit e la trasparenza. La possibilit di prendere visione ed estrarre copia, per, viene riservata ai soli interessati, ovvero tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale chiesto laccesso. Il diritto di accesso, quindi, riservato a chi vanta una posizione giuridica rilevante, alla quale sotteso un interesse personale, concreto ed attuale. Vanno necessariamente indagati i tre aggettivi che il legislatore ha posto a tutela del concetto di interesse, poich, per il tramite della qualificazione, si esclusa linterpretazione dellaccesso quale controllo generalizzato sulloperato della Pubblica Amministrazione. Deve esservi un interesse strettamente collegato al soggetto richiedente (in questo senso si parla di personalit del- linteresse), che sia tangibile e non evanescente (in ci sostanziandosi la concretezza) e che sia meritevole di attenzione (ossia attuale). Sul punto vi , per, un gioco tra titani: se il legislatore restringe il diritto di accesso entro canoni tassativi, la dottrina e soprattutto la giurisprudenza hanno cercato di ampliarlo, ricomprendendo anche interessi non ancora azionabili in sede processuale, non essendo ancora lesi (12), inglobando posizioni eterogenee (aspettative ed interessi diffusi), senza mai estendersi fino agli interessi di fatto, posizioni alle quali lordinamento non riconosce alcuno strumento di tutela giurisdizionale. (10) GIACHETTI S., Diritto daccesso, processo amministrativo, effetto Fukushima, in www.giustizia-amministrativa.it, 2011. (11) PozzAnI P., il diritto di accesso tra riforma ed applicazione giurisprudenziale: una nuova dinamica tra interesse e diritto, cit., pag. 4281. (12) Cons. di Stato, sez. VI, 30 ottobre 1993, 783. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 La volont di restringere il campo applicativo del diritto di accesso trova giustificazione nellottica di tutelare un altro principio incalzante nellultimo decennio: la celerit dellattivit pubblica che verrebbe compromessa dalla necessit di impegnare risorse umane e strumentali in favore dellevasione delle domande di accesso. Ma non solo. La limitazione allaccesso tende a tutelare sia le esigenze di riservatezza e di segretezza nellinteresse della P.A. sia il diritto alla riservatezza e alla privacy dei controinteressati, definiti come tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza. In questultimo caso la tutela della riservatezza deve essere concreta ed attuale, ossia circoscrivibile e tangibile sotto il profilo della titolarit e, conseguentemente, il documento deve incidere sulla sfera personale e patrimoniale di un altro soggetto. Mediante il riferimento ai soggetti controinteressati e alle limitazioni allaccesso, il legislatore pone laccento sul rapporto fra diritto di accesso e tutela della privacy, anche alla luce dellintroduzione del Codice della Tutela dei Dati Personali. Va necessariamente evidenziando che gi prima dellintroduzione del D. Lgs. n. 196/2003, il cd. Codice della Privacy, lart. 24 della L. 241/1990 escludeva laccesso a quei documenti che riguardavano la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese ed associazioni. La norma, assai generale, stata attuata per il tramite di regolamenti adottati dalle singole Pubbliche Amministrazioni. Con lintroduzione del Codice per lApplicazione dei Dati Personali, invece, si sono delineati tre livelli di protezione dei dati dei terzi ai quali corrispondono tre gradi di intensit della situazione giuridica che il richiedente deve dimostrare di tutelare con la richiesta di accesso. Se la richiesta si indirizza verso dati c.d. super sensibili (stato di salute e vita sessuale), la situazione giuridica sottesa deve essere almeno di rango pari ai diritti dellinteressato; con riferimento, invece, ai dati sensibili (idonei a rilevare lorigine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche, le opinioni politiche o lappartenenza a organizzazioni o associazioni), laccesso consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile per curare o difendere i propri interessi giuridici e, da ultimo, per i dati comuni laccesso permesso qualora la conoscenza sia necessaria per la difesa dei propri interessi (13). Con la nuova normativa, per (13) zErMAn, la trasparenza della Pa tra accesso e privacy nella recente giurisprudenza del Consiglio di stato, in www.giustizia-amministrativa.it, 2005. Proprio con riferimento al diritto di difesa per la tutela del quale ammesso il diritto di accesso, stato ampiamente dibattuto se con il concetto di diritto di difesa si dovesse intendere la difesa in un procedimento gi pendente ovvero il diritto di precostituire la prova allo scopo di utilizzarla in un futuro ed eventuale procedimento. La giurisprudenza sul punto non sempre stata concorde: se il TAr Trentino Alto Adige, con la sentenza 399/2007, ha sostenuto la prima tesi analizzata, il TAr Puglia Lecce, con la sen ConTEnzIoSo nAzIonALE tanto, non pi sufficiente un generico interesse conoscitivo, ma un quid pluris: la situazione antigiuridica paventata deve essere in atto o quanto meno ragionevolmente prevedibile ed, inoltre, necessaria la sussistenza di un nesso di pertinenza fra documento e tutela dellinteresse. Dunque, occorre una necessit e non una mera utilit per consentire laccesso (14). nel prosieguo si vedr come la giurisprudenza ha calibrato il diritto di accesso alla tutela della riservatezza nelle singole fattispecie ed i risvolti nel caso oggetto dellattenzione del presente elaborato. Il lavoro di bilanciamento appare complesso e difficoltoso, in quanto, pur facendo salve le disposizioni del Codice della Privacy, la P.A. deve, comunque, tutelare un altro principio centrale: il diritto allautodeterminazione informativa (15). Laccesso riguarda esclusivamente il documento amministrativo cos come definito dallart. 22: ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attivit di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale. Il Legislatore ha optato per una definizione generale, senza prodursi in unelencazione tassativa e puntuale degli atti accessibili. Ad ogni modo si tratta di atti interni alla Pubblica Amministrazione o comunque utilizzati ai fini del- lattivit amministrativa, cos come, atti di un procedimento in fase di elaborazione, non necessariamente provenienti dallAmministrazione, purch intervenuti nel procedimento amministrativo. Sul punto, per, la giurisprudenza che ha concretamente stabilito dei tenza n. 3015/2007, ha optato per la seconda tesi individuata. La dottrina, con uninterpretazione pienamente condivisibile, ha sostenuto che se il giudizio fosse stato pendente, avrebbero trovato applicazione le disposizioni contenute allart. 47 del Codice della Privacy concernente il trattamento di dati sensibili per ragioni di giustizia, mentre quando il diritto di accesso svincolato da esigenze difensive in senso stretto si applica lart. 22 della L. 241/1990 (VILLECCo A., il diritto di difesa tra accesso ai documenti con dati ultrasensibili e tutela del diritto alla riservatezza, in Famiglia e Diritto, 2008, nn. 8-9, pag. 829). In questottica altra parte della dottrina, seguendo la giurisprudenza amministrativa (Cons. di Stato, sez. VI, 9 gennaio 2004, n. 14), si spinta fino a dire che il diritto di accesso autonomo, non dipendente dalla sorte del processo principale e dalla stessa possibilit di istallazione del medesimo. Si potrebbe, addirittura ritenere che laccesso debba essere consentito anche ad un atto amministrativo inoppugnabile, se vi un interesse personale, concreto, attuale e serio dellistante (TAr Lazio, sentenza n. 1968/1998). Autonomia e indipendenza del diritto di accesso agli atti rispetto al diritto di agire in giudizio non significa che il titolare acquisti un nuovo ed autonomo potere perch rimane pur sempre un diritto per sua natura strumentale, in quanto funzionale al soddisfacimento di un interesse ad esso sotteso (PozzAnI P., il diritto di accesso tra riforma ed applicazione giurisprudenziale: una nuova dinamica tra interesse e diritto, cit., pag. 4281). Tutto questo per impedire che lattivit della P.A. diventi molto pi lenta e molto meno efficiente. (14) PozzAnI P., il diritto di accesso tra riforma ed applicazione giurisprudenziale: una nuova dinamica tra interesse e diritto, cit., pag. 4281. (15) PozzAnI P., il diritto di accesso tra riforma ed applicazione giurisprudenziale: una nuova dinamica tra interesse e diritto, cit., pag. 4281. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 limiti invalicabili che saranno oggetto delle due sentenze del TAr Emilia romagna oggi in esame: laccesso deve essere utilizzato per documenti gi preesistenti e non allo scopo di promuovere la costituzione di nuovi documenti contenenti informazioni richieste od ottenere informazioni sullo stato di un procedimento ovvero il nome di un responsabile (16). Lart. 2 co. 2 del D.P.r. n. 184/2006 individua quale regola generale che la Pubblica amministrazione non tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso e, in definitiva, laccesso pu riguardare esclusivamente documenti preesistenti e sufficientemente individuati. Questo riferimento normativo volto a tutelare i principi di efficienza dellattivit amministrativa che, per, incontrano un limite nella leale cooperazione istituzionale, in forza della quale una ragionevole attivit di elaborazione non pu essere rifiutabile (17). Va aggiunto, pur essendo intuitivo, che laccesso consentito ed esercitabile fino a quando la P.A. ha lobbligo di detenere i documenti amministrativi dei quali si chiede laccesso. 4. il contrasto giurisprudenziale. La normativa in materia di diritto di accesso, in assenza della nuova per la ricerca dei beni da pignorare, spingeva i Consiglieri di Palazzo Spada a confermare la sentenza del TAr adito che consentiva laccesso allAnagrafe Tributaria. Vanno ripercorsi alcuni dei passaggi argomentativi della sentenza n. 2472/2014 della sez. IV del Consiglio di Stato - presa a modello fra le tante sul tema -per individuare e risolvere i conflitti con la normativa introdotta con il D.L. n. 132/2014: sussistente uno stretto nesso di pertinenza tra il documento e la tutela dellinteresse, in quanto i documenti fiscali del coniuge risultavano oggettivamente utili al perseguimento del fine di tutela e laccesso alla documentazione fiscale, reddituale e patrimoniale del coniuge al fine di difendere il proprio interesse giuridico, attuale e concreto, la cui necessit di tutela reale ed effettiva e non semplicemente ipotizzata. Si aggiunge, altres, che con la modifica della l. n. 241/1990, operata dalla l. n. 15/2005, stata codificata la prevalenza del diritto di accesso agli atti amministrativi e considerato recessivo linteresse alla riservatezza dei terzi, quando laccesso sia esercitato prospettando lesigenza della difesa di un interesse giuridicamente rilevante. ovviamente, listanza di accesso deve essere motivata in modo ben pi rigoroso rispetto alla richiesta di documenti che attengono al richiedente: in particolare, si osservato che, fuori dalle ipotesi di connessione evidente tra (16) Cons. di Stato, sez. VI, 27 maggio 2003, n. 2938. (17) PozzAnI P., il diritto di accesso tra riforma ed applicazione giurisprudenziale: una nuova dinamica tra interesse e diritto, cit., pag. 4281. ConTEnzIoSo nAzIonALE diritto allaccesso ad una certa documentazione ed esercizio proficuo del diritto di difesa, incombe sul richiedente laccesso dimostrare la specifica connessione con gli atti di cui ipotizza la rilevanza a fini difensivi e ci anche ricorrendo allallegazione di elementi induttivi, ma testualmente espressi, univocamente connessi alla conoscenza necessaria alla linea difensiva e logicamente intellegibili in termini di consequenzialit rispetto alle deduzione difensive esplicabili (18). Se questo veniva detto in via di principio, nel caso di specie la cura e la tutela degli interessi economici e la serenit dellassetto familiare, soprattutto nei riguardi dei figli minori delle parti in causa, prevale o quantomeno deve essere contemperata con il diritto di riservatezza previsto dalla normativa vigente in materia di accesso a tali documenti sensibili del coniuge. Va considerato dirimente, al riguardo, il fatto che nella specie la richiesta di accesso sia provenuta dal marito della controinteressata e non da un quisque de populo e che linteresse dello stesso, attuale e concreto, alla cura dei propri interessi in giudizio si presentasse sicuramente qualificato. Di questo primo orientamento appare certamente condivisibile che, nel- lottica del bilanciamento fra il diritto di difesa da una parte e il diritto di riservatezza dallaltra, possa darsi prevalenza al primo nellintento di salvaguardare la serenit familiare e la solidit patrimoniale delle parti in causa, anche perch, come correttamente evidenziato dai giudici di Palazzo Spada, la richiesta di accesso, pur non pervenendo dal diretto interessato, proveniva da un membro della famiglia che, in via di principio, conosceva il patrimonio di tutti i membri della stessa. non va taciuto che, s, il Consiglio di Stato ammetteva laccesso, ma nella sola forma della visione dei documenti senza possibilit di estrarre copia, poich il regolamento del Ministero delle Finanze, stabiliva che la documentazione finanziaria, economica, patrimoniale e tecnica di persone fisiche e giuridiche, gruppi, imprese e associazioni sottratta allaccesso, fatte salve le richieste del titolare dellinteresse in via di principio generale, ferma restando la visione degli atti dei procedimenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per la cura e la difesa degli interessi giuridicamente rilevanti proprio di coloro che ne fanno motivata richiesta. La pronuncia del Consiglio di Stato si inserisce in un contesto giuridico in cui, gi da tempo, la giustizia amministrativa aveva affermato che il diritto di ottenere lablazione del vincolo matrimoniale per effetto di unazione di nullit o di divorzio da considerare un diritto della personalit come anche il diritto a chiedere la separazione ogni qual volta si concreti una situazione tale da rendere oggettivamente intollerabile la prosecuzione della convivenza. (18) Cons. di Stato, sez. VI, 15 marzo 2013, n. 1568. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 Un tempo, il favor matrimonii e il preminente calore dellunit familiare avrebbe potuto contrastare tale conclusione, ma levoluzione del costume sociale e della stessa legislazione fa emergere anche allinterno della coppia coniugale i valori della personalit di ciascun coniuge dando decisivo rilievo alla tutela di ciascuno di essi e ai rispettivi spazi di libert (19). Tale sentenza interveniva, per, in un momento antecedente allintroduzione della normativa in esame, che, senza possibili dubbi interpretativi, estende la procedura autorizzativa anche ai processi in materia di famiglia, in quanto laspetto economico patrimoniale lambito pi conflittuale e poich si vogliono tutelare anche gli interessi dei figli minori destinatari e beneficiari dellassegno di mantenimento. Il TAr Emilia-romagna, richiamando e dando vigore alla normativa sullaccesso cos come qualificabile ante 2014, precisa che il diritto di accesso debba comunque prevalere sullesigenza di riservatezza di terzi, quando viene esercitato per consentire la cura o la difesa processuale di interessi giuridicamente protetti e quando esso concerne, come nella specie, documenti amministrativi indispensabili a tali fini, la cui esigenza non pu essere altrimenti soddisfatta. Eppure il quadro normativo e giurisprudenziale mutato dalle modificazioni apportate al Codice di Procedura Civile dal D.L. n. 132/2014 convertito con la L. n. 162/2014 e non pu ritenersi che questultima normativa abbia esclusivamente ampliato i poteri istruttori del giudice della cognizione, avendo una successiva modifica permesso laccesso diretto allinteressato, senza il tramite dellUfficiale Giudiziario. Il TAr evidenzia, correttamente, che la scelta di subordinare la possibilit di ricerca telematica da parte dei soggetti direttamente interessati in tali nuove controversie alla previa autorizzazione del Presidente del tribunale risulta, oltre che del tutto coerente con quanto originariamente previsto per il procedimento di pignoramento, anche del tutto ragionevole, tenuto conto, da un lato dellindiscussa autorevolezza, imparzialit e cognizione di causa del- lorgano autorizzante e, dallaltro lato, della particolare importanza e delicatezza delle controversie in dette materie (e, in particolare, di quelle in materia di famiglia) che impongono una pi attenta tutela di tutte le posizioni in esse coinvolte; esigenza, questa, che mal si concilierebbe con la possibilit di utilizzo indiscriminato delle banche dati telematiche da parte dei contendenti della lite sottostante. solo con questa recentissima normativa che il legislatore ha dato concreta ed equilibrata attuazione a detta esigenza di contemperamento tra accesso e riservatezza, che con la normativa sullaccesso e con il Codice della Privacy poteva qualificarsi come mero principio informatore. (19) VILLECCo A., il diritto di difesa tra accesso ai documenti con dati ultrasensibili e tutela del diritto alla riservatezza, cit., pag. 829. ConTEnzIoSo nAzIonALE A parere di chi scrive, non si pu non evidenziare che la procedura per il rilascio dellautorizzazione, nella prassi, viene evasa in tempi ragionevoli e non eccessivamente lunghi ed economicamente accessibile (20), certamente non paragonabile alle tempistiche ed ai costi di una causa civile. Appare, quindi, irragionevole ed incomprensibile lattivazione di un giudizio amministrativo sicuramente meno conveniente sotto il profilo temporale e sotto il profilo economico. oltre al dato letterale della nuova normativa, che impedisce a chiare lettere la possibilit di applicare il diritto di accesso cos come previsto dallart. 22, vi un altro ed ulteriore elemento che impedisce laccesso diretto: il concetto di documento ai sensi della L. n. 241/1990. La giurisprudenza di legittimit ha avuto modo di chiarire che solo i documenti preesistenti e specificatamente individuati possono essere oggetto di accesso, ma fino a che punto le informazioni contenute allAnagrafe Tributaria fungono da vero e proprio documento amministrativo preesistente? non a caso viene utilizzato il termine informazione, poich le informazioni non hanno la consistenza di un documento, presupponendo unattivit di analisi ed elaborazione di dati e nozioni, non integranti quel documento amministrativo che solo costituisce loggetto del diritto di accesso ex L. n. 241/1990. In tal senso, come gi anticipato, si espressa nel tempo la giurisprudenza di merito e di legittimit, chiarendo che il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti alla stessa data da una Pubblica amministrazione. [] la Pubblica amministrazione non tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso (21). Per evadere la richiesta del coniuge necessario un vero e proprio fa- cere delloperatore amministrativo: lanalisi dei rapporti, lindividuazione di quelli utili allistanza dellinteressato e la conseguente produzione di un documento ad hoc. Da ci si desume che il funzionario compie una vera e propria attivit di selezione delle informazioni, la conseguente estrapolazione e rielaborazione delle nozioni utili al richiedente e linserimento delle stesse in un documento apposito, nuovo ed autonomo. A maggior ragione non si tratta di facere meramente strumentale, quale lestrarre, il fotocopiare ed il mettere a disposizione del richiedente i documenti, essendo, piuttosto, unattivit valutativa e ricostruttiva di un documento nuovo, quindi, fuori dai limiti oggettivi posti dalla 241/1990 e richiamati a pi riprese dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (22). (20) Per listallazione del giudizio richiesta esclusivamente una marca da bollo di 43,00, alla quale dovranno aggiungersi le spese legali. (21) TAr Campania napoli, sez. VI, 8 marzo 2016, n. 1231. (22) Cons. di Stato, sez. VI, 25 settembre 2006, n. 5636. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 5. Conclusioni. Per concludere, lasciando il passo alle parole, pi pregnanti e gi ampiamente indagate, delle sentenze del TAr Emilia-romagna che si consiglia di leggere, appare doveroso evidenziare come il Tribunale Amministrativo emiliano- romagnolo si sia fatto portatore dellinterpretazione della nuova normativa, chiara, precisa e non trascurabile. Ad avviso di chi scrive, questa nuova interpretazione giurisprudenziale non entra drasticamente in conflitto con la L. n. 241/1990 in materia di accesso n con i precedenti orientamenti giurisprudenziali, poich da sempre intento del legislatore e dei giudici stato quello di garantire il diritto di accesso nel rispetto dei presupposti e dei requisiti tassativamente prescritti dalla legge. In questo senso, infatti, il diritto di accesso, quale espressione del pi generale principio di trasparenza al quale deve tendere la P.A., stato consentito esclusivamente ai portatori di un interesse personale, concreto ed attuale, anche al fine di non incidere negativamente su un altro assioma per lattivit amministrativa: il buon andamento, escludendo, quindi il cd. accesso generalizzato che avrebbe rallentato loperare dei funzionari pubblici. Cos come, sempre nellottica di tutela dei principi costituzionali sanciti allart. 97 Cost., laccesso stato consentito esclusivamente ai documenti preesistenti e formalizzati, escludendo tutte quelle attivit volte alla produzione di un documento ad hoc. Da ultimo, poi, con lintroduzione del Codice Privacy, stato necessario intraprendere un difficile gioco di bilanciamento fra interessi: seppur la giurisprudenza ha unanimemente ritenuto prevalente il diritto di difesa a quello di riservatezza del controinteressato che poteva sentirsi leso dallaccesso al provvedimento che lo riguardava, sempre stata necessaria unanalisi ed una valutazione ponderata caso per caso. non pu parlarsi di vera e propria collisione fra la nuova normativa in materia di ricerca dei beni da pignorare e quella sul diritto di accesso, poich, in questo caso, il bilanciamento di interessi stato posto in essere, in via preliminare, dal legislatore, il quale ha ritenuto di dover dar prevalenza al diritto di riservatezza ed anzi ha permesso laccesso, seppur mediato allintervento del Presidente del Tribunale, ad una documentazione che non aveva tutti i canoni richiesti dallart. 22 della L. n. 241/1990 -essendo stata qualificata come informazione - arrivando, quindi, ad ampliare il novero dei dati accessibili. A maggior ragione, la normativa tributaria, confermata dalla giurisprudenza amministrativa, ammetteva il diritto di accesso, ma impedendo la possibilit di estrarre copia, quindi limitando, fin dallorigine, il diritto di accesso allAnagrafe Tributaria, salvaguardando il diritto alla riservatezza da possibili pregiudizi che la copia o la trascrizione avrebbero potuto cagionare (23). Con la nuova normativa laccesso non stato limitato, ma anzi stato notevolmente ampliato, quantomeno nella sostanza. ConTEnzIoSo nAzIonALE non si pu neanche trascurare che, come evidenziato in precedenza, la procedura di rilascio dellautorizzazione da parte del Presidente del Tribunale non richiede tempistiche lunghe e, anzi, probabilmente molto pi celeri di un eventuale ricorso innanzi al TAr, che, tra laltro, porta sempre con s elevato rischio di insuccesso. non resta che monitorare le tempistiche e la diffusione dellapplicazione degli artt. 492 bis c.p.c. - 155 quinquies e sexies disp. att. c.p.c. ed attendere eventuali e successive pronunce giurisprudenziali per poter comprendere a pieno la portata del cambiamento. tribunale Amministrativo Regionale per la emilia Romagna, Sez. I, sentenza 2 febbraio 2017 n. 64 -Pres. Di nunzio, est. Giovannini -omissis (avv. D. Abram) c. Agenzia delle Entrate - Direzione regionale dellEmilia romagna (avv. St. L. Paolucci). FATTo e DIrITTo riferisce lodierno ricorrente di avere a suo tempo proposto ricorso dinanzi al Tribunale civile di Bologna al fine di ottenere sentenza dichiarativa della separazione personale dalla moglie. Al fine di tutelare i propri diritti e interessi nei confronti della consorte, costituitasi in quel giudizio chiedendo al Tribunale di porre a carico del marito un assegno di mantenimento per s e per i due figli, ricorrente, ritenendo oltremodo eccessivo limporto di detto assegno, chiedeva allAgenzia delle Entrate di potere accedere ai documenti fiscali della moglie e del figlio maggiorenne, e, in particolare, oltre alle dichiarazioni dei redditi presentate recentemente dai medesimi, anche alle comunicazioni inviate da tutti gli operatori finanziari dellAnagrafe tributaria -sezione Archivio dei rapporti finanziari -relative ai rapporti continuativi, alle operazioni di natura finanziaria ed ai rapporti di qualsiasi genere riconducibili alla moglie. Con latto introduttivo del presente giudizio, il ricorrente ha chiesto pronuncia dichiarativa dellillegittimit del silenzio serbato dallAgenzia delle Entrate riguardo alla predetta istanza di accesso. In seguito -sopraggiunto il parziale diniego espresso di accesso da parte dellAgenzia delle Entrate, Direzione regionale dellEmilia-romagna, mediante il quale si negava unicamente lostensione delle comunicazioni e dei dati relativi ai rapporti finanziari del coniuge contenuti nella Sezione Archivio dei rapporti finanziari dellAnagrafe Tributaria -il ricorrente presentava motivi aggiunti, con essi contestualmente chiedendo pronuncia dichiarativa sia dellillegittimit del diniego parziale di accesso sia del proprio diritto ad accedere anche di tali atti. Tale pretesa basata su motivi in diritto rilevanti: violazione degli artt. 22, 24 e 25 L. n. 241 del 1990; dellart. 5 del D.M. n. 603 del 1996; violazione del principio di trasparenza dellazione amministrativa; eccesso di potere per carenza di istruttoria, manifesta illogicit, travisamento dei fatti e contraddittoriet. Si costituita in giudizio Agenzia delle Entrate - Direzione regionale per lEmilia-romagna -chiedendo la reiezione di ambedue i ricorsi, in quanto infondati, ritenendo non esistente, nel (23) PozzAnI P., il diritto di accesso tra riforma ed applicazione giurisprudenziale: una nuova dinamica tra interesse e diritto, cit., pag. 4281. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 caso in esame, alcun diritto di accesso del richiedente in relazione ai dati contenuti nellArchivio dei rapporti Finanziari dellAnagrafe Tributaria. Alla camera di consiglio del giorno 23 novembre 2016, la causa stata chiamata ed stata quindi trattenuta per la decisione come indicato nel verbale. Il Collegio osserva, in via preliminare, che il ricorso principale deve essere dichiarato improcedibile per sopravenuta carenza di interesse, essendo venuta meno, nelle more dellazione, linerzia dellAgenzia delle Entrate Direzione regionale dellEmilia romagna, avendo essa adottato la nota in data 12/9/2016, con la quale, in riscontro allistanza di accesso presentata dal ricorrente in data 22/6/2016, ha rifiutato lostensione di solo parte della documentazione richiesta, concernente i dati e i documenti relativi ai rapporti finanziari della moglie del richiedente contenuti nellArchivio dei rapporti finanziari dellAnagrafe Tributaria. Pertanto, sempre in via preliminare, anche il ricorso per motivi aggiunti deve essere dichiarato in parte qua improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, avendo lAgenzia delle Entrate accondisceso allostensione di tutti i restanti dati e documenti fiscali in possesso della stessa riguardanti la moglie e il figlio maggiorenne del ricorrente. resta, quindi, da decidere unicamente la questione relativa allostensibilit o meno dei suddetti dati e documenti relativi ai rapporti finanziari della moglie del richiedente contenuti nella Sezione Archivio dei rapporti finanziari dellAnagrafe Tributaria. LAgenzia delle Entrate ha motivato il diniego opposto al ricorrente sul presupposto che, avendo lart. 155 sexies disp. att. del codice di procedura civile esteso le disposizioni in materia di ricerca con modalit telematiche dei beni da pignorare anche ai procedimenti in materia di diritto di famiglia, per effetto di tale richiamo laccesso alle informazioni contenute nellArchivio dei rapporti finanziari deve ritenersi possibile esclusivamente in presenza di preventiva ed apposita autorizzazione rilasciata dal- lAutorit giudiziaria e, nello specifico dal Presidente del tribunale presso cui pende la causa di separazione personale. Di contrario avviso lodierno ricorrente, il quale, fondando il proprio ragionamento sul presupposto che il diritto di accesso debba comunque prevalere sullesigenza di riservatezza di terzi quando viene esercitato per consentire la cura o la difesa processuale di interessi giuridicamente protetti e quando esso concerne, come nella specie, documenti amministrativi indispensabili a tali fini, la cui esigenza non pu essere altrimenti soddisfatta, perviene alla conclusione circa la piena accessibilit ai suddetti documenti. Tale prevalenza del diritto di accesso deve essere riconosciuta anche nelle controversie in materia di famiglia e, nello specifico, nella causa di separazione fra i coniugi sottostante listanza di accesso, sussistendo tutti i presupposti di legge e sussistendo altres, tutti gli elementi che sono stati individuati dalla giurisprudenza per consentire allinteressato di dimostrare la capacit economica e patrimoniale del coniuge o del convivente more uxorio, mediante laccesso alle comunicazioni contenute nel suddetto Archivio informatico dei rapporti finanziari. Secondo la tesi del ricorrente non costituisce ostacolo allostensione di tali dati quanto dispone lart. 24 L. n. 241 del 1990, posto che, in riferimento alle limitazioni del diritto allaccesso contenute nella suddetta norma, il Consiglio di Stato ha autorevolmente stabilito che la cura e la tutela degli interessi economici e della serenit dellassetto familiare soprattutto nei riguardi dei figli minori delle parti in causa prevale o quantomeno deve essere contemperata con il diritto alla riservatezza previsto dalla normativa vigente in materia di accesso a tali documenti sensibili del coniuge.. (Cons. Stato sez. IV, 2014 n. 2472). Secondo linstante, detta decisione stabilisce loggettiva prevalenza, in ogni caso, del diritto di accesso del coniuge ai dati e alle informazioni relativi ai rapporti finanziari dellaltro coniuge contenuti nellArchivio dei rapporti finanziari, rispetto alla riservatezza dei dati personali in detta banca dati contenuti. ConTEnzIoSo nAzIonALE n la difesa del ricorrente dellavviso che tale quadro normativo e giurisprudenziale sia mutato a seguito delle modificazioni apportate al codice di procedura civile dal D.L. n. 132 del 2014 convertito dalla L. n. 162 del 2014, specie con riferimento allintroduzione degli artt. 492 bis e 155 sexies, in quanto tali nuove norme a suo dire dispongono unicamente un ampliamento dei poteri istruttori del giudice della cognizione gi previsti dal codice di procedura civile (v. ric. aggiuntivo pag. 9), senza porre alcuna limitazione al diritto di accesso. Il Collegio ritiene non persuasive le argomentazioni esposte dal ricorrente, risultando invece del tutto condivisibile la tesi difensiva dellamministrazione resistente, propugnata dallAvvocatura erariale. Le norme che in questa sede interessano e rilevano recitano rispettivamente: -art. 492 bis c.p.c. su istanza del creditore, il presidente del tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio la dimora o la sede, verificato il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata, autorizza la ricerca con modalit telematiche dei beni da pignorare. -art. 155 sexies disp. att. c.p.c. le disposizioni in materia di ricerca con modalit telematiche dei beni da pignorare si applicano anche per lesecuzione del sequestro conservativo e per la ricostruzione dellattivo e del passivo nellambito di procedure concorsuali di procedimenti in materia di famiglia e di quelli relativi alla gestione di patrimoni altrui. Il Collegio ritiene che dalla lettera e dalla ratio delle riportate nuove disposizioni del codice di procedura civile si evinca chiaramente che: a) lampliamento ad ulteriori controversie - in materie particolarmente rilevanti e delicate quali sono certamente le procedure fallimentari o comunque concorsuali, i rapporti familiari e la gestione di patrimoni altrui - della possibilit di effettuare ricerche con modalit telematiche, finalizzata ad ampliare i poteri istruttori del giudice ordinario anche riguardo a tali nuove controversie; b) laccesso ai dati ricavabili da ricerche effettuate con modalit telematiche (tra le quali inclusa certamente anche la ricerca telematica da effettuarsi presso il Settore Archivio dei rapporti finanziari dellAnagrafe tributaria), da parte dei contendenti della controversia civile sottostante, necessita di previa autorizzazione del Presidente del Tribunale; ci sia nellipotesi originaria di pendenza di un procedimento esecutivo di pignoramento, sia in riferimento alle nuove cause (tra le quali vi sono quelle in materia di famiglia) certe destinatarie dellampliamento dei poteri istruttori del giudice ordinario voluto dal legislatore; c) la scelta di subordinare la possibilit di ricerca telematica da parte dei soggetti direttamente interessati in tali nuove controversie, alla previa autorizzazione del Presidente del Tribunale risulta, oltre che del tutto coerente con quanto originariamente previsto per il procedimento di pignoramento, anche del tutto ragionevole, tenuto conto, da un lato dellindiscussa autorevolezza, imparzialit e cognizione di causa dellorgano autorizzante e, dallaltro lato, della particolare importanza e delicatezza delle controversie in dette materie (e, in particolare, di quelle in materia di famiglia) che impongono una pi attenta tutela di tutte le posizioni in esse coinvolte; esigenza, questa, che mal si concilierebbe con la possibilit di utilizzo indiscriminato delle suddette banche dati telematiche da parte dei contendenti della lite sottostante; d) quale ulteriore conseguenza delle precedenti considerazioni deriva che, stante laccertata necessit di previa autorizzazione delle suddette ricerche con modalit telematica nellambito del processo civile pendente relativamente ad una delle riferite tipologie di controversie, tale autorizzazione deve necessariamente essere richiesta anche nel caso in cui gli stessi diretti interessati intendano agire esternamente alla causa civile che li vede coinvolti, avvalendosi dellistituto dellaccesso di cui agli artt. 22 e ss L. n. 241 del 2000 ed eventualmente dellazione ex art. 116 cod. proc. amm. per ottenere lostensione di docu rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 2/2017 menti contenuti in una banca dati telematica. Diversamente opinando, infatti, si perverrebbe allillogica conclusione (certamente non voluta dal legislatore) che la nuova disciplina autorizzatoria della ricerca con modalit telematiche sia, di fatto, inutiliter data, in concreto ben potendo le parti in causa in quelle controversie, aggirare lostacolo dellautorizzazione presentando direttamente (come avvenuto nella specie) istanza di accesso alla competente Agenzia delle Entrate. oltre a ci, il Collegio ritiene che le considerazioni svolte dal ricorrente neppure possano essere condivise laddove esse citano - asseritamente in favore della propria tesi - la sentenza della quarta sezione del Consiglio di Stato 14/5/2014 n. 2472. In disparte la considerazione, pur non irrilevante, che la suddetta decisione non tratta e quindi non applica, evidentemente ratione temporis (il ricorso in primo grado stato presentato al T.A.r. Lazio nel 2013) la nuova normativa del codice di procedura civile, il Collegio osserva, in riferimento al passo della sentenza gi riportato in narrativa, che i giudici di Palazzo Spada non affermano che il diritto di accesso delle parti in causa nelle cause di separazione e/o di divorzio debba sempre e comunque prevalere sul contrapposto diritto alla riservatezza del coniuge riguardo alla divulgazione di tali documenti sensibili contenuti nella Sezione Archivio dei rapporti finanziari dellAnagrafe Tributaria. Il Consiglio di Stato sostiene, invece, che vi siano anche casi nei quali la tutela dei diritti del soggetto richiedente laccesso debba essere contemperata con il diritto alla riservatezza previsto dalla normativa vigente in materia di accesso a tali documenti sensibili del coniuge. ritiene conclusivamente il Collegio che proprio mediante la nuova normativa introdotta nel codice di procedura civile, il legislatore abbia dato concreta ed equilibrata attuazione a detta esigenza di contemperamento tra accesso e riservatezza, indicata dal Consiglio di Stato nella citata decisione, ma da ritenersi gi presente, quale principio informatore, sia nella disciplina dellaccesso contenuta nella L. n. 241 del 1990 sia nel D. Lgs. n. 196 del 2003 (c.d. Codice della privacy). Per le suesposte ragioni il ricorso per motivi aggiunti in parte respinto. Sussistono giusti motivi, in relazione alla novit della principale questione esaminata ed alle oscillazioni giurisprudenziali (anche di questo T.A.r.) in materia, per disporre lintegrale compensazione delle spese del giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo regionale per l'Emilia - romagna (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso principale e sul ricorso per motivi aggiunti, come in epigrafe proposti: A) dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso principale; B) in parte dichiara improcedibile ed in parte respinge il ricorso per motivi aggiunti; C) Spese compensate. ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit amministrativa. (...) Cos deciso in Bologna, nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2016. ParerIdelComItatoConsultIvo Interpretazione della normativa sulle preclusioni per la ammissione alla procedura di chiamata dei docenti universitari Parere del 18/11/2015-520461-520462, al 20034/2015, avv. Federico Basilica Il Politecnico di Torino ha chiesto un parere in merito ai procedimenti di chiamata dei docenti universitari, con particolare riguardo alla portata applicativa della norma posta dall'art. 18 della legge n. 240/2010 che -nel disciplinare i requisiti di ammissione alla procedura di chiamata dei professori preclude la partecipazione di coloro che abbiano un grado di parentela o di affinit, fino al quarto grado compreso, con un professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata ovvero con il rettore, il direttore generale o un componente del consiglio di amministrazione dell'ateneo. Si chiede, in particolare, di chiarire se tale preclusione possa essere estesa anche ai coniugi e ai conviventi, che non sono contemplati dalla norma e che dunque - stando al dato letterale - potrebbero in linea teorica partecipare alla procedura, in quanto per essi la normativa non prevede espressamente una causa di esclusione. L'Universit conosce l'indirizzo giurisprudenziale rigoroso espresso dalla Sesta Sezione del Consiglio di Stato con sentenza del 4 marzo 2013, n. 1270, che estende ai coniugi l'incompatibilit, ma ha chiesto all'Avvocatura distrettuale di Torino un approfondimento in ordine alla fondatezza della soluzione contraria che predilige l'interpretazione restrittiva della norma fondata sul dato letterale. Negli stessi termini si espresso il Ministero, sollecitato ad esprimere il suo avviso data la rilevanza della questione, spiegando di essersi "adeguato all'interpretazione del consiglio di stato, pur non condividendola" e chiedendo a quest'Avvocatura di valutare "la possibilit di sostenere il differente orientamento sopra esposto volto ad escludere il rapporto di coniugio dalle ipotesi di inconipatibilit di cui all'art. 18, comma 1 della legge citata (nota 7 luglio 2015, n. 8071). RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 Si pone dunque un problema di esatta individuazione della portata applicativa della disposizione in esame che non pu prescindere dalla preliminare verifica della ratio giustificatrice del divieto, che guarda alla posizione del candidato prima anche che alla posizione di chi potrebbe favorirlo. Infatti, la norma in esame non impone un obbligo di astensione (e correlativamente non consente la ricusazione) del componente dell'organo collegiale o del titolare dell'organo monocratico che in ragione del legame di parentela o affinit versi in situazione di incompatibilit con un candidato, ma piuttosto pone un divieto di partecipazione alla procedura selettiva in capo a quest'ultimo, idonea ad eliminare in radice il sospetto di possibili deviazioni della procedura selettiva dal modello legale, volte a favorire i parenti di professori o amministratori delle universit. Quindi si pu concludere che il divieto in questione trova fondamento non solo e non tanto nell'esigenza di assicurare il pieno rispetto dei principi di imparzialit e di buon andamento della pubblica amministrazione (gi assicurati dagli obblighi di astensione e ricusazione previsti in via generale dagli artt. 51 e 52 c.p.c. e, per le commissioni di concorso, dall'art. 11 del DPR 9 maggio 1994, n. 487), ma anche e soprattutto nell'esigenza di salvaguardare l'immagine, la reputazione e il decoro delle Universit, offuscati in passato da non infrequenti e biasimevoli fenomeni di "nepotismo" o di c.d. "familismo universitario" (come testualmente definiti dal Consiglio di Stato nella citata sentenza 4 marzo 2013, n. 1270). Alla luce di quanto esposto, dunque, parere di quest'Avvocatura che il divieto di partecipazione sancito dall'art. 18 principalmente volto ad assicurare che le procedure di chiamata dei professori universitari siano non solo e in concreto imparziali e obbiettive, ma anche e soprattutto che appaiano tali; e, secondo un presunzione legislativa assoluta, tali non possono ritenersi quelle nelle quali certi legami con soggetti che operano all'interno della stessa universit possono far sorgere anche solo il sospetto di fenomeni di "nepotismo". Dunque la norma vuole scongiurare non solo un pericolo in concreto di alterazione dell'imparzialit, ma anche un pericolo in astratto. Tanto premesso sembra, anzitutto, difficile contestare la fondatezza delle ragioni che hanno portato il Consiglio di Stato ad affermare che "in disposizione in questione va considerata nel senso che include anche il caso di coniugio come situazione genetica della medesima incompatibilit". Questa incompatibilit discende infatti dal possibile affievolimento del principio di eguaglianza e della conseguente lesione della par condicio tra i candidati, che deriva inevitabilmente dalla familiarit esistente tra giudicato e giudicante. Il criterio della par condicio tra i candidati costituisce una diretta applicazione di alcuni precetti costituzionali, quali il principio di uguaglianza nonch specialmente di quelli del buon andamento e dell'imparzialit della pubblica amministrazione, la quale deve operare le proprie valutazioni senza PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo lasciare alcuno spazio a rischi di condizionamenti esterni. Pertanto, tale criterio assume una valenza generale ed incondizionata e in quanto tale deve essere tutelato, mirando esso ad assicurare la piena trasparenza di ogni pubblica procedura selettiva e costituendone uno dei cardini portanti (come chiarito in molteplici decisioni e da ultimo in modo assai chiaro da: Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sent. 20 novembre 2013, n. 26). chiaro, quindi, che l'incompatibilit affermata dal Consiglio di Stato nella sentenza del 4 marzo 2013, n. 1270, diretta a tutelare la par condicio tra i candidati, muove dal concetto di "familiarit", che trova certamente la sua massima intensit nei confronti del coniuge, tenuto conto del suo obbligo di coabitazione (ex art. 143 c.c.). D'altra parte sarebbe del tutto irragionevole proclamare l'incompatibilit per gli affini e non per il coniuge, il cui rapporto il presupposto indispensabile per la stessa affinit (ex art. 78 c.c.: "l'affinit il vincolo tra un coniuge e i parenti dell'altro coniuge"), "salvo assumere che il biasimevole, ma non infrequente, fenomeno detto del familismo universitario vada addirittura istituzionalizzato". Dunque, si pu concludere sul punto che sussiste l'incompatibilit anche in caso di rapporto di coniugio, posto che su di esso che si fondano i rapporti di affinit previsti dalla norma che, sul punto, dunque minus dixit quam voluit. Questa soluzione, peraltro, deve essere necessariamente estesa anche al rapporto di convivenza more uxorio, considerato il recente orientamento giurisprudenziale che cerca sempre di pi, alla luce delle modifiche sociali del modello di famiglia oggi esistente, di estendere alla famiglia di fatto la disciplina legislativa dedicata alla famiglia legittima, ovvero a quel modello di famiglia fondato sulla stabilit del vincolo coniugale formalizzato da un atto di matrimonio. Il rapporto di convivenza more uxorio un'unione tendenzialmente stabile caratterizzata dalla condivisione di scelte e interessi e dalla reciproca collaborazione e assistenza morale e materiale (Cass. Civ. n. 11975 del 8 agosto 2003), al pari del rapporto coniugale, ma non formalizzato legalmente. L'assimilazione tra i due diversi modelli di famiglia sempre pi diffusa in giurisprudenza che nel tempo ha provveduto a riconoscere a tali convivenze more uxorio i diritti conferiti alla sola famiglia fondata sul matrimonio (solo per citare qualche caso, si ricordano: Corte Costituzionale, sent. 372/94, risarcimento del danno da morte del convivente: Corte Costituzionale, sent. 404/88, successione nel contratto di locazione e nel relativo rapporto). Significative appaiono del resto le novit contentute nella seconda parte del 3 comma, art. 199 cod. proc. penale, dove la convivenza more uxorio stata posta sullo stesso piano della convivenza coniugale, per cui il coniuge o convivente more uxorio, limitatamente ai fatti verificatisi o appresi dall'imputato durante la convivenza, hanno facolt di astenersi. Ma fin troppo evidente che il sistema non riconosce ai conviventi solo diritti, poich dalla situazione di convivenza di fatto discendono anche oneri RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 e appunto incompatibilit. Ne consegue che una diversa posizione in relazione al rapporto di convivenza more uxorio, ovvero a quel rapporto basato sulla stabilit della relazione, condurrebbe inevitabilmente ad una disparit di trattamento, data la familiarit propria della relazione, la stessa su cui si basa l'incompatibilit per rispondere alla chiamata di professore. Pertanto, alla luce di quanto sin qui chiarito, quest'Avvocatura del parere che non vi siano ragioni per discostarsi dall'interpretazione estensiva della norma perch il rigore che essa esprime, condiviso dal Consiglio di Stato, sia pienamente in linea con le finalit di trasparenza ed imparzialit dell'attivit amministrativa che la norma sull'incompatibilit persegue con riferimento all'ambito universitario. La ratio giustificatrice della norma sembra dunque condurre a tale conclusione e perci si suggerisce di non discostarsi dall'indirizzo finora seguito, suggerendo alle Universit italiane, che gi perseguono gli indicati obiettivi di imparzialit, chiedendo una dichiarazione ai componenti delle commissioni esaminatrici di non trovarsi nelle situazioni previste dall'art. 51 e 52 cpc. per le quali sussiste un obbligo di astensione, di far dichiarare al candidato che propone la domanda l'insussistenza dei predetti rapporti con un professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata ovvero con il rettore, il direttore generale o un componente del consiglio di amministrazione dell'ateneo. Su tale parere stato sentito il Comitato consultivo, che si espresso in conformit nella seduta del 15 novembre 2015. PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo sulla subappaltabilit dei lavori nelle atI verticali Parere del 09/11/2016-519908, al 38532/2015, avv. ettore Figliolia Con la nota che si riscontra del 7 ottobre 2015 (prot. CDg 0116289) codesto ente chiede di conoscere il parere in linea legale di questa Avvocatura generale in ordine alla interpretazione da riservarsi al pertinente contesto normativo rispetto alla subappaltabilit dei lavori della categoria scorporabile da parte della mandante in caso di ATI verticale. A detta nota hanno fatto seguito, come noto, taluni chiarimenti che sono stati resi con e-mail in data 10 maggio 2016 su sollecitazione della Scrivente. orbene, premesso che non stata trasmessa tutta la documentazione afferente al contesto, con particolare riguardo agli atti concernenti la disposta variante, ritiene tuttavia questo g.U. di poter comunque rendere la richiesta consultazione nei termini di cui appresso. Tenuto conto che non sussiste una previsione normativa che disciplini espressamente il profilo circa la sussistenza o meno del limite di subappaltabilit del 30% in caso di ATI verticale, formulato il primo quesito che attiene alla possibilit per la mandante di subbappaltare la categoria scorporabile nei limiti del 30%, ovvero totalmente. Lulteriore questione interpretativa posta alla valutazione in linea di diritto di questa Avvocatura generale concerne la possibilit di ratificare, con apposito atto aggiuntivo, il mutamento dellassetto interno del raggruppamento per effetto delladozione di una variante di progetto, a seguito della quale vi stato un sopravvenuto mutamento degli importi delle categorie iniziali, con importo della categoria scorporabile og3 notevolmente superiore a quello della categoria prevalente oS12. Con riferimento al primo quesito formulato, osserva questo g.U., in via generale, che la normativa di riferimento costituita dallart. 118, comma 2 del Codice Appalti, ai sensi del quale la stazione appaltante tenuta ad indicare nel progetto e nel bando di gara le singole prestazioni e, per i lavori, la categoria prevalente con il relativo importo, nonch le ulteriori categorie, relative a tutte le altre lavorazioni previste in progetto, anchesse con il relativo importo. tutte le prestazioni nonch lavorazioni, a qualsiasi categoria appartengano, sono subappaltabili e affidabili in cottimo. Per i lavori, per quanto riguarda la categoria prevalente, con il regolamento, definita la parte di quota subappaltabile, in misura eventualmente diversificata a seconda delle categorie medesime, ma in ogni caso non superiore al trenta per cento. Per i servizi e le forniture, tale quota riferita allimporto complessivo del contratto. (.). Alla luce della richiamata disposizione normativa si evince chiaramente che lunico limite espressamente previsto per il subappalto dei lavori, costituito RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 dal 30% del relativo importo, quello relativo alla categoria prevalente, mentre, per converso, nessun limite previsto per le categorie scorporabili. La ratio della fissazione di una percentuale massima di subappaltabilit dei lavori costituenti la categoria prevalente evidentemente diretta ad evitare che laffidamento dellesecuzione dellopera abbia un valore meramente formale, assicurando invece limpegno dellappaltatore ad eseguire i lavori della categoria che connota maggiormente lintervento commissionato, necessit che invece non si rinviene anche con riferimento ai lavori della categoria scorporabile. Ne discende che, da un lato non sussiste alcun limite al subappalto delle opere generali o specializzate scorporate, subappaltabili al 100%, e dallaltro lato, il subappalto delle opere rientranti nella categoria prevalente o nelle categorie delle strutture, impianti od opere speciali deve rispettare il limite del 30% dellimporto della categoria (art. 170, comma 1 D.P.R. n. 207/2010). Le pronunce dellAvCP che codesta Amministrazione ha posto a fondamento del diniego allautorizzazione del subappalto formulato dalla mandante dellimpresa (...) sono state rese sulla scorta della previgente normativa e devono ritenersi oggi definitivamente superate. Invero, a seguito dellintervenuto annullamento, per accoglimento di specifico ricorso al Capo dello Stato, dellart. 85, comma 1 lett. b) nn. 2 e 3 del D.P.R. n. 207/2010, norma contestata proprio nella parte in cui prevedeva un limite alla utilizzabilit, ai fini della qualificazione nella categoria scorporabile, dei lavori affidati in subappalto se questo superava il 30% dellimporto della categoria scorporabile a qualificazione non obbligatoria ovvero il 40% nel caso di categoria a qualificazione obbligatoria, lAvCP intervenuta con il Comunicato n. 1/2014 al fine di fornire indicazioni interpretative alle SoA per garantire il corretto esercizio dellattivit di qualificazione. LAutorit, nel predetto comunicato ha stabilito che ai sensi dellart. 85, comma 1, lettera b), numeri 2 e 3, in caso di subappalto eccedente le quote del 30 e del 40 per cento -fermo restando quanto previsto dallart. 37, comma 1 del codice - limpresa affidataria pu utilizzare, ai fini della qualificazione nella singola categoria scorporabile, lintero importo dei lavori dalla stessa direttamente eseguiti in tale categoria, nonch una quota dei lavori subappaltati (pari ad un massimo del 30 per cento o del 40 per cento) avvalendosene in alternativa per la qualificazione nella categoria prevalente, ovvero ripartita tra categoria prevalente e categoria scorporabile. Ancora, nel senso di riconoscere la subappaltabilit dei lavori relativi alla categoria scorporabile, con Parere n. 42 del 26 febbraio 2014, lAvCP ha stabilito che le opere scorporabili inerenti alle categorie di opere generali individuate nellAllegato A del D.P.R. n. 207/2010 possono essere subappaltate al 100%. orbene, in assenza di un espresso riferimento normativo che regoli lipotesi di specie, e, ritenendo in ragione della predetta mancanza la subappalta PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo bilit per lintero delle categorie di lavorazioni scorporabili, a nulla rilevando che laggiudicataria dellappalto sia una ATI verticale ovvero orizzontale, lunica deroga a tale principio si rinviene nel disposto normativo di cui allart. 37, comma 11 del Codice dei contratti pubblici, nel caso cio di opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessit tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali, e qualora una o pi di tali opere superi in valore il quindici per cento dellimporto totale dei lavori, per le quali possibile il subappalto con i limiti dettati dallart. 118, comma 2, terzo periodo e cio il limite del 30% stabilito per la categoria prevalente. Ci premesso, questo g.U., preso atto che oramai la perizia di variante stata approvata con la sottoscrizione di specifico Atto di sottomissione da parte dellimpresa, in coerenza con quelle ragioni di interesse pubblico sottese allintervento modificativo di che trattasi, e che, ovviamente, pertengono alle esclusive valutazioni di merito alla Stazione appaltante, e che come tali sfuggono alle prerogative della Scrivente, ritiene conseguentemente che lautorizzazione al subappalto richiesto dallimpresa non possa essere negata a ragione del mutamento della categoria scorporabile in categoria prevalente, in quanto devono rimanere sostanzialmente fermi i pertinenti contenuti dellofferta che stata oggetto di aggiudicazione. Invero, al riguardo, non possono certamente che rimettersi agli apprezzamenti di merito tecnico della stazione appaltante, i contenuti della disposta variante, anche rispetto al vigente quadro normativo che, come noto, interdice modificazioni sostanziali dello stesso oggetto e delle condizioni del rapporto contrattuale dappalto, vieppi concluso allesito di una procedura di evidenza pubblica, per cui, ferme le eventuali diverse determinazioni di codesto ente modificative dellattuale contesto, non ricorrono, allo stato degli atti, i presupposti per poter negare la richiesta autorizzazione. Per quanto concerne la possibilit di ratificare con apposito atto aggiuntivo il mutamento dellassetto interno del raggruppamento a seguito delladozione della perizia di variante per effetto della quale limporto delle lavorazioni ricomprese nella categoria og3 - indicata nel bando come scorporabile e subappaltabile al 100% - supera limporto della categoria prevalente oS12, osserva questo g.U., in via generale, che lart. 118, comma 2, primo periodo del Codice appalti impone alla Stazione appaltante di individuare con precisione ed esattezza negli atti di gara le categorie di cui si compone lopera, attraverso la indicazione nel progetto e nel bando di gara le singole prestazioni e, per i lavori, la categoria prevalente con il relativo importo, nonch le ulteriori categorie, relative a tutte le altre lavorazioni previste in progetto, anchesse con il relativo importo. La ratio di tale previsione risiede nella circostanza che lesatta individuazione della categoria prevalente assume una rilevanza fondamentale ri RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 spetto alla natura dellopera commissionata ed implica una serie di conseguenze sul sistema di qualificazione degli operatori economici, sulle condizioni di partecipazione dei soggetti qualificati ad assumere lavori, sul riparto delle quote di partecipazione delle imprese allinterno delle associazioni temporanee, sulle modalit esecutive delle opere appaltate e sulla quota di lavori affidabili in subappalto. Per tale ragione, e sempre in via generale, un mutamento dellassetto interno del raggruppamento costituito dalla inversione della categoria prevalente con una categoria scorporabile andrebbe di per s a porsi in contrasto con le statuizioni anzitutto previste nel bando di gara e nel successivo contratto e, conseguentemente, determinerebbe uno stravolgimento della compagine associativa delle imprese raggruppate ed una alterazione della natura dei lavori oggetto di affidamento. Tale questione stata anche oggetto di approfondito esame da parte del- lAvCP che con Parere Ag 4/2013, pronunciandosi su una richiesta di parere in merito alla determinazione delle categorie prevalente e scorporabili dei lavori a seguito di varianti in corso dopera, ha persuasivamente stabilito che la stazione appaltante, dovendosi attenere alle condizioni della gara originaria cui il contratto si riferisce, non pu operare una diversa classificazione della categoria prevalente e delle categorie scorporabili con i relativi importi rispetto a quella prevista nel bando di gara e negli atti di affidamento dei lavori di cui alle varianti approvate in corso desecuzione. Invero, diversamente verrebbero alterate le caratteristiche iniziali dellappalto sia con riferimento alla fase di affidamento che di esecuzione dei lavori. Nello stesso senso, e parimenti in termini assolutamente persuasivi, si espressa la stessa Autorit di vigilanza con il Parere Ag 4/2011, nel quale, con riferimento alle modifiche progettuali integranti varianti in corso dopera, si legge che le modifiche devono essere tali da non determinare una novazione oggettiva del rapporto contrattuale, quindi non devono variare sensibilmente sia le quantit complessive, sia le categorie delle opere da realizzarsi, mantenendo inalterate le categorie e le classifiche delle lavorazioni; in altri termini, non deve mutare la natura dei lavori posti a base di gara, con la conseguenza che gli stessi, analizzati con i medesimi criteri utilizzati in sede di gara per la definizione degli importi e delle corrispondenti categorie e classifiche soa, non debbono condurre a modifiche rispetto a quanto individuato nel bando a suo tempo pubblicato. Per quanto test espresso, devesi ritenere, ancora in via generale, che ladozione di una variante in corso dopera non potesse comportare la sostituzione della categoria prevalente, cos come indicata nel bando di gara dalla Stazione appaltante, con una delle categorie scorporabili, determinandosi altrimenti una inammissibile modifica delle condizioni di contratto con conseguente stravolgimento dellopera commissionata. PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo Ci premesso, stante come test evidenziato lintervenuta adozione della perizia di variante nei termini di cui si riferito con la sottoscrizione del relativo Atto di sottomissione, opinione di questa Avvocatura generale che non possa negarsi lautorizzazione al subappalto, laddove, per converso, la possibilit di invertire le componenti dellATI s da determinare mediante atto aggiuntivo linversione della capogruppo mandataria dellati in ragione del mutamento degli originari importi di prevalente os12 e scorporabile og3 non sembra effettivamente praticabile alla stregua della vigente normativa che, come noto, impone la immodificabilit del soggetto offerente e contraente, e, comunque, neppure avrebbe alcuna utilit per effetto del rilascio dellautorizzazione richiesta. Nei termini suesposti la richiesta consultazione, restando a disposizione per quantaltro possa occorrere. Sulle questioni trattate nel presente parere stato sentito il Comitato Consultivo di questa Avvocatura che si espresso in conformit. RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 Controllo e riscossione del contributo unificato in caso di ricorsi straordinari al Capo dello stato Parere del 14/11/2016-528571, al 19349/2016, avv. carla colelli Quesiti Con la nota che si riscontra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali chiede di conoscere il parere della Scrivente su alcuni profili problematici insorti con riferimento ai ricorsi straordinari proposti avverso atti dellINPS e dellINAIL, relativamente ai quali -nellambito dellattivit di vigilanza svolta sugli enti previdenziali ed assicurativi -il medesimo Ministero cura listruttoria ai sensi degli artt. 9 e ss. del D.P.R. 1199/1971. In particolare vengono posti i seguenti quesiti: 1) quale sia il soggetto competente a verificare la regolarit del contributo unificato versato e ad effettuare linvito al pagamento in caso di omesso versamento dello stesso, con specifico riguardo allipotesi di notifica del ricorso direttamente presso il Segretariato generale della Presidenza della Repubblica o lAvvocatura dello Stato o presso il solo Ministero istruttore; 2) chi debba curare la riscossione coattiva del contributo nel caso in cui linvito non venga ottemperato. Quadro normativo e problematiche interpretative Lart. 37, comma 6, lettera s), del decreto-legge n. 98/2011 - nel modificare lart. 13 del D.P.R. 115/2002 (T.U. sulle spese di giustizia) con laggiunta del comma 6-bis - ha introdotto lobbligo del pagamento del contributo unificato in misura fissa pari ad 600,00 (successivamente aumentata ad 650,00, dallart. 1, comma 25, lettera a), n. 3, della legge 24 dicembre 2012, n. 228) per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Allintroduzione di tale nuovo obbligo non si accompagnato ladeguamento alle specificit del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica delle disposizioni del T.U. sulle spese di giustizia che disciplinano la verifica del corretto adempimento dello stesso e, in caso di omesso o insufficiente pagamento, la procedura per la riscossione del contributo unificato. Da ci la necessit di colmare tale lacuna in via interpretativa, mediante unapplicazione analogica delle pertinenti disposizioni del D.P.R. n. 115/2002. vengono in rilievo, in particolare, le seguenti norme di tale decreto: - art. 3 (Definizioni) 1. ai fini del presente testo unico, se non diversamente ed espressamente indicato: ... f) "ufficio giudiziario" l'ufficio del magistrato competente secondo le norme di legge e le disposizioni dei codici di procedura penale e civile; PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo g) "ufficio" l'apparato della pubblica amministrazione strumentale all'ufficio giudiziario, con esclusione in ogni caso dell'ufficio finanziario; ... i) "funzionario addetto all'ufficio" la persona che svolge la funzione amministrativa secondo l'organizzazione interna; - art. 14 (obbligo di pagamento) 1. la parte che per prima si costituisce in giudizio, che deposita il ricorso introduttivo, ... tenuta al pagamento contestuale del contributo unificato. -art. 15 (Controllo in ordine alla dichiarazione di valore ed al pagamento del contributo unificato) 1. il funzionario verifica l'esistenza della dichiarazione della parte in ordine al valore della causa oggetto della domanda e della ricevuta di versamento; verifica inoltre se l'importo risultante dalla stessa diverso dal corrispondente scaglione di valore della causa. - art. 6 (omesso o insufficiente pagamento del contributo unificato) 1. in caso di omesso o insufficiente pagamento del contributo unificato si applicano le disposizioni di cui alla parte vii, titolo vii del presente testo unico e nell'importo iscritto a ruolo sono calcolati gli interessi al saggio legale, decorrenti dal deposito dell'atto cui si collega il pagamento o l'integrazione del contributo. - art. 247 (Ufficio competente) 1. ai fini delle norme che seguono e di quelle cui si rinvia, l'ufficio incaricato della gestione delle attivit connesse alla riscossione quello presso il magistrato dove depositato l'atto cui si collega il pagamento o l'integrazione del contributo unificato. - art. 248 (Invito al pagamento) 1. Nei casi di cui all'articolo 16, entro trenta giorni dal deposito dell'atto cui si collega il pagamento o l'integrazione del contributo, l'ufficio notifica alla parte, ai sensi dell'articolo 137 del codice di procedura civile, l'invito al pagamento dell'importo dovuto, quale risulta dal raffronto tra il valore della causa ed il corrispondente scaglione dell'articolo 13, con espressa avvertenza che si proceder ad iscrizione a ruolo, con addebito degli interessi al saggio legale, in caso di mancato pagamento entro un mese. - art. 249 (Norme applicabili) 1. alla riscossione del contributo unificato si applicano gli articoli: 208, comma 2, riferito all'articolo 247; 210; 211, comma 2; 213; 214; 215; 216; 219; 220; 222; 223; 224; 225; 226; 227; 228; 230; 231; 234. - art. 213 (Iscrizione a ruolo) 1. l'ufficio procede all'iscrizione a ruolo scaduto inutilmente il termine per l'adempimento, computato dall'avvenuta notifica dell'invito al pagamento e decorsi i dieci giorni per il deposito della ricevuta di versamento. RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 - art. 223 (Riscossione mediante ruolo) 1. Per la riscossione mediante ruolo, la formazione e il contenuto dei ruoli, la consegna del ruolo al concessionario, la cartella di pagamento, la notificazione della stessa, le modalit di pagamento delle somme iscritte a ruolo e relativa quietanza, gli interessi di mora e l'imputazione dei pagamenti, si applicano gli articoli 17, comma 1, e 22 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, l'articolo 12, commi 1, 2 e 4, gli articoli 24, 25, commi 1, 2 e 3, gli articoli 26, 28 e 29 del decreto del Presidente della repubblica 29 settembre 1973, n. 602; l'articolo 24, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, e gli articoli 30 e 31 del decreto del Presidente della repubblica 29 settembre 1973, n. 602 e successive modificazioni. essendo le riportate disposizioni espressamente modellate sui ricorsi giurisdizionali, sono insorte, a seguito dellintroduzione dellobbligo di pagamento del contributo unificato anche per i ricorsi straordinari, una serie di problematiche interpretative generate dalla non immediata applicabilit delle stesse a questultimo, in ragione delle peculiarit che lo caratterizzano sia quanto alla natura che alle modalit di svolgimento. Nello specifico, per quanto rileva ai fini del presente parere, non risultato agevole individuare, tra i soggetti coinvolti nella procedura del ricorso straordinario, le figure corrispondenti a quelle cui il T.U. demanda gli adempimenti connessi al controllo e alla riscossione del contributo unificato. Nel T.U. il funzionario competente a controllare il corretto versamento del contributo unificato e l ufficio competente a curarne la riscossione, sono individuati nellambito dell ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato competente a decidere il ricorso. Presso tale ufficio giudiziario si svolge ogni fase del relativo procedimento, vale a dire: - il deposito del ricorso; - listruttoria del giudizio; - la decisione. Diversamente, nellambito del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica - disciplinato dal D.P.R. 1199/71 -, le varie fasi del procedimento si svolgono dinnanzi a soggetti diversi, posto che: -il ricorso, dopo la notifica, deve essere presentato allorgano che ha emanato latto o al Ministero competente (art. 9, comma 2), al quale ultimo deve comunque essere trasmesso nel caso in cui sia stato presentato presso lorgano che ha emanato latto (art. 9, comma 4); -listruttoria del ricorso curata dal Ministero competente (art. 11, comma 1) ovvero, qualora vengano impugnati atti di enti pubblici in materie per le quali manchi uno specifico collegamento con le competenze di un determinato Ministero, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 11, comma 4); PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo -completata listruttoria, il ricorso viene trasmesso per il parere al Consiglio di Stato, il quale - previa eventuale integrazione dellistruttoria o rinvio alla Corte costituzionale -si esprime sullammissibilit e fondatezza dello stesso (art. 13); -il Ministero competente adotta una proposta di decisione conforme al parere del Consiglio di Stato e la trasmette al Presidente della Repubblica, che adottata la decisione finale con decreto (art. 14). Al fine di rispondere ai quesiti posti alla Scrivente occorre, quindi, stabilire presso quale o quali dei soggetti coinvolti nel descritto procedimento si trovi il funzionario e lufficio competenti ai sensi del DPR 115/2002. Precedenti pareri Sulla questione in esame si espresso il Ministero delleconomia e delle finanze, che con nota prot. n. 3-14460 del 5 novembre 2012, ha ritenuto che deve essere il funzionario dellorgano che ha emanato latto impugnato ovvero del Ministero competente per listruttoria a dover verificare la congruit del pagamento del contributo unificato, nonch a procedere nel caso di omesso o insufficiente pagamento alla notifica al debitore dellinvito al pagamento dellimporto dovuto e alleventuale iscrizione a ruolo, essendo lassolvimento dellobbligo tributario contemporaneo alla presentazione del ricorso straordinario agli organi competenti. Tale impostazione stata ribadita anche dal Consiglio di Stato nellAdunanza della Prima Sezione del 3 dicembre 2014 e del 10 giugno 2015, che si espressa con il parere n. 3070/2013, affermando che gli adempimenti connessi alla verifica della regolarit del contributo e alla sua eventuale riscossione ben possono gravare sullorgano che ha originato latto o sul Ministero competente per materia, a seconda che loriginale del ricorso sia stato depositato presso luno o presso laltro. Ci in quanto, a differenza di quanto previsto dallart. 247 del T.U. sulle spese di giustizia - secondo cui lufficio incaricato della gestione delle attivit connesse alla riscossione quello presso il magistrato dove depositato latto cui si collega il pagamento o lintegrazione del contributo unificato nel caso di ricorso straordinario da escludersi che i suddetti adempimenti possano essere svolti dalle segreterie delle sezioni consultive, in quanto nel procedimento del ricorso straordinario non prevista, n sarebbe possibile alcuna interlocuzione diretta tra il consiglio di stato e il ricorrente. Ha poi ulteriormente precisato il Consiglio di Stato che: -nel caso di presentazione del ricorso presso il segretariato generale della Presidenza della repubblica o presso lavvocatura dello stato, ..., gli adempimenti relativi alla verifica della regolarit del contributo unificato non possono che essere di competenza del Ministero direttamente coinvolto per materia, al quale il ricorso trasmesso per listruttoria; RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 -ad analoga conclusione si perviene anche nel caso di impugnazione di provvedimenti emanati da enti non statali, in quanto il contraddittorio nei confronti degli stessi deve comunque essere integrato dufficio a cura del Ministero istruttore e referente. esame dei quesiti Ritiene la Scrivente che la soluzione ai quesiti posti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali possa essere fornita valorizzando soprattutto gli ultimi passaggi del riportato parere del Consiglio di Stato, che paiono ispirati al condivisibile obiettivo di concentrare gli adempimenti relativi al controllo e alla riscossione del contributo unificato in capo a soggetti appartenenti al- lAmministrazione statale. Proprio sulla scorta di tale impostazione, ritiene la Scrivente che, non risultando possibile individuare - nellambito dei soggetti che intervengono nel procedimento del ricorso straordinario - figure formalmente corrispondenti a quelle cui il T.U. demanda gli adempimenti in discorso, al fine di dare una corretta soluzione a tale problematica sia opportuno seguire un criterio di carattere sostanziale. * * * Come sancito dalla Corte costituzionale in sede di risoluzione di un conflitto di attribuzioni sollevato dalla Regione Siciliana, il contributo unificato ha natura di entrata tributaria erariale, come si desume , indipendentemente dal nomen iuris utilizzato dalla normativa che lo disciplina: a) dalla circostanza che esso stato istituito in forza di legge a fini di semplificazione e in sostituzione di tributi erariali gravanti anch'essi su procedimenti giurisdizionali, quali l'imposta di bollo e la tassa di iscrizione a ruolo, oltre che dei diritti di cancelleria e di chiamata di causa dell'ufficiale giudiziario (art. 9, commi 1 e 2, della legge n. 488 del 1999); b) dalla conseguente applicazione al contributo unificato delle stesse esenzioni previste dalla precedente legislazione per i tributi sostituiti e per l'imposta di registro sui medesimi procedimenti giurisdizionali (comma 8 dello stesso art. 9); c) dalla sua espressa configurazione quale prelievo coattivo volto al finanziamento delle <> (rubrica del citato art. 9); d) dal fatto, infine, che esso, ancorch connesso alla fruizione del servizio giudiziario, commisurato forfettariamente al valore dei processi (comma 2 dell'art. 9 e tabella 1 allegata alla legge) e non al costo del servizio reso od al valore della prestazione erogata. il contributo ha, pertanto, le caratteristiche essenziali del tributo e cio la doverosit della prestazione e il collegamento di questa ad una pubblica spesa, quale quella per il servizio giudiziario (analogamente si sono espresse, quanto alle caratteristiche dei tributi, le sentenze n. 26 del 1982, n. 63 del 1990, n. 2 del 1995, n. 11 del 1995 e n. 37 del 1997), con riferimento ad un presupposto economicamente rilevante (Corte costituzionale, sentenza n. 73 del 2008). PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo Avverso gli atti del procedimento di riscossione del contributo unificato, ossia gli inviti di pagamento e le cartelle emesse a seguito delliscrizione a ruolo, ammesso ricorso dinnanzi alle Commissioni tributarie (v. Cass. SS.UU. n. 5994/2012 e n. 9840/2011); soggetto passivamente legittimato (oltre al Concessionario - ora Agente - della riscossione in caso di impugnazione della cartella) lAmministrazione statale che ha emesso linvito al pagamento e che risulta concretamente creditrice delle relative somme (1). Le somme versate a titolo di contributo unificato nellambito dei procedimenti giurisdizionali affluiscono in specifici capitoli di entrata del bilancio dello Stato destinati a finanziare la giustizia civile, amministrativa e tributaria. In particolare, nel modello di bollettino di pagamento attualmente in uso -approvato con provvedimento del Direttore dellAgenzia delle entrate del 19 febbraio 2002 -il destinatario del versamento la tesoreria prov. di viterbo. Non consta alla Scrivente che per il versamento del contributo unificato dovuto per il ricorso straordinario sia stata prevista una diversa destinazione; anche tali somme affluiscono, quindi, al bilancio dello Stato. sul primo quesito Tanto detto, pare alla Scrivente che lopzione interpretativa pi coerente con il quadro generale descritto, sia nel senso di identificare il soggetto tenuto allaccertamento dellavvenuto pagamento del contributo e, in caso di esito negativo del controllo, di attivare la procedura di cui allart. 248 del t.u. cit. nel Ministero competente per materia, cio nellufficio la cui attivit di supporto al procedimento di ricorso straordinario, ex art. 11 del DPR 1199/71, quella maggiormente assimilabile allattivit delle cancellerie e segreterie rispetto agli organi giurisdizionali (civili ed amministrativi). escluso, infatti, per le ragioni esposte nel citato parere del Consiglio di Stato, che detti adempimenti possano essere posti a carico degli altri soggetti statali coinvolti nella procedura, (vale a dire il medesimo Consiglio di Stato, il Segretariato generale della Presidenza della Repubblica e lAvvocatura dello Stato), il Ministero istruttore, in quanto organo appartenente allAmministrazione statale, pu a buon diritto essere considerato creditore di somme destinate al bilancio dello Stato, qualit che non potrebbe riconoscersi non solo agli enti non statali -in quanto dotati di una dimensione territoriale -che avessero emanato latto impugnato, ma neanche agli enti che, pur agendo su tutto il territorio nazionale -come appunto lINPS e lINAIL -, risultano estranei (1) Lart. 11 comma 2 del D.Lgs. n. 546/1992 nel testo in vigore dal 1 gennaio 2016, prevede espressamente che stanno altres in giudizio direttamente le cancellerie o segreterie degli uffici giudiziari per il contenzioso in materia di contributo unificato. RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 allapparato statale e non possono, quindi, considerarsi, neanche in senso lato, creditori delle somme dovute a titolo di contributo unificato (senza considerare lanomalia di una previsione che attribuisce ad una delle parti lattivit di controllo e riscossione di un tributo nellambito di un giudizio, - il ricorso straordinario al PdR - ormai giurisdizionalizzato (2)). Ritiene, quindi, la Scrivente che -a prescindere da dove venga depositato il ricorso straordinario - il compito di verificare il corretto adempimento del- lobbligo di versare il contributo unificato ed emettere linvito di pagamento spetti al Ministero competente per materia, che, pertanto, sar anche il soggetto passivamente legittimato nelleventuale giudizio che dovesse sorgere dallopposizione a questultimo davanti alle Commissioni Tributarie. sul secondo quesito Quanto al secondo quesito, nonostante le difficolt lamentate da molte pubbliche amministrazioni quanto nella gestione della fase di riscossione del contributo, la soluzione corretta pare essere quella proposta dal Ministero delleconomia e delle finanze con la nota sopra citata, secondo cui lo stesso ufficio che ha emanato linvito a dover procedere alliscrizione a ruolo, mediante comunicazione allAgente della riscossione. Ci in quanto non sussiste una competenza istituzionale dellAgenzia delle entrate in tema di C.U., n tantomeno alla sua riscossione coattiva, come affermato dalle risoluzioni dellAgenzia n. 242/e del 7 settembre 2007 e n. 319/e del 4 ottobre 2002. Dello stesso avviso , del resto, il Consiglio di Stato, il quale nel citato parere, pur avendo evidenziato le criticit dellattuale sistema e auspicato un intervento correttivo del legislatore in favore proprio della competenza del- lAgenzia delle entrate, ha escluso che detta competenza sussista attualmente. In conclusione ritiene la Scrivente che agli adempimenti concernenti la fase di riscossione del contributo unificato devono trovare applicazione le norme generali sulla riscossione del t.u. 115/2002, ai cui adempimenti -in coerenza con quanto esposto in risposta al primo quesito - deve provvedere il Ministero competente per materia in quanto soggetto che ha provveduto al- lemanazione dellinvito di pagamento. Stante il suo carattere di massima, il presente parere, viene inviato anche alla Presidenza del Consiglio, al Ministero delleconomia e delle Finanze ed (2) Al riguardo, ancora di recente, la Corte Costituzionale, nel respingere leccezione di inammissibilit della questione in quanto sollevata dal Consiglio di Stato in sede di ricorso straordinario, ha confermato che dopo le significative modifiche apportate a questo istituto dall'art. 69, comma 1, della legge 18 giugno 2009, n. 69 (disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivit nonch in materia di processo civile), acclarata la legittimazione del consiglio di stato a sollevare questioni di legittimit costituzionale in sede di parere sul ricorso straordinario al Presidente della repubblica (sentenza n. 73 del 2014) (Corte cost., sentenza n. 133/2016). PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo al Ministero della giustizia, affinch valutino lopportunit di un intervento legislativo in materia, volto ad adeguare le norme del T.U. n. 115/2002 in tema di C.U. anche al ricorso straordinario, se del caso individuando nellambito dellapparato statale un unico ufficio competente per laccertamento e la riscossione del suddetto tributo. Sul presente parere stato sentito il Comitato Consultivo dellAvvocatura dello Stato, che si espresso in conformit nella seduta dell11 novembre 2016. RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 listituto della mediazione e il rimborso delle spese legali per i giudizi proposti nei confronti dei dipendenti delle pp.aa. Parere del 18/11/2016-540803, al 6727/2016, avv. aNNa collaBolletta Con la nota indicata a margine Codesto Ministero formulava allo Scrivente g.U. una richiesta di parere concernente la portata applicativa dell'articolo 18, comma 1, del decreto legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135 (che disciplina l'istituto del rimborso delle spese di patrocinio legale) in relazione all'istituto della mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, disciplinato dal decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28. Al riguardo si rappresenta quanto segue. L'art. 18, comma 1, del decreto legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, subordina il rimborso (o l'anticipazione) delle spese legali per giudizi proposti nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali ai seguenti presupposti: 1) l'instaurazione di un giudizio per responsabilit civile, penale o amministrativa nei confronti di un dipendente di una amministrazione statale; 2) che il predetto giudizio sia stato promosso in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali da parte del dipendente; 3) che tale giudizio si sia concluso con sentenza o provvedimento che escluda la responsabilit del dipendente. L'istituto della mediazione finalizzato alla composizione delle controversie civili e commerciali, disciplinato dal decreto legislativo n. 28/2010, all'art. 1, comma 1, lettera a) definisce mediazione lattivit, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o pi soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa. Pertanto, la mediazione si configura come sistema di risoluzione delle controversie relative a diritti disponibili alternativo al processo civile, fondato sulla ricerca di un accordo amichevole per la composizione della controversia, che si conclude con un accordo transattivo. Ai sensi della lettera b) del sopracitato articolo 1, comma 1, mediatori sono la persona o le persone fisiche che, individualmente o collegialmente, svolgono la mediazione rimanendo prive, in ogni caso, del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo. Alla luce delle disposizioni appena citate inerenti la mediazione, la stessa non appare possa essere equiparata ad un giudizio che si concluda con l'esclusione della responsabilit civile del pubblico dipendente, in ragione del quale lo stesso abbia diritto al rimborso (o anticipazione) delle spese legali sostenute. PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo Codesto Ministero ha evidenziato come l'istituto della mediazione presenti peculiarit tali da renderlo, sotto alcuni specifici aspetti, affine a un giudizio di responsabilit, in ragione: 1) della obbligatoriet della mediazione nelle ipotesi previste all'art. 5 del d.lgs. 28/2010, che costituisce condizione di procedibilit rispetto all'instaurazione dei giudizi ivi espressamente richiamati; 2) della obbligatoriet dell'assistenza di un legale per chi esperisca tale procedimento (cfr. art. 5, co. 1 bis d.lgs. 28/2010), allorch obbligatorio; 3) del fatto che, ai sensi dell'art. 5, comma 5, del d.lgs. 28/2010, dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice pu desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell'articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile. il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall'articolo 5, non ha partecipato a procedimento senza giustificato motivo, al versamento all'entrata del bilancio dello stato di una somma di importo conspondente al contributo unificato dovuto per il giudizio. In ragione di ci, Codesto Ministero ha evidenziato che la posizione del dipendente di un'Amministrazione statale il quale, nell'espletamento del servizio o nell'assolvimento di obblighi istituzionali, sia coinvolto in una controversia per la quale sia previsto l'esperimento obbligatorio della procedura della mediazione, possa essere sostanzialmente assimilabile a quella contemplata dall'articolo 18, comma 1, del d.l. n. 67/1997. in quanto, nei casi di mediazione obbligatoria, il dipendente sarebbe normativamente tenuto ad avvalersi del patrocinio di un legale e, quindi, a sostenere il relativo onere economico e, laddove decidesse di non prendere parte alla procedura di mediazione, rischierebbe di incorrere nelle sanzioni processuali e pecuniarie contemplate nell'art. 8, comma 5, del d.lgs. 28/2010, cosicch l'esclusione dal diritto al rimborso potrebbe costituire una indebita disparit di trattamento. Lo Scrivente g.U., al riguardo, rappresenta quanto segue. Con parere n. 24075 del 4 giugno 2014, il Comitato Consultivo della Scrivente ha ribadito che "la norma di cui al citato art. 18, per consolidato indirizzo della giuriprudenza, norma di stretta interpretazione, e deve essere applicata nel senso di rigettare ogni richiesta risarcitoria che non sia suffragata da un provvedimento che escluda qualsiasi profilo di responsabilit, risultando applicabile ai soli casi espressamente disciplinati ex lege". La ricostruzione ermeneutica dell'istituto in discorso, la quale ha trovato conferma anche nella giurisprudenza civile, converge su una interpretazione restrittiva dei presupposti in presenza dei quali sussiste il diritto al rimborso delle spese legali in capo al dipendente coinvolto in un procedimento all'esito del quale stata del tutto esclusa la sua responsabilit. Tale stretta interpretazione si fonda sulla natura dell'istituto del rimborso, RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 che costituisce una speciale prerogativa riconosciuta ai pubblici funzionari, alla quale inevitabilmente correlato un onere erariale. Dovendosi, dunque, assicurare un corretto e ragionevole impiego delle risorse erariali, l'Amministrazione operer, nel suo esclusivo interesse, una specifica e motivata valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti per la corresponsione di tale rimborso, il quale non costituisce un diritto automatico del dipendente interessato. Il legislatore, infatti, nel porre a carico dell'erario una spesa ulteriore, ha dovuto ponderare le esigenze economiche dei dipendenti coinvolti in un procedimento per ragioni di servizio con quelle di limitazione degli oneri posti a carico dell'Amministrazione, tenendo in debito conto le esigenze di finanza pubblica che impediscono di gravare l'erario di oneri eccedenti quanto necessario e sufficiente per soddisfare gli interessi sottesi all'istituto del rimborso delle spese. Tale orientamento restrittivo stato, altres, confermato dalla recente giurisprudenza delle SS.UU. della Suprema Corte, che hanno precisato che "il pubblico funzionario ingiustamente accusato per fatti inerenti a compili e responsabilit dell'ufficio ha diritto, ai sensi dell'art. 18 del d.l 25 marzo 1997, n. 67, conv. con mod. dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, al rimborso delle spese sostenute per la sua difesa, la cui entit va riconosciuta nei limiti dello "strettamente necessario" secondo il parere di congruit, di natura consultiva, dellavvocatura erariale, che - nella prospettiva di un contemperamento tra le esigenze di salvaguardia della spesa pubblica e di protezione del dipendente -non pu limitarsi ad una applicazione pedissequa delle tariffe forensi, ancorata ai minimi tariffari, n mirare a tenere indenne da ogni costo l'interessato, ma, nel valutare le necessit difensive del funzionario in relazione alle accuse mosse ed ai rischi del processo penale, nonch la conformit della parcella del difensore alla tariffa professiovale o ai parametri vigenti, deve considerare ogni elemento nel rispetto di principii di affidamento. ragioneuolezza e tutela effettiva dei diritti riconosciuti dalla costiuizione" (Cassazione civile, Sez. Un., 6 luglio 2015, n. 13861). Tale diritto al rimborso non , pertanto, automatico, in quanto consegue ad una attenta valutazione da parte dell'Amministrazione circa la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge, che si concretano, in particolare, in un presupposto giuridico (sentenza o provvedimento che escluda del tutto la responsabilit dell'impiegato), nonch in due presupposti, uno soggettivo (la qualit di dipendente di una amministrazione statale) e uno oggettivo (il nesso tra i fatti e/o atti da cui originato il giudizio e l'espletamento del servizio o l'assolvimento di obblighi istituzionali). vi da chiedersi, quindi, se, nel caso del procedimento di mediazione di cui al decreto legislativo n. 28/2010, siano soddisfatti i presupposti del rimborso di cui all'art. 18 della 1. 67/97, alla luce di una stretta interpretazione di tale disposizione. PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo A. Quanto al primo requisito, che subordina il rimborso all'instaurazione di un giudizio per l'affermazione della responsabilit del dipendente di una amministrazione statale, lo Scrivente g.U. non ritiene estensibile tale definizione al procedimento di mediazione di cui al d.lgs. 28/2010. Ci, anzitutto, in ragione della natura dello stesso, il quale rappresenta un metodo di composizione stragiudiziale di controversie vertenti su diritti disponibili ad opera delle parti, proprio nell'ottica deflattiva del contenzioso giurisdizionale che ha ispirato l'adozione della relativa disciplina. ad abundantiam, si richiamano quelle nozioni di teoria generale del diritto che descrivono il giudizio come "la decisione resa da un giudice a seguito di un processo", occorrendo una rigorosa interpretazione dei termini "decisione", "giudice" e "processo". Distinguendo tra giudizio-attivit (che l'individuazione dei procedimenti logico interpretativi, ovvero dei canoni di valutazione mediante i quali il giudice perviene alla decisione) e giudizio-risultato (che l'enunciazione finale della scelta del giudice in ordine alla questione controversa), proprio la prima accezione ad escludere marcatamente dall'area del giudizio (attivit) procedimenti alternativi di risoluzione delle controversie, che pur pervengano ad un qualsivoglia risultato definitorio delle stesse. Non , infatti, possibile individuare siffatti canoni valutativi nell'ambito della mediazione, in cui il mediatore privo, in ogni caso, del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesirno. B. essendo ininfluente, ai fini del presente parere, la valutazione del requisito che subordina il rimborso al fatto che il giudizio sia stato promosso in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali da parte del dipendente, si procede alla disamina del terzo presupposto necessario, per cui necessario, ai fini del rimborso, che tale giudizio si sia concluso con sentenza o provvedimento che escluda la responsabilit del dipendente. ebbene, tale presupposto appare dirimente nel senso della esclusione del procedimento di mediazione dal novero dei giudizi di cui all'art. 18 della 1. 67/97. Come noto, la mediazione consiste nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche attraverso una proposta transattiva dell'organo conciliativo. essa non pu, naturalmente, concludersi con una sentenza, che provvedimento riservato all'autorit giurisdizionale. Ma, in qualit di accordo suscettibile di mediare gli interessi delle parti, l'atto che esita dal procedimento di mediazione non pu neppure latamente intendersi come provvedimento escludente la responsabilit del dipendente. Ci in quanto estraneo allo stesso spirito della procedura conciliativa che essa si concluda con la totale esclusione di responsabilit del convenuto, RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 a svantaggio dell'attore, la stessa presupponendo, invece, un accordo che, in qualche modo, medi le posizioni delle parti, s da non determinare una totale soccombenza a carico di una delle due. Solo in tale modo , infatti, scoraggiato l'avvio di un giudizio in senso stretto, preferendosi il ricorso ad un procedimento pi celere, nel quale gli interessi di entrambe le parti trovino la giusta composizione. Codesto Ministero ha, altres, evidenziato alcune peculiarit che renderebbero l'istituto della mediazione affine ad un giudizio di responsabilit; al riguardo, si rappresenta quanto segue. A. Anche nei casi di mediazione obbligatoria, di cui all'art. 5 del d.lgs. 28/2010, la vera e propria procedura di mediazione, con conseguenti spese di pagamento dell'organo deputato allo svolgimento della stessa, preceduta da un primo incontro gratuito di programmazione con un mediatore e le parti. Solo all'esito di detto incontro, le parti decidono se concludere la mediazione con un accordo, se proseguire nella procedura o, in caso di mancato accordo, se terminarla e andare in giudizio, comunque senza pagare le relative indennit. Nessuna spesa connessa alla procedura, pertanto, graverebbe sul dipendente pubblico convenuto in una delle ipotesi di obbligatoriet della mediazione, allorch la procedura si interrompesse all'esito di tale incontro preliminare, gravando, comunque, sull'attore le eventuali spese di avvio della procedura (pari a 40 curo per le liti di valore fino a 250.000 euro, a 80 euro per quelle di valore superiore). Appare superfluo, nel caso dei giudizi contemplati dall'art. 18 d.lgs. 67/97, specificare come la posizione processuale del dipendente potr essere esclusivamente quella di convenuto. B. Quanto all'obbligatoriet dell'assistenza di un legale (pur dibattuta, per quel che riguarda il convenuto, in quanto la lettera della legge parrebbe riservarla solo a chi intende esercitare in giudizio un'azione), si rappresenta come le eventuali spese legali per la (sola) partecipazione all'incontro di programmazione potrebbero essere oggetto di rimborso all'esito del giudizio successivamente instaurato e conclusosi con provvedimento escludente la reponsabilit del pubblico dipendente. Ci non si pone in contraddizione con quanto sopra rappresentato, in quanto il presupposto di detto rimborso sarebbe, in ogni caso, il provvedimento del giudice che esclude in toto la responsabilit del dipendente, considerandosi la mediazione come mera condizione di procedibilit del giudizio e non come procedimento presupposto per il rimborso delle spese legali in s e per s. C. Da ci discende, altres, come il dipendente che volesse evitare spese legali, poi non rimborsabili, non dovrebbe trovare conveniente la mancata partecipazione al procedimento di mediazione (dalla quale potrebbero per lo stesso discendere le conseguenze negative di cui all'art. 5 del d.lgs. 28/2010, anche rappresentante del Ministero istante), in quanto la mera partecipazione PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo al primo incontro di programmazione non comporterebbe per lo stesso alcuna spesa poi non rimborsabile, sussistendone i presupposti, all'esito del giudizio successivamente instaurato dall'attore. In conclusione, il procedimento di mediazione di cui al d.lgs. 28/2010, conclusosi con un accordo tra l'attore e il dipendente di una Amministrazione statale, non costituisce, presupposto per il rimborso delle spese legali sostenute dallo stesso, in ragione dell'assenza del presupposto necessario della totale esclusione della responsabilit del dipendente all'esito di detto procedimento. Le spese sostenute per l'eventuale assistenza legale occorsa per la sola partecipazione al mero incontro gratuito di programmazione potrebbero essere oggetto di rimborso solo all'esito dell'istaurato giudizio, ove fosse esclusa la responsabilit del dipendente. L'eventuale obiezione alla sopra rappresentata stretta interpretazione del- l'art. 18 del d.lgs. 67/97, che facesse leva sulla sostanziale elusione dell'intento deflattivo cui ispirata la disciplina della mediazione e asserisse che, in tal modo, i dipendenti pubblici dovrebbero preferire alla snella procedura della mediazione le lungaggini del processo, al fine di ottenere il rimborso delle spese legali, facilmente superabile in virt delle seguenti considerazioni. Il dipendente, legato all'Amministrazione da un rapporto di immedesimazione organica, non portatore di un interesse suo proprio, ma dell'ente per il quale ha agito. Pertanto, sempre opportuno che il dipendente informi l'Amministrazione del suo coinvolgimento in una procedura di mediazione. Tale interesse altruistico, che si riversa a beneficio della collettivit di cui l'ente espressione, da un lato pone l'esigenza che l'ente medesimo tenga il dipendente indenne dalle spese legali sostenute allorch egli sia chiamato a rispondere del suo operato pubblico in sede civile (penale e amministrativa), dall'altro impone al dipendente stesso oneri comportamentali, anche processuali, tali da non ledere l'immagine dell'ente che egli rappresenta, attraverso una eventuale ammissione di responsabilit. Tale esigenza di tutela dell'immagine delle Amministrazioni pubbliche si ritiene equivalente, se non preponderante, su quella di deflazionare il ricorso al processo, ricorrendo a meccanismi alternativi (e conciliativi) di risoluzione delle controversie, cos giustificando la stretta interpretazione della disciplina del rimborso delle spese sostenute dai dipendenti delle amministrazioni statali, in relazione al procedimento di mediazione di cui al d.lgs. 28/2010. In relazione al presente parere stato sentito il Comitato Consultivo che si espresso in conformit. RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 sullapplicazione degli interessi di mora per il ritardato pagamento di una pubblica amministrazione Parere del 28/11/2016-557440, al 38590/2012, avv. aNtoNio gruMetto richiesto il parere della Scrivente sulla compatibilit, rispetto alla disciplina prevista dalla D.lgs 9 ottobre 2002, n. 231, delle clausole di contratti relativi al servizio di mensa obbligatoria per il personale di polizia penitenziaria della Calabria nel periodo 1 luglio 2009 -30 giugno 2011. La richiesta di parere premette che sulle questioni sollevate dalla ditta appaltatrice si registrato il pronunciamento del Consiglio di Stato con sentenza 469 del 2010, con la quale stato rigettato lappello proposto dallAmministrazione della giustizia avverso la sentenza del Tar Lazio n. 6277 del 2009. Questultima aveva annullato le clausole del bando di appalto dei servizi per laffidamento del servizio di ristorazione della mensa obbligatoria del personale della polizia penitenziaria predisposte dal Provveditorato regionale dellamministrazione penitenziaria per il Lazio nel 2009, con le quali si prevedeva la maturazione degli interessi moratori solo dopo trascorsi 180 giorni dalla scadenza del termine di pagamento, nonch la misura degli interessi moratori pari al tasso di interesse della Banca centrale europea senza applicazione della maggiorazione prevista dal D.lgs n. 231/2002. Sul presupposto della corrispondenza tra le clausole contrattuali sulle quali intervenuto il predetto pronunciamento della giustizia amministrativa e quelle oggetto della richiesta di parere, codestaAmministrazione formula il seguente quesito: si chiede di voler esprimere autorevole parere circa la corretta applicazione della vigente normativa in materia alla luce dellarticolato contrattuale delle parti, nonch apprezzabile valutazione, tenuto conto degli orientamenti giurisprudenziali recenti ed ascrivibili allautorit giudiziaria ordinaria, sullopportunit o meno di agire in autotutela su quelle clausole contrattuali non toccate dal giudicato predetto. Alla richiesta di parere allegato un estratto di un contratto di fornitura del servizio di ristorazione e precisamente larticolo 12 relativo alle modalit di pagamento. Da tale articolo si desume che la disciplina del pagamento e delle conseguenze del ritardo formulata nei seguenti termini: 1. il termine per il pagamento fissato a 60 giorni dalla data di ricevimento della fattura mensile; 2. in caso di mancato pagamento entro il suddetto termine, per il successivo periodo di 180 giorni non previsto pagamento di interessi di mora; 3. qualora il ritardo superi il termine di 180 giorni (e quindi quello complessivo di 240 giorni dalla presentazione della fattura) lamministrazione tenuta a corrispondere gli interessi di mora calcolati al tasso della Banca centrale europea senza lapplicazione di alcuna maggiorazione. PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo Nella richiesta di parere si precisa che la questione sottoposta riguarda il pagamento delle fatture relative al servizio svolto per gli anni 2009 - 2010 2011. Ritiene la Scrivente che le questioni sottoposte alla consultazione siano le seguenti: 1. se il precedente costituito dalla sentenza del Consiglio di Stato 2 febbraio 2010, n. 469 sia vincolante anche in relazione alla fattispecie concreta relativa al contratto stipulato dal Provveditorato regionale della Calabria; 2. in caso di risposta negativa al quesito precedente, se sia valida la clausola contrattuale che (i) fissi in 60 giorni dalla ricevimento della fattura mensile il termine per il pagamento del corrispettivo della prestazione; (ii) escluda le conseguenze del ritardo per il periodo intercorrente tra la scadenza del termine di pagamento e il 180 giorno successivo; (iii) preveda quale conseguenza del ritardo ulteriore rispetto alla scadenza del predetto termine di 180 giorni un tasso di interesse moratorio corrispondente al tasso della Banca centrale europea senza applicazione di alcuna maggiorazione. sul primo quesito Ritiene la Scrivente che al primo quesito debba darsi risposta negativa. Il precedente costituito dalla sentenza del Consiglio di Stato 2 febbraio 2010, n. 469 si infatti formato sulla legittimit del bando della gara per il servizio di mensa obbligatoria della polizia penitenziaria indetta dal Provveditorato dellamministrazione penitenziaria per il Lazio. La sentenza di primo grado, emessa dal Tar per il Lazio e confermata dal predetto precedente del Consiglio di Stato, ha dichiarato nulle le clausole del bando impugnate; ragion per cui il predetto precedente non esplica efficacia vincolante nella fattispecie oggetto della presente consultazione. evidente, tuttavia, che lautorevolezza del supremo organo di giustizia amministrativa comporta che di tale precedente si debba comunque tener conto ai fini della risoluzione della questione sottoposta alla Scrivente. sul secondo quesito a) La normativa applicabile La fattispecie concreta sottoposta alla Scrivente riguarda la prestazione del servizio svolto negli anni che vanno dal 2009 al 2011. viene pertanto in considerazione la disciplina del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231 nella formulazione anteriore alle modifiche introdotte prima dal decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1 (convertito in legge 24 marzo 2012 n. 27), poi dal decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192 ed infine dalla legge 30 ottobre 2014, n. 161. RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 b) Il termine per ladempimento La prima questione sottoposta riguarda la legittimit di una clausola contrattuale che stabilisca il termine di 60 giorni dal ricevimento della fattura per il pagamento della controprestazione. Ci in quanto larticolo 4 del D.lgs n. 231 del 2002, nel testo applicabile alla fattispecie, prevede che, in mancanza di una diversa volont delle parti, il pagamento deve avvenire entro 30 giorni dal ricevimento della fattura. Ritiene la Scrivente che tale clausola sia valida. Bench il citato precedente del Consiglio di Stato abbia escluso la validit di clausole contrattuali che deroghino ai termini di pagamento previsti dal D.lgs n. 231 del 2002, non pu escludersi la facolt dellamministrazione debitrice di derogare alla disciplina legale. Tale possibilit di deroga prevista dallo stesso articolo 4 del predetto D.lgs, il quale contiene una disciplina sussidiaria nel caso in cui manchi un accordo espresso tra le parti (se il termine per il pagamento non stabilito nel contratto). Tale facolt deve ritenersi esercitabile nei limiti previsti dallarticolo 7 del D.lgs n. 231 del 2002, dato che questultimo colpisce con la sanzione della nullit solo l'accordo sulla data del pagamento o sulle conseguenze del ritardato pagamento che risulti gravemente iniquo in danno del creditore; non certo qualsiasi accordo di deroga alla disciplina legale. Anche la giurisprudenza amministrativa formatesi successivamente al citato precedente del Consiglio di Stato (TAR, Piemonte sentenza n. 2346 del 2010), ha ritenuto che non vi sia assoluta incompatibilit tra la predefinizione unilaterale di clausole contrattuali e la loro strutturazione in deroga ai tempi e modi di pagamento previsti dal d.lgs. n. 231/2002, purch in aderenza al dettato dell'art. 7 del d.lgs. medesimo. Ci in quanto la inesistenza di tale incompatibilit risulta dall'art. 8 del decreto legislativo n. 231 del 2002 che, nell'approntare una tutela collettiva avanzata avverso le condizioni generali unilateralmente predisposte (art. 1341 c.c.) in deroga ai parametri di legge, prevede che le stesse possano essere sindacate preventivamente rispetto alla conclusione del contratto, su impulso delle associazioni di categoria. Tale sindacato ha senso solo se si ammette che anche la condizione generale di contratto pu astrattamente contenere una legittima deroga ai parametri legali, salva la sua sindacabilit preventiva alla luce dell'art. 7 della legge (loc. ult. cit). La piena ammissibilit di una deroga alle disposizioni del decreto legislativo n. 231 del 2002 anche da parte della pubblica amministrazione del resto confermata dallattuale formulazione dellarticolo 4, comma 4, del predetto decreto legislativo -introdotta con la legge 30 ottobre 2014, n. 161 -, con il quale si autorizza la pubblica amministrazione, quando ricorrano circostanze oggettive, a prevedere un termine di pagamento superiore a quello previsto dal comma 2 del medesimo articolo. PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo Le considerazioni che precedono inducono la Scrivente a discostarsi dal precedente costituito dalla gi richiamata sentenza del Consiglio di Stato del 2 febbraio 2010, n. 469, con la quale stata ritenuta iniqua la clausola, inserita in un bando di gara per laffidamento del servizio di ristorazione per le mense del personale della polizia penitenziaria predisposto dalla Provveditorato regionale dellamministrazione penitenziaria del Lazio, che prevedeva proprio il termine di 60 giorni dal ricevimento della fattura per il pagamento del corrispettivo. La predetta decisione ravvisa liniquit di tale clausola, e quindi la sua contrariet agli articoli 4 e 5 del D.Lgs n. 231 del 2002, in quanto nella presentazione della offerta pu rinvenirsi il diverso accordo contrattato dalle parti solo a seguito di apposita contrattazione e trattativa sul punto, che evoca un concetto di contatto di tipo pararapportuale (o precontrattuale) che non pu rinvenirsi certo nel binomio bando-presentazione dellofferta, che gi integra (quantomeno in parte) la conclusione del contratto. Ad avviso della Scrivente, la predetta decisione non pu condividersi, laddove fa dipendere liniquit della clausola dalla circostanza che la stessa non sarebbe stata preceduta da una contrattazione nella fase delle trattative tra le parti. In primo luogo, va osservato che per il diritto comune (artt. 1341 e 1342 c.c.) il requisito della contrattazione tra le parti, infatti, esclude la necessit della specifica approvazione per iscritto (e quindi di un requisito formale), ma non rende di per s la clausola non iniqua. In secondo luogo, al concreto esperimento di una fase di trattativa precontrattuale, avente per oggetto la predisposizione di una clausola di contenuto analogo a quello in esame, osta la circostanza che lacquisizione di beni e servizi da parte della pubblica amministrazione avviene, di regola, attraverso la predisposizione unilaterale del capitolato contrattuale, rispetto al quale, in omaggio al principio di parit di trattamento fra i concorrenti alla gara, non pensabile una fase precontrattuale di negoziazione del contenuto di specifiche clausole. N tale negoziazione sarebbe possibile, senza con ci violare il carattere vincolante del bando di gara, nella fase successiva allaggiudicazione del contratto. Ci detto deve ritenersi che la clausola contrattuale sottoposta allesame della Scrivente, nella parte in cui stabilisce un termine per ladempimento di 60 giorni dal ricevimento della fattura, non sia nulla. Tale termine, infatti, si presenta giustificato alla luce del fatto che la prestazione resa dallappaltatore deve essere verificata con riguardo al numero dei pasti effettivamente somministrati; nonch alla luce del fatto che, in ragione delle dimensioni delle mense per le quali stipulato lappalto, ragionevole ritenere che il numero dei pasti mensilmente somministrati sia a tal punto considerevole da giustificare un tempo di adempimento maggiore rispetto a quello normalmente previsto dalla D.lgs 231 del 2002. RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 c) La clausola che esclude gli interessi di mora A diverse conclusioni deve viceversa giungersi per quanto concerne la clausola contrattuale nella parte in cui esclude qualsiasi conseguenza del ritardo nel pagamento per il periodo intercorrente tra la scadenza del termine di 60 giorni e la scadenza del successivo termine di 180 giorni. evidente che con tale clausola lamministrazione abbia azzerato le conseguenze del proprio inadempimento con riferimento a tale segmento temporale. Tale clausola, pertanto, appare gravemente iniqua e come tale nulla, in quanto priva, senza alcuna apparente giustificazione, il creditore del diritto ad essere indennizzato per le conseguenze dovute al ritardo nelladempimento dellobbligazione avente ad oggetto il pagamento del prezzo. Del resto larticolo 7 del D.Lgs in esame, nella formulazione introdotta dal D.Lgs 9 novembre 2012, n. 192 (e come tale non applicabile alla fattispecie in esame) stabilisce che si presume che sia gravemente iniqua la clausola che esclude lapplicazione di interessi di mora, presunzione che, ai sensi della medesima disposizione, non ammette prova contraria. d) La clausola che riduce gli interessi di mora Cos come gravemente iniqua si presenta, altres, la clausola con la quale si fissa nella misura pari al tasso praticato dalla Banca centrale europea, senza applicazione di alcuna maggiorazione, lentit degli interessi moratori in caso di persistenza dellinadempimento dopo la scadenza del predetto termine di 180 giorni. A questo riguardo, non viene fornita alcuna giustificazione da parte della richiedente amministrazione che consenta - avuto riguardo alla corretta prassi commerciale, alla natura della merce o dei servizi oggetto del contratto, alla condizione dei contraenti ed ai rapporti commerciali tra i medesimi, nonch ad ogni altra circostanza (art. 7 cit.) - di ritenere non gravemente iniqua tale clausola. vi sono, viceversa, elementi per ritenere nulla la predetta clausola per grave iniquit, solo che si consideri che: 1. la diminuzione dellentit delle conseguenze del ritardo da parte del- lamministrazione non pu essere giustificata con la difficolt delle verifiche necessarie circa la correttezza della controprestazione, una volta che sia stato gi fissato un termine di 60 giorni, in deroga alla disciplina di legge, per lesecuzione di tali verifiche; 2. la diminuzione dellentit delle conseguenze del ritardo da parte del- lamministrazione riguarda un segmento temporale successivo alla scadenza del termine di 180 giorni per il quale, come si visto, non prevista alcuna conseguenza pregiudizievole per il debitore, una volta che si consideri che laver beneficiato di unesenzione dalle conseguenze del ritardo per un termine di 180 giorni giustificherebbe una maggiorazione -non certo una diminuzione - delle conseguenze del ritardo per il debitore; PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo 3. la gi affermata nullit della clausola che esclude gli interessi di mora comporta la sua sostituzione con la previsione di un saggio degli interessi nella misura fissata dallarticolo 5 del D.Lgs n. 231 del 2002, rappresentata dal tasso di interesse applicato dalla Banca centrale europea maggiorato; ragion per cui la misura degli interessi moratori per il segmento temporale successivo alla scadenza del termine di 180 giorni non pu essere inferiore a quella prevista per il ritardo precedente (id est, BCe senza maggiorazione). Alla luce della consultazione resa a codesta Amministrazione, si suggerisce, pertanto, di valutare la possibilit di definire la questione con la ditta appaltatrice attraverso un bonario componimento. La complessit della consultazione resa sulla questione induce la Scrivente a precisare che le conclusioni raggiunte devono ritenersi valide, per i motivi gi esposti nel presente parere, anche con riguardo alla disciplina attualmente vigente del D.Lgs n. 231 del 2002. Come si gi avuto modo di osservare: a) nelle transazioni commerciali in cui il debitore una pubblica amministrazione, la possibilit di una deroga del termine di 30 giorni previsto per il pagamento [oggi] espressamente consentita dallarticolo 4, comma 4, del D.Lgs 231 del 2002 nella formulazione attualmente vigente; questultimo, infatti, consente di prevedere un termine per il pagamento di durata superiore ai 30 giorni (ma mai superiore a 60) quando ci sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche; b) la iniquit della clausola che esclude le conseguenze della mora in caso di ritardo nel pagamento [oggi] prevista dallarticolo 7 del D.Lgs 231 del 2002, nella formulazione attualmente vigente; c) la clausola che deroghi al saggio degli interessi legali di mora da ritenersi nulla per contrasto con la norma imperativa di cui allart. 5 del D.Lgs n. 231 del 2002 [oggi] vigente, per il quale la misura degli interessi legali di mora pu essere derogata solo .. nelle transazioni commerciali tra imprese.... Sul presente parere stato sentito il Comitato consultivo, il quale si espresso in conformit nella seduta del 25 novembre 2016. RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 Interpretazione e disciplina attuativa dei contratti esclusi dallambito di applicazione oggettiva del d.lgs 50/2016 Parere del 15/12/2016-591790, al 31387/2016, avv. FraNcesco sclaFaNi 1. -Con la nota che si riscontra codesta Regione ha chiesto il parere di questa Avvocatura in merito allapplicazione dellart. 4 del d.l.vo 18 aprile 2016, n. 50 secondo il quale: laffidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, esclusi, in tutto o in parte, dallambito di applicazione oggettiva del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicit, efficacia, imparzialit, parit di trattamento, trasparenza, proporzionalit, pubblicit, tutela dellambiente ed efficacia energetica. La richiesta di parere concerne in particolare la stipula di contratti di mutuo che (ai sensi dellart. 17, comma 1, lett. f d.l.vo 50/2016) sono esclusi dallambito di applicazione del nuovo codice, tuttavia investe la questione generale dellinterpretazione e della conseguente disciplina attuativa dellart. 4 cit. per tutti i contratti esclusi dallambito di applicazione oggettiva del codice. 2. -Trattandosi di quesito avente ad oggetto linterpretazione e le modalit applicative di una norma del nuovo codice dei contratti pubblici occorre preliminarmente analizzare il tema del completamento attuativo della nuova disciplina e delle novit dalla medesima introdotte sulla governance dei contratti pubblici (Titolo II d. l.vo 50/2016). Come opportunamente evidenziato nel parere reso dal Consiglio di Stato sullo schema del decreto legislativo in esame (parere n. 855 del 1 aprile 2016) la filosofia ispiratrice della riforma di affidare il completamento della disciplina del codice ad un sistema attuativo pi snello e flessibile rispetto al modello tradizionale del regolamento unico di esecuzione ed attuazione. Ci si desume in primo luogo dallart. 1, comma 1, lett. t) della legge delega (legge 28 gennaio 2016, n. 11) che prevede lattribuzione allAutorit Nazionale Anticorruzione (ANAC) anche di atti di indirizzo, quali linee guida, bandi-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolamentazione flessibile eventualmente dotati di efficacia vincolante. Inoltre, allart. 1, commi 4 e 5, la legge delega ha previsto ladozione di linee guida di carattere generale proposte dallaNac e approvate con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Lart. 213 d. l.vo 50/2016, al comma 1, attribuisce espressamente al- lANAC non solo la vigilanza e il controllo sui contratti pubblici ma anche lattivit di regolazione degli stessi. La stessa norma, al comma 2, specifica che detta funzione di regolazione avviene attraverso linee guida, bandi-tipo, capitolati-tipo ed altri strumenti di regolazione flessibile e serve a garantire la promozione dellefficienza, della qualit dellattivit delle stazioni appaltanti, cui fornisce supporto anche facilitando lo scambio di informazioni e PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo lomogeneit dei procedimenti amministrativi e favorisce lo sviluppo delle migliori pratiche. Alla stregua di tali disposizioni nel citato parere del Consiglio di Stato vengono identificati tre tipi di atti attuativi: a) le disposizioni adottate con decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, su proposta dellANAC, previo parere delle competenti commissioni parlamentari; b) le disposizioni adottate con delibera dellANAC a carattere vincolante erga omnes, in particolare le linee guida; c) le disposizioni adottate con delibera dellANAC a carattere non vincolante. 3. -Lart. 4 del d.l.vo 50/2016 sostituisce lart. 27 del d.l.vo 163/2006 rispetto al quale, da un lato, non prevede pi lobbligo di invitare almeno cinque concorrenti se compatibile con loggetto del contratto, dallaltro, specifica ulteriormente i principi da osservare nei settori esclusi aggiungendo i principi di pubblicit, tutela dellambiente ed efficacia energetica a quelli gi previsti dallart. 27. Dette novit non sono tali da diversificare la ratio della disposizione in esame rispetto a quella previgente in quanto lart. 4 cit. -al pari dellart. 27 d.l.vo n. 163/2016 - consiste nel tradurre in norma positiva nazionale una regola di diritto giurisprudenziale comunitario, secondo la quale ai contratti sottratti dallambito di applicazione delle direttive comunitarie sugli appalti pubblici si applicano comunque i principi posti dai trattati della Ue (C. giust. Ue, 3 dicembre 2001 c 59/00; C. giust. Ue, 7 dicembre 2000 c 324/98; comunicazione della Commissione Ue, 2006/C 179/02). Pertanto, se lart. 27 d.l.vo 163/2006 doveva essere letto in coerenza con tale giurisprudenza comunitaria (v. Cons. Stato, Ad. Pl. n. 16 del 2011) lo stesso vale per il nuovo art. 4 d.l.vo n. 50/2016. In secondo luogo deve ritenersi applicabile alla nuova disposizione quanto affermato dal Consiglio di Stato riguardo allart. 27 d. l.vo 163/2006 nella citata sentenza dellAdunanza Plenaria, ovvero che i contratti esclusi dal codice sono quelli dallo stesso codice nominati, ancorch al solo scopo di escluderli dal proprio ambito di applicazione, e non anche quelli da esso non menzionati, neppure per escluderli (i c.d. contratti estranei). Pertanto, i contratti in questione (che il Consiglio di Stato chiama nominati ma esenti per distinguerli dagli estranei) si agganciano ai settori ordinari o speciali di attivit contemplati dal codice perch in astratto potrebbero rientrare nel settore di attivit ma ne vengono eccettuati con norme di esenzione, per le ragioni pi disparate (Ad. Pl. cit.). Si tratta quindi di contratti che, pur godendo di una disciplina speciale rientrano nel sistema del codice dei contratti pubblici e quindi sono soggetti alle fonti di regolamentazione flessibile sopra descritte. RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 Ne consegue che lestraneit di tali contratti rispetto allambito oggettivo di applicazione del nuovo codice non consente di sottrarre la loro disciplina ai suindicati strumenti di regolazione flessibile. Infatti, se vero che la suddetta nuova funzione regolatrice deve essere esercitata nei limiti di quanto stabilito dal presente codice (art. 213, comma 1, d.l.vo 50/2016), anche vero per che tale disposizione deve essere interpretata nel senso che tutti i contratti contemplati dal codice (anche al solo fine di escluderli dalle regole ordinarie) sono soggetti alla nuova governance e ai nuovi strumenti di regolazione flessibile che dovranno essere adottati nel rispetto della disciplina del codice. Peraltro, lart. 4 d.l.vo 50/2016 contiene una disciplina, sia pure embrionale, di tali contratti costituita dal richiamo ad una serie di principi generali. Tale disciplina evidentemente suscettibile di diverse applicazioni e quindi rispetto ad essa si pone lesigenza di unattivit di regolazione finalizzata a garantire in modo uniforme per tutte le stazioni appaltanti, la pi efficace realizzazione dei suddetti principi in coerenza con le novit introdotte dalla riforma. Quindi, lampia discrezionalit rimessa dal legislatore alle stazioni appaltanti, riguardo alla modalit con cui dare attuazione ai principi sanciti dal- lart. 4 del nuovo codice, deve essere esercitata tenendo conto delle suddette fonti di regolamentazione flessibile ed in particolare delle linee guida che lANAC pu adottare in tutte le materie del codice, ivi compresi i contratti esclusi. 4. -Allo stato non risultano ancora emanate apposite linee guida sullapplicazione dellart. 4 cit. pertanto al fine di un corretto esercizio della suddetta discrezionalit occorre tenere conto delle indicazioni provenienti dalla giurisprudenza formatasi sul previgente art. 27 d. l.vo 163/2006. Al riguardo stato innanzitutto sottolineato che la stazione appaltante deve sempre dettare una disciplina congrua con loggetto della gara e con le relative caratteristiche, non potendo la mera riconducibilit delloggetto del- lappalto ai settori esclusi giustificare lapplicazione di una disciplina derogatoria che vada a discapito dei principi, immanenti in materia di appalti, di favor partecipationis, non discriminazione, concorrenza ed economicit, non essendo la scelta del contraente finalizzata allesclusivo interesse dellAmministrazione, ma volta anche alla tutela dellinteresse degli operatori di accedere al mercato. Pertanto, anche nei settori esclusi occorre sempre verificare se la non applicabilit di determinate disposizioni del codice dei contratti pubblici sia coerente e compatibile con linteresse sotteso alla gara (Tar Lazio, II, 5 marzo 2014, n. 2550). In tale prospettiva stato affermato che la regola secondo cui tutti coloro che prendono parte allesecuzione di pubblici appalti devono essere in possesso dei requisiti morali prescritti dal codice, costituisce un principio di tutela della par condicio, dellimparzialit e dellefficacia dellazione amministra PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo tiva, per cui deve trovare applicazione anche nei settori esclusi dallapplicazione del codice nei quali, al di l del rigore formale e dei vincoli procedurali, resta inderogabile la necessit di verificare nella sostanza il possesso dei suddetti requisiti (Tar Molise, I, 11 aprile 2014, n. 242). Inoltre, stato sottolineato che nei settori esclusi la scelta delle imprese da invitare al confronto concorrenziale non si colloca in uno spazio completamente libero in quanto le stazioni appaltanti devono prima effettuare unindagine di mercato assumendo informazioni circa le caratteristiche di qualificazione economico-finanziaria e tecnico-organizzativa delle imprese in possesso dei requisiti per eseguire lappalto e procedere alla loro selezione attraverso criteri trasparenti (Tar Lombardia -Milano, I, 11 aprile 2013, n. 930). 5. -Ulteriori indicazioni possono essere desunte, per analogia, dalle linee guida sulle procedure per laffidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria adottate dallANAC ai sensi dellart. 36, comma 7, d. l.vo n. 50/2016 (linee guida n. 4 approvate con delibera n. 1097 del 26 ottobre 2016). Ci in quanto la scelta del contraente nei contratti sotto soglia deve avvenire nel rispetto dei principi di cui allart. 30, comma 1, del nuovo codice che coincidono in buona parte con quelli enunciati nellart. 4. A tal fine assumono rilevanza in primo luogo i principi comuni enunciati al par. 2 delle suddette linee guida ed in particolare al par. 2.2 in cui viene data una, sia pur generica, indicazione degli obiettivi da perseguire in relazione ai singoli principi fissati dal legislatore. Ai sensi del par. 2.2 le stazioni appaltanti garantiscono, in aderenza: a) al principio di economicit, luso ottimale delle risorse da impiegare nello svolgimento della selezione ovvero nellesecuzione del contratto; b) al principio di efficacia, la congruit dei propri atti rispetto al conseguimento dello scopo e dellinteresse pubblico cui sono preordinati; c) al principio di tempestivit, lesigenza di non dilatare la durata del procedimento di selezione del contraente in assenza di obiettive ragioni; d) al principio di correttezza, una condotta leale ed improntata a buona fede, sia nella fase di affidamento sia in quella di esecuzione; e) al principio di libera concorrenza, leffettiva contendibilit degli affidamenti da parte dei soggetti potenzialmente interessati; f) al principio di non discriminazione e di parit di trattamento, una valutazione equa ed imparziale dei concorrenti e leliminazione di ostacoli o restrizioni nella predisposizione delle offerte e nella loro valutazione; g) al principio di trasparenza e pubblicit, la conoscibilit delle procedure di gara, nonch luso di strumenti che consentano un accesso rapido e agevole alle informazioni relative alle procedure; h) al principio di proporzionalit, ladeguatezza e idoneit dellazione rispetto alle finalit e allimporto dellaffidamento; RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 i) al principio di rotazione, il non consolidarsi di rapporti solo con alcune imprese, favorendo la distribuzione delle opportunit degli operatori economici di essere affidatari di un contratto pubblico. Inoltre, ai sensi del par. 2.4 tutti gli atti della procedura sono soggetti agli obblighi di trasparenza previsti dallart. 29 del codice. Ulteriori indicazioni utili sono contenute nei successivi parr. 3, 4 e 5 che dettano specifiche linee guida in relazione allimporto dei contratti. Tra queste si segnalano: -lopportunit di procedere alla preliminare consultazione di un elenco di fornitori oppure di svolgere unindagine esplorativa o una vera e propria indagine di mercato, per selezionare un numero di operatori confacente alle necessit della stazione appaltante e proporzionato allimporto e alla rilevanza del contratto, nonch idoneo a garantire un confronto competitivo non discriminatorio; lindagine dovr essere finalizzata a conoscere lassetto del mercato, i potenziali concorrenti, i loro requisiti, le condizioni tecniche ed economiche praticate e le clausole contrattuali generalmente offerte secondo le modalit indicate nelle citate linee guida, in quanto applicabili; -la necessit che il contraente sia in possesso dei requisiti di carattere generale di cui allart. 80 d. l.vo 50/2016 nonch dei requisiti minimi di: a) idoneit professionale; b) capacit economica e finanziaria; c) capacit tecniche e professionali (secondo le indicazioni contenute nel par. 3.2.1 e nel par. 3.2.2 delle linee guida); -la necessit, al fine di assicurare la massima trasparenza, di motivare adeguatamente in merito alla scelta della procedura seguita per il confronto competitivo e dellaggiudicatario, dando dettagliatamente conto del possesso da parte delloperatore economico selezionato dei requisiti richiesti nella determina a contrarre o nellatto ad essa equivalente, della rispondenza di quanto offerto allinteresse pubblico che la stazione appaltante deve soddisfare, di eventuali caratteristiche migliorative offerte dal contraente, della congruit del prezzo in rapporto alla qualit della prestazione (par. 3.3.1); -la necessit che linvito degli operatori selezionati contenga tutti gli elementi necessari per formulare unofferta informata tra i quali almeno quelli elencati al par. 4.2.6 delle linee guida; -la necessit che le sedute di gara siano tenute in forma pubblica ad eccezione della fase di valutazione delle offerte tecniche con verbalizzazione di tutte le attivit. Alla luce delle suddette considerazioni si ritiene che lart. 4 del d. l.vo n. 50/2016 debba essere interpretato nel senso che lattuazione dei principi ivi enunciati rimessa alla discrezionalit della stazione appaltante che dovr esercitarla tenendo conto dei richiamati orientamenti giurisprudenziali e delle indicazioni contenute negli strumenti di regolazione flessibile introdotti dal codice, tra cui per analogia le linee guida sopra richiamate, in quanto applica PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo bili, nonch le ulteriori che dovessero essere adottate dallANAC per indirizzare lapplicazione della disposizione in esame in modo efficace ed uniforme. 6. -Per quanto concerne lulteriore quesito, relativo ai finanziamenti che codesta Regione ha interesse ad ottenere dalla Banca europea per gli Investimenti, si osserva che essi sono estranei al sistema del codice dei contratti pubblici come sopra delineato trattandosi di erogazioni di unistituzione finanziaria dellUnione europea per il finanziamento degli investimenti atti a sostenere gli obiettivi politici dellUnione ed ai quali trova applicazione lart. 20, commi quater e quinquies del d.l. 185/2008 conv. in l. 2/2009 che disciplina in modo specifico le modalit di accesso a tali erogazioni di cui possono beneficiare anche progetti di interesse regionale. 7. -Il presente parere stato sottoposto al Comitato Consultivo dellAvvocatura dello Stato ai sensi dellart. 26 legge n. 103/1979, il quale si espresso in conformit nella seduta del 14 dicembre 2016, e viene trasmesso anche allANAC per le valutazioni ed eventuali determinazioni di propria competenza. RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 lacquisizione delle opere abusive nelle aree naturali protette: il principio tempus regit actum Parere del 16/12/2016-593183, al 20874/2016, avv. Paolo MarchiNi LAvvocatura distrettuale in indirizzo con la nota di riferimento ha rimesso a questo g.U. il proprio parere in ordine alla questione in oggetto, sollevata dallente Parco ... con nota del 9 marzo 2016 n. 1322, ritenuta rilevante ed avente portata di massima. In particolare, lente Parco ha posto il quesito se prima della entrata in vigore della legge n. 426/1998 e della legge n. 296/2006, lacquisizione delle propriet delle aree soggette anche a vincolo di parco e sulle quali fu commesso un abuso edilizio, si verifichi esclusivamente in capo agli enti comunali allo scadere dei novanta giorni dalla notificazione dellordinanza di demolizione da questi ultimi emanata. Codesta Avvocatura distrettuale, dopo aver richiamato la costante giurisprudenza secondo cui il provvedimento di acquisizione in propriet riveste natura dichiarativa in quanto lacquisto avviene ope legis allo scadere dei novanta giorni decorrenti dalla notificazione dellordinanza di demolizione, ha espresso la tesi che detto acquisto avviene di diritto automaticamente a favore dellente (comune o ente Parco) indicato dalla legge vigente al momento della scadenza del predetto termine. Come correttamente richiamato dalla Avvocatura distrettuale, questa Avvocatura generale, gi si espresse sulla competenza ente Parco Nazionale alla acquisizione gratuita dellarea di sedime conseguente allinottemperanza dellordine di riduzione in pristino emesso dallo stesso ente con il parere prot. 296245/6 del 21 luglio 2012, AL 47802/11 -red. avv. Paolo Marchini, con avviso conforme del Comitato Consultivo riunito il 15 giugno 2012 - con il quale, dopo aver ripercorso lexcursus storico delle norme succedutesi nel tempo, si affermato il principio che lacquisto in questione opera ope legis allorquando si determinano le condizioni di fatto previste dalla norma in guisa che il provvedimento di acquisizione adottato dall'ente parco ha carattere dichiarativo, e non costitutivo. In tale parere la questione non venne toccata direttamente, ma fu ben messo in risalto come la competenza dominicale nella ipotesi di plurivincolo fu, dalle leggi susseguitesi nel tempo, trasferita ora al Comune, ora allente parco. Appare opportuno, in questa sede esporre il quadro normativo storico con una particolare evidenza tipografica dei momenti di entrata in vigore delle varie disposizioni di legge e dellente da esse individuato come proprietario delle aree in questione. PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo CoMPeTeNZA DeL CoMUNe DAL 1977 AL 28 DICeMBRe 1998 1. lart. 7, comma 6 della legge n. 47 del 1985 ante testo unico sulledilizia. La legge 28 febbraio 1985 n. 47 recante Norme in materia di controllo dellattivit urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie, pubblicata nella gazz. Uff. 2 marzo 1985, n. 53, S.o., riproduce la disposizione contenuta nell'art. 15, terzo comma, della legge 28 gennaio 1977, n. 10, che prevedeva la acquisizione in propriet dellarea, quale sanzione di secondo grado, nel caso di interventi eseguiti in assenza di permessi di costruire, di totale difformit o con variazioni essenziali e di inottemperanza allordinanza di demolizione emanato dalla Amministrazione cui compete la vigilanza sullosservanza dei vincoli esistenti. In particolare il comma 6 del- lart. 7 [poi abrogato dallart. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nellart. 138 dello stesso decreto, e poi ulteriormente trasfuso nell'art. 31 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001, attualmente vigente], attribuisce la competenza dominicale (ossia legittimante lacquisizione in propriet dellarea) a seconda che il vincolo ambientale concorra o meno con altri vincoli di inedificabilit. Recita Par. 7, rubricato: opere eseguite in assenza di concessione, in totale difformit o con variazioni essenziali: sono opere eseguite in totale difformit dalla concessione quelle che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto della concessione stessa, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile. il sindaco, accertata l'esecuzione di opere in assenza di concessione, in totale difformit dalla medesima ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi del successivo articolo 8, ingiunge la demolizione. se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dallingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonch quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. l'area acquisita non pu comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita. l'accertamento dell'inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al precedente comma, previa notifica all'interessato, costituisce titolo per limmissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente. RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 l'opera acquisita deve essere demolita con ordinanza del sindaco a spese dei responsabili dellabuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali. Per le opere abusivamente eseguite su terreni sottoposti, in base a leggi statali o regionali, a vincolo di inedificabilit, l'acquisizione gratuita, nel caso di inottemperanza all'ingiunzione di demolizione, si verifica di diritto a favore delle amministrazioni cui compete la vigilanza sull'osservanza del vincolo. tali amministrazioni provvedono alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi a spese dei responsabili dell'abuso. Nella ipotesi di concorso dei vincoli lacquisizione si verifica a favore del patrimonio del comune. il segretario comunale redige e pubblica mensilmente, mediante affissione nell'albo comunale, lelenco dei rapporti comunicati dagli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria riguardanti opere o lottizzazioni realizzate abusivamente e delle relative ordinanze di sospensione e lo trasmette all'autorit giudiziaria competente, al presidente della giunta regionale e, tramite la competente prefettura, al Ministro dei lavori pubblici. in caso d'inerzia, protrattasi per quindici giorni dalla data di constatazione della inosservanza delle disposizioni di cui al primo comma dell'art. 4 ovvero protrattasi oltre il termine stabilito dal terzo comma del medesimo articolo 4, il presidente della giunta regionale, nei successivi trenta giorni, adotta i provvedimenti eventualmente necessari dandone contestuale comunicazione alla competente autorit giudiziaria ai fini dell'esercizio dell'azione penale. Per le opere abusive di cui al presente articolo, il giudice, con la sentenza di condanna per il reato di cui all'articolo 17, lettera b), della legge 28 gennaio 1977, n. 10, come modificato dal successivo articolo 20 della presente legge, ordina la demolizione delle opere stesse se ancora non sia stata altrimenti eseguita. 2. la legge quadro sulle aree protette l. n. 394/1991. L'inosservanza delle misure ripristinatone disciplinata dall'art. 29, secondo comma, che rinvia alla disciplina dellart. 27 della 1. 28 febbraio 1985, n. 47, corrispondente allattuale art. 41 del D.P.R. 380/01, e non contempla lacquisizione in propriet dellarea (che si connette invece, come detto, alle specifiche violazioni previste dallart. 31 del predetto d.p.r.). Lassenza d una disciplina, nella legge quadro, della acquisizione in propriet da ineseguito ordine di demolizione promanato dallente Parco, pu agevolmente giustificarsi con il fatto che tale disciplina era gi contemplata dal citato comma 6 dellart. 7 della legge n. 47/1985, sia nel caso di monovincolo, sa in quello d plurivincolo, sicch non vi era necessit di una sua rinnovazione. PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo CoMPeTeNZA DeLLeNTe PARCo DAL 29 DICeMBRe 1998 AL 29 gIUgNo 2003 3. la legge 9 dicembre 1998 n. 426. Con la legge 9 dicembre 1998 n. 426, recante nuovi interventi in campo ambientale e pubblicata nella gazz. Uff. 14 dicembre 1998, n. 291, il legislatore pone la prima significativa deroga alla regola generale dettata dal comma 6 dellart. 7 della legge n. 47/1985 in tema di competenza dominicale nella fattispecie di plurivincolo di inedificabilit. Infatti, lart. 2 oblitera del tutto la competenza comunale. Dispone tale norma: interventi per la conservazione della natura. 1. Nelle aree naturali protette nazionali l'acquisizione gratuita delle opere abusive di cui all'articolo 7, sesto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni ed integrazioni, [n.d.r.: ora art. 31 d.p.r. n. 380 del 2001] si verifica di diritto a favore degli organismi di gestione. Nelle aree protette nazionali, i sindaci sono tenuti a notificare al Ministero dellambiente e agli enti parco, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli accertamenti e le ingiunzioni alla demolizione di cui all'articolo 7, secondo comma, della citata legge n. 47 del 1985. il Ministro del- l'ambiente pu procedere agli interventi di demolizione avvalendosi delle strutture tecniche e operative del Ministero della difesa, sulla base di apposita convenzione stipulata d'intesa con il Ministro della difesa, nel limite di spesa di lire 500 milioni per l'anno 1998 e di lire 2.500 milioni a decorrere dall'anno 1999. Il testo non contempla ipotesi di plurivincolo, sicch esse devono ritenersi ricomprese nella competenza dominicale dellente parco nazionale. CoMPeTeNZA DeL CoMUNe DAL 30 gIUgNo 2003 AL 31 DICeMBRe 2006 4. Il testo unico sulledilizia d.P.r. n. 380/2001 (Pubblicato nella Gazz. uff. 20 ottobre 2001, n. 245, s.o.). La questione sembrava definitivamente risolta con riferimento alle aree protette nazionali, se non fosse che il legislatore interviene nuovamente in deroga, reintroducendo la doppia competenza, segnatamente quella comunale in caso di plurivincolo. Infatti al comma 6 dellart. 31 del testo unico sulledilizia scritto: Per gli interventi abusivamente eseguiti su terreni sottoposti, in base a leggi statali o regionali, a vincolo di inedificabilit, l'acquisizione gratuita, nel caso di inottemperanza all'ingiunzione di demolizione, si verifica di diritto a favore delle amministrazioni cui compete la vigilanza sull'osservanza del vincolo. tali amministrazioni provvedono alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi a spese dei responsabili dell'abuso. Nella ipotesi di concorso dei vincoli, l'acquisizione si verifica a favore del patrimonio del comune'. RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 Quanto alla entrata in vigore, il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 allart. 138 (L) entrata in vigore del testo unico si prevede: 1. le disposizioni del presente testo unico entrano in vigore a decorrere dal 1 gennaio 2002 (*). il presente decreto, munito del sigillo dello stato, sar inserito nella raccolta ufficiale degli atti normativi della repubblica italiana. fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. CoMPeTeNZA DeLLeNTe PARCo DAL 1 geNNAIo 2017 5. la legge 27 dicembre 2006 n. 296. Solo con la legge finanziaria per il 2007 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, pubblicata nella gazz. Uff. 27 dicembre 2006, n. 296, S.o.) allart. 1, comma 1104 si deroga ancora - ed allo stato attualmente vigente, definitivamente - al testo unico sulledilizia, attribuendo stavolta la competenza dominicale in via principale allente parco (ora anche regionale) e, solo in via sussidiaria, al Comune. Infatti, lart. 1, comma 1104, dispone ora che Nelle aree naturali protette lacquisizione gratuita delle opere abusive di cui all'articolo 7, sesto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni, (...allo stato della legislazione vigente, art. 31, sesto comma, d.p.r. n. 380 del 2001) si verifica di diritto a favore degli organismi di gestione ovvero, in assenza di questi, a favore dei comuni. restano confermati gli obblighi di notifica al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare degli accertamenti, delle ingiunzioni alla demolizione e degli eventuali abbattimenti direttamente effettuati, come anche le procedure e le modalit di demolizione vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge". Lentrata in vigore di tale normativa disciplinata dallart. 1, comma, 1364: la presente legge entra in vigore il gennaio 2007, ad eccezione dei commi 966, 967, 968 e 969, che entrano in vigore dalla data di pubblicazione della presente legge. * * * Illustrato il quadro normativo storico, questo g.U. concorda con la tesi espressa dalla Avvocatura dello Stato di Napoli. Infatti, si tratta di applicare il principio del "tempus regit actum" in relazione alla legge vigente al momento del fatto generatore dellacquisto ope legis della propriet che avviene a titolo originario e di diritto per il mero decorso del tempo (cfr. C. Stato, sez. v, 12 (*) Termine prorogato al 30 giugno 2002, dallart. 5-bis, comma 1, D.L. 23 novembre 2001, n. 411, convertito dalla L. 31 dicembre 2001, n. 463 e, successivamente, al 30 giugno 2003 dall'art. 2, comma 1, D.L. 20 giugno 2002, n. 122, convertito, con modificazioni, dall'art 1, comma 1, L. 1 agosto 2002. n. 185. PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo dicembre 2008, n. 6174, nonch gli altri arresti della giurisprudenza richiamati da codesta Avvocatura distrettuale nel parere in oggetto). Peraltro, si tratta di sanzione autonoma che ''consegue allinottemperanza dellingiunzione, abilitando poi il sindaco ad una scelta fra la demolizione di ufficio e la conservazione del bene, definitivamente gi acquisito, per la destinazione a fimi pubblici, sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali" (Corte Costituzionale, sentenza n. 345 del 11 luglio 1991). Da qui il corollario che "la notifica dellaccertamento dellinottemperanza un adempimento estrinseco rispetto alla fattispecie ablatoria ed ha due funzioni. l'una, consiste nello essere il necessario titolo per la concreta immissione nel possesso da parte dello ente comunale qualora linteressato non intenda spontaneamente spogliarsi del bene; laltra, si rinviene nel permettere al comune di trascrivere nei registri immobiliari il trasferimento della propriet (per gli effetti dell'art. 2644 cod. civ.)" (Cass. pen., sez. IIII, 28 maggio 2009, n. 22440, Morichetti). Secondo autorevole dottrina (Predieri) si tratta di unablazione intesa quale confisca amministrativa repressiva, in quanto sanzione conseguente ad un illecito amministrativo, quale il costruire senza il provvedimento concessorio (o in difformit da esso). Quindi, i due effetti automatici (lo spossessamento e la acquisizione al patrimonio dellente) si verificano nello stesso tempo istantaneo ed a quel tempo va individuato lente competente che la legge in vigore in quel momento indica. In conclusione, precisato che qualora sia intervenuto il jus superveniens prima dello scadere dei 90 gg. la acquisizione in propriet gi compete al nuovo ente, questo g.U. ritiene che la mancata demolizione entro novanta giorni dalla notificazione della relativa ordinanza produca al novantunesimo giorno che cada prima della entrata in vigore della legge n. 426/1998 o della legge n. 296/2006, leffetto dellacquisto in propriet del Comune. La questione stata sottoposta allesame del Comitato Consultivo della Avvocatura generale dello Stato di cui allart. 26 della legge 3 aprile 1979, n. 103, che si espresso in conformit. RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 la regola del concorso pubblico per le progressioni tra aree funzionali e la deroga di legge Parere del 17/01/2017-24381, al 29974/2016, avv. FraNcesco MeloNcelli la fattispecie Con la nota in epigrafe codesto Ufficio del Ministero espone quanto segue: -con D.D. 11 luglio 2001 n. 13302 il Ministero avviava una procedura di selezione interna per la copertura di n. 715 posti disponibili nellarea C, posizione economica C1 (attualmente corrispondente allarea III, fascia retributiva F1), alla quale erano ammessi a partecipare i dipendenti collocati nellarea B, posizioni economiche B1, B2 e B3 (attualmente corrispondenti allarea funzionale II). La formazione della graduatoria per lammissione al percorso formativo doveva considerare: lesperienza professionale maturata nel Ministero nelle qualifiche che davano il diritto a concorrere; lanzianit di servizio; il titolo di studio del quale il candidato era in possesso al momento della presentazione della domanda; le attivit formative eventualmente svolte nel corso della carriera allinterno dellAmministrazione stessa o in altri istituti universitari; lidoneit a prove selettive o concorsi per la qualifica per la quale si concorreva e la valutazione del dirigente responsabile. La procedura prevedeva, quindi, lespletamento di un percorso formativo e, da ultimo, lesame finale; -allesito dello svolgimento della suddetta procedura di selezione, per effetto del rilevante peso dato allanzianit di servizio, i candidati della posizione economica B3 venivano preceduti, nella graduatoria per laccesso al percorso formativo, dai candidati delle posizioni economiche B1 e B2, perdendo di fatto la possibilit di conseguire la qualifica dellarea C1; -in data 1 agosto 2003 veniva stipulato tra codesto Ufficio e le organizzazioni sindacali una preintesa, in base alla quale i candidati della posizione economica B3 venivano ammessi, sebbene non fossero rientrati nella graduatoria, a partecipare al percorso formativo al cui termine stata approvata, nel 2008, una graduatoria di vincitori nella quale hanno trovato la precedenza i soggetti in posizione economica B3; -tale modus operandi ha generato una serie di contenziosi promossi dai candidati della posizione economica B2, i quali nella graduatoria finale sono stati posposti rispetto ai candidati della posizione economica B3, ammessi in soprannumero. Tali contenziosi si sono conclusi con delle sentenze, emesse dal giudice amministrativo, le quali accoglievano le doglianze dei candidati della posizione economica B2, considerato che la precedenza data ai candidati della posizione economica B3, nella formazione della graduatoria per la partecipazione al percorso formativo, era stata prevista esclusivamente dallac PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo cordo sindacale del 1 settembre 2003 ma non era stata recepita nel bando di partecipazione al concorso; -al fine di evitare una modificazione in pejus della posizione economica dei dipendenti ex B3, che da tempo erano gi stati inquadrati nella posizione economica C1, codesto Ufficio, con il decreto dell8 ottobre 2010 n. 87905, ha deciso di mantenere invariata, in via di autotutela, la posizione economica dei dipendenti ex B3 e B3S; -tale ultimo decreto, richiamato nel punto precedente, stato invalidato con diverse sentenze del Consiglio di Stato (cfr. sentt. 3602/2013; 4212/13) con le quali il giudice amministrativo ha accolto i ricorsi presentati dai dipendenti appartenenti alla posizione economica B2; -in ottemperanza a quanto disposto dalle suindicate sentenze, codesto Ufficio emanava il decreto 26 settembre 2013 n. 110391, rettificato dal decreto 9 ottobre 2013 n. 115693, con il quale i candidati della posizione economica B3, che per effetto dellampliamento dei posti avevano conseguito la qualifica superiore C1, venivano rinquadrati nellarea originaria di appartenenza (attuale area funzionale II, fasce retributive F3 e F4), a decorrere dal 14 ottobre 2013; -a seguito delle ordinanze del Consiglio di Stato n. 4709/2013 e n. 4708/2013, con le quali venivano accolte le istanze cautelari di alcuni dei candidati retrocessi alla posizione economica B3, e per leffetto veniva sospesa lesecutivit delle sentenze del Consiglio di Stato 3602/2013 e 4212/2013 gi richiamate, codesto Ufficio, con D.D. 6 dicembre 2013 n. 0141629, ha provveduto a sospendere lefficacia dei decreti n. 11031 del 26 settembre 2013 e n. 115693 del 9 ottobre 2013 in attesa della discussione nel merito delle istanze cautelari congiuntamente alla richiesta di chiarimenti, ex art. 112, comma 5, c.p.a., proposta dal Ministero; -il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5153/2015, ha definitivamente ordinato <>; -codesto Ufficio, pertanto, con D.D. 2 dicembre 2015 n. 136627 ha ripristinato gli effetti dei decreti n. 110391 del 26 settembre 2013 e n. 115693 del 9 ottobre 2013 di presa datto della dichiarazione di nullit del decreto n. 87905 dell8 novembre 2010, rinquadrando definitivamente nellex area B, posizione economica B3 e B3S (ora area funzionale II, fasce retributive F3 e F4) i candidati che avevano beneficiato dellaccordo sindacale, facendo decorrere gli effetti di questa nuova disposizione dal 14 ottobre 2013; -con lart. 1, comma 9, legge 28 dicembre 2015, n. 208, il legislatore, nellintento di intervenire nella materia de qua, ha disposto che al fine di evitare un pregiudizio alla continuit dell'azione amministrativa, ai dipendenti dell'amministrazione economico-finanziaria, ivi incluse le agenzie fiscali, cui sono state affidate le mansioni della terza area sulla base dei RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 contratti individuali di lavoro a tempo indeterminato stipulati in esito al superamento di concorsi banditi in applicazione del contratto collettivo nazionale di comparto del quadriennio 1998-2001, o del quadriennio 2002-2005, continua ad essere corrisposto, a titolo individuale e in via provvisoria, sino all'adozione di una specifica disciplina contrattuale, il relativo trattamento economico e gli stessi continuano ad esplicare le relative funzioni, nei limiti delle facolt assunzionali a tempo indeterminato e delle vacanze di organico previste per le strutture interessate; -secondo linterpretazione di codesto Ufficio, la norma prevede il mantenimento, in capo ai dipendenti retrocessi, del trattamento economico e delle funzioni svolte prima della retrocessione, mediante lassegnazione, a titolo individuale ed in via provvisoria, di un differenziale a carico di fondi assunzionali; -codesto Ufficio ha quindi, con nota del 19 gennaio 2016 n. 5869, provveduto a comunicare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri che ai dipendenti appartenenti allarea funzionale II, fasce retributive F3 e F4, continuava ad essere corrisposto il trattamento economico dellarea III, fascia retributiva F1; -con i D.D. n. 61051, 61052 e 61045 del 23 maggio 2016 e il D.D. n. 67120 dell8 giugno 2016 codesto Ufficio ha indetto lavvio delle procedure per lo sviluppo economico allinterno delle Aree; -in particolare, i dipendenti appartenenti allarea funzionale II, fasce retributive F3 e F4, destinatari della disposizione di cui allart. 1, comma 9, cit., hanno presentato domanda informatica di partecipazione alla procedura, modificando la propria Area e fascia economica di appartenenza e partecipando alla progressione per lo sviluppo economico nellarea 3, fascia retributiva F2; -con la chiusura della fase discrizione, codesto Ufficio tramite la nota n. 76801 del 4 luglio 2016, ha comunicato al Dipartimento delle Finanze, unit organizzativa alle dirette dipendenze del Direttore generale delle Finanze, che con riguardo ai dipendenti beneficiari, nella procedura del 2001, degli effetti dellampliamento dei posti, grazie ai quali avevano conseguito una qualifica superiore, si era provveduto con D.D. a rinquadrali nellarea funzionale II, fasce retributive F3 e F4, in ottemperanza a quanto disposto dalle Sentenze del Consiglio di Stato (sentt. 3602/2013, 4212/2013 e 5153/2015). Di conseguenza, tali dipendenti potevano partecipare alla procedura per lo sviluppo economico indetta nel 2016 esclusivamente allinterno dellarea funzionale II, per vedersi attribuire la fascia retributiva superiore, rispetto a quella attualmente in godimento; -di contro, i dipendenti interessati dalla vicenda de qua hanno rivendicato, in forza di quanto disposto dallart. 1, comma 9, cit. il diritto a poter concorrere alla procedura di progressione economica per lArea III, fascia retributiva F2. PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo il quesito Premesso tutto ci, codesto Ufficio chiede di sapere se lart. 1, comma 9, cit. sia da interpretare nel senso che i suddetti dipendenti, in possesso del trattamento economico equiparato alla qualifica area iii, fascia retributiva F1 e ammessi allo svolgimento delle relative funzioni, possano concorrere per lattribuzione della fascia economica superiore (area iii, fascia retributiva F2), atteso che lart. 2 dei decreti di indizione delle procedure citate prevede, come requisito di ammissione, lanzianit di almeno due anni nella fascia retributiva di appartenenza, ovvero se, come invece ritenuto da codesto ufficio in conseguenza del dettato normativo, la norma, al fine di garantire la continuit amministrativa, persegua lobiettivo di riconoscere ai dipendenti interessati esclusivamente il mantenimento del trattamento economico correlato allo svolgimento di funzioni, senza incidere sullattribuzione dellarea e fascia economica di appartenenza, id est sullo stato giuridico, che risulta essere tuttora corrispondente allarea ii, fascia retributiva F3 e F4. la risposta al quesito I destinatari dellart. 1, comma 9, L. 208/2015 sono coloro ai quali sono state affidate le mansioni della terza area sulla base dei contratti individuali di lavoro a tempo indeterminato stipulati in esito al superamento dei concorsi banditi in applicazione del contratto collettivo nazionale di comparto del quadriennio 1998-2001, o del quadriennio 2005. Di seguito, il legislatore dispone che a questi dipendenti continua ad essere corrisposto, a titolo individuale e in via provvisoria il relativo trattamento economico e gli stessi continuano ad esplicare le relative funzioni. Poich potrebbe risultare irragionevole che il legislatore attribuisse a titolo provvisorio, a coloro che hanno vinto il concorso in base alle regole del bando, un trattamento che spetterebbe loro permanentemente in base alla qualifica e allinquadramento previsti per il posto messo a concorso, la disposizione non pu avere altro senso, ex art. 12 disp. prel. c.c. e in base ad uninterpretazione teleologica, se non quello di attribuire provvisoriamente il trattamento economico, ma non linquadramento, a coloro che hanno altrimenti superato il concorso e hanno effettivamente svolto le mansioni corrispondenti allarea terza. Pertanto, destinatari della norma sono i dipendenti che hanno meramente partecipato al concorso e ai quali lAmministrazione economico-finanziaria ha comunque affidato, allesito del concorso e mediante la stipula di un contratto di lavoro individuale a tempo indeterminato, le mansioni dellarea terza. gli oggetti della norma sono il trattamento economico e le funzioni da loro svolte. Quanto al primo oggetto, la norma prescrive che il trattamento economico dellarea terza continua ad essere corrisposto. Quanto al secondo oggetto, vi si prescrive che essi continuino ad esplicare le funzioni dellarea terza. RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 Tuttavia, poich, come esplicitato nella disposizione normativa qui in esame, si tratta di una disciplina dettata, in primis, da unesigenza di continuit dellazione amministrativa e, in secundis, fino alladozione di una specifica disciplina contrattuale, essa ha, evidentemente e necessariamente, carattere temporaneo e provvisorio. Lo conferma, per lappunto, la lettera del comma 9 dellart. 1 cit., il quale prevede che il contenuto normativo prescrittivo sopra descritto si applichi a titolo individuale e in via provvisoria. In altri termini, tenuto conto del senso pi conveniente alla natura e alloggetto della disposizione normativa e tenuto altres conto del fine per il quale il legislatore intervenuto, cio quello di evitare un pregiudizio alla continuit dellazione amministrativa, in ossequio al principio del buon andamento della pubblica amministrazione di cui allart. 97 Cost., lart. 1, comma 9, cit. rivolto a coloro i quali, partecipando alle procedure per la progressione tra le aree, pur non superando la prima fase della procedura (quella che dava accesso al percorso formativo), hanno tuttavia beneficiato di una deroga al bando di gara disposta a seguito di unintesa sindacale, in base alla quale essi erano stati fatti rientrare comunque tra gli ammessi allo svolgimento delle mansioni dellarea superiore (area III), seppure non avessero mai superato il concorso ai sensi del bando. Come pi volte affermato dalla Corte Costituzionale <> (Corte cost., sent. 4 aprile 1990, n. 161; conformi, ex multis, Corte cost., sent. 30. ottobre 1997, n. 320; Corte cost., sent. 4 gennaio 1999, n. 1). Tale principio di derivazione costituzionale stato, peraltro, recentemente positivizzato dal legislatore, tramite lintroduzione del comma 1-bis allart. 52 del D.Lgs. 30 marzo .2001 n. 165. Ne deriva che lespletamento e il superamento di un concorso non attiene soltanto alla fase iniziale dellaccesso al pubblico impiego, ma coinvolge anche le eventuali progressioni tra aree funzionali alle quali il dipendente, gi collocato allinterno dell amministrazione pubblica, vorr eventualmente partecipare. Una diversa lettura della disposizione normativa di cui qui si tratta, anzi, PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo potrebbe reputarsi come violatrice dei giudicati amministrativi sopra menzionati, nei quali stata sancita lillegittimit amministrativa delloperato del- lAmministrazione, che avrebbe inquadrato il personale dellarea B3 nellarea terza, per effetto di un ampliamento della graduatoria dei vincitori non prevista nel bando di concorso. Il trattamento retributivo, corrispondente allarea III, fascia retributiva F1, , infatti, mantenuto nei confronti dei soggetti beneficiari della disposizione normativa soltanto in via provvisoria e per esigenze legate alla continuit amministrativa. Ci comporta, quindi, che i dipendenti in questione sono comunque tenuti ad effettuare gli sviluppi economici allinterno delleffettiva area di appartenenza, nel caso di specie corrispondente allarea funzionale II, essendo lespletamento delle mansioni dellarea III provvisorio, legato ad esigenze di continuit dellazione amministrativa e destinato, per sua stessa natura, a cessare per effetto del sopravvenire delle condizioni previste dalla legge per la sua cessazione. In conclusione, i dipendenti a cui si applica il comma 9 dellart. 1 L. n. 208/2015, restano inquadrati, ai fini dellespletamento di concorsi interni volti allo sviluppo economico o alla progressione tra le aree, nellarea funzionale II, fasce retributive F3 e F4. Sulle questioni trattate nel presente parere stato sentito il Comitato consultivo di questo Istituto, che si espresso in conformit. RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 Il regime della revisione dei prezzi negli appalti di lavori a seguito della novellata disciplina del d.lgs 50/2016 Parere del 23/01/2017-35949, al 40294/2016, avv. Paola PalMieri Codesto Ministero ha chiesto il parere di questo g.U. in ordine allapplicazione della disciplina introdotta dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante attuazione delle direttive 2014/23/ue, 2014/24/ue e 2014/25/ue, sullaggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure di appalto degli enti erogatori nei settori dellacqua, dellenergia, dei trasporti e dei servizi postali, nonch per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. 1. Con la richiesta di parere, in particolare, si richiama il Comunicato in data 11 maggio 2016, con il quale il Presidente dellA.N.A.C. ha chiarito che le disposizioni di cui al d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, come noto abrogato dal d.lgs. n. 50/2016, continuano ad applicarsi, tra laltro, nel caso di affidamenti aggiudicati prima della data di entrata in vigore del nuovo codice, per i quali siano disposti, fermo restando il divieto generale di rinnovo tacito e di proroga del contratto: il rinnovo del contratto o modifiche contrattuali derivanti da rinnovi gi previsti nei bandi di gara; consegne, lavori e servizi complementari; ripetizione di servizi analoghi; proroghe tecniche -purch limitate al tempo strettamente necessario per laggiudicazione della nuova gara; varianti per le quali non sia prevista lindizione di una nuova gara. ci, indipendentemente dal fatto che per tali fattispecie sia prevista lacquisizione di un nuovo cig, in quanto si tratta di fattispecie relative a procedure di aggiudicazione espletate prima dellentrata in vigore del nuovo codice. Alla luce di tali premesse, codesta Amministrazione chiede alla Scrivente di precisare se continuano a trovare applicazione alcune disposizioni contenute nellart. 133 del d.lgs. n. 163/2006. Ci si riferisce, in particolare: a) alle attivit prescritte in attuazione dellart. 133, comma 3, del d.lgs. n. 163/2006 e ss.mm. ed ii. (recante listituto del cd. prezzo chiuso, con particolare riferimento alla necessit che il decreto ministeriale di fissazione della percentuale di aumento del prezzo dei lavori continui, in applicazione di quanto indicato nella Comunicazione del Presidente dellA.N.A.C. sopra menzionata, ad essere adottato annualmente dal Ministero, pur in assenza di unespressa disposizione normativa alluopo prevista dal nuovo Codice (neppure in sede di regime transitorio, disciplinato dallart. 216 del d.lgs. n. 50/2016); b) alle attivit di cui ai commi 4, 5, 6 e 6 bis del medesimo art. 133, in materia di compensazioni. Il dubbio dellAmministrazione riguarda lulteriore decreto, da adottarsi entro il 31 marzo di ogni anno, con cui il Ministero, ai sensi di dette disposizioni rileva le variazioni percentuali annuali dei singoli prezzi dei materiali da costruzione pi significativi. PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo Lart. 106, comma 1, lett. a) del nuovo Codice, infatti, nello stabilire le condizioni e i termini in base ai quali possono essere apportate modifiche ai contratti senza una nuova procedura di affidamento, non sembra fare alcun riferimento a tale provvedimento ministeriale. Pertanto, sul punto, la richiesta volta a chiarire se, le valutazioni in materia di variazioni di prezzo indicate nel sopra richiamato art. 106, comma 1, lett. a) siano previste direttamente a carico delle stazioni appaltanti o se, invece, debbano continuare ad essere assicurate mediante lapposito decreto del Ministero. Al fine di dare adeguato riscontro alla richiesta di parere, si ritiene opportuno, innanzitutto, procedere allinquadramento generale ed alla disamina delle norme citate nel contesto del peculiare regime pubblicistico della revisione dei prezzi nellambito degli appalti di lavori, facendo riferimento alla disciplina abrogata e a quella da poco introdotta. 2. Le disposizioni che formano oggetto della richiesta di parere afferiscono al peculiare regime della revisione dei prezzi negli appalti di lavori. 2.1. A tale proposito, lart. 133 del Codice abrogato, una volta stabilito che per i lavori pubblici affidati dalle stazioni appaltanti non si potesse procedere alla revisione dei prezzi n applicare lart. 1664, comma 1 c.c. (comma 2), prevedeva che, in tali casi, si dovesse applicare il prezzo chiuso, consistente nel prezzo dei lavori al netto del ribasso dasta, aumentato di una percentuale da applicarsi, nel caso in cui la differenza tra il tasso di inflazione reale e il tasso di inflazione programmato nellanno precedente sia superiore al 2 per cento, allimporto dei lavori ancora da eseguire per ogni anno intero previsto per lultimazione degli stessi. Tale percentuale era fissata, con decreto del Ministro delle infrastrutture da emanare entro il 31 marzo di ogni anno, nella misura eccedente la predetta percentuale del 2 per cento (comma 3). Dalla data di pubblicazione del suddetto decreto in gazzetta Ufficiale, decorreva il termine di sessanta giorni, entro il quale, a pena di decadenza, lappaltatore aveva lonere di presentare alla stazione appaltante listanza di applicazione del prezzo chiuso (comma 3 bis). In deroga a tale regime, laddove il prezzo dei singoli materiali da costruzione, per effetto di circostanze eccezionali, avesse subito variazioni in aumento o in diminuzione, superiori al dieci per cento rispetto al prezzo rilevato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nellanno di presentazione dellofferta con lapposito decreto, si faceva luogo a compensazioni, in aumento o in diminuzione, per la met della percentuale eccedente il dieci per cento e nel limite delle risorse appositamente accantonate per imprevisti (comma 4). Analogamente a quanto previsto con riferimento al prezzo chiuso, da un lato, il Ministero era tenuto ad emanare, sempre entro il 31 marzo di ogni anno, un decreto con cui si rilevavano le variazioni percentuali annuali dei singoli prezzi dei materiali da costruzione pi significativi (comma 6); dallaltro, lap RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 paltatore, per beneficiare della compensazione, era tenuto a presentare la relativa istanza, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla pubblicazione del decreto medesimo (comma 6 bis). 2.2. Il regime della revisione dei prezzi, nellambito dei contratti relativi ai lavori, ha subito modifiche significative ad opera del d.lgs. n. 50/2016. Tali modifiche hanno comportato il superamento degli istituti del prezzo chiuso e delle compensazioni, cos come disciplinate nel previgente contesto normativo. Il comma 1 dellart. 106 del nuovo Codice, prevede, in linea generale, che le modifiche e le varianti dei contratti di appalto in corso di validit devono essere autorizzate dal RUP con le modalit previste dallordinamento della stazione appaltante da cui il RUP dipende. Inoltre, ai sensi della lett. a) di tale comma, i contratti di appalto nei settori ordinari e nei settori speciali possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento purch le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, siano state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise ed inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi. Tali clausole, in ogni caso, non devono essere tali da apportare modifiche idonee ad alterare la natura generale del contratto o dellaccordo quadro. Per quanto pi interessa in questa sede, la disposizione prosegue prevedendo, specificamente per i contratti relativi a lavori, che le variazioni di prezzo in aumento o in diminuzione possono essere valutate, sulla base dei prezziari di cui allart. 23, comma 7, solo per leccedenza rispetto al 10% rispetto al prezzo originario e comunque in misura pari alla met. 3. Passando allesame della disciplina transitoria si osserva che, lart. 216, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016 stabilisce, in via generale, che il Codice si applica alle procedure e ai contratti per i quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data della sua entrata in vigore nonch, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o di avvisi, alle procedure e ai contratti in relazione ai quali, alla data di entrata in vigore del presente codice, non siano ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte. Siffatte disposizioni fissano, come pure ha avuto a dire la Commissione Speciale del Consiglio di Stato, nel parere sullo schema di decreto del 21 marzo 2016, n. 855, un usuale regime transitorio generale. Da parte sua, il Comunicato del Presidente dellA.N.A.C. dell11 maggio 2016, nel precisare la portata della norma suddetta, ha confermato, da un lato, che le disposizioni del d.lgs. n. 163/06 si applicano a tutti gli avvisi pubblicati entro il 19.04.2016, dallaltro, come detto sopra, ha ritenuto doversi continuare ad applicare le disposizioni previgenti agli affidamenti aggiudicati prima della data di entrata in vigore del nuovo codice, per i quali siano disposti, fermo restando il divieto generale di rinnovo tacito e di proroga del contratto: il rinnovo del contratto o modifiche contrattuali derivanti da rinnovi gi previsti nei bandi di gara; consegne, lavori e servizi complementari; ri PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo petizione di servizi analoghi; proroghe tecniche -purch limitate al tempo strettamente necessario per laggiudicazione della nuova gara; varianti per le quali non sia prevista lindizione di una nuova gara, specificando come ci accada indipendentemente dal fatto che per tali fattispecie sia prevista lacquisizione di un nuovo cig, in quanto si tratta di fattispecie relative a procedure di aggiudicazione espletate prima dellentrata in vigore del nuovo codice (v. punto 1 del Comunicato) . 3.1 Senza soffermarsi - in quanto si tratta di questione non attinente alloggetto della richiesta in esame - sul fatto che, a differenza della norma di legge, il Comunicato fa riferimento anche al momento della aggiudicazione, e non solo a quello della pubblicazione del bando, quale dies a quo per lapplicazione del nuovo Codice, in ogni caso, sembra potersi ritenere, da quanto risulta alla stregua delle disposizioni di legge e dal menzionato chiarimento dellAutorit competente, che si continui ad applicare la vecchia normativa per tutte le procedure di scelta del contraente gi disposte, secondo le pertinenti modalit, alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016. Come specificato dallA.N.A.C., tale principio generale vale per tutte le fattispecie indicate nel richiamato comunicato che, osserva questo g.U., determinando un maggior tempo contrattuale, potrebbero dare luogo ad altrettante ipotesi di possibili aggiornamenti dei prezzi contrattuali, o per applicazione del prezzo chiuso o per applicazione dellistituto della compensazione, ove siano ricorrenti i relativi presupposti. Il dubbio di Codesta Amministrazione sembra potersi ricondurre alla circostanza per la quale, i provvedimenti ministeriali collegati alla disciplina del prezzo chiuso e delle compensazioni, devono essere emanati annualmente, entro il termine stabilito dalla legge, e ci, nonostante che, nel nuovo Codice, non sussista una trasposizione degli istituti in esame. 4. Si osserva, al riguardo, che, una volta che si ritenga applicabile la disciplina previgente, difficilmente potr negarsi lobbligo del Ministero di continuare ad emanare i decreti che la rendono attuabile con riferimento agli istituti oggetto di esame. Lart. 217 del nuovo Codice, del resto, dispone labrogazione del D.Lgs. n. 163 del 2006 fermo restando quanto previsto dallart. 216, ovvero fatta salva la disciplina transitoria ivi introdotta. 4.1 giova richiamare, al riguardo, la giurisprudenza amministrativa che, nella vigenza della normativa precedente al d.lgs. n. 163/2006, con riferimento alla disciplina del prezzo chiuso di cui allart. 26, comma 4, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, riprodotta, peraltro, in modo quasi identico dallart. 133, commi 3 e 3bis, del d.lgs. n. 163/2006, ha affermato lobbligo del Ministero per i Lavori pubblici, allora competente, di provvedere annualmente al- ladozione del relativo decreto pur in assenza dei presupposti di fatto atti ad integrare in aumento il prezzo originario dei lavori. RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 Ci, non solo in quanto, spetta necessariamente allamministrazione di effettuare il rilievo dello scostamento tra inflazione programmata e inflazione reale, perch solo ove tale operazione sia compiuta possibile affermare o negare che la seconda abbia avuto uneccedenza percentuale rispetto alla prima superiore al 2%, ma, altres, in quanto, quale che ne sia il risultato, la rilevazione dello scostamento tra i due indici in questione costituisce lesercizio formalizzato di un potere valutativo che si riflette sulla posizione delle imprese. esse hanno perci un interesse qualificato dalla stessa normativa qui in rilievo a veder pubblicati i presupposti ed i criteri utilizzati nella valutazione, al fine di conoscere come, comunque, la loro posizione sia stata definita dallamministrazione () e di poter contestare, nelle sedi opportune, gli esiti che ritenessero illegittimamente sfavorevoli (In tal senso, Cons. St., sez. vI, 4 settembre 2006, n. 5088). 4.2 Lesistenza di un tale interesse qualificato dellappaltatore allemanazione del decreto ministeriale ancora pi evidente nel contesto normativo del d.lgs n. 133/2006. Il comma 3 bis dellart. 133 prevede, infatti, che il procedimento di aumento del prezzo, in attuazione del meccanismo del prezzo chiuso, si attivi su istanza di parte (si veda, TAR Lazio - Roma, sez. III, 7 ottobre 2014, n. 10226, che si riferisce altres alla disciplina della compensazione per variazioni dei prezzi di singoli materiali da costruzione), facendo decorrere il termine perentorio di sessanta giorni per la presentazione della domanda proprio dalla data di pubblicazione del decreto. Considerazioni analoghe possono essere svolte con riferimento al decreto di rilevazione delle variazioni percentuali annuali dei singoli prezzi dei materiali da costruzione pi significativi, di cui al comma 6 dellart. 133, dal momento che anche in tal caso sussiste un chiaro rapporto di strumentalit tra lemanazione di siffatto provvedimento da parte del Ministero e lattivazione della procedura, nonch lesercizio dello specifico interesse qualificato del- lappaltatore (come rilevato nel corso della trattazione, il comma 6 bis dellart. 133 prevede, anche in questa ipotesi, un termine perentorio di sessanta giorni dalla pubblicazione del decreto per la presentazione della relativa istanza). Sul punto, si pu, pertanto, concludere nel senso di ritenere lemanazione dei decreti ex commi 3 e 6 dellart. 133 come strumentale allapplicazione delle relative discipline, rispettivamente del prezzo chiuso e della compensazione. 5. Prima di poter definitivamente concludere secondo quanto sopra prefigurato si ritiene opportuno procedere ad unultima verifica, concernente lesistenza di strumenti, previsti dal nuovo regime ex d.lgs. n. 50/2016, idonei, eventualmente, a supplire allemanazione dei provvedimenti in discorso o, comunque di carattere equivalente. Infatti, qualora venisse integrata tale ipotesi, il generale principio di economicit dellazione amministrativa, immanente nel sistema e, comunque codificato dallart. 1, comma 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241, potrebbe giustificare la non adozione dei decreti. PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo 5.1 Come sopra rilevato, lart. 106 del nuovo Codice, rubricato Modifica dei contratti durante il periodo di efficacia, non prevede pi loperativit dellistituto del prezzo chiuso - peraltro, di scarso successo nella vigenza del vecchio Codice - n di quello della compensazione per eccezionali variazioni dei prezzi dei materiali da costruzione. Al loro posto, per i contratti relativi a lavori, si dispone, ferma la necessit che le condizioni di revisione dei prezzi debbano essere state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise ed inequivocabili, che le variazioni di prezzo in aumento o in diminuzione possono essere valutate, sulla base dei prezzari di cui allart. 23, comma 7, solo per leccedenza rispetto al 10% rispetto al prezzo originario e comunque in misura pari alla met (art. 106, comma 1, lett. a)). La possibilit di aggiornamento dei prezzi dunque, rimessa alla inequivoca volont delle parti del contratto, con il limite, indisponibile, che i meccanismi revisionali cos previsti non alterino la natura generale del contratto. Nel codice previgente, invece, la disciplina del prezzo chiuso e quella relativa alle compensazioni nasce da una previsione automatica derivante da uno scostamento significativo dei prezzi certificato dal Ministero. La nuova norma, in ogni caso, non fa alcun riferimento alla differenza superiore al 2 per cento tra il tasso di inflazione reale e il tasso di inflazione programmato, quale presupposto per ladeguamento del prezzo. Pertanto, con riferimento alla disciplina del prezzo chiuso, evidente lassenza, nel nuovo Codice, di strumenti analoghi al decreto ministeriale di fissazione della percentuale da applicarsi allimporto dei lavori, nella misura eccedente la predetta percentuale del 2 per cento. Detto provvedimento, pertanto, a parere della Scrivente, dovr continuare ad essere adottato, entro il 31 marzo di ogni anno, fino a che non vi siano procedure cui si applica il regime transitorio. 5.2 Le medesime conclusioni valgono con riferimento al decreto ministeriale che rileva le variazioni percentuali annuali dei singoli prezzi dei materiali da costruzione pi significativi. Lart. 106, comma 1, lett. a), quarto periodo del d.lgs. n. 50/2016, come gi visto, prevede un meccanismo in parte simile a quello delle compensazioni per eccezionali variazioni dei prezzi dei materiali, ma dispone che le variazioni in aumento o in diminuzione possono essere valutate sulla base dei prezzari di cui allart. 23, comma 7. Si tratta di atti documenti predisposti dalle regioni e dalle province autonome territorialmente competenti, di concerto con le articolazioni territoriali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che servono a consentire la quantificazione definitiva del limite di spesa in sede di progettazione definitiva, peraltro definiti dal menzionato comma 7 come eventualmente adottati (occorre, infatti, fare riferimento ad essi ove esistenti). RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 essi, tuttavia, non sembrano possedere caratteristiche e contenuti analoghi a quelli del decreto ministeriale ex art. 133, comma 6 del d.lgs. n. 163/2006, in quanto gli stessi certificano ladeguamento dei prezzi ai valori di mercato correnti, ma non costituiscono strumenti attraverso i quali possibile rilevare annualmente le variazioni percentuali dei prezzi medesimi. *** Alla luce di quanto sopra considerato si conclude nel senso che, finch ricorrano procedure rientranti nel campo applicativo del regime transitorio ex art. 216 d.lgs. n. 50/2016 il Ministero dovr considerarsi tenuto allemanazione tanto del decreto ministeriale di cui allart. 133, comma 3, del d.lgs. n. 163/2006, quanto del decreto ministeriale di cui allart. 133, comma 6 del medesimo decreto legislativo, in quanto provvedimenti dotati anchessi di efficacia ultrattiva nei limiti di applicazione del regime transitorio di cui allart. 216, comma 1, del nuovo Codice. Linterpretazione contraria, infatti, vanificherebbe la portata dellefficacia ultrattiva delle norme previgenti ma rientranti nella descritta disciplina transitoria, anche con possibile lesione degli affidamenti vantati dalle imprese che abbiano stipulato i relativi contratti. *** Coinvolgendo questioni di massima, il presente parere stato sottoposto allesame del Comitato consultivo, ai sensi dellart. 26 della legge 3 aprile 1979, n. 103, che si espresso in conformit nella seduta del 20 gennaio 2017. PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo Il rimborso delle spese legali a favore di dipendenti di amministrazioni statali ai sensi dellart. 18 del d.l. 25 marzo 1997 n. 67: la ratio del rimborso Parere del 03/03/2017-117921, al 22847/2016, avv. isaBella corsiNi Per ragioni di chiarezza, si riepiloga che il dipendente indicato in oggetto ha presentato istanza diretta ad ottenere il rimborso delle spese di difesa sostenute nellambito del procedimento penale per i reati militari di appropriazione indebita di munizioni da guerra e peculato, poi diversamente qualificati in contravvenzione per abusiva detenzione di munizioni non denunciate al- lAutorit (ex art. 697 c.p.), definito con sentenza di assoluzione per insussistenza dal fatto del Tribunale penale di ..., in composizione collegiale, divenuta irrevocabile in data 7 maggio 2014. Ha allegato alla domanda nota spese predisposta dal proprio legale per un importo complessivo di euro 5.646,79 (importo comprensivo di CPA, rimborso forfettario ed IvA). La scala gerarchica ha espresso parere contrario al rimborso (cfr. nota del Comando Legione Carabinieri Lazio del 9 maggio 2016), poich non appare integrata la connessione dei fatti con lassolvimento degli obblighi istituzionali. La Scrivente, concorda con lavviso espresso da codesta Amministrazione e dalla Scala gerarchica, ritenendo che la fattispecie non rientri nella previsione beneficiante dellart. 18 comma 1, del D.L. n. 67/97, convertito dalla Legge n. 135/97. Nella sentenza si legge che: il teste del P.M. ha precisato che si trattava di un ufficio normalmente in uso al M., ma in sua assenza utilizzato anche da altri colleghi e che la scrivania non era chiusa a chiave. inoltre, ha ancora riferito il luogotenente nel cassetto di tale scrivania vennero rinvenute la pistola del maresciallo con il suo caricatore da 15 colpi nonch un altro caricatore con 14 colpi che il M. disse non essere suo e che venne comunque sequestrato. tali essendo gli elementi a disposizione di questo collegio non si ritiene che possa affermarsi al di la di ogni ragionevole dubbio che il caricatore con i 14 proiettili in questione appartenesse necessariamente allodierno imputato. la non esclusivit delluso della stanza adibita ad ufficio del Maresciallo M. e quindi della scrivania in essa presente nemmeno chiusa a chiave non consentono di escludere che qualcun altro abbia potuto mettere e forse dimenticare nella scrivania in questione quel secondo caricatore, il quale peraltro nulla aveva a che fare n con la pistola in dotazione al M., n con quelle degli altri militari della stazione, appunto perch non relativo ad arma da guerra (cfr pag. 6 della sentenza). Lart. 18 del D.L. 25 marzo 1997, n. 67, convertito in legge 23 maggio 1997, n. 135, consente il rimborso delle spese legali a favore dei dipendenti RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 di amministrazioni statali, qualora vengano sottoposti a giudizi in conseguenza di fatti ed atti connessi con lespletamento del servizio o con lassolvimento di obblighi istituzionali, conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilit. La ratio del rimborso quella di tenere indenni i pubblici dipendenti dalle spese legali affrontate per i procedimenti giudiziari relativi agli atti compiuti nel o connessi allespletamento dei compiti istituzionali. Nel caso di specie, loperato dellimputato non neppure incardinabile nellambito del rapporto di servizio con la Amministrazione di appartenenza essendo risultato dal procedimento penale che il caricatore de quo non gli apparteneva; che fu rinvenuto nel cassetto della scrivania dellinteressato ove chiunque frequentante la Stazione CC di omissis lo avrebbe potuto mettere, che il militare non si era accorto della presenza del caricatore. Alla luce di tali considerazioni si esprime parere negativo al rimborso. Sul presente parere stato sentito il comitato consultivo dellAvvocatura dello Stato, che si espresso in conformit. PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo lapplicazione di sanzioni pecuniarie aggiuntive nel caso di sostituzione commissariale ex art. 32, c. 10, d.l. 90/2014 Parere del 16/03/2017-141248, al 36591/2016, avv. Mario aNtoNio sciNo 1) Quesito Con nota del 19 settembre 2016 n. 11001/119/7 27, codesto gabinetto del Ministro, richiedeva alla Scrivente Avvocatura di volersi esprimere a chiarimento di precedente parere reso su ulteriori aspetti applicativi della nuova normativa antimafia e dellart. 32, comma 10 del D.L. 90/2014. In particolare si richiede se ad integrazione del parere reso il 27 giugno 2016 n. 309204 (CT 48015/2015)(*), la penale pecuniaria prevista in ottemperanza dellart. 5 bis, c. 4, del D.L. 6 giugno 2012 n. 74 (conv. L. 122/2012) (in tema di interventi per il sisma dellemilia-Romagna), sia applicabile anche nei casi previsti dallart. 32, c. 10 del D.L. 92/2014. 2) considerazioni Il quesito suindicato riguarda profili applicativi della disciplina introdotta con lart. 32, c. 10, D.L. 90/2014. Con riguardo al quesito attinente allapplicabilit o meno della penale prevista sulla base dellart. 5 bis, comma 4, D.L. 74/2012 (L. 122/2012), dalle linee guida emanate dal Comitato di Coordinamento per lAlta Sorveglianza delle grandi opere, di seguito CCASgo, (in tema di interventi urgenti per il sisma del 2012), il cui valore precettivo non limitato alle amministrazioni ma anche agli operatori di mercato e alle stazioni appaltanti, anche ai casi di commissariamento previsti dallart. 32 co. 10, D.L. 90/2014, tenuto conto di quanto indicato dal Comitato di coordinamento per lAlta Sorveglianza delle grandi opere con la circolare del 26 maggio 2015, si osserva quanto segue. Invero con il parere del 27 giugno 2016 n. 309204 la Scrivente Avvocatura ha ritenuto che: -la penale prevista dai contratti stipulati dal Commissario delegato allemergenza sisma 2012 applicabile anche nel caso in cui linformativa interdittiva antimafia sopravvenga dopo lultimazione dei lavori e prima della redazione del conto finale; -la penale dovr essere ragguagliata, secondo quanto previsto dai contratti e nella percentuale ivi indicata, al valore del contratto ovvero, qualora lo stesso non sia determinato o determinabile, a quello delle prestazioni eseguite; -tuttavia, in sede di conto finale, la penale dovuta dovr essere conguagliata, ex art. 94, comma 2, cod. antimafia, con il valore delle opere gi ese(*) Pubblicato in rassegna, 2016, vol. 3, p. 189 ss. RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 guite e, in caso di esecuzione parziale, altres con le spese sostenute per lesecuzione del rimanente, il tutto nei limiti delle utilit conseguite. orbene nellatto del CCASgo del 26 maggio 2015, per lillustrazione ai Prefetti dello Schema di Protocollo Tipo da stipularsi ai sensi dellart. 176 del Decreto legislativo 162/2006, in seguito alle modifiche intimate al d.lgs. 159/2011 e alle novit normative introdotte dal D.L. 90/2014, si richiama la necessit di inserire (art. 3 del Protocollo) clausole contrattuali antimafia, in mancanza delle quali (art. 8 Protocollo) operano ipotesi sanzionatorie cumulative: 1) risoluzione contratto ex art. 1456 c.c.; 2) penale pecuniaria nella misura dal 5% al 10%. La circolare del 26 maggio 2016 precisa che tale sanzione pecuniaria, ai sensi dellart. 5, co. 2, del Protocollo, non opera nel caso di applicazione del- lart. 32, c. 10, D.L. 90/2014 (art. 8, par. 2, comma 3 del citato Protocollo). Deve rilevarsi, in proposito, che lart. 32 del D.L. 90/2014 realizza una separata gestione pubblicistica della vicenda contrattuale, anche se oggetto della misura interdittiva resa nei confronti delloperatore nei cui confronti sia stata applicata la conservazione del contratto, con la nomina dei commissari prefettizi nella gestione del contratto. Deve rilevarsi invero che l'opzione conservativa cui risponde il rimedio previsto dall'art. 32 citato un'alternativa ai rimedi risolutori, con conseguente inapplicabilit del sistema risarcitorio a carico dell'operatore economico interdetto con la misura antimafia, laddove invero alla misura revocatoria del contratto si aggiunge la misura della sanzione pecuniaria per rifondere la stazione appaltante, che dovr reperire con nuove procedure di gara il bene o l'opera relativa al contratto risolto. La ratio legis dello strumento previsto dall'art. 32 citato ben evidenziato nei pareri della Scrivente Avvocatura riguardo le sue prime applicazioni e alle seconde linee guida del 27 gennaio 2016: invero la vicenda contrattuale prosegue e in tali casi l'applicazione di una misura sanzionatoria aggiuntiva, in assenza di una specifica previsione normativa, quale l'art. 5 bis, comma 4, D.L. 74/2012 (misure urgenti per it sisma emilia Romagna), non in linea con l'istituto della sostituzione commissariale e la necessit, ove ne ricorrano gli estremi, di ricondurre al termine del commissariamento in bonis l'Azienda (cos seconde linee guida del 27 novembre 2015). L'applicazione di una sanzione non connessa all'inadempimento e addirittura in assenza di una precisa disposizione normativa, esporrebbe l'Amministrazione ad azioni giudiziarie da parte degli Amministratori delle imprese i cui contratti siano commissariati al termine del commissariamento. II legislatore attraverso la previsione della gestione separata e dell'accantonamento degli utili realizza il meccanismo che evita - da un lato - vantaggi economici a favore dell'impresa commissariata, e nel caso prospettato da codesta Amministrazione di impresa anche colpita da misura anche interdittiva, e favorisce - d'altra parte - adeguata tutela alla stazione appaltante. PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo La previsione di clausole contrattuali di tipo penale, seppure atipiche del genere di quelle introdotte con lart. 5 bis c. 2, del D.L. 74/2012, devono essere previste alla norma e non possono essere applicate per analogia. 3) conclusioni Deve rilevarsi sulla base delle considerazioni svolte sub 2, che le conclusioni cui si ritiene, allo stato degli atti e delle normative vigenti, pervenire siano le seguenti: a) Deve escludersi la possibilit di applicare le sanzioni pecuniarie aggiuntive (penali) previste dallart. 5 bis, c. 2 D.L. 74/2012 alle ipotesi disciplinate dallart. 32, c. 10, D.L. 90/2014 (conv. L. 114/2014), e deve, pertanto ritenersi la congruit delle disposizioni contenute nella Circolare CCASgo del 26 maggio 2015 in relazione al protocollo tipo di cui allart. 176 del decreto legislativo n. 163/2006 ed in particolare allart. 8, c. 2 par. 3. b) Deve riconoscersi alle disposizioni CCASgo il valore precettivo e di interpretazione autentica della normativa primaria, di cui attuazione, non solo ai fini interni ma anche nei confronti degli operatori di mercato e delle stazioni appaltanti. In tal senso si espresso il Comitato consultivo nella seduta del 14 dicembre 2016. RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 Interpretazione dellart. 84 d.lgs 159/2011 e modalit di valutazione dei requisiti per liscrizione nelle white list Parere del 12/07/2017-351086, al 9436/2017, avv. Mario aNtoNio sciNo Quesito Codesto Ministero chiede di conoscere il parere della Scrivente Avvocatura circa le modalit di valutazione dei requisiti per liscrizione nellelenco dei fornitori e prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo dinfiltrazione mafiosa (white list). Con circolare del 17 febbraio 2014, codesto Ministero chiariva invero che, per liscrizione dellimpresa richiedente nei predetti elenchi, nel caso ci si trovi in presenza di una o pi delle situazioni previste dallart. 84, comma 4, del d.lgs 159/2011, occorrer disporre i necessari accertamenti volti a verificare se esse siano sintomatiche dellesistenza di tentativi di infiltrazioni mafiosa. A seguito di alcune recenti sentenze del Consiglio di Stato si chiede alla Scrivente Avvocatura generale di voler far conoscere il proprio avviso in merito, soprattutto nella prospettiva di voler fornire alle Prefetture linee di indirizzo alle quali conformare la propria attivit in materia di rilascio della documentazione antimafia. considerazioni ComՏ noto, linformativa antimafia, ai sensi degli art. 84, comma 4, e 91, comma 6, del d.lgs. 159/2011, presuppone concreti elementi da cui risulti che lattivit dimpresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attivit criminose o esserne in qualche modo condizionata. Il codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al d.lgs 159/2011 -come gi avevano disposto lart. 4 del decreto legge 8 agosto 1994, n. 490 ed il d.p.r 3 giugno 1998, n. 252 - ha tipizzato un istituto mediante il quale con un provvedimento costitutivo, si constata unobiettiva ragione dinsussistenza della fiducia sulla moralit e affidabilit dellimprenditore, che deve costantemente esservi nei rapporti contrattuali di cui sia parte la Pubblica Amministrazione. Pertanto, il provvedimento prefettizio, in alcuni casi, pu assumere quasi un carattere vincolato nellottica del legislatore, l dove i fatti risultino chiari ed evidenti o quantomeno altamente plausibili; in questo caso, il provvedimento de quo pu limitarsi a rimarcare la loro sussistenza provvedendo di conseguenza. ove per i fatti emersi nel corso del procedimento risultino opinabili, e vi sia la necessit di effettuare collegamenti e valutazioni, il provvedimento prefettizio deve precisare gli elementi che ritiene rilevanti. In altre parole, il Prefetto deve basare la propria decisione su un quadro indiziario in cui assumono rilievo preponderante i fattori da cui trarre la con PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo clusione; egli gode di un ampio margine di discrezionalit, al punto che, il Consiglio di Stato ha pi volte ribadito che il sindacato del giudice amministrativo non pu impingere nel merito, restando, di conseguenza, circoscritto a verificare, sotto il profilo della logicit, il significato attribuito agli elementi di fatto e liter seguito per pervenire a certe conclusioni. In siffatto modo, le informative prefettizie si pongono come espressione di lata discrezionalit. Deve riconoscersi, inoltre, che le informative prefettizie sono pienamente in linea con i valori costituzionali, ed in particolar modo con gli artt. 3, 24, 27 comma secondo e artt. 41-42 Cost. Lo Stato, infatti, non riconosce dignit quali operatori economici a soggetti condizionati, controllati, infiltrati ed eterodiretti dalle associazioni mafiose. vero che questa valutazione, che si ribadisce essere preventiva e non sanzionatoria, costituisce serio limite allinziativa economica privata, ma, tuttavia, giustificata dalla considerazione che il metodo mafioso per sua stessa ragion dessere costituisce un danno alla sicurezza, alla libert ed alla dignit umana (art. 41 Cost.). La stessa Corte di giustizia Ue, in riferimento ai protocolli di legalit, ha ribadito di recente che va riconosciuto agli Stati membri un certo potere discrezionale nelladozione delle misure destinate a garantire il rispetto del principio della parit di trattamento e dellobbligo di trasparenza, i quali si impongono alle amministrazioni aggiudicatrici in tutte le procedure di aggiudicazione di un appalto pubblico poich il singolo Stato membro nella posizione migliore per individuare, alla luce di considerazioni di ordine storico, giuridico, economico o sociale che gli sono proprie, le situazioni favorevoli alla comparsa di comportamenti in grado di provocare violazioni del rispetto del principio e dellobbligo summenzionati (Corte di giustizia, sez. X, 22 ottobre 2015, in C-425/14). Se ne deve concludere, pertanto, che lattuale sistema della documentazione antimafia e delle informazioni antimafia codificato con il d.lgs 159/2011 mantiene la sua configurazione se e nella misura in cui esso non si risolva nellimpermeabilit dei dati posti a loro fondamento, soprattutto dopo listituzione della Banca dati nazionale unica, la quale consente di avere una cognizione ad ampio spettro e aggiornata della posizione antimafia di unimpresa. il Prefetto, pertanto, avr lobbligo di rilasciare le informazioni antimafia nelle ipotesi di cui allart. 91, comma 1, del d.lgs. n. 159 del 2011 e avr la facolt, nelle ipotesi di verifiche, procedimentalizzate dallart. 88, comma 2, e dallart. 89-bis, di emettere uninformativa antimafia, in luogo della richiesta comunicazione antimafia, tutte le volte in cui, nel collegamento alla Banca dati nazionale unica, emergano provvedimenti o dati che lo inducano a ritenere non possibile emettere una comunicazione liberatoria de plano, ma impongano pi serie verifiche in ordine al pericolo di infiltrazione mafiosa (Consiglio di Stato, Sez. III , 9 febbraio 2017, n. 565). RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 Tale sistema, che risponde a valori costituzionali ed europei di preminente interesse e irrinunciabile tutela, non attenua le garanzie che la ripartizione tra le comunicazioni e le informazioni antimafia prima assicurava. La valutazione prefettizia, pertanto, deve fondarsi su elementi gravi precisi e concordanti che alla stregua della logica del pi probabile che non consentano di ritenere razionalmente credibile il pericolo di infiltrazione mafiosa in base ad un complessivo e oggettivo apprezzamento dei fatti nel loro valore sintomatico. In siffatto modo, il criterio del pi probabile che non si pone come regola e garanzia e si palesa in linea con la presunzione di non colpevolezza, di cui allart. 27 Cost., comma due, cui ispirato anche lart. 6 CeDU. La ponderazione dei valori in gioco e dei principi costituzionali, la libert dimpresa da un lato e la tutela dei fondamentali beni che presidiano il principio di legalit sostanziale richiedono alla Prefettura unattenta valutazione di tali elementi, che devono offrire un quadro chiaro, completo e convincente del pericolo dinfiltrazione mafiosa, cos come, a sua volta, impongono al giudice amministrativo un attento e approfondito esame di tali elementi al fine di assicurare una tutela giurisdizionale piena ed effettiva contro ogni eventuale eccesso di potere da parte del Prefetto, in virt di un cos ampio, ma non indeterminato, potere discrezionale. Lopzione ermeneutica che si trarrebbe dalle sentenze (CDS III, n. 4555 del 29 settembre 2016 e idem n. 3323 del 23 luglio 2016 ), che codesto Ministero ha posto a base della richiesta del quesito, nella parte in cui sembra doversi escludere uno specifico accertamento della Prefettura ai fini delladozione dellinformativa ex art. 84 d.lgs 159/2011, non ha, allo stato attuale, conferma univoca e consolidata nellinterpretazione che il g.A. ha sinora fornito della suddetta normativa. Infatti, sebbene prima facie sembra potersi dedurre che gi solo la valenza sintomatica delle vicende penali contemplate dallart. 84 d.lgs 159/2011 escluda qualsiasi accertamento ulteriore (al punto che, quando il Prefetto abbia contezza della commissione di taluni delitti menzionati nellart. 84, e sino a quando non intervenga sentenza assolutoria, deve limitarsi ad attestare la sussistenza del rischio infiltrativo siccome desunto dalla ricognizione della mera vicenda penale), lanalisi della recentissima giurisprudenza del Consiglio di Stato fornisce elementi chiarificatori della reale portata applicativa della norma in discorso. Infatti, gi con la sentenza n. 4657 del 7 ottobre 2015 il g.A. aveva specificato che: <>. L adozione dellinformativa antimafia ex art. 84 d.lgs 159/2011 pu certamente basarsi su fatti risalenti nel tempo. Nel procedimento di adozione il Prefetto deve tenere conto di quanto contestato allimputato: da qui, per, non possibile dedurre che egli debba limitarsi ad accertare i fatti oggetto di contestazione nel processo penale, in quanto, come detto, gode di unampia discrezionalit che non va confusa con larbitrariet. Tanto pi un provvedimento discrezionale, tanto maggiori saranno le responsabilit che da questo possono derivare, considerando che uninterdittiva di questo tipo determina per la societ che ne viene colpita limpossibilit ad esercitare lattivit alla quale preposta, dunque, la sua estinzione. Pertanto laccertamento dellattualit degli elementi a disposizione per ladozione delle misure di prevenzione da parte delle Prefetture sempre doveroso e necessario e nenache le sentenze citate da codesto Ministero autorizzano a derogare a tale indeffettibile accertamento. importante, infatti, distinguere il valore estrinseco del provvedimento giurisdizionale emesso in sede penale per uno dei delitti spia dellart. 84, comma 4, quale fatto sintomatico dellinfiltrazione mafiosa, dal contenuto intrinseco di tale provvedimento, ossia dallapprezzamento che il Prefetto compie della sentenza o di altro provvedimento in sede penale, e cio il valore intrinseco che il contenuto della sentenza assume nella valutazione discrezionale compiuta dallAutorit. Linformativa antimafia, si ribadisce, per sua stessa ragion dessere un provvedimento discrezionale e non vincolato, che deve fondarsi su di un autonomo ma attualizzato apprezzamento degli elementi delle indagini svolte o dei provvedimenti emessi in sede penale. Quanto sin qui esposto consentirebbe di affermare che il Prefetto deve necessariamente tenere in conto l'emissione o, comunque, il sopravvenire di un provvedimento giurisdizionale, nel suo valore estrinseco, tipizzato dal legislatore, di fatto sintomatico dell'infiltrazione mafiosa a fronte di uno dei delitti- spia previsti dall'art. 84, comma 4, del codice delle leggi antimafia, ma deve nel contempo effettuarne un autonomo apprezzamento, nel suo contenuto intrinseco, delle risultanze penali, senza istituire un automatismo tra l'emissione del provvedimento cautelare in sede penale e l'emissione dell'informativa ad effetto interdittivo (Cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 2 marzo 2017, n. 981). Il Prefetto chiamato ad esprimere un giudizio sulle risultanze dellistrut RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 toria svolta dalle forze dellordine ed a valutarne il significato indiziario nella loro intima connessione, secondo una lettura complessiva e non certo atomistica degli elementi acquisiti (Consiglio di Stato, sez. III, 23 marzo 2017, n. 1321). ormai pacifico, come detto, che linterdittiva possa fondarsi su fatti risalenti nel tempo, oltre che su fatti recenti, quando tuttavia sulla base degli indizi anche pi risalenti possa ritenersi sussistente un condizionamento attuale dellattivit dellimpresa; ed invero, se dallesame dei fatti non esce confermata lattualit del condizionamento, pur ipotizzabile sulla base di fatti retrodatati, linformativa deve essere annullata (Cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 5 maggio 2017, n. 2085; Cons. St., sez. III, 13 marzo 2015, n. 1345). Infatti, in tema di informative antimafia, il mero dato fattuale (esempio: rapporto di parentela), in assenza di ulteriori elementi non idoneo di per s a dare conto del tentativo di infiltrazione mafiosa. Lattendibilit delle interferenze dipende anche da un serie di circostanze ed elementi che qualifichino, su un piano di attualit ed effettivit, una immanente situazione di condizionamento e di contiguit con interessi malavitosi. Pertanto, deve ritenersi illegittima uninformativa della Prefettura con la quale si asserisce lesistenza di condizionamenti mafiosi sulla base di fatti che da soli non possono assurgere ad elementi significativi del pericolo di condizionamento mafioso, e soprattutto, ove tale informativa non sia corroborata da elementi significativi di unattuale contiguit. Altro discorso la sopravvenienza di elementi penali favorevoli allimpresa che non inficiano o viziano la misura di prevenzione laddove gli elementi sintomatici ex art. 84 siano stati, ex ante, valutati alla stregua dellattualit e delleffettivit del tentativo di infiltrazione. Alla luce di quanto suesposto preme insistere sulla necessit di tenere conto della responsabilit che potrebbe discendere dalla colpa dellAmministrazione nellesercizio dellattivit provvedimentale, con particolare riguardo alle interdittive antimafia, laddove si prescinda dal rispetto di tale giudizi prognostici in sede di valutazione delle misure di prevenzione. ComՏ noto, la configurabilit delle responsabilit delle pubbliche amministrazioni per i danni provocati dalladozione di un provvedimentto illegittimo esige la dimostrazione del dolo o della colpa dellautorit che lo ha emanato; stato altres chiarito dalla costante giurisprudenza del Consiglio di Stato che i fattori escludenti le responsabilit dellAmministrazione per i danni causati da un provvedimento illegittimo sono da individuare con riguardo al carattere della regola dazione violata. Se la regola dazione chiara, univoca e cogente si dovr riconoscere la sussistenza dellelemento psicologico nella sua violazione; al contrario, se questa ambigua, o comunque costruita in modo da affidare allautorit amministrativa un elevato grado di discrezionalit, la colpa potr essere accertata solo nelle ipotesi in cui il potere stato esercitato in palese violazione delle regole di correttezza e proporzionalit. PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo Dunque, declinati i principi generali della colpa dellAmministrazione derivante da illegittimo esercizio dellattivit provvedimentale occorre trasporli alle misure di prevenzione antimafia. Come si visto il paradigma legale di riferimento, codificato in particolare dagli artt. 84 e 91 del d.lgs 159/2011 resta volutamente elastico, in particolar modo nella misura in cui affida al Prefetto lapprezzamento di indici sintomatici di eventuali tentativi di infiltrazioni mafiosa, e, quindi, la formulazione di un giudizio prognostico dellinquinamento nella gestione dellimpresa. Tale elasticit della normativa de qua impedisce di identificare questa fattispecie in quelle enucleate in via generale dalla giurisprudenza e che consentono di individuare le situazioni rientranti nel cosiddetto errore scusabile, unico esimente nel caso di provvedimento illegittimo. Pertanto, si deve allora rilevare che il beneficio dellerrore scusabile va riconosciuto (con conseguente esclusione della colpa, e di conseguenza della responsabilit dellamministrazione) nelle ipotesi in cui le acquisizioni informative trasmesse al Prefetto dagli organi di polizia risultano astrattamente idonee a formulare un giudizio plausibile sul tentativo dinfiltrazione mafiosa, in quanto oggettivamente significative di intrecci e collegamenti tra lorganizzazione criminale e lamministrazione dellimpresa, ancorch vengano, in concreto, giudicate insufficienti a legittimare la misura dellinterdittiva. devessere al contrario negato lerrore scusabile nel diverso caso in cui le acquisizioni istruttorie si rilevino labili ed inconsistenti, tali da non consentire alcun apprezzamento serio ed attendibile, e ci nonostante la Prefettura adotti la misura di protezione (Cfr. Consiglio di Stato, sez. III, n. 3707 del 28 luglio 2015). Pertanto, poich nellultima ipotesi deve ritenersi violato il criterio di condotta al quale deve obbedire il Prefetto, sarebbe opportuno che prima di adottare una misura di prevenzione antimafia procedesse alla valutazione di tutti gli elementi necessari a giustificare un provvedimento di siffatto genere (e tra questi, primo fra tutti devessere lattualit del condizionamento mafioso), stabiliti tanto dalla normativa quanto dalla giurisprudenza degli ultimi anni, sia perch ci rappresenta lunica condotta esimente lamministrazione da colpa nel caso di provvedimento illegittimo, sia perch tale modus agendi garante del rispetto dei valori costituzionalmente garantiti. conclusioni Alla luce della giurisprudenza elencata, nonch delle considerazioni suesposte, tanto lart. 84 quanto lart. 91 del decreto legislativo 159/2011 necessitano di specifici accertamenti da parte delle Prefetture i quali vadano, in limine, a verificare se il connotato dellattualit, pi volte richiamato dalla giurisprudenza, sia presente o meno. Non vi pu essere un automatismo tra le situazioni sintomatiche dellinfiltrazione mafiosa indicate dallart. 84 e lemissione del provvedimento in questione. RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 Quanto detto finora conferma, ad avviso della Scrivente, il predetto orientamento sulla base del quale va sicuramente confermato quanto contenuto nella circolare di Codesto Ministero del 17 febbraio 2014, in particolar modo, occorrer confermare alle varie Prefetture la linea dindirizzo finora adottata, anche e soprattutto nel primario interesse della Pubblica Amministrazione la quale, cos facendo, potr evitare dincorrere in eventuali responsabilit che da simili questioni potrebbero discendere in virt del mancato contemperamento dei canoni di proporzionalit tra la misura adottata, e, dunque, tra linteresse pubblico perseguito, e le situazioni di diritto soggettivo incise dai provvedimenti disciplnati dal dlgs. 159 del 2011. In tal senso si espresso il Comitato consultivo nella riunione del 7 luglio 2017. PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo valutazione della proporzione della soccombenza ai fini del riparto dellonere del contributo unificato nel giudizio amministrativo Parere reso iN via ordiNaria 28/11/2016-557466, al 46630/2012, avv. sergio FioreNtiNo Con provvedimento n. 23931 del 28 settembre 2012, codesta Autorit ha accertato che la M.F. S.p.A. aveva preso parte a un'intesa restrittiva della concorrenza contraria all'art. 101 TFUe, consistente in un'unica e complessa pratica concordata, continuata nel tempo (gennaio 2003 - maggio 2007), volta a distorcere fortemente i meccanismi di confronto concorrenziale nel mercato nazionale dei dispositivi metallici di sicurvia. In ragione della gravit e della durata dell'infrazione, l'Autorit ha irrogato alle imprese interessate sanzioni amministrative pecuniarie per un ammontare complessivo di 37.317.565,00, dei quali 11.013.165,40 alla M.F. S.p.A. Quest'ultima, al pari delle altre imprese coinvolte, ha proposto ricorso giurisdizionale e, con sentenza dell'8 ottobre 2013 n. 8674, il T.A.R. del Lazio ha accolto parzialmente il ricorso, riducendo la sanzione applicata a 324.141,29 (importo corrispondente al 10% del fatturato 2011 della M.F. cui, a giudizio del Tribunale, non andava sommato il ben pi rilevante fatturato del ramo d'azienda conferito, nel medesimo esercizio, ad altra societ del gruppo, la F. S.p.A.). Avverso tale sentenza l'Autorit ha proposto appello, lamentando che il T.A.R. avesse erroneamente escluso dal computo del fatturato complessivo, sul quale calcolare il limite legale della sanzione (pari, appunto, al 10% di tale fatturato), la componente riferibile alla F. S.p.A. Con sentenza 2 luglio 2015, n. 3291 il Consiglio di Stato ha accolto tale appello. La sanzione, tuttavia, non stata ricondotta all'importo originario in quanto il Consiglio ha accolto anche uno dei motivi dell'appello incidentale proposto dalla societ, tendente a far valere alcuni vizi nella determinazione dell'entit della sanzione. In esecuzione della sentenza di appello, la sanzione stata, poi, definitivamente determinata da codesta Autorit in 7.714.083,40 (con valutazione che l'impresa ha nuovamente contestato, in seno a un ricorso per ottemperanza attualmente pendente dinnanzi al Consiglio di Stato). *** Tanto premesso, la questione che si pone quella del riparto dell'onere conseguente al pagamento del contributo unificato, anticipato dalle parti n relazione alle diverse fasi del processo sopra descritto. In sostanza, ritiene codesta Autorit che tale onere dovrebbe far carico: RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 -per intero sull'impresa, quanto al contributo unificato di 9.000,00 dovuto in relazione all'appello proposto dall'Autorit, considerato l'integrale accoglimento di tale appello; -in misura uguale su entrambe le parti, quanto al contributo unificato di 9.000,00 versato in relazione all'appello incidentale proposto dall'impresa, posto che tale appello incidentale stato accolto solo in parte. Inoltre, nessun rimborso sarebbe dovuto alla societ in relazione al contributo unificato di 6.000,00 da questa anticipato per il giudizio di primo grado. A tale conclusione si dovrebbe pervenire, relativamente alla fase di appello, in ragione di quanto affermato in un parere della scrivente del 12 dicembre 2015 (AL 39157114 - Avv. De Stefano), nel quale si confermato che il riparto dell'onere tra le parti dovr avvenire in rapporto alla stesse misura di soccombenza, da determinare in via equitativa sulla base delle riultanze di causa. Conseguentemente, posto che l'Autorit sarebbe da considerare interamente vittoriosa in relazione al proprio appello principale, il relativo onere dovrebbe per intero far carico alla M.F. S.p.A. Per contro, relativamente all'appello incidentale proposto dall'impresa e solo parzialmente accolto, la soccombenza reciproca comporterebbe che l'onere debba essere suddiviso, in misura paritaria, fra le due parti. Quanto alla fase di primo grado, ritiene codesta Autorit che non si sia determinata alcuna soccombenza, in difetto del passaggio in giudicato della sentenza del tar del lazio n. 8674/2013, impugnata da entrambe le parti e riformata dal consiglio di stato, di tal che risulterebbe inapplicabile la regola posta dall'art. 13, comma 6-bis1, del D.P.R. n. 115 del 2002, secondo la quale l'onere per il contributo unificato dovuto in ogni caso dalla parte soccombente, anche nel caso di compensazione giudiziale delle spese. *** Cos ricostruiti i termini della questione, si osserva quanto segue. L'art. 13, comma 6-bis1 del D.P.R. n. 115 del 2002 stabilisce che (l)'onere relativo al pagamento dei (..) contributi dovuto in ogni caso dalla parte soccombente, anche nel caso di compensazione giudiziale delle spese e anche se essa non si costituita in giudizio. ai fini predetti la soccombenza si determina con il passaggio in giudicato della sentenza. Trattasi di disposizione speciale, relativa al solo contributo unificato dovuto per i giudizi amministrativi, ispirata a un regime diverso da quello previsto per i giudizi civili: mentre in quest'ultimo ambito pacifico che il contributo unificato costituisca un'obbligazione ex lege gravante sulla parte soccombente per effetto della condanna alla spese, che, pertanto, il beneficiario della condanna pu azionare quale titolo esecutivo anche per la ripetizione delle somme in concreto impiegate per adempiere quell'obbligazione ex lege (Cass., ordinanze 17 settembre 2013, n. 21207 e 20 novembre 2015, n. 23830), PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo nel giudizio amministrativo l'onere del pagamento del contributo unificato grava sulla parte per effetto della (sola) soccombenza, anche nel caso di compensazione giudiziale delle spese, (v., ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. Iv, 10 febbraio 2014, n. 625) ed sottratto alla potest del giudice, sia quanto alla possibilit di disporne la compensazione, sia quanto alla determinazione del suo ammontare (Consiglio di Stato, Sez. III, 3 febbraio 2014, n. 473 e 13 marzo 2014, n. 1160). Ne consegue che il rimborso del contrilbuto unificato alla parte vittoriosa, che lo abbia anticipato, costituisce una obbligazione ex lege, al cui adempimento la parte soccombente non pu sottarsi, distinta rispetto a quella concernente le spese del giudizio liquidate in sentenza, nel cui computo esso non pu ritenersi ricompreso (Consiglio di Stato, n. 62512014 cit.). In altre parole, mentre nel processo civile il giudice che, con la pronuncia di condanna alle spese o di compensazione, influisce sul riparto sostanziale del- l'onere corrispondente al contributo unificato, nel giudizio amministrativo tale riparto influenzato da un fatto -la soccombenza -che occorre determinare indipendentemente dalla pronuncia resa sul capo relativo alle spese di lite. In ragione di tali caratteristiche del regime, nel parere della scrivente richiamato da codesta Autorit, nel quale si affrontato il caso della reciproca soccombenza delle parti (ossia dell'accoglimento solo parziale del ricorso), si ritenuta, nella sostanza, l'impossibilit d ricavare dal dettato normativo criteri ancorati a parametri meramente formali, che pure avrebbero condotto a soluzioni pi immediate e pi soddisfacenti sul piano della certezza del diritto (quali, ad esempio, il ritenere che la parte che ha introdotto il giudizio sia comunque tenuta a sopportare l'onere del contributo qualora essa sia risultata in qualche misura soccombente). Affermato il diritto alla rivalsa (parziale) nel caso di soccombenza parziale, si ritenuto che il riparto debba avvenire in rapporto alla rispettiva misura di soccombenza, da determinare in va equitativa sulla base delle risultanze di causa, con la precisazione che si rende applicabile la presunzione di divisione in parti uguali dell'obbligazione, ricavabile dall'art. 1298, comma secondo, cod. civ. e che, conseguentemente, incombe sulla parte che voglia far valere diverse quote di riparto di dare la prova che la soccombenza si determinata in misura non paritaria. Ritiene la scrivente che l'avviso espresso nel parere ora sintetizzato debba essere confermato, con le integrazioni di cui subito si dir. In contrario non sembrano valorizzabili i principi affermati dalla Corte di cassazione nell'ordinanza 21 gennaio 2015, n. 930, richiamata nella nota in riferimento, invocata dall'impresa nei confronti di codesta Autorit. Tale decisione -che non si occupata della questione del riparto del- l'onere del contributo unificato -si limitata a ribadire alcuni consolidati principi giurisprudenziali sul rapporto tra soccombenza e condanna al pagamento RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 delle spese del giudizio. Come noto, secondo un tradizionale insegnamento della Corte di cassazione, il principio della soccombenza esclude che le spese possano essere poste a carico della parte interamente vittoriosa (salva la possibilit di derogarvi quando la parte risultata vincitrice sia venuta meno ai doveri di lealt e probit, imposti dall'art. 88 cod. proc. civ.). Nel ribadire tale principio, l'ordinanza in esame ha ricordato che esso non violato nel caso in cui le spese siano integralmente poste a carico della parte il cui appello sia stato parzialmente accolto. e solo in questo contesto che la Corte ha affermato che in tema di liquidazione delle spese giudiziali, nessuna norma prevede, per i1 caso di soccombenza reciproca delle parti, un criterio di valutazione della prevalenza della soccombenza dell'una o dell'altra basato sul numero delle domande accolte o respinte per ciascuna di esse, dovendo essere valutato l'oggetto della lite nel suo complesso. Ci posto, si osserva, a integrazione e chiarimento di quanto gi esposto nel richiamato parere del 12 dicembre 2015, che nella valutazione della proporzione della soccombenza, ai fini del riparto interno dell'onere del contributo unificato, si deve prescindere da criteri fondati sul numero dei motivi di ricorso o di impugnazione accolti ovvero sulla posizione processuale che, per ragioni connesse all'andamento del giudizio, le parti hanno incidentalmente finito per assumere. Sembra, in altri termini, alla scrivente che la proporzione di soccombenza debba essere determinata sulla base dell'esito complessivo del giudizio e in relazione al c.d. bene della vita che ne formava oggetto. Cos, ad esempio, se il ricorrente originario ottiene l'annullamento del provvedimento in virt del- l'accoglimento di uno solo dei motivi da esso proposti, non potr negarsi che la soccombenza della controparte sia integrale, bench, in ipotesi, il giudice abbia espressamente rigettato altri motivi di gravame proposti dal ricorrente originario. Ne consegue che, in caso di contrapposti appelli proposti dalle parti (ancorch in via incidentale da una di esse), non pare possibile scindere la soccombenza, postulando che l'una delle parti sia integralmente vittoriosa rispetto al proprio appello bench, all'esito della delibazione di entrambi gli appelli, questa non abbia interamente ottenuto il "bene della vita" che formava oggetto di causa (nel nostro caso, ad esempio, la conferma integrale della sanzione). occorre, piuttosto, avere riguardo all'esito complessivo del giudizio e, sulla base di questo, ripartire il carico complessivo del contributo unificato dovuto in relazione a entrambi gli appelli proposti. A questo criterio generale pu derogarsi, ad avviso della scrivente, esclusivamente nel caso in cui l'iniziativa della parte sia rimasta del tutto priva di incidenza causale sulla decisione. Si pensi, ad esempio, a un appello incidentale inammissibile in quanto tardivo o per altre ragioni. In tali casi, non sembra legittimo far carico all'appellante principale -neanche nell'ipotesi di rigetto, PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo integrale o parziale, della propria impugnazione -dei costi di un'iniziativa processuale, assunta da controparte, rivelatasi del tutto improduttiva di effetti sul contenuto della decisione finale: tali costi, in omaggio al principio di causalit, devono rimanere a carico della parte che vi ha dato origine. In definitiva, i costi dell'appello incidentale inammissibile o riconosciuto come integralmente infondato, con dichiarazione espressa del giudice d'appello, dovranno essere posti a carico della parte che li ha sostenuti, ancorch tale parte non risulti complessivamente soccombente alla stregua del criterio fondato sul conseguimento del bene della vita. Non altrettanto a dirsi rispetto all'appello incidentale non esaminato in quanto dichiarato assorbito, per effetto del rigetto dell'appello principale. Nella fattispecie, posto che codesta Autorit ha ritenuto, all'esito del giudizio di appello, di avere titolo per l'applicazione di una sanzione corrispondente a circa tre quarti dell'importo originario, nella stessa proporzione dovrebbe ripartirsi l'onere del contributo unificato dovuto sia in relazione all'appello principale, sia in relazione all'appello incidentale. Quanto al giudizio di appello, peraltro, per questa via si perviene, del tutto accidentalmente, a un risultato identico a quello gi prospettato da codesta Autorit, in applicazione del (diverso) criterio fondato sul ritenuto accoglimento integrale dell'appello principale e sull'accoglimento solo parziale del- l'appello incidentale. Inoltre - e diversamente da quanto traspare essere l'avviso di codesta Autorit - un criterio analogo a quello ora descritto dovrebbe regolare il riparto del contributo unificato versato (dall'impresa) per il giudizio di primo grado. Non pu, infatti, ritenersi che il contributo unificato dovuto per il giudizio di primo grado debba far carico alla parte ricorrente per il solo fatto che sia stato proposto appello. La circostanza che sia stato proposto appello non implica che non si determinata alcuna soccombenza, ma implica esclusivamente che, come dispone l'art. 13, comma 6-bis1 del D.P.R. n. 115 del 2002, la soccombenza sia determinata con il passaggio in giudicato della sentenza, da intendersi come la sentenza che definisce il giudizio (sia essa la medesima sentenza di primo grado o la sentenza di appello). Questa disposizione, in altri termini, chiarisce che la soccombenza si determina in ragione del contenuto della sentenza che definisce il giudizio e al momento del passaggio in giudicato di tale sentenza: quando, cio, diviene definitiva la sentenza che ha attribuito, integralmente o parzialmente, all'una o all'altra parte il bene della vita che costituisce oggetto del giudizio. Qualora tale sentenza determini la soccombenza, parziale o integrale, della parte resistente in primo grado, su di essa dovr gravare, a misura di tale soccombenza, anche il contributo unificato versato per il giudizio di primo grado, indipendentemente dal contenuto della sentenza di primo grado contro la quale fu proposto appello. RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 In conformit a quanto sopra affermato in relazione al giudizio di appello, pu ritenersi che a tale regola faccia eccezione il caso in cui le parti, dopo la proposizione del gravame principale, abbiano assunto ulteriori iniziative processuali, prive di effetti sulla decisione, che hanno dato luogo a distinti obblighi di pagamento del contributo unificato, come la proposizione di ricorsi incidentali o motivi aggiunti inammissibili ovvero manifestamente ultronei. Alla luce di quanto precede, ritiene la scrivente che l'insieme dei contributi unificati versati per il giudizio in esame -che complessivamente ammonta, secondo quanto riferito nella richiesta di parere, a 24.000,00 - possa ragionevolmente far carico per un quarto, pari a 6.000,00, a codesta Autorit e per tre quarti, pari a 18.000,00, alla M.F. S.p.A. PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo sullincombenza dellonere del contributo unificato Parere reso iN via ordiNaria 01/12/2016-565316, al 23130/2009, avv. liBorio coaccioli In esito al quesito posto con la nota in riscontro, osserva la scrivente quanto segue. Premesso che il contributo unificato costituisce un tributo ed, in particolare, una tassa giudiziaria correlata alla richiesta di accesso al servizio giudiziario (oggetto dellonere di anticipazione previsto dallart. 8, comma 1, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115) in quanto costo del processo, esso destinato, in caso di vittoria, ad essere recuperato a carico della controparte soccombente e, in caso di soccombenza, a rimanere definitivamente a carico della parte che lha anticipato al momento delliscrizione al ruolo della causa: il suo rimborso, secondo consolidata giurisprudenza, ha natura di unobbligazione ex lege, il cui adempimento grava sulla parte soccombente a prescindere da unapposita statuizione al riguardo (cfr. TAR Lazio -Roma, sez. III, n. 8133 del 10 giugno 2015). Tutto ci premesso, relativamente ai quesiti sottoposti, si espone quanto segue: -1 Primo quesito se, in caso di soccombenza nei giudizi davanti al giudice amministrativo, in mancanza di specifica statuizione giudiziale lamministrazione debba comunque rimborsare il cu alla parte vittoriosa (previa dimostrazione dellavvenuto pagamento), e se, nel caso di giudizi improcedibili per cessazione della materia del contendere o sopravvenuta carenza di interesse, non sia dovuta la restituzione del contributo unificato, salvo il caso in cui il giudice espressamente individui la parte tenuta a tale onere. Ai sensi dellart. 13, comma 6 bis1, del d.P.R. n. 115/2002, al ricorrente vittorioso che abbia corrisposto gli importi del contributo unificato per le spese degli atti giudiziari, spetta il relativo rimborso, anche qualora la parte soccombente non si sia costituita in giudizio (cfr. T.A.R. Campania -Napoli, sent. n. 713 del 10 febbraio 2016). Tuttavia occorre distinguere lipotesi della declaratoria della cessazione della materia del contendere da quella della declaratoria dellimprocedibilit del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse. La sentenza che dichiara la cessazione della materia del contendere una pronunzia di merito cui, ai sensi dellart. 34, comma 5, cod. proc. amm., il giudice fa luogo qualora nel corso del giudizio la pretesa del ricorrente risulti pienamente soddisfatta. RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 La sentenza che dichiara limprocedibilit del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse invece una pronuncia di rito cui, a mente dellart. 35, comma 1, lett. c) cod. proc. amm., il giudice fa luogo quando nel corso del giudizio sopravviene il difetto di interesse delle parti alla decisione. Tale distinzione, in astratto assolutamente chiara e netta, non sempre trova riscontro nella prassi giudiziaria, dal momento che non di rado accade che anche nel caso di intervenuta, integrale soddisfazione della pretesa azionata, il giudice, anzich dichiarare, come dovrebbe, la cessazione della materia del contendere, dichiari invece limprocedibilit del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse. Il rilievo non risponde soltanto ad astratte finalit di carattere classificatorio e dogmatico, ma ha anche significative ricadute pratiche sul tema della regolazione delle spese del giudizio perch, mentre nel caso di cessazione della materia del contendere il giudice tenuto a provvedere alla tassazione delle spese processuali sulla base del criterio della c.d. soccombenza virtuale - ponendo quindi le spese a carico dell'amministrazione che, soddisfacendo la pretesa del ricorrente, ne ha esplicitamente riconosciuto la fondatezza -; nell'ipotesi di improcedibilit del ricorso per sopravvenuto difetto dinteresse, trattandosi di pronuncia di rito dovuta al venir meno in corso di giudizio di una delle condizioni dell'azione, non dato individuare un soccombente in senso sostanziale e le spese debbono perci, di regola, rimanere a carico del ricorrente che le ha anticipate, soccombente in senso formale. e poich l'obbligo di pagamento del contributo collegato dalla legge -art. 13, comma 6-bis1 del d.P.R. n. 115/2002 -alla soccombenza, nell'ipotesi in cui il giudice non individui esso stesso la parte virtualmente soccombente, come tale tenuta al pagamento del contributo unificato, occorre distinguere il caso in cui sia dichiarata la cessazione della materia del contendere da quello in cui sia dichiarata la improcedibilit del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse. Nella prima ipotesi -cessazione della materia del contendere -non v' dubbio che obbligata al rimborso del contributo unificato sia l'amministrazione resistente, soccombente in senso virtuale; nella seconda ipotesi - improcedibilit del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse -, occorre invece distinguere i casi in cui il venir meno dell'interesse alla decisione del ricorso derivi da una condotta dell'amministrazione comunque satisfattiva dell'interesse del ricorrente da quello in cui il venir meno dell'interesse non sia in alcun modo riferibile ad un atto o ad un fatto della resistente. Nel primo caso, si realizza in realt una cessazione della materia del contendere, con la conseguenza che il contributo unificato anticipato dal ricorrente dovr essere rimborsato dall'amministrazione; nel secondo, invece, non essendo configurabile alcuna soccombenza virtuale dell'amministrazione, esso dovr restare a carico della parte che lo ha anticipato. Si ricordi che, in caso di soccombenza virtuale (ad es. improcedibilit del PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo ricorso o cessazione della materia del contendere) e previa apposita richiesta di parte per la condanna alle spese e per la refusione del contributo unificato, il giudice, al solo fine di regolare le spese del giudizio, tenuto ad esaminare le questioni sollevate dai ricorrenti. stato osservato, infatti, che: con riguardo alla decisione sulle spese deve essere pertanto applicato il criterio della c.d. soccombenza virtuale, in ossequio al consolidato principio per cui il venir meno dellinteresse al ricorso non preclude una sommaria delibazione nel merito della pretesa azionata, al limitato fine della pronuncia sulle spese di giudizio (cos, T.A.R. Napoli, sent. n. 2461 del 12 maggio 2016; cfr., altres, Consiglio di Stato, sez. v, sent. n. 3348 del 7 luglio 2015). -2 secondo quesito se, nel caso di compensazione delle spese, sia opportuno che lamministrazione proceda autonomamente alla valutazione di quale sia la parte processuale soccombente, perch in ambito, infatti, appare particolarmente critico il caso di accoglimento parziale delle domande (cfr. in tal senso cons. stato iii, n. 1160/2014) sia da un punto di vista generale, sia in quelle ipotesi in cui la reiezione di alcune domande sia leffetto di un concorso della controparte nelladozione di un provvedimento illegittimo. principio ormai noto che, in caso di accoglimento del ricorso con compensazione delle spese, il resistente soccombente sia comunque costretto a rifondere limporto del contributo unificato, poich esso sottratto alla potest del giudice sia quanto alla possibilit di disporne la compensazione, sia quanto alla determinazione del suo ammontare (cfr. Cons. Stato, sez. III, n. 4436 del 22 settembre 2015 e n. 1160 del 13 marzo 2014). La giurisprudenza amministrativa , daltronde, pacifica nel ritenere il rimborso del contributo unificato ancorato esclusivamente al verificarsi della situazione di fatto rappresentata dallaccoglimento del ricorso (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. v, n. 3153 del 23 giugno 2014 e sez. III, n. 1657 del 18 marzo 2011). Pertanto, a meno di non voler operare uninterpretazione forzatamente estensiva del citato art. 13, non possibile ritenere che il rigetto di talune istanze proposte in via subordinata dal ricorrente vittorioso costituisca una deroga a quanto ivi stabilito. In caso di soccombenza reciproca o parziale il contributo unificato deve essere posto a carico della o delle parti soccombenti nei limiti della loro soccombenza: da ci consegue che se le parti sono soccombenti in parti uguali, lonere del contributo deve essere ripartito in parti eguali e, di conseguenza, rimborsato per la met a favore della parte che lo ha anticipato; se le parti sono invece soccombenti in diversa misura, il contributo unificato dovr essere rimborsato dalla parte resistente in misura proporzionale alla sua percentuale di soccombenza (v. pareri del Comitato consultivo 10 maggio 2013 n. 204029 e 12 febbraio 2015 n. 70211). RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 vՏ altres da aggiungere che, in caso di divergenza circa la soccombenza - o circa la misura della soccombenza -, la relativa questione dovr essere sottoposta al vaglio dellAvvocatura e, nellipotesi di persistente contrasto tra le parti, la relativa controversia dovr trovare composizione, su ricorso della parte interessata ad ottenere il rimborso - o un maggior rimborso -, in sede di giudizio di ottemperanza. - 3 terzo quesito Quando e in che misura eventualmente debba avvenire la refusione del cu, considerato che lart. 13, comma 6-bis. 1, del d.P.r. n. 115 del 2002 dispone che la soccombenza si determina con il passaggio in giudicato della sentenza, il che sembrerebbe significare che, nel caso di ricorso in appello, leventuale refusione debba attendere il giudizio di secondo grado, non apparendo chiaro tuttavia se essa riguardi il contributo del primo grado sommato a quello del secondo grado. In caso dappello, lobbligo di rimborso del contributo unificato sorge solo e soltanto al momento del passaggio in giudicato della relativa decisione; in tale ipotesi, lobbligo di rimborso riguarder peraltro sia il contributo anticipato al momento del deposito del ricorso di primo grado sia quello versato al momento del deposito del ricorso di secondo grado, senza alcuna possibilit di rimborso anticipato del contributo corrisposto per il primo grado di giudizio in forza della sola esecutivit della sentenza di primo grado. - 4 Quarto quesito se il principio della refusione del cu in caso di soccombenza, dettato dallart. 13 con riferimento ai contenziosi davanti al tar ed al consiglio di stato, debba applicarsi anche ai giudizi innanzi al giudice ordinario pur in assenza di pronuncia giudiziale specifica. Lart. 13, comma 6-bis, in virt del suo tenore letterale, si deve ritenere insuscettibile di estensione ai giudizi ordinari. La disposizione, infatti, riguarda i soli ricorsi proposti dinanzi ai T.A.R. ed al Consiglio di Stato. Il predetto comma, infatti, stato inserito al fine di svincolare il contributo unificato per i processi amministrativi dal valore della controversia, diversamente da quanto previsto per i processi civili, (cfr. nota di Andrea Daidone a T.A.R. Trento, 29 gennaio 2014, n. 23, sez. I in Rivista Italiana di Diritto Pubblico Comunitario, fasc. 2, 2014, p. 478) ove si legge: con linserimento del comma 6 bis al citato art. 13 [] il contributo unificato per i processi amministrativi, diversamente da quanto previsto per i processi civili, stato svincolato dal valore della controversia. il legislatore, infatti, ha adottato il differente criterio per materia ed in seguito ha ulteriormente PAReRI DeL CoMITATo CoNSULTIvo distinto lentit del contributo unificato dovuto secondo una differenziazione delle materie. Anche in altri siti, relativamente al processo civile e tributario, si afferma che mentre per il processo amministrativo il legislatore ha espressamente previsto che anche il contributo unificato soggiaccia al principio della soccombenza e vada rimborsato alla parte vittoriosa, tanto non stato fatto per quello civile e tributario (trattasi di un articolo pubblicato su web il 26 novembre 2014). Articolo di Michela Roja, titolo Rimborso del contributo unificato. dovuto post sentenze sfavorevoli?, pubblicato il 26 novembre 2014 sul sito web www.Fiscooggi.it Link http://www.Fiscooggi.it/analisi-ecommenti/ articolo/rimborso-del-contributo-unificato-dovuto-post-sentenzesfavorevoli. Nel commento in esame, inoltre si fa espressamente richiamo alla sentenza n. 235/2014 della Commissione tributaria provinciale di Pordenone, che ha negato la rimborsabilit del contributo partendo proprio dallassunto secondo cui La configurazione del contributo unificato come obbligazione ex lege che fa carico alla parte soccombente e che pertanto estraneo al potere liquidatario del giudice trovando per cos dire automatica applicazione vale solo ed esclusivamente per il giudizio amministrativo in forza del comma 6 bis d.P.R. 115/02. Trattasi di norma speciale che, quindi, non suscettibile di estensione analogica al processo civile e tributario. - 5 Quinto quesito la corresponsione delle spese generali ai legali di controparte nel caso di soccombenza dellamministrazione. In materia di spese forfettarie dovute allavvocato, occorre distinguere a secondo che il giudice abbia indicato la liquidazione delle spese legali come comprensiva o meno anche delle spese generali. Nel primo caso, ovviamente, nulla quaestio; nel secondo, invece, occorre considerare che il potere di liquidazione del giudice si riferisce, da un lato, alle spese c.d. vive, anticipate e documentate dalla parte vittoriosa, e, dallaltro, ai compensi professionali. Le somme dovute a titolo di rimborso delle spese generali, al pari di quelle dovute dal soccombente a titolo di rimborso del contributo unificato, dellimposta di registrazione della sentenza, di contributo previdenziale forense e di imposta sul valore aggiunto esulano, come tali, dal potere giudiziale di liquidazione trattandosi di somme che sono dovute per legge e di cui la legge stabilisce con esattezza le modalit di quantificazione (quanto a percentuale e base di calcolo) e di cui rimette in genere alla parte la autoliquidazione; tantՏ vero che la giurisprudenza ritiene pacificamente dovuti i relativi importi anche in difetto di specifica statuizione giudiziale proprio perch oneri accessori dovuti ex lege. RASSegNA AvvoCATURA DeLLo STATo - N. 2/2017 Per tale ragione deve ritenersi che, salvo diversa indicazione da parte del giudice, una liquidazione omnicomprensiva riguardi in realt, come sՏ detto, le sole spese vive ammesse a rimborso e i soli compensi professionali, con esclusione, quindi, sia delle spese forfettarie sia degli ulteriori oneri contributivi e fiscali. Di conseguenza, sembra potersi ragionevolmente affermare che, pur nel caso in cui il giudice qualifichi espressamente come onnicomprensiva la somma liquidata in sentenza, comunque sia necessario procedere allincremento di cui allart. 2 del decreto ministeriale n. 55 del 10 marzo 2014. Anche in tal caso, infatti, trattasi di obbligazione sottratta alla disponibilit del giudice e, pertanto, gravante ex lege sulla parte soccombente. Nelle suesposte considerazioni il parere di questa Avvocatura. LEGISLAZIONEEDATTUALIT Norme di commercializzazione e controlli di conformit Antonio Tallarida* Sommario: 1. Premessa - 2. Norme Unece - 3. Norme di commercializzazione UE - 4. Prodotti ortofrutticoli -5. Finalit -6. Controlli -7. Sanzioni -8. Tutela penale degli alimenti - 9. Coordinamento dei controlli - 10. Sintesi conclusiva. 1. Premessa. Tre recenti sentenze rese in materia di norme di commercializzazione dei prodotti alimentari dalle massime Autorit giudiziarie, ripropongono allattenzione un tema particolarmente importante non solo per leconomia in generale ma anche per la vita quotidiana, essendo il consumatore sempre pi interessato a un acquisto informato e responsabile (1). Si tratta della sentenza della Corte di Giustizia Ue 14 giugno 2017, in causa C-422/16, su rinvio pregiudiziale del Tribunale regionale di Treviri, sulluso della denominazione Latte; della sentenza della Corte di Giustizia Ue 3 marzo 2016, in causa C-26/15 P, pronunciata su ricorso del regno di Spagna c. Commissione Ue, che ha affrontato il problema dei rapporti tra norme Unece e regolamenti comunitari; e della sentenza della Corte di Cassazione 24 febbraio 2016, n. 3670, che si occupata delle indicazioni contenute nei documenti di accompagnamento dei prodotti freschi trasportati. In particolare, la prima ha statuito che gli obiettivi perseguiti da tali norme, di migliorare le condizioni economiche della produzione e della commercializzazione, nonch la qualit dei prodotti stessi nellinteresse di produttori, com (*) Gi Vice Avvocato generale dello Stato. (1) GermAn A., Diritto agroalimentare. Le regole del mercato degli alimenti e dellinformazione alimentare, Giappicchelli 2014. rASSeGnA AVVoCATUrA deLLo STATo - n. 2/2017 mercianti e consumatori, ostano a che la denominazione latte e le denominazioni che tale regolamento riserva unicamente ai prodotti lattiero-caseari siano utilizzate per designare, allatto della commercializzazione o nella pubblicit, un prodotto puramente vegetale, e ci anche nel caso in cui tali denominazioni siano completate da indicazioni esplicative o descrittive che indicano lorigine vegetale del prodotto in questione, salvo il caso in cui tale prodotto sia menzionato allallegato i della decisione 2010/791/UE della Commissione, del 20 dicembre 2010, che fissa lelenco dei prodotti di cui allallegato Xii, punto iii.1, secondo comma, del regolamento n. 1234/2007 del Consiglio. La seconda ha affermato che per la prescrizione dei regolamenti Ue di tener conto delle norme Unece nella definizione delle norme di commercializzazione nella specie riguardanti gli agrumi ne peut signifier, son considrant 6, que les normes de commercialisation spcifiques adoptes par la Commission doivent tre identiques aux normes CEE-oNU, mais doit davantage tre compris en ce sens que, lorsque de telles normes doivent tre tablies par la Commission pour des produits individuels, elles doivent tre dfinies sur la base des normes CEE-oNU, avec les modifications ventuelles, ncessaires pour tenir compte des lments, autres que lesdites normes, qui sont mentionns larticle 113, paragraphe 2, du rglement n 1234/2007. La terza (per la verit seguita da un gruppo di altre 18 conformi) ha ritenuto che avuto riguardo alla finalit della norma in esame, volta a definire i parametri merceologici minimi di tracciabilit da rispettare per singolo prodotto ortofrutticolo, affinch questo possa essere commercializzato garantendo gli standard di qualit previsti dalla normativa comunitaria, la relativa disciplina certamente volta a vincolare tutti i livelli della filiera, dalle aziende agricole, ai mercati alla produzione, all'ingrosso o di transito, ai centri di condizionamento e di deposito, ma, ove siano a monte rispettate le dette prescrizioni, non pu ulteriormente gravare per i transiti a valle tra le piattaforme della grande distribuzione e i singoli punti vendita" (v. anche Cass., n. 17025/2016, Cass., n. 17517/2016 e altre). Il rinnovato interesse verso queste norme induce a una rivisitazione della loro finalit e della loro portata, estesa anche agli aspetti applicativi dei controlli. Peraltro va preliminarmente chiarito che le norme di commercializzazione riguardano esclusivamente il commercio di determinati prodotti agricoli a destinazione alimentare e che vanno distinte dalle molte altre che sono poste a tutela di distinti interessi, quali la salute e ligiene, la sicurezza alimentare, il pubblico affidamento o la particolarit di certe produzioni, di cui si tratter pi oltre (par. 8), ma che possono concorrere con quelle in esame quando abbiano ad oggetto gli stessi prodotti (2). (2) CoSTATo L., BorGhI P., rIzzIoLI S., Compendio di diritto alimentare, Cedam 2015; mASInI S., Corso di diritto alimentare, Giuffr 2015. LeGISLAzIone ed ATTUALIT 2. Norme Unece. norme dirette a regolamentare la commercializzazione di prodotti agricoli alimentari sono state originariamente introdotte dallUnece, organismo internazionale in ambito onU, cui aderiscono numerosi Paesi, con lobiettivo di favorire la cooperazione economica e sociale. Come riportato nella sentenza del Tribunale di Prima Istanza 13 La Commissione economica per leuropa delle nazioni Unite (UneCe) stata istituita nel 1947 tramite la risoluzione 36 (IV), del 28 marzo 1947, del Consiglio economico e sociale delle nazioni Unite (ecosoc). essa raccoglie attualmente 56 paesi europei (compresi tutti gli Stati membri dellUnione europea), della Comunit degli Stati indipendenti e del- lAmerica del nord. Poich lUnione non membro delle nazioni Unite, la stessa non neanche membro della UneCe. Per contro, essa partecipa alla UneCe in veste di osservatore. 14 La UneCe presenta, al suo interno, il gruppo di lavoro delle norme di qualit dei prodotti agricoli (in prosieguo: il gruppo di lavoro), incaricato, segnatamente, della definizione delle norme comuni per le merci deperibili. 15 nel 1958, il gruppo di lavoro ha adottato il protocollo di Ginevra sulla normalizzazione degli ortofrutticoli freschi e della frutta secca ed essiccata (riveduto nel 1964 e nel 1985; in prosieguo: il protocollo di Ginevra). esso prevede, al suo punto I, quanto segue: Ciascun prodotto soggetto alla normalizzazione commerciale di qualit deve essere definito in una norma specifica che lo riguarda, mediante lindicazione del genere e della specie alle quali esso appartiene (riferimento botanico latino seguito, se del caso, dallindicazione dellautore). (...). Cionondimeno, un gruppo di prodotti pu parimenti costituire loggetto di una norma pi generale applicabile a tale gruppo, nella misura in cui le loro caratteristiche lo consentano. 16 In forza del punto IX del protocollo di Ginevra, il gruppo di lavoro incaricato di prevedere, segnatamente, la redazione di nuove norme speciali e gli adeguamenti possibili delle norme esistenti. Ai sensi del punto X del protocollo di Ginevra, il gruppo di lavoro ha parimenti il compito di elaborare le clausole di un accordo internazionale idoneo a conferire uno status definitivo alle norme stabilite nellambito dellUneCe per i prodotti ortofrutticoli (sent. 13 novembre 2014 in T-481/11). Tali norme riguardano circa 50 prodotti agricoli ed hanno natura e valore di raccomandazioni, volte ad agevolare gli scambi commerciali; esse sono prese a riferimento dallUe per definire le norme di commercializzazione europee vincolanti allinterno dellUnione. Secondo la Corte di Giustizia Ue, le norme Unece non sono vincolanti per lUnione dato che questa non parte dellonU (sent. n. 26/15 P/2016 cit.) (3). 3. Norme di commercializzazione UE. Fin dal regolamento sullorganizzazione comune di mercato (oCm) nel (3) BonorA G., Le norme di commercializzazione specifiche dellUE e il loro rapporto con le raccomandazioni Unece, in riv. diritto alimentare, 2016, n. 3, 46. rASSeGnA AVVoCATUrA deLLo STATo - n. 2/2017 settore degli ortofrutticoli (reg. Cee 25 ottobre 1966 n. 159) sono state previste disposizioni per la commercializzazione di tali prodotti, precisandosi che a tal fine si tiene conto delle norme CEE(oNU) raccomandate dal gruppo di lavoro sulla normalizzazione dei prodotti deperibili e il miglioramenti qualitativo istituito presso la Commissione economica per lEuropa (art. 2). Queste norme sono state nel tempo adeguate e perfezionate con successivi regolamenti (reg. Cee n. 1035/1972, Ce n. 2200/1996, Ce n. 1234/2007, Ue n. 1308/2013) e con il regolamento applicativo n. 543/2011/Ue, come modificato con reg. n. 594/2013/Ue, tuttora in vigore. Allo stato il reg. (Ce) 17 dicembre 2013 n. 1308/2013 prevede cheper tener conto delle aspettative dei consumatori e migliorare le condizioni economiche della produzione e della commercializzazione nonch la qualit dei prodotti agricoli, le norme di commercializzazione, fatte salve eventuali altre disposizioni applicabili ai prodotti agricoli, sono suddivise tra norme obbligatorie per settore o prodotto e menzioni riservate facoltative (art. 73). Le norme obbligatorie si applicano ai seguenti settori: a) olio di oliva e olive da tavola; b) ortofrutticoli; c) prodotti ortofrutticoli trasformati; d) banane; e) piante vive; f) uova; g) carni di pollame; h) grassi da spalmare destinati al consumo umano; i) luppolo; nonch a quello vitivinicolo (art. 75 c. 1 e 4 ). Le definizioni, designazioni e denominazioni di vendita si applicano ai settori o ai prodotti seguenti: a) carni bovine; b) prodotti vitivinicoli; c) latte e prodotti lattiero-caseari destinati al consumo umano; d) carni di pollame; e) uova; f) grassi da spalmare destinati al consumo umano; g) olio di oliva e olive da tavola. 2. Le definizioni, le designazioni o le denominazioni di vendita figuranti nell'allegato VII possono essere utilizzate nell'Unione solo per la commercializzazione di un prodotto conforme ai corrispondenti requisiti stabiliti nel medesimo allegato (art. 78). A queste ultime disposizioni si riferisce la sentenza della Corte di Giustizia 14 giugno 2017 in causa 422/16, sulluso corretto della denominazione latte non utilizzabile per prodotti di origine vegetale. LeGISLAzIone ed ATTUALIT 4. Prodotti ortofrutticoli. Una specifica sottosezione si occupa in particolare dei prodotti ortofrutticoli freschi e trasformati, per i quali vige il seguente regime di commercializzazione: "1. Inoltre, ove inerente alle norme di commercializzazione applicabili di cui all'articolo 75, i prodotti del settore degli ortofrutticoli destinati alla vendita al consumatore come prodotti freschi possono essere commercializzati soltanto se sono di qualit sana, leale e mercantile e se indicato il paese di origine. 2. Le norme di commercializzazione di cui al paragrafo 1, ed eventuali norme di commercializzazione applicabili al settore degli ortofrutticoli stabilite conformemente alla presente sottosezione, si applicano a tutte le fasi della commercializzazione, compresi l'importazione e l'esportazione, e possono riguardare qualit, classificazione, peso, dimensioni, imballaggio, condizionamento, magazzinaggio, trasporto, presentazione e commercializzazione. 3. Il detentore di prodotti del settore degli ortofrutticoli per i quali sono state stabilite norme di commercializzazione non espone, mette in vendita, consegna o commercializza in alcun modo tali prodotti all'interno dell'Unione se non in conformit a dette norme ed responsabile di tale conformit. 4. Al fine di assicurare la corretta applicazione dei requisiti stabiliti al paragrafo 1 del presente articolo e al fine di tenere conto di alcune situazioni peculiari, alla Commissione conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 227 riguardanti deroghe specifiche al presente articolo necessarie per la sua corretta applicazione" (art. 76). A questo settore di prodotti si applica il reg. (Ce) 7 giugno 2011 n. 543/2011/Ue della Commissione, recante modalit di applicazione del regolamento (Ce) n. 1234/2007 nel settore degli ortofrutticoli freschi e trasformati, la cui disciplina si compone di una noma generale e di 10 norme specifiche per altrettanti prodotti (mele, pere, agrumi, pesche e nettarine, lattughe e invidia, peperoni dolci, uva da tavola, kiwi, pomodori). La norma generale esplicata nellAllegato I - parte A del regolamento suddetto e prescrive le caratteristiche minime di qualit, di maturazione, le tolleranze, le indicazioni esterne e il nome completo del paese di origine. Le norme specifiche sono descritte nella parte B del medesimo Allegato. Il sistema si completa con la previsione di appositi e puntuali controlli, selezionati sulla base di unanalisi di rischio e che possono intervenire in tutte le fasi di commercializzazione (art. 8 reg. n. 543/2011/Ue cit.). A tali fini tutti gli operatori del settore sono tenuti ad iscriversi nella Banca dati nazionale degli operatori ortofrutticoli (Bdnoo). 5. Finalit. La finalit delle norme di commercializzazione consiste nellintento di favorire il commercio di prodotti destinati allalimentazione, assicurandone la qualit e linformazione. Pertanto lo scopo delle norme in questione dichiaratamente quello di " garantire l'agevole approvvigionamento del mercato rASSeGnA AVVoCATUrA deLLo STATo - n. 2/2017 con prodotti di qualit normalizzata e soddisfacente ed importante che le norme riguardino, in particolare, la definizione tecnica, la classificazione, la presentazione, la marchiatura e l'etichettatura, il condizionamento, il metodo di produzione, la conservazione, il magazzinaggio, il trasporto, i rispettivi documenti amministrativi, la certificazione e le scadenze, le restrizioni di uso e lo smaltimento " (71 Considerando del reg. (Ce) del Parlamento europeo e del Consiglio, 17 dicembre 2013 n. 1308/2013). L'articolo 74 (principio generale) dispone che " i prodotti per i quali sono stati stabilite norme di commercializzazione per settore o per prodotto conformemente alla presente sezione possono essere commercializzati nell'Unione solo se sono conformi a tali norme". Il successivo art. 75 prevede che le norme di commercializzazione tengono conto: a) delle peculiarit del prodotto considerato; b) della necessit di assicurare le condizioni atte a facilitare l'immissione dei prodotti sul mercato; c) dell'interesse dei produttori a comunicare le caratteristiche dei prodotti e della produzione e dell'interesse dei consumatori a ricevere informazioni adeguate e trasparenti sui prodotti, compreso il luogo di produzione da stabilire caso per caso al livello geografico adeguato, dopo aver effettuato una valutazione, in particolare, dei costi e degli oneri amministrativi per gli operatori e dei benefici apportati ai produttori e ai consumatori finali; d) dei metodi disponibili per la determinazione delle caratteristiche fisiche, chimiche e organolettiche dei prodotti; e) delle raccomandazioni standardizzate adottate dalle organizzazioni internazionali; f) della necessit di preservare le caratteristiche naturali ed essenziali dei prodotti e di evitare che la composizione del prodotto subisca modifiche sostanziali. Per quanto attiene ai prodotti ortofrutticoli freschi, il sistema si basa su due presupposti per poter raggiungere la propria finalit: i prodotti devono corrispondere a determinati requisiti di qualit e di commerciabilit (essere cio di "qualit sana... e mercantile") e tali requisiti devono essere resi noti e conoscibili al consumatore (il commercio deve essere "leale"). quindi elemento essenziale per loperativit del sistema che i suddetti presupposti siano dichiarati e controllabili in ogni fase della commercializzazione compresa quella del loro trasporto, attraverso adeguate indicazioni esterne (v. 8 e 12 Considerando reg. (Ce) n. 543/2011/Ue). Infatti l'art. 5 del regolamento da ultimo citato impone le seguenti Indicazioni esterne. 1. Le indicazioni previste dal presente capo sono riportate a caratteri leggibili e visibili su uno dei lati dell'imballaggio, mediante stampatura diretta indelebile o mediante etichetta integrata nell'imballaggio o fissata ad esso. 2. Per le merci spedite alla rinfusa, caricate direttamente su un mezzo di trasporto, le indicazioni di cui al paragrafo 1 sono riportate su un documento che accompagna la merce o su una scheda collocata in modo visibile all'interno del mezzo di trasporto. LeGISLAzIone ed ATTUALIT 3. nel caso dei contratti a distanza di cui all'articolo 2, par. 1, della direttiva 97/7/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, la conformit alle norme di commercializzazione richiede che le indicazioni esterne siano disponibili prima della conclusione del contratto. 4. Le fatture e i documenti di accompagnamento, escluse le ricevute per il consumatore, recano il nome e il paese di origine dei prodotti e, se del caso, la categoria, la variet o il tipo commerciale se ci richiesto da una norma di commercializzazione specifica, oppure indicano che il prodotto destinato alla trasformazione". Si pertanto in presenza di un articolato corpus normativo volto a garantire la qualit commerciale dei prodotti e la conoscibilit delle loro principali caratteristiche, capaci di influenzare il consumatore al momento dellacquisto e che quindi devono essere di percezione immediata (4). In questa ottica particolarmente importante lindicazione del Paese di origine, che a questi fini si atteggia come requisito di qualit, in grado di essere apprezzato dal pubblico, e non come elemento di tracciabilit, come impropriamente inteso invece dalle pronunce della Cassazione allinizio menzionate. 6. Controlli. Per assicurare il raggiungimento della finalit perseguita necessario che siano previsti adeguati controlli finalizzati alla verifica in concreto della corrispondenza della qualit dei prodotti, come esternata attraverso i documenti di trasporto, gli imballaggi, le etichette, i cartellini, i marchi, alla norma generale e a quelle specifiche di commercializzazione. Sono appunto i controlli di conformit alle norme di commercializzazione, generale e specifiche ove esistenti. L'art. 17 del reg. (Ce) n. 543/2011/Ue prescrive che i controlli di conformit si effettuano secondo i metodi descritti nell'allegato V e che in caso di non conformit, le merci oggetto di controllo negativo "non possono essere spostate", salvo possibilit di regolarizzazione o di avvio ad altra destinazione (alimentazione animale, trasformazione industriale, altri usi non alimentari). In base a tale allegato V: Il controllo di conformit eseguito mediante valutazione di campioni prelevati a caso in vari punti della partita da controllare. In linea di massima la qualit del campione si presume rappresentativa della qualit della partita. Il controllo di conformit pu essere effettuato durante le operazioni di imballaggio, al punto di spedizione, durante il trasporto, al punto di ricevimento e a livello della vendita all'ingrosso e al dettaglio. nei casi in cui l'organismo di controllo non effettui il controllo di conformit nei propri locali, il detentore mette a disposizione strutture che consentano la realizzazione di un controllo di (4) Secondo Corte di Giustizia Ue, 4 giugno 2015, n. 195/14, letichettatura, tramite illustrazioni, non deve far credere che un ingrediente sia presente, non bastando ad informare correttamente il consumatore la sua assenza dallelenco degli ingredienti. rASSeGnA AVVoCATUrA deLLo STATo - n. 2/2017 conformit. L'identificazione delle partite si basa sulle marcature o su altri criteri quali le diciture stabilite conformemente alla direttiva 89/396/CEE del Consiglio. Se la spedizione consta di pi partite, l'ispettore ricava un'impressione generale della spedizione dai documenti di accompagnamento o dalle dichiarazioni. In base al controllo stabilisce quindi il grado di conformit delle partite con le indicazioni riportate su tali documenti. Se i prodotti sono stati o devono essere caricati su un mezzo di trasporto, il numero d'immatricolazione di quest'ultimo servir a identificare la spedizione". Pertanto, il controllo documentale si accompagna al controllo fisico e deve essere condotto sui documenti che accompagnano la merce e sulle indicazioni esterne apposte sulla stessa. Se manca o incompleta l'etichettatura o la fattura o il documento di accompagnamento, tale controllo reso inefficace nell'immediato (si ricorda che si tratta di prodotti freschi, rapidamente deperibili) e anche a ritroso, risalendo la catena dei passaggi (potendo essere impossibile riconciliare quella specifica merce con la fattura generale di acquisto, in mancanza o per incompletezza del documento di uscita dalla piattaforma). Limportanza quindi delle indicazioni esterne e dei documenti di accompagnamento evidente ed inesatto sostenere la non necessit di questi ultimi, a seguito della abolizione (nel 1996) della bolla di accompagnamento, sia perch questa stata sostituita dal ddT, documento di trasporto facoltativo, ma necessario ai fini fiscali per potersi avvalere della fatturazione differita (art. 21 dPr n 633/1972) e per superare la presunzione di acquisto o vendita in caso di trasporto in conto terzi (art. 53 dPr cit.), sia perch essa resa necessaria per gli ortofrutticoli freschi dalla succitata regolamentazione comunitaria che la prevede in alternativa alla fattura, e serve anche a stabilire la destinazione dei prodotti a eventuali utilizzazioni diverse (non alimentare, trasformazione industriale ecc.) per le quali vigono apposite deroghe. ne consegue che una volta emesso, il documento accompagnatorio deve contenere oltre alla "descrizione della natura, della qualit e della quantit dei beni" (dPr 14 agosto 1996, n. 472, art. 1, c. 3) anche "il nome ed il paese di origine dei prodotti..., la categoria, la variet o il tipo commerciale" (art. 5 reg. (Ce) n. 543/2011/Ue). e infatti l'allegato I al citato reg. dispone, in via generale, che sia indicata "B. origine nome completo del paese di origine. Per i prodotti originari di uno Stato membro, il nome deve essere indicato nella lingua del paese di origine o in ogni altra lingua comprensibile ai consumatori del paese di destinazione. Per gli altri prodotti, il nome deve essere indicato in una lingua comprensibile ai consumatori del paese di destinazione nonch, per i singoli prodotti, eventualmente anche la zona di produzione, o la denominazione nazionale, regionale o locale (ad es., per mele, agrumi, kiwi, pere ecc.). LeGISLAzIone ed ATTUALIT Ai sensi degli articoli 11 e 13 del citato reg., lo Stato membro chiamato a svolgere obbligatoriamente e sistematicamente i controlli di conformit anche nelle fasi di importazione e di esportazione: infatti i prodotti soggetti a norme di commercializzazione non possono essere esportati verso Paesi terzi senza che per ciascuna partita ne sia stata accertata la conformit, cos come nessun prodotto pu essere immesso nella Ue se non previamente controllato in dogana, mediante rilascio di apposito certificato di conformit da parte dellorganismo incaricato del controllo. In base al d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99 e s.m.i., il coordinamento delle attivit dei controlli di conformit spetta ad AGeA, che anche lautorit di contatto comunitario (art. 18). Lorganismo responsabile dellesecuzione dei controlli obbligatori di conformit alle norme di commercializzazione Agecontrol spa, societ interamente partecipata da Agea e istituita con dl. 27 ottobre 1986, n. 701, conv. in l. 23 dicembre 1986, n. 898, e s.m.i. e che subentrata in tale attivit nel 2005 allICe. Anche le regioni, ai sensi dellart. 4-quater del d. lgs. n. 99/2004 cit. e del- lart. 4 del decreto del ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali n. 5462 del 3 agosto 2011, possono svolgere ulteriori controlli di conformit, avvalendosi della Banca dati nazionale e in adesione al manuale e alle disposizioni attuative emanate da Agea, dandone comunicazione a questa e al ministero (art. 4). Le attivit di controllo si effettuano sulla base di un programma nazionale, per campagna, ripartito per prodotti, messo a punto da un Comitato misto costituito presso Agea (art. 4 d.m. citato). 7. Sanzioni. A presidio del sistema posto un articolato complesso sanzionatorio speciale. Il d.lgs. 10 dicembre 2002, n. 306 prevede infatti tre tipi di violazione che colpiscono: -l'operatore non iscritto alla Banca nazionale dati o che apponga senza essere autorizzato l'etichetta di conformit (art. 2); -l'operatore che impedisce od ostacola le funzioni di controllo od omette di fornire le informazioni richieste o le fornisce in maniera difforme (art. 3); -chiunque viola le norme per gli ortofrutticoli freschi o movimenta prodotti che hanno riportato un attestato di non conformit (art. 4). Si tratta di sanzioni che colpiscono condotte formali diverse (ed eventualmente concorrenti) che prescindono dalla situazione sottostante, nel senso che punita l'azione od omissione in s, stante la finalit delle norme di commercializzazione ed il connesso onere informativo. Sono cio illeciti amministrativi formali a protezione del commercio di detti prodotti e dell'obbligo di corretta informazione che deve accompagnare la commercializzazione degli stessi. rASSeGnA AVVoCATUrA deLLo STATo - n. 2/2017 In base al principio di specialit (art. 9 legge n. 689/1981) tali sanzioni amministrative prevalgono su eventuali disposizioni penali che punissero lo stesso fatto in s. Conseguentemente, il mancato rispetto di alcuni adempimenti doverosi (apposizione dell'etichetta sull'imballaggio, mancanza del cartello, omissione o difformit delle indicazioni previste: categoria, variet, paese di origine, numero iscrizione banca dati) configura l'illecito di violazione delle norme di commercializzazione di cui all'art. 4 del d.lgs. citato, a prescindere dalla sostanziale qualit dei prodotti trasportati o esitati o esposti, che pu eventualmente integrare altre fattispecie di illegalit (di competenza di altre autorit), come tali soggette alle relative sanzioni e salva la possibilit della loro regolarizzazione. Infatti il recente reg. Ue 15 marzo 2017 n. 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo ai controlli ufficiali per garantire lapplicazione della legislazione sugli alimenti, ha espressamente premesso che (22) Per la verifica della conformit alle norme sull'organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli (seminativi, vino, olio d'oliva, ortofrutta, luppolo, latte e prodotti a base di latte, carne di manzo e di vitello, carni ovine e caprine e miele) esiste gi un sistema consolidato e specifico di controlli. Il presente regolamento non dovrebbe quindi applicarsi alla verifica della conformit al regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, che disciplina le organizzazioni comuni dei mercati dei prodotti agricoli, salvo qualora i controlli svolti in relazione alle norme di commercializzazione ai sensi del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio indichino possibili casi di pratiche fraudolente o ingannevoli (22 Considerando). 8. Tutela penale degli alimenti. In effetti, come sopra accennato, le norme di commercializzazione riguardano solo un limitato numero di prodotti alimentari e possono concorrere con altri complessi normativi che pur avendo un distinto oggetto giuridico, indirettamente vengono a tutelare anche la commercializzazione di tali prodotti nel doppio aspetto della qualit e della correttezza dei rapporti (5). A livello comunitario, il fondamentale reg. Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002 n. 178, detta i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce lAutorit europea per la sicurezza alimentare e fissa le procedure nel campo della sicurezza alimentare, tra cui quello della rintracciabilit: (5) PezzULLo m., La contraffazione alimentare. Disciplina, reati e sanzioni amministrative, in Disciplina del commercio e dei servizi, maggioli 2013, n. 2; mASInI S., Tutela del consumatore e profili penali della disciplina delle frodi alimentari, in agriregionieuropa, dicembre 2014, n. 39. LeGISLAzIone ed ATTUALIT 1. disposta in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione la rintracciabilit degli alimenti, dei mangimi, degli animali destinati alla produzione alimentare e di qualsiasi altra sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime. 2. Gli operatori del settore alimentare e dei mangimi devono essere in grado di individuare chi abbia fornito loro un alimento, un mangime, un animale destinato alla produzione alimentare o qualsiasi sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime. A tal fine detti operatori devono disporre di sistemi e di procedure che consentano di mettere a disposizione delle autorit competenti, che le richiedano, le informazioni al riguardo. 3. Gli operatori del settore alimentare e dei mangimi devono disporre di sistemi e procedure per individuare le imprese alle quali hanno fornito i propri prodotti. Le informazioni al riguardo sono messe a disposizione delle autorit competenti che le richiedano. 4. Gli alimenti o i mangimi che sono immessi sul mercato della Comunit o che probabilmente lo saranno devono essere adeguatamente etichettati o identificati per agevolarne la rintracciabilit, mediante documentazione o informazioni pertinenti secondo i requisiti previsti in materia da disposizioni pi specifiche. 5. Le disposizioni per l'applicazione in settori specifici del presente articolo possono essere adottate secondo la procedura di cui all'articolo 58, paragrafo 2 (art. 18). nel diritto interno, la legge 30 aprile 1962 n. 283 (in parte depenalizzata dal d. lgs. n. 507/1999, ad esclusione degli artt. 5, 6, 9, 13) provvede alla tutela delligiene e della salute pubblica nella produzione e nel commercio degli alimenti. In particolare rilevano le disposizioni dellart. 5 secondo cui vietato impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo sostanze alimentari: a) private anche in parte dei propri elementi nutritivi o mescolate a sostanze di qualit inferiore o comunque trattate in modo da variarne la composizione naturale, salvo quanto disposto da leggi e regolamenti speciali; b) in cattivo stato di conservazione; c) con cariche microbiche superiori ai limiti che saranno stabiliti dal regolamento di esecuzione o da ordinanze ministeriali; d) insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive, ovvero sottoposte a lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione; e) (abrogato); f) (abrogato); g) con aggiunta di additivi chimici di qualsiasi natura non autorizzati con decreto del ministro per la sanit o, nel caso che siano stati autorizzati, senza l'osservanza delle norme prescritte per il loro impiego. I decreti di autorizzazione sono soggetti a revisioni annuali; h) che contengano residui di prodotti, usati in agricoltura per la protezione delle piante e a difesa delle sostanze alimentari immagazzinate, tossici per l'uomo. Il ministro per la sanit, con propria ordinanza, stabilisce per ciascun prodotto, autorizzato all'impiego per tali scopi, i limiti di tolleranza e l'intervallo per tali scopi, i limiti di tolleranza e l'intervallo minimo che deve intercorrere tra l'ultimo trattamento e la raccolta e, per le sostanze alimentari immagazzinate tra l'ultimo trattamento e l'immissione al consumo. Le disposizioni penali di questa legge prevalgono anche sulle sanzioni rASSeGnA AVVoCATUrA deLLo STATo - n. 2/2017 amministrative speciali in materia di produzione, commercio e igiene degli alimenti e delle bevande (art. 9, terzo comma, l. n. 689/1981). diverse pronunce della Cassazione si sono occupate del cattivo stato di conservazione dei prodotti in vendita o della loro esposizione ad agenti atmosferici inquinanti o della qualificazione di tali illeciti come reati di pericolo presunto (6). Altre leggi speciali prescrivono requisiti e adempimenti necessari per la produzione e la vendita di queste sostanze alimentari, ispirate a finalit diverse ma sempre rilevanti nel commercio, e ne sanzionano le violazioni. Si tratta fra le altre di: -quella sulle denominazioni di origine protetta (d. lgs. 8 aprile 2010 n. 61, d. lgs. 6 febbraio 2005 n. 30), sanzionata dallart. 517 quater c.p.; -quella sul made in Italy (d. lgs. n. 135/2009, art. 16), sanzionata dallart. 517 c.p.; - quella sui prodotti oGm (d. lgs. n. 224/2003, art. 54); - quella sui marchi (l. n. 350/2003, art. 4 bis, c. 49 bis, ter, quater); -quella sulletichettatura e lindicazione della scadenza (d. lgs. n. 109/1992, come modif. dal d. lgs. n. 281/2003). Completano tale apparato normativo le disposizioni del codice penale che puniscono come delitti la adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari (art. 440), il commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate (art. 442), o nocive (art. 444), la frode in commercio (art. 515), la vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine (art. 516), la vendita di prodotti industriali con segni mendaci (art. 517), la fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di propriet industriale (art. 517 ter), la contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari (517 quater). A tutti questi illeciti in materia alimentare si applicano le disposizioni di legge (d. lgs. n. 231/2001) che ne estendono la responsabilit penale alle societ e agli enti collettivi (7). 9. Coordinamento dei controlli. La convergenza di tutte queste norme sui prodotti alimentari comporta la possibile concorrenza e interferenza di molteplici attivit di controllo deputate ad una serie di differenti organi, ciascuno per la parte di sua spettanza (nAS, (6) Sul divieto di vendita di prodotti alimentari in cattivo stato di conservazione v. Trib. Campobasso, 29 marzo 2017; Cass. 5 maggio 2015 n. 40772; sui limiti della responsabilit del direttore del supermercato v. Cass. 10 settembre 2015 n. 44335, Cass. 9 giugno 2016 n. 31035. PISAneLLo d., alimenti insudiciati e alimenti in cattivo stato di conservazione: la Cassazione fa ordine, in Lex alimentaria, novembre 2014. (7) SAnTorIeLLo C., reati alimentari e responsabilit della persona giuridica, in www.giurisprudenza.unipg.it/files/generale/imPorT/.../01_reati-alimentari.pdf. LeGISLAzIone ed ATTUALIT noe, Camere di commercio, Polizie municipali, regioni, Agecontrol ecc.), che pu gravemente intralciare la normale attivit delle imprese. nel dichiarato intento di ridurre tale possibile inconveniente, intervenuto il Legislatore prima con il d.l. n. 5/2012, conv. in l. n. 35/2012, e poi con il d.l. 24 giugno 2014 n. 91, conv. in l. n. 116/2014, disponendo che al fine di assicurare l'esercizio unitario dell'attivit ispettiva nei confronti delle imprese agricole e l'uniformit di comportamento degli organi di vigilanza, nonch di garantire il regolare esercizio dell'attivit imprenditoriale, i controlli ispettivi nei confronti delle imprese agricole sono effettuati dagli organi di vigilanza in modo coordinato, tenuto conto del piano nazionale integrato di cui all'articolo 41 del regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, e delle Linee guida adottate ai sensi dell'articolo 14, comma 5, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, evitando sovrapposizioni e duplicazioni, garantendo l'accesso all'informazione sui controlli. i controlli sono predisposti anche utilizzando i dati contenuti nel registro di cui al comma 2. i controlli ispettivi esperiti nei confronti delle imprese agricole sono riportati in appositi verbali, da notificare anche nei casi di constatata regolarit. Nei casi di attestata regolarit, ovvero di regolarizzazione conseguente al controllo ispettivo eseguito, gli adempimenti relativi alle annualit sulle quali sono stati effettuati i controlli non possono essere oggetto di contestazioni in successive ispezioni relative alle stesse annualit e tipologie di controllo, salvo quelle determinate da comportamenti omissivi o irregolari dell'imprenditore, ovvero nel caso emergano atti, fatti o elementi non conosciuti al momento dell'ispezione. La presente disposizione si applica agli atti e documenti esaminati dagli ispettori ed indicati nel verbale del controllo ispettivo. Conseguentemente stato istituito il registro unico dei controlli per coordinare lattivit dei vari organi incaricati, stabilendo che i dati concernenti i controlli effettuati da parte di organi di polizia e dai competenti organi di vigilanza e di controllo, nonch da organismi privati autorizzati allo svolgimento di compiti di controllo dalle vigenti disposizioni a carico delle imprese agricole, siano resi disponibili tempestivamente in via telematica e rendicontati annualmente, anche ai fini della successiva riprogrammazione ai sensi dell'articolo 42 del regolamento (Ce) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, alle altre pubbliche amministrazioni secondo le modalit definite con Linee Guida tra le amministrazioni interessate sancite in sede di Conferenza Unificata il 24 gennaio 2013 (in G.U. n. 42 del 19 febbraio 2013), di applicazione generale, e quindi applicabili anche ai controlli di conformit alle norme di commercializzazione, nei limiti della loro compatibilit con le specificit (di luogo e di tempi) di tale attivit. nel contempo, per le violazioni delle norme in materia agroalimentare rASSeGnA AVVoCATUrA deLLo STATo - n. 2/2017 sanzionate con la sola sanzione pecuniaria, commesse per la prima volta, stata introdotta la diffida ad adempiere entro 20 giorni. 10. Sintesi conclusiva. Le sentenze sopracitate della Corte di Giustizia Ue vanno indubbiamente nella direzione di un rafforzamento del sistema delle norme di commercializzazione e della tutela del consumatore, sia per quanto riguarda linteresse di questo a non essere fuorviato nelle proprie scelte da denominazioni generiche di prodotti non corrispondenti a quelle correnti accolte nei regolamenti comunitari (sent. C-422/16 sul latte e i prodotti caseari), sia nel senso di riconoscere allUnione una propria autonomia nelladottare norme di commercializzazione anche pi rigorose di quelle Unece, nel rispetto dei principi di proporzionalit e di non discriminazione (sent. C-26/15 P). non altrettanto pu dirsi dellorientamento assunto dalla Suprema Corte sopra ricordato, che focalizzandosi su una presunta finalit di tracciabilit, che appare estranea allo scopo delle norme di commercializzazione (che come sopra dimostrato consiste nel garantire, nella fase del commercio, la qualit dei prodotti alimentari e linformazione del consumatore), rischia di depotenziare i controlli di conformit dei prodotti commercializzati ai requisiti indicati nelle relative norme, generali e specifiche e non trova riscontro in alcuna deroga prevista nei regolamenti comunitari (8). (8) In tal senso, v. nota ddG3/g2/ddF/pmc(2017)216091p della Commissione Ue. LeGISLAzIone ed ATTUALIT Illegittimit della delibera consiliare con la quale vengono approvate le aliquote e le tariffe dei tributi comunali oltre il termine stabilito per lapprovazione del bilancio di previsione Daniele Sisca* Sommario: 1. i ricorsi proposti dal ministero dellEconomia e delle Finanze: analisi della normativa di riferimento -2. Sulla legittimazione ad agire del ministero -3. La posizione dei Tribunali amministrativi regionali e del Consiglio di Stato -4. Considerazioni conclusive. 1. i ricorsi proposti dal ministero dellEconomia e delle Finanze: analisi della normativa di riferimento. Tra gli adempimenti pi importanti degli enti Locali in materia fiscale vi lapprovazione - di anno in anno - delle aliquote e delle tariffe dei tributi di loro competenza. La disciplina - contenuta, principalmente, nellart. 52, d.lgs. n. 446/1997 (1) e nelle altre disposizioni che di seguito esamineremo -prevede un iter dettagliato e puntuale, caratterizzato da una rigida sequenza di termini di natura quasi esclusivamente perentoria. La disposizione di maggior rilievo lart. 1, comma 169, l. n. 296/2006, la quale stabilisce che gli enti locali deliberano le tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione (2). Unaltra disposizione di analogo contenuto era gi rinvenibile nella citata l. n. 446/1997, che, allart. 54, prevede che Le provincie e i comuni approvano le tariffe e i prezzi pubblici contestualmente allapprovazione del bilancio di previsione. da ultimo, la l. n. 147/2013 (c.d. legge di stabilit 2014) ha ulteriormente ribadito detto termine (anche se in riferimento alle sole tariffe TArI e TASI), stabilendo - allart. 1, comma 683 - che il consiglio comunale deve appro (*) dottore in Giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato di Catanzaro. (1) Ai sensi del quale Le province ed i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti. Per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni di legge vigenti. i regolamenti sono approvati con deliberazione del comune e della provincia non oltre il termine di approvazione del bilancio di previsione e non hanno effetto prima dell1 gennaio dellanno successivo. i regolamenti sulle entrate tributarie sono comunicati, unitamente alla relativa delibera comunale o provinciale al ministero delle finanze, entro trenta giorni dalla data in cui sono divenuti esecutivi e sono resi pubblici mediante avviso nella Gazzetta Ufficiale. (2) La disposizione prosegue, stabilendo che Dette deliberazioni, anche se approvate successivamente allinizio dellesercizio purch entro il termine innanzi indicato, hanno effetto dal 1 gennaio dellanno di riferimento. rASSeGnA AVVoCATUrA deLLo STATo - n. 2/2017 vare, entro il termine fissato da norme statali per lapprovazione del bilancio di previsione, le tariffe della Tari in conformit al piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani e le aliquote della TaSi . Tali disposizioni, dal tono letterale abbastanza chiaro, devono esser lette, ovviamente, in combinato disposto con lart. 151, d.lgs. n. 267/2000, il quale prevede che gli enti Locali deliberano il bilancio di previsione finanziario entro il 31 dicembre, aggiungendo, si badi bene, che i termini possono essere differiti con decreto del ministro dellinterno, dintesa con il ministro dellEconomia e delle Finanze, sentita la Conferenza Stato-citt ed autonomie locali, in presenza di motivate esigenze. Questultima ipotesi, invero, di frequente ricorrenza; in particolare, riguardo allanno cui fanno riferimento le sentenze in questa sede esaminate (2015), devono aggiungersi alla disamina delle disposizioni sopra richiamate ben tre decreti del ministero dellInterno attraverso i quali il termine ordinario stato differito dal 31 dicembre al 30 luglio 2015. nello specifico, il primo d.m. stato emanato il 24 dicembre 2014 (pubblicato in Gazz. Uff., n. 301 del 30 dicembre 2014) e disponeva il differimento del termine al 31 marzo 2015; il secondo d.m., emanato il 16 marzo 2015 (pubblicato in Gazz. Uff., n. 67 del 21 marzo 2015) differiva ulteriormente il termine al 31 maggio 2015; infine, il terzo d.m., emanato in data 13 maggio 2015 (pubblicato in Gazz. Uff., n. 115 del 20 maggio 2015) stabiliva il termine definitivo di approvazione al 30 luglio 2015 (3). Leventuale approvazione del bilancio di previsione oltre il termine stabilito non comporta uno slittamento del termine di approvazione delle aliquote tributarie, ci anche nei casi in cui il Prefetto conceda un termine ai Comuni per lapprovazione del bilancio di previsione oltre il suddetto termine ordinario (4). risulta, quindi, chiaro che il termine di approvazione del bilancio di previsione stato fissato per il 2015 al 30 luglio, con la conseguenza che, entro e non oltre tale termine, dovevano necessariamente essere approvate le aliquote e le tariffe inerenti i tributi comunali. (3) In questo caso il differimento veniva richiesto dallUnione nazionale Comuni Italiani (A.n.C.I.) e dallUnione delle Province d'Italia (U.P.I.) e motivato (nel terzo d.m.) nel senso che segue: Considerato che gli enti locali in sede di predisposizione dei bilanci di previsione per lanno 2015 non dispongono ancora in maniera completa di dati certi, sia in ordine alle risorse finanziarie disponibili a valere sul fondo di solidariet comunale 2015, sia per la ridefinizione degli obiettivi del patto di stabilit interno 2015, che relativamente alle esigenze di rinegoziazione con la Cassa Depositi e Prestiti dei mutui gi concessi, a seguito dellemanazione delle circolari n. 1282 e n. 1283 della predetta Cassa, del 15 e 28 aprile 2015; Considerato inoltre che numerosi comuni sono contestualmente impegnati nel- lormai avviato procedimento elettorale per le elezioni regionali ed il rinnovo delle amministrazioni locali, operazioni che si potranno concludere il prossimo 31 maggio 2015, electionday, ovvero in coincidenza con il termine da prorogare; ritenuto pertanto necessario e urgente differire ulteriormente, per i suddetti motivi, il termine della deliberazione del bilancio di previsione degli enti locali per lanno 2015. (4) Sul punto si ritorner al par. 3. LeGISLAzIone ed ATTUALIT Invero, dalla casistica giurisprudenziale esaminata emerso che quasi tutti i Comuni hanno deliberato lapprovazione tardiva delle aliquote, in quanto hanno deliberato tardivamente anche lapprovazione del bilancio di previsione; attesa la connessione tra i due adempimenti, i Comuni hanno tentato di giustificare la tardivit, evidenziando la circostanza secondo cui -non avendo provveduto ad approvare, entro il termine stabilito, il bilancio di previsione -gli stessi sarebbero stati, a loro dire, esonerati dallapprovazione delle aliquote tributarie prima dellapprovazione del medesimo bilancio. Tali argomentazioni non possono essere condivise. da un lato, difatti, la norma che stabilisce il termine ultimo di approvazione delle aliquote appare, senza dubbio, chiara e non rispondente ad una interpretazione estensiva in tal senso. In secondo luogo, anche la giurisprudenza in diverse pronunce ha avuto modo di confermare il dato letterale della norma, affermando limpossibilit di differire ulteriormente il termine di approvazione delle aliquote nei casi in cui i Comuni procedano ad approvazione tardiva del bilancio di previsione (5). orbene, analizzando la situazione nellanno 2015, vՏ da rilevare che ben 373 comuni Italiani (6) hanno deliberato -almeno in riferimento ad un tributo comunale -lapprovazione delle aliquote e tariffe tributarie oltre la data di scadenza. Soltanto in Valle dAosta e in Trentino Alto Adige non vi sono comuni che non abbiano rispettato il termine imposto, mentre le prime in classifica risultano la Basilicata (17 Comuni ritardatari su 73 totali), seguita dalla Calabria (37 Comuni su 230), Campania (39 Comuni su 290) e il Lazio (32 Comuni su 238). Avverso gli atti deliberativi tardivi di tali Comuni, il ministero del- leconomia e delle Finanze ha proposto una serie di ricorsi finalizzati a chiedere al Tribunale Amministrativo regionale competente la sospensione e lannullamento dei medesimi. (5) Cfr. T.a.r. Calabria, Catanzaro, sez. II, 6 marzo 2014, n. 366, in www.giustizia-amministrativa.it, la quale, richiamando Corte dei Conti, sez. reg. di controllo per la Calabria, 14 gennaio 2014, n. 4, inedita, afferma che N pu condurre a differenti conclusioni il rilievo secondo cui, nella specie, lapprovazione del bilancio sia stata assunta a seguito di intimazione/diffida del Prefetto di Catanzaro, poich lulteriore periodo di venti giorni, assegnato dal Prefetto, riguarda soltanto lapprovazione del bilancio preventivo, quale provvedimento funzionale, in caso di persistenza nellinadempimento da parte del Comune di Lamezia Terme, allo scioglimento dimperio (e quantaltro) del Consiglio Comunale dellente locale medesimo e non incide sul termine finale del 30.11.2013, per lapprovazione da parte degli Enti locali delle aliquote (e quantaltro) concernenti limposta municipale propria (imU) per il 2013, trattandosi di termine prestabilito dal legislatore a pena di decadenza, accompagnato da specifiche prescrizioni sanzionatorie, testualmente comminate per lipotesi di inosservanza. Nella medesima ottica, la delibera della Corte dei Conti nr. 263/2007, in relazione ad analoga fattispecie, ha espressamente stabilito che laumento delle tariffe e delle aliquote decise oltre il termine indicato dalle leggi Statali, anche se prorogato a seguito dei termini ulteriori concessi dal Prefetto per la sola approvazione del Bilancio di previsione, non hanno valore e, quindi, non possono essere applicate, producendo effetto solo le tariffe dellanno precedente. (6) dati estratti da www.finanzalocale.interno.it. rASSeGnA AVVoCATUrA deLLo STATo - n. 2/2017 I vizi denunciati con detti ricorsi sono, primo fra tutti, la violazione del combinato disposto dellart. 1, comma 169, l. n. 296/2006 e dellart. 151, comma 1, d.lgs. n. 267/2000, oltrech incompetenza, carenza di potere, violazione dellart. 23 Cost., violazione dellart. 53, comma 16, l. 23 dicembre 2000, n. 388, come sostituito dallart. 27, comma 8, l. 28 dicembre 2001, n. 448. 2. Sulla legittimazione ad agire del ministero dellEconomia e Finanze. Secondo i principi generali, la legittimazione ad agire avverso gli atti deliberativi concernenti la determinazione delle aliquote tributarie spetterebbe, sicuramente, ad ogni singolo cittadino, in quanto destinatario di tali provvedimenti e in capo al quale si configura la lesione di una situazione giuridica tutelabile dalla quale sorge un interesse personale, concreto e attuale allimpugnazione. solo il cittadino, infatti, che per via di tali provvedimenti sarebbe chiamato a versare in favore delle casse comunali una somma di denaro determinata in maniera illegittima; solo in capo allo stesso, dunque, che si configurerebbe linteresse allannullamento di tali provvedimenti. , tuttavia, configurabile unipotesi di legittimazione ad agire straordinaria prevista dal citato art. 52, d.lgs. n. 446/1997, il quale, al comma 4, attribuisce al ministero delleconomia e delle Finanze la facolt di impugnare i regolamenti sulle entrate tributarie per vizi di legittimit avanti agli organi di giustizia amministrativa. ovviamente tale legittimazione stata prevista dal legislatore in funzione e a tutela degli interessi pubblici la cui cura affidata al ministero stesso. Sarebbe implausibile, infatti, che i singoli cittadini dovessero ricorrere autonomamente per lannullamento di tali provvedimenti (anche se non sono mancate tali circostanze (7)). Per quanto concerne le aliquote tributarie in riferimento allanno 2015, i ricorsi sono statti proposti tutti dal m.e.F., la cui legittimazione stata riconosciuta -con una sola eccezione -da tutti i Tribunali amministrativi regionali. Solo il T.a.r. Friuli Venezia Giulia, con la sentenza n. 148/2016 (8) (lunica pronuncia controcorrente rinvenibile), ha dichiarato il difetto di legittimazione ad agire in capo al ministero ricorrente, con conseguente inammissibilit del ricorso. Secondo il citato T.a.r., pur sussistendo unesplicita disposizione che attribuisce la legittimazione ad agire in capo al ministero avverso i provvedimenti di determinazione delle aliquote tributarie comunali, lo stesso non avrebbe provato lutilit che avrebbe ottenuto in caso di annullamento delle delibere impugnate (9). (7) Cfr. T.a.r. Calabria, Catanzaro, n. 366/2014 cit., con cui stato accolto il ricorso proposto da un gruppo di cittadini di Lamezia Terme avverso la delibera di consiglio comunale con la quale venivano rideterminate le aliquote ImU per lanno 2013 in quanto adottata oltre il termine di approvazione del bilancio di previsione. (8) In www.giustizia-amministrativa.it. LeGISLAzIone ed ATTUALIT Tale interpretazione non rispecchia la ratio della norma attributiva della legittimazione in capo al ministero; infatti, tale legittimazione riconosciuta in funzione e a tutela degli interessi pubblici e, pertanto, lutilit che il ministero otterrebbe dallannullamento degli atti proprio la salvaguardia degli interessi dei cittadini, i quali, altrimenti, sarebbero costretti a pagare un tributo determinato illegittimamente (10). daltronde, la lesione configurabile in capo al ministero in altro non consiste se non quella ipotizzabile in capo ai singoli cittadini, che, di riflesso, si ripercuote sul ministero quale rappresentante e curatore degli interessi di questi ultimi. Laffermazione contenuta nella sopra richiamata sentenza del T.a.r. Friuli Venezia Giulia, secondo cui sarebbe del tutto inutile eliminare un provvedimento o modificarlo nel senso richiesto dal ricorrente se questi non possa trarne alcun beneficio concreto in relazione alla sua posizione legittimante, non appare rilevante nella fattispecie in esame, in quanto, pur se trattasi di principio valido ed indiscusso, il beneficio che il ministero trarrebbe dallannullamento dei provvedimenti senza dubbio il soddisfacimento e la cura degli interesse dei cittadini. Tutte le altre pronunce hanno riconosciuto tale legittimazione senza fare riferimento ad alcuna lesione rinvenibile (neppure di riflesso) in capo al ministero. (9) Si legge nella sentenza, infatti, che non risulta sufficiente lastratta possibilit di impugnare una delibera per sostanziare in concreto linteresse del ministero ricorrente, che deve risultare portatore nello specifico di unutilit ricavabile dallannullamento degli atti impugnati. infatti, in mancanza di ogni indicazione in ordine alla legittimazione e all'interesse ad agire, la domanda giudiziaria proposta innanzi al giudice amministrativo si traduce in una mera e inammissibile richiesta di ripristino della legalit violata (T.a.r. Napoli, sez. V, 06/07/2011, n. 3563). in particolare, il ministero non spiega i motivi per i quali le delibere gravate si presenterebbero lesive della sua sfera giuridica ovvero degli interessi pubblici di cui portatore, omettendo di illustrare i meccanismi in forza dei quali, operando una rigorosa applicazione del rapporto causa-effetti, dall'annullamento di dette delibere potrebbero derivare effetti favorevoli per la propria sfera giuridica, limitandosi genericamente a denunciare una presunta loro difformit dalla legge, per quanto concerne la tempistica della loro approvazione. invero, secondo una nota e costante giurisprudenza: Perch l'azione giurisdizionale possa dirsi ammissibile, l'interesse processuale deve presupporre, nella prospettazione della parte istante, una lesione concreta ed attuale dell'interesse sostanziale dedotto in giudizio, nonch l'idoneit del provvedimento richiesto al giudice a tutelare e soddisfare il medesimo interesse sostanziale, tale che in mancanza dell'uno o dell'altro requisito l'azione inammissibile. Nell'ambito del processo amministrativo l'interesse a ricorrere deve, pertanto, intendersi caratterizzato dalla presenza dei medesimi requisiti sostanziali che qualificano l'interesse ad agire di cui all'art. 100 c.p.c. ovvero dalla prospettazione di una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica del ricorrente e dall'effettiva utilit che potrebbe derivare a quest'ultimo dall'eventuale annullamento dell'atto impugnato. in tal senso, invero, sarebbe del tutto inutile eliminare un provvedimento o modificarlo nel senso richiesto dal ricorrente, se questi non possa trarne alcun beneficio concreto in relazione alla sua posizione legittimante (Consiglio di Stato, Sez. Vi, 3.9.2009, n. 5191). in altri termini, non si vede quale utilit potrebbe ottenere il ministero ricorrente dallannullamento delle citate delibere, se non un mero ripristino della legalit, questione questa che non pu di per s fondare linteresse al ricorso amministrativo sulla base dei principi del codice. (10) La sentenza in discorso risulta in ogni caso appellata da parte del ministero e attualmente al vaglio del Consiglio di Stato, la cui prossima udienza per la discussione del merito fissata per il prossimo 27 luglio 2017. rASSeGnA AVVoCATUrA deLLo STATo - n. 2/2017 stato conformemente sostenuto, infatti, che tale legittimazione prescinde necessariamente dallesistenza di una lesione di una situazione giuridica tutelabile in capo ad esso, che determini linsorgere di un interesse personale, concreto e attuale allimpugnazione, giacch lattribuzione della legittimazione straordinaria prevista dal legislatore esclusivamente in funzione e a tutela degli interessi pubblici la cui cura affidata al ministero stesso (11). 3. La posizione dei Tribunali amministratvi regionali e del Consiglio di Stato. Pu passarsi ora allesame della posizione assunta dai Tribunali amministrativi regionali e dal Consiglio di Stato sui ricorsi proposti dal m.e.F. VՏ da dire, innanzitutto, che tutte le sentenze emesse in argomento non si diffondono eccessivamente (12), considerata la chiarezza delle norme che non richiede altro sforzo se non quello adoperato per confermare la sua portata letterale. Prima di esaminare le pronunce avverso i ricorsi proposti nel 2015, occorre evidenziare che, in precedenza, la medesima questione era gi stata sottoposta allattenzione del Giudice Amministrativo. Il Consiglio di Stato, infatti, chiamato a pronunciarsi su diversi appelli proposti da tre Comuni calabresi - tra cui il Comune di Lamezia Terme (13) ( i quali si erano visti annullare le delibere di approvazione delle aliquote dal T.a.r. Calabria (14)) -aveva gi affermato la natura perentoria del termine previsto dal citato art. 1, comma 169, della legge n. 296 del 2006. In particolare, i Giudici di Palazzo Spada affermavano che La perentoriet del termine previsto dallart. 1, comma 169, della legge n. 296 del 2006 desumibile dal dato testuale della disposizione [] il termine cui fa riferimento la citata disposizione quello di approvazione della deliberazione del bilancio annuale di previsione degli enti locali, che per lanno finanziario 2013 stato fissato al 30 novembre 2013 dallart. 8 del d.l. 31 agosto 2013, n. 102, convertito con modificazioni in l. 28 ottobre 2013, n. 124. Poich la delibera di aumento delle aliquote stata approvata successivamente al 30 novembre 2013, le nuove aliquote non sono applicabili allanno 2013 (15). Su questa scia si collocano le ulteriori sentenze del Consiglio di Stato sempre in riferimento allanno 2013 (16). Su tale questione si espressa, altres, la Corte dei Conti, sez. reg. con (11) Cfr., ex pluribus, T.a.r. Calabria, Catanzaro, sez. I, 29 settembre 2016, n. 1890, in www.giustizia-amministrativa.it. (12) numerose sono state infatti le sentenze emesse in forma semplificata ai sensi dellart. 60 c.p.a. (13) Vedi sub nota 6. (14) Cfr. T.a.r. Calabria, Catanzaro, 21 marzo 2014, n. 473, in www.giustizia-amministrativa.it; id. n. 472, ivi; id. n. 366/2014 cit. (15) Cos in Cons. St., sez. V, 17 luglio 2014, n. 3808, in www.giustizia-amministrativa.it. (16) Cfr. Cons. St., sez. V, 17 luglio 2014, n. 3817, in www.giustizia-amministrativa.it; id., 28 agosto 2014, n. 4409, ivi; id., 19 marzo 2015, n. 1495, ivi. LeGISLAzIone ed ATTUALIT trollo per la Calabria, la quale, con la delibera n. 4 del 14 gennaio 2014, ha evidenziato che la circostanza secondo cui il termine per lapprovazione delle aliquote e delle tariffe relative ai tributi locali - di cui al pi volte citato art. 1, comma 169, l. n. 296/2006 - apposto a pena di decadenza e risulta espressamente dalle specifiche prescrizioni sanzionatorie testualmente previste dal legislatore in caso di inosservanza, le quali, consistono nellapplicazione delle aliquote o delle tariffe stabilite per lanno precedente. Le numerose sentenze emesse a definizione dei giudizi aventi ad oggetto le delibere di approvazione per lanno 2015 (17) si mostrano ancora pi stringenti e succinte, la cui parte motiva caratterizzata quasi in toto dal mero accertamento delleffettivo ritardo dellapprovazione, limitandosi, per il resto, a richiamare i principi gi enucleati dal Consiglio di Stato con le precedenti pronunce. In altre parole, lattivit del g.a. si limitata allaccertamento del ritardo della delibera e al semplice richiamo alla normativa di riferimento oltre che ai principi gi espressi. Tali pronunce si soffermano, inoltre, sulla gi accennata approvazione delle aliquote in sede di approvazione del bilancio di previsione oltre il termine stabilito dalla legge. Al riguardo stato evidenziato che tale circostanza -non comportando (stante lassetto delineato dalle norme del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267) limmediata sanzione dello scioglimento del Consiglio Comunale - non inficia in nessun modo il principio della perentoriet del termine per la determinazione delle aliquote e delle tariffe. ben vero, infatti, che lorgano consiliare pu procedere ad approvare il bilancio dopo la scadenza del termine, ed eventualmente anche successivamente allavvio della procedura di diffida prefettizia di cui al combinato disposto dellart. 141, comma 2, d.lgs. n. 267/2000 e del- lart. 1, comma 2, d.l. 22 febbraio 2002, n. 13, convertito dalla l. 24 aprile 2002, n. 75, ma ci non implica che oltre tale termine il Consiglio possa modificare le aliquote e le tariffe relative ai tributi di propria competenza. In tal senso, il Consiglio di Stato ha affermato che le disposizioni concernenti lapprovazione del bilancio di previsione oltre il termine hanno natura eccezionale e sono finalizzate ad evitare le gravi conseguenze che conseguono alla mancata approvazione del bilancio da parte dellente locale. Pertanto, in assenza di una specifica ulteriore disposizione di legge, (17) T.a.r. Abruzzo, LAquila, 26 febbraio 2016, n. 59, in www.giustizia-amministrativa.it; id. 13 aprile 2016, n. 133, ivi; T.a.r. Calabria, Catanzaro, sez. I, 4 febbraio 2016, nn. 132 e 133, ivi; id. 17 febbraio, nn. 192 e 103, ivi; id., 8 aprile 2016, n. 392; id. 17 giugno, n. 1285, ivi; id. 20 giugno 2016, nn. 1293 e 1304, ivi; id., 29 giugno 1339 e 1340, ivi; T.a.r. Puglia, Bari, 3 dicembre 2015, n. 1575, ivi; id. 15 gennaio 2016, n. 49, ivi; id., 11 febbraio 2016, n. 69, ivi; id. 15 giugno 2016, n. 955, ivi; T.a.r. Campania, napoli, sez. VIII, 25 gennaio 2016, nn. 239 e 246, ivi; id. 11 febbraio 2016, n. 349, ivi; id., 23 febbraio 2016, n. 437, ivi; id., 5 maggio 2016, n. 1101, ivi; T.a.r. Basilicata, 12 agosto 2016, nn. 812, 813, 814, 816 e 817, ivi. rASSeGnA AVVoCATUrA deLLo STATo - n. 2/2017 lautorizzazione del Prefetto ad approvare il bilancio oltre il termine previsto dalla norma non comprende il termine per lapprovazione delle aliquote e delle tariffe, che trovano compiuta ed autonoma disciplina nel citato art. 1, comma 169, l. n. 296 del 2006 in materia di aliquote e tariffe, che contiene, peraltro, previsioni sanzionatorie, quale linapplicabilit delle nuove tariffe e aliquote, ove approvate dopo il termine del 30 novembre (18). Alle medesime conclusioni giunta, del resto, anche la Corte dei Conti, Sezione nella menzionata delibera n. 4/2014, chiarendo che latto prefettizio non modifica il termine ultimativo prestabilito dal legislatore statale per lapprovazione da parte degli Enti locali delle aliquote concernenti limposta municipale propria (imU) per il 2013. diversamente opinando, e quindi consentendo allente locale di procedere alla modifica delle aliquote e delle tariffe dei tributi anche dopo la scadenza del termine fissato per lapprovazione del bilancio - alla sola condizione che ci avvenga contestualmente alleffettiva adozione dello stesso - si verificherebbe, daltra parte, unevidente violazione dei principi generali sanciti dalla l. 27 luglio 2000, n. 212, recante Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente, in quanto verrebbe a mancare qualsiasi riferimento temporale certo per lindividuazione delle aliquote e delle tariffe applicabili per ciascun anno di imposta. 4. Considerazioni conclusive. La principale conseguenza derivante dallannullamento delle delibere di approvazione delle aliquote tributarie racchiusa nello stesso art. 1, comma 169, l. n. 296/2006, il quale, oltre a prevedere il termine di approvazione, nel secondo periodo, afferma che in caso di mancata approvazione entro il suddetto termine, le tariffe e le aliquote si intendono prorogate di anno in anno. Tale disposizione, quindi, stabilisce che nel caso di approvazione tardiva lapplicazione delle aliquote tributarie non potr applicarsi allanno fiscale oggetto di delibera ma avr effetto a decorrere dallanno dimposta successivo. dal che si desume che i Comuni avverso i quali stata pronunciata sentenza di annullamento dei provvedimenti in discorso si sono trovati costretti ad adottare le aliquote e le tariffe stabilite per lanno precedente con un inevitabile squilibrio tra quanto previsto nel bilancio previsionale e quanto poi realmente riscosso. ne consegue da ci che linteresse del ministero delleconomia e delle Finanza (oltre che di ogni singolo cittadino) ad impugnare detti provvedimenti, si configura solo nel momento in cui le aliquote approvate illegittimamente siano superiori rispetto a quelle dellanno precedente. difatti, non avrebbe senso (ma sarebbe anche inammissibile per carenza (18) Cfr. Cons. St., 3808/2014 e 3817/2014 cit. LeGISLAzIone ed ATTUALIT di interesse) la proposizione di unimpugnativa di un provvedimento dal cui accoglimento deriverebbe lo stesso effetto contenuto nel provvedimento medesimo. Invero, il ministero delleconomia e delle Finanze, nella sfilza di ricorsi presentati nellanno 2015, ha aggredito in sede giurisdizionale esclusivamente le delibere di approvazione dalle quali scaturiva un aumento di spesa per il cittadino, lasciando inoppugnati tutti quelli -seppur tardivi -che si limitavano a confermare le aliquote e le tariffe previste per lanno precedente. Infine, allontanandoci dal piano prettamente giuridico-amministrativo, vi da prendere atto dei non pochi problemi che tale situazione ha prodotto sulla finanza locale; si pensi innanzitutto alla spesa sostenuta per la proposizione dei numerosi ricorsi (come detto supra, ben 373), alla spesa sostenuta dai Comuni per la resistenza in giudizio e per gli appelli proposti avverso le sentenze sfavorevoli, oltre che la spesa derivante dalle numerose condanne al pagamento delle spese di lite a carico degli stessi Comuni. Inoltre, non pu non farsi cenno alle conseguenze riversatesi sul regolare funzionamento degli uffici comunali, in particolar modo degli uffici finanziari e tributari, i quali avevano gi calcolato le aliquote e le tariffe tributarie seguendo i criteri di determinazione adottati con le delibere successivamente annullate. Tale situazione, pertanto, con tutte le conseguenze che vi si riconnettono (dalla spesa sostenuta in giudizio allingorgo causato presso gli uffici), ha inciso, in maniera notevole, sul fondamentale principio di buon andamento della pubblica amministrazione. DOTTRINA Violazione del principio di gerarchia delle fonti del diritto: conseguenze, rilievo dellantinomia. Rivisitazione dellatto normativo Michele Gerardo* SOmmarIO: 1. Introduzione - 2. Gerarchia delle fonti del diritto - 3. antinomie e gerarchia delle fonti -4. ricadute ordinamentali di quanto ricostruito -5. rilievo del contrasto della norma con quella di rango superiore e rivisitazione dellatto normativo -6. reviviscenza della norma abrogata. 1. Introduzione. loggetto del presente studio mira ad individuare la disciplina degli atti normativi in contrasto con atti normativi di efficacia superiore ed altres ad individuare la disciplina della rivisitazione dellatto normativo, specie ad opera del suo autore. Si vuole operare, quindi, una analisi delle fonti del diritto (1) sotto due particolari prospettive. (*) Avvocato dello Stato. (1) Per un quadro dinsieme sulla sterminata materia delle fonti del diritto si richiamano ex multis: V. CriSAfulli, Lezioni di diritto costituzionale, ii volume, CEDAM, V edizione, 1984, pp. 1 e ss.; T. MArTinES, Diritto costituzionale, Giuffr, iii edizione, 1984, pp. 49 e ss.; r. Bin - G. PiTruzzEllA, Diritto costituzionale, Giappichelli, Viii edizione, 2007, pp. 277 e ss.; A. BArBErA - C. fuSAro, Corso di diritto costituzionale, il Mulino, ii edizione, 2014, pp. 101 e ss.; n. BoBBio, Teoria dellordinamento giuridico, Giappichelli, 1960, pp. 25 e ss.; f. MoDuGno, voce Fonti del Diritto in Digesto, 2010; M. luCiSAno, voce Fonti del Diritto in Il diritto. Enciclopedia Giuridica del Sole 24Ore, 2007, vol. 6, p. 469. Corollario della qualificazione di fonte del diritto lapplicazione di una serie di principi, tra cui: a) iura novit curia; b) ignorantia legis non excusat; c) necessit della pubblicazione nei modi ufficiali previsti dallordinamento giuridico; d) applicazione dellart. 12 della preleggi, in materia di interpretazione; e) la violazione e falsa applicazione della norma giuridica censurabile in sede di legittimit (artt. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. e 606, co.1, lett. b, c.p.p.). rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 2. Gerarchia delle fonti del diritto. A colpi dascia, la gerarchia delle fonti nellodierno ordinamento giuridico , partendo dal grado pi alto, la seguente: a) T.u.E. (Trattato dellunione Europea); T.f.u.E. (Trattato sul funzionamento dellunione Europea); Carta dei diritti fondamentali dellunione Europea; regolamenti, direttive provviste di effetti diretti e decisioni del- lunione Europea; sentenze interpretative della Corte di Giustizia del- lunione Europea (2); b) Costituzione della repubblica italiana; leggi di revisione della Costituzione; altre leggi costituzionali; c) leggi ed atti aventi forza di legge dello Stato (decreto legislativo, decreto legge, sentenza della Corte Costituzionale dichiarativa della illegittimit costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge, referendum abrogativo); statuti e leggi regionali; leggi delle Province di Trento e Bolzano; regolamenti parlamentari; d) regolamenti dello Stato (del Governo, ministeriali e interministeriali), degli enti territoriali e degli altri enti pubblici (3); e) consuetudini; f) contratti, atti amministrativi, sentenze. la gerarchia delle fonti postula lesistenza di norme di diverso livello (ossia di almeno due livelli), uno dei quali superiore allaltro. la stessa comporta che una data norma non pu porsi in contrasto con altra norma di livello superiore, pena la sua invalidit. una norma di livello inferiore non pu abrogare o derogare una norma di livello superiore, mentre la norma superiore pu sempre abrogare o derogare quella inferiore. nella descrizione della gerarchia delle fonti non si tenuto conto, onde semplificare il discorso, delle ulteriori suddistinzioni operate dalla dottrina (fonti sub primarie, fonti rinforzate, fonti rafforzatissime, fonti atipiche, fonti (2) Costituisce ormai principio consolidato che il primato dellordinamento dellu.E. rispetto a quello nazionale trova un limite nel necessario rispetto dei principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale e dei diritti inalienabili della persona umana. Sul rapporto tra lordinamento dellunione Europea e quello italiano: u. VillAni, Istituzioni di diritto dell'Unione Europea, Cacucci Editore, iV edizione, 2016, pp. 417 e ss.; B. ConforTi, Diritto internazionale, Editoriale Scientifica, X edizione, 2015, pp. 377 e ss. (3) i regolamenti Secondo una antica definizione, sono atti amministrativi, dal punto di vista soggettivo e dal punto di vista formale (perch promananti da autorit del potere esecutivo e nella forma consueta di ogni altro loro atto), ma legislativi, dal punto di vista materiale (perch costitutivi del diritto oggettivo): cos V. CriSAfulli, cit., p. 122. G. zAnoBini, voce regolamento in Novissimo Digesto Italiano, XV, 1968, p. 241, precisa che il regolamento non soltanto un atto amministrativo generale, ma una norma giuridica. Secondo V. oniDA, voce regolamenti regionali, in Enciclopedia Giuridica Treccani, XXVi, 1991, p. 5 in tutta la nostra tradizione legislativa e amministrativa i regolamenti sono stati costantemente assimilati, quanto al trattamento e quindi anche alle condizioni per la revoca o labrogazione, ai provvedimenti amministrativi, ai quali sono accomunati dalla provenienza e, largamente, dalla forma. DoTTrinA 213 interposte, diversit di forza tra regolamenti governativi e regolamenti di altri enti pubblici, etc.) e si tenuto conto della costruzione a gradi dellordinamento giuridico, dello Stufenbau der rechtsordnung kelseniano, sicch sono stati ricondotti alle fonti del diritto anche il contratto, il mero atto amministrativo e la sentenza (4). A questultimo proposito si precisa che la qualificazione del contratto, dellatto amministrativo e della sentenza quali fonti stata operata a livello sistematico, argomentativo, speculativo; si coscienti che gli atti da ultimo indicati non sono vere fonti del diritto. 3. antinomie e gerarchia delle fonti. nellipotesi di antinomie - ossia di incompatibilit di precetti - tra norme appartenenti a livelli gerarchici diversi lex superior derogat legi inferiori, ossia prevale la norma di grado superiore, la quale non pu essere derogata da quella di grado inferiore (5). Va indagato il concetto di prevalenza della norma superiore (e della conseguente non derogabilit da parte della norma inferiore). a) il contrasto tra norme di livello gerarchico diverso - adottate in tempi diversi - nel caso in cui la norma posteriore sia gerarchicamente superiore a quella anteriore implica la cessazione di efficacia della norma precedente a far data dalla operativit della norma di livello superiore. la prevalenza, in questa evenienza, implica lapplicazione della nuova norma e la cessazione di efficacia della vecchia (ci, beninteso, a meno che la norma successiva - ove integrante una legge -non disponga la propria applicazione in via retroattiva). Analogo discorso vale nellipotesi in cui le norme antinomiche, adottate in tempi diversi, appartengano al medesimo livello gerarchico. Anche in questa evenienza la norma vecchia cessa di essere vigente a far data dallentrata in vigore della nuova (lex posterior derogat priori). b) il contrasto tra norme di livello gerarchico diverso adottate nello stesso momento implica limmediata prevalenza della fonte di grado superiore. c) il contrasto tra norme di livello gerarchico diverso adottate in tempi diversi, nel caso che la norma posteriore sia gerarchicamente inferiore a quella anteriore, implica la prevalenza della fonte superiore. ossia la fonte successiva, fin dalla sua emanazione, non pu scalfire il dictum di quella precedente. la prevalenza una conseguenza della gerarchia. la prevalenza determina, quindi, la soccombenza della fonte di grado inferiore contrastante con quella di grado superiore. utilizzando un termine diffuso nellambiente giuridico qualificheremo (4) Su tali concetti: H. KElSEn, Lineamenti di dottrina pura del diritto, Einaudi, 2000, pp. 95 e ss. (5) Sulla gerarchia delle fonti: G. TArEllo, Linterpretazione della legge, Giuffr, 1980, pp. 313 e ss.; G. Pino, La gerarchia delle fonti del diritto. Costruzione, decostruzione, ricostruzione in annuario di ermeneutica giuridica, XVi, 2011, p. 19, anche per la distinzione tra gerarchie strutturali, materiali e assiologiche. rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 invalidit il vizio della norma contrastante con una norma superiore (6). in modo tralaticio si precisa che Per invalidit di un atto si intende, in via generale, la difformit di tale atto dal diritto, alla quale consegue la sanzione dellinefficacia definitiva dello stesso e quindi la sua inidoneit a produrre effetti giuridici. Tale sanzione pu essere automatica, come nel caso della nullit, che opera di diritto, oppure pu richiedere apposita dichiarazione giudiziale, come nel caso dellannullabilit, pronunciata dal giudice su ricorso del privato ricorrente (7). 4. ricadute ordinamentali di quanto ricostruito. Dallesame dellordinamento giuridico italiano si evince che viene rispettato il modello teorico sopra esposto, con la precisazione che la evidenziata invalidit -nel caso di contrasto tra norme di livello gerarchico diverso -in alcune circostanze determina linefficacia automatica della vicenda riconducibile alla fonte di grado inferiore ed in altre circostanze la detta inefficacia conseguente dellaccertamento di un soggetto. numerose disposizioni sono espressive del principio rilevato al punto a) del precedente paragrafo. Alluopo si richiama: -lart. 30, comma 3, della Convenzione sul diritto dei trattati adottata a Vienna il 23 maggio 1969 (ratificata dallitalia con l. 12 febbraio 1974, n. 112), il quale recita: Quando tutte le parti di un precedente trattato sono anche parti a un trattato posteriore [] il trattato anteriore si applica soltanto nella misura in cui le sue disposizioni sono compatibili con quelle del trattato posteriore; -lart. 15 delle preleggi, secondo cui le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori (8); -lart. 682 c.c. per il quale il testamento posteriore, che non revoca in modo espresso i precedenti, annulla [rectius: determina la cessazione dellefficacia] in questi soltanto le disposizioni che sono con esso incompatibili; -lart. 395, n. 5 c.p.c. dal quale si ricava che la sentenza contraria ad altra precedente avente fra le parti autorit di cosa giudicata prevale su questultima ove a sua volta sia passata in giudicato (9). (6) Ex plurimis: r. GuASTini, Linterpretazione dei documenti normativi, Giuffr, 2004, p. 251. (7) Cos S. fo, voce Invalidit (Dir. amm.) in Il diritto. Enciclopedia Giuridica del Sole 24Ore, 2007, vol. 8, p. 238. in senso analogo: C.M. BiAnCA, Diritto civile. III. Il contratto, Giuffr, ii edizione, 2000, pp. 609-610. (8) Coordinando la disposizione dellart. 15 con quella del precedente art. 11 (la legge non dispone che per lavvenire: essa non ha effetto retroattivo), si ricava altres il principio per cui - di regola - labrogazione opera ex nunc, vale a dire dal momento dellentrata in vigore della nuova fonte o da quello - eventualmente diverso - da cui ha inizio lefficacia delle norme da questa prodotte: in tal senso V. CriSAfulli, cit., p. 188. (9) Per autorevole dottrina lart. 395, n. 5 c.p.c. dimostra come lordine giuridico si concreti, nellipotesi di due giudicati successivi, sul secondo di essi, e non sul primo. Se infatti la contrariet non fatta valere nel termine con limpugnazione per revocazione, il secondo giudicato rimane la sola fonte DoTTrinA 215 Anche il principio evidenziato al punto c) del precedente paragrafo ha varie manifestazioni nellordinamento giuridico positivo, come dimostrato dalle fattispecie di seguito descritte. a) la sentenza in contrasto con una fonte superiore temporaneamente efficace, ma cessa di produrre effetti ex tunc ove riformata allesito di impugnazione (art. 336, comma 2, c.p.c.). la sentenza, in contrasto con una fonte superiore, che passi in giudicato, mantiene la sua efficacia nellordinamento giuridico per effetto tuttavia di una puntuale previsione legislativa, costituita dallart. 324 c.p.c. b) il contratto in contrasto con una fonte superiore: - inefficace nei casi di nullit (artt. 1422 -1424 c.c.). la nullit, poi, potr essere accertata dal giudice (con sentenza) o dalle parti (con un negozio di accertamento); - temporaneamente efficace, ma cessa di produrre effetti ex tunc (salvi i rapporti esauriti) nei casi di annullamento (artt. 1441 -1446 c.c.) o di rescissione (art. 1452 c.c.) dichiarati dal giudice (con sentenza) o dalle parti (con un negozio modificativo). c) latto amministrativo in contrasto con una fonte superiore: - inefficace nei casi di nullit (art. 21 septies l. 7 agosto n. 241). la nullit, poi, potr essere rilevata dal giudice o dalla P.A. autrice dellatto. latto amministrativo nullo pu essere altres disapplicato dal giudice (art. 5 l. 20 marzo 1865 n. 2248, allegato E). la disapplicazione ha incidenza soltanto inter partes, cio limitatamente alle parti del giudizio; - temporaneamente efficace, ma cessa di produrre effetti ex tunc nei casi di annullamento (art. 21 octies l. n. 241/90 cit.) dichiarato dal giudice o dal- lAmministrazione autrice dellatto o altro abilitato (es. superiore gerarchico) in via di autotutela o nellesercizio dei poteri di controllo o allesito di un ricorso amministrativo. Atto amministrativo nullo, annullabile, disapplicabile e conseguenti ricadute in punto di giurisdizione costituiscono un tema ancora tormentato ed irrisolto nella esperienza giuridica (10). Convenzionalmente utilizziamo i seguenti truismi: regolatrice del concreto. Il primo sparisce: cos S. SATTA, Commentario al codice di procedura civile, Libro secondo, Processo di cognizione, Parte seconda, Vallardi, 1962, p. 331. (10) Per un diffuso orientamento giurisprudenziale il regolamento illegittimo - in quanto atto di natura normativa, e non meramente amministrativa, con portata generale ed astratta e capacit innovativa nellordinamento giuridico - pu essere disapplicato dal giudice amministrativo, in quanto contrastante con norme di rango primario, anche in assenza di una specifica impugnazione; ci in applicazione del principio di gerarchia delle fonti (Consiglio di Stato, sentenza 3 ottobre 2007 n. 5098; T.A.r. lombardia, Milano, sentenza 17 aprile 2009 n. 4064; T.A.r. Veneto, Venezia, sentenza 17 novembre 2011 n. 1700; Consiglio di Stato, sentenza 26 settembre 2013 n. 4778). Come noto il regolamento illegittimo divenuto definitivo per mancata impugnazione pu, pur sempre, essere disapplicato dalla Commissione Tributaria in relazione alloggetto dedotto in giudizio (art. 7, comma 5, del D. l.vo 31 dicembre 1992 n. 546). rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 -nei casi di giurisdizione esclusiva - tanto del giudice ordinario quanto del giudice amministrativo - latto invalido pu essere dichiarato nullo o annullabile a seconda dei suoi vizi; -negli ordinari riparti di giurisdizione la dichiarazione di nullit o di annullamento spetta al giudice amministrativo; il giudice ordinario pu - in presenza dei vizi di nullit determinanti carenza di potere -dichiarare la disapplicazione dellatto amministrativo; -in tutti i casi -sia in sede giurisdizionale che amministrativa -in cui viene in rilievo un atto amministrativo in contrasto con le fonti dellunione Europea, il detto atto va disapplicato dagli operatori giuridici. linvalidit si connota, quindi, come disapplicazione. Disapplicazione peculiare, conseguenza della primazia del diritto comunitario. d) luso in contrasto con la legge ed il regolamento inefficace (art. 8, comma 1, preleggi). e) il regolamento amministrativo in contrasto con la fonte superiore ha la stessa disciplina dellatto amministrativo delineata sopra al punto c) di questo paragrafo. Ci alla luce della doppia natura del regolamento: tanto norma giuridica quanto atto amministrativo. f) la legge in contrasto con la Costituzione temporaneamente efficace, ma cessa di produrre effetti ex tunc ove dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale (art. 136 Costituzione; art. 30 l. 11 marzo 1953, n. 87), salva la conservazione dei rapporti cd. esauriti. g) la Costituzione in contrasto con il diritto comunitario va disapplicata, salva la circostanza in cui il contrasto riguardi i principi fondamentali essenziali della repubblica italiana ovvero i diritti inalienabili garantiti nella Carta Costituzionale (11). h) Gli atti vincolanti delle istituzioni dellunione Europea in contrasto con i trattati costitutivi dellunione Europea e fonti equiparate (Carta dei diritti fondamentali dellunione Europea, principi generali del diritto dellunione Europea, norme del diritto internazionale generale, accordi internazionali conclusi dallunione) sono temporaneamente efficaci, ma cessano di produrre effetti ex tunc ove dichiarata la loro nullit dal competente giudice dellunione (artt. 263 -264 T.f.u.E.). Tutte le fonti ora descritte dai punti a) ad f) ove siano in contrasto con una fonte dellunione Europea si disapplicano. Allorch un rapporto sia disciplinato da pi fonti del diritto di diversa gerarchia, vale la disciplina contenuta nella fonte gerarchicamente pi elevata. Ci in applicazione di regole logiche, in virt delle quali la superiorit gerarchica si riverbera anche nella qualificazione delle fattispecie. Quindi prevale (11) riassuntivamente - su tali criteri risolutori in caso di antinomia tra una norma comunitaria e una norma costituzionale - ex plurimis r. GuASTini, cit., p. 252. DoTTrinA 217 la qualificazione operata dalla fonte pi alta in grado. la fonte -qualunque sia la sua posizione nella piramide gerarchica - in contrasto con una fonte superiore sar invalida. Ad esempio, ove il provvedimento attuativo sia stato adottato in violazione del regolamento presupposto, a sua volta in contrasto con la legge, la conseguenza che il detto atto applicativo conforme a legge e quindi valido, laddove il regolamento illegittimo (12). ulteriori corollari: latto amministrativo in violazione di legge invalido, anche se conforme ad un regolamento amministrativo; latto amministrativo con prescrizioni antinomiche con quelle contenute nella Costituzione egualmente invalido, anche se conforme ad una legge ordinaria. nella evenienza che una fonte (es. regolamento amministrativo) sia in contrasto tanto con norme dellunione Europea quanto con norme legislative si applica, per quanto sopra esposto, il regime di qualificazione e rilevanza collegato alla fonte pi alta in grado. Sicch il regolamento amministrativo in contrasto sia con le norme dellunione Europea che con le norme legislative (invalido e) disapplicabile. Egualmente disapplicabile il regolamento amministrativo -o il provvedimento amministrativo -conforme alla legge, ma violativo di norma dellunione Europea (13). (12) in tale circostanza si ammette la disapplicazione di un regolamento illegittimo non oggetto di specifica impugnazione (Consiglio di Stato, sentenza 4 marzo 2011 n. 1408, il quale precisa che pu prescindersi dalla proposizione e dalla celebrazione di una impugnazione tendente alla rimozione del- latto che abbia debordato dalla sua sfera di competenza, essendo sufficiente accertare che la norma non idonea ad innovare lordinamento sul punto e quindi non pu essere applicata; T.A.r Campania, Salerno, sentenza 22 luglio 2015 n. 1611). (13) Sul punto si precisa in dottrina che: sul regime del provvedimento amministrativo, emanato nel rispetto del diritto nazionale ma in violazione del diritto comunitario, sono state proposte due tesi: quella dellillegittimit e quella della disapplicazione. La prima tesi tratta la violazione del diritto comunitario alla stregua della violazione del diritto interno. La seconda si basa, da un lato, sullestensione ai provvedimenti amministrativi del regime tipico degli atti normativi interni contrastanti con il diritto comunitario (i quali devono, appunto, essere disapplicati, per applicare il diritto comunitario), dallaltro, sullesigenza di evitare che atti contrari al diritto comunitario divengano inoppugnabili e, quindi, la violazione di quel diritto divenga definitiva. Lo schema della disapplicazione di uso relativamente agevole per le fonti del diritto: si tratta semplicemente di stabilire quale norma applicare, in presenza di un contrasto. Per i provvedimenti amministrativi, invece, esso comporterebbe uno stravolgimento del loro regime processuale, facendo venir meno lonere di impugnazione tempestiva e linoppugnabilit del provvedimento non impugnato tempestivamente: e, quindi, pregiudicando gli interessi alla certezza del diritto e alla conservazione dei valori giuridici che sono alla base di quel regime processuale. per questo che la giurisprudenza ha decisamente optato per la prima tesi: se il provvedimento rispetta una norma nazionale, ma viola una norma comunitaria, occorre disapplicare la prima e, in applicazione della seconda, dichiarare illegittimo il provvedimento (Cons. St., V, n. 4263/2008; Cons. St., VI, n. 3621/2008; nel senso dellapplicazione delle regole processuali nazionali, si veda anche C. Giust. CE, sentenza i-21 Germany - arcor del 2006, in cause C-392/04 e C-422/04) (cos B.G. MATTArEllA in Istituzioni di diritto amministrativo a cura di S. CASSESE, Giuffr, V edizione, 2015, p. 401). rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 5. rilievo del contrasto della norma con quella di rango superiore e rivisitazione dellatto normativo. il soggetto legittimato al rilievo del contrasto della norma con quella di rango superiore tanto lautore della norma (o altro soggetto legittimato), quanto il giudice specificamente incaricato dallordinamento a rilevare lantinomia. ove non sia possibile muovere alcun rilievo comunque possibile una rivisitazione dellatto da parte del suo autore o di soggetti legittimati. Alluopo si rileva quanto segue. a) linvalidit della sentenza pronunciata dallautorit giudiziaria. il giudice pu essere sia lo stesso che ha pronunciato la sentenza illegittima (come nel caso della revocazione, dellopposizione di terzo e dellactio nullitatis) che un giudice diverso (quello dellimpugnazione). Per i principi processuali linesistenza inibisce la formazione della cosa giudicata. in questa evenienza linvalidit della sentenza causata da inesistenza pu essere dichiarata dalle parti a mezzo del negozio di accertamento. Il negozio di accertamento si ha quando le parti pongono in essere una manifestazione di volont con la quale intendono eliminare lincertezza relativa a una situazione giuridica tra loro preesistente, determinando lesistenza (o, eventualmente, linesistenza), il contenuto e i limiti di un dato rapporto giuridico (14). il negozio di accertamento caratterizzato dalla funzione di fissare il contenuto di un rapporto giuridico preesistente, con effetto preclusivo di ogni ulteriore contestazione al riguardo, rendendo definitive ed immobili le situazioni gi in stato di obiettiva incertezza, in quanto vincola le parti ad attribuire ad esse gli effetti che risultano dallaccertamento e preclude ogni loro pretesa, ragione ed azione in contrasto con esso (15). una volta passata in giudicato la sentenza fa stato ad ogni effetto tra le parti (art. 2909 c.c.), anche se -in ipotesi -illegittima, perch il giudicato facit de albo nigrum. Alle parti coinvolte nel rapporto processuale possibile, tuttavia, disporre del giudicato. Difatti, con idonea convenzione (arg. ex art. 1974 c.c.) si pu mettere in non cale il giudicato. b) linvalidit del contratto pronunciata dallautorit giudiziaria. lautonomia negoziale (art. 1322 c.c.) consente alle parti del negozio invalido di dichiarare la nullit o lannullabilit o la rescindibilit. Ci -nel caso della nullit -a mezzo del negozio di accertamento (art. 1321 c.c.: regolare). nel caso di annullamento o rescissione le parti dovranno - con negozio modificativo -oltrecch accertare linvalidit anche disciplinare la vicenda degli effetti (14) in tal senso: l. Bozzi, voce accertamento (negozio di) in Il diritto. Enciclopedia giuridica del Sole 24 Ore, 2007, vol. i, pag. 27. (15) Ex plurimis: Cass. Civ., sez. lavoro, 20 maggio 2004, n. 9651; Cass. Civ., Sez. ii, 5 giugno 1997 n. 4994. DoTTrinA 219 (ex nunc o ex tunc) con portata inter partes, senza possibilit di incidere sulle situazioni soggettive dei terzi. il contratto carente di vizi, quindi valido, ove produca ancora effetti (contratto di durata: ad esecuzione continuata o periodica), pu essere inciso dai contraenti a mezzo di un successivo negozio con il quale far cessare gli effetti (contratto estintivo ex art. 1321 c.c. o negozio unilaterale di recesso ex art. 1373 c.c., con effetti ex nunc). Ci in forza dellautonomia negoziale, la quale pu prevedere espressamente una efficacia retroattiva alla fattispecie estintiva, salvo - beninteso - i diritti dei terzi. c) linvalidit del provvedimento amministrativo pronunciata dal giudice amministrativo (artt. 29 -31 D. l.vo 2 luglio 2010 n. 104) o dal giudice ordinario (nei casi di giurisdizione esclusiva o nella fattispecie della disapplicazione ex art. 5 l. 20 marzo 1865 n. 2248 Allegato E). linvalidit pu essere acclarata altres dalla P.A. che ha emanato il provvedimento o da altro organo previsto dalla legge (annullamento dufficio ex art. 21 nonies l. n. 241/90; annullamento straordinario ex art. 2, comma 3 lett. q, l. 23 agosto 1988 n. 400; annullamento giustiziale in sede di ricorso amministrativo ex D.P.r. 24 novembre 1971 n. 1199; annullamento in sede di controllo). il provvedimento carente di vizi, quindi valido, ove produca ancora effetti (provvedimento ad efficacia duratura e non istantanea), pu essere inciso dalla P.A. a mezzo di un successivo provvedimento, ossia a mezzo della revoca (art. 21 quinquies l. n. 241/90). Ci in ossequio al principio di inesauribilit del pubblico potere per il quale la P.A. deve, in modo permanente, curare linteresse pubblico che ha in attribuzione. lautore dellatto pu ripensare circa il modo di curare linteresse primario. la cessazione dellefficacia ex nunc. d) linvalidit delluso pronunciata dal giudice. Venendo in rilievo una fonte-fatto non ipotizzabile un acclaramento ad opera dellautore della fonte; e) il regolamento amministrativo in contrasto con la fonte superiore ha la stessa disciplina dellatto amministrativo delineata sopra al punto c) del presente paragrafo. Ci alla luce della doppia natura del regolamento: tanto norma quanto atto amministrativo. Quindi il regolamento pu essere tanto annullato dal giudice quanto dalla P.A. autrice dellatto; in questultima evenienza, ovviamente, con una eguale fonte regolamentare (16). (16) Sullammissibilit dellannullamento del regolamento illegittimo (beninteso con eguale fonte regolamentare) da parte dellAmministrazione autrice della norma: T.A.r. Catania, sentenza 4 luglio 2012 n. 1666, (con il rilievo che la disposizione regolamentare illegittima per contrasto con una fonte superiore automaticamente inefficace). A proposito della potest di annullamento dufficio ad opera della P.A., si osserva che Di regola nessuna specie di atti amministrativi pu dirsi sottratta a tale misura, neppure quelli che contengono norme giuridiche come i regolamenti, gli statuti, ecc.: in tal senso S. roMAno, voce annullamento degli atti amministrativi (voce aggiornata da G. MiElE), in Novissimo Digesto Italiano, i, 1957, p. 645. rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 nella fattispecie dellannullamento dufficio del regolamento non si applica la disciplina contenuta nellart. 21 nonies l. n. 241/1990 (sullannullamento dufficio del provvedimento) atteso che questultima disposizione, nel richiedere oneri di motivazione ed oneri procedimentali, si applica ai meri provvedimenti; la disciplina contenuta nel citato articolo 21 nonies estranea a quella tipica per il regolamento (artt. 3 comma 2, 13 comma 1 e 24 comma 1 lett. b l. n. 241/1990); la detta disciplina si applicher nella sola evenienza del regolamento-provvedimento, ossia del regolamento che contenga disposizioni particolari e concrete, aventi diretta lesivit. Esaltando -eminentemente -il carattere di norma giuridica del regolamento si potrebbe ritenere che la P.A. che ha adottato il regolamento pu solo abrogarlo, non anche annullarlo; lannullamento in autotutela del regolamento, determinando una caducazione con effetto ex tunc, avrebbe una portata retroattiva; portata retroattiva non collegabile, ex artt. 10 e 11 delle preleggi, al regolamento caducatorio. Sul punto si enunciato che: La giurisprudenza amministrativa ha pi volte posto in rilievo che la regola di irretroattivit dell azione amministrativa espressione dellesigenza di garantire la certezza dei rapporti giuridici, oltrech del principio di legalit che, segnatamente in presenza di provvedimenti limitativi della sfera giuridica del privato (tali sono quelli introduttivi di prestazioni imposte), impedisce di incidere unilateralmente e con effetto ex ante sulle situazioni soggettive del privato (cfr. Cons. St., Sez. IV^, n. 1317 del 07.03.2001; Sez. VI^, n. 2045 del 01.12.1999; Sez. IV^, n. 502 del 30.03.1998). Ulteriore limite alla retroattivit, in presenza di statuizioni provvedimentali che rivestono valenza regolamentare in quanto dirette a trovare applicazione ripetuta nel tempo ad un numero indeterminato di fattispecie, discende dalla regola di irretroattivit degli atti a contenuto normativo dettata dallart. 11 delle disposizioni sulla legge in generale. Detta regola pu ricevere deroga per effetto di una disposizione di legge pari ordinata e non in sede di esercizio del potere regolamentare che fonte normativa gerarchicamente subordinata. Pertanto solo in presenza di una norma di legge che a ci abiliti gli atti e regolamenti amministrativi possono avere efficacia retroattiva (17). (17) Cos Consiglio di Stato, sentenza 9 settembre 2008 n. 4301. Per A. CErri, voce regolamenti in Enciclopedia Giuridica Treccani, XXVi, 1991, p. 6 il potere regolamentare soggetto ai principi generali del diritto, []. Il regolamento, dunque, non pu essere retroattivo, se non in casi tipici ([...] cfr. Cons. St., sez. V, 4 agosto 1988, n. 396, in Foro amm. 1988, 1351, sulla retroattivit di norme, a carattere generale, di ordine pubblico contenute in regolamento comunale). Sul principio di irretroattivit la giurisprudenza vastissima: cfr., ad es., Cons. St., sez. VI, 30 ottobre 1981, n. 587, in Cons. St., 1981, 1115. inoltre sulla questione, nel parere del Servizio affari istituzionali e locali, polizia locale e sicurezza della regione Autonoma friuli Venezia Giulia prot. 39898/1.3.17 del 19 dicembre 2012, si enuncia: I regolamenti con cui ciascuna P.a., in base ai principi generali fissati dalla legge, stabilisce le linee fondamentali dell'organizzazione dei propri uffici, sono atti organizzativi formalmente amministrativi a contenuto normativo. Il 'ricambio' delle norme regolamentari avviene secondo le regole tipiche degli atti normativi, per abrogazione espressa o tacita operata da atti regolamentari successivi. L'abro DoTTrinA 221 la tesi negante alla P.A. - sul rilievo della irretroattivit degli atti a contenuto normativo - la potest di annullare il regolamento non accoglibile per concorrenti ragioni: -da un punto di vista tecnico-formale nessuna norma giuridica esclude la potest della P.A. di annullare il regolamento illegittimo adottato; -specularmente a quanto da ultimo rilevato, da un punto di vista tecnico- formale, nessuna norma giuridica prevede la potest del giudice amministrativo di annullare il regolamento, ancorch questa potest costituisca un dato pacifico nellesperienza giuridica. loggetto della cognizione del giudice amministrativo lesercizio (o il mancato esercizio) del potere amministrativo (artt. 7, 13, 119,133, 134 e 135 D.l.vo 2 luglio 2010 n. 104). Dallordinamento giuridico pu evidenziarsi - sistematicamente - che il giudice amministrativo pu conoscere anche dei regolamenti (art. 13, comma 4 bis, D. l.vo 104/2010) laddove si parla di atti normativi. Tuttavia, la ragione fondante della cognizione dei regolamenti in via giurisdizionale la caratteristica della doppia natura di questi: la natura anche amministrativa dei regolamenti porta seco la conseguente disciplina; -loggetto del ricorso straordinario al Capo dello Stato pu essere costituito anche dal regolamento (arg. ex art. 14, comma 3, D.P.r. 24 novembre 1971 n. 1199, ove si fa riferimento allannullamento di atti amministrativi generali a contenuto normativo), ancorch non venga in rilievo un ricorso giurisdizionale, ma un rimedio giustiziale riconducibile allannullamento in autotutela; -leffetto ex tunc del regolamento che annulla un precedente regolamento viziato da illegittimit non contrasta con il divieto di applicazione retroattiva delle fonti secondarie, ma costituisce un corollario della natura annullatoria; -il principio di economia dei mezzi giuridici e delleconomicit dei procedimenti implica che la P.A., a fronte di un proprio regolamento illegittimo, pu intervenire annullandolo -evitando il consolidarsi di falsi affidamenti senza attendere lannullamento in sede giurisdizionale. laffermazione, ricorrente in giurisprudenza ed in dottrina, circa il divieto gazione delle norme regolamentari e loro eventuale sostituzione o modifica pu operare soltanto per il futuro, stante la ritenuta inidoneit, in generale, della fonte regolamentare a porre disposizioni con efficacia retroattiva (massima del parere); nella nota 12 del citato parere si enuncia altres: Peraltro, si registra la posizione di una dottrina secondo cui, atteso che l'art. 21 nonies, L. n. 241/1990, a seguito della novella recata dalla L. 11 febbraio 2005, n. 15, prevede l'annullamento d'ufficio del 'provvedimento amministrativo' illegittimo, entro un termine ragionevole, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, proprio il riferimento testuale al provvedimento sembrerebbe escludere l'applicabilit della norma anche ai regolamenti. La stessa dottrina valuta, per, che un approccio meno rigoroso potrebbe essere suggerito dalla posizione dei regolamenti a 'mezza via' tra la portata normativa del loro contenuto e la natura amministrativa di chi li emana e si pone possibilista su un'iniziativa dell'amministrazione per l'eliminazione del regolamento con effetto ex tunc (Luigi Cossu, cit., p. 5033). rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 di applicazione retroattiva di norme secondarie - con la conseguente unica vicenda abrogativa ex art. 15 preleggi - ha quale sfondo, quale presupposto implicito, un pregresso atto valido, ossia un atto non in contrasto con una fonte superiore. in altri termini: va riconosciuta alla P.A. - allorch si acclari linvalidit di un regolamento - la potest di intervenire in autotutela annullando il detto atto. Ad es.: una Amministrazione locale -in casi non ammessi dalla legge nazionale o dal CCnl del settore -adotta un regolamento con il quale attribuisce un emolumento ai propri dipendenti (18). una volta acclarata la vicenda, la P.A. decide di intervenire per ripristinare la legalit. lo strumento dellintervento non certo una nuova norma regolamentare che abroga la precedente (con effetti ex nunc, determinante la validit medio termine, con esposizione dellAmministrazione ad una pretesa illegittima dei dipendenti), ma lannullamento del pregresso (con effetti ex tunc). f) linvalidit della legge in contrasto con la Costituzione pronunciata dalla Corte Costituzionale nel giudizio di costituzionalit, tanto in via principale, quanto in via incidentale. Pu una legge invalida, in contrasto con la Costituzione, essere dichiarata invalida - con il conseguente corollario della portata retroattiva - con una successiva legge? A nostro giudizio s. le tecniche per conseguire questo risultato sono due: -legge che dispone la abrogazione della legge precedente con previsione espressa di retroattivit. una tale previsione non cozza con nessun principio, anzi attua il rispetto della gerarchia delle fonti; -legge che dichiara invalida una precedente legge con esplicitazione del contrasto con la Costituzione. una tale legge ha una naturale portata retroattiva, a prescindere dalla espressa previsione di retroattivit. la legge carente di vizi, quindi valida, pu essere incisa dal legislatore a mezzo di legge successiva, ossia a mezzo dellabrogazione (art. 15 preleggi), con effetto ex nunc (art. 11 preleggi) a meno che non sia disposta lapplicazione retroattiva. labrogazione conseguibile anche tramite referendum abrogativo (art. 75 della Costituzione). g) in tutti i casi di contrasto di una qualsivoglia fonte inferiore a quella comunitaria con una fonte dellunione Europea vi una invalidit della fonte sottordinata che determina la disapplicazione di questa. la disapplicazione rilevabile da tutti gli operatori giuridici. inoltre lautore della fonte inferiore potr caducare questultima. in tal modo si consegue anche la certezza delle relazioni giuridiche, eliminando una volta per tutte la fonte invalida. (18) Venendo in rilievo la materia dellordinamento civile (art. 117, comma 2, lett. l della Costituzione) lattribuzione normativa spetta in via esclusiva allo Stato. DoTTrinA 223 6. reviviscenza della norma abrogata. ove la disposizione abrogativa sia a sua volta abrogata da una successiva disposizione o dichiarata incostituzionale, loriginaria disposizione riacquista vigore, con effetto ex nunc. Ci una conseguenza della portata ex nunc del- labrogazione. una legge disciplina una data materia; successivamente viene abrogata. labrogazione comporta che i rapporti svoltisi sotto limperio della legge abrogata restano validi; per il futuro -ossia dalla data di entrata in vigore della legge abrogatrice - i rapporti giuridici su quella data materia non sono pi regolati dalla legge abrogata (saranno regolati dalla legge abrogatrice, ove contenga anche una nuova disciplina di quella data materia o da altra disciplina preesistente). ove la legge abrogatrice venga caducata, viene meno la relativa disciplina. Atteso che la disciplina riguardava la caducazione, la detta caducazione viene meno. Quindi si riapplica la originaria legge a far data dalla operativit della caducazione (della legge abrogatrice) conseguente alla nuova abrogazione o alla dichiarazione di illegittimit costituzionale. una conferma di tale principio si ricava dalla disposizione contenuta nellart. 681 c.c. secondo cui La revocazione totale o parziale di un testamento pu essere a sua volta revocata sempre con le forme stabilite dallarticolo precedente. In tal caso rivivono le disposizioni revocate. in senso contrario -nella evenienza di disposizione abrogativa a sua volta abrogata da una successiva disposizione -la Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri 2 maggio 2001, n.1/1.1.26/10888/9.92 Guida alla redazione dei testi normativi la quale al punto 3.5 enuncia Se si intende fare rivivere una disposizione abrogata non sufficiente abrogare la disposizione abrogativa, ma occorre specificare espressamente tale intento, abrogando la norma abrogatrice e richiamando esplicitamente la norma abrogata; ovvero, pi semplicemente, abrogando la norma abrogatrice e riproponendo ex novo la disposizione gi oggetto di abrogazione. In ogni caso, la reviviscenza ha effetto ex nunc. Poi, secondo la giurisprudenza costituzionale (19) -nella evenienza di disposizione abrogativa dichiarata incostituzionale -il fenomeno della reviviscenza delle disposizioni e degli atti normativi abrogati non opera in via generale ed automatica, ma solo in ipotesi circoscritte, tra cui la fattispecie dellannullamento giurisdizionale di norma espressamente abrogativa, con la conseguenza che le disposizioni illegittimamente abrogate tornano ad avere vigore ed applicazione. non devono ritenersi accoglibili le argomentazioni a favore delle tesi limitanti la revivescenza della disposizione abrogata. (19) Cfr. Corte Costituzionale, sentenze 27 giugno 2012 n. 162, 24 gennaio 2012 n. 13 e 23 aprile 1986 n. 108. rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 Difatti: -la reviviscenza, nella fattispecie in cui la rivisitazione venga effettuata dallo stesso autore dellatto (abrogazione della disposizione abrogativa operata dallautore di questultima), la conseguenza naturale degli atti delineati. lo specifico atto volitivo diretto ad abrogare una disposizione abrogatrice non ha alcun altro senso che quello di fare riespandere la forza della disposizione illo tempore abrogata; ove lagente abbia un diverso intendimento deve esplicitarlo; -la reviviscenza, nella fattispecie di disposizione abrogativa dichiarata incostituzionale, un effetto necessario della sentenza di illegittimit costituzionale: la legge dichiarata incostituzionale inidonea a produrre effetti in quanto viziata, sicch consegue la permanenza in vigore della disposizione che la legge incostituzionale intendeva abrogare. DoTTrinA 225 Il sistema delle informative antimafia nei recenti arresti giurisprudenziali Alfonso Mezzotero* Salvatore Paolo Putrino Gallo** SOmmarIO: 1. Premessa -2. Finalit e ambito di applicazione -3. Profili procedimentali -4. Gli elementi sintomatici del tentativo di infiltrazione mafiosa -4.1. I c.d. reati spia quali esemplificazione codicistica di fattispecie aperte. Gli elementi di precedenti informative e linformativa antimafia c.d. atipica - 4.2. Le vicende dellimpresa e dei soggetti ad essa riconducibili -4.3. I rapporti di parentela -4.4. Le frequentazioni -5. Lattualit del pericolo di infiltrazione mafiosa - 6. Profili processuali in materia di informative antimafia. La giurisdizione in materia di impugnazione del provvedimento prefettizio -6.1. (segue) Gli effetti dellinformativa antimafia sulla giurisdizione nelle controversie relative al recesso della stazione appaltante dal contratto gi stipulato -6.2. (segue) Gli effetti dellinformativa antimafia sulla giurisdizione nelle controversie relative alla revoca dellaggiudicazione - 6.3. (segue) La competenza - 6.4. (segue) Il rito applicabile - 7. Conclusioni. 1. Premessa. il contenzioso in materia di documentazione antimafia assume particolare rilievo nella giustizia amministrativa. la documentazione antimafia uno strumento connotato da una incisiva capacit lesiva degli interessi imprenditoriali. Difatti, linformazione interdittiva comporta uno stato di incapacit legale a contrarre dellimpresa con le pubbliche amministrazioni, comportante non solo limpossibilit di partecipare alle gare dappalto pubbliche (1) e lobbligatorio recesso dai contratti gi stipulati (2), ma anche lesclusione o la decadenza da qualsiasi forma di erogazione di contributi pubblici. la comunicazione antimafia interdittiva, invece, impedisce che limpresa attenzionata possa essere titolare di autorizzazioni o concessioni rilasciate dalla pubblica amministrazione. Tale bipartizione tra informazione antimafia e comunicazione antimafia, comunque, sembra stia venendo meno nelle volont del legislatore. il tradizionale riparto, infatti, si *) Avvocato dello Stato. (**) Dottore in Giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso lAvvocatura distrettuale dello Stato di Catanzaro. (1) v. art. 94, comma 1, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159; si veda, anche, art. 80, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (c.d. nuovo Codice degli appalti e delle concessioni), motivi di esclusione: 2. Costituisce altres motivo di esclusione la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto previste dallarticolo 67 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 o di un tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all'articolo 84, comma 4, del medesimo decreto. resta fermo quanto previsto dagli articoli 88, comma 4-bis, e 92, commi 2 e 3, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, con riferimento rispettivamente alle comunicazioni antimafia e alle informazioni antimafia. (2) v. art. 94, comma 2, d.lgs. n. 159/2011; si veda, anche, art. 109, d.lgs. n. 50/2016. rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 rilevato inadeguato a fronte della sempre pi frequente constatazione empirica che la mafia tende ad infiltrarsi, capillarmente, in tutte le attivit economiche, anche quelle soggette a regime autorizzatorio (3). la dicotomia tra informazione e comunicazione antimafia ha permesso alle associazioni mafiose di poter gestire, con imprese inquinate, attivit economiche lucrose nei diversi settori delleconomia privata, senza che lordinamento potesse efficacemente intervenire per contrastare tale infiltrazione, al di fuori delle ipotesi di comunicazioni antimafia emesse per misure di prevenzione definitive con effetto interdittivo (4). Storicamente, linteresse dellordinamento alla repressione del fenomeno mafioso, con particolare riguardo allambito socio-economico, risale alla l. 31 maggio 1965, n. 575, con la quale fu prevista la decadenza di diritto da licenze, concessioni e iscrizioni agli albi di appaltatori di opere o di forniture pubbliche per quei soggetti colpiti da una misura di prevenzione di cui alla l. 27 dicembre 1956, n. 1423 (5). Tuttavia, anche a causa dellallarme sociale venutosi a creare in conseguenza del continuo espandersi negli anni 70 del fenomeno mafioso, infine, culminato con le eccellenti stragi del decennio successivo, si cap che la normativa citata non aveva sortito una grande efficacia, in quanto la sola decadenza dalle licenze gi conseguite non impediva alla criminalit organizzata di continuare ad acquisirne di nuove (6) e, di conseguenza, di continuare ad accrescere le proprie fonti lecite di approvvigionamento. Pertanto, prima, con la l. 13 settembre 1982, n. 646 (c.d. legge rognoni- la Torre) e, immediatamente dopo, con la l. 23 dicembre 1982, n. 936, si introdusse, mediante la sostituzione dellart. 10 l. n. 575 del 1965, la prima disciplina procedimentale in materia di certificazione antimafia. A seguito di tali modifiche, con il novellato art. 10 cit. fu previsto che ai fini dei procedimenti amministrativi concernenti le licenze, concessioni ed iscrizioni [], nonch della stipulazione ed approvazione dei contratti di appalto [] e delle autorizzazioni dei subappalti e cottimi di opere riguardanti la pubblica amministrazione, [] la certificazione di volta in volta occorrente circa la sussistenza o meno a carico dellinteressato di procedimenti o di provvedimenti per lapplicazione di una delle misure di prevenzione di cui allarticolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, [] rilasciata, su richiesta dellamministrazione o dellente pubblico competente, dalla prefettura nella cui circoscrizione gli atti vengono perfezionati. loriginaria impostazione dellistituto in esame ha subito una profonda (3) in questi termini, Cons. St., sez. iii, 9 febbraio 2017, n. 565; conforme Cons. St., sez. iii, 7 marzo 2017, n. 1080; id., 8 marzo 2017, n. 1109. (4) Idem. (5) P. PirruCCio, Linformativa antimafia prescinde dallaccertamento di fatti penalmente rilevanti, in Giur. merito, n. 2, 2009, Giuffr, p. 504. (6) Idem. DoTTrinA 227 modifica con il d.lgs. 8 agosto 1994, n. 490, emanato in attuazione della legge delega n. 47 del 17 gennaio 1994 (7), successivamente modificato dal d.P.r. 3 giugno 1998, n. 252. la materia della documentazione antimafia, infine, stata organicamente disciplinata dal d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (c.d. Codice Antimafia ), emanato in attuazione della delega di cui alla legge 13 agosto 2010, n. 136. Con questultimi provvedimenti e con i successivi decreti correttivi al codice antimafia, il legislatore ha attribuito una portata maggiore alle informazioni antimafia, estendendone loperativit in ambiti in precedenza sconosciuti a questo istituto (8). nonostante la stratificata normativa in materia risulti, oggi, disciplinata dal citato d.lgs. n. 159/2011, sussiste ancora una certa complessit nella valutazione del rischio di infiltrazione mafiosa, stante linsidiosa pervasivit e mutevolezza del fenomeno mafioso (9), nonch la dimensione transnazionale delle attivit imprenditoriali esercitate dalle diverse consorterie mafiose (10). 2. Finalit e ambito di applicazione. Con linformazione antimafia il legislatore ha affiancato alle tradizionali misure di natura giurisdizionale uno strumento di natura amministrativa volto a rimuovere dal settore dei lavori e dei finanziamenti pubblici le imprese legate, anche indirettamente, ad organizzazioni mafiose (11). Stante la natura amministrativa dellistituto, in materia di informazioni antimafia riconosciuta al Prefetto unampia discrezionalit tecnica (12) nel valutare se, sulla base del compendio istruttorio acquisito, sussista, nella fattispecie concreta, il pericolo che la gestione imprenditoriale sia condizionata da organizzazioni di stampo mafioso, o, addirittura, agevoli attivit criminali (13). ormai chiarito che linformazione antimafia interdittiva non finalizzata a punire, neanche in modo indiretto, una condotta penalmente rilevante, non avendo natura nemmeno latamente sanzionatoria (14), costituendo, diversamente, una misura volta alla salvaguardia dellordine pubblico econo (7) S. ruSCiCA, Le informazioni prefettizie antimafia: natura e criticit, in www.altalex.com, 2009. (8) cfr. Cons. St., sez. iii, n. 565/2017; id., 7 marzo 2017, n. 1080; id., 8 marzo 2017, n. 1109. (9) Cons. St., sez. iii, 3 maggio 2016, n. 1743. (10) Cons. St., sez. iii, n. 565/2017. (11) M. MinniTi - f. MinniTi, Le mire dei clan sulle imprese pulite. Cos lo Stato combatte le infiltrazioni, in Dir. e giust., n. 37, 2006, Giuffr, p. 105. (12) cfr. G. SiGiSMonDi, Il sindacato sulle valutazioni tecniche nella pratica delle Corti, in riv. trim. dir. pubbl., n. 2, 2015, Giuffr, p. 705. (13) cfr. T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 29 giugno 2016, n. 1330, secondo cui unampia potest discrezionale (: n.d.r.) attribuita allorgano istruttore, cui spettano i compiti di polizia e di mantenimento dellordine pubblico, in relazione alla ricerca ed alla valutazione degli elementi da cui poter desumere eventuali connivenze e collegamenti di tipo mafioso. (14) in questo senso, Cons. St., sez. iii, n. 1743/2016. rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 mico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della Pubblica Amministrazione (15). Con gli strumenti attribuiti ai fini dellaccertamento di tentativi di infiltrazione mafiosa (16), il Prefetto, esaminando laffidabilit dellimprenditore, valuta la possibilit che lo stesso possa essere titolare di rapporti contrattuali con le pubbliche Amministrazioni o degli altri titoli abilitativi individuati dalla legge (17). lampia discrezionalit attribuita allorgano prefettizio comporta una serie di risvolti sia nellattivit volta allemissione del provvedimento interdittivo, sia nella valutazione degli elementi idonei a ritenere sussistente un tentativo di infiltrazione mafiosa nellimpresa attenzionata. Anche a seguito della recente approvazione del nuovo codice appalti, indubbia rilevanza acquistano gli appalti c.d. sotto soglia (18), costituenti in ambito applicativo la gran parte dei contratti pubblici stipulati dalle stazioni appaltanti. A tal proposito, il nuovo codice dei contratti pubblici e delle concessioni (d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), positivizzando un orientamento di natura pretoria, agli artt. 35 e 36 prevede, in sostanza, che le norme riguardanti i contratti oltre soglia si applicano anche ai contratti sotto soglia nei settori ordinari, salvo deroghe e specificazioni espressamente previste (19). possibile, quindi, trovare anche un appiglio allorientamento gi consolidato in giurisprudenza secondo cui il Prefetto pu interdire unimpresa dai rapporti con le pubbliche amministrazioni anche nel caso in cui linformativa venga richiesta in ipotesi di contratti sotto soglia. Sul punto, si chiarito che la circostanza che la normativa de qua sancisca lobbligo di acquisire linformazione esclusivamente nel caso di appalti di importo superiore alla soglia di rilevanza comunitaria non vale a fondare la tesi contraria relativamente agli appalti sotto soglia, per i quali, pertanto, linformazione deve ritenersi valida (20). in altri termini, pur non essendo previsto un obbligo di (15) cfr. Cons. St., sez. iii, 12 ottobre 2016, n. 4230; conforme, Cons. St., sez. iii, 10 ottobre 2016, n. 4170; id., 29 settembre 2016, n. 4030; id., 9 maggio 2016, n. 1846. (16) Sui poteri daccesso e di accertamento, si veda art. 93, d.lgs. n. 159/2011. (17) cfr., da ultimo, Cons. St., sez. iii, 10 marzo 2017, n. 1131. (18) v. art. 36, d.lgs. n. 50/2016 (c.d. nuovo Codice degli appalti e delle concessioni). Al riguardo, anche, f. MAnGAnAro, Soglie di rilevanza comunitaria nel codice dei contratti pubblici, in Urb. app., n. 8/9, 2016, ipsoa, p. 948 ss. (19) r. GArofoli - G. fErrAri, manuale di Diritto amministrativo, 2016, nel Diritto Editore, p. 1301. (20) T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 23 febbraio 2016, n. 377, ove si aggiunge che: si tratta infatti di una legittima prerogativa della p.a., sebbene lobbligo in argomento non sussista normativamente per gli appalti cc.dd. sotto soglia (Cons. Giust. amm., 17 gennaio 2011, n. 26), sicch legittimamente lamministrazione pu richiedere anche per essi le opportune informazioni antimafia al Prefetto. N valgono ad accreditare la diversa tesi interpretativa, considerazioni di politica legislativa o di una presunta maggior efficienza dellorganizzazione amministrativa, che non trovano fondamento nel diritto positivo, specialmente a fronte della necessit di contrastare le infiltrazioni mafiose, sempre pi frequenti DoTTrinA 229 acquisizione dellinformazioni antimafia nei contratti sotto soglia, nulla osta alla richiesta dellAmministrazione o della stazione appaltante di informazioni relative allimpresa con la quale andr a contrarre. lambito di applicazione dellinformativa antimafia, a seguito dellintroduzione dellart. 89-bis, d.lgs. n. 159/2011 (21), risulta, oggi, molto pi ampio. il sistema di repressione del fenomeno mafioso nel tessuto economico, tradizionalmente, era strutturato su un sistema parallelo: le infiltrazioni mafiose nel tessuto economico pubblico erano escluse, in via amministrativa, con lo strumento della documentazione antimafia; mentre, la repressione del medesimo fenomeno nelleconomia privata era per lo pi attribuita alla funzione giudiziaria. Tuttavia, lo Stato ha riconosciuto lesistenza di un intreccio tra economia pubblica ed economia privata tanto profondo da dover ormai ritenere irrilevante e inidonea la distinzione tra i due concetti nel circoscrivere il fenomeno mafioso, soprattutto in alcuni settori quali quelli delledilizia, dello smaltimento dei rifiuti o del trasporto di materiali in discarica (22). Di conseguenza, come sopra rilevato, anche la distinzione tra comunicazione e informazione antimafia ormai risultata obsoleta. Con lo strumento di cui allart. 89-bis, d.lgs. n. 159/2011, pertanto, il legislatore ha previsto che lufficio prefettizio, allesito di una richiesta di documentazione antimafia, ove ravvisi lesistenza di un tentativo di infiltrazione mafiosa, dovr emettere (23) uninformativa antimafia che tiene luogo della comunicazione antimafia richiesta. lart. 89-bis cit., quindi, in primo luogo, ha ampliato lambito di applicazione dellinformazione antimafia ai regimi amministrativi a carattere autorizzatorio (24), come, ad esempio, quello sottoposto a S.C.i.A. (25), in precedenza oggetto della comunicazione antimafia; in secondo luogo, ha aperto uno spiraglio di accesso alle attivit economiche private dello strumento interdittivo, in passato, relegato alle sole attivit economiche pubbliche. e insidiose anche negli appalti di modesto valore economico. In altre parole la presenza di una situazione di obbligo e, quindi, di doverosit della richiesta per appalti superiori alla soglia, non esclude la situazione giuridica di facolt o di potere della pubblica amministrazione in relazione alla richiesta in questione. Del tutto legittima, pertanto, la richiesta di informazioni antimafia da parte della stazione appaltante al Prefetto, anche per gli appalti cc.dd. sottosoglia (Cons. St. 3874/2014), come del tutto legittimo il rilascio di informazioni da parte del Prefetto circa il possibile rischio di infiltrazioni mafiose anche nelle imprese concorrenti a tali appalti; da ultimo, cfr. Cons. St., sez. iii, 20 luglio 2016, n. 3300. (21) inserito dallart. 2, comma 1, lett. d), d.lgs. 13 ottobre 2014, n. 153 (c.d. correttivo al codice antimafia). (22) Idem. Cons. St., sez. iii, n. 565/2017; id., n. 1080/2017. (23) Cons. St., sez. iii, n. 565/2017, ripresa, anche, da Cons. St., sez. iii, n. 1080/2017, diversamente, ritiene che lemissione dellinformativa in luogo della comunicazione antimafia di cui allart. 89-bis, d.lgs. n. 159/2011, costituisca una facolt e non un obbligo del Prefetto. (24) Cons. St., sez. iii, n. 565/2017; id., n. 1080/2017. (25) cfr., T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 27 febbraio 2017, n. 309. rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 3. Profili procedimentali. Quanto agli aspetti procedimentali, listruttoria si concretizza nellacquisizione da parte del Prefetto di tutte le informazioni di cui le Autorit di pubblica sicurezza sono in possesso, al fine di unobiettiva valutazione sulla possibilit di un eventuale utilizzo distorto dei finanziamenti pubblici destinati ad iniziative private o delle risorse pubbliche devolute al settore degli appalti pubblici (26). Stante la natura di provvedimento preventivo, esigenze di celerit e di riservatezza consentono di limitare la partecipazione del privato allattivit istruttoria volta allemissione dellinformativa interdittiva. Da tale presupposto, la giurisprudenza giustifica linsussistenza in capo allufficio prefettizio di un obbligo di comunicazione dellavvio del procedimento ex art. 7, l. 7 agosto 1990, n. 241 (27). Gi in vigenza dellabrogato d.P.r. 3 giugno 1998, n. 252, con riferimento al procedimento di aggiornamento delle informative oggi previsto dallart. 91, comma 5, d.lgs. n. 159/2011 -, il medesimo obbligo escluso nel caso di procedimento attivato su iniziativa di parte, con la conseguenza che precluso alla parte istante lamentare la mancata comunicazione dellavvio del procedimento cui ha dato impulso (28). nel corso dellistruttoria, lAmministrazione procedente potr valutare il rischio di inquinamento mafioso secondo il criterio del pi probabile che non, alla luce di una regola di giudizio che ben pu essere integrata da dati di comune esperienza, evincibili dallosservazione dei fenomeni sociali, qual , anzitutto, anche quello mafioso (29), non essendo necessario raggiungere il massimo grado di certezza probatoria tipico della logica penalistica (30). Sulla valutazione degli elementi raccolti in sede istruttoria, chiarito che gli stessi dovranno essere valutati organicamente, laddove una visione parcellizzata di un singolo elemento, o di pi elementi, non pu che far perdere ciascuno di essi la sua rilevanza nel suo legame sistematico con gli altri (31), potendo acquistare rilevanza le relazioni di polizia contenenti elementi di si (26) E. lEoTTA, I poteri certificativi del Prefetto quali strumenti di contrasto alla criminalit organizzata: inquadramento sistematico ed aspetti problematici, in www.giustizia-amministrativa.it. (27) in questo senso, T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 23 maggio 2016, n. 1078; id., 15 settembre 2016, n. 1804, secondo cui riguardo allinformazione antimafia, ai fini dellemissione di essa non richiesta alcuna comunicazione di avvio, a causa delle esigenze di celerit che derivano dal carattere sostanzialmente cautelare di tale provvedimento e della necessaria riservatezza delle attivit alla base di esso. (28) A. MEzzoTEro, Le informative prefettizie antimafia: natura, tipologie ed effetti interdittivi, in Giur. merito, 4, 2009, Giuffr, p. 1093. Per una definizione di aggiornamento, si v. anche f. CAM- Polo, Il procedimento di aggiornamento dellinformazione antimafia interdittiva: effetti e natura dellatto, in lexitalia.it. (29) T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, n. 1330/2016; Cons. St, sez. iii, n. 1743/2016. (30) Idem; cfr., anche, Cons. St., sez. iii, n. 1743/2016. (31) Idem. DoTTrinA 231 cura valenza indiziaria (32), o, anche, le dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia nel corso di un procedimento penale (33). Sul punto, il Consiglio di Stato ha, inoltre, ritenuto che la valutazione del provvedimento prefettizio si pu ragionevolmente basare anche su un solo indizio, che comporti presunzione, qualora essa sia ritenuta di tale precisione e gravit da rendere inattendibile gli elementi di giudizio ad essa contrari (34). Dallampia discrezionalit in materia di informazione interdittiva discende lulteriore corollario secondo cui il Prefetto non ha un obbligo di puntuale motivazione del provvedimento interdittivo, anche nel caso in cui listruttoria sia stata avviata su istanza di parte, come nel caso di richiesta di aggiornamento di una precedente informativa interdittiva (35). Al riguardo, si chiarito che linformazione interdittiva risulta sufficientemente motivata qualora dallesame del provvedimento sia percepibile il percorso motivazionale attraverso cui lAmministrazione procedente giunta alla determinazione assunta (36), risultando idonea anche una motivazione per relationem, se gli atti richiamati nel provvedimento prefettizio, emessi da organi giudiziari o amministrativi, gi contengono specifiche valutazioni degli elementi emersi (37). (32) Cons. St., sez. iii, 22 marzo 2017, n. 1321. (33) cfr. T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 19 febbraio 2016, n. 355, ove sono state ritenute sufficienti a rendere ragionevole ed attendibile la valutazione prognostica del pericolo (e non di esistenza certa) del condizionamento mafioso dellattivit di impresa le dichiarazioni rese da un collaboratore di giustizia nel corso di un procedimento penale estraneo al soggetto attenzionato dal provvedimento interdittivo. (34) Cons. St., sez. iii, n. 1743/2016. (35) cfr. T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 2 novembre 2016, n. 2069, ove, nel caso di specie, la societ ricorrente, tra i diversi motivi di impugnazione dellinformazione interdittiva emessa a seguito dellistanza di riesame di un precedente provvedimento prefettizio, ha dedotto lassenza di una puntuale valutazione del Prefetto sulle argomentazioni svolte dalla medesima nel corso dellistruttoria. (36) Idem. (37) T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 16 giugno 2016, n. 1282, ove si chiarisce che qualora i fatti riportati e valutati nelle indagini antimafia risultino chiari ed evidenti o quanto meno altamente plausibili (ad es. perch risultanti da articolati provvedimenti dellautorit giudiziaria o da relazioni ben fatte nel corso del procedimento), il provvedimento prefettizio, che in tali casi assume quasi un carattere vincolato nellottica del legislatore, si pu anche limitare a rimarcare la loro sussistenza, provvedendo di conseguenza; ove invece i fatti emersi nel corso del procedimento risultino in qualche modo marcatamente opinabili, e si debbano effettuare collegamenti e valutazioni, il provvedimento prefettizio deve motivatamente specificare quali elementi ritenga rilevanti e come essi si leghino tra loro; in altri termini, se gli atti richiamati nel provvedimento prefettizio, emessi da organi giudiziari o amministrativi, gi contengono specifiche valutazioni degli elementi emersi, il provvedimento prefettizio si pu intendere sufficientemente motivato per relationem, anche se fa ad essi riferimento; viceversa, se gli atti richiamati contengono una sommatoria di elementi eterogenei non ancora unitariamente considerati (ad es., perch si sono susseguite relazioni delle Forze dellordine indicanti meri dati di fatto), spetta al provvedimento prefettizio valutare tali elementi eterogenei. rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 4. Gli elementi sintomatici del tentativo di infiltrazione mafiosa. una volta definiti la finalit, lambito di applicazione e i profili procedi- mentali dellinformazione antimafia, appare utile rassegnare i principali elementi ritenuti, in giurisprudenza, sintomatici del tentativo di infiltrazione mafiosa nellimpresa. 4.1. I c.d. reati spia quali esemplificazione codicistica di fattispecie aperte. Gli elementi di precedenti informative e linformativa antimafia c.d. atipica. nel giudizio prognostico volto alla valutazione dellaffidabilit dellimprenditore nellinstaurazione di rapporti con la Pubblica Amministrazione, il Prefetto pu desumere un tentativo di infiltrazione mafiosa nellimpresa dallesistenza di provvedimenti penali in ordine ai c.d. reati spia indicati dallart. 84, comma 4, d.lgs. n. 159/2011. in tale ipotesi, il provvedimento giurisdizionale pu essere valutato nel suo valore estrinseco, ma il Prefetto deve nel contempo effettuarne un autonomo apprezzamento, nel suo contenuto intrinseco, delle risultanze penali, senza istituire un automatismo tra lemissione del provvedimento cautelare in sede penale e lemissione dellinformativa ad effetto interdittivo (38). Sulla natura dellart. 84, d.lgs. n. 159/2011, si ribadito che la norma di cui allart. 84, comma 4, del d.lgs. n. 159/2011 indica le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa che danno luogo alladozione dellinformazione antimafia interdittiva, ma la relativa elencazione non ha la funzione di tipizzare in maniera tassativa fattispecie in cui pu essere emesso un provvedimento interdittivo, come reso evidente dalla semplice lettura delle relative previsioni. accanto alle ipotesi di applicazione di misure cautelari, di condanna per determinati reati, di proposta di applicazione di misure di prevenzione, ve ne sono altre che sfuggono alla catalogazione quali fattispecie specifiche. Basti pensare alla previsione relativa agli accertamenti disposti dal prefetto anche avvalendosi dei poteri di accesso e di accertamento delegati dal ministro dellInterno e agli accertamenti da effettuarsi in altra provincia (39). in altri termini, le fattispecie elencate dallart. 84 cit. non sono connotate dalla tassativit, svolgendo una funzione meramente esemplificativa. Al riguardo, il Supremo Consesso di giustizia amministrativa ha esaustivamente chiarito che gli elementi di inquinamento mafioso, ben lungi dal costituire un numerus clausus, assumono forme e caratteristiche diverse secondo i tempi, i luoghi e le persone e sfuggono, per linsidiosa pervasivit e mutevolezza, anzitutto sul piano sociale, del fenomeno mafioso, ad un preciso inquadramento. Quello voluto dal legislatore ben consapevole di questo, dunque un catalogo aperto di (38) Cons. St., sez. iii, 2 marzo 2017, n. 982. (39) T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, n. 1078/2016, la quale riprende Cons. St., sez. iii, n. 1743/2016. DoTTrinA 233 situazioni sintomatiche del condizionamento mafioso (40). Tale osservazione in linea con la gi evidenziata natura preventiva dello strumento interdittivo. in relazione alla natura delle fattispecie elencate dallart. 84 cit., in giurisprudenza si sono affrontate ulteriori questioni attinenti sia ai rapporti tra informative antimafia c.d. tipiche (o interdittive) e informative antimafia c.d. atipiche o supplementari (o aggiuntive) (41), sia alla codificazione di fattispecie ante codice antimafia non tipizzate. Trattando unitamente i due aspetti, si chiarito che non sussiste alcuna contraddittoriet del- lazione amministrativa, qualora gli elementi posti a fondamento di uninformativa interdittiva siano i medesimi esaminati da una precedente informativa atipica (42), soprattutto nel caso in cui il mutato quadro normativo abbia tipizzato alcune fattispecie non previste, ma comunque valorizzate nel precedente provvedimento, attribuendo loro specifica e autonoma rilevanza ostativa (43). Profili di contraddittoriet (rectius, illegittimit) non si sono ravvisati neanche nella valorizzazione dei medesimi elementi posti a base di una precedente informativa annullata in sede giurisdizionale, il cui originario quadro indiziario risulta essere stato integrato nel corso della nuova istruttoria (44). (40) Cons. St., sez. iii, n. 1743/2016. (41) Per una definizione, in giurisprudenza, Cons. St., sez. iii, 31 dicembre 2014, n. 6465, in iusexplorer.it, con cui si chiarisce che linformativa antimafia c.d. atipica, a differenza di quella c.d. tipica, non ha carattere (direttamente) interdittivo, ma consente alla stazione appaltante lattivazione di una valutazione discrezionale in ordine allavvio o al prosieguo dei rapporti contrattuali, alla luce dellidoneit morale del partecipante alla gara di assumere la posizione di contraente con la Pubblica amministrazione, sicch la sua efficacia interdittiva pu eventualmente scaturire soltanto da una valutazione autonoma e discrezionale dellamministrazione destinataria. In sostanza linformativa antimafia atipica, ancorch non sia priva di effetti nei confronti delle amministrazioni, non ne comprime integralmente le capacit di apprezzamento, con la conseguenza che i provvedimenti di mantenimento o di risoluzione del rapporto devono essere comunque il frutto di una scelta motivata della stazione appaltante. in dottrina, A. MEzzoTEro, op. cit., p. 1088 ss.; anche, r. AnTillo, La giurisdizione in materia di atti adottati in autotutela a seguito di certificazione antimafia a contenuto interdittivo. In particolare la revoca dei contributi. analisi in controtendenza, in www.diritto.it. Sulla sopravvivenza dellistituto a seguito dellentrata in vigore del d.lgs. n. 159/2011, invece, B. MACrill, Notazioni sulla supposta abrogazione dellinformativa antimafia atipica, in lexitalia.it. (42) cfr., da ultimo, Cons. St., sez. iii, n. 1321/2017. (43) cfr. T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, n. 2069/2016, ove, nel caso di specie, il Ministero dellinterno nelle proprie difese ha evidenziato come lomessa denuncia allAutorit Giudiziaria del reato di estorsione ex art. 629 c.p., a seguito dellentrata in vigore del codice antimafia, abbia acquistato autonoma rilevanza (v. art. 84, d.lgs. n. 159/2011). in particolare, lomessa denuncia del reato era scaturita dalla falsa testimonianza dellamministratore della societ interdetta in un procedimento penale, il quale aveva dichiarato di aver consegnato una somma di denaro agli imputati a titolo di mutuo, invece che a consumazione del reato estorsivo. (44) cfr., da ultimo, Cons. St., sez. iii, 10 novembre 2016, n. 4662, secondo cui il fatto che alcuni [elementi: n.d.r.] siano stati considerati nellinterdittiva annullata perde rilievo una volta che gli stessi sono dedotti allinterno del nuovo quadro indiziario. Cfr, anche, T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, n. 1078/2016. rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 4.2. Le vicende dellimpresa e dei soggetti ad essa riconducibili. Costituiscono elementi idonei ai fini della valutazione del tentativo di infiltrazione mafiosa nellimpresa le vicende penali, i procedimenti o processi penali che hanno attinto i titolari, i soci, gli amministratori, i direttori generali o i collaboratori dellimpresa, per uno dei delitti spia di cui allart. 84, d.lgs. n. 159/2011 (45). Al riguardo, in giurisprudenza stata ritenuta legittima linformazione interdittiva che abbia tenuto conto dellesistenza di un procedimento penale nei confronti del revisore legale della societ per il reato di riciclaggio di cui allart. 648-bis c.p. (46). rilevanza stata attribuita, inoltre, al deferimento del socio accomandatario della societ per alcuni dei reati spia (47), cos come alla ricollegabilit dei dipendenti dellimpresa a sodalizi criminali (48). Sui fatti posti a fondamento del provvedimento interdittivo, si ritenuto che possono essere anche non penalmente rilevanti o non costituire oggetto di procedimenti o di processi penali o, addirittura e per converso, possono essere gi stati oggetto del giudizio penale, con esito di proscioglimento o di assoluzione (49). in particolare, sulle pronunce di proscioglimento o di assoluzione, il Consiglio di Stato ha precisato che la loro rilevanza emerge qualora dalla motivazione della sentenza si desume un condizionamento mafioso dellimpresa, anche incolpevole, che pregiudichi le libere logiche imprenditoriali (50). in ogni caso, non sufficiente che il ricorrente offra in (45) Si veda, anche, art. 85, d.lgs. n. 159/2011. (46) cfr. T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 15 settembre 2016, n. 1808, ove si ritenuta priva di pregio la doglianza della societ ricorrente relativa alla violazione del principio di irretroattivit delle norme penali, dovuta alla valutazione delle vicende penali del revisore legale della societ entrato in carica in una data antecedente alle modifiche apportate dal d.lgs. 15 novembre 2012, n. 218 allart. 85, d.lgs. n. 159/2011, che ha esteso le verifiche antimafia ai membri del collegio sindacale. (47) cfr. T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 15 aprile 2016, n. 791, ove, nel caso di specie, tra la pluralit di elementi che, considerati nella loro globalit, costituiscono un quadro indiziario pi che sufficiente a far ritenere la sussistenza di un condizionamento della societ ricorrente da parte di organizzazioni malavitose ha acquisito valore la circostanza del deferimento allAutorit Giudiziaria del socio accomandatario della societ. Si osserva, comunque, che nel corso del giudizio, il T.A.r. ha ordinato allufficio prefettizio di riferire sullo sviluppo e sugli esiti del deferimento del socio accomandatario. (48) cfr. T.A.r. Calabria, sez. i, 29 giugno 2016, n. 1328, ove si riferisce che la peculiare valenza indiziaria dello stretto rapporto parentale della ricorrente con appartenenti al sodalizio mafioso [] peraltro avvalorata dalla ulteriore circostanza che, tra i dipendenti assunti dalla azienda figuri un soggetto controindicato, a carico del quale sussistono precedenti di polizia per reati normalmente connessi a quello di associazione di stampo mafioso; inoltre, id., n. 1282/2016 cit., in cui considerevole rilievo stato attribuito alla circostanza relativa allo svolgimento, nel corso del tempo, di prestazioni di lavoro alle dipendenze della societ ricorrente di soggetti legati da rapporti di parentela o di coniugio a soggetti ritenuti esponenti di spicco della consorteria insistente nel medesimo luogo ove ha sede limpresa. (49) T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, n. 1330/2016; pi esaustiva Cons. St., sez. iii, n. 1743/2016 secondo cui le sentenze di proscioglimento o di assoluzione hanno una specifica rilevanza, ove dalla loro motivazione si desuma che titolari, soci, amministratori, direttori generali dellimpresa, pur essendo andati esenti da condanna, abbiano comunque subto, ancorch incolpevolmente, un condizionamento mafioso che pregiudichi le libere logiche imprenditoriali. DoTTrinA 235 giudizio solamente notizie di pronunce di proscioglimento, essendo necessario che lo stesso riesca a dimostrare che lemissione di esse possa implicare un vizio di manifesta illogicit o contraddittoriet o difetto di istruttoria (51). Anche le vicende anomale dellimpresa possono essere sintomatiche di un tentativo di infiltrazione mafiosa. Costituiscono, infatti, elementi utili ai fini dellemissione di interdittive antimafia le sostituzioni nella titolarit delle imprese individuali o delle quote societarie, che possono rilevare quale vicenda anomala nella formale struttura dellimpresa, finalizzata ad eludere la normativa sulla documentazione antimafia, ovvero considerarsi quale vicenda anomala nella concreta gestione dellimpresa riconducibile, ad esempio, al fenomeno delle c.d. teste di legno (52). Tra le vicende anomale nella gestione dellimpresa sono da ricomprendere anche fenomeni di promiscuit di forze umane e di mezzi o la sussistenza di collaborazioni con imprese a loro volta colpite da interdittive antimafia, la cui intensit permette di considerare esistente una continuit dellimpresa attenzionata con quella gi interdetta (53). Tale orientamento deve essere coordinato con quanto disposto dallart. 95, d.lgs. n. 159/2011, secondo cui se taluna delle situazioni da cui emerge un tentativo di infiltrazione mafiosa, di cui allarticolo 84, comma 4, ed allarticolo 91, comma 6, interessa unimpresa diversa da quella mandataria che partecipa ad unassociazione o raggruppamento temporaneo di imprese, le cause di divieto o di sospensione di cui allarticolo 67 non operano nei confronti delle altre imprese partecipanti quando la predetta impresa sia estromessa o sostituita anteriormente alla stipulazione del contratto. La sostituzione pu essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione delle informazioni del prefetto qualora esse pervengano successivamente alla stipulazione del contratto. Anche in ipotesi di avvalimento di cui allart. 89, d.lgs. n. 50/2016 gli obblighi previsti dalla normativa antimafia a carico del concorrente si applicano anche nei confronti del soggetto ausiliario, in ragione dellimporto del- lappalto posto a base di gara. infine, anche la commissione di atti intimidatori nei confronti di possibili (50) Cons. St., sez. iii, n. 1743/2016. (51) T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, n. 1078/2016. (52) cfr. T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 29 agosto 2016, n. 1659; anche, Cons. St., sez. iii, n. 1743/2016. (53) cfr. T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 23 febbraio 2016, n. 374, nella quale il T.A.r. ha ritenuto che profili di gran lunga pi significativi sono quelli inerenti i rapporti tra limpresa del ricorrente e limpresa dello zio [], raggiunto da misure interdittive dovute a pericoli di infiltrazione mafiosa. Si tratta di rapporti molto stretti, al punto che le due imprese, almeno in alcune occasioni, hanno anche operato unitariamente nellattivit nel settore boschivo, con forme di collaborazione che si sono manifestate anche con lutilizzazione comune di mezzi e attrezzature. rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 imprese concorrenti nella committenza pubblica (54) pu costituire un sintomo di infiltrazione (rectius, di conduzione) mafiosa dellimpresa. Di contro, si ritenuto che non possa costituire valida argomentazione caducatoria del provvedimento interdittivo il fatto che il titolare dellimpresa sia stato, a suo tempo, vittima di intimidazioni, trattandosi di elementi che non escludono e non attenuano la possibilit che limpresa risulti, secondo la valutazione discrezionale del prefetto, soggetta al rischio di infiltrazioni da parte della criminalit organizzata (55). 4.3. I rapporti di parentela. lanalisi dei rapporti di parentela costituisce sicuramente un elemento imprescindibile nella valutazione del pericolo di infiltrazione mafiosa nel- limpresa. Tale indagine, infatti, acquista notevole rilevanza soprattutto nel territorio calabrese, ove, comՏ noto, le consorterie mafiose sono caratterizzate da una organizzazione su base parentale e dalla prevalente partecipazione alle stesse di soggetti facenti parte del medesimo nucleo familiare. Tuttavia, lorgano procedente deve prestare una particolare attenzione nella valutazione dei rapporti di parentela, al fine di non incorrere in vizi di eccesso di potere. infatti, ormai consolidato il principio secondo cui dal mero rapporto di parentela non si pu presumere che il parente del mafioso sia anchegli mafioso (56), dovendo il Prefetto, di contro, valutare leffettiva influenza, cointeressenza, copertura o solidariet della famiglia nellimpresa. i rapporti di parentela tra titolari, soci, amministratori, direttori generali dellimpresa e familiari che siano esponenti, affiliati, organici o contigui a consorterie mafiosa, quindi, non rilevano sic et simpliciter, bens qualora tale rapporto, per la sua natura, intensit, o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere, per la logica del pi probabile che non, che limpresa abbia una conduzione collettiva e una rega familiare (di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti) ovvero che le decisioni sulla sua attivit possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia mediante il contatto col proprio congiunto (57). Pertanto, alcune circostanze obiettive quali la convivenza, la cointeressenza di interessi economici, il coinvolgimento in fatti anche che non (54) cfr. T.A.r. Calabria, sez. i, n. 791/2016, ove, oltre il rilievo gi evidenziato nella nota n. 25, nella valutazione complessiva dei vari elementi posti a fondamento del provvedimento interdittivo, il T.A.r. ha ritenuto correttamente valorizzata anche la denuncia nei confronti di un dipendente e del titolare dellimpresa, per aver gli stessi esploso colpi darma da fuoco allinterno di una azienda concorrente, al fine di inibirla dalla partecipazione ad una gara pubblica. (55) T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 30 marzo 2016, n. 575. (56) Cons. St., sez. iii, n. 1743/2016. (57) T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, n. 1330/2016, ove si richiama quanto gi compendiato da Cons. St., sez. iii, n. 1743/2016. DoTTrinA 237 abbiano dato luogo a condanne in sede penale, acquistano rilevanza nel giudizio prognostico cui chiamata lAmministrazione procedente. Sulla base di tale orientamento, si considerato correttamente valutato il rapporto di filiazione della titolare di unimpresa con un soggetto ritenuto esponente di spicco della locale consorteria; circostanza avvalorata anche dallassunzione alle dipendenze dellimpresa di alcuni familiari con precedenti per associazione di stampo mafioso (58). Si ritenuto sintomo di infiltrazione mafiosa nellimpresa, anche, il rapporto di coniugio del titolare dellimpresa con un soggetto condannato per tentata truffa in concorso ed inserita in un contesto familiare di cui fanno parte [] soggetti ritenuti appartenenti a cosca di ndrangheta (59). 4.4. Le frequentazioni. Anche la valutazione dei rapporti di frequentazione connotata da una particolare difficolt nellindagine volta a verificare lesistenza di infiltrazioni mafiose, soprattutto nellipotesi in cui limpresa svolge la propria attivit allinterno di un contesto sociale di modesta estensione. Sul punto, in giurisprudenza si precisato che i rapporti di frequentazione, di conoscenza, di colleganza e di amicizia con soggetti raggiunti da provvedimenti penali o di prevenzione antimafia acquistano rilevanza qualora non siano frutto di casualit o di necessit. Di conseguenza, risultano correttamente valorizzabili i ripetuti contatti e/o le frequentazioni con soggetti riconducibili a sodalizi mafiosi, ovvero che risultino avere precedenti penali o che siano stati destinatari di misure di prevenzione (60). in tale ottica, ruolo fondamentale svolto anche dalla consapevolezza del- limprenditore di intrattenere frequentazioni con soggetti mafiosi o, per altro verso, di porsi su una pericolosa linea di confine tra legalit e illegalit (61). nella casistica affrontata dalla giurisprudenza, si sono ritenuti elementi idonei da cui desumere lesistenza di un pericolo di infiltrazione mafiosa i controlli effettuati dalle forze dellordine relativi a frequentazioni con precedenti per estorsione e ricettazione; la partecipazione a celebrazioni funebri di parenti di soggetti ritenuti elementi di spicco di famiglie mafiose e, per converso, a cerimonie funebri di soggetti mafiosi vittime di omicidio (62). 5. Lattualit del pericolo di infiltrazione mafiosa. una volta evidenziati i principali elementi indiziari idonei allemissione (58) cfr. T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, n. 1328/2016; cfr., anche, T.A.r. Calabria, reggio Calabria, sez. dist., 15 novembre 2016, n. 1134. (59) T.A.r. Calabria, reggio Calabria, sez. dist., 14 novembre 2016, n. 1124. (60) in questo senso, cfr. Cons. St., sez. iii, n. 1743/2016. (61) Idem. (62) cfr., T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, n. 1808/2016. rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 del provvedimento interdittivo, risulta utile affrontare la questione dellattualit del pericolo di infiltrazione mafiosa. Al riguardo, si rileva che ormai consolidato in giurisprudenza lorientamento secondo cui possibile desumere tentativi di ingerenza anche da indizi risalenti nel tempo, come controlli delle forze dellordine relative alle frequentazioni del titolare, dei soci o degli amministratori dellimpresa; pronunce emesse a seguito di procedimenti penali definitisi nel tempo; elementi mutuati da altri precedenti provvedimenti interdittivi. Tali indizi, per risultare la conseguente valutazione esente da vizi di eccesso di potere, devono essere attualizzati, risultando necessario che, allesito dellistruttoria, emerga il filo rosso che connette ad elementi concreti pi antichi, altri dati istruttori pi recenti (63). Pertanto, gli elementi risalenti nel tempo, di per s, non possono giustificare lemissione di un provvedimento interdittivo, n risultare idonei alla reiterazione dello stesso, ma possono costituire, di contro, un valido supporto nellanalisi del rinnovato quadro indiziario finalizzato ad accertare laffidabilit dellimpresa che intende intraprendere (o ha intrapreso) rapporti con la Pubblica Amministrazione. 6. Profili processuali in materia di informative antimafia. La giurisdizione in materia di impugnazione del provvedimento prefettizio. Come sopra rilevato, lesercizio del potere autoritativo (64) in materia di informazione antimafia connotato da discrezionalit tecnica dellAutorit procedente. Dunque, le valutazioni svolte dal Prefetto con il provvedimento interdittivo sono sindacabili in ordine ai soli profili di manifesta illogicit, irragionevolezza e travisamento dei fatti (65), sia con lo strumento del ricorso straordinario al Presidente della repubblica sia innanzi al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione generale di legittimit, rimanendo, comunque, esclusa la possibilit di svolgere un sindacato pieno e assoluto sugli esiti della stessa (66). 6.1. (segue) Gli effetti dellinformativa antimafia sulla giurisdizione nelle controversie relative al recesso della stazione appaltante dal contratto gi stipulato. (63) in questi termini, relazione introduttiva del Presidente Vincenzo Salamone e dei magistrati Francesco Tallaro e Germana Lo Sapio in occasione dellinaugurazione dellanno giudiziario 2016, in www.giustizia-amministrativa.it. Cfr., anche, Cons. St., sez. iii, 5 febbraio 2016, n. 463; T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, n. 1330/2016. (64) cfr. A. CErrETo, recesso della p.a. da un contratto di appalto di lavori pubblici per effetto di informativa antimafia e riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e amministrativo, con osservazioni alla sentenza Cass. S.U. 29 agosto 2008 n. 21928 e spiragli di razionalizzazione del sistema di riparto sulla sorte del contratto, in www.giustizia-amministrativa.it. (65) cfr. Cons. St., sez. iii, 31 agosto 2016, n. 3754; anche Cons. St., sez. iii, n. 1131/2017. (66) T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, n. 1078/2016; Cons. St., sez. iii, n. 1743/2016. DoTTrinA 239 linformazione antimafia interdittiva produce effetti anche riguardo al giudice chiamato a dirimere le controversie inerenti le patologie del rapporto. ComՏ noto, negli appalti pubblici, la giurisdizione in ordine alle controversie sorte successivamente alla stipula del contratto attribuita al giudice ordinario; ci, anche, nelle ipotesi di recesso ex art. 21-sexies, l. n. 241/1990, ove si ha lesercizio di diritti potestativi ascrivibili allautotutela di natura privatistica (67). Tuttavia, la regola su indicata viene meno qualora il recesso esercitato dalla stazione appaltante sia consequenziale allemissione di una informativa antimafia. in questa fattispecie, le controversie in materia di recesso della p.a. sono attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo. Sul punto, la Corte di Cassazione, in sede di regolamento di giurisdizione, ha precisato che lesercizio del recesso in esame ҏ espressione di un potere autoritativo di valutazione dei requisiti soggettivi del contraente, il cui esercizio consentito anche nella fase di esecuzione del contratto dal D.P.r. n. 252 del 1998, art. 11, comma 2 [oggi, dagli artt. 92, comma 3, e 94, comma 2, d.lgs. n. 159/2011: n.d.r.], e che attiene alla scelta del contraente stesso. Tale potere estraneo alla sfera del diritto privato, a differenza del recesso previsto dalla L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 345, all. F, (in relazione al quale spetta al Giudice ordinario verificarne la sussistenza dei presupposti: Cass. n. 10160/2003). Il recesso di cui si tratta, in altri termini, non trova fondamento in inadempienze verificatesi nella fase di esecuzione del contratto, ma consequenziale allinformativa del Prefetto [] e quindi espressione di un potere di valutazione di natura pubblicistica diretto a soddisfare lesigenza di evitare la costituzione o il mantenimento di rapporti contrattuali fra i soggetti indicati nel cit. D.P.r. art. 1 [ossia, le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico e le societ o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico: n.d.r.] e imprese nei cui confronti emergono sospetti di collegamenti con la criminalit organizzata (68). 6.2. (segue) Gli effetti dellinformativa antimafia sulla giurisdizione nelle controversie relative alla revoca dellaggiudicazione. la giurisdizione del giudice amministrativo insiste anche nelle ipotesi di revoca dellaggiudicazione; perfino successivamente alla stipula del contratto. Al riguardo, si chiarito che linformativa antimafia interdittiva sopravvenuta in corso di esecuzione di un contratto gi stipulato non costituisce una sopravvenienza che impedisce la prosecuzione del contratto, ma laccerta (67) cfr. Cons. St., sez. V, 22 maggio 2015, n. 2562. (68) in questi termini, Cass. civ., sez. un., 29 agosto 2008, n. 21928; conforme, Cass. civ., sez. un., 27 gennaio 2014, n. 1530. rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 mento dellincapacit originaria del privato ad essere parte contrattuale della pubblica amministrazione (69). lesercizio del potere di revoca dellaggiudicazione, dunque, stato ricondotto tra le ipotesi indicate dallart. 133, comma 1, lett. e), n. 1, c.p.a., ai sensi del quale le controversie relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture sono attribuite alla giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo (70). 6.3. (segue) La competenza. Ai fini della definizione della competenza territoriale del giudice dellimpugnazione, preliminarmente, occorre accennare alle disposizioni (sostanziali) sulla competenza nellemissione del provvedimento interdittivo. Ai sensi dellart. 90, d.lgs. n. 159/2011, il Prefetto competente al rilascio dellinformazione antimafia quello della provincia in cui le persone fisiche, le imprese, le associazioni o i consorzi risiedono o hanno la sede legale, ovvero quello della provincia in cui stabilita una sede secondaria con rappresentanza stabile nel territorio dello Stato per le societ estere. Ci posto, nel caso di impugnazione del solo provvedimento interdittivo, il Tribunale Amministrativo regionale territorialmente competente per il giudizio sar quello nella cui circoscrizione ha sede lufficio prefettizio, in ossequio al c.d. criterio della sede dellorgano di cui allart. 13, comma 1, c.p.a. (71). la competenza territoriale come su individuata insiste, anche, nellipotesi in cui il ricorrente impugni congiuntamente il provvedimento prefettizio e i conseguenti atti applicativi. Al riguardo, lAdunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha chiarito che giudice competente sar quello previsto per limpugnazione del primo provvedimento; diversamente, sulla medesima informativa antimafia potrebbe variamente radicarsi la competenza di diversi TT.aa.rr. Infatti, nel caso in cui il ricorrente impugni la sola informativa sarebbe territorialmente competente il Tar del luogo ove ha sede la Prefettura che ha adottato latto; se il ricorrente impugnasse contestualmente (o con motivi aggiunti), anche gli atti successivi adottati dalla stazione appaltante diventerebbe funzionalmente competente il Tar del luogo ove ha sede tale stazione appaltante. In questo modo, pertanto, potrebbe essere il comportamento del ricorrente a determinare il giudice competente, creando unoccasione di forum shopping che il nuovo c.p.a. ha inteso evitare. Inoltre, nel caso di informative analoghe, rilasciate a differenti stazioni appaltanti dalla medesima Prefettura sulla base delle medesime risultanze acquisite, si radicherebbe la competenza funzionale di differenti TT.aa.rr. a seconda di dove abbiano sede le stazioni appaltanti (69) cfr. Cons. St., sez. iV, 20 luglio 2016, n. 3247. (70) Idem. (71) cfr. Cons. St., ad. plen., 31 luglio 2014, n. 17. DoTTrinA 241 i cui atti applicativi vengono impugnati, unitamente alle informative, con differenti ricorsi (72). Dunque, ai fini della determinazione della competenza nel caso in esame, si dovr tenere conto dellinteresse principale del ricorrente, che ҏ quello di contestare in radice la sussistenza dei presupposti che hanno condotto allemissione dellinformativa, per cui il giudizio avente ad oggetto linformativa avrebbe carattere principale e il giudizio avente ad oggetto latto applicativo avrebbe carattere accessorio. Pertanto, ritenendo applicabile, ex art. 39 c.p.a., lart. 31 c.p.c. che disciplina i rapporti di connessione tra causa principale e causa accessoria si giunge a ritenere competente, in caso di contestuale impugnazione dellinformativa prefettizia e dellatto applicativo, il giudice competente a conoscere della prima. Dispone infatti lart. 31 c.p.c. che la domanda accessoria pu essere proposta al giudice territorialmente competente a conoscere per la domanda principale affinch sia decisa nello stesso processo (73). 6.4. (segue) Il rito applicabile. Quanto al rito applicabile, il giudizio di impugnazione dellinformazione antimafia interdittiva segue quello di annullamento di cui allart. 29 c.p.a. Alcuni dubbi sono sorti, invece, in ordine al rito applicabile nellipotesi di impugnazione del provvedimento prefettizio e dei conseguenti atti delle stazioni appaltanti. Sul punto, il Consiglio di Stato ha chiarito che lautonomia e la trasversalit dellistituto, comportano lassoggettamento dellimpugnazione del provvedimento al rito ex art 29 c.p.a. e non a quello di cui agli artt. 119 e 120 c.p.a., anche qualora linformativa interdittiva abbia costituito il presupposto dellesercizio del potere di recesso della stazione appaltante dal contratto gi stipulato e lo stesso provvedimento prefettizio sia stato impugnato con autonomo giudizio, poi, riunito a quello proposto avverso il recesso (74). Tanto giustificato dal fatto che la risoluzione pubblicistica del rapporto eccezionalmente riconosciuto alla stazione appaltante dallart. 92, comma 4, del d.lgs. n. 159 del 2011 [] non costituisce propriamente loggetto o leffetto di uno degli atti delle procedure di affidamento, ma il contenuto di un atto vincolato della stazione appaltante, la conseguenza necessitata, a valle, di una valutazione compiuta dal Prefetto, a monte, in ordine ad un requisito fondamentale richiesto dallordinamento per la partecipazione alle gare o [] di una indispensabile capacit giuridica: limpermeabilit mafiosa delle imprese concorrenti. Laccertamento di tale indispensabile capacit giuridica spetta al Prefetto con un atto tipica espressione di una ampia di (72) Idem. (73) Idem. (74) cfr. Cons. St., sez. iii, 26 gennaio 2017, n. 319. rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 screzionalit nellesercizio di tale funzione connessa alla tutela dellordine pubblico e alla prevenzione antimafia e, proprio in quanto tale, non corretto ricondurla e relegarla alla sola materia delle procedure di gara, che del resto non ne esaurisce il ben pi vasto raggio applicativo, e alla relativa disciplina processuale, di cui quindi errato invocare la ratio acceleratoria e la dimidiazione dei termini (75). 7. Conclusioni. una volta rassegnati gli sviluppi giurisprudenziali in materia di informazioni antimafia, appare utile accennare anche ai recenti arresti normativi concernenti, seppur indirettamente, listituto in esame. Quanto alla normativa sugli appalti, se il precedente codice di cui al d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 non ha apportato alcuna modifica alla normativa antimafia (76), anche il suo successore ha mantenuto la stessa linea. in verit, nel nuovo codice degli appalti assente una disposizione di rinvio (generale) esterno quale labrogato art. 247, d.lgs. n. 163/2006, che manteneva ferme le vigenti disposizioni in materia di prevenzione della delinquenza di stampo mafioso e di comunicazioni e informazioni antimafia, essendovi solo alcuni specifici richiami alla documentazione antimafia, come quello contenuto negli artt. 80, 108 e 109, d.lgs. n. 50/2016. il nuovo codice, inoltre, non ha apportato aggiornamenti ai richiami delle disposizioni antimafia al precedente codice appalti, risultando ancora rinvii allabrogato d.lgs. n. 163/2006 (77). restano, pertanto, ferme le disposizioni in materia da ultimo modificate dal decreto correttivo al codice antimafia di cui al d.lgs. 13 ottobre 2014, n. 153. non si pu non evidenziare, quindi, loccasione persa dal legislatore delegato nel riordinare e semplificare la disciplina della documentazione antimafia. in primo luogo, si osserva che il novellato art. 92, rubricato Termini per il rilascio delle informazioni, riproduce (78), in parte, quanto gi disposto (75) Idem. (76) cfr. A. MEzzoTEro, op. cit., p. 1076. (77) Si veda, a titolo esemplificativo, lart. 83, comma 2, d.lgs. n. 159/2011, secondo cui La disposizione di cui al comma 1 si applica ai contraenti generali di cui allarticolo 176 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, di seguito denominati contraente generale. lart. 176 cit. stato sostanzialmente riprodotto nellart. 194, d.lgs. n. 50/2016. (78) Art. 92, comma 3, d.lgs. n. 159/2011: Decorso il termine di cui al comma 2, primo periodo, ovvero, nei casi di urgenza, immediatamente, i soggetti di cui allarticolo 83, commi 1 e 2, procedono anche in assenza dellinformazione antimafia. I contributi, i finanziamenti, le agevolazioni e le altre erogazioni di cui allarticolo 67 sono corrisposti sotto condizione risolutiva e i soggetti di cui allarticolo 83, commi 1 e 2, revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti, fatto salvo il pagamento del valore delle opere gi eseguite e il rimborso delle spese sostenute per lesecuzione del rimanente, nei limiti delle utilit conseguite. il successivo comma 4 aggiunge: La revoca e il recesso di cui al comma 3 si applicano anche quando gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa siano accertati successivamente alla stipula del contratto, alla concessione dei lavori o allautorizzazione del subcontratto. DoTTrinA 243 sostanzialmente -dallart. 94 (Effetti delle informazioni del prefetto), comma 2, a tenore del quale qualora il prefetto non rilasci linformazione interdittiva entro i termini previsti, ovvero nel caso di lavori o forniture di somma urgenza di cui allarticolo 92, comma 3 qualora la sussistenza di una causa di divieto indicata nellarticolo 67 o gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa di cui allarticolo 84, comma 4, ed allarticolo 91, comma 6, siano accertati successivamente alla stipula del contratto, i soggetti di cui allarticolo 83, commi 1 e 2, salvo quanto previsto al comma 3, revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti fatto salvo il pagamento del valore delle opere gi eseguite e il rimborso delle spese sostenute per lesecuzione del rimanente, nei limiti delle utilit conseguite. in disparte alla ripetizione delle disposizioni, si ritiene che linciso contenuto nellart. 92, comma 3, secondo periodo, secondo cui i soggetti di cui allarticolo 83, commi 1 e 2, revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti [], cos come il successivo comma 4 del medesimo articolo, avrebbero trovato una giusta collocazione sistematica nellart. 94, disciplinante gli effetti delle informative interdittive. in secondo luogo, a seguito dellintroduzione dellart. 89-bis, d.lgs. n. 159/2011, non si ravvisa alcuna utilit pratica nel mantenimento dellattuale architettura della documentazione antimafia, fondata sulla bipartizione tra comunicazione e informazione antimafia. ragioni di semplificazione e di chiarezza normativa avrebbero dovuto indurre il legislatore delegato ad inglobare listituto della comunicazione antimafia in quello della informazione. Tra laltro, si osserva che la definizione di informazione antimafia riproduce interamente quella della comunicazione antimafia, aggiungendo alla funzione di questultima quella ulteriore di attestazione della sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle societ o imprese interessate. inoltre, anche gli effetti dei due strumenti sono ormai coincidenti. la disposizione di cui allart. 88, comma 4-bis, d.lgs. n. 159/2011, infatti, viene replicata al successivo art. 92, comma 3, d.lgs. n. 159/2011. in conclusione, ormai evidente che, a causa dellinutilit della distinzione tra i due istituti, soprattutto a seguito dellintroduzione dellart. 89-bis cit., sarebbe consono un intervento di razionalizzazione della materia. Bibliografia. A. CErrETo, recesso della p.a. da un contratto di appalto di lavori pubblici per effetto di informativa antimafia e riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e amministrativo, con osservazioni alla sentenza Cass. S.U. 29 agosto 2008 n. 21928 e spiragli di razionalizzazione del sistema di riparto sulla sorte del contratto, in www.giustizia-amministrativa.it. r. GArofoli - G. fErrAri, manuale di Diritto amministrativo, 2016, nel Diritto Editore. rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 E. lEoTTA, I poteri certificativi del Prefetto quali strumenti di contrasto alla criminalit organizzata: inquadramento sistematico ed aspetti problematici, in www.giustizia-amministrativa.it. f. MAnGAnAro, Soglie di rilevanza comunitaria nel codice dei contratti pubblici, in Urb. app., n. 8/9, 2016, ipsoa. B. MACrill, Notazioni sulla supposta abrogazione dellinformativa antimafia atipica, in lexitalia.it. A. 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St., sez. iii, 9 maggio 2016, n. 1846; Cons. St., sez. iV, 20 luglio 2016, n. 3247; Cons. St., sez. iii, 20 luglio 2016, n. 3300; Cons. St., sez. iii, 31 agosto 2016, n. 3754: Cons. St., sez. iii, 29 settembre 2016, n. 4030; Cons. St., sez. iii, 10 ottobre 2016, n. 4170; Cons. St., sez. iii, 12 ottobre 2016, n. 4230; Cons. St., sez. iii, 10 novembre 2016, n. 4662; Cons. St., sez. iii, 26 gennaio 2017, n. 319; Cons. St., sez. iii, 9 febbraio 2017, n. 565; Cons. St., sez. iii, 2 marzo 2017, n. 982; Cons. St., sez. iii, 7 marzo 2017, n. 1080; Cons. St., sez. iii, 8 marzo 2017, n. 1109; Cons. St., sez. iii, 10 marzo 2017, n. 1131; Cons. St., sez. iii, 22 marzo 2017, n. 1321. T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 19 febbraio 2016, n. 355; T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 23 febbraio 2016, n. 374; T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 23 febbraio 2016, n. 377; T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 30 marzo 2016, n. 575; DoTTrinA 245 T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 15 aprile 2016, n. 791; T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 23 maggio 2016, n. 1078; T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 16 giugno 2016, n. 1282; T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 29 giugno 2016, n. 1328; T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 29 giugno 2016, n. 1330; T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 29 agosto 2016, n. 1659; T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 15 settembre 2016, n. 1804; T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 15 settembre 2016, n. 1808; T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 2 novembre 2016, n. 2069; T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 27 febbraio 2017, n. 309; T.A.r. Calabria, reggio Calabria, sez. dist., 14 novembre 2016, n. 1124; T.A.r. Calabria, reggio Calabria, sez. dist., 15 novembre 2016, n. 1134. rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 Sistemi elettorali e rappresentativit Glauco Nori* le sentenze della Corte Costituzionale in materia di legge elettorale registrano qualche vuoto di motivazione, come per esempio la sentenza n. 35/2017, perch su questioni di principio una motivazione troppo dettagliata pu complicare le cose pi che semplificarle. Ma a complicare le cose in tema di leggi elettorali e rappresentativit la crescente astensione al voto. Vediamo perch. 1. la Corte costituzionale con la sentenza n. 1/2014 ha dichiarato la illegittimit costituzionale del premio di maggioranza, come allora era articolato, perch dette norme producono una eccessiva divaricazione tra la composizione dellorgano di rappresentanza politica, che al centro del sistema di democrazia rappresentativa e della forma di governo parlamentare prefigurati dalla Costituzione, e la volont dei cittadini espressa attraverso il voto, che costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranit popolare, secondo lart. 1, secondo comma Cost.. Ha, di conseguenza, dichiarato la illegittimit costituzionale delle nome impugnate perch consentono una illimitata compressione della rappresentativit della assemblea parlamentare, incompatibile con i principi costituzionali in base ai quali le assemblee parlamentari sono sedi esclusive della rappresentanza politica nazionale (art. 67 cost.). Secondo la Corte alla rappresentativit si pu portare un correttivo ma non rovesciare la ratio della formula elettorale prescelta. Adottato il criterio proporzionale, si dovrebbe essere coerenti e non si potrebbe neutralizzarlo oltre i limiti della ragionevolezza. Diverso il caso, e la Corte ha tenuto a precisarlo, quando si ricorre al collegio uninominale, non fondato sulla proporzionalit. 2. Da questa premessa partita la Corte con la sentenza n. 35/2017 con la quale ha dichiarato la illegittimit costituzionale del ballottaggio, introdotto con la legge n. 52 del 2015: ben pu il legislatore innestare un premio di maggioranza in un sistema elettorale ispirato al criterio proporzionale dei seggi, purch tale meccanismo premiale non sia foriero di uneccessiva sovrarappresentazione della lista di maggioranza relativa. Per la specifica funzione e posizione costituzionale della Camera dei Deputati, che concede la fiducia al Governo ed titolare di funzioni di indirizzo politico e di quella legislativa, in una forma di governo parlamentare, ogni sistema elettorale non pu che essere primariamente destinato ad assicurare il valore costituzionale della rappresentativit. CՏ una certa risonanza della proposta fatta in Assemblea Costituente di (*) Gi avvocato dello Stato, Presidente emerito del Comitato scientifico di questa rassegna. DoTTrinA 247 aggiungere secondo il sistema proporzionale al primo comma dellart. 56 Cost., non accolta e tradotta poi in un ordine del giorno: lAssemblea Costituente ritiene che lelezione dei membri della Camera dei deputati debba avvenire secondo il sistema proporzionale. non fu considerato opportuno il richiamo nella Costituzione per evitare che, se si fosse voluto adottare un criterio diverso, si dovesse modificare la norma costituzionale. in vista della stabilit di governo si possono, dunque, adottare correttivi, ma nei limiti giustificati dalla proporzionalit e ragionevolezza, che non pregiudichino il bilanciamento dei due interessi, rappresentativit e funzione di governo, tutelati entrambi dalla Costituzione. 3. la Corte ha concluso con la verifica, resa necessaria dalla funzione della legge, che la normativa di risulta consentisse in ogni momento il rinnovo dellorgano elettivo. Dopo avere rilevato che una sproporzionata divaricazione tra la composizione della Camera dei Deputati e la volont dei cittadini, espressa con il voto (che costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranit popolare secondo larticolo 1 della Costituzione), finiva con lincidere sulla sovranit popolare, garantita dal principio della rappresentativit. Sarebbe stato il caso di non trascurare un altro effetto prodotto dalla sentenza: si arrivati ad una legge proporzionale pura non sorretta da una volont sovrana, anzi non voluta dal Parlamento. Si ricava dal fatto che il ballottaggio sia stato previsto come correttivo di secondo grado per il caso che non si arrivasse al premio di maggioranza. i correttivi apportati sono risultati eccessivi: per, malgrado dovesse essere evidente che il Parlamento non volesse un sistema proporzionale puro, proprio questo che diventato applicabile. Apportare al ballottaggio i correttivi del caso spetta allampia discrezionalit del legislatore , al quale il giudice costituzionale, nel rigoroso rispetto dei propri limiti dintervento, non pu sostituirsi. Dovrebbe essere questa la ragione per la quale la Corte si fermata alla verifica funzionale, che la normativa che resta in vigore idonea a garantire il rinnovo, in ogni momento, dellorgano costituzionale elettivo, senza domandarsi se quella normativa trovasse il suo fondamento in una volont legislativa corrispondente. la singolarit del risultato avrebbe richiesto la spiegazione di come si accordasse con la Costituzione. 4. Quando si affrontano questioni di principio pu succedere che si incorra in qualche vuoto di motivazione anche perch una motivazione troppo dettagliata talvolta pu complicare la situazione, invece di semplificarla. la sentenza n. 35/2017 ne un esempio. Secondo la Corte il principio di proporzionalit e di ragionevolezza impone di verificare che il bilanciamento dei principi e degli interessi costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato con modalit tali da determinare rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 il sacrificio o la compressione di uno dei due in maniera eccessiva. il ballottaggio tra le liste pi votate provoca uno sproporzionato sacrificio dei principi costituzionali di rappresentativit e di uguaglianza del voto, trasformando artificialmente una lista che vanta un consenso limitato, ed in ipotesi anche esiguo, in maggioranza assoluta. la Corte non si domandata se, per tutelare la rappresentativit, la normativa di risulta non provocasse la compressione eccessiva per laltro dei due interessi costituzionalmente rilevanti. Per la stabilit di Governo la proporzionalit la meno adatta, in particolare quando la situazione elettorale come quella italiana attuale. Secondo la Corte ogni sistema elettorale non pu che essere primariamente destinato ad assicurare il valore costituzionale della rappresentativit. dal principio proporzionale che si dovrebbe, quindi, sempre partire. Se poi i correttivi per la stabilit del Governo sono eliminati perch eccessivi, anche in mancanza di una volont corrispondente dellelettorato, la rappresentativit si espanderebbe in tutta la sua portata indipendentemente dalla entit del pregiudizio alla funzione di Governo. Se sorge conflitto, dunque, la rappresentativit deve essere garantita a qualunque costo. 5. Dopo quanto si sentito e letto negli ultimi tempi a proposito delle elezioni, sarebbe il caso che qualche approfondimento venisse da parte degli esperti a proposito del significato dellastensione elettorale. Col cambiare delle situazioni politiche e delle sensibilit elettorali anche le astensioni potrebbero avere assunto un significato diverso. non detto che sia cos, ma non si dovrebbe dare per scontato il contrario. Dal punto di vista terminologico lastensione ha un significato soltanto negativo: sta ad indicare che ci si astiene dal fare qualche cosa; sul perch neutra. Per questa neutralit si presta ad assumere significati diversi, secondo lorientamento dellinterprete. in italia, come nei Paesi c.d. pi evoluti, lastensione elettorale risulta in aumento. Qualcuno non partecipa perch non interessato alla politica o per difficolt di ordine pratico. Secondo quanto si sa, il numero sarebbe esiguo. Per il resto sulle ragioni si possono fare solo ipotesi. Chi, distratto da altri interessi, resta disorientato, pu scegliere di rimettersi a quello che decide la maggioranza, fidando sul metodo elettorale. Cos si potrebbe spiegare perch lastensione aumenti nei Paese con livello economico e culturale pi elevato. Ma ci pu essere anche chi preferisce non assumere responsabilit per quanto prevede che possano fare i partiti concorrenti sui quali non ha fiducia. Sono solo ipotesi di fronte allunico dato sicuro del valore soltanto negativo dellastensione. Soprattutto per la misura assunta negli ultimi tempi, stata sostenuta qualche tesi che presupporrebbe che le astensioni costituiscano una autonoma maggioranza elettorale. nelle elezioni protagonisti sono i partiti o movimenti (come si definiscono DoTTrinA 249 da soli) che, secondo lart. 49 Cost., concorrono a determinare la politica nazionale. Per concorrere debbono essere in grado di fare una proposta da mettere a confronto con le altre. una vera proposta non pu ridursi a dire no a quello che propongono gli altri, ma deve avere un contenuto positivo, per quanto evanescente e indeterminato possa essere, dal quale desumere come la politica dovrebbe essere orientata. nessun contenuto positivo comune pu essere desunto dalle astensioni che, anche se interpretate come un no ai programmi degli altri, lo sarebbero per ragioni diverse e talvolta incompatibili. Se gli astenuti non vogliono o non sono interessati ad essere rappresentati dai partiti in concorso, il loro numero non dovrebbe incidere sulla rappresentativit. Per il contrario, la rappresentativit andrebbe rapportata a tutto il corpo elettorale e non soltanto a chi vota; sarebbe come dire che la funzione rappresentativa sarebbe indipendente dalla volont del rappresentato. Si potrebbe anche andare incontro al rischio di vedere nellastensione una sorta di rappresentanza implicita data a chi riporter la maggioranza. il risultato sarebbe che il partito vincente, in genere definito come rappresentante di una minoranza, sia pure maggiore delle altre, finirebbe con lessere espressione di una maggioranza schiacciante. Per questo non sarebbe male che gli specialisti dessero qualche chiarimento. Come pu lastensione influire sulla valutazione della maggioranza? le astensioni non possono essere riportate in una specie di partito atipico, a formazione spontanea, perch senza un programma, richiesto dallart. 49 Cost. Quello che sembra difficile ricavare il valore di proposta da una posizione solo negativa. Secondo alcune argomentazioni ricorrenti le astensioni farebbero perdere di rappresentativit ai partiti e ai movimenti votati. la rappresentativit sarebbe coinvolta anche quando gli elettori dimostrano il loro disinteresse a vedersi rappresentati. Questo non significa che non abbia un suo valore perch sta a dimostrare che le proposte politiche del momento non convincono una parte dellelettorato. Se si arrivasse ad un maggiore chiarimento, potrebbero forse semplificarsi anche alcune questioni di costituzionalit. rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 Lefficacia delle decisioni dellAGCM nei giudizi follow on Vincenzo Tommaso Ciorra* SOmmarIO: 1. Introduzione -2. La decisione dellaGCm nei giudizi civili follow on ante direttiva 104/2014/UE ovvero la graduale erosione dei diritti di difesa dellimpresa convenuta -3. La trasposizione della direttiva nellordinamento italiano: innovazioni e problemi di compatibilit con i principi fondamentali dellordinamento -4. Osservazioni conclusive con riferimento al perdurante problema del rispetto dei diritti di difesa. 1. Introduzione. Come affermato dal considerando n. 14 della direttiva 104/2014/uE (1) le azioni per il risarcimento del danno causato da violazioni del diritto della concorrenza dellunione o nazionale richiedono di norma una complessa analisi fattuale ed economica. Tali azioni (di c.d. private enforcement) sono strutturalmente connotate, infatti, oltre che da unasimmetria conoscitiva tra limpresa danneggiante ed il soggetto danneggiato, dallestrema tecnicit del presupposto di fatto, lillecito anticoncorrenziale, che si riverbera nella difficolt per il soggetto che si ritiene leso da una violazione delle regole della concorrenza di assolvere non solo allonere della prova, ma financo a quello di allegazione degli elementi tipici dellillecito civile (elemento soggettivo (2), fatto illecito, danno, nesso di causalit) (3). (*) Dottore in Giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso lAvvocatura generale dello Stato. (1) Direttiva 2014/104/UE del parlamento europeo e del consiglio del 26 novembre 2014 relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell'Unione europea, su www.juscivile.it/normativaeuropea/. (2) Per superare loggettiva difficolt della prova dellelemento soggettivo, maggior parte della dottrina (ex multis, CAiAzzo, Lazione risarcitoria, lonere della prova gli strumenti processuali ai sensi del diritto italiano, in l.f. PACE (a cura di), Dizionario sistematico del diritto della concorrenza, Jovene Editore, 2013 p. 324), ascrivendo la fattispecie nellalveo dellart. 2043 c.c., ritiene possibile applicare in via analogica la previsione di cui allart. 2600 c.c., secondo il quale accertati gli atti di concorrenza, la colpa si presume. Tale ragionamento appare, tuttavia, contradditorio. Bisogna rilevare come lapplicazione analogica di una norma giuridica presupponga una lacuna dellordinamento, che nulla prevede per una determinata fattispecie. Di contro, qualora si ascrivesse lipotesi di danno cagionato da condotte anticoncorrenziali allart. 2043 c.c., non vi sarebbe alcuna lacuna, perch lart. 2043 c.c. prevede che lelemento soggettivo debba essere imputabile (almeno) a titolo di colpa. Per tali motivi sembra molto opportuno il rilievo di AlPA (Illecito e danno antitrust. Un dialogo tra le corti nazionali e la corte di giustizia dell'unione europea, in Contratto e Impr., 2016, 6, p. 1227), secondo cui il risarcimento del danno a fronte di violazioni delle norme antitrust sarebbe in realt da intendersi come ipotesi tipica di responsabilit oggettiva, atteso che la colpa consiste nella (semplice) violazione di norme che prescrivono un determinato comportamento. Bisogna comunque rilevare che la giurisprudenza consolidata nellascrivere la responsabilit dellimpresa per danni cagionati dal mancato rispetto della normativa antitrust allart. 2043 c.c. (cfr., Cass. del 4 febbraio 2005, n. 2007, su www.pa.leggiditalia.it.). Da non condividere, invece, quella dottrina (CASTElli, Disciplina antitrust e illecito civile, Giuffr, 2012, pp. DoTTrinA 251 Preso atto di tale realt, gli sforzi del legislatore euro-unitario nellelaborazione della direttiva 104/2014/uE, trasposta nellordinamento nazionale con il d.lgs n. 3 del 2017 (4), si sono precipuamente concentrati nel predisporre una serie di misure, in larga parte di tipo processuale, volte a bilanciare la disparit tra le parti del giudizio di private enforcement nei confronti dei fatti di causa e a rendere il diritto al risarcimento del danno cagionato da violazione delle norme antitrust, come aveva gi sancito la giurisprudenza comunitaria (5), effettivo (6). 172-173) che con riferimento allelemento soggettivo ritiene di applicare lart. 2600 c.c. solo in via diretta quando il medesimo fatto integri, allo stesso tempo, sia una violazione delle norme antitrust che di quelle della concorrenza sleale, applicandosi lart. 2043 c.c. qualora il fatto integri la violazione delle sole norme antitrust. (3) Che legislatore euro-unitario avesse piena considerazione delle difficolt in cui incorre lattore nei giudizi di risarcimento del danno causato da condotte anticoncorrenziali lo si pu agevolmente comprendere dal sopracitato considerando 14 della Direttiva, che qui si riporta per intero, secondo il quale le azioni per il risarcimento del danno causato da violazioni del diritto della concorrenza dellunione o nazionale richiedono di norma una complessa analisi fattuale ed economica. Gli elementi di prova necessari per comprovare la fondatezza di una domanda di risarcimento del danno sono spesso detenuti esclusivamente dalla controparte o da terzi e non sono sufficientemente noti o accessibili all'attore. in tali circostanze, rigide disposizioni giuridiche che prevedano che gli attori debbano precisare dettagliatamente tutti i fatti relativi al proprio caso all'inizio di un'azione e presentare elementi di prova esattamente specificati possono impedire in maniera indebita l'esercizio efficace del diritto al risarcimento garantito dal TfuE. inoltre, non si dimentichi come la relazione che ha accompagnato la proposta di direttiva in oggetto abbia avuto cura di sottolineare che tra gli ostacoli che si oppongono alla creazione di un sistema di risarcimento del danno vi fosse lottenimento delle prove per dimostrare un caso e la mancanza di un chiaro valore probatorio delle decisioni delle AnC (Proposta di direttiva del parlamento europeo e del consiglio relativa a determinate norme che regolamentano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi della legislazione nazionale a seguito della violazione delle disposizioni del diritto della concorrenza degli stati membri e dell'unione europea, COm(2013) 404 finale, su eur-lex.europa. eu). Sulle difficolt che incontra un processo civile in materia antitrust, DE CriSTofAro, Onere probatorio e disciplina delle prove quale presidio di efficienza del private antitrust enforcement, in aIDa, fasc. 1, 2015, p. 100. (4) Peraltro la giurisprudenza nazionale ha dimostrato di tenere in considerazione i principi della direttiva ben prima della trasposizione nellordinamento interno. la sentenza della Corte di Cassazione n. 11564 del 2015 (disponibile su DeJure), interpretando le disposizioni del processo civile alla luce della direttiva 104/2014/uE, ha affermato che in tema di risarcimento del danno derivante da paventate violazioni agli artt. 2 e seguenti della legge 10 ottobre 1990, n. 287, il giudice non pu decidere la causa applicando meccanicamente il principio dell'onere della prova, ma chiamato a rendere effettiva la tutela dei privati che agiscono in giudizio, tenuto conto dell'asimmetria informativa esistente tra le parti nell'accesso alla prova, sicch, fermo restando l'onere dell'attore di indicare in modo sufficientemente plausibile seri indizi dimostrativi della fattispecie denunciata come idonea ad alterare la libert di concorrenza e a ledere il suo diritto di godere del beneficio della competizione commerciale, il giudice tenuto a valorizzare in modo opportuno gli strumenti di indagine e conoscenza che le norme processuali gi prevedono, interpretando estensivamente le condizioni stabilite dal codice di procedura civile in tema di esibizione di documenti, richiesta di informazioni e consulenza tecnica d'ufficio, al fine di esercitare, anche officiosamente, quei poteri d'indagine, acquisizione e valutazione di dati e informazioni utili per ricostruire la fattispecie anticoncorrenziale denunciata. Critico nei confronti delle argomentazioni della Suprema Corte PArDolESi, Disciplina della concorrenza, private enforcement e attivismo giudiziale: dopo la dottrina, il diritto delle corti?, in Il Foro Italiano, 2015, i, p. 2752. rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 Si badi, sebbene le norme introdotte dalla direttiva tutel(i)no i diritti soggettivi garantiti dal diritto dellunione nelle controversie tra privati (7), non stato questo lunico intento del legislatore. Come gi poteva desumersi dal landmark case in materia, la sentenza Courage c. Crehan (8), e come fa notare attenta dottrina (9) analizzando le disposizioni della direttiva (10), il convincimento di politica legislativa sotteso al considerato intervento che il rispetto degli articoli 101 e 102 TfuE, ovvero il mantenimento di un livello di workable competition tra le imprese operanti nel mercato unico, passi non solo attraverso i procedimenti iniziati dalla Commissione Europea o dalle Autorit nazionali (c.d. public enforcement), ma anche attraverso lefficacia deterrente (11) delliniziativa dei privati che incardinano dinanzi alle giurisdizioni nazionali domande di risarcimento del danno subito da una condotta anticoncorrenziale. Tra le varie misure introdotte dal legislatore euro-unitario in materia riveste peculiare importanza quella prevista dallart. 9 della sopracitata direttiva, ai sensi del quale la decisione definitiva emanata da unautorit nazionale della concorrenza o confermata dal giudice del ricorso che abbia accertato la violazione degli articoli 101 e 102 TfuE vincola il giudice nazionale nel successivo giudizio di risarcimento dei danni (c.d. azioni follow on, che si distinguono da quelle stand alone, intentate dallattore senza che la violazione sia stata gi accertata da un provvedimento dellautorit garante). Anzitutto, bisogna precisare che la decisione vincola solamente il giudice della stessa nazionalit dellautorit che ha emanato il provvedimento. Di contro, qualora si faccia questione dellefficacia di un provvedimento emanato da unautorit di uno stato membro diverso da quello dinanzi alle cui giurisdizioni (5) Corte Giust. uE, C-295/04 e C-298/04, Vincenzo manfredi e altri c. Lloyd adriatico assicurazioni e altri, su curia.europa.eu, dispositivo 2. (6) Proprio al concetto di effettivit della tutela fa riferimento il Considerando n. 4 della Direttiva 104/2014/uE, secondo il quale il diritto al risarcimento previsto dal diritto dell'unione per i danni derivanti dalle violazioni del diritto della concorrenza dell'unione e nazionale richiede che ciascuno Stato membro disponga di norme procedurali che garantiscano l'effettivo esercizio di tale diritto. (7) Considerando n. 3, Direttiva 104/2014/uE. (8) Corte Giust. ue, C-453/99, Courage ltd. c. Bernard Crehan, su eur-lex.europa.eu. Tale arresto, riconoscendo per la prima volta lesistenza di un diritto al risarcimento del danno in capo ai soggetti lesi dalle violazioni di norme antitrust, ha precisato come un siffatto diritto rafforza, infatti, il carattere operativo delle regole di concorrenza comunitarie ed tale da scoraggiare gli accordi o le pratiche, spesso dissimulati, idonei a restringere o falsare il gioco della concorrenza. in quest'ottica, le azioni di risarcimento danni dinanzi ai giudici nazionali possono contribuire sostanzialmente al mantenimento di un'effettiva concorrenza nella Comunit. (9) Per tutti, CHiEPPA, Il recepimento in Italia della Dir. 2014/104/UE e la prospettiva dell'aGCm, in Dir. Industriale, 2016, 4, p. 314. (10) Segnatamente il Considerando n. 6 secondo il quale i due canali (private e public enforcement n.d.r.) devono agire in modo da assicurare la massima efficacia delle regole della concorrenza. (11) Deterrente ma non punitiva, come ci tiene a precisare lart. 3 secondo il quale il pieno risarcimento ai sensi della presente direttiva non conduce a una sovra-compensazione del danno subito, sia sotto forma di risarcimento punitivo che di risarcimento multiplo o di altra natura. DoTTrinA 253 stata incardinata la domanda di risarcimento del danno, gli stati membri provvedono a che la decisione abbia almeno lefficacia di prova prima facie. Si deve subito rilevare come il legislatore nazionale (12), trasponendo la direttiva nel nostro ordinamento, abbia esteso la predetta disposizione anche alle decisioni che concernono le violazioni di cui agli artt. 2, 3 e 4 della legge 287/90 quando autonomamente applicati, a fronte di una direttiva che si era limitata a prevedere il vincolo solamente per le violazioni degli artt. 101 e 102 TfuE (quandanche applicati parallelamente alle norme antitrust nazionali). insomma, il legislatore nazionale ha esteso il vincolo anche alle decisioni dellAGCM che accertino la violazione di sole norme nazionali. lart. 9 della Direttiva ha dotato le decisioni delle autorit antitrust nazionali della stessa efficacia di cui gi godevano le decisioni della Commissione ai sensi dellart. 16 del regolamento 1/2003, seppur con alcune differenze. Anzitutto, lefficacia vincolante riguarda solamente i provvedimenti nazionali che hanno accertato una violazione del diritto della concorrenza; differentemente le decisioni della Commissione vincolano il giudice nazionale qualunque sia, in linea di massima (13), la loro natura. inoltre, le decisioni delle autorit nazionali vincolanti sarebbero solamente quelle definitive, mentre le decisioni della Commissione vincolano anche se non definitive (14). Sebbene larticolo 16 del regolamento 1/2003 abbia posto non pochi problemi di coordinamento con lordinamento nazionale, le problematiche che schiude lart. 9 della direttiva, oggi trasposto nellart. 7 del d.lgs n. 3 del 2017, sono sensibilmente differenti. Pur non potendo dare conto delle ipotesi ricostruttive (15) elaborate dalla (12) Come auspicava gran parte della dottrina. Ex multis, VillA, La direttiva europea sul risarcimento del danno antitrust: riflessioni in vista dell'attuazione, in Corriere Giur., 2015, 3, p. 301; BruzzonE e SAJA, Verso il recepimento della direttiva sul private enforcement del diritto antitrust, in Concorrenza e mercato, 2014, p. 257. (13) Per una completa analisi dellart. 16 del regolamento 1/2003 e della portata del vincolo da questo stabilito in relazione ai vari esiti del procedimento iniziato dalla Commissione Europea si rimanda a l.f. PACE (a cura di), Dizionario sistematico, cit., e pi precisamente al cap. 4 (I rapporti tra public e private enforcement dei divieti antitrust), parte ii, dellopera. (14) Anche se solo contemplate durante il procedimento. A tal fine il giudice nazionale pu decidere, sempre ai sensi dellart. 16, anche di sospendere il giudizio di risarcimento del danno in attesa della decisione della Commissione. (15) numerose voci in dottrina (nEGri, Procedimenti paralleli in materia antitrust: (ir)ragionevoli corollari processuali del vincolo dei giudici nazionali alle decisioni della commissione CE, in Int'l Lis, 2009, 3-4, p. 133; rorDorf, Il ruolo del giudice e quello dell'autorit nazionale della concorrenza e del mercato nel risarcimento del danno antitrust in Societ, 2014, 7, p. 784; TroTTA, Il rapporto, cit., pp. 363-364) non hanno mancato di rilevare come lart. 16 del regolamento 1/2003, rendendo vincolante per il giudice civile laccertamento in punto di fatto e di diritto compiuto dalla Commissione, autorit amministrativa, porrebbe problemi di coordinamento con i principi fondamentali del nostro ordinamento sanciti dagli artt. 24, 101 e 102 della Costituzione, tanto da chiamare in causa la nota teoria dei controlimiti (valuta invece positivamente lart. 16 del reg. 1/2003 liBErTini, Diritto della Concorrenza dellUnione Europea, Giuffr, 2014, pp. 459-461). Vi anche chi (VASQuES, Private enforcement della rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 dottrina nazionale con riferimento al vincolo disposto dallart. 16 del regolamento 1/2003, che esulerebbero dalloggetto della presente analisi, ci si pu qui limitare a constatare come la violazione da parte del giudice nazionale della decisione della Commissione possa contrastare, come rilevato dalla Sentenza masterfoods (16), col principio di leale collaborazione sancito dal- lodierno art. 4 del TuE, atteso che lefficacia vincolante delle decisioni della Commissione si giustifica col fine di garantire ununiforme applicazione del diritto europeo della concorrenza. Tutte considerazioni che, a ben vedere, mal si attaglierebbero ai provvedimenti delle Autorit nazionali. Per quanto riguarda il nostro ordinamento, lart. 9 della direttiva 104/2014/uE interviene su una giurisprudenza della Corte di Cassazione che, dopo iniziali tentennamenti, si era assestata nel riconoscere efficacia di prova privilegiata della violazione delle norme antitrust al provvedimento del- lAGCM, sul quale, inoltre, veniva fondata anche la presunzione della sussistenza del danno e del nesso di causalit. unefficacia probatoria dunque, suscettibile di una prova contraria che (seppur a maglie molto strette) veniva comunque riconosciuta allimpresa convenuta. obiettivo del presente lavoro quello di analizzare la graduale evoluzione della giurisprudenza nazionale ante direttiva in materia al fine di provare a comprendere quale sar il reale effetto innovatore del recente intervento operato dal legislatore europeo. Allo stesso tempo, cercheremo di identificare appigli normativi, se ve ne sono, in grado di coniugare il rispetto della normativa comunitaria ed i principi (anche costituzionali) che regolano il nostrano processo civile, i diritti dei soggetti danneggiati da una condotta anticoncorrenziale e i diritti di difesa dellimpresa convenuta. 2. La decisione dellaGCm nei giudizi civili follow on ante direttiva 104/2014/UE ovvero la graduale erosione dei diritti di difesa dellimpresa convenuta. Prima dellavvento della direttiva e della espressa previsione di vincolativit della decisione emanata dalle Autorit nazionali nel giudizio civile di ri disciplina antitrust in italia: si pu fare?, in Danno e resp., 2012, 8-9, p. 824), con lintento di trovare una forma di compatibilit tra la norma in questione ed i sopracitati principi fondamentali, non ha ritenuto possibile attribuire efficacia vincolante alle decisioni della Commissione, che possono avere, al pi, il valore di prova particolarmente pregnante. Secondo tale ordine di idee, i fatti accertati da una decisione della Commissione sarebbero suscettibili di essere sconfessati da prova contraria. Tale interpretazione dellart. 16 del regolamento 1/2003 non convince appieno in quanto eccessivamente creativa e lontana dal tenore letterale della norma, che fa indubbio riferimento ad un vincolo che viene stabilito dalle decisioni della Commissione. (16) Corte Giust. uE, causa C-344/98, masterfoods ltd c. HB Ice cream ltd, su eur-lex.europa.eu, punto 49 inoltre, dalla giurisprudenza della Corte emerge che l'obbligo, imposto agli Stati membri dal- l'art. 5 del Trattato, di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire l'adempimento degli obblighi derivanti dal diritto euro-unitario e di astenersi dall'adottare i provvedimenti che possono mettere in pericolo la realizzazione degli scopi del Trattato vale per tutti gli organi degli Stati membri, ivi compresi, nell'ambito di loro competenza, quelli giurisdizionali. DoTTrinA 255 sarcimento del danno, la Corte di Cassazione, partendo dal considerare la decisione dellAGCM quale prova privilegiata, era arrivata nelle pronunce pi recenti ad estendere notevolmente (forse eccessivamente) lefficacia probatoria della decisione dellAutorit Garante della Concorrenza e del Mercato, riducendo, da un lato, gli oneri di parte attrice ad una minimale allegazione e, dallaltro, rendendo soverchiamente difficile (se non praticamente impossibile) la difesa dellimpresa convenuta nei giudizi follow on. Anzitutto, il procedimento iniziato dallAutorit Garante delle Concorrenza e del Mercato (cos come la sua eventuale appendice giurisdizionale) ed il giudizio civile di risarcimento dal danno sono stati tradizionalmente ritenuti nel nostro ordinamento indipendenti luno dallaltro (17). Come rilevato anche dalla giurisprudenza (18), infatti, i due procedimenti hanno funzionalit differenti, seppur affini: lAGCM cura linteresse pubblico dato dal corretto funzionamento del mercato, mentre la cognizione del giudice civile ha ad oggetto il diritto al risarcimento del danno cagionato dalla lesione di un interesse, processualmente rilevante, alla conservazione del [] carattere competitivo del mercato, al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere (19). insomma, il procedimento amministrativo ed il giudizio civile di risarcimento del danno hanno formalmente corso (almeno fino allentra in vigore della direttiva) su due binari paralleli. non a caso veniva esclusa ogni forma di sospensione del processo civile in pendenza sia del procedimento amministrativo (20) che delle sue eventuali appendici giurisdizionali (21), a differenza (17) Sul punto frATEA, Il private enforcement del diritto della concorrenza dellunione europea, EDi, 2015, pp. 213-215; rorDorf, Il ruolo del giudice, cit.; TroTTA, Il rapporto, cit., p. 363. (18) Cass., SS.uu., del 4 febbraio 2005, n. 2207, su www.pa.leggiditalia.it. Tale arresto delle Sezioni unite di cruciale importanza perch i giudici di legittimit, cassando la sentenza di merito, hanno ritenuto legittimati attivi ex art. 33 legge n. 287/1990 non solo gli imprenditori danneggiati, ma anche i consumatori, atteso che la legge antitrust non la legge degli imprenditori soltanto, ma la legge dei soggetti del mercato. Par tali motivi, la Corte rileva come, mentre il giudizio innanzi al giudice civile sia volto alla tutela di un interesse individuale del danneggiato dalla condotta anticoncorrenziale, il procedimento amministrativo abbia come preminente obiettivo la tutela di un pi generale bene giuridico costituito da la struttura concorrenziale del mercato di riferimento. Sulla diversit di presupposti e di fini del private enforcement rispetto al public enforcement e sulla consapevolezza di queste differenze da parte del legislatore euro-unitario nellelaborazione della Direttiva in dottrina si veda MAlAGoli, Il risarcimento del danno da pratiche anticoncorrenziali alla luce della direttiva 104/2014/UE del 26 novembre 2014, in Contratto e Impresa. Europa, 1, 2015, p. 393. (19) Cass., SS.uu., del 4 febbraio 2005, n. 2207. (20) rorDorf, Il ruolo del giudice, cit.; liBErTini, Il ruolo del giudice nell'applicazione delle norme antitrust, in Giur. Comm., 1998, p. 659; TroTTA, Il rapporto, cit., p. 363; CASTElli, Disciplina antitrust, cit., pp. 104-111; nEGri, Giurisdizione e amministrazione nella tutela della concorrenza, Giappicchelli, 2006, pp. 141-145. in giurisprudenza si veda Cass. SS.uu. del 13 febbrario 2009, n. 3640, su www.pa.leggiditalia.it, che ha definito il giudizio di private enforcement un binario percorribile in via autonoma rispetto alla tutela in via amministrativa. (21) Su questo punto vi per chi, (liBErTini, Il ruolo del giudice, cit.) ritenendo gi prima della direttiva che il provvedimento dellAGCM avesse efficacia vincolante nel processo civile conseguente, rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 di quanto previsto espressamente dallart. 16 del regolamento 1/2003 che, con riferimento ai procedimenti iniziati dalla Commissione, si spinge fino a prevedere una peculiare ipotesi di sospensione facoltativa del giudizio civile in pendenza del procedimento amministrativo (22). in tale quadro normativo le Sezioni unite, avanzando nel solco gi tracciato dalla sentenza n. 2207 del 2005 (23), hanno sancito con sentenza 3640 del 2009 (24) che la decisione dellAutorit Garante delle Concorrenza e del Mercato (pur non definitiva) era da considerarsi quale prova privilegiata della sussistenza del comportamento accertato o della posizione rivestita e del suo abuso. la sentenza, nonostante la creazione della figura, dai contorni indefiniti, della prova atipica privilegiata, appariva tutto sommato abbastanza equilibrata e tarata sulle peculiarit del procedimento di private enforcement (25). la decisione dellAGCM costituiva (soprattutto in virt della natura estremamente tecnica dellAutorit e dei suoi incisivi e penetranti poteri istruttori) prova privilegiata (26) del comportamento anticoncorrenziale, potendo lA.g.o. solamente disapplicarlo, giungeva a riconoscere un rapporto di pregiudizialit/dipendenza tra il provvedimento amministrativo ed il giudizio follow on e, conseguentemente, a ritenere che in pendenza del giudizio amministrativo di impugnazione quello civile dovesse essere sospeso ex art. 295 c.p.c. Si ritiene di non condividere questa impostazione per due ordini di ragioni: innanzitutto, perch la legge nazionale non prevedeva alcun vincolo in capo al giudice civile, e, secondariamente, perch il fatto costitutivo del diritto al risarcimento del danno costituito dalla violazione delle norme antitrust, oggetto di accertamento da parte del giudice civile, non dal provvedimento amministrativo. Per tali ragioni deve ritenersi che, almeno fino alla trasposizione della direttiva 104/2014/uE, nellordinamento nazionale non vi fosse alcuna pregiudizialit amministrativa. (22) c.f.r. nota n. 14. (23) Cass. SS.uu. del 4 febbraio 2005, n. 2207, su www.pa.leggiditalia.it., vedi nota n. 16. (24) Cass. SS.uu. del 13 febbrario 2009, n. 3640. (25) friGnAni, La cassazione prosegue l'erosione del diritto di difesa nelle cause risarcitorie antitrust follow on, in Diritto e fiscalit dell'assicurazione, fasc. 3, 2013, p. 291. lAutore, nonostante critichi il concetto di prova privilegiata, riconosce in ogni modo che le conclusioni della Corte di Cassazione si rivelavano di grande equilibrio laddove avevano limitato lefficacia del privilegio probatorio alla sola condotta; della stessa opinione nEGri, Giurisdizione e amministrazione nella tutela della concorrenza, Vol. ii, La tutela della concorrenza innanzi al giudice civile, Giappicchelli, 2012, pp. 306-307. (26) Vi chi aveva concepito (CHiEPPA, Il recepimento, cit.; VillA, Lattuazione della direttiva sul risarcimento del danno per violazione delle norme sulla concorrenza, in Corriere Giur., 2017, 4, p. 441) la prova privilegiata alla stregua di una presunzione semplice. in realt, era stato correttamente rilevato (CASTElli, Disciplina antitrust, cit., pp. 112-116) come la prova privilegiata non avrebbe potuto considerarsi una presunzione in quanto il fatto noto (la violazione delle norme antitrust) avrebbe avuto il medesimo contenuto del fatto ignoto da provare. in aggiunta, lA. da ultimo citato, avendo accolto la distinzione tra oneri di allegazione e oneri probatori e avendo ricompreso la produzione della decisione dellAGCM nellambito degli oneri di allegazione, considerava la prova privilegiata riconducibile alla figura della c.d. presunzione impropria o verit interinale, atteso che lefficacia del provvedimento del- lAGCM nel processo civile avrebbe fatto ritenere provato il comportamento anticoncorrenziale fino a prova contraria. Tale concezione avrebbe fatto riferimento, dunque, ad una regola di inversione dellonere della prova, ovvero ad una deroga allart. 2697 c.c., che potrebbe, in realt, essere disposta solo dalla legge, non anche dal giudice. Al contempo, a prescindere dalla distinzione tra oneri di allegazione e oneri probatori non pu non rilevarsi come il provvedimento dellAGCM, nella lettura della Suprema DoTTrinA 257 ovvero prova dotata di unefficacia logico -persuasiva maggiore rispetto alle prove ordinarie (27). Tale soluzione teneva conto dellasimmetria informativa in cui si trova la parte attrice nei procedimenti di private enforcement, della natura degli atti dellAGCM nonch dei diritti di difesa dellimpresa convenuta, considerato che la peculiare efficacia probatoria della decisione dellAGCM veniva limitata al solo comportamento anticoncorrenziale e che le Sezioni unite avevano premura di precisare come nel giudizio in sede civile possibile offrire sia prove a sostegno di tale accertamento (quello dellAGCM n.d.r), che riguardino pi direttamente la posizione del singolo danneggiato, sia prove contrarie. in definitiva, la prova privilegiata nel- lottica delle Sezioni unite del 2009 costituiva una prova particolarmente pregnante ma, comunque, superabile. in aggiunta, la Corte di Cassazione, gi a partire dal 2007 (28) aveva fondato sul provvedimento dellAGCM anche la presunzione (29) della sussistenza del danno e del nesso di causalit. Ad esempio, con riferimento ad un filone di pronunce del 2011 (30) concernenti domande di risarcimento del danno cagionato da unintesa tra alcune compagnie assicurative, la Corte di Cassazione ha ritenuto che il provvedimento sanzionatorio non ha accertato [] solo il carattere potenzialmente lesivo dei benefici della concorrenza e degli interessi economici dei consumatori, ma anche che tale comportamento ha prodotto un'ingente ed ingiustificata lievitazione dei premi sul mercato generale italiano delle polizze rCA e che, dunque, l'assicurato che agisca in risarcimento dei danni [] ha il diritto di avvalersi della presunzione che il premio sia stato indebitamente aumentato per effetto del comportamento collusivo (31). Corte, restava pur sempre una prova, quindi soggetta al principio dispositivo ed espressione dellart. 2697 c.c. Per unanalisi sui rapporti tra prova, presunzione e presunzione impropria si rinvia a PATTi, Probatio e praesumptio: attualit di un'antica contrapposizione, in riv. Dir. Civ., 2001, 4, p. 1047. (27) in realt, come rileva la dottrina processualcivilistica, (ConSolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, ii, Giappichelli, Torino, 2014, pp. 294-295) identificare esattamente lefficacia logico persuasiva di un singolo elemento di prova cosa ardua. normalmente il giudice, in base al suo prudente apprezzamento considera alcune prove pi o meno pregnanti di altre, secondo quelle che sono le circostanze di fatto e di diritto oggetto del giudizio. in definitiva, volendo dare una definizione di prova privilegiata, che non pu non scontare un margine di approssimazione, potremmo dire che prova privilegiata quella particolare prova che il giudice deve tenere in preminente considerazione ai fini del decidere, potendo essere superata solo da un insieme di prove che, unitamente considerate, siano idonee a superare il fatto cos come accertato dallAGCM. (28) Cass. del 2 febbraio 2007, n. 2305, su www.pa.leggiditalia.it. (29) Secondo nEGri (Giurisdizione e amministrazione, Vol. ii, cit., pp. 321-322) pi che una presunzione la Suprema Corte avrebbe elaborato una prova prima facie, per mezzo di ci si ritiene verosimile la sussistenza del nesso di causalit e del danno a fronte di unipotesi tipica costituita dellaccertamento dellAGCM. Sulla prova prima facie c.f.r. nota n. 62. (30) Solo per citarne alcune, Cass. del 10 maggio 2001, n. 10211, su www.pa.leggiditalia.it; Cass. del 18 agosto 2011, n. 17362, su www.pa.leggiditalia.it; Cass. 22 settembre 2011, n. 19262, su www.pa.leggiditalia.it. rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 insomma, alla decisione dellAutorit garante stato attribuito, oltre che efficacia di prova privilegiata con riferimento alla condotta anticoncorrenziale dellimpresa, anche valore presuntivo della sussistenza del nesso causale e del danno. in aggiunta, non si dimentichi che la dottrina maggioritaria e la giurisprudenza ritenevano (e ritengono ancor oggi) di applicare per analogia ai giudizi di private enforcement lart. 2600 c.c. (32), secondo il quale provato lelemento oggettivo dellillecito, quello soggettivo si presume. Ci detto, pu ben comprendersi come, di fatto, gli oneri di allegazione e di prova di parte attrice erano stati da questorientamento ridotti a ben poca cosa (33). E di questo stato dellarte ne stata ben consapevole la Corte di Cassazione quando, sempre con riferimento al caso rC auto, ha affermato che Per ottenere il risarcimento dei danni l'assicurato ha (solamente n.d.r) l'onere di allegare la polizza assicurativa contratta (quale manifestazione della condotta finale del preteso danneggiante) e l'accertamento in sede amministrativa della partecipazione dell'assicuratore all'intesa anticoncorrenziale (quale condotta preparatoria) (34), in quanto il Provvedimento dell'AGCM offre tutti i dati probabilistici e presuntivi che, ai sensi della pronuncia n. 2305/2007 di questa Corte, valgono a dimostrare che il premio applicato in polizza all'assicurato, nel periodo in cui la compagnia stata ritenuta partecipe del comportamento collusivo, ingiustificatamente elevato, nella misura indicata (35). il sistema sarebbe potuto sembrare comunque ben calibrato (atteso che, venendo comunque riconosciuta allimpresa la prova contraria, lefficacia riconosciuta al provvedimento dellAGCM era pur sempre superabile) (36) se non fosse che le stesse sentenze del 2011, intervenendo sulla misura della (31) nello specifico, Cass. del 18 agosto 2011, n. 17362, ripresa con formulazione analoga anche negli arresti citati nella precedente nota. (32) c.f.r. nota n. 2. (33) Con riferimento agli oneri di allegazione DE CriSTofAro (Onere probatorio e disciplina delle prove, cit.) fa notare come, anche a fronte di quanto disposto nella direttiva 104/2014/uE e viste le peculiarit del procedimento di private enforcement, si dovrebbe distinguere tra i vizi dellatto di citazione che attengono alla assoluta mancanza di indicazione degli elementi di cui allart. 163 n. 4, che rendono inintellegibile la domanda ed integrano unipotesi di nullit, e vizi di solo insufficiente indicazione della causa petendi, ai quali non dovrebbe conseguire la nullit della domanda, atteso che la disciplina processuale deve infatti plasmarsi sulle peculiarit di un contenzioso che strutturalmente trova e ritrae proprio nel corso del processo - a valle e non a monte dell'istruttoria (di contro a quanto prefigurato dalla scansione delle memorie ex art. 183, co. 6, c.p.c.) - gli elementi individuatori delle condotte censurate su cui si dipaner il contraddittorio: e ci in grazia dello strutturale irrobustimento delle fonti di acquisizione probatoria dalla controparte e da terzi, ed altres della necessaria curvatura proattiva che debbono assumere i tradizionali, e limitati, istituti processuali. (34) Cass. del 2 febbraio 2007, n. 2305. (35) Cass. del 18 agosto 2011, n. 17362. (36) Come ha stabilito la sentenza n. 2305 del 2007 ritenendo che quanto, poi, al nesso causale, il giudice potr accertarne l'esistenza in termini probabilistici o presuntivi, ma [] dovr consentire al- l'assicuratore di provare contro le presunzioni o contro la sequenza probabilistica posta a base del ragionamento che fa derivare il danno dall'intesa illecita. DoTTrinA 259 prova contraria, giungevano a conclusioni che, oltre a non essere previste nemmeno implicitamente dal dato normativo, dimidiavano notevolmente (rectius eccessivamente) i diritti di difesa delle imprese convenute. Anzitutto, le sentenze del 2011, infatti, hanno affermato che la prova dellinsussistenza del nesso causale non pu essere tratta da considerazioni di carattere generale attinenti ai dati che influiscono sulla formazione dei premi nel mercato generale delle polizze assicurative, ma deve riguardare situazioni e comportamenti che siano specifici dell'impresa interessata: che attengano, cio, alla singola impresa assicuratrice, al singolo assicurato od alla singola polizza, che siano tali da dimostrare che -nel caso oggetto di esame -il livello del premio non stato determinato dalla partecipazione all'intesa illecita, ma da altri fattori (37). Tale prima conclusione non avrebbe dovuto suscitare eccessive perplessit in dottrina (38) se solo si considera che, potendosi lattore avvalere della presunzione del nesso di causalit data dallaccertamento della condotta anticoncorrenziale da parte dellAGCM, la prova contraria del convenuto avrebbe dovuto vertere naturaliter su circostanze peculiari e relative alla specifica situazione di fatto tali da sconfessare il ragionamento inferenziale, di per s generale ed astratto, ammesso dalle pronunce della Corte di Cassazione. foriero di maggiori problematiche stato lorientamento della Corte di Cassazione quando ha stabilito che, Quanto all'efficacia probatoria degli accertamenti dell'AGCM, in primo luogo questa Corte ha rilevato che il ruolo di prova privilegiata degli atti del procedimento pubblicistico condotto dal- l'Autorit Garante, e poi in sede di giustizia amministrativa [] pur non precludendo la facolt, per la compagnia assicuratrice, di fornire la prova contraria, impedisce che possano rimettersi in discussione proprio i fatti costitutivi dell'affermazione di sussistenza della violazione della normativa in tema di concorrenza, in base allo stesso materiale probatorio od alle stesse argomentazioni gi disattesi in quella sede (39). il ragionamento della corte di Cassazione pare abbastanza fariseo laddove, facendo formalmente salvo il diritto alla prova contraria dellimpresa convenuta, ritiene non possano rimettersi in discussione oltre alle valutazioni che lAutorit Garante ha dato delle prove presentate in sede amministrativa, financo le argomentazioni della stessa. le conclusioni a cui giunge la Suprema Corte si sgretolano al vaglio dei principi che regolano il processo civile. (37) Per tutte, Cass. n. 10211 del 2011. (38) Secondo friGnAni (La cassazione, cit.) vi sarebbe nel ragionamento della corte unaccentuata sproporzione tra le prove generiche sufficienti ad accogliere la domanda dellattore e le prove specifiche richieste al convenuto. (39) Cass. del 9 maggio 2012, n. 7039, in www.pa.leggiditalia.it. rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 Anzitutto, vengono gravemente pregiudicati i diritti di difesa della parte convenuta. Questa, non solo si trova parte in un procedimento in cui sostanzialmente tenuta, pi che a difendersi dalle argomentazioni e dalle prove fornite da parte attrice, a giocare allattacco, dovendo in sostanza sconfessare le conclusioni dellAGCM concernenti il comportamento anticoncorrenziale e dimostrare linsussistenza del nesso di causalit, ma non pu nemmeno avvalersi delle prove sulla base delle quali lAutorit Garante ha gi giudicato o rimettere in discussione le argomentazioni sulla base delle quali la stessa ha deciso. il provvedimento definitivo dellAGCM configura in sede civile una sorta di preclusione del dedotto che non consente alla parte convenuta di esplicare a pieno i propri diritti di difesa (40). Da quanto detto consegue unulteriore considerazione: i risultati a cui giunge linterpretazione della Corte di Cassazione, a meno di non voler cadere in un artificioso formalismo (41), pongono in capo al giudice civile un vincolo rispetto a quanto stabilito dallAGCM. il giudice, infatti, non pu discostarsi dalle conclusioni e dalle argomentazioni cui giunta lAutorit sulla base delle prove prodotte nel procedimento amministrativo. Potrebbe addivenire a risultati differenti, sempre in base a fatti nuovi o a nuove prove, ammesso e non concesso che limpresa ne alleghi o ne produca. in definitiva, la Suprema Corte, gi prima dellentrata in vigore della direttiva e della sua trasposizione nellordinamento italiano, aveva di fatto riconosciuto al provvedimento definitivo dellAGCM unautorit che, al di l delle formule pedissequamente seguite dalla giurisprudenza, era ben pi ingombrante di quella di prova privilegiata e presuntiva, addivenendo a sottrarre alla cognizione del giudice civile tutto ci che era stato dedotto dinanzi allAGCM. Questultima, sebbene dotata di mezzi tecnici tali da rendere particolarmente pregnante un suo provvedimento, pur sempre unauthority, non un giudice (42). in aggiunta, non si dimentichi che tale evoluzione si affermata esclusivamente per via (40) Sollevando rilevanti problemi di compatibilit con i diritti di difesa e con i principi del giusto processo sanciti dalla Costituzione e dagli strumenti sovranazionali (art. 6 CEDu e artt. 47 e 48 della Carta di nizza) come rilevato da frATEA (Il private enforcement, cit.), p. 221; rorDorf (Il ruolo del giudice, cit.) non ha mancato di rilevare come lorientamento della Suprema Corte non appaia del tutto in linea col principio dellautonomia decisionale del giudice, pur sempre formalmente richiamato anche nelle pronunce ora citate, ravvisandosi il rischio di trasformare impropriamente il procedimento che si svolge dinanzi allautorit garante in una vera e propria fase del giudizio sulla responsabilit civile, idonea a generare preclusioni nel successivo processo giurisdizionale. (41) Appare eccessivamente formale la lettura della citata giurisprudenza fornita da VASQuES (Private enforcement, cit.), secondo il quale la Cassazione non riconoscerebbe alcuna efficacia preclusiva alla decisione dellAGCM applicando alle controversie follow on solo le normali regole in tema di prove. in realt, come si cerca di dimostrare in questa pagine, le indicazioni della giurisprudenza di legittimit, calate nella materialit delle azioni follow on, producono un vincolo in capo al giudice civile e restringono al di l di ogni ragionevole misura i diritti di difesa della parte convenuta. (42) Sulla natura dellAGCM si rinvia alle esaustive considerazioni di nEGri, Giurisdizione e amministrazione, pp. 1-20. DoTTrinA 261 pretorile, nulla dicendo la legge che per tale silenzio riconosceva lautonomia del giudizio civile rispetto agli accertamenti dellAGCM (43). A tal proposito si rivelano estremamente fondate le considerazioni di chi (44), in maniera molto realistica, aveva rilevato come nei giudizi follow on, salvo lallegazione di nuovi fatti, il giudice civile fosse stato degradato a mero liquidatore di un danno gi accertato altrove. la situazione della parte convenuta nei giudizi follow on appare ancor pi penalizzante se solo si tiene in considerazione che, sebbene il provvedimento dellAGCM possa essere impugnato dinanzi agli organi di giustizia amministrativa, questi svolgono sul provvedimento un sindacato c.d. debole che pu portare il giudice a rimodulare la sanzione (45) ma non a sostituirsi allAmministrazione con riferimento alle valutazioni connotate da un margine di opinabilit (46). Dunque, riannodando i fili di quanto detto, le valutazioni dotate di un margine di opinabilit, non possono essere sindacate n dal giudice amministrativo, n tantomeno da quello civile, ma vegono definite, in maniera incontestabile, dallAutorit Garante della Concorrenza e del Mercato, con buona pace dei diritti di difesa dei convenuti e della soggezione, solo alla legge, del giudice (47). (43) Per una veemente critica allorientamento della Suprema Corte v. friGnAni, La cassazione, cit. (44) Ibidem. (45) lart. 133, comma 1, lettera l del codice del processo amministrativo attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti, compresi quelli sanzionatori ed esclusi quelli inerenti ai rapporti dimpiego privatizzati, adottati [] dallAutorit Garante della Concorrenza e del Mercato. lart. 134, comma 1, lettera c, estende la giurisdizione del giudice amministrativo al merito qualora si faccia oggetto delle sanzioni pecuniarie la cui contestazione devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, comprese quelle applicate dalle Autorit amministrative indipendenti e quelle previste dallarticolo 123. (46) Solo per citarne alcune, Cons. St., sez. Vi, 9 febbraio 2011, n. 926, su www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, sez. Vi, 6 maggio 2014, n. 2302, su www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, sez. iV, 10 dicembre 2014, n. 6050, su www.giustizia-amministrativa.it, secondo il quale il sindacato di legittimit del giudice amministrativo sui provvedimenti dell'Autorit Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) comporta la verifica diretta dei fatti posti a fondamento del provvedimento impugnato e si estende anche ai profili tecnici, il cui esame sia necessario per giudicarne della legittimit, salvo non includano valutazioni ed apprezzamenti che presentano un oggettivo margine di opinabilit (come nel caso della definizione di mercato rilevante nell'accertamento di intese restrittive della concorrenza), nel qual caso il sindacato, oltre che in un controllo di ragionevolezza, logicit e coerenza della motivazione del provvedimento impugnato, limitato alla verifica della non esorbitanza dai suddetti margini di opinabilit, non potendo il giudice sostituire il proprio apprezzamento a quello dell'Autorit Garante. Sul punto si veda lEoni La tutela giurisdizionale contro gli atti dellaGCm in materia antitrust, in l.f. PACE (a cura di), Dizionario sistematico, cit., p. 419. (47) Secondo SirAGuSA (Leffetto delle decisioni delle autorit nazionali della concorrenza nei giudizi per il risarcimento del danno: la proposta della commissione ed il suo impatto nellordinamento italiano, in Concorrenza e mercato, 2014, p. 297), loggetto della prova ne esce a tal punto limitato che linsieme delle considerazioni formulate dallAGCM, a prescindere dalla loro effettiva rilevanza ai fini dellaccertamento dellinfrazione, vanno a comporre un impenetrabile reticolo da cui difficilmente rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 in aggiunta, le Sentenze del 2011 producono un corto circuito logico nella stessa giurisprudenza della Suprema Corte. infatti, mentre la sentenza n. 2305 del 2007 aveva escluso che laccertamento dellAGCM giustificasse la sussistenza del danno in re ipsa (la Cassazione defin tale conseguenza aberrante) (48), le sentenze del 2011 sostanzialmente lo ripropongono se si pensa che la parte convenuta pu escludere la sua responsabilit solo introducendo nel giudizio civile prove nuove. il che, a contrario, equivale a dire che se la parte convenuta non ha disponibilit di queste prove (forse perch utilizzate nella difesa dinanzi allAGCM), questa sar sicuramente condannata a risarcire il danno. 3. La trasposizione della direttiva nellordinamento italiano: innovazioni e problemi di compatibilit con i principi fondamentali dellordinamento. Su tale stato dellarte intervenuta la direttiva europea 2014/104/uE, trasposta in italia nel d.lgs. n. 3 del 2017. necessario definire la portata delle innovazioni introdotte dalla direttiva per ben comprendere come queste possano essere efficacemente fatte proprie dallordinamento nazionale. Anzitutto, lart. 9 della direttiva (49) stato trasposto, in termini sostanzialmente analoghi a quelli adottati dal legislatore europeo, nellart. 7 del d.lgs. n. 3 del 2017, ai sensi del quale Ai fini dell'azione per il risarcimento del danno si ritiene definitivamente accertata, nei confronti dell'autore, la violazione del diritto della concorrenza constatata da una decisione dell'autorit garante della concorrenza e del mercato di cui all'articolo 10 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, non pi soggetta ad impugnazione (50) davanti al giudice del ricorso, o da una sentenza del giudice del ricorso passata in giudicato. in il convenuto riuscir a districarsi. Considerazioni confermate da VillA, (La direttiva europea, cit.). Questultimo autore, infatti, riconosce che il nostro sistema, seppur formalmente non dispone la vincolativit del provvedimento antitrust dinanzi al giudice civile di fatto rende incontestabili le determinazioni dellAGCM su alcune determinazioni del fatto illecito. in aggiunta, in vista della trasposizione nellordinamento interno dellart. 9 della Direttiva 104/2014/uE lAutore non manca di rilevare come chiaro tuttavia che il valore vincolante della decisione si armonizza con le garanzie di tutela se, prima di approdare al giudizio risarcitorio, la parte ha la possibilit di sottoporre ad un controllo giurisdizionale esteso la decisione che diverr insindacabile davanti al giudice civile; se il controllo mantiene limitazioni, le perplessit sollevate dalla Corte Europea dei Diritti dell'uomo nei due casi prima richiamati rischiano di minare la legittimit dell'intero impianto normativo. Siamo qui di fronte ad uno snodo centrale per l'attuazione della Direttiva, che coinvolge questioni di portata generale: solo una possibilit di difesa accordata al privato in termini ampi potr consentire di ritenere vincolante il provvedimento senza generare il rischio di strappi al sistema costituzionale interno e alle garanzie riconosciute a livello continentale. (48) Tale rilievo viene messo in luce da VozzA, rc auto e intese anticoncorrenziali: la presunzione legale del provvedimento sanzionatorio -il commento, in Danno e responsabilit, 2015, 2, p. 151; frA- TEA, Il private enforcement, cit., p. 221. (49) Alcuni stati membri come regno unito e Germania avevano gi previsto prima dell'entrata in vigore della direttiva la vincolativit della decisione delle autorit nazionali nei processi civili. in Germania era stata addirittura prevista la vincolativit anche delle decisioni straniere. riguardo questultimo profilo si rinvia alle considerazioni di nEGri, Giurisdizione e amministrazione, cit., pp. 109120. DoTTrinA 263 aggiunta, in maniera molto accorta, il legislatore nazionale ha precisato che Quanto previsto al primo periodo riguarda la natura della violazione e la sua portata materiale, personale, temporale e territoriale, ma non il nesso di causalit e l'esistenza del danno (51). Ci si potrebbe chiedere se, nonostante il vincolo costituito della decisione dellAGCM non si estenda n al nesso di causalit n allesistenza del danno, possa comunque applicarsi quella giurisprudenza che ante direttiva aveva dotato la decisione dellautorit garante di efficacia di prova presuntiva con riferimento ai suddetti elementi della fattispecie. Tale conclusione deve escludersi in quanto, laddove la direttiva ha voluto estendere lefficacia della decisione dellAGCM al nesso di causalit e al danno lo ha fatto, come allart. 17, secondo il quale Si presume che le violazioni consistenti in cartelli causino un danno. l'autore della violazione ha il diritto di fornire prova contraria a tale presunzione (52) (in termini analoghi, lart. 14 del d.lgs n. 3 del 2017). insomma, lefficacia di prova presuntiva con riferimento al nesso di causalit ed al danno pu valere con riferimento ai cartelli, ma non alle altre fattispecie anticoncorrenziali per le quali nulla previsto (53). in aggiunta, non si dimentichi che ai sensi del considerando n. 47 opportuno limitare ai cartelli questa presunzione relativa, dato il loro carattere segreto che aumenta l'asimmetria informativa e rende pi difficile per l'attore ottenere le prove necessarie per dimostrare il danno subito. Ci posto, si dubita vi siano consistenti ragioni giuridiche per discostarsi dalla valutazione di opportunit del considerando. (50) Accogliendo gli inviti di autorevole dottrina (ex multis CHiEPPA, Il recepimento, cit.) che riteneva come il riferimento dellart. 9 della direttiva alla decisione definitiva relativa ad uninfrazione dovesse essere letta ricomprendendo non solo quelle decisioni divenute definitive per esaurimento dei mezzi di impugnazione ma anche quelle divenute inoppugnabili. (51) Parte della dottrina era gi giunta a tali conclusioni interpretando lart. 9 della direttiva. Ex multis, SirACuSA (Leffetto delle decisioni, cit.) non aveva mancato di rilevare come il vincolo disposto dallart. 9 dovesse essere limitato alle determinazioni dellAnC concernenti gli elementi costitutivi dellinfrazione, quali la definizione di mercato rilevante, lesistenza di unintesa o di una posizione dominante, le parti coinvolte. Qualsiasi altra valutazione non essenziale ai fini della contestazione di uninfrazione, anche se inclusa nella decisione definitiva dellAnC, dovrebbe essere considerata come incidentale e di conseguenza come irrilevante. lautore dimostra di accogliere la distinzione elaborata dai giudici del regno unito (dove gi prima dellentrata in vigore della direttiva era stata prevista la vincolativit della decisione dellautorit nazionale della concorrenza, v. nota 49) tra accertamenti essenziali ai fini dellaccertamento dellinfrazione e accertamenti periferici o incidentali; CHiEPPA, (Il recepimento, cit.) secondo il quale, quandanche la decisione dellAGCM si spinga a considerare gli effetti della condotta anticoncorrenziale l'effetto vincolante si estender all'accertamento che l'illecito ha prodotto effetti ma non potr ovviamente dilatarsi sino a comprendere la valutazione dello specifico nesso di causalit, n l'esistenza o la quantificazione del danno. (52) Per un commento a questa norma, PArDolESi, Note minime in tema di nesso di causalit, in Concorrenza e mercato, 2014, p. 317. (53) Giunge alle stesse conclusioni VinCrE, La direttiva 2014/104/UE sulla domanda di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust nel processo civile, in riv. Dir. Proc., 2015, 4-5, p. 1153. rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 Conseguentemente, deve ritenersi definitivamente superata quella giurisprudenza della Corte di Cassazione (da rifiutarsi, per i motivi gi esposti, gi in assenza della direttiva) che aveva notevolmente ristretto le chances di prova contraria nei confronti della presunzione del nesso di causalit e del danno. Sia la direttiva che il decreto legislativo di attuazione, infatti, con riferimento ai cartelli fanno salvo il pieno diritto alla prova contraria dellimpresa. in aggiunta, la limitazione della prova contraria contrasterebbe con la lettera della direttiva atteso che questa limita espressamente il vincolo al giudice civile alla violazione del diritto della concorrenza definitivamente constata da una decisione definitiva. Ci posto, qualora si accogliesse la giurisprudenza delle Sezioni unite del 2011 la latitudine del vincolo dellAGCM si estenderebbe non solo alla violazione bens anche agli accertamenti che hanno riguardato il nesso causale e il danno, contravvenendo sia allart. 9 che allart. 17 della direttiva, atteso che questultimo articolo introduce, in realt, solo una ordinaria presunzione relativa. A questo punto, atteso che la direttiva concerne unicamente le decisioni definitive dellAGCM, ci si potrebbe chiedere se alle decisioni non definitive potr riconoscersi (con esclusivo riferimento allelemento oggettivo della violazione) quel valore di prova privilegiata che le era stato riconosciuto gi prima dellintervento del legislatore europeo. la questione, che dovr essere risolta dalla giurisprudenza, risente comunque della nozione fluida ed indefinita di prova privilegiata. nulla osterebbe a che si continui a considerare la decisione dellAGCM prova privilegiata. Allo stesso tempo per, anche qualora non si volesse condividere questa opinione non potrebbe comunque negarsi che, di fatto, quanto accertato dallAutorit in sede amministrativa possa essere tenuto in preminente considerazione dal giudice civile investito di una domanda di risarcimento del danno, indipendentemente dalletichettare o meno la decisione dellAGCM come prova privilegiata (ammesso che ci si intenda, cosa molto difficile, riguardo al concetto di prova privilegiata) (54). Poste queste necessarie premesse, ci si deve a questo punto interrogare su che tipo di vincolo stato introdotto in capo al giudice civile da parte della direttiva. orbene, prima di esaminare funditus tale questione, necessario tenere a mente che, come noto, le direttive europee fissano un risultato, e che spetta agli ordinamenti nazionali predisporre le forme ed i mezzi (o utilizzare quelli che vi sono) per conseguirlo. Ci posto, ai sensi della direttiva 104/2014/uE gli ordinamenti nazionali devono assicurare che la decisione dellAGCM vincoli il giudice civile nelle domande di risarcimento del danno follow on quanto allaccertamento della violazione delle norme della concorrenza. (54) c.f.r. nota n. 26. DoTTrinA 265 orbene, ovvio che riconoscere efficacia di cosa giudicata alla decisioni decisive dellAGCM, anche laddove confermate dal giudice amministrativo (55), potrebbe collidere con i principi costituzionali del nostro ordinamento (56) (primo fra tutti quello dellindipendenza e della soggezione del giudice solo alla legge), fino a chiamare in causa la nota teoria dei controlimiti (57). Ci si potrebbe chiedere, per, se alla decisione dellAGCM possa essere riconosciuto valore di prova legale, atta a vincolare il giudice con riferimento al fatto costituito dalla condotta anticoncorrenziale prevista dalle norme antitrust (58). Tale ricostruzione, oltre al pregio di non configgere frontalmente con norme costituzionali, si rivelerebbe anche pi vicina alla ratio del legislatore europeo. Con riferimento al profilo in oggetto, infatti, la relazione che ha accompagnato la proposta di direttiva (cos come il libro Bianco (59) ed il libro Verde che avevano aperto il dibattito che ne ha poi portato alladozione) ricomprendeva espressamente (60) tra gli obiettivi dellintervento normativo (55) Si fa qui riferimento a quella tradizionale giurisprudenza del Consiglio di Stato secondo la quale in caso di sentenza di rigetto il rapporto sostanziale rimane comunque regolato dallatto amministrativo, non anche dalla sentenza passata in giudicato (solo formale). Ex multis, Cons. Stato, sez. Vi, n. 7725 del 2003; Cons. Stato, sez. Vi, n. 580 del 1996 secondo il quale la portata precettiva della sentenza del giudice amministrativo va individuata con riferimento non solo delle statuizioni formali contenute nel dispositivo, ma anche delle enunciazioni della motivazione dirette in modo univoco all'accertamento delle posizioni delle parti, solo quando il dispositivo della decisione di merito contenga comunque una pronuncia di accertamento o di condanna, ma non estensibile al caso di rigetto della domanda o del gravame. (56) rorDorf, Il ruolo del giudice, cit. (57) Corte Cost., n. 183 del 1973 su DeJure; Corte Cost. n. 170 del 1984 su DeJure; GiuSSAni, Direttiva e principi del processo civile italiano, in aIDa, fasc. 1, 2015, p. 251, secondo il quale Se si considera che la garanzia dell'azione e del contraddittorio e la regola della soggezione del giudice alla sola legge costituiscono principi fondamentali dell'ordinamento idonei a prevalere, in caso di contrasto fra valori costituzionali, persino sul diritto internazionale consuetudinario, sembra quindi ragionevole prevedere che la teoria dei c.d. contro-limiti possa attenuare l'impatto del dettato dell'art. 9, c. 1, della Direttiva, a dispetto delle recenti propensioni, condivise dal legislatore italiano oltre che da quello europeo, al respingimento di quanti aspirano alla pienezza della tutela giurisdizionale. (58) Per via del d.lgs. n. 3 del 2017 il legislatore avrebbe predeterminato in via generale e astratta il valore che a quella prova deve essere attribuito in quanto le regole di prova legale eliminano cio l'eventualit di una valutazione discrezionale da parte del giudice in ordine all'efficacia che va attribuita alla prova. Di solito si tratta di regole in funzione delle quali l'esito della prova pieno ed incontestabile, sicch la prova produce la verit legale sul fatto. Si tratta dunque di regole che appartengono alla disciplina giuridica della prova (TAruffo, Prova (in generale) nel processo civile, in Dig. iV, disc. priv. sez. civ., XV, Torino, 1997, pp. 5 ss.). insomma, si pu ben ritenere che la decisione divenuta definitiva dellAGCM, in virt della sua composizione estremamente tecnica possa essere portatrice di verit legale sul (solo) fatto costituito dalla violazione delle norme antitrust. (59) la Commissione non vede alcuna ragione per cui una decisione definitiva adottata ai sensi dell'articolo 81 o 82 da un'autorit nazionale della rete europea della concorrenza (ECn) e una sentenza definitiva emessa da una corte d'appello, che conferma la decisione dell'autorit nazionale o che constata essa stessa un'infrazione, non debbano essere accettate in ogni Stato membro come prova inconfutabile dell'infrazione in successive cause civili per il risarcimento dei danni antitrust. (60) Secondo il paragrafo 4.3.1. della relazione che ha accompagnato la proposta di direttiva in rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 quello di riconoscere alle decisioni delle autorit nazionali un effetto probatorio vincolante. lobiettivo del legislatore euro-unitario stato, dunque, quello di riequilibrare gli oneri probatori nei giudizi di private enforcement al fine di garantire un effettivo diritto al risarcimento del danno per i soggetti danneggiati dalla violazione di norme antitrust (61). ulteriore conferma del fatto che lintervento riformatore si sia mosso in un ambito essenzialmente probatorio potrebbe essere il riconoscimento dellefficacia di prova prima facie (62) alle decisioni definitive provenienti da autorit nazionali di altri stati membri. insomma, la direttiva avrebbe inteso alleviare gli oneri probatori di parte attrice nei giudizi follow on riconoscendo efficacia di prova legale alle decisioni nazionali ed efficacia di prova prima facie a quelle spiccate da autorit straniere (63). Tale imposta- titolato Effetto probatorio delle decisioni nazionali, Ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, una decisione della Commissione relativa a un procedimento d'applicazione degli articoli 101 o 102 del trattato ha un effetto probatorio nelle azioni per il risarcimento del danno intentate successivamente, poich la giurisdizione nazionale non pu prendere decisioni che siano in contrasto con quanto statuito dalla Commissione. opportuno conferire un effetto simile alle decisioni definitive relative a uninfrazione adottate dalle autorit nazionali garanti della concorrenza (o da unistanza di ricorso nazionale). Se una decisione relativa a uninfrazione gi stata adottata ed divenuta definitiva, sarebbe inutile, per l'impresa autrice dell'infrazione, adire nuovamente il giudice sulle stesse questioni intentando successive azioni. Ci causerebbe inoltre incertezza del diritto e genererebbe costi superflui per tutte le parti coinvolte e per la giustizia. (61) Tale era anche lauspicio di VinCrE (La direttiva 2014/104/UE, cit.) che nelle more di attuazione della direttiva ha sostenuto come sarebbe pi opportuno, e maggiormente compatibile con i principi e con limpianto sistematico del nostro ordinamento processuale, che il legislatore italiano, nel recepire il precetto contenuto nellart. 9, 1, riconoscesse a tali accertamenti non gli effetti propri di un decisum, quanto piuttosto degli effetti diversi, quali quelli che attengono al campo probatorio (in senso ampio) del processo. (62) riguardo al valore di prova delle decisioni delle attivit straniere deve ritenersi che lart. 7, comma 2, d.lgs. n. 3 del 2017 (secondo il quale la decisione definitiva con cui una autorit nazionale garante della concorrenza o il giudice del ricorso di altro Stato membro accerta una violazione del diritto della concorrenza costituisce prova, nei confronti dell'autore, della natura della violazione e della sua portata materiale, personale, temporale e territoriale, valutabile insieme ad altre prove) segni laccoglimento nel nostro ordinamento della nozione di prima facie evidence tipica degli ordinamenti di common law e analoga a quella della anscheinsbeweis germanica (per unanalisi del concetto anscheinsbeweis o anche prima-facie-beweis si rimanda alle puntuali considerazioni di nEGri, (Giurisdizione e amministrazione nella tutela della concorrenza, cit., pp. 149-152.) la prova prima facie comporta un abbassamento degli standard probatori richiesti alla parte attrice implicando che il giudice italiano potr assestarsi su una valutazione di verosimiglianza della violazione delle norme antitrust (e non anche del pi gravoso id quod plerumque accidit) qualora la parte attrice produca in giudizio la decisione dellautorit straniera, fermo restando, ovviamente, il diritto di prova contraria della parte convenuta. (63) Bisogna precisare che la proposta originaria della Commissione prevedeva lefficacia vincolante anche delle decisioni delle autorit straniere, poi esclusa. Bisogna valutare positivamente questa esclusione atteso che, come opportunamente rilevato da CHiEPPA (Il recepimento, cit.), tale previsione avrebbe posto seri problemi di coordinamento con la dottrina dei contro-limiti con riferimento alle decisioni provenienti da quegli stati membri in cui il controllo giurisdizionale degli atti dellAGCM non soddisfa quegli standard individuati dalla Corte EDu nella Sentenza menarini. Sulla compatibilit del sindacato del giudice amministrativo allart. 6 della CEDu infra. DoTTrinA 267 zione avrebbe il pregio di ricostruire in maniera organica e lineare lintervento legislativo. Al tal proposito stato rilevato (64) come il legislatore euro-unitario, sebbene intendesse preliminarmente agire sul piano della prova, si sia tuttavia spinto oltre nella stesura della direttiva, facendo riferimento ad una vera e propria efficacia di accertamento laddove afferma che la violazione delle norme antitrust constatata da unautorit nazionale deve ritenersi definitivamente accertata da parte del giudice civile. Ebbene, tale obiezione pu essere agevolmente superata laddove si consideri che linterpretazione qui proposta, seppur forse non strettamente aderente al dato letterale, non determinerebbe comunque uno stravolgimento della lettera della norma ma sarebbe, al contrario, un utile adattamento di questa al fine di coniugare il rispetto del diritto euro-unitario ed i principi fondamentali del nostro ordinamento. in aggiunta, riconoscere efficacia di giudicato alla decisone dellAGCM significherebbe ricostruire un rapporto di pregiudizialit/dipendenza tra questa ed il conseguente processo civile, con il corollario che laddove la decisione venga impugnata, il giudice civile sarebbe tenuto a sospendere il processo ai sensi dellart. 295 c.p.c. Tale conclusione risulterebbe contraria alla direttiva che, oltre a non aver disposto alcuna ipotesi di sospensione in pendenza del procedimento amministrativo alla stregua di quanto disposto dallart. 16 del regolamento 1/2003 con riferimento alle decisioni contemplate dalla Commissione, nulla dice anche con riferimento alla contestuale pendenza della fase giurisdizionale di impugnazione. Si pensi che la soluzione contraria minerebbe leffettivit della tutela stand alone, in quanto la parte che si ritiene danneggiata e che vorrebbe agire senza attendere la decisione dellAGCM sarebbe tenuta ad aspettare il formarsi del giudicato formale sulla decisione (o che si concluda il giudizio di primo grado (65)). Tutto ci in palese contrasto con gli obiettivi del legislatore euro- unitario che, come correttamente rilevato (66), ha inteso incoraggiare la proposizione delle azioni stand alone (si pensi solo alla previsione della innovativa disciplina della discovery agli artt. 5 e 6 della direttiva). in definitiva, la soluzione pi razionale sembrerebbe quella di assicurare autonomia tra fase amministrativa (anche giurisdizionale) e civile, e di considerare le decisioni divenute definitive alla stregua di prove legali. ovviamente, resta inteso che la prova vincolante non ha ad oggetto la violazione in s, che un (giudizio di) disvalore e non un fatto, bens il comportamento anticoncorrenziale come accertato dal provvedimento definitivo dellAGCM. (64) VinCrE, La direttiva 2014/104/UE, cit. (65) Cass., SS.uu., del 19 giugno 2012, n. 10027, su DeJure. (66) VinCrE, La direttiva 2014/104/UE, cit. rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 4. Osservazioni conclusive con riferimento al perdurante problema del rispetto dei diritti di difesa. Sebbene il riconoscimento del vincolo di prova legale alle decisioni definitive dellAGCM possa ritenersi un utile compromesso tra le esigenze comunitarie di applicazione della disciplina del private enforcement e quelle nazionali di rispetto dei principi fondamentali dellordinamento (dotato, come si cercato di dimostrare, di consistenti appigli normativi), non pu nascondersi come il vincolo dalla stessa disposto, qualunque sia lo strumento normativo utilizzato al fine di assicurarne il rispetto da parte dellordinamento nazionale, sollevi dubbi ancor pi consistenti con riferimento alla compatibilit del c.d. sindacato debole sugli atti dellAGCM con i diritti di difesa dellimpresa convenuta (67) e, segnatamente, con lart. 6 della CEDu e lart. 47 della Carta di nizza, secondo i quali ogni cittadino ha diritto che la propria causa vertente su diritti e doveri a carattere civile sia esaminata da un tribunale indipendente ed imparziale, costituito per legge. le conclusioni cui si era assestata la giurisprudenza amministrativa, infatti, risultano confermate dal legislatore, che accoglie espressamente il modello del sindacato debole allart. 7 del d.lgs n. 3 del 2017, laddove afferma che il sindacato del giudice del ricorso comporta la verifica diretta dei fatti posti a fondamento della decisione impugnata e si estende anche ai profili tecnici che non presentano un oggettivo margine di opinabilit, il cui esame sia necessario per giudicare la legittimit della decisione medesima. Sebbene la CEDu abbia gi ritenuto il sindacato del giudice amministrativo conforme allart. 6 (68), il sistema meriterebbe un ripensamento atteso che un controllo da parte degli organi di giustizia amministrativa delle valutazioni, anche quelle opinabili (69), dellAmministrazione diventerebbe a que (67) Su questo punto imprescindibili sono le puntuali osservazioni di SirAGuSA, Leffetto delle decisioni, cit., al quale si rinvia. (68) Corte EDu, causa a. menarini Diagnostic c. Italia, ricorso n. 43509/08, sentenza del 27 settembre 2011, su www.giustizia.it. (69) VillA (Lattuazione della direttiva, cit.) ha analizzato le formule delle sentenze del giudice amministrativo addivenendo alla conclusione che non vi sia un concetto chiaro e univoco di ci che rientra nel margine di opinabilit. Peraltro, in una situazione che figlia della ripartizione tra la discrezionalit dell'amministrazione e l'operato del giudice, continuano a non essere sindacabili le scelte che abbiano margini di opinabilit, rinviando cos ad un ambito, i cui confini non sono affatto chiari, se solo si analizzano le formule che al proposito sono impiegate nelle sentenze. Cos si legge che il sindacato del giudice sui profili tecnici si arresta "quando in siffatti profili tecnici siano coinvolti valutazioni ed apprezzamenti che presentano un oggettivo margine di opinabilit, come nel caso della definizione di mercato rilevante nell'accertamento delle intese restrittive della concorrenza", dal momento che tale sindacato "oltre un controllo di ragionevolezza, logicit e coerenza della motivazione del provvedimento impugnato, limitato alla verifica che quel medesimo provvedimento non abbia esorbitato dai margini di opinabilit sopra richiamati" . Da queste definizioni circolari, in cui in sostanza si richiede di stabilire quanto un giudizio opinabile sia opinabile, si passa ad un periodare di sapore esoterico quando si afferma, sempre con riferimento al mercato rilevante, che la sua determinazione "implica un accertamento di DoTTrinA 269 sto punto ineludibile considerato che le decisioni dellAGCM, oltre che essere gi state riconosciute dalla CEDu come convenzionalmente penali alla luce degli Engels criteria (70), acquistano oggi, a seguito della citata direttiva, efficacia vincolante anche nel processo civile. Altra soluzione potrebbe essere, de jure condendo, quella di devolvere alla giurisdizione del giudice civile le controversie inerenti allimpugnazione dei provvedimenti antitrust, condividendosi le opinioni di coloro (71) che ritengono che siano (tendenzialmente) di diritto soggettivo le situazioni giuridiche tipiche che si confrontano con il provvedimento dellAGCM. Tale soluzione garantirebbe un effettivo controllo di tutte le valutazioni dellAutorit sul modello, gi sperimentato, del giudizio sulle sanzioni amministrative ex legge 689/1981 che si svolge, secondo tralatizia formula giurisprudenziale, sul rapporto non sullatto (72). fatto cui segue l'applicazione ai fatti accertati delle norme giuridiche in tema di 'mercato rilevante' (...) che sindacabile in sede di legittimit per violazione di norme di legge (...) nei limiti in cui la censura abbia ad oggetto l'operazione di 'contestualizzazione' delle norme, all'esito di una valutazione giuridica complessa che adatta al caso specifico concetti giuridici indeterminati, quali il 'mercato rilevante' e 'l'abuso di posizione dominante. Secondo lAutore, tale limite al sindacato del giudice amministrativo porrebbe problemi di costituzionalit con riferimento agli artt. 76 e 87 Cost. perch, oltre a non esser imposto dalla direttiva, risulta estraneo ai principi fissati dalla legge-delega. (70) Corte EDu, causa a. menarini Diagnostic c. Italia, cit. (71) nEGri, Giurisdizione e amministrazione, cit., pp. 247-288. Pur non condividendosi le conclusioni dellA. laddove giunge ad auspicare la formazione di sorta di giurisdizione esclusiva del giudice ordinario nei confronti degli atti e dei provvedimenti dellautorit garante, si condividono le sue argomentazioni laddove ritiene che i principali provvedimenti antitrust, e segnatamente quelli di diffida cui spesso si accompagna la sanzione pecuniaria per violazione grave, in quanto non discrezionali in senso proprio siano inidonei a degradare il diritto soggettivo perfetto e costituzionalmente garantito alla libera iniziativa economica e perci non possono ricondursi allesercizio di poteri autoritativi; allora lart. 33, primo comma, legge n. 287 del 1990 non pu che risultare palesemente incompatibile con lart. 103 Cost. secondo linterpretazione fornitane dal giudice delle leggi: giacch certamente non appare conforme ai principi stabiliti dalla Consulta lidea che lintero settore di contenzioso relativo agli atti e provvedimenti dellautorit garante delle concorrenza e del mercato possa essere ricondotto alla giurisdizione amministrativa per il solo fatto che tra quei provvedimenti ve ne sono alcuni, in concreto tuttaltro che prevalenti (..), che siano il frutto di potere discrezionale. Bisogna comunque rilevare che la questione di legittimit costituzionale stata ritenuta manifestamente infondata da Cass. SS.uu. n. 8882 del 2005, su DeJure. Al di l della questione di costituzionalit, auspicabile lattribuzione al giudice ordinario delle controversie nate dallimpugnazione degli atti dellAGCM in tutti quei casi (e sono la netta maggioranza venendo esclusi solo quelli concernenti le autorizzazioni in deroga e le concentrazioni) nei quali si faccia questione di diritti soggettivi. (72) Cass. SS.uu. n. 1786 del 2010, su DeJure. rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 Contabilit nazionale e unit istituzionali. Interpretazione ed applicazione dei criteri dettati dal SEC 2010 per linserimento delle PP.AA. nellElenco delle unit istituzionali appartenenti al settore delle Amministrazioni Pubbliche di competenza dellISTAT Lucia Marzialetti* SOmmarIO: 1. Introduzione - 1.1. Premessa - 2. Cenni e storia - 3. I presupposti utili ai fini dellinserimento delle unit istituzionali ed in particolare delle istituzioni senza scopo di lucro allinterno dellElenco Istat delle amministrazioni pubbliche - 3.1. Il test market/non market - 3.2. Il controllo pubblico - 4. Non causa pro causa. Le avverse tesi delle unit istituzionali ricorrenti - 5. Il problema. Linquadramento sistematico e la natura giuridica delle quote associative - 6. Conclusioni. Cui prodest? 1. Introduzione. il tema della contabilit e della finanza pubblica da sempre al centro di numerose diatribe incentrate sulla individuazione e determinazione della linea di demarcazione che divide organismi giuridici che possono (e devono) essere inseriti allinterno del conto economico consolidato, ed i soggetti che, invece, debbono esserne tenuti fuori, in ragione delle loro peculiari caratteristiche giuridiche ed economiche. la materia delicata perch regolata da principi di natura sia civilistica sia amministrativistica, ed involge obblighi sociali e finanziari costituzionalmente positivizzati, in una dimensione di "corresponsabilit", nel rispetto dei limiti della finanza pubblica nazionali e sopranazionali. la contabilit macroeconomica, o contabilit nazionale, si presenta sotto forma di un insieme coerente di conti che descrive quantitativamente e in termini monetari l'attivit economica. l'insieme dei conti retto da una serie di relazioni di identit e costituisce un supporto utile per lo studio delle caratteristiche strutturali e dinamiche di un sistema economico, rispondendo alle esigenze dell'analisi e della previsione, oltre che a quelle della politica economica lo scopo principale di un sistema di contabilit nazionale quello di classificare la complessa attivit economica, di sintetizzarla in un ristretto numero di categorie fondamentali e di esporla in un quadro organico d'insieme rappresentativo dei circuiti economici. l'esigenza di comparare gli indicatori economici di paesi diversi particolarmente avvertita dall'unione europea, data la necessit di definire politiche comuni e di monitorare gli andamenti delle singole economie nell'ambito di (*) Dottoressa in Giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso lAvvocatura Generale dello Stato, tirocinante presso listituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni (iVASS). DoTTrinA 271 un quadro di regole di bilancio unitario e, per l'area euro, di una politica monetaria unica. lelenco stilato dallistat si inserisce perfettamente nel quadro dinanzi delineato. Esso enuclea annualmente le amministrazioni pubbliche (1) inserite nel conto consolidato dello Stato e, per tale ragione, causa di controversie proposte da parte delle unit istituzionali, poich dallinserimento de quo derivano conseguenze in termini di spesa e di controllo ulteriori, cui spesso gli enti - di natura privatistica ma con finalit pubblicistiche - intendono sottrarsi. il problema si posto in sede contenziosa soprattutto con riferimento alle federazioni Sportive nazionali minori e in relazione ad altri enti od organismi pubblici per i quali lappartenenza al sistema di conto statale non appare cos scontata. Diverse, infatti, sono le cause pendenti presso le varie autorit giudiziarie (TAr, Consiglio di Stato, Corte dei Conti, Corte di Cassazione), dove si dibatte essenzialmente in ordine alla corretta interpretazione dei criteri utili ai fini dellinserimento dellorganismo nellelenco istat, nonch in relazione allinquadramento giuridico e sistematico che alcune voci di entrata debbono avere. la res controversa si articola in primis su un piano strettamente giuridico e di corretta interpretazione della normativa alla luce delle direttive europee e dei principi eurocomunitari; in secundis su un piano prettamente economico, che afferisce alla qualificazione contabile delle voci di entrata e di spesa in relazione ai parametri di calcolo finali adottati dallistat. Con riferimento a questo specifico tema stata proposta dallAvvocatura Generale dello Stato innanzi alla Corte dei Conti SS.rr. la richiesta di rinvio pregiudiziale ex art. 267 TfuE alla Corte di Giustizia dellunione Europea (2), (1) Ai fini dellapplicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica, per amministrazioni pubbliche si intendono per l'anno 2011, gli enti e i soggetti indicati a fini statistici nell'elenco oggetto del comunicato dell'Istituto nazionale di statistica (ISTaT) in data 24 luglio 2010, pubblicato in pari data nella Gazzetta Ufficiale della repubblica italiana n. 171, nonch a decorrere dall'anno 2012 gli enti e i soggetti indicati a fini statistici dal predetto Istituto nell'elenco oggetto del comunicato del medesimo Istituto in data 30 settembre 2011, pubblicato in pari data nella Gazzetta Ufficiale della repubblica italiana n. 228, e successivi aggiornamenti ai sensi del comma 3 del presente articolo, effettuati sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti dell'Unione europea, le autorit indipendenti e, comunque, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. 3. La ricognizione delle amministrazioni pubbliche di cui al comma 2 operata annualmente dall'ISTaT con proprio provvedimento e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale entro il 30 settembre. Art. 1 comma 2 e 3, l. 196/2009. Precisa poi il d.lgs. 165/2001, art. 1 comma 2 che Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le regioni, le Province, i Comuni, le Comunit montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale. (2) Causa rG.n. 539/Sr/riS, f.i.S.E. c/istat - CT. 46108/2016. rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 s da risolvere uno specifico profilo -(la natura giuridico contabile delle quote di associazione) che, tra laltro, causa di numerose controversie -in ordine al quale attarda ad assestarsi uninterpretazione giurisprudenziale uniforme. Si chiesto in particolare: 1) Se le quote associative corrisposte ad una Federazione Sportiva debbano essere ritenute corrispettivi della vendita di beni o servizi ovvero se, in applicazione dei paragrafi 2.39 lett. d), 20.15 SEC2010, 20.16 SEC 2010, 20.19 -20.31 SEC2010 del regolamento 549/2013 UE, debba correttamente intendersi che le quote associative, seppure di fonte privata, siano equiparabili ai trasferimenti pubblici con natura, causa e finalit pubblicistiche, e rientrino, pertanto, tra gli indicatori del controllo pubblico rilevanti ai fini dellinserimento di un ente Federazione Sportiva nellElenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato ed individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 3 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 attuativa del citato reg. (CE), n. 549/2013 relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nell'Unione europea; 2) se le disposizioni contenute al paragrafo 2.39 lett. d), 20.15 comma 1 lett. d), 20.15 comma 2 dellallegato a al reg. UE n. 549/2013 (SEC 2010) debbano essere interpretate nel senso che il solo indicatore del grado di finanziamento (pubblico) debba ritenersi prevalente ed assorbente rispetto agli altri indici di controllo pubblico previsti dal SEC 2010, oppure se lesistenza di altri indicatori, fra cui in particolare quello relativo allautonomia finanziaria dellunit istituzionale, possa di per s escludere la sussistenza di una situazione di controllo da parte della pubblica amministrazione. 1.1. Premessa. il SEC (Sistema Europeo dei Conti nazionali e regionali) un sistema composto dallinsieme di relazioni economiche, concetti, definizioni e regole contabili adottati uniformemente nei diversi Paesi dellunione Europea. ladozione di criteri uniformi nelle regole contabili ha lobiettivo di agevolare la comparazione fra le tendenze dei diversi Stati europei, favorendo le decisioni della politica economica e il raccordo con le altre fonti statistiche. Esso risulta coerente con gli standard internazionali definiti dal System of National accounts (SnA) realizzato, sotto il coordinamento dellonu, dai maggiori organismi statistici internazionali (fMi, Eurostat, oCSE, Banca Mondiale). in particolare il SEC strutturato secondo due ambiti di conti. I conti dei settori istituzionali -famiglie, societ finanziarie e non, pubblica amministrazione, resto del mondo -si riferiscono ai differenti stadi del processo economico: produzione, generazione e distribuzione del reddito; usi del reddito e risparmi; variazioni delle attivit e delle passivit dei diversi settori. I conti settoriali e le matrici input-output, invece, forniscono un maggiore dettaglio del processo produttivo (costi, redditi, occupazione) e dei DoTTrinA 273 flussi di beni e servizi (produzione, importazioni, esportazioni e componenti della domanda). Ci occuperemo in questa sede dei conti relativi ai settori istituzionali, con riferimento in particolare alla pubblica amministrazione. 2. Cenni e storia. nel 1970 l'istituto Statistico delle Comunit Europee (Eurostat) ha adottato un sistema armonizzato dei conti, attraverso lanalisi dei diversi sistemi di contabilit nazionale, con particolare riferimento al modello francese. una seconda edizione del SEC fu pubblicata nel 1971. Applicato dapprima in via sperimentale, il SEC stato recepito da tutti i paesi membri della Comunit europea, tra cui anche litalia a partire dal 1974. l'adozione da parte della Commissione statistica delle nazioni unite nel 1993 del nuovo sistema dei conti nazionali (SnA 1993) - redatto dall'onu e da altre istituzioni internazionali, quali lo stesso Eurostat - indusse ad una revisione del sistema che diede vita al SEC 95, approvato come regolamento comunitario il 25 giugno 1996 (regolamento del Consiglio CE 2223). Tale sistema permetteva una descrizione quantitativa completa e comparabile dell'economia dei paesi membri dell'unione europea, attraverso un sistema integrato di conti di flussi e di conti patrimoniali definiti per l'intera economia e per raggruppamenti di operatori economici (settori istituzionali). Successivamente nel 2009 la Commissione Statistica dei Conti nazionali ha emanato una versione aggiornata del Sistema dei Conti nazionali (SnA 2008) volta ad adeguare i conti nazionali al nuovo contesto economico, ai progressi della ricerca metodologica e alle esigenze degli utilizzatori. Si reso conseguentemente necessario prevedere un nuovo sistema europeo dei conti nazionali e regionali che recepisse le novit. il nuovo sistema Sec 2010, definito nel regolamento ue n. 549/2013 relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nell'unione europea -di seguito, SEC 2010 -pubblicato il 26 giugno 2013, il risultato di una stretta collaborazione fra lufficio statistico della Commissione (Eurostat) e i contabili nazionali degli Stati membri. il Sec 2010, in particolare, definisce i principi e i metodi di contabilit nazionale a livello europeo e fissa in maniera sistematica e dettagliata il modo in cui si misurano le grandezze che descrivono il funzionamento di una economia, in accordo con le linee guida internazionali stabilite nel Sistema dei conti nazionali delle nazioni unite (2008 SnA). rispetto alla precedente versione del 1995 (in vigore per litalia dal 1999), il Sec 2010 presenta alcune importanti differenze inerenti sia lambito di applicazione sia le nozioni e le definizioni. Esso riflette, infatti, gli sviluppi e i progressi metodologici conseguiti nella misurazione delle economie moderne che si sono consolidati a livello rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 internazionale e, allo stesso tempo, viene incontro alle esigenze degli utilizzatori, migliorando in alcuni casi la tempestivit nella diffusione dei risultati. il meccanismo assicurato dalla presenza di organismi a livello nazionale che garantiscono laffidabilit, la veridicit, la completezza e la corrispondenza delle informazioni e dei dati raccolti. Con specifico riferimento al nostro paese, infatti, ai sensi del reg. (CE) 21 maggio 2013 n. 549 questo compito affidato allistituto nazionale di Statistica (istat), chiamato a predisporre annualmente il conto economico consolidato delle Amministrazioni Pubbliche nellambito della Procedura sui Deficit Eccessivi regolata dal Trattato di Maastricht. lelaborazione del conto economico consolidato si basa sulla corretta individuazione delle unit istituzionali che fanno parte del Settore Amministrazioni Pubbliche, denominato S13, secondo i criteri fissati dal citato regolamento SEC 2010, che ha sostituito il previgente regolamento uE n. 2223/96, SEC95. Al riguardo, il legislatore nazionale, introducendo, dapprima con la legge finanziaria 2005 e successivamente con la l. 31 dicembre 2009 n. 196 (legge di contabilit e finanza pubblica), un limite all'incremento delle spese delle pubbliche amministrazioni, ha prescritto che, ai fini dellapplicazione delle disposizioni di finanza pubblica, per amministrazioni pubbliche debbano intendersi, i soggetti che costituiscono il predetto settore istituzionale, individuati a fini statistici dall'istat sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti comunitari (cfr. artt. 1 comma 5, l. n. 311/2004; 1, comma 2, l. n. 196/2009, come modificato dall'art. 5, comma 7, D.l. n. 16/2012 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 44/2012) (3). Allo scopo di ridurre al minimo la discrezionalit nella valutazione e nella collocazione delle unit istituzionali, il manual on Government Deficit and Debt -Implementation of ESa 2010, pubblicato da Eurostat il 29 agosto 2014, definisce precise regole operative di applicazione del SEC2010. in particolare, al concetto di controllo pubblico riservato il par. i.2.3 dellMGDD, con un approfondimento dedicato al controllo delle istituzioni non (3) Dottrina e giurisprudenza ritengono pacificamente che si sia di fronte ad un fenomeno di legificazione degli Elenchi Istat (cfr. ex multis T.A.r. lazio roma Sez. iii, 12 giugno 2013, n. 5938), quale concetto applicabile anno per anno, essendo, sia lElenco istat sia le leggi finanziarie che lo richiamano, emanati con cadenza annuale. invero, il fatto che le finanziarie e le altre leggi in materia amministrativo- contabile, nel riferirsi alle PP.AA. identifichino queste ultime nelle unit istituzionali di cui allElenco Istat delle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato, di fatto opererebbe una legificazione dello stesso dellElenco de quo, il cui contenuto diventa pertanto cristallizzato fino ad assurgere al rango di norma dichiarativa. inoltre, corroborerebbe la predetta tesi il fatto che le stesse leggi finanziarie rinvengano nellElenco la fonte individuativa delle PP.AA. assoggettate ai vincoli contabili e finanziari con efficacia nazionale. Cos ragionando, dunque, lElenco non sarebbe nemmeno autonomamente impugnabile, perch assorbito dalla legge, partecipando della natura giuridica della norma che lo richiama. DoTTrinA 275 profit che -riprendendo puntualmente quanto definito nello SnA 2008 (4.92) (System of national Accounts, Sistema di contabilit nazionale) -rende espliciti i cinque indicatori descritti nel par. 20.15 del SEC2010, di cui si dir infra. laccertamento statistico che prelude allinserimento degli enti nel- lelenco de quo presuppone lo svolgimento di unattivit di natura metodologica e a carattere tecnico-statistico in ragione della quale listat provvede a verificare, in unottica pluriennale e anno per anno (4), il possesso dei requisiti necessari allinclusione nel settore delle amministrazioni pubbliche S13, le quali, secondo il SEC 2010, sono costituite dalle unit istituzionali pubbliche che siano produttrici di beni e servizi non destinabili alla vendita. Su questa base gli enti vengono inseriti oppure esclusi dal settore delle amministrazioni pubbliche e conseguentemente dallElenco istat. 3. I presupposti utili ai fini dellinserimento delle unit istituzionali ed in particolare delle istituzioni senza scopo di lucro allinterno dellElenco Istat delle amministrazioni pubbliche. il regolamento europeo SEC 2010, rispetto al suo antecedente, stabilisce un nuovo percorso di classificazione delle istituzioni senza scopo di lucro allinterno del settore delle Amministrazioni pubbliche S13: in generale, esso tende, in misura maggiore del SEC95, ad includere unit istituzionali per le quali sussista una condizione sostanziale di pubblicisticit e controllo pubblico. la nuova classificazione delle unit istituzionali senza scopo di lucro prevede, infatti, la verifica del criterio del 50% di copertura dei costi con le vendite tramite il test market/non market (par. 20.16 SEC 2010) e laccertamento della ricorrenza del controllo pubblico sullunit istituzionale, attraverso lesame di elementi che descrivano i caratteri specifici del rapporto organico che lega listituzione allamministrazione pubblica (par. 20.15 SEC2010). Specificamente il SEC 2010, al citato par. 20.15, dispone che il controllo di unistituzione senza scopo di lucro definito come la capacit di determinare la politica generale o il programma dellunit. Lintervento pubblico in forma di regolamentazione generale applicabile a tutte le unit che svolgono la stessa attivit non rilevante per decidere se una singola unit sia controllata dallamministrazione pubblica. Per stabilire se unistituzione senza scopo (4) il Tar del lazio, infatti, da tempo ritiene irrilevanti, al fine del decidere sulla legittimit del- lelenco ISTaT relativo allanno 2010, le classificazioni dallo stesso Istituto compiute per gli anni precedenti. Ed invero, una volta incontestato che ogni elenco ha una valenza annuale e che lIstituto ha il potere dovere di sottoporlo a revisione periodica in presenza di fatti sopravvenuti o anche per effetto di un ripensamento in ordine alle determinazioni in precedenza assunte, la materia del contendere trova il suo limite naturale nelle classificazioni operate per lanno di riferimento, le sole impugnate che sono anche le sole per le quali sussiste un interesse concreto ed attuale a provocare un intervento annullatorio del giudice della legittimit (cfr., ex plurimis, TAr lazio roma, Sez. iii, 12 luglio 2011 n. 6212). rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 di lucro sia controllata dallamministrazione pubblica occorre considerare i seguenti cinque indicatori di controllo: 1) la nomina dei funzionari; 2) altre disposizioni riguardanti gli obblighi contenuti nello statuto dellistituzione senza scopo di lucro; 3) gli accordi contrattuali; 4) il grado di finanziamento; 5) lesposizione al rischio. Un unico indicatore pu essere sufficiente per stabilire il controllo. Tuttavia, se unistituzione senza scopo di lucro finanziata principalmente dal- lamministrazione pubblica conserva in misura significativa la capacit di determinare la sua politica o il suo programma per gli aspetti definiti dagli altri indicatori, non viene considerata controllata dallamministrazione pubblica. Nella maggior parte dei casi lesistenza del controllo sar messa in evidenza da diversi indicatori. Una decisione basata su questi indicatori implica, per sua natura, un giudizio soggettivo. necessario verificare, altres, la caratteristica di produttore non market dellunit istituzionale, come indicato nel par. 20.16 del SEC2010, a norma del quale la caratteristica di produttore di beni e servizi non destinabili alla vendita di unistituzione senza scopo di lucro determinata come per le altre unit delle amministrazioni pubbliche, cio a dirsi mediante lapplicazione del test del 50% (test market/non market), che ha la funzione di verificare in quale percentuale il ricavo delle vendite copra i costi di produzione dellunit istituzionale considerata. A questa stregua, come si chiarir meglio oltre, allorch le vendite coprano pi del 50% dei costi di produzione (per un periodo congruo di tempo, di solito quantificato in un triennio), lunit considerata di tipo market, cio produttore di beni e servizi destinabili alla vendita e dunque non classificabile allinterno del settore delle Pubbliche Amministrazioni (par. 20.19 20.31 SEC2010). 3.1. Il test market/non market. la classificazione delle unit istituzionali redatta sulla base del test mar- ket/non market si basa sulla tassonomia dei dati contabili consolidata e definita a livello normativo. Se i ricavi delle vendite coprono almeno il 50 per cento dei costi di produzione, l'unit considerata di tipo "market", cio produttore di beni e servizi destinabili alla vendita. Se, viceversa, i ricavi delle vendite risultano inferiori al 50 per cento dei costi di produzione, l'unit di tipo "non market". A tal fine il caso di osservare che l'istat effettua il test market/non market per un arco di tempo pluriennale, come previsto dal regolamento europeo (paragrafo 3.3 del reg. ue n. 549/2013). Tutte le censure sollevate dalle unit istituzionali ricorrenti, e di cui si approfondir infra, sono soventi prive di fondamento, perch basate su unerrata DoTTrinA 277 interpretazione e conseguente inesatta applicazione della disciplina sia nazionale sia comunitaria cos come enunciata. Si rileva, infatti e contrariamente a quanto spesso sostenuto dagli organismi ricorrenti, che i "ricavi propri" di una unit istituzionale sono costituiti unicamente dalle entrate derivanti dall'attivit caratteristica e specifica, cio dai ricavi provenienti dalle vendite o da prestazioni di servizi tipiche dell'ente, mentre devono ritenersi non significativi a tale fine le quote associative, i contributi o sponsorizzazioni o altre provvidenze in conto esercizio erogati da operatori pubblici. Sul punto, peraltro, la Corte dei Conti in speciale composizione aveva gi statuito che i "ricavi propri" di una unit istituzionale sono costituiti unicamente dalle entrate derivanti dall'attivit caratteristica e specifica, cio dai ricavi provenienti da vendite o da prestazioni di servizi tipiche dell'ente, mentre devono ritenersi non significativi, ai fini del test, le cd. quote associative, i contributi o altre provvidenze in conto esercizio erogati da operatori pubblici (cfr. Sent. n. 48/2015/riS). proprio la finalit (pubblicistica), a ben vedere, ad escludere che i proventi derivanti dalle c.d. quote associative e dai tesseramenti possano essere considerati assimilabili ad entrate provenienti da vendite di beni e servizi ai fini della verifica del test market/non market. Correttamente inquadrando, infatti, le predette fonti di entrata, devrebbe concludersi che, qualora il calcolo del rapporto tra il totale dei ricavi e il totale dei costi, sia al di sotto del 50% - come sovente si verifica - le unit istituzionali, tra cui le federazioni Sportive nazionali e gli altri organismi di diritto pubblico, saranno inquadrabili in una situazione non market. Ci impone, con tutta evidenza, linserimento della stessa nellelenco istat delle amministrazioni pubbliche di cui allart. 1 della legge n. 196/2009. 3.2. Il controllo pubblico. Si evidenzia, peraltro, che lesito negativo del risultato test market / non market vale, inoltre e di per s, ad integrare lulteriore presupposto utile ai fini dellinserimento delle unit istituzionali nellElenco de quo. infatti, la circostanza per cui lesito del test di cui sopra abbia dato risultato negativo comporta, quale necessaria e logica conseguenza, la presenza di una consistente parte di finanziamento pubblico in capo allunit istituzionale stessa. Questo elemento integra, a ben vedere, proprio uno degli indicatori della esistenza del controllo pubblico. Per la definizione del criterio del controllo pubblico il Sec 2010 individua, infatti, cinque indicatori: la nomina dei funzionari; la messa a disposizione di strumenti che consentano l'operativit ovvero la presenza di altre disposizioni come gli obblighi contenuti nello statuto; la sussistenza di accordi contrattuali; il grado di finanziamento; l'esposizione al rischio dell'amministrazione pubblica. rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 lultimo periodo del paragrafo 20.15 del Sec 2010, aggiunge poi che un unico indicatore pu essere sufficiente per stabilire il controllo. Pertanto, ai fini della riconduzione delle unit istituzionali ricorrenti nellElenco de quo, gi sarebbe sufficiente il requisito del finanziamento pubblico, desumibile con tutta evidenza dallesito, spesso negativo, del test mar- ket/non market. ove ci non bastasse si rileva che in ogni caso spesso si registra la presenza anche di un altro indicatore del controllo, un ulteriore requisito idoneo a confermare la legittimit dellinserimento della federazione fra le pubbliche amministrazioni di cui allElenco impugnato: il controllo strictu senso inteso. Spesso, infatti, alle unit istituzionali de quibus sono sovraordinati organismi di diritto pubblico ed enti pubblici, i quali esercitano un potere di controllo, vigilanza e verifica della rispondenza dellattivit posta in essere con le finalit pubbliche e pubblicistiche. Siffatta impostazione corroborata dalla presenza, allinterno degli Statuti -delle unit istituzionali e degli organi di vertice cui le predette unit fanno riferimento - di clausole che regolano le forme di vigilanza giuridica e finanziaria sulla gestione. Ad esempio, per ci che concerne le federazioni Sportive -in relazioni alle quali si registra il maggior numero di contenzioso -forme di controllo pubblico possono ravvisarsi nei compiti del Coni (5), linquadramento della cui natura giuridica appare dirimente ai fini dellesatta qualificazione della vicenda in esame. le fSn sono, infatti, organi del Coni (6), ed in ordine a questo specifico (5) il Coni un ente pubblico nazionale (istituito con d.lgs. 23 luglio 1999 n. 242 e ss.mm.ii) appartenente al core delle amministrazioni pubbliche ed perci classificato nel settore istituzionale S13 (cfr. par. 20.09 e 20.10 del SEC2010 e par. 2.69 del SEC95). il legislatore, intervenendo nel 2004, ha voluto qualificare lente anche come confederazione delle federazioni sportive nazionali e delle discipline associate, rafforzandone il ruolo di istituzione centrale di tutta lorganizzazione sportiva. le modalit di esercizio del controllo del Coni sulle federazioni sono stabilite nelle norme, e pi specificamente nello Statuto del Coni nel quale sono stati individuati elementi caratteristici del controllo pubblico descritti nel SEC2010 e nel Manuale operativo. il legame organico delle federazioni sportive con lente controllante stato, a sua volta, verificato negli statuti delle singole federazioni, speculari alle prescrizioni statutarie del Coni. Al Coni la legge, infatti, assegna il compito di curare lorganizzazione, la valorizzazione dello sport nazionale e la regolazione di tutti gli organismi che agiscono nel settore sportivo tra cui le federazioni sportive nazionali. (6) Le Federazioni sportive nazionali sono associazioni senza fini di lucro con personalit giuridica di diritto privato; [] sono rette da norme statutarie e regolamentari in armonia con lordinamento sportivo nazionale ed internazionale e sono ispirate al principio democratico e al principio di partecipazione allattivit sportiva da parte di chiunque in condizioni di uguaglianza e di pari opportunit []; svolgono lattivit sportiva e le relative attivit di promozione, in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del CIO e del CONI, anche in considerazione della rilevanza pubblicistica di specifici aspetti di tale attivit. Nellambito dellordinamento sportivo, alle Federazioni sportive nazionali riconosciuta lautonomia tecnica, organizzativa e di gestione, sotto la vigilanza del CONI. Le Federazioni sportive nazionali svolgono lattivit sportiva in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi della rispettiva Federazione internazionale, purch non siano in contrasto con le deliberazioni e gli indirizzi del CIO e del CONI (art. 20 Statuto del Coni). DoTTrinA 279 profilo le SSrr della Corte dei Conti in speciale composizione giurisdizionale, hanno inizialmente statuito che la sussistenza del requisito del controllo (cos come inteso dai regolamenti europei) non presuppone necessariamente che lamministrazione pubblica eserciti una supervisione generale sullunit istituzionale, essendo sufficiente che lingerenza dellamministrazione pubblica sia tale da influenzare la gestione di tale unit in modo significativo (sentenza, n. 7/2013/riS). Va da s che, alla luce di questa limpida statuizione (successivamente per smentita dalla stessa Corte dei conti), i poteri di controllo sulle federazioni sportive che la legge e lo Statuto attribuiscono al Coni integrano, senza dubbio, quellingerenza dellamministrazione pubblica tale da influenzare la gestione dellunit in modo significativo, in cui la giurisprudenza contabile ha correttamente individuato il controllo pubblico rilevante ai fini dellinserimento di un ente nellelenco oggetto del contendere. Si consideri, inoltre, che anche secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, le federazioni sportive, pur sorgendo come soggetti privati (associazioni non riconosciute), in presenza di determinati presupposti assumono la qualifica di "organi del Coni" e partecipano alla natura pubblica di questo... (in questi termini, ex plurimis, Cons. Stato Sez. Vi, 10 ottobre 2002, n. 5442). Ed invero, sulla avvenuta privatizzazione delle federazioni Sportive nonch sul rapporto delle stesse con il Coni, anche il Giudice contabile ha statuito che non sembra sussistere alcun dubbio sulla permanenza, anche a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 242/1999, come modificato dal decreto legislativo n. 15/2004, di un evidente connotato pubblicistico che caratterizza il rapporto di servizio fra federazioni sportive e CONI, per la valenza pubblicistica dell'attivit svolta, per la natura pubblica dei finanziamenti del CONI, per la somma dei poteri di ingerenza della parte pubblica, talmente intensi da arrivare alla misura estrema del commissariamento, e che si esplicano normalmente attraverso atti di riconoscimento, di indirizzo, di controllo dei bilanci, della gestione, dell'attivit sportiva. Tale configurazione, peraltro, non risulta venuta meno neppure a seguito dell'entrata in vigore del D.L. n. 138/2002, conv. in l. 8 luglio 2002 n. 178, in quanto l'art. 8, che ha disposto il riassetto del CONI istituendo la CONI Servizi s.p.a., non ha fatto venire meno n le finalit pubbliche perseguite n il carattere pubblico delle risorse impiegate al tal fine (in questi termini, Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la regione lazio, 25 gennaio 2008 n. 120; cfr. altres, ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. Vi, sent. 9 febbraio 2006 n. 527). A ben vedere, la significativa capacit di autodeterminazione di cui al par. 20.15 del SEC 2010, non pu consistere nella mera autonomia decisionale dellente. invero, lautonomia decisionale senza dubbio un requisito costitutivo delle unit istituzionali, -come chiaramente enuncia il paragrafo 2.12 del rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 Sec2010, il quale dispone che: un'unit istituzionale un'entit economica caratterizzata da autonomia di decisione nell'esercizio della propria funzione principale -, tuttavia, non si tratta di un elemento idoneo a determinare lesclusione del controllo pubblico, oppure a degradare lo stesso a mera supervisione. Tutte le unit istituzionali, infatti, ivi comprese quelle soggette al controllo pubblico, hanno pur sempre (e devono avere) taluni margini di autonomia decisionale, altrimenti non potrebbero essere considerate tali! lo stesso discorso ben pu essere esteso agli organismi istituzionali con finalit pubblicistiche, quali enti di cultura, enti con finalit sociali, enti culturali, etc. il requisito del controllo pubblico viene accertato sulla base degli indicatori previsti dal SEC2010 ed esplicitati dal manual on Government Deficit and Debt -Implementation of ESa 2010: le disposizioni normative e statutarie; il finanziamento pubblico prevalente, da intendersi non solo come erogazione direttamente proveniente dalla casse dello Stato, ma pi generalmente come qualsiasi entrata che sia sorretta da una causa e da una giustificazione di stampo pubblicistico. Da ultimo, la procedura di erogazione dei contributi diretti alle predette unit istituzionali da parte degli enti pubblici sovraordinati consente di individuare una ulteriore forma di controllo sostanziale sulle stesse, rafforzandone il concetto stesso. Si tratta, infatti, di finanziamenti vincolati a specifiche voci di costo, nella gestione delle quali le unit devono attenersi agli indirizzi ed alle linee guida fissati dagli organi di vertice, nel rispetto della finalit pubblicistica e nel perseguimento degli obiettivi di carattere pubblico, quali salute, sport, cultura, etc. Corrobora le tesi fin qui esposte il fatto che, data la rilevanza degli interessi perseguiti, tale controllo, ove si riscontri una grave violazione dei principi fondamentali dellordinamento (come nel caso di cattivo funzionamento degli organi di gestione), pu financo determinare il commissariamento dellunit istituzionale, al fine di ripristinare una gestione ordinata al rispetto delle finalit. Dati gli elementi fin qui descritti si pu concludere che una tale forma del controllo, rinvenibile nella penetrante attivit di indirizzo e verifica del corretto funzionamento delle attivit, nonch nel monitoraggio costante nel tempo sulle modalit di spesa, integra il requisito del controllo di cui al SEC 2010. 4. Non causa pro causa. Le avverse tesi delle unit istituzionali ricorrenti. le difese sostenute dalle unit istituzionali ricorrenti innanzi alle diverse autorit giudiziarie si sono tutte contraddistinte per una linea difensiva pressoch comune. Preliminarmente le argomentazioni a sostegno della illegittimit dellinserimento nellElenco citato si incentrano sul vizio procedimentale che affliggerebbe lo stesso Elenco, in qualit di atto amministrativo. DoTTrinA 281 lamentano, infatti, le unit istituzionali ricorrenti lesistenza di vizi di natura istruttoria, eccesso di potere, difetto di motivazione. Si rileva sul punto che dottrina e giurisprudenza sono ormai concordi nel ritenere che lelenco de quo non integri un provvedimento amministrativo, bens un documento statistico in funzione meramente certificativa. Di talch perdono di fondamento le doglianze inerenti il mancato rispetto del procedimento amministrativo nella sua stesura. nel merito le unit istituzionali ricorrenti contestano, invece, linserimento nellElenco de quo in ragione della carenza dei profili sia economici sia pi specificamente giuridici. Argomentano, infatti, i ricorrenti che mancherebbe sia una forma di controllo pubblico - ancorch si tratti di esercizio di attivit con finalit pubblicistiche -, nonch una qualsiasi forma di finanziamento che superi la percentuale del 50%, escludendo, quindi, che possa determinarsi un esito negativo del test market/non market come prima delineato. Con specifico riferimento al controllo pubblico, le unit istituzionali rilevano sovente che non potrebbe ravvisarsi alcuna forma di controllo pubblico da parte degli Enti pubblici supervisori in quanto la gestione delle finanze e degli aspetti regolamentari e giuridici sarebbe caratterizzata da una piena autonomia decisionale. Si gi detto che questo solo rilievo non vale ad escludere una forma di controllo pubblico, in quanto si tratta di una caratteristica propria, se non essenziale, di ogni unit istituzionale, la quale per essere tale deve conservare i margini di autonomia nelle scelte decisionali e nel modus operandi. Ci che le differenzia dalle unit meramente privatistiche , tuttavia, la finalit cui la loro attivit preordinata, trattandosi infatti di scopi ed obbiettivi connotati da una spiccata natura pubblicistica (salute, cultura, sport, etc). Peraltro, cos agendo, le suddette unit si arrogano un potere a loro non spettante: la valutazione tecnica e lattivit classificatoria competono, infatti, per legge al solo istat, non potendo in alcun modo le amministrazioni procedere ad una autonoma qualificazione. Sul punto si richiama nuovamente la recente sentenza delle Sezioni riunite della Corte dei Conti n. 12 del 2015 (confermata dalle successive sentt. 35 e 48 del 2015) con la quale stato affermato che: il concetto di controllo pu essere inteso come segue. anzitutto, come gi precisato in precedenza (cfr. supra, motivi della decisione, 3.2), lindividuazione del concetto di controllo va effettuata sulla base delle norme del SEC, ai sensi dellespressa previsione dellart. 1, commi 1 e 2, L. n. 196 del 31 dicembre 2009. Orbene, in forza dei principi ermeneutici fissati dallo stesso SEC (cfr. sopra, motivi della decisione, 4.1), i concetti del SEC non vanno intesi in senso giuridico- amministrativo, ma in senso economico-fattuale; e quindi il controllo va inteso non nel senso recepito dallordinamento giuridico nazionale (che in ambito rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 amministrativo intende di solito il controllo come verifica di atti e attivit o come vigilanza o tutela su organi, da parte di altri organi esterni o interni al soggetto controllato), bens come concreto potere di indirizzare le scelte del- lente (capacit di determinare la politica generale o il programma di una unit istituzionale: cfr. sopra, motivi della decisione, 4.6 e 4.6.1), ovvero come la capacit di influire in modo determinante sulla amministrazione attiva (SS.rr. sent. n.7/2013/rIS) o di stabilire gli obiettivi che essa chiamata a raggiungere e le modalit che deve seguire per realizzarli (SS.rr. sent. n. 13/2014/rIS). [] 4.6.3 - Tale definizione di controllo risulta per definizione abbastanza ampia ed indeterminata, e quindi pu portare a difficolt di accertamento del controllo nel caso concreto; ragion per cui il SEC individua circostanze sintomatiche di un potere di indirizzo pubblicistico sulle istituzioni private, ovvero tipizza una serie tassativa di indicatori significativi dellesistenza del controllo (cfr. supra, sub 4.6.1) ... di norma per affermare lesistenza del controllo si richiede la presenza di pi indicatori concorrenti, anche se talvolta uno solo di essi pu essere di tale significativit da essere sufficiente a tal fine. Con riferimento, invece, al pi discusso profilo economico-contabile, le unit ricorrenti lamentano spesso incongruit, erroneit e abusi di potere che scaturirebbero dallattivit di calcolo posta in essere dallistat ai fini della determinazione dellarea market o non market in cui ascrivere lunit istituzionale. Si ricorda che, nella predisposizione dellElenco, listat agisce sulla base dei prospetti di rilevazione offerti in comunicazione dalle stesse unit istituzionali, che riproducono lo schema del bilancio civilistico previsto dal codice civile, di talch sono prive di pregio le doglianze che lamentino asserite incongruenze della scheda di rilevazione. Siffatti bilanci consuntivi (rilevati tramite riDDCuE (7)) vengono poi sottoposti al test del 50% ai fini della pubblicazione in Gazzetta ufficiale che, ai sensi dellart. 1 della legge n. 169/2009, deve avvenire il 30 settembre di ogni anno. Si tratta, a ben vedere, di unattivit meramente matematica e priva di qualsivoglia forma di discrezionalit che spesso le unit istituzionali ricorrenti tentano di ascrivere allistat. il contenzioso in questa materia perlopi generato dal diverso inquadramento sistematico e dalla diversa qualificazione giuridica che le parti in causa attribuiscono alle quote associative, il vero ago della bilancia dellesito - negativo o positivo - del test market/non market. Mentre le unit istituzionali ricorrenti mettono erroneamente a confronto i suddetti proventi con i finanziamenti derivanti da pubbliche amministrazioni, (7) rilevazione di informazioni, Dati e Documenti necessari alla Classificazione di unit Economiche nei settori istituzionali stabiliti dal Sistema Europeo dei Conti 2010 (SEC 2010). DoTTrinA 283 ritenendoli ben altra cosa rispetto ai finanziamenti di natura pubblica, ed anzi qualificandole come autonome entrate finanziarie; lAmministrazione, invece, proprio in ragione della rilevanza pubblicistica sia della causa dellentrata, sia del suo scopo, li ascrive fra i finanziamenti pubblici, ribaltando lesito del test. la soluzione al quesito tuttaltro che pacifica, e si attende in merito la risposta della Corte di Giustizia delluE. Si auspica, tuttavia e sin da ora, in primis che le SSrr della Corte dei conti accolgano la domanda di rinvio pregiudiziale, ed in secundis che la risposta della Corte europea si snodi sulle linee interpretative che si argomenteranno infra, logiche e coerenti -sia giuridicamente sia economicamente nonch maggiormente rispondenti ai principi di contabilit nazionale. 5. Il problema. Linquadramento sistematico e la natura giuridica delle quote associative. Si anticipato che il cuore della questione attiene alla natura giuridica ed al conseguente inquadramento sistematico delle quote associative o tesseramenti. la questione antica e sul punto si registrano posizioni diverse, sia in dottrina sia in giurisprudenza, tuttavia, troppo generali ed ondivaghe perch si formi sul punto un orientamento meritevole di seguito. Se, infatti, ai fini dellinserimento delle unit istituzionali allinterno dellElenco predisposto dallistat appare essere dirimente lesito del test mar- ket/non market -che ove negativo, importa la conseguente realizzazione anche del successivo requisito del controllo pubblico - le Corti spesso hanno evitato di pronunciarsi sullo specifico punto, esaminando il solo profilo inerente il controllo, con pronunce talvolta discordanti. Talvolta ritenendo pubbliche le sole entrate provenienti dalle casse pubbliche, talaltra estendendo, invece, il concetto a tutte le somme richieste a titolo in ogni caso pubblicistico. in questo perimetro la questione inerente alla esatta qualificazione delle quote associative spesso trattata incidentalmente e non mai posta a fondamento delluna o dellaltra tesi. Anche due recentissime pronunce della Corte di Cassazione a Sezioni unite (8), pur accogliendo le tesi erariali, e quindi legittimando linclusione (8) invero le sentenze citate Cass. civ. SS.uu. nn. 12496/2017 e 12504/2017 sono di importanza fondamentale in ordine agli altri profili sollevati dalle unit istituzionali che lamentino lillegittimo inserimento nellElenco istat. in particolare la Suprema Corte si espressa negativamente in primis in ordine alla sollevata questione di legittimit costituzionale dei poteri giurisdizionali della corte dei conti in siffatta materia, ritenendo la questione manifestamente infondata rivestendo le SSrr una mera articolazione interna del plesso giurisdizionale della magistratura contabile, ... peraltro, non essendo ravvisabile alcuna riserva di generale giurisdizione sulla legittimit degli atti amministrativi a tutela di rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 delle predette unit allinterno dellElenco controverso, nulla dicono - ma ci in ragione della natura del giudizio (9) - in ordine alla natura ed al ruolo eco- nomico-giuridico che sarebbe ascrivibile alle quote associative, vero ago della bilancia nel calcolo del test market/non market e conseguentemente dellappartenenza degli organismi de quibus al settore S 13 del SEC 2010. Sul punto inoltre, ma in un obiter dictum, le SSrr della Corte dei Conti in speciale composizione avevano statuito che i "ricavi propri" di una unit istituzionale sono costituiti unicamente dalle entrate derivanti dall'attivit caratteristica e specifica, cio dai ricavi provenienti da vendite o da prestazioni di servizi tipiche dell'ente, mentre devono ritenersi non significativi, ai fini del test, le cd. quote associative, i contributi o altre provvidenze in conto esercizio erogati da operatori pubblici (Sent. n. 48/2015/riS). proprio questultima finalit (pubblicistica) che deve portare ad escludere che i proventi derivanti dalle c.d. quote associative e dai tesseramenti possano essere considerati assimilabili ad entrate provenienti da vendite di beni e servizi al fine della verifica del test market/non market. le unit istituzionali ricorrenti, invece, considerando le quote versate dagli associati come provento derivante dalla propria attivit di vendita di prodotti e servizi non destinati al mercato, qualificano dette quote quali entrate derivanti dai proventi privati, quando, invece, la loro natura giuridica appartiene alla voce finanziamenti di natura pubblicistica, di cui al SEC 2010. la caratteristica di produttore non market dellunit istituzionale indicata nel par. 20.16 del SEC2010 a norma del quale la caratteristica di produttore di beni e servizi non destinabili alla vendita di unistituzione senza scopo di lucro determinata come per le altre unit delle amministrazioni pubbliche, cio a dirsi mediante lapplicazione del test del 50% (test market/non market), che ha la funzione di verificare in quale percentuale il ricavo delle vendite copra i costi di produzione dellunit istituzionale considerata. Specificatamente, peraltro, il regolamento 549 del 2013 cos cristallizza i concetti di beni o servizi destinabili alla vendita e non destinabili alla vendita - par. da 20.18 a 20.22. Distinzione tra destinabile alla vendita e non destinabile alla ven posizioni giuridiche soggettive. In secundis, richiamandosi alle tesi gi argomentate dalla Corte dei Conti SSrr, in ordine alla supposta inesistenza del requisito del controllo pubblico, le SS.uu. hanno ribadito che in proposito deve essere abbracciata la pi ampia nozione di controllo pubblico, siccome delineata dalluE, per la quale assume fondamentale rilevanza non legemonia da parte dellorgano sovraordinato, ma una mera influenza gestionale e istituzionale. (9) il ricorso per Cassazione contro la decisione della Corte dei Conti consentito, infatti, soltanto per motivi inerenti alla giurisdizione, sicch il controllo della Suprema Corte di Cassazione circoscritto allosservanza dei meri limiti esterni della giurisdizione, non estendendosi ad asserite violazioni di legge sostanziale o processuale concernenti il modo di esercizio della giurisdizione speciale (cfr. ex multis, Cass. SS.uu. n. 325/1999, Cass. n. 526/1998). DoTTrinA 285 dita - Concetto di prezzi economicamente significativi par. 20.19: I produttori di beni e servizi non destinabili alla vendita offrono tutta la loro produzione o la maggior parte di essa gratuitamente o a prezzi economicamente non significativi. Per prezzi economicamente significativi s'intendono i prezzi che esercitano un'influenza sostanziale sulla quantit di prodotto che i produttori sono disposti a fornire e sulla quantit di prodotto che gli acquirenti desiderano acquistare. Si tratta del criterio utilizzato per classificare la produzione come destinabile o non destinabile alla vendita e i produttori come produttori di beni e servizi destinabili o non destinabili alla vendita, e stabilire pertanto se un'unit istituzionale in cui un'amministrazione pubblica detiene una partecipazione di controllo debba essere definita come un produttore di beni o servizi non destinabili alla vendita e pertanto classificata nel settore delle amministrazioni pubbliche, oppure come un produttore di beni e servizi destinabili alla vendita e pertanto classificata come societ pubblica. Ai par. ss. 20.20. si legge poi mentre la valutazione di un prezzo come economicamente significativo viene effettuata al livello di ciascuna singola produzione, il criterio per determinare la natura di produttore di beni e servizi destinabili alla vendita o non destinabili alla vendita di un'unit si applica al livello di singola unit. 20.21 Quando i produttori sono societ private, si pu presumere che i prezzi siano economicamente significativi. al contrario, in presenza di un controllo pubblico i prezzi dell'unit possono essere stabiliti o modificati per fini di politica pubblica, il che pu creare difficolt nello stabilire se i prezzi siano economicamente significativi. Spesso le societ pubbliche sono costituite dalle amministrazioni pubbliche per fornire beni e servizi che il mercato non produrrebbe in quantit o a prezzi rispondenti alle politiche governative. Nel caso di tali unit che godono del sostegno delle amministrazioni pubbliche, le vendite possono coprire una quota consistente dei costi, ma la loro risposta alle forze di mercato sar diversa rispetto alle societ private. Con tutta evidenza, dal momento che la quota associativa corrisposta a codeste unit istituzionali , comՏ noto, fissa ed annualmente stabilita, la stessa: 1) non esercita un'influenza sostanziale sulla quantit di prodotto fornito; 2) non si applica a livello di singola unit di bene o servizio; 3) non risponde alle forze di mercato manca, in poche parole, il requisito della commutativit e corrispettivit! in relazione ai servizi connessi ad una determinata attivit, sportiva o culturale che sia, non si verifica, infatti, una vendita di beni e servizi ai tesserati/soci da parte dellorganismo, risultando il detto versamento un mero e formale presupposto per lesercizio o la frequentazione dellattivit sportiva agonistica, culturale, etc. Conseguentemente e come gi ampiamente argomentato, la finalit pub rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 blicistica perseguita dagli enti deve fare escludere che i proventi derivanti dalle c.d. quote associative e dai tesseramenti possano essere considerati assimilabili ad entrate provenienti da vendite di beni e servizi al fine della verifica del test market/non market. Si noti, peraltro, che il pagamento della quota associativa spesso obbligatoriamente imposto da norme di legge - cfr. il caso delle fSn, dove il pagamento imposto nei confronti non solo degli sportivi professionisti ma anche dei non professionisti che volessero praticare lo sport a livello agonistico (10) -, il che impone imprescindibilmente di considerare dette entrate come contributi parafiscali. infatti, pur se il pagamento della quota stabilito dallo Statuto di un ente nelle forme di diritto privato, lobbligo di adesione allente stesso per alcune categorie di cittadini, indubbiamente, qualifica detti trasferimenti in senso pubblicistico. in questo contesto, dunque, il fatto che il contributo non sia previsto direttamente dalla legge statale, non vale ad escludere la natura pubblicistica del contributo, perch la stessa legge che indirettamente ne impone il versamento ai singoli cittadini. Di qui la natura parafiscale e contributiva della quota associativa de qua. il provento derivante dalla quota pagata dal cittadino che voglia associarsi o tesserarsi non pu, quindi, in alcun modo essere ascritto tra ricavi da vendite e prestazioni di servizi tipiche dellente n tra gli altri ricavi e proventi, sempre connotati da una caratterizzazione privatistica. Sul punto la Corte dei Conti SSrr in Speciale Composizione aveva, peraltro, gi affermato che occorre distinguere ... tra voci che nell'ambito delle quote associative sono riconducibili pi propriamente a ricavi da vendite (quote di iscrizione a corsi), giacch connotate del requisito della corrispettivit e che nella specie non coprono i costi della produzione e voci (quote di affiliazione, quote di tesseramento, multe e tasse di gara, diritti di segreteria, quote di licenza) che non sono assimilabili a ricavi da vendite, le quali, secondo quanto pi volte precisato da queste Sezioni riunite (sentenze nn. 23/2015/rIS, 34/2015/rIS), sono versate non in funzione diretta ed esclusiva di una controprestazione (Cfr. ex plurimis sentenze nn. 23/2015/riS, 34/2015/riS, 48/2015/riS). Con tutta evidenza, lo si ribadisce, le quote associative non possono essere inserite fra i ricavi propri, con la conseguenza di ritenere maggioritario lap (10) nel caso specifico le federazioni Sportive nazionali agiscono, a ben vedere, in situazione di monopolio: non , infatti, possibile per federazioni sportive non riconosciute e sovvenzionate dal Coni, far partecipare i propri iscritti alle gare valide, per esempio, per il Comitato olimpico internazionale. Pertanto, chiunque voglia svolgere lattivit sportiva agonistica, soprattutto a livello internazionale, deve necessariamente aderire allunica federazione riconosciuta dal Coni e da questultimo sovvenzionata con fondi pubblici e pagare obbligatoriamente il contributo associativo previsto, il cd. tesseramento. DoTTrinA 287 porto del finanziamento di stampo pubblicistico, posto che anche le dette quote sono versate nellambito di una finalit sempre di natura pubblica e normativamente protetta. laccoglimento di una opposta conclusione violerebbe, peraltro, i principi comunitari ispirati ad una nozione ampia di pubblica amministrazione, volta a ricomprendere nel perimetro molteplici soggetti di spesa, pur nelle diversit dei rispettivi regimi giuridici che ne connotano la struttura, lorganizzazione, i fini operativi e lazione. Violerebbe, altres, lobbligo sancito a livello eurocomunitario di conformare i conti nazionali al nuovo contesto economico, nonch l'obbligo di contribuire all'andamento della finanza pubblica in una dimensione solidale nel rispetto dei prefissati obiettivi nazionali e sopranazionali. 6. Conclusioni. Cui prodest? lesito negativo del test market/non market, il conseguente grado di finanziamento di natura pubblica prevalente, nonch la presenza di un rilevante controllo da parte di un ente pubblico, rende legittimo linserimento delle unit istituzionali che presentino le descritte caratteristiche nellElenco istat. Si rileva, peraltro, che sia la normativa europea sia la legislazione nazionale hanno abbracciato una nozione lata di pubblica amministrazione, tale per cui molteplici soggetti di spesa, pur nelle diversit dei rispettivi regimi giuridici che ne connotano struttura organizzativa, fini operativi ed azione, hanno tutti in comune tra di loro un elemento di indiscusso e cogente rilievo normativo: l'obbligo costituzionalmente positivizzato di contribuire all'andamento della finanza pubblica in una dimensione di "corresponsabilit" quanto al rispetto di prefissati obiettivi nazionali e sopranazionali (cfr. Cost. artt. 23, 41, 53, 100, 72 comma 4, 75 comma 2, 81). E ci al fine di conformare i conti nazionali al nuovo contesto economico, ai progressi della ricerca metodologica e alle esigenze degli utilizzatori, come chiaramente emerge dai Considerando del rEG. uE 549/2013. la materia di cui trattasi, peraltro, lungi dal comportare irreparabili pregiudizi od ingiuste sofferente economiche in capo alle unit istituzionali ricorrenti (11), esclusivamente finalizzata alla buona amministrazione della res publica. linclusione delle predette unit nellelenco iSTAT , infatti, prettamente di natura ricognitiva e statistica, volta ad accertare, monitorare e verificare la (11) Gli unici adempimenti ai quali le unit sarebbero chiamate prevedono il rispetto dei termini di adozione e approvazione del bilancio e del budget (ex art. 24 d.lgs. 91/2011), obblighi di comunicazione dei dati di bilancio e finanziari al MEf (ex art. 18 D.l. 78/2009), obblighi di fatturazione elettronica (ex art. 25 D.l. 66/2014), obblighi connessi al monitoraggio e alla certificazione dei debiti (art. 27 D.l. 66/2014). Con tutta evidenza si tratta di oneri imposti al fine di pervenire ad una pi completa, veritiera ed attendibile panoramica della contabilit nazionale in unottica di trasparenza e legittimit. rASSEGnA AVVoCATurA DEllo STATo - n. 2/2017 gestione delle risorse pubbliche in conformit con gli obblighi, gli impegni e i progetti sia nazionali sia eurocomunitari. la ridefinizione della res controversa in esame innanzi alla Corte di giustizia dellunione Europea avrebbe, pertanto, ricadute sia sul valore del Pil sia sui principali indicatori di finanza pubblica, quali, ad esempio, l'indebitamento netto ed il debito pubblico. Di qui limportanza fondamentale della questione sinora esaminata. nellattesa che le SSrr della Corte dei Conti rimettano la questione in seno alla Corte Europea di Giustizia, al fine di definire un perimetro comune di azione sul piano interpretativo-applicativo, per laffermazione del generale principio della regolarit, trasparenza e correttezza della contabilit nazionale. RECENSIONI GuGlielmo BernaBei, Giacomo montanari, Autonomie e Finanza Locale, con il contributo di Andrea Ferri, Giorgio Macciotta, Pasquale Mirto, Giovambattista Palumbo, Giancarlo Pola, Francesco Tuccio. (cleup editore -universit di Padova, 2017, pp. 278) In occasione della presentazione di un precedente lavoro, allinterno di un convegno appositamente organizzato nel luglio 2016 a Roma, presso la Camera dei deputati, ci chiedevamo quanto fosse ardua la ricerca di un equilibrio in tema di finanza locale. Con questo nuovo studio si vuole fornire una prospettiva compiuta sul difficile tema del decentramento amministrativo e della finanza locale. I tributi locali immobiliari e i tributi locali ambientali avrebbero dovuto costituire nelle intenzioni, sia del legislatore sia della dottrina, gli ambiti privilegiati di finanziamento dei Comuni. Negli ultimi anni limposizione immobiliare in Italia stata oggetto di molti, troppi, cambiamenti, avvenuti sotto la pressione del rientro del deficit pubblico. Lultimo approdo, di un percorso faticoso e confuso, stata la legge di Stabilit 2016, la quale ha previsto labolizione dellimposta sulla propriet della abitazione principale, in modo che, oggi, la prima casa libera da prelievi, sia ai fini Imu/Tasi, sia ai fini Irpef. Limposizione immobiliare , quindi, basata solo sulle seconde case, sottoposte a Imu, se sfitte e non situate nello stesso Guglielmo Bernabei, dottore di ricerca e cultore della materia in Diritto costituzionale, Diritto regionale e degli Enti locali. Giacomo Montanari, giurista dimpresa, specializzato presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dellUniversit di Padova ed esperto di Diritto tributario degli Enti locali e di finanza locale. Andrea Ferri, responsabile del Dipartimento di Finanza locale della Fondazione Ifel/Anci. Giorgio Macciotta, componente del Comitato Direttivo della Fondazione Astrid e gi Sottosegretario di Stato per il tesoro, il bilancio e la programmazione economica. Pasquale Mirto, responsabile del servizio tributi dellUnione Comuni Modenesi, consulente Anci Emilia Romagna e condirettore della rivista Finanza e tributi locali. Giovambattista Palumbo, direttore dellOsservatorie di politiche fiscali di Eurispes. Giancarlo Pola, Professore Eminente di Scienza delle Finanze nellUniversit di Ferrara. Francesco Tuccio, Presidente Anutel (Associazione Nazionale Uffici Tributi Enti Locali). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2017 Comune dellabitazione principale, e sottoposte a Imu, Irpef e regime della cedolare secca negli altri casi. Concettualmente, si a lungo sostenuto che lintroduzione di una imposta sulla prima casa non avrebbe finalit distributive, ma di service tax. Lanalisi della distribuzione delle abitazioni principali, per condizioni economiche e familiari, fornisce alcune utili indicazioni sulle tipologie di nuclei familiari potenzialmente pi favoriti dalleliminazione dellimposta sulla prima casa. Lincidenza di nuclei familiari proprietari di prima casa piuttosto elevata, circa il 69%. In termini di composizione risulta che il 58,4% dei nuclei familiari proprietari di abitazione principale appartiene al 50% pi ricco di reddito familiare. Anche il valore della rendita catastale della prima casa, che costituisce la base imponibile dellimposizione immobiliare, legata al reddito disponibile familiare; il valore medio della rendita catastale del- labitazione di residenza, infatti, varia tra i 542 e i 902 euro. Dunque, lanalisi della distribuzione del patrimonio per condizioni economiche familiari evidenzia come, dallabolizione dellimposizione sulla prima casa, traggono vantaggio, in termini di numerosit e di base imponibile, pi i nuclei familiari agiati rispetto ad altri. Complessivamente, il gettito perso in seguito alla mancata tassazione della prima casa pari a circa 6,5 miliardi di euro, di cui 3,9 provenienti dallImu sulla prima casa e 2,5 dalla deduzione dal reddito legato allIrpef. Rispettivamente il 70% e il 72% del risparmio di imposta derivante dallabolizione dellimposizione sulla prima casa e dalla deduzione Irpef favorisce il 50% dei nuclei pi ricchi di reddito familiare. Ne consegue che lunica componente del patrimonio immobiliare soggetta sia a Imu sia a Irpef data dalle abitazioni diverse dalla prima casa, con una distribuzione molto pi sperequata rispetto allabitazione principale. Tuttavia, in Italia molto diffusa la propriet delle seconde case, anche tra le classi di reddito pi basse. La quota di nuclei familiari proprietari di seconde case pari al 27% del totale; il 67% dei nuclei familiari proprietari di seconde case appartiene alla met pi ricca della popolazione. Va, inoltre, considerato che le seconde case possono essere affittate o tenute a disposizione. In Italia, circa il 46% delle seconde case locata; la percentuale di nuclei familiari con seconde case affittate si aggira attorno al 12,5%, un dato rilevante in termini assoluti. In tema di imposizione immobiliare sulle seconde case i cambiamenti pi importanti intervenuti nel recente passato sono il passaggio dallIci allImu e la scelta di non tassare, ai fini Irpef, quelle non locate. Nel 2011, infatti, con la sostituzione dellIci con lImu si stabilito che le seconde case soggette a Imu non sono imponibili per lIrpef, mentre lo erano con lIci. Sul punto, si ritenuto che la decisione di escludere dallIrpef le case sfitte potesse costituire un disincentivo allemersione degli affitti in nero, grave piaga sociale. Nellintento di correggere, almeno in parte, questa deriva, la legge di Stabilit 2014 ha disposto alcune eccezioni alla regola dellalternativit tra Imu e Irpef, prevedendo la reintroduzione, nellimponibile per lIrpef, delle seconde case sfitte collocate nello stesso Comune dellabitazione principale del proprietario, ma solo per un valore pari al 50% delle rendite catastali. Restano, poi, escluse dallIrpef le seconde case sfitte poste in un Comune diverso da quello dellabitazione principale del proprietario. La distribuzione della propriet, anche a causa di politiche che hanno incentivato il ricorso allabitazione come bene rifugio, tale per cui le classi di reddito pi basse sono soggette al pagamento di imposte significative, trovandosi, inoltre, nellimpossibilit di mettere sul mercato il patrimonio immobiliare. In questo contesto, va sottolineato il rinvio della riforma del catasto, mirata a riallineare RECENSIONI 291 le rendite catastali con il valore commerciale. Sotto il profilo dellequit, la modifica del catasto pone il tema dellinvarianza di gettito e, quindi, della distribuzione territoriale dei nuovi carichi fiscali che, in alcuni casi, potrebbero essere di entit molto consistente. A questa situazione si aggiunge il fatto che i processi di federalismo fiscale, avviati e non conclusi, non hanno concretamente determinato significativi rafforzamenti dello spazio di autonomia finanziaria locale. Al contrario, facilmente rilevabile che si proceduto ad una semplice trasformazione delle modalit e degli strumenti attraverso i quali lo Stato esercita le proprie prerogative in materia di controllo finanziario sugli enti locali. Il percorso di attuazione della riforma del Titolo V, avviata nellormai lontano 2001, non ha mai trovato piena applicazione. I diversi decreti delegati che si sono susseguiti negli ultimi anni si sono mossi prevalentemente su un piano ancora troppo generale, rinviando ad altri provvedimenti, poi non adottati, di natura amministrativa e regolamentare, la disciplina di procedure di notevole rilevanza nellottica del raggiungimento delle finalit della riforma. Inoltre, le rigorose misure di finanza pubblica, realizzate con atti di decretazione durgenza a partire dal 2011, in un contesto di grave crisi economica, hanno avuto un impatto negativo sul piano dellattuazione della legge delega n. 42 del 2009, restringendo gli spazi di autonomia finanziaria e tributaria che faticosamente gli enti locali si erano ritagliati nel corso del decennio precedente. I decreti sulla cosiddetta spending review hanno, poi, rappresentato uno strumento di forte impatto sul controllo della spesa pubblica nei confronti di tutti gli enti territoriali. In sede di legge di Stabilit, a partire dal 2013, si verificata una progressiva riduzione dei trasferimenti dallo Stato centrale agli enti locali. Sottrazione di risorse economiche che hanno creato non poche difficolt nel funzionamento dellente locale stesso e nella gestione del territorio da esso governato. Gli interventi normativi non hanno tenuto nella giusta considerazione le differenziazioni a livello dimensionale e territoriale degli enti locali. Il livello e la composizione delle entrate e delle spese dei Comuni presenta, infatti, una forte variabilit legata alleterogeneit delle loro caratteristiche orografiche, demografiche, economiche e sociali. Queste sono alla base di domande differenziate di servizi da parte dei cittadini e, nello stesso tempo, condizionano i costi della fornitura dei medesimi servizi. La definizione di una autentica forma di service tax sembra abbandonata, venendo meno quel collegamento con il costo dei servizi indivisibili forniti dai Comuni, i cui primi utilizzatori sono sicuramente i titolari di abitazione principale. Accanto ai tributi immobiliari locali, poi, interessante concentrare l'attenzione sul tema della finanza locale ambientale, le cui peculiarit hanno assunto, con il passare del tempo, una rilevanza che potrebbe definirsi esponenziale. Per una analisi di sistema, appare sempre necessario riferirsi alla riforma costituzionale del 2001 che, nella generale rivisitazione del Titolo V, ha di fatto riformulato l'attribuzione delle competenze e la ripartizione delle stesse tra i vari livelli di governo. Sicuramente, vanno tenuti distinti i principi fondamentali di coordinamento, considerati espressamente dagli artt. 117, comma 3, e 119, comma 2, della Costituzione, dai principi generali del sistema tributario, cui gli statuti delle Regioni fanno riferimento, in cui incanalare l'esercizio della potest normativa di imposizione delle Regioni. I principi fondamentali di coordinamento sono sostanzialmente gli unici principi che consentono allo Stato, quale garante della legalit repubblicana e della unitariet dell'ordinamento, di intervenire nella materia tri RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2017 butaria attribuita alla competenza esclusiva delle Regioni. Dovendo appunto, svolgere una funzione di coordinamento, essi dovrebbero essere stabili, univoci e ricavabili da parametri costituzionali, oltre che avere di mira la tutela dell'unit dell'ordinamento. A causa della lunga latitanza del legislatore statale in materia di principi di coordinamento, questi ultimi, piuttosto che avere la funzione di consentire allo Stato di disegnare le linee del sistema tributario nel suo complesso ed essere regole di indirizzo che si associano a quelle, costituzionali, tendono a ridursi a norme ordinarie, che hanno s un qualche carattere di generalit, ma che, rimangono pur sempre regole di fattispecie e sicuramente non di indirizzo. L'attuazione di una politica tributaria ambientale non facile in quanto la proposizione in generale di un tributo non cosa gradita n per i privati e n per le imprese e tantomeno quando il tributo non riesce a modellarsi sui canoni di una tariffa, non essendo, in realt, nella accezione propria del termine, n una tariffa n una tassa. La funzione tributaria ha un carattere essenzialmente strumentale e non attiene alla cura diretta degli interessi dell'ente locale, ma serve ad assicurare i mezzi per poter assolvere ai compiti a questo assegnati. Da ci ne consegue che, ove l'ente locale abbia il potere di istituire tributi, ossia di autodeterminarsi in relazione ai mezzi necessari per lo svolgimento delle proprie funzioni, le scelte da questo operate potranno risultare pi o meno condivisibili o razionali, ma ovviamente gli enti locali non dovranno mai esorbitare dalla propria sfera di competenza. Necessaria , quindi, la nascita di una politica tributaria come strumento regolatorio della materia ambientale che possa, mediante la leva fiscale e con la previsione di idonei controlli, assicurare l'utilizzo eco-compatibile dell'ambiente in un equilibrio complessivo degli interessi nella logica valutativa delle esternalit positive e negative. Il fatto che la tassazione sia funzionale alla tutela di un bene di competenza legislativa esclusiva statale, quale l'ambiente, non dovrebbe, dunque, opporsi a che le Regioni svolgano il loro potere primario di imposizione, assumendo, in diretta applicazione del quarto comma dell'art. 117 Cost., alcuni eventi dannosi che si producono in modo fisso nel loro territorio quali elementi materiali dei presupposti dei tributi regionali e locali propri. Limportante che: a) il presupposto prescelto dalla Regione non duplichi quello dei tributi erariali e la sua previsione risponda a criteri di adeguatezza, proporzionalit e coerenza, b) siano rispettati i principi fondamentali di coordinamento fissati dallo Stato in materia, c) sussista una effettiva connessione di tali tributi con il territorio e con linteresse regionale o locale. Lo sviluppo della fiscalit ambientale - intesa nell'accezione ampia - si configura, ai diversi livelli di governo, come una metamorfosi del sistema, che presuppone il passaggio da alcune forme di prelievo ad altre. Il sistema viene orientato in senso ambientalista attraverso l'imposizione di tributi con funzione disincentivante/redistributrice o con funzione di reperimento di risorse, oppure attraverso le misure di agevolazione fiscale. Al riguardo, si segnala la nuova disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela ambientale, che determina obiettivi e modalit del controllo di compatibilit comunitaria delle misure nazionali, sul presupposto che gli aiuti di Stato, a determinate condizioni, non solo consentono di correggere i fallimenti del mercato, migliorandone il funzionamento e rafforzando la competitivit, ma possono contribuire a promuovere lo sviluppo sostenibile. La ricerca di nuovi equilibri fiscali, che garantiscano la sostenibilit politica e di bilancio delle politiche di imposizione o di agevolazione con finalit ambientale, presuppone sempre l'assunzione di una prospettiva di sistema. Se finora l'imposizione ambientale si essenzialmente tradotta in disposizioni frammentarie, in futuro dovrebbe prevalere un approccio diverso, che sappia combinare interventi additivi di tributi RECENSIONI 293 ambientali o con funzione ambientale e interventi riduttivi di altri tributi esistenti, per evitare stratificazioni di prelievo insostenibili. Si tratta di profili strategici particolarmente sensibili per gli enti pi vicini ai cittadini, nella logica del principio di sussidiariet. E anche vero per che il tributo ambientale in senso stretto, quanto pi funziona tanto meno produce gettito. Vi , dunque, una correlazione inversa tra effetti comportamentali ed effetti fiscali: la massimizzazione degli uni si traduce in minimizzazione degli altri e viceversa. Ci rende il prelievo ambientale "puro" poco funzionale alle sole esigenze di cassa. Al contrario, i tributi con funzione ambientale, o tributi ambientali in senso ampio, hanno prevalenti finalit di cassa: tanto vero che, spesso, l'ispirazione ambientale si riduce a pretesto per rendere pi accettabile il prelievo ai contribuenti. Appare ormai necessaria una effettiva rimodulazione del sistema fiscale coerente con altri obiettivi in campo economico e sociale. In tale direzione non da trascurare la possibilit che ci avvenga coinvolgendo, in maniera significativa, il contesto locale e il processo di decentramento fiscale. Dunque, la politica ambientale pu intrecciarsi positivamente con lautonomia tributaria locale e con le regole di responsabilit e di sussidiariet che essa esprime. Nonostante i buoni propositi, la fiscalit ambientale non stata esplicitamente contemplata dal D.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, in tema di federalismo fiscale municipale, n dal D.lgs. 6 maggio 2011, n. 68. Tuttavia, appare ancora possibile una previsione ecologicamente orientata, che si sostanzi in un sistema di prelievi locali a carattere ambientale, strettamente correlati all'allocazione delle fonti inquinanti, per quanto in uno spazio operativo pi angusto rispetto alle premesse della legge delega 42/2009. Inoltre, data lampia articolazione delle tematiche trattate, il presente studio arricchito dallapporto di autorevoli studiosi e operatori del settore, tra i massimi esperti in materia di decentramento amministrativo e finanza locale. Ad Andrea Ferri, Giorgio Macciotta, Pasquale Mirto, Giovambattista Palumbo, Giancarlo Pola e Francesco Tuccio, va un sentito ringraziamento per le indicazioni suggerite nella stesura di questo lavoro. La ricerca stata condotta con il sostegno e la promozione di ANUTEL, Associazione Nazionale degli Uffici Tributi degli Enti Locali, di Fondazione IFEL, Istituto per la Finanza e lEconomia Locale, Fondazione istituita dallAssociazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI), di Centro Studi dei Comuni italiani, di Fondazione ASTRID, Fondazione per lAnalisi, gli Studi e le Ricerche sulla Riforma delle Istituzioni Democratiche e di Cleup editore Universit di Padova. Finito di stampare nel mese di ottobre 2017 Stabilimenti Tipografici Carlo Colombo S.p.A. Vicolo della Guardiola n. 22 - 00186 Roma